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Museo archeo.Palazzo Ferretti

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Riferimenti storici:

Il museo è ospitato nel cinquecentesco palazzo Ferretti, progettato da Antonio San Gallo il Giovane fra il 1540 e il 1543. Il complesso è denominato anche di “ San Pellegrino”, per la vicinanza con l’omonima chiesa retrostante.Fu edificato alle pendici del colle Guasco, per volontà del conte Angelo di Girolamo Ferretti, che ne fece l’elemento tangibile della potenza economica, politica e del prestigio sociale raggiunto dalla sua famiglia nella metà del ‘500.Il complesso architettonico si affaccia sulla strada principale del vecchio centro storico, e dall’altra parte volge su un lungo tratto della costa adriatica a Nord di Ancona.L’edificio fu ampliato a partire dal 1759 da Luigi Vanvitelli, con la costruzione del balcone e dello scalone d’onore,(fig.2) con decorazioni in stucco, statue e busti in marmo, opera della bottega anconetana di Gioacchino Varlè, e sul lato del mare, il terrazzo pensile con il portico e le soprastanti logge.Il prospetto esterno, (fig.1) richiama gli schemi sangalleschi di coevi palazzi romani, ed è attribuito all'architetto e pittore manierista Pellegrino Tibaldi, così come gli affreschi nel piano nobile del 1560. Il fregio continuo raffigura maestose figure di divinità olimpiche, che si alternano ad ovali con scene di combattimento tra Orazi e Curiazi. Alla sua scuola si riconducono inoltre per il disegno, gli analoghi fregi di due salette adiacenti con vari soggetti allegorici tratti dalla mitologia classica, come ad esempio; la “Sala degli emblemi”, il “Salone del Tibaldi” e la “Sala dei miti”.Negli stessi ambienti del piano nobile sono riconoscibili oltre a un caminetto con telamoni, anche i soffitti a cassettoni in legno, mentre gli altri sono più recenti.L'ariosa volta del salone al terzo piano è invece interamente affrescata nello stile tardo-cinquecentesco dai fratelli Zuccari, con inserite vedute di monumenti romani, città e paesaggi fantastici presenti nel “Salone delle grottesche” dominata da motivi decorativi secondo i canoni del gusto artistico in voga alla fine del 1400 , cioè con raffigurazioni di sfingi, draghi alati con corpo equino, uccelli ed insetti, putti, fiori variopinti, ecc...

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Le decorazioni del XVIII secolo, con figure allegoriche, sono presenti nella “Sala di Diana”, nella “Sala delle quattro parti del mondo” e nella “Sala di Apollo”, la meglio conservata e raffigurante il ciclo astrologico e il Trionfo di Apollo.Nel novecento, il palazzo è stato oggetto di rilevanti interventi di restauro e ristrutturazione, per conto della famiglia Ferretti e su progetto dell'architetto milanese Tornaghi, una prima volta fra il 1928 e il 1931 e poi, passata allo Stato la proprietà, per conto dell’Amministrazione dei Beni Culturali nei primi anni ’50 ( in seguito ai gravi danni causati dai bombardamenti aerei) condotti da Bruno Bearti, e negli anni ’70-80, dopo il terremoto del 1972, quando il museo fu chiuso fino al 1988, il restauro fu eseguito con metodi e criteri più moderni.

La famiglia Ferretti “del Guasco”:

Secondo le fonti le origini della famiglia andrebbero ricercate in Germania, ai tempi di Carlo Magno; i Ferretti, sarebbero stati i signori della contea Phirrettana (da cui trae origine il nome Ferretti) e da loro sarebbe disceso anche l'imperatore Carlo V d'Asburgo.Giunsero in Italia durante il XIII secolo mettendosi al servizio del pontefice che li ricompensò con possedimenti terrieri vicino al fiume Esino e la fortezza dei Ronchi. Ebbe così inizio la storia dei Ferretti ad Ancona, caratterizzata da una incondizionata fedeltà alla chiesa di Roma e da rapporti con i più importanti casati del tempo. Si annoverano esponenti della famiglia Ferretti in vari campi, tra cui il Papa Pio XI Mastai Ferretti.

Definizione di museo Archeologico:

Il museo è sorto nel 1860 come Gabinetto Archeologico della Commissione dei Monumenti regionale e poi legato alle attività della Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche.Il museo, divenuto Nazionale dal 1906, si propone di mostrare attraverso un ampio apparato esplicativo le civiltà che si sono succedute nella regione dal Paleolitico fino all’Alto Medioevo.Per le sue caratteristiche intrinseche, il museo archeologico non può essere individuato in maniera univoca: esso infatti esprime testimonianze storiche, artistiche, culturali, economiche, paleontologiche ed etnologiche

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che sono gli indicatori di molteplici e diversificate società antiche la cui storia è giunta fino a noi attraverso attestazioni di cultura materiale. I musei archeologici quindi  vanno considerati come luoghi che raccolgono questi particolari documenti e, come tali, vengono organizzati e interpretati. Pertanto sono diverse le situazioni, i contesti, le condizioni storiche e territoriali nonché le finalità che hanno portato alla creazione di queste raccolte museali.

Dalla fine degli anni Settanta si è sentita sempre maggiore la necessità di fare del museo non più un luogo di semplice raccolta e conservazione di materiali, bensì un ambiente destinato alle occasioni di incontro culturale, di esposizioni e di attività legate alla valorizzazione delle collezioni o di eventi di speciale rilevanza ad esse connessi.

In particolare, negli ultimi decenni, si è progressivamente assistito alla necessità di una sempre più ricercata cura negli allestimenti e nelle attività offerte ai visitatori, legate alle esigenze conoscitive dei vari tipi di pubblico, che si sono andate sempre più affinando e differenziando.

Strutture del museo:

Le istituzioni museali presenti sul territorio nazionale sono entità che, pur con caratteristiche tipologiche e dimensionali molto diverse le una dalle altre, forniscono un servizio di carattere culturale.La qualità dell'istituzione museale deve essere valutata non in relazione al suo livello di merito, alle collezioni possedute o all'attrazione sul pubblico o alla dimensione fisica, e nemmeno in base al risultato di una valutazione tecnica non supportata da valori quantitativi, ma bensì in relazione alla capacità di fornire il servizio che ne costituisce la finalità, cioè alla capacità di soddisfare le specifiche esigenze di gestione del museo, di cura delle collezioni e di servizi al pubblico.In questa ottica, le istituzioni museali sono chiamate ad operare in garanzia di qualità, ovvero a prevedere ed attuare un insieme di azioni pianificate e sistematiche necessarie a dare adeguata confidenza che il servizio reso soddisfi determinati obiettivi di qualità,essendo peraltro dotate di strutture organizzative ed auspicando l'istituzione di agenzie regionali in grado di espletare il compito di controllo delle qualità del servizio museale.

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Il museo è tenuto a garantire che le sue strutture siano adeguate alle funzioni cui sono adibite, in conformità alla politica ed agli obiettivi educativi e con riferimento alle esigenze delle collezioni, del personale, del pubblico.Esso deve rendere esplicito il quadro esigenziale cui intende riferirsi, dettagliando le esigenze che riguardano l'esposizione, la conservazione nel tempo, la registrazione, la documentazione ed il restauro delle collezioni, nonché i servizi resi al pubblico in termini di conoscenza, educazione, ricerca e studio e quelli per il personale impegnato nel mantenimento delle strutture museali.Il museo deve garantire la disponibilità di strutture adeguate in termini si a tipologici che dimensionali in modo flessibile ; capaci cioè di mutare nel tempo in relazione al mutare delle esigenze e allo stesso tempo attrezzabili; cioè in grado di soddisfare esigenze diverse, e funzionali; efficaci nel garantire il raggiungimento degli obiettivi.Inoltre tali strutture devono risultare controllabili, manutenibili, accessibili e riconoscibili e conformi alle disposizioni disposte dagli standard legislativi, conseguendo predeterminati obiettivi di qualità (standard normativi) ed a prevedere le azioni pianificate e necessarie per offrire servizi che soddisfino nel tempo gli obiettivi di qualità (standard procedurali).

Gestione e cura delle collezioni:

Le collezioni rappresentano l'elemento costitutivo e la ragion d'essere di ogni museo. La loro gestione e cura costituiscono per questo, un compito di primaria importanza, al fine di garantirne; l'incremento, l'inalienabilità, la conservazione, la gestione e la cura; assicurando loro un'adeguata collocazione in spazi sufficienti, idonei e sicuri; dotandosi di personale qualificato in relazione alle dimensioni e alla tipologia dei beni conservati; preservandone l'integrità, mediante definite misure di prevenzione dai rischi e in caso di interventi di emergenza; curando l'inventariazione, la catalogazione e la documentazione dei beni; promuovendone la conoscenza, l'ordinamento,l'interpretazione; sviluppando lo studio e la ricerca.

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Attraverso la pubblica esposizioni dei beni, in via permanente o temporanea , assicurando anche la consultazione di quelli non esposti e la comunicazione delle collezioni con mezzi opportuni, l'istituzione museale deve assicurare con ciò la piena accessibilità, sia fisica che intellettuale al fruitore.

Planimetria del museo:

Il museo è fatto di spazi per il pubblico e di spazi per il personale che vi lavora: si può pertanto ridurlo a schemi suddivisi e organizzati secondo le sue principali funzioni. Il museo archeologico di Ancona, allestito in un palazzo edificato nella metà del 1500 e poi ampliato nel 1700, propone una sequenza di spazi ordinati secondo criteri cronologici e tematici, e risponde a un percorso o tragitto, dettato essenzialmente dall’architettura interna, con la consapevolezza di un percorso obbligato se rispettati i criteri cronologici, o la possibilità di non fruire determinate sezioni.Il percorso si può quindi deviare, interrompere e diramare in direzioni consigliate e preferite dal visitatore.

Il museo Archeologico Nazionale di Ancona, è suddiviso in 32 sale espositive. Il percorso ha inizio al secondo piano del Palazzo, per poi proseguire nel terzo e terminare quindi al piano terra, dove sono collocati anche la biglietteria,le sale dedicate a conferenze, i laboratori e l’archivio.(fig. 3).Con un percorso cronologico continuo, grazie alla classificazione dei reperti di Giovanni Annibaldi effettuata dal 1958 al 1969, e attraverso un allestimento inaugurato nel 1988, sono aperte al pubblico le sezioni; Preistoria e Protostoria, quest' ultima dedicata alla Civiltà Picena e ai Galli Senoni, che costituiscono la maggior attrattiva del museo, e i cui reperti sono stati esposti alla mostra “Piceni popolo d'Europa, tenutasi a Francoforte, Ascoli Piceno e Roma, tra il 1999 e il 2001. (Fig. 18; metodo di imballaggio).

Cenni sulle collezioni e la loro disposizione nelle sale:

L’ordinamento del Museo Archeologico di Ancona si basa su criteri stabiliti dal museologo e offerti al pubblico come chiave di lettura e di comprensione per gli oggetti esposti. In questo museo riscontriamo un

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ordinamento di tipo; cronologico, che permette una visione generale, non in grado da sola di fornire gli strumenti critici per una deduzione sui collegamenti tra le varie fasi temporali. È quindi integrato con un ordinamento di tipo topografico, che mette in evidenza il carattere evolutivo di un’area definita e di conseguenza della civiltà, rispettando l’unità inscindibile dello scavo e ricostruendo una mappa territoriale e mediante l’ausilio di fotografie e ampi testi sui pannelli, ben correlata con il territorio in questione, in questo caso i siti più significativi di rinvenimento nelle Marche.È presente anche un criterio di ordinamento basato sulla tematica raggruppando nelle sale vari oggetti riconducibili alla stessa area o civiltà di appartenenza.Il percorso espositivo inizia al secondo piano del Palazzo Ferretti, dove si apre la sezione Preistorica (sale da 1 a 9 ). Le sale 1-2-3; sono dedicate alle testimonianze più antiche rinvenute nel territorio marchigiano. L'industria litica più antica, fu scoperta in uno strato sulla sommità del Monte Conero, il sito Paleolitico risalente a circa 300.000 anni fa, rappresentata da ritrovamenti di bifacciali e manufatti su scheggia. Il Paleolitico superiore è documentato dai siti di Ponte di Pietra, Serravalle di Chienti e Grotta della Ferrovia, con indizi di strutture abitative prevalentemente in grotte o in siti all'aperto.Dalla Grotta della Ferrovia e da Tolentino, provengono le uniche manifestazioni artistiche note per il periodo, ovvero due ciottoli decorati con motivi lineari e con raffigurazioni umane e di animali. Gli scavi furono condotti tra il 1964 e il 1989.Le sale 4-5-6, espongono reperti di alcuni siti Neolitici, risalenti al VI millennio a.C. quali ad esempio; Maddalena di Muccia, Ripabianca di Monterado, Villa Pomezia, Acquaviva Picena, Genga ecc... la sala 7 è dedicata all' Eneolitico, con reperti provenienti dal sito di Conelle d' Arcevia. Pur essendoci poche tracce dell'abitato, i numerosi reperti archeologici, testimoniano le attività agricole, tessili, la carpenteria e la lavorazione della selce, del legno, dell'osso e del corno.Dall'area intorno al Monte Conero, Camerano, Osimo, Loreto e Recanati, provengono reperti relativi a sepolcreti con tombe per lo più a grotticella artificiale e con oggetti di corredo confrontabili con quelle tosco-laziali di Rinaldone. Proseguendo verso le sale 8 e 9, troviamo la sezione dedicata all'Età del Bronzo, nelle sue varie fasi fino a quella proto villanoviana compresa. I siti

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rappresentanti sono molteplici e ricchi di materiali; dai venticinque pugnali in bronzo di Ripatransone che testimoniano una produzione locale autonoma di oggetti metallici già all'inizio del II millennio a. C., alle ceramiche appenniniche delle Grotte della Gola di Frasassi, ai reperti di Filottrano e di Cingoli,che documentano attività come la tessitura, la lavorazione dell'osso e del corno, la metallurgia, fino a terminare la visita davanti a una ricostruzione della necropoli proto villanoviana ad incinerazione di Pianello di Genga. Al terzo piano del palazzo, articolato in undici sale (dalla 11 alla 20) sono ospitate le collezioni dedicate alla Civiltà Picena (X-III sec. a.C.), riprese nelle sale 21-26 del primo piano, per poi culminare nelle restanti sale (28-31) dedicate ai Galli Senoni (IV-II sec. a.C.).Vengono esposti fase per fase, alcuni tra i più significativi corredi funerari piceni e gallici.Al terzo piano, le sale tematiche sono dedicate agli abitati piceni arcaici, all'isola culturale villanoviana di Fermo, alla stele e alla scrittura e ai luoghi di culto.La ricchezza di tali corredi ad esempio quello della grande tomba a tumulo di Fabriano e la costante presenza delle armi nelle tombe maschili, denotano il carattere guerriero e l'organizzazione sociale ed economica di queste civiltà, aperte ai molteplici scambi commerciali e alle influenze culturali.Per questo motivo numerosi sono gli oggetti di importazione, tra cui argenti, avori, vasi e scudi in bronzo orientalizzanti, provenienti dall'Etruria, vasi attici figurati importati da Atene attraverso l'Adriatico, soprattutto a Numana durante il V secolo, pregiati bronzi etruschi come la testa tardo-classica di Cagli e nelle tombe dei Senoni; monili d'oro sia di arte celtica sia ellenistica.Anche l'arte locale vanta di reperti pregevoli, svariati oggetti di uso comune; fibule, armi, vasellame, vari utensili, esprimendosi in modo originale come il pendaglio pettorale in bronzo da Canavaccio a forma di barca solare,la testa di guerriero in pietra di Numana, posta su di un semplice piedistallo metallico,(fig.21), le ambre e i bronzi da Belmonte, i vasi dipinti alto-adriatici e le statuette votive dei “Marti” esempio di arte italica. Seguono le tombe dei Celti, con oggetti fastosi come quelli rinvenuti a Filottrano, le corone d'oro da Montefortino d'Arcevia.

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Sculture e rilievi architettonici in marmo, ma soprattutto il celebre gruppo equestre dei Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola ( c.a. 50-30 a.C.). Le sculture sono realizzate con la tecnica fusoria della cera persa indiretta, la lega metallica utilizzata è di rame con tracce di piombo, e successivamente alla fusione è stata applicata una doratura a foglia. Riproposto in copia ricostruttiva anche all'aperto, sul terrazzo,(Fig. 17) che anticipano al piano terreno e sotto il portico la prossima apertura della Sezione Romana, con le ricostruzioni di frontoni e fregi templari in terracotta del II sec. a.C. Di Civiltalba di Sassoferrato e di Monte Rinaldo che evidenziano l'impatto di romanizzazione avvenuto in questa regione.

Servizi del museo:

Costituiscono parte integrante e qualificante della visita al museo; biblioteca, libreria, negozio, sala convegni, sala video, la possibilità di visite guidate anche in inglese, accessibilità totale per i disabili reso con il supporto di rampe ed ascensori idonei, le attività didattiche e i laboratori. Ulteriori servizi di accoglienza presenti sono: lo spazio custodito a uso di guardaroba, i servizi igienici, spazi destinati alla sosta, situati al primo piano, cioè alla fine del percorso, a disposizione insieme a materiali informativi (cataloghi, opuscoli…).Sono correttamente presenti gli strumenti di comunicazione primaria; la segnaletica esterna che mostrano indicazioni chiare per il facile raggiungimento del museo,la segnaletica interna necessaria all’orientamento della visita quali la pianta del complesso, affissa all’ingresso e distribuita come stampato, con la numerazione e denominazione delle sale e una breve descrizione delle opere esposte, l’indicazione evidente dei percorsi da seguire posti in ogni ambiente, e una chiara segnalazione dei servizi (ascensore, bagni, bookshop…).Le attività didattiche vengono svolte su prenotazione. Per gli itinerari didattici e i laboratori sono state prese in considerazione le proposte degli anni precedenti, tenendo conto delle preferenze e dei suggerimenti dei docenti.Si segnalano i laboratori di Preistoria, il laboratorio di archeologia sperimentale, con incontri impermiati sulle conoscenze di base dell'attività di ricerca sul campo e sulle tecniche di scavo, e sulla realizzazione dei mosaici.

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Un percorso inedito sarà quello dedicato alla cura del corpo, alla scoperta degli oggetti destinati all'igiene personale dei Piceni.Anche il percorso sui Galli Senoni è stato rivisitato, attraverso un itinerario che coniuga le riflessioni sulla cultura materiale e la storia di questa antica tribù celtica.Infine sarà possibile fare una “passeggiata” virtuale nell'Ancona di età romana. L'intento è quello di rispondere alle esigenze di alunni e docenti con maggiore efficacia, costituendo al contempo un valido supporto alle attività didattiche e che ciò renda l'appuntamento al museo una piacevole consuetudine.Orari di apertura museo; 8,30-19,30 Lunedì chiuso.

Modalità di esposizione delle opere;

Le opere sono esposte secondo precisi criteri di Illuminazione, di Temperatura e Umidità, stabiliti dal Ministero dei Beni Culturali.Nella gestione delle collezioni museali è indispensabile una pianificazione degli interventi sia indiretti (di prevenzione) che diretti (di conservazione e restauro), volti a garantire la conservazione dei singoli manufatti e consentirne la fruibilità.Va data la priorità agli interventi di prevenzione indirizzati all’ambiente, curandone i parametri microclimatici, di illuminazione e di qualità dell’aria.I valori dei parametri microclimatici per evitare degradi chimici-fisici o attacchi microbiologici a loro volta fonte di degrado sono;

Metalli, materiali lapidei e stucchi, ceramiche, gioielleria, smalti, reperti fossili;

Umidità in % ;< 40 %( metalli, armi)<55% ( bronzo)<45%(oro)20-60%(porcellane, ceramiche, terracotta)

Illuminamento massimo ( Lux); Superiore a 300

Temperatura (°C) ;

19-24

Materiali organici: osso, corno, avorio e legno;

45-65%

Lux: 150 19-24

Tessili, costumi, arazzi,tappeti,pelli reperti botanici.

40-60%

Lux: 50

19-24

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Materiali e metodi di allestimento:

I materiali vanno classificati in primari, secondari e terziari.I materiali primari sono quelli del contenitore (teca o vetrina) che racchiude gli oggetti, incluso il piano su cui sono montati gli oggetti (il tessuto, l’adesivo, il cartone), le etichette di identificazione su cui dovrà essere indicato; il nome del produttore, il codice del prodotto, la data di allestimento, la composizione e i dati del fornitore.I materiali secondari sono quelli che vengono a contatto con gli oggetti non racchiusi nelle vetrine (schermi, barriere), di cui sarà necessario indicare gli stessi dati di prima.Per i materiali terziari (protettivi, vernici,…) specie per quelli usati per la manutenzione è sufficiente indicare i dati del responsabile alla manutenzione.Tutti i materiali costitutivi devono risultare idonei.Le vetrine, ad esempio nel caso del Museo archeologico di Ancona, consentono una buona accessibilità al fruitore, come ad esempio la grande teca rialzata nella sala del Bronzo, integrata con una ricostruzione fotografica su di un pannello retrostante, che illustra il ritrovamento degli reperti esposti ( fig.11). In generale le vetrine e le teche supportate da apparati didascalici, sono adeguate al posizionamento degli oggetti,e definiscono nell’ insieme lo spazio museografico realizzando un metalinguaggio capace di comunicare e inserire il fruitore nel contesto. Il luogo dello scavo diventa pertanto il dato essenziale per l’identificazione di un gruppo, poiché vi convergono usi e costumi.È importante che le teche presentino una buona stabilità se aperte per le ordinarie operazioni di manutenzione.I materiali usati, sono inerti (vetro), testati e trattati in modo da minimizzare le derive termiche.Il vetro esterno è di tipo laminato, mentre i ripiani interni in vetro sono sufficientemente spessi.Sono presenti ancoraggi e fissaggi sicuri alla pavimentazione e al soffitto per garantire la stabilità degli oggetti conservati (Sala Eneolitico fig. 9).

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Sistemi di illuminazione:

Le sale dedicate alla sezione Paleolitica e Neolitica (1-6), presentano un’ illuminazione artificiale, a neon, inseriti lateralmente all’interno delle teche. L’intera sala espositiva è particolarmente buia, in quanto sprovvista di finestre, in particolar modo, l’illuminazione dei pannelli didascalici retroilluminati , non risulta sempre sufficiente per una lettura comprensibile. Le sale sono di piccole dimensioni, per questo sono stati inseriti pannelli che articolano ulteriormente lo spazio, incrementando la superficie espositiva, ma a danno dell’illuminazione già scarsa.Giungendo alla sezione dell’Eneolitico e in quella del Bronzo, sempre al secondo piano, ci si immerge in ambienti diversi dai precedenti, dotati di un’illuminazione naturale proveniente dalla numerose finestre, causando però in alcuni casi fastidiosi riflessi sulle teche e con il supporto di alcuni faretti posti sul soffitto in corrispondenza delle teche più grandi.Proseguendo il percorso in ordine cronologico,(Sezione Protostorica) il percorso museale continua cronologicamente al terzo piano, dove questa volta i reperti non sono più inseriti in stanze neutre, bensì allestite in prestigiose sale cinquecentesce, decorate con stucchi e affreschi e con pavimenti in marmo policromo, dove l’illuminazione resta comunque artificiale con i neon all’interno delle singole teche, ma con l’aggiunta di luce naturale proveniente dalle finestre, intrinseca all’ architettura del museo (sala della Civiltà Picena fig. 13).La visita si conclude quindi al primo piano con i reperti piceni e celtici, allestiti secondo i criteri già enunciati nelle sale del secondo piano, ad eccezione delle sale dedicate “ alla stele e alla scrittura” (Fig. 19), sinceramente rese poco apprezzabili, in quanto non supportate da chiare didascalie e poco evidenziate dalla poca luce che giunge in uno spazio stretto. I supporti scelti per i reperti sono semplici e conferiscono poca importanza alla singola opera, non valorizzandola e non relazionata al contesto di appartenenza. Allo stesso modo la sala “dei luoghi di culto”, (fig. 20), le statuette di “Marti” sono all’interno di teche sospese da stabili infissi al soffitto, ad un’ altezza poco accessibile per la totale fruizione dei reperti e a loro volta costrette nella muratura, penalizzandone l’illuminazione che risulta scarsa.

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Identificazione delle opere:

Nel caso in cui un oggetto non è autosufficiente ad autodefinirsi completamente, è necessaria una documentazione d’accompagnamento.Questa documentazione viene definita metalinguaggio e il museo se ne avvale per evocare contenuti che possono rimanere ignorati, e le comunica attraverso un apparato che stimola la capacità deduttiva del visitatore e suscita un’immediata comprensione.I mezzi per comunicare presenti in questo museo sono: fotografie, schede, pannelli didascalici, disegni, schemi, grafici, modelli, visite guidate.Ciascuna opera o unità espositiva è corredata da informazioni essenziali per la sua identificazione.A tale proposito è fondamentale che il sussidio informativo sia chiaro e leggibile, in ordine al supporto prescelto; nel caso del museo di Ancona, si tratta di cartoncini posti all’interno delle vetrine accanto ad ogni reperto, con riferimenti all’epoca, sito d rinvenimento e tipo di materiale, e pannelli posti in corrispondenza dell’inizio del percorso in ogni singola sala che indicano in modo esauriente tutte le informazioni necessarie alla comprensione dell’ opera in riferimento al contesto geografico.L’attuale allestimento aggiornato a più riprese (1988,1991,1995,1996) è davvero “datato” , molti cartelli retro-illuminati sono spenti e risultano illeggibili, le immagini a colori sono per lo più sbiadite ed anche le didascalie lasciano molto a desiderare, in quanto presentano descrizioni troppo dettagliate che portano a distrarre il visitatore, ma la qualità e la quantità dei reperti esposti compensano questi difetti.Il museo al fine di favorire una lettura critica delle opere e consentire al visitatore di approfondire un’analisi, dovrà fornire una serie di informazioni di carattere storico, iconografico, stilistico, illustrare le tecniche e i materiali impiegati, lo stato di conservazione, il contesto artistico territoriale in relazione agli oggetti.A tale proposito il museo di Ancona, offre in modo esauriente una chiara descrizione delle opere connettendosi in modo organico all’intero territorio marchigiano, con riferimenti a siti di ritrovamento e precise indicazioni delle cronologie. Interessante a tal proposito sono i pannelli didascalici, che analizzano in modo approfondito la storia del ritrovamento e i relativi interventi di restauro del gruppo scultoreo, della sezione Romana (non ancora allestita completamente) con l’esposizione dedicata ai Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola (PU) allestiti su di una pedana molto

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rialzata, che ne esalta la grandezza e l’importanza dell’opera permettendone la totale fruizione. ( Fig. 16).Per ciò che riguarda gli elementi verticali di allestimento, bisogna specificare il ruolo principale svolto da pannelli e tramezzi che è quello di aumentare la superficie espositiva.Si ricorre all’impiego dei pannelli per dare uno sfondo ad un oggetto e nello stesso tempo fermare lo sguardo del visitatore, nel caso del museo di Ancona allestito nel palazzo storico Ferretti, questi elementi sono intrinseci alla progettazione architettonica, e concedono al visitatore una duplice lettura artistica dell’insieme, un’enfatizzazione che può spostare l’attenzione verso il contenitore (ad eccezione delle Sale del Paleolitico e del Neolitico, dove l’inserimento di semplici tramezzi bianchi rendono più gestibile la disposizione delle teche ricche d reperti, in uno spazio davvero esiguo e poco illuminato. (Fig. 5 e 7).I pavimenti sono diversi nelle varie sale e ben si adattano alle pareti, a volte neutre, altre volte decorate in stile tardo cinquecentesco.( Piano nobile e terzo piano). Le pavimentazioni sono quindi a parquet chiaro, nelle sale con pareti bianche (sezioni paleolitico, eneolitico e neolitico. Fig. 5-7-9-11), mentre nelle restanti sale del secondo piano troviamo moquette grigia, o come nel caso sala del Labirinto che accoglie l’esposizione di reperti Gallici, una prestigiosa pavimentazione in marmo policromo.In questa sala è presente un altro importante elemento espositivo cioè la pedana, che ha una funzione pratica, modificare la quota del pavimento, preserva dagli urti, delimita uno spazio espositivo o concettuale e unifica oggetti appartenenti ad un medesimo tema.( Fig. 13).L’ordinamento del museo è basato su criteri di tipo; cronologico, supportato da ampie descrizioni su supporti didascalici posti accanto alle vetrine, per facilitare la comprensione degli oggetti e relazionarli al contesto e al periodo storico, un criterio di tipo topografico, dove , il visitatore è facilitato nella comprensione di alcune tematiche legate all’evoluzione di una civiltà, nella zona in cui si verifica la scoperta archeologica, rispettando l’unità inscindibile dello scavo, visibile ad esempio nella sala 8 dell’ Eneolitico che propone una ricostruzione della necropoli proto-villanoviana di Pianello di Genga.

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