43
ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di Laurea in DAMS – Curriculum Musica Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale. Tesi di laurea in Storia della musica II Relatrice Dott.ssa Elisabetta Pasquini Presentata da Daniele Piccoli III sessione – Anno Accademico 2010/2011 Questa opera è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.

Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Corso di Laurea in DAMS – Curriculum MusicaTesi di laurea in Storia della musicaRelatrice: Dott.ssa Elisabetta PasquiniPresentata da: Daniele PiccoliIII sessione – Anno Accademico 2010/2011

Citation preview

Page 1: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di Laurea in DAMS – Curriculum Musica

Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione

e manipolazione della musica nell’era digitale.

Tesi di laurea in Storia della musica II

Relatrice

Dott.ssa Elisabetta Pasquini

Presentata da

Daniele Piccoli

III sessione – Anno Accademico 2010/2011

Questa opera è rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia.

Page 2: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

INDICE

3 Introduzione 6 Capitolo I MEDIA DIGITALI E DISTRIBUZIONE MUSICALE 6 Il passaggio da analogico a digitale 9 Musica liquida e MP3 12 File sharing e distribuzione digitale 16 Open Music Model, streaming e Cloud music 20 Capitolo II MEDIA DIGITALI E FRUIZIONE MUSICALE 20 Atomizzazione della testualità e generi musicali 24 Logica del database, compilation e playlist musical i 27 La musica come colonna sonora personale: Walkman, iPod e telefonia 33 Capitolo III MEDIA DIGITALI E MANIPOLAZIONE DEI CONTENUTI 33 User-generated content e podcasting 36 Creatività come processo, sampling e remixing 39 Conclusioni 41 Bibliografia

Page 3: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

3

I n t r o d u z i o n e

I lay on my back and scan the radio

All that comes out my speakers is a steady syrup flow.

Primus, The Antipop

(dall’album The Antipop, 1999)

Inserire un compact-disc nel sistema Hi-fi e programmare il lettore per

proporre unicamente le nostre tracce preferite; aprire il browser del nostro

computer e accedere a uno sconfinato – anche se spesso confuso – database di

brani musicali di ogni genere, forma ed epoca; acquistare canzoni attraverso

iTunes e trasferirle su iPod per poterle ascoltare attraverso l’autoradio integrata

con il nostro lettore MP3. Questi gesti, che nella maggior parte dei casi

appartengono alla nostra vita quotidiana, ci danno il polso della pervasività dei

media digitali nelle nostre abitudini e consuetudini di fruizione dei prodotti

musicali. Una familiarità con strumenti frutto di tecnologie avanzate che sarebbe

stata impensabile fino a pochi anni fa, e che d’altra parte è costituita

dall’evoluzione di pratiche che risalgono alla prima diffusione del consumo di

musica registrata, nella – percettivamente, ma non cronologicamente – remota

epoca del fonografo e del grammofono, dei cilindri di cera e dei dischi di

ceralacca. Lo scopo di questa tesi è dunque analizzare i fenomeni collegati

all’utilizzo delle tecnologie digitali di accesso e fruizione della musica e alle

modalità con cui il fruitore di prodotti musicali si rapporta con queste tecnologie.

Nota metodologica

Analizzare il complesso sistema di fenomeni, consuetudini e innovazioni che

circonda i media digitali non è compito semplice né privo di ostacoli. Un

potenziale fattore di debolezza dell’esame è costituito dall’evidente difficoltà di

conciliare la vertiginosa evoluzione dei nuovi media, per loro natura e struttura

inclini a rapide e repentine innovazioni, con la sostanziale staticità di una

Page 4: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

4

trattazione cartacea. Il pericolo è in buona parte arginato da una constatazione

che emerge dai singoli argomenti qui sviscerati: la maggior parte dei fenomeni

riconducibili direttamente o indirettamente all’avvento dei media digitali presenta

evidenti elementi di continuità con le pratiche antecedenti l’introduzione e

diffusione delle tecnologie che hanno reso possibile queste stesse novità. In

quest’ottica vogliamo quindi parlare di evoluzione digitale,1 in netta ed esplicita

contrapposizione alla locuzione più prettamente giornalistica (ma spesso

indebitamente utilizzata nel linguaggio specialistico) di ‘rivoluzione digitale’ .

Sono poi necessarie alcune note sulla metodologia di studio che si è scelto di

seguire allo scopo di delimitare con chiarezza i margini di una trattazione che,

dato l’oggetto di studio, assumerebbe altrimenti le proporzioni di una ricerca

scientifica di dimensioni dottorali, che esula dagli scopi di questo elaborato. La

prima annotazione riguarda l’ambito di ricerca all’interno del sistema

complessivo dei media musicali, qui incentrato sugli stadi della distribuzione e

fruizione musicale in quanto strettamente connessi fra loro e convergenti nelle

pratiche di ricezione e fruizione del prodotto musicale da parte dell’utente finale.

Di conseguenza, lo stadio di produzione musicale, che pure si avvale dei nuovi

mezzi forniti dalle tecnologie digitali, sarà preso in causa unicamente ove

necessario. Una seconda annotazione riguarda l’area geografica (dove l’aggettivo

è da intendere sia nell’accezione propria, sia con riferimento alla geografia sociale

e culturale) presa in esame: abbiamo scelto un approccio complessivo ai

fenomeni analizzati, considerata la natura sempre più globalizzata della

distribuzione musicale e l’omogeneità sovranazionale delle pratiche e

consuetudini di ascolto, specie se si fa riferimento ad una fascia di utenza di età

relativamente bassa (dai quarantenni tecnologicamente attivi ai cosiddetti nativi

digitali) e dislocata prevalentemente nei Paesi in cui l’accesso alle risorse digitali è

1 G. SIBILLA, Musica e media digitali , pp. 36-47.

Page 5: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

5

esteso alla maggioranza della popolazione.2 Anche a livello linguistico il criterio è

quello dell’analisi in campo lungo, con alcune necessarie precauzioni: se vengono

qui presi in esame sia l’ambito della musica ‘eurocolta’ sia quello

complessivamente definito come ‘popular music’,3 è tuttavia evidente che queste

due macro-categorie presentino una diversa natura testuale del prodotto

musicale, un differente pubblico di riferimento e una disparità di apertura

all’innovazione tecnologica, indubbiamente più evidente nel contesto popular.

Abbiamo infine ripartito l’elaborato in tre macro-sezioni tematiche, le quali

sono a loro volta suddivise in paragrafi che articolano i singoli punti dell’analisi

complessiva. La prima sezione riguarda le novità introdotte dalle tecnologie

digitali nei modi e canali attraverso i quali la musica viene veicolata dalla fase di

produzione a quella di consumo, con un’ampia parentesi sul concetto di musica

liquida, efficacemente rappresentato dalla tecnologia MP3; la seconda sezione

analizza i cambiamenti che i media digitali hanno apportato alla testualità

musicale e, di conseguenza, alle abitudini e ai modi con cui l’individuo organizza

l’ascolto, anche in mobilità; la terza ed ultima sezione tratta la processualità del

fenomeno creativo, che non riguarda più unicamente la produzione industriale

ma coinvolge l’utente finale in una rielaborazione continua e potenzialmente

infinita dei contenuti musicali, resa possibile dal sempre più esteso accesso alle

risorse tecnologiche storicamente considerate appannaggio dell’industria. In

chiusura troviamo alcune brevi valutazioni conclusive e le annotazioni

bibliografiche.

2 Per una panoramica sulla questione del Global Digital Divide , cioè la disparità di possibilità infrastrutturali di

accesso alle tecnologie digitali tra Paesi sviluppati, in via di sviluppo e del Terzo Mondo, ve di il rapporto

annuale dell’International Telecommunication Union, in http://www.itu.int/ITU-

D/ict/facts/2011/material/ICTFactsFigures2011.pdf.

3 Nell’accezione esposta in R. MIDDLETON, Studiare la popular music, Milano, Feltrinelli, 2007, pp 19-24.

Page 6: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

6

C a p i t o l o I

MEDIA DIGITALI E DISTRIBUZIONE MUSICALE

1. Il passaggio da analogico a digitale

Le basi per un’evoluzione in senso digitale dei media musicali risalgono al

1937, anno dell’invenzione della pulse code modulation (lett. modulazione codificata

di impulsi, indicata anche con l’acronimo PCM) da parte dell’ingegnere inglese

Alec Reeves.4 L’intuizione di Reeves è alla base del campionamento, che a sua

volta rende possibile la rappresentazione audio digitale e quindi l’archiviazione e

lo scambio di dati sonori tra sistemi informatici.5 Bisogna tuttavia attendere

l’invenzione del transistor nel secondo dopoguerra perché la ricerca possa

compiere significativi progressi, e pazientare ancora fino agli anni ’80 del

Novecento perché queste tecnologie possano vedere la luce nel mercato musicale

con la commercializzazione del primo supporto audio digitale, il Compact Disc .

La cronologia che possiamo ottenere raccogliendo le date delle varia tappe

dello sviluppo tecnico degli strumenti di cattura del suono è tuttavia puramente

indicativa e non tiene conto della complessità che ci si trova ad affrontare

quando si voglia analizzare l’impatto che questi stessi strumenti hanno avuto sui

modi della fruizione musicale. I fenomeni legati alla diffusione di una particolare

tecnologia non possono infatti essere trattati come avvenimenti delimitati nel

tempo, ma vanno intesi – e di conseguenza analizzati – come processi evolutivi, i

cui effetti si presentano spesso sovrapposti in rapporti di coesistenza, alternanza

e competizione. Possiamo comunque teorizzare, come altri prima di noi6 e con

una buona dose di approssimazione cronologica, una bipartizione della storia

4 T. HILL, Genius Unrecognized , in http://www.bbc.co.uk/programmes/b00zs7v5, 2011.

5 Per una trattazione tecnica del la rappresentazione audio analogica e digitale, vedi V. LOMBARDO, A. VALLE,

Audio e multimedia, 3a ed., Milano, Apogeo, 2008, pp. 40 e succ.

6 In particolare vedi G. SIBILLA, op. cit., pp. 26-32.

Page 7: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

7

tecnologica dei supporti musicali in due periodi: analogico e digitale. Questa

suddivisione è accettabile tenendo conto della sovrapposizione e almeno

temporanea coesistenza delle due categorie tecnologiche, nonché dei forti

elementi di continuità che esistono tra le due sfere, soprattutto per quanto

riguarda l’uso che l’utente fa di un dato modello tecnologico. A tutt’oggi

analogico e digitale convivono nelle metodologie di produzione, distribuzione e

fruizione della musica ed esiste una forte e diffusa contrapposizione di natura

ideologica tra i due campi, particolarmente viva fra esperti e appassionati di audio

professionale.7

Possiamo individuare il periodo propriamente analogico nel secolo che va dal

1877, anno dell’invenzione del fonografo di Edison, fino agli anni ’80 del secolo

successivo: questo esteso periodo è caratterizzato dalla progressiva diffusione dei

supporti fonografici fisici e dei relativi apparecchi di riproduzione, che

contribuiscono a plasmare i modi in cui la musica viene trasformata in oggetto

commerciabile e le relative modalità di distribuzione, il pubblico di destinazione

e le abitudini di ascolto. L’avanzamento tecnico dei supporti fonografici parte dal

cilindro in cera, primo contenitore musicale commerciato dalla fine del XIX

secolo, ed evolve attraverso l’introduzione del disco (dapprima plasmato in

ceralacca e in seguito prodotto a mezzo stampa su vinile da una matrice

originale), lo standard di riproduzione a 78 giri, il microsolco, la coesistenza di

33-⅓ e 45 giri e l’invenzione del nastro magnetico. Quest’ultima tecnologia,

sviluppata negli anni ’30 dalla tedesca BASF, dà vita alla musicassetta (detta

anche audiocassetta), lanciata sul mercato dalla Philips nel 1963 e utilizzata in

modo massiccio fino agli anni Duemila.8 La cassetta costituisce un importante

punto di svolta nella storia dei supporti fonografici, poiché consente per la prima

volta un ampio livello di autorialità all’utente e una portabilità inedita del

7 G. SIBILLA, op. cit., pp. 24-26.

8 E. ASSANTE, F. BALLANTI , La musica registrata. Dal fonografo alla rete e all'MP3 : la nuova industria musicale , Roma,

Dino Audino, 2004, pp. 34-36.

Page 8: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

8

supporto, caratteristiche che ritroveremo ampliate e potenziate all’interno dei

media digitali.

Il periodo che, sempre con le dovute precauzioni, possiamo definire digitale

prende avvio proprio nel corso degli anni ’80 con l’introduzione da parte di Sony

del Compact Disc che, dopo un esordio in sordina, sostituisce progressivamente

il vinile. La cassetta magnetica viene invece affiancata dal CD, senza che vi sia

una vera e propria sostituzione, e grazie alla sua portabilità sopravvive fino

all’inizio del XXI secolo.9

1985 2012

Vinile Giradischi, jukebox

Musicassetta

Compact Disc

Radio

Videomusica

Piastra a cassette hi-fi, walkman, autoradio

Lettore CD

Sintonizzatore hi-fi, radio portatile, autoradio

TV, VCR

Compact Disc

Radio

Videomusica

Lettore CD hi-fi, CD walkman, autoradio,

PC, lettore DVD, console

Sintonizzatore hi-fi, radio portatile, autoradio

TV, VCR, PC, cellulare, console

DVD Lettore DVD, PC, console

Streaming e

online radioPC, sistemi integrati, cellulare

MP3 e altri

formati

PC, lettore MP3, lettore CD, console,

telefoni cellulari

Suonerie Telefoni cellulari

Figura 1. Evoluzione e sovrapposizione di formati e strumenti di diffusione e consumo della musica (rielaborazione da

OECD, Working Party on the Information Economy. Digital Broadband Content: Music, 2005, p. 19).

L’evoluzione in linea diretta dell’audiocassetta è rappresentata dal MiniDisc,

supporto a nastro digitale introdotto nel 1992 di nuovo da parte di Sony; tuttavia,

9 R. VISCARDI, Popular music. Dinamiche della musica leggera dalle comunicazioni di massa alla rivoluzione digitale , Napoli,

Esselibri, 2004, p. 89.

Page 9: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

9

nonostante la qualità “quasi” pari (i dati sono compressi con il sistema ATRAC)

e le dimensioni minori rispetto al Compact Disc, il formato non gode del

successo commerciale sperato e rimane un prodotto di nicchia , destinato

prevalentemente ai professionisti , con l’unica – seppur notevole – eccezione del

mercato giapponese.10 Una sorte simile tocca ai due supporti che costituiscono

l’evoluzione del Compact Disc: il Super Audio CD (SACD) e il DVD Audio

(DVD-A), particolare tipologia di Digital Versatile Disc (DVD). Entrambi

presentano netti miglioramenti rispetto al CD per qualità sonora e capienza, ma,

nonostante questi vantaggi, la loro incompatibilità con i formati precedenti e

quindi la necessità per l’utente di disporre di apparecchi di riproduzione dedicati

ne frena considerevolmente la diffusione e acquisizione. 11

2. Musica liquida e MP3

L’evoluzione in senso digitale dei formati tradizionali prelude al fenomeno

che costituisce il vero nucleo dell’innovazione dei media musicali: la progressiva

smaterializzazione e compressione della musica nei formati audio informatici.

Parafrasando la nota metafora elaborata da Zygmunt Bauman 12 a proposito dei

rapporti sociali, ciò che avviene è il passaggio da una fase solida ad una fase

liquida, cioè la trasformazione della musica da bene materiale (cilindro, disco,

nastro) a immateriale (dati sonori contenuti in un sistema informatico). Il

“passaggio di stato” porta ad una musica liquida,13 svincolata dal supporto fisico e

caratterizzata dall’esperienza stessa dell’ascolto, un servizio di cui fruire

attraverso un canale.14 L’introduzione dei media digitali trasferisce dunque il

sistema dei media musicali in un nuovo spazio comunicativo nel quale

10 R. EMERAN, Music On The Move , in http://www.trustedreviews.com/opinions/music-on-the-move, 2008, p. 4.

11 R. VISCARDI, op. cit., pp. 301-302.

12 Z. BAUMAN, Modernità liquida, Roma, Laterza, 2002, pp. .

13 Interessante notare che il nome di uno dei primi formati audio digitali ad ampia diffusione, oggi non più in uso,

era Liquid Audio, introdotto nel 1996 dalla compagnia omonima.

14 G. SIBILLA, op. cit., pp. 14-15.

Page 10: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

10

confluiscono le pratiche materiali di produzione, diffusione, consumo della

musica e le convenzioni sociali ad esse collegate. Questo rinnovamento e

ampliamento della rete comunicativa esistente è ciò Bolter e Grusin15 definiscono

rimediazione, ossia rappresentazione di un medium in un altro. La rimediazione è

un fenomeno intrinseco alla natura stessa dei nuovi media, che esplicitano se

stessi nel rapporto di sovrapposizione, contrasto o rinnovamento che instaurano

con i media che li precedono16: il processo – per quanto radicale – non cancella

dunque il paradigma esistente, ma ne trasforma il significato.17

Le osservazioni fatte fino ad ora possono essere applicare a tutti i formati di

audio digitale, dal Waveform Audio File Format (WAV) ai formati compressi (lossy,

cioè che implicano una perdita di informazioni sonore) come Liquid Audio

(LQT), Adaptive Transform Acoustic Coding (ATRAC), Windows Media Audio (WMA)

etc. Tra questi, quello che ha senza dubbio contribuito in massima parte alla

rimediazione dei media musicali è il formato MP3, rapidamente affermatosi, a

partire dalla sua introduzione nel 1993, come il principale contenitore di dati

sonori destinati allo scambio informatico.18 MP3 è un’abbreviazione che sta per

MPEG_1, Layer_3: il Moving Picture Experts Group (MPEG) è un gruppo di

lavoro che si occupa di definire standard per la rappresentazione in forma

digitale di audio, video e altri contenuti multimediali19; la seconda parte della sigla

si riferisce a una specifica tecnica del formato, cioè il terzo livello di

compressione nella codifica audio sviluppata da MPEG, e coincide con

l’indicazione della terza sezione del progetto complessivo, riferita appunto alle

tecnologie audio. L’obiettivo del progetto, avviato nel 1988, è eliminare le

barriere e ridurre al minimo lo sforzo necessario per la trasmissione e lo scambio

15 J.D. BOLTER, R. GRUSIN, Remediation. Understanding New Media , Cambridge (Massachusetts), MIT Press, 1999, pp.

44-50. 16 Ibidem.

17 G. SIBILLA, op. cit., p. 41.

18 E. ASSANTE, F. BALLANTI , op. cit., pp. 96-97.

19 Cfr. http://mpeg.chiariglione.org/who_we_are.php

Page 11: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

11

di dati audio e video tra sistemi diversi: condizione necessaria perché ciò avvenga

è la riduzione delle dimensioni che i file occupano all’interno dei supporti di

memorizzazione digitale. Questa è resa possibile dalla natura stessa del processo

di codifica MP3, che riduce la quantità di dati memorizzati e si affida a fenomeni

psicoacustici che il corpo mette in campo per supplire alle informazioni mancanti

e impedire all’ascoltatore di percepire differenze sostanziali rispetto ai dati

originari.20 Tali differenze rimangono però percepibili e quantificabi li attraverso

un ascolto analitico: per questo motivo l’MP3 si presta prevalentemente ad un

ascolto casuale e distratto, favorito anche dalla moltiplicazione degli hardware di

riproduzione del suono in mobilità.

Un file MP3 possiede la significativa connotazione di artefatto culturale: pur

essendo di per sé un formato di compressione di dati, quindi un ‘contenitore

tecnologico’, è al tempo stesso considerato un oggetto a tutti gli effetti, dotato di

natura materiale e suscettibile di possesso personale. Questa falsa oggettualità è

una caratteristica assodata sia a livello specialistico, ad esempio nei testi delle

leggi riguardanti la tutela del copyright, sia nell’uso quotidiano da parte

dell’utente generico. Possiamo ipotizzare che questo fenomeno sia in sostanza

una sopravvivenza culturale (in senso tyloriano) della concezione di prodotto

musicale legato al suo supporto fisico: in questo senso l’MP3 si presenta come

una particolare e interessante biforcazione all’interno del dualismo

materializzazione-dematerializzazione della musica. Se quindi il discorso sulle

pratiche di ascolto è dominato dal concetto di demateria lizzazione, nell’idea di

possesso della musica digitale è insita un’oggettualità che non è – e non può –

essere fisica, ma ha un’origine puramente culturale.21

Ulteriore attributo dell’MP3 e differenza fondamentale rispetto ai supporti

fonografici tradizionali è il suo status di risorsa non rivale.22 Questa

20 J. STERNE, The mp3 as cultural artifact , «New Media & Society», vol. 8 n. 5, London, SAGE, 2006, pp. 832-836.

21 Ivi, pp. 830-832.

22 G. SIBILLA, op. cit., pp. 164-165.

Page 12: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

12

denominazione, secondo la definizione elaborata da Katz,23 indica una risorsa il

cui consumo da parte di uno o più soggetti non limita il suo consumo da parte di

altre persone; in altre parole, una risorsa non rivale non può essere annullata dal

suo uso. In che termini questa concezione si applichi all’MP3 è evidente: un file è

replicabile all’infinito in copie identiche all’originale, senza che la sorgente si

deteriori durante il processo. Questa particolare caratteristica dell’MP3 è alla base

della possibilità di una distribuzione non commerciale che si attenga

rigorosamente ai principi del fair use (l’equivalente italiano è l’espressione ‘utilizzo

leale’), ossia lo scambio di opere protette da copyright a fine educativo e di

promozione culturale senza la – altrimenti necessaria – autorizzazione da parte

del detentore dei diritti.24

3. File sharing e distribuzione digitale

La musica è il settore della comunicazione mediale che meglio si adatta allo

scambio attraverso le reti informatiche, possedendo caratteristiche tecnologiche,

linguistiche e sociali che consentono e incentivano la sua circolazione in questo

ambito. Al momento della diffusione dell’accesso a Internet a metà degli anni

Novanta l’industria discografica ha già adottato e commercializzato supporti e

tecnologie digitali che predispongono i materiali audio alla circolazione

elettronica; inoltre, il pubblico della musica è costituito, per la maggior parte, da

un bacino sociale attento e ricettivo nei confronti delle nuove tecnologie .25 Non

avviene quindi una cesura netta rispetto al periodo precedente, poiché nei

supporti digitali la funzione fondamentale dell’ascolto rimane sostanzialmente

invariata rispetto ai mezzi tradizionali di diffusione della musica. Infine, la

musica stessa – e in particolar modo la popular music – è dotata di una testualità

23 Vedi M. KATZ, Capturing Sounds. How Technology Changed Music , Los Angeles, University of California Press, 2005.

24 Il fair use è previsto nell’ordinamento statunitense ed in particolare nel Copyright Act del 1976 ( 17 U.S.C.

§107), da cui discende l’adozione di questa norma anche in altri ordinamenti legislativi.

25 G. SIBILLA, op. cit., pp. 100-101.

Page 13: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

13

suddivisa (e suddivisibile) in brevi testi spesso indipendenti tra loro, che si

prestano quindi ad uno scambio anche parziale e frammentato.26

Queste caratteristiche, aggiunte alla portabilità e trasferibilità del formato

MP3, sono le basi su cui si sviluppano due importanti fenomeni di natura socio-

economica: il file-sharing e la distribuzione digitale. Entrambi prendono vita in

una fase già avanzata dell’evoluzione di Internet , in cui, superate le limitazioni

tecnologiche che rendevano possibile unicamente l’e-tailing (vendita di merci su

ordinazione a mezzo elettronico) e introdotto il primo formato audio compresso

(Liquid Audio), possono avvenire i primi tentativi di trasferire musica per via

informatica. La pratica di scambio di file tra utenti è – prevedibilmente –

denominata file sharing. Questo scambio può avvenire sostanzialmente in due

modi: affidandosi ad sistema centrale che funge da punto di immagazzinamento e

scambio dei file (ad es. nel download server-based), oppure ricorrendo al peer to peer

(P2P), un insieme di sistemi reticolari e decentralizzati che realizzano una logica

di scambio orizzontale fra singoli utenti. Occorre rilevare che, nonostante i

sistemi P2P possano teoricamente essere privi di un nodo centrale, la pratica

d’uso più comune è quella di ricorrere ad un tracker, ossia un servizio che

indicizza i contenuti presenti in rete e mette a disposizione questi indici per la

ricerca da parte degli utenti.

Alla prima tipologia appartiene Napster, sito web divenuto celebre in quanto

primo esempio di struttura organica finalizzata a consentire il file sharing e

insieme prima “vittima” della guerra legale, economica e culturale che il sistema

discografico tradizionale muove contro le pratiche che, file sharing in testa,

infrangono le norme in materia di diritto d’autore. La seconda tipologia è

efficacemente rappresentata dal network Gnutella, nato nel 2000, che sviluppa il

meccanismo dello scambio tra utenti eliminando la necessità di un nodo centrale

e quindi il punto debole a livello di perseguibilità giuridica degli utenti che

condividono contenuti protetti; segue a breve distanza il sistema Bit Torrent, che

26 G. SIBILLA, op. cit., pp. 139-142. Vedi anche il § II.1 e II.2 di questa tesi.

Page 14: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

14

rimane ad oggi, nelle sue varie incarnazioni, uno dei principali e più diffusi

protocolli destinati allo scambio di file.

Figura 2. Confronto fa un sistema server-based (a sinistra) e un sistema peer-to-peer (a destra).

È la stessa pratica del file sharing a dare lo stimolo necessario all’industria

musicale, nei primi anni Duemila ancora diffidente verso le nuove tecnologie a

causa della mancanza di sistemi efficaci di protezione dei contenuti, per

avventurarsi nella sperimentazione di forme di distribuzione telematiche che

diventeranno prevalenti nella seconda metà del decennio. La distribuzione

digitale (digital distribution, spesso abbreviata in DD) è intesa, da questo punto di

vista, come parte di un processo industriale di produzione e commercializzazione

di contenuti culturali, che implica l’idea di sfruttamento commerciale della

riproducibilità e trasferibilità dei contenuti digitali.27 Il primo esempio di

successo in questa direzione è costituito da iTunes Store, lanciato da Apple nel

2003 come parte di un sistema integrato in cui è affiancato all’iPod . Il grande

traguardo di Apple è essere riuscita a riunire in un unico negozio elettronico tutte

le principali major, oltre a varie etichette indipendenti, dopo una lunga fase in cui

il commercio musicale online era stato ostacolato dalla mancata disponibilità

27 G. SIBILLA, op. cit., pp. 139-142.

Page 15: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

15

delle case discografiche a cedere i rispettivi cataloghi a diversi distributori. La

dimensione assunta già a metà degli anni Duemila dalla distribuzione digitale è

ribadita dall’inclusione delle statistiche di download in alcune classifiche di

vendita ufficiali e dalla redazione del Digital Music Report, pubblicato

annualmente dall’IFPI28 dal 2004.

La natura intrinsecamente commerciale della distribuzione digitale pone

quest’ultima in netto contrasto con le pratiche di file sharing: a partire dal Digital

Millennium Copyright Act (DMCA) del 1998, le case discografiche cercano di

realizzare un controllo sulla possibilità di copiare e distribuire i contenuti digitali,

equiparando i formati elettronici ai supporti fisici e adottando tecnologie di

Digital Rights Management (DRM) che precludono all’utente la possibilità di

manipolare liberamente i contenuti musicali .29 Come affermato30 – tra gli altri –

dalla Federazione Industria Musicale Italiana (FIMI), l’industria discografica non

si pone in completa opposizione nei confronti delle tecnologie digitali: al

contrario, lo scopo è quello di integrare queste tecnologie in un sistema che tenga

conto delle normative su copyright e diritto d’autore. Tuttavia è innegabile che su

questo tema le posizioni dell’industria siano spesso contraddittorie quando non

apertamente propagandistiche: in molti casi (le stesse IFPI e FIMI ne sono

spesso esempio) si ricorre ad una “retorica della pirateria” che, criminalizzando la

copia informatica nell’accostamento al reato di furto di proprietà, viene addotta a

giustificazione di una volontà di determinismo tecnologico che restituisca

all’industria discografica il controllo monopolistico sull’uso degli strumenti

digitali.31

28 International Federation of the Phonographic Industry , organizzazione che rappresenta gli interessi dell’industria

discografica. Vedi http://www.ifpi.org/.

29 T. MCCOURT, P. BURKART , When Creators, Corporations and Consumers Collide: Napster and the Development of On-line

Music Distribution , Media Culture Society», vol. 25 n. 3, London, SAGE, 2003, pp. 333-340.

30 Cfr. la voce n.1 in http://www.fimi.it/miti.php.

31 F. FABBRI, L’ascolto tabù. Le musiche nello scontro globale , Milano, Il Saggiator, 2005. Per una critica della “lotta alla

pirateria”, vedi anche C. GUBITOSA, Elogio della pirateria , Milano, Terre di mezzo, 2005.

Page 16: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

16

4. Open Music Model, streaming e Cloud music

L’attrito tra distribuzione digitale e file sharing appena descritto è lontano dal

vedere una risoluzione condivisa, ma costituisce allo stesso tempo terreno fertile

per la sperimentazione di nuove modalità di distribuzione della musica che

tutelino l’autore dei contenuti musicali e allo stesso tempo soddisfino le richieste

di un pubblico sempre più attratto dalla prospettiva della libera circolazione delle

opere d’ingegno, svincolate – almeno in parte – da un meccanismo commerciale

diffusamente percepito come iniquo e avido di introiti.32

Tra le idee alla base di nuovi modelli di business nei media digitali riveste

particolare rilevanza l’Open Music Model, elaborato sulla base di ricerche

condotte presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) e illustrato in

prima battuta da Ghosemajumder nel suo “Advanced Peer-Based Technology

Business Models”33 del 2002. Questo saggio è particolarmente rilevante perché

anticipa il fallimento dei sistemi di distribuzione digitale basati sul Digital Rights

Management e contemporaneamente propone un’ipotesi di sistema distributivo

sostenibile, le cui caratteristiche verranno in parte adottate dall’industria

discografica negli anni successivi. Questo modello suggerisce un cambiamento

radicale nel modo di concepire l’accesso alla musica per mezzo digitale, in quanto

il contenuto musicale viene inteso non come merce destinata alla cessione tramite

acquisto bensì come servizio a cui l’utente accede previo pagamento di un

abbonamento; questo servizio, sempre secondo l’ipotesi di Ghosemajumder, è

fornito dall’industria discografica e implica l’esistenza di aziende che svolgono il

ruolo di intermediari tra industria e consumatore fornendo l’accesso ai contenuti.

Lo scopo implicito è il contrasto alla pirateria digitale, non in termini di lotta

attiva per vie legali (che Ghosemajumder ritiene «una battaglia che non può

32 G. SIBILLA, op. cit., pp. 159-164.

33 S. GHOSEMAJUMDER, Advanced Peer-Based Technology Business Models. A new economic framework for the digital

distribution of music, film, and other intellec tual property works , Sloan School of Management, Massachusetts Institute

of Technology, 2002, pp. 33-44.

Page 17: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

17

essere vinta»34) ma tramite la creazione di canali di accesso alla musica che

forniscano i vantaggi della legalità e allo stesso tempo consentano le stesse

opportunità dei circuiti di file sharing, rendendo quindi poco attraenti e

convenienti i canali illeciti. Affinché il modello sia realmente efficace, occorre

rispettare alcuni requisiti indispensabili:

1. open file sharing: gli utenti devono essere liberi di condividere i file tra loro;

2. open file formats: i contenuti devono essere distribuiti in formato MP3 o altri

formati liberi da restrizioni;

3. open membership: i detentori di copyright devono avere la possibilità di

registrarsi gratuitamente per ricevere i pagamenti;

4. open payment: tutti i principali canali di pagamento devono essere accettati,

inclusi carta di credito e contanti;

5. open competition: i sistemi basati su questo modello devono coesistere senza

costituire monopòli.

Il modello che si evince da questa trattazione non è stato, ad oggi, applicato

nella sua interezza, ma alcune delle sue caratteristiche fondamentali sono

confluite in diversi sistemi di music delivery riconosciuti dall’industria discografica.

Tra gli altri: nel 2011 Apple lancia il servizio iTunes Match che, previo

pagamento di un abbonamento annuale, consente il file sharing tra i diversi

dispositivi di uno stesso utente (vedi punto 1, anche se parzialmente); nel 2007

Steve Jobs, CEO di Apple, pubblica sul sito dell’azienda una lettera aperta 35

contente un appello per l’abolizione della musica protetta da DRM:

conseguentemente due dei principali portali di acquisto di musica, iTunes e

Amazon.com, aboliscono nel giro di pochi mesi la vendita di questo tipo di file 36

34 Ivi, p. 41.

35 S. JOBS, Thoughts on music , in http://www.apple.com/hotnews/thoughtsonmusic , 2007.

36 G. SIBILLA, op. cit., pp. 175-176.

Page 18: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

18

(vedi punto 2); iTunes, a partire dalla sua apertura nel 2003, accetta pagamenti

sotto forma di gift cards, acquistabili in contanti (vedi punto 4).

L’industria discografica appare refrattaria all’idea di concedere agli utenti il

controllo totale sui file a loro disposizione: piuttosto, la direzione generale

intrapresa dai maggiori sistemi di distribuzione digitale è quella di fornire al

consumatore musica in streaming, cioè “trasmessa” su richiesta all’utente

attraverso la rete.37 Questo tipo di fruizione riafferma la liquidità della musica,

non più legata al luogo fisico in cui risiede il supporto fonografico ma

connaturata alla molteplicità di canali attraverso i quali può essere fruita, e al

tempo stesso consente al fornitore del servizio di esercitare un controllo sul

comportamento dell’utente, il quale è quindi impossibilitato a condividere

illecitamente materiale protetto. Tra gli esempi importanti di questa impostazione

possiamo citare Spotify, lanciato in Svezia nel 2008 con un catalogo che supera i

18 milioni di brani38 e oltre 10 milioni di utenti (dei quali 1,6 milioni di abbonati

a pagamento39), e Grooveshark, lanciato nel 2007 con base negli Stati Uniti e

circa 30 milioni di utenti attivi ogni mese.40 Nel periodo recente si è inoltre

iniziato a parlare di “Cloud music” come declinazione particolare del cloud

computing.41 Il cloud computing consiste nello svolgere attraverso la rete

l’elaborazione di dati che normalmente competerebbe all’hardware con cui si sta

interagendo. La dislocazione dello svolgimento delle operazioni informatiche

trasforma la fruizione in un servizio a tutti gli effetti, con l’importan te possibilità

di una seamless integration (lett. “integrazione senza soluzione di continuità”, o più

semplicemente “integrazione”) che comprenda tutti i dispositivi di riproduzione

(mobile o immobile) in possesso del singolo consumatore: la musica è così

37 R. VISCARDI, op. cit., pp. 307-308.

38 Cfr. http://pansentient.com/new-on-spotify/.

39 Cfr. http://www.spotify.com/int/about-us/press/hello-america-spotify-here/.

40 Cfr. http://www.grooveshark.com/press.

41 T. MCCOURT, P. BURKART , When Creators, Corporations and Consumers Coll ide: Napster and the Development of On-line

Music Distribution , «Media Culture Society», vol. 25 n. 3, London, SAGE, 2003, pp. 285-302.

Page 19: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

19

definitivamente svincolata dal suo supporto fonografico e trasformata in un

servizio a tutti gli effetti. Tra gli altri, citiamo a titolo di esempio iTunes (tramite

l’opzione iTunes Match, a pagamento), AmazonMP3 (tramite il servizio Amazon

Cloud Drive) e Google Music.

Page 20: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

20

C a p i t o l o I I

MEDIA DIGITALI E FRUIZIONE MUSICALE

1. Atomizzazione della testualità e generi musicali

La compressione della musica nei formati digitali porta importanti

conseguenze sul piano della testualità musicale. Nell’era pre-fonografica la

fisionomia formale del testo musicale è definita esclusivamente da criteri stilistici

e compositivi, essendo la capacità di “archiviazione” della partitura virtualmente

infinita: un esempio imponente è Der Ring des Nibelungen di Richard Wagner

che, se considerato nella sua interezza, ha una durata complessiva di circa

quindici ore. Con l’avvento della riproduzione sonora, la possibilità stessa di

veicolare la musica tramite un supporto fonografico è vincolata alla capacità

temporale dello stesso. Alcuni esempi ci aiutano a capire l’evoluzione cronologica

dello spazio di archiviazione: un cilindro di cera può contenere fino a quattro

minuti di musica; un disco in vinile varia dai tre minuti per lato del 78 giri ai

venticinque del Long Playing; un’audiocassetta generalmente contiene 30 oppure

45 minuti per lato; un Compact Disc da 74 a 80 minuti in totale. L’analisi delle

forme musicali appartenenti alle rispettive epoche storiche dimostra la forte

correlazione esistente tra capacità di archiviazione e testualità musicale.42

La popular music,43 in particolare, nasce in concomitanza con la diffusione dei

mezzi di riproduzione, che contribuiscono a plasmarne in maniera consistente la

struttura formale. Il nucleo della musica pop è la forma-canzone, ereditata dalla

musica colta e folklorica44: componimenti lirici a struttura strofica sono infatti

diffusi in Europa fin dal Medioevo e presentano una fisionomia accostabile

42 G. SIBILLA, op. cit., pp.66-70.

43 Qui intesa nell’accezione espressa in R. MIDDLETON, Studiare la popular music, Milano, Feltrinelli, 2007, pp. 19-

24.

44 R. VISCARDI, op. cit., p. 19.

Page 21: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

21

all’idea moderna di canzone già nella tradizione popolare del Seicento e

Settecento; non mancano gli esempi anche nella musica colta, come la chanson

francese, il Lied tedesco e alcune sezioni del melodramma italiano. La forma-

canzone moderna costituisce l’unità narrativa, il componente minimo e

inscindibile della popular music, e in questa accezione si sviluppa in aderenza ai

limiti tecnici dei media di diffusione di cui si avvale, cioè il disco e la radio : la

durata tipica della canzone pop, che si aggira intorno ai tre-quattro minuti, le

consente infatti di occupare esattamente lo spazio di una facciata del disco a 78 o

45 giri e allo stesso tempo si presta alla trasmissione radiofonica che rappresenta,

a partire dall’avvento della musica riprodotta , un elemento fondamentale nella

diffusione dei prodotti musicali.45 Nel momento in cui vengono introdotti

supporti dotati di maggiore capacità di archiviazione sonora non si verifica, come

si potrebbe pensare, l’espansione temporale della canzone, ma un processo di

giustapposizione di nuclei testuali (le canzoni, appunto), che vanno a formare

l’insieme macrotestuale di musica comunemente definito album.46 L’etimologia di

questo termine è d’altra parte esaustiva, poiché deriva dall’omografo latino

traducibile come ‘elenco’47: se infatti in un primo momento l’album costituisce

una raccolta di brani completamente indipendenti fra loro, le nuove possibilità

offerte dalla durata espansa del supporto fonografico portano a sperimentazioni

che riguardano la testualità complessiva generata dall’interazione fra i singoli

componenti dell’opera. Questa macrotestualità viene ulteriormente sottolineata

dalla natura continua della registrazione analogica, che è costituita da una

incisione (meccanica, nel caso del solco nel disco in vinile, o elettrica, nel caso

del nastro magnetico) senza soluzione di continuità dall’inizio alla f ine della

registrazione.48 La situazione cambia radicalmente con l’introduzione dei suppor ti

45 E. ASSANTE, G. CASTALDO, Blues, Jazz, Rock, Pop. Il Novecento americano , Torino, Einaudi, 2004, pp. 26-27.

46 F. FABBRI, Il suono in cui viviamo. Saggi sulla popular music , Milano, Il Saggiatore, 2008, pp. 39-44.

47 L. CASTIGLIONI, S. MARIOTTI , IL – Vocabolario della lingua latina , Torino, Loescher, 1990.

48 G. SIBILLA, op. cit., pp. 69-70.

Page 22: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

22

digitali: il Compact Disc per primo introduce una discretizzazione reale delle

forme microtestuali, che vanno a costituire unità distinte e manipolabili

singolarmente anche quando contenute nell’insieme più esteso rappresentato

dall’album.49 Il fruitore ha quindi la possibilità di stabilire un percorso personale

all’interno dell’opera complessiva, scegliendo coscientemente una delle svariate

possibilità combinatorie che il disco offre e senza necessariamente aderire a

quella stabilita in sede di scrittura dall’artista. Ulteriore evoluzione avviene poi

all’interno dei media digitali che, svincolando completamente la musica dal suo

supporto fonografico minano alla base l’idea di una macrotestualità inscindibile.

Il concetto di album non viene negato dai nuovi media, piuttosto cessa di essere

vincolante: la singola canzone torna ad essere un nucleo narrativo autosufficiente

e in sé significativo, con possibilità di organizzazione narrativa pressoché infinite

(pensiamo ad esempio alla musica in streaming o alla Cloud music, il cui unico

limite – peraltro incredibilmente vasto – è costituito dall’ampiezza del catalogo

musicale). La collocazione delle singole componenti musicali in una struttura

reticolare teoricamente illimitata mette l’utente di fronte ad un ipertesto, una

fruizione non lineare che procede per nodi, il cui collegamento minimo è

costituito dalla volontà, dai gusti e dallo stato d’animo dell’ascoltatore.

Diversa è la questione se prendiamo in considerazione generi musicali “altri”

rispetto al pop, e in particolare la musica classica e il jazz, che per loro natura

possiedono strutture testuali maggiormente articolate rispetto alla forma-canzone

(che pure appare, sotto forme diversificate, nei due gli ambiti). Entrambi si

trovano a doversi confrontare, nel momento dell’introduzione della musica

riprodotta, con i limiti temporali imposti dai supporti fonografici: le conseguenze

sono, nel caso del jazz, la pubblicazione pressoché esclusiva di canzoni popular

reinterpretate in chiave jazzistica (d’altra parte prassi ricorrente in questo

variegato genere musicale); nel caso della musica classica i materiali che si

prestano alla pubblicazione sono singoli estratti delle opere complessive,

49 Ibidem.

Page 23: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

23

tipicamente forme chiuse e quindi autosufficienti come l’aria d’opera (pensiamo

ad esempio alle famose incisioni su 78 giri di Enrico Caruso). Su queste prassi di

scomposizione di testi apparentemente indivisibili si basa il successo delle

pratiche ri-combinatorie in ambito jazz e classico, che vengono introdotte a

posteriori rispetto alla sperimentazione nell’ambito della canzone pop:

l’accostamento di riletture jazzistiche di più canzoni di diversa provenienza può

essere inteso in forma macrotestuale, e così anche la raccolta in uno stesso

contenitore di pezzi chiusi per la musica classica.

Considerazioni interessanti possono essere fatte per quanto riguarda l’aspetto

lessicale della distribuzione digitale. Prendendo in esame iTunes Store, in quanto

primo e più rappresentativo negozio di musica online, possiamo constatare come

i singoli prodotti acquistabili siano denominati songs (equivalente anglosassone di

‘canzone’), a prescindere dalla loro natura testuale: volendo ad esempio

acquistare la Sinfonia n. 9 in Mi minore op. 95 di Antonín Dvořák (nella versione

diretta da Arturo Toscanini con la NBC Symphony Orchestra), troveremo i

quattro movimenti trattati come singole ‘songs’ e acquistabili separatamente per

99 centesimi di dollaro l’uno,50 in maniera analoga a quanto avviene, ad esempio,

per l’album Born This Way di Lady Gaga51 (l’accostamento è volutamente

provocatorio). La scelta di suddividere in ‘canzoni’ un’opera concepita come un

unicum indivisibile e quindi trattarla con le stesse modalità di una canzone pop

appare quantomeno stravagante, ma non è priva di motivazioni: in primo luogo

la musica non-popular fa il suo ingresso nei meccanismi della distribuzione

musicale in un momento in cui questi sono già stati definiti in accordo con

l’organizzazione microtestuale della popular music; inoltre, la discretizzazione dei

nuclei narrativi musicali è parte integrante della digital izzazione e la sua

applicazione a macrotesti non suddivisibili, sebbene in apparenza forzosa, è

funzionale ad una fruizione ipertestuale che prevede – in linea teorica, ma anche

50 Cfr. http://itunes.apple.com/us/album/dvorak-new-world-symphony/id346470584.

51 Cfr. http://itunes.apple.com/us/album/born-this-way/id438732291.

Page 24: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

24

nella pratica – la possibilità di un ascolto che passa dall’Allegro con fuoco della

sinfonia citata a ‘Heavy Metal Lover’ e viceversa.

La questione lessicale presenta discrepanze linguistiche nel momento in cui la

piattaforma globale in lingua inglese viene adattata ad una particolare area

geografica: troviamo infatti che l’equivalente italiano scelto per ‘song’ non è

‘canzone’ ma brano, di cui non esiste un corrispettivo preciso in inglese e che

implica un’accezione più ampia e meno legata alla natura del testo musicale. In

questo caso, la maggiore ricchezza lessicale consente di definire il singolo

elemento testuale senza addossargli forzatamente un portato storico-stilistico

come avviene nell’uso della parola ‘song’, mantenendo tuttavia una

denominazione chiaramente riferita alla singola cellula discreta.

2. Logica del database, compilation e playlist musicali

Come accennato sopra, la frammentazione della testualità nella popular music

è legata ai modi della fruizione musicale nell’universo digitale. Questo legame

agisce in due direzioni: da una parte la discretizzazione della musica è

connaturata alla struttura dei nuovi media, dall’altra questa stessa atomizzazione

contribuisce all’emergere di nuove forme di consumo del testo musicale. La

rimediazione della musica (vedi § I.2) non riguarda unicamente la rete

comunicativa dei media musicali: un medium è infatti ciò che rimedia i mezzi di

comunicazione preesistenti anche a livello di testo e linguaggio.52 Il processo di

trasferimento della musica all’interno dei media digitali implica due operazioni

connaturate alla logica informatica: una codificazione numerica (digitalizzazione)

e un’organizzazione di tipo modulare (discretizzazione).53 Il risultato di questi

passaggi è un prodotto musicale costituito da unità discrete (i singoli brani)

suscettibili singolarmente di manipolazione attraverso i meccanismi informatici

52 G. SIBILLA, op. cit., p. 71.

53 L. MANOVICH, The Language of New Media, Cambridge-London, MIT Press, 2001, pp. 53-63.

Page 25: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

25

dell’automazione e della variabilità . Manovich parla a questo proposito di

transcodifica culturale54 dei contenuti, poiché il processo di digitalizzazione stesso

porta all’organizzazione dei contenuti culturali nei nuovi media nella forma di

raccolta strutturata di dati discreti. In sostanza, la “computerizzazione” della

cultura sottintende l’applicazione in ambito culturale della logica del database.55

La possibilità di combinare e ricombinare liberamente i singoli testi musicali

in un’infinita gamma di percorsi possibili è alla base della logica della

compilation. Con la parola ‘compilation’ (dal verbo inglese to compile, compilare)

si indica, nell’ambito di diffusione e consumo della musica , la riorganizzazione di

singoli testi che derivano da una o più opere originarie in un nuovo macrotesto.

Questo processo viene realizzato in prima istanza dall’industria discografica nelle

forme del ‘Greatest Hits’, che raccoglie una selezione dei testi di un artista, e

della raccolta tematica, che riunisce al suo interno opere di più autori; in questi

casi il database corrisponde al catalogo a disposizione della casa discografica o di

chi per essa realizza la collezione. Le manifestazioni più interessanti della

compilation sono però quelle che riguardano strettamente l’elaborazione digitale ,

ossia la selezione automatizzata e la creazione di playlist.

La selezione automatizzata è prassi estremamente diffusa nel broadcasting

radiofonico: un software (il più utilizzato è Selector) gestisce i brani musicali

disponibili secondo parametri di catalogazione (genere musicale, tempo, carattere

etc.) e realizza un flusso meccanizzato di trasmissione, secondo criteri previsti

dal programmatore sulla base della linea editoriale che si vuole ottenere.

Derivazione interessante di questi meccanismi di catalogazione e ricombinazione

della musica è rappresentata dalla web-radio Pandora.56 Questo servizio (al

momento disponibile solo negli Stati Uniti per ragioni di copyright) è uno dei

tanti esempi di radio personalizzate via web, ma la sua particolarità risiede nelle

54 Ivi, pp. 63-65.

55 Ivi, pp. 194-196.

56 http://www.pandora.com/ (al momento non accessibile dall’Italia)

Page 26: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

26

modalità con cui avviene la selezione musicale: Pandora è infatti l’interfaccia

accessibile del Music Genome Project, un’iniziativa di catalogazione della musica

su larga scala che si avvale di circa 400 parametri compilati manualmente da un

team di musicologi, allo scopo di realizzare una sorta di database del DNA di

ogni singolo brano. Il percorso fruitivo viene determinato da un algoritmo

matematico che, sulla base di una traccia iniziale scelta dall’utente, sviluppa un

tragitto personalizzato all’interno del cospicuo catalogo disponibile (oltre

diecimila voci). Il programma fornisce una motivazione che indica i tratti salienti

in base ai quali è stata effettuata l’associazione tra due brani e l’utente stesso può

intervenire sull’andamento dell’itinerario dando un parere positivo o negativo alla

traccia proposta.

La compilation intesa come creazione di playlist personali ha invece le sue

radici non nella meccanizzazione della selezione ma, all’opposto, nella

manipolazione soggettiva ed emotiva dei cataloghi musicali. Questo tipo di

trattamento del macrotesto musicale non è ovviamente appannaggio della logica

digitale: dal momento in cui l’industria discografica non è più detentrice esclusiva

del controllo dei mezzi di assemblaggio dei contenuti musicali, e cioè a partire

dall’introduzione dell’audiocassetta registrabile negli anni ’60, l’utente acquista

l’abilità di stendere tracciati narrativi alternativi a quelli previsti in fase di

realizzazione del prodotto musicale. Da qui la grande diffusione e popolarità,

soprattutto a partire dagli anni ‘80, dei mixtapes, raccolte di brani compilate su

cassetta e destinate all’ascolto personale, allo scambio o alla vendita. Allo stesso

tempo l’introduzione dei lettori CD rende possibile la risequenziazione dei brani,

ma in questo caso la ricombinazione realizzata ha carattere volatile (i lettori CD

sono infatti privi di memoria) ed è limitata al contenuto del singolo supporto.

Anche qui la vera innovazione arriva con i formati digitali: i software musicali di

fruizione funzionano in accordo allo stesso principio del database, ma in essi, a

differenza dei processi di pianificazione automatica, la scelta della sequenza di

riproduzione dei brani è lasciata interamente all’utente. La ricombinazione in liste

Page 27: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

27

sequenziali basate su criteri prettamente personali dà origine alla playlist

(traducibile come ‘scaletta dei brani’). Questo tipo di percorso narrativo, essendo

incentrato direttamente sul soggetto, costituisce una forma di racconto del sé,

alla cui funzione primaria di fruizione immediata si accompagnano la possibilità

di archiviazione (molti programmi e lettori MP3 consentono il salvataggio delle

playlist) e di condivisione con l’esterno, attraverso siti dedicati (due esempi

eloquenti sono 8tracks e l’italiano di 7433.it 57) e per mezzo delle funzioni

integrate nella maggior parte dei social network musicali (ad esempio Soundcloud

e YouTube).

Consideriamo infine il processo inverso, ossia come la logica del database

influisca sulla narrazione intesa in senso tradizionale: la fruizione atomizzata

trasforma l’idea stessa di assemblaggio dei testi musicali, diminuendo la rigidità

imposta dalla produzione di tipo industriale e consentendo quindi una

ridefinizione del formato macrotestuale in senso combinatorio. Non solo gli

utenti possono concepire l’ascolto nell’ottica di una compilation personale, ma

gli autori stessi possono sperimentare forme di unione fra i testi che non siano

necessariamente quelle affermate dal Long Playing. Un esempio a questo

proposito è costituito dal formato Extended Play (EP), le cui particolari

dimensioni (comunque puramente indicative: più lungo di un singolo, più breve

di un album) godono di grande diffusione all’interno dei media digitali,

nonostante il sostanziale abbandono da parte della produzione industriale per il

loro scarso interesse da un punto di vista commerciale.58

3. La musica come colonna sonora personale: Walkman, iPod e telefonia

I cambiamenti apportati dalla digitalizzazione dei media musicali alle forme di

fruizione dei contenuti si riflettono nell’evoluzione delle tecnologie di consumo,

57 Rispettivamente: http://8tracks.com/ e http://www.7433.it/.

58 G. SIBILLA, op. cit., pp. 87-88.

Page 28: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

28

ed in particolar modo in quella dei dispositivi finalizzati all’ascolto musicale. Tra

questi, specifica rilevanza assumono gli apparecchi di riproduzione portatile.

Il primo lettore MP3 personale appare sul mercato nel 1999: il Diamond Rio

PMP300, pur essendo poco più di un prototipo date le dimensioni ancora

ingombranti, lo spazio di archiviazione esiguo (appena 32 MB) ed il costo

elevato, costituisce il primo passo della decisiva maturazione dell’audio digitale

portatile, che giunge a compimento con l’introduzione del primo modello di

Apple iPod nel 2001. La semplicità d’uso, resa possibile da un’interfaccia

estremamente user-friendly e dalla famosa Click Wheel che ne diventa il marchio

di fabbrica, il design curato e la memoria di grandi dimensioni decretano il

successo di questo dispositivo e ne portano le vendite complessive a superare i

321 milioni di unità (dati59 aggiornati a ottobre 2011). Il lettore digitale Apple è il

punto di arrivo dell’evoluzione orientata alla miniaturizzazione e portabilità dei

supporti e apparecchi audio che, con l’unico precedente della radio portatile a

transistor negli anni ’50 e ’60, compie il suo primo passo con l’immissione sul

mercato del Walkman nel 1979. Il lettore portatile a cassette, nato dall’idea di

Akio Morita (co-presidente della Sony) e basato sui preesistenti – ma ancora

ingombranti – mangianastri portatili,60 rende per la prima volta possibile l’ascolto

musicale in ogni luogo e situazione ed ha un impatto culturale tale da portare il

nome stesso dell’apparecchio, in origine marchio registrato, a diventare in breve

tempo sostantivo comune per designare tutte le tipologie di hardware di

riproduzione audio portatile.61 Lo stesso non avviene per i CD Walkman, ossia i

lettori portatili per Compact Disc: introdotti dalla stessa Sony nel 1984 sotto il

59 MYSCHIZOBUDDY (username), iPod sales per fiscal quarter , in

http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ipod_sales_per_quarter.svg , 2011.

60 R. VISCARDI, op.cit., p. 19.

61 Nel 2002, una sentenza della Corte suprema dell’Austria sancisce il diritto di utilizzare liberame nte il termine

Walkman, anche in ambito commerciale, dando ragione a una ditta austriaca citata in giudizio da Sony per aver

usato la parola ‘walkman’ nel descrivere i lettori portatili di cassette di sua produzione; la sentenz a si basa sulla

percezione diffusa del termine ‘walkman’ non come marchio ma come nome indicante una tipologia di prodotti

(cfr. E. ASSANTE, F. BALLANTI , op. cit., p. 37).

Page 29: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

29

marchio Discman, si affiancano gradualmente al Walkman a cassette senza

riuscire a sostituirlo a causa delle limitazioni tecniche del nuovo apparecchio

(maggiori dimensioni, consumo elevato di batterie e soprattutto instabilità delle

testine laser), che ne impediscono un uso particolarmente attivo e nomade.

Il Walkman è dunque il dispositivo che definisce in primo luogo modalità di

fruizione della musica in mobilità che permangono sostanzialmente invariate fino

ad oggi e possono per questo motivo essere usate in riferimento agli stessi lettori

MP3.62 In particolare, l’ubiquità dell’ascolto attraverso cuffie (o auricolari) si

accompagna a un’evidente ricaduta a livello sociale per l’individuo: l’isolamento

sonoro dall’ambiente circostante. Partendo da questo presupposto, Williams 63

individua dieci funzioni della musica fruita attraverso il Walkman, suddivise in tre

categorie sulla base dell’elemento a cui la funzione stessa fa riferimento (musica,

ambiente, utilizzatore): questi fenomeni sono schematizzati in Figura 3.

Attraverso queste funzioni, il lettore portatile svolge un ruolo di controllo del sé

attraverso la musica e costituisce una tecnologia di riconfigurazione dell’ identità

personale e di autoriflessione per l’individuo.64 I contenuti musicali sono perciò

selezionati, consciamente o inconsciamente, dall’ascoltatore secondo parametri

che corrispondono agli effetti individualmente ricercati. Sempre secondo

Williams65 è infatti possibile affermare – seppur a grandi linee – l’esistenza di una

vera e propria ‘Walkman Music’, contraddistinta da quattro caratteristiche:

1. è preregistrata;

2. è scelta dall’ascoltatore;

3. può essere fruita in luoghi non deputati all’ascolto, in mobilità e durante

altre attività;

62 G. SIBILLA, op. cit., pp. 204-206.

63 A. P. WILLIAMS, The functions of Walkman music, in http://hdl.handle.net/2440/49032, 2004, pp. 31-33.

64 G. SIBILLA, op. cit., p. 30.

65 A. P. WILLIAMS, op. cit., pp. 12-16.

Page 30: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

30

4. è percepita dall’ascoltatore come esperienza solitaria e di isolamento

dall’ambiente.

Figura 3. Funzioni della musica da Walkman (elaborazione da A. P. WILLIAMS, op. cit., pp. 31-33).

Ulteriore fattore che contribuisce alla scelta dei contenuti in forma digitale è, da

un punto di vista più strettamente psicoacustico, la presenza del fenomeno della

loudness war,66 che fa sì che i brani “vittima” di questo trattamento sonoro si

prestino maggiormente alla soppressione dei rumori ambientali durante l’ascolto

66 La tendenza, diffusa a partire dall’introduzione del Compact Disc , ad esasperare il volume delle registrazioni in

fase di produzione, aumentando il livello sonoro e riducendo di conseguenza la gamma dinamica, allo scopo di

far risaltare un certo prodotto musicale all’interno di una serie o in un contesto non privo di altri rumori (cfr.

http://en.wikipedia.org/wiki/Loudness_war).

Funzioni focalizzate sulla

musica

Soddisfacimento del desiderio di ascoltare una

data musica

Studio e familiarizzazione con una data musica

Interazione con l’ambiente

Estetizzazione

Controllo dell’ambiente

Delimitazione dei confini personali

Mediazione interpersonale

Funzioni riflessive

Compagnia

Memoria uditiva

Controllo dell’umore

Controllo del tempo

Attivazione

Page 31: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

31

in cuffia e siano pertanto implicitamente avvantaggiati all’interno della gamma di

possibili soluzioni sonore a disposizione dell’utente.

L’iPod (e i dispositivi che ne derivano) costituisce un esempio interessante

anche per quanto riguarda l’approccio alla testualità dei contenuti musicali:

l’organizzazione del catalogo digitale interno al dispositivo, navigabile secondo

criteri differenziati e singolarmente controllabili, e la possibilità di creazione di

playlist, sia in modalità istantanea (denominata on the go) sia attraverso una

preparazione studiata (attraverso il software iTunes), sono infatti perfettamente

aderenti ai meccanismi di discretizzazione e manipolazione soggettiva del

percorso musicale di cui abbiamo discusso nel paragrafo precedente.67

Da un punto di vista commerciale, la centralità dell’iPod come dispositivo di

consumo musicale in mobilità viene progressivamente affiancata

dall’introduzione dei telefoni cellulari attrezzati per riprodurre file audio. Dal

momento che la telefonia mobile ha, per sua natura commerciale, un tessuto di

penetrazione più ampio di quello del semplice lettore musicale, si verifica, nel

momento in cui l’avanzamento tecnico dei dispositivi lo consente, una

convergenza con le tecnologie di fruizione nomade, allo scopo di ampliare il

mercato discografico raggiungendo un numero potenzialmente più alto di utenti.

Gli esempi in questo senso sono molteplici, ma il più appariscente è sicu ramente

il progressivo avvicinamento, interno al catalogo Apple, di iPhone, telefonino

multimediale che annovera tra le sue funzioni quella di lettore musicale, e iPod

(nella fattispecie il modello iPod Touch), che mutua dallo smartphone una serie

di funzioni multimediali estranee al semplice ascolto musicale. Questa confluenza

tra audio digitale e telefonia mobile non costituisce però – almeno fin ad ora –

un’alternativa reale al mercato dei lettori MP3 , dato che il sovraccarico

funzionale degli attuali smartphone ne impedisce l’affermazione come mezzo

unico di fruizione della musica: ciò che si verifica è piuttosto una

67 Vedi anche G. SIBILLA, op. cit., pp. 211-218.

Page 32: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

32

sovrapposizione delle due tipologie di dispositivi all’interno del panorama

tecnologico globale.

Page 33: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

33

C a p i t o l o I I I

MEDIA DIGITALI E MANIPOLAZIONE DEI CONTENUTI

1. User-generated content e podcasting

Abbiamo fin qui analizzato le novità apportate dalle tecnologie digitali nella

distribuzione e fruizione della musica concepita in un ambito industriale e

commerciale. Queste stesse tecnologie hanno un altro importante risvolto:

l’accessibilità dei mezzi di produzione e manipolazione del suono e dei canali di

trasmissione della musica forniscono la possibilità all’utente di trasformarsi in

autore e distributore di contenuti. La creatività trova nei nuovi media, e

particolarmente nel Web, canali di diffusione potenzialmente universali ed è oggi

a tutti gli effetti possibile per l’individuo in possesso di alfabetizzazione

informatica di buon livello acquisire, in breve tempo e con investimenti

economici modesti, i mezzi e le conoscenze necessari per concretizzare le proprie

idee musicali in un prodotto fruibile dal pubblico, senza doversi necessariamente

affidare ad una intermediazione di tipo professionale .68

Il concetto di user-generated content (lett. contenuto generato dall’utente, spesso

abbreviato in UGC) è centrale al funzionamento dei nuovi media, pur

costituendo una definizione in sé generica per l’ampiezza dei fenomeni che

ricopre. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)

ha fissato le caratteristiche fondamentali degli UGC, nel tentativo di delineare –

seppur in modo generico – il fenomeno: queste caratteristiche sono il requisito

della pubblicazione, lo sforzo creativo e la creazione estranee a pratiche e routine

di tipo professionale.69 Il modello che si deduce da questa ipotesi è quello di un

68 ORGANIZATION FOR ECONOMIC CO-OPERATION AND DEVELOPMENT (OECD), Working Party on the Information

Economy. Participative Web: User-created Content , in http://www.oecd.org/dataoecd/57/14/38393115.pdf, 2006, p.

14.

69 Ivi, pp. 8-9.

Page 34: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

34

contenuto amatoriale (nel senso di non-professionale, senza accezione

qualitativa) che presenta caratteristiche tali da poter essere considerato un lavoro

creativo e che viene reso disponibile ad un gruppo di utenti , selezionati secondo

un determinato criterio, oppure globalmente al pubblico generico. Alla base della

volontà da parte dell’utente di diffondere con queste modalità la sua opera vi

sono diverse motivazioni, di carattere personale (soddisfazione nel vedere il

proprio lavoro fruito da altri), sociale (reputazione artistica, status di membro

attivo di una comunità, connessione con altri individui , scambio di opinioni) e

pratiche (ricompense virtuali, ad esempio all’interno di una comunità, e tangibili,

in presenza di meccanismi di ricompensa in beni o benefici).

Poiché la definizione di user-generated riguarda essenzialmente i meccanismi

di diffusione dei contenuti, la natura di questi ultimi è estremamente varia e

multiforme. Rimanendo in ambito musicale possiamo individuare due categorie

di user-generated content particolarmente rilevanti: musica originale e podcast.

Nel primo caso, i contenuti sono i prodotti realizzati e diffusi in prima persona

da cantautori, compositori, band o ensemble non professionisti, che beneficiano

della facilità d’uso e dell’accessibilità delle tecnologie di registrazione digitale per

realizzare contenuti – anche di alto livello – senza ricorrere a professionalità

tipiche del settore e all’intermediazione della distribuzione industriale. Il lato

potenzialmente negativo di questa democratizzazione della distribuzione è dato

dall’assenza di una selezione prioritaria rispetto alla possibilità di diffusione, che

fa sì che vi sia un enorme incremento della quantità di contenuti disponibili in

rete, con il conseguente rischio di diluizione dei prodotti artisticamente rilevanti

in una nebbia di informazioni spesso superflue e di poco valore. 70 Per ovviare a

questa effetto collaterale le piattaforme che ospitano UGC adottano spesso

meccanismi di selezione e promozione basati sull’interazione dei fruitori, sotto

forma di numero di visite e commenti, e sistemi di valutazione che consentono

70 M. KRETSCHMER, Music artists’ earnings and digitization: a review of empiri cal data from Britain and Germany , «First

Monday», a. 2005, vol. X n. 1, pp. 7-8.

Page 35: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

35

agli utenti di esprimere un giudizio di merito o demerito sul prodotto in

questione. Interessanti esempi di piattaforme orientate ai contenuti originali sono

Jamendo, Soundcloud e – in parte – lo stesso YouTube.71

Il secondo tipo di user-generated content consiste nella creazione di un

contenitore di tipo radiofonico, all’interno del quale l’utente colloca contenuti

propri o di altri autori, selezionati in base a criteri soggettivi e unitamente a

commenti personali che possono essere impliciti o espliciti. Questa prassi ha

assunto la denominazione di podcasting, derivante dalla fusione delle parole ‘iPod’

e ‘broadcasting’, dal momento che è orientata prevalentemente all’ascolto in

mobilità e si pone come alternativa all’ascolto radiofonico tradizionale . Ulteriore

caratteristica del sistema podcast è la possibilità di accedere ai singoli “episodi”

oppure, a discrezione dell’utente, di abbonarsi alla serie di trasmissioni t ramite un

apposito meccanismo di sottoscrizione. Questo metodo di produzione dei

contenuti offre svariati vantaggi rispetto alla trasmissione radiofonica in diretta:

necessita di minori risorse per la realizzazione e diffusione, permette una

maggiore libertà autoriale, consentendo di intervenire in sede di post-produzione,

ed è concepito per l’ascolto in differita e tramite dispositivi portatili.72 Questa

ultima caratteristica, in particolare, lo rende molto appetibile per l’utenza che

vuole fruire di contenuti on-demand in mobilità senza dover necessariamente

disporre di una connessione ad Internet. Il podcasting sta progressivamente

facendo il suo ingresso anche nel settore professionale, con l’adozione da parte

di radio tradizionali che usano questo sistema per ridistribuire la propria

programmazione in differita:73 in Italia un esempio interessante è costituito dai

tre canali di Radio Rai, che offrono in formato podcast la quasi totalità del loro

palinsesto.74

71 Rispettivamente: http://www.jamendo.com/, http://www.soundcloud.com/, http://www.youtibe.com/.

72 G. SIBILLA, op. cit., pp. 216-217.

73 OECD, Working Party on the Information Economy. Participative Web: User -created Content , p. 19.

74 Vedi, ad esempio, la lista dei podcast di Rai Radio2 in http://www.radio2.rai.it/dl/Radio2/podcast.html .

Page 36: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

36

2. Creatività come processo, sampling e remixing

Le stesse tecnologie digitali che facilitano e democratizzano la creazione di

materiale musicale ex novo consentono di intervenire anche sui prodotti

preesistenti. La rimediazione della musica nei formati digitali (vedi § I.2) e la

contestuale rappresentazione dei dati sonori in forma discretizzata ed

agevolmente manipolabile (salvo le eventuali limitazioni imposte dal distributore)

rendono infatti qualsiasi prodotto musicale potenzialmente suscettibile di

manipolazione, a livello sia di forma sia di contenuti. La creazione artistica non è

più, nei nuovi media, rappresentata in maniera esclusiva dal prodotto, con le sue

caratteristiche di opera chiusa e inalterabile, ma si trasforma in un processo di

elaborazione continua e potenzialmente infinita.75

La rielaborazione dei contenuti avviene sostanzialmente secondo due

meccanismi: sampling e remixing. Il primo consiste nell’estrapolare campioni (in

inglese denominati appunto ‘sample’), ossia singole particelle di un testo

complessivo, allo scopo di assemblarle in un testo creato ex novo e differente dal

testo (o dai testi) di partenza.

Figura 4. Trascrizione per batteria dell’Amen Break

(fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Amen_break_notation.png).

Il sampling è una pratica particolarmente diffusa in ambito hip-hop: un esempio

significativo è il cosiddetto Amen Break (vedi Figura 4), un breve solo di batteria

75 G. SIBILLA, op. cit., pp. 184-185.

Page 37: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

37

originariamente contenuto nella canzone “Amen, Brother”, incisa nel 1969 dal

gruppo soul statunitense The Winstons; questo frammento di poco più di cinque

secondi di durata è stato riutilizzato, nella sua forma originale e tramite

complesse permutazioni e alterazioni di tempo e sonorità, come base per un

enorme numero di brani hip-hop, jungle, drum and bass e via dicendo, già a

partire dagli anni ’80.76 L’introduzione delle tecnologie digitali di manipolazione

del suono, facilitando il sequencing, cioè l’ordinamento dei segnali sonori in una

nuova sequenza, contribuisce alla diffusione della pratica del sampling e la rende

accessibile anche all’utenza non specializzata, attraverso la compilazione di

database dedicati a questa tipologia di materiale sonoro.

Il remixing (lett. rimescolamento) è strettamente legato al sampling, tanto da

poterne essere considerato un’espressione particolare. Con il termine remix si

indica la versione alternativa di un brano originale, ottenuta tramite interventi

strutturali o formali (sonorità, tempo, dinamiche etc.). La pratica del remix nasce

negli anni ’80 sotto forma di estensione temporale dei brani destinati alle

discoteche, con semplici aggiunte finalizzate ad aumentare la “ballabilità” della

musica, per ovvie ragioni commerciali. Successivamente lo spettro di interventi

effettuati sul testo aumenta in numero e tipologia, e la pratica stessa assume una

valenza meno strumentale e più caratterizzata artisticamente, con l’emergere di

figure professionali (i dj, intesi nell’accezione più moderna) che si dedicano in

maniera esclusiva al remixing di brani originariamente composti da altri. 77

Manovich accosta il remix contenutistico all’espressione ‘post-modernismo’

proprio in virtù dell’approccio rielaborativo al contenuto culturale preesistente

che avviene all’interno di un determinato medium,78 in questo caso musicale. Il

rapporto del contenuto remixato con l’originale si realizza principalmente in tre

76 Vedi ad esempio Seven seconds of fire. How a short burst of drumming changed the face of music , in

http://www.economist.com/node/21541707, 17 dicembre 2011.

77 R. VISCARDI, op. cit., pp. 246-247.

78 L. MANOVICH, New Media and Remix Culture , in http://www.manovich.net/DOCS/LNM_Korea_intro.pdf, 2003,

p. 4.

Page 38: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

38

tipologie: remix autorizzato – e quindi commissionato e promosso a scopo

creativo – dall’artista stesso, remix non autorizzato (spesso al centro di contrasti

legati al diritto d’autore) e remix a scopo parodistico.79 Un particolare metodo di

remix è il mash-up, cioè l’unione di due o più testi per creare un nuovo testo con

caratteri di originalità, spesso usato a fini parodistici.80 Anche per la pratica del

remixing è valido lo stesso discorso, già enunciato più volte, sul ruolo delle

tecnologie digitali, sia a livello di risorse economiche, sia di competenze d’uso

richieste. In particolare le tecniche di missaggio non lineare e computerizzate

consentono una libertà di intervento praticamente illimitata sui dati sonori che

costituiscono le componenti del remix.

I prodotti musicali che nascono da queste pratiche hanno, tranne nel caso di

artisti già affermati, scarsa diffusione nei circuiti di distribuzione digitale e

ricadono in massima parte nella tipologia di user-generated content.81 Alcune

piattaforme web basano interamente la propria attività su questa tipologia di

contenuti: un esempio recente e significativo è il servizio Soundcloud,82 avviato

nel 2008 con base a Berlino e diventato in breve tempo un punto di riferimento

per creatori e fruitori di musica remixata e creata attraverso il sampling.

79 G. SIBILLA, op. cit., p.227.

80 Sul mash-up come forma espressiva, vedi A. SINNREICH, Mashed Up: Music, Technology, and the Rise of Configurable

Culture, Amherst, University of Massachusetts Press, 2010.

81 G. SIBILLA, op. cit., p. 228.

82 http://soundcloud.com/

Page 39: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

39

C o n c l u s i o n i

Abbiamo visto come l’evoluzione digitale dei media ridefinisca distribuzione,

fruizione e consumo dei contenuti, quale sia il suo effetto su testualità,

accessibilità e manipolabilità della musica e come stia portando ad una

trasmutazione della musica da prodotto a processo. La questione centrale è oggi

la ridefinizione delle categorie che costituiscono il sistema dei media musicali,

sulla base delle interazioni multidirezionali che si instaurano tra prodotto,

produttore e fruitore, in cui l’ultimo elemento della sequenza può diventare il

primo in un meccanismo di processualità creativa virtualmente infinito.

L’analisi del fattore tecnologico non può in ogni caso prescindere dal contesto

sociale entro il quale lo stesso si colloca, in quanto strettamente connesso ai

modi con cui i contenuti vengono fruiti dal pubblico e ai significati che le

pratiche sociali di consumo assumono in un contesto collettivo. Per questo

motivo occorre tenere presente la questione dell’accesso alle tecnologie, da cui

dipende la possibilità stessa dell’evoluzione digitale e che è rappresentata dal

digital divide, ossia il divario esistente tra le possibilità di accesso alle risorse

tecnologiche, sulla base di fattori economici, geopolitici, educazionali e

infrastrutturali. Le nuove tecnologie necessitano infatti, per poter essere

utilizzate, di disponibilità economica , infrastrutture e competenze tecniche

decisamente più elevate rispetto a quelle necessarie per operare attrezzature

analogiche.

Inoltre, se l’informatizzazione dei mezzi di comunicazione è un processo

globalizzante, altrettanto non può essere detto per la digitalizzazione della

musica: quest’ultima riguarda principalmente le nazioni in cui la musica stessa

viene prodotta industrialmente (in particolare i Paesi anglosassoni e l’Europa) e

di conseguenza costituisce non un processo di delocalizzazione dei contenuti ma

un fenomeno di ridefinizione dei canali distributivi all’interno degli stessi sistemi

Page 40: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

40

nazionali.83 Il digital divide interno a questi sistemi si esplicita nelle competenze

informatiche e linguistiche necessarie per l’accesso alla musica digitale, suddivise

in due tipologie: un pubblico più adulto e meno tecnologicamente alfabetizzato,

la cui utenza è incentrata sulla semplice riproduzione sonora in senso

tradizionale, e un pubblico più giovane e più predisposto verso l’adozione dei

media digitali, che ne sfrutta appieno le potenzialità realizzando una fruizione

attiva attraverso la manipolazione narrativa e contenutistica. Il sistema dei media

musicali appare oggi sempre più orientato verso la convergenza di questi due

modi di rapportarsi al prodotto musicale, che riflettono sostanzialmente la

complementarietà di due diversi approcci tecnologici, l’uno ereditato dalle

consuetudini del periodo analogico, l’altro nativamente digitale.

È quest’ultimo, in particolare, il motore trainante dell’innovazione, la spinta

verso una fruizione della musica svincolata dal supporto fonografico e

trasformata definitivamente in servizio mediale. Lo scopo ultimo è quello di

rendere possibile una narrazione omnicomprensiva, una sorta di jukebox

universale che possa comprendere in sé tutte le espressioni di creatività musicale

mai realizzate, ma ciò potrà avvenire solo a patto che vengano superati i contrasti

e le contraddizioni interne al sistema dei media musicali e si trovi una via per

sopprimere il pericolo dell’information overload, del sovraccarico informativo che

porta l’espressione creativa a disperdersi nel mare magnum dei contenuti.

83 G. SIBILLA, op. cit., pp. 92-93.

Page 41: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

41

BIBLIOGRAFIA

E. ASSANTE, F. BALLANTI, La musica registrata. Dal fonografo alla rete e all 'MP3: la nuova

industria musicale, Roma, Dino Audino, 2004.

E. ASSANTE, G. CASTALDO, Blues, Jazz, Rock, Pop. Il Novecento americano , Torino,

Einaudi, 2004.

Z. BAUMAN, Modernità liquida, Roma, Laterza, 2002.

D. BEER, Reflecting on the digit(al)isation of music, «First Monday», a. 2005 vol. X n. 7.

J.D. BOLTER, R. GRUSIN, Remediation. Understanding New Media , Cambridge

(Massachusetts), MIT Press, 1999.

A. BRIGGS, P. BURKE, Storia sociale dei media: da Gutenberg a internet , Bologna, Il Mulino,

2002.

F. FABBRI, Il suono in cui viviamo. Saggi sulla popular music , Milano, Il Saggiatore, 2008.

F. FABBRI, L’ascolto tabù. Le musiche nello scontro globale , Milano, Il Saggiatore, 2005.

R. GAROFALO, From Music Publishing to MP3: Music and Industry in the Twentieth Century,

«American Music», a. 1999 vol. XVII n. 3, pp. 318-354.

S. GHOSEMAJUMDER, Advanced Peer-Based Technology Business Models. A new economic

framework for the digital distribution of music, film, and other intellectual prop erty works, Sloan

School of Management, Massachusetts Institute of Technology, 2002.

C. GUBITOSA, Elogio della pirateria, Milano, Terre di mezzo, 2005.

Page 42: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

42

T. HORMBY, The Story Behind the Sony Walkman, in

http://lowendmac.com/orchard/06/sony-walkman-origin.html, 2006.

S. JOBS, Thoughts on music, in http://www.apple.com/hotnews/thoughtsonmusic, 2007. i

M. KRETSCHMER, Music artists’ earnings and digitization: a review of empirical data from Britain

and Germany, «First Monday», a. 2005, vol. X n. 1.

V. LOMBARDO, A. VALLE, Audio e multimedia, 3a ed., Milano, Apogeo, 2008.

L. MANOVICH, The Language of New Media, Cambridge-London, MIT Press, 2001.

L. MANOVICH, New Media and Remix Culture , in

http://www.manovich.net/DOCS/LNM_Korea_intro.pdf, 2003.

T. MCCOURT, P. BURKART, When Creators, Corporations and Consumers Collide: Napster and

the Development of On-line Music Distribution, «Media Culture Society», vol. 25 n. 3,

London, SAGE, 2003.

R. MIDDLETON, Studiare la popular music, Milano, Feltrinelli, 2007.

J. W. MORRIS, Understanding the Digital Music Commodity , Montréal, McGill University,

2010.

MYSCHIZOBUDDY (username), iPod sales per fiscal quarter, in

http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Ipod_sales_per_quarter.svg, 2011.

ORGANIZATION FOR ECONOMIC CO-OPERATION AND DEVELOPMENT (OECD),

Working Party on the Information Economy. Digital Broadband Content: Music , in

http://www.oecd.org/document/46/0,2340,en_2649_37441_34994926_1_1_1_37441,

00.html, 2005.

Page 43: Musica e media digitali. Distribuzione, fruizione e manipolazione della musica nell’era digitale

43

ORGANIZATION FOR ECONOMIC CO-OPERATION AND DEVELOPMENT (OECD),

Working Party on the Information Economy. Participative Web: User -created Content, in

http://www.oecd.org/dataoecd/57/14/38393115.pdf, 2006.

G. SIBILLA, Musica e media digitali. Tecnologie, linguaggi e forme sociali dei suoni, dal walkman

all'iPod, Milano, Bompiani, 2008.

J. STERNE, The mp3 as cultural artifact, «New Media & Society», vol. 8 n. 5, London,

SAGE, 2006.

R. VISCARDI, Popular music. Dinamiche della musica leggera dalle comunicazioni di massa alla

rivoluzione digitale, Napoli, Esselibri, 2004.

A. P. WILLIAMS, The functions of Walkman music, Thesis submitted for the degree of

Doctor of Philosophy in the Elder School of Music, in

http://hdl.handle.net/2440/49032, 2004.

i Alcuni dei testi digitali indicati sono risultati non accessibili al momento della stesura: per la loro consultazione

si è fatto ricorso al servizio Internet Archive Wayback Machine (http://waybackmachine.org/).