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Commissione Europea Direzione Generale Giustizia, Libertà e Sicurezza Laboratorio di Scienze della Cittadinanza Alessandra Cancedda Modello per la valutazione della qualità dell’integrazione degli immigrati qualificati (Skilled Migrants Integration Assessment Model – SMIAM) Linee guida Settembre 2005 Progetto JAI/2003/INTI/078 (RAIQU)

Modello per la valutazione della qualità dell’integrazione ... · anni nello studio dei processi migratori e di integrazione degli immigrati ... mettendo a disposizione del decision-making

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Commissione EuropeaDirezione Generale Giustizia,Libertà e Sicurezza

Laboratorio di Scienze della Cittadinanza

Alessandra Cancedda

Modello per la valutazionedella qualitàdell’integrazione degliimmigrati qualificati(Skilled Migrants Integration Assessment Model – SMIAM)

Linee guida

Settembre 2005

Progetto JAI/2003/INTI/078(RAIQU)

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Indice

PARTE PRIMAVERSO UN MODELLO PER LA VALUTAZIONEDI QUALITÀ DELL’INTEGRAZIONE DEGLIIMMIGRATI QUALIFICATI 1

Capitolo PrimoQuadro istituzionale 3

Capitolo SecondoDescrizione delle attività svolte 71. Ricerca e messa a punto dello SMIAM 7

1.1. La baseline survey sugli immigrati qualificati 71.2. La prima versione del modello 101.3. La validazione del modello: consultazione degli esperti 101.4. La validazione del modello: sperimentazione 121.5. La revisione del modello e la redazione delle linee-guida 13

2. Networking 133. Comunicazione pubblica 14

Capitolo TerzoLo SMIAM: funzioni, vantaggi e limiti 17

PARTE SECONDAI FONDAMENTI TEORICI DEL MODELLO 23

Capitolo QuartoOpzioni e definizioni 251. La definizione operativa di immigrati qualificati 252. La definizione di "integrazione sapiente" 273. La centralità dell’inserimento lavorativo 304. L’approccio multidimensionale e biografico 31

4.1. L’approccio multidimensionale 314.2. L’approccio biografico 324.3. Il carattere complementare del modello 32

5. Il concetto di qualità dell’integrazione 33

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V

Capitolo QuintoStrutture del modello 351. La tassonomia di fattori 352. Gli indicatori 383. La matrice della qualità dell’integrazione degli

immigrati qualificati 40

PARTE TERZAFATTORI E INDICATORI 45

Capitolo SestoFattore A “Qualità del lavoro” 491. Il fattore e il processo di validazione 492. Il fattore validato e i suoi indicatori 543. Indicazioni operative 55

Capitolo SettimoFattore B “Imprenditorialità di alto profilo” 591. Il fattore e il processo di validazione 592. Il fattore validato e i suoi indicatori 623. Indicazioni operative 63

Capitolo OttavoFattore C “Consumi e reddito” 651. Il fattore e il processo di validazione 652. Il fattore validato e i suoi indicatori 683. Indicazioni operative 69

Capitolo NonoFattore D “Accesso alla formazione di alto livello” 711. Il fattore e il processo di validazione 712. Il fattore validato e i suoi indicatori 743. Indicazioni operative 75

Capitolo DecimoFattore E “Pratica della cultura di origine e della dimensionetrasnazionale” 771. Il fattore e il processo di validazione 772. Il fattore validato e i suoi indicatori 853. Indicazioni operative 87

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Capitolo UndicesimoFattore F “Leadership e responsabilità sociale” 891. Il fattore e il processo di validazione 892. Il fattore validato e i suoi indicatori 933. Indicazioni operative 94

Capitolo DodicesimoFattore G “Stima pubblica” 971. Il fattore e il processo di validazione 972. Il fattore validato e i suoi indicatori 1023. Indicazioni operative 103

Capitolo TredicesimoFattore H “Opinioni degli immigrati qualificati sullasocietà ricevente” 1051. Il fattore e il processo di validazione 1052. Il fattore validato e i suoi indicatori 1093. Indicazioni operative 110

PARTE QUARTAMETODOLOGIA E INDICI 111

Capitolo QuattordicesimoLa metodologia del modello in generale 1131. Ambito territoriale di riferimento 1142. L’unità territoriale minima 1143. Fonti 1154. Strumenti tecnici 1165. Procedura 1166. Punteggio degli indicatori 1177. Calcolo degli indici 1178. Profili 1189. Output 11810. Fasi e tempi 119

Capitolo QuindicesimoLa scelta delle UTM e i focus group 1211. La scelta delle Unità Territoriali Minime 1212. La preparazione 1233. Il funzionamento 132

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Capitolo SedicesimoPunteggio degli indicatori e calcolo degli indici 137

Capitolo DiciassettesimoLa comparazione e i suoi limiti 145

IL MODELLO SMIAM IN SINTESI 153

Bibliografia 159

ALLEGATO 1Nota per la costituzione del Core Group dello Skilled MigrationsEuropean research and policy Network (SMEN) 171

ALLEGATO 2Piattaforma osservativa sulle condizioni degli immigratiqualificati 185

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PARTE PRIMAVERSO UN MODELLO PER LAVALUTAZIONE DI QUALITÀDELL’INTEGRAZIONE DEGLIIMMIGRATI QUALIFICATI

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Capitolo PrimoQuadro istituzionale

Queste linee-guida riguardano un modello per la valutazionedell’integrazione degli immigrati qualificati nei paesi europei. Talemodello rappresenta il risultato principale del progetto SMIAM (SkilledMigrants Integration Assessment Model), realizzato da Laboratorio diScienze della Cittadinanza (LSC) in partnership con il Verwey-JonkersInstitute e l’Higher Institute for Labour Studies dell’Università di Lovanio,con un finanziamento dalla Commissione Europea – DG Giustizia, libertà esicurezza, nell’ambito del programma INTI (JAI/2003/INTI/078). Oltre aquello di elaborare e diffondere il modello, che ne rappresenta la finalitàprincipale, il progetto ha avuto come obiettivi anche quello di contribuireall’aumento delle conoscenze relative al fenomeno dell’immigrazionequalificata in Europa e di sostenere il dibattito politico e scientificosull’integrazione nei paesi di accoglienza di questa importante componentedell’immigrazione.

Per la realizzazione del progetto, Laboratorio ha formato unpartenariato con altri due enti di ricerca, vale a dire l’Higher Institute forLabour Studies – Catholic University of Leuven (BE) e il Verwey-JonkerInstitute – Utrecht (NL). Si tratta di due istituti impegnati da numerosianni nello studio dei processi migratori e di integrazione degli immigratinei paesi di accoglienza, nonché nello studio e nell’analisi delle politichenazionali e locali mirate all’accoglienza e all’inserimento degli stranieri.

Le attività sono state quindi realizzate da una équipe centrale compostada consulenti esperti in attività di ricerca e comunicazione pubblica ediretta da Alessandra Cancedda e Federico Marta, sociologi, sotto lasupervisione di Fabio Feudo, in qualità di direttore esecutivo di LSC. Allaformulazione della tassonomia dei fattori proposti per valutare la qualitàdell’integrazione degli immigrati qualificati (vedi capitolo quinto) hannocontribuito Giancarlo Quaranta, sociologo, senior consultant, e MarcoMontefalcone, sociologo. All’équipe centrale si sono affiancate le équipecostituite dagli istituti partner, sotto il coordinamento, rispettivamente, di

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Johan Wets (Università di Lovanio) e Nasrin Tabibian (Verwey JonkerInstitute).

Il progetto si inserisce nel contesto del pluriennale impegno di LSC perfavorire un più stretto rapporto tra ricerca sociale e policy planning,mettendo a disposizione del decision-making il contributo della sociologia edi una rinnovata scienza della politica, intesa come “scienza dellacittadinanza". Il punto di partenza di questo, così come degli altri progettipromossi da LSC, è che la conoscenza della realtà e l’individuazione deifenomeni fondamentali che attraversano le società contemporanee sono ilpresupposto essenziale per una buona riuscita delle politiche pubbliche.

Tale esigenza si manifesta anche oggi nel dibattito in corso al livelloeuropeo circa la necessità di definire e mettere in opera politiche perl’effettiva integrazione dei cittadini immigrati da paesi terzi nell’Unione. Èormai dato per acquisito 1 che il successo delle politiche migratorie dipendein buona parte dalla capacità degli stati membri di integrare efficacementegli immigrati. Sono troppe infatti le possibili ricadute negative dellamancata integrazione sulla coesione sociale e sui sistemi di welfare –dall'aggravarsi dei fenomeni di esclusione sociale, fino al diffondersi diinsostenibili forme di discriminazione, razzismo e xenofobia.

I diversi Stati Membri dell’Unione Europea sono caratterizzati da storie,esperienze e tradizioni differenti per quanto riguarda l'approccioall'inserimento degli immigrati. In parte, tali differenze nazionali sonodestinate a persistere (ad esempio, in relazione alla scelta del livello diobbligatorietà da attribuire ai programmi ufficiali di integrazione). E'comunque possibile rilevare tra gli Stati anche crescenti forme diconvergenza2. Si va via via diffondendo, ad esempio, la consapevolezzache l'integrazione è un processo bidirezionale, che riguarda sia gliimmigrati che le società ospiti. È altresì ormai accertata la naturamultidimensionale dell'integrazione, che mette in gioco una pluralità diaspetti giuridici, politici, economici, sociali e culturali. Da questamultidimensionalità deriva necessariamente una molteplicità di attori e dilivelli di governo coinvolti nelle politiche di integrazione, che richiedono lamessa in atto di sofisticate forme di governance.

Numerosi passi sono stati fatti al livello delle istituzioni europee perpromuovere il coordinamento delle politiche nazionali di integrazione e le

1 Commission of the European Communities, 2003 e 20042 Entzinger, Biezeveld, 2003

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iniziative della UE in questo campo. Si possono menzionare, a questoproposito, la pubblicazione di un Handbook on Integration for policy-makers and practitioners, l’adozione dello Hague Programme da parte delConsiglio Europeo del 4-5 novembre 2004 e la successiva adozione da partedel Consiglio Giustizia e Affari Interni di Common Basic Principles perdefinire un quadro europeo coerente sull’integrazione dei cittadini di paesiterzi, fino alla più recente Comunicazione della Commissione intitolata “ACommon Agenda for the Integration of Third-Country Nationals in theEuropean Union”3. Tra le raccomandazioni formulate da quest’ultima vene sono alcune che pertengono alla questione degli immigrati qualificati;ad esempio, a proposito dell’inserimento lavorativo, “Exploring additionalways of recognising newcomers’ qualfications, training and/orprofessiona, experience, building upon exiSting laws”, oppure, a propositodei programmi di introduzione alla lingua, storia e istituzioni dei paesiriceventi, “Offering courses at several levels taking into account differenteducational background and previous knowledge of the country”. Sicomincia dunque a considerare la necessità di distinguere all’interno delflusso migratorio le esigenze specifiche della componente qualificata.

Laboratorio di Scienze della Cittadinanza si è inserito in questo contesto,a partire dalla sua peculiare esperienza di ricerca, che riguarda appunto gliimmigrati altamente qualificati e portatori di elevato capitale cognitivo eintellettuale. Attraverso una serie di ricerche - tra cui si segnala, inparticolare, quella sugli immigrati qualificati nella Regione Toscana4 –Laboratorio di Scienze della Cittadinanza ha posto all'attenzione dei policymakers locali e nazionali temi quali quello della dequalificazione degliimmigrati che non trovano una collocazione lavorativa adeguata alleproprie competenze, o quella del ruolo degli immigrati qualificati nellacreazione di “ponti” tra paesi e tra culture.

È proprio dalla volontà di approfondire questi temi, riportandoli nelladimensione europea e traducendoli, se possibile, in strumenti utilizzabilinelle politiche pubbliche, che è sorta l'idea di avviare il percorso che haportato alla messa a punto di questo modello e delle relative linee guida.

Tale percorso, durato diciassette mesi, si è snodato attraverso uncomplesso di attività, che vengono meglio descritte nel capitolo successivoe che hanno compreso: la lettura e l’analisi di ricerche e documenti; lasomministrazione di questionari a informatori qualificati, sia di

3 Commission of the European Communities, COM(2005) 389 final.4 Montefalcone, 2002.

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provenienza governativa che non, di otto paesi europei con caratteristichediverse dal punto di vista della tipologia e del grado di novità delfenomeno dell’immigrazione (Italia, Belgio, Olanda, Spagna, Francia,Regno Unito, Ungheria, Polonia); l’analisi delle informazioni così raccolte ela redazione di una prima versione del modello; la sua validazioneattraverso, da una parte, la raccolta di commenti e osservazioni da 30esperti e, dall’altra, la sua sperimentazione pratica in quattro municipalitàeuropee; la revisione del modello e la redazione della presente versione,che è oggetto di discussione nell’ambito di un seminario internazionale aBruxelles (5 ottobre 2005).

Occorre sottolineare che questo processo, oltre a consentire la messa apunto del modello, ha permesso di costituire lo SMEN (SkilledMigrations European Research and Policy Network), una rete diricercatori e operatori europei interessati ad inserire nell’agenda dellepolitiche pubbliche il tema delle migrazioni qualificate. Lo SMENrappresenta, per così dire, la sostanza viva dell’istanza di conoscenzacontenuta nello SMIAM, che, si auspica, ne curerà l’applicazione ediffusione nei prossimi anni.

Il presente testo di linee-guida, redatto da Alessandra Cancedda, siarticola in quattro parti, compresa la presente a carattere introduttivo.

Nella seconda parte vengono descritti i principali aspetti teorici sottesialla costruzione del modello. Nella terza parte si illustra la tassonomia difattori di integrazione con i relativi indicatori a partire dal processo divalidazione del modello. Nella quarta parte, si affrontano gli aspettimetodologici dell’applicazione del modello.

Infine, si presenta una sintesi del modello nella sua interezza e sitraggono alcune conclusioni riguardo alle condizioni e alle prospettivedella sua utilizzazione.

Il documento si completa con la bibliografia dei testi consultati e di dueallegati contenenti un documento strategico prodotto dallo SMEN (SkilledMigrants European research and policy Network) (all. 1) e la Piattaformaosservativa sulle condizioni degli immigrati qualificati (all. 2).

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Capitolo SecondoDescrizione delle attività svolte

1. Ricerca e messa a punto dello SMIAM

Il percorso di ricerca che ha portato alla definizione del modello si èarticolato in una serie di passi successivi.

1.1. La baseline survey sugli immigrati qualificati

È stato innanzitutto realizzato uno studio sulla situazione degliimmigrati qualificati in otto paesi europei (Italia, Belgio, Olanda, Francia,Regno Unito, Spagna, Polonia, Ungheria).

Tale studio si è basato, da una parte, sull’analisi di documenti; dall’altra,sulla somministrazione di questionari di intervista a informatori qualificatidi livello nazionale.

La documentazione analizzata ha compreso:

— documenti di politica pubblica (soltanto quelli contenentiinformazioni sulla situazione attuale);

— dossier statistici e rapporti e rassegne di studi;

— ricerche empiriche effettuate dagli enti partner;

— altri studi a carattere nazionale, locale e transnazionale.

Circa un terzo dei documenti analizzati si riferisce a una dimensionetransnazionale (in genere europea), mentre due terzi analizzano situazioninazionali o locali.

In tutto, la documentazione analizzata consta di circa diecimila pagine.

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L’analisi della documentazione è stata condotta, per quanto riguarda itesti a carattere nazionale, mediante un’apposita griglia di lettura volta arilevare, per ciascun paese, i principali fenomeni che caratterizzanol’integrazione degli immigrati qualificati, al fine di raccogliere un massimodi informazioni e conoscenze circa un fenomeno in linea di massima pocotrattato da studi specifici.

In Olanda, è stato anche analizzato un set di dati prodotto nell’ambito diuna delle poche indagini statistiche a carattere nazionale condotte inEuropa che studiano approfonditamente l’inserimento socioeconomicodegli immigrati, la SPVA (Sociale positie en voorzieningengebruikallochtonen). Negli altri paesi, non è stato possibile trovare una fontealtrettanto pertinente (e comunque il progetto prevedeva la solaconsultazione di fonti di secondo grado).

Il quadro è stato completato successivamente da un’analisi delleinformazioni e dei dati esistenti al livello europeo e transnazionale,anch’essi piuttosto limitati rispetto allo specifico target di riferimento delprogetto, nonché da un esame dei principali modelli di valutazionedell’integrazione messi a punto in Europa.

La somministrazione di questionari semi-strutturati per l’intervista inprofondità a informatori qualificati di livello nazionale è stata l’altra fontedello studio. In particolare, sono stati intervistati: 10 funzionari di governinazionali; 9 operatori di organizzazioni non governative; 3 soggetti di altrotipo (giornalisti, esperti).

Come previsto dal progetto, alcuni informatori qualificati sono statiintervistati di persona, altri inviando loro il questionario per postaelettronica. La lista degli intervistati e la modalità di intervista sonoriportati nella tabella che segue.

N° Paese Organizzazione Persone Tipo Modalità(in presenza oEmail)

1. BE Ministero dellaComunità Fiamminga

Membri dello Staffdel DipartimentoIntegrazione

Gov In presenza

2. BE Ministero dellaComunità Fiamminga

Membri dello Staffdel DipartimentoIntegrazione

Gov In presenza

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3. BE Consiglio Fiammingodei Rifugiati

Membri dello Staffdel DipartimentoIntegrazione

ONG In presenza

4. SP Ministero del Lavoroe degli Affari Sociali

Javier Bernaldez, Capodel Servizio Osserva-torio Immigrazioni eRifugiati

Gov Email

5. SP CEPAIM (Consorciode Entidades para laAcción Integral conMigrantes).

Juan Antonio Segura,Coordinatore

ONG Email

6. FR FASILD Laurence Mayeur,Direzione degli Studi eDocumentazione

Gov Email

7. UN Ufficio Immigrazionee Nazionalità, Min.dell’Interno (OIN)

Bencsik Zita, Ufficiodella Cooperazionedella UE

Gov Email

8. IT CIES Alvaro Sanchez, projectmanager

ONG In presenza

9. IT Commissione per ilavoratori immigratifilippini

Charito Basa, leader divarie organizzazioni diimmigrati

ONG In presenza

10. IT CGIL Deborah Leiva,funzionario

ONG In presenza

11. IT Ministero dell’Interno Assunta Rosa,Carmelita Ammendola,funzionari

Gov In presenza

12. IT Ministero del Welfare Giulia Henry, SaraMonterisi, fuzionari

Gov In presenza

13. IT RAI (TV) Jean Leonard Touadi,autore

Altro In presenza

14. IT UCSEI (UfficioCentrale StudentiEsteri in Italia)

Rosetta Pellegrini,project manager

ONG In presenza

15. OL Istituto per leMigrazioni e gli StudiEtnici, Università diAmsterdam

Anja Van Heelsum,ricercatore

Altro Email

16. OL Ministero dellaGiustizia, Diparti-mento Politiche perl’Integrazione delleMinoranze

Thomas Hessels, SeniorAdvisor per le politiche

Gov In presenza

17. OL ERCOMER,Università Erasmus

Han Entzinger,ricercatore

Altro In presenza

18. OL Città di Lelystad Peter Reinsch, Capo delDipartimento Ricerca

Gov In presenza

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19. PL Associazio perl’integrazione e latutela degli stranieri‘Proxenia’

Adam Bernatowicz,Presidente

ONG Email

20. PL Centro per i DirittiUmani dellaJagiellonianUniversity (JUHRC)

Jadwiga Maczynska,ricercatore

ONG Email

21. PL Ministero dellePolitiche Sociali,DipartimentoAssistenza Sociale eIntegrazione

Magdalena Muras,funzionario

Gov Email

22. RU ForumImprenditorialità

Patrick Wintour,Direttore

ONG Email

Sulla base dell’analisi della letteratura e della documentazione, nonchédelle interviste agli informatori di livello nazionale, si sono identificati ifenomeni specifici che riguardano gli immigrati qualificati negli otto paesioggetto di indagine, una sorta di “piattaforma osservativa” che vieneriportata in appendice al presente testo e che, oltre a essere servita da baseempirica per lo SMIAM, rappresenta in sé un contributo alla conoscenzadel fenomeno.

1.2. La prima versione del modello

Sulla base della piattaforma osservativa, dell’esame di precedentiricerche svolte da LSC e da altri enti e di ulteriori informazioni provenientidall’attività di networking e di comunicazione pubblica (vedi dopo), si èpervenuti alla definizione di una prima versione provvisoria del modello.Quest’ultima è stata illustrata in un documento di lavoro che ne hadescritto a grandi linee il processo di costruzione, i fondamenti teorici edempirici, le principali opzioni definitorie, le strutture proposte per lavalutazione e un’ipotesi di metodo di applicazione.

1.3. La validazione del modello: consultazione degli esperti

Il documento di lavoro sullo SMIAM è stato inviato, al fine di riceverecommenti e osservazioni, a circa 100 esperti, prevalentemente ricercatori e,in minima parte, funzionari e operatori di enti attivi nel campo dellemigrazioni internazionali. L’obiettivo, raggiunto, era quello di raccogliere

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il parere di 30 soggetti. Gli esperti che hanno fornito il loro feed-back sonoelencati qui di seguito.

Esperti che hanno dato il loro pareresulla prima versione del modello

1. J. Apap, Policy Unit, Dg Politiche Interne, Parlamento (Belgio – Parlamentoeuropeo)

2. S. Gsir, Università di Liegi (Belgio)

3. D. Jacobs, Istituto di Sociologia, Universita Libera di Bruxelles (Belgio)

4. T. Timmermans, Fondazione Re Baldovino, Bruxelles (Belgio)

5. A. Alfonsi, consulente di Laboratorio di Scienze della Cittadinanza, Roma(Italia)

6. C. Brandi, Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, CNR,Roma (Italia)

7. V. Cesareo, Centro Studi Terzo Mondo, Milano (Italia)

8. C. Colonnello, Centro di Cooperazione Familiare, Roma (Italia)

9. F. Cristaldi, Dipartimento di Geografia, Facoltà di lettere, Università di RomaLa Sapienza (Italia)

10. G. Lonardi, Confcooperative, Brescia (Italia)

11. M. Montefalcone, Laboratorio di Scienze della Cittadinanza, Roma (Italia)

12. G. Quinti, CERFE, Roma (Italia)

13. E. Todisco, Facoltà di Economia, Università La Sapienza di Roma (Italia)

14. M. Tognetti Bordogna, Università Bicocca di Milano (Italia)

15. M. Baldwin Edwards, Direttore dell’Osservatorio Mediterraneo sullemigrazioni presso l’Università Panteion, Atene (Regno Unito – Studi sullaGrecia e il Sud Europa)

16. L. Borissova, Istituto Europeo della Pubblica Ammnistrazione, Lussemburgo(Bulgaria-Europa)

17. N. Sorensen, Istituto Danese di Studi Internazionali, Copenhagen(Danimarca)

18. C. Bruff, Trinity College Dublin (Irlanda)

19. F. Duevell, Cemtro per gli Studi Europei Jean Monnet (Germania – studi nelRegno Unito)

20. R. Muenz, Istituto di Economia Internazionale di Amburgo (Germania)

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21. P. Reinsch, Dipartimento Studi del Comune di Lelystad (Olanda)22. N. Tabibian, Istituto Verwey-Jonker, Utrecht (Olanda )

23. Van Heelsum, Istituto per le Migrazioni e gli Studi Etnici, Università diAmsterdam (Olanda)

24. K. Golemo, ricercatrice e collaboratrice dell’Istituto Italiano di Cultura,Varsavia (Polonia)

25. G. Pinyol, Programma Migrazioni – Fondazione CIDOB, Barcellona (Spagna)

26. R. Zapata-Barrero, Gruppo di Ricerca Migrazioni e Innovazione Politica,Università Pompeu Fabra, Barcellona (Spagna)

27. P. Wicramasekara, Programma Migrazioni Internazionali, OrganizzazioneInternazionale del Lavoro, Ginevra (Svizzera)

28. J. Zitnik, Istituto di Studi Sloveni sulle Migrazioni, Accademia Slovena diScienze e Arti, Ljubljiana (Slovenia)

29. B. Lindsay-Lowell, Istituto di Studi sulle Migrazioni Internazionali,Università di Georgetown, Washington (USA)

30. M. Regets, Fondazione Nazionale delle Scienze, Arlington (USA)

L’analisi dei pareri ricevuti ha portato alla registrazione di 172commenti e osservazioni di diverso tipo: valutazioni, osservazionisistemiche sull’impianto complessivo del modello, osservazioni puntualisu singoli aspetti o parti di testo.

1.4. La validazione del modello: sperimentazione

Contemporaneamente alla raccolta dei pareri degli esperti, è statocondotto un test di applicazione del modello in quattro municipalità deipaesi degli enti partner (Roma e Viterbo – Italia; Lovanio – Belgio;Eindhoven – Olanda). Le municipalità sono state scelte in modo da avereun ventaglio di situazioni diverse, quanto ad ampiezza demografica,caratteristiche socioeconomiche e tipologie di immigrazione prevalenti, maanche in base a criteri di praticabilità logistica e istituzionale del test.

In ciascuna municipalità, sono stati realizzati a cura dell’équipe diricerca:

— i contatti preliminari e la raccolta e analisi dei documenti e dellestatistiche disponibili, sulla base di una griglia;

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— un focus group con informatori – chiave (immigrati e altri operatori),secondo la metodologia proposta nello SMIAM (vedi parte terza).

In tutto, hanno partecipato ai focus group 33 persone chiave.

I focus group hanno consentito, sia la raccolta di informazioni sullasituazione degli immigrati qualificati nelle municipalità prese inconsiderazione, sia di verificare la praticabilità ed efficacia dellametodologia prescelta e, in particolare, la validità degli indicatori contenutinello strumento tecnico principale utilizzato per la rilevazione, una grigliaper la discussione (cfr anche parte prima, capitolo terzo, e parte quarta,capitolo quindicesimo).

1.5. La revisione del modello e la redazione delle linee-guida

Sulla base dei risultati della procedura di validazione attivata, da unaparte con la consultazione degli esperti e, dall’altra, con lasperimentazione, è stato redatto il presente testo di linee-guida, cheintroduce diverse modifiche rispetto alla prima versione del modello e chesarà al centro della discussione nel seminario internazionale che si terrà aBruxelles il 5 ottobre 2005. In seguito a tale iniziativa, la versione definitivadelle linee guida sarà oggetto di ampia diffusione in tutta Europa.

2. Networking

In parallelo con le attività di ricerca, si è sviluppata un’altra importantecomponente del progetto, costituita dalle attività di networking funzionalialla costituzione dello Skilled Migrations European Research and PolicyNetwork (SMEN).

Tale network, composto sia da ricercatori che da operatori e funzionariaddetti alle politiche pubbliche, ha come finalità quella di promuovere laconoscenza, l'informazione, la comunicazione e il dibattito sul fenomenodell'immigrazione qualificata, restituendo ad esso tutto il suo spessoreumano, economico e sociale e contrastando la tendenza a dissolverloall'interno di una visione indifferenziata e semplicistica dei flussi migratorie del processo di integrazione. Il network intende contribuire all’affermarsidi una politica di integrazione intelligente e "sapiente" quanto lo sono i

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suoi destinatari; ma "sapiente" anche perché sorretta da solide basiconoscitive.

Le attività per la costituzione dello SMEN hanno compreso:

a. la predisposizione di un documento di base del network, che è statopubblicato sul sito web del progetto;

b. l’invio di una call for participation, in modo più personalizzato, a uninsieme di circa 140 ricercatori ed esperti del settore e, in modo piùgenerico, a una mailing list di circa 1200 soggetti;

c. la raccolta e registrazione delle adesioni (sia quelle pervenutetramite il modulo pubblicato sul sito web, sia quelle raccolte perposta elettronica).

Al 30 giugno 2005, risultavano pervenute allo SMEN 48 adesioni daricercatori e operatori di 15 differenti paesi europei.

Alcuni di essi, che si sono mostrati interessati a partecipare in modo piùattivo alle attività dello SMEN, sono stati invitati a fare parte del CoreGroup del Network. Il seminario di costituzione del Core Group è statofissato per il 5 ottobre 2005, a Bruxelles ed è stato preparato dalladiffusione di un documento strategico del network (vedi allegato).

3. Comunicazione pubblica

Infine, la redazione delle linee-guida non sarebbe stata possibile, e ilprogetto non avrebbe potuto conseguire i suoi obiettivi, senza l’ausilio diuna nutrita serie di attività di comunicazione pubblica.

Sito web

Innanzitutto, uno strumento fondamentale è stato rappresentato dal sitoweb (www.smiam.org), sul quale sono state riportate le informazioni dibase sul progetto e sui partner, notizie su eventi interni ed esterni; unasezione “osservatorio” con link a documenti rilevanti (in collegamento conla newsletter); una sezione dedicata alla call for participation per lo SMEN;e infine una sezione dedicata a una e-conference.

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E-conference

La e-conference sulle migrazioni qualificate e le politiche diintegrazione, entrata nel vivo a partire dal mese di aprile 2005, ha visto lapartecipazione di ricercatori e immigrati qualificati residenti in diversipaesi europei. Oltre a rispondere all’obiettivo di stimolare il dibattitosull’immigrazione qualificata, essa ha rappresentato un ulteriorestrumento di raccolta di informazioni e di verifica circa i fattori di ostacoloe di facilitazione all’integrazione degli immigrati qualificati presi inconsiderazione dallo SMIAM.

La e-conference è stata pubblicizzata, attraverso ripetuti annunciattraverso e-mail inviati all’indirizzario della newsletter “SMIAM News”(vedi dopo) e ad altre mailing list di settore (Forced Migration, EuropeanSociologist, EastEuropeanMigration), nonché mediante banner riportati sututte le comunicazioni dell’équipe del progetto ed inviti mirati a singoliesperti.

Newsletter “SMIAM News”

In stretto collegamento con il sito, nel corso del progetto è stata prodottae diffusa una newsletter elettronica (quattro numeri), dal titolo “SMIAMNews”, articolata in cinque sezioni: Il Progetto, News, Osservatorio, Link,Networking. La newsletter riporta, non solo notizie relative al progetto, maanche informazioni su altre iniziative ed eventi in corso, nonché link apaper e documenti sulle tematiche di interesse del progetto.

Seminario internazionale

Come già accennato, è infine previsto che si svolga, al termine delprogetto (5 ottobre 2005), un seminario internazionale di costituzione delCore Group dello SMEN. Tale seminario sarà una occasione, tra le altrecose, di presentazione e discussione del modello SMIAM e in particolaredelle presenti linee-guida, da parte di un gruppo selezionato di esperti ericercatori di diversi paesi europei. Per la convocazione dei partecipantisono stati predisposti un invito e una nota di presentazione del seminario.

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Capitolo TerzoLo SMIAM: funzioni, vantaggie limiti

Vi erano teoricamente tanti modi, ugualmente legittimi, per trattare iltema degli immigrati qualificati e, con l’attuale carenza di conoscenze circaquesta componente dei flussi migratori, a un ente di ricerca comeLaboratorio di Scienze della Cittadinanza e ai suoi partner si aprivanodiverse possibili strade, anche alternative rispetto a quella seguita: adesempio, quella di condurre un’indagine a campione, o quella di realizzareuna raccolta di buone prassi.

Perché, dunque, proporre un modello di valutazione e porsi l’obiettivo,forse ambizioso, della misurazione, non solo di un fenomeno impalpabilecome l’integrazione, ma anche riguardo a un target così specifico, il tuttomentre nella maggior parte degli stati europei si comincia a malapena adaffrontare il tema dell’integrazione degli immigrati in generale?

La risposta a tale questione va ricercata, innanzitutto, nel desiderio delLaboratorio di contribuire a rispondere alla crescente domanda, di cui si facarico da alcuni anni anche il programma INTI, di metodi di valutazionedello stato di avanzamento dei processi di integrazione che consentano,oltre che un apprezzamento dei risultati delle politiche, anche unbenchmarking tra le diverse realtà nazionali e locali5, pur nel rispetto dellespecificità e della storia di ciascun paese. Molti ostacoli si frappongonoancora alla realizzazione di tale valutazione comparativa, tra cui la scarsaconfrontabilità delle informazioni statistiche raccolte nei vari paesi. Ècomunque da registrare positivamente la nascita di progetti e programmiche si pongono esplicitamente il problema della comparabilità dei dati6 o

5 Ibidem6 “Comparing National Data Sources in the Field of Migration and Integration“,www.compstat.org

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quello della definizione di modelli di valutazione dell'inclusione socialedei migranti7.

In secondo luogo, si è avvertito che, pur in presenza dei summenzionatiprogrammi, mancasse un’iniziativa specificamente dedicataall’immigrazione qualificata. Vi è infatti la tendenza a dissolverequest’ultima all'interno di una visione indifferenziata e semplicistica deiflussi migratori, oppure a trattarla come un fenomeno altamente specifico esettoriale (ad esempio, in termini di mobilità degli scienziati), senzavederne le connessioni con la più generale problematica dell’integrazionedelle e nelle società europee.

In terzo luogo, un ulteriore motivo della scelta risiede nell’opportunitàdi introdurre anche in questo campo l’uso, che si sta ormai diffondendonelle politiche sociali e di sviluppo, di mettere a punto modelli volti amisurare con metodi "rapidi" la presenza di fenomeni sociali sulterritorio in condizioni di scarsa disponibilità di fonti statistiche (come èquasi sempre nel caso di aree territoriali locali di piccole dimensioni) e discarsa praticabilità logistica o finanziaria di indagini a campione8.

Si è dunque scelto di definire un modello di valutazione fondato su uninsieme di fattori (con i relativi indicatori), ordinati in una tassonomia. Unmodello che si fonda, in parte, sulla pluriennale esperienza in materiadell’ente proponente, ma, al tempo stesso, è anche il risultato di un’attivitàdi ricerca specifica, condotta su studi, rapporti e documenti prodotti inpaesi differenti e al livello europeo, e sulla base di interviste a informatoriqualificati, nonché di un processo di validazione tramite la consultazionedi esperti e la sperimentazione.

Lo SMIAM propone infatti la valutazione della qualitàdell’integrazione degli immigrati qualificati secondo un approcciomultidimensionale e biografico, cioè centrato sull’esperienza soggettivadegli individui. Evitando di produrre una definizione olistica ed ideologicadi integrazione, esso utilizza per avvicinarsi a questo fenomeno, di per sésfuggente, una tassonomia comprendente otto fattori, ognuno dei qualimisurato da un certo numero di indicatori: la qualità del lavoro,l’imprenditorialità, i consumi culturali, l’accesso alla formazione di altolivello, l’esercizio della leadership e della responsabilità sociale, la praticadella cultura d’origine e della dimensione transnazionale, la stima 7 The British Council, MPG, The Foreign Policy 2004,8 Ad esempio, per la misurazione della povertà e dell’esclusione sociale, cfr. Quaranta,Quinti, 2005; Mastropietro, 2001.

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pubblica, le opinioni degli immigrati sul paese ricevente. I fattori inquestione corrispondono ad altrettanti processi rilevanti, che possonoessere osservati con maggiore agio rispetto a un ipotetico esito “finale” diintegrazione, sempre difficile da definire e accertare. In ogni caso, i fattorisi rilevano al livello territoriale, e il modello non è in grado di predirequale sarà il comportamento dei singoli immigrati qualificati.

Vi sono peraltro alcuni equivoci da cui sgomberare il campo circa iltermine “modello” nell’accezione utilizzata per lo SMIAM.

Quello qui presentato non è un modello di integrazione, nel senso di uninsieme di prescrizioni circa il modo in cui quest’ultima dovrebbeavvenire, idealmente.

Non si tratta neanche di un modello descrittivo a carattere sistematico,in quanto, come si spiegherà meglio nella parte seconda, non si pretende diesaurire l’insieme dell’esperienza umana degli immigrati qualificati ol’ampio ventaglio di politiche toccate dalla problematica dell’integrazione,ma di toccare alcuni nodi specifici della condizione di chi si trova a rischiodi vedere il proprio capitale cognitivo ed umano sottovalutato o sprecato.

Ancora di meno rappresenta un modello statistico governato darelazioni tra variabili di tipo causale. Né costituisce, ovviamente, l’unicomodello del suo genere possibile – dato il tasso di convenzionalità che,comunque, permane in esso nonostante l’attenzione che si è cercato diprestare alle procedure di definizione e validazione dei suoi elementi. Nonsi ritiene, inoltre, che lo SMIAM esaurisca la gamma dei fenomeni connessicon l’integrazione degli immigrati qualificati, dato che ne affronta soltantoalcuni più specifici di questo gruppo, assumendo così il carattere dipotenziale complemento di altri sistemi di indicatori di integrazione.

Ciò che viene proposto in questo documento è piuttosto uno schema, uninsieme di indicazioni, a carattere orientativo, circa l’opportunità diosservare determinati fenomeni che finora sono per lo più sfuggiti aipolicy makers, collocandoli in un quadro di insieme dotato di senso.

Si può parlare, ancor più, di uno strumento a disposizione di chi lepolitiche di integrazione le deve promuovere e realizzare – ma anche dichi, pur non essendo esplicitamente deputato ad esse, si trova comunque afare i conti con la realtà dell’immigrazione qualificata in contesti qualiquello delle politiche territoriali di coesione e sviluppo, delle politiche dipromozione dell’occupazione e dell’imprenditorialità, della gestione

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dell’ordine pubblico, della promozione della cultura, dell’organizzazionedelle istituzioni scolastiche e formative, dell’attribuzione e attuazione deidiritti di cittadinanza, e così via. Tutti ambiti, questi, nei quali la presenzadegli immigrati qualificati rischia di non essere percepita, se non siutilizzano strumenti appropriati.

Lo SMIAM è dunque concepito immaginando che il suo “utente-tipo”sia un amministratore di livello regionale o provinciale, un dirigente dellapubblica amministrazione o un politico che ha a disposizione una quantitàlimitata di risorse e che ha interesse a un monitoraggio nel tempo e nellospazio del livello di integrazione degli immigrati qualificati, al fine diprogrammare e mettere a punto interventi specifici per innalzarne laqualità. E ha, inoltre, bisogno di coinvolgere direttamente i vari attori epunti di vista presenti nel territorio riguardo alla problematicadell’integrazione.

A fronte di tali esigenze, il valore aggiunto del modello non è datosoltanto o principalmente dall’insieme degli assunti teorici, dei fattori edegli indicatori, che hanno tutti un carattere convenzionale e sono quindisuscettibili di perfezionamento e adattamento, ma anche e soprattutto dalmodo in cui lo si applica alla realtà, dunque dalla metodologia propostaper raccogliere le informazioni.

Da questo punto di vista, lo SMIAM prefigura un metodo di rilevazioneche mobilita e valorizza i “brandelli” di conoscenza già posseduti, adiverso titolo, dalle persone le quali, per il ruolo che svolgono in ambitoprofessionale (ad esempio, funzionari di servizi per l’impiego, di servizi diorientamento delle istituzioni di alta formazione o di servizi socialimunicipali) o in altri ambiti (ad esempio, leader di associazioni diimmigrati, ma anche di organizzazioni sindacali o di datori di lavoro), oanche in virtù della loro esperienza personale di immigrati qualificati, sonoin grado di fornire informazioni preziose sul fenomeno oggetto di studio.

Il focus group, che è al centro del metodo proposto per la rilevazionedei vari indicatori, è un focus group sui generis o per lo meno concaratteristiche molto precise, date dal suo essere impiegato nel contesto diun approccio chiamato CCMI (Consultazione Coordinata MultilateraleInterattiva) (cfr. parte terza). Insieme al più alto livello di strutturazionerispetto ai focus group normali e all’uso di procedure e strumenti tecnicistandard, la più importante tra tali caratteristiche è l’interazione tra puntidi vista diversi, ciascuno portatore di un pezzo di “verità” su questofenomeno apparentemente così difficile da isolare e descrivere. Riunire le

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persone-chiave, nel senso che rappresentano la chiave di accesso adaltrettanti pool di informazione, e farle interagire tra di loro, diventa quindifondamentale9. Attraverso l’interazione si possono correggere valutazionie prospettive parziali, si possono sommare aneddoti ed esperienzeepisodiche, si possono specificare differenze legate alle diverse nazionalità,generi, fasce di età, per evitare facili generalizzazioni. Una survey, perquanto estesa, non riuscirebbe a produrre questa sintesi. E comunque,fosse anche lo strumento migliore, una survey tende ad avere costi tali danon potere essere utilizzata in modo periodico e frequente, tranne che nelcaso di grandi indagini nazionali (che, però, sul tema del presenteprogetto, non si riscontrano con facilità nei paesi europei, fatte salve alcuneinformazioni di base a carattere demografico o sul lavoro. In questoquadro, quella che apparentemente sarebbe la soluzione ottimale, deveessere giocoforza sostituita da una soluzione soddisfacente. Ne sonosempre più consapevoli gli studiosi e gli enti che, in tutto il mondo, stannodando crescente importanza ai metodi qualitativi, in particolare a quelliche si fondano sulla partecipazione attiva degli attori coinvolti nelfenomeno oggetto di studio.

Ad ogni modo, occorre precisare che le informazioni statistichedisponibili, specie quelle sul lavoro e sulle imprese, per quantoframmentarie, vengono comunque utilizzate, nello SMIAM, quale ausilioalla valutazione condotta dagli informatori-chiave nei focus group. LoSMIAM, in generale, tende a utilizzare al massimo tutte le fonti diinformazione esistenti sul fenomeno oggetto di indagine, favorendo laloro integrazione reciproca e soprattutto un’interpretazione volta a dare adesse un significato.

Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che, nei focus group, i partecipantisi impegnano in una discussione critica sui processi di integrazione chepuò innescare, già di per se stessa, processi di cambiamento – quantunquequesto non sia il fine principale della loro convocazione.

In conclusione, si potrebbe dire che lo SMIAM è un modello e, al tempostesso, una procedura per consultare, mobilitandoli, i soggetti-chiavepresenti in un dato territorio, al fine di ricostruire un quadro il piùpossibile attendibile della situazione circa alcuni aspetti specificidell’integrazione degli immigrati qualificati, in vista dell’individuazionedei punti di forza e di debolezza che caratterizzano tale processo e che

9 Questa interazione è una caratteristica che distingue il CCMI anche dall’uso di gruppi diesperti nell’ambito di metodi di consultazione quali, ad esempio, il metodo Delphi.

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possono essere oggetto di interventi da parte delle politiche pubbliche, nelpiù generale contesto delle politiche di integrazione e non solo in esse. Unaprocedura che tende a produrre informazione soprattutto, se nonesclusivamente, per differenza – del resto l’informazione è sempre unadifferenza10 – attraverso la comparazione tra realtà territoriali e temporalidiverse. Comparazione che, essa stessa, deve essere effettuata tenendopresente un insieme di cautele (su questo si ritornerà nella parte quarta)relative alla necessità che vengano utilizzate medesime procedure diselezione delle persone-chiave, di uso degli strumenti tecnici, dimoderazione del focus group, di analisi e interpretazione dei dati. Unostrumento che, unitamente ad altri, può contribuire a migliorare la gestionenel territorio – in un tempo relativamente limitato e con poche risorse – delfenomeno migratorio che, stanti le attuali tendenze, andrà a incideresempre più profondamente nel tessuto produttivo e sociale delle città edelle regioni europee.

10 Bateson, G., Verso un’ ecologia della mente , Milano, Adelphi, 1976

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PARTE SECONDAI FONDAMENTI TEORICI DELMODELLO

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Capitolo QuartoOpzioni e definizioni

In questo capitolo si presentano i principali elementi relativi aifondamenti teorici del modello. In particolare si illustrano:

1. la definizione operativa di immigrati qualificati;

2. la definizione di "integrazione sapiente";

3. la centralità della questione dell'inserimento lavorativo;

4. l’approccio multidimensionale e biografico;

5. il concetto di qualità dell’integrazione.

1. La definizione operativa di immigratiqualificati

Il modello SMIAM riguarda l'integrazione degli immigrati qualificati,intesi in senso ampio. Non si fa riferimento, cioè, solo a coloro che vengonoesplicitamente invitati da aziende e organizzazioni europee per colmarecarenze di personale qualificato in settori-chiave, come quello delletecnologie dell'informazione e della comunicazione o quello della sanità.Tali persone, così come i partecipanti ai programmi per gli highly-skilledmessi in atto da alcuni paesi, rappresentano infatti solo una piccola partedel fenomeno delle migrazioni qualificate.

Il modello SMIAM riguarda, invece, tutti quegli immigratiche, qualunque sia la ragione del loro arrivo, o il progettomigratorio originario, si trovano nel paese nellaprospettiva (teorica, o anche effettiva) di permanervi peralmeno alcuni anni e sono portatori di conoscenze ecompetenze elevate, anche se magari non immediatamentespendibili, avendo conseguito un titolo di studio pari adalmeno un primo grado di istruzione terziaria (all’estero onel paese di arrivo stesso).

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Occorre precisare inoltre che per immigrati si intende coloro cherisiedono in un paese e non ne possedevano la cittadinanza alla nascita. Gliimmigrati possono pertanto includere anche persone che hanno acquisitola nazionalità durante la loro permanenza.

Si è consapevoli che l’area degli immigrati “qualificati” potrebbe essereestesa, per certi versi, anche a tecnici privi di titolo di studio universitario eche, d’altra parte, l’istruzione universitaria non sempre garantisce ilpossesso di quegli skills che sono richiesti nel mondo del lavoro. Tuttavia,in questa sede si preferisce centrare l’attenzione sui laureati, anche perdare un giusto peso agli investimenti che vengono effettuati nei paesi diorigine nell’istruzione terziaria, e a competenze e saperi non strettamentetecnici, ma ugualmente indispensabili per comprendere le societàcontemporanee e per esercitare in esse forme di leadership, al di là dellaloro spendibilità immediata sul mercato del lavoro.

Da quanto detto finora appare evidente che interessano principalmentegli immigrati di prima, piuttosto che quelli di seconda generazione (o digenerazione “1,5”, come vengono definiti i figli di immigrati natiall'estero). Tale opzione deriva dal fatto che uno dei problemi principaliche colpiscono gli immigrati qualificati, e cioè il mancato raggiungimentodi una posizione lavorativa congrua con le competenze acquisite, tende amanifestarsi in modo più forte per coloro che hanno titoli di studioconseguiti in paesi extra-UE. Inoltre, considerando anche la secondagenerazione, la delimitazione dell'insieme di soggetti da includerediverrebbe ancora più incerta di quanto già non lo sia. Infatti, in alcunipaesi, gli immigrati di seconda generazione tendono ad acquisire lacittadinanza e quindi a scomparire dalla categoria degli immigrati, perentrare in quella più ampia delle minoranze etniche o delle persone diorigine immigrata” mentre in altri, dove vale lo jus sanguinis, si mantiene lostatus di immigrato anche se si è nati nel paese ricevente.

Quelli di cui si occupa il presente modello sono dunque soprattutto"nuovi migranti", come vengono normalmente chiamati, nei paesi con piùlunga tradizione di immigrazione, gli immigrati giunti nei paesi europeinegli anni ottanta e novanta, per distinguerli dai "lavoratori ospiti" o dagliabitanti delle ex-colonie che sono affluiti massicciamente nel vecchiocontinente fino agli anni settanta. In alcuni paesi di recente immigrazione(ad esempio, Spagna e Italia) i nuovi migranti oggetto di attenzionepubblica sono costituiti per lo più da soggetti alla ricerca di un lavoro; inaltri (ad esempio, Regno Unito, Belgio, Olanda) vi è una maggiorerilevanza dei richiedenti asilo e dei rifugiati; in altri ancora (ad esempio,

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Francia) a richiamare l'attenzione sono soprattutto i flussi perriunificazione familiare.

Anche circa i paesi di provenienza è necessaria una precisazione. Gliimmigrati qualificati cui ci si riferisce in questa sede sono soprattutto quellioriginari dell'Africa, dell'America Latina, dell'Asia, dell'Europa dell'Est(compresi i nuovi paesi UE) e di altri paesi considerati in via di sviluppo.Sono questi, infatti, i soggetti a maggiore rischio di esclusione sociale e cheincontrano più difficoltà di inserimento.

Tuttavia, tutte queste delimitazioni del target di riferimento devonoessere considerate a carattere orientativo e non come criteri categorici diesclusione. Il modello, infatti, si propone di valutare, non tanto il livello diintegrazione dei singoli individui immigrati, quanto quello dei processi diintegrazione in atto in un determinato territorio. Molti dei fenomeniregistrati per la categoria di immigrati così come è stata appena definitapotrebbero riguardare anche altre tipologie di immigrati qualificati,seppure forse in misura minore o con minore pregnanza. Inoltre, prenderein considerazione, sia pure in via secondaria, anche le seconde generazionipuò rivelarsi indispensabile per avere un’idea degli sviluppi di lungotermine del processo di integrazione o per un confronto tra “vecchi” e“nuovi” migranti.

2. La definizione di "integrazione sapiente"

Il termine integrazione non gode sempre di buona fama. Esso a volteevoca il conformarsi passivo di una persona rispetto a un gruppo o a unambiente sociale. Nel campo delle politiche migratorie, è stato criticato,quasi quanto quello di assimilazione, nella misura in cui presuppone unosforzo unilaterale, da parte dell’immigrato, per adattarsi alla societàricevente. In alcuni casi si è preferito sostituirlo con altri termini, come adesempio quello di inclusione.

In questa sede si è ritenuto, tutto sommato, di continuare a parlare diintegrazione, per diversi motivi. Innanzitutto per un motivo pratico, e cioèperché al livello delle politiche europee si parla tuttora di integrazione, edè su tali politiche, soprattutto, che si vuole incidere con il presenteprogetto. In secondo luogo, perché in alcune accezioni lo stesso termineintegrazione non prevede una subordinazione di chi si integra ma, alcontrario, il suo inserimento su un piano di pari dignità. Ad esempio, il

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Merriam Webster online Dictionary definisce l’integrazione come:“incorporation as equals into society or an organization of individuals ofdifferent groups (as races)” (http://www.m-w.com/)”. L’integrazione,allora, può essere intesa anche come completamento di ciò che una societàgià possiede con ciò che le manca, con nuovi valori, identità, modelli eculture.

Alla luce di tutto ciò, si potrebbe dire che la buona integrazione è quellache evita due possibili cadute: quella verso una completa assimilazionecon perdita dell'identità originaria, e quella di un inserimento puramentedi superficie con un sostanziale isolamento (voluto o subito) rispetto allacultura della società ricevente. Soltanto mediante una analogia imperfetta,tali opzioni, che riguardano gli individui immigrati, possono esserericollegate alla adozione, al livello degli stati, di modelli di integrazioneispirati, rispettivamente, a un assimilazionismo spinto e a unmulticulturalismo esasperato, che tende a cristallizzare la separazione trale singole “comunità etniche” senza preoccuparsi di creare ponti tra lediverse culture (la cosiddetta opzione interculturale).

L’integrazione viene quindi qui vista come un processo bidirezionale,che richiede una reciprocità di sforzi tra gli immigrati e le società riceventi.A dire il vero, anche questa è una semplificazione, seppure necessaria:occorrerebbe infatti considerare vari piani di relazione: quello tra lo statoricevente e gli immigrati; quello tra società ricevente e immigrati; quello trai vari gruppi di immigrati; quello tra gli immigrati e il paese di origine.Nonostante si tratti di un processo bidirezionale, occorre ammettere cheesiste un certo grado di asimmetria tra immigrati e società riceventi: gliimmigrati migrano soltanto una volta (o poche volte) nella vita, mentre ipaesi ospiti hanno la possibilità di sviluppare le proprie competenzericettive nel corso di decine di anni. Essi hanno pertanto una maggioreresponsabilità in relazione al processo di integrazione.

Quello che il modello intende valutare è soprattutto la qualità deiprocessi di integrazione. Non ci si può infatti nascondere il fatto chel'integrazione, essendo un processo sociale prima ancora che un obiettivopolitico, tende ad avvenire comunque in una qualche forma. In realtà, sitratta di verificare se essa si realizza al prezzo di una perdita di capitaleumano o, al contrario, con un guadagno reciproco delle società ospiti edegli immigrati (intendendo per guadagno, ovviamente, non soltantobenefici economici, ma anche sociali e culturali, in senso lato).

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In particolare, per gli immigrati qualificati l’integrazione può presentarecaratteristiche ed esigenze peculiari, differenti da quelle che valgono pergli immigrati dotati di basse qualifiche, essendo in genere più elevate leaspettative e le potenzialità. Tali caratteristiche ed esigenze vannoadeguatamente tenute in conto nella programmazione e nell’attuazionedelle politiche di inserimento. Serve, in altre parole, una politica diintegrazione intelligente e "sapiente" quanto lo sono i suoi destinatari;ma "sapiente" anche perché sorretta da solide basi conoscitive.

L'integrazione sapiente intesa come politica, quindi, è quella capace diconoscere i soggetti che coinvolge e quindi di effettuare distinzioniall'interno dei flussi migratori. In questo quadro, essa riporta a visibilitàuna realtà apparentemente invisibile quale quella degli immigratipossessori di alti titoli di studio.

Uno dei nodi centrali, quando si affronta questa materia, è generalmenterappresentato dal rapporto tra integrazione e perdita dei legami sociali,affettivi e culturali con il paese d'origine. Nel senso comune, tale perditaè considerata il presupposto inevitabile di una piena assunzionedell'identità della società ricevente. Secondo questa ottica, si tende a vedereuna sorta di continuum, in cui a un estremo vi sarebbe una situazione dimassima persistenza dell'affezione per il paese di origine e all’altro uncompleto inserimento nella nuova società con il conseguente abbandonodei legami precedenti. In realtà, non soltanto la perdita dei legami con lacultura e la società di provenienza non è un presupposto necessario perl'integrazione ma, anzi, proprio il mantenimento di questi legami è spessoun punto di forza per un migliore inserimento sociale11. Tuttavia,un'apertura verso il nuovo paese, la sua cultura e i suoi abitanti sonoaltrettanto necessari affinché l'inserimento non abbia un caratteresuperficiale o puramente funzionale.

L'integrazione può dirsi di qualità, dunque, quando tende a consentireagli immigrati qualificati di raggiungere una condizione sociale,economica e professionale adeguata alla propria formazione, al propriostatus o alle proprie legittime aspettative e di sviluppare ulteriormente ilproprio “capitale cognitivo", senza che ciò comporti una perdita totale dellegame con la società e la cultura di origine. Accanto a questo criterioassoluto ve ne è uno relativo, che riguarda la possibilità di conseguire unaposizione paragonabile a quella dei nativi con eguali titoli.

11 Portes, Zhou, 1993; Zouh,1997

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3. La centralità dell’inserimento lavorativo

Essendo le competenze l’elemento principale che caratterizza gliimmigrati qualificati rispetto alla generalità degli immigrati, è naturaleche, tra tutti gli aspetti dell’integrazione, l’inserimento lavorativo siaconsiderato da studiosi e operatori del settore uno dei più importanti, senon il più importante.

In particolare, la questione più frequentemente sollevata è quella delladequalificazione professionale, che può manifestarsi, sia nellosvolgimento di lavori regolari al di sotto delle competenze e dellequalifiche possedute, sia, soprattutto per alcune categorie di immigrati, inuno stato “ufficiale” di disoccupazione che può anche essere accompa-gnato dallo svolgimento di lavori irregolari.

Il problema della dequalificazione si pone in modo diverso per gliimmigrati per lavoro reclutati dai datori direttamente all’estero e per quelliarrivati nel paese in modo irregolare e successivamente regolarizzati,nonché per gli immigrati per riunificazione familiare o per i richiedentiasilo e i rifugiati. In alcuni casi la dequalificazione è in qualche modoprevista o messa in conto dagli immigrati, almeno in un primo momento;in altri è legata anche allo status giuridico (ad esempio, i richiedenti asilohanno forti limitazioni nelle possibilità di lavorare). Tuttavia, tutte questesituazioni presentano, oggettivamente, uno spreco di competenze non soloper il paese di partenza, ma anche per il paese ricevente. Inoltre, unacondizione di dequalificazione che in un primo momento viene accettatacome un sacrificio necessario, nell’ambito di un progetto migratorio abreve termine volto ad accumulare il più possibile denaro, può essere alungo andare vissuta con sempre maggiore disagio e insofferenza,andando a incidere sul più complessivo livello di integrazione dellapersona.

Il tema dell’inserimento lavorativo è quindi un punto di entrata checonsente di aprire una finestra sull’interazione tra l’immigrato e la societàospite, il suo apparato statuale e le sue strutture di servizio. Esso infattiviene influenzato da molti elementi, quali il funzionamento dei sistemi diorientamento e intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, laregolamentazione legale dell'accesso alle occupazioni e alle professioni edel riconoscimento dei titoli, la preparazione dei datori di lavoro e deireclutatori a gestire una forza lavoro culturalmente diversificata.

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4. L’approccio multidimensionale e biografico

4.1. L’approccio multidimensionale

Tuttavia, pur assumendo la centralità dell’inserimento lavorativo comeelemento-chiave per la integrazione degli immigrati qualificati, il modello,in linea con la maggior parte delle proposte correnti, non considera taledimensione come l’unica rilevante ma ne introduce anche altre dove puòavvenire una valorizzazione delle competenze degli immigrati qualificati(ad esempio, nella partecipazione con funzioni di leadership in organismisociali e istituzionali).

Quando si studiano o si formulano modelli per la valutazione dellepolitiche e dei processi di integrazione, è infatti d’uso partire dacategorizzazioni di livello generale, che mirano a cogliere differentidimensioni del processo. Si suole così spesso identificare una sferaeconomica, una sociale, una culturale, una politica, e così via; a volte siaggiunge una categoria non omogenea alle precedenti, come ad esempio“atteggiamenti della società ricevente”12.

— In alcuni casi, soprattutto quando i modelli vengono adottati dalle istituzioni, siclassificano i vari fenomeni indicatori di integrazione in specifiche aree di politicapubblica. E’ questo ad esempio lo schema adottato dalla Commissione Europeanella Comunicazione su immigrazione, integrazione e occupazione (Commissionof the European Commnunities, 2003; 2004): integrazione nel mercato del lavoro;salute e servizi sociosanitari; istruzione e abilità linguistiche; abitazione e questioniurbane; nazionalità, cittadinanza civica e rispetto per la diversità anche in questocaso con una categoria residuale per i fenomeni non strettamente legati alcomportamento delle istituzioni ma alle interazioni sociali, denominata “ambientesocioculturale”. Anche in modelli con impostazione prevalentemente giuridica, sipossono distinguere differenti aree di diritti 13;

— Altri modelli, invece, adottano la prospettiva degli individui e, introducendo ladimensione diacronica, tentano di identificare stadi successivi dell’integrazione (es.“residenza e impiego”, “riunificazione familiare e insediamento”, “formazione dicomunità etniche e/o assimilazione”14).

12 Ad esempio, Entzinger, 2003.13 Ad esempio, l’European Social Inclusion and Civic Citizenship Index considera cinquearee: inclusione nel mercato del lavoro; residenza di lungo termine; riunificazionefamiliare; naturalizzazione; anti-discriminazione14 Ad es., M. Baldwin-Edwards, The integration of immigrants in Athens: developingindicators and statistical measures, Mediterranean Migration Observatory, Athens, 2004.

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— Vi sono poi modellli più complessi, che propongono categorie e sottocategorie . Adesempio, nel Regno Unito è stato messo a punto, per verificare l’integrazione deirifugiati, un modello che distingue, a un primo livello, una serie di categorieastratte legate tra di loro da relazioni logiche (“foundation”; “facilitators”; “socialconditions”; “means and markers”); e all’interno di queste categorie individua areedi fenomeni più specifici (Ager e Strand, 2004).

Il modello SMIAM si inserisce pienamente in questo trend relativoall’affermarsi di modelli fondati su una concezione multidimensionaledell’integrazione.

4.2. L’approccio biografico

Nel definire le vari dimensioni dell’integrazione, il modello SMIAMadotta un approccio che può essere definito biografico, che si pone cioè dallato del soggetto immigrato e della sua esperienza soggettiva, piuttostoche da quello delle politiche e delle istituzioni che operano perl’integrazione. Trattandosi, tuttavia, di un modello che deve esserefacilmente applicabile al livello territoriale, non esclude, quanto allametodologia, l’utilizzazione di indicatori proxy relativi alla presenza diopportunità e strutture, che segnalano una maggiore probabilità chedeterminate esperienze d’integrazione si verifichino. Il modello inoltre,sempre per una migliore applicabilità al livello locale, evita l’introduzionedi elementi di sofisticazione eccessivi, come quello della dimensionediacronica (che richiederebbe di seguire la vicenda di molteplici e differentiindividui o gruppi di immigrati, ognuno dei quali potrebbe trovarsi in unadiversa fase temporale del processo di integrazione).

4.3. Il carattere complementare del modello

Infine, rispetto alle categorizzazioni sopra citate, occorre sottolineare ilcarattere non esaustivo, ma piuttosto complementare del modello SMIAM.Esso infatti consente di completare la raccolta di informazioni mediantel’uso di altri modelli o strumenti che colgono la situazione della generalitàdegli immigrati, con alcune più specifiche sull’immigrazione qualificata.Ad esempio, nello SMIAM non si prendono in considerazione fenomenicome l’inserimento scolastico o l’accesso ai servizi sanitari, non perché talifenomeni non riguardino anche gli immigrati qualificati, ma perché siritiene che essi non costituiscano un’area problematica specifica di questosegmento.

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5. Il concetto di qualità dell’integrazione

Per giungere a una definizione operativa di qualità dell’integrazione,piuttosto che produrne una olistica e trattare tale fenomeno come una sortadi variabile continua, si è preferito identificare concretamente unatassonomia di fattori che concorrono a produrlo. Questi ultimi rappre-sentano altrettanti ambiti nei quali la qualità dell'integrazione può esserevalutata separatamente, in base a un insieme di indicatori discreti. Se siadotta questa accezione "discontinua" del fenomeno, alla fin fine, lavalutazione della qualità dell'integrazione non potrà essere altro che la"somma" del grado di raggiungimento di obiettivi differenti, tuttiimportanti, collegati ai singoli fattori.

A questo proposito, bisogna ribadire che la presente proposta dimodello è meno ambiziosa di altre che, ad esempio, cercano di identificareindicatori statistici in grado di misurare in modo esaustivo i progressi dellenumerose politiche che nei diversi stati influiscono sui processi diintegrazione degli immigrati. Al tempo stesso, forse, la sua ambizione èmaggiore, nel senso che tende a complicare le cose, innalzando lo"standard" di qualità dell'integrazione con elementi che riguardano leesigenze della sua componente più qualificata. Proprio per questo suocarattere di novità, deve essere considerata una proposta a carattereeminentemente sperimentale.

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Capitolo QuintoStrutture del modello

1. La tassonomia di fattori

Come già accennato, il modello SMIAM utilizza, per la valutazionedell’integrazione degli immigrati qualificati, una tassonomia di fattori,corredati di indicatori.

Occorre spendere qualche parola su che cosa si intende qui per “fattori”,e in che senso essi consentono di valutare la qualità dell’integrazione degliimmigrati qualificati. I fattori indicano per lo più fenomeni processuali neiquali si manifesta la qualità. Essi denotano effetti indiretti, misurabili, diuna buona integrazione. Sono indicativi di una potenzialità positiva, manon predicono l’esito per il singolo individuo. I fattori possono essere visticome un campo di forze, a carattere sociale, la cui misurazione puòindicare in maniera indiretta se una determinata società ha un’attitudine aintegrare gli immigrati qualificati.

È possibile, naturalmente, effettuare un ragionamento circa il pesorelativo dei diversi fattori nel concorrere a ricostruire il fenomenodell’integrazione (e, infatti, nello SMIAM alla qualità del lavoro viene datoun peso maggiore rispetto agli altri fattori – vedi parte quarta). Tuttavia,l’importanza di tale analisi è ridimensionata dal fatto che non si intendedimostrare alcuna relazione causale tra i fenomeni evocati da ciascunfattore.

Come si è accennato nel capitolo secondo, per arrivare alladeterminazione della tassonomia di fattori inclusa nel presente modello siè proceduto nel seguente modo.

• È stata effettuata, innanzitutto, un’analisi delle ricerche sugli immigratiqualificati già effettuate in passato da LSC e da altri enti, e si sonoevidenziati i fattori, anche di natura non socioeconomica ma sociale eculturale, che erano risultati empiricamente correlati con un buon livello

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di inserimento, soprattutto socioeconomico, degli immigrati qualificati.Tali fattori sono: la qualità del lavoro, l’imprenditorialità, i legamitransnazionali, il rapporto con la cultura di origine, la leadership e laresponsabilità sociale.

• Sono stati presi in esame quindi i risultati dell’analisi della letteratura edella documentazione e delle interviste agli informatori qualificati,condotte all’inizio del progetto, e sono stati messi in luce i fenomeni,anche di tipo micro, che venivano da queste fonti attribuiti agliimmigrati qualificati e che denotavano la presenza di un elemento diostacolo o di facilitazione alla loro integrazione. È stato pertantoprodotto un repertorio di 135 microfenomeni (riscontrati anche in piùfonti e in più paesi).

• Si è provato a vedere se tali fenomeni potevano essere ricondotti aifattori già noti, o se occorreva identificarne altri. Si è deciso quindi diintrodurne quattro nuovi: formazione di alto livello, opinioni sul paesericevente, stima pubblica, consumi culturali. Si è pervenuti quindi allalista di nove fattori contenuta nella versione provvisoria del modello.

• Sulla base dei risultati della validazione del modello, mediante laconsultazione degli esperti e il test applicativo, sono stati unificati duefattori (“transnazionalità” e “pratica della cultura di origine”), e si èpervenuti quindi alla lista dei seguenti otto fattori che vengono illustratimaggiormente nel dettaglio nella terza parte.

FATTORE

Fattore AQualità del lavoro

Conseguimento di una posizionelavorativa adeguata al capitalecognitivo posseduto, dal punto di vistadel livello di competenze utilizzato,della retribuzione e dei benefici sociali,delle prospettive di carriera, ecc.

Fattore BImprenditorialità (di alto profilo)

Accesso alla creazione di impresa concaratteristiche che rendano chiaro che sitratta di un inserimento lavorativoqualificato e non di una soluzione diripiego per la sopravvivenza.

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Fattore CConsumi culturali

Diffusione tra gli immigrati qualificatidi consumi non dettati dalla necessitàimmediata che possono essere ritenutitipici delle classi medie istruite, quindiin primo luogo consumi tecnologici eculturali, e che sono il segno di un certolivello di agiatezza economica.

Fattore DAccesso alla formazione di alto livello

Possibilità di continuare gli studiuniversitari o di frequentare laformazione professionale e linguisticaaccedendo a un’offerta di alto livello,coerente con il grado di istruzioneposseduto e le prospettive diinserimento lavorativo qualificato.

Fattore EPratica della cultura di origine e delladimensione transnazionale

Possibilità di mantenere tratti dellapropria identità nazionale, culturale ereligiosa, e di intrattenere rapporti conil proprio paese di origine, nonché concolleghi, soci d’affari, familiari e amiciresidenti in altri paesi.

Fattore FLeadership e responsabilità sociale

Esercizio della leadership all'interno diorganismi politici, organi del governolocale, associazioni, ONG, sindacati,ecc., non soltanto nei luoghi dirappresentanza delle comunitàimmigrate, ma anche in ambitidecisionali dove sono in gioco gliinteressi della popolazione nel suocomplesso.

Fattore GStima pubblica

Esistenza di un adeguatoriconoscimento della presenza, dellecapacità e delle potenzialità degliimmigrati qualificati, da parte dellacittadinanza e degli attori politici,economici e sociali, che si evidenzia apartire da rappresentazioni, opinioni,immagini, forme di riconoscimentopubblico, manifestazioni di rispetto edinteresse, e così via.

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Fattore HOpinioni degli immigrati qualificatisulla società ricevente

L’insieme dei giudizi, delle aspettative,delle rappresentazioni che gli immigratisi formano del paese ricevente, delle sueistituzioni, della sua burocrazia, deisuoi cittadini e delle proprie possibilitàdi inserimento.

Come si può evincere da quanto appena detto, la tassonomia di fattori eindicatori dello SMIAM risulta essere apriori rispetto all’analisi dacondurre, ma fondata sull’esperienza e su un’ampia base empirica. Essapuò rimanere aperta e sempre in grado di cogliere fenomeni molto diversitra di loro e anche non previsti. Con questa impostazione, che potrebbeessere definita abduttiva15, si evitano due rischi e cioè, da una parte, quellodi dedurre da un concetto di integrazione le sue componenti “essenziali”per poi articolarle in sottocomponenti (indicatori); dall’altra, quello diridurre la realtà alla sola fenomenologia finora registrata. Questo approccioè oltremodo indispensabile nell’ambito di una iniziativa, quale quellaoggetto del progetto SMIAM, che si prefigge di creare uno strumentoadattabile alla realtà e alle diverse circostanze dei paesi europei.

2. Gli indicatori

I fattori rappresentano fenomeni non direttamente osservabili, cherichiedono a loro volta, per essere misurati, il ricorso a fenomenidirettamente osservabili, costituiti dagli indicatori. Fattori e indicatori sonolegati da un rapporto di indicazione: il fattore rappresenta il fenomenoindicato dal fenomeno indicatore osservabile. Per osservabile, qui non siintende visibile direttamente dal ricercatore, ma suscettibile di rilevazioneempirica anche tramite una fonte intermediaria (ad esempio, gliinformatori chiave). Gli indicatori possono essere di tipo quantitativo, maanche di tipo qualitativo (presenza-assenza). Essi possono essere positivi,cioè in questo caso, quanto maggiore è la loro presenza, tanto maggiore è

15 Sull’inferenza abduttiva, che ha origine nella filosofia antica e che è stata ripresa daPeirce alla fine dell’800, c’è stata una sistematica riflessione, anche in relazione all’uso dilogiche non standard, di Giancarlo Quaranta nel contesto della Scuola di Sociologia eScienze Umane di Roma, tra i primi anni ’80 e il 2002; cfr. Peirce 2003; Quaranta 1983, 1993e 2002.

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la qualità dell’integrazione; ma anche negativi, cioè tanto minore è la loropresenza, tanto maggiore è la qualità dell’integrazione.

Nel contesto dell’uso valutativo degli indicatori si fa spesso ricorso,come parametro di confronto, ai valori-soglia che gli indicatori dovrebberoraggiungere perché una determinata situazione sia considerata soddisfa-cente. Tali valori-soglia possono essere, ancora una volta, di tipoquantitativo, o anche di tipo presenza-assenza. Quando questi valori-sogliaesistono, e sono contenuti in normative, o altre fonti dotate di un adeguatolivello di riconoscimento pubblico, si può parlare di standard. Altrimenti,gli indicatori hanno comunque la funzione di agevolare la comparazionetra situazioni diverse, nel tempo e nello spazio. Nel caso della qualità deiprocessi di integrazione, è probabilmente troppo presto per poter definireveri e propri standard di riferimento. Soltanto da poco, infatti, si è avviatoun dibattito al livello europeo sui contenuti delle politiche di integrazionedegli immigrati; ancora più iniziale è la percezione del fenomeno degliimmigrati qualificati. Tuttavia, non è da escludere che in futuro si possagiungere anche a definire standard per le politiche di integrazione inrelazione al gruppo target del presente studio.

Per arrivare alla lista di indicatori utilizzata nello SMIAM si è procedutocome segue.

Innanzitutto, sulla base della lista di fattori identificata come specificatonel paragrafo precedente, si è tornati al repertorio dei microfenomeni e si ècercato di vedere quali di essi si prestassero meglio a fungere da fenomeniindicatori. Si sono quindi selezionati, provvisoriamente, 64 indicatori (glialtri microfenomeni sono stati comunque trasformati in una lista diindicatori scartati, allegata in appendice alla versione provvisoria delmodello).

Gli indicatori sono stati scelti adottando criteri quali:

— il loro grado di pertinenza rispetto al fenomeno indicato (fattore);

— la loro capacità di cogliere fenomeni non eccessivamente specifici diun paese, ma propri di più paesi;

— la loro capacità di descrivere la situazione effettiva degli immigratiqualificati piuttosto che mere previsioni normative o opportunitàstrutturali;

— la loro idoneità ad essere oggetto di rilevazione empirica.

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Ovviamente, non sempre è stato possibile avere indicatori chepossedessero contemporaneamente tutte queste caratteristiche al massimogrado.

I fenomeni indicatori selezionati sono sia a carattere diretto (fenomeniche misurano direttamente il livello di integrazione), sia a carattereindiretto (fenomeni che indicano una maggiore probabilità direalizzazione del processo di integrazione, in base alle conoscenzeesistenti). L’approccio predominante, come si è già spiegato, è unapproccio biografico, legato all’esperienza soggettiva degli immigrati; setalvolta vengono utilizzati indicatori relativi alla cosiddetta “strutturadelle opportunità” (politiche, normative, condizioni del mercato dellavoro, ecc.) è in qualità di possibili proxy dell’esperienza dei soggetti.

In un secondo momento, durante il processo di validazione, gliindicatori sono stati sottoposti, come i fattori, al parere degli esperti, e sonostati inoltre testati nella sperimentazione. La lista degli indicatori è stataquindi ulteriormente modificata, per arrivare alla lista definitiva presentatanella parte terza di questo documento. Tra le indicazioni degli espertiaccolte, ve ne sono state alcune relative all’aggiunta di indicatori, o alrecupero di alcuni microfenomeni che erano stati scartati. Anche l’impiegodegli indicatori nei focus group ha consentito di riformulare e chiarire ilsignificato di molti di essi.

3. La matrice della qualità dell’integrazionedegli immigrati qualificati

Il modello quindi si fonda su una sorta di matrice riportante, in ascissa, ifattori di qualità dell’integrazione e, in ordinata, i due tipi di indicatoriutilizzati (in questo caso: indicatori positivi e negativi).

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INDICATORI

FATTORI

Positivi Negativi

Fattore AQualità del lavoro

1. Immigrati qualificati assunti come dirigenti, manager oprofessionisti alle dipendenze di imprese e organizzazioni (+)

2. Immigrati qualificati per l’esercizio della libera professioneche riescono effettivamente ad esercitarla (medici, avvocati,architetti, ecc.) (+)

5. Esistenza di una domanda di personale in areeoccupazionali qualificate (+)

7. Impegno dei servizi per l’impiego a fare il possibile perinserire gli immigrati in posizioni lavorative adeguate alle loroqualifiche (+)

8. Tendenza dei datori di lavoro a tenere conto dell'istruzionee delle competenze conseguite all'estero (+)

10. Capacità delle imprese e delle altre organizzazioni datricidi lavoro di accogliere e gestire personale qualificatoimmigrato (+)

3. Immigrati con titolo di studio elevato che si trovanodisoccupati o inattivi (-)

4. Immigrati qualificati occupati che godono di retribuzionie coperture sociali inferiori rispetto ai nativi a parità dimansioni svolte (-)

6. Difficoltà di riconoscimento legale del titolo di studioconseguito all'estero (-)

11. Immigrati qualificati che non riescono a conseguire unbuon impiego a causa della insufficiente conoscenza dellalingua (-)

Fattore BImprenditorialità di altoprofilo

12. Presenza di imprese immigrate con dipendenti nativi (+)

13. Presenza di imprenditorialità immigrata in alcuni settori dialto profilo (+)

14. Presenza di programmi di sostegno alla creazione diimprese di alto profilo da parte degli immigrati (+)15. Presenza di intermediari finanziari disposti a fare creditoagli imprenditori immigrati (+)

9. Pregiudizi dei datori di lavoro anche verso le persone diorigine immigrata che si sono laureate nel paese (-)

Fattore CConsumi culturali

16. Possesso di computer in casa (+)

17. Possesso di un abbonamento internet a pagamentoprivato (+)

…….

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18. Possesso di lettore DVD in casa (+)

19. Frequentazione di eventi culturali e musicali cherichiedono il pagamento di un biglietto di ingresso (+)

20. Frequenza dell’acquisto di libri (+)Fattore DAccesso alla formazione dialto livello

21. Piena utilizzazione delle opportunità di formazione di altolivello esistenti da parte degli immigrati (+)

22. Esistenza di programmi di formazione di alto livellospecificamente per immigrati qualificati (+)

23. Esistenza di corsi di formazione di alto livello cui possanopartecipare gli immigrati a costi accessibili (+)

24. Tendenza dei servizi di accoglienza e orientamentopubblici a predisporre informazioni sulle opportunità diformazione di alto livello (+)

25. Esistenza di corsi di lingua specializzati o avanzati a costiaccessibili (+)

…….

Fattore EPratica della cultura diorigine e della dimensionetrasnazionale

26. Trasmissione della lingua e della cultura d'origine ai figli(+)

27. Partecipazione degli immigrati qualificatiall’organizzazione di eventi culturali etnici (+)

28. Offerta di canali satellitari e via cavo con le TV dei paesi diorigine degli immigrati (+)29. Disponibilità di stampa dei paesi di origine degli immigrati(+)

30. Esistenza e praticabilità di luoghi di culto di confessioniminoritarie cui appartengono gli immigrati (+)

31. Immigrati qualificati che aiutano propri connazionali adinserirsi nel mondo del lavoro o dell'istruzione del paeseospite (+)

39. Impedimenti a fare viaggi nel paese d’origine dovutiall’incertezza dello status di residenza e a ritardiburocratici nell’emissione o nel rinnovo dei titoli disoggiorno (-)

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32. Mantenimento di legami professionali e d'affari col paesedi origine o con connazionali residenti in altri paesi (+)

33. Presenza di opportunità di effettuare viaggi nel paese diorigine a costi contenuti (+)

34. Conoscenza di più lingue (+)

35. Rapporti con intellettuali e leader del paese di origineresidenti in patria o all’estero (+)

36. Partecipazione di immigrati qualificati ad attività di aiutoallo sviluppo del paese o della regione di origine (+)

37. Ritorno di ex studenti stranieri nel paese ospite (+)

38. Presenza di servizi di telecomunicazione convenienti pergli immigrati (+)

Fattore FLeadership eresponsabilità sociale

40. Presenza di immigrati leader all'interno di organismiconsultivi legati al governo municipale o comunale (+)

41. Presenza di consiglieri comunali o municipali immigrati(+)

42. Presenza di immigrati leader nelle ONG e nel volontariatonon connotati etnicamente (+)

43. Presenza di immigrati leader nelle organizzazioni sindacali(+)44. Presenza di immigrati leader nelle organizzazioniimprenditoriali (+)

45. Presenza di immigrati leader nei partiti politici o candidatinelle competizioni elettorali (+)46. Presenza di associazioni immigrate forti e ben organizzate(+)

47. Presenza di artisti e scrittori immigrati che hanno ottenutopremi e riconoscimenti (+)

…….

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48. Presenza di immigrati leader negli organi dirappresentanza scolastici (+)

Fattore GStima pubblica

49. Conoscenza da parte dei cittadini dell’alto livello diistruzione di molti immigrati (+)

51. Conoscenza da parte dei cittadini di leader e intellettualiimmigrati (+)

52. Presenza di immigrati che appaiono in posizionequalificata nei media (+)

53. Successo di iniziative di lifelong learning guidate daimmigrati (corsi di lingua, cultura, danza, musica, ecc.) (+)

54. Diritto al voto locale per gli immigrati (+)

55. 55. Attenzione verso immigrati e minoranze etniche nelmarketing delle imprese operanti al livello locale (+)

50. Presenza di discorsi di tipo xenofobico nellacomunicazione pubblica locale (-)

56. Difficoltà degli immigrati qualificati ad inserirsisocialmente in quartieri di classe media (-)

Fattore HOpinioni degli immigratiqualificati sulla societàricevente

57. Percezione di avere opportunità di avanzamentoeconomico nel paese ricevente (+)

61. Soddisfazione per la propria condizione nella societàricevente (+)

62. Propensione alla permanenza nel paese ricevente (+)

63. Propensione alla richiesta della cittadinanza (+)

58. Formarsi di opinioni negative sul paese ospite aseguito dell'impatto con la burocrazia (-)

59. Basse aspettative degli immigrati qualificati diaccedere a occupazioni di alto livello (-)

60. Delusione degli immigrati leader verso gli organismiconsultivi sull'immigrazione (-)

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PARTE TERZAFATTORI E INDICATORI

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Come si è già accennato nei capitoli precedenti, per la valutazionedell'integrazione degli immigrati qualificati si propone di prendere inesame un insieme di fattori che, in base alla letteratura e alle interviste agliesperti e agli informatori qualificati, sono risultati essere particolarmenterilevanti per questa componente dei flussi migratori. Tali fattori sono:

A. Qualità del lavoro

B. Imprenditorialità (di alto profilo)

C. Consumi culturali

D. Accesso alla formazione di alto livello

E. Pratica della cultura di origine e della dimensione trasnazionale

F. Leadership e responsabilità sociale

G. Stima pubblica

H. Opinioni degli immigrati qualificati sulla società ricevente.

La presenza di ogni fattore può essere rilevata a partire da alcuniindicatori. Si presentano quindi nei prossimi paragrafi otto "costellazioni",ciascuna formata da un fattore e dai suoi fenomeni indicatori.

Alcuni indicatori sono di carattere positivo (denotano integrazione),mentre altri sono di carattere negativo (denotano barriere e forme diresistenza all'integrazione). Quelli negativi nelle pagine che seguono sonoseguiti dalla notazione (-).

Di seguito si procede alla descrizione dei fattori e dei relativi indicatori.Per ognuno dei fattori si presentano:

— innanzitutto, una breve introduzione che evidenzia i principali temi efenomeni connessi al fattore, che ne giustificano l’inclusione, e ilprocesso che ha portato alla sua validazione – quindi i commentidegli esperti e la sperimentazione nei focus group;

— successivamente, si presenta una definizione del fattore validato e deirelativi indicatori;

— infine, si forniscono alcune indicazioni operative per la misurazionedegli indicatori stessi.

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Capitolo SestoFattore A “Qualità del lavoro”

1. Il fattore e il processo di validazione

Il fattore qualità del lavoro si riferisce al conseguimento di unaposizione lavorativa adeguata al capitale cognitivo posseduto.L’adeguatezza riguarda in primo luogo il livello di competenze richiestonel lavoro. La situazione qui prefigurata è quindi opposta a quella cheviene normalmente chiamata dequalificazione, la quale colpisce moltiimmigrati portatori di alti titoli di studio. Quest’ultima può manfestarsi,sia come svolgimento di un lavoro al di sotto delle proprie competenze(d’Andrea, 2002; Stocchiero, 2004; Dobson et al., 2001; Rojo-Sols, 2003), siacome disoccupazione (European Commission, 2003), sia come mancatoriconoscimento delle competenze pur esercitate nel lavoro. Tra i fattori piùnoti della dequalificazione, vi è la difficoltà di vedere riconosciuti i titoli distudio conseguiti all’esterno (Freidberg, 2000, cit. in CRE, 2002). Ilproblema della lingua costituisce un’altra barriera (Pen e Tissing, 2000, cit.in Tabibian, 2005).

Nel concetto di qualità del lavoro sono tuttavia ricomprese anche leprospettive di carriera, la retribuzione e le coperture sociali (per idipendenti), il rapporto con l’ambiente di lavoro. L’assenza didiscriminazione, anch’essa centrale per la qualità del lavoro, colpisceanche le seconde generazioni che hanno studiato nel paese ricevente(AECA, 2004; Borgogno et al., 2004).

Spesso, tuttavia, la sottovalutazione delle competenze degli immigratiqualificati comincia ancora prima delle selezioni, al livello dei servizi diintermediazione tra domanda e offerta di lavoro (Enel F., Delasalle C.,2004; Tabibian, 2005), ed è più forte verso le donne immigrate qualificate(Botman, 1999; Balk, Boerma e Kusche, 1998, cit. in Tabibian, 2005). Sirileva in generale, in molti paesi, una impreparazione dei datori di lavoroad accogliere lavoratori di origine immigrata, anche se non mancano

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esperienze positive di programmi di integrazione promossi dalle aziende(Duevell, Jordan, 2002).

Nonostante tutto, comunque, spesso gli immigrati esibiscono qualitàpersonali che facilitano il loro inserimento lavorativo, come la flessibilità,l’iniziativa, la perseveranza, la pazienza e la capacità di adattamento(Kalsbeek, Bleichrodt, 2004, cit. in Tbibian, 2005; d’Andrea, 1999).

Il fattore qualità del lavoro nella versione provvisoria del modellopresentava 12 indicatori, tratti dalle diverse fonti consultate negli ottopaesi della ricerca e da precedenti ricerche svolte da LSC.

Lavoratori immigrati inseriti come manager oprofessional (+)

Paese: Regno UnitoFonte: Dobson et al., 2004

Quota di immigrati in professioni qualificate (+) Paese: UngheriaFonte: Kovats et al., 2003

Dequalificazione degli immigrati con titolo di studioelevato (+)

Paesi: Italia, SpagnaFonte: Encuesta población activa4° trimestre 2001, cit. in Rojo-Sols,2003. d'Andrea, 2002; ISMU cit. inStocchiero, 2004.

Esistenza di carenze di personale in areeoccupazionali qualificate (+)

Paese: UngheriaFonte: Kovats et al., 2003

Limitazioni legali all'accesso alle professioni (-) Paesi: Francia, Belgio, ItaliaFonte: Agence pour ledéveloppement des relationsinterculturelles 2003; BaldacciniA., 2003; interviste a informatoriqualificati

Mancato riconoscimento dei titoli di studio oriconoscimento a un livello inferiore (-)

Paesi: OlandaFonte: Tabibian, 2005

Tendenza dei servizi di orientamento a indirizzareverso lavori poco qualificati (-)

Paesi: Olanda, Belgio, FranciaFonte: Tabibian, 2005; Enel,Delasalle, 2004; interviste ainformatori qualificati

Tendenza dei datori di lavoro a valutarediversamente l'istruzione e le competenzeconseguite all'estero (-)

Paese: Regno UnitoFonte: Freidberg, 2000, cit. in CRE,2002

Pregiudizi dei datori di lavoro anche verso glistranieri laureati nel paese ospite (-)

Paese: ItaliaFonte: AECA, 2004

Diffusione di programmi di gestione della diversitànelle imprese/Capacità delle imprese di accogliere egestire personale qualificato (+)

Paese: Olanda, Regno UnitoFonte: interviste a informatoriqualificati

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51

Presenza di minoranze etniche in posizioni apicalinel mondo del lavoro (segregazione verticale) (+)

Paese: Regno UnitoFonte: CRE, 2002

Scarsa conoscenza della lingua come ostacoloall'inserimento (-)

Paese: UKFonte: Kelly, Joly, 1999

Il fattore e i relativi indicatori sono stati in primo luogo sottoposti agliesperti.

Alcuni di essi hanno suggerito, tra le altre cose, di chiarire meglio checosa si intende per qualità del lavoro. Per allargare la sfera delle situazionivalutate nell’ambito di questo fattore si sono quindi aggiunti nuoviindicatori: non soltanto l’occupazione a un livello inferiore di competenza,ma anche il lavoro qualificato svolto con remunerazione e benefici socialiminori rispetto ai nativi, compreso il lavoro irregolare, che sembracoinvolgere in alcuni casi anche i qualificati, e i livelli di disoccupazione edi inattività tra gli immigrati in età lavorativa.

Alcuni esperti hanno suggerito di rivedere o di eliminare certi indicatorirelativi a vincoli di legge (ad esempio, restrizioni nell’accesso alleprofessioni o alla funzione pubblica), che è apparso loro eccessivoconsiderare discriminatori. È stato eliminato l’indicatore relativo allerestrizioni legali all’accesso alle professioni, di cui si è stabilito di misuraredirettamente le conseguenze (immigrati che esercitano effettivamente laprofessione per la quale sono qualificati), lasciando all’interpretazione deirisultati l’introduzione di elementi di spiegazione derivanti dal quadrogiuridico.

Anche per quanto riguarda il suggerimento, da parte di alcuni esperti,di includere indicatori relativi ai sistemi di ingresso, è stata effettuata lastessa scelta: trattarli come elementi contestuali di spiegazione dideterminate situazioni relative alla qualità del lavoro, ma non comeindicatori da includere nel modello.

I risultati della rilevazione del fattore qualità del lavoro nelle quattromunicipalità, effettuata nei focus group, sono riportati nella figura chesegue.

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52

Qualità del lavoro

0,25 0,280,33 0,37

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

In base alla misurazione, il fattore risulta presente con debole intensità(valore inferiore a 0,33, cioè un terzo del valore massimo possibile16) nelledue municipalità di Roma IX e Viterbo, e con media intensità (valorecompreso tra 0,33 e 0,66) nelle città di Lovanio e Eindhoven. Ciò confermache il conseguimento di un lavoro di qualità è ancora piuttosto difficile pergli immigrati qualificati.

Per una migliore comprensione di come si è pervenuti a talevalutazione, si riportano di seguito i punteggi attribuiti dai focus group aisingoli indicatori.

GLI INDICATORI DI “QUALITÀ DEL LAVORO”NELLA SPERIMENTAZIONE

Fattore AQualità del lavoro

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Lavoratori immigrati inseriti comemanager o professional

PD 1 PD 1 PD 1 PD 1

Quota di immigrati in professioniqualificate

PD 1 PD 1 PD 1 PD 1

Dequalificazione degli immigrati contitolo di studio elevato

MD 0 MD 0 MD 0 MD 0

16 Per una descrizione più dettagliata delle procedure di calcolo degli indici, si veda piùavanti il capitolo sedicesimo.

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Esistenza di carenze di personale inaree occupazionali qualificate

MD 3 PD 1 MD 3 D 2

Limitazioni legali all'accesso alleprofessioni

SI 0 SI 0 SI 3 NO 3

Difficoltà (non solo legali ma ancheburocratiche, di informazione, ecc.)di vedere riconosciuto il titolo distudio conseguito all'estero

MD 0 MD 0 MD 0 D 1

Tendenza dei servizi diorientamento a indirizzare versolavori poco qualificati

MD 0 PD 2 D 1 Nonrisp

1.5*

Tendenza dei datori di lavoro avalutare diversamente l'istruzione ele competenze conseguite all'estero

MD 0 MD 0 MD 0 D 0

Pregiudizi dei datori di lavoro ancheverso gli stranieri laureati nel paeseospite

D 1 D 1 MD 0 Nonrisp

1.5*

Capacità delle imprese di accoglieree gestire personale qualificatoimmigrato

D 2 PD 1 D 2 Nonrisp

1.5*

Presenza di minoranze etniche inposizioni apicali nel mondo dellavoro (segregazione verticale)

PD 1 PD 1 PD 1 PD 1

Immigrati qualificati che nonriescono a conseguire un buonimpiego a causa della insufficienteconoscenza della lingua

MD 0 PD 2 MD 0 MD 0

TOTALE 9 10 12 13,5

Indice fattore Qualità lavoro 0,25 0,28 1 0,37

Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO; D=DIFFUSO; PD=POCO DIFFUSO; A=ASSENTE* nel caso di mancate risposte è stato attribuito un valore intermedio tra 0 e 3 (1,5). Per unaspiegazione del procedimento di attribuzione dei punteggi e di calcolo degli indici, si veda ilcapitolo sedicesimo.

Al di là delle valutazioni espresse, dai focus group è emersa la necessitàdi formulare meglio alcuni indicatori, in modo da renderli maggiormenteprecisi e comprensibili (ad esempio, distinguendo tra occupazione alledipendenze e libera professione negli indicatori n.1 e 2; specificando, perl’indicatore n. 10, che si considera la capacità, non solo delle imprese, maanche delle amministrazioni pubbliche potenziali datrici di lavoro diimmigrati qualificati, di accoglierne e gestirne la presenza).

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2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Qualità del lavoro” riguarda, dunque,il conseguimento di una posizione lavorativaadeguata al capitale cognitivo posseduto, dalpunto di vista del livello di competenzeutilizzato, della retribuzione e dei beneficisociali, delle prospettive di carriera, ecc.

Di seguito vengono riportati gli indicatori proposti per la rilevazione diquesto fattore.

Indicatori di “Qualità del lavoro”

1. Immigrati qualificati assunti come dirigenti, manager o professionisti alledipendenze di imprese e organizzazioni (+)

2. Immigrati qualificati per l’esercizio della libera professione che riesconoeffettivamente ad esercitarla (medici, avvocati, architetti, ecc.) (+)

3. Immigrati con titolo di studio elevato che si trovano disoccupati o inattivi (-)

4. Immigrati qualificati occupati che godono di retribuzioni e coperture socialiinferiori rispetto ai nativi a parità di mansioni svolte (-)

5. Esistenza di una domanda di personale in aree occupazionali qualificate (+)

6. Difficoltà di riconoscimento legale del titolo di studio conseguito all'estero (-)

7. Impegno dei servizi per l’impiego a fare il possibile per inserire gli immigratiin posizioni lavorative adeguate alle loro qualifiche (+)

8. Tendenza dei datori di lavoro a tenere conto dell'istruzione e dellecompetenze conseguite all'estero (+)

9. Pregiudizi dei datori di lavoro anche verso le persone di origine immigratache si sono laureate nel paese (-)

10. Capacità delle imprese e delle altre organizzazioni datrici di lavoro diaccogliere e gestire personale qualificato immigrato (+)

11. Immigrati qualificati che non riescono a conseguire un buon impiego a causadella insufficiente conoscenza della lingua (-)

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3. Indicazioni operative

Circa l’interpretazione e l’applicazione degli indicatori appena proposti,si forniscono le seguenti precisazioni e indicazioni.

Indicatore 1

I manager qui menzionati sono quelli che operano alle dipendenze diimprese e organizzazioni; gli imprenditori che dirigono la propria impresasono considerati nel fattore B.

L’indicatore viene misurato in modo relativo a quanti immigrati qualificatiesistono; ad esempio, se gli immigrati qualificati sono pochi, ma per lamaggior parte riescono a farsi assumere come manager e professional,l’indicatore va considerato “molto diffuso”.

Indicatore 2

Per “qualificati per l’esercizio della libera professione” si intende anche nelpaese di origine.

L’indicatore viene misurato in modo relativo a quanti immigrati qualificaticome professionisti esistono; ad esempio, se gli immigrati qualificati percerte professioni sono pochi, ma per la maggior parte riescono aesercitarle, l’indicatore va considerato “molto diffuso”.

Lo scarso accesso alle libere professioni può dipendere anche dallerestrizioni legali di accesso legate al requisito della cittadinanza; conquesto indicatore si misura direttamente l’esito, quali che ne siano le cause.

Può essere che alcuni immigrati qualificati come professionisti nel paese diorigine abbiano necessità di frequentare corsi di aggiornamento o veri epropri corsi universitari per tornare a esercitare la professione nel paesericevente. Ancora una volta, quello che interessa qui è l’esito finale (quantiimmigrati riescono alla fine a esercitare la professione).

Indicatore 3

Sono esclusi gli studenti.

Sono esclusi i richiedenti asilo che non hanno l’autorizzazione a lavorare.

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Sono esclusi gli immigrati ufficialmente disoccupati, ma che di fattolavorano, anche se irregolarmente.

Vanno considerate anche le donne inattive perché casalinghe; pure se lapartecipazione delle donne native al mercato del lavoro è ugualmentebassa, il brain waste si verifica comunque.

Indicatore 4

Sono considerati anche gli immigrati che godono di minori retribuzioni obenefici sociali perché assunti irregolarmente.

Indicatore 5

A volte esistono dati raccolti in apposite indagini tra le imprese circa leintenzioni riguardo all’assunzione di nuovo personale.

Indicatore 6

Le difficoltà possono essere legate alla carenza di informazione, allacomplicazione delle procedure burocratiche, all’assenza di accordibilaterali.

Indicatore 7

Per “fare il possibile” si intende nei limiti degli ostacoli legali e delladomanda di lavoro locale. Considerare, qui, soprattutto, se viene fatto unbilancio delle competenze degli immigrati, se i titoli di studio e lequalifiche conseguiti nel paese di origine vengono registrati e se questainformazione viene messa a disposizione di eventuali datori di lavorointeressati.

Si rileva anche se vengono date informazioni, agli immigrati qualificati, suicorsi da frequentare per colmare eventuali debiti formativi per ilriconoscimento delle qualifiche possedute nel paese ricevente.

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Indicatore 8

Si intende per competenze quelle di alto livello degli immigrati qualificati(non, in generale, qualsiasi competenza, ad esempio quelle intermediedegli operai specializzati o degli artigiani).

Indicatore 9

Nel caso di questo indicatore, si considerano anche le seconde generazioni,e coloro che hanno acquisito la cittadinanza.

Indicatore 10

Tali capacità possono includere, ad esempio, la capacità di valorizzarel’identità culturale e sociale di cui sono portatori gli immigrati nel lavoroprofessionale, ma anche la capacità di prevenire e reprimere forme didiscriminazione tra pari o da parte di superiori. Si possono prendere inconsiderazione anche le misure di integrazione promosse dai datori dilavoro.

Indicatore 11

Potranno riscontrarsi situazioni diverse a seconda della nazionalità (equindi della lingua madre) degli immigrati. In questo caso viene effettuatauna sorta di “media” delle situazioni esistenti.

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CAPITOLO SETTIMOFattore B “Imprenditorialità dialto profilo”

1. Il fattore e il processo di validazione

Il fattore imprenditorialità di alto profilo riguarda la presenza sulterritorio di imprese create da immigrati, con caratteristiche che rendanochiaro che si tratta di un inserimento lavorativo qualificato e non di unasoluzione di ripiego per la sopravvivenza. La creazione di impresa èinfatti, spesso, uno dei principali sbocchi occupazionali per gli immigratidotati di elevate competenze, soprattutto in assenza di opportunità diinserimento qualificato nel lavoro dipendente.

Del resto, molti immigrati sono caratterizzati da un forte orientamentoalla imprenditorialità e all’assunzione di rischi (d’Andrea, 2002). Essa puòtuttavia mascherare forme di lavoro autonomo che non garantiscono unreddito e prospettive di miglioramento della propria posizione economica(Colonnello, Mastropietro, 2003).

Tuttavia, in certi casi, come in quello di un imprenditore di origineimmigrata che assume anche nativi alle proprie dipendenze(Confartigianato, 2003), si può parlare di inserimento riuscito, in quantol'attività imprenditoriale necessita di conoscenza del territorio, di rapportisociali, della capacità di trasmettere un senso di fiducia ai propricollaboratori che è incompatibile con una percezione di sé legata allaprecarietà e alla provvisorietà.

Per gli immigrati qualificati, inoltre, può essere significativa la creazionedi imprese caratterizzate da forti contenuti di conoscenza o in cui possonoessere messe in gioco competenze e capitale sociale di alto livello, anchenella dimensione transnazionale (Centro di Cooperazione Familiare, 2000).

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Nella versione provvisoria del modello, per il fattore imprenditorialitàerano stati proposti i seguenti indicatori.

Presenza di imprese immigrate condipendenti nativi (+)

Paese: ItaliaFonte: Confartigianato, 2003

Crescita dell'imprenditorialitàimmigrata in alcuni settori di altoprofilo (+)

Paese: ItaliaFonte: Centro di CooperazioneFamiliare, 2000

Presenza di politiche e programmi perla promozione dell'imprenditorialitàimmigrata di alto profilo (+)

Paese: ItaliaFonte: Centro di CooperazioneFamiliare, 2000

Circa la scelta di considerare l’impresa come strumento di inserimentoqualificato, gli esperti hanno espresso pareri discordanti: c’è chi ritiene cheessa rappresenti addirittura un fenomeno di dequalificazione, ad esempio,per persone con elevati titoli accademici; e chi invece pensa che essa possaessere inclusa senza alcuna ulteriore specificazione tra gli indicatori diintegrazione.

In questo contesto, si è ritenuto che la scelta originaria, di consideraretra gli indicatori di integrazione, non tutta l’imprenditorialità, ma soltantoquella di alto profilo dal punto di vista del tipo di business o del livello diinternazionalizzazione e quella che riesce ad attrarre dipendenti nativi,rappresenti un buon compromesso tra queste due posizioni estreme.

Alcuni esperti hanno inoltre suggerito di considerare, in questo ambito,l’accesso al credito, in quanto si tratta di uno elemento decisivo per losviluppo di una imprenditorialità di alto profilo. Tale elemento è statoquindi incluso con un indicatore apposito.

I risultati della rilevazione del fattore nelle quattro municipalità sonoriportati nella figura che segue.

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Imprenditorialità di alto profilo

0,22

0,330,39

0,11

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Dalla misurazione, il fattore risulta presente con debole intensità (valoreinferiore a 0,33) nelle due municipalità di Roma IX e Eindhoven, e conmedia intensità (valore compreso tra 0,33 e 0,66) nelle città di Viterbo eLovanio, dove però tale risultato è influenzato dal valore di “non risposto”dato a un item (vedi sopra). Solo nella città di Roma è stato segnalato qualefenomeno abbastanza diffuso la presenza di imprese dirette da immigraticon dipendenti italiani. Per una migliore comprensione di tale risultato, siriporta anche il dettaglio dei singoli indicatori in base alle valutazionieffettuate dai focus group.

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Presenza di imprese immigratecon dipendenti nativi

D 2 PD 1 nonrisp

1.5* PD 1

Crescita dell'imprenditorialitàimmigrata in alcuni settori dialto profilo

AS 0 PD 1 PD 1 AS 0

Presenza di politiche eprogrammi per la promozionedell'imprenditorialitàimmigrata di alto profilo

AS 0 PD 1 PD 1 AS 0

TOTALE 2 3 3,5 1

Indice fattoreImprenditorialità

0,22 1 0,39 0,11

Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO; D=DIFFUSO; PD=POCO DIFFUSO; AS=ASSENTE

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Oltre alle valutazioni puntuali appena riportate, i focus group hannoformulato alcune ulteriori osservazioni.

Alcuni partecipanti al focus group di Viterbo hanno sollevato lanecessità di chiarire che cosa si intenda per “politiche e programmi”: unasemplice tematizzazione del problema da parte delle autorità pubbliche,oppure la messa in atto di vere e proprie azioni di formazione. Si è optatoper la seconda ipotesi e si è quindi tentata una formulazione più chiaradell’indicatore.

Nel focus group di Eindhoven è emersa, come ulteriore difficoltà,l’esistenza di barriere legali e burocratiche per i rifugiati che cercano diaprire un’impresa. Tale elemento, come altri inerenti al quadro normativo,deve essere quindi preso in considerazione in sede di interpretazione deirisultati.

2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Imprenditorialità di alto profilo”riguarda l’accesso da parte degli immigratiqualificati alla creazione di impresa concaratteristiche che rendano chiaro che si tratta diun inserimento lavorativo qualificato e non di unasoluzione di ripiego per la sopravvivenza.

Di seguito vengono riportati gli indicatori proposti per la rilevazione diquesto fattore.

Indicatori di “Imprenditorialità di alto profilo”

12. Presenza di imprese immigrate con dipendenti nativi (+)

13. Presenza di imprenditorialità immigrata in alcuni settori di alto profilo (+)

14. Presenza di programmi di sostegno alla creazione di imprese di alto profiloda parte degli immigrati (+)

15. Presenza di intermediari finanziari disposti a fare credito agli imprenditoriimmigrati (+)

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3. Indicazioni operative

Circa l’interpretazione e l’applicazione degli indicatori appena proposti,si forniscono le seguenti precisazioni e indicazioni.

Indicatore 13

Ai fini della raccolta di dati statistici che precede il focus group, si possonoconsiderare, ad esempio, di alto profilo le imprese appartenenti alla classeNACE K “Real estate, renting and business activities”.

Anche le attività di import-export, che fanno leva sui legami transnazionalidegli immigrati qualificati, possono essere considerate di alto profilo.

Indicatore 14

Si può trattare di programmi finanziati con fondi pubblici (europei,nazionali o locali), esplicitamente rivolti agli immigrati come target.

Indicatore 15

L’elemento della disponibilità va valutato considerando, se possibile, ilcomportamento effettivo delle banche nei confronti degli immigrati cherichiedono credito per aprire un impresa, al di là dell’assenza didiscriminazioni dal punto di vista formale; ad esempio, la forte richiesta digaranzie reali in cambio dell’erogazione di un finanziamento.

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Capitolo OttavoFattore C “Consumi culturali”

1. Il fattore e il processo di validazione

L'adozione di standard di consumo simili a quelli della popolazioneautoctona può essere in qualche modo considerata un segnale diintegrazione, nel momento in cui si sostituisce a quella tradizionalepropensione al risparmio tipica dei migranti nelle prime fasi della loropermanenza nel nuovo paese, o comunque quando i progetti migratorihanno ancora un carattere di breve termine (Reyneri, 1997). Per gliimmigrati qualificati potrebbe essere significativa la pratica di consumiculturali o tecnologici, o comunque di consumi non dettati dalla necessitàimmediata che possono essere ritenuti tipici delle classi medie istruite aogni latitudine.

Nella versione preliminare del modello, sotto questo fattore erano statiinseriti i seguenti indicatori.

Possesso di computer (+) Paese: ItaliaFonte: Montefalcone, 2002

Utilizzazione di internet (+) Paese: ItaliaFonte: Montefalcone, 2002

Possesso di lettori DVD (+) Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Frequentazione di eventi culturali emusicali (non "etnici") (+)

Paese: OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Lettura di libri (+) Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

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La maggiore obiezione sollevata dagli esperti riguardo a questo fattore,riguarda il fatto che indica due fenomeni diversi: da un lato, il livello diagiatezza raggiunto dagli immigrati (una sorta di proxy del reddito);dall’altra, il loro interesse per la cultura del paese ricevente. Giustamente,qualcuno ha fatto notare che l’uso, o anche il possesso, di determinatedotazioni tecnologiche è diffuso tra le classi colte a tutte le latitudini. Nonè certo necessariamente in seguito alla propria esperienza nel paesericevente che gli immigrati qualificati prendono contatto con computer,internet, DVD , ecc.

D’altra parte, altri esperti hanno sottolineato l’importanza dei consumiculturali e dell’accesso alle nuove tecnologie come strumenti di pienainclusione degli immigrati qualificati. Oggi, in generale, nelle societàeuropee, chi rimane fuori dall’uso della ICT rischia l’emarginazione nelmondo del lavoro e non solo (il digital divide si produce anche all’internodelle società avanzate).

Si è quindi tentato di ridurre l’ambiguità di cui sopra, sottolineando checon questo fattore si intende valutare lo standard di vita degli immigraticosì come si riflette nei modelli di consumo e, solo in secondo luogo, ilrapporto con la cultura ricevente.

I risultati della misurazione di questo fattore nelle municipalità dellasperimentazione sono riportati qui di seguito.

Consumi culturali

0,730,67

0,87

0,74

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

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I dati si riferiscono soltanto alle tre località di Roma IX municipio,Viterbo e Lovanio, in quanto ad Eindhoven il focus group non ha rispostoalle domande proposte nella traccia circa i consumi culturali. I partecipantinon hanno ritenuto questo fattore significativo per valutare il livello diintegrazione degli immigrati nella società ospite e, inoltre, non hannoritenuto di essere adeguatamente informati in merito.

Si può comunque notare che in tutte e tre le località la presenza delfattore risulta molto diffusa (indice superiore a 0,66, in questo caso pari almassimo possibile nella città di Viterbo). I consumi culturali e tecnologicisembrano dunque elevati tra gli immigrati qualificati di queste città.

Per una migliore comprensione della formazione di tale risultato, siriportano nella tabella che segue le valutazioni espresse dai focus groupsui singoli indicatori.

Fattore FConsumi culturali

Roma IX Viterbo Lovanio

Possesso di computer MD 3 MD 3 MD 3

Utilizzazione di internet MD 3 MD 3 MD 3

Possesso di lettori DVD MD 3 MD 3 MD 3

Frequentazione di eventiculturali e musicali (non"etnici")

PD 1 MD 3 MD 3

Lettura di libri MD 3 MD 3 PD 1

TOTALE 13 15 13

Indice fattore Consumiculturali

0,87 1,00 0,87

Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO; D=DIFFUSO; PD=POCO DIFFUSO; AS=ASSENTE

Le osservazioni formulate nei focus group si sono concentratesoprattutto sull’indicatore relativo alla lettura di libri. Si è chiestoall’équipe di specificare se si tratta di libri nella lingua del paese riceventeo in quella materna. Un informatore-chiave di Lovanio ha dichiarato diritenere quasi offensivo che si domandi a immigrati laureati se legganolibri, anche se poi ha compreso quale fosse il significato dell’indicatore.Tuttavia, alla luce di questa esperienza, si ritiene che questo come altriitem simili debbano essere modificati in modo da rendere chiaro chemisurano lo standard di vita e non sono volti a ricavare un giudizio sullivello culturale personale degli immigrati o, peggio, a giudicare in chiaveassimilazionista le abitudini di lettura o di tempo libero. In questo senso,

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rispetto alla prima lista di indicatori, si sono accentuati gli elementi relativial possesso di determinati beni e alla spesa sostenuta dall’individuo perdeterminati servizi rispetto a quelli del mero accesso a consumi tecnologicie culturali (che può anche essere non oneroso).

Circa la frequenza di eventi culturali non etnici (concerti, spettacoli,ecc.), laddove è stata indicata una scarsa partecipazione, si è subitospecificato che essa è dovuta soprattutto al costo dei biglietti, mentrequando si tratta di eventi gratuiti gli immigrati partecipano con interesse.

2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Consumi culturali” si riferisce alladiffusione tra gli immigrati qualificati di consuminon dettati dalla necessità immediata, chepossono essere ritenuti tipici delle classi medieistruite, quindi soprattutto consumi tecnologici eculturali, e che sono l’indicatore indiretto delraggiungimento di un certo livello di agiatezzaeconomica.

Gli indicatori proposti per la misurazione del fattore sono dunque iseguenti.

Indicatori di “Consumi culturali”

16. Possesso di computer in casa (+)

17. Possesso di un abbonamento internet a pagamento privato (+)

18. Possesso di lettore DVD in casa (+)19. Frequentazione di eventi culturali e musicali che richiedono il pagamento

di un biglietto di ingresso (+)

20. Frequenza dell’acquisto di libri (+)

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3. Indicazioni operative

Indicatore 18

I lettori DVD potrebbero essere sostituiti anche da altri tipi diapparecchiature, come ad esempio fotocamere digitali o videocamere.

Indicatore 19

La precisazione che si tratta di eventi culturali a pagamento rendesecondaria quella relativa al carattere non “etnico” delle iniziative cui gliimmigrati qualificati partecipano: sono infatti esclusi, non perché pocointeressanti o rilevanti, festival e iniziative culturali organizzati dacomunità e associazioni nazionali, che di solito, in linea di massima, nonrichiedono il pagamento di un biglietto di ingresso.

Indicatore 20

Avendo sostituito la lettura di libri con il loro acquisto, è poco rilevante lalingua in cui sono pubblicati i libri; quello che conta è che si effettua unaspesa per la loro fruizione.

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Capitolo NonoFattore D “Accesso allaformazione di alto livello”

1. Il fattore e il processo di validazione

L'immigrato qualificato è in genere una persona che attribuisce moltaimportanza allo studio e all'aggiornamento professionale, anche se nonsempre vive in condizioni che favoriscono il lavoro intellettuale (Van derRee, Afework, 2002, cit. in Tabibian, 2005). Spesso gli immigrati con unprimo grado di formazione universitaria desiderano continuare gli studi,oppure sono costretti a ripetere o integrare il percorso universitario acausa delle difficoltà di riconoscimento o del riconoscimento parziale deititoli di studio. L’esistenza di opportunità di formazione di alto livello, siadi carattere professionale che di livello superiore in generale, è quindidecisiva per l'integrazione degli immigrati qualificati, anche in vista di unloro inserimento lavorativo e sociale adeguato. Particolarmente importanteè, in questo contesto, anche la formazione linguistica, che spesso ha uncarattere eccessivamente pratico ed elementare, oppure, quando èadeguata, è troppo costosa e non finanziata dai servizi pubblici diintegrazione (Tabinian, 2005).

Nella versione provvisoria del modello, si proponeva di misurare ilfattore (denominato “politiche per la formazione di alto livello”) attraversoi seguenti indicatori.

Piena utilizzazione delle opportunità diformazione di alto livello esistenti daparte degli immigrati (+)

Paese: variFonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Esistenza di programmi di formazionedi alto livello specificatamente rivolti aimmigrati qualificati (+)

Paesi: Belgio, UK, Italia, Olanda,Polonia, SpagnaFonte: interviste informatori qualificati(LSC 2005)

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Elevati costi della formazione di altolivello (-)

Paese: OlandaFonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Tendenza dei servizi di accoglienza eorientamento pubblici a predisporreinformazioni sulle opportunità diformazione di alto livello (+)

Paese: Francia, OlandaFonte: Enel, Delasalle, 2001

Esistenza di corsi di lingua specializzatio avanzati a costi accessibili (+)

Paese: OlandaFonte: van Arkel, Engelkes, 2003; Brink,1997, cit. in Tabibian, 2005

Su questo fattore non sono pervenuti commenti specifici da parte degliesperti, che ne hanno comunque riconosciuto la grande importanza. Essoriguarda, infatti, proprio la valorizzazione e il potenziamento di quelcapitale cognitivo che viene sprecato nelle varie forme di dequalificazioneche colpiscono gli immigrati.

I risultati della misurazione del fattore nell’ambito dellasperimentazione nelle quattro municipalità ha dato i risultati riportati nelgrafico che segue.

Accesso alla formazione di alto profilo

0,530,47

0,53

0,33

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

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Come si può vedere dal grafico, l’indice relativo al fattore assume unvalore intermedio (ricompreso tra 0,34 e 0,66) a Roma IX, Viterbo eLovanio. Ad Eindhoven il valore è più basso anche se bisogna tenereconto del maggiore numero di item cui in quest’ultima città il focus groupnon ha risposto.

A tale proposito, per una migliore comprensione di come arriva a talivalori, si riportano nella tabella che segue le valutazioni dei focus groupcirca i singoli indicatori.

Fattore IPolitiche per la formazionedi alto livello

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Piena utilizzazione delleopportunità di formazionedi alto livello esistenti daparte degli immigrati

PD 1 D 2 MD 3 nonrisp

1,5

Esistenza di programmi diformazione di alto livellospecificamente perimmigrati qualificati

PD 1 AS 0,00 D 2 nonrisp

0

Esistenza di corsi diformazione di alto livellocui possano partecipare gliimmigrati a costi accessibili(era: Alti costi dellaformazione di alto livello)

PD 1 PD 1 PD 1 PD 1

Tendenza dei servizi diaccoglienza e orientamentopubblici a predisporreinformazioni sulleopportunità di formazionedi alto livello

MD 3 MD 3 PD 1 nonrisp

1,5

Esistenza di corsi di linguaspecializzati o avanzati acosti accessibili

D 2 PD 1 PD 1 PD 1

TOTALE 8 7 7 5

Indice fattore Formazione 0,53 0,47 0,53 0,33Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO; D=DIFFUSO; PD=POCO DIFFUSO; AS=ASSENTE

Nei focus group è stata sottolineata dai partecipanti l’importanza diquesto fattore per l’avanzamento degli immigrati qualificati all’internodella società ricevente. Ad Eindhoven, si è denunciata la carenza diopportunità formative che siano specificamente rivolte agli immigrati

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qualificati. A Roma, si è messo in evidenza che un numero molto limitatodi figure professionali in uscita sono previste per gli immigrati(essenzialmente, mediatore culturale o imprenditore in settoritradizionalmente riservati alla forza lavoro immigrata, come i servizi allafamiglia). A Lovanio si è ricordato che quello della formazione di altolivello è un problema che riguarda, non solo i nuovi, ma anche i “vecchi”immigrati.

A Roma, è stato messo in risalto l’alto livello di motivazione allo studioche hanno gli immigrati qualificati, che rende ancora più deprecabile lacarenze nell’offerta formativa. Particolarmente pertinente è statoconsiderato il riferimento alla mancanza di formazione linguistica di altolivello, che non consenta solo la sopravvivenza nella vita quotidiana o losvolgimento di lavori di bassa qualificazione, ma anche l’uso della linguain contesti sociali e professionali maggiormente complessi e sofisticati.

2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Accesso alla formazione di alto livello”riguarda la possibilità di continuare gli studiuniversitari o di frequentare la formazioneprofessionale e linguistica accedendo a un’offertadi alto livello, coerente con il grado di istruzioneposseduto e le prospettive di inserimentolavorativo qualificato.

Gli indicatori proposti per la misurazione del modello sono quelli giàcitati e dunque i seguenti.

Indicatori di “Accesso alla formazione di alto livello”

21. Piena utilizzazione delle opportunità di formazione di alto livello esistentida parte degli immigrati (+)

22. Esistenza di programmi di formazione di alto livello specificamente perimmigrati qualificati (+)

23. Esistenza di corsi di formazione di alto livello cui possano partecipare gliimmigrati a costi accessibili (+)

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24. Tendenza dei servizi di accoglienza e orientamento pubblici a predisporreinformazioni sulle opportunità di formazione di alto livello (+)

25. Esistenza di corsi di lingua specializzati o avanzati a costi accessibili (+)

3. Indicazioni operative

Indicatore 23

Occorre considerare, non soltanto il valore delle tasse universitarie o delcontributo richiesto per la frequenza dei corsi, ma anche i costi complessiviche ha il mantenersi allo studio (ad esempio, il costo dell’alloggio nel casodi corsi non situati nello stesso luogo di residenza) e l’esistenza e facilità diottenimento di borse di studio o esoneri totali o parziali dal pagamentodelle tasse o dei contributi richiesti.

Indicatore 24

Attraverso questo indicatore si rileva sia l’attitudine complessiva deglioperatori dei servizi di orientamento a prendere in considerazionel’eventualità di un accesso alla formazione di alto livello da parte di propriutenti, sia la messa in atto di misure specifiche (quali la predisposizione didepliant informativi sull’offerta di corsi, sulle procedure per il riconosci-mento dei titoli di studio, sulle borse di studio, ecc.).

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Capitolo DecimoFattore E “Pratica della culturadi origine e della dimensionetransnazionale”

1. Il fattore e il processo di validazione

Il fattore “pratica della cultura di origine e della dimensionetransnazionale” riguarda quegli elementi che indicano il possesso, da partedell’immigrato qualificato, di una “doppia identità”, che incorpora siaelementi propri della società ricevente, sia legami con il paese di origine,assumendo in molti casi tratti di cosmopolitismo. Spesso, il mantenimentodi legami con la cultura d’origine non ostacola l’integrazione ma, anzi,l’agevola (Montefalcone, 2002). Il fattore si manifesta in fenomeni, tanto ditipo cognitivo (pratica della lingua, della cultura, delle tradizioni,conoscenza dell’attualità), quanto di tipo operazionale (viaggi, relazioni diaffari, culturali, intellettuali, sociali ecc.).

Questo fattore rappresenta la sintesi di due aspetti trattatiseparatamente nella prima versione del modello: la pratica della cultura diorigine e quella della dimensione transnazionale.

Il primo si riferisce alla possibilità per l’immigrato qualificato dipresentarsi con una identità culturale forte, capace di entrare in relazionecon altre identità su un piano di parità. Tale possibilità dipende anchedall’esistenza di opportunità e strutture sul territorio, quali ad esempioluoghi di culto della propria religione e la possibilità di frequentarli incondizioni di sicurezza, o la disponibilità di mezzi di informazione sulproprio paese.

Il secondo aspetto, in parte legato al primo in quanto coinvolge ilrapporto col paese di origine, è quello della pratica della dimensionetransnazionale, attraverso viaggi, relazioni professionali, amicali o di

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affari; tali viaggi sono più frequenti tra i qualificati (Losi et al., 2002).Spesso gli immigrati producono valore aggiunto per la società ricevente eper il paese di provenienza attraverso questa loro capacità di connetterepaesi, luoghi e culture differenti, e ciò favorisce pure la loro integrazione.Anche in questo caso, la possibilità di praticare la dimensionetransnazionale può essere influenzata da elementi pratici, quali lapossibilità di ritornare nel proprio paese senza perdere il permesso disoggiorno, il costo delle telecomunicazioni o quello degli spostamenti.

Per quanto riguarda la pratica della cultura di origine, nella versioneprovvisoria del modello si proponeva di misurarla sulla base dei seguentiindicatori.

Trasmissione della lingua e della culturad'origine ai figli (+)

Paese: ItaliaFonte: interviste a informatoriqualificati

Partecipazione degli immigrati qualificatialla organizzazione di eventi culturalietnici (+)

Paesi: Italia, OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati

Offerta di canali satellitari e via cavo conle TV dei paesi di origine degli immigrati(+)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Disponibilità di stampa dei paesi diorigine degli immigrati (+)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Esistenza e praticabilità di luoghi di cultodi confessioni minoritarie cuiappartengono gli immigrati (+)

Paese: Regno Unito, Ungheria,PoloniaFonte: interviste a informatoriqualificati

Sul fattore nel suo complesso e sui singoli indicatori, gli esperticonsultati sul modello hanno formulato alcune osservazioni.

Una prima osservazione riguarda la necessità di interpretare il rapportocon la cultura come un rapporto di tipo dinamico, che può prevedereanche forme di ri-negoziazione dell’identità culturale (ad esempio, nelcaso di donne che emigrano anche per avere una maggiore libertà rispettoa quella goduta nella società di origine).

C’è invece chi ha sottolineato quanto la volontà di esibire la propriaidentità culturale possa essere condizionata dall’immagine della propria

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“etnia” esistente nella società ospite (migliore è tale immagine, maggiore lavolontà di presentarsi con la propria cultura).

Queste osservazioni puntano tutte in direzione di una maggioreconsiderazione delle specificità nazionali nell’analisi del rapporto traimmigrati qualificati e cultura d’origine. A tale riguardo si può rispondereche, mentre è difficile introdurre la variabile nazionalità nel modello, essaè senz’altro da tenere presente in sede di interpretazione dei risultati (adesempio, se si tratta di capire perché in una data località vi è una maggiorepratica della cultura di origine, occorre considerare quali sono le comunitànazionali maggiormente presenti e come queste sono recepite nella societàospite).

Alcuni esperti hanno obiettato alla inclusione di questo fattore,riproponendo la concezione secondo la quale, più si rimane legati allapropria cultura e al paese di origine, meno si è integrati. Tale obiezionenon può essere accolta, in quanto ispirata da quella concezioneassimilazionista dell’integrazione che il presente modello intendecontribuire a superare.

Al tempo stesso, però, un certo grado di realismo impedisce diaccogliere in un modello da applicare in diversi paesi europei, il pur utilesuggerimento, avanzato da un esperto, di includere tra gli indicatori lapartecipazione dello stato al finanziamento di attività delle comunitàetniche immigrate (il sostegno statale alle attività culturali è infatti, di persé, un fenomeno eccessivamente variabile da un paese all’altro).

Un’osservazione che è stata accolta riguarda, invece, la sovrapposizionetra alcuni indicatori di pratica della cultura di origine e quelli ditransnazionalità. A tale obiezione si è risposto, come si è detto, con lafusione tra i due fattori.

I risultati della rilevazione del fattore nelle quattro municipalità, inparticolare i valori del relativo indice, sono riportati nella figura che segue.

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Pratica della cultura d’origine

0,730,67

0,87

0,74

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Come si può notare, la pratica della cultura di origine appare altamentediffusa tra gli immigrati qualificati in tutte e quattro le municipalità(valore dell’indice superiore a 0,67). Nel dettaglio, i focus group hannoespresso le seguenti valutazioni riguardo agli indicatori proposti.

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fattore CPratica della cultura diorigineTrasmissione dellalingua e della culturad'origine ai figli

D 2 D 2 MD 3 MD 3

Partecipazione degliimmigrati qualificatialla organizzazione dieventi culturali etnici

MD 3 MD 3 MD 3 D 2

Visione regolare dicanali tv del paese diorigine (era: Offerta dicanali satellitari e viacavo con le TV dei paesidi origine degliimmigrati)

MD 3 MD 3 MD 3 D 2

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Disponibilità di stampadei paesi di originedegli immigrati

Adeg 2 Adeg 2 Parz.Adeg

1 Adeg 2

Esistenza e praticabilitàdi luoghi di culto diconfessioni minoritariecui appartengono gliimmigrati

Parz.Adeg

1 Inadeg 0 TOT AD 3 Adeg 2

Totale 11 10 13 11

Indice fattore Cultura 0,73 0,67 0,87 0,74Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO; D=DIFFUSO; PD=POCO DIFFUSO; AS=ASSENTEDel tutto Ad=del tutto adeguato; Adeg=Adeguato; Parz. Adeg=parzialmente adeguato;Inadeg=inadeguato

Nei focus group, oltre a valutare la presenza degli indicatori appenarichiamati, sono state formulate osservazioni concernenti gli aspettiproblematici dei legami con la propria comunità nazionale diappartenenza. E’ stato ricordato che a volte le comunità di costituiscono unfreno (Lovanio), e che anche per questo non tutti gli immigrati ricercano ilcontatto con il proprio paese di origine e con la propria cultura(Eindhoven). E’ stato sollevato anche il problema delle relazioni tracomunità nazionali diverse, non sempre pacifiche (Lovanio, Roma IX).

Il fattore transnazionalità, nella prima versione del modello, venivamisurato a partire dai seguenti indicatori.

Immigrati qualificati che aiutano propriconnazionali ad inserirsi nel mondo dellavoro o dell'istruzione del paese ospite(+)

Paesi: Francia, Italia, Regno Unito,OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Mantenimento di legami professionali ed'affari col paese di origine (+)

Paese: Regno UnitoFonte: NOP Business, 2002

Presenza di opportunità di effettuareviaggi nel paese di origine a costicontenuti (+)

Paese: ItaliaFonte: Losi et al., 2002

Conoscenza di più lingue (+) Paese: Italia, OlandaFonte: d'Andrea, 2002; interviste ainformatori qualificati (LSC 2005)

Rapporti con intellettuali e leader delpaese di origine (+)

Paese: ItaliaFonte: Montefalcone, 2002

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Partecipazione di immigrati qualificati adattività di aiuto allo sviluppo del paese odella regione di origine (+)

Paesi: Regno Unito, Olanda, SpagnaFonte: interviste immigratiqualificati (LSC 2005)

Ritorno di ex studenti stranieri nel paeseospite (+)

Paese: PoloniaFonte: Grzymata-Kazlowska-Okolski, 2003

Requisito della cittadinanza per lapartecipazione ad attività di cooperazioneinternazionale finanziate dal paese ospitein qualità di cooperanti (-)

Paese: ItaliaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Aumento dell'offerta di telecomunicazionecon gli immigrati come target (+)

Paesi: Italia, Regno Unito, Belgio,Olanda, SpagnaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Possibilità per gli immigrati di tornare nelpaese di origine senza rischio di perdere iltitolo di soggiorno (+)

Paesi: Italia, OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Anche circa la pratica della dimensione transnazionale sono statiraccolti dagli esperti diversi commenti. Innanzitutto, è stato osservato cheil fenomeno della transnazionalità si estende anche al di là del rapportocon il paese di origine per toccare le reti di contatti professionali, scientificie d’affari in paesi diversi sia da quello di provenienza che da quelloricevente. Questa osservazione è stata recepita modificando gli indicatori eintroducendone di nuovi.

Sono state inoltre menzionate le rimesse. Queste ultime costituisconosicuramente un fenomeno rilevante, sia dal punto di vista sociale cheeconomico. Tuttavia, esse non rappresentano un fenomeno specifico degliimmigrati qualificati e, al limite, potrebbero essere considerate unindicatore di una minore propensione al consumo nel paese ospite, che asua volta potrebbe essere ricondotta a una minore integrazione(ovviamente, il condizionale è d’obbligo e le cose non stannonecessariamente così).

La diffusione della doppia cittadinanza è un altro indicatore chepotrebbe essere preso in considerazione, in quanto potenzialmente agevolala pratica della dimensione transnazionale. Tuttavia, esso è fortementeinfluenzato dal quadro legale nazionale e non riguarda il livello locale alquale si riferisce prevalentemente il modello.

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Gli stessi tassi di acquisizione della cittadinanza del paese riceventerisentono della maggiore o minore difficoltà di ottenerla a causa deidifferenti principi che governano il suo conferimento nei diversi statimembri. Si tratta comunque di un elemento di contesto da teneresenz’altro presente in sede di interpretazione dei risultati.

L’esito della misurazione del fattore “transnazionalità” nellasperimentazione è riportato nella figura che segue.

Transnazionalità

0,500,57

0,75

0,52

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

La pratica della dimensione transnazionale risulta diffusa (valoredell’indice compreso tra 0,33 e 0,66) nelle municipalità di Roma IX,Viterbo e Eindhoven e molto diffusa (valore dell’indice di alta intensità,superiore a 0,66) nella municipalità di Lovanio.

Per una migliore comprensione di come si arriva a tale risultato, siriportano nella tabella che segue le valutazioni dei focus group condottinelle quattro città riguardo alla presenza dei singoli indicatori.

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Fattore DTransnazionalità

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Immigrati qualificati cheaiutano propri connazionali adinserirsi nel mondo del lavoro odell'istruzione del paese ospite PD 1 MD 3 MD 3 AS 0Mantenimento di legamiprofessionali e d'affari col paesedi origine D 2 D 2 MD 3

Nonrisp 1,5

Presenza di opportunità dieffettuare viaggi nel paese diorigine a costi contenuti (era:Viaggi nel paese di origine) Adeg 2 Adeg. 2

Parz.Adeg 1 Adeg 2

Conoscenza di più lingue MD 3 MD 3 MD 3 Nonrisp

1,5

Rapporti con intellettuali eleader del paese di origine D 2 PD 1 MD 3 D 2Partecipazione di immigratiqualificati ad attività di aiutoallo sviluppo del paese o dellaregione di origine D 2 PD 1 MD 3

Nonrisp 1,5

Ritorno di ex studenti stranierinel paese ospite AS 0 PD 1 PD 1

Nonrisp 1,5

Requisito della cittadinanza perla partecipazione ad attività dicooperazione internazionalefinanziate dal paese ospite inqualità di cooperanti SI 0 SI 0

Nonrisp 1,5 no 3

Presenza di servizi ditelecomunicazione convenientiper gli immigrati (era:Aumento dell'offerta ditelecomunicazione con gliimmigrati come target)

Deltuttoadeg 3 MD 3 adeg 2 adeg 2

Possibilità per gli immigrati ditornare nel paese di originesenza rischio di perdere il titolodi soggiorno (segue)

Inadeg 0 Parz.Adeg.

1 Adeg 2 ParzAdeg

2

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(era: Presenza di immigrati chenon possono tornare nel paesed'origine senza rischiare diperdere il titolo di soggiorno)

TOTALE 15 17 22,5 17Indice fattore transnazionalità 0,50 0,57 0,75 0,57

Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO D=DIFFUSO PD=POCO DIFFUSO AS=ASSENTEDel tutto Ad= del tutto adeguato; Adeg=Adeguato; Parz. Adeg= parzialmente adeguato; Inadeg=inadeguato

Nei focus group sono emerse alcune osservazioni che confermano lapertinenza di questo fattore per la valutazione dell’integrazione. Adesempio, a Roma è stato riferito che la partecipazione alle attività di aiutoallo sviluppo del proprio paese è superiore proprio tra chi si èmaggiormente stabilizzato nel paese ricevente. Similmente, solo chi è beneintegrato è anche in grado di aiutare propri connazionali a inserirsi nelmondo del lavoro o dell’istruzione.

Alcuni indicatori risultano di applicazione problematica per i rifugiati,come quelli che si riferiscono ai viaggi nel paese di origine, o anche alsemplice mantenimento di contatti con persone che vi continuano arisiedere. Ampliando l’area dei fenomeni considerati alle relazioni conconnazionali rifugiatisi in altri paesi vi è forse la possibilità di coglieremaggiormente le dinamiche che coinvolgono questo target.

2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Pratica della cultura di origine e delladimensione transnazionale” riguarda la possibilitàdi mantenere tratti della propria identitànazionale, culturale e religiosa, e di intrattenererapporti con il proprio paese di origine, nonchécon colleghi, soci d’affari, familiari e amiciresidenti in altri paesi.

Di seguito vengono riportati gli indicatori identificati per la rilevazionedi questo fattore.

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Indicatori di “Pratica della cultura d’origine e dimensionetransnazionale”

26. Trasmissione della lingua e della cultura d'origine ai figli (+)

27. Partecipazione degli immigrati qualificati all’organizzazione di eventiculturali etnici (+)

28. Offerta di canali satellitari e via cavo con le TV dei paesi di origine degliimmigrati (+)

29. Disponibilità di stampa dei paesi di origine degli immigrati (+)

30. Esistenza e praticabilità di luoghi di culto di confessioni minoritarie cuiappartengono gli immigrati (+)

31. Immigrati qualificati che aiutano propri connazionali ad inserirsi nel mondodel lavoro o dell'istruzione del paese ospite (+)

32. Mantenimento di legami professionali e d'affari col paese di origine o conconnazionali residenti in altri paesi (+)

33. Presenza di opportunità di effettuare viaggi nel paese di origine a costicontenuti (+)

34. Conoscenza di più lingue (+)

35. Rapporti con intellettuali e leader del paese di origine residenti in patria oall’estero (+)

36. Partecipazione di immigrati qualificati ad attività di aiuto allo sviluppo delpaese o della regione di origine (+)

37. Ritorno di ex studenti stranieri nel paese ospite (+)

38. Presenza di servizi di telecomunicazione convenienti per gli immigrati (+)

39. Impedimenti a fare viaggi nel paese d’origine dovuti all’incertezza dellostatus di residenza e a ritardi burocratici nell’emissione o nel rinnovo deititoli di soggiorno (-)

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3. Indicazioni operative

Indicatore 26

Si intende, trasmissione efficace, che produce una effettiva padronanzadella lingua del paese di origine da parte dei figli, non la mera buonavolontà di trasmetterla.

Indicatori 28, 29, 33

Utilizzare come riferimento i paesi di origine delle principali nazionalitàpresenti nell’area.

Indicatore 34

Si intende, conoscenza di almeno un’altra lingua oltre a quella materna e aquella del paese ricevente.

Indicatore 39

Questo indicatore non si applica al caso dei rifugiati politici che spesso,statutariamente, non possono fare ritorno nel proprio paese.

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Capitolo UndicesimoFattore F “Leadership eresponsabilità sociale”

1. Il fattore e il processo di validazione

Mentre è auspicabile per tutti gli immigrati la partecipazione alla vitapolitica e sociale della società di arrivo, gli immigrati qualificatipossiedono in genere le competenze e le capacità per esercitare anche unafunzione di leadership all'interno di organismi politici, organi del governolocale, associazioni, ONG, sindacati, e così via. Può essere importante chetale leadership si espleti, non soltanto nei luoghi di rappresentanza dellecomunità immigrate e nelle loro associazioni (Montefalcone, 2002; Witholde Wenden e Leveau, 2001), ma anche in ambiti decisionali dove sono ingioco gli interessi della popolazione nel suo complesso. Al tempo stesso, laprobabilità che gli immigrati siano valorizzati all'interno di organismidecisionali è maggiore laddove esiste una base immigrata in grado di farevalere il suo peso nei confronti dei vertici dei partiti e dei sindacati, il chesi realizza anche attraverso strumenti quali, ad esempio, il diritto al votoalle elezioni locali.

La misurazione di questo fattore era prevista, nella prima versione delmodello, a partire dai seguenti indicatori.

Presenza di immigrati leaderall'interno di organismi consultivilegati al governo municipale (+)

Paesi: Belgio, Italia, Olanda, Polonia,Spagna

Fonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Presenza di immigrati leader nelleONG e nel volontariato (+)

Paesi: tuttiFonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Presenza di immigrati leader nelleorganizzazioni sindacali (+)

Paesi: Italia, Belgio, OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

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Presenza di immigrati leader nelleorganizzazioni imprenditoriali (+)

Paesi: OlandaFonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Presenza di immigrati leader neipartiti politici o candidati nellecompetizioni elettorali (+)

Paesi: Olanda, Regno UnitoFonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Presenza di associazioni immigrateforti e ben organizzate (+)

Paese: ItaliaFonte: Caritas, 2003; AECA, 2003

Presenza di artisti e scrittori immigratiche hanno ottenuto premi ericonoscimenti (+)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Su questo fattore, e sui relativi indicatori, gli esperti consultati hannoformulato le osservazioni che seguono.

Innanzitutto, a proposito dell’associazionismo e del volontariato, si èsuggerito di non focalizzarsi su un tipo di leadership che rappresenta lecomunità immigrate in quanto tali, ma su una leadership esercitata incontesti non connotati etnicamente, per esempio in ambito professionale.Si è conseguentemente modificato l’indicatore relativo.

È stato proposto poi di aggiungere l’esercizio di funzioni dirappresentanza all’interno di organismi scolastici, in quanto la presenza digenitori di origine immigrata può produrre una migliore gestione delprocesso di integrazione dei figli nella scuola. Tale item è stato pertantoinserito nella lista.

Qualcuno ha ipotizzato anche di includere tra gli indicatori dileadership la presenza di persone di origine immigrata elette all’interno diparlamenti nazionali. Tuttavia, nei paesi di nuova immigrazione lapartecipazione politica degli immigrati è ancora talmente limitata che taleindicatore rischia di essere poco rilevante; inoltre esso non si riferirebbe allivello regionale o locale al quale si applica il modello.

Occorre inoltre sottolineare, come è stato osservato da alcuni esperti,che alcune forme di leadership o responsabilità sociale vengono registrateanche sotto altri fattori (ad esempio, la partecipazione ad attività dipromozione dello sviluppo dei paesi di origine, che compare nel fattore“transnazionalità”).

I risultati della misurazione del fattore “leadership e responsabilitàsociale” nella sperimentazione sono riportati nel grafico che segue.

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Leadership e responsabilità sociale

0,17

0,29

0,54

0,37

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Il fattore leadership risulta poco diffuso nelle due località italiane diRoma IX e Viterbo (valore inferiore a 0,33), mentre risulta mediamentediffuso (valore compreso tra 0,33 e 0,66) nelle città di Eindhoven eLovanio, particolarmente in quest’ultima località raggiunge la puntamaggiore. Complessivamente, comunque, in nessuna delle quattro città viè una forte presenza di leader immigrati.

Nel dettaglio, le valutazioni espresse dai focus group circa i singoliindicatori sono quelle che seguono.

Fattore ELeadership eresponsabilità sociale

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Immigrati leaderall'interno di organi-smi consultivi legati algoverno locale

PD 1 ASS 0 D 2 Nonrisp

1,5

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Immigrati leaderall'interno di organi-smi consultivi legati algoverno regionale oprovinciale (o dell'am-bito territoriale diriferimento altrimentiidefinito)

PD 1 PD 1 D 2 Nonrisp

1,5

Immigrati leader nelleONG e nelvolontariato

AS 0 PD 1 PD 1 PD

Immigrati leader nelleorganizzazionisindacali

PD 1 PD 1 PD 1 AS 0

Immigrati leader nelleorganizzazioniimprenditoriali

AS 0 ASS 0 PD 1 AS 0

Immigrati leader neipartiti politici ocandidati nellecompetizioni elettorali

AS 0 PD 1 D 2 PD 1

Presenza di associa-zioni immigrate forti eben organizzate

PD 1 D 2 D 2 MD 3

Artisti e scrittoriimmigrati che hannoottenuto premi ericonoscimenti

AS 0 PD 1 D 2 PD 1

TOTALE 4 7 13 8

Indice fattoreLeadership e resp.sociale

0,17 0,29 0,54 0,33

Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO D=DIFFUSO PD=POCO DIFFUSO AS=ASSENTE

Dai focus group sono emerse alcune ulteriori osservazioni sui singoliindicatori e, più in generale, sul tema della leadership degli immigrati,soprattutto in ambito politico.

Innanzitutto, si è sottolineato lo stretto legame tra diritto di voto epossibilità di arrivare a posizioni di leadership all’interno, non solo diorgani elettivi, ma anche di partiti e altre formazioni politiche. Infatti, èestremamente difficile che, finché gli immigrati non sono integrati come

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base elettorale, risulti conveniente ai partiti promuoverli al vertice delleproprie strutture.

Nei focus group italiani si sono inoltre fortemente criticate le esperienzedei consiglieri comunali e municipali aggiunti, eletti unicamente dalla baseimmigrata, e di fatto espressione esclusivamente di quest’ultima(soprattutto delle associazioni e comunità maggiormente organizzate). Si èsottolineato che gli immigrati che risiedono da lungo tempo nella città onel quartiere, potrebbero invece assumere una rappresentanza piùgenerale della cittadinanza, cosa che sarebbe invece possibile conl’estensione dell’elettorato passivo e attivo in senso pieno agli immigrati dilunga residenza, nelle elezioni amministrative. È inoltre emerso che iconsiglieri aggiunti hanno pochissimo potere e strumenti di intervento.Molto importante è, quindi, nel valutare la leadership, considerare nonsolo la copertura di incarichi ma anche il potere effettivamente esercitato.

2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Leadership e responsabilità sociale”riguarda l’esercizio di funzioni di guida all'internodi organismi politici, organi del governo locale,associazioni, ONG, sindacati, ecc., non soltantonei luoghi di rappresentanza delle comunitàimmigrate, ma anche in ambiti decisionali dovesono in gioco gli interessi della popolazione nelsuo complesso.

Gli indicatori proposti per la misurazione del fattore sono i seguenti.

Indicatori di Leadership e responsabilità sociale

40. Presenza di immigrati leader all'interno di organismi consultivi legati algoverno municipale o comunale (+)

41. Presenza di consiglieri comunali o municipali immigrati (+)

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94

42. Presenza di immigrati leader nelle ONG e nel volontariato non connotatietnicamente (+)

43. Presenza di immigrati leader nelle organizzazioni sindacali (+)

44. Presenza di immigrati leader nelle organizzazioni imprenditoriali (+)

45. Presenza di immigrati leader nei partiti politici o candidati nellecompetizioni elettorali (+)

46. Presenza di associazioni immigrate forti e ben organizzate (+)

47. Presenza di artisti e scrittori immigrati che hanno ottenuto premi ericonoscimenti (+)

48. Presenza di immigrati leader negli organi di rappresentanza scolastici (+)

3. Indicazioni operative

Indicatore 40

Si può trattare, ad esempio, dei consiglieri comunali aggiunti, presenti inalcune municipalità italiane, oppure di presidenti di commissioni econsulte che affiancano il governo locale.

Indicatore 41

Si intende, immigrati che non possiedono la cittadinanza del paese. Eovviamente possibile solo se esiste il diritto di voto amministrativo per gliimmigrati.

Indicatore 42

Si considerano connotate etnicamente quelle associazioni che rappresenta-no solamente una comunità o un numero limitato di comunità nazionali.

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Indicatori 43, 44,45

Per immigrati leader si intende persone nominate o elette all’interno degliorganismi dirigenti.

Indicatore 47

Ovviamente, la valutazione deve tenere conto del fatto che l’ottenimentodi premi e riconoscimenti riguarda, di per sé, necessariamente pochiindividui. Il poco o molto diffuso va dunque visto soprattutto in relazioneal peso relativo delle comunità immigrate tra la popolazione.

Indicatore 48

Si intende soprattutto genitori eletti nei consigli scolastici, ma anche adesempio studenti eletti tra le rappresentanze degli alunni delle scuolemedie e superiori.

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Capitolo DodicesimoFattore G “Stima pubblica”

1. Il fattore e il processo di validazione

Si può considerare importante per il processo di integrazione degliimmigrati qualificati il fatto che essi siano, non soltanto accettati dallasocietà ricevente, ma stimati per le loro capacità e per le loro potenzialità.E’ importante che venga accettata la possibilità che ricoprano incarichilavorativi di alto livello (Istituto di Studi sull’Opinione Pubblica, 2000). Lastima pubblica verso l'immigrato qualificato si esprime nell'attribuzione diuno status sociale paragonabile a quello di nativi con uguali titoli. A voltegli immigrati qualificati arrivano a soffrire fortemente per l’incongruenzatra il loro status nel paese di origine e quello attuale (Gunnesteinsdottir,2004).

Tuttavia, in una società caratterizzata da un valore sempre più relativodegli status e dei ruoli, la stima pubblica si esercita anche e soprattutto nelriconoscimento del valore del lavoro e dell'azione sociale che l’immigratosvolge o potrebbe svolgere nei vari ambiti in cui è inserito. Inoltre, la stimaverso l’immigrato da parte della società ricevente si manifestanell’individuarlo come potenziale elettore, utente, consumatore enell’interesse verso la cultura di cui egli è portatore. In questo senso, èfondamentale l’immagine dell’immigrato-tipo veicolata dai mass media,che spesso è tutt’altro che quella di una persona competente e qualificata(ERCOMER, 2002). La persistenza della stima pubblica si traduce, infine,nella possibilità per l’immigrato di trasferirsi da un luogo all’altro delpaese senza particolari difficoltà di reinserimento.

Di seguito vengono riportati gli indicatori identificati per la rilevazionedi questo fattore nella prima versione del modello.

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Opinioni dei cittadini favorevoliall'inserimento degli immigratiqualificati in posizioni lavorativeelevate (+)

Paese: ItaliaFonte: Istituto di Studi sull'OpinionePubblica, 2000

Opinioni dei cittadini favorevoliall'assunzione da parte degli immigratidi funzioni di leadership nell'ambito delgoverno locale (+)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Conoscenza da parte dei cittadini dileader e intellettuali immigrati (+)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Presenza di immigrati che appaiono inposizione qualificata nei media (+)

Paesi: Olanda, ItaliaFonte: interviste a informatori qualificati(LSC 2005)

Diffusione di corsi di avvicinamentoalla lingua e alla cultura delle comunitàimmigrate per i cittadini comuni (+)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Diritto al voto locale per gli immigrati(+)

Paese: OlandaFonte: interviste informatori qualificati(LSC 2005)

Restrizioni nell'accesso alle occupazioninella funzione pubblica (-)

Paesi: Regno Unito, Belgio (e altri)Fonte: Glover et al., 2004; interviste ainformatori qualificati (LSC 2005)

Attenzione verso immigrati eminoranze etniche nel marketing (+)

Paesi: Italia, Francia, SpagnaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Mobilità degli immigrati qualificati sulterritorio nazionale senza difficoltà direinserimento (-)

Paese: ItaliaFonte: Laboratorio di scienze dellacittadinanza

Come è stato giustamente fatto notare da alcuni esperti consultati sulmodello, gli indicatori sono di natura diversa. Alcuni tentano di coglieredirettamente l’opinione pubblica. Essendo, tuttavia, quest’ultima difficileda riportare, se non in presenza di sondaggi e ricerche specifiche (la cuirealizzazione esula dalla procedura del presente modello), vengonointrodotti anche indicatori che si riferiscono a come la stima di una societàverso gli immigrati viene tradotta:

— dai legislatori e dagli amministratori, in provvedimenti volti adallargare la sfera dei loro diritti politici e a considerarli affidabili nellosvolgimento di attività di pubblico interesse;

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— dagli operatori economici e finanziari, in azioni che considerano gliimmigrati qualificati come una fascia di consumatori interessante erilevante;

— dagli operatori dei media, in rappresentazioni degli immigrati che licollocano in posizioni qualificate.

Tali indicatori sono forse meno prossimi al fenomeno della stimapubblica di quelli basati sulla opinione dei cittadini, ma in compenso sonopiù direttamente osservabili.

Un’altra osservazione di carattere generale da tenere presente è che lastima pubblica nei confronti degli immigrati spesso varia a seconda dellenazionalità, andando a creare una sorta di “gerarchia” di gradimento dellevarie comunità nazionali.

Alcune osservazioni specifiche degli esperti hanno riguardato singoliindicatori.

Circa le restrizioni per l’accesso alla funzione pubblica, è stato giudicatoeccessivo considerarle un segno di bassa stima verso gli immigrati,essendo tali restrizioni largamente diffuse in pressoché tutti gli statieuropei, e anche nei confronti dei cittadini della UE.

Circa il marketing verso gli immigrati, si è sottolineato che quest’ultimoè condizionato, non soltanto dalla percezione che ne hanno gli operatorieconomici, ma anche dall’esistenza di un numero di soggetti sufficiente acostituire un segmento di mercato interessante per le aziende. Questoelemento va tenuto senz’altro in considerazione in sede di interpretazionedei risultati di questo indicatore, soprattutto in paesi che non hannoancora una forte presenza di popolazione immigrata.

È stato poi proposto di aggiungere tra gli indicatori anche la diffusionedi discorsi xenofobi nella comunicazione pubblica (politica, istituzionale,mediatica, ecc.), suggerimento che è stato raccolto con un appositoindicatore.

La misurazione del fattore nelle quattro municipalità dellasperimentazione ha dato i risultati che seguono.

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100

Stima pubblica

0,370,41

0,480,44

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Come si può notare, in tutte e quattro le municipalità, l’indice del fattorestima pubblica assume un valore intermedio (compreso tra 0,34 e 0,66).Nel dettaglio, i focus group hanno espresso le seguenti valutazioni suisingoli indicatori.

Fattore GStima pubblica

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Opinioni dei cittadinifavorevoli all'inserimentodegli immigrati qualificati inposizioni lavorative elevate

PD 1 D 2 PD 1 D 2

Opinioni dei cittadinifavorevoli all'assunzione daparte degli immigrati difunzioni di leadershipnell'ambito del governolocale

PD 1 PD 1 PD 1 PD 1

Conoscenza da parte deicittadini di leader eintellettuali immigrati

PD 1 PD 1 PD 1 Nonrisp

1,5

Presenza di immigrati cheappaiono in posizionequalificata nei media

D 2 D 2 PD 1 AS 0

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Diffusione di corsi diavvicinamento alla lingua ealla cultura delle comunitàimmigrate per i cittadinicomuni

PD 1 D 2 PD 1 PD 1

Diritto al voto locale per gliimmigrati

NO 0 AS 0 SI 3 SI 3

Restrizioni all'accesso delleoccupazioni nella funzionepubblica

SI 0 SI 0 SI 0 SI 0

Attenzione verso immigratie minoranze etniche nelmarketing

MD 3 D 2 D 2 D 2

Immigrati qualificati che sitrasferiscono da una zonaall'altra senza particolaridifficoltà di inserimento(era: Mobilità degliimmigrati qualificati sulterritorio nazionale senzadifficoltà di reinserimento)

PD 1 PD 1 MD 3 Nonrisp

1,5

TOTALE 10 11 13 7

Indice fattore stima pubblica 0,37 0,41 0,48 0,44Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO D=DIFFUSO PD=POCO DIFFUSO AS=ASSENTE

Dai focus group sono emerse ulteriori osservazioni, oltre allevalutazioni appena riportate.

Innanzitutto, è stato segnalato (sia a Lovanio che a Eindhoven) unproblema a monte, e cioè la scarsa percezione da parte della cittadinanzadegli immigrati qualificati come gruppo separato e riconoscibile dal restodella popolazione immigrata. Gli immigrati, si è detto ad Eindhoven, sonoraramente visti come singoli individui piuttosto che come gruppoomogeneo. La capacità di distinguere gli immigrati qualificati andrebbe,quindi, inserita come un item a sé. Questo difetto di percezione spiegaanche perché sia stata segnalata come “poco diffusa”, a Roma IX e aLovanio, un’opinione favorevole dei cittadini all’inserimento degliimmigrati qualificati in posizioni lavorative elevate. A Roma IX, si èsottolineata la paura degli italiani di una concorrenza con i laureatiautoctoni sul mercato del lavoro, anche se vi sarebbe una minoranza dicittadini favorevole all’ascesa professionale degli immigrati. AdEindhoven si è affermato che gli immigrati qualificati di successo negliambienti di lavoro sono accettati come gli altri colleghi. Questo anche sepuò esservi comunque qualche caso di discriminazione, ad esempio da

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parte di datori di lavoro che hanno avuto cattive esperienze con gliimmigrati nel passato. È semmai nel vicinato che gli immigrati qualificatirealizzati professionalmente possono suscitare l’invidia di alcuni gruppi dipopolazione autoctona, soprattutto nei quartieri a basso reddito.

Un altro indicatore che ha provocato commenti è quello relativo allafacilità di trasferimento e reinserimento nel territorio. A Roma, si èriportata l’esistenza di difficoltà di trasferimento da una zona all’altra dellacittà, non solo di natura sociale (es. accettazione delle nuove venute daparte delle altre mamme nella scuola del quartiere), ma anche di carattereburocratico (es. pratiche di cambio del domicilio).

In realtà, nel fattore dovrebbero rientrare soprattutto le prime. ALovanio, si è messo in evidenza che il problema di accettazione nelvicinato è molto ridimensionato dal carattere della vita urbana moderna,dove i rapporti di vicinato sono sempre più rarefatti. Si è però riconosciutoche tale problema esiste, soprattutto per quegli immigrati cheappartengono alle minoranze più “visibili”.

Alcune difficoltà di interpretazione sono state incontrate anche circal’indicatore relativo al marketing. Ci si è chiesto se ci si riferisca almarketing svolto da imprese locali, nazionali o trasnazionali, attraverso imass media o solo al livello locale. La nuova formulazione dell’indicatoreproposta di seguito dovrebbe contribuire a superarle.

2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Stima pubblica” può essere definitocome l’esistenza di un adeguato riconoscimentodella presenza, delle capacità e delle potenzialitàdegli immigrati qualificati, da parte dellacittadinanza e degli attori politici, economici esociali, che viene in evidenza a partire darappresentazioni, opinioni, immagini, forme diriconoscimento pubblico, manifestazioni dirispetto ed interesse, e così via.

Alla luce di quanto appena esposto, si propone la misurazione delfattore stima pubblica attraverso i seguenti indicatori.

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Indicatori di “Stima pubblica”

49. Conoscenza da parte dei cittadini dell’alto livello di istruzione di moltiimmigrati (+)

50. Presenza di discorsi di tipo xenofobico nella comunicazione pubblica locale(-)

51. Conoscenza da parte dei cittadini di leader e intellettuali immigrati (+)

52. Presenza di immigrati che appaiono in posizione qualificata nei media (+)

53. Successo di iniziative di lifelong learning guidate da immigrati (corsi dilingua, cultura, danza, musica, ecc.) (+)

54. Diritto al voto locale per gli immigrati (+)

55. Attenzione verso immigrati e minoranze etniche nel marketing delleimprese operanti al livello locale (+)

56. Difficoltà degli immigrati qualificati ad inserirsi socialmente in quartieri diclasse media (-)

3. Indicazioni operative

Indicatore 50

Si può trattare, ad esempio, di affermazioni a carattere xenofobicopronunciate in pubblico da parte di politici locali, leader religiosi, capi diorganizzazioni di quartiere, ecc., oppure riportate in mass media a fortediffusione al livello locale.

Indicatore 51

Può trattarsi della conoscenza di leader e intellettuali immigrati cherisiedono nella zona, così come anche residenti altrove (ad esempio, chehanno preso parte a iniziative e manifestazioni culturali che si sono svoltenella zona)

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Indicatore 52

Ci si riferisce sia alla fiction, dove gli immigrati siano presentati in ruoliqualificati (medici, infermieri, poliziotti, ecc.), sia alle news, laddove adesempio siano utilizzati conduttori di origine immigrata. I mass media diriferimento sono sia quelli nazionali più ascoltati localmente, che quellilocali.

Indicatore 55

Si può trattare anche di aziende di servizi a carattere anche multinazionaleo nazionale, che hanno filiali locali (ad esempio, filiali di banche). Sonoescluse le più ovvie attività di marketing svolte da imprese “etniche” neiconfronti della propria comunità di riferimento.

Indicatore 56

Un esempio di difficoltà può essere rappresentato dalla esistenza dipregiudizi da parte dei proprietari di alloggi nei confronti di famiglie diimmigrati qualificati che vogliono affittare o comprare un’abitazione. Unaltro esempio può essere costituito da un atteggiamento di diffidenza daparte dei genitori autoctoni nei confronti di padri e madri di origineimmigrata di nuovi alunni di scuole materne o elementari.

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Capitolo TredicesimoFattore H “Opinioni degliimmigrati qualificati sullasocietà ricevente”

1. Il fattore e il processo di validazione

La dimensione soggettiva dell'integrazione, legata alle modifiche e alrimodellamento delle identità, è particolarmente importante, in generale,per tutti gli immigrati. Essa lo è ancor più per individui ad alta soggettivitàcome gli immigrati qualificati. Su tale dimensione incidonosignificativamente le opinioni e le rappresentazioni che gli immigrati siformano circa il paese ricevente, delle sue istituzioni, della sua burocrazia,dei suoi cittadini e così via. A queste rappresentazioni sono collegate leaspettative circa il proprio inserimento lavorativo e sociale, lo sviluppo dimeccanismi di adattamento, la messa in atto di comportamenti diautoisolamento o invece di apertura e così via. Naturalmente, si tratta diaspetti che possono essere indagati in profondità soltanto interrogando isingoli individui, dunque mediante apposite survey (Reinsch, 2001).Tuttavia, poiché opinioni e rappresentazioni tendono a esprimersisocialmente, possono essere raccolte alcune informazioni su di essi ancheattraverso informatori-chiave che siano a stretto contatto con gli immigratiqualificati. In alcuni casi, poi, esse si traducono in atti pratici, come larichiesta della cittadinanza (NOP Business, 2002). D’altra parte,l’omissione, in un modello come lo SMIAM, degli aspetti interioridell’integrazione costituirebbe una grave lacuna.

Nella versione provvisoria del modello venivano dunque identificatiper la misurazione del fattore in questione i seguenti indicatori.

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Percezione di avere opportunità diavanzamento economico nel paesericevente (+)

Paese: OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Formarsi di opinioni negative sulpaese ricevente tra gli immigratiqualificati a seguito dell'impatto con laburocrazia (-)

Paese: ItaliaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Basse aspettative degli immigratiqualificati di accedere a occupazioni dialto livello (-)

Paese: ItaliaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005) (LSC 2005)

Delusione degli immigrati leaderverso gli organismi consultivisull'immigrazione (-)

Paese: ItaliaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Soddisfazione per la propriacondizione nella società ricevente (+)

Paese: OlandaFonte: interviste a informatoriqualificati (LSC 2005)

Propensione alla permanenza nelpaese ricevente (+)

Paese: Regno UnitoFonte: NOP Business, 2002.

Propensione alla richiesta dellacittadinanza (+)

Paese: Regno UnitoFonte: NOP Business, 2002.

Poche osservazioni sono provenute dagli esperti su questo fattore e suisuoi indicatori. Circa la propensione alla richiesta della cittadinanza, si èraccomandato di tenere conto del diverso regime che regola la suaconcessione nei vari paesi e, in particolare, della possibilità di mantenere ladoppia cittadinanza. È una variabile da tenere in conto, nella spiegazionedegli eventuali differenti risultati da una realtà nazionale all’altra. Non sitratta comunque dell’unico fattore che influisce sulla tendenza arichiederla. La facilità con cui la si consegue, ad esempio, è senz’altroun’altra variabile rilevante.

La misurazione del fattore “opinione degli immigrati qualificati sullasocietà ricevente” nelle quattro municipalità della sperimentazione ha datoi risultati riportati nel grafico che segue.

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Opinioni degli immigrati qualificati sulla società ricevente

0,380,43

0,570,52

0,00,10,20,30,40,50,6

0,70,80,91,0

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Questo fattore appare, nel complesso, mediamente presente nellequattro municipalità, essendo l’indice ricompreso tra 0,33 e 0,66 in tutti equattro i casi.

Per comprendere quali singoli item contribuiscono a concorrere a talerisultato, si riportano di seguito le valutazioni espresse dai focus groupcirca i singoli indicatori.

Fattore HOpinioni degli immigratiqualificati sulla societàricevente

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Percezione di avereopportunità diavanzamento economiconel paese ospite

MD 3 D 2 PD 1 Nonrisp

1,5

Formarsi di opinioninegative sul paese ospitea seguito dell'impatto conla burocrazia

MD 0 MD 0 MD 0 Nonrisp

1,5

Basse aspettative degliimmigrati qualificati diaccedere a occupazioni dialto livello

MD 0 MD 0 PD 2 D 2

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Delusione degli immigratileader verso gli organismiconsultivisull'immigrazione

MD 0 MD 0 D 1 MD 3

Soddisfazione per lapropria condizione nellasocietà ospite

PD 1 PD 1 D 2 AS 0

Propensione allapermanenza nel paeseospite

D 2 MD 3 MD 3 Nonrisp

1,5

Propensione alla richiestadella cittadinanza

D 2 MD 3 MD 3 Nonrisp

1,5

TOTALE 8 9 12 11

Indice fattore opinioni 0,38 0,43 0,57 0,52Legenda: MD=MOLTO DIFFUSO D=DIFFUSO PD=POCO DIFFUSO AS=ASSENTE

In relazione a quanto accennato sopra, nel focus group di Viterbo è statoosservato che la cittadinanza viene richiesta, ma spesso non vieneconcessa. A Roma IX, si è notata la scarsa propensione a richiederla di unparticolare gruppo nazionale, quello filippino.

Quanto al rapporto con la burocrazia, che è risultato in generaledifficile, a Lovanio si è però obiettato che le lamentele su di essa sonodiffuse anche presso la popolazione autoctona.

È da notare come nei focus group italiani siano state segnalate,contemporaneamente, basse aspettative circa la possibilità di inserirsi inoccupazioni di alto livello e atteggiamenti ottimistici verso le proprieprospettive di avanzamento economico. Evidentemente, molti immigratiqualificati ricercano e spesso trovano altre strade, prima tra tutti quellaimprenditoriale (in forte crescita in Italia), rispetto a quelladell’inserimento lavorativo qualificato. Questo risultato conferma che hasenso mantenere due indicatori distinti. Altra interessante contraddizioneè quella tra insoddisfazione per la propria condizione e propensione allapermanenza. Nel focus group di Roma IX si è osservato, comunque, che lavolontà di restare dipende anche dalla situazione del proprio paese diorigine (in altre parole, dai fattori push oltre che da quelli pull). Questo puòspiegare alcune situazioni – particolarmente quelle dei rifugiati politici –ma non altre in cui vi potrebbe essere, effettivamente, una affezione versoil paese ricevente “nonostante tutto”, che può essere un segno moltoimportante di integrazione.

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2. Il fattore validato e i suoi indicatori

Il fattore “Opinioni degli immigrati qualificati sulpaese ricevente” riguarda, dunque, l’insieme deigiudizi, delle aspettative, delle rappresentazioniche gli immigrati si formano del paese ricevente,delle sue istituzioni, della sua burocrazia, dei suoicittadini e delle proprie possibilità di inserimento.

Per la misurazione del fattore si suggerisce quindi l’uso dei seguentiindicatori.

Indicatori di “Opinioni degli immigrati qualificati sul paese ricevente”

57. Percezione di avere opportunità di avanzamento economico nel paesericevente (+)

58. Formarsi di opinioni negative sul paese ospite a seguito dell'impatto conla burocrazia (-)

59. Basse aspettative degli immigrati qualificati di accedere a occupazioni dialto livello (-)

60. Delusione degli immigrati leader verso gli organismi consultivisull'immigrazione (-)

61. Soddisfazione per la propria condizione nella società ricevente (+)

62. Propensione alla permanenza nel paese ricevente (+)

63. Propensione alla richiesta della cittadinanza (+)

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3. Indicazioni operative

Indicatore 60

Con questo indicatore si può misurare, più in generale, il gradimento degliimmigrati qualificati verso le politiche di integrazione che vengono loroproposte, in particolare quelle che tentano di coinvolgerli attraverso formedi partecipazione diretta o di rappresentanza.

Indicatore 62

Può essere evinta anche da dati statistici quali, ad esempio, la lunghezzamedia del soggiorno.

Indicatore 63

Occorre fare attenzione a rilevare le richieste, non il numero di persone cuiviene concessa, che può essere in alcuni paesi molto inferiore.

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PARTE QUARTAMETODOLOGIA E INDICI

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Capitolo QuattordicesimoLa metodologia del modello ingenerale

In questa parte del documento si tratta della impostazionemetodologica dello SMIAM. Nel presente capitolo, si presentarapidamente il metodo suggerito nel suo insieme. Nei capitoli successivi, siapprofondiscono rispettivamente la scelta delle unità territoriali minimeper la rilevazione e la realizzazione dei focus group (capitoloquindicesimo), la elaborazione dei risultati in indici (capitolo sedicesimo) ela formulazione di profili per la comparazione dei risultati (capitolodiciassettesimo), utilizzando esempi pratici provenienti dalla applicazionesperimentale del modello.

Alcuni elementi della impostazione metodologica generale del modellosono stati già accennati nel capitolo terzo. Si ricorda, a questo proposito,che lo SMIAM è un modello e, al tempo stesso, una procedura perconsultare, mobilitandoli, i soggetti-chiave presenti in un dato territorio, alfine di ricostruire un quadro il più possibile attendibile della situazionecirca alcuni aspetti specifici della integrazione degli immigrati qualificati,in vista dell’individuazione dei punti di forza e di debolezza checaratterizzano tale processo e che possono essere oggetto di interventi daparte delle politiche pubbliche, nel più generale contesto delle politiche diintegrazione e non solo in esse. Lo SMIAM, in generale, tende a utilizzareal massimo tutte le fonti di informazione esistenti sul fenomeno oggettodi indagine, favorendo la loro integrazione reciproca e soprattutto unainterpretazione volta a dare a tale informazione un significato.

Come si è spiegato nel capitolo quarto, lo SMIAM non ha la pretesa divalutare in che misura si è compiuto il processo di integrazione degliimmigrati qualificati, quanto piuttosto quello di verificare la qualità di taleprocesso. Per fare ciò, anziché trattare la qualità dell’integrazione come

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una sorta di variabile continua, si è preferito identificare concretamenteuna tassonomia di fattori che concorrono a produrla. Questi ultimirappresentano altrettanti ambiti nei quali la qualità dell'integrazione puòessere valutata separatamente, in base a un insieme di indicatori discreti.

1. Ambito territoriale di riferimento

Per avviare l’applicazione del modello, occorre innanzitutto identificarel’ambito territoriale di riferimento (ATR) della valutazione che si va adeffettuare.

Tale ambito dovrebbe coincidere con quello in cui vengonoprogrammate e gestite le politiche di integrazione degli immigrati. In moltistati, in seguito ai processi di decentramento amministrativo, tale ambitotende a corrispondere con la regione o la provincia (o entitàamministrativa analoga con denominazioni differenti –al livello NUTS 2della classificazione statistica delle regioni europee).

2. L’unità territoriale minima

All’interno dell’ambito territoriale di riferimento è quindi necessarioidentificare le unità territoriali minime (UTM) (gli “individui” delmodello). Tali unità territoriali devono essere abbastanza omogenee al lorointerno e, soprattutto, sufficientemente piccole perché sia possibileidentificare fonti attendibili di informazione sui fenomeni oggetto diindagine. Dalla ricerca è emerso come, almeno per quanto riguarda le fontivive (informatori chiave), il livello nazionale e quello regionale sianotroppo elevati perché i soggetti che vi operano abbiano una conoscenzadiretta dell’esperienza degli immigrati qualificati. Il livello maggiormenteappropriato appare invece quello municipale.

All’interno dell'ambito territoriale di riferimento occorre quindiselezionare un campione di municipalità, possibilmente rappresentativedelle diverse realtà socioeconomiche in esso presenti (vedi capitoloquindicesimo

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Il numero di UTM selezionate in ogni ambito territoriale di riferimentodipende dalle risorse a disposizione e dalla dimensione e ampiezzademografica dell’ATR stesso. Tuttavia, si suppone che non debba essereinferiore a 6 unità. Nel caso di aree urbane di grande dimensione, puòessere opportuno selezionare zone più piccole al loro interno, basandosisulle suddivisioni amministrative esistenti.

3. Fonti

Le fonti da utilizzare per l’applicazione del modello sono di due tipi:

— fonti documentarie (es. relazioni statistiche, normativa, documentidi politica pubblica, rapporti, ricerche);

— fonti vive (key-persons), attraverso la realizzazione di focus group.

La tecnica dei focus group qui proposta consiste in una consultazionedelle fonti vive che può essere definita come:

— coordinata, cioè gestita, secondo procedure e con strumenti standard,da un ricercatore esperto (moderatore);

— multilaterale, in altre parole che coinvolge informatori qualificati cherappresentano i diversi punti di vista in gioco;

— interattiva, nel senso che incoraggia la interazione e la discussione tragli individui consultati in modo che i rispettivi punti di vista siconfrontino tra di loro.

Tali caratteristiche fanno sì che le informazioni provenienti dallaconsultazione abbiano un maggiore fondamento intersoggettivo, e quindiuna maggiore attendibilità. I focus group riuniscono 8-10 persone-chiave ,cioè persone che, per la loro posizione sociale o professionale, posseggonouna o più chiavi di accesso a pool di informazione riguardanti l’oggetto diindagine (ad esempio, in quanto immigrati qualificati e/o operatori diservizi per l’impiego). Le persone-chiave devono arrivare a concordare tradi loro circa l’esistenza o meno (o in alcuni casi il grado di diffusione) deifenomeni indicatori relativi ai fattori utilizzati dal modello nell’unitàterritoriale minima di riferimento. Il focus group qui proposto, come si ègià accennato nel capitolo terzo, è un focus group sui generis o per lo menocon caratteristiche molto precise, tra cui una eterogeneità dei partecipanti,un più alto livello di strutturazione rispetto ai focus group tradizionali el’uso di procedure e strumenti tecnici standard.

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Si propone quindi che le persone-chiave da convocare in ciascun focusgroup siano rappresentate:

— per la metà (4-5 persone) da immigrati qualificati di diversenazionalità;

— per l’altra metà (4-5 persone) da operatori quali: rappresentanti deiservizi e degli enti che si occupano di integrazione degli immigrati;operatori dei servizi per l’impiego; esponenti di organizzazionisindacali e imprenditoriali; leader di ONG o associazioni divolontariato (la tipologia non è esaustiva e può essereeventualmente adattata alla realtà di ciascun paese/regione; èimportante in ogni caso bilanciare la componente governativa conquella non governativa e mantenere la comparabilità tra UTM).

4. Strumenti tecnici

Gli strumenti che vengono utilizzati per la consultazione delle fonti sonoi seguenti:

— una griglia per la raccolta e l’analisi della documentazione, basatasull’insieme dei fattori e indicatori del modello;

— una traccia per la discussione nei focus group, simile a unquestionario parzialmente strutturato, in cui, da una parte, i singoliindicatori del modello vengono sottoposti, in forma di domande, aipartecipanti al focus group; dall’altra, vi sono ampi spazi perregistrare osservazioni e spiegazioni libere a integrazione dellevalutazioni effettuate.

5. Procedura

La procedura per la raccolta delle informazioni, su cui si ritornerà piùapprofonditamente nel capitolo quindicesimo, prevede in primo luogo laraccolta e analisi delle fonti documentarie (ad esempio, elenchi erelazioni delle camere di commercio sulla imprenditorialità immigrata, lalegislazione circa le limitazioni all'accesso alle professioni). Da esse sitraggono elementi conoscitivi in relazione a quella parte (si presume,relativamente piccola) di indicatori sui quali esistono dati al livellodell’ATR e delle singole UTM.

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In seguito, viene convocato un focus group per ogni UTM, in cuivengono comunque riproposti tutti gli indicatori sotto forma di domandecontenute nella traccia per la discussione. Le informazioni raccolteattraverso l’analisi della documentazione sono riportate in una griglia cheviene utilizzata nei focus group dal moderatore e va pertanto a costituireun ausilio per la discussione e la formulazione dei giudizi (vedi capitoloquindicesimo).

6. Punteggio degli indicatori

Le risposte date dal focus group alle domande contenute nella tracciadella discussione, corrispondenti agli indicatori del modello, vengonocodificate con un sistema di punteggi che assegna a ciascuna risposta unvalore compreso tra 0 e 3 (da un minimo a un massimo di qualitàdell’integrazione) (vedi capitolo sedicesimo).

7. Calcolo degli indici

Sulla base dei punteggi ottenuti sui singoli indicatori, si calcolano indiciparziali relativi a ciascuno degli otto fattori considerati nel modello (vediparte terza), e un indice di qualità dell’integrazione degli immigratiqualificati (IQI).

Per il calcolo di entrambi i tipi di indici valgono i seguenti criteri:

— ogni indice viene misurato a livello di unità territoriale minima;

— tutti gli indici hanno un campo di variazione 0/1.

Per le modalità di calcolo degli indici parziali, relativi ai singoli fattori, siveda il capitolo sedicesimo.

Infine, l’IQI viene calcolato per ogni UTM attraverso una mediaaritmetica degli indici relativi ai singoli fattori, in cui tuttavia il fattorequalità del lavoro ha peso doppio. Questa scelta deriva da uno deifondamenti teorici del modello, e cioè la centralità dell’inserimentolavorativo ai fini della integrazione degli immigrati qualificati. Sistemi piùsofisticati di ponderazione potranno essere messi a punto in seguito a unsufficiente numero di applicazioni del modello.

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8. Profili

Oltre che calcolare indici, a partire dai dati disponibili circa i livelli diintegrazione degli immigrati, è possibile tracciare profili:

— per ogni singolo fattore di integrazione, ponendo le diverse UTM inascissa e la intensità del fattore in ordinata;

— per l’insieme dei fattori di integrazione, ponendo tali fattori diintegrazione in ascissa e le relative intensità in ordinata.

I profili possono essere tracciati, sia per ogni singola UTM, sia perinsiemi maggiormente aggregati (ad esempio, tutte le UTM di un ATR).

A fini comparativi, su una stessa figura si possono tracciare più profili(ad esempio, i singoli profili di tutte le UTM di una ATR). Attraverso talefigura, sarà quindi possibile effettuare comparazioni tra le UTM(identificando, ad esempio, caso per caso, i fattori di integrazionemaggiormente problematici).

La formulazione dei profili viene trattata più approfonditamente nelcapitolo sedicesimo.

9. Output

L'applicazione del modello attraverso il calcolo degli indici parziali edell'Indice Generale di Integrazione e il disegno dei profili consentono didisporre di un insieme di informazioni sulla presenza dei singoli fattori diintegrazione e sulla qualità dell’integrazione degli immigrati qualificati.Tali informazioni hanno valore nel contesto di una comparazione - traunità territoriali minime, tra ambiti territoriali di riferimento diversi, o tramomenti differenti nel tempo all'interno della medesima UTM o delmedesimo ambito territoriale di riferimento. Difficilmente, per il modo incui vengono raccolte e formalizzate, le informazioni possono invece avereun valore assoluto di misurazione della distanza rispetto a una qualitàottimale dell’integrazione.

I risultati dell'applicazione del modello possono essere formalizzatiattraverso tabelle, grafici, ecc. e divenire oggetto di discussione nell'ambitodi un rapporto finale. È possibile, a partire dall'analisi della differentepresenza dei fattori di integrazione nelle varie UTM e negli ambiti

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territoriali di riferimento, ricavare indicazioni circa gli aspettidell'integrazione su cui è maggiormente prioritario incidere attraverso lepolitiche.

10. Fasi e tempi

Si formula l'ipotesi che l’applicazione del modello possa avvenire in unarco di tempo tra i tre e i sei mesi, suddivisi in tre fasi principali, ognunadella durata di uno o due mesi.

Prima Fase

a. identificazione dell’ambito territoriale di riferimento;

b. raccolta di documentazione al livello dell'ambito territoriale diriferimento;

c. identificazione delle unità territoriali minime;

d. predisposizione degli strumenti tecnici;

e. raccolta e analisi della documentazione al livello delle unità territorialiminime;

f. elaborazione dell’informazione proveniente dalla documentazione dautilizzare nei focus group.

Seconda Fase

g. identificazione delle key persons (definizione della tipologia;identificazione delle persone);

h. convocazione dei focus group;

i. realizzazione dei focus group.

Terza Fase

j. Elaborazione dei risultati dei focus group, con calcolo degli indiciparziali (relativi ai singoli fattori) e di quello generale IQI (relativo allivello complessivo di integrazione degli immigrati qualificati) nelleUTM;

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k. Elaborazione di rappresentazioni (tabelle, profili, ecc) funzionali allacomparazione;

l. redazione di un rapporto finale.

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Capitolo QuindicesimoLa scelta delle UTM e i focusgroup

1. La scelta delle Unità Territoriali Minime

Come si è già accennato nel capitolo precedente, lo SMIAM prevede chela valutazione della qualità dell’integrazione venga effettuata in unAmbito Territoriale di Riferimento (ATR) che corrisponde, salvo eccezionimotivate dalla situazione specifica di singoli paesi, alla regione, allaprovincia o a un’unità territoriale equivalente (NUTS 2).

Dal punto di vista operativo, però, è necessario individuare, all’internodell’area prescelta, Unità Territoriali Minime (UTM) relativamenteomogenee al proprio interno e, soprattutto, abbastanza piccole affinché siapossibile identificare fonti attendibili di informazione sui fenomenioggetto di indagine. Sempre salvo eccezioni motivate da specifichesituazioni, il livello più appropriato per la identificazione delle UTM èquello della municipalità. Nel caso di grandi aree urbane, può essereopportuno selezionare zone più piccole, utilizzando le suddivisioniamministrative già esistenti, e considerarle come UTM.

Occorre dunque selezionare un campione di località rappresentativodelle diverse realtà socioeconomiche presenti nell’ATR, e quindistratificato secondo criteri quali (lista non esaustiva):

— municipalità di piccole, medie o grandi dimensioni (dal punto divista dell’ampiezza demografica e del territorio);

— municipalità urbane o rurali (andranno comunque privilegiate le areeurbane, che presentano spesso una maggiore concentrazione diimmigrati e di servizi);

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— municipalità centrali o periferiche rispetto alle principali vie dicomunicazione;

— municipalità caratterizzate dalla prevalenza di attività agricole,industriali o terziarie;

— municipalità caratterizzate da differenti tipologie di immigrazione.

CARATTERISTICHE DELLE UTM UTILIZZATE NELLASPERIMENTAZIONE

Per la applicazione sperimentale del modello, sono state selezionate, nei tre paesidei partner del progetto – Italia, Belgio, Olanda – municipalità di differentidimensioni e con differenti caratteristiche.

Eindhoven

Eindhoven è una città di 207.900 abitanti situata nella provincia del Noord-Brabant (Paesi Bassi).

La percentuale di popolazione straniera è pari 25,8%, quella di stranieri di paesinon occidentali pari al 14,4% (a fronte di una percentuale nazionale pari al 8,7%).

Le nazionalità maggiormente presenti sono la turca (4,4%), la indonesiana (3,2%),la marocchina (2,3%), la surinamese (1,7%) e l’antillana (1,1%).

I rifugiati sono prevalentemente di nazionalità somala (0,4%), Afgana (0,3%),iraniana (0,2%) e irachena (0,2%).

Si tratta di un importante centro industriale.

Fonte: CBS, 2004

Lovanio

Lovanio è una città di 89.777 abitanti situata nella regione delle Fiandre (Belgio).

Ha una percentuale di stranieri residenti pari al 9% della popolazione. Ilmaggiore gruppo di popolazione straniera è rappresentato da cittadini UE (30%),seguiti da asiatici (25%) e altri europei (12%). La comunità africana rappresental’8%.

La nazionalità non UE maggiormente presente è la cinese, seguita dallamarocchina, la statunitense e la indiana (National Institute of Statistics, 2004).

Si tratta di una città prevalentemente terziaria, sede di una importante università.Da essa è possibile raggiungere facilmente la capitale Bruxelles.

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Viterbo

Viterbo è una città di 59.860 abitanti situata nella regione Lazio (Italia).

Ha una percentuale di stranieri che risultava al 31.12.2003 pari a 2,4%, un datosicuramente sottostimato in quanto precedente all’ultima sanatoria.

Al livello provinciale, le nazionalità maggiormente presenti sono la romena, laalbanese, la ucraina, la marocchina e la macedone (Caritas, 2005).

La città è capoluogo di una provincia caratterizzata da una forte presenza diattività agricole, ed è sede di università.

Per quanto si trovi a meno di cento chilometri dalla capitale, le vie dicomunicazione con essa non sono ottimali, comunque non tali da rendereagevole il pendolarismo (il treno impiega un’ora e quaranta minuti, in automobilesi impiega oltre un’ora).

Roma IX

All’interno della città di Roma (2.547.000 abitanti al censimento 2001) è presenteun numero di 230.000 stranieri registrati, pari al 7% della popolazione residente(Comune di Roma, I cittadini della città, marzo 2005). Secondo una ricerca dialcuni anni fa, i laureati rappresenterebbero il 19,4% della popolazione stranieracittadina (Brandi, 2000).

Per la sperimentazione è stato selezionato uno dei diciannove municipi in cui èsuddiviso il comune, il nono.

Il municipio Roma IX ha una popolazione di 130.520 abitanti, con unapercentuale di stranieri pari al 6,7% (dato al 31.12.2004). Filippini (15%) ePeruviani (8%), Rumeni (7%) ed egiziani (4%) sono i gruppi nazionali prevalentiin questa municipalità (Comune di Roma, 2005).

Nella zona, così come nel resto della città, predominano le attività terziarie. Sitratta di un municipio semicentrale, attraversato da una delle due lineemetropolitane e da cui è quindi facile raggiungere, in pochi minuti, il centrocittadino, che il municipio va a lambire alla sua estremità nord.

2. La preparazione

Una volta identificate le UTM, è necessario compiere alcune operazionipreparatorie per la realizzazione dei focus group.

Una prima operazione è rappresentata dall’avvio di contatti conistituzioni, enti e associazioni locali, nonché singoli immigrati qualificati,funzionali al reperimento dei partecipanti al focus group.

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Come si è già accennato nel capitolo precedente, le persone-chiave dareperire sono di due tipi:

— per la metà (4-5 persone) immigrati qualificati di diversenazionalità;

— per l’altra metà (4-5 persone) operatori - persone che, per la loroposizione professionale o associativa, detengono informazionipreziose sul fenomeno oggetto di indagine: rappresentanti deiservizi e degli enti che si occupano di integrazione degli immigrati;operatori dei servizi per l’impiego; esponenti di organizzazionisindacali e imprenditoriali; leader di ONG o associazioni divolontariato (la tipologia non è esaustiva e e può essereeventualmente adattata alla realtà di ciascun paese/regione; èimportante in ogni caso bilanciare la componente governativa conquella non governativa e mantenere la comparabilità tra UTM).

Per quanto riguarda gli immigrati qualificati, occorre fare moltaattenzione a che essi possiedano effettivamente i requisiti per essereconsiderati tali (abbiano un titolo di studio universitario, anche nonriconosciuto nel paese ricevente).

I PARTECIPANTI AI FOCUS GROUP DELLA SPERIMENTAZIONE

Lovanio— Uomo, studente di dottorato alla Università Cattolica di Lovanio, ex

assistente universitario nel Burundi, uomo— Uomo, disegnatore grafico, laureato all’università di Teheran— Donna, pittrice, laureata all’università di Teheran— Uomo, coordinatore regionale politiche integrazione, di origine indiana— Donna, assistente didattico alla facoltà di scienze politiche

dell’Università di Lovanio, di origine ucraina— Donna, coordinatrice della Huis van het Nederlands (centro di

valutazione della lingua fiamminga)— Uomo, operatore del PRIC (Provincial Integration Centre)— Donna, coordinatrice dell’Ufficio Accoglienza (Onthaalbureau)— Donna, operatrice associazione Wonen en Werken (200 donne

immigrate qualificate)

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Eindhoven— Donna, studentessa, sta conducendo una internship al Consiglio

Olandese dei Rifugiati di Eindhoven, di origine afghana— Donna, esperta di educazione e lavoro, Consiglio Olandese dei Rifugiati

di Eindhoven— Donna, operatrice di Undutchables Eindhoven, agenzia di reclutamento

per stranieri— Uomo, experto di educazione e governo dell’Abvakabo (sindacato dei

lavoratori)— Donna, Responsabile dell’ufficio Integrazione, Municipalità di

Eindhoven— Donna, in formazione all’Ufficio Integrazione, Municipalità di

Eindhoven— Donna, studentessa di servizio sociale e operatrice del Consiglio

Olandese dei Rifugiati, di origine iraniana

Roma IX— Donna, dirigente sindacale, di origine guatemalteca— Donna, stagista presso servizio immigrazione sindacale, di origine

filippina— Donna, sociologa e operatrice del centro per l’impiego, di origine croata— Uomo, leader di associazione di immigrati nordafricani, di origine

algerina— Donna, segretaria di associazione di donne filippine— Donna, operatrice di centro di orientamento al lavoro del Comune

Viterbo— Donna, assistente sociale del Comune— Donna, ricercatrice e responsabile centro orientamento al lavoro della

Caritas— Donna, mediatrice culturale presso il centro interculturale della

Provincia, di origine brasiliana— Donna, mediatrice culturale presso il centro intercultuale della

Provincia, di origine etiope— Uomo, operatore di associazione di volontariato che gestisce progetti di

formazione per immigrati— Uomo, mediatore culturale del Centro per l’impiego provinciale, di

origine algerina— Donna, laureata in ingegneria, di origine turca— Donna, laureata, di origine rumena— Donna, direttrice di orchestra, di origine ucraina

Per entrambi i tipi di soggetto, è consigliabile partire da uno-duecontatti chiave e procedere “a palla di neve”. E’ infatti probabile che

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coloro che operano nel mondo dell’immigrazione in una stessa realtàmunicipale si conoscano tra di loro. Occorre però evitare, al tempo stesso,che questa procedura porti all’aggregazione di persone troppo omogeneetra di loro dal punto di vista dell’area nazionale, politica o culturale diriferimento. E’ infatti essenziale che nel focus group siano rappresentatidiversi punti di vista, non tutti necessariamente “amichevoli” tra di loro oin generale verso gli immigrati.

I contatti-chiave possono essere utilizzati anche per il reperimento dellasede dove tenere il focus group, qualora l’ente che lo realizza non ne abbiaa disposizione una, o abbia una sede difficilmente raggiungibile daipartecipanti (es. non collocata nell’UTM).

Mentre si prendono i contatti funzionali alla individuazione dellepersone-chiave, si possono sfruttare questi colloqui preliminari anche perla raccolta della documentazione e della informazione statisticadisponibile (che spesso coincide con quella degli enti di tali contatti). Taledocumentazione e informazione varierà necessariamente da situazione asituazione e in ogni caso riguarderà una piccola parte degli indicatori delmodello. È fortemente possibile che siano disponibili informazioni sugliindicatori presentati nel riquadro che segue (la lista, tuttavia, non deveassolutamente ritenersi esaustiva).

Le informazioni raccolte, di contesto o relative a singoli indicatori delloSMIAM, devono essere registrate su un’apposita griglia che sarà poiutilizzata nel focus group e nell’analisi dei dati.

ESEMPI DI INDICATORI SUI QUALI RICERCARE INFORMAZIONE

STATISTICA E DOCUMENTARIA E POSSIBILI FONTI

a) Informazioni generali e di contesto sulla situazione socioeconomica dellaUTM in generale e sulla popolazione immigrata residente sul territorio

Popolazione residente e % immigrati Statistiche municipali sullapopolazione e i movimenti migratori

Categorie prevalenti di immigrati(rifugiati, immigrati per lavoro,riunificazione familiare)

Statistiche municipali sullapopolazione e i movimenti migratori

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Nazionalità più importanti Statistiche municipali sullapopolazione e i movimenti migratori

Informazioni sui titoli di studio degliimmigratidi varie categorie, seesistenti

Indagini ad hoc sugli immigrati condati sui titoli di studio al livello locale

Tassi di occupazione, attività edisoccupazione dei nativi e degliimmigrati

Indagini locali sulla forza lavoro conla nazionalità come variabile

Altri aspetti rilevanti dell’economialocale Indagini locali e documenti di policy.

b) Informazioni funzionali alla misurazione dei fattori e degli indicatori

Fattore A - Qualità del lavoro

Immigrati qualificati assunti comedirigenti, manager o professionistialle dipendenze di imprese eorganizzazioni

Indagini locali sulla forza lavoro conla nazionalità come variabile, indaginiad hoc sugli immigrati.

Immigrati qualificati per l’eserciziodella libera professione che riesconoeffettivamente ad esercitarla

Indagini locali sulla forza lavoro conla nazionalità come variabile, indaginiad hoc sugli immigrati.

Esistenza di una domanda dipersonale in aree occupazionaliqualificate

Eventuali indagini periodiche svoltepresso le imprese sulle assunzionipreviste e sulle assunzioni diextracomunitari

Fattore B – Imprenditorialità

Presenza di imprese immigrate condipendenti nativi

Statistiche sulle imprese di stranieripresso le camere di commercio;indagini ad hoc sullaimprenditorialità immigrata

Crescita dell'imprenditorialitàimmigrata in alcuni settori di altoprofilo

Statistiche sulle imprese di stranieripresso le camere di commercio;indagini ad hoc sullaimprenditorialità immigrata

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Presenza di programmi di sostegnoalla creazione di imprese di altoprofilo da parte degli immigrati

Documentazione sui programmi diformazione ala creazione di impresapresso i dipartimenti della pubblicaamministrazione o le agenziepubbliche competenti

Fattore C – Consumi culturali (nessuna)

Fattore D – Accesso alla formazione di alto livello

Piena utilizzazione delle opportunitàdi formazione di alto livello esistentida parte degli immigrati

Documentazione sui programmi diintegrazione e formazione di altolivello disponibile presso le autorità ele agenzie competenti al livello locale(es. assessorati alla formazioneprofessionale, uffici per la integra-zione degli immigrati; università -uffici per gli studenti stranieri)

Esistenza di programmi diformazione di alto livellospecificatamente rivolti a immigratiqualificati

Acquisizione di documentazione suiprogrammi di formazione di altolivello presso le autorità e le agenziecompetenti

Esistenza di corsi di formazione dialto livello cui possano parteciparegli immigrati a costi accessibili

Documentazione sui programmi diformazione di alto livello reperibilepresso le autorità e le agenziecompetenti al livello locale

Esistenza di corsi di linguaspecializzati o avanzati a costiaccessibili

Documentazione sui programmi diformazione linguistica finanziati dallepubbliche autorità o dalle grandiassociazioni non profit reperibilepresso le autorità e le agenziecompetenti al livello locale

Fattore E – Pratica della cultura di origine e della dimensione transnazionale(nessuna)

Fattore F – Leadership e responsabilità sociale

Presenza di immigrati leaderall'interno di organismi consultivilegati al governo locale

Documentazione sugli organismiconsultivi per l'immigrazione esistential livello locale (esistenza, compiti)

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Presenza di consiglieri comunali omunicipali immigrati

Liste sulla composizione dei consiglimunicipali o comunali

Presenza di associazioni immigrateforti e ben organizzate

Repertori ed elenchi di associazioniesistenti al livello locale

Fattore G - Stima pubblica

Diritto al voto locale per gliimmigrati

Verifica dell'esistenza del dirittoal voto per gli immigrati nellamunicipalità

Conoscenza da parte dei cittadinidell’alto livello di istruzione di moltiimmigrati

Eventuali survey e sondaggi diopinione svolti al livello della UTM(Locale) sul rapporto dellapopolazione con gli immigrati

Presenza di discorsi di tipoxenofobico nella comunicazionepubblica locale

Ricerche ad hoc, manifesti, stampa,televisione

Successo di iniziative di lifelonglearning guidate da immigrati (corsidi lingua, cultura, danza, musica,ecc.)

Documentazione dei soggettipromotori di iniziative di lifelonglearning (associazioni, enti diformazione, dipartimenti competentidella pubblica amministrazione, ecc.)

Delusione degli immigrati leaderverso gli organismi consultivisull'immigrazione

Documentazione sugli organismiconsultivi sull'immigrazione presso leautorità competenti

Propensione alla permanenza nelpaese ricevente

Statistiche sulla lunghezza delsoggiorno degli immigrati

Propensione alla richiesta dellacittadinanza

Statistiche su richieste cittadinanzapresso ufficio competente al livellolocale, o su rapporti statisticinazionali o regionali che menzionanola località

Fattore H – Opinioni degli immigrati sulla società ospite (nessuna)

Per quanto riguarda gli operatori delle istituzioni e dei servizi pubblici,è in genere necessario prendere un primo contatto ufficiale con dirigenti e

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responsabili dei settori coinvolti, per presentare il progetto ed averel’accordo alla partecipazione di un operatore all’incontro. Tuttavia, acostoro è bene specificare che si richiede la presenza al focus group di unapersona che abbia un rapporto diretto e quotidiano con un certo numerodi immigrati. La natura delle informazioni richieste nei focus group èinfatti tale che spesso chi partecipa non può trarle da fonti ufficiali e devepertanto affidarsi in larga parte alla propria memoria, conoscenza edesperienza diretta.

È importante fissare al più presto possibile una data e un orario per ilfocus group, possibilmente con una seconda alternativa, in modo dapotere accomodare le diverse disponibilità alla partecipazione. Di solito glioperatori sono maggiormente coinvolgibili in giorni e orari lavorativi,mentre per gli immigrati qualificati potrebbe valere il contrario, anche senon sempre questi ultimi lavorano nei tradizionali orari di ufficio. Occorretrovare un compromesso che massimizzi le possibilità di partecipazionedei soggetti invitati. Le persone-chiave devono essere consapevoli chedovranno dare la loro disponibilità per circa 2 ore e 30 (tale è infattimediamente la durata di un focus group) ed arrivare puntuali. Arrivi inritardo e partenze anticipate interrompono la discussione, richiedonoricapitolazioni che disperdono l’attenzione, e rendono disomogenea laqualità della raccolta di informazioni sui singoli indicatori.

È bene convocare un numero di partecipanti superiore a quellominimo desiderato : defaillances all’ultimo momento sono sempre possibilie non devono compromettere la validità del focus group.

È inoltre fortemente auspicabile che l’organizzatore del focus group(che ne sarà probabilmente anche il moderatore) parli singolarmente,anche per telefono, con tutti i singoli partecipanti prima del focus group,in modo da chiarire gli obiettivi dell’incontro e che cosa è richiesto a chi visi reca. Ciò favorisce una partecipazione consapevole e riduce la necessitàdi spiegazioni preliminari nel giorno del focus group.

Una volta assicurato un numero adeguato e rappresentativo dipartecipanti (con possibili riserve, come detto prima) si può confermare atutti la data, la sede e l’orario mediante una comunicazione telefonica o,preferibilmente, scritta (affinché rimanga come promemoria). E’ bene inogni caso effettuare un giro di telefonate di conferma il giorno prima dellariunione, per ricordarla a tutti ed essere preparati alle eventuali assenzedell’ultima ora.

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Si può prendere in considerazione l’eventualità di fare avere in anticipoai partecipanti la traccia per la discussione nei focus group, in modo chevengano preparati. Attenzione però, a:

— riservare lo stesso trattamento a tutti i partecipanti (in modo che nonve ne siano alcuni favoriti dal punto di vista dell’informazionepreliminare)

— evitare di compiere questa operazione qualora si percepisca che ipartecipanti potrebbero “spaventarsi” per il numero e la varietà diargomenti presenti sulla griglia. In questo senso, è bene chel’organizzatore del focus group ribadisca, nei contatti preliminari, chenon è richiesto ai partecipanti di sapere “tutto” sugli argomenti cheverranno sollevati e che si è consapevoli che le informazioni da lorofornite avranno un carattere “non ufficiale”.

Prima della riunione, occorre predisporre il materiale per il moderatoree per i partecipanti.

Il materiale per il moderatore consta di:

— linee guida SMIAM;

— eventuali appunti per una introduzione sul progetto;

— traccia per la discussione nel focus group;

— griglia riportante l’informazione statistica e documentaria raccolta,da riferire ai partecipanti durante la riunione;

— scheda per registrare nomi e recapiti dei partecipanti, con alcuni datidi base (es. nazionalità, età, sesso, background professionale edisciplinare).

Per ciascuno dei partecipanti occorre predisporre:

— una copia della traccia per la discussione; quest’ultima non sarà daloro compilata (è infatti solo il moderatore che registra le valutazioni– vedi dopo), ma li aiuterà a comprendere le domande relative agliindicatori e a capire la struttura generale del modello (gli otto fattori);

— eventuale materiale illustrativo circa il progetto e l’enteorganizzatore.

Un problema che può porsi, e che occorre prevedere in anticipo,riguarda la lingua di lavoro. Nella maggior parte dei casi, si utilizzerà lalingua del paese in cui ci si trova, essendo questa la lingua veicolare per lediverse nazionalità che sono presenti al focus group. Se però la maggior

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parte dei partecipanti non è fluente nella lingua del posto, ma ne conoscebene un’altra (es. inglese o francese), e anche il moderatore è in grado diesprimersi in tale lingua, è possibile optare per quest’ultima. Se uno o duepartecipanti hanno una buona conoscenza passiva della lingua prevalentenel gruppo, ma hanno difficoltà ad esprimersi attivamente in essa,possono essere invitati a utilizzarne un’altra, nei loro interventi, se lamaggior parte del gruppo e il moderatore la comprendono. Ad esempio,nel focus group di Lovanio un partecipante francofono è intervenuto infrancese, mentre la discussione si è svolta prevalentemente in fiammingo.

3. Il funzionamento

La traccia per la discussione è stata riprodotta, la griglia conl’informazione statistica e documentaria è stata compilata, i partecipanti alfocus group rispondono ai requisiti e sono stati tutti convocati. Si arrivadunque al giorno fatidico del focus group. Di seguito vengono formulatialcuni suggerimenti per la sua realizzazione, derivanti dall’esperimentocondotto nel corso del progetto.

Ovviamente, la buona composizione del focus group e lo strumentotecnico per la discussione sono essenziali per la sua riuscita, ma il ruolo delmoderatore è determinante. Egli:

— introduce la riunione, con una breve spiegazione del progetto in cui èinserito il focus group;

— se non lo si è fatto prima della riunione, invita i partecipanti apresentarsi;

— illustra rapidamente la struttura della traccia e le “regole del gioco”:

— comincia a porre le domande contenute nella traccia, seguendonel’ordine e riportando le eventuali informazioni raccolte dalle fontidocumentarie.

Di seguito si riporta, a titolo esemplificativo, una sezione della tracciaper la discussione nel focus group, relativa al fattore imprenditorialità dialto profilo.

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FIG. Sezione della traccia per la discussione nei focus group

Fattore B – IMPRENDITORIALITA’

Indicare per piacere quanto sono diffuse in questa municipalità le seguenti situazioni relative agliimmigrati qualificati

assente poco mediam. moltodiffuso diffuso diffuso

Presenza di imprese di immigrati che impieganonativi ° • •• •••

Aumento dell’imprenditorialità degli immigratiin alcuni settori di alto profilo (es. tecnologicamenteinnovativi o con un alto grado diinternazionalizzazione) ° • •• •••

Presenza di politiche e programmi di promozionedell’imprenditorialità di alto profilo di immigrati ° • •• •••

NOTE

Sono possibili due diversi metodi per condurre la discussione.

Un primo metodo consiste nel trattare la traccia come una sorta diquestionario da riempire collettivamente, leggendo una per una le singoledomande e chiedendo ai partecipanti di scegliere la risposta piùappropriata, dando poi loro la possibilità di esprimersi per chiarire leragioni di tale scelta (da riportare come nota a parte sulla traccia).

Un secondo metodo consiste nel formulare una breve introduzione suciascun fattore e nell’introdurre insieme più item relativi a tale fattore,stimolando una discussione complessiva su di esso. In questo caso, però,occorre, alla fine di ogni fattore, un momento di sintesi in cui si esplicitacon il gruppo qual è la risposta che viene data a ciascuna domanda (ilmoderatore può eventualmente fare una proposta in tal senso, su cui ilgruppo deve dare il proprio accordo).

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Il primo metodo è maggiormente strutturato e apparentemente piùdirettivo, in quanto vincola maggiormente la discussione, ma ha ilvantaggio di consentire una raccolta più precisa e forse più rapida delleinformazioni, nonché forse una maggiore trasparenza della scelta dellerisposte (che viene effettuata direttamente e immediatamente dal gruppo).

Il secondo metodo è meno strutturato e direttivo, inibisce di meno ladiscussione, e può lasciare aperta la possibilità di raccogliere informazionie osservazioni non direttamente legate alle singole domande. Tuttavia,esso accentua la soggettività e il ruolo interpretativo del moderatore,soprattutto se è poi quest’ultimo che compie la sintesi traducendo quantodetto in risposte alle domande chiuse della griglia, anche se le sottoponeal gruppo per l’approvazione. Il moderatore, in questo caso, deve essereparticolarmente accorto a riportare fedelmente quanto detto dal gruppo.

Durante la discussione bisogna fare attenzione a che:

— tutti si esprimano, almeno qualche volta (anche se inevitabilmentealcune persone risulteranno più competenti e informate, in assoluto osu alcuni argomenti);

— non si avviino discussioni interminabili su singoli item (i partecipanticomunque si stancano dopo un certo tempo, e ne risentirebbeinevitabilmente la qualità della trattazione dei punti successivi).

Nell’esperienza pratica, si è rivelato piuttosto raro che vi fosse undissenso incolmabile su singoli indicatori. Poiché le domande della tracciafanno riferimento ad elementi fattuali e non ad opinioni, è estremamenteimprobabile che, ad esempio, un partecipante dica che le difficoltà diriconoscimento dei titoli sono “molto diffuse” e un altro dica che non sono“per niente diffuse”. Più spesso ci si troverà di fronte a differenze diopinione più sfumate. In questo caso di solito i partecipanti, poiché sonocostretti ad interagire portando ciascuno gli elementi di informazione edesperienza che motivano la propria scelta, finiscono per adattaremutuamente le proprie valutazioni, e si riesce a trovare un compromesso –che può essere proposto anche dal moderatore. Insomma, teoricamente ilmeccanismo decisionale del focus group funziona con un criteriomaggioritario (si registra la posizione approvata dalla maggioranza deipartecipanti, tenendo nota di eventuali opinioni minoritarie), ma si vedràche il più delle volte prevale in esso una dinamica di tipo consensuale (siarriva spontaneamente a una posizione comune).

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È importante che il moderatore incoraggi il più possibile il gruppo arispondere a tutte le domande. La mancanza di risposta su singoliindicatori può infatti rendere difficile il calcolo dell’indice e lacomparazione con altri focus group. Non si tratta, ovviamente, diinventare risposte, ma di invitare i presenti a far fruttare al massimo lapropria esperienza e conoscenza, anche aneddotica. Ci può essere infatti,soprattutto tra gli operatori, una ritrosia a formulare valutazioni dovuta alcarattere “non ufficiale” delle informazioni che si stanno fornendo o allainevitabile limitatezza dell’esperienza di ciascuno. E’ importantesottolineare che il focus group si fa proprio perché non esistono altre fontidi informazione migliori (a parte una eventuale survey sui singoliindividui, che però per il momento non può essere effettuata e che avrebbecosti infinitamente maggiori) e che se ciascuno ha un pezzetto di verità,tutti insieme si può riuscire ad avere un quadro attendibile. Ovviamente,se i partecipanti al focus group si rivelassero non in grado di rispondere aun grande numero di domande, significa che la loro selezione non è statacorretta e bisogna probabilmente ripetere il focus group.

Al termine del focus group, il moderatore ringrazia e saluta ipartecipanti, che possono anche cogliere l’occasione per scambiare email eindirizzi in vista di contatti futuri. La lista dei partecipanti con i recapiti,che può essere fatta circolare e compilare prima dell’inizio della riunione,in un pausa o alla fine, può essere successivamente ritrasmessa per e-maila tutti, oltre a rimanere come documentazione per il moderatore.

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136

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Capitolo SedicesimoPunteggio degli indicatori ecalcolo degli indici

Come si è già accennato nel capitolo quattordicesimo, le informazioniraccolte mediante i focus group vengono elaborate in modo da potereessere tradotte in indicatori ed in indici in grado di misurare la qualitàdell’integrazione degli immigrati qualificati nella UTM per ciascun fattoree nel complesso.

Si prevede quindi la attribuzione di punteggi agli indicatori e il calcolodi indici parziali relativi a ciascuno dei fattori considerati nel modello e diun indice di qualità dell’integrazione degli immigrati qualificati (IQI).

Per il calcolo di entrambi i tipi di indici valgono i seguenti criteri:

— ogni indice viene misurato a livello di ogni unità territoriale minima;

— tutti gli indici hanno un campo di variazione 0/1.

Per il calcolo degli indici parziali, relativi ai singoli fattori, si procedecome segue.

a. A ogni risposta data da ogni focus group condotto al livello di UTM aciascuna domanda contenuta nella traccia per la discussione,corrispondente a un solo indicatore, viene attribuito un punteggio.Quest’ultimo è differenziato per gli indicatori positivi e per quellinegativi e per quelli di tipo “presenza/assenza” o in scala, ma ècomunque ricompreso tra 0 e 3.

Indicatori positivi - presenza/assenza:

presenza = 3

assenza = 0

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Indicatori negativi - presenza/assenza:

presenza = 0

assenza = 3

Indicatori positivi – risposte in scala:

molto diffuso (o del tutto adeguato) = 3

diffuso (o adeguato) = 2

poco diffuso (o parzialmente adeguato) =1

assente (o inadeguato) = 0

Indicatori negativi – risposta in scala:

molto diffuso (o del tutto adeguato) = 0

diffuso (o adeguato) = 1

poco diffuso (o parzialmente adeguato) = 2

assente (o inadeguato) = 3

c) Successivamente, si calcola l’indice di presenza di ogni fattore diintegrazione in ogni unità territoriale. L’indice, che ha un valorecompreso tra 0 e 1, è uguale al rapporto tra il punteggio totale diciascun fattore (e la somma dei punteggi dei vari indicatori relativi atale fattore) e il valore massimo possibile di tale punteggio, che èvariabile da fattore a fattore a seconda del numero di indicatori (n.indicatori del fattore x 3).

d) Infine, ogni fattore viene classificato come "presente con forteintensità", "presente con intensità moderata" o "assente", quando ilvalore dell’indice del fattore è rispettivamente: 0,67 o più (ossia, più di2/3 del numero totale degli indicatori); tra 0,33 e 0,66 (ossia, più di1/3); meno di 0,33.

L’Indice di Qualità dell’Integrazione (IQI) viene calcolato per ogniunità territoriale attraverso una media aritmetica degli indici relativi aisingoli fattori.

Quella del peso da assegnare ai diversi fattori è una qustione crucialequanto delicata. Nella versione provvisoria del modello, si era stabilito chetutti i fattori avessero il medesimo peso. Successivamente, anche a seguito

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della consultazione degli esperti, si è ritenuto invece più opportunoattribuire al fattore qualità del lavoro un peso doppio rispetto agli altri.Questa scelta deriva da uno dei fondamenti teorici del modello, e cioè lacentralità dell’inserimento lavorativo ai fini della integrazione degliimmigrati qualificati.

Per dare un'idea dei possibili risultati di tale procedura, si fornisce unesempio della sua applicazione ai risultati ottenuti nella sperimentazionenella municipalità di Viterbo. I fattori e il relativo sistema di ponderazionesono quelli della versione finale del modello, tuttavia non si può fare ameno di utilizzare gli indicatori della vecchia versione, in quanto sonoquesti ultimi a essere stati rilevati nella sperimentazione – che è precedentealla revisione finale dello SMIAM (64 indicatori).

Nella tabella che segue, accanto a ogni indicatore, si riportano il gradodi diffusione e il relativo punteggio, calcolato secondo quanto indicato alpunto b).

A fianco di ogni fattore, viene riportato anche il rispettivo indice,calcolato secondo quanto indicato al punto c); tale fattore viene classificatocome "presente con forte intensità", "presente con intensità moderata" o "assente", secondo quanto indicato al punto d).

QUALITÀ DELL’INTEGRAZIONE NELLA CITTÀ DI VITERBO

Legenda:

MD=MOLTO DIFFUSO D=DIFFUSO PD=POCO DIFFUSO A=ASSENTE SI=PRESENTEDel tutto Ad=del tutto adeguato; Adeg=Adeguato; Parz. Adeg= parzialmente adeguato; Inadeg=inadeguato

Fattore A - Qualità del lavoro

Lavoratori immigrati inseriti come manager oprofessional

PD 1

Quota di immigrati in professioni qualificate PD 1Dequalificazione degli immigrati con titolo di studioelevato

MD 0

Esistenza di carenze di personale in aree occupazionaliqualificate

PD 1

Limitazioni legali all'accesso alle professioni SI 0

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Mancato riconoscimento dei titoli di studio oriconoscimento a un livello inferiore

MD 0

Tendenza dei servizi di orientamento a indirizzareverso lavori poco qualificati

PD 2

Tendenza dei datori di lavoro a valutare diversamentel'istruzione e le competenze conseguite all'estero

MD 0

Pregiudizi dei datori di lavoro anche verso gli stranierilaureati nel paese ospite

D 1

Diffusione di programmi di gestione della diversitànelle imprese

PD 1

PD 1Scarsa conoscenza della lingua come ostacoloall'inserimento

PD 2

TOTALE 10

INDICE FATTORE LAVORO =10/(12*3) = 0,28 (assente)

Fattore B - Imprenditorialità

Presenza di imprese immigrate con dipendenti nativi PD 1Crescita dell'imprenditorialità immigrata in alcunisettori di alto profilo

PD 1

Presenza di politiche e programmi per la promozionedell'imprenditorialità immigrata di alto profilo

PD 1

TOTALE 3INDICE FATTORE IMPRENDITORIALITA' = 3/(3*3)=0,33 (medio)

Fattore C - Consumi culturaliPossesso di computer MD 3Utilizzazione di internet MD 3Possesso di lettori DVD MD 3Frequentazione di eventi culturali e musicali (non"etnici")

MD 3

Lettura di libri. MD 3TOTALE 15INDICE FATTORE CONSUMI CULTURALI = 15/(5*3)=1,00 (presente conforte intensità)

Fattore D – Accesso alla formazione di alto livelloPiena utilizzazione delle opportunità di formazione dialto livello esistenti da parte degli immigrati

D 2

Esistenza di programmi di formazione di alto livellospecificamente per immigrati qualificati

ASS 0

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141

Esistenza di corsi di formazione di alto livello cuipossano partecipare gli immigrati a costi accessibili (era:Alti costi della formazione di alto livello)

PD 1

Tendenza dei servizi di accoglienza e orientamentopubblici a predisporre informazioni sulle opportunità diformazione di alto livello

MD 3

Esistenza di corsi di lingua specializzati o avanzati acosti accessibili

PD 1

TOTALE 7INDICE FATTORE FORMAZIONE =7/(5*3)=0,47 (presente con intensitàmoderata)

Fattore E - Pratica della cultura di origine e delladimensione transnazionaleTrasmissione della lingua e della cultura d'origine aifigli

D 2

Partecipazione degli immigrati qualificati allaorganizzazione di eventi culturali etnici

MD 3

Offerta di canali satellitari e via cavo con le TV dei paesidi origine degli immigrati

MD 3

Disponibilità di stampa dei paesi di origine degliimmigrati

ADEG. 2

Esistenza e praticabilità di luoghi di culto di confessioniminoritarie cui appartengono gli immigrati

INADEG. 0

Immigrati qualificati che aiutano propri connazionali adinserirsi nel mondo del lavoro o dell’istruzione delpaese ospite

MD 3

Mantenimento di legami professionali e d’affari colpaese di origine

D 2

Presenza di opportunità di effettuare viaggi nel paese diorigine a costi contenuti (era: Viaggi nel paese diorigine)

ADEG. 2

Conoscenza di più lingue MD 3Rapporti con intellettuali e leader del paese di origine PD 1Partecipazione di immigrati qualificati ad attività diaiuto allo sviluppo del paese o della regione di origine

PD 1

Ritorno di ex studenti stranieri nel paese ospite PD 1Requisito della cittadinanza per la partecipazione adattività di cooperazione internazionale finanziate dalpaese ospite in qualità di cooperanti

SI 0

Aumento dell’offerta di telecomunicazione con gliimmigrati come target

MD 3

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Possibilità per gli immigrati di tornare nel paese diorigine senza rischio di perdere il titolo di soggiorno(era: Presenza di immigrati che non possono tornare nelpaese d’origine senza rischiare di perdere il titolo disoggiorno)

PARZ.ADEG.

1

TOTALE 27INDICE FATTORE CULTURA E TRANSNAZIONALITÀ = 27/(15*3)=0,60(presente con intensità moderata)

Fattore F - Leadership e responsabilità socialeImmigrati leader all'interno di organismi consultivilegati al governo locale

ASS 0

Immigrati leader all'interno di organismi consultivilegati al governo regionale o provinciale (o dell'ambitoterritoriale di riferimento altrimenti definito)

PD 1

Immigrati leader nelle ONG e nel volontariato nonconnotato etnicamente

PD 1

Immigrati leader nelle organizzazioni sindacali PD 1Immigrati leader nelle organizzazioni imprenditoriali ASS 0Immigrati leader nei partiti politici o candidati nellecompetizioni elettorali

PD 1

Presenza di associazioni immigrate forti e benorganizzate

D 2

Artisti e scrittori immigrati che hanno ottenuto premi ericonoscimenti

PD 1

TOTALE 7INDICE FATTORE LEADERSHIP E RESP. SOCIALE = 7/(8*3)= 0,29 (deboleo assente)

Fattore G - Stima pubblicaOpinioni dei cittadini favorevoli all'inserimento degliimmigrati qualificati in posizioni lavorative elevate

D 2

Opinioni dei cittadini favorevoli all'assunzione da partedegli immigrati di funzioni di leadership nell'ambito delgoverno locale

PD 1

Conoscenza da parte dei cittadini di leader e intellettualiimmigrati 4

PD 1

Presenza di immigrati che appaiono in posizionequalificata nei media

D 2

Diffusione di corsi di avvicinamento alla lingua e allacultura delle comunità immigrate per i cittadini comuni

D 2

Diritto al voto locale per gli immigrati ASS 0Restrizioni all'accesso delle occupazioni nella funzionepubblica

SI 0

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143

Attenzione verso immigrati e minoranze etniche nelmarketing

D 2

Mobilità degli immigrati qualificati sul territorionazionale senza difficoltà di reinserimento

PD 1

TOTALE 11INDICE FATTORE STIMA PUBBLICA =11/(9*3)=0,41 (presente conintensità moderata)

Fattore H - Opinioni degli immigrati qualificatisulla società ospitePercezione di avere opportunità di avanzamentoeconomico nel paese ospite

D 2

Formarsi di opinioni negative sul paese ospite a seguitodell'impatto con la burocrazia

MD 0

Basse aspettative degli immigrati qualificati di accederea occupazioni di alto livello

MD 0

Delusione degli immigrati leader verso gli organismiconsultivi sull'immigrazione

MD 0

Soddisfazione per la propria condizione nella societàospite

PD 1

Propensione alla permanenza nel paese ospite MD 3Propensione alla richiesta della cittadinanza MD 3TOTALE 9INDICE FATTORE OPINIONI = 9/(7*3)=0,43 (presente con intensitàmoderata)

Si può quindi procedere al calcolo di IQI. Come si è accennato, IQI è ilrisultato della media aritmetica tra tutti i fattori, attribuendo al fattorequalità del lavoro un peso doppio rispetto agli altri, dunque per lamunicipalità di Viterbo:

IQI=(0,28*2+0,33+1,00+0,47+0,60+0,29+0,41+0,43)/9= 0,45

Utilizzando i consueti intervalli (basso: <0,33; medio: >= 0,33 <0,67;alto: >=0,67) si può dunque affermare che l’IQI a Viterbo ha un valoremedio. Tale informazione però, è poco significativa, se non si affronta iltema della comparazione, che è oggetto del capitolo che segue.

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Capitolo DiciassettesimoLa comparazione e i suoi limiti

Una volta calcolati gli indici, è possibile tracciare profili relativi allaqualità dell’integrazione degli immigrati qualificati:

— per ogni singolo fattore di integrazione, ponendo le diverse UTM inascissa e l’intensità del fattore in ordinata;

— per l’insieme dei fattori di integrazione, ponendo tali fattori diintegrazione in ascissa e le relative intensità in ordinata.

I profili possono essere tracciati, sia per ogni singola UTM, sia perinsiemi maggiormente aggregati (ad esempio, tutte le UTM di un ATR).

A fini comparativi, su una stessa figura si possono tracciare più profili(ad esempio, i singoli profili di tutte le UTM di un ATR). Attraverso talefigura, è quindi possibile effettuare comparazioni tra le UTM(identificando, ad esempio, caso per caso, i fattori di integrazionemaggiormente problematici).

Nell’ambito della sperimentazione, il modello è stato testato in una solaUTM per ciascun paese (due in Italia).

I risultati relativi a ogni singolo fattore per le quattro municipalità sonostati già riportati nella parte terza – ancorché secondo la vecchia versione anove fattori del modello.

Di seguito si propone la comparazione tra i profili relativi alla presenzadei fattori e all’IQI nelle quattro UTM del test, e cioè le municipalità diRoma IX, Viterbo, Lovanio e Eindhoven. Il confronto tra questi quattrorisultati deve essere preso con estrema cautela, sia in quanto risultatodell’applicazione di un metodo ancora in fase di rodaggio, sia in generaleper le diverse condizioni e caratteristiche delle realtà indagate.

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I profili si riferiscono all’applicazione del modello nella sua versioneattuale, e dunque a otto fattori, con IQI derivante dall’attribuzione didoppio peso al fattore qualità del lavoro. Gli indicatori con cui sonomisurati i fattori sono, però, quelli della versione preliminare del modello,in base alla quale è stata realizzata la sperimentazione.

Roma IX

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

Lavo

ro

Impr

endit

orial

ità

Consu

mi c

ult.

Form

azion

e

Trans

nazio

nalità

Lead

ersh

ip

Stima

pubb

lica

Opinion

iIQ

I

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Il grafico che precede, relativo alla municipalità di Roma IX, mette inevidenza quale fattore fortemente presente soltanto i consumi culturali;come mediamente presenti i fattori cultura e transnazionalità, accesso allaformazione ad alto livello, stima pubblica e opinioni degli immigrati sulpaese ospite e come scarsamente presenti i fattori qualità del lavoro,imprenditorialità di alto profilo e leadership. IQI ha un valore medio, paria 0,40.

Il quadro appena descritto appare piuttosto problematico: la scarsaqualità dell’inserimento lavorativo e imprenditoriale e la sostanzialeassenza dalla leadership (supportati da un accesso alla formazione di alto

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livello non impossibile, ma neanche facile) rischiano infatti di rendere pocorilevanti gli aspetti positivi, peraltro in buona parte dovuti alla soggettivitàdegli immigrati, quali un buon rapporto con la cultura, sia la propria chequella del paese ospite, nonché con le nuove tecnologie. In questo contesto,il giudizio che gli immigrati danno della società che li ospita, e la stima chericevono in cambio, sembra caratterizzato dalla compresenza di aspettipositivi e negativi, andando a delineare una situazione che non si puòdefinire di piena integrazione, ma neanche di intolleranza reciproca.

Viterbo

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

Lavo

ro

Impr

endit

orial

ità

Consu

mi c

ultur

ali

Form

azion

e

Trans

nazio

nalità

Lead

ersh

ip

Stima

pubb

lica

Opinion

iIQ

I

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

La presenza dei diversi fattori nella città di Viterbo tende ad avere unandamento simile a quello di Roma IX. I consumi culturali tendono aessere elevati; all’opposto, scarseggiano la qualità del lavoro e (anche se inmisura minore rispetto a Roma IX) la leadership, mentrel’imprenditorialità di alto profilo risulta appena poco più presente che nelmunicipio della capitale italiana. Gli altri fattori, e l’IQI, si mantengono suvalori intermedi (IQI=0,45).

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148

Lovanio

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

Lavo

ro

Impr

endit

orial

ità

Consu

mi c

ult.

Form

azion

e

Trans

nazio

nalità

Lead

ersh

ip

Stima

pubb

lica

Opinion

iIQ

I

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Il quadro della città di Lovanio presenta alcune differenze. Non solo ilfattore consumi culturali, ma anche quello relativo alla pratica dellacultura di origine e della dimensione transnazionale sono fortementepresenti; ancora più significativamente, l’inclusione nella leadershipsembra più rilevante che nelle due città italiane (il fattore è presente,ancorché con intensità moderata). Risulta presente con intensità moderatala qualità del lavoro, che nei municipi precedenti era assente.

Gli altri fattori sono presenti con intensità moderata come nelle dueUTM precedenti. L’IQI risulta prevedibilmente più alto (0,54) che nelle duecittà laziali e, come si vedrà dopo, anche rispetto ad Eindhoven, segno diuna qualità dell’integrazione complessivamente maggiore. Peraltro, daosservazioni effettuate dai partecipanti nel focus group è emerso che aLovanio la situazione degli immigrati è migliore, rispetto al resto delBelgio, soprattutto grazie all’apertura sociale e culturale favorita dallapresenza di una università rinomata al livello internazionale.

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Eindhoven

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

1,0

Lavo

ro

Impr

endit

orial

ità

Consu

mi c

ult.

Form

azion

e

Trans

nazio

nalità

Lead

ersh

ip

Stima

pubb

lica

Opinion

iIQ

I

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

La situazione della città di Eindhoven presenta alcune caratteristichesimili alle UTM precedenti, in particolare una presenza con mediaintensità dei fattori pratica della cultura di origine e della dimensionetransnazionale, stima pubblica e opinioni degli immigrati qualificati sullasocietà ospite. Si situano nella fascia di punteggio intermedia, anche se dipochi punti percentuali, anche la qualità del lavoro (che va un poco meglioche in tutte le altre municipalità) e la leadership (che è superiore rispettoalle città italiane, ma non a Lovanio), mentre sono scarsi l’accessoall’imprenditorialità di alto profilo e quello alla formazione di alto livello.

L’IQI nel suo complesso ha un valore simile a quello di Roma IX (0,39) einferiore a quelli di Viterbo e Lovanio, ma bisogna tenere conto che,essendo misurato soltanto su sette degli otto fattori (il fattore consumiculturali, infatti, come già spiegato nel capitolo ottavo, non è statorilevato), non è pienamente comparabile con quello delle altre UTM.

Per meglio comprendere le differenze tra le quattro municipalità, siriportano di seguito i quattro profili sovrapposti.

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Profili dei quattro municipi

0,0

0,1

0,2

0,3

0,4

0,5

0,6

0,7

0,8

0,9

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Lavo

ro

Impr

endit

orial

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Consu

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ali

Form

azion

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Trans

nazio

nalità

Lead

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Stima

pubb

lica

Opinion

iIQ

I

Roma IX Viterbo Lovanio Eindhoven

Fonte: Laboratorio di Scienze della Cittadinanza 2005

Si può notare che l’andamento dei fattori (l’insieme dei profili dellequattro municipalità) è nel complesso abbastanza simile. La maggioredifferenza la si riscontra a proposito del fattore leadership, che è più altonella città di Lovanio rispetto alle altre tre città. Tale differenza è dovutasoprattutto alla diversa diffusione di immigrati leader all’interno diorgnaismi consultivi legati al govero locale o regionale, alla forza delleassociazioni immigrate e alla presenza di scrittori ed artisti immigrati chehanno ottenuto premi e riconoscimenti (per i dati relativi ai singoliindicatori, vedi anche il capitolo undicesimo).

Differenze, ancorché minime, si riscontrano pure a propositodell’imprenditorialità e dell’accesso alla formazione di alto livello, nellapratica della cultura di origine e della dimensione transnazionale, nonchésulle opinioni circa il paese ospite. Molto simili nelle quattro città sono lasituazione – negativa – della qualità del lavoro e quella – meno negativa,ma neanche ottimale – relativa alla stima pubblica di cui godono gliimmigrati qualificati. Questo risultato conferma, nel suo piccolo, la

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rilevanza del fenomeno della dequalificazione professionale degliimmigrati come fenomeno transnazionale.

Prima di concludere questo capitolo relativo alla comparazione, ènecessario fare alcune precisazioni riguardo al significato da dare ad essa.

Il confronto tra i profili e la constatazione della loro similitudine mettein evidenza come sia necessario sempre utilizzare il valore degli indici inchiave comparativa, nel tempo e nello spazio. Infatti, un valore di unindice che di per sé è alto (poniamo, pari a 1) assume un significato diversoa seconda che si tratti di un risultato peculiare di una UTM rispetto allealtre indagate (poniamo, se in tutte le altre il valore fosse inferiore a 0,33) oinvece di un risultato ricorrente in tutte le UTM. Nel primo caso,l’importanza del dato sarà infatti maggiore.

Anche la valutazione del diverso risultato ottenuto per ciascun fattore èdiversa se il rango dei fattori tende a essere sempre più o meno lo stesso,come sembra avvenire nel caso della applicazione appena presentata, o seesso cambia significativamente tra una UTM e l’altra. La differenza saràinfatti più rilevante in questo secondo caso.

Comunque, anche profili simili tra di loro contengono, al loro interno,una “notizia”, soprattutto laddove l’aspettativa era invece di trovaresituazioni differenti (come è spesso il caso, ad esempio, delle comparazionitra realtà del nord e del sud dell’Europa, paesi di vecchia e nuovaimmigrazione, ecc.). Il fatto che, ad esempio, la qualità del lavoro sia bassadappertutto suggerisce quanto sia possibile ed opportuno pervenire adazioni coordinate al livello europeo nel campo delle politiche diinserimento lavorativo degli immigrati. Non vorremmo, tuttavia, conquesto divagare rispetto all’obiettivo del presente capitolo che era,semplicemente quello di mostrare un primo, modesto esempio, di come loSMIAM proponga una procedura effettivamente applicabile e che puòdare risultati utili ai policy maker locali per individuare quali sono le aree(fattori della qualità dell’integrazione) in cui è più urgente intervenire conopportune misure.

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Il modello SMIAM in sintesi

Questo progetto ha avuto come obiettivo quello di elaborare e divulgareun modello per la valutazione della qualità dell’integrazione degliimmigrati qualificati nei paesi europei. Nei capitoli che precedono, sonostate presentate le basi e le linee essenziali di questo modello. Di seguito sidescrive dunque sinteticamente il modello SMIAM nel suo complesso.

I fondamenti teorici

Chi sono gli immigrati qualificati

Il modello SMIAM riguarda tutti quegli immigrati che, qualunque sia laragione del loro arrivo, o il progetto migratorio originario, si trovano nelpaese nella prospettiva (teorica, o anche effettiva) di permanervi peralmeno alcuni anni e sono portatori di conoscenze e competenze elevate,anche se magari non immediatamente spendibili, avendo conseguito untitolo di studio pari ad almeno un primo grado di istruzione terziaria(all’estero o nel paese di arrivo stesso).

L’integrazione "sapiente"

Quello che lo SMIAM va a valutare è soprattutto la qualitàdell'integrazione, o il suo essere una integrazione "sapiente". L'integrazionepuò dirsi tale quando tende a consentire agli immigrati qualificati diraggiungere una condizione sociale, economica e professionale adeguataalla propria formazione, al proprio status o alle proprie legittimeaspettative, oltre che di sviluppare ulteriormente il proprio capitalecognitivo.

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Accanto a questo criterio assoluto ve ne è uno relativo, che riguarda lapossibilità di conseguire una posizione paragonabile a quella dei nativi coneguali titoli.

La centralità dell'inserimento lavorativo

Il modello adotta un approccio multidimensionale al temadell'integrazione. Al tempo stesso, si è consapevoli della centralità, per gliimmigrati qualificati, dell'inserimento lavorativo e della sua adeguatezzarispetto alle capacità e alle competenze possedute.

L’approccio multidimensionale e biografico

Pur assumendo la centralità dell’inserimento lavorativo come elemento-chiave per la integrazione degli immigrati qualificati, il modello nonconsidera tale dimensione come l’unica rilevante, ma ne introduce anchealtre dove può avvenire una valorizzazione delle competenze degliimmigrati qualificati (ad esempio, nella partecipazione con funzioni dileadership in organismi sociali e istituzionali).

Nel definire le vari dimensioni dell’integrazione, il modello SMIAMadotta un approccio che può essere definito biografico, che si pone cioè dallato del soggetto immigrato e della sua esperienza soggettiva, di come egliarriva effettivamente a fruire delle opportunità o a subire gli ostacoli cheincontra nella società ricevente, piuttosto che da quello delle condizionistrutturali create dalle politiche e delle istituzioni che operano perl’integrazione.

Il concetto di qualità dell’integrazione

Per giungere a una definizione operativa di qualità dell’integrazione,piuttosto che produrne una olistica e trattare tale fenomeno come una sortadi variabile continua, lo SMIAM identifica concretamente una tassonomiadi fattori. Questi ultimi rappresentano altrettanti ambiti nei quali la qualitàdell'integrazione può essere valutata separatamente, in base a un insiemedi indicatori discreti. I fattori indicano per lo più fenomeni processuali neiquali si manifesta tale qualità. Essi denotano effetti indiretti, misurabili, diuna buona integrazione. Sono indicativi di una potenzialità positiva, manon predicono l’esito per il singolo individuo.

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La tassonomia (fattori e indicatori)

I fattori

La tassonomia proposta comprende otto fattori:

I. Qualità del lavoro

J. Imprenditorialità (di alto profilo)

K. Consumi culturali

L. Accesso alla formazione di alto livello

M. Pratica della cultura di origine e della dimensione trasnazionale

N. Leadership e responsabilità sociale

O. Stima pubblica

P. Opinioni degli immigrati qualificati sulla società ricevente

Gli indicatori

Per rilevare la presenza di questi fattori, e quindi il livello di qualità dell’integrazione, in ambiti territoriali ben definiti, vengono proposti 63indicatori, selezionati e validati al termine della ricerca. Si tratta diindicatori sia diretti che indiretti, che segnalano l’esistenza di elementi ditipo positivo o negativo (resistenze e barriere all'integrazione).

La metodologia

Per verificare se e in che misura tali fenomeni sono presenti, vieneproposta una specifica procedura.

Raccolta e analisi della documentazione

Si effettua, innanzitutto, la raccolta e l'analisi della documentazione edell’informazione statistica disponibile sull'ambito territoriale di

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riferimento (ATR) (tendenzialmente, la regione, la provincia o comunque illivello più rilevante per le politiche collegate agli otto fattori).

Campionamento delle UTM

Contemporaneamente, si identifica un campione di municipalità dautilizzare come Unità Territoriali Minime (UTM) per la valutazione e siverifica se, anche per esse, sono disponibili documenti o statistiche attinentiai nove fattori (e ai 63 indicatori).

Focus group

L’informazione ricavata dall'analisi delle fonti documentarie e statistiche(sia al livello di ATR che di UTM) viene riportata in forma orale da unricercatore esperto, nell'ambito di focus group che vengono convocati inognuna delle municipalità campione. I focus group sono composti da 8-10persone, di cui la metà rappresentata da immigrati qualificati e l'altra metàda altri informatori-chiave (operatori ed esperti locali). I focus group sisvolgono con l'ausilio di una traccia per la discussione simile a unquestionario semistrutturato che ripercorre gli otto fattori e i 63 indicatori.

Attribuzione di punteggi agli indicatori e calcolo diindici

Le risposte circa la presenza e la diffusione dei fenomeni indicatoriraccolte nei focus group vengono codificate attraverso l’attribuzione dipunteggi utilizzati per il calcolo di indici parziali relativi agli otto fattori, inbase ai quali viene calcolato anche un Indice di Qualità dell’Integrazionedegli immigrati qualificati al livello di UTM.

Formulazione di profili e comparazione

Si possono a questo punto effettuare comparazioni tra le varie UTMnell'ambito dell'ATR ed eventualmente confrontare ATR diversi in base allasituazione delle rispettive UTM. È soprattutto attraverso la comparazioneche si possono così ricavare indicazioni circa il maggiore o minore livello diqualità dell’integrazione per i diversi fattori in cui essa viene valutata e

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quindi in qualche modo anche sulle priorità delle politiche di integrazione.Infine, è possibile, ripetendo l'analisi nel tempo, rilevare i cambiamentiavvenuti in ciascuna UTM (e pertanto nell'ATR nel suo complesso).

Tempistica

Si prevede che tutto il procedimento possa avvenire in un arco di temporelativamente limitato, vale a dire tra i tre e i sei mesi, con una prima fasededicata alla preparazione, una seconda alla raccolta di informazioni sulcampo e una terza alla loro elaborazione, interpretazione e presentazione inun rapporto finale.

Qui di seguito si presenta una raffigurazione dell’intero modello.

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IL MODELLO

I fondamenti teorici

1. La definizione diimmigrati qualificati

2. La definizione diintegrazione sapiente

3. La centralitàdell'inserimento

lavorativo

4. L’approcciomultidimensionale e

biografico

5. Il concetto diqualità

dell’integrazione

La tassonomia (fattori e indicatori)

a. qualità del lavor(1-11)

b. imprenditorialità dialto profilo

(12-15)

c. consumi culturali(16-20)

d. Accesso allaformazione di alto

livello(21-25)

e. Pratica della culturadi origine e della

dimensionetransnazionale

(26-39)

f. leadership eresponsabilità sociale

(40-48)

g. stima pubblica(49-56)

h. opinioni sulla societàricevente

(57-63)

La metodologia

1. Raccolta e analisi della documentazione

2. Campionamento delle UTM

3. Focus Groups

4. Punteggio degli indicatori e calcolo di indici

5. Profili e comparazione

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ALLEGATO 1Nota per la costituzione del Core Groupdello Skilled Migrations Europeanresearch and policy Network (SMEN)

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Laboratorio di Scienze della Cittadinanza

“Skilled Migrants Integration Assessment Model”Progetto JAI/2003/INTI/078

(RAIQU)

Nota per la costituzione del Core Groupdello Skilled Migrations European research

and policy Network (SMEN)

Seminario internazionaleL’integrazione sapiente

Bruxelles, October 5, 2005

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Questa nota rappresenta un contributo per la riunione costitutiva delcore group dello Skilled Migrations European research and policyNetwork – SMEN, che avrà luogo il 5 ottobre 2005 a Bruxelles, nel corsodel Seminario “L’integrazione sapiente”. Il seminario e la riunionecostitutiva del core group dello SMEN si svolgono a conclusione delprogetto “Skilled Migrants Integration Assessment Model - SMIAM”,realizzato, grazie a un contributo del Programma INTI (Integration of thirdcountries nationals) della Commissione europea, da Laboratorio di scienzedella cittadinanza, di Roma, in collaborazione con lo Higher Institute ofLabour Studies – Catholic University of Leuven e il Verwey JonkerInstitute di Utrecht. In particolare, la proposta della coatituzione delloSMEN intende contribuire a rispondere ad alcune esigenze che losvolgimento del progetto ha messo in luce rispetto all’elaborazione teoricae agli orientamenti strategici della riflessione condotta al livellocomunitario circa la governance del fenomeno migratorio e l’integrazionedei cittadini provenienti da paesi terzi nelle società europee.

1. L’esigenza di una governance europea delle migrazioni

In questi ultimi anni, la crescente importanza assunta dal fenomenomigratorio, sia al livello globale, sia nello spazio dell’Unione europea hafatto nascere l’esigenza di una governance comunitaria del flussimigratori, tramite l’armonizzazione delle normative e delle politiche deglistati membri, che per ragioni storiche e culturali sono caratterizzati atutt’oggi da approcci profondamente diversi, a volte divergenti.

A questo proposito le istituzioni comunitarie stanno promuovendo unarticolato dibattito – coinvolgendo una pluralità di attori – per arrivare alladefinizione di un comune quadro di riferimento per le normative e diprincipi condivisi per le politiche. Tale dibattito riguarda tanto lemigrazioni legali e l’ammissione dei migranti per motivi economici (siveda il “Libro verde” sull’approccio alla gestione della migrazioneeconomica), quanto l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi cherisiedono e lavorano negli stati dell’Unione (si veda lo ”Handbook onIntegration del 2004 e la recente “Common Agenda on Integration” delsettembre 2005).

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Uno dei risultati della riflessione svolta è stato il riconoscimentodell’importanza dell’integrazione dei cittadini provenienti dai paesi terzinello spazio sociale europeo ai fini della governance dell’intero fenomenomigratorio e l’esigenza di potenziare e armonizzare le politiche al riguardo.

Tuttavia un limite che è possibile riscontrare nelle attuali formulazionicirca l’integrazione è che queste tendono a trascurare le differenze checaratterizzano i soggetti a cui si rivolgono, trattando la comunità degliimmigrati residenti come una realtà omogenea e poco differenziata.

Ci sembra tuttavia difficile che un approccio all’integrazione possarisultare efficace se non tematizza adeguatamente le specifichecaratteristiche ed esigenze dei diversi segmenti della popolazioneimmigrata. A questo proposito un’attenzione particolare andrebbe a nostroavviso rivolta agli immigrati qualificati, che sono, invece, virtualmenteassenti nell’attuale dibattito.

2. La centralità dell’integrazione degli immigrati qualificati

Il tema della integrazione degli immigrati qualificati, e soprattutto dellaqualità di tale integrazione, assume una obiettiva centralità per almenodue ordini di ragioni.

In primo luogo, il mancato riconoscimento o il riconoscimento soloparziale della componente qualificata dei flussi migratori verso l’Europacomporta la tendenza alla sottoutilizzazione o all’abbandono di soggettila cui professionalità e le cui risorse intellettuali potrebbero contribuire inmodo più significativo alla crescita economica e sociale dei paesi riceventi.Una perdita che, oltretutto, tende ad aggravare il depauperamento che glistessi paesi di provenienza già subiscono a causa delle migrazioniintellettuali. Molti studi mettono, infatti, in luce che il successoprofessionale nel paese di residenza può comportare anche forme di‘restituzione’ nei confronti del paese di origine. Al contrario, il fallimento ola sotto occupazione si traduce in una perdita secca di risorse intellettuali(brain waste) da un estremo all’altro del flusso migratorio. Favorire ilriconoscimento della qualità umana e professionale degli immigratiqualificati, può quindi contribuire ad arricchire la riflessione sul ritorno dicompetenze verso i paesi di origine (si veda anche il paragrafo 5).

Vi è poi un secondo ordine di considerazioni che riguardano la coesionesociale e la sicurezza dei paesi ospiti. Dobbiamo cioè essere consapevoli

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del ruolo che soggetti comunque appartenenti alle classi medie e allacosiddetta “knowledge class” possono giocare nel favorire i processi diintegrazione sociale di tutto il flusso migratorio. Per contro sono sempresoggetti qualificati quelli che possono, in alcuni casi e a determinatecondizioni, dare origine a fenomeni di azione sociale e collettiva deviantee disfunzionale o addirittura stabilire legami con il terrorismointernazionale.

Occorre però evitare di cadere nell’errore di ritenere che esista un nessodiretto tra cattiva qualità della integrazione e devianza politica o criminale.Al contrario, va tenuto conto, di quello che potremmo definire il “test diLeeds”, vale a dire la “scoperta” dell’adesione al terrorismo da parte di uncittadino britannico originario di un paese terzo con un buon inserito nellapropria comunità (insegnamento nella scuola pubblica, buoni livelli diconsumo, partecipazione alla vita sociale e ad attività sportive, stimapubblica, ecc.). Tale esempio dovrebbe farci riflettere sul fatto chel’integrazione in quanto fenomeno complesso e non lineare tende adessere gestita dagli individui in modo libero e non rappresenta di per séuna garanzia di orientamento positivo nei confronti della società in cui sirealizza, ma semmai di competenza circa la capacità di muoversi al suointerno.

Del resto questa considerazione mette in luce anche l’importanza diun’analisi dei processi di integrazione che tenga conto non solo dellafunzionalità sociale o della presenza/assenza di manifestazioni difrustrazione o privazione relativa, ma anche di fattori propriamentecognitivi. A questo proposito, determinante può essere il quadro valorialee simbolico di riferimento, nell’ambito di una “knowledge society”transnazionale, in cui - accanto alle innumerevoli possibilità dicomunicazione e messa in rete tra individui di paesi e culture differenti – èanche possibile ad alcune centrali “eversive” di diffondere sistemi coerentidi messaggi criminogeni e devianti che possono raggiungere qualsiasicomunità.

3. La marginalità degli immigrati qualificati nel dibattitoeuropeo sull’integrazione

Come abbiamo anticipato nel primo paragrafo, nonostante la rilevanzache possono assumere gli immigrati qualificati nel tessuto sociale dei paesiospiti, il “posto” che nell’attuale dibattito al livello comunitario viene datoa questa componente dei flussi migratori è prevalentemente quello della

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regolamentazione dell’accesso per motivi di lavoro o dell’eventuale ritornonei paesi di origine. La riflessione in proposito tende purttroppo ad esserelimitata alla definizione del nuovo quadro di riferimento per le migrazionieconomiche, nonché alle relazioni con i paesi terzi . Essa, quindi, sifocalizza, da un lato sulle migliori modalità per attrarre e impiegarerisorse umane qualificate e dall’altro su come contrastare il brain drainche tali iniziative possono di fatto incrementare (si veda il già citato Libroverde sulle migrazioni economiche e la proposta di relazione al parlamentoeuropeo in proposito).

La definizione di “qualificato” tende perciò ad essere applicatariduttivamente soltanto in riferimento a segmenti di forza lavoroimmigrata da accogliere sulla base di specifici progetti di impiego da partedi aziende e organizzazioni europee per colmare carenze di personale insettori-chiave della economia. E’ pur vero che un riferimento ad ulterioriquestioni, come l’accertamento delle qualifiche degli immigrati presenti neipaesi europei e della valorizzazione delle loro competenze compare indocumenti come lo “Handbook on Integration” del novembre 2004 e larecente ”Common agenda for Integration“ della Commissione europea(settembre 2005). Si tratta di riferimenti puntuali e asistematici, mentremanca una tematizzazione complessiva della “qualificazione” comevariabile sensibile rispetto alle questioni dell’integrazione.

4. Gli immigrati qualificati come attore sociale

L’attenzione sull’accesso per motivi lavorativi dei qualificati tende aoccultare il fatto che un segmento rilevante della popolazione immigratagià residente nei paesi europei è rappresentato da soggetti portatori diconoscenze e competenze elevate, a prescindere dalle ragioni del loroingresso nel paese ospite e del tipo di attività che effettivamente visvolgono (includendo quindi anche i rifugiati). Indagini svolte in contestinazionali e locali differenti tendono a convergere sul fatto che attorno allametà possiede almeno un diploma di scuola media superiore, e i laureatipossono arrivare in taluni casi anche al 25-30%. E’ questa componentepoco visibile degli immigrati qualificati attualmente presenti nei paesidella Unione a porre particolari sfide dal punto di vista conoscitivo e dellepolitiche.

L’importanza di questi soggetti non è legata soltanto alla constatazioneche si tratta di un capitale umano sotto utilizzato, ma anche al loro essere

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un attore sociale potenzialmente capace di svolgere un ruolo importantesulla scena europea e internazionale.

L’integrazione dei qualificati, inoltre, può presentare caratteristiche edesigenze peculiari, almeno parzialmente differenti da quelle che valgonoper gli immigrati dotati di basse qualifiche, essendo in genere più elevate leaspettative e le potenzialità. Tali caratteristiche ed esigenze andrebberotenute nel debito conto nell’elaborazione e attuazione di politiche diinserimento.

Sembra quindi necessario, sia dal punto di vista dello sviluppo, sia daquello della coesione sociale e della sicurezza, un impegno per ilmainstreaming della questione dei soggetti qualificati nel dibattito e nellepolitiche orientati alla integrazione. Ciò sarebbe anche coerente conquell’approccio olistico alla integrazione, raccomandato in tutti idocumenti della Unione Europea sul tema.

5. Contribuire a colmare un gap conoscitivo

La limitatezza sinora riscontrata nell’elaborazione comunitaria in questoambito può essere ricondotta almeno in parte ad un gap conoscitivo sullaeffettiva consistenza del fenomeno dell’immigrazione qualificata e sullaqualità dei processi di integrazione che la riguardano.

La carenza di dati attendibili o comparabili sui titoli di studio degliimmigrati non viene certo in aiuto, e si somma alla più complessivaconfusione sulle definizioni di immigrato (e di immigrato qualificato) e suipossibili standard e indicatori di integrazione.

In particolare, nel contesto dei processi di integrazione, sono carenti leinformazioni sulla interazione tra le politiche di accoglienza e inserimentomesse in atto dagli stati membri e l’azione sociale e collettiva svolta dagliimmigrati qualificati, tanto ad intra (nelle società riceventi), quanto ad extra(verso le società di provenienza, nel contesto di dinamiche transnazionali).

Gli immigrati qualificati possono ad esempio svolgere uno specificoruolo come risorse umane che colmano a volte particolari necessità insettori economici chiave delle società riceventi, come nel settore delle ICT ein quello sanitario. In tale veste, oltre all’apporto specifico delle lorocompetenze, essi possono offrire ai soggetti europei che li impiegano unvalore aggiunto, derivante proprio dalla loro identità complessa, partecipedi più mondi culturali e linguistici, che li rende particolarmente idonei a

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gestire dinamiche di tipo transnazionale, fondamentali nell’articolazionedell’economia e delle società contemporanee.

Gli immigrati qualificati possono rappresentare, inoltre, un importantefattore nei processi di integrazione di tutto il flusso migratorio, potendocostituire, con la loro azione sociale e collettiva, tanto la leadership diiniziative orientate all’inserimento sociale ed economico, quanto ungruppo di riferimento e modelli di ruolo per altre categorie di immigrati.

Gli immigrati qualificati hanno infine la possibilità di svolgere un ruoloimportante anche nei rapporti tra i paesi riceventi e i paesi di origine, inparticolare per lo sviluppo di questi ultimi, sia individualmente, siaattraverso la promozione di reti transnazionali. In questo quadro, oltre allerimesse finanziarie, che rappresentano una parte rilevante nelle economiedi molti paesi in via di sviluppo, essi possono farsi latori di quelle che insenso figurato, si potrebbero chiamare “rimesse cognitive” o“tecnologiche”. Le diaspore intellettuali, ad esempio, tendono a costituirereti per assistere lo sviluppo dei propri paesi di origine in settoricaratterizzati da un particolare divario tecnologico tra Nord e Sud. Aquesto riguardo sono significative esperienze come quelle della rete“Digital Entrepreneurs” attraverso la quale cittadini indiani emigrati, attivinel settore delle ICT hanno assistito il loro paese nella propria rivoluzionetecnologica. Un ruolo analogo sta svolgendo il più recente Digital DiasporaNetwork for Africa.

6. Lo Skilled Migrants European Reasearch and PolicyNetwork

Lo Skilled Migrations European research and policy Network – SMEN,promosso nel quadro del progetto, si propone di aggregare soggettianimati dalla volontà di fare un “passo avanti” per aumentare leconoscenze sugli immigrati qualificati in quanto attore sociale europeo eanalizzare e studiare la loro integrazione come un fenomeno socialecomplesso a cui concorrono una pluralità di soggetti e di cui è necessariopoter misurare la qualità, per approfondire il tipo di azione sociale ecollettiva da loro svolta. Individuare le specificità, le aspettative e lepotenzialità degli immigrati qualificati è infatti il primo necessario passo indirezione di una loro integrazione "sapiente" nelle società europee. Conl’uso dell’aggettivo “sapiente” abbiamo voluto sottolineare che i soggettidell’integrazione sono dotati di un alto capitale cognitivo, ma anche che le

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politiche per la loro integrazione devono essere basate sulla conoscenza edimprontate a criteri di ragionevolezza e attenzione umana.

Lo SMEN si propone di aggregare una rete di studiosi, operatori,decision makers e altri soggetti comunque interessati ad approfondire laconoscenza del tema secondo un approccio analitico, basatosull’utilizzazione delle scienze sociali, in primo luogo la sociologia,integrata dall’apporto anche di altre discipline.

Il contributo della ricerca sociale, attraverso il network, potrebbe ancheessere quello di fornire una voce di ragionevolezza e pacatezza in uncontesto, quello del dibattito europeo sulle migrazioni internazionali, che èspesso infiammato da polemiche ideologiche e da paure irrazionali. In unasituazione in cui vengono a volte evocati i fantasmi dello scontro di civiltào di una crisi economica in cui gli interessi dei cittadini europei e di quellidei paesi terzi sarebbero inconciliabili, è compito degli scienziati e deiricercatori aiutare i dirigenti delle nostre società a vedere e trattare in unachiave più serena e razionale un fenomeno che è parte integrante dellecondizioni di esistenza delle società contemporanee, ma che è capace disuscitare timori e passioni ad alta temperatura. Ciò naturalmente non pernascondere o negare i molti problemi, che giustamente preoccupano lesocietà europee e le loro classi politiche, ma per affrontarli e risolverliattraverso una governance fondata sulla conoscenza, a cui concorra lapluralità degli attori coinvolti.

7. Una prima proposta: lo SMIAM

L’analisi e la misurazione del fenomeno dell’integrazione degliimmigrati qualificati evoca alcune questioni teoriche e metodologichecomplesse, più volte sollevate dalle indagini in questo campo. I problemiteorici riguardano, tra le altre cose, la definizione di integrazione e ladifficoltà di superare il carico ideologico che questo termine si porta dietroper tradurlo in fenomeni osservabili. Quelle metodologiche fannoriferimento, tra l’altro, alla produzione e all’uso delle statistiche ufficiali,alla definizione di indicatori, indici e standard, all’integrazione degliapprocci qualitativi e quantitativi, alla determinazione della scalaterritoriale rilevante per l’analisi. Approfondire e risolvere queste questionirichiederà necessariamente molti anni e una costante interazione fraricercatori, decisori, responsabili dei servizi statistici europei e nazionali, ecosì via.

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Per cominciare, un piccolo contributo alla conoscenza può essererappresentato dalla prosecuzione dell’esperimento avviato con lo SMIAM,il modello per la valutazione della qualità dell’integrazione degliimmigrati qualificati messo a punto da LSC con i suoi partner nel corso delprogetto, integrato e validato in base ad una sperimentazione sul campo intre paesi (Italia, Belgio e Olanda) e alla consultazione al livello europeo dinumerosi esperti. Il network potrebbe offrire l’opportunità per applicare ilmodello SMIAM in più paesi, per perfezionarlo ulteriormente e perconfrontarne i risultati con quelli derivanti da altri approcci.

Si tratta di un modello che utilizza un approccio multidimensionale ebiografico, cioè centrato sull’esperienza soggettiva degli individui. Neltentativo di evitare una definizione onnicomprensiva ed ideologica diintegrazione, esso rinuncia a trattarla come un fenomeno misurabile in sé epiù che altro si prefigge di valutarne la qualità in alcune aree ben definite.Esso utilizza per questo una tassonomia - costruita sulla base di precedentiricerche, dell’analisi di studi e documenti e interviste a informatoriqualificati - comprendente otto fattori, ognuno dei quali misurato da uncerto numero di indicatori: la qualità del lavoro, l’imprenditorialità, iconsumi culturali, l’accesso alla formazione di alto livello, l’esercizio dellaleadership e della responsabilità sociale, la pratica della cultura d’origine edella dimensione transnazionale, la stima pubblica, le opinioni degliimmigrati sul paese ricevente. La rilevazione dei fattori viene effettuata inun ambito geografico di riferimento che coincide con quello in cui sonoattuate le politiche più rilevanti per l’integrazione (in genere, il livelloregionale o provinciale) e su un campione di municipalità.

Lo SMIAM è un modello e, al tempo stesso, una procedura perconsultare, mobilitandoli e convocandoli in appositi focus groups, isoggetti-chiave presenti in un dato territorio, al fine di ricostruire unquadro il più possibile attendibile della situazione circa alcuni aspettispecifici della qualità dell’integrazione degli immigrati qualificati. Taleesercizio potrebbe consentire, se non la misurazione esatta del grado diintegrazione, per lo meno l’individuazione di alcuni punti di forza e didebolezza che la caratterizzano e che possono essere oggetto di interventida parte delle politiche pubbliche.

8. Un contributo alla formulazione delle politiche

Giovandosi, tra l’altro, dei risultati dell’applicazione dello SMIAM, ilnetwork potrà contribuire alla governance del fenomeno migratoriointervenendo in tutte le sedi in cui si sta conducendo la riflessione della

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Unione Europea in proposito (fora elettronici, multi-stakeholders dialogueplatforms, audizioni del Parlamento europeo, ecc.) con l’intento di fornireindicazioni e raccomandazioni utili per la formulazione delle politicheeuropee relative all'immigrazione qualificata e alla sua valorizzazione,nonché al rafforzamento delle capacità degli enti preposti a trattarla.

Un primo contributo andrebbe fornito nei confronti di quelle politicheche hanno come target gli immigrati qualificati in quanto tali. A questoproposito occorre andare oltre l’accertamento e la validazione dei titoli distudio e delle competenze, che pure continua a presentare molti aspettiproblematici e richiede una armonizzazione tra i vari paesi della Unione.Le politiche dovrebbero essere indirizzate anche a rimuovere gli ostacoli epotenziare gli elementi di facilitazione (esogeni ed endogeni), che siriscontrano in relazione ai fattori la cui rilevanza per l’integrazione èconsiderata nel modello SMIAM.

Andrebbero poi considerate politiche che si propongano di valorizzare ilcontributo dei qualificati per l’integrazione di tutta la popolazioneimmigrata. A questo riguardo va considerato tanto il ruolo di leadership edi rappresentanza che le elités intellettuali possono assumere nellerispettive comunità, quanto la possibilità, già sperimentata e praticata, diutilizzare gli immigrati qualificati in figure professionali, come quelle allamediazione culturale e linguistica.

Infine andrebbero prese in esame politiche volte a utilizzare ilcontributo degli immigrati qualificati nei rapporti con i paesi terzi,potenziando la loro particolare attitudine a fare da ponte tra più culture, inquanto attori naturaliter transnazionali. A questo proposito andrebbevalorizzata anche l’attitudine, già ricordata delle diaspore intellettuali, inparticolare dei paesi africani e asiatici, a mobilitarsi in iniziative dinetworking tecnologico e scientifico, di creazione di impresa e dicooperazione rivolte ai loro paesi di origine. Meriterebbe anche di essereaccertato se e in che misura le stesse strutture comunitarie di cooperazionesiano consapevoli e utilizzino per i propri programmi questo particolaretipo di personale intellettuale presente nel mondo del lavoro europeo.

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ALLEGATO 2Piattaforma osservativa sullecondizioni degli immigrati qualificati

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Laboratorio di Commissione EuropeaScienze della Direzione GeneraleCittadinanza Giustizia, Libertà e Sicurezza

Skilled Migrants Integration AssessmentModel – SMIAM

(JAI/2003/INTI/078)(RAIQU)

Piattaforma osservativa sullecondizioni degli immigrati

qualificati

Settembre 2005

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Indice

Introduzione 5

1. Il fenomeno dell’immigrazione qualificata 11

2. L’inserimento lavorativo 15

3. L’imprenditorialità 26

4. L’accesso alla formazione di alto livello 27

5. I consumi culturali 29

6. La pratica della cultura di origine e della dimensionetransnazionale 30

7. La pratica della leadership e della responsabilità sociale 33

8. La stima pubblica 35

9. Le opinioni sulla società ricevente 37

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Introduzione

Questo documento riporta i risultati dello studio, una sorta di“piattaforma osservativa”, effettuato nell’ambito del progetto SMIAM(Skilled Migrants Integration Assessment Model) eseguito da Laboratoriodi Scienze della Cittadinanza (Roma) in partnership con il Verwey-JonkerInstitut (Utrecht) e l’Higher Institute for Labour Studies (Leuven) e con ilcontributo della Commissione Europea – Programma INTI (Integration ofThird Country Nationals) (JAI/2003/INTI/078).

Oltre a quello di elaborare e diffondere il modello, che ne rappresenta lafinalità principale, il progetto ha avuto come obiettivi anche quello dicontribuire all’aumento delle conoscenze relative al fenomenodell’immigrazione qualificata in Europa e di sostenere il dibattito politicoe scientifico sull’integrazione nei paesi di accoglienza di questa importantecomponente dell’immigrazione.

Il progetto, durato diciassette mesi, si è articolato in un complesso diattività e che hanno compreso: la lettura e l’analisi di ricerche e documenti;la somministrazione di questionari a informatori qualificati, sia diprovenienza governativa che non, di otto paesi europei con caratteristichediverse dal punto di vista della tipologia e del grado di novità delfenomeno dell’immigrazione (Italia, Belgio, Olanda, Spagna, Francia,Regno Unito, Ungheria, Polonia); l’analisi delle informazioni così raccoltee la redazione di una prima versione del modello; la sua validazioneattraverso, da una parte, la raccolta di commenti e osservazioni da 30esperti e, dall’altra, la sua sperimentazione pratica in quattro municipalitàeuropee; la revisione del modello e la redazione della presente versione,che è oggetto di discussione nell’ambito di un seminario internazionale aBruxelles (5 ottobre 2005).

Questo studio ha contribuito, insieme alle altre attività del progetto, allamessa a punto del modello per la valutazione della qualitàdell’integrazione degli immigrati qualificati. Attraverso di esso, si ècercato di raccogliere e sistematizzare le informazioni esistenti sullacondizione degli immigrati qualificati in otto paesi europei (Italia, Belgio,Olanda, Francia, Regno Unito, Spagna, Polonia, Ungheria).

Lo studio si è basato, pertanto, sull’analisi di documenti e sullasomministrazione di questionari di intervista a informatori qualificati dilivello nazionale.

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La documentazione analizzata ha compreso:

— documenti di politica pubblica (soltanto quelli contenentiinformazioni sulla situazione attuale);

— dossier statistici e rapporti e rassegne di studi;

— ricerche empiriche effettuate dagli enti partner;

— altri studi a carattere nazionale, locale e transnazionale.

Circa un terzo dei documenti analizzati si riferisce a una dimensionetransnazionale (in genere europea), mentre due terzi riguardano situazioninazionali o locali.

In tutto, la documentazione presa in esame consta di circa diecimilapagine.

L’analisi della documentazione è stata condotta, per quanto riguarda itesti a carattere nazionale, mediante un’apposita griglia di lettura volta arilevare, per ciascun paese, i principali fenomeni che caratterizzanol’integrazione degli immigrati qualificati, al fine di trarne tutte leinformazioni e conoscenze possibili circa un fenomeno in linea dimassima poco trattato da studi specifici.

In Olanda, è stato anche analizzato un set di dati prodotto nell’ambitodi una delle poche indagini statistiche a carattere nazionale condotte inEuropa che studiano approfonditamente l’inserimento socioeconomicodegli immigrati, la SPVA (Sociale positie en voorzieningengebruikallochtonen). Negli altri paesi, non è stato possibile trovare una fontealtrettanto pertinente (e comunque il progetto prevedeva la solaconsultazione di fonti di secondo grado).

Il quadro è stato completato successivamente da un’analisi delleinformazioni e dei dati esistenti al livello europeo e transnazionale,anch’essi piuttosto limitati rispetto allo specifico target di riferimento delprogetto, nonché da un’analisi dei principali modelli di valutazionedell’integrazione messi a punto al livello europeo.

Gli informatori qualificati di livello nazionale, che sono stati intervistatiin profondità attraverso questionari semi-strutturati hanno costituitol’altra fonte dello studio. In particolare, sono stati intervistati: 10funzionari di governi nazionali; 9 operatori di organizzazioni nongovernative; 3 soggetti di altro tipo (giornalisti, esperti).

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Come previsto dal progetto, alcuni informatori qualificati sono statiintervistati di persona, altri inviando loro il questionario per postaelettronica. La lista degli intervistati e la modalità di intervista sonoriportati nella tabella che segue.

Paese Organizzazione Persone Tipo Modalità(in presenza oEmail)

1. BE Ministero dellaComunitàFiamminga

Membri dello Staffdel DipartimentoIntegrazione

Gov In presenza

2. BE Ministero dellaComunitàFiamminga

Membri dello Staffdel DipartimentoIntegrazione

Gov In presenza

3. BE Consiglio Fiammingodei Rifugiati

Membri dello Staffdel DipartimentoIntegrazione

ONG In presenza

4. SP Ministero del Lavoroe degli Affari Sociali

Javier Bernaldez,Capo del ServizioOsservatorioImmigrazioni eRifugiati

Gov Email

5. SP CEPAIM (Consorciode Entidades para laAcción Integral conMigrantes).

Juan Antonio Segura,Coordinatore

ONG Email

6. FR FASILD Laurence Mayeur,Direzione degli Studie Documentazione

Gov Email

7. UN Ufficio Immigrazionee Nazionalità,Ministe rodell’Interno (OIN)

Bencsik Zita, Ufficiodella Cooperazionedella UE

Gov Email

8. IT CIES Alvaro Sanchez,project manager

ONG In presenza

9. IT Commissione per ilavoratori immigratifilippini

Charito Basa, leaderdi varie organizza-zioni di immigrati

ONG In presenza

10. IT CGIL Deborah Leiva,funzionario

ONG In presenza

11. IT Ministerodell’Interno

Assunta Rosa,CarmelitaAmmendola,funzionari

Gov In presenza

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12. IT Ministero del Welfare Giulia Henry, SaraMonterisi, funzionari

Gov In presenza

13. IT RAI (TV) Jean Léonard Touadi,autore

Altro In presenza

14. IT UCSEI (UfficioCentrale StudentiEsteri in Italia)

Rosetta Pellegrini,project manager

ONG In presenza

15. OL Istituto per leMigrazioni e gli StudiEtnici, Università diAmsterdam

Anja Van Heelsum,ricercatore

Altro Email

16. OL Ministero dellaGiustizia, Diparti-mento Politiche perl’Integrazione delleMinoranze

Thomas Hessels,Senior Advisor per lepolitiche

Gov In presenza

17. OL ERCOMER,Università Erasmus

Han Entzinger,ricercatore

Altro In presenza

18. OL Città di Lelystad Peter Reinsch, Capodel DipartimentoRicerca

Gov In presenza

19. PL Associazione perl’integrazione e latutela degli stranieri‘Proxenia’

Adam Bernatowicz,Presidente

ONG Email

20. PL Centro per i DirittiUmani dellaJagiellonianUniversity (JUHRC)

Jadwiga Maczynska,ricercatore

ONG Email

21. PL Ministero dellePolitiche Sociali,DipartimentoAssistenza Sociale eIntegrazione

Magdalena Muras,funzionario

Gov Email

22. RU ForumImprenditorialità

Patrick Wintour,Direttore

ONG Email

I risultati dell’indagine sono riportati nel presente documento, redattoda Alessandra Cancedda (sociologa, della direzione del progetto), che siarticola nei paragrafi che seguono. In particolare, nel paragrafo successivosi forniscono alcuni elementi relativi alla consistenza del fenomenodell’immigrazione qualificata. In quelli a seguire, si riportano alcuneinformazioni raccolte circa gli aspetti della qualità dell’integrazione degliimmigrati qualificati che sono stati poi formalizzati negli otto fattoriutilizzati nel modello SMIAM, vale a dire:

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— l’inserimento lavorativo;

— l’imprenditorialità;

— l’accesso alla formazione di alto livello;

— i consumi culturali;

— la pratica della cultura di origine e della dimensione transnazionale;

— la pratica della leadership e della responsabilità sociale;

— la stima pubblica;

— le opinioni sulla società ricevente.

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1. Il fenomeno dell’immigrazionequalificata

Nell’ambito del progetto SMIAM, si è deciso di utilizzare unadefinizione operativa di immigrati qualificati che comprende tutti quegliimmigrati che, qualunque sia la ragione del loro arrivo, o il progettomigratorio originario, si trovano nel paese nella prospettiva (teorica, oanche effettiva) di permanervi per almeno alcuni anni e che sono portatoridi conoscenze e competenze elevate, anche se magari nonimmediatamente spendibili, avendo conseguito un titolo di studio pari adalmeno un primo grado di istruzione terziaria (all’estero o nel paese diarrivo stesso).

Si tratta di una definizione più ampia di quella di “highly skilledmigrants” che viene a volte utilizzata soprattutto per designare coloro chevengono esplicitamente invitati da aziende e organizzazioni europee, oattraverso programmi governativi, per colmare carenze di personalequalificato in settori-chiave, come quello delle tecnologiedell’informazione e della comunicazione o quello della sanità. Talipersone, così come i partecipanti ai programmi per gli highly-skilled messiin atto da alcuni paesi, rappresentano infatti solo una piccola parte delfenomeno delle migrazioni qualificate.

• Al livello europeo, i dati della European Labour Force Survey del 2002evidenziano che il 20% della popolazione immigrata con paese dinascita noto ha completato l’istruzione terziaria, percentuale che tendea differenziarsi a seconda delle aree continentali coinvolte (17.2% EU 15,19,7% Central and Eastern Europe, 17,0 Africa and Middle East, 53,8%USA, Canada e Australia, 33,0% Latin America e Caribbeans, 17,5%Asia, 8,4% Turkey) (Muenz, 2004).

• Tale percentuale scende al 12,3% se si considera la sola popolazione cheha ancora la nazionalità estera, percentuale che ovviamente noncomprende tutti coloro che sono riusciti ad acquisire la cittadinanza,mantenendo comunque la loro visibilità sociale di immigrati/mino-ranze etniche con le relative difficoltà di inserimento.

• Sempre i dati della ELFS mostrano che la proporzione di immigratialtamente qualificati nei paesi europei è cresciuta di anno in anno,salendo dal 15% del 1986, al 18% del 1993, fino al 25% nel 2001(European Commission, 2003).

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Si tratta di dati che però potrebbero sottostimare il fenomeno (categoriecome i richiedenti asilo e i rifugiati potrebbero rientrare con più difficoltànell’indagine, e alcuni con titolo di studio non riconosciuto nel paeseospite potrebbero non averlo dichiarato), e che sono talvolta lacunosi peralcuni paesi europei (nella rilevazione 2002 mancano i dati di Germania eItalia).

Per avere ulteriori indizi circa la consistenza della componentequalificata dei flussi migratori, nelle loro diverse articolazioni, occorre fareriferimento a un insieme piuttosto frammentario, ma con alcuni elementidi convergenza, di ricerche a carattere nazionale o locale condotte neidiversi paesi.

• In Italia, un’indagine dell’OIM su un campione di 360 immigrati in 9province ha messo in evidenza che: il 40% degli intervistati ha almenoun diploma di scuola superiore; quasi il 24% ha fatto studi di livellouniversitario, con una forte prevalenza dell’area tecnico-scientifica (Losiet al., 2002).

• Sempre in Italia, una indagine su 2000 immigrati intervistati in quattrocittà (Torino, Genova, Brescia e Modena) fa emergere che: meno del25% dichiara una istruzione inferiore agli 8 anni ; il 47% ne dichiara unatra i 9 e i 13 anni; oltre il 28% dichiara almeno 14 anni di scolarizzazione(Ambrosini, 2000; Commissione per le politiche di integrazione degliimmigrati, 2000).

• Una ricerca su un campione di 231 immigrati in Umbria, una regionecon una più forte componente rurale e dunque presumibilmente menoattraente per personale altamente qualificato, riporta pur sempre un42% di diplomati e un 15% di laureati (Marini, 2004).

• I due terzi degli stranieri iscritti nel registro della popolazione delcomune di Roma hanno una scolarità medio-alta: circa la metà possiedeun diploma e uno su cinque (19,8%) è arrivato alla laurea (Gatti,Todisco, 2002, Sinergie, Rapporti di ricerca n. 12; Brandi, 2001).

• Una ricerca sulle collaboratrici familiari straniere in Italia rivela che soloil 7,1% è privo di titoli di studio, il 46% ha un diploma superiore, il 25%una laurea e l’1,8% ha frequentato anche un master post universitario; ilgrado di istruzione universitaria raggiunge il 44,6% tra le filippine(Turco, 2005).

• In Belgio, una ricerca condotta dal Provincial Integration Centre WestFlanders, pubblicata il 27 gennaio 2005, su 206 persone appartenenti a

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minoranze etniche e culturali, mette in evidenza che tre quarti deirispondenti (75,8%) possiede un diploma (Wets, 2005).

• In Polonia, risulta che nel 2001 un immigrato su quattro di 15 o più anniaveva completato l’educazione terziaria (Grzymata-Kazlowska-Okolski,2003).

La presenza di immigrati qualificati si riscontra in modo significativoanche all’interno dei flussi legati alla riunificazione familiare.

• In un’indagine qualitativa su 100 immigrati appena arrivati in Franciaprincipalmente tramite ricongiungimento familiare, in due località(Seine-Saint Denis, Ile de France, e Le Bas-Rhin, Alsazia) è risultato che:in Seine Saint-Denis, 15%, e in Le Bas-Rhin, il 25% del campione ha unlivello di istruzione uguale o superiore al Bac + 2 (Brun, Saacher, 2004).

Gli immigrati irregolari dovrebbero presentare una quota inferiore dipersone con titolo di studio universitario, giacché escludono tutti coloroche vengono invitati grazie alle loro alte competenze a lavorare perimprese del paese ricevente. Eppure, anche tra di essi si ritrovano spessopercentuali consistenti di persone qualificate.

• In Francia, un’inchiesta su 207 immigrati francesi regolarizzati nel 1997riporta che più del 60% degli intervistati ha frequentato la scuola peralmeno sei anni e il 10% ha fatto studi superiori; ma tale percentualesale al 15% per le persone con più di 35 anni (Brun, Saacher, 2001).

• In Spagna, uno studio recente, citato in El País del 6 ottobre 2001,riporta che il 18% degli immigrati regolarizzati in Spagna ha un titolo distudio universitario e il 42,3% ha un diploma di studi secondari(escludendo paesi UE, Svizzera, Giappone e USA). Il dato per gliautoctoni con più di 15 anni è rispettivamente: 11% università e 41,9%diploma secondario, dunque più basso (Fonte: Rojo-Sols, 2003).

• In Polonia, in una survey su un campione di 152 migranti irregolari chevivevano a Varsavia nel 1996 il 19% aveva completato l’educazioneterziaria (Fonte: Iglicka et al., 1997 cit. in Grzymata-Kazlowska-Okolski,2003).

È peraltro ugualmente vero che anche tra quelli dotati di elevatequalifiche che lavorano in posizioni di alto livello si trovano immigratiirregolari.

• Nel Regno Unito, si può trattare di persone che avevano pagato agenzieper entrare con un permesso di lavoro, ma hanno scoperto, una volta

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arrivati a destinazione, che il posto non esisteva, ritrovandosi quindi alavorare e soggiornare illegalmente nel paese. Tale fenomeno riguardaesperti di informatica, ingegneri, medici, infermieri, che prestano la loroopera come consulenti o con altre forme di impiego saltuario oirregolare (Duevell, 2005).

Un gruppo particolarmente rilevante, dove in alcuni paesi si concentrala maggior parte delle “nuove migrazioni”, è rappresentato dai rifugiati.Tra di essi si rilevano spesso elevate quote di personale altamentequalificato.

• In Olanda, un’indagine su quattro gruppi nazionali di rifugiati hamesso in evidenza una forte presenza di persone che hanno compiutostudi universitari: 31% nella comunità iraniana, 27% nel gruppoiracheno, 23% tra i rifugiati della ex Yugoslavia, 22% tra quellidell’Afghanistan; solo nel gruppo proveniente dalla Somalia si riscontrauna quota più bassa (8%) (Fonte: Van de Maagdenberg, 2004, Cit inTabibian, 2005).

• Nel Regno Unito, una ricerca dell’Home Office mostra che richiedentiasilo e immigrati illegali sono eterogenei dal punto di vista dellequalifiche, ma comprendono comunque una significativa quota diprofessional (Fonte: CRE, 2002).

Nel complesso, si può concludere che, nonostante la frammentarietà e inumerosi limiti dell’informazione disponibile, quello degli immigratiqualificati, così come definito nel presente studio e nel progetto SMIAM, èun fenomeno consistente e che quindi merita considerazione e attenzioneda parte dei policy makers.

Una volta inquadrato il fenomeno nella sua rilevanza complessiva, èpossibile entrare nel merito dei diversi aspetti che concorrono adeterminare la maggiore o minore qualità dei processi di integrazionedegli immigrati qualificati.

Ci si soffermerà più lungamente sull’inserimento lavorativo, essendoquesto centrale nel determinare la qualità dell’integrazione di personalecon competenze elevate ed essendo, inoltre, l’aspetto sul quale si soffermaun maggiore numero di studi.

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2. L’inserimento lavorativo

Dalla ricognizione condotta negli otto paesi europei è emerso che unprimo, fondamentale elemento di qualità dell’integrazione èrappresentato, per gli immigrati qualificati, dall’acquisizione di unaposizione lavorativa coerente con il livello di istruzione universitario. Pertale motivo, su questo tema, in particolare sugli elementi che incidono suun possibile inserimento professionale qualificato, si riportano di seguitoalcuni elementi provenienti dalle interviste agli informatori qualificati edall’analisi della letteratura e delle ricerche.

Il monitoraggio dell’inserimento lavorativo degli immigrati e delleminoranze etniche con alti titoli di studio è condotto, nella maggior partedei paesi europei e nell’Unione nel suo complesso, ancora in modoinsufficiente.

• Al livello dell’Unione Europea, esistono dati che mostrano come gliimmigrati altamente qualificati, per quanto abbiano una maggiorefacilità a trovare lavoro di quelli non qualificati, presentano tassi dioccupazione notevolmente inferiori rispetto ai cittadini altamentequalificati dei paesi membri (66,9% contro 83,4% dei cittadini UE nel2002) e superiori tassi di disoccupazione (11,3 contro 4,3%) (EuropeanCommission, 2003).

• Occorre peraltro sottolineare la scarsità di dati sull’inserimentolavorativo dei rifugiati, che rappresentano, in molti paesi europei, unacomponente rilevante della popolazione immigrata. I richiedenti asilo,poi, in diversi stati non sono autorizzati a lavorare prima delriconoscimento dello status di rifugiato. Al livello dei singoli paesi,un’eccezione positiva a questa generale scarsa tendenza a monitorare ladequalificazione dei rifugiati è rappresentata dalla indagine SPVA inOlanda. In questo paese viene svolta periodicamente una rilevazionepresso la popolazione immigrata del paese. Quella del 2003 si èconcentrata sulla condizione dei cinque maggiori gruppi nazionali dinuovi immigrati, tutti composti prevalentemente da rifugiati: iraniani,somali, afgani, cittadini della ex Yugoslavia. Da tali gruppi è possibileestrarre la componente più istruita e seguirne le sorti sul mercato dellavoro.

• In ogni caso, la conoscenza dei livelli di partecipazione, occupazione edisoccupazione degli immigrati, a parte i noti problemi di attendibilità

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(es. tendenza a dichiararsi disoccupato da parte di chi riceve unsussidio, ma magari svolge un lavoro non dichiarato alle autorità), nonè sufficiente a illustrare la situazione di spreco di risorse umanequalificate che si riscontra nei paesi europei. Occorrerebbe, infatti,conoscere il tipo di occupazione in cui sono inseriti gli immigrati chehanno un grado di istruzione universitario e che lavorano, inparticolare quale proporzione di essi svolge un lavoro highly skilled,sempre a confronto con i nativi (che possono essere soggetti anch’essi adequalificazione). La European Labour Force Survey, rilevandoentrambe le variabili (livello di istruzione secondo la classifica ISCED,posizione nella professione secondo la classifica ISCO) consentirebbeteoricamente di farlo; tuttavia, le dimensioni del campione non sonosufficienti per potere effettuare tali analisi nei diversi paesi europei.

• C’è poi il problema di come individuare le due popolazioni da metterea confronto. A tale proposito, alcuni studiosi (ad esempio, Muenz,2004) criticano l’uso del criterio della nazionalità (es. distinguere tra“EU nationals” e “Non-EU nationals”), che tende a nascondere le formedi dequalificazione che colpiscono le persone di origine immigrata chehanno acquisito la cittadinanza di un paese europeo, e suggeriscono, alsuo posto, l’uso della variabile “paese di nascita” (Muenz, 2004).Anche in questo caso rimarrebbe il problema dei cittadini di paesieuropei che sono nati all’estero per ragioni contingenti, maindubbiamente utilizzare anche questa variabile accanto alla primaconsentirebbe di affinare la visione del fenomeno.

• Accanto a queste informazioni di tipo statistico, vi sarebbero daanalizzare quelle di tipo amministrativo sui titoli e le qualifiche chevengono raccolte in quasi tutti i paesi nei servizi di primo contatto degliimmigrati. Tuttavia, tali informazioni nella maggior parte dei casi nonvengono elaborate o men che meno utilizzate ai fini dellaprogrammazione di strategie di inserimento.

Nonostante la carenza di dati, occorre comunque notare che ilfenomeno della dequalificazione, cioè dell’inserimento lavorativo a unlivello inferiore alle qualifiche, compare nelle indagini a caratterenazionale e locale effettuate in diversi paesi.

• In Italia, un’indagine svolta dal CCF-Centro di Cooperazione Familiaree dal CERFE nel 1999 su un numero complessivo di 979 immigrati conalmeno un diploma di scuola media superiore, ha fatto emergere che il77% delle donne e il 66% degli uomini sono stati sottoposti a unprocesso di dequalificazione (d’Andrea, 2002).

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• Sempre in Italia, da una ricerca ISMU del 2000 (campione di 8000immigrati) risulta che il 17,4% degli immigrati laureati è occupato comeoperaio generico (Stocchiero, 2004).

• Nel Regno Unito, vari studi hanno mostrato che, nonostante vi sia tra irifugiati una più alta quota di qualificati e maggiori competenzerispetto alla populazione autoctona, i richiedenti asilo e i rifugiati sonoil gruppo maggiormente sottoccupato, e laddove sono occupati il loropotenziale non è pienamente utilizzato (Dobson et al., 2001).

• In Spagna l’Encuesta población activa del 4° trimestre 2001 ha masso inevidenza che, nonostante abbia spesso un titolo di studio elevato, il41,3% degli immigrati svolge lavori non qualificati (Rojo-Sols, 2003).

• In Olanda, la già citata indagine su cinque gruppi nazionali diimmigrati ha interpellato gli stessi sulla congruenza tra il propriolavoro e l’istruzione ricevuta. Tra coloro che hanno un’istruzioneuniversitaria, il 35% ritiene di possedere una istruzione superiore allecompetenze esercitate nel lavoro, il 46% pensa che il suo lavorocorrisponda al livello di istruzione, e il 13% considera la propriaformazione inadeguata al livello del lavoro svolto, mentre un 6% è statoformato in un altro settore rispetto a quello in cui lavora (SPVA, 2003,cit. in Tabibian 2005).

Sistema di permessi di lavoro

Fatto salvo quanto detto finora, occorre mettere in evidenza che alcunipaesi tendono a fare un maggiore uso delle competenze degli immigrati.Ciò avviene, però, prevalentemente laddove sono presenti sistemi cheselezionano sin dall’ingresso i flussi migratori, attraverso un sistema diemissione di permessi di lavoro disegnato avendo in mente occupazioniqualificate che è in gran parte guidato dalla domanda di lavoro.

• In questo quadro, si segnala il sistema dei Work Permits inglese,considerato all’avanguardia (Dobson et al., 2004), e per il quale sistanno migliorando gli standard e i tempi di espletazione delle pratiche(NOP Business, 2002). Nel Regno Unito, la selezione dei lavoratoriqualificati da assumere è employer-driven, le autorità non definisconoquote prestabilite e si limitano, per lo più, ad assecondare le richiestedei datori di lavoro.

• Accanto a questo sistema basato sulla domanda di lavoro, esiste,sempre nel Regno Unito e sulla scorta di analoghi sistemi utilizzati neipaesi OCSE (per quanto riguarda l’Europa, ad esempio, in Norvegia),

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un sistema a punteggi, che consente l’ingresso a persone con altecompetenze anche in assenza di un’offerta di lavoro (Highly-skilledMigrants Programme) (Dobson et al., 2004; Dumont, Lemaître, 2005).

Si può ipotizzare che, almeno in virtù dell’esistenza di sistemi delgenere, nel Regno Unito esista un’alta percentuale di stranieri inseriticome datori di lavoro, manager o professional.

• Secondo la Labour Force Survey, nel 2000, occupavano posizioniprofessionali qualificate il 20,7% dei lavoratori africani, il 24,1% deilavoratori del subcontinente indiano, il 37,5% dei lavoratori degli altripaesi asiatici, il 27% dei lavoratori di paesi europei diversi da quellidell’Europa Settentrionale e Meridionale (per l’America Latina, il dato èaggregato tra le due Americhe, ed è pari al 48,1%). Il termine diparagone è il 25,3% di “professionals” della popolazione occupata delRegno Unito (Dobson et al., 2004).

• Tale capacità di attrarre competenze elevate ha fatto sì che il RegnoUnito abbia avuto un brain gain notevole. Nel periodo 1995-1999, ilsaldo netto di immigrati manager e professional è infatti stato pari a109.000 unità (Dobson et al., 2004).

Le iniziative per facilitare il reclutamento degli immigrati qualificatiriguardano, comunque, molti paesi europei.

• In Danimarca, Francia, Irlanda, Olanda, oltre che nel Regno Unito,l’applicazione dei criteri del labour-market-testing è più ridotto (debole)per quelle occupazioni che riflettono i bisogni correnti del mercato dellavoro. Queste occupazioni includono gli specialisti IT, i lavoratorialtamente qualificati e, in alcuni casi, i professional in biotecnologia,medicina, sanità e istruzione. La Germania ha sviluppato uno specialeprogramma di reclutamento di specialisti IT. In aggiunta alle politicheper gli immigrati, alcuni paesi OECD, compresi Stati membri europei,come l’Austria, il Belgio, la Danimarca, la Finlandia, la Francia,l’Olanda, la Svezia, il Regno Unito, hanno introdotto specifici incentivifiscali per attrarre gli immigrati altamente qualificati (Dumont,Lemaître, 2005).

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Domanda di competenze elevate

La carenza di personale con competenze elevate nei paesi ospiti ècertamente un elemento che facilita l’inserimento lavorativo di personaleimmigrato qualificato.

• Secondo la Employers’ Skills Survey, nel 2001 vi erano circa 100.000posti ad alta qualificazione vacanti nel Regno Unito, concentratisoprattutto nei settori professionali e qualificati (56%) (NOP Business,2002).

• Viceversa, in Italia si registra una scarsa richiesta di personaleimmigrato laureato da parte delle imprese. Ad esempio, secondol’indagine Excelsior del 1999: il 60% delle richieste di personaleextracomunitario delle aziende della Lombardia riguardava individuicon livelli di istruzione bassi (fino alla media inferiore), e solo il 2%persone con laurea o diploma universitario (Comune di Milano, 2002).Anche per queste ragioni, l’Italia non è riuscita a riempire una quotaprogrammata di qualificati che aveva introdotto nel decreto annuale diregolamentazione dei flussi (Chaloff, 2003).

Titoli di studio

Un fattore di ostacolo all’inserimento lavorativo degli immigrati qualificatiche viene spesso chiamato in causa è rappresentato dalle difficoltà divedere riconosciuti i titoli di studio conseguiti nel paese di origine. Talidifficoltà, secondo quando riferito dagli informatori qualificati, sononotevoli in tutti i paesi.

• Spesso vi è tra gli immigrati una scarsa conoscenza delle possibilità diottenere tale riconoscimento e delle procedure necessarie.

• Sorgono inoltre con frequenza complicazioni nel reperimento deidocumenti necessari (ad esempio, c’è bisogno di richiederli nel paese diorigine quando l’immigrato non si trova nelle condizioni di potervitornare).

• Il riconoscimento avviene spesso a un livello inferiore (ad esempio,scuola media superiore o primo grado di istruzione universitariaanziché grado successivo).

• Il problema del riconoscimento dei titoli si pone in misura maggiore peralcune competenze (es. medicina) piuttosto che per altre (es.

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informatica). In ogni caso, anche per le competenze professionali chenon richiedono una certificazione, vi è il problema della scarsaconoscenza del valore dei diplomi da parte dei datori di lavoro e dellatendenza di questi ultimi a valutare diversamente l’istruzione e lecompetenze conseguite all’estero (Freidberg, 2000, cit. in CRE, 2002).

• Il riconoscimento dei titoli di studio è facilitato, per alcune professioni eper alcune nazionalità, dalla presenza di accordi bilaterali tra paesi.

• Un esempio positivo di valorizzazione delle qualifiche già possedutedagli immigrati qualificati è rappresentato dagli adaptation courses perinfermieri organizzati nel Regno Unito (Duevell, Jordan, 2002).

• È stato osservato in alcuni contesti che il riconoscimento del titolo distudio aumenta le possibilità di inserimento lavorativo degli immigratiqualificati. Nelle Fiandre, lavora il 53,4% degli immigrati con diplomariconosciuto, a fronte di solo il 19,9% di quelli che non lo hannoomologato (Wets, 2005).

Lingua

Un altro elemento di ostacolo a cui si fa frequentemente riferimento è lascarsa conoscenza, da parte degli immigrati qualificati, della lingua delpaese ricevente, o una conoscenza non adeguata alle necessità diprofessioni qualificate (la conoscenza di base, infatti, per i qualificati è inmolti casi più facile da acquisire e, in alcuni paesi, come Germania eOlanda, è ormai parte integrante dei programmi di integrazioneobbligatori).

• A volte, l’acquisizione della competenza linguistica è facilitata dal fattoche gli immigrati hanno già al loro arrivo una conoscenza della linguapiù che basilare (ad esempio, l’hanno utilizzata per gli studi). Ciòavviene soprattutto in paesi le cui lingue conoscono un’ampiadiffusione nel mondo, come il Regno Unito, la Francia e la Spagna. Maanche nel Regno Unito, ad esempio, una quota rilevante di rifugiati, traun terzo e due terzi, non conosce o conosce molto poco la lingua ingleseal proprio arrivo (Kelly, Joly, 1999).

• Nei paesi dove si parlano idiomi meno diffusi, il problema della linguarappresenta una vera e propria barriera. In Olanda, ad esempio, moltirifugiati altamente istruiti sono registrati come “difficili da occupare” acausa della loro scarsa conoscenza della lingua olandese (Pen enTissing, 2000, cit. in Tabibian, 2005) e tra i rifugiati altamente qualificatiintervistati in una ricerca, circa metà ha menzionato i corsi di lingua

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come il più importante fattore che li ha aiutati a trovare un lavoro(Kalsbeek, Bleichrodt, 2004; Kalsbeek, 1997, cit. in Tabibian, 2005).

Restrizioni legali

Le spiegazioni delle difficoltà di inserimento basate sulla mancanza dicompetenze linguistiche o di credenziali riconosciute descrivono, però,soltanto una parte delle barriere all’inserimento qualificato degliimmigrati. Ve ne sono infatti altre, altrettanto significative. Occorre tenerepresente, ad esempio, che nella maggior parte dei paesi esistonorestrizioni legali all’accesso di determinate occupazioni. Tali restrizionispesso non si limitano al solo settore della funzione pubblica.

• In Francia un gruppo di studio sulle discriminazioni ha calcolato chegli stranieri non possono essere selezionati (o hanno restrizioni) percirca 7 milioni di posti di lavoro (circa il 30% di tutti i posti di lavoro).Nel settore privato 50 occupazioni (615.000 posti di lavoro) non sonoaperte agli stranieri e 30 occupazioni richiedono un diploma francese(625.000 lavori) (Agence pour le développement des relationsinterculturelles, 2003).

• In alcuni paesi (tra cui l’Italia) la cittadinanza è un requisito per laiscrizione agli albi delle principali professioni regolamentate.

Discriminazione

Inoltre, occorre prendere atto che ci sono tuttora nei paesi europeiforme di discriminazione quando si tratta di assumere immigrati perricoprire posizioni qualificate, anche a prescindere dal problema delriconoscimento del valore dei titoli di studio. L’esistenza di talidiscriminazioni viene segnalata dagli informatori qualificati in Italia,Belgio, Olanda, Francia, Regno Unito. La “prova del nove” in questocampo è rappresentata al permanere di pregiudizi anche verso immigratidi prima o seconda generazione che si sono laureati nelle università delpaese ricevente.

• Secondo esponenti del sindacato di Forlì, in Italia, molti giovaniimmigrati che hanno conseguito la laurea in Italia non trovano postonemmeno come impiegati, in quanto è sufficiente avere un cognomediverso per non riuscire ad accedere a un’occupazione (AECA, 2004).

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• Simili situazioni si rilevano in Francia, dove i giovani di origineimmigrata e laureatisi negli atenei d’Oltralpe sono risultati anchemaggiormente esposti al precariato (Borgogno et al. 2004).

Non sempre la normativa antidiscriminatoria riesce a limitare questetendenze. Anzi, sono stati segnalati in alcuni casi effetti contrari a quellidesiderati.

• Ad esempio, in Francia molti datori di lavoro ora convocano menovolentieri ai colloqui i giovani figli di immigrati perché temono, nelcaso di un esito sfavorevole, di essere accusati di discriminazione(Borgogno et al. 2004).

Servizi di intermediazione

Spesso, tuttavia, l’incomprensione e la sottovalutazione delle competenzedegli immigrati qualificati comincia ancora prima delle selezioni, al livellodei servizi di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro.

• In Francia, si segnala una scarsa capacità dei servizi per l’impiego diriconoscere le differenze tra gli immigrati e soprattutto di trasformare ledifferenze in ipotesi specifiche di definizione di percorsi professionali(Enel F., Delasalle C., 2004).

• Nel Regno Unito, è stato segnalato dagli intervistati per questa ricercache alcuni rifugiati qualificati evitano di rivolgersi ai Job Centres pernon essere costretti ad accettare lavori a un livello inferiore alle propriequalifiche. D’altra parte, in questo paese gran parte della selezione deglihighly skilled è gestita direttamente dai datori di lavoro.

• Secondo alcuni studi condotti in Olanda, gli intermediari tendono aprestare maggiore attenzione alle persone più facili da collocare, aorientare gli immigrati verso i posti di lavoro sussidiati e del settorenon profit piuttosto che del privato, e a indirizzarli verso carriere ditipo “etnico” contribuendo a quella che viene chiamata la ethnic mobilitytrap (Tabibian, 2005; interviste a informatori qualificati, Belgio).

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Genere

Verso le donne immigrate qualificate le incomprensioni raddoppiano.

• In alcuni studi olandesi, si segnala che i datori di lavoro e gliintermediari manifestano sorpresa e incredulità di fronte al fatto chemolte donne nei paesi del sud effettuano con successo studi di tipotecnico o scientifico; inoltre alcuni di essi hanno introiettato glistereotipi che vedono la donna appartenente a coppie immigratesottomessa e poco istruita (Botman, 1999, cit in Tabibian, 2005).

• L’esistenza di una doppia discriminazione, sia di genere che legataall’essere straniere, è stata segnalata anche in una ricerca italiana sulleimmigrate qualificate (Colonnello, 2000).

• Inoltre, non si può non menzionare che la carenza di servizi di childcarein tutti i paesi europei rappresenta un ulteriore ostacolo per lariqualificazione delle donne immigrate (Balk, Boerma, Kusche, 1998, cit.in Tabibian, 2005).

Tetto di vetro

Oltre alle discriminazioni nelle assunzioni vi sono quelle nella carriera cheportano alla persistenza di un “tetto di vetro” per immigrati e minoranzeetniche.

• Perfino in un paese come il Regno Unito, con una lunga tradizione dimulticulturalismo, le minoranze etniche rappresentano il 6,4% dellapopolazione, ma solo il 5,4% degli occupati, il 3,2% dei junior e middlemanagers e l’1% dei senior manager, secondo una survey condotta dalRunnymede Trust su 100 aziende (CRE, 2002).

Gestione della diversità

Si rileva in generale, in molti paesi, una impreparazione dei datori dilavoro e del personale delle organizzazioni ad accogliere lavoratori diorigine immigrata.

• Secondo uno studio olandese, tale impreparazione si manifesta con lapreferenza dei datori di lavoro per i nativi, la mancanza di modelli opercorsi di riferimento per l’ascesa professionale, la scarsa preparazionedei colleghi all’arrivo di un lavoratore immigrato, la scarsa attenzione

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per le differenze culturali sul posto di lavoro, l’assenza diaccompagnamento per gli immigrati che lavorano (Pen, Tissing, cit. inTabibian, 2005).

• Si rileva, comunque, nella maggioranza dei paesi europei, unainsufficiente diffusione dei programmi di gestione della diversitànelle aziende (solo in Olanda e nel Regno Unito, degli otto paesi dellaricerca, è stata segnalata una loro diffusione consistente).

• Sul versante positivo, sono comunque da registrare, nel Regno Unito, lemisure per l’integrazione degli immigrati qualificati promosse daidatori di lavoro, che danno risultati positivi e risultano di particolaregradimento dei beneficiari (Jordan, Duevell, 2002).

• Per contro, secondo quanto riferito da un informatore qualificato aproposito dell’Irlanda – ma probabilmente avviene anche in altri statimembri – si rileva la presenza di aziende che tendono a utilizzareagenzie esterne per assumere lavoratori di altri paesi, mantenendoli inun regime separato (in particolare, tecnici indiani nelle industrie delsoftware).

Comportamenti inappropriati degli immigrati

Accanto alle spiegazioni dello scarso successo lavorativo degli immigratiqualificati che pongono l’accento su fattori esogeni, vi sono quelle che leimputano anche a ostacoli endogeni, cioè a deficienze, atteggiamenti ecomportamenti degli immigrati stessi.

• Un classico ostacolo è rappresentato dalla necessità di un guadagnoimmediato. Ad esempio, da un’indagine condotta a Milano è emersoche alcuni professionisti eritrei (medici, insegnanti o ingegneri), puravendo conseguito un titolo di studio italiano, non sono mai stati ingrado di esercitare la professione, sia perché non possedevano i mezziper mettersi in proprio, sia perché avevano necessità di guadagnaresubito, una volta finito di studiare, per mantenere sé e la propriafamiglia (Stocchiero, 2004).

• A volte entrano in gioco incomprensioni dovute a differenze culturali. InOlanda, alcuni studi hanno evidenziato che, nei colloqui, a volte gliimmigrati adottano comportamenti e atteggiamenti, diffusi nella lorocultura, che non vengono capiti dai reclutatori e pertanto risultanoinappropriati, quali ad esempio una eccessiva modestia o la tendenza afare lunghe introduzioni prima di arrivare alla sostanza (Pen, Tissing,2000, cit. in Tabibian, 2005).

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• In Francia, sono stati individuati i seguenti elementi che impedisconoagli immigrati di fare carriera: difficoltà nella negoziazione delcontratto e della remunerazione; comportamenti di adattamentoparadossale (ad esempio, eccesso di impegno nel lavoro,autosvalutazione, assunzione del ruolo di “buffone” nel gruppo dilavoro per farsi accettare, ecc.); tendenza a descrivere le proprie qualitàin termini morali piuttosto che in termini di competenze professionali;mancanza di padronanza dei codici sociali (Enel, Delasalle, 2004).

Occorre tuttavia considerare che, nell’ottica di una concezionebidirezionale dell’integrazione, esiste anche un problema di mancanza dicompetenze interculturali da parte dei datori di lavoro (vedi anche sopra:“gestione della diversità”), che contribuisce a rendere problematical’interazione con gli immigrati.

Reti etniche

Sempre sul versante degli ostacoli che derivano dagli immigrati stessi, indiversi paesi viene messo in evidenza un possibile ruolo negativodell’associazionismo e delle reti etniche nel perpetuare la dequali-ficazione.

• In Spagna, uno studio qualitativo su un piccolo gruppo di filippini hamesso in evidenza una tendenza della comunità nazionale a spingeregli immigrati, pur qualificati, prevalentemente verso il lavorodomestico (Pongiluppi, 2004).

• In Italia, alcune ricerche hanno mostrato lo scarso peso che hanno avutoi connazionali nel consentire ad alcuni immigrati di accedere aoccupazioni qualificate (d’Andrea, 2002).

• È stato rilevato che gli immigrati qualificati reclutati all’estero perlavorare nel Regno Unito si astengono deliberatamente dall’unirsi aqualsiasi comunità o rete etnica ma preferiscono enfatizzare la loroidentità di professionisti mescolandosi ai propri colleghi di classe media(Jordan, Duevell, 2002).

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Qualità personali

Per contro, sul versante positivo vi sono anche alcuni elementi“endogeni”, nel senso ora richiamato, che facilitano l’integrazione, cioè lequalità personali sviluppate dagli immigrati qualificati che sembranofacilitare il loro inserimento lavorativo.

• In Olanda, le “personal skills” dei rifugiati acquisite con l’esperienzadell’esilio sono numerose: flessibilità, iniziativa, enorme perseveranza,pazienza, capacità di comunicazione, un atteggiamento positivo, fiduciain sé, essere capaci di lasciare almeno parte della propria cultura,cogliere le opportunità, porsi obiettivi (Kalsbeek, Bleichrodt, 2004, cit. inTabibian, 2005).

• In Italia, la flessibilità e la capacità di adattamento sono caratteristicheche gli immigrati qualificati considerano importanti per una buonaintegrazione (d’Andrea, 1999).

3. L’imprenditorialità

Una delle ragioni per le quali l’imprenditorialità viene da molticonsiderata un fattore di integrazione è che la creazione di impresa èspesso uno dei principali sbocchi degli immigrati dotati di elevatecompetenze, soprattutto in assenza di opportunità di inserimentoqualificato nel lavoro dipendente. Del resto, molti immigrati sonocaratterizzati da un forte orientamento alla imprenditorialità eall’assunzione di rischi (d’Andrea, 2002).

• In Italia, ad esempio, il fenomeno appare in crescita: il numerocomplessivo dei titolari di impresa a metà del 2004 evidenziava unaumento di circa il 27% rispetto all’anno precedente, molto significativose si considera che la variazione osservata per la totalità dei titolari diimpresa in Italia, nello stesso periodo, era stato dello 0,5% (Caritas,2004).

• Da alcune parti si suggerisce comunque di utilizzare una certa cautelanella considerazione di questo fenomeno (Colonnello, Mastropietro2003). Spesso infatti si propone agli immigrati, così come ad altri gruppidi lavoratori, la creazione di impresa come falsa soluzione dei problemi

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di scarsa occupabilità, esponendo a forti rischi persone che non hanno,né le risorse, né il profilo per divenire imprenditori. Alcune forme diimprenditorialità immigrata attualmente presenti nei paesi europei,inoltre, nascondono occupazioni di lavoro autonomo precario oattività economiche a livello della sussistenza.

• Tuttavia, come osservato da un informatore qualificato intervistatonella presente ricerca, quando un imprenditore supera una certa sogliadi rilevanza con la propria attività, e ad esempio comincia ad assumerenativi alle proprie dipendenze, ciò può essere considerato un segnaledi inserimento riuscito. In quel caso, l’attività imprenditoriale necessitadi capacità di controllare il territorio, di rapporti sociali, di trasmettereun senso di fiducia ai propri collaboratori, il che è incompatibile conuna percezione di sé legata alla precarietà e alla provvisorietà.

• Per gli immigrati qualificati, inoltre, alcuni considerano significativa lapresenza di imprese di alto profilo, caratterizzate da forti contenuti diconoscenza o in cui possono essere messe in gioco competenze elevate ecapitale sociale di livello superiore, anche nella dimensionetransnazionale (Colonnello, 2000).

4. L’accesso alla formazione di alto livello

Sia dalle ricerche che dagli informatori qualificati emerge che gliimmigrati qualificati tendono ad attribuire molta importanza allo studio eall’aggiornamento professionale. A volte, quelli che hanno un primo gradodi formazione universitaria desiderano continuare gli studi, oppure sonocostretti a ripetere o a integrare la formazione universitaria a causa delledifficoltà di riconoscimento o del riconoscimento parziale dei titoli distudio. L’esistenza di opportunità di formazione di alto livello, sia dicarattere professionale che di tipo accademico, è quindi decisiva perl’integrazione degli immigrati qualificati, anche in vista di un loroinserimento lavorativo e sociale adeguato. D’altra parte, si rilevano ancora,in questo ambito, numerosi elementi problematici.

• Per l’Olanda, oltre alla difficoltà di riconoscimento dei diplomi e degliesami sostenuti in patria, viene segnalato il problema degli alti costidella formazione superiore e la scarsa possibilità di ricevere unsostegno finanziario sotto forma di borse di studio, anche a causa del

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fatto che molti immigrati hanno un’età ormai avanzata per questo tipodi supporto.

• Un altro problema è rappresentato dalla formazione linguistica. InOlanda è stato segnalato che molti rifugiati sono costretti a frequentarecorsi di lingua di livello troppo pratico, che non garantiscono laformazione necessaria per accedere a occupazioni qualificate. Questoavviene perché non ci sono corsi specialistici o, se esistono, sono troppocostosi, e la frequenza spesso non viene finanziata dai servizi cheassistono alcune categorie di immigrati (ad esempio, i rifugiati)(Tabibian, 2005).

• Diverso è il discorso per la formazione professionale. In vari paesi – tracui Belgio, Regno Unito, Italia, Olanda, Polonia, Spagna – vienesegnalata l’esistenza di programmi di formazione professionale chehanno gli immigrati qualificati come target, o che preparano gliimmigrati a occupazioni qualificate o alla creazione di impresa.

• La mediazione culturale, l’informazione e la comunicazione sono tra isettori che vengono più frequentemente proposti agli immigratiqualificati. In Italia, quello della mediazione culturale, in particolare,sembra uno degli sbocchi più promettenti per gli immigrati dotati dialti livelli di istruzione. Tuttavia, alcuni informatori qualificatiritengono che si tratti di una professione ancora agli inizi, che si èsviluppata nella pubblica amministrazione ma non sufficientemente nelsettore privato, e il cui statuto rimane tuttora basso, anche dal punto divista della remuneratività.

• Anche per quanto riguarda la formazione alla creazione di impresa, c’èil rischio che si riproduca la trappola della mobilità “etnica”. A volte leimprese di cui si stimola la nascita tendono a pescare nel campo dellepresunte specializzazioni “etniche” degli immigrati (ad esempio, la curadegli anziani).

• Complessivamente, comunque, sembra che la frequentazione di corsi diformazione professionale abbia effetti positivi sull’inserimentolavorativo degli immigrati qualificati (d’Andrea, 2002). Rappresentaquindi un problema la sottoutilizzazione delle opportunità formativeesistenti che sembra avvenire nella maggior parte dei paesi.

• Infine, vale la pena di ricordare un problema scarsamente consideratodalle politiche di formazione, ma segnalato invece nell’ambito deglistudi sull’inserimento degli immigrati qualificati, e cioè l’assenza dicondizioni abitative appropriate per chi svolge un lavorointellettuale. Questa difficoltà riguarda soprattutto quegli immigrati o

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rifugiati che sono costretti a vivere in centri di ospitalità o in alloggisovraffollati (Van der Ree, Afework, 2002, cit. in Tabibian, 2005).

5. I consumi culturali

L’adozione di standard di consumo simili a quelli della popolazioneautoctona a scapito della tradizionale propensione al risparmio tipica deimigranti viene a volte considerato un segnale di integrazione cheriguarda, in particolare, gli immigrati più istruiti di provenienza urbana(Reyneri, 1997). Per gli immigrati qualificati, in particolare, è consideratasignificativa la presenza di consumi culturali o che comunque possonoessere considerati tipici delle classi medie istruite. I consumi culturali, poi,hanno un doppio significato: da una parte denotano un interesse verso lacultura della società ricevente, dall’altra, indicano un possibilesuperamento dello stato di necessità.

• Alcuni di tali consumi sono risultati in certe indagini abbastanzaelevati. Ad esempio, nella ricerca sugli immigrati qualificati in Toscanaè emerso che il 92,7% segue i programmi televisivi italiani e il 60,7% iprogrammi radiofonici, più o meno come la media della popolazioneitaliana. Il 94% dichiara di leggere durante la giornata; ben l’83% leggequotidiani italiani o esteri (a fronte del 63,9% degli uomini e del 50,6%delle donne italiane); il 35% legge regolarmente saggi o altri libri (tragli italiani: 33,3% degli uomini e 43,6% delle donne) (Montefalcone,2002).

• Anche in altri paesi (Olanda, Regno Unito) è stata confermata dagliinformatori qualificati interpellati nell’ambito della presente ricerca latendenza degli immigrati a tenersi informati sulle notizie di attualitàpolitica nazionale o di cronaca locale, leggendo i giornali o guardandoi notiziari televisivi.

• In Olanda, Regno Unito, Italia, Spagna è stato segnalato, sempre dagliinformatori qualificati, che gli immigrati qualificati seguono iprogrammi radio-tv di intrattenimento e conoscono i personaggidello spettacolo, dello sport e della fiction.

• Il possesso e l’uso di mezzi di comunicazione elettronica è un altroindicatore interessante utilizzato da alcune ricerche. Nella ricerca in

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Toscana è risultato che il 42,7% usa regolarmente il computer, il 35,6%internet e il 34% la posta elettronica (Montefalcone, 2002).

• Rappresenta inoltre un’attività indicativa rispetto al livello diintegrazione la frequentazione di eventi culturali, musicali, sportivi,a carattere non etnico. A tale riguardo, sono state riscontrate differenzetra paesi, nell’opinione degli informatori qualificati: mentre in Olandasembra abbastanza diffusa l’abitudine di frequentare tali eventi, inBelgio e in Italia ciò sembra avvenire più raramente, anche per ragionidi costo dei biglietti di ingresso.

6. La pratica della cultura d’origine e delladimensione transnazionale

Alcuni studi hanno mostrato che una buona integrazione nella societàdi arrivo e l’assunzione di tratti della sua cultura non è incompatibile conil mantenimento di legami con la cultura di origine; anzi, in alcuni casi, siè notato che tali legami agevolano l’inserimento sociale e professionale(Montefalcone, 2002). Per questo motivo, la pratica della cultura di originepuò essere considerata un fattore rilevante.

• Nelle interviste svolte per la presente ricerca, alcuni informatoriqualificati hanno affermato che sono gli immigrati più istruiti amantenere un rapporto maggiormente positivo con la propria identitàculturale, ad esempio cercando di trasmettere la propria cultura e lapropria lingua ai figli, mentre sono quelli dotati di minori risorse e conun retroterra familiare più svantaggiato a optare per un taglio conl’identità precedente e per una rapida assimilazione.

• La riscoperta della propria identità è spesso una risorsa anche per igiovani della seconda generazione. Da un’inchiesta sui giovani condiplomi superiori di origine immigrata è emerso che quelli che soffronomeno a causa del razzismo sono quelli che riescono a coniugare unasolida integrazione con una rivendicazione della propria identità etnica;mentre quelli che hanno optato per una strategia assimilazionista sonoquelli che soffrono di più (Borgogno et al. 2004).

• A Milano, per molti giovani eritrei della seconda generazione (ogenerazione 1,5 – nati all’estero), per lo più diplomati e laureati, a uncerto punto si è rivelato importante e necessario riavvicinarsi alle

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proprie radici e alla cultura di origine, ed incontrare coetaneiconnazionali con cui condividere difficoltà e contraddizioni del propriostato e dei personali percorsi di vita e di integrazione. Taleriavvicinamento si è realizzato, ad esempio, con la partecipazione afestival eritrei e con viaggi estivi nel paese di origine (Stocchiero,2004).

• Le informazioni raccolte nella presente ricerca presso informatoriqualificati tendono a concordare sul fatto che gli immigrati qualificati sitengono, in genere, informati sull’attualità del paese di provenienza.Ciò è reso più facile dalla presenza di canali televisivi satellitari. Puòessere invece meno scontata la disponibilità nei luoghi di residenzadegli immigrati di pubblicazioni quotidiane, periodiche omonografiche nella loro lingua o di provenienza del paese o dellaregione di origine.

• Un altro elemento dell’identità culturale, che può essere oggiproblematico da mantenere nei paesi europei è la religione. Ladisponibilità di luoghi di culto di religioni minoritarie nel paesericevente non è uguale in tutti i luoghi e in tutte le aree di residenza.Inoltre, un escalation di forme di intolleranza religiosa nei confrontidegli immigrati, come quella che si è verificata in seguito all’11settembre o a singoli episodi locali, può compromettere o rendererischioso l’accesso ai luoghi di culto esistenti. Una certa diffusione dimanifestazioni di questo genere (ad esempio, atti di vandalismo neiconfronti di moschee) è stata segnalata dagli informatori qualificati dialcuni paesi (ad esempio, Francia, Spagna, Belgio, Polonia, Olanda).

• La pratica della dimensione transnazionale, attraverso viaggi, relazioniprofessionali, amicali, di affari, ecc. è una delle caratteristiche piùsignificative del fenomeno delle migrazioni qualificate. Spesso chistudia gli immigrati qualificati tende a sottolineare come essiproducano valore aggiunto per la società ricevente e per il paese diprovenienza attraverso la loro capacità di connettere paesi, luoghi eculture differenti, e come ciò favorisca anche la loro integrazione(Montefalcone, 2002).

• Al pari di tutti gli immigrati, quelli qualificati tendono a mantenerecontatti con familiari, parenti e amici nel paese di origine. Secondoalcuni studi (ad esempio, un’indagine dell’IOM in Italia) tali contattisono praticati in misura superiore dagli immigrati più istruiti, anche peruna maggiore capacità di usare gli strumenti di comunicazioneelettronica; un aumento dell’offerta di telecomunicazione internazionaleè stato peraltro segnalato in tutti i paesi della ricerca, tranne che in

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Polonia e Ungheria. Questo ovviamente non esclude la presenza dilavoratori qualificati temporanei che si comportano come attoriindividuali e non mostrano alcuna intenzione di mantenere legami conil paese di origine, come emerso da alcuni studi (Jordan, Duevell, 2002).

• Anche i viaggi nel paese di origine sono risultati a volte più frequentiper i qualificati (Losi N. et al., 2002).

• Ciò che sembra caratterizzare maggiormente gli immigrati qualificati,comunque, è il mantenimento di un’ampia rete di rapporti di affari,professionali e culturali con persone del paese di origine o anche conpersone emigrate in altri paesi. Nel Regno Unito, da un’indagine sugliimmigrati qualificati nei settori IT e della finanza, titolari di permesso dilavoro, è risultato che circa tre quarti ha risparmi e mantiene legami conla propria professione, un terzo ha un’occupazione a cui ritornare, ecirca 4 su 10 hanno una proprietà nel paese di origine (NOP/IES, 2002).In Italia, il 28,7% degli intervistati nella già citata ricerca sugli immigratiqualificati in Toscana ha affermato di essere in contatto con leader eintellettuali del proprio paese (Montefalcone, 2002).

• Significative sono anche le reti create dallo studio universitario. Indiversi paesi (Francia, Italia, UK, Olanda) è stato confermato dagliinformatori qualificati che molti immigrati mantengono i contatti conconnazionali con cui hanno fatto gli studi e li aiutano a trovare uninserimento lavorativo o un’opportunità di ulteriore formazione nelpaese ricevente.

• Spesso gli immigrati qualificati vanno e vengono dal paese di origineal paese ricevente in diverse fasi della loro vita. Ad esempio, inPolonia, la comunità vietnamita, molto attiva sul piano economico eculturale, è guidata da una élite di ex studenti ritornati in Vietnam dopoche avevano frequentato l’università in Polonia e successivamenterientrati in quel paese (Grzymata-Kazlowska-Okolski, 2003).

• Molto importanti sono le attività di aiuto allo sviluppo del propriopaese che gli immigrati qualificati possono svolgere pur continuando arisiedere all’estero, una sorta di “ritorno analogico” che avviene alposto del ritorno fisico vero e proprio alla madrepatria. Tale fenomenoè stato segnalato, in particolare dagli informatori qualificati nel RegnoUnito, in Olanda, in Spagna e in Italia.

• Analogamente, alcuni studiosi mettono in evidenza l’esistenza di“rimesse sociali” accanto a quelle finanziarie che gli immigratiqualificati “inviano” nel proprio paese di origine. Le rimesse socialisono le idee, i comportamenti, l’identità e il capitale sociale che i

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migranti esportano nelle proprie comunità originarie. Esse possonoincludere idee sulla democrazia, la salute, il genere, l’eguaglianza, idiritti umani e l’organizzazione della comunità (Levitt, Sorensen, 2004).

• Un ambiente favorevole alla valorizzazione dei legami transnazionalidegli immigrati è dato anche dalla facilità con cui essi si possonoinserire in attività di cooperazione allo sviluppo. A tale riguardo, si ènotato che solo in pochi paesi (ad esempio, il Regno Unito) vi è unatendenza di ONG e centri di ricerca che si occupano di sviluppo ainserire tra il proprio personale una significativa quota di immigrati.

• In Italia, è stato segnalato dagli informatori qualificati, qualeimpedimento il requisito della cittadinanza per la partecipazione diimmigrati ad attività di cooperazione internazionale finanziate dalpaese ricevente in qualità di cooperanti.

7. La pratica della leadership e dellaresponsabilità sociale

Mentre è auspicabile per tutti gli immigrati la partecipazione alla vitapolitica e sociale della società di arrivo, gli immigrati qualificatipossiedono in genere le competenze e le capacità per esercitare anche unafunzione di leadership all’interno di organismi politici, organi del governolocale, associazioni, ONG, sindacati, e così via. L’accesso alla leadership èquindi uno dei criteri ricorrenti per valutare il peso che gli immigrati (epiù in generale le persone di origine immigrata) hanno nei paesi europei equindi anche la loro integrazione, in primo luogo come integrazionepolitica (Turco, 2005).

Il primo luogo “naturale” dove si esercita la leadership e laresponsabilità sociale degli immigrati qualificati è rappresentatodall’associazionismo immigrato, che vede una loro forte partecipazione.

• In pressoché tutti i paesi si trovano ormai immigrati in posizionidirigenziali all’interno di ONG e associazioni di volontariato.Dall’indagine svolta da LSC nella regione Toscana è risultato, adesempio, che quasi il 70% degli immigrati qualificati partecipaattivamente ad associazioni di immigrati (Montefalcone, 2002).

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• Un’altra indagine in Italia ha mostrato che l’adesione ad associazioni,partiti e sindacati è più alta tra le donne immigrate qualificate chehanno avuto successo nell’inserimento lavorativo: ha dichiarato diaderire a partiti, associazioni e sindacati il 50% delle immigrate che sisono riqualificate, contro il 23,6% delle immigrate che hanno subitoprocessi di dequalificazione; ad associazioni femminili il 40,2% delleriqualificate, contro il 20,4% delle dequalificate (d’Andrea, 2002).

• L’associazionismo immigrato è inoltre una realtà consolidata nei paesidi più lunga tradizione di immigrazione, quali Regno Unito, Francia,Olanda e Belgio (mentre lo è meno in paesi di nuova immigrazionecome Italia e Spagna). In Francia, si può parlare addirittura di tregenerazioni dell’associazionismo, che hanno contribuito alla nascita diuna borghesia immigrata costituita da élite politico-mediatiche,intermediari culturali, donne, commercianti e imprenditori, scrittori,artisti, “nuovi immigrati” usciti dalla classe media nel paese di origine(Withol de Wenden, Leveau, 2001).

• Ma anche in altri paesi gli immigrati qualificati tendono a formare élitee a rimanere in contatto con leader e intellettuali del proprio paeseche soggiornano nel medesimo stato (Montefalcone, 2002).

• In alcuni paesi (ad esempio, la Spagna e la Polonia, secondo quantoriferito dagli informatori qualificati, vi sono organismi (in genere nongovernativi con sostegno statale) che promuovono il formarsi diassociazioni di immigrati come strumento di integrazione.

Al di là dell’associazionismo, forme di partecipazione degli immigratiqualificati ai processi decisionali cominciano ad esistere in pressochétutti i paesi, ancorché in misura diversa a seconda degli ambiti.

• Al livello delle amministrazioni locali, in vari paesi (ad esempio Belgio,Italia, Olanda, Polonia, Spagna) sono stati istituiti organi consultivi incui sono rappresentati gli immigrati (es. consiglieri comunali aggiunti).

• In alcuni paesi (Italia, Olanda, Spagna) tali organismi sono stati istituitianche al livello nazionale (ad esempio, consulte nazionalisull’immigrazione).

• Un altro ambito dove si trovano frequentemente leader immigrati ècostituito dalle organizzazioni sindacali.

• Meno diffusa, e limitata solo ai paesi di più antica immigrazione, è lapresenza di leader immigrati all’interno di organizzazioniimprenditoriali o di partiti politici e di candidati appartenenti aminoranze etniche alle elezioni (pur se rimane da verificare in quale

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misura tali forme di leadership coinvolgono anche i “nuovi” immigratie i rifugiati, oltre alle minoranze etniche storiche). Anche in questipaesi, comunque, vi è una difficoltà degli appartenenti a minoranzeetniche a raggiungere posizioni realmente prominenti (Duevell, 2005).

8. La stima pubblica

Un elemento che viene ritenuto importante nel processo di integrazionedegli immigrati qualificati è il fatto che essi siano, non soltanto accettatidalla società ricevente, ma stimati per le loro capacità e potenzialità.

• Il livello di stima di cui godono gli immigrati, in particolare quelliqualificati, è stato a volte rilevato sondando l’opinione pubblica. Adesempio, secondo uno studio dell’ISPO, il 66,1% degli italianiintervistati accetterebbe un immigrato come superiore o capo, e il 63,5%è d’accordo con l’affermazione che un immigrato laureatosi nel suopaese d’origine (ad esempio, un medico, un ingegnere, ecc.) deve poterpraticare la sua attività in Italia. Inoltre, tra i criteri per stabilire a chidare priorità nel concedere un regolare permesso di soggiorno, subitodopo “l’avere già in Italia qualcuno disposto a offrire un lavoro” gliintervistati indicano la specializzazione professionale (74,5%) e il livellodi istruzione (67,5%), anteponendoli a criteri come l’avere antenati diorigine italiana o la conoscenza della lingua (Istituto di Studisull’Opinione Pubblica, 2000).

• In Olanda un’indagine ha rilevato quanto gli immigrati percepiscono diessere accettati nella società. Ne è emerso che gli immigrati qualificatisi sentono un poco meno accettati rispetto agli altri immigrati (3.6contro 3.7 lungo una scala da 1 a 5). Il più basso livello di accettazionepercepita lo si riscontra tra gli immigrati somali e iraniani.

• La stima pubblica verso l’immigrato qualificato viene spessoidentificata nell’attribuzione di uno status sociale paragonabile a quellodi nativi con uguali titoli. A tale riguardo, alcune ricerche hannomostrato gli effetti negativi sulla psiche dei medici rifugiati, e sulla lorocapacità di frequentare con profitto i programmi di integrazione,prodotti dalla circostanza di vivere una “incongruenza di status”(Gunnesteinsdottir, 2004). Anche la perdita di status subita con l’esiliodai rifugiati rappresenta un vero e proprio ostacolo all’integrazione(Kalsbeek, 1997, cit. in Tabibian, 2005). Tuttavia, nel corso delle

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interviste è anche stato osservato che in una società caratterizzata dallarelativizzazione degli status e dei ruoli, non è tanto importante essereconsiderati una persona con status elevato, ma vedere riconosciuto ilproprio lavoro e il proprio contributo attivo alla società ricevente.

• Inoltre, la stima verso l’immigrato da parte della società ricevente simanifesta nell’interesse verso la cultura di cui egli è portatore. A taleriguardo, una variabile importante può essere l’interesse verso lelingue degli immigrati che emerge, ad esempio, nell’istituzione di corsiper l’apprendimento di tali lingue aperti a un pubblico vasto (non solostudiosi o persone con specifiche esigenze professionali).

• Come è noto, l’atteggiamento dell’opinione pubblica è almeno in parteinfluenzato dai media. Al riguardo viene spesso osservato chel’immagine degli immigrati proposta da giornali, radio e tv ècaratterizzata da un’accentuazione della fenomenologia criminale elegata alla clandestinità. Raramente gli immigrati compaiono inposizioni qualificate, sia nella fiction che nei programmi diinformazione (ERCOMER, 2002).

• In un certo senso, è indice di stima verso l’immigrato il considerare glistranieri un potenziale segmento di mercato interessante. A questoproposito può essere analizzata l’esistenza di campagne di marketingche si rivolgono a immigrati e minoranze etniche (tali campagnevengono fatte in Italia, Francia e Spagna). Questo anche se l’esistenza diiniziative di questo genere potrebbe essere considerata un indicatore dinon completo inserimento della componente immigrata, tale da farneuna categoria a parte di consumatori.

• Anche l’apertura della funzione pubblica agli immigrati, ancorapiuttosto limitata in diversi paesi europei, potrebbe essere considerataindice di stima nei loro confronti da parte della società ricevente. Lostesso può dirsi circa l’attribuzione agli immigrati del diritto al votoalle elezioni amministrative, il cui uso è stato incoraggiato dall’UnioneEuropea nell’ambito della promozione della cittadinanza civica, anchese in diversi paesi non risulta ancora attuato pienamente (ad esempio,l’Italia).

• Infine, può essere importante rilevare la persistenza della stimapubblica che rende possibile per l’immigrato trasferirsi da un luogoall’altro del paese senza particolari difficoltà di reinserimento e senza laprospettiva di ricominciare da capo, e di dover fare un complessosforzo per essere accettato.

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• Naturalmente, il primo segnale di stima pubblica verso gli immigratiqualificati riguarda l’accettazione della loro presenza. In questo senso,laddove gli immigrati subiscono le conseguenze di politiche volte ascoraggiare la loro permanenza, è molto difficile che siano stimati nelpaese di arrivo.

9. Le opinioni sulla società ricevente

Da più parti si sottolinea che l'integrazione, soprattutto per individui adalta soggettività come gli immigrati qualificati, è influenzata anchedall'opinione che essi si fanno del paese ricevente, delle sue istituzioni,della sua burocrazia, dei suoi cittadini e così via.

• Ad esempio, nell’ambito delle interviste a informatori qualificatieffettuate in Italia per questo studio, è stato segnalato che alcuniimmigrati laureati dei paesi dell’Est arrivano con l’aspettativa ditrovarsi di fronte a pubbliche amministrazioni efficienti a confrontodella propria, ma si devono presto ricredere.

• Altri invece hanno riferito della propria delusione nei confronti degliorganismi di partecipazione messi a punto, alcuni anni fa, per gliimmigrati, che si sono rivelati privi di potere.

• Questi fenomeni di disaffezione riguardano più paesi. Ad esempio, lalunghezza delle procedure per ottenere l’asilo politico in Olandaprovoca, oltre a una lenta perdita delle competenze acquisite a causadel loro mancato esercizio, anche il formarsi di atteggiamenti negativinei confronti delle istituzioni del paese ricevente (Tabinian, 2005).

• Alle opinioni sulla situazione del paese sono collegate le aspettativeriguardanti il proprio inserimento lavorativo e sociale, lo sviluppo dimeccanismi di adattamento, ecc. In effetti, è stato rilevato come leaspettative degli immigrati qualificati che vengono in Italia circa lapossibilità di svolgere un lavoro qualificato siano all’inizio piuttostobasse. Questo fa sì che molti di loro non compiano neanche un tentativodi ricercare un lavoro a più alto livello – anche se, dopo un po’ ditempo, alcuni diventano insofferenti verso lo svolgimento di lavori dibasso profilo. È questo il caso, ad esempio, di molte donne laureate deipaesi dell’Est che vengono impiegate come badanti e colf in Italia.

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• Inoltre, alcuni informatori qualificati intervistati per questo studiohanno suggerito che uno degli indicatori da utilizzare potrebberiguardare la percezione, da parte dell'immigrato, di avereopportunità di migliorare la propria condizione generale eprofessionale una volta giunto nel paese ricevente.

• In generale, viene a volte richiamata dagli esperti l'importanza diconsiderare i sentimenti di soddisfazione per la propria condizione nelpaese ricevente, per non dire di “felicità”, provati dagli immigratiqualificati.

• Tale soddisfazione si traduce, in alcuni casi, nella propensione allapermanenza nel paese o addirittura nella richiesta della cittadinanza.Ad esempio, nel Regno Unito, una indagine sugli immigrati qualificatientrati con permessi di lavoro ha mostrato come una quota rilevantepensi di restare nel paese, estendendo il permesso di lavoro (30%) ochiedendo di insediarsi (14%), e di questi, oltre la metà intenderichiedere la cittadinanza (NOP Businnes, 2002). Altri studi, infine,hanno preso in considerazione anche le opinioni circa la eventualità dimigrare in un paese che offre opportunità migliori (Jordan, Duevell,2002).