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Anno I - Numero X Luglio-Agosto 2010 - Organo a diffusione interna (c.i.p) Ass. Cult. FUROR - Via Stretto Cappuccini, 32 (Catanzaro) - info: [email protected]

Minastirith 07/10

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Anno I - Numero X – Luglio-Agosto 2010 - Organo a diffusione interna (c.i.p) Ass. Cult. FUROR - Via Stretto Cappuccini, 32 (Catanzaro) - info: [email protected]

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LA FIGURA DEL CAVALIERE

La morte, Dio, il significato della

vita. La storia dell’umanità può es-

sere letta in relazione al rapporto

delle comunità e degli individui con

queste tre parole. Inizialmente, vi

fu la luminosa epoca dei sistemi

tradizionali, che affermarono con

sicurezza le dottrine e riproposero

in terra la costruzione di

comunità le quali si sfor-

zassero, per lo meno, di

emulare i modelli celesti;

fa testo sopra tutti

l’opera di Platone. Alla

fine del medioevo, però,

qualcosa di lugubre colpì

l’umanità ed il dubbio,

complice il pensiero posi-

tivista, si insinuò nella

testa dell’uomo. L’epoca

dei filosofi amanti della

novità si sostituì ben pre-

sto all’età dei pensatori della verità.

La filosofia si lanciò verso un razio-

nalismo estremo e partendo da

Cartesio, il quale ridimensionò la

natura dell’essere alla ragione, si

giunse a Freud ed agli esistenziali-

sti, i quali mortificarono l’essenza

dell’uomo riducendolo alla sua sola

animalità istintiva. Infine i tempi

ultimi: dopo il dubbio, la negazione

totale. Ed è dunque buffo che nel

marasma caotico in cui viviamo, nel

rifiuto più totale di ogni fede ed i-

dentità, dichiararsi eterosessuale o

religioso sembra ledere la libertà

degli altri di “non sentirsi un caz-

zo”. Ed è incoraggiante che uomini

come Jean Cau abbiano la forza di

riproporre e svegliare nell’intimo

dei cuori guerrieri quella fiamma

antica appartenuta ai Crociati, ai

Barbari, ai Romani e ai Greci e che

caratterizza l’anima di un tipo uma-

no molto particolare: il CAVALIERE.

Sua estrema caratteri-

stica è non perdere

tempo con le doman-

de, non perché sia su-

perficiale ma perché

una volta che ha sco-

perto Dio nell’intimo

della sua anima non ha

voglia di auto ingan-

narsi con teorie fasulle

circa la Sua natura,

solo per trarre alibi

alla sua vigliaccheria.

Egli percepisce la frivo-

lezza dei suoi tempi, quel bosco

buio in cui cammina, ed ha una so-

la risposta: passo deciso e spada in

pugno. Per noi uomini della tradi-

zione, o che ambiamo ad esserlo,

l’unica risposta al mondo moderno

può essere questa: l’esempio. Po-

tranno inventare tutte le teorie più

strane, pervertire la società fino

all’osso, potranno dare i bambini in

adozione a coppie non eterosessua-

li e magari legalizzare la pedofilia;

mai però potranno estirpare

dall’uomo la forza trainante della

virtù. La virtù infatti risveglia negli

_______________ indirizzi dottrinari _______________

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altri un senso di riscatto ed emula-

zione; l’esempio genera l’esempio

proprio come la fiamma accende

tutto ciò che ha la possibilità di

bruciare. Consapevoli di ciò propo-

niamo un passo estrapolato da “La

morte, il cavaliere ed il diavolo” di

Jean Cau.

“Il bastardo è il cane del cavaliere,

e questi è il cane del suo dio. Non è

il dio dei papi, né dei teologi, né dei

chierici saputi che sfogliano libri in-

gialliti. Il suo dio è semplicissimo,

composto del Buon Dio dalla Ma-

donna e da Nostro Signore Gesù

Redentore. Non vi sono discussioni,

non vi sono problemi. Dio

esiste, categoricamente.

Il Diavolo anche. Il Sole

anche. Tutto è vero. Ep-

pure come è strana que-

sta fede corazzata, arma-

ta di lancia e di spada

inerpicata su un gran ca-

vallo! Nel corso degli anni

e delle guerre, nel corso

delle lunghe cavalcate

per piani e per foreste,

per montagne e precipizi,

spesso si è dovuto essere

spietati e decidere che il Bene ave-

va il riso delle vittorie. E Dio? Prima

Vincere. Se sono quello che trionfa,

sarà al mio fianco. Spesso dopo il

combattimento, la nostra febbre era

così esaltata che abbiamo dimenti-

cato di ringraziare un Creatore. A-

vevamo l’orgoglio pagano della na-

tura che canta le sue primavere

senza rimorsi. E dio, o protetto dalla

lettera maiuscola, Dio? Se ti seguo

cavaliere, se seguo la tua traccia, se

dietro di te cammino, mi condurrai

a Lui? Poiché in questo secolo vivia-

mo con la testa smarrita nel ronzio

di mille vespe che sono domande, E

come scacciare lo sciame e come

schiacciare le vespe? Contro chi.

Contro quale Dio? Ho avuto certi

risvegli, la notte e ho saputo che

l’importante non è Dio, ma le fede

in Lui. Nulla esiste. Tutto è

l’affermazione di questo Niente. Ba-

sta come te andare avanti e la fore-

sta sia presa con amorosa e terrifi-

cata docilità. Tu conosci la fortuna

di essere vergine di domande a ve-

nire. Tu ami l’amore, tale a quale

all’adolescente ignaro ancora di sta-

re per incarnarsi in creature, nella

quali sarà diviso e cor-

rotto. O il tempo

dell’idealismo!Quindi bi-

sognerà versare questo

amore entro vasi dove

inacidisce e bere “senza

fare smorfie”. La fede,

lei è vergine del suo og-

getto. Instancabilmente,

al cavaliere, la morte

ripete che la fede è vuo-

ta, che non raggiunge

mai la sua méta che non

vi sono nozze definitive

col suo oggetto ma…Ma scrutiamo

questa dama dalla voce sdentata.

Interroghiamoci. Lei esita, direi. An-

drà ad appostarsi sola sul sentiero?

Dirà al cavaliere:” Uomo non v i so-

no che io. Uomo, dopo di me, il nul-

la!”. E’ la tentazione propria di que-

sta orribile civetta, ma donna qual è

e invidiosa degli déi, non r esiste a

chiamare accanto a sé il diavolo e

non capisce, nella sua stoltezza che

quel compagno è la prova migliore

dell’eternità. Allora il cavaliere è li-

berato da ogni timore.

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STATO ORGANICO E DITTATURA DEMOCRATICA Abbiamo affrontato spesso il tema dello stato e dell’organizzazione sociale degli uomini e spesso si parla di stato organi-

co, di gerarchia e di modelli, riferendosi

ad epoche della storia a noi lontane. Ma la reazione che spesso si constata è una certa sfiducia nei confronti di un modello che appare “troppo utopico” o addirittura anacronistico per i tempi che corrono. Di fronte ad un argomento così importan-

te sentiamo così doveroso definire con più precisione i principi su cui si fonda

una concezione organica dello Stato. Questo articolo, certamente, non piacerà a molti ma i tempi moderni ormai ci inse-gnano a preferire la strada della chiarez-za degli impavidi a quella del compro-

messo, perché dinanzi a noi abbiamo un nemico accanito e spietato che con la scusa della tolleranza e del confronto,

parole retoriche e vuote qualora si riferi-scano all’ambito dei principi e della Verità i quali sono insindacabili, ha instaurato

nel mondo una dittatura spietata: la de-mocrazia. Proprio così, la democrazia è una dittatura. D’altronde in greco demos indica con precisione la massa preda del-

le forze infernali, il demone appunto, mentre è laos che si riferisce al popolo

dotato di coscienza. A tale caotica ditta-tura che, proprio attraverso l’apparente rispetto delle minoranze, uccide la natura

più nobile dell’uomo, noi opponiamo deci-

samente il modello dello stato tradiziona-le, organico. Questo stato si fonda innan-zitutto su di un Principio che è di ordine spirituale e che in alcuni contesti più reli-giosi può essere designato con il nome di Dio. E’ il caso del luminoso medioevo cat-tolico o, per fare un esempio attuale,

dell’ordinamento dell’Iran dell’Imam Kho-meini. L’esempio Iraniano. Anticipiamo le polemiche che quanto stia-mo per dire potrebbero attirare e chiaria-mo subito una cosa: qui si parla di teorie

dello stato e funzione del governo. Tutto

il resto circa la questione iraniana (sulla quale peraltro pesa molto l’intento di de-monizzazione da parte di certe lobby in-teressate a rovesciare il regime) non ha a che fare con quanto diciamo. L’Iran di Khomeini, succeduto ad un regime in-

staurato dagli americani, è infatti l’esempio più lampante di come si possa

parlare, ancora oggi, di stato organico e tradizionale, senza essere tacciati di uto-pia o idealismo astratto. A coloro che poi contestano, in nome della libertà religio-sa, un tale modello di stato, rispondiamo

che se uno stato teocratico è retto da una élite religiosa che si rifà ad una for-ma ortodossa e tradizionalmente valida

allora si avrà sempre la sicurezza, a pre-scindere dalla forma del proprio culto, di seguire la via che porta alla santità, poi-

ché tante sono le vie ma unica è la fonte, uno è il Principio. Nella sostanza l’Iran (letteralmente terra degli Arii) è una re-pubblica islamica che si basa su un siste-

ma che si può definire “duale” in cui il rapporto tra potere temporale ed autorità

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_______________ spunti storici _______________

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spirituale riflette una perfezione che ne-anche il medioevo cattolico con le sue

lotte per le investiture seppe raggiunge-re. Al vertice dello Stato vi è la Guida

Suprema (Rahbar), massima espressione della Velāyat-e faqīh (La tutela del giuri-sperito), capo delle forze armate, re-sponsabile della nomina di sei membri religiosi del Consiglio dei Guardiani della

Costituzione, che ha il compito di appro-vare le candidature alla presidenza della

Repubblica e certificare la loro competen-za e quella del parlamento. A capo dello Stato vi è il Presidente, eletto a mag-gioranza assoluta con suf-fragio universale: questi

vigila sul buon andamento del potere esecutivo, no-mina e presiede il Consi-glio dei ministri, coordina le decisioni del governo e seleziona le decisioni go-vernative da sottoporre al

parlamento. Tutta la legi-

slazione deve essere va-gliata dal Consiglio dei Guardiani in base al princi-pio della cosiddetta vilāet-e faqih, ossia la "tutela del giurisperito". Ma l’essenza

di questo sistema è ben sintetizzata da

quanto esposto nei punti fondanti della repubblica islamica proclamata il 30 Mar-zo 1979, che vale la pena ricordare: “Unicità, onnipotenza di Dio e sottomis-sione ai suoi voleri. Ispirazione divina

delle leggi. Credenza in una vita tra-scendente i limiti del mondo terreno e funzione edificante dello sviluppo

spirituale per l’uomo. Giustizia nella creazione e nella potestà divina. Creden-za nel valore superiore della persona e

nella sua libertà nei limiti della responsa-bilità verso Dio. Obbedienza agli Imam e

funzione fondamentale di questo nel pro-seguimento della rivoluzione islamica”.

Consapevoli, come lo stesso Ayatollah, che la Rivoluzione vera è solo quella che investe prima di tutto l’anima dell’uomo nella sua profondità e che non perde mai la coscienza di dover tendere ad un mo-

dello perfetto, riteniamo doveroso ripor-tare le parole dello stesso Khomeini con-

tenute nell’opuscolo “La più grande bat-taglia”, un monito per tutti coloro che mirano a man-tenersi in piedi tra le rovi-ne: “Se non provvederete a riformare voi stessi, se

non vi imporrete delle re-gole nella vita e negli stu-di, in un futuro non lonta-no (Dio non voglia) sarete annientati… destatevi e state all’erta. Come primo passo dovrete procedere

alla purificazione interiore

tenendo a freno gli istinti della carne… voi dovete resistere ma ciò non sarà possibile se non vi liberate prima dell’attaccamento alle cose materiali,

dell’orgoglio, dell’ambizione e del deside-

rio di grandezza… solo così potrete lotta-re… ma prima di aver migliorato e purifi-cato voi stessi è inutile che vi dedichiate alla lotta e che pensiate di poter resistere agli attacchi che di continuo vengono

sferrati… o Dio infondici la pazienza, ren-di saldi i nostri passi, donaci la vittoria sul nemico ed esaudisci le nostre pre-

ghiere”. Gandalf

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“FINI” DEI GIOCHI! La storia è ciclica, nonostante l’ideologia progressista abbia negli ultimi secoli cer-cato di illuderci di andare incontro al pro-gresso. Lo è perché l’animo umano è sempre quello, conosce alti e bassi e, ad

oggi, soprattutto bassi, o meglio, bassez-

ze. Ma a parte le premesse filosofiche, è a questioni del tutto profane che inten-diamo arrivare. E lo spunto ci viene da un episodio singolare, poiché proprio nei giorni in cui 60 anni fa il Gran Consiglio sfiduciava Mussolini consegnando il regi-

me fascista alla storia, accade che si tro-

vi a pagare per il suo tradimento la stes-sa persona che, dopo aver fatto strada grazie a quel nome ed a quell’idea, li ha rinnegati e bollati come Male Assoluto. Stiamo parlando di Gianfranco Fini, attu-ale presidente della Camera, oggi più che

mai attaccato alla poltrona perché - dice - il suo ruolo non è tenuto a svolgerlo in

rappresentanza degli italiani e, quindi, della maggioranza che lo ha votato (!). D’altronde, gli avvenimenti degli ultimi giorni sono solo la punta di un iceberg

che ormai da tempo viaggiava alla deri-va. Solo qualche mese fa, in quel di Ca-tanzaro, il professor Marco Tarchi, in oc-casione della presentazione del suo nuo-

vo libro sulla Nuova Destra ed i Campi

Hobbit, aveva illuminato la platea rac-contando un aneddoto significativo sulla

figura in questione: era il tempo dei campi hobbit appunto, espressione di

una destra che voleva ripartire dalla lotta antiborghese in opposizione alla rigidità dell’ Msi. I giovani sono tutti sistemati nelle tende. Non Fini che pare non gra-disse quella situazione e preferisse inve-ce alloggiare in un hotel vicino, rispon-

dendo seccamente a chi gli chiedeva

conto della scelta poco cameratesca: “solo gli idioti dormono nelle tende”. Questa è la statura del personaggio. S’intenda, il fatto che per qualche tempo il “signore” in questione sia riuscito a mascherarsi da duro e puro non deve

ingannare: del fascismo e del Duce Fini

non è mai stato degno rappresentante, anche quando lodava il regime ed il suo capo come grande statista, anche quan-do tuonava contro gli immigrati e firma-va leggi giudicate troppo restrittive. Del resto il fatto che fosse il delfino di Almi-

rante non è che un eufemismo per dire

che senza la nomina del capo nessuna strada gli si sarebbe fatta avanti, essen-do già stato battuto nelle elezioni interne per la guida del Fronte della Gioventù ma ottenendo ugualmente la nomina. Ciò che di fascista ha già poco. Ma quel che

è peggio non è questo. L’Msi, cresciuto all’ombra del fascismo, non è mai stato

chiaramente un partito di massa pubbli-camente accettato nell’Italia antifascista. Certo però al tempo in cui Fini muoveva i suoi passi, il partito da tempo navigava

su binari non sempre coerenti con l’origine nazional-popolare del fascismo. Tant’è che quando scoppiò la rivolta di Reggio, gli stessi membri del partito

(come il prof. Aloi) che appoggiarono la

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rivolta dovettero subire non poche pres-sioni dallo stesso. Del resto, già in altre

occasioni aveva mostrato il suo volto reazionario, come in occasione delle ri-

volte universitarie, quando gli studenti avanguardisti lottavano accanto agli altri studenti, mentre i missini sgomberavano le occupazioni a forza di manganelli e metodi polizieschi. Mentre il partito or-

mai non disdegnava più il patto atlanti-co. Nonostante ciò per gli elettori l’Msi

rimaneva il partito neo-fascista italiano. Così come la creatura che ne deriva, Al-leanza Nazionale che, quasi fino alla sua dissoluzione all’interno del Pdl, molti scambiano per creatura post-fascista, immagine che fa como-

do a sinistra, per de-monizzarla. E fa como-do al partito stesso che, pur viaggiando su altri binari, può conti-nuare a sfruttare il ba-cino di voti di quei no-

stalgici ormai meno

combattivi che vogliono un partito di governo. Ma già da tempo si sa-rebbe potuto capire che Fini e la destra non hanno nulla in comune. Con la de-stra fascista era chiaro ed è stato chiaro

quasi subito quando è nata A.N.; ma

anche volendo rifarsi ad un’idea di destra svincolata dall’eredità fascista, non ve-diamo quando Fini abbia rappresentato qualcosa in proposito. E’ tra i promotori del voto facile agli immigrati, sostenitore

del meltin pot e della globalizzazione liberista. La sua bandiera è il laicismo, i suoi valori rientrano nella visione liberale

che nulla ha a che fare con la destra. Si è schierato a favore della scienza contro l’etica nei famosi quattro quesiti referen-

dari, non fa riferimento ad alcun valore religioso, base fondante per una qualsia-

si idea di destra. Senza contare che è tra i maggiori difensori di Israele e della sua

politica repressiva nei confronti dei pale-stinesi. Del resto è chiaro che si tratta di un puro feticcio, che si porta dietro come ai tempi di A.N. il fascismo per non per-dere quel bacino elettorale e per mante-

nere la lealtà dei suoi seguaci all’interno del Pdl. Ma chiunque si dica liberale e

laico, nello stesso momento non può dir-si uomo di destra. Che la commedia quindi finisca presto: Fini non è un uomo di destra e se lo sono i suoi uomini (fatto dubbio) dovrebbero chiarirsi un po’ le

idee. L’impressione è

che più che alle idee rimangano attaccati alla persona, cercando di ritagliarsi spazio in vi-sta di un Berlusconi più debole e dando un col-po al cerchio ed uno

alla botte. Alla democri-

stiana. Vedremo fin quando reggerà il gioco e quando l’istrionico ma

più sincero Berlusconi, dopo aver aperto la questione in occasione del congresso del partito tra gli applausi dalla platea e

dopo aver espulso Fini dal partito per

manifesta opposizione alla linea, rinun-cerà all’idea di dover giungere a compro-messi con questo alleato tanto bisognoso di primeggiare. Ma ciò che ci preme dire è questo: chiunque non possa fare a me-

no di dirsi di destra, quanto meno lo fac-cia con coerenza, sbugiardando perso-naggi come questi che non hanno idee,

ma le usano soltanto per correre dietro al potere e alle ambizioni personali. Amen! Dhruva

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IL FUROR CHE FA LA DIFFERENZA...

L'eliminazione dell'Italia dal Mondiale in Sudafrica ha causato all’economia Italia-na un mancato guadagno quantificato in 140 milioni di euro. I dati emersi da una ricerca dell'Ufficio studi della Camera di commercio di Monza-Brianza attestano

che il mancato guadagno è legato a quanto avrebbero speso dall'Italia gli spettatori che avessero assistito alle par-tite sui maxischermo (oltre 70 milioni di euro) e coloro che avessero visto le parti-te in bar, pizzerie e pub (circa 67 milioni di Euro). Se è vero che l'uscita dell'Italia

al primo turno rappresenta una sconfitta

dal sapore più che amaro e che questa eliminazione oltre al danno morale porta con se la beffa del mancato guadagno è anche vero che il punto da cui la nostra riflessione vuole e deve partire non è af-fatto quello del mancato guadagno.

"Mise il cuore dentro alle scarpe e corse

più veloce del vento..." cantava De Gre-gori in una famosissima canzone. Ed è il cuore cui fa cenno il cantautore quel bat-tito vitale che distingue un vero giocatore

da un surrogato. E a noi pare proprio che gli azzurri non abbiano mancato tanto in

preparazione ma abbiano soprattutto di-menticato di mettere in valigia il più im-

portante e prezioso garante del trionfo: il “furor”. Non è certo l’eliminazione che brucia ad un vero tifoso, quanto l’umiliazione dovuta ad un’uscita a testa bassa. La sconfitta è stata morale, una

sconfitta di spirito, di dignità. Esistono sconfitte che portano con sé onore, con-

sapevolezza delle proprie possibilità. Non questa, poiché è mancato il furor, è man-cato il cuore dentro alle scarpe, è manca-ta quella compattezza e quell’ umiltà che rendono la vittoria possibile, certa. Per il guerriero il combattimento era una prova

durante la quale la forza interiore aveva maggior perso di quella fisica: era il furor che faceva la differenza. Ed il furor era l’ispirazione, il dono divino. Ma in una traduzione più volgare del verso “furor arma ministrat” potremmo definirla “rabbia che procura le armi”, in questo

caso rabbia agonistica. Ed è quella che

non si è vista, è quella rabbia che ci ha fatto sfigurare davanti a squadre inferiori tecnicamente ma che in compenso gioca-vano col cuore. Quando un fighter, un guerriero, un’atleta vincono, quella vitto-ria non è mai soltanto merito della sua

preparazione fisica; è sempre quello che

ha dentro che fa la differenza, la differen-za tra una coppa alzata al cielo ed una salutata mestamente tra applausi dovuti.

Dea

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nostro giornalino e materiale vario, tra cui eventuali nostre produzioni.

_______________ rubrica sportiva _______________

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STUPID FIGHTER

Steven Reid di Aberdeen potrebbe essere un novello

aspirante Tyler Durden, meno la sua intelligenza: il 23enne infatti si è picchiato da solo per cercare di evitare una giornata di lavoro da uomo delle pulizie in un hotel. Il ragazzo stava andando

al lavoro quando si è reso conto di non avere per nulla voglia di lavorare quel giorno, quindi ha preso un rasoio e si è procurato

diversi tagli, poi ha raccolto un sasso e si è inferto diversi colpi

alla testa ed al corpo, andando poi a denunciare un’aggressione. La polizia aveva cre-duto alla storia, ma la fidanzata di Steven non ha voluto coprirlo e le contraddizioni emerse hanno portato ad un nuovo interrogatorio di Reid, che ha confessato. Il ra-gazzo è stato denunciato per simulazione di reato. Intervistato dalla polizia, Steven si è poi pentito: “avrei potuto prendere una giornata di ferie”, cosa che però al momen-to non gli era venuta in mente…!

LA NUOVA CLASSE OPERAIA..!

I fannulloni non sono certamente esclusiva italiana, come insegna la storia di Emma-lee Bauer, 25enne di Elkhart, Iowa, ormai ex dipendente della catena di hotel Shera-

ton. La ragazza non si accontentava di scansare il lavoro, ma ha pensato bene di te-nere (ovviamente, durante l’orario di lavoro) un blog in cui spiegava come lavorava il meno possibile. A partire dallo stesso scrivere i post, dato che “scrivere su questo blog fa sembrare che stia lavorando duramente su qualcosa di importante“. Scoperta,

è stata licenziata...

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CAPITALISM, A LOVE STORY di Micheal Moore Ad un certo punto del film abbiamo l’enorme (!) piacere di a-scoltare Bush figlio che fa le lodi del libero mercato, esprimen-

do in pratica questo concetto: “se vuoi un sistema che garantisca

libertà e giustizia sociale, questo sistema è il libero mercato”. Certo,

detta da un presidente degli Stati Uniti questa frase sembra scontata quanto un invito alla pace da parte del papa. Sennonché Moore, con

la sua solita maestria nel cogliere il tragicomico della politica, mostra su-bito dopo il caso di una piccola cittadine statunitense: il giudice locale fa chiudere il carcere minorile, dopo di che affida ad una struttura privata la stessa funzione. Tem-po dopo si scopre che il giudice era stipendiato dalla società che controllava la strut-

tura in questione e grazie a compensi da sogno il giudice garantiva la condanna di ragazzini pressoché innocenti. Più di 6000 fra loro sono stati incarcerati ingiustamen-

te. Ecco riassunta la legge del capitalismo: garantire la libertà al denaro togliendola anche alle persone se necessario. Non è un segreto che Moore abbia idee del tutto distanti dalle nostre, ma il film è da vedere, non solo perchè è tecnicamente ben fat-to come al solito, ma perché ci ricorda che questo sistema ci è nemico. Non siamo

apostoli dell'uguaglianza ma la disuguaglianza va legittimata dal merito. La disonesta e la furbizia non sono meriti. Ed un sistema in cui chi si arricchisce non può farlo che scendendo a compromessi con la propria coscienza non è un sistema legittimo. Ed

ecco uno dei punti di disaccordo: Moore non capisce ciò che è un caposaldo della scienza politica, ovvero che è la democrazia a generare il capitalismo, così la propone come alternativa, mentre noi la combattiamo come sua causa generatrice.

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IL CAVALIERE, LA MORTE E IL DIAVOLO di Jean Cau

In poco più di 100 pagine Jean Cau espone un vero e proprio vademecum

per il “cavaliere” di tutti i tempi. I suoi spunti traggono ispirazione

dall’osservazione, o meglio contemplazione, del celebre disegno di Albrecht

Durer “Il cavaliere, la morte e il diavolo” 1513, una curiosa scena che raffi-

gura un cavaliere, molto simile al nobile Don Chisciotte della Mancia, la

morte ed il diavolo. Simboli certi della presenza della paura e della viltà

all’interno di un cammino guerriero, ma allo stesso tempo compagni fedeli

di un percorso che, nel fitto buio del bosco dei tempi moderni, non può che

essere solitario ed eroico. Il cavaliere che Jean Cau ci raffigura è spesso

proiettato nelle grandi metropoli moderne, lui difensore del combattimento

e non della battaglia, fedele ad una patria celeste, si trova davanti un mon-

do muto, pazzo, inebetito e privo di fede. Con le moltitudini sottomesse ai

suoi piedi però il diavolo cammina fianco a fianco al cavaliere,e così anche

la morte, sinonimo della morte dell’anima… loro, padroni di un mondo, sono

esasperati da quel folle a cavallo, quel barbuto uomo di metallo che con a

fianco il suo cane, non degna neanche di uno sguardo i viscidi compari.. la

sua etica è quella dell’azione il suo parlare sì e no. Afferma o rifiuta senza

attorcigliare di commenti quel che dice. Le parole di lui pronunciano

l’universale e formulano il tutto. Non sa cavillare ma vivere nel vero e mori-

re per testimoniarlo con la sua morte (cfr. Il cavaliere, la

morte e il diavolo, Ciarrapico Editore).

_______________ angolo librario _______________

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Fortuna che c’è la medicina!

Le nuove frontiere della medicina

finalmente risolvono un annoso

problema che svilisce noi donne e

ci impedisce di stare

al passo coi tempi: “i

figli”. Dalla Francia

arriva il suggerimen-

to: oggi si cerca in

tutti i modi di sfuggire

alle gravidanze, ma i

metodi contraccettivi

sono fastidiosi, la pil-

lola, oltre a molti altri

effetti indesiderati,

provoca aumento di

peso e i metodi natu-

rali non sono facil-

mente applicabili. Il

dilemma però è pre-

sto risolto: con la “sterilizzazione”,

definitiva e ormai anche indolore

(la pratica si effettua negli ambula-

tori senza bisogno di un operazione

vera e propria e la convalescenza

dura solo un giorno). In fondo nei

paesi del terzo mondo questa prati-

ca è stata adottata dalla maggior

parte delle donne, l’Europa – con-

trariamente a quanto si pensi-

è nettamente in ritar-

do. Nella stessa

Francia, ad e-

sempio, solo

il 2,3% delle

donne ricor-

re alla sterilizzazione; secondo il

giornale francese “Le Monde” è

tutta colpa dei ginecologi che non

informano adeguatamente le loro

pazienti circa la

grande innovazione

a portata

d’ambulatorio. Tutto

ciò che conta sem-

bra inevitabilmente

in via d’estinzione e

noi donne invece di

combattere per di-

fendere il diritto im-

prescindibile a dare

la vita, facciamo fin-

ta di non vedere, o

peggio, guardando

con orgoglio alle no-

stre conquiste, di-

menticando la capacità di essere

“generatrici”, di creare, in un certo

senso, il futuro. D’altronde,

l’abbiamo già detto in precedenza,

la società moderna ci spinge ad ab-

dicare dai nostri ruoli, così

l’orgoglio femminile oggi sembra

dover derivare più da

un’emancipazione fine a se stessa

che dalla gratificazione

di aver adempiu-

to al compito

che Dio ci

ha dato.

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Spazio curato dal gruppo femminile dell’associazione

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APPUNTAMENTI

Dal 5 agosto al 14 agosto

campo estivo nel Parco dell’Etna

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