29
// Politecnico di Torino // Facoltà di Architettura // Atelier Progetto e Rappresentazione // 2013 - 2014 // prof. Enrico Giacopelli // prof.ssa Anna Marotta // Programma generale modulo Composizione Architettonica // Enrico Giacopelli // Politecnico di Torino // Facoltà di Architettu // Atelier Progetto e // Programma gen

Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Programma generale del modulo di Composizione Architettonica // Atelier Progetto e Rappresentazione // 2013 - 2014

Citation preview

Page 1: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// Politecnico di Torino

// Facoltà di Architettura

// Atelier Progetto e Rappresentazione // 2013 - 2014 // prof. Enrico Giacopelli // prof.ssa Anna Marotta

// Programma generale modulo Composizione Architettonica // Enrico Giacopelli

// Politecnico di Torino

// Facoltà di Architettu

// Atelier Progetto e

// Programma gen

Page 2: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// INDICE

Page 3: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 3

IVREA // PALESTRA PER ARCHITETTI

LA PROPOSTA DIDATTICA DELL’ATELIER

INDICE

SAN GIOVANNI // SAN MICHELE // TESTO GENERALE

QUARTIERE SAN GIOVANNI

QUARTIERE SAN MICHELE

LIMEN // LIMES

ATTACCO AL CENTRO!!

ESERCITAZIONI PROPEDEUTICHE

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE DEL CORSO

PROGRAMMA PRELIMINARE ATELIER

CONDIZIONI GENERALI

//3

//4

//6

//8

//10

//12

//14

//16

//22

//24

//26

//28

Page 4: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// LA PROPOSTA DIDATTICA DELL’ATELIER

Fa di ogni posto un luogo, di ogni casa e ogni città una serie di luoghi, poiché una casa è una piccola città e una città una grande casa.

// Aldo Van Eyck //

LA PRO

Fa duna città

//

Page 5: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 5

Il ciclo didattico dedicato alla città di Ivrea dal Laboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011) e dagli Atelier di Progettazione e Tecnologia (2012) e Progettazione e Rap-presentazione (2014) è basato su esercitazioni che pongo-no gli studenti di fronte ad alcuni temi cruciali del progetto architettonico contemporaneo con cui, al terzo anno del loro iter scolastico, è giusto che inizino a confrontarsi.

Pur con tutti i limiti degli esercizi accademici - aggravati dal fatto che l’Atelier ha assunto ormai quasi la struttura di un ex-tempore in cui l’approfondimento teorico dei temi è forzatamente ridotto - le esercitazioni affrontano perciò i temi della riqualifi cazione funzionale e formale di quartieri periferici (2010 - 2011), dell’inserimento di nuovi insedia-menti nelle maglie del tessuto urbano consolidato (2012) e delle trasformazioni dei tessuti storici (2014).L’approccio proposto adotta i principi del disegno urba-no e insiste sull’importanza dei contenuti del progetto; si oppone alla visione del territorio come spazio isomorfo disponibile all’occupazione da parte di una massa edilizia pervasiva, libera da principi formali e vincoli di contesto e contrasta la concezione dell’architettura come puro gesto formale.In tal modo l’Atelier affronta (o meglio sfi ora, evocando-ne l’esistenza e svelandone in parte la natura) temi che inducono a guardare alla città come scenario privilegiato dell’architettura, alla costruzione di luoghi (“...da abitare poeticamente”, direbbe Hölderlin) come fi ne ultimo del progetto, al rifi uto dell’oggetto isolato ed autoreferenziale come atteggiamento necessario dell’agire architettonico.

Una proposta didattica così strutturata percorre sentieri divergenti da quelli, forse più alla moda, battuti da chi confonde l’architettura con il design e si concentra sull’og-getto edilizio sottovalutandone i necessari e inevitabili rap-porti con il contesto. La sua apparente inattualità potrebbe

persino farla sembrare inadeguata alle “reali necessità di formazione” di futuri architetti la cui attività, secondo una visione della deriva del ruolo sociale dell’architettura oggi prevalente, sarà confi nata nell’ambito dello “styling”.In realtà tale visione, mistifi cante e diseducativa, è unica-mente fi nalizzata a garantire la riproduzione dei meccani-smi su cui si basa lo status eccezionale di una ristrettissima élite di professionisti cui è affi dato quell’uno percento della produzione edilizia mondiale che viene promossa dalle riviste di settore e fa notizia sui media. Spacciare l’esperienza di tale élite come espressione di un’attitudine professionale generalizzabile, instillando nei futuri architetti l’idea che l’architettura si riduca a pura eser-citazione narcisistica e alla costruzione di un “brand” utile a posizionarsi in un mercato che premia le immagini forti, la novità, la bizzarria, sarebbe perciò oltremodo scorretto. Niente affatto scorretto è invece ribadire - come intende fare l’Atelier - il principio dell’utilità sociale dell’architettura e il suo ruolo indispensabile nella costruzione di un mon-do se non migliore almeno più abitabile; affermare l’im-portanza dell’apprendimento della costruzione di scenari adatti allo sviluppo delle relazioni umane; instillare un po’ di diffi denza nei confronti di un’architettura estetizzante il cui unico scopo è la celebrazione della potenza dei propri committenti; promuovere il gusto per edifi ci ben fatti che diffondano la qualità fornendo risposte concrete alle insod-disfatte esigenze di un habitat adeguato espresse da fasce sempre più ampie di umanità. Ecco perché l’Atelier chiede agli studenti di rifl ettere su temi apparentemente anacronistici ritenendo che ciò costi-tuisca un ottimo addestramento al mestiere dell’architetto. Ecco perché, infi ne, esso offre la possibilità di effettuare tale rifl essione dalla prospettiva di Ivrea, città in cui si sono generati alcuni dei più importanti contributi al pensiero ar-chitettonico contemporaneo ed in cui sono depositati molti esiti concreti di tale pensiero.

Aldo Van Eyck

Orfanotrofi o Amsterdam

Aldo Van Eyck

1918 / 1999

Page 6: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// IVREA // PALESTRA PER ARCHITETTIIVREA//

Page 7: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 7

Il percorso formativo di apprendimento dei rudimenti dell’arte del progetto architettonico non può prescinde-re dal confronto con la realtà - a modifi care la quale - quell’arte è destinata. Non per nulla il valore pedagogico della “contestualizza-zione del progetto” è un fatto pienamente acquisito nella tradizione degli Atelier il cui scopo è appunto quello di si-mulare “in vitro” reali condizioni professionali ponendo gli studenti di fronte a temi “realistici”… pur tenendo il mondo al riparo dall’applicazione degli esiti di tale confronto. La scelta del “luogo” su cui concentrare l’esercitazione è dunque un fattore tutt’altro che trascurabile per garantire la validità pedagogica di un Atelier. Non basta infatti che i contesti oggetto delle esercitazioni offrano condizioni specifi che ben caratterizzate. Occorre anche che forniscano spunti per rifl essioni esportabili al di là di un ambito specifi co. In tal modo l’Atelier può effettiva-mente costituire per gli studenti un’occasione per costruire strumenti utili ad affrontare progetti e contesti diversi e per fondare le basi delle proprie personali elaborazioni con-cettuali e formali.

La scelta di Ivrea come luogo per sviluppare assieme agli studenti la rifl essione sui rapporti tra progetto e città costru-ita, mette questo Atelier al riparo da una visione localistica del progetto e proietta ogni ragionamento all’interno di una scena urbana in cui gli effetti del pensiero architettoni-co moderno possono essere sperimentati in modo pieno e originale come forse in nessun’altra città italiana.

Ivrea è una piccola città di provincia, e in ciò rappresenta il prototipo della condizione più tipica dell’operare in cam-po architettonico in Italia. Qui i temi progettuali si manife-stino ad una scala più modesta di quella tipica di un’area metropolitana risultando anche per questo più adatti ad esser maneggiati dagli studenti del terzo anno.

Nonostante la sua dimensione modesta, Ivrea è però una città che ripropone in modo paradigmatico la struttura standard della città contemporanea italiana. Possiede un centro storico con un impianto urbano intatto dove ogni edifi cio conserva i segni di duemila anni di stratifi cazioni edilizie; una cerchia di edifi ci ottocenteschi che dà alla città un tocco di austerità provinciale e di nobiltà formale che inorgoglisce i suoi abitanti; una vasta area di espan-sione più recente che satura gli spazi lasciati liberi dalla città post-unitaria, diventa periferia e si slabbra fi no ad as-sumere i connotati dello sprawl urbano laddove l’abitato si organizza lungo le direttrici viarie intercomunali o quando si diffonde sulle colline che circondano il centro storico.Non manca infi ne, al margine orientale della città, la per-niciosa presenza di una vasta area commercial-artigianal-terziaria costituita dal solito agglomerato anarchico di ca-pannoni che affl igge ogni periferia italiana.Queste caratteristiche basterebbero da sole a identifi care Ivrea come un buon campo di sperimentazione per giova-ni apprendisti architetti.

Ciò che la rende eccezionale e ne fa un luogo ideale per l’apprendimento dell’architettura è però il fatto che qui - nel corso del ‘900 - a fi anco e dentro alla città “normale” si è sviluppata un’altra città, dotata di regole e obiettivi autonomi e originali.Questa città è stata voluta e costruita da Adriano Olivetti (e dalla sua azienda) con l’intento di dare concreta forma all’utopia di una comunità urbana in grado di offrire ripo-ste adeguate alle esigenze della civiltà industriale avanza-ta e alle aspettative dei suoi abitanti.Gli esiti sul piano urbanistico e architettonico raggiunti nel-la frammentaria costruzione della “città olivettiana” sono spesso straordinari (e giustamente famosi). Sono però so-prattutto i presupposti ideali su cui si è fondata la costru-zione di questa città ad essere importanti e a distinguerla dalla “città normale”, la cui crescita - non diversamente che in ogni altra città del ‘900 - è stata regolata e diretta dai prosaici meccanismi di valorizzazione della rendita fondiaria.

Applicarsi ad un tema progettuale a Ivrea - in più e di-versamente da ciò che avviene per esercizi analoghi in centri minori del territorio italiano - signifi ca perciò fare i conti con la storia recente dell’architettura italiana che qui ha trovato terreno fertile ed ha lasciato segni profondi. Signifi ca per gli studenti confrontarsi (anche criticamente, come l’Atelier richiede) con il pensiero e l’opera di alcuni maestri dell’architettura italiana del ‘900 del cui pensiero e della cui opera - nel bene e nel male, consapevolmente o meno - essi sono eredi e forse futuri eretici continuatori. Signifi ca comprendere - forse per la prima volta e inaspet-tatamente - che può esistere una via intelligente, generosa e formalmente fertile alla costruzione della città moderna e che questa scoperta modifi chi, seppur di poco ma in meglio, la personale idea di città che ciascun studente sta costruendo in questi delicati ed importanti anni di appren-distato.

Ivrea

Fotografi a aerea

Page 8: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// SAN GIOVANNI // SAN MICHELE

Quartiere SAN GIOVANNI e Area SAN MICHELELaboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011)

// Prof. E. Giacopelli //

SAN G

QuaLabo

// S

Page 9: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 9

TAPPARE BUCHI // RIPARARE SMAGLIATURE: L’ARCHITET-TO E LA CITTÀ’ CONTEMPORANEA

Si tratta di una sperimentazione didattica applicata a un quartiere periferico (San Giovanni) su cui il nuovo PRG non prevede alcun intervento di riassetto e ad un vuoto urbano all’interno del tessuto dell’espansione più recente (area ex ASL in via Lago San Michele) che il PRG ha reso edifi cabile.Agli studenti si è chiesto di progettare interventi residenziali di varia natura (un nuovo quartiere a San Michele, nuovi edifi ci all’interno del tessuto esistente o attorno ad una piaz-za a San Giovanni), adottando diversi indici di densità e di-verse tipologie di edifi ci e tenendo conto di 7 presupposti:

1. Sperimentare la DENSIFICAZIONE edilizia delle aree prescelte oltre i limiti previsti dal PRG in vista di una riduzione del consumo di suolo destinato a nuova edifi -cazione, principio fondamentale di una progettazione realmente consapevole sul piano ecologico

2. Ipotizzare un MIX FUNZIONALE di attività residenziali, terziarie e commerciali per potenziare l’“effetto urba-no” indotto dai progetti sulle aree di intervento, scar-dinando la monofunzionalità del quartiere periferico di San Giovanni e orientando verso la complessità funzionale la nuova area di San Michele

3. Impedire il generarsi di fenomeni di “GENTRIFICA-TION” ipotizzando tessuti urbani che facilitino un po-sitivo rapporto di vicinato fra famiglie di diversa estra-zione sociale, censo e abitudini abitative, ipotizzando forme di compenetrazione fra le aree residenziali di edilizia libera e quelle di edilizia pubblica

4. Mirare alla creazione di CENTRALITÀ URBANE. In aree prive di veri punti focali e di centri di riferimen-to spaziale e sociale, l’esercitazione proponeva di creare una piazza nel quartiere San Giovanni e di contrapporre la densità dell’insediamento di via San Michele al modello urbano frammentato e a bassa densità edilizia della espansione urbana al cui centro esso si colloca e per cui dovrebbe funzionare da polo di riferimento

5. Privilegiare un approccio progettuale orientato ver-so gli obiettivi del DISEGNO URBANO e alla speri-mentazione di principi insediativi potenzialmente più adatti a defi nire scenari adeguati alle reali esigenze ad alle aspettative degli abitanti. Evitare la modalità, formalmente rispettosa di indici e parametri urbanistici ma fondata unicamente sul principio dell’edifi cazione isolata al centro del lotto, con cui sono ancora trop-po spesso concepite le nuove aree di espansione (ad Ivrea come altrove in Italia)

6. Sperimentare SOLUZIONI TIPOLOGICHE NON CONVENZIONALI dotate della fl essibilità necessaria a rendere gli alloggi adatti ad usi e a soggetti diversi e capaci di adattarsi alle mutazioni nel tempo dei modi di vita dei loro abitanti

7. Valorizzare le AREE LIBERE E VERDI attraverso il di-segno, l’attribuzione di funzioni e l’integrazione con le parti costruite in modo da non ridurle a puri spazi esornativi e di riempimento, dando così senso compiu-to alla richiesta di ampi standard per spazi pubblici verdi prevista dal PRG

Tavola di progetto - Faure M. // Gallesio G. // Gallo M.

Tavola di progetto - Durante M. // Galletti L. // Grosso C.

Plastici di progetto

Page 10: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 1

0

Il Quartiere di San Giovanni è stato costruito negli anni 1970 e rappresenta l’esito del tentativo non perfetto di risolvere il problema del degrado edilizio e sociale del centro storico secondo una modalità in uso di quegli anni in Italia che prevedeva la sostanziale “deportazione” de-gli abitanti in nuovi insediamenti molto periferici destinati a trasformarsi in ghetti e in fucine di comportamenti sociali devianti.Nel caso specifi co in più, la realizzazione del quartiere si basava su una previsione ottimistica del tasso di sviluppo urbano e non teneva conto della spinta al decentramento dell’edifi cazione espressa dai proprietari fondiari che sa-rebbe stata recepita dai Piani Regolatori elaborati dalla fi ne degli anni 1970 in poi.Dell’originario progetto è stata perciò realizzata solo una parte (grosso modo la metà) e da allora nessun PRG ne ha più previsto il completamento per evitare di dover concen-trare a San Giovanni tutta la capacità edifi catoria neces-saria alle esigenze di crescita della città. Quel che resta dunque sul terreno è un insediamento isolato dalla città, costruito in modo dignitoso ma con una densità estrema-mente bassa, innervato da un asse viario dall’andamento inspiegabile e dalla spazialità metafi sica. Un quartiere ric-co di spazi verdi che nessuno utilizza, privo di una forma compiuta e di un centro che renda giustizia alla esigenze di socialità dei suoi abitanti.

San Giovanni è dunque un “quartiere dimezzato” che al contrario del visconte di Calviniana - nato intero e sezio-nato in battaglia - possiede da sempre solo una metà del proprio corpo e della propria anima.Il tentativo di ricostruire la parte buona dell’anima e il cor-po mancante del quartiere ha costituito perciò l’oggetto del lavoro degli studenti dell’Atelier: qualcuno lavorando per infi ttire la trama edilizia del quartiere; altri tentando la creazione di una piazza nell’area dove sorge l’unico edifi cio pubblico di rilievo: la chiesa parrocchiale.

Nel primo caso la ricerca si è indirizzata verso l’individua-zione di principi insediativi con cui governare l’inserimen-to di nuovi edifi ci e nuove funzioni all’interno delle maglie del tessuto edilizio esistente e di intessere un dialogo con gli spazi esistenti del quartiere in modo da attribuire loro un senso più compiuto e dimensioni più adatte a consentir-ne fi nalmente un uso non solo decorativo.

Nel secondo caso, lo sforzo progettuale è stato rivolto verso la ricucitura degli spazi frammentari e disorganici attorno alla chiesa cercando di dar loro una forma coe-rente attraverso l’introduzione di nuovi edifi ci organizzati secondo logiche geometriche chiare capaci di trasformare un “non luogo” in uno spazio leggibile in modo unitario e riconoscibile come “luogo centrale” della sgangherata composizione urbanistica del quartiere.

Al di là del loro singolo valore in termini compositivi, i progetti sviluppati dagli studenti sembrano confermare la validità dell’ipotesi di partenza, secondo cui la scarsa qua-lità ambientale prodotta dallo schema urbanistico di San Giovanni - che interpreta in modo astratto e poco effi cace il principio della bassa densità edilizia - può trarre benefi -cio dall’innalzamento di tale densità.

L’esperimento rafforza dunque la convinzione che la quali-tà dello spazio urbano - qui come altrove - non sia affatto connessa in modo automatico alla bassa densità edilizia, ma semmai a meccanismi insediativi capaci di attuare un sagace controllo dei livelli di addensamento e di disegno del rapporto tra gli edifi ci (la parte privata della città) e spazi pubblici e semipubblici.In defi nitiva, l’esercitazione degli studenti, pur con tutte le sue inevitabili debolezze e ingenuità, sembra indicare al-cune ipotesi di progetto che varrebbe la pena di approfon-dire concretamente volendo fi nalmente attribuire a questa parte di città un livello di qualità ambientale più elevato mitigando l’effetto straniante prodotto dall’eccesiva am-piezza degli spazi vuoti e privi di vera necessità in cui sono immersi gli edifi ci del quartiere.

QUARTIERE SAN GIOVANNILaboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011)

// prof. Enrico Giacopelli //

Ivrea - Quartiere San Giovanni

Progetto Faure M. // Gallesio G. // Gallo M.

Page 11: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 11

Ivrea // Quartiere San Giovanni

1 - 6 Schemi di Densifi cazione // 7 - 10 Schemi riassetto Piazza

1 6

2 7

3 8

4 9

5 10

Page 12: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 1

2

L’area che abbiamo chiamato “San Michele” per la vici-nanza all’omonimo laghetto, sorge alla periferia est della città ed è costituita da una vasta riserva di terreno desti-nata originariamente alla costruzione del nuovo ospedale a cui l’attuale PRG ha attribuito una quota di edifi cazione residenziale.Un’applicazione pedestre delle già astratte (sul piano del disegno urbano) previsioni di piano ha condotto recente-mente ad uno sfruttamento edilizio dell’area con risultati edilizi e urbanistici piuttosto modesti, mentre la parte desti-nata a verde pubblico è ancora abbandonata a sé stessa.

L’esercizio proposto dall’Atelier prevedeva di concentrare in quest’area oltre alla sua specifi ca quota di edifi cazione anche quelle che il PRG - con un criterio discutibile che pri-vilegia la distribuzione a pioggia dell’edifi cazione - aveva destinato a lotti edifi cabili distribuiti in un vasto raggio at-torno all’area.In tal modo la densità edilizia prevista avrebbe potuto raggiungere una soglia critica suffi ciente a consentire la realizzazione di una unità abitativa complessa della di-mensione di un piccolo quartiere.

L’ipotesi di lavoro consisteva nel dimostrare che non solo l’area era in grado di contenere una quantità estremamen-te maggiore di edifi cazione rispetto a quella autorizzata dal PRG senza entrare in crisi, ma che tale quantità avreb-be potuto essere gestita in modo da dar forma a un luogo abbastanza denso da produrre un buon “effetto urbano” ma con una qualità edilizia elevata, frutto del giusto equi-librio tra aree costruite e spazi liberi, tra spazi privati e spazi pubblici. Uno sguardo ai risultati ci porta a dire che l’esperimento progettuale - pur con tutti i limiti e le ingenuità proprie ad un’esercitazione accademica svolta al terzo anno - ha confermato tale ipotesi. I 24 progetti sviluppati dagli studenti mettono in luce gli ampi spazi di incremento del carico edifi catorio possibile prima che si determinino fenomeni di congestione e di di-sorganizzazione funzionale.Ciò deriva in parte dal fatto che comunque la densità edi-lizia è stata innalzata fi no a livelli ancora compatibili con un contesto urbano storicamente caratterizzato da densità non elevate, ovvero restando al di sotto dei 100 alloggi a ettaro, soglia che viene di norma considerata indice di adeguata densità edilizia in ambiti metropolitani.

I progetti per San Michele, con la loro varietà di proposte e i loro esiti talvolta convincenti, descrivono un possibile destino felice per l’area, ben diverso da quello a cui essa sta concretamente andando incontro attraverso un proces-so di urbanizzazione adagiato sull’applicazione acritica di norme astratte, legate ad una visione puramente quanti-tativa dei processi di crescita della città che poco hanno a che fare con il controllo della qualità dei processi insedia-tivi che promuovono. L’esito di questa parte dell’Atelier sembra quindi avvalo-rare l’ipotesi che se l’area fosse stata presa in considera-zione in modo meno pedestre dal Piano Regolatore e dai suoi attuatori, avrebbe potuto fornire l’occasione per una trasformazione meno incerta sui piani della proposta urba-

nistica e dell’esito formale e più interessante per la città.

In particolare l’esercitazione sembra avvalorare l’ipotesi che occorra ripensare il governo della crescita della città, slegandolo da previsioni astratte, affi dandone il controllo a metodi fondati anche su simulazioni progettuali appro-fondite, capaci di tradurre l’astrattezza degli indici urba-nistici in ipotesi spaziali concrete e valutabili anche attra-verso procedure di concertazione partecipata delle scelte, tipiche delle democrazie più mature.

QUARTIERE SAN MICHELELaboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011)

// prof. Enrico Giacopelli //

Ivrea - Quartiere San Michele

Progetto Comeglio P. // Di Marco G. // Gallo L. // Formoso L.

Page 13: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 13

Ivrea // Quartiere San Michele

1 - 4 Schemi di Densifi cazione // 5 - 10 Schemi riassetto Piazza

1 6

2 7

3 8

4 9

5 10

Page 14: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// LIMEN // LIMES

LIMEN // LIMESAtelier di Progetto e Tecnologia (2011 - 2012)

// Prof. E. Giacopelli // Prof. V. Manni //

LIMEN

LIMEAtelie

//

// L

Page 15: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 15

“Costruire nel costruito” era il tema comune agli atelier di progettazione dell’anno 2011 che è stato nel nostro caso declinato attraverso il progetto del completamento di un tassello urbanizzato collocato a est del Centro stori-co, tra il Naviglio - al di là del quale inizia la campagna peri-urbana - e il tessuto denso dell’espansione urbana che nella seconda metà del ‘900 si è addensato a sud di corso Vercelli (l’antica strada per Vercelli e Milano).

L’area, profonda circa cento metri e lunga trecento, si tro-va nello spazio di transizione tra la città otto-novecentesca e le zone di recente urbanizzazione, laddove il quale la densità edilizia si riduce drasticamente e il tessuto residen-ziale si fonde con quello delle aree artigianali e commer-ciali, presenti anche a Ivrea nella periferia orientale della città, secondo un modello divenuto tipico anche nelle città italiane a partire dagli anni 1980. Come le foto aeree rivelano, si tratta di un’area contenuta fra due elementi (la strada a nord e il canale a sud) che le attribuiscono profi li netti e precisi ma che appare tuttavia nel suo complesso priva di un disegno compiuto e compo-sta da un tessuto edilizio disomogeneo.

Alcune caratteristiche dell’area consentono inoltre di allar-gare l’orizzonte del progetto anche al di là dello sviluppo del tema del rapporto fra nuova edifi cazione e preesisten-ze storiche (nell’area è presente anche l’anfi teatro romano di Ivrea).

Originariamente nascosta alla vista dalla cortina edilizia posta sul fi lo della strada per Vercelli, l’area è stata mes-sa in mostra dalla realizzazione della tangenziale che ha trasformato in “fronte” quello per secoli che era un “retro” della città, senza però che nessuno si sia preoccupato di migliorarne l’aspetto trasandato. Poiché una città un po’ distratta si ostina a mostrare agli ospiti che si presentano alla sua soglia (limen) la schiena invece della faccia, un altro tema di progetto è chiaro: voltare la faccia alla città affi nché, come un ospite gentile, offra la sua parte migliore a chi si presenta alla sua porta.

La vicinanza del canale, della campagna, del percorso sterrato che collega - fuori dal traffi co urbano - la città con il territorio circostante, obbliga poi a considerare tali ele-menti come parte del progetto e a superare ogni resistenza a coinvolgere il canale per creare nuovi suggestivi scenari urbani, ignorando gli ingiustifi cati e obsoleti divieti all’uso di sponde e strade di servizio. Di ciò si sente il bisogno in una città in cui il rapporto con il fi ume è da sempre strutturante sul piano morfologico e decisivo sul piano pa-esaggistico ma che negli ultimi decenni è diventato sterile e incapace di dare origine a soluzioni architettoniche e paesaggistiche degne di nota.

La posizione dell’area sulla linea di confi ne tra città e campagna offre infi ne spunti alla rifl essione sul concetto di margine (limes) urbano e sull’attualità del tema del re-cupero della perduta riconoscibilità della città contempo-ranea attraverso il ridisegno dei suoi contorni. Rifl essione che, per traslato, conduce a interrogarsi sull’effettiva pos-sibilità, necessità e utilità del controllo formale della città contemporanea e a verifi care fi no a che punto quello che è stato un carattere saliente della tradizione urbanistica storica europea - il controllo formale delle trasformazioni urbane appunto - possa essere salvaguardato e recuperato come principio utile e concretamente praticabile anche nel secolo della città pervasiva e della società liquida.

Tavola di progetto - Scaroina G. // Spectu B. // Torre A.

Nuovo assetto dell’area di intervento

Ingrandimento del nuovo assetto dell’area di intervento

Page 16: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// ATTACCO AL CENTRO!!

ATTACCO AL CENTRO!!Atelier di Progettazione e Rappresentazione (2014)// prof. Enrico Giacopelli // prof.sa Anna Marotta //

ATTAC

ATTAAtelie// p

// A

Page 17: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 17

// IL LUOGO DEL PROGETTO

Oggetto dell’esercitazione è la piazza Walter Fillak (45° 28’04.80 N // 7° 52’44.61 E), di cui si richiede di svi-luppare un progetto di sistemazione integrale comprensivo dell’inserimento di un nuovo edifi cio.La piazza è collocata all’interno del centro storico di Ivrea, in un’area che ha subito potenti trasformazioni dopo la seconda guerra mondiale.L’unica fotografi a aerea della città scattata tra le due guer-re (presumibilmente nel 1926) evidenzia infatti notevoli differenze tra la situazione nella prima metà del XX secolo e quella situazione attuale, rivelando innanzi tutto che quella che oggi appare come una piazza con tre lati molto disomogenei aperta un po’ incongruamente sulla strada che sale al castello, non era all’origine una piazza pub-blica, bensì il cortile chiuso su quattro lati di una caserma (che fosse una caserma non lo si deduce dalla foto aerea, ma fi datevi che è così) che era parte del quartiere militare di Piazza Ottinetti. Quello che noi vediamo ed utilizziamo oggi non è dunque il frutto di un deliberato progetto urbano ma uno spazio nato per caso - qualche decina di anni fa - in seguito alla dismissione della caserma da parte dell’Esercito e dell’ab-battimento del corpo di fabbrica posto sul lato nord della corte. Niente di male, di per sé. Succede spesso che le città si trasformino grazie a fatti traumatici e imprevisti o a causa di rapide dismissioni e sostituzioni di vecchie funzioni e dei loro contenitori. Nel caso specifi co però il processo di trasformazione da “ luogo chiuso e privato” in “luogo aperto e pubblico” è particolarmente lento e pro-cede in assenza di un progetto che prefi guri una sistema-zione defi nitiva del nuovo spazio. A distanza di molti anni dall’abbattimento della caserma la nuova “piazza” non ha perciò ancora defi nito un proprio specifi co carattere ed assunto un ruolo nel quadro delle funzioni urbane della

città contemporanea; non è dunque un caso che oggi sia utilizzata esclusivamente come area di parcheggio.

In defi nitiva della forma urbana che noi chiamiamo “piaz-za”, il nostro spazio possiede al momento solo alcuni aspetti generici legati alla sua geometria e nessuno relati-vo agli aspetti funzionali e sociali connessi a questo impor-tante spazio tipico della città storica italiana. E’ solo un’area vuota di forma tendenzialmente rettangola-re circondato su tre lati da edifi ci che non svolge nessuna delle funzioni tipiche di una piazza di un centro storico.

E questo, ai nostri fi ni, lo rende uno spazio perfetto.

// OBIETTIVI DELL’ESERCITAZIONE PROGETTUALE

1. Progettare un Museo

Volendo sintetizzare in uno slogan l’obiettivo dell’e-sercitazione potremmo dire che esso consiste nella “Ricostruzione del quarto lato della piazza, in modo da ripristinare il concetto di “spazialità inclusa” pro-pria della caserma e del modello classico di piazza”.Come si vedrà approfondendo la struttura urbana di Ivrea questa è una richiesta apparentemente eccentri-ca, visto che quasi tutte le altre piazze del centro sto-rico hanno solo tre lati e si affacciano sull’asse viario centrale, l’antico decumano massimo della Eporedia romana. Il fatto che piazza Fillak non apra la propria prospet-tiva su questa importante arteria viaria e sulle antiche case che vi si affacciano ma su un gigantesco condo-minio degli anni 1960 che costituisce un incombente quanto incongruo sfondo, può essere una buona ra-gione per prendere in considerazione, nel caso spe-

Ivrea

Piazza Walter Fillak (~ 1926)

Trova le differenze.....

Ivrea

Piazza Walter Fillak (2014)

Page 18: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 1

8

cifi co, l’esigenza di costituire una barriera visiva che protegga lo spazio della piazza dall’invasività percet-tiva dell’edifi cio di fondo e riconsegni allo spazio le sue giuste proporzioni.

Avremo poi modo di approfondire meglio l’argomen-to, ma è bene chiarire fi n da ora che in questo ambi-to, quando si parla di ricostituzione del “quarto lato”, non si vuole affatto prefi gurare in modo automatico e obbligatorio il progetto di un nuovo edifi cio collocato al posto del corpo di fabbrica abbattuto (benché ciò non possa essere escluso come obiettivo motivato e coerente di alcuni progetti).Si vuole invece esprimere un principio generale: quel-lo della necessità di realizzare il completamento spa-ziale e la ricomposizione formale del vuoto urbano oggetto dell’esercitazione attraverso l’inserimento di uno o più edifi ci (la cui presenza inevitabilmente svol-gerà il ruolo di “barriera visiva” qualunque sia la loro collocazione spaziale) posti in relazione dialettica o in continuazione con i volumi edilizi esistenti.

Il nuovo “quarto lato” così inteso, conterrà uno SPA-ZIO MUSEALE dedicato a illustrare la storia dell’ar-chitettura moderna di Ivrea e del progetto di “Città dell’uomo” promosso da Adriano Olivetti a partire dagli anni 1930.I contenuti e le caratteristiche del museo saranno og-getto di successive comunicazioni e di discussione col-lettiva all’inizio dell’Atelier. In termini generali occorre però chiarire che il progetto si limiterà a defi nire il contenitore architettonico e non si occuperà dell’alle-stimento degli spazi museali, sebbene sarà richiesto agli studenti di ipotizzare almeno in termini generali il criterio di organizzazione museografi co dei materiali da esporre che guiderà le scelte formali e distributive del loro progetto.Per questo motivo è indispensabile che gli studenti

acquisiscano rapidamente una conoscenza adegua-ta dell’argomento trattato dal loro museo attraverso i testi indicati nella apposita sezione della bibliografi a del corso.

Oltre all’edifi cio principale altri elementi del progetto concorreranno alla ricomposizione della piazza: la pavimentazione, l’eventuale conservazione o trasfor-mazione della coltre alberata, un elemento focale (mo-numento, fontana, o altro ancora) da collocarsi nella composizione, la conservazione o la trasformazione di alcuni elementi edilizi preesistenti, gli elementi di connessione con la rete viaria del centro storico e con le funzioni pubbliche che sono in corso di realizzazio-ne negli edifi ci storici confi nanti con la piazza.

2. Creare un luogo

Di norma il processo progettuale architettonico ha una doppia fi nalità. Da un lato, sul piano puramente fun-zionale, è fi nalizzato a dare forma a sistemi spaziali in grado di rispondere a esigenze pratiche: protegge-re dagli eventi atmosferici, ospitare funzioni abitative, lavorative o legate al tempo libero ad esempio. Dall’altro, su un piano più intangibile, esso svolge la funzione di dare allo spazio una misura umana per renderlo comprensibile, tollerabile e abitabile dagli uomini.In termini accessori ma non troppo, gli esiti di tale pro-cesso svolgono poi il compito di dare forma concreta allo spirito e di rappresentare la funzione sociale delle istituzioni per cui sono stati costruiti. Il tema proposto dall’Atelier esplora, con identica in-tenzione, la possibilità di dar luogo ad un edifi cio funzionale (“L’architettura è funzionale per defi nizio-ne, altrimenti cos’è? Una porcheria!” ammoniva Le Corbusier) e ad un luogo urbano abitabile che sia concepito, secondo la defi nizione di Hertzberger, come un’unità spaziale la cui dimensione appropriata e il cui corretto grado di chiusura permetta di acco-modare le trame delle relazioni delle persone che la utilizzeranno.Trattandosi di un intervento all’interno di un tessuto urbano consolidato il nuovo luogo non sorgerà dal nulla ma nascerà attribuendo nuova forma, funzione e ruolo urbano ad un luogo preesistente, compiendo un’operazione che si inscrive nel processo di trasfor-mazione continua e naturale della città. Anche in questo caso Ivrea è buona maestra e ci for-nisce esempi cui guardare con attenzione. Come si avrà modo di verifi care studiando e visitando le sue architetture moderne, alcune di esse, più che semplici edifi ci sono vere macchine per la costruzione di luo-ghi il cui senso deriva dalla sapiente integrazione fra costruzione e segni del contesto naturale in cui essa (spesso a seguito di scelte precise e consapevoli) è immersa.

// L’IMPORTANZA DEL RILIEVO

Svolgere il tema proposto dall’atelier richiede la messa in gioco di attenzioni e di sensibilità specifi che che consenta-no di individuare principi progettuali in grado di produrre un dialogo virtuoso tra istanze contemporanee e segni del passato per condurre verso esiti progettuali dotati di una coerente unità tematica e linguistica.

Ivrea

Il luogo del Progetto

Page 19: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 19

Quando i nuovi interventi si innestano strettamente con la città costruita, la sintesi creativa operata attraverso il pro-getto non può attuarsi solo fra esigenze funzionali, obietti-vi sociali del programma, istanze di rappresentazione del committente (nel caso specifi co rappresentato virtualmente dal Comune) ma deve fare i conti anche con le preesisten-ze edilizie e con il peso della storia del contesto.La sagacia, l’esperienza e la pazienza del progettista de-vono quindi essere coadiuvate (forse addirittura indirizza-te) da una sensibilità indispensabile a individuare le tracce della sedimentazione della storia nel luogo di intervento, a selezionare i segni materiali del contesto da conservare, eliminare o sostituire e a identifi care i modi con cui inne-stare le forme, le funzioni e i materiali dei nuovi spazi in quelli preesistenti. Non importa che il progettista decida poi di assecondare o di contraddire i caratteri specifi ci del sito e del principio insediativo che lo caratterizza; buona parte della qualità del suo progetto dipenderà dalle sue doti di giudizio criti-co sulla natura del luogo e dalla raffi natezza delle cono-scenze che tali doti gli avranno consentito di acquisire.

Ovviamente la differenza fra un buon progetto e un pro-getto mediocre la farà però l’acume con cui il progettista saprà interpretare quei dati costruendo una strategia pro-gettuale in grado di dare valore aggiunto alle richieste della committenza e di trasformare semplici informazioni, dati metrici e sensazioni astratte in spazi architettonici con-creti e compiuti.

Per quanto dunque l’idea di un travaso meccanico dei ri-sultati dell’analisi nelle scelte di progetto sia estranea a questo Atelier, l’attività di conoscenza del sito (allargata ovviamente anche al contesto urbano in cui lo spazio di intervento è inserito) giocherà un ruolo importante dell’atti-vità didattica, attraverso sopralluoghi e analisi grafi che di-rette e “a tavolino”, rilievi percettivi e fotografi ci, rifl essioni sui modi di intervento nella città costruita.

// LA RELAZIONE TRA PROGETTO E SUA RAPPRESEN-TAZIONE

Dando concreto senso ad una condivisibile scelta pe-dagogica che ha aggregato attorno ad un tema co-mune la Composizione Architettonica e la teoria della Rappresentazione, l’attività dell’Atelier sarà svolta mantenendo stretto il rapporto tra lo sviluppo delle idee progettuali e loro rappresentazione e comunica-zione grafi ca.Per ciascuna fase del progetto saranno dunque esplo-rate le potenzialità dei mezzi di espressione ad esse più adeguati, limitando per quanto possibile il ricorso a sistemi informatici di disegno e privilegiando rap-presentazioni manuali della situazione in atto e delle trasformazioni in progetto attraverso schizzi, disegni geometrici, modelli.Particolare importanza sarà assegnata all’uso di mo-delli di lavoro attraverso cui è possibile acquisire una maggiore sensibilità plastica e spaziale ed effettuare una verifi ca più effi cace e esplicita che non con altri mezzi espressivi dei rapporti instaurati tra parti nuove e contesto urbano.Data la stretta relazione che si intende instaurare tra progetto e sua rappresentazione si richiede di porre attenzione in ogni fase dell’esercitazione didattica ad entrambi gli aspetti in quanto essi saranno sempre

Ivrea

Il luogo del Progetto

Page 20: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 2

0

considerati (pur nell’autonomia delle singole compe-tenze didattiche) elementi che concorrono con eguale dignità ad una valutazione sintetica del lavoro.

// LE ESERCITAZIONI PROPEDEUTICHE E IL PROGETTO FINALE

L’attività dell’Atelier sarà suddivisa in due fasi: una propedeutica comprendente due esercitazioni indivi-duali e un progetto fi nale svolto in gruppo.

Nella prima fase di attività didattica alcune esercita-zioni saranno funzionali a far acquisire agli studenti un’adeguata competenza sulle caratteristiche spaziali e materiali del sito e a prendere dimestichezza con i problemi connessi alla sua trasformazione. Esse riguarderanno pertanto esercizi rivolti al rilievo della situazione esistente e prime ipotesi progettuali di trasformazione attraverso interventi minimi, così come meglio illustrato dal programma di ciascuna esercita-zione che verrà diffuso in prossimità delle stesse. Un momento fondamentale di questa fase dell’Atelier indispensabile per lo svolgimento delle esercitazioni preliminari sarà evidentemente rappresentato dal se-minario / sopralluogo che si svolgerà all’inizio dell’at-tività didattica.

Esaurita la fase di conoscenza preliminare ed acqui-sita una suffi ciente competenza sull’area di intervento (oltre che attraverso la conoscenza diretta anche per mezzo della realizzazione di rilievi grafi ci e modelli di lavoro) l’attività si concentrerà sullo sviluppo del progetto di trasformazione del sito che occuperà la maggior parte dell’attività di Atelier ed il cui prodot-to costituirà il principale elemento di giudizio all’atto dell’esame fi nale.Anche in questo caso i contenuti e le modalità di svolgimento dell’esercitazione progettuale saranno illustrati più dettagliatamente nel corso delle lezioni e attraverso comunicazioni che saranno diffuse succes-sivamente a questo programma generale.

Ivrea

Il luogo del Progetto

Page 21: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 21

Page 22: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// ESERCITAZIONI PROPEDEUTICHEESERC// E

Page 23: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 23

// ESERCITAZIONE 1

1. ModalitàEsercitazione individuale

2. LuogoIn aula

3. AttivitàDisegnare un volume architettonico semplice de-stinato ad accogliere al proprio interno un unico oggetto: un totem, da collocarsi all’interno di una piazza ed ispirato ad uno dei seguenti concetti:

/ Luminosità / Oscurità / Introversione / Fluidità / Chiusura / Gravità / Leggerezza / Trasparenza

4. Elaborati / Un foglio A3 con la rappresentazione in pian-

ta/prospetto e sezione dello spazio progettato / Un foglio A3 con una rappresentazione volu-

metrica dello spazio

// ESERCITAZIONE 2

1. ModalitàEsercitazione individuale e di gruppo

2. LuogoSul sito durante il sopralluogo

3. AttivitàAnalisi del sito (eventualmente estesa alla porzione di Centro storico in cui si inserisce l’area di pro-getto) attraverso schizzi dal vero, rilievi percettivi, rilievo delle dimensioni fi siche degli spazi e degli edifi ci che circondano la piazza

4. Elaborati / Album contenente schizzi, disegni “esplora-

tivi”, fotografi e (anche ridisegnate) del sito e che in seguito servirà per collezionare e con-servare le idee di progetto da portare sempre con sé e da consegnare all’esame

Elaborato individuale

/ Modello in scala 1/200 delle dimensioni in-dicate nell’elaborato “Base grafi ca DWG”, realizzato in cartoncino da usarsi come base per i bozzetti tridimensionali del progetto, da portarsi sempre in aula

Elaborato di gruppo

/ Rilievo in scala 1/200 della piazza da utiliz-zarsi come base per le varie fasi di elabora-zione grafi ca del progetto

Elaborato di gruppo

// ESERCITAZIONE 3

1. ModalitàEsercitazione di gruppo

2. LuogoIn aula e a casa

3. AttivitàElaborare 6 modalità di chiusura del quarto lato di una piazza

4. Elaborati / Un foglio A3 con la rappresentazione in pianta del-

le soluzioni progettuali / 6 rappresentazioni volumetriche semplici in carton-

cino da inserirsi nel plastico precedentemente costruito

// ESERCITAZIONE 4

1. ModalitàEsercitazione di gruppo

2. LuogoIn aula e a casa

3. AttivitàElaborare 3 modalità di frammentazione dello spazio della piazza, ciascuna rivolta ad una delle seguenti fi nalità:

/ Attribuire un ordine geometrico allo spazio esistente

/ Aumentare le potenzialità spaziali e scenogra-fi che

/ Moltiplicare le possibilità di uso

4. Elaborati / Un foglio A3 con la rappresentazione in pianta del-

le soluzioni progettuali / 3 rappresentazioni volumetriche semplici in carton-

cino da inserirsi nel plastico precedentemente costruito

Page 24: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// BIBLIOGRAFIA PRELIMINARE DEL CORSOBIBLIO// B

Page 25: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 25

// TEORIA DEL PROGETTO

1. G. CULLEN, The coincise townscape, Oxford, Archi-tectural Press, 2008

2. E. GIACOPELLI, 8 Rifl essioni, Celid e http://www.g-studio.biz/w/category/pubblicazioni/ (almeno le Ø, 0, 1, 2)

3. H. HERTZBERGER, Lezioni di architettura, Bari, Editori Laterza, 1996

4. R. MONEO, Inquietudine teorica e strategia proget-tuale nell’opera di otto architetti contemporanei, Mi-lano, Electa, 2007 (degli otto approfondite almeno i due architetti che vi interessano maggiormente)

5. C. NORBERG-SCHULZ, Genius Loci, Milano, Electa, 1979 (Cap. primo e terzo)

6. J.PALLASMAA, Gli occhi della pelle, Milano, Jaca Book, 2007

7. L. QUARONI, Progettare un edifi cio, Roma, Mazzot-ta,1977 (almeno le prime tre lezioni)

8. P. ZUMTHOR, Pensare architetura, Milano, Electa, 2003

// CONOSCENZA DELL’ARCHITETTURA MODERNA DI IVREA

1. P. BONIFAZIO, E. GIACOPELLI (a cura di), Il paesag-gio futuro. Letture e norme per il patrimonio dell’ar-chitettura moderna a Ivrea, Torino, Allemandi, 2007

2. C. OLMO, (a cura di), Costruire la città dell’uomo. Adriano Olivetti e l’urbanistica, Torino, Einaudi-Ed. Comunità, 2001

3. P. SCRIVANO, P. BONIFAZIO, Olivetti costruisce, Mi-lano, Skira, 2002

4. M. DE GIORGI, E. MORTEO, Olivetti. Una bella so-cietà, Torino, Allemandi, 2008

//DOCUMENTAZIONE URBANISTICA E TECNICA SU IVREA

1. www.comune.ivrea.to.it

2. Progetto di fattibilità della Nuova Biblioteca Comuna-le (distribuita nei “Materiali” dell’Atelier)

// SUL TEMA DEL MUSEO DELLA CITTÀ

1. L. BETTI, Il Museo di città in Europa: raccontare la sto-ria della città. Relazione fi nale del progetto di ricerca (distribuito nei “Materiali” dell’Atelier)

2. http://www.museotorino.it/site/about

// LETTURE INTEGRATIVE CONSIGLIATE

1. M. BIRAGHI E G. DAMIANI (A CURA DI), Le parole dell’architettura. Un’antologia di testi teorici e critici: 1945-2000, Torino, Einaudi, 2009

2. J. TANIZAKI, Libro d’ombra, Bompiani, Milano, 2005

3. M. YOURCENAR, Memorie di Adriano, Torino, Einau-di, 2005, (almeno il capitolo 10)

Page 26: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// PROGRAMMA ESSENZIALE ATELIERPROGR// P

Page 27: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 27

03.03 Presentazione programma Atelier nelle ore di Rappresentazione // Introduzione a Ivrea

04.03 Esercitazione 1 in aula e formazione dei gruppi // inizia la produzione del plastico di studio di ciascun gruppo

08.03 Sopralluogo // Esercitazione 2 di rilievo del sito // Visita al Museo Garda // Seminario serale

09.03 Sopralluogo // Visita alle Architetture Olivettiane

11.03 Inizio esercitazione 3 // Lezione sui musei di architettura

18.03 Discussione critica esercitazione 3 // Inizio esercitazione 4

25.03 Discussione critica esercitazione 4 // Inizio lavoro in aula sul progetto fi nale

01.04 Revisione progetto Gruppo 1

08.04 Revisione progetto Gruppo 2

15.04 Revisione progetto Gruppo 1

29.04 Revisione progetto Gruppo 2

06.05 Revisione progetto Gruppo 1 // Consegna intermedia

13.05 Revisione progetto Gruppo 2 // Consegna intermedia

20.05 Revisione progetto Gruppo 1

27.05 Revisione progetto Gruppo 2

03.06 Revisione progetto Gruppo 1 10.06 Revisione progetto Gruppo 2

Page 28: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// CONDIZIONI GENERALICOND// C

Page 29: Modulo Composizione Architettonica // prof. Enrico Giacopelli

// 29

// CONTENUTI E OBIETTIVI DEL LAVORO

Il tema proposto dall’Atelier sarà sviluppato con contributi (lezioni e letture) e con attività pratiche di sopralluogo/rilievo e di progetto.Il lavoro sarà svolto individualmente (esercitazioni) e in gruppi di lavoro composti da tre studenti (rilievi, progetto).Scopo dell’esercitazione consiste nella dimostrazione del-la capacità degli allievi di governare la trasformazione di uno spazio urbano complesso e il progetto di uno specifi co edifi cio collocato al suo interno. Per quanto riguarda il pri-mo aspetto sarà valutata la capacità di dar forma ad uno spazio urbano defi nito e organico e la capacità di lettura critica dell’area di intervento espressa da scelte progettuali capaci di instaurare un fertile rapporto tra i nuovi interventi e le preesistenze architettoniche. Con riferimento al secon-do aspetto sarà valutata invece la compiutezza formale del nuovo edifi cio, la corretta allocazione delle funzioni al suo interno, l’effi cacia della proposta distributiva e delle soluzioni spaziali adottate oltre alla capacità di integrazio-ne del nuovo edifi cio nello scenario urbano.

// LIVELLO DI APPROFONDIMENTO RICHIESTO

Il livello di approfondimento richiesto corrisponde a quello che convenzionalmente si richiede ad un “progetto defi ni-tivo” e che prevede uno sviluppo degli elaborati grafi ci e dei modelli ad una scala non superiore all’1/100 che è adatta ad esprimere compiutamente l’idea di progetto, a sviluppare ad un livello suffi ciente i principali aspetti strut-turali e tecnologici e a consentire una verifi ca della corret-tezza dei parametri dimensionali, distributivi e formali del progetto.Eventuali approfondimenti ad una scala maggiore (comun-que non superiore al 1/50 e limitati a parti signifi cative del progetto) saranno concordate con la docenza e di nor-ma effettuati esclusivamente attraverso modelli.

// TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE

All’interno dell’atelier si farà ricorso, a secondo delle fasi di elaborazione e delle necessità espressive e descrittive alle seguenti modalità di rappresentazione: schizzo a mano libera, modelli di lavoro e di rappresentazione fi -nale, disegno al CAD, programmi di modellazione e di renderizzazione. Questi ultimi due limitati alla sola fase di elaborazione delle tavole d’esame e allo studio delle maschere d’ombra.

// CRITERI DI VALUTAZIONE

La valutazione della qualità delle proposte progettuali ela-borate dagli studenti sarà effettuata tenendo conto della coerenza tra risultati e tema di progetto, dell’organizza-zione generale del progetto in termini distributivi, formali e della capacità di elaborare soluzioni ragionate e coerenti.

Concorreranno alla determinazione del voto anche fattori quali:

/ La capacità di comunicazione delle proposte / La completezza degli elaborati consegnati / La consapevolezza nell’uso dei metodi e dei riferi-

menti progettuali proposti dalla docenza

/ La capacità di illustrare pubblicamente le proposte / La conoscenza della bibliografi a del corso

Saranno infi ne tenuti in conto anche:

/ L’interazione con la docenza / La frequenza alle lezioni / L’attività all’interno del gruppo di lavoro

Per quanto concerne il voto di Composizione Architetto-nica, esso sarà costituito dalla sintesi delle valutazioni ot-tenute da ciascuno studente nelle esercitazioni individuali svolte in itinere e nel progetto fi nale di gruppo. Tale voto corrisponderà perciò alla media ponderata tra la media aritmetica dei voti delle esercitazioni (che peserà 1/3) e il voto del progetto (che peserà 2/3).A determinare il voto del progetto fi nale potranno concor-rere anche gli eventuali elaborati ulteriori rispetto a quelli richiesti, purché autorizzati dalla docenza e giudicati di buon livello.Una valutazione del progetto fi nale pari a 30/30 darà diritto ad un bonus di un punto sul voto calcolato come sopra descritto.Il 30/30 Lode al progetto fi nale è automaticamente con-fermato anche come voto di Composizione Architettonica purché la media dei voti delle esercitazioni sia pari o su-periore a 26/30. In caso contrario vale come il 30/30.

Il voto fi nale dell’Atelier sarà costituito dalla media dei voti ottenuti nelle due materie che vi concorrono: Composizio-ne Architettonica e Rappresentazione