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Milano. Italia N. 1041 Dicembre/December 2019 € 10 A €25,00 / B € 21,00 / CH CHF 20,00 CH Canton Ticino CHF 20,00 / D € 19,90 / E € 19.95 / F € 16,00 / I € 10,00 / J ¥ 3,300 / NL € 16.50 / P € 19,00 / UK £ 18.99 / USA $ 19.95 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale D.L.353/2003. (conv. in Legge 27/02/2004 n.46), Articolo 1, Comma 1, DCB-Milano Dicembre/December 2019 € 10.00 Italy only periodico mensile d. usc. 04/12/19

Milano. Italia - Abitario

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109 Patrimonio Moderno/ Modern Heritage

110 Milano Moderna: que reste-t-il?/Modern Milan: que reste-t-il? Testo di/Text by Davide Borsa

113 Dalle guide di architettura alle guide d’uso/From architecture guides to user guides Testo di/Text by Valentina Marchetti

116 Scale milanesi/ Milanese stairways Tesi di master di/Master’s course dissertation by Andrea Hoffman e/and Lise Timmermans

Testo di/Text by Fulvio Irace

Milano. Italia Contents Sommario Traduttori/TranslatorsPaolo CecchettoAnnabel LittleKaren Tomatis

Si ringraziano/With thanks toAntony BowdenBarbara FisherRichard Sadleir

Dove non diversamente specificato, tutte le foto sono di/Unless otherwise stated, all photos are by Filippo Romano

Il carattere tipografico utilizzato per gli acronimi nelle pagine d’inizio sezione (pagine 15, 51, 71, 95, 109) è stato disegnato per Domus da Alessio D’Ellena/The type character used for the acronyms on the pages introducing each section (pages 15, 51, 71, 95, 109) was designed for Domus by Alessio D’Ellena

Copertina/Cover Rielaborazione grafica di Giuseppe Basile da un disegno di Andrea Hoffman e Lise Timmermans, Scale milanesi. A catalogue of entrance and staircase design in Milano from 1919-1967, 2019. Tesi di master, University of Ghent Graphic redesign by Giuseppe Basile from a drawing by Andrea Hoffman and Lise Timmermans, Scale milanesi. A catalogue of entrance and staircase design in Milano from 1919-1967, 2019. MSc thesis, University of Ghent

1 Colophon

2 Sommario/Contents

4 Una via italiana al futuro/ An Italian path to the future Testo di/Text by Walter Mariotti

5 Memoriale della Shoah/ The Shoah Memorial Progetto di/Project by Morpurgo de Curtis ArchitettiAssociati Testo di/Text by Fulvio Irace

10 Editoriale/Editorial

Milano dal basso/ Grass-roots Milan Testo di/Text by Fulvio Irace

12 Mappa di Milano dal basso/ Map of grass-roots Milan di/by Matteo Riva e/and Alessandro Burro

15 Spazio Pubblico/ Public Spaces

16 La privatizzazione dello spazio pubblico/ The privatisation of the public realm

Testo di/Text by Richard Ingersoll

18 Milano 2030: 88 piazze per 88 quartieri/ Milan 2030: 88 squares for 88 neighbourhoods Testo di/Text by Maria Giulia Zunino

21 Il caso NoLo/The NoLo precedent Testo di/Text by Luca Saccardi

24 Mappa di NoLo/ NoLo map di/by Matteo Riva e/and Alessandro Burro

26 Nuovi quartieri: prove di città/ New neighbourhoods: urban challenges Testo di/Text by Alessandra Coppa

29 Portfolio Foto di/Photos by Filippo Romano

51 Milano Futura/ Future Milan

52 Gli scali ferroviari: la sfida del futuro/Railway yards: the challenge of the future Testo di/Text by Emilio Battisti

58 Il sistema del verde/ The green system Testo di/Text by Andreas Kipar

60 Portfolio Foto di/Photos by Filippo Romano

71 Spazi Ibridi/ Hybrid Spaces

72 Vivacità urbana/ Urban vivacity Testo di/Text by Giampaolo Nuvolati

74 Milano ibrida/ Hybrid Milan Testo di/Text by Miriam Mongitore

77 Spazi di coworking/ Coworking spaces Testo di/Text by Cristiana Colli

80 Quotidiano, solidale, condiviso: il lavoro delle fondazioni/Daily, supportive and shared: the work of foundations Testo di/Text by Antonio Armano

82 Portfolio Foto di/Photos by Filippo Romano

95 Manifatture Milanesi/ Milanese Manufacturing

96 I luoghi del fare/Places for making Testo di/Text by Francesca Molteni

100 Portfolio Foto di/Photos by Filippo Romano

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Nuovi processi ridisegnano ruoli, competenze e prodotti delle old e new economies urbane, tra fabbricazione digitale, botteghe d’arte, fabbriche del design e artigianato 4.0, all’insegna della produzione rapida, su misura, accessibile, mai standard e, se possibile, inclusiva. Nascono nuove comunità, più fisiche che virtuali, per condividere spazi, saperi, tecnologie e innovazione, e investire in nuovi settori, dalla cura della persona all’agritech. Si scopre, così, che ci sono almeno due termini da ripensare: manifattura e progettista. Chi è il designer di domani?

New processes redesign the roles, skills and products of urban economies old and new, with the emergence of digital manufacturing, art workshops, design factories and 4.0 crafts. It’s all in the name of fast, custom-made, accessible, never standardised and, wherever possible, inclusive production. New communities spring up in physical more than virtual form to share spaces, know-how, technology and innovation, as well as investing in new sectors from personal care to agritech. This fresh outlook requires a rethinking of at least two terms: manufacturing and designer. Who will be the designers of tomorrow?

Page 4: Milano. Italia - Abitario

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In questa pagina: il Consorzio Vialedeimille riunisce l’attività delle cooperative sociali attive nei penitenziari di San Vittore, Opera e Bollate. Sopra: la Cooperativa Alice si occupa di sartoria forense, accessori in pelle e confezionamento di linee di abbigliamento. Sotto: la Banda Biscotti fa capo alla casa circondariale di Verbania e alla casa di reclusione di Saluzzo. I loro biscotti sono venduti nel concept store di Vialedeimille

This page: the Consorzio Vialedeimille is an umbrella for the activities of the social cooperatives working in the San Vittore, Opera and Bollate prisons. Above: the Cooperativa Alice sews legal robes, leather accessories and clothing lines. Below: the Banda Biscotti operates in Verbania’s district prison and Saluzzo’s detention centre. Their biscuits are sold in the Vialedeimille concept store

to non è freddo, sembra quasi tessuto. Inoltre posso sce-gliere il colore che voglio – il rosso, il verde marcio, il blu Klein”. Trasformare la propria creatività in idee, proget-ti e oggetti, in modo più diretto, veloce e flessibile è un’al-tra caratteristica della nuova manifattura milanese.

Nessuno esclusoLa città non a caso, registra un boom del lavoro femmi-

nile: su 5.000 occupati in più nel 2018 rispetto al 2017, 4.000 sono donne. “Milano è un luogo che sa premiare innovazione e creatività. La città si è rinnovata moltissi-mo negli ultimi anni, anche grazie a Expo, e offre sempre maggiori stimoli culturali e possibilità di esperienze in diversi settori. Milano è colta e aperta, e oggi ha un pub-blico attento, pronto al cambiamento, che sa cosa vuole e che non si accontenta”, raccontano Cinzia De Lauri, Sara Nicolosi e Giulia Scialanga di Altatto, laboratorio d’idee e di cucina di alta qualità, nato dall’incontro delle tre giovani cuoche nel tempio della cucina vegetariana milanese, il ristorante Joia di Pietro Leemann.

Altatto unisce servizi di catering, eventi su misura, cene private, lezioni di cucina e, da poco, anche un bistrot. “Per fare vivere un’esperienza unica a chi decide di rag-giungerci a Greco, quartiere popolare a nord di Milano, in via Comune Antico. L’edificio, un classico palazzo di ringhiera con una corte molto milanese, un tempo ospi-tava una panetteria. Grazie al nostro laboratorio, abbia-mo scoperto un quartiere in evoluzione”, raccontano. Nuova manifattura significa qualità delle materie prime, attenzione ai piccoli produttori, rispetto per la natura, il territorio e la stagionalità.

“Non per niente Altatto ha questo nome: racconta l’im-portanza che ha per noi la matericità e il coinvolgimento di tutti i sensi, nell’atto di cibarsi e nel nostro lavoro quo-tidiano, per dare valore e importanza alle mani e al fare con le mani, che sono le autrici di tutto quello che creiamo”.

Il rilancio della vocazione manifatturiera di Milano, infatti, ha implicazioni significative non solo in termini economici, ma anche sociali. E contribuisce a dare qua-lità inclusiva allo sviluppo di una città sempre più mul-ticulturale. Network eterogeneo e multidisciplinare, progettisti del fare e creatori di cultura, maker che con-dividono conoscenze ed esperienze, punto d’incontro tra nuove competenze e saperi tradizionali.

Anche in un altro ambito del made in Italy, la moda, ci sono esperienze di nuova manifattura milanese. Come Abitario, un collettivo composto da diverse personalità artistiche e artigianali, con un obiettivo comune: il pro-getto della maglieria. La sua ideatrice è Denise Bonapace, designer e docente al Politecnico e alla NABA di Milano, che ospita il collettivo nel suo studio di via Brembo, in attesa di trasferirsi nella nuova sede, una cascina restau-rata alla Barona. “Il gruppo di lavoro è composto da gio-vani fashion designer neolaureate e da magliaie esperte. La connessione tra due generazioni di donne che affron-tano la maglieria in due maniere totalmente diverse, fa nascere apertura, conoscenza diffusa, ibridazione tra metodologie, grande ricchezza progettuale e umana. Abi-tario è una parola antica, che sottintendeva centro abi-tato: m’interessava perché da sempre la mia ricerca par-te dal concetto di abito-abitato, e sul gioco di parole abi-to-abitare-abitudine”. L’idea di partenza è stata l’utilizzo di materiali di recupero da trasformare. Nel distretto di Prato, le maker recuperano 100 maglioni destinati al ma-cero e li reinventano attraverso tecniche manuali come il rammendo, il ricamo, e un accenno a un nuovo concetto d’indossabilità. “Credo, infatti, che, occuparsi di moda nel 2019, non possa non partire dall’urgenza del rifiuto P

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tessile che continuiamo a produrre, anno dopo anno. Un altro elemento fondamentale di Abitario è la collabora-zione con designer e artisti, come Davide Pizzigoni e Be-nedetta Barzini. Il gruppo di maker collabora con loro a progetti speciali”, prosegue Denise Bonapace.

È una manifattura inclusiva che coinvolge, in modo diffuso, ogni ambito della città, nessuno escluso. Ne è un esempio il Consorzio Vialedeimille, nato nel 2015 dalla scommessa di cinque cooperative sociali attive nei peni-tenziari di San Vittore, Opera e Bollate. Oggi il Consorzio, che prende il nome dall’indirizzo dello spazio in conces-sione dal Comune, impiega più di 130 persone, di cui 88 a rischio di esclusione sociale, tutte assunte. È una fron-tiera aperta tra la città e i luoghi di reclusione, per favo-rire l’incontro con il territorio attraverso prodotti di alta qualità, in vendita nel concept store milanese. Perché la nuova manifattura è anche occasione di formazione e dialogo, dentro e fuori i confini della grande Milano.

Francesca Molteni è autrice e regista di film e documentari. Nel 2009 ha fondato la casa di produzione Muse Factory of Projects. Tra i suoi ultimi film, NEWMUSEUM(S). Stories of Company Archives and Museums. Il suo libro Icone d’impresa (Carocci, 2016), ha ricevuto il Premio per l’Innovazione della Presidenza della Repubblica Italiana.

Pagina 95: i pezzi del telaio della bici speciale a tre ruote progettata da OpenDot con Fondazione TOG (2016) sono ottimizzati per occupare meno materiale possibile in un pannello di betulla fenolica.In questa pagina: Altatto, è un laboratorio d’idee, di cucina di alta qualità e un bistrot aperto da tre giovani cuoche nel quartiere di Greco

Page 95: the frame of a special three-wheeled bicycle designed by OpenDot with Fondazione TOG (2016) is optimised to minimise the material used for its panel of components in phenolic birchwood. This page: Altatto is a workshop of ideas and haute cuisine with a bistro opened by three young chefs in the Greco neighbourhood

vita a OpenDot, un hub per l’innovazione e la ricerca, aperto e condiviso, per chi cerca uno spazio dove realiz-zare prototipi in modo rapido. Nuova artigiania, tecno-logica e inclusiva, che ha sede in via Tertulliano 70, area riqualificata di capannoni industriali, oggi trasformati in officine di cultura del fare.

“Il digitale è la chiave di volta, è il cambio di paradigma. Dobbiamo ridefinire il concetto di manifattura e di ser-vizio, e parlare oggi di produzione personalizzata, con un impatto sui costi più basso rispetto all’artigianato, che fa pezzi unici a mano, e più alto rispetto all’industria, che però produce pezzi in serie, standard. È quello che faccia-mo in città, nel nostro fab lab. Applicando le regole di progettazione tipiche del design digitale, per esempio, siamo riusciti a produrre una bicicletta per bambini con disabilità, prendendo velocemente le misure di un bam-bino con un tutore apposito – il software aggiornava la forma della bicicletta sulla base di questi parametri –, e la bici (un pezzo unico) è stata poi prodotta da un robot, con tempi di consegna molto più rapidi. Questi oggetti, infatti, sono realizzati da ortopedici specializzati e nor-malmente c’è una lista d’attesa di oltre sei mesi”.

Non a caso, health care e agritech sono due settori di grande sviluppo per la manifattura digitale. Ecco, allora, che anche la figura del designer si ridefinisce, con il pro-cesso che lo accomuna più a un regista della produzione, a un progettista specializzato che lavora sull’innovazio-ne di prodotto, in una community più fisica che virtuale. “Il metodo del nostro fab lab, ispirato alla filosofia open source di cui è quasi l’emanazione fisica”, conclude Ales-sandro Masserdotti, “assomiglia più all’esperienza di Reggio Children in Emilia Romagna che ai classici labo-ratori di fabbricazione”.

Artigiani in 3DÈ un modello che applica, in modo innovativo, anche

una designer di gioielli solo apparentemente tradiziona-le, Monica Castiglioni. Nel suo laboratorio-showroom di via Pastrengo a Milano, zona Isola, progetta e realizza oggetti di bronzo, ottone e rame – materiali meno prezio-si dell’oro – non solo da indossare, sperimentando nuove tecnologie e tecniche antiche di lavorazione. Mentre tut-ti vendono online, lei apre negozi-atelier a New York, Or-tigia e Fukuoka – spazi sociali di condivisione, di comu-nità. Tutti disegnano, lei fa con le mani, e con la collabo-razione di un laboratorio orafo da quando è cresciuta la produzione, mantenendo sempre una dimensione arti-giana e non elitaria. Per le sculture di grandi dimensioni, invece, si rivolge alla Fonderia Battaglia, un’istituzione per gli artisti milanesi. Da qualche anno, poi, realizza pezzi anche con stampa 3D, senza aver mai disegnato un solo oggetto al computer. Un processo, quello della pro-totipazione rapida, in apparente contrasto con la neces-sità fisica di toccare e plasmare le sue creazioni con le mani. “A New York qualche anno fa c’è stata l’invasione della stampa 3D – fiere, mostre – io sono andata a veder-mele tutte per curiosità”, spiega Monica Castiglioni. “Poi ho incontrato Fabio Ciciani, direttore commerciale di un’azienda, la HSL di Trento, la prima in Italia di proto-tipazione rapida, che realizza fanali e plance per automo-bili come la Lamborghini. Fabio ci ha messo un anno e mezzo a convincermi, la plastica non fa per me. Quando, alla fine, mi hanno proposto un materiale biodegradabi-le, ho ceduto. La stampa 3D permette di rendere fruibili oggetti che realizzo in bronzo, in uno o due pezzi. Non disegno nulla al computer: porto il mio gioiello in bronzo con tutti i suoi difetti, loro lo scannerizzano, poi lo met-tiamo a punto. La matrice è sempre materica, e il risulta-

C’è una nuova manifattura a Milano: digitale, intelligen-te, circolare, territoriale, sociale, su misura. Si è diffusa con la città che cresce, negli ultimi cinque anni, e ridise-gna geografie, ruoli, comunità, tecnologie e prodotti. La città metropolitana, con la filiera e la rete di piccole e medie imprese, forma un tessuto integrato e ben inserito nei mercati globali. Il fenomeno, però, si estende ora al centro della città, capitale del terziario, che ha visto cre-scere del 63%, tra il 2014 e il 2017, i nuovi contratti nelle diverse filiere della manifattura.

Sono le nuove economie urbane che il Comune ha mes-so al centro del progetto “Manifattura Milano”, per mi-gliorare l’attrattività economica e il posizionamento internazionale, unire innovazione, inclusione e sosteni-bilità, creare lavoro, soprattutto per le nuove generazio-ni, e contribuire alla rigenerazione delle periferie. I nu-meri del 2017 – gli ultimi diffusi – parlano chiaro.

La manifattura a Milano conta 36.000 imprese, 350.000 posti di lavoro, 13.000 artigiani, e rappresenta il 25% del fatturato complessivo generato in città. Milano è prima in Italia per “consistenza manifatturiera”, ovvero nume-ro di imprese e addetti nel settore, ed è prima in Italia per startup manifatturiere. Gli ambiti sono quelli tipici del made in Italy – moda, design, food – ma anche quelli in cui la città si distingue per capacità di promuovere ricerca e proiezione internazionale, come la meccatronica.

Maker, startup, artigiani, PMI, designer e centri di ri-cerca contribuiscono alla manifattura del futuro, capace di unire nuove tecnologie, saper fare artigianale, cultura del progetto e alleanze tra le parti sociali, tra città e pe-riferie, tra scuola, accademie, università e lavoro. Quali sono i fattori di crescita, le grandi trasformazioni degli ultimi anni che spiegano questa crescita, a Milano?

Un elemento importante è rappresentato dalle startup locali e dai fab lab che sviluppano non solo nuovi prodot-ti, ma soprattutto nuovi processi, con il combinato dispo-sto di tecnologia e design.

Startup e fab labLo racconta Alessandro Masserdotti, fondatore con

Laura Dellamotta, Giovanna Gardi e Fabrizio Pignoloni di Dotdotdot, studio di progettazione multidisciplinare che mette la sperimentazione al centro: nel 2014 ha dato

I luoghi del fareTesto di Francesca Molteni

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borghini. It took Fabio a year and a half to convince me, as plastic really isn’t for me. Then they proposed a biode-gradable material and, in the end, I gave in. 3D printing renders usable the bronze objects that I make in one or two pieces. I don’t design anything on the computer. I take them my piece of bronze jewellery with all its flaws and they scan it, then we perfect it. The material is always the starting point, and the result is not cold but almost like fabric. I can choose whatever colour I want – red, sludge green, Klein blue.”

Transforming personal creativity into ideas, designs and objects more immediately, faster and more flexibly is another trait of the new Milanese manufacturing.

No one is excluded Unsurprisingly, the city is recording a boom in the

female workforce. Indeed, of the 5,000 extra people in work in 2018 compared to 2017, 4,000 were women in a mix of fixed-term contracts, permanent employment and self-employed workers with VAT tax codes.

“Milan rewards innovation and creativity. The city has reinvented itself hugely in recent years, partly thanks to Expo, offering ever more cultural stimuli and opportuni-ties to gain experience in several sectors.

It is cultured and open, and today it has an attentive audience that is open to change, knows what it wants and will not make do,” explain Cinzia De Lauri, Giulia Scialanga and Sara Nicolosi of Altatto, a workshop of ideas and haute cuisine formed when these three young chefs met in the temple of Milanese vegetarian cuisine – Pietro Leemann’s Joia restaurant. Altatto offers cater-ing services, ad-hoc events, private dinners and cookery lessons, and it recently opened a bistro. “We want to give a unique experience to those who come and visit us in Via Comune Antico in Greco, a working-class neighbour-hood in north Milan.

“The building is a typical balconied apartment complex with a very Milanese courtyard and was formerly home to a bakery. Thanks to our workshop, we have discovered Greco, which is a changing neighbourhood,” they say. New manufacturing means quality raw materials, a focus on small manufacturers and respect for nature, the sur-rounding area and the seasons.

“Altatto literally means ‘to the touch’, and there’s a reason why we chose this name. It conveys how much importance we attribute to the material aspect and the engagement of all the senses in the act of eating and in our everyday work, as well as the value and significance

of the hands and of doing things with our hands, which are the creators of everything we conceive.”

The relaunch of Milan’s manufacturing vocation has significant implications, both economically and socially. It helps bring inclusivity to the development of an in-creasingly multicultural city. There is a mixed and multi-disciplinary network with makers and creators of the maker culture sharing know-how and experience, turning it into a point of encounter between new expertise and traditional skills.

Another sphere of Italian production, that of fashion, also features new manufacturing experiences. One ex-ample is Abitario, a collective of individuals with mixed educational backgrounds, origins and experiences.

Composed of several artistic and artisanal personalities with a shared objective – to design knitwear – Abitario was conceived by Denise Bonapace, a designer and lec-turer at the Polytechnic and NABA in Milan, who is cur-rently hosting the collective in her studio in Via Brembo before it moves to new premises in a restored farm com-plex in the Barona district.

“The team is composed of young newly graduated fash-ion designers and older expert knitters. The coming to-gether of two generations of women who take two totally different approaches to knitwear stimulates open-mind-edness, common knowledge, hybrid methods, great design and great humanity.

Abitario is an ancient word for an inhabited place. I was drawn to it because my research has always been based on the idea of how we live in, or inhabit, our clothes. So Abitario is a play on words between abito (clothes), abitare (to inhabit) and abitudine (habit or routine).”

The initial idea was to upcycle materials. In the Prato area, makers retrieved 100 jumpers destined to be de-stroyed and reinvented them using manual techniques such as darning and embroidery, while outlining a new concept of wearability.

“I believe that people working in fashion in 2019 must focus on the pressing issue of the textile waste we contin-ue to produce year after year. Another key factor in Abi-tario is its partnerships with designers and artists such as Davide Pizzigoni and Benedetta Barzini. The maker group works with them to develop special projects,” con-tinues Bonapace.

This inclusive manufacturing engages every sphere across the city, without exception. An example is the Con-sorzio Vialedeimille, established in 2015 out of a venture by five social cooperatives operating in the San Vittore, Opera and Bollate prisons. Named after the address of the premises made available to it by the municipal au-thorities at Viale dei Mille 1, today the consortium has over 130 permanent employees, of whom 88 are at risk of social exclusion.

This open frontier between the city and prisons en-courages contact with the local area via the top-quality craft and food products sold in the Milan concept store, because the new manufacturing offers opportunities for training and dialogue, inside and outside the boundaries of greater Milan.

Francesca Molteni has a degree in philosophy and has written and directed films and documentaries. In 2009, she founded the Muse Factory of Projects film company. The most recent films she has directed and produced include NEWMUSEUM(S). Stories of Company Archives and Museums. The author of Icone d’impresa (Carocci, 2016), she has received the President of the Italian Republic’s Innovation Award.

In basso: OpenDot, laboratorio fondato dallo studio Dotdotdot nel 2014, è uno spazio per la prototipazione rapida, la ricerca e la sperimentazione, aperto ad altri utenti in modalità condivisa

Bottom: OpenDot is a workshop founded by Dotdotdot in 2014 to provide rapid-prototyping, research and experimentation spaces for multiple users in a shared environment

Milan has a new form of manufacturing that is digital, intelligent, circular, local, social and tailor-made. In the last five years, it has spread hand in hand with the grow-ing city, redesigning geographies, roles, communities, technologies and products. With its production chains and networks of small- and medium-sized manufacturing companies, Milan and its surrounding area boasts a well-integrated industrial fabric that is fully embedded in global markets.

Now this phenomenon is infiltrating the inner city which in recent history has been more commonly perceived as the capital of the service industry, and where new manufacturing contracts increased by 63 per cent between 2014 and 2017.

These new urban economies are the focus of the City Council’s “Manifattura Milano” project. Aimed at improv-ing economic appeal and international positioning, the initiative combines innovation, inclusion and sustaina-bility to create work, especially for the younger generations, and boost suburban regeneration.

The figures for 2017 – the latest circulated – offer some clear indications. Milan’s manufacturing sector counts 36,000 companies, 350,000 jobs and 13,000 artisans, and represents 25 per cent of the overall turnover generated in the city. Milan is Italy’s primary city for the number of companies, jobs and manufacturing start-ups. The in-dustry sectors involved correspond to Italy’s typical fields of excellence in craftsmanship and production – fashion, design and foods – as well as areas in which the city stands out due to its ability to foster research and international reach, as in mechatronics.

Makers, start-ups, artisans, SMEs, designers and re-search centres all contribute to the manufacturing of the future, successfully combining new technologies, craft skills, design culture and collaboration among social partners, the city and its suburbs, schools, academies, universities and the working environment. Several factors and major changes account for Milan’s growth in recent years. One of the most important ingredients is the role of local start-ups and fab labs that develop not only new products but, more crucially, new processes with a com-bined provision of technology and design.

Start-ups and fab labsWe talked to Alessandro Masserdotti – co-founder with

Laura Dellamotta, Giovanna Gardi and Fabrizio Pignolo-ni of Dotdotdot, a multidisciplinary design studio that centres on experimentation. In 2014, it formed OpenDot, an open and inclusive innovation and research hub for people seeking a rapid-prototyping facility. This new technological and inclusive craftwork space is based at Via Tertulliano 70, in a zone of redeveloped industrial sheds that have now become maker labs.

“Digital is the cornerstone – it represents a paradigm shift. We must redefine the concept of manufacturing and service, and today speak of personalised production. This has a lower cost impact than craft which hand-pro-duces unique pieces, but a higher cost compared to in-dustry which mass-produces standardised pieces. This is what we are doing in the city, in our fab lab.

“For example, we’ve applied design rules typical of dig-ital design to produce bicycles for disabled children, adopting the precepts of parametric design. This meant we could quickly take the measurements of a child wear-

ing a special brace. The software updated the shape of the bicycle according to these parameters and then the bike was made by a robot. It’s a unique piece, comparable to that of the orthopaedist, but it came with much faster delivery times. Normally there’s a waiting list of more than six months for such pieces.”

It’s no coincidence that healthcare and agritech are two sectors undergoing major development thanks to digital manufacturing.

As a result, designers are also being redefined in a pro-cess that puts them more on a par with production direc-tors, or specialist designers working on product innova-tion in a community that is increasingly more physical than virtual. “Our fab lab method is inspired by the open-source philosophy, almost representing a physical deri-vation of it,” concludes Masserdotti. “It’s more like the Reggio Children experience in Emilia Romagna than that of the classical maker labs.”

3D artisans This model is also innovatively applied by Monica Cas-

tiglioni, a jewellery designer who is only apparently tra-ditional. In her workshop-showroom in Via Pastrengo in Milan, in the Isola neighbourhood, she experiments with new technologies and age-old manufacturing techniques to make objects in bronze, brass and copper – materials that are less precious than gold – and that are not only intended to be worn. Everyone sells online but she has opened atelier-shops in New York and Ortigia, with an-other recently opened in Fukuoka, conceived as social, inclusive and community spaces.

Everyone designs but she uses a hands-on approach and has been working with a goldsmith’s workshop since demand increased, while always retaining an artisanal and non-elitist dimension. For her large sculptures, on the other hand, she turns to the Fonderia Battaglia, a veritable institution among Milanese artists.

In the last few years she has also been producing piec-es using 3D printing, all without ever designing a single object on the computer. This rapid-prototyping process is seemingly in contrast with the physical need to touch and shape her creations with her hands.

“A few years ago, New York was invaded by 3D printing, with fairs and exhibitions. I went to see them all out of curiosity.” explains Castiglioni. “Then I met Fabio Ciciani, who was the sales director of a firm called HSL in Trento. It was Italy’s first rapid-prototyping company, producing lights and dashboards for car manufacturers like Lam-

In questa pagina: attività della Cooperativa Alice, parte del consorzio Vialedeimille. Sopra: all’interno del carcere di Bollate. In basso: attività sartoriale

This page: hands at work for the Cooperativa Alice, part of the Consorzio Vialedeimille. Above: in the Bollate prison. Below: dressmaking activity

Places for makingText by Francesca Molteni

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Denise Bonapace (al centro) al lavoro nel suo atelier per il progetto Abitario

Denise Bonapace (at centre) at work in her atelier on the Abitario project

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Abitario: maglia a trecce fatta a mano, collezione RicamaRiparaApplica

Abitario: hand-knitted cable-stitch jumper, RicamaRiparaApplica collection

Monica Castiglioni nel suo laboratorio-atelier di via Pastrengo

Monica Castiglioni in her workshop, in Via Pastrengo

Page 8: Milano. Italia - Abitario

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Scultura in bronzo di Monica Castiglioni

Bronze sculpture by Monica Castiglioni

Strumenti di lavoro e oggetti nel laboratorio milanese di Monica Castiglioni

Tools and objects in Monica Castiglioni’s Milan workshop

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OpenDot, il laboratorio fondato dallo studio Dotdotdot nel 2014

OpenDot, the Dotdotdot open innovation hub founded in 2014

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Murale nel distretto di via Tertulliano 70 che ospita la sede di Dotdotdot

Mural in the district of Via Tertulliano 70, which houses Dotdotdot’s headquarters