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RIVISTA FONDATA DA S. GIOVANNI BOSCO NEL 1877 Ottobre 2010 Mensile - Anno CXXXIV - nr. 9 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PD Spedizione nr. 9/2010

Mensile-AnnoCXXXIV-nr.9 Ottobre 201 0biesseonline.sdb.org/2010/pdf/201010.pdf · capacità di comprendere le parabo - le (Mt 13,10s) che è costretto a spiegare, e anche di fronte

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  • RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

    Ottobre 2010Mensile - Anno CXXXIV - nr. 9Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 9/2010

  • facile per loro capire. In altre occa-sioni manifestano l’intransigenza dichi si sente al di sopra degli altri:Gesù li corregge dopo che hannoimpedito a qualcuno che non appar-teneva al loro gruppo di fare del be-ne nel suo nome (Mc 9,38-40); lirimprovera quando di fronte all’op-posizione dei samaritani all’attraver-samento della loro regione, invoca-no un fuoco dal cielo per consumarli(Lc 9,51-69). Di fronte a queste de-bolezze umane Gesù dimostra com-prensione, pazienza e compassio-ne. Ma non transige sull’essenziale:la fede. Essa non è ‘negoziabile’.Non gli interessa avere una folla diseguaci che si ritira davanti alla ‘du-rezza’ delle sue parole (Gv 6). Lapoca fede si manifesta pure nell’in-capacità di comprendere le parabo-le (Mt 13,10s) che è costretto aspiegare, e anche di fronte all’an-nuncio della passione: “Essi noncomprendevano quel che diceva eavevano paura di interrogarlo” (Mc9,32). È l’atteggiamento di chi si ac-corge che è meglio non capire…

    >> A Cesarea di Filippo, Gesù li in-terroga circa l’opinione che la genteha su di lui; poi rivolge loro la do-manda decisiva: “E voi, chi dite cheio sia? ” (Mc 8,29). Non basta sape-re che cosa dicono gli altri, nulla so-stituisce l’opzione personale di fedee adesione al Signore Gesù. Questamancanza di fede, che si concretiz-za nel non voler accettare il piano diDio, arriva all’estremo addirittura nelcapo del gruppo apostolico, SimonPietro, che Gesù rimprovera con laparola più dura che abbia mai utiliz-zato: “Togliti dalla mia vista, Satana,i tuoi pensieri non sono di Dio madegli uomini” (Mt 16,23; Mc 8,31-33). Vi sono situazioni davanti allequali non si può transigere: è in gio-co l’essenza stessa del discepolato.I vangeli non nascondono nemmeno

    Abbiamo già riflettuto sullachiamata dei discepoli checostituisce lo spartiacquedella loro vita, fissando un

    ‘prima’ e un ‘dopo’ che si prolungacon la fedeltà ‘fino alla morte’. Con-templiamo ora la vita in comune traGesù e i suoi discepoli. Egli li invita,non a imparare una dottrina o adiscutere su concetti religiosi, ma acondividere la sua missione: la pas-sione per il Regno e la signoria diDio/Abbà che costituiscono il sensodi tutta la sua vita. Non si tratta,però, solo di un lavoro da fare, ma diessere, in profondità, credenti/disce-poli/apostoli. “Chiamò a sé quelli cheEgli volle… ne costituì dodici… permandarli a predicare con il potere discacciare i demoni” (Mc 3,13-15).L’invito a essere ‘amici di Gesù’ nontrasforma i discepoli in modo auto-matico. Le future colonne della Chie-sa hanno limiti, difetti e peccati. IlSignore comincia con loro un lungoprocesso di formazione che termi-nerà solo a Pentecoste: “Quandosarà venuto lo Spirito della verità,Egli vi guiderà fino alla verità com-pleta” (Gv 16,13).

    >> Una delle difficoltà che Gesùincontra nei suoi in vista del disce-polato è l’orgoglio e la brama di po-tere. Mentre Egli comincia ad an-nunciare la sua futura morte, essidiscutono su chi sia il più grande(Mc 9,30-37). I figli di Zebedeo sifanno persino raccomandare dallamadre: “Dì che questi miei due figlisiedano l’uno alla tua destra e l’altroalla tua sinistra, nel tuo regno” (Mt20,21). Gli altri s’indignano, ma Ge-sù non condanna tale desiderio cosìumano, indica però il vero camminoper riuscirvi: “Chiunque tra di voivorrà essere primo, sarà vostro ser-vo; appunto come il Figlio dell’Uo-mo non è venuto per essere servitoma per servire” (vv. 26-27). Non è

    IL VANGELOAI GIOVANILa formazione dei discepoli

    Para

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    OTTOBRE 2010 BS

    S T R E N N A 2010di Pascual Chávez Villanueva

    Per cambiare le personebisogna amarle. La nostra

    influenza arriva solo findove arriva il nostro amore

    (Johann H. Pestalozzi).

    Giovanni, Figlio di Zebedeo,fratello di Giacomo (“Chiamò a séquelli che Egli volle… ne costituìdodici…).

    Gio

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  • 3

    In copertina:Lunik IX quartiere speciale.

    Non fa comodo lavoraretra i più abbandonati,

    dove allignano degrado,fame, violenza,

    abbandono... Ma è veramissione ecclesiale

    e salesiana.Foto: Archivio

    Ottobre 2010Anno CXXXIV

    Numero 9

    RIVISTA FONDATADA S. GIOVANNI BOSCONEL 1877

    Ottobre 2010Mensile - Anno CXXXIV - nr. 9Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003(Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB PDSpedizione nr. 9/2010

    Mensile di informazionee cultura religiosa editodalla Congregazione Salesianadi San Giovanni Bosco

    Direttore:GIANCARLO MANIERI

    CHIESA12 Cristo e i filosofi (2) di Maurizio Schoepflin

    MISSIONI14 L’uomo delle Ande di Giovanni Eriman

    VIAGGI18 Colloqui di Giancarlo Manieri

    CASA NOSTRA20 Tra i rom di Lunik IX di Peter Bešenyei

    IL TEATRO DI DON BOSCO23 Don Rua in Musical di Michele Novelli

    FMA28 Passi di cotone di Maria Antonia Chinello

    RUBRICHE2 Il Rettor Maggiore – 4 Ribalta giovani – 6 Lettere al Direttore – 8 In Italia & nel Mon-do – 11 Osservatorio – 16 Box – 17 Zoom – 22 Lettera ai giovani – 27 Bagliori – 30 Li-bri – 32 On Line – 34 Come Don Bosco – 36 Arte Sacra – 37 Laetare et benefacere… –38 Sfide etiche – 40 Dibattiti – 41 Note sulle note – 42 I nostri morti –43 Il mese – 44 Prima pagina – 45 Relax – 46 I nostri santi – 47 In primo piano/Focus

    l’atteggiamento più deplorevole:l’abbandono codardo del Maestroda parte degli apostoli la notte delsuo arresto, compresa la vergogno-sa negazione di Pietro. Eppure, an-che nella notte oscura della fuga edella negazione non si spegne il lu-micino che arde nel loro cuore: l’a-more per Gesù, che spinge Pietro a“piangere amaramente” (Mc 14,72)e che, dopo la morte del maestro,permetterà loro di incontrarsi con ilRisorto e con la forza dello SpiritoSanto (At 1,8). Poco si sa della lorovita, sappiamo però che furono fe-deli al Signore e suggellarono que-sta fedeltà con il sangue. EccettoGiuda: la sua vicinanza “fisica” aGesù non si tradusse in adesione.Ma la Chiesa non ha mai emessoun giudizio definitivo su di lui. La-sciamo nel silenzio ciò che Dio stes-so ha voluto tacere.

    >> Don Bosco con i suoi primisalesiani seppe seguire una peda-gogia simile a quella di Gesù. Nonera un nonnino bonaccione che tol-lera tutto; era un padre affettuoso ecomprensivo ma anche esigente.“Chiudeva un occhio, a volte anchetutt’e due, davanti ai difetti e imper-fezioni dei suoi giovani collaborato-ri”, ma era inflessibile in fatto dimoralità, perché ne andava di mez-zo il bene dei suoi ragazzi. Non siaccontentava di mediocrità, mapresentava loro la “misura alta” del-la santità. Così riuscì a realizzarecapolavori come Domenico Savio egli altri giovani che morirono inodore di santità. �

    È possibile leggere in anticipoil prossimo numero, collegandosi

    al sito Internet:http://biesseonline.sdb.org

    Redazione: Maria Antonia ChinelloNadia Ciambrignoni - Giancarlo De Nicolò - Franco LeverNatale Maffioli - Francesco Motto - Vito OrlandoSegreteria: Fabiana Di BelloCollaboratori: Severino Cagnin - R. DesideratiGraziella Curti - Enrico dal Covolo - Bruno FerreroCesare Lo Monaco - Giuseppe Morante -Vito OrlandoMarianna Pacucci - Gianni Russo - Roberto SaccarelloArnaldo Scaglioni - Silvano Stracca - Maria Antonia ChinelloFotoreporter: Santo Cicco - Cipriano DemarieChiara Fantini - Tadeo Martin - Vincenzo OdorizziGuerino PeraProgetto grafico: Laura TononiImpaginazione: Puntografica s.r.l. - Torino

    Il BOLLETTINO SALESIANO si stampa nel mondoin 57 edizioni e 29 lingue diverse. Raggiunge 131 Nazioni,più di quelle in cui operano i salesiani.

    Direttore Responsabile: Antonio MartinelliRegistrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949Diffusione e Amministrazione: Luciano Alloisio (Roma)Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova

    ILBO

    LLET

    TINO

    SALESIANO

    NELM

    ON

    DO

    Associato allaUnione StampaPeriodica Italiana

    Via della Pisana 1111 - 00163 RomaTel. 06/656.12.1 - Fax 06/656.12.643e-mail: Direttore Fondazione DON BOSCONEL MONDO - ONLUSBanca Intesa - Fil. Roma 12IBAN: IT 20 P030 6905 0640 0000 3263199Ccp 36885028 - CF 97210180580e-mail: web: www.fdbnm.org

    BS OTTOBRE 2010

    Don Bosco, con i suoi primisalesiani, seppe seguire unapedagogia simile a quella di Gesù.

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  • RIBALTARIBALTA IOVANIGdi Gionata Di Cicco

    giovani vorremmo andare oltrel’ideologia del dolore che viene infertocome pratica di prevaricazione sancita

    da un diritto naturale indiscusso. Non èun discorso antimodernista o

    sentimentalista, ma sull’uso intelligenteche si fa della modernità e della

    scienza. Una società umana dove laproduzione industriale è serializzata,automatizzata, rende le idee troppomeccaniche poco critiche. Esistono

    nessi tra violenza come praticapermanente sugli animali e sulla natura,

    e i disastri ambientali, farmaceutici,automobilistici, e gli incidenti sul

    lavoro. L’istituzionalizzazione dellaschiavitù sugli animali e sulla natura sta

    cozzando contro i limiti naturali e idanni si vedono dappertutto:

    dall’inquinamento dei mari, alladiffusione di malattie e patologiealimentari nei paesi ricchi, come

    diabete, obesità, tumori al colon,incrementati dal dogma del petrolio

    invece che delle energie alternative. Sel’enorme quantità di cereali destinati

    all’alimentazione del bestiamed’allevamento venisse impiegata, nelle

    sue immense eccedenze,nell’alimentazione si potrebbero nutrire

    1,5 miliardi di persone oggisottoalimentate. La fame nel mondo

    non è causata da una produzionealimentare insufficiente.

    Se tutti consumassero carne come inoccidente non basterebbero tre pianeti

    come il nostro, ridotti a pascolo. Gliallevamenti che trasformano gli animaliin hamburger stanno compromettendogli equilibri del pianeta. Si disboscanointere foreste per fare gli allevamenti,

    si sprecano acqua e cereali e, pur dinon rinunciare alla quota diipernutrimento carnivoro, si

    condannano a morte anche i nostrisimili. Per questo un’idea biocentrica di

    rispetto per tutti gli esseri viventisarebbe auspicabile. Noi giovani

    vogliamo più cultura ambientale, comeviene tra l’altro chiaramente auspicato

    nell’enciclica “Caritas in veritate”,perché a noi passerà il mondo futuro.

    E vorremmo insegnare alle generazioniche verranno un passo più leggero sul

    mondo, lasciando un’ormaconsapevole del nostro passaggio.

    A

    BS OTTOBRE 2010

    UNA NUOVA ERAUna nuova era non è solo auspicabile… è necessaria!

    Sembra che il globo sia “stressato”: ogni giorno presenta un nuovodisastro, di cui la marea nera del Golfo del Messico è l’emblema.

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    Ancora attoniti, abbiamo lasciato allespalle un’estate di disastri ambientali.La marea nera della Bp nel golfo delMessico, è solo l’ultima tragedia? Noi

    giovani, il mondo lo amiamo, soffriamoa vedere queste crudeli ferite.

    E riflettiamo, cercando di comprenderele troppe contraddizioni che abitiamo.L’Homo sapiens che si vanta di essererazionale, sta dimostrando una miopia

    preoccupante. Si vede poca umiltà eniente autocritica, ma soprattutto

    esasperante lentezza nel mettere indiscussione il rapporto tra economiaed ecosistema. Il nostro modello di

    sviluppo vive saccheggiando la naturainvece di prelevare da essa quanto

    serve secondo un trend programmatoed equilibrato. Il rapporto uomo, civiltàe natura sembra ancora quello dell’era

    Neolitica, in cui con l’agricoltura allostato embrionale si iniziò il percorso

    che avrebbe portato alla sovranitàdell’uomo sulle altre specie. Il

    progresso tecnologico è ai massimistorici, ma forse è carente il livello

    spirituale per gestirlo. Sussiste ancoraun paradigma dogmatico, incentrato

    sulla natura macchina e l’animalemacchina. Retaggio cartesiano. Animali

    come cose, meri oggetti funzionaliall’esplicarsi della cultura e delle

    diverse attività umane. Una società chevive di contrapposizioni dualistiche:

    uccisore e uccisi, mangiatori emangiati. Claude Lévi-Strauss diceva:

    “Chi gestisce e spartisce il cibo pereccellenza – la carne degli animalidominati e soggiogati – domina di

    fatto la società”. Tra i giovani, almenoquelli che hanno il coraggio dicontestare i modelli alimentaridominanti, si sta diffondendo

    lentamente un dibattito che ha nelvegetarianismo uno degli esiti più

    conosciuti. Dietro quest’inversione dirotta c’è la volontà più o meno esplicita

    di contestare di fronte all’acuirsi deiproblemi ecologici il fatto che l’uomo

    possa utilizzare gli animali e la natura asuo piacimento. Internet e i suoi video

    diffondono informazioni sui modernilager degli animali, con le sottostantiideologie dell’hamburger, e i dettamidel comparto zootecnico, soprattuttonelle cosiddette West Countries. Noi

  • non è qualcosa che si conqui-sta, ma un dono che si accet-ta. E tuttavia sono molte lecose che aiutano la fede a ri-velarsi e consolidarsi. Primafra tutte, la testimonianza deicristiani. E già qui casca l’a-sino: dove sono i cristiani te-stimonianti, cioè i “veri” cri-stiani? Li cerchi tra le perso-ne più umili, più semplici, piùnormali. Io ho l’esempio dimia madre: casalinga, scuolaprimaria, grandi prove, acutidolori, e una fede da far invi-dia a un angelo, una serenitàinteriore senza scosse, unacapacità unica di vivere la vi-ta all’ombra di Dio. In secon-do luogo sono convinto cheper “imparare” la fede oc-corre viverla, sperimentando-la giorno dopo giorno e vor-rei dire ora dopo ora neltran-tran quotidiano. Oggi èdifficile poiché mille lacci ve-ri e virtuali, materiali e infor-matici ci tengono legati allamateria. Difficile ma non im-possibile. Infine, la fede si“impara” attraverso quellaparticolare comunità che è laChiesa. Un vecchio adagiopatristico recita “Unus chri-stianus nullus christianus”,un cristiano isolato non è uncristiano, essere di Cristovuol dire far parte del gruppodei suoi discepoli che egli hacostituito come Chiesa. Il cri-stiano ha nel suo DNA la ca-pacità di aprirsi ai fratelli.

    AMARE È PECCATO?Caro direttore, so diaver peccato ma non

    riesco a pentirmi. Può l’amoreessere un peccato? Sono forseun errore della natura? […]Avevo solo 13 anni. Colpo difulmine per un ragazzo bellocome il sole. Lo amo, in silen-zio, per 3 anni e mezzo. Misposo con un altro, il mio at-tuale marito. Ci scontriamosempre. […] Ripenso al mio“primo” amore platonico e glimando un messaggio su face-book. Diventiamo amici su fa-cebook. […] Sento quell’amo-re di 20 anni fa, è ancora vivo.Cado come una pera cotta.

    Ma non era questo l’argo-mento dell’articolo. L’autoresta presentando i vizi capitali,nello specifico il vizio dellalussuria. Ancora una volta de-vo ribadire che l’amore con ilpeccato non c’entra, sarebbecome mettere insieme il dia-volo e l’acqua santa.

    AVERE FEDE. Caro di-rettore mi perdoni ladomanda, che forse è

    un po’ scema, ma io sono per-sona semplice. Mi potrebbeilluminare? Ecco vorrei sape-re se c’è un cammino da fareper giungere ad avere fede.Uno studio? Io non so propriorispondere…

    Sauro, Napoli

    No, non esistono ricette pre-confezionate. Intanto “crede-re” non vuol dire “sapere”.Son due cose molto diverseperché il sapere è conoscenzadi qualcosa, il credere è ade-sione a Qualcuno. Quelloche voglio dire è che la fedenon fornisce certezze (a que-sto basta la scienza che poinon le fornisce in forma defi-nitiva: aspetta solo che un’al-tra teoria scalzi la prima,un’altra ancora scalzi que-st’ultima, e così di seguito),la fede fornisce, invece “con-vinzioni”. Ecco perché essa

    AMORE O SESSO?Egregio direttore […]non capisco perché una

    rivista cattolica scriva “faresesso”, espressione che riten-go volgare […] Non è preferi-bile l’espressione “fare all’a-more”? […] Mi pare che l’au-tore dell’articolo di “SfideEtiche” svaluti l’amore […]Se non si coglie la bontà delsesso, creato da Dio […] Nelmatrimonio l’amarsi anima ecorpo è un valore.

    Ambrogio, Milano

    Caro signore, l’autore dell’ar-ticolo “Lussuria” (BS giugno2010, pag. 38) è professore diMorale presso un’universitàecclesiastica. È materia di cuiè da ritenersi competente eaggiornato. Non mi permettoperciò di giudicare espressio-ni, che oggi sono, purtroppo,comuni. Anch’io ritengo che“fare all’amore” e “fare ses-so” non siano espressioniequivalenti. Lei ha ragione adire che la seconda è più“brutale”. Credo che l’artico-lista proprio questo volessesottolineare: il sesso come pu-ro piacere, il sesso senzaamore, il sesso, dunque, pec-caminoso, con il quale l’amo-re ha niente a che vedere.Giustissimo quanto lei dice,che nel matrimonio è un valo-re “l’amarsi anima e corpo”.

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    ABORTI. Egregio diret-tore mi riferisco al nu-mero di aborti effettuati

    in Europa: 1 ogni 11 secon-di?! […] carneficina silenteche si consuma inesorabil-mente. […] Come si possonoritenere non portatrici di vitaumana le cellule embrionalidell’uomo? […] Vorrei scu-sarmi con tutti i bambini sen-za nome e non nati a causadell’aborto, ormai hanno su-perato i milioni di bambinimorti che inesorabilmentecontinuano a morire per tuttele violenze degli uomini.

    Lucia@...

    Non posso non darle ragione.La Chiesa difende la vita. Adogni costo. È di qualche mesefa la video notizia – e fa alcaso nostro – di una mammaincinta cui i dottori avevanoconsigliato di abortire perchéil nascituro sarebbe nato di-sabile. La donna resistette eportò avanti la gravidanza.Chi ha raccontato la cosa èstato il figlio di questa don-na/coraggio che ha concluso:“Quella signora era mia ma-dre e il bambino ero io! Saròdi parte, ma posso dire che èstata la scelta giusta!”. Sitratta del tenore Andrea Bo-celli, noto in tutto il mondo,con 70 milioni di dischi ven-duti. Se la mamma avesse se-guito il parere dei medici,non avremmo avuto un artistastraordinario, pur nella suacecità e, a suo dire, felice diessere quello che è. Ce n’èper riflettere un po’!

    OTTOBRE 2010 BS

    E TT E R E AL D I R E TT O R EL

    � Scambio santini, franco-bolli, cartoline e calenda-rietti. Mi chiamo GGeennoovveesseeMMiicchheellee,, VViiaa PPootteennzzaa 1144,,8855002200 AAtteellllaa ((PPZZ)).

    � Mi chiamo Francesco, ungiovane di 32 anni e vorreicorrispondere con chi cer-ca nuove amicizie comeme... Oltre al rispetto, la sin-cerità, la fede, il dialogo, lapassione per l’animazionesalesiana. Risposta assicu-rata. CCeessaarroonnii FFrraanncceessccoo,,PPiiaazzzzaa SSeemmpprroonniioo AAsseelllliioo 4411,,0000117755 RRoommaa..

    � Trentatreenne gradireb-be corrispondere con coe-tanei e non, da parte di tut-ta Italia per nuove e belleamicizie. Si prega di inserirenell’Oggetto “Bollettino Sa-lesiano”. Scrivere a CCrriissttiinnaa::ccrriillaaiinnoo22000000@@yyaahhoooo..iitt.

    � Mi chiamo Claudio, ho33 anni e sono di Roma. Mipiacerebbe corrisponderecon ragazzi e ragazze ditutta Italia che credononei veri valori della vita.ccllaauuddiioo..ggiiaannnneettttii@@eemmaaiill..iitt,,cceellll.. 339933//55777777227777..

    AP P E L L I

  • OGNI MESECONDON BOSCOA CASA TUAIl BollettinoSalesiano vie neinviato gratuitamentea chi ne fa richiesta.Dal 1877 è un donodi Don Bo sco a chise gue con sim patiail la voro salesiano trai gio va ni e le missioni.

    Per la vostra corrispon-denza:

    IL BOLLETTINOSALESIANOCasella post. 1833300163 ROMA Bravettafax 06/656.12.643E-mail: [email protected]

    Diffondetelo tra iparenti e gli ami-ci. Comu ni catesu bi to il cambio di in di rizzo.

    BS OTTOBRE 2010

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    unicamente l’emotività; – ocon tutte e due, bilanciando,come sempre occorrerebbefare, le due facoltà. È facilecapire la grande diversità de-gli esiti. E comunque, non dimentichiche di fronte alle grandi emo-zioni tutti hanno le armi spun-tate: psicologi, pedagogisti,direttori di spirito, neurologi,ecc. Tanto più i direttori di ri-viste. Non pretendo dunquenulla con questa mia. Se rie-sce, provi a porsi di fronte aifatti, usando “tutte” le sue fa-coltà. Né dimentichi che perun credente c’è anche l’ausi-lio della fede. E questa è laquarta via, secondo me la mi-gliore.

    ESPERIENZA/E. Carodirettore, mia figlia si èfatta convincere da un

    giovanotto a soggiornare incasa sua. Glielo abbiamo per-messo, ma ciò che lei ritenevauna villa era una casa immer-sa in una campagna desolata eassolata. Tutto l’ha lasciataallibita, parlavano esclusiva-mente il loro dialetto. Il gio-vanotto l’ha messa in ridicolocon i conoscenti a cui l’hapresentata. […] Mia figlia èuna ragazza timida. Questo hacontribuito a renderle facilel’accesso ad Internet, dove hatrovato lo spazio “giusto”, hatutti i sintomi della dipenden-za da Internet. […] È diventa-ta apatica […].

    Mariella@...

    Ciò che mi pare di aver capi-to leggendo con attenzione lasua lunga lettera è, sostan-zialmente, che sua figlia man-ca di esperienza e di espe-rienze. Ribadisco, perciò, l’o-pinione altre volte espressa: avolte non si sbaglia a permet-

    tere ai propri figli determina-te esperienze. L’impatto conuna realtà “altra” da quellaimmaginata o sognata nonpuò che contribuire a ”svez-zarla” – perdoni la rozzezzadel lemma – e di questo svez-zamento, mi pare di capire, lasignorina ha un forte biso-gno. Ho sott’occhio le gere-miadi di una 26enne, che rim-provera ai suoi di averla co-stretta a un’adolescenza ovat-tata, iper/protetta; e così – ci-to – “mi sono trovata del tuttoimpreparata ad affrontarequalsiasi ostacolo, anche mi-nimo, attraversasse la miastrada; non sono pronta aniente; devo per ogni minimacosa, cercare protezione per-ché una qualsiasi stupidagine(sic) mi imbambola; maledi-zione alla mia vita troppo sor-vegliata e troppo facile!”. So-no del parere che gli ostacolisiano segnali benedetti nellavita dei giovani. Qualunquecosa uno faccia, gli errori so-no parte della biografia diogni individuo: insegnano acamminare meglio, a diventa-re più accorti, a infurbirsi. Èquindi inutile perdere tempoa prendersi a calci per il pas-sato. Ho sempre apprezzatol’aforisma di un certo Nash:“Dio nella sua saggezza fecela mosca, e poi si dimenticòdi dirci il perché”. Una di-menticanza voluta: i fastididella vita li devi scoprire egestire personalmente; qua-lunque cosa succeda occorreimparare a tener duro. Ma èsempre opportuno offrire ilproprio contributo di padre,madre, educatore, insegnante,ecc. per dare una mano a chisi trova nel guado. Mi è capi-tato tra i tantissimi contattiun giovane che si diceva con-vinto che gli errori in realtànon esistevano perché “inquattro e quattr’otto, bastavolerlo, si può rimediare aogni sbaglio…” Gli ho ripor-tato ciò che avevo letto in unoscritto di Lanza del Vasto –cito a memoria – “Allora, turitieni di poter schiacciarequesto bruco? Ecco fatto! Vi-sto? Non era difficile. Bene,ora rifà il bruco!”.

    […] Sto male, ho sempre maldi testa, piango, all’universitànon sono riuscita a superareun esame. È grave amare? Co-me si fa a non amare?

    Anna@...

    Cara Signora, all’amore nonc’è rimedio, perché è cosa di-vina. Dio stesso è Amore, Tut-toamore, Soloamore. Dettoquesto come cappello, è ovvioche amare non è peccato.Peccato è disperdere l’amore,frantumarlo, dividerlo, par-cellizzarlo. Personalmente so-no solito suggerire agli sposiun’operazione urgente e ne-cessaria: “Prima di unirsi inmatrimonio è necessario di-vorziare. Da se stessi!”. Dif-ficile? Certo. Ma altra sceltanon c’è, se si vuole che l’a-more rimanga integro, e siaccresca con gli anni. Fram-menti d’amore, in realtà nonsono amore, sono solo un “ef-fetto collaterale” dell’amoreche ha in sé una gran dose dipiacere e una troppo piccoladose di felicità; una gran for-za emotiva ma una fragilissi-ma capacità di resistenza. Miaccorgo sempre più spesso,che l’uomo e la donna sannoragionare di politica, di figli,di economia, di cultura… ma,direbbero a Napoli, “accuc-chiano” poco o nulla quandoparlano d’amore, tutt’al piùbalbettano. Se nel primo casodomina la razionalità, nel se-condo tiranneggia incontra-stato il cuore. Il cuore è unorgano formidabile… ha soloun difetto: in genere non usala ragione. È invece indispen-sabile se si vuole continuarea essere quel che si è (un“omo umano”, per dirla allaPascarella) usare tutte le pro-prie facoltà. Gli psicologi di-cono che di fronte a un qual-siasi evento ci sono diversepossibilità di approccio. Ogniindividuo presenta a modosuo ciò che gli capita, e il ri-sultato è che ci si trova difronte a tre diverse interpreta-zioni. Per farla breve, si puòaffrontare un qualsiasi acca-dimento: – o con la testa,usando unicamente la ragio-ne; – o con il cuore, usando

    Non ci è stato possibilepub blicare tutte le letterepervenute in redazione. Cene scusiamo. Prov ve de re -mo a suo tempo alla pub-blicazione o alla rispostaper so na le.

    ‘‘ ‘‘

  • RANDAZZO, SICILIA-ITALIA

    ANNIVERSARI

    Cento anni fa, nasceva il sa-lesiano don Calogero Virzìche ha svolto il suo ministe-ro di prete, di insegnante edi educatore a Randazzo. Hadedicato molte delle sueenergie a divulgare tra i gio-vani la storia e l’arte del lo-ro splendido paese. Si erainserito così profondamente

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    OTTOBRE 2010 BS

    MILANO, ITALIA

    L’AEROPLANINO DI CARTA

    L’Aeroplanino di Carta con-tinua imperterrito la suavivace uscita quadrimestra-le, pensato, redatto e impa-ginato da una trentina diragazzi dagli 11 ai 16 annidell’istituto sant’Ambrogiodi Milano. Sport, sondaggi,racconti, quiz, giochi, inter-viste. Hanno ormai collabo-ratori in tutta la penisola.Deve essere un prodotto docse ha meritato il premio“Saint Vincent”, oscar delgiornalismo italiano. Fioreall’occhiello sono le inter-viste. Le hanno fatte a ti-pi come Lippi, Trapattoni,

    IN ITALIA NEL MONDO&

    nel tessuto sociale della cit-tadina etnea che il suo nomecompare tra i soci fondatoridi vari sodalizi locali: Prolo-co, Storia Patria “VecchiaRandazzo”, Arte san Barto-lomeo, ecc. Nel 1979 l’Am-ministrazione comunale gliconferisce la cittadinanzaonoraria, nel 1987 un annodopo la sua morte, gli intito-la la Biblioteca Comuna-le. Rimangono scritti, alcuniinediti, sulla storia della cit-tadina e dei suoi monumentiartistici.

    Capello, Iacchetti, Villaggio,Montalcini, Gorbaciov, card.Martini e ai benedettini di

    BOLOGNA, ITALIA

    COMUNICARE NO PROFIT

    Le organizzazioni “no profit”,tra cui anche la “Don Bosconel Mondo”, sono state con-vocate a Bologna per una ri-flessione sul loro status e suicompiti che le attendono nellasocietà dell’informazione. Le“no profit” non hanno vita fa-cile: la moltiplicazione deimedia, l’affollamento comu-nicativo, ma anche la compe-tizione tra loro si configuranocome altrettanti ostacoli cherischiano di sminuire la ric-

    chezza civile e morale del ter-zo settore. Occorre sfatare al-cuni miti: non è vero che ilsociale non paga, che non in-teressa alla gente, che non habisogno di essere comunicato.Tutt’altro! Occorre perciò piùvisibilità nei media socialinon tanto cercando di conqui-stare spazi “convenzionati”,ma trovando posto in spazi etrasmissioni ad alta densità diaudience. Per “Don Bosco nelMondo” hanno partecipato al-l’incontro il direttore del BS ela segretaria di redazione.

    Norcia… Diciannove annidi vita, 36 numeri, finora.Bravi ragazzi.

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    BS OTTOBRE 2010

    SCHEGGE

    di Franco Scillone

    Un prezioso e gustoso librettocon 500 massime raccolte inuna sessantina di pagine. So-no detti, motti,aforismi che spa- ziano in in nume-revoli campi del-lo scibile, brevi,succosi, stillanti a volte sag-gezza, a volte sarcasmo,spesso ironia, o canzonatura,o critica… L’autore, giorna-lista, ha un record di oltre14mila massime: da guin-

    redazionale

    FILATELIAa cura diRoberto Saccarello

    SCRITTORI SUL TITANO

    Con una graziosa serie composta di tre valori, laRepubblica di San Marino ha celebrato i seguentiscrittori: Edgar Allan Poe (1809-1849), ArhturConan Doyle (1859-1930) e Raymond Chandler(1888-1959) di cui ricorrono quest’anno rispettiva-mente il bicentenario della nascita, il 150° anniver-sario della nascita e il 50° anniversario della morte.

    Il valore da 0,36 €€ rappresenta un gatto neroche richiama l’omonimo racconto di Poe e la figuradi Auguste Daupin. Il francobollo da 0,85 €€ richia-ma, invece, la figura del celebre Sherlock Holmes,a cui è legata la fama di Doyle, tramite un segugioche segue le orme. Il valore da 1,40 €€, infine, èdedicato all’investigatore privato Philip Marlowe,creato da Chandler, attraverso il suo inseparabilecappello appoggiato sul telefono.

    Bozzetti di Anna Malpeli, tiratura di 80.000 seriein fogli di 20 francobolli con bandella descrittiva asinistra.

    Per informazioni: Azienda di Stato Numismatica del-la Repubblica di San Marino, tel. 0549.88.23.50/70,e-mail [email protected]

    TORINO, ITALIA

    PIAZZA DON FRANCODELPIANO

    Il 5 giugno è stata intitolatauna piazza a “Don FrancoDelpiano”, salesiano, archi-tetto che ha speso la vita per igiovani, i poveri e i malati.Presenti il presidente delConsiglio comunale, l’asses-sore ai Servizi civili, assiemead altri amministratori, ad al-cuni confratelli salesiani, alfratello e alle due sorelle didon Franco. Il quale, tra l’al-tro, è anche stato uno dei fon-datori dell’associazione “OMG– Operazione Mato Grosso” aTorino. Nei primi anni Settan-ta è stato anche volontario inBrasile dove, come architetto,ha contribuito alla ricostru-zione dell’ospedale “São Ju-lião” nello Stato di CampoGrande. Don Franco è mortoa Torino il 29 maggio 1972,affetto da leucemia. Avevasolo 42 anni.

    TORINO, ITALIA

    ANNIVERSARI

    Il 30 gennaio 1710 moriva aTorino il beato SebastianoValfré, che può essere consi-derato il capostipite della lun-ga teoria di santi che fiorironoin Piemonte nei secoli XVIIIe XIX tra i quali san Giusep-pe Cafasso, san Giovanni Bo-sco, santa Maria Mazzarello.Proprio Don Bosco nelle sue“Lettere cattoliche” pubblicòl’opera “Porta teco cristiano”con numerosi consigli trattidalle lettere del beato. Allostesso Valfré si ispirarono inun modo o nell’altro il Cotto-lengo, san Leonardo Murial-do, il beato Federico Albert ealtri. Valfré apparteneva allacongregazione dell’Oratorio,fondata da san Filippo Neri.

    ness! Ma Scillone si dilettaanche di poesia, scrive can-zoni (testi e musica), favoleper ragazzi, ecc. Qualchegoccia di sapienza fa beneproprio a tutti.

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    OTTOBRE 2010 BS

    Siamo lieti di presentare ai lettori il ritratto degliorfanelli giunti dalla Mesopotamia, vestiti secon-do il patrio costume. La loro accettazione fu unadelle ultime generose iniziative del compiantoDon Rua. Nel settembre dell’anno scorso veniva all’Oratoriol’Arcivescovo di Mossul (l’antica Ninive), SuaEccellenza Reverendissima Mons. Butros Habra,per manifestare il vivo desiderio di avere una casasalesiana nella sua diocesi. Per mancanza di per-sonale i suoi desiderii non poterono esser soddi-sfatti. Sua Eccellenza pregò allora il sig. D. Ruadi voler accettare alcuni giovinetti e farli studiarenelle case salesiane d’Italia, nella speranza dipoter col tempo stabilire in Siria per mezzo lorol’opera desiderata. D. Rua accondiscese volontieri ed offerse il postoper 20 giovanetti. Non appena rimpatriato, primo pensiero del zelan-tissimo Arcivescovo fu quello di sceglier subitoalcuni orfanelli e d’allestire l’occorrente per laloro spedizione. Essi infatti partirono da Mossul il30 maggio u. s. accompagnati dal Vicario Mons.Khayath, e scortati fino ad Aleppo da due cavalie-ri del governo turco.

    Nel BS dell’ottobre 1910 si parla ancora dei funerali celebrati in tutto il mondo in memoria di don Rua. In Siria furonopresieduti dall’arcivescovo di Mossul, cui don Rua aveva concesso il posto a Valdocco per 20 “orfanelli siri” che lì avrebbero potuto apprendere un mestiere. Offriamo uno stralcio della notizia ai lettori.

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    LOCRI, ITALIA

    www.logoterapiaonline.it

    Splendida iniziativa nella dio-cesi di Locri/Gerace. Presso ilCentro Salesiano di Locri si èformato il “Gruppo di genito-ri che hanno perso tragica-mente un figlio”, aperto a tut-ta la diocesi. Si tratta di ungruppo di ascolto e sostegno,animato dal salesiano don Eu-

    genio Fizzotti, uno dei piùquotati interpreti e diffusoridel metodo di Viktor E.Frankl. “Solo chi si innalza aldi sopra del suo dolore puòaiutare un fratello che soffre”,questa convinzione del gran-de psichiatra viennese è an-che alla base del gruppo inquestione, nella convinzioneche la condivisione della sof-ferenza è la strada più straor-dinaria per continuare a “diresì alla vita, nonostante tutto”.

    GIZO, SOLOMONS

    VESCOVO VOLANTE

    Monsignor Luciano Capelli,tornato per due mesi in Italia,ha continuato a pensare e alavorare per la sua lontanissi-ma diocesi. Durante il suosoggiorno ha cercato fondi

    per costruire un centro pro-fessionale, una scuola parroc-chiale, il campanile della suaricostruita cattedrale e haconseguito il brevetto di pilo-ta per poter visitare le parroc-chie senza fare 10/12 ore dibarca. Ora c’è chi sta racco-gliendo fondi per comprareun “superleggero” al vescovo“volante”.

    Gli orfanelli siri accompagnati da monsignorKhayath.

  • ALICE E GLI ALTRI (35)Divagazioni (mica tanto) su una annuale normalità:

    festa di compleanno.

    ridere…”. “Se le mie battute sono sciocche, per-ché ti fanno ridere?”, chiede Alice seria. “Ecco,vedi? Prendi tutto troppo seriamente. Ti sei offesaperché ho detto sciocche? Beh, volevo dire buf-fe…”, replica mamma Stefania. “Forse hai ragionetu. Forse davvero sono stata un po’ musona ulti-mamente. Facciamo così, adesso mi concentro ecerco di pensare al regalo più frivolo che si

    possa desiderare”, replica Alice. “Tidico una cosa, allora: Io epapà avevamo pensato diorganizzarti una festa asorpresa; avevamo pen- sato di chiedere aiu-to a Viola, Chiara eSara. Però, visto iltuo stato d’animo cistavamo rinuncian-do, nel timore cheavresti potuto nongradire il pensiero.Che ne diresti invecedi organizzarla insieme,

    io e te. Scegliere un postoche ci piace, stilare il menù,

    andare a fare shopping, dal parruc-chiere, tutte quelle cose da femmine che faccia-mo così poco io e te?”. “Mmm… non so – diceAlice seria – ci devo pensare”. “Ah… Beh… allo-ra pensaci poi mi fai sapere!”. “La verità è chenon mi va molto di festeggiare... e poi cosa c’èda festeggiare?”. “I 18 anni, un’età importante,un’età in cui si può cominciare ad assumereresponsabilità vere. E c’è da festeggiare il fattoche sei sana, che hai una famiglia che ti vuolebene, che si preoccupa per te. E ancora, che haitanti amici che sarebbero contentissimi di venirealla tua festa... Devo continuare?”. “Scusa…”,sussurra Alice in lacrime. “Mi dispiace, Alice, mami hai fatto un po’ arrabbiare. Sono stata brusca,però non sopporto di vederti così… già da un po’di tempo; ho bisogno di vederti reagire.”, “Hairagione, mamma. Allora, amiche per qualche set-timana?”. Mamma Stefania sospira di sollievo,abbracciando la figlia, e: “Però poi si torna allanormalità”. �

    “A llora, Alice, non hai ancora deciso checosa vuoi per regalo per i tuoi diciottoanni?”. Mamma Stefania e Alice sonoin cucina, stanno sparecchiando la tavola dopoaver pranzato. “Mah… Sono indecisa. Ho pensatoa un po’ di cose, però…”. “Sentiamole questecose, poi io e papà decideremo oppure ti faremouna sorpresa… Chissà!”, dice mamma Stefania.“Mamma, per favore, lo sai che nonmi piacciono le sorprese”,risponde severa Alice. “Nonho mai conosciuto unaragazza di diciottoanni a cui non piac-ciano le sorprese; avolte vorrei che fos-si meno seriosa eun po’ più ario-sa…”. “Un po’meno noiosa, magarivorresti dire”, chiedeAlice offesa. “Ma chedici? Tu sai quanto io siafiera e orgogliosa di te,quanto stimi la tua serietà. Cer-to, qualcuna me ne hai combinata,per fortuna, sennò ti avrei considerata un’aliena.Però…”. “Però cosa?” interrompe Alice. “Sedia-moci, approfittiamo del fatto che Beatrice stiadormendo e facciamo quattro chiacchiere tradonne”, dice mamma Stefania sedendosi al tavolodella cucina. “Mamma, non eri tu quella cheripeteva sempre che non bisogna mai confonderei ruoli, che un genitore è un genitore, non unamico”, chiede Alice mettendosi a sedere rasse-gnata. “Oh, si dicono tante cose… ma dieciminuti di chiacchiere tra me e te non confondo-no i ruoli”.

    >> “E di che vorresti parlare?”, chiede Alice stu-diando con attenzione le venature del legno deltavolo. “Tesoro, in quest’ultimo anno sono suc-cesse tante cose… È stato un anno difficile, que-sto lo capisco, però… ecco, mi sembri molto tri-ste, sempre seria, mi mancano le tue risateimprovvise, le tue battute sciocche che mi fanno

    O SSERVATORIO Anna Rita Delle Donne

    BS OTTOBRE 2010

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    Fabia

    naDi

    Bello

  • HIESA

    Èè stata proprio la domandasul male a spingere un altroimportante filosofo contem-poraneo a meditare appas-

    sionatamente su Gesù: si tratta delpiemontese Luigi Pareyson,scomparso nel 1991, il quale nonlascia adito a dubbi quando affer-ma: “Ora nemmeno Gesù Cristo –che del resto, kierkegaardianamen-te, non era un presidente di accade-mia delle scienze – ha preteso difornire una spiegazione o com-prensione del male; si è limitato,per così dire, a riscattarlo, e l’hafatto con le proprie sofferenze,prendendo su di sé i peccati dell’u-manità. L’unico senso in cui si puòdire che egli dà una risposta al pro-blema del male, è che egli è, luistesso, questa risposta”. Pareyson

    E IL MALE? DOMANDA CRUCIALEDELLA FILOSOFIA. CONCLUDIAMO

    L’EXCURSUS DI ALCUNI FILOSOFI CHE

    HANNO RIFLETTUTO SUL CRISTO E LA SUACROCE

    era convinto che su tale terrenofosse possibile anche un incontrofra cristiani e non credenti: “È qui– egli scrive – che interviene ilpensiero tragico, nel senso che ilproblema di Dio è mediato dal pro-blema del male e del dolore, e cheun accesso alla divinità è possibilesoltanto attraverso il Dio sofferentee redentore. Il problema oggi non èpiù quello di una teologia naturale,che sia accettabile anche dalla puraragione, ma quello ben più attualedella cristologia, d’una cristologiaper così dire laica, la quale comepensiero tragico sia in grado dicoinvolgere tutti, credenti e noncredenti”. Pareyson, dunque, rico-nosce piena dignità filosofica al di-scorso su Cristo (cristo-logia); anzilo considera l’unica filosofia ingrado di risolvere le questioni piùdrammatiche dell’uomo, tra le qua-li spiccano, ovviamente, quelle delmale e del dolore, e l’unica capacedi suscitare l’interesse anche degliatei e dei non cristiani.

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    OTTOBRE 2010 BS

    CRISTOE I FILOSOFI (2)

    “ “

    C

    Gesù, impersonato dall’attore Robert Powell nel film “Gesù di Nazareth”, di Franco Zeffirelli, uscito nell’anno1977.

    di Maurizio Schoepflin

    Miguel de Unamuno (Bilbao 1864-Salamanca 1936).

    Luigi Pareyson (Piasco 1918-Milano 1991).

    AGONIA DEL CRISTIANESIMO

    Intorno al Cristo sofferente, un’e-co originale proviene dalla Spagnaove nel 1931 il filosofo Miguel deUnamuno dà alle stampe l’operaAgonia del cristianesimo, in cui si leg-ge: “E così come il cristianesimo, an-che Cristo è sempre agonizzante.Terribilmente tragici sono i nostri cro-cifissi, i nostri Cristi spagnoli. È il cul-to di Cristo agonizzante, non morto.Il Cristo morto, divenuto già terra, di-ventato già pace, il Cristo morto e se-polto tra altri morti, è quello delSanto Sepolcro, è il Cristo che giacenel suo sepolcro; ma il Cristo che siadora sulla Croce è il Cristo agoniz-zante, quello che grida consummatumest!È a questo Cristo, a quello del Diomio, Dio mio, perché mi hai abban-donato, che si rivolgono i credentiagonici”. Anche al pensatore spagnolointeressa la sofferenza di Gesù: egliinquadra questo interesse all’internodella tradizione della religiosità spa-gnola, ma attribuisce a esso una in-discutibile valenza filosofica finaliz-zata a rendere ragione della condi-zione umana: “Sì – scrive Unamuno– c’è un Cristo trionfatore, celestia-le, glorioso; quello della Trasfigura-

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    BS OTTOBRE 2010

    rano la vita e trionfano su di essa, macome supplizio, come apparente im-potenza e debolezza dinanzi alle for-ze di questo mondo?”. Lo scandalodella Croce lascia l’uomo attonito. Ep-pure anche il filosofo si sente irresi-stibilmente attratto dal patibolo issa-to sul Golgota: per lui, la Croce di-venta anche una risorsa insostituibi-le per comprendere la realtà e lacondizione dell’uomo e per additareuna via di uscita dalle secche del ni-chilismo e della mancanza di senso.Il povero Cristo messo in croce cheBlaise Pascal anteponeva al Dio deifilosofi può essere accolto anche daifilosofi stessi, come insegna PavelFlorenskij, il Leonardo da Vincirusso, fucilato dai comunisti nel1937, quando scrive le seguenti ac-corate espressioni: “L’orientamentodella filosofia cristiana contiene in sé

    la massima realizzazione di unsistema unitamente al pieno

    compimento della poten-za creativa. Ma senza diLui e al di fuori di Luinon vi sarebbe nientedi tutto ciò che vera-mente esiste; nientedi ciò che è spiritua-le, ragionevole, di-cibile, può staccarsida Lui, che è il Si-gnificato perenne delsistema. Il Significato

    si è fatto carne, la Per-sona del Signore Gesù

    Cristo è il vero orienta-mento del pensiero”. �

    a meditare sulla figura di Gesù han-no privilegiato la prospettiva della ke-nosis, hanno prediletto l’immagine,cara al profeta Isaia, del Servo sof-ferente di Yahweh, disprezzato e ri-fiutato, “uomo dei dolori che ben co-nosce il patire”; e hanno conferito aquesta interpretazione della figura delCristo spessore e valore filosofici. Evi-dentemente, ciò non significa che que-sta sia stata l’unica angolatura scel-ta dalle filosofie contemporanee perguardare a Cristo e tanto meno vuoldire che non si possano dare altre let-ture filosofiche del Nazareno, ben sa-pendo, tra l’altro, che è sempre ri-schioso e spesso erroneo tentare di co-stringere la Buona Novella entro glischemi della razionalità filosofica.

    LA PRIMA VOLTAUn grande contributo a questo ap-

    profondimento filosofico del mes-saggio cristiano che pone al centro laCroce e il Cristo sofferente è venutodal pensiero russo che, a questo pro-posito, ha dimostrato una sensibilitàdel tutto particolare, come attestanocon sufficiente chiarezza le seguen-ti considerazioni di Nikolaj Berdjaev,vissuto fra il 1874 e il 1948: “Il mi-stero della Croce del Golgota, è il mi-stero della libertà. Il Figlio di Dio, as-sunte le sembianze di uno schiavo epatito il supplizio della croce, non co-stringe esteriormente nessuno a ri-conoscerlo… La forza e la gloria di-vina del Crocifisso si manifestano inun atto di libera fede e di liberoamore. Il Crocifisso si rivolge alla li-bertà dello spirito umano. Non vi èimposizione alcuna. Il Dio crocifissonon soltanto si rivela, ma anche si na-sconde… Gli occhi dell’uomonaturale, oppressi dalle for-ze del mondo esteriore,vedono nel Crocifissosoltanto un uomo tor-turato e umiliato, sol-tanto la disfatta e larovina della veritànel mondo. La veritàdivina appare iner-me e impotente. Èdunque possibile cheDio sia apparso quag-giù non come forza epotenza, che trasfigu-

    Benedetto Croce (Pescasseroli 1866-Napoli 1952).

    Nikolaj Berdjaev (Kiev 1874-Clamart 1948) in compagnia dello scrittore Michail Bulgakov (dipinto di Mikhail Nesterov).

    Pavel Florenskij (Evlach 1882-Leningrado 1937).

    zione, dell’Ascensione che sta alla de-stra del Padre; ma è per quandoavremo trionfato, per quando ci sa-remo trasfigurati, per quando saremoascési. Ma qui, in quest’arena delmondo, in questa vita che è soltantouna tragica tauromachia, qui c’è l’al-tro, quello livido, quello paonazzo,quello sanguinante ed esangue”.

    FILOSOFI NON PREDICATORI

    Davvero degna di nota appare que-sta convergenza dei pensatori piùdiversi intorno alla figura del Cristo,uomo dei dolori: si tratta di filosofi enon di predicatori che preparano i te-sti dei loro quaresimali, cosa peraltroassai attraente e significativa. Si pen-si che addirittura il laicissimo Bene-detto Croce, allorché si pone dinan-zi alla figura di Cristo, ne coglie es-senzialmente la dimensione soffe-rente: il filosofo abruzzese non si at-tende certo alcuna salvezza dal Cro-cifisso, ma non esita ad affermare che“l’individuo nel corso della sua vitaè il Christus patiens di dolori terribilie di casi atroci”, scoprendo così l’u-niversalità dell’esperienza cristica.C’è un vocabolo greco molto caro ateologi ed esegeti: è il termine keno-sis, che vuol dire svuotamento, ab-bassamento e che viene usato in cri-stologia per definire il senso dell’in-carnazione del Figlio di Dio. Dio, in-carnandosi nel Figlio, si è come pri-vato della sua onnipotenza e della suamaestà: è attraverso questa kenosische Egli ha portato la salvezza al mon-do e nel mondo, come scrive san Pao-lo nella Lettera ai Filippesi, quandoafferma che Cristo Gesù “pur essen-do di natura divina… spogliò se stes-so, assumendo la condizione di ser-vo… umiliò se stesso facendosi ob-bediente fino alla morte e alla mortedi croce”. Ecco: molti tra i filosoficontemporanei che si sono soffermati

  • L’UOMO DELLE ANDE

    ne. Certo, la gente è semplice. I geni-tori non sanno ancora né leggere néscrivere, però i figli sì! Quindi, il ca-povolgimento della situazione è evi-dentissimo; l’ho vissuto e lo sto vi-vendo sulla mia pelle… perché sonolì a insegnare un mestiere ai ragazzi.

    >>Sono ancora molti i volontari chevengono a darti una mano sulleAnde Peruviane?

    Sì, per fortuna! Perché l’Operazio-ne Mato Grosso, soprattutto in Italia,attecchisce con i ragazzi. Finché nel-l’OMG ci saranno ragazzi e giovani…ci sarà l’operazione e finché ci sarà l’o-perazione ci saranno i volontari. Mol-ti dei volontari stanno 5-6-10 anni nel-l’Operazione e magari decidono di ve-nire a vivere in missione. Adesso inPerù ne abbiamo 350 adulti, più i lorobambini e fanno 450. Meravigliatipure, ma alcune famiglie sono lì da 2-5-10-20 e addirittura 30 anni. Anzi, al-cuni vivono lì tutta la vita. Gratuita-mente. Il valore di questa testimo-

    nianza è che tutti lavorano gratis. È tut-to davvero un sacrificio! Spesso nem-meno i religiosi riescono a fare scel-te così radicali. Questo eroismo simantiene e anch’io vedo, con mera-viglia e gioia, che i ragazzi sempre,quando incontrano l’Operazione –che vuol dire lavorare gratis per i po-veri – si entusiasmano. Il cammino èdifficile e duro, e c’è una selezione na-turale. Ma ti devo dire che quelli cheresistono sono formidabili.

    >>20 anni ad Arese tra i ragazzi dif-ficili e più di 30 tra i campesini delPerù. Quale la differenza?

    Dai ragazzi difficili ho capito che leparole non servono. Cioè, quandoero con i ragazzi di Arese, catechista– tu sai che lì c’erano i ragazzi del cor-rezionale – ebbene con quelle teppe,oggi voi li chiamate bulli, noi face-vamo la messa tutte le mattine. Ca-pito? Erano 268/270 ragazzi, divisi in2 gruppi. I grandi che andavano dai 18ai 21 anni e i piccoli dai 14 ai 18. Etutte le mattine li portavo a messacom’era allora nella regola salesiana.Io sono sempre stato un difensore del-la messa giornaliera, e quando l’han-no tolta mi sono messo a piangere. Eallora dico… lo so che è una faticagrandissima tenere i ragazzi attenti.Era una messa per modo di dire, noncapivano molto di liturgia… con tan-te parole difficili… però, se tu dici“C’è Gesù, inginocchiati, stai buono,

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    OTTOBRE 2010 BS

    ISSIONIM

    >>Don Ugo, qualcuno ha scritto inredazione chiedendo notizie di quelcampesino di don Ugo. Ti senti cam-pesino?

    Sì, campesino con i campesini nel-la Sierra peruviana, dai 3000 ai 4000metri slm. Gli abitanti lavorano i cam-pi. Adesso c’è anche qualche bottegae qualche commerciante e perfinodelle strade… Ma la popolazione viveancora lavorando la terra. Insommasono campesini/contadini papà, mam-ma e figli. Però adesso i figli vanno ascuola e la situazione sta cambiando.Con il progresso ho visto un rivolgi-mento radicale. Sono arrivato lassù 35anni fa e allora per me fu come anda-re 2000 anni indietro. Adesso anche lìsono stati invasi dai media moderni,quindi puoi immaginare la confusio-

    Abbiamo “intercettato” e intervistato a Roma don Ugo De Censi,salesiano fondatoredell’operazione MatoGrosso, missionario sulleAnde peruviane, dovedal 1975 a oggi haportato avanti progettiincredibili. È commendatore dellaLegion d’Onore del Perù.

    di Giovanni Eriman

    Padre Ugo De Censi in Vaticano dopo l’intervista.

    Animatore dei suoi ragazzi a Chacas.

  • BS OTTOBRE 2010

    zi assorbono il mondo d’oggi con vo-racità. Pensa: quando sono arrivatoc’era solo la civiltà dell’aratro, del-l’asino, della soma… niente strade,niente motori, niente luce elettrica...Ho vissuto 12/13 anni senza nessunmezzo moderno, senza televisione, ra-dio, telefono… Poi è arrivato il cam-biamento! Quindi, il problema ècome riuscire a salvare i ragazzi dalmondo moderno. Se non riusciamoqui a catechizzare e a convertire i ra-gazzi, tanto meno riusciremo lassùsulle Ande! Adesso, i miei ragazzi cheerano semplici contadini, portano iblue jeans, le ragazze i pantaloni, coseche non avevano mai sognato. Ècambiata anche la mentalità. Tutti iragazzi con il cellulare, sulla Cordi-gliera! Concludendo, l’operazione èvalida sulla Cordigliera perché è va-lida in Italia. Ai ragazzi qua diciamovenite a vedere chi sta peggio e ca-pirete che vale la pena aiutarli. Io hol’impressione che anche nella con-gregazione si abbandonino un po’ i ra-gazzi, non si vive più con loro, a go-mito a gomito… La soluzione non èorganizzare, no, no, no!… È vivereinsieme! Per capire la povertà nonc’hai bisogno di leggere le riviste…perché soffri quello che soffrono i po-veri. Allora ti prendi a cuore ’sti ra-gazzi, e più che altro lavori insiemea loro… allora pian piano ti si affe-zionano. Siamo sempre al tipo di DonBosco: “O tu ami i ragazzi, sai starecon i ragazzi o, se no, non ha sensoche ti fai e sei salesiano.

    >>Hai costruito scuole, oratori, ospe-dali, chiese e… internati… perché?

    Ecco… io qua ero contro la scuola.Cioè, le scuole come si fanno qui sonotutta teoria, cioè: tutto sapere, tutto li-bri, tutto memoria… La nostra scuo-la è un internato, è vivere insieme. Mai salesiani di qua (in Italia n.d.r.)hanno perso l’internato! Per motivieconomici o per quello che vuoi te!Però se tu non tiri fuori i ragazzi dalmondo d’oggi, e non li tieni un pocoa parte, non ce la fai! Non riesci!cioè… i ragazzi potrebbero venirecome esterni… ma io tengo l’inter-nato! Se no mi servo solo dell’orato-rio. L’oratorio è vivere insieme ai ra-gazzi. Le mie scuole sono tutte prati-che non teoriche. Insegno un mestie-re, anzi no, un’arte! Le nostre scuo-le sono come treni con tanti vagoni…una trentina di vagoni, cioè una tren-tina di mestieri: falegnami, scultori,pittori, vetraisti, infermieri, mosaici-sti, ecc., ecc., ecc. Lo ripeto: inse-gniamo un’arte. Con l’arte riusciamoa invadere il mercato. Non è facilema… Il lavoro lassù vale più dello stu-dio! Si deve studiare, perché se nonstudi non capisci e non sai scoprirel’arte. Però, quello che conta è che tudevi proprio impegnarti a lavorare elavorare da artista. � �

    prega…”, ecco la cosa semplice cheloro capivano perfettamente… Allo-ra quello che ho capito in tutto que-sto tempo è che se non si vuol bene airagazzi, sono inutili tutte le parole ele preghiere. Anch’io avevo una fedesemplice: paradiso, inferno, coman-damenti, tutte le cose che mi aveva-no insegnato… Mi è andata via tuttaquella fede lì… Ho capito che l’im-portante era voler bene ai ragazzi, pun-to e basta! E le teorie, sono diminui-te molto… molto… Però non m’è maiscappata la voglia di stare con i ra-gazzi; la voglia di essere buono, la vo-glia di volergli bene… Mi è costato,eccome! Sia ad Arese sia lassù in mis-sione. Cioè, essere buono con la gen-te vuol dire ascoltare, condividere, farequello che puoi… e la gente ti chia-ma, ti cerca, si confida. Sono loro cheti dicono quello di cui hanno bisogno,non sei tu! Loro hanno bisogno di unDio che si manifesti attraverso la no-stra bontà! I volontari, dimostrano pro-prio tanta bontà, tanta misericordia…

    >>Qual è il più grande problema deigiovani delle montagne?

    Il più grande problema è che quel-li imitano noi dell’Europa. Se tusenti dire che la conversione dei po-poli verrà dall’India, dall’Africa,dall’America, ecc. ridici sopra! Nonè per niente vero! O la conversionenasce qua, in Europa, in Italia, o nonnasce. Non viene di là. I miei ragaz-

    I capolavori dei campesini.

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    Don Ugo visita i capolavori dei suoi ragazzi.

    Più artisti che falegnami.

    Eman

    uela

    Roc

    chi

  • OTTOBRE 2010 BS

    LATERANO, ROMA-ITALIA

    UN SALESIANO ALLA LATERANENSEMercoledì 30 giugno a mez-zogiorno, nell’Aula Magnadella Pontificia UniversitàLateranense ha avuto luogo ilpassaggio di consegne tra ilrettore in carica monsignorRino Fisichella e il suo suc-cessore don Enrico dal Covo-lo, salesiano. Il cardinale Vi-cario, Vallini, Gran Cancellie-re della stessa Università, haletto il rescritto pontificio chepromuoveva monsignor Rino

    a presidente del neo costituitoConsiglio per la Nuova Evan-gelizzazione dell’Occidente.Un vero “colpo d’ala” di papaRatzinger che desidera ferma-re la scristianizzazione delVecchio Continente. Ha poiletto la lettera che nominavanuovo rettore don Enrico dalCovolo, ordinario di letterecristiane e classiche presso laPontificia Università Salesia-na e postulatore per le causedei santi della congregazionecui appartiene. Il BS formulai migliori auguri di successoper il nuovo e prestigioso in-carico.

    CITTÀ DEL VATICANO

    Dal 26 febbraio 2002 è ini-ziato l’iter per la beatificazio-ne di don Titus Zeman. Ilsantorale salesiano si arricchi-sce di un altro “servo di Dio”.Don Titus è nato a Vajnorynella ex Cecoslovacchia il04/01/1925 ed è morto nellastessa città l’08/01/1969. Haemesso i voti perpetui a Romanella basilica del Sacro Cuore,fatta costruire da Don Boscoper ordine di Pio IX. Ha ini-ziato la teologia all’UniversitàGregoriana nel 1938 e l’hacontinuata a Chieri, quindi al-la Crocetta di Torino, dove èstato consacrato sacerdote il23 giugno 1940. Tornato inpatria nel 1950, a causa dellapersecuzione comunista fuggìnuovamente in Italia, poi riu-scì a stabilirsi in Austria a

    BOXredazionale

    CITTÀ DEL VATICANO.Il 12 giugno a Linares inSpagna è stato beatificatoManuel Lozano Garrido(Lolo) il primo giornalistalaico nella storia dellaChiesa, convinto apostolodella carta stampata cheper lui era il veicolo percomunicare la verità. Fa-ceva sempre un collega-mento tra notizie e Vange-lo che considerava la piùgrande “buona notizia”della storia universale.Colpito da paralisi pro-gressiva fu costretto suuna sedia a rotelle per 28anni, ma non perse mail’allegria.

    ROMA. 13 anni fa TomPeterson iniziò la campa-gna “Catholics come ho-

    BREV I SS IME DAL MONDO

    me/Cattolici tornate acasa”, una campagna per-fettamente organizzatache ha dato i suoi frutti:più di 200 mila persone(atee, ex cattolici, non pra-ticanti, ecc.) sono tornatea vivere la loro fede in se-no alla Chiesa.

    ROMA. L’11 giugno papaBenedetto XVI ha conclu-so l’anno sacerdotale, con-vocando in Piazza SanPietro il più grande radu-no internazionale di sacer-doti mai avvenuto, quasi16 mila consacrati. Una ri-sposta eloquente alla crisiattuale della Chiesa e agliattacchi al Pontefice chenon ha dimenticato di im-pegnare i sacerdoti allasantità.

    Linz, il che gli permetteva dipassare più facilmente il con-fine e tornare in patria.

    >>Fu un salesiano entusiastadella sua vocazione e decisa-mente coraggioso. Si dedicòcon passione e zelo al lavorotra i giovani salesiani per “sal-vare la loro vocazione” intempi di grandi difficoltà, acausa del socialismo reale chesembrava inarrestabile nellasua progressiva espansione inEuropa. Quando per la recru-descenza della persecuzionel’aria di casa divenne insop-portabile, si prodigò per farfuggire all’estero i giovani sa-lesiani perché potessero conti-nuare a percorrere la strada in-trapresa verso il sacerdozio.

    >>Fu proprio questo suo in-faticabile adoperarsi a favo-re dei suoi confratelli più gio-vani che lo segnalò alla poli-zia, quando già aveva fattovarcare i confini a oltre unacinquantina di salesiani. Fuarrestato, imprigionato e con-dannato ai lavori forzati. Du-rante la detenzione subì mal-trattamenti e torture per 13anni. Le privazioni e le soffe-renze subite lo indebolirono atal punto che si spense a soli54 anni nella sua città natale.È sua l’affermazione: “Anchese perdessi la vita, non la con-sidererei sprecata sapendoche almeno uno di quelli cheavevo aiutato è diventato sa-cerdote al posto mio”.

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  • BS OTTOBRE 2010

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    TUUTIN-ENTSA, ECUADOR320 giovani di etnia shuarhanno partecipato all’in-contro annuale organiz-zato e animato da giovanidel MGS. Sono arrivati apiedi, in barca, in camione per tre giorni si sonoconfrontati, hanno discus-

    so, pianificato, approfon-dito tematiche formative,culturali, educative. Gior-nate di festa e di impegnodurante le quali 20 di lorohanno ricevuto il sacra-mento della Confermazio-ne e cinque il mandatocome ministri degli “Iikra-tin” (gli infermi).

    MILANO, ITALIAIl gruppo “Small-Team” delMGS si è riunito a Romaper preparare l’Assem-blea generale del Movi-mento Giovanile Salesia-no Europeo, e la GMG2011. L’Assemblea MGSsi terrà in Ungheria il me-se prossimo e prevede

    momenti di formazione edi programmazione, in vi-sta della GMG di Madrid,cui è probabile che parte-cipino oltre 4000 giovaniMGS che saranno ospita-ti nelle strutture salesianedella capitale e dintorni. Ilraduno è previsto ad Ato-che il 17 agosto 2011.

    HONIARA, ISOLE SALOMONEA Honiara dopo due mesidi preparazione, in agosto,hanno festeggiato il decen-nale dell’Istituto Salesiano.Gli alunni della “Scuola Tec-nica” Don Bosco hanno or-ganizzato un’originale com-

    petizione musicale a tema:“Don Bosco pieno di vita”.Allievi e familiari si sono ri-versati nell’auditorium dellascuola per assistere allagara. Solisti e duetti si sonosucceduti sul palco esiben-dosi in canti, danze e acro-bazie.

    NITERÓI, BRASILEIniziativa “ecologica” di 9studenti dell’istituto sale-siano “Santa Rosa”: hannovisitato 5 grandi supermer-cati della città, poi hannoconsegnato ai rispettivi di-rigenti una lettera in cuichiedevano di ridurre l’uso

    di buste di plastica del tut-to antiecologiche. L’attivitàè stata realizzata durantela settimana dell’ambiente,ai primi di giugno, sul tema“Meno plastica più quali-tà dell’ambiente”. Utile esplendida iniziativa. Daimitare anche da noi.

    BRATISLAVA, SLOVACCHIALo scorso maggio, il consi-gliere generale per la Co-municazione Sociale ha ra-dunato nella capitale dellaSlovacchia i responsabilidei centri di produzione au-dio/video e multimediali

    d’Europa. L’importanza diquesti raduni non sfugge anessuno: abitiamo ormaiun’era in cui la Comunica-zione Sociale ha assuntoun ruolo centrale in tutti isettori della società: scuo-la, sport, tempo libero, eco-nomia, politica, ecc.

    a cura del direttore

    PORTICI, ITALIAI giovani dell’Oratorio sale-siano di Portici-Bellavistahanno ottenuto un grandesuccesso di pubblico e dicritica con la rappresenta-zione “Peter Pan e l’isolache c’è”. Il teatro è stato, èe resterà uno degli stru-

    menti educativi più impor-tanti che Don Bosco hausato a piene mani e che isuoi figli hanno coltivatocon sapienza e amore.Non pochi di loro hannoscritto testi teatrali, cometestimonia l’inserto culturadi questi due ultimi anni.

  • COLLOQUI…di Giancarlo Manieri

    Per rendersi conto di come“viaggia” la scuola, occorredisturbare il preside. Così, hochiesto udienza al prof. Co-

    lombara che dirige il “traffico” cul-turale e disciplinare del Don Boscodel Cairo. È in Egitto dal 2003. Gliho chiesto prima qualche notizialeggera. “Come ti trovi?”. Mi ha ri-sposto quasi con soddisfazione:“Benissimo e per tanti motivi; pri-mo fra tutti il fatto di avere la presi-denza della scuola e per ciò stessola fiducia dei salesiani, il che è unagran cosa... anche se non sono tutterose; le rose hanno sempre le spineed è ovvio che ce ne siano anchequi; a volte pungono magari proprioquando credi di averle evitate. Unaltro motivo di soddisfazione èche… sono ormai per metà egizia-no!”. “Sarebbe a dire?”. “Qui hotrovato la mia ragazza, un’egiziana!Ci siamo sposati, stiamo costruendola nostra casa. Anche lei è impiegatapresso la scuola, come segretaria”.Mi sono congratulato – potevo nonfarlo? – con lui e sono passato aqualche domanda più “pesante”.

    PROBLEMI“Come preside, quali sono i pro-

    blemi più fastidiosi che trovi?”. Neha snocciolati subito due: prima ditutto ha rilevato la carenza di risorseumane. Una scuola come quella diRod el Farag avrebbe bisogno dimolto personale, soprattutto salesia-no. “È vero che stiamo meglio chenon le scuole statali, dove le classiarrivano anche a 80/100 alunniognuna, a scapito – com’è evidente– dell’insegnamento, ma è anchevero che la cultura e l’educazione(morale, civile e religiosa) dei ra-gazzi necessitano di personale, e dipersonale non qualsiasi, ma alta-mente qualificato”. In effetti, riflet-tevo, essere minoranza numerica-mente quasi inconsistente in un pae-se musulmano con una ragguarde-vole quota di copti, esige una fortecoesione di gruppo, motivazioni ra-dicate, moralità inattaccabile, istru-zione religiosa senza falle… insom-ma “un cristianesimo convinto ecoerente”, ha aggiunto il preside.L’altro problema è costituito dallacarenza delle risorse finanziarie. Èvero che il prestigio di cui gode ilDon Bosco gli assicura gli alunni,“ma il prestigio non si mangia!”, haesclamato convinto Marco. La pre-parazione del personale qualificatosia culturalmente sia moralmentecosta. Tantissimo, e spesso i salesia-ni devono arrampicarsi sugli spec-chi per arrivare a tutto. “Beh, primadi passare all’aspetto positivo, tiracconto un aneddoto capitato du-rante i nostri ‘corsi rapidi’ seguitidal prof. George Maghed”. “Sentia-mo”. “Un professore domanda agliscolari quale fosse la temperaturadel sole. Silenzio. Allora precisò:Circa 6000 gradi. Il ferro brucia

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    OTTOBRE 2010 BS

    IAGGIV

    La visita al resto delcomplesso scolastico,all’oratorio, allapresidenza della scuolami ha fornito il quadrocompleto di un’attivitàsenza soste e dell’eternoagitarsi – a fin di bene –dei salesiani e dei lorocollaboratori. Colloquiocon il giovane preside e con il direttoredell’oratorio.

    La maschera d’oro di Tutankhamon, il faraone fanciullo.

    A fianco, il preside della scuola salesiana di Rod el Farag, prof. Marco Colombara.

    Il salesiano coadiutore signor Gallo Giulio con un collaboratore, vicino ai suoi impianti.

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    BS OTTOBRE 2010

    suo modo di fare è… un po’ tede-sco: ama la precisione, la puntua-lità, l’ordine. Mi dice: “In unarealtà del tutto diversa da quellaitaliana – un po’ la conosco perchého frequentato l’UPS – occorrescandire i tempi delle attività conun certo puntiglio se no si ottienepoco o nulla. A certe condizioni, ilragazzo egiziano è plasmabile, e telo dico io che sono egiziano purosangue”. Gli ho chiesto notizie deiragazzi che frequentano l’oratorio.“Il 5% sono cattolici, tutti gli altricopti ortodossi (i musulmani nonfrequentano). La convivenza non èsempre idilliaca. Ciò che li dividedi più è la prassi sacramentale. Airagazzi copti è proibito dai loroparroci di accostarsi alla comunio-ne in una chiesa di rito cattolico.Così Mórcos, di origine copta, ce-lebra spesso la messa con quel ritoper permettere agli oratoriani dipartecipare e fare la comunione. Ledivisioni, purtroppo, non finisconoqui. Anche la confessione si fa solodal proprio prete nella propria chie-sa; e se un cattolico s’innamora diuna ragazza copta e desidera spo-sarla, occorre che sia nuovamentebattezzato con il rito copto, poichéquello cattolico non viene ricono-sciuto. C’è un lungo cammino da

    fare. L’ecumenismo di cui la Chie-sa cattolica, soprattutto in Europa,si fa un vanto, in Egitto è di là davenire! La rigidità copta, ancoratafortemente alle antiche tradizioni,ostacola il dialogo tra le due con-fessioni, anche se un rispetto for-male impedisce eccessi e contrastiviolenti. Ho avuto l’impressioneche i copti avessero un dialogo piùproficuo dei cattolici con i musul-mani e fruissero di condizioni mi-gliori nei loro rapporti con le auto-rità civili. Insomma, nella terra deifaraoni, se sei cattolico devi esserlofino in fondo con principi saldi ecoerenza adamantina, altrimenti èarduo resistere in un ambiente incui a ogni passo trovi un inciampo,a ogni iniziativa una resistenza, aogni tentativo di dialogo il sospettoche lo fai per mero proselitismo.Beh, una cosa è certa: i cattoliciegiziani sono da ammirare.

    Tornando verso la camera per fa-re il punto della giornata, mi sonofermato dinnanzi a una classe, atti-rato da uno striscione con una scrit-ta che mi piace pensare fosse pro-grammatica: NON CHIEDERTIQUELLO CHE GLI ALTRI POS-SONO FARE PER TE; CHIEDITIINVECE QUELLO CHE TU PUOIFARE PER GLI ALTRI. �

    come fosse paglia… qualsiasi navespaziale verrebbe disintegrata. Alche uno dei giovani: Prof, allora bi-sognerà andare di notte che fa me-no caldo e…”. Devo aver strabuzza-to gli occhi, perché Marco sentì ilbisogno di ribadire: “Abuna (mi so-no dovuto abituare al titolo), ti giuroche è tutto vero! Comunque, quelche volevo dirti è che reggere i ritmidi una scuola come questa è quasida eroi”.

    Dopo di che il preside è passato allato positivo: “Molte aziende conce-dono borse di studio agli alunni mi-gliori e vorrebbero moltiplicare gliistituti come quello di Rod el Farag,perché considerano scuola, metodoe insegnanti tra i migliori in assolu-to. Del resto, pensa che la primave-ra scorsa, per poter frequentare ilcorso Controlli automatici, aperto a23 corsisti, si sono presentati in 120e pur di arrivare primi hanno buttatogiù la porta!”. La visita ai laborato-ri, forniti di macchinari d’avanguar-dia, ha ampiamente confermato l’i-dea che mi ero fatto: grande vogliadei ragazzi di imparare, grande di-sponibilità dei professori di inse-gnare, grande capacità dei salesianidi educare. Infine il successivo col-loquio con Maghed, braccio destrodel direttore, cui sono affidati i“corsi rapidi”, non ha fatto che con-fermare quanto avevo già visto, sen-tito o intuito.

    L’ORATORIODon Mórcos è il direttore dell’o-

    ratorio. Egiziano del Cairo, capiscebene i suoi ragazzi e la situazionedel suo Paese. Gestisce l’oratoriocon una tabella di marcia ben preci-sa, coadiuvato da otto catechisti euna quindicina di animatori. Nel

    Il prof. Maghed George con la figlia, gestisce i numerosi “corsi rapidi” organizzati dalla scuola.

    Una riunione all’oratorio.

  • TRA I ROM DI LUNIK IX

    LA NOTTEA Lunik IX i veri problemi comin-

    ciano con il calare del giorno e siprolungano tutta la notte. Violenze,aggressioni, tafferugli, ubriachezze…Il tasso di delinquenza aumentaquando ricevono l’assegno socialeche troppi spendono in bettola. Nondi rado le risse finiscono a pugni,quando non a coltellate. In alcunil’aggressività è causata dall’alcol, inaltri dall’eccesso di difesa, perchémostrarsi deboli può essere fatale.Tale anomalo comportamento ha ra-dice in famiglie sfasciate, in un am-biente deprimente, nell’insopportabi-le sovraffollamento, mali che genera-no irresponsabilità e rabbia. La genteche vive in questo ghetto cova odioverso chi vive fuori. Si sentono esclu-

    si e accerchiati, il che li unisce, creaidentità e coesione e spinge alla resi-stenza e all’aggressività. Peraltro, irom restano tenacemente attaccati aipropri usi e costumi che si tramanda-no da una generazione all’altra e ri-mangono ghettizzati nel proprio cer-chio etnico senza aprirsi agli altri. I salesiani presenti cercano prima diogni altra cosa di rompere il cerchiodell’individualismo per far loro supe-rare le mura del ghetto. Già nel primoanno di presenza essi hanno conferitoil battesimo a settantasette bambini ecelebrato solo tre funerali, segno chela comunità gitana è giovane e puòsperare in un futuro diverso.

    PRIME DIFFICOLTÀ All’inizio non tutto è filato liscio

    per i figli di Don Bosco. Arrivati alcondominio dove avevano trovatoalloggio, ecco il primo “infortunio”:l’ascensore non funziona, ed essi so-no costretti a fare a piedi sei pianiper arrivare all’appartamento. Manon finisce qui: l’acqua fluisce dairubinetti solo due volte al giorno, lamattina e la sera, e il riscaldamentocentrale è staccato… Dopo pocotempo però l’impatto con la gente,che ha notato lo spirito di adattamen-to di quei tre preti, è migliorato e co-

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    OTTOBRE 2010 BS

    ASA NOSTRAC

    Dal 1° luglio 2008 due sale-siani hanno scelto di abita-re nel quartiere zingaro diLunik IX a Košice, in Slo-

    vacchia. Lunik è senza dubbio il piùgrande quartiere zingaro dell’Euro-pa centrale; costruito alla periferiadella città, è stato scelto come espe-rimento per la soluzione del proble-ma dei rom. All’inizio era abitato damilitari. Negli anni Novanta peròessi hanno iniziato a sgomberare,per vari motivi: prima di tutto simostravano infastiditi dagli zingariche sempre più numerosi venivanoad affollare la zona; in secondo luo-go a causa della grande discaricache rendeva mefitica l’aria. Partiti imilitari, i rom rimasero gli uniciabitanti del posto. Ma la loro situa-zione non migliorò, anzi, se possibi-le, peggiorò ancora: problemi diadattamento sociale, comportamentisocio-patologici, emarginazione…L’arrivo dei salesiani li ha lasciati atutta prima indifferenti: ne hannosopportato la presenza, senza curar-si troppo di loro.

    La Slovacchia è il quartopaese in Europa per il numero di zingari, quasi 500 mila su unapopolazione di circa 6 milioni di abitanti. Ogni anno in Slovacchianascono attorno ai 5500zingari. Il 50% dei rom hameno di 19 anni, ma ladisoccupazione nonscende mai sotto il 30% e raggiunge anchepunte del 100%.

    di Peter Bešenyei

    Il quartiere rom Lunik IX a Košice; vi abitano circa ottomila zingari.

    Il centro pastorale del quartiere.

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    BS OTTOBRE 2010

    dicono di voler acquisire la loroforza d’animo, imparare l’auda-cia nel prendere iniziative, assor-bire la loro capacità di soppor-tazione, la caparbietà nel trova-re sbocchi al proprio lavoro.

    “Essi si meravigliano che noi predi-chiamo l’uguale dignità di tutti, lanecessità di essere uniti, di volersibene, di essere amici…perché è pos-sibile cambiare, rinnovarsi, arricchir-si reciprocamente di valori con gestisemplici e giornalieri”.

    CAMBIARE Anche gli altri salesiani presenti a

    Košice si sono lentamente aperti allanovità di Lunik e hanno detto sì aquesta strana e difficile missione chenon era mai stata prima presa seria-mente in considerazione. Esiste in-dubbiamente il pericolo dello scorag-giamento, della diffidenza, perché lamentalità moderna ci ha abituato airisultati veloci, mentre con gli zingarioccorre una grande pazienza. Il cam-bio sarà lento, forse lentissimo. È du-ro da accettare ma è indispensabileaccettarlo, “poiché la nostra missionenon è la missione del singolo, ma delgruppo”. L’individuo da solo primao poi capitola, si disgusta, il lavorol’assorbe totalmente e lo stressa. Nelteam missionario a Lunik IX operanoanche le Figlie di Maria Ausiliatrice,i volontari, gli animatori. Aiutano so-prattutto con la catechesi nella scuolae con le attività del doposcuola. Lascuola elementare e media è frequen-tata da oltre 1200 bambini e salesianie suore vi insegnano per più di 30 oredi religione la settimana.

    STIMOLIUn giorno si avvicina a uno dei sa-

    lesiani una ragazzina rom: “Tu doveabiti?“. Lui le mostra le finestre, las-sù al sesto piano del grande condomi-nio. Allora lei chiede: “Ma… ti con-viene abitare lassù?”. Bella doman-da! Secondo quali parametri misurarela convenienza di quella scelta? Per irom è difficile, per non dire impossi-bile capire che i nuovi arrivati – preti,suore, volontari – non ci sono per sestessi ma per loro. Il cristiano è mis-sionario per mandato: “Andate… pre-dicate…”. Obbedire a questa voce èobbedire a Dio. Ecco perché è “con-veniente” venire ad abitare qui in unambiente ecologicamente devastato,socialmente poco stimolante; abitarequi e sopportare ingiustizie, umilia-zioni, soffrire incomprensione, solitu-dine, vivere da “esseri dimenticati“,da gente invisibile. Anche in questoambiente vivono tanti bambini bellis-simi che sono fin d’ora senza identitàcerta, come se non fossero mai nati...

    La nostra disponibilità di andarea vivere tra i rom, l’apertura al dialo-go reciproco, il desiderio di annun-ciare il Vangelo non educa solo glizingari, ma anche i sacerdoti dioce-sani e i laici. Il carisma salesiano èabbastanza ricco per poter abbraccia-re anche la nazione zingara. �

    Attività religiose: la prima comunione di Maruska, giovane zingara.

    minciano a frequentarli. Vogliono sa-pere perché sono venuti in quel postoinfernale, che cosa intendono fare,che progetti hanno… La risposta limeraviglia non poco: “Semplice-mente vogliamo vivere con voi, con-dividere i disagi, il lavoro, insommala vita”. Così i rom scoprono un’in-credibile contraddizione: essi sogna-no di fuggire dal ghetto mentre quellilì scelgono di starci dentro. All’inizioocchi diffidenti li seguono, ma i sale-siani salutano tutti, avvicinano tutti,tutti ascoltano, tutti consolano; fannola spesa presso lo stesso commer-ciante zingaro, aiutano chi non ce lafa, come gli anziani, i malati, i bam-bini… Così lentamente i rom si con-vincono che quei preti sono lì nonper comandare ma per condividere,

    Si lavora insieme.

    Attività sociali: musica e canto.

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    A un saggio fu chiesto perché mai avessimo dueocchi, invece di uno come il naso e la bocca. “Conl’occhio sinistro devi guardare te stesso pervedere come migliorarti e con l’occhio destrodevi guardare gli altri per aiutarli” – fu larisposta –.

    2. Non sprecare sofferenza. È tua e non solotua. Gesù sulla croce in nove ore di supplizio havissuto per intensità quanto in tre anni di vitapubblica tra Nazareth e Gerusalemme.Non puoi allungare la tua vita di un solo giorno,ma anche un solo giorno vissuto al 100 per 100vale un’intera vita. Niente è da buttare. Tutto èda valorizzare.

    3. Non trascurare i tuoi sentimenti. I sentimentipossono far male, ma non averne è il vero male.Gli affetti sono come gli indumenti. Siindossano sempre. Sono la fotografia a colori

    del nostro io.

    È vero che i sentimenti sonosentimenti ma possiamo scegliere seviverli in modo distruttivo o creativo.

    Sacerdote è bello. È atteso,cercato. È l’uomo della Provvidenzaper chi non ha casa. Vive disperanza e di speranza fa vivere.Sei pronto a seguire Gesù? Se tidicesse ”vieni?“, risponderestivengo? – “Si vengo”! –Ti saluto e ti abbraccio …

    Carlo Terraneo ccaarrllootteerrrraanneeoo@@lliibbeerroo..iitt

    OTTOBRE 2010 BS

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    AI GIOVANIC’È UNA STRADA TRACCIATA

    PER CIASCUNO

    LETTERA

    MG

    S Tr

    iven

    eto

    Sì vengoCarissimo,mi fanno tenerezza i pulcini:quando bevono scompaiono sotto il pelodell’acqua per poi ergersi – statuari – puntandoil becco in alto e scuotendo le inesperte ali. Èl’anelito verso il cielo. Presto impareranno ausarle. Presto il primo volo, l’addio, il sognodopo una lunga notte. Ormai sei pronto come un aquilone smanioso dilasciarti dondolare dal vento. Le condizioni cisono tutte. Lascio nelle tue mani un piccolovademecum. È in parte la mia esperienza. Vorreipassarla a te.

    1. Non tenere la gioia per te. Non è tua o solotua. Se la doni, ti trovi felice, in caso contrarioti si spegne in volto.

    byMa

    uro- M

    GSTriv

    eneto

  • IL TEATRO

    DI DON BOSCOIn quest’

    anno centenario d

    ella morte

    di don Rua non p

    ossiamo non acce

    nnare

    al teatro che rigu

    arda e celebra la

    sua persona.

    Ecco il senso del

    presente inserto.

    BS OTTOBRE 2010

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    DON RUA IN MUSICAL

    di Michele Novelli

    Teatro e musica fecero degna cornice ai festeggiamenti in occasione della beatificazione (1929), della canonizzazione (1934) e del centenario

    della morte (1988) di Don Bosco. Di don Rua, finora si era taciuto. Il centenario della morte ha finalmente smosso la produzione teatrale

    per “cantare” l’alter ego di Don Bosco.

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    OTTOBRE 2010 BS

    un naturale prolungamento neltempo, tanto da consolidarel’opera del fondatore edesploderne le potenzialità doveDon Bosco non era potutoarrivare. A nessun altro DonBosco avrebbe potuto affidare lesorti della sua congregazione; in nessun’altre mani Don Boscopoteva consegnare la suaeredità, sicuro che sarebbe stataben riposta, anzi fattagermogliare ben oltre i confiniitaliani ed europei”.

    IL MUSICALDa questi presupposti si

    dipana la storia di “Io ci sto”. La convenzione scenicaintroduce due cantastorie cheavranno la funzione diraccontare la vicenda e nellostesso tempo di prenderne parte.A loro sono affidati il primoquadro e la prima canzone:“Tutto inizia”. Ed è già chiara lamissione affidata a Michele: “Da un germoglio un alberocrescerà, – e quel bosco prestouna foresta diverrà… Tutto iniziae riparte da qui, da quelsemplice sì!”. Il tema, ispiratoalle parole di Paolo VI,racchiude già la sintesi di tutta

    una vita. A differenza di DonBosco, Michele Rua è cittadino,nasce a Torino. La canzone“Torino”, apre lo scenario alracconto della vita di quell’esilefanciullo, e offre un ventagliodelle sue problematiche: l’esododalle campagne, l’ammassarsi in quartieri sovrapopolati, losfruttamento del lavorominorile… In una dellefabbriche più produttive, la Regia Fucina d’armi, pressoBorgo Dora nasce Michelino.Suo padre, già al secondomatrimonio, vi lavora e vi abita,presto seguito dai figli che neprenderanno il posto dopo la suaprematura scomparsa. La fabbrica è a due passi daValdocco dove un prete ha tiratosu un oratorio festivo. Luigi,fratello maggiore di Michelino,che lo frequenta ci porta ancheMichele. L’incontro con DonBosco lo segnerà per sempre. Il musical si struttura in altre 10 canzoni che ripercorrono i momenti salienti della vita didon Rua, dal momento didecidere che cosa fare e qualistudi intraprendere, all’episodiofamoso del “Noi due faremo ametà”; all’impegno nelsoccorrere gli appestati del suoquartiere; dall’accettare laproposta di costituirsi in

    IO CI STO. Dopo “Passid’infinito” (su DomenicoSavio), “Valigie per il cielo”(su Michele Magone), donSimone Calvano, e i suoicollaboratori dell’oratorio diVasto (Mocci, Driussi, Lapergola)presentano un musical su donRua. L’angolazione con cui èstata letta l’avventura del primosuccessore di Don Bosco èquella di una completa adesioneal progetto di vita e al sogno delfondatore (“Io ci sto”, ripresadell’espressione del giovaneCagliero). Un abbandonoillimitato, quello di don Rua, neiconfronti di chi gli fece dapadre, da guida, da ispiratore; dichi gli accordò una stima efiducia incondizionata. (“Con tefaremo tutto a metà”). “Io ci sto”come leit-motiv e filo conduttoredei molteplici episodi di cui ècomposto il musical. L’altraidea-madre che sorregge ilmusical è quella offerta dal papaPaolo VI: “Ha fatto dellasorgente un fiume”. Don Rua futalmente imbevuto dello spiritodi Don Bosco che ne “divenne

    Don Simone Calvano direttore dell’oratorio salesiano di Vasto, promotore, animatore e coautore del Musical “Io ci sto”.

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    congregazione religiosa (“Io cisto”) al momento della suaordinazione sacerdotale (il 29 luglio 1860, 150 anni fa).Le ultime fasi del musicalpassano per la decisione diMamma Maria di trasferirsiall’Oratorio e condividere lamissione del figlio (“Io ci sto,figlio mio – e resto qui con voi –per aiutare tutti voi”), queldrammatico 31 gennaio del1888, giorno della morte di Don Bosco (toccante, ai piedidel letto del padre morente, lapreghiera racchiusa nel canto“Come lui”:

    “Cara Madre Vergine Maria,fate che io salvi l’anima mia”sono state le ultime parole didon Rua sul letto di morte,invocazione appresa da DonBosco e fatta propria da ognisalesiano. La devozione a Marianon poteva non figurare comeuno dei cardini anche dellaspiritualità del nostro beato equindi espressa in una delleultime canzoni del musical(“Ave Maria, aiuto mio – affidoalle tue mani – mente, cuore eanima”. Come ogni musical chesi rispetti il canto finale (“Dallasorgente un fiume”) è un innoesaltante la figura delprotagonista. Il musical sisviluppa nei classici due atti e hauna configurazione di spettacolo“comunitario”, nato per essere‘tagliato’ sulle spalle dei gruppidi un oratorio. I cori hanno laprevalenza sui pezzi solisti, suiduetti o sui brani strumentali.Limitati sono anche iprotagonisti: oltre Don Bosco,Michele è attorniato da alcunifamiliari e anche da quei primiamici (Francesia e Cagliero) concui ha condiviso le scelteimportanti; tre signore delpopolo, il capo reparto dellaRegia Fucina e qualche altrofanno da contorno alla vicenda.

    IL CONCORSO SU DON RUANon poteva che essere

    l’Ispettoria Meridionale a lanciareun concorso artistico sulla figuradi don Rua, dal momento che ilsuo titolare è proprio il beatoMichele Rua. I lavori teatrali,musicali e figurativi sono statipresentati e premiati durante lafesta ispettoriale del 18 aprile, a Caserta, alla presenza del RettorMaggiore. In quell’occasione,vincitore della sezione teatrale, è stato rappresentato il musical“Michele, il coraggio della fede”proveniente dall’Oratorio “SacroCuore” di Foggia. “Unospettacolo di indubbio interesse edi forte carica emotiva – leggiamonella presentazione – capace dicoinvolgere totalmente ilpubblico e trasmettere la forza diun sogno, nato in un oratorio diTorino 150 anni fa e capace disuperare le avversità e i confiniterritoriali: portare Gesù aigiovani, attraverso il sistemapreventivo, tipicamentesalesiano. Quel sogno iniziato daDon Bosco ha avuto modo disopravvivere e rinforzarsi fino aoggi, grazie al suo primosuccessore Michele Rua e a tutti i salesiani che gli sonosucceduti”. Un gruppo, quello diFoggia, formato da oltre 30

    Locandina.

  • giovani protagonisti, e li haincoraggiati con il musical, a trasmettere i valori umani ecristiani. Nella stessa circostanza della

    Festa ispettoriale è andato inscena “Cuori selvaggi”. Il musicalè sulla vita di Don Bosco, scrittointeramente e diretto da CorradoMalorgio. A don Rua sono dedicatiun quadro e una canzone (“Tuttoa metà”). “L’originalità del testo –ci dice l’autore – è nella nonpresenza in scena della figura di Don Bosco. La sua vita èraccontata dai giovani (attori dai14 ai 18 anni del liceo salesianodi Caserta) attraverso la loroconoscenza e il carisma ricevutodal santo. Il musical inizia conl’ambientazione nella Torino del1840, quando appunto i giovanierano abbandonati a loro stessi

    senza un futuro preciso, in attesaforse di un evento che avrebbedato un senso alla loro vita. I “cuori selvaggi”, quindi, nonrappresentano altro che quei“lupi trasformati in agnelli” cheGiovannino Bosco aveva sognatoa 9 anni”.

    UN PATRIMONIO DA NON DISPERDERENel prossimo numero di

    dicembre, l’inserto del BollettinoSalesiano chiuderà l’ampiarassegna, durata tre anni, delTeatro Educativo Salesiano.Anche se è stata frammentaria,non sarà passato inosservatol’immenso patrimonio del teatroche i salesiani hanno accumulatonel corso dei loro 150 anni distoria, con alterne vicende, finoalla ripresa dei nostri giorni.Rimane il desiderio di raccogliereil meglio, in un sito web, eoffrirlo alla larga platea deglianimatori teatrali, a cominciareda quanto si sta producendo (cfr.esempi citati) nel mondosalesiano. L’ultimo articoloillustrerà l’iniziativa di “AreopagoTES (Teatro Educativo Salesiano)”un contenitore informatico che sipropone di salvare e diffonderequell’inesauribile patrimonio.

    Michele Novelli

    giovani dell’oratorio coinvolti inruoli diversi. Il cast artistico, costituitosi

    spontaneamente con il nome“Compagnia dell’alba”, hacarattere amatoriale in quantoriunisce giovani non professionisti,ragazzi di diversa formazione eprovenienza associati dal desideriodi costruire assieme un autenticoprogetto collettivo, nato per ilpiacere di stare insieme nello stiledi Don Bosco. Il musical ripercorrela storia di “Michele Rua, ragazzodell’oratorio di Don Bosco; nelcorso degli anni egli rimarràaffascinato dalla passione delsanto per i giovani fino adabbracciarne totalmente la suamissione evangelizzatrice. Alcunianni dopo fu tra i primi adaccettare le regole e la spiritualitàdella nuova congregazione,fortemente voluta da Don Bosco efondata da lui stesso insieme adalcuni giovani nel 1859. MicheleRua rimarrà sempre fedele al suomaestro tanto che alla sua morte,nel 1888, proprio lui diventerà il suo primo successore fino al 1910”. Il Rettor Maggiore dei salesiani

    si è complimentato per lacompetenza e per la passione dei

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    ���������BAGLIORI sseerreennaa..mmaannoonnii@@lliibbeerroo..iitt

    Un altro esempio dicristianesimo vissutosenza sconti, incarnatonelle parole esoprattutto nei fatti. Una ragazza semplice eformidabile, intelligentee volitiva, che volevabene a tutti e a cui tuttivolevano bene.

    Nata a Catania il 28 lu-glio 1975, segue ilregolare corso di stu-di. Dopo la maturitàsi iscrive all’univer-

    sità laureandosi poi in lingue eletterature straniere e ottiene unmaster in Politiche Sociali, PariOpportunità, e Culture Mediter-ranee. Ma la sua vita appartene-va più agli altri che a se stessa.Il suo donarsi per i fratelli piùsvantaggiati con gioia e totaledisinteresse ha del prodigioso.Si iscrive tra i Pionieri dellaCroce Rossa Italiana, aiuta ibambini di una casa/famiglia,assiste gli anziani, soccorre gliinvalidi, si dedica con passioneagli ammalati di AIDS e allepersone senza fissa dimora, par-tecipa a campi scout. Correvadove c’era bisogno, senza chie-dere nulla, con generosità e de-dizione uniche.

    �� Terza di tre figli, amava lavita, lo sport, il canto (chiamavascherzosamente il coro della suaparrocchia “la cappella Si/sto-na”). Fu giocatrice di basketnella squadra del liceo ad Aci-reale. Era felice quando potevastare in c