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ESEMPI EUROPEI DI RIVITALIZZAZIONE DEL PATRIMONIO MINERARIO LABIN³RAŠA³VELENJE³IDRIJA BANOVI Ć I³RYBNIK³CARBONIA IT

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ESEMPI EUROPEI DI RIVITALIZZAZIONE DEL PATRIMONIO MIN ERARIO

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E S E M P I E U R O P E I D I R I V I TA L I Z Z A Z I O N E D E L PAT R I M O N I O M I N E R A R I O

Labin, 2014

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LA—BIN

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STORIANella seconda metà del 19° sec. Nella zona albonese vengono aperti due pozzi minerari, Vines e Stermazio. La miniera di Vines è stata chiusa nel 1928, mentre quel-la di Stermazio nel 1955. Con il Trattato di Rapallo del 1920 l'Istria è stata annessa all'Italia. Durante l'amministrazione italia-na viene intensificato lo sfruttamento del carbone nell'Albonese, vengono costruiti nuovi insediamenti e aperti nuovi pozzi, si fanno investimenti nell'infrastruttura, nell'elettrificazione e nell'acquedotto. All'inizio dell'amministrazione italiana, nel 1919 viene fondata la Società Anonima Carbonifera Arsa, che investe molto nella modernizzazione delle miniere, mentre dagli anni Trenta (1935) queste entrano a far parte dell'Azienda Carboni Italiani. Il periodo tra il 1936 e il 1940 rappresenta la maggiore espansione dell'azienda. Nel 1938 viene costruito a Piedalbona l'edificio della direzione della miniera e accanto ad esso il pozzo minerario, la torre d'estrazione e gli edifici di competenza. Tra il 1940 e il 1942, in base ai disegni dell'architetto Eugenio Montuori, viene costruito il nuovo insedia-mento minerario di Pozzo Littorio d'Arsia

Denominazione della miniera: Podlabin, Pozzo Littorio d'Arsia, Piedalbona

Città/comune: Labin, Albona

Stato: Croazia

Stato giuridico: Z–2719, bene culturale sotto protezione

Tipo: bene culturale immobile, complesso storico—culturale

Protezione UNESCO: no

Epoca: 20° secolo

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(Piedalbona). L'abitato era costituito da tre tipi di abitazione di differente comfort per le necessità dei dirigenti, dei sorveglianti e degli operai. Nel 1942 venne conseguita la produzione record in assoluto di 1.158.000 tonnellate di carbone con circa 10.500 dipendenti. Dopo l'8 settembre 1943 e la capitolazione dell'Italia, la miniera è attiva con ridotta intensità. Dopo la II. Guerra mondiale l'azienda Istarski ugljenokopi Raša (Miniere istriane di Arsia) è di particolare importanza per la ricostruzione dello stato jugoslavo. Dopo la liberazione di Albona avvenuta il 28 aprile 1945 la produzione viene organizzata nei pozzi di Arsia e di Piedalbona. Per le necessità della miniera, l'azienda edile Istra nel 1948 e nel 1949 ha costruito a Piedalbona 49 abitazioni, denominate Nove zgrade (Case nuove), mentre nel 1951 è andata in funzione la linea ferroviaria Lupogliano—Stallie. Nel 1948 è successa la più grossa disgrazia del dopoguerra, quando a causa dell'esplosione del metano perirono 86 minatori. Negli anni Cinquanta le miniere istriane davano lavoro a circa 7000 dipendenti, e nel 1959 è stata conseguita la produzione record del dopoguerra con 860.100 tonnellate di carbone. Negli anni Sessanta il basso costo del gasolio innesca la crisi del carbone e le grandi scorte di carbone invenduto causano la riduzione della produzione e della manodopera. Negli anni Settanta viene proposta la chiusura delle miniere, però alcune di esse riescono a sopravvivere ed a continuare la produzione. La miniera di Piedalbona viene chiusa nel 1988. L'ultima miniera nell'albonese, quella di Tupliaco fu chiusa nel 1999.

DESCRIZIONE DELLA MINIERAIl complesso minerario ed industriale chiamato Pijacal (Piazzale) è situato nella parte bassa settentrionale dell'altura su cui si trova la città vecchia di Albona. Esso è composto dalla torre d'estrazione collegata con la lampisteria, il guardaroba ed i bagni nonché gli uffici posti nell'edificio della direzione. Inoltre vi si trovava il laboratorio chimico, l'officina elettromeccanica e quella meccanica, il magazzino, l'ambulatorio e la camera mortuaria, la macchina d'estrazione centrale e quella sussidiaria, la vecchia e la nuova cabina di trasformazione, i compressori, la camera refrigeratoria, il magazzino per la sabbia ed i gas tecnici, la fucina, la falegnameria e poco più a nord la caldaia che produceva l'acqua calda. Ovviamente nel sottosuolo si trova il groviglio di gallerie dismesse.

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VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICACon la chiusura della miniera di Piedalbona ebbe inizio il proces-so di devastazione del Piazzale e degli edifici limitrofi. Gli attrezzi minerari furono venduti e gran parte degli edifici abbandonati. L'accesso al pozzo fu chiuso e cimentato. All'inizio degli anni Novanta il potenziale degli ambienti della miniera dismessa fu rilevato dalla associazione Labin Art Express, che diede inizio al progetto della Città sotterranea XXI, di cui la prima fase fu la costituzione del Centro culturale Lamparna (Lampisteria). Negli anni Novanta gli ambienti abbandonati sul Piazzale furono acquistati da ditte private della zona albonese e successivamente riattate per altri contenuti (commerciali e produttivi). Durante questo restauro non sempre si tenne conto delle direttrici dei conservatori perciò alcuni ambienti furono devastati. La valoriz-zazione del complesso minerario ebbe una svolta decisiva dopo la sua protezione a livello statale: tutto l'insieme fu dichiarato bene culturale immobile. La Città di Albona diede inizio alla sistemazione del Piazzale e una parte dell'edificio direzionale fu adibita a Biblioteca civica, che fu solennemente aperta nel 2013. Con ciò furono praticamente poste la basi per un ulteriore valorizzazione del patrimonio minerario di Albona.

BIBLIOGRAFIA: Tullio Vorano: Istarski ugljenokopi — Četiri stoljeća rudarenja na Labinštini, Labin 1997. / Le miniere istriane — Quattro secoli di attività mineraria dell'Albonese

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rA—ŠA

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STORIALe prime tracce dell'attività mineraria sul territorio del comune di Arsia le troviamo nel XVII sec. Infatti, nel 1626 fu rilasciata la prima concessione per l'estrazione del car-bone nella vallata di Carpano. La produzio-ne continua del carbone si svolse nel corso del XVIII sec. con una quarantina di mina-tori che riuscivano a produrre circa 560 tonnellate di carbone. L'industrializzazione generale, accompagnata dal vasto impie-go della macchina a vapore, rese possi-bile un notevole sviluppo delle miniere, così che al tempo dell'amministrazione austriaca la produzione fu portata a circa 90.000 tonnellate. In quel periodo furono costruiti a Carpano diversi edifici, a ca-rattere imprenditoriale o abitativo, però tutti in funzione della miniera. Nel 1905 fu costruita, sempre a Carpano la chiesa di S. Barbara, protettrice dei minatori. Con la fondazione di Carpano e con il rego-lamento dell'omonimo torrente furono poste le basi per la costruzione di Arsia.

Denominazione della miniera: Istarski ugljenokopi Raša —Miniere istriane dell'Arsa

Città/comune: Raša, Arsia

Stato: Croazia

Stato giuridico: procedimento di protezione in corso

Tipo: bene culturale immobile, complesso storico—culturale

Protezione UNESCO: no

Epoca: 17° — 20° secolo

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Arsia, la più giovane città in Istria, sorta per soddisfare le ne-cessità della miniera del luogo, fu costruita in soli 547 giorni, come una nella serie di città di fondazione del periodo dell'am-ministrazione italiana. La costruzione dell'insediamento ebbe inizio sul finire dell'aprile 1936, e nell'aprile 1937 la maggior parte degli edifici era ultimata, così che gli inquilini cominciarono a prendere alloggio. Arsia fu solennemente inaugurata il 4 novem-bre 1937, alla presenza del delegato governativo Horst Venturi e dell'inviato reale, il Duca di Spoleto, nonché numerosi alti dignitari statali. Un anno più tardi fu costituito il nuovo comune di Arsia. L’architetto Gustavo Pulitzer Finali, divise la città in modo gerarchico, facendo distinzione tra la parte operaia da quella impiegatizia, e aggiungendo la piazza, con lo scopo di congiungere e nel contempo dividere le due entità. Nella parte operaia dominano le case a quattro appartamenti di due stanze, ciascuno con propria entrata e un pezzo d'orto. Le abitazioni per gli impiegati e per i dirigenti hanno un comfort maggiore, con il riscaldamento ad acqua calda proveniente dalla centrale termica cittadina. Complessivamente furono costruite 96 case. La cittadina, pianificata per 2000−3000 abitanti, aveva tutte le strutture necessarie a partire dall'edificio comunale, e quindi la gendarmeria, la scuola, l'asilo, la posta, i caffè, i ristoranti, gli alberghi e i negozi, la sala cinematografica e l'ospedale, fino ai

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campi da gioco e alla piscina aperta. Anche l'infrastruttura era ad un livello invidiabile, con la rete d'acqua corrente e quella fo-gnaria, l'illuminazione pubblica, le strade asfaltate e l'acqua calda in tutti gli edifici pubblici. Ai bordi della città si trovava l'edificio della direzione della miniera. Al tempo dell'amministrazione iu-goslava il comune di Arsia fu incorporato in quello di Albona, per ricevere poi nel nuovo stato croato lo status di comune indipen-dente. Dopo la seconda guerra mondiale la neocostituita azienda Istarski ugljenokopi Raša (Miniere istriane di Arsia) ebbe un grosso ruolo nel processo di ripristino e ricostruzione del paese.

STORIA DELLA MINIERANel 1626 Filippo Veranzi ottenne dal veneto Consiglio dei Dieci l’investitura delle Miniere di Allume di Rocca et Pegola che sono nel territorio di Albona et per quattro miglia d’intorno. Questo dato viene ritenuto il documento più vecchio inerente agli inizi dell'attività mineraria nella zona albonese. In effetti la conces-sione riguardava il territorio di Carpano. Se non prima, dalla documentazione disponibile si evince che il 14 agosto 1785 a Carpano ebbe inizio la produzione continua del carbone Il primo acquirente stabile della miniera fu il zuccherificio di

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Fiume. Nella seconda metà del XIX sec. si verificò la svolta nello sviluppo dell'attività mineraria. L'accelerata industrializzazione dell'economia austriaca richiedeva una sempre maggior ricerca del carbone. Nel 1881 le miniere di Carpano e Vines diventano proprietà della Società montanistica di Trbovlje con sede a Vienna. Dopo la prima guerra mondiale il territorio di Arsia e dell'Istria entrò a far parte dell'Italia. Nel dicembre del 1919 fu costituita la Società anonima carbonifera Arsa. Nel 1920 fu consolidata la gestione dell'azienda, fu redatto l'inventario essenziale della miniera e preparato il piano di futuro sviluppo che prevedeva l'incremento della produzione. In seguito alla chiusura dei pozzi di Vines e Stermazio nel 1929, tutta la produ-zione fu concentrata nel pozzo Carlotta. Il periodo tra il 1936 e il 1942 fu quello della maggiore espansione della ditta. Nel 1939 si riuscì a produrre oltre un milione di tonnellate di carbone.

Dopo la seconda guerra mondiale la miniera di Arsia dava circa il 50% della complessiva produzione di carbone dell'albonese. Questo periodo fu contrassegnato da grosse immigrazioni di manodopera da diverse parti della Jugoslavia. Gli immigrati, per lo più manodopera maschile, trovarono impiego nelle miniere. Le ultime tonnellate di carbone della miniera di Arsia sono uscite nel 1966, quando furono estratte 67.700 tonnellate di carbone.

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VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICALa valorizzazione culturale e turistica di Arsia iniziò negli anni Novanta del XX sec. L'allora parroco di Arsia, don Ivica Butković cominciò a raccogliere sistematicamente attrezzi inerenti alla miniera e allestì una piccola raccolta mineraria nel loggiato della chiesa. Azioni temporanee legate alla rivitalizzazione del patrimonio minerario di Carpano ed Arsia, tramite performance artistici e altre attività, vengono organizzate dall'associazione Labin Art Express. Nell'ambito della galleria A, che si trova negli ambienti della SAC Rudar saltuariamente vengono allestite mostre su tematica mineraria. L'associazione di cittadini Istarski ugljenokopi Raša, con sede ad Arsia, ha nel proprio programma la promozione e la ricerca del patrimonio minerario ed indu-striale del comune di Arsia.

Con l'accoglimento del Piano regolatore del Comune di Arsia e con la stesura dello studio di conservazione per il territorio comunale sono state create le basi fondamentali per la valo-rizzazione culturale del patrimonio minerario.

BIBLIOGRAFIA: Tullio Vorano: Istarski ugljenokopi — Četiri stoljeća rudarenja na Labinštini, Labin 1997. / Le miniere istriane — Quattro secoli di attività mineraria dell'Albonese

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vele—nje

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LA MINIERA DI VELENJELa Miniera di Velenje è un ente con quasi 140 anni di storia, solidamente posizionato nell’attualità ed energicamente proteso verso il futuro. Già dalla fine della seconda guerra mondiale la miniera ha dedicato molta attenzione alla modernizzazione ed alla introduzione delle tecnologie più avanzate per l'estrazione del carbone. Un significativo passo di miglioramento è sta-to conseguito nel 1988 quando finalmente si è passati dall'estrazione classica a quella meccanizzata. E’ stato possibile conse-guire ciò grazie alle proprie cognizioni e alla ricerca sistematica del più adeguato e più sicuro metodo d'estrazione degli strati consistenti di carbone. Il metodo d'estra-zione a fronte larga, noto anche come metodo d'estrazione di Velenje, cominciò a praticarsi nel 1952. Questo metodo diffuse il nome della Miniera di Velenje nel mondo. Con l'uso delle tecnologie più moderne oggi vengono conseguiti eccezionali risul-tati produttivi, che possono misurarsi con quelli delle altre miniere nel sottosuolo d'Europa e del mondo. Secondo il parere di esperti internazionali, la Miniera di Velenje è la miniera di riferimento per l'Europa occidentale che, con le proprie cognizioni tecnologiche, si trova in cima alla tecnologia mineraria a livello mondiale. L'eccezionale attrezzatura elettrica e meccanica in uso è il risultato dello sviluppo pluriennale e frutto della locale sapienza d'ingegneria.

Denominazione della miniera: Museo minerario della Slovenia Muzej premogovništva Slovenije

Città/comune: Velenje

Stato: Slovenia

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STORIAMolta gente, specialmente i giovani, non è a conoscenza, che nel passato la fonte primaria per l'acquisizione dell'energia elettrica è stata il carbone. Il carbone ha contrassegnato la vita dei minatori e del-le loro famiglie, rendeva possibile la loro sopravvivenza e nel contempo plasmava l'ambiente in cui vivevano. Velenje è la città sorta sul carbone, nata dal carbone e a causa del carbone, perché ai suoi abi-tanti fornisce il pane da quasi quattordici decenni. La storia dell'attività mineraria e dei minatori di Velenje è mutata col tem-po, però l'attaccamento alla professione rimane ancor oggi. La storia della miniera e del ceto minerario viene illustrata nel Museo minerario della Slovenia (Muzej rudarstva Slovenije), che senz'altro dovete visitare. Chissà, forse potreste incontrare il nano minerario Bergmandeljc oppure il gentile riccio Ligi.

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LA PARTE SOTTERRANEA DEL MUSEOLa parte sotterranea del museo, completamente rifatta, rende possibile vivere l'esperienza dei minatori che per decenni scendevano 160 m in profondità nelle viscere della miniera, per condurre poi in superficie l'oro nero, che estraevano per le necessità energetiche della Slovenia. Accompagnati dalla guida, potrete entrare in miniera nello stesso modo come lo facevano i minatori nel secolo scorso —vi calerete in profondi-tà attraverso il Pozzo vecchio (Stari jašek) del 1888. Le diverse raffigurazioni della vita e del lavoro dei minatori, per il tramite di 20 eccezionali scene e di 15 interessanti figurini, vengono ravvivate con l'aiuto di moderne apparecchiature audiovisive. L’emozionante percorso di un'ora e mezza, durante il quale farete una migliore conoscenza della meccanizzazione usata negli ultimi decenni a Velenje in miniera, terminerà con un viaggio sul treno della ferrovia sotterranea.

LA PARTE ESTERNA DEL MUSEOLa vita dei minatori di un tempo non è paragonabile a quella dei minatori odierni. Un tempo i minatori tornavano dal lavoro alle loro modeste abitazioni. E’ possibile visitare una di queste, degli anni Trenta del secolo scorso, nella parte esterna del museo. Lo sviluppo puntuale dell'attività mineraria slovena è rappresentato in dieci moduli. Lo sapevate che nel XVII sec. il carbone, chiamato sangue del drago, veniva usato dai farmacisti per medicare gli animali ammalati? Vi interessa sapere come un tempo scavavano il carbone; o in che modo si sono sviluppati i mezzi di protezione personale; oppure come era organizzata la squadra mineraria di salvataggio? Queste curiosità rappresentano soltanto una piccola parte di quelle che andrete a conoscere visitando la parte esterna del museo.

LA VISITA VIRTUALEPotete visitare il Museo minerario della Slovenia anche virtual-mente. Le scene degli ambienti a 360 gradi rendono possibile una vista interattiva dei vari contenuti del museo: la stanza d'ap-pello, la scena di Anton Aškerc, la torre del pozzo Škale e la vista panoramica dalla torre, la colonna geologica della vallata Šaleš, il guardaroba nero, l'abitazione del minatore ed altre scene interes-santi. Possiate vivere questa esperienza tramite la visita virtuale sfogliando le pagine Internet muzej.rlv.si/si/virtualna-razstava.

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IDRi —ja

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STORIAIdria, la più vecchia città mineraria slovena, fu nota da mezzo millennio a livello locale e mondiale per la sua ricchezza di mercurio che ha influenzato in modo rilevante molte vicende non soltanto sul piano nazionale, ma anche nel contesto europeo più vasto. Per diversi secoli questa miniera è stata riconosciuta tra le più ragguardevoli impre-se dell'Europa centrale e svolse un ruolo significativo nei rapporti economici interna-zionali. Per la sua importanza, i proprietari e gli amministratori dovettero introdurre costantemente le più moderne macchine tecniche e perfezionare i procedimenti pro-duttivi, dando così impiego a manodopera specializzata. Perciò Idria fu, nel passato, un importante centro di sviluppo della tecnica mineraria e della metallurgia. Ad esso fu legata la fioritura di diverse scienze naturali, nonché un generale progresso culturale di quelle zone. L'attività mineraria nella vallata di Idria ebbe inizio dopo l'anno 1490, quando venne scoperto il mercurio. Secondo la tradi-zione orale, il prezioso liquido fu scoperto da un leggendario artigiano (nel gergo locale škafar, ossia produttore di lavandini bassi in legno muniti da due maniglie) che stava

Denominazione della miniera: Rudnik žive Idrija — Miniera di mercurio Idria

Città/comune: Idrija

Stato: Slovenia

Stato giuridico: Z–2719, bene culturale sotto protezione

Tipo: bene culturale immobile, complesso storico—culturale

Protezione UNESCO: sì

Epoca: 20° secolo

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bagnando un suo recipiente nel torrente. Minatori friulani e dall'area della parlata tedesca scavavano e fondevano il minerale già prima del 1500, però soltanto lo scoprimento del cinabro (minerale contenente mercurio), avvenuto il 22 giugno 1508, rese possibile lo sviluppo dell'attività mineraria. Parallelamente, con l'ampliamento della miniera crebbe anche l'abitato di Idria. Nei primi decenni dalla scoperta, a Idria dominavano società commerciali di imprenditori privati che sfruttavano i giacimenti minerari ma investivano poco nelle attrezzature della miniera. Dopo la nazionalizzazione avvenuta nell'anno 1575, la miniera passò direttamente sotto l'amministrazione della corte asburgica e ottenne un ingente ampliamento e ammodernamento. Verso l'anno 1600 la miniera era attrezzata a buon punto e il mercurio veniva spedito, tramite Venezia, alle città tedesche, ad Anversa, nel Medio Oriente e nel Sud America. Nel 1607 la corte viennese separò il territorio di Idria dal distretto di Tolmino per creare uno specifico Distretto d'Idria, con a capo l'amministratore della miniera. Idria divenne un abitato (entità maggiore di villaggio e minore di città, con caratteristiche di ambedue le strutture), che nei tempi di Valvasor, verso il 1690, contava 1500 abitanti, mentre nella miniera lavoravano 300 minatori. Le condizioni sociali e sanitarie non erano regolamentate e i minatori spesso si ammalavano di mercurialismo. Idria ebbe uno sviluppo notevole nel corso del XVIII secolo, al tempo dell'Illuminismo quando ricevette i diritti di città e, fino alla fine del secolo, divenne la seconda città dello stato della Carniola, con circa 3600 abitanti.

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La miniera, grazie al lavoro di eccellenti esperti (Steinberg, Mrak), venne ingrandita e modernizzata. Furono aperti nuovi pozzi e gallerie, vennero installate diverse pompe minerarie, migliorati i forni di liquefazione, organizzato il trasporto del legname via acqua e costruita la prima strada carrabile fino a Vrhnika. Uno sviluppo particolarmente favorevole fu registrato al tempo del decennale contratto di compravendita del mercurio con gli spagnoli (verso il 1790), quando la miniera dava impiego a 1350 dipendenti, mentre la produzione annua oscillava tra le 600 e 700 tonnellate di mercurio. A quei tempi il minerale conteneva in media il 18% di mercurio. Il mercurio di Idria riusciva a coprire la ventesima parte, ossia il 5% delle uscite nel bilancio dell'Impero austriaco. Nel corso del XVIII sec. Idria cominciò ad avere un assetto urbanistico pianificato. La grande importanza della mi-niera di Idria imponeva alla corte viennese l'obbligo di investire nel suo sviluppo. Per le necessità della miniera fu costruito un monumentale magazzino per grano, e Idria ottenne il primo edificio teatrale della Slovenia. Furono ben organizzate le scuole d'avviamento professionale, quelle popolari e il servizio sanitario. Il famoso scienziato naturalista J. A. Scopoli, che per 15 anni (1754-1769) fu in servizio ad Idria come primo medico, e il suo con-temporaneo B. Haquet—chirurgo minerario—gettarono proprio a Idria le basi delle scienze naturali. Anche durante il XIX sec., e poi fino alla prima guerra mondiale, la miniera di Idria mantenne una posizione in vista tra le più redditizie imprese statali. Grazie all'aiuto delle macchine a vapore, della perforazione a macchina, del perfezionamento dei forni di liquefazione, la miniera riusciva a mantenere alta la produzione e nel 1913 ottenne il record di 820 tonnellate di mercurio. All'inizio del XX sec. Idria aveva quasi 6000 abitanti e si distingueva per la sua vivace vita politica, sociale e culturale. Grazie al primo Istituto tecnico sloveno, costruito nel 1901, la città si sviluppò quale centro d’educazione d'importanza nazionale. Durante la prima guerra mondiale, e nei venticinque anni di occupazione italiana (1918-1943), per la mi-niera subentrò un periodo di stasi, accompagnato da un letargo culturale e da una pressione nazionalista. Sotto l'amministrazione tedesca (1943-1945), l'attività della miniera regredì ancora di più e le incursioni aeree e i bombardamenti della primavera del 1945 la bloccarono completamente. Con molta buona volontà e sacrifici, dal 1945 al 1950 i minatori eseguirono in miniera lavori di ripristino per rendere possibile la ripresa della produzione. La produzione annua fu quindi in continua crescita e si aggirava tra le 400 e 500 tonnellate. Nel ventennio successivo furono introdotte macchine più moderne per la produzione, il trasporto e la fusione. Ciononostante, e sebbene l’estrazione del minerale fosse aumentata, la produzione annua non andò oltre le 500

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- 600 tonnellate, a causa del sempre minor tasso di mercurio contenuto nel minerale greggio. La città gradualmente cambiò aspetto con la sparizione delle vecchie, pittoresche case dei minatori. Gli anni Settanta del secolo scorso registrarono una crisi del mercato di mercurio a livello mondiale che colpì in modo determinante anche la miniera di Idria. Il mercurio, un tempo usato per amalgamare, e poi nella scienza, nella medicina, nella tecnica e nell'industria, cominciò ad essere sostituito da altre so-stanze, meno nocive per l'ambiente e per l'uomo. Le entrate della miniera dipendevano completamente dalla vendita del mercurio e quindi in modo indiretto anche dal prezzo di tale metallo sul mercato mondiale. Proprio a causa del basso prezzo del mer-curio sul mercato mondiale la miniera di Idria non poteva avere più una gestione redditizia, perciò nel marzo del 1977 fu presa la decisione della temporanea sospensione della produzione.

DESCRIZIONE DELLA MINIERAIl giacimento minerario di Idria si estende sotto la superficie della conca di Idria in direzione NO-SE per una lunghezza di 1500 m, una larghezza dai 300 ai 600 metri, e una profondità di 450 metri. Le parti più profonde della miniera raggiungevano 382 metri, ossia 36 m sotto il livello del mare. In 500 anni di attività furono scavati più di 700 km di gallerie e oltre tre milioni di metri cubi di minerale e di sterile, dal quale furono ricavate 147 000 tonnellate di mercurio. La miniera di Idria, con oltre il 13% della produzione

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mondiale, per la quantità di mercurio ricavato occupa il secondo posto nel mondo tra le miniere di questo metallo. Solamente nella miniera spagnola di Almadén, che fu sfruttata già dagli antichi greci e romani, si ottenne una produzione maggiore. Oggi il patrimonio della miniera e dell'attività mineraria è costituito dai giacimenti del minerale, dai pozzi e dalle gallerie sotterranee, dagli edifici d'accesso alla miniera, dalle chiese e dalle vie di spedizione del mercurio nel mondo.

VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICAIl patrimonio della miniera, per il suo significato storico, per la sua organizzazione, per le attrezzature e per la tecnologia impiegata rappresenta un monumento unico nell’area slovena e in quella più vasta europea. Salvaguardare questo patrimonio significa salvaguardare le tradizioni della città di Idria, che rappresenta la culla delle scienze naturali. Nel 2012 Idria col suo patrimonio di mercurio e la spagnola Almadén sono state iscritte nell’Elenco del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il patrimonio del mer-curio di Idria, importante a livello europeo e mondiale, sulla cui storia mineraria la città costruisce la propria offerta culturale e turistica, dopo l’effettiva chiusura della miniera rappresenta per Idria una notevole potenzialità di sviluppo.

BIBLIOGRAFIA: Incartamento UNESCO Piano di conservazione della galleria Antonio.

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BA—NoviĆi

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L'economia del comune di Banovići si basa sul settore energetico, per essere più preci-si sull'attività mineraria, da cui è sorta anche la città. Oltre al carbone, quale minerale principale, esiste anche la miniera di pietra ed alcune imprese nel ramo metallurgico.

Una delle principali risorse naturali, di cui dispone il comune di Banovići, la lignite di alta qualità e potenza calorifica, che fu nel passato e rimane tuttora il presupposto principale per lo sviluppo economico e sociale del comune. Le Miniere di lignite Banovići a Banovići, iniziarono l'attività nel 1946, quando il paese, distrutto dalle azioni belliche, necessitava del carbone quale fonte energetica per l'industria e per renderne possibile l’ estrazione fu co-struita nel 1946 la ferrovia Brčko—Banovići.

STORIALe miniere di Banovići sono state aperte nel novembre 1946, sotto la denominazione RMU Tito Banovići, dopo essere stata ulti-mata, col contributo dei giovani volontari, la Ferrovia Brčko—Banovići. Nel primo anno di attività le miniere disponevano di 696 addetti che riuscirono a produrre 97.412 tonnellate di carbone. L'anno seguente la manodopera fu diminuita a 462 unità,

Denominazione della miniera: Miniera di lignite Banovići S.p.A.

Città/comune: Banovići

Stato: Bosnia ed Erzegovina

Stato giuridico: società per azioni con maggioranza di capitale statale

Protezione UNESCO: no

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ma la produzione fu aumentata a 491.420 tonnellate di carbone.

Nel 1982, dopo l'arrivo delle nuove ruspe l'e-strazione a giorno fu intensificata, il numero degli operai salì a 3.635 e la produzione an-nua arrivò a 2.392.705 tonnellate di carbone; fu questa la maggiore produzione delle mi-niere fino all'anno 1990. Gli anni successivi videro la sanguinosa guerra dei Balcani.

Nel 1991 la produzione ristagnò sebbene il numero degli addetti fosse stato portato a 3.835. Subito dopo l'aggressione alla Bosnia ed Erzegovina il numero degli operai comin-ciò a diminuire in modo drastico; diminuì anche la produzione annua che raggiunse le 938.670 tonnellate, con tendenza ad ulteriore diminuzione, così che a guerra finita si contarono soltanto 317.089 tonnel-late. Durante il periodo bellico le miniere di Banovići operarono nell'ambito delle Miniere di carbone Tuzla, del TES (Sistema

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termo-energetico). L'epilogo della quadriennale produzione bellica di 1.742.248 tonnellate fu desolante: i mezzi di produzione devastati, i giacimenti depredati, debiti irrisolti per non aver fornito le quantità di carbone concordate del valore di oltre 12 milioni di marchi convertibili.

Dopo la guerra la produzione aumentò, però fu subito evidente che lavorare in comune nell'ambito delle Miniere di Tuzla avreb-be rappresentato un serio impedimento per la consolidazione e per lo sviluppo della miniera di Banovići. Sul finire del 1998 la miniera si separa da quella di Tuzla e continua ad operare sotto la denominazione RMU Banovići. Ben presto, con l'aiuto dell'allora governo della Federazione bosniaca, furono acqui-stati cinque modernissimi dumper. La produzione aumentò: nel 2001 arrivò al milione, nel 2002 a 1,2 milioni e l'anno successivo a quasi 1,3 milioni di tonnellate di carbone.

Nel 2004, si voltò pagina per quello che riguarda la storia della miniera. Sul finire di maggio fu tenuta la prima assemblea degli azionisti dove fu decisa la trasformazione dell’azienda in società per azioni, della quale lo stato deteneva il 69,3 % del capitale sociale, mentre gli operai il rimanente 30,7 % . Nell'occasione furono nominati i membri del Comitato di controllo, del Comitato di revisione e della nuova Direzione della Società. Quell’anno le

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miniere RMU Banovići riuscirono a chiude-re la gestione con la produzione record di 1.328.169 tonnellate di carbone lavorato e la con rimozione record degli strati di sterile che ammontarono a 7.791.529 metri cubi di massa solida. Anche il conto consuntivo dimostrò un guadagno record di 4,7 milio-ni di marchi convertibili. Questi eccellenti risultati di produzione, di rimozione dello sterile, della gestione economico-finan-ziaria, come pure le regolari paghe agli addetti, e i 2,5 milioni di marchi convertibili accantonati per l'acquisto di attrezzature, inserirono questa Società tra quelle di maggior successo nel settore economico della Bosnia ed Erzegovina.

Oggi la Miniera di lignite Banovići s.p.a. di Banovići è la più grossa struttura eco-nomica sul territorio comunale e rappre-senta l'asse portante della sua economia. Attualmente la Miniera di Banovići estrae il carbone in due scavi a giorno e in una miniera sotterranea. L'azienda dà impie-go a circa 2.800 dipendenti e produce annualmente circa un milione e mezzo di tonnellate di oro nero. Oltre a fornire il

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mercato locale e nazionale, esporta il proprio prodotto anche nei paesi limitrofi. Dal 2005 l'azienda è diventata membro dell' EUROCOAL, l'associazione europea delle miniere, quale prima miniera della Bosnia ed Erzegovina riuscita ad allinearsi alle altre importanti miniere europee. I piani a lungo termine prevedono lo sviluppo della Miniera e dell'e-conomia del comune di Banovići con la costruzione di una Centrale termoelettrica di 300-350 MW, avendo il supporto comunale e quello governativo, che dovrebbe assicurare un piazzamento sicuro del carbone, la produzione di energia elettrica e d’acqua calda, l'apertura di nuovi posti di lavoro e il miglioramento dello standard degli addetti. Nei piani a lungo termine di questo efficacissimo gigante di Banovići c'è anche l’incentivazione della costruzione di altri impianti economici come il Cementificio nonché altre strutture economiche e di servizi. Lo scopo della costruzione del Cementificio è la produzione del cemento, lo smaltimento delle scorie della Centrale termoelettrica e lo sfruttamento dei giacimenti di marna ivi esistenti.

VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICACome ogni miniera al mondo, così alche la Miniera di lignite Banovići s.p.a. di Banovići dispone di importanti giacimenti che un giorno saranno sfruttati; nei piani a lungo termine si deve pensare anche alla valorizzazione culturale e turistica dopo la chiusura dell'attività. Naturalmente, pensando a questa va-lorizzazione culturale e turistica, già oggi si preparano i piani per salvaguardare le macchine, l'attrezzatura mineraria, la documentazione archivistica e simili. Nel contesto, la Miniera di lignite Banovići s.p.a. e il Comune di quella città, hanno ela-borato il progetto del Museo minerario e ferroviario nel quale verranno uniti in un insieme il materiale documentaristico, il macchinario e l'attrezzatura minerari per rendere possibile ai turisti di vivere l'esperienza dell'attività mineraria della zona, dai suoi primordi fino al giorno odierno. Il Museo sarà situato di fronte alla Direzione della Miniera di lignite Banovići s.p.a. di Banovići e avrà la forma di una lampada mineraria. Oltre a ciò, è stato preparato il progetto del prolungamento della ferrovia a scartamento ridotto del treno turistico Ćiro, che già oggi rappresenta un punto di ritrovo per gli amatori dei locomotori a vapore di tutto il mondo.

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RY—BNIK

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STORIALa storia della miniera Ignacy inizia nel 1792, quando su iniziativa del ministro prussiano della provincia di Slesia Karl Georg von Hoym, venne aperta la miniera di carbone Hoym. Nel periodo iniziale questa era l'unica miniera di carbone di proprietà statale, men-tre nel giro di pochi anni tutte le altre miniere erano diventate private unendosi tra di loro. Quando nel 1922 la Polonia ebbe nuovamen-te in possesso la Slesia Superiore, la miniera Hoym−Laura divenne proprietà del Ministero delle finanze polacco, e ciò provocò dei mu-tamenti molto positivi. Tra le due guerre mondiali furono fatti degli investimenti per modernizzare la miniera e per aumentare la produzione di carbone. Il cambiamento di proprietà non fu l'unica svolta decisiva di quel tempo. Nel 1936 la miniera cambiò nome: si chiamò Ignacy, in onore di Ignacy Mościcki— presidente della Repubblica di Polonia. Durante la seconda guerra mondia-le la miniera Ignacy fece parte del consorzio industriale tedesco Hermann Göring Werke e il suo nome fu cambiato in Hoymgrube. Durante la guerra la miniera produsse carbone per l'industria bellica tedesca.

RY—BNIK

Denominazione della miniera: Zabytkowa Kopalnia Ignacy— Storica miniera di carbone Ignacy

Città/comune: Rybnik

Stato: Polonia

Stato giuridico: A/165/05, bene culturale protetto

Tipo: bene culturale immobile, complesso storico—culturale

Protezione UNESCO: no

Epoca: 18° — 20° secolo

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Dopo la guerra, con particolare decreto tutte le miniere tornarono in possesso dello stato polacco. Nel 1968 Ignacy si congiunse con la vicina miniera di Rydułtowy. Da allora il nome della miniera fu Ruch II (Giacimento II). Il nome storico le fu restituito nel 1990 e attualmente il suo nome per este-so cita Storica miniera di carbone Ignacy. All'inizio degli anni Novanta, in seguito alle mutate condizioni socio-politiche in Polonia, ebbe inizio la ristrutturazione dell'industria mineraria. Per aumentare il guadagno, paradossalmente, fu diminuita la produzione di carbone e Ignacy fu quasi esclusa dall'estra-zione. La miniera Ignacy è la più vecchia miniera di carbone nell'area di Rybnik e dispone di alcuni edifici intatti, nonché di varie attrezzature. Dopo molti sforzi, nel dicembre 2005, la miniera fu iscritta nel Registro nazionale dei beni culturali. A causa della limitata produzione fu deciso di cessare l'estrazio-ne del carbone dalla miniera Ignacye attualmente essa serve da ventilazione per la miniera di carbone Rydułtowy−Anna.

DESCRIZIONE DELLA MINIERALa miniera Ignacy si trova nella parte sud-occidentale di Rybnik, nella frazione di Niewiadom, distante 6.5 km dal centro città. Niewiadom conta circa 5000 abitanti e per molti anni fu legata

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all'attività mineraria. Niewiadom è costituita per lo più da case isolate e di alcuni isolati vicino alla miniera. Una montagna di sterile — quale risultato della dismessa produzione di carbone — è situata a nord della miniera.

Nell'ambito della miniera esistono le seguenti strutture: i pozzi minerari Kościuszko e Głowacki con le rispettive torri e macchine d'estrazione, il serbatoio d'acqua a torre, la falegna-meria e l'edificio con gli uffici. Alcuni edifici che non si usano a scopi minerari vengono affittati. Attualmente nell'edificio degli uffici trovano sede la posta, la farmacia, il Centro per l'assistenza sociale e l'associazione Storica miniera di carbone Ignacy. Tutti gli edifici ed i terreni appartengono alla Città di Rybnik ed alla Società mineraria (Kompania Węglowa S.A.).

VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICADal 2000 la miniera è accessibile ai turisti. Per gli amatori del turismo industriale l'attrazione maggiore consiste nelle macchine d'estrazione del 1900 e in quelle del 1920. Inoltre, nel 2007 fu completato l'ammodernamento e l'adattamento a scopi turistici della torre del serbatoio d'acqua, alta 46 m. E’ già pianificata la ristrutturazione nel prossimo futuro di

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due edifici (quello della falegnameria e quello della macchina a vapore). Dopo di ciò la Città di Rybnik realizzerà un parco industriale tematico dove sarà allestito il museo civico e uno spazio per gli avvenimenti culturali.

Grazie al suo valore storico, la Miniera di carbone è inserita nell' Itinerario dei monumenti industriali della Regione slesiana (ERIH Regional Route), che nel 2004 è stata insignita del certificato Migliore prodotto turistico 2004 rilasciato dall'En-te turistico polacco. La miniera Ignacy ha il potenziale per divenire un centro turistico-culturale regionale e sfruttare il grande interesse della società per i monumenti industriali di cultura Come dimostrano altri esempi dell'Europa Occidentale, simili strutture si possono rielaborare per iniziare una nuova

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vita come musei, cinematografi, gallerie e addirittura centri adibiti allo sport o a con-ferenze. Per far ciò è necessario rivitalizzare le strutture esistenti, cominciando dal cam-biamento della funzione degli edifici fino ad un adattamento completo della miniera a scopi turistici. L'amministrazione civica e la Società carbonifera sono risolute ad iniziare ed a portare a termine queste modifiche.

FONTE [informazioni storiche]: Andrzej Adamczyk, Kopalnia Węgla Kamiennego Hoym Ignacy 1792-1967-2011, Warszawa, 2011., isbn: 9788371924347

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cAr—BO NIA

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STORIALa miniera di Serbariu nasce nel 1937, dalla necessità del governo italiano di intensifica-re lo sfruttamento delle risorse carbonifere nazionali a fini bellici. Parallelamente alla costruzione della miniera di Serbariu, si progetta e si costruisce anche la città di Carbonia. Centro abitato a bocca di miniera che nei progetti iniziali doveva contenere 12.000 abitanti ma che, nel giro di pochi anni dalla sua fondazione avvenuta nel 1938, arrivò a contenere più di 50.000 persone. Carbonia e le miniere circostanti, nelle intenzioni del governo italiano, devono di-venire il centro di un territorio fortemente industrializzato che costituisca la base ener-getica per lo sviluppo di tutta la Nazione. Il nuovo centro abitato è progettato a tavoli-no: al centro della città si trovano i luoghi del potere (Casa del fascio, Comune, Chiesa); vicino alla piazza principale (Piazza Roma) le case del direttore della miniera (VillaSulcis) e dei dirigenti, più distanti dal centro le abitazioni dei quadri amministrativi e in

Denominazione della miniera: Grande Miniera di Serbariu

Città/comune: Carbonia

Stato: Italia

Stato giuridico: bene culturale sotto protezione

Tipo: bene culturale materiale e immateriale, complesso storico—culturale

Protezione UNESCO: sì sito classificato tra i beni UNESCO

Epoca: 20° secolo

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zone periferiche le residenze degli operai. Caratteristici di Carbonia sono anche gli alberghi operai, dislocati in vari quartieri della città e costruiti per dare alloggio a quei minatori che erano privi di famiglia. Le produzioni minerarie viaggiano di pari passo con le vicende storiche e sociali del territorio; raggiungono il loro apice in pieno periodo bellico, nel 1940, quando si arriva ad estrarre 1.295.000 tonnellate di carbone. Calano bruscamente nel 1943, quando la guerra aveva portato alla distruzione del porto di S.Antioco e all’impossibilità di trasportare il carbone estratto fuori dalla Sardegna. Si hanno nuovi picchi estrattivi nel 1947, in piena fase di ricostruzione post bellica, per poi andare lentamente a sce-mare negli anni successivi. Durante gli anni ’50 si assiste ad una fase di lento declino dell’attività mineraria, caratterizzata da continue minacce di chiusura e da scioperi e manifestazioni che miravano al mante-nimento in vita della miniera. Gli anni ’60 36

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segnano l’epilogo per la miniera di Serbariu: giacimento in via di esaurimento, prezzo del carbone sardo poco concorrenziale rispetto a quello estero, scarsa produttività ed esodo del per-sonale, sono alcune delle cause che portarono alla definitiva chiusura della miniera di Serbariu nel 1964.

LE TRAGEDIE IN MINIERAl lavoro nel sottosuolo era faticoso e pericolosissimo. Come accaduto in tante altre miniere, anche a Serbariu ci sono stati episodi tragici in cui molti minatori persero la vita. Fatalità, ec-cessivo sfruttamento della manodopera e standard di sicurezza molto bassi, sono le principali cause di questi episodi. Tra i vari incidenti accaduti nella miniera di Serbariu, se ne ricordano due in particolare.

Il 31 marzo 1939 in una rimonta in corso di scavo in uno strato di carbone al livello -50 nei pressi del Pozzo 7 dopo aver caricato le mine per la volata gli operai si allontanarono per dar luogo al brillamento. Dopo l’esplosione delle prime due mine della volata in questione si susseguirono due forti esplosioni cui seguì una gran massa di gas infiammato che interessò violente-mente il Traverso Banco 2 investendo numerosi lavoratori della

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stessa rimonta e degli avanzamenti vicini. La massa gassosa abbatteva con violenza l’armamento di una crociera (intersezione tra il Traverso Banco 2 ed una galleria in direzione). Questa crociera nel franare travolgeva tre lavoratori uccidendone uno per frattura cranica. Nell’insieme l’incidente attribuito alla deflagrazione delle polveri di carbone accumulatesi, innescate dall’utiliz-zo di esplosivo non di sicurezza coinvolse complessivamente 40 lavoratori uccidendo-ne 9 (1 subito a causa della frana e 8 dopo il ricovero in ospedale con vaste scottature su oltre la metà del corpo e asfissia da edema polmonare conseguente all’inalazione dei gas tossici conseguenti l’esplosione).

Il 19 ottobre 1937 nel Pozzo Schisorgiu della limitrofa coltivazione di Sirai per le stesse ragioni e con modalità simili perirono 14 lavoratori in un incidente che ne coinvolse complessivamente 22.

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VALORIZZAZIONE CULTURALE E TURISTICAIl CICC (Centro Italiano della Cultura del Carbone) nasce nel 2006 come associazione tra il Comune di Carbonia e il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna, con lo scopo di gestire e valorizzare il sito della Grande Miniera di Serbariu. Il sito minerario di Serbariu, attivo nell’estrazione dal 1937 al 1964 e dismesso nel 1971, ha caratterizzato l’economia del Sulcis e rappresentato tra gli anni ’30 e ’50 una delle più importanti risorse energetiche d’Italia. Il complesso minerario devastato da anni di abbandono ed utilizzi impropri è stato progressivamente riacquisito per 25 dei 33 ettari originari alla proprietà del Comune di Carbonia che ha avviato a partire dal 4 dicembre 2002 importanti lavori supportati finanziariamente dalla UE per il recupero e la ristrutturazione a fini museali e didattici; il progetto per il recupero e la valorizzazione del sito ha reso fruibili gli edifici e le strutture minerarie che oggi costituiscono il Museo del Carbone, inaugurato al pubblico il 3 Novembre 2006.

Il Museo include i locali della Lampisteria, della Sala Argani e della Galleria sotterranea. Nella Lampisteria ha sede l’espo-sizione permanente sulla storia del carbone, della miniera e della città di Carbonia; l’ampio locale accoglie una preziosa

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collezione di lampade da miniera, attrezzi da lavoro, strumenti, oggetti di uso quoti-diano, fotografie, documenti, filmati d’epoca e videointerviste ai minatori. La Sala Argani, conserva al suo interno il macchinario con cui si manovrava la discesa e la risalita delle gabbie nei pozzi per il trasporto dei minatori e delle berline vuote o cariche di carbone. La Galleria sotterranea mostra l’evoluzione delle tecniche di coltivazione del carbone utilizzate a Serbariu dagli anni ’30 alla ces-sazione dell’attività, in ambienti fedelmente riallestiti con attrezzi dell’epoca e grandi macchinari ancora oggi in uso in miniere car-bonifere attive. Nel Museo si trovano inoltre il bookshop, nel quale è possibile acquistare libri sull’argomento e gadgets, la caffetteria e una sala conferenze con 130 poltroncine e moderno impianto audio-video.

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edItOre: Città di albona (Croazia)

Partner: Città di rybnik (Polonia), Città di Carbonia (Italia), Comune di velenje (Slovenia), Comune di Idrija (Idria, Slovenia), Comune di Banovići (Bosnia ed Erzegovina), Comune di raša (Arsia, Croazia), Museo popolare di albona, Museo minerario della Slovenia—velenje

deSIGn: Klaudia Barbić i Piero ricci

StaMPa: Kreativni tisak d.o.o., Zagreb

annO: 2014.