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Studio sulla formazione dei nuclei storici minori nel territorio di Bologna e definizione di una metodologia di classificazione
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COMUNE DI BOLOGNAAREA QUALITA’ URBANA
SETTORE TERRITORIO E RIQUALIFICAZIONE URBANA
UFFICIO DI PIANO
IL SISTEMA INSEDIATIVO STORICOE LA VALORIZZAZIONE DEI TESSUTI STORICO CULTURALI
I NUCLEI STORICI MINORI
15 dicembre 2004
3.3 I NUCLEI STORICI MINORI
La legge regionale 20/2000 definisce come centri storici “i tessuti urbani di antica formazione che hanno
mantenuto la riconoscibilità della loro struttura insediativa e della stratificazione dei processi della loro
formazione. Essi sono costituiti da patrimonio edilizio, rete viaria, spazi inedificati e altri manufatti storici.
Sono equiparati ai centri storici, gli agglomerati e nuclei non urbani di rilevante interesse storico, nonche’
le aree che ne costituiscono l'integrazione storico ambientale e paesaggistica.”
La definizione della Legge Regionale 20/2000 allarga notevolmente il campo di tutela ed estende il
concetto di “centro storico” anche agli insediamenti minori; nel territorio di Bologna, a stretto rigore e
considerando anche che l’edificato si salda in diversi punti ai comuni contermini senza soluzione di
continuità, non sembrano esistere nuclei o agglomerati storici all’esterno dell’area urbana, tuttavia
all’esterno del Centro Storico propriamente detto, esistono alcuni di questi nuclei minori che si sono
evoluti inizialmente in modo separato dalla crescita urbana complessiva e sono stati inglobati dalla città
solo nel secondo dopoguerra: il processo di insediamento territoriale storico, sia civile che religioso, ha
ricalcato come tendenza l'organizzazione amministrativa dell'Impero Romano, tuttavia la fortissima
attrazione di Bologna, unita ad alcune particolarità storiche ha però impedito che nelle immediate
vicinanze della città sorgessero poli di una certa rilevanza, si trattava di piccole comunità che venivano
considerate facenti parte del suburbio, riferite spesso come territori di pertinenza a parrocchie del centro
urbano: la cosiddetta Guardia Civitatis, che gli statuti fissavano entro tre miglia dalle mura cittadine, e i
cui abitanti godevano di alcuni privilegi tipici dei cittadini ma anche di alcuni doveri caratteristici del
contado.
Il PTCP individua alcuni di questi come centri storici, e il PSC ne recepisce l'individuazione, il presente
lavoro vuole essere un approfondimento di quanto indicato dal PTCP, cercando al contempo di definire
dei criteri per l’individuazione di tali nuclei, per le evidenti ricadute che comportano sul patrimonio edilizio
e sulla città.
L'ipotesi è quella di tutelare la riconoscibilità, se ancora esiste, dei nuclei storici oltre ai singoli edifici che,
una volta individuati, ricadono comunque nella tutela puntuale prevista dall'art. A-9; tuttavia, come
anticipato in premessa, l'operazione di tutela che col PRG 85 si è estesa al di fuori della cerchia delle
mura, ha privilegiato il tessuto della periferia storica relativo al piano del 1889, e al di fuori di tale ambito
sono stati tutelati solo quegli edifici di particolare pregio architettonico, questo ha in parte compromesso i
tessuti di tali zone e la loro riconoscibilità, l'operazione da compiere col PSC è quindi quella di completare
il lavoro dei piani precedenti per evitare ulteriori compromissioni.
Il metodo di lavoro si è articolato in due fasi: il primo di ricerca storica e bibliografica, il secondo di analisi
territoriale.
Si è documentato il processo di formazione delle comunità minori sul territorio, dall'epoca romana fino
alla metà del XX secolo, anche se il primo documento abbastanza esaustivo risale al 1223, e
parallelamente per ogni comunità è stata fatta una breve scheda con le notizie reperibili.
Rispetto alle diverse fonti citate in bibliografia si sono privilegiate le notizie riferite da storici
contemporanei o comunque recenti che filtrassero l’attendibilità a volte imprecisa delle corografie; per la
ricerca iconografica si sono invece consultate anche opere più divulgative oltre ai fondi disponibili presso
la Cineteca del Comune di Bologna.
Il riferimento all'epoca romana è fondamentale, anche se le prime notizie sulle singole località sono
incerte, perché la strutturazione amministrativa si radica così bene da persistere durante i secoli e le
diverse dominazioni; il limite della Seconda Guerra Mondiale è invece motivato dalla rapidissima
espansione che avviene nel dopoguerra e che travolge spesso i segni degli insediamenti precedenti.
Relativamente alle fonti cartografiche, oltre ad aver consultato la carta del Chiesa che però è poco
indicativa della reale consistenza degli insediamenti, si è preferito avere come punto di riferimento la
carta IGM di primo impianto del 1863, aggiornata al 1884, in scala 1:10.000, e la carta topografica del
territorio comunale al 1941 in scala 1:5000, costruita da base catastale, poiché in ambedue sono ben
riconoscibili gli edifici e fotografano la quasi totalità del territorio in due momenti cruciali dello sviluppo
urbano: la fine dell’Antico Regime e l’inizio del nuovo Regno d’Italia per la prima, e il momento
dell’entrata in guerra per la seconda, con la città ancora intatta, senza le devastazioni dei bombardamenti
e prima dello sviluppo postbellico.
Le carte storiche, successivamente rielaborate sulla cartografia odierna hanno permesso di individuare
gli edifici ancor oggi presenti, e sfuggiti all’opera di tutela dei piani precedenti.
La metodologia di lavoro ha in parte ripercorso, con le dovute proporzioni e i necessari adattamenti, il
lavoro di inventario che l’Istituto dei Beni Artistici Culturali e Naturali dell’Emilia Romagna ha effettuato
alla fine degli anni 70, come definito dalla Commissione scientifica presieduta da Pier Luigi Cervellati.
In particolare, trattandosi di nuclei non sempre emergenti dai censimenti della popolazione per l’estrema
contiguità alla città, si è preferito privilegiare prioritariamente la ricostruzione storica, facendo solo
successivamente l’operazione di classificazione in base all’analisi delle funzioni e della morfologia.
Anche il limite temporale è stato modificato, e non solo perché essendo trascorsi 30 anni da tale lavoro è
cambiata anche la prospettiva con cui si guarda al passato, il limite prefissato dal lavoro dell’IBACN
riguardava gli insediamenti presenti all’Unità d’Italia, con l’intenzione di censire i “centri storici” ed avendo
due presupposti: 1) “sono storici tutti gli insediamenti preesistenti all’industrializzazione” e 2) “è da
considerare centro storico ogni insediamento aggregato che abbia rappresentato luogo di attrazione o
potere rispetto al territorio e conservi testimonianze del ruolo svolto”.
Il presente lavoro tuttavia ha finalità diverse, si rivolge ai nuclei e agli insediamenti, con un ruolo di potere
sicuramente molto inferiore ai centri storici propriamente detti, e che spesso solo alla fine dell’Ottocento
sono diventati poli di aggregazione dello sviluppo urbano in attesa di essere raggiunti dalla città, inoltre il
PRG del 1985 aveva già riconosciuto a Bologna la particolarità di una consistente periferia storica sorta a
seguito del piano del 1889, dunque posteriore al 1861, che ha assorbito alcuni di questi insediamenti,
infine anche se lo spartiacque dell’Unità d’Italia è convenzionale e in effetti può essere appropriato per il
Nord, Milano e Torino in primo luogo, a Bologna l’industrializzazione vera e propria comincia alla fine
della I Guerra Mondiale.
Si è scelto quindi di aver maggior attenzione anche a livelli gerarchici inferiori marcando le differenze e
cercando, in una logica comunque di tutela, di individuare quei nuclei che all’inizio della II guerra
mondiale avessero mantenuto una propria individualità.
3.3.1 L’INDIVIDUAZIONE DELLE LOCALITÀ STORICHE
L'ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DI BOLOGNA IN EPOCA ROMANA EALTOMEDIEVALE
In epoca romana il territorio da un punto di vista amministrativo era diviso in municipii a cui afferiva un
territorio più o meno vasto denominato agro, suddiviso per l'amministrazione locale in distretti denominati
pagi, ciascuno di essi ulteriormente suddiviso in vici, come raggruppamento di un numero imprecisato di
fundi, ma mentre pagi e vici erano entità amministrative il fundo era una semplice entità catastale.
Il pagus era un'unità amministrativa rurale, costituito da raggruppamenti minori con le rispettive terre,
retto da un magistrato (magister pagi) di nomina annuale con l'incarico di provvedere al buon andamento
della comunità, alla manutenzione delle vie e delle fonti, di curare le cose sacre e regolare le feste.
Il termine vicus aveva due significati distinti: uno urbano ad indicare la contrada, e uno rurale come in
questo caso, dove si intende un'aggregazione di case, che divenne poi borgo o borgata, e si
caratterizzava per l'assenza di mura, dove vi erano invece le mura veniva chiamato castellum.
L'agro di Bononia era limitato a ovest dal Samoggia, dove cominciava l'agro di Mutinia (Modena) che
comprendeva anche il territorio tra Panaro e Samoggia, e a est dall'Idice, dove cominciava quello di
Claterna.
Nella parte di agro modenese che ricade oggi nel territorio di Bologna, vi erano 2 pagi separati dalla via
Emilia presso il Forum Gallorum (luogo forse di convegno commerciale e giudiziario): Persiceta (S.
Giovanni in Persiceto) con i vici Tortus, Cuentius, Lucilianus, Guarciniensis e il pago di Montebellium
(Monteveglio) coi vici Frigidus, Buxetum, Badianum e Callicaria; ambedue ripartiti in fondi dai nomi
gentilizi o tecnici: Ambilianus, Grenianus, Pacatianus, Pontianus, Stenianus, Manliola, Laurentiaticus,
Centum, Ducentola…
L'agro bolognese aveva il pago suburbano Bononiensis coi vici Brittalia (Bertalia), Panicalis (Panigale),
Aruncianus (Ronzano), Romanulus e Cecorum, e due grandi pagi nella pianura settentrionale:
Saltuspanus dal Samoggia al Savena coi vici Serninus, Fraxinetum, Quinquaginta, Surisanus, Calancus,
Macariticus, Sala e Frascarium e il pago Duliolus o Minervius dal Savena all'Idice coi vici Triarium,
Urseus e Salicetum.
A sud della via Emilia il numero dei pagi sembra fosse 3: Verabulum dal Samoggia al Lavino coi vici
Cellula (Zola), Petrosa (Predosa), Collina, Crispillanus (Crespellano) e Unciola (Anzola), il pago
Petilianum alla sinistra del Reno coi vici Licianum, Rofinium (Roffeno), Cornetum e Pavana (Pavana), e il
pago Brentum (Brento) tra Reno e Idice coi vici Vertumnus e Casium (Casio).
Le circoscrizioni ecclesiastiche, che cominciarono a costituirsi dalla fine del IV secolo nelle diocesi e
molto più tardi a suddividersi in pievi, ricalcarono l'organizzazione amministrativa romana, e in parte,
secondo il Benati, l'organizzazione castrense di difesa: bisogna infatti considerare che Bologna si trovò
vicino alla linea di confine tra il regno dei Longobardi e l'Esarcato di Ravenna, il cosiddetto Limes che
andava dal Frignano al Po e su cui venne costruita una linea di fortificazioni; il successivo passaggio di
sovranità dai Longobardi ai Franchi non cambiò il confine, che separò poi in seguito il Regno d'Italia dallo
Stato della Chiesa.
Tendenzialmente al municipio romano corrispondeva la diocesi, ai pagi le pievi e ai vici le parrocchie,
tuttavia questa continuità non era così automatica, soprattutto per le pievi e le parrocchie: la
territorializzazione delle strutture ecclesiastiche è frutto di un processo lungo e complesso, le notizie certe
sulla diocesi di Bologna cominciano dall'VIII secolo e solo da questo momento è possibile delinearne i
confini, in una bolla del 1074 Papa Gregorio VII confermò i possedimenti attribuiti al vescovo di Bologna:
un territorio che andava dalla Muzza al Panaro a ovest, aveva il Sillaro come confine a est, lo spartiacque
appeninico a sud e una linea da Molinella a Bondeno lo chiudeva a nord.
Dal punto di vista civile Longobardi e Franchi utilizzarono la ripartizione territoriale romana per
l'organizzazione delle loro circoscrizioni giudiziarie, infatti sculdasci, scabini e gastaldi esercitavano la
giustizia spesso negli stessi luoghi dove un tempo erano stati insediati i magister pagi.
Nei secoli che vanno dal VIII all'XI ci fu anche la formazione della curtis, che si sostituì al fundus e al
vicus di epoca romana; il sistema curtense impostò l'amministrazione degli interessi locali sull'organismo
agrario romano e rimase nel contado bolognese fino al dissolvimento del sistema feudale con
l'affermazione del libero comune anche sul contado.
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L'ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DEL COMUNE DI BOLOGNA DAL XII SECOLO
La morte della contessa Matilde di Canossa, avvenuta nel 1115, che lasciò i propri possessi solo
nominalmente alla chiesa Cattolica, ma di fatto nelle mani dei vassalli, agevolò l'affermazione territoriale
autonoma del comune urbano, anche se nella prima metà del secolo XII la giurisdizione esterna del
Comune di Bologna è limitata alla zona suburbana, quella che nell'antichità aveva formato il pago
Bononiensis e che poi fu detta della Guardia Civitatis, rimasta sempre distinta dal resto del territorio
rurale; in prossimità della città invece la civitas antiqua rupta, cioè la parte di città romana che rimase
all’esterno delle mura di Selenite, benché abbandonata e fatiscente non cessò mai di essere considerata
facente parte della città vera e propria anche prima di essere nuovamente inglobata dalla cerchia muraria
dei Torresotti.
Il contado, termine che deriva dal latino comitatus (dominio del conte, comes), era il territorio posto
intorno alla città, corrispondente all’area della diocesi, sottoposto a diverse signorie locali, vassalli del
conte, del vescovo, che costituivano vere e proprie enclaves di potere e che in qualche caso riuscivano a
costituirsi in comunità.
L'espansione territoriale vera e propria del Comune di Bologna, a parte qualche isolato episodio di
sottomissione di alcune comunità esterne, comincia durante le guerre con Modena nel 1142 e termina nei
primi decenni del XIII secolo, quando il potere del podestà comunale si era completamente sostituito alla
feudalità rurale e all'autorità vescovile: il territorio del Comune coincise con la Diocesi vescovile e se il
nome (Comitatus Bononiae) rimandava a una continuità con il potere feudale antecedente, invece la
curtis, o corte, propria del feudalesimo, anche nominalmente diventa comunitas rurale nel nuovo sistema
comunale.
Il potere era amministrato in modo gerarchico dalla città che, nel XIII secolo aveva articolato il territorio
esterno in podesterie e capitanati, poi nel XIV secolo introducendo i vicariati; questi organismi erano stati
istituiti dai vari governi bolognesi, prima comunali poi signorili e senatoriali, con funzioni amministrative e
giudiziarie abbastanza estese per permettere agli ufficiali incaricati di garantire l’assoggettamento e
l’ordine delle comunità del contado; mutamenti di sede e rilevanza di rango furono piuttosto frequenti
all’inizio poi via via si stabilizzò una gerarchia abbastanza stabile in funzione della consistenza
demografica dei centri stessi.
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LA GUARDIA CIVITATIS
La costruzione della Circla, l’ultima delle strutture difensive murarie che circondarono la città alla fine del
XIII secolo, determinò una strutturazione anche delle comunità esterne: il territorio che veniva racchiuso,
oltre a ricomprendere i borghi esterni alle mura dei torresotti abbracciava un territorio molto ampio, si
deve infatti arrivare all’espansione ottocentesca perché la crescita della città oltrepassasse le nuove
mura.
Secondo gli statuti del 1250 e del 1288, la guardia civitatis, che prendeva il nome dalle speciali guardie
militari del contado, le scaraguaite (guaite = guardie), aveva uno spessore dalle 3 alle 4 miglia (5,7 – 7,6
km) dalla terza cerchia delle mura, di fatto era la pertinenza diretta della città, continuazione del pago
bononiensis che nel corso dei secoli si era ristretto o ampliato a seconda delle vicende politiche.
Fra la città, sede di ogni diritto anche politico, e il contado (comitato) relegato al ruolo di tributario, la zona
suburbana rappresentava una fascia giurisdizionale speciale, i cui abitanti godevano di diritti propri dei
cittadini - ma non quelli che permettevano di partecipare alla vita pubblica – e tenuti a imposizioni tipiche
del contado; quasi una sorta di anticamera per alcune di queste località, in particolae per i borghi, che
una volta cresciuti venivano inglobati nelle nuove cerchie di difesa.
L’espansione della città nel territorio, a seguito della terza e ultima cerchia portò l’ambiente urbano ad
esercitare una maggiore capacità attrattiva nei confronti della prima cintura di comunità del contado: i
comuni rurali, che per guerre o epidemie avevano subito un calo demografico e non erano più in grado di
sostenere gli oneri della comitatinanza cercarono di essere accorpati al suburbio, anche per i privilegi
fiscali di cui avrebbero goduto; il governo che non aveva certo interesse a trasformare i fumanti in
suburbani, non riuscì però ad evitarne che in parte questo processo di accorpamento.
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LE COMUNITÀ DEL CONTADO
Nel 1223 una commissione di cittadini designati dal podestà individuò e divise fra i quattro quartieri
cittadini 342 comunità, a cui se ne aggiunsero altre 38 a cavallo del XIV secolo, tuttavia soppressioni e
raggruppamenti portarono a variare sensibilmente tale cifra, per cui ad esempio nel 1303 erano 336, per
poi diventare 208 nel 1608.
Con il termine comunità si intendeva non un centro con caratteristiche urbane ma la presenza di una
parrocchia che spesso dava il nome alla comunità stessa e l'insieme dei fumanti, cioè i capi delle famiglie
possidenti nelle terre rurali, ammessi a partecipare alla vita pubblica della comunità e a sostenere il peso
delle collette (imposte erariali) e delle fazioni (prestazione di opere nei lavori pubblici e servizio militare)
I quartiere di porta Nova e porta StieraA questo quartiere furono assegnate le comunità poste sulla sinistra del Reno sotto la strada Claudia (o
Predosa che congiungeva Bologna - Zola - Bazzano - Spilamberto - Modena, dunque in parte
coincidente con l'odierna Bazzanese) a cominciare da Casalecchio, e quelle poste sopra ad ovest del
Lavino, eccetto 12 ascritte al II quartiere, di queste nel territorio del Comune di Bologna ci sono:
Borgo Panigale
Olmetola
Panigale vecchio
Rigosa
II Quartiere di Porta San ProcoloOltre le 12 comunità alla sinistra del Lavino escluse dal I quartiere, a questo quartiere furono assegnate
quelle comprese tra il Reno e il Lavino, al di sopra della strada Claudia fino al limite della podesteria della
montagna, e tutte quelle tra Reno e Savena, eccetto 8 comunità a destra del Navile che furono aggregate
al IV quartiere, di queste sono nel territorio del Comune di Bologna le seguenti:
Beverara
Corticella
Roncaglio
Bertalia (dal 1260)
Pescarola
Roveretolo
Mazzano
Jola
Sabbiuno
Roncrio
Paderno
Gaibola
Casaglia
Barbiano
Donizzola
San Ruffillo
Malavolta
III Quartiere di Porta RavennateComprendeva tutte le comunità ad est dell'Idice e, sopra alla via Emilia, quelle comprese tra Idice e
Savena, eccetto 2 che furono aggregate al 4 quartiere: essendo tutte a est del Savena non ci sono
comunità che ricadono nel territorio attuale del Comune di Bologna.
IV Quartiere di Porta San Cassiano (dal 1235 di San Pietro)Comprendeva le comunità poste a sud della via Emilia comprese tra Idice e Savena, le 8 tra Navile e
Savena, eccetto quelle del II quartiere, più le terre della podesteria della montagna e fra l'Idice e il
Savena quelle escluse dal III quartiere, nel territorio del Comune di Bologna ci sono:
Pontevecchio
Fossolo
San Maggiore
San Donnino
Camurata
Quarto di sopra
Calamosco
Sanctus Johannes Paulus
Villola (dopo il 1261)
Croce del Biacco (dopo il 1293)
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DAL XIV AL XVIII SECOLO
Nella prima metà del Quattrocento la pluralità delle forze in lotta sia in città che all'esterno, aveva lasciato
alle comunità la possibilità di avere una certa autonomia con ampia liberà di movimento, sfociata in certi
casi in aperte ribellioni, come successe nel caso eclatante di S. Giovanni in Persiceto e, solo tentata, da
Medicina, in alcuni casi anche offrendosi alla potenza straniera che sembrava meglio garantire i loro
interessi.
Questi tentativi centrifughi furono placati verso la metà del Quattrocento con interventi differenziati che
avevano portato a una pacificazione del Contado promossa dai Bentivoglio, poi divenuta definitiva con la
conquista di Bologna del 1506 da parte di Giulio II che aveva affidato al Senato, congiuntamente al
Legato pontificio, tutti i poteri, esautorando e riassorbendo i resti di potere feudale.
Nella geografia feudale di quegli anni Bologna si caratterizzava per la presenza di pochi feudi, gestiti da
famiglie patrizie autoctone, che però erano situati ai margini del contado, tale marginalità era dovuta
all'azione di governo che il Comune aveva attuato fin dal XII secolo, non solo militarmente ma anche con
strumenti fiscali e amministrativi; la conflittualità con la città, anche se perdurò per tutto il corso dell'antico
regime, rimase comunque un fenomeno marginale e del tutto sotto controllo.
Anche geograficamente si nota come l'impianto viario di quel periodo rifletta sul contado le direttrici che
dal centro partono verso le diverse porte.
A metà del Cinquecento fu istituita una specifica commissione senatoria, l'Assunteria di governo delle
comunità del Contado cui venne affidata l'autorità per intervenire con l'emanazione di provisioni, si
trattava di uno strumento con cui si ribadiva l'esclusività dell'amministrazione sul contado e sull'attività di
ripartizione ed esazione delle imposte, la cosiddetta dazio imposta che gravava sui fumanti e doveva
essere pagata in base all'estimo, alle bocche e ai buoi.
La delega che fu fatta all'oligarchia bolognese, anche in termini di tassazione, era determinata anche da
motivazioni politico-militari: la legazione di Bologna era una legazione di frontiera e un territorio unificato
sotto un'unica autorità dava maggiori garanzie di difesa dei confini dello stato pontificio.
I poteri conferiti all'Assunteria di governo non permettevano che le comunità potessero intrattenere
rapporti diretti con l'autorità centrale del Papa, e tale specificità contribuiva a configurare Bologna come
uno stato territoriale, o una città-regione; anche nel riconoscimento da parte dell'autorità pontificia c’era
dunque la legittimazione delle capacità normative, esecutive e giudiziarie che venne pienamente
riconosciuta all'oligarchia bolognese fin dalla metà del Quattrocento.
Le provisiones taxarum degli anni 1450 e la loro attuazione diede modo all'oligarchia bentivolesca di
dimostrare la propria capacità politica di gestione di una realtà per diversi motivi difficilmente governabile:
per ripopolare il territorio, stremato da guerre, epidemie e carestie, erano stati trovati diverse strategie,
che avevano influito anche sui rapporti di lavoro, portando a nuove forme di contratti, come la mezzadria
bolognese, sancita dagli statuti del 1454, punto di incontro di interessi solo apparentemente o
parzialmente divergenti.
La mezzadria non lasciava spazio a ribellioni o a forme di autonomia, essendo un contratto che si basava
su una mediazione di interessi che legava in forme molto strette l'esistenza contadina alle forme di
proprietà signorile; anche a livello più alto la proprietà fondiaria cittadina influenzava il contado: nel
Cinquecento su circa 300 comunità solo una dozzina mantenevano uno statuto o rappresentanze
consiliari, sottoposte tuttavia all'approvazione dell'Assunteria di Governo.
Il caso di Bologna era comunque abbastanza anomalo nel panorama del nord Italia, in quanto in diversi
territori milanesi e veneziani, esistevano in quel periodo forti spinte per opporsi alla pretesa della città di
controllare capillarmente il contado; nel corso del Seicento l’eccezionalità del caso bolognese era a tal
punto avvertita dai contemporanei da indurli a configurare la legazione come una regione a sé stante.
Nella seconda metà del Settecento il governo pontificio di Pio VI predispose un Piano Economico con
l’intento di riformare la fiscalità in modo più equo e di aumentare le entrate dello stato, si deve pensare
che dal 1385 i proprietari dei terreni cittadini non pagavano alcuna imposta, a differenza dei proprietari
del contado, dove peraltro il clero e la nobiltà fruivano di una serie di esenzioni: in pratica il carico fiscale
era sopportato dallo strato meno abbiente dei piccoli possidenti; tale riforma, osteggiata in modo violento
dal Senato Bolognese che riuscì a procrastinarla per più di 15 anni, si concretizzò poi nel cosiddetto
Catasto Buoncompagni, dal nome del cardinal legato Ignazio Buoncompagni.
In realtà il catasto, che rappresentava una grande novità perché affidava la contribuzione sula stima
peritale del terreno e sulle reali capacità produttive al posto della dichiarazione dei contribuenti, venne
utilizzata dagli occupanti francesi che sopraggiunsero nel 1796.
Nel Settecento risultano presenti nel suburbio le seguenti comunità e parrocchie
Alemanni
Arcoveggio
Bertalia
Beverara
Borgo Panigale
Calamosco
Casaglia
Corticella
Croce Del Biacco
Fossolo
Gaibola
Jola
Medola
Paderno
Quarto Di Sopra
Roncrio
San Donnino
Chiesa Nuova
San Giuseppe
San Paolo Di Ravone
Santa Maria della Misericordia
Sant'Antonio Di Savena
Sant'Egidio Dentro
Sant'Egidio Fuori
San Ruffillo
Santa Viola
La Comunità di Corticella nel 1774 (Ufficio Acque e Strade - campioni delle strade 1774)
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DAL XIX SECOLO ALLA II GUERRA MONDIALE
L’invasione francese e la creazione della Repubblica Cisalpina comportarono la riorganizzazione anche
amministrativa del territorio, che infatti fu diviso in 14 dipartimenti, secondo l’uso francese; il dipartimento
del Reno fu suddiviso in 4 circondari, di cui quello di Bologna ulteriormente diviso in 9 distretti, il distretto
in 7 cantoni, il cantone in 15 comuni, che finalmente erano divisi in sezioni, corrispondenti all’incirca alle
antiche comunità.
Nel 1809 Il Comune di Bologna aveva le seguenti sezioni:
Alemanni Dentro Roncaglio
Alemanni Fuori Roncrio
Arcoveggio Sabbiuno di Montagna
Barbiano San Donino
Bertalia San Felice Delle Lame
Beverara San Felice Di San Felice
Calamosco San Giuseppe
Casaglia San Paolo Di Ravone
Chiesa Nuova Santa Maria Maggiore
Corticella Santa Viola
Croce Del Biacco Sant'Antonio Di Savena
Fossolo Sant'Egidio Dentro
Gaibola Sant'Egidio Fuori
Jola San Nicolò di Villola
Paderno San Ruffillo
Quarto Di Sopra
Il Comune di Borgo Panigale comprendeva la sezione di Spirito Santo
Il Comune di Medola aveva la sezione di Rigosa
Per avere un’idea della distribuzione della popolazione e del reale peso sul territorio di questi
insediamenti si deve considerare che nel 1809 Bologna aveva 79.414, di cui 63.420 nel centro urbano e
15.994 nelle sezioni esterne, Borgo Panigale aveva 2186 abitanti e Medola solo 659, però questi dati
considerano anche le case sparse, infatti dalla rilevazione sugli insediamenti accentrati effettuata sempre
nel 1809, Borgo Panigale aveva 216 abitanti, Spirito Santo 190, Casalecchio 186 e Castagnolo Maggiore
58.
Già nel 1810 il riordino amministrativo comportò un significativo accorpamento e la riduzione a sole 10
sezioni:
1. Alemanni, con Fossolo e San Maggiore
2. Arcoveggio con Sant'Egidio e Roncaglio
3. Barbiano con Gaibola e Roncrio
4. Corticella
5. Chiesa Nuova con Jola e San Ruffillo
6. Paderno con Sabbiuno Di Montagna
7. Santa Viola con Bertalia, Beverara, San Felice Delle Lame e San Felice Di San Felice
8. San Giuseppe con Casaglia e San Paolo Di Ravone
9. Sant'Antonio Di Savena con Croce Del Biacco
10. Quarto Di Sopra con San Donnino, Calamosco e San Nicolò di Villola
Mentre Borgo Panigale assorbì Medola con le seguenti sezioni:
Medola - Rigosa - Spirito Santo
Nel 1828 trascorso il periodo napoleonico, con la Restaurazione furono confermate come appodiati o
frazioni del Comune di Bologna solo le seguenti:
Alemanni
Arcoveggio
Bertalia
Sant'Egidio
San Giuseppe
San Ruffillo
Le frazioni, come le antiche comunità, non consistevano solo nel nucleo, più o meno consistente, ma in
tutto il territorio del cosiddetto forese che a loro afferiva.
Con la soppressione delle barriere daziarie vennero eliminate anche le sei frazioni in cui si divideva fino
al 1933 il territorio comunale, anche se nei documenti ufficiali continuarono ad essere utilizzate a fini
toponomastici, ancor oggi è possibile vedere il riferimento ad una delle sei frazioni nei numeri civici più
antichi apposti ai portoni delle case esterne al centro storico.
Nel 1937 con R.D.L. n. 1973 del 5/11/1937 Borgo Panigale, col consenso dei suoi amministratori,
perdeva l’autonomia comunale ed entrava a far parte del Comune di Bologna, a differenza di Casalecchio
e San Lazzaro che avevano invece dato parere contrario all’annessione.
La crescita demografica e la conseguente espansione urbana del dopoguerra finirono per erodere
progressivamente la riconoscibilità di queste località fino ad inglobarle completamente nel tessuto
cittadino.
3.3.2 LA METODOLOGIA DI LAVORO
Come anticipato in premessa, si è preso come riferimento principale l’inventario su tutta la Regione
Emilia Romagna che l’Istituto dei Beni Artistici Culturali e Naturali dell’Emilia Romagna ha effettuato alla
fine degli anni 70, è stato consultato anche l’Atlante dei Centri storici realizzato dall’Istituto Centrale per il
Catalogo e la Documentazione del Ministero dei Beni Culturali e la relativa metodologia speditiva di
censimento; tuttavia il lavoro dell’IBACN, per la maggior accuratezza e livello di analisi, nonché per
l’analogia territoriale è sembrato quello più adatto da applicare al caso di Bologna.
In allegato a questo capitolo ci sono le schede, una per ogni comunità individuata, dove oltre
all’inquadramento sulle cartografie storiche e attuale, c’è una breve ricostruzione storica, un’analisi
sintetica dell’insediamento e in alcuni casi una rassegna fotografica o iconografica che meglio di ogni
cartografia può dare evidenza della consistenza di tali nuclei.
Il termine “centro” riconosce a un insediamento un carattere particolare, quello di esprimere una centralità
nei confronti del territorio circostante, che può essere misurata nei termini degli scambi e dei rapporti che
tale “centro” ha col proprio territorio; dalla geografia urbana sappiamo che questo comporta la definizione
di una soglia di popolazione e il raggio di azione di tali rapporti.
Il territorio di questi insediamenti, il riferimento è alla perimetrazione delle comunità in epoca moderna, è
compreso in una gamma dimensionale che va da 54 a 1100 ettari, con una media di 400 ettari, per avere
un’idea si tratta della dimensione dell’area racchiusa dalla Circla - il centro storico di Bologna; solo Borgo
Panigale aveva una dimensione notevolmente maggiore, circa 1100 ettari che, comprendendo anche
Olmetola, Rigosa e Spirito Santo diventano quasi 2500, ed infatti è l’unica di queste comunità che in
epoca medievale abbia avuto un rango sovraordinato nei confronti di un territorio più vasto come sede di
podesteria prima e di vicariato poi, ed è anche l’unica che manterrà fino al XX secolo l’autonomia
amministrativa.
Oggi naturalmente risulterebbe molto difficile poter ricostruire in modo anche approssimato le
caratteristiche di questi insediamenti, tuttavia il concetto di “funzione” esprime in modo sintetico ed
efficace il rango che un determinato insediamento doveva avere nei confronti del suo territorio e degli altri
insediamenti.
Le funzioni che sono state prese in esame sono quelle amministrative e religiose, come risultano dalla
ricostruzione storica nelle schede in allegato, si è volutamente evitato di entrare nel merito dei servizi
presenti come fu fatto dall’IBACN, perché se 25 anni fa e su scala regionale, poteva essere un indicatore
di centralità, oggi e all’interno di un’area metropolitana intervengono fattori completamente scollegati
dalla memoria e dalla rilevanza che anticamente avevano questi insediamenti; analogamente anche i dati
di censimento sono stati omessi, per l’impossibilità di avere un quadro omogeneo.
In tutte le classificazioni la prima voce (capoluogo, diocesi, insediamento murato, organismo urbano) non
interessa gli insediamenti presi in esame in questo lavoro poiché nessuno di questi assume un rango
così elevato, tuttavia ci è sembrato necessario inserirla per un corretto rapporto di relazione nella scala
delle possibilità.
LA CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE
Per le funzioni civili si sono distinti i seguenti gradi
a) capuoluogo - sede di distretto – sede di legazione
b) comune
c) comune, frazione o appodiato nel XIX secolo
d) comunità in epoca moderna
e) comunità in epoca medievale
f) nessuna funzione amministrativa
le funzioni prese in esame si riferiscono naturalmente al periodo antecedente alla II Guerra mondiale, la
voce d) comprende anche sezioni e comuni del periodo napoleonico
Per le funzioni religiose sono state invece distinte le seguenti funzioni
a) sede vescovile
b) pieve
c) parrocchia
d) chiesa
e) oratorio
f) nessuna struttura religiosa
Anche in questo caso il riferimento si ferma al periodo interessato, infatti non sono state prese in
considerazione le parrocchie di Santa Viola e Casteldebole, in quanto la prima era appena stata
costruita, mentre da lungo tempo il territorio di Santa Viola era passato sotto la cura della parrocchia di
Borgo Panigale, e la seconda è stata costruita solo negli anni 60.
I parametri amministrativi e religiosi sono stati combinati per avere un grado della centralità in 6 classi
analoghe a quelle dei singoli parametri, nei casi in cui il rango delle funzioni civili e religiose non era
omogeneo, gli insediamenti sono stati posti nella classificazione inferiore:
A – capoluoghi, sedi di legazione e sedi vescoviliB – comune nel XX secolo e sede di pieveC – frazione e sede di parrocchiaD - comunità in epoca moderna e presenza almeno di una chiesaE - comunità in epoca medievale e presenza almeno di un oratorioF - nessuna funzione amministrativa e religiosa
CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE
secolo di attestazione cattedrale pieve parrocchia chiesa oratorio
nessuna struttura religiosa storica capoluogo
comune attuale
comune, appodiato o frazione nel XIX-XX sec
comunità moderna
comunità medievale
citato in corografie TOTALE
classificazione funzionale
a b c d e f a b c d e fAlemanni XVI b c bc CArcoveggio XIV c c cc CBarbiano XIII d d dd DBertalia XI c c cc CBeverara XII c d cd DBorgo Panigale XIII c c cc CCalamosco XI c d cd DCamurata XIII e e ee ECasaglia XIII c d cd DCasteldebole XVIII f f ff FChiesa Nuova XVII c d cd DCorticella X c d cd DCroce Del Biacco XII c d cd DDonizzola XII f e fe FFossolo XII c d cd DGaibola XII b d bd DJola XII c d cd DMalavolta XIII f e fe FMazzano XIII f d fd FMonte Donato XVII d f df FOlmetola X c d cd DPaderno XI c d cd DPanigale vecchio IX f e fe FPescarola XII f e fe FPontevecchio XIII e e ee EQuarto di sopra XIII c d cd DRigosa XII c d cd DRoncaglio XI f d fd FRoncrio XIII c d cd DRoveretolo X f e fe FSabbiuno di Montagna XIII c d cd DSan Donnino XIII c d cd DSan Giuseppe XVI c c cc CSan Maggiore XIII f d fd FSan Paolo di Ravone XVI c d cd DSan Ruffillo X b c bc CSanctus Johannes Paulus XIII f e fe FSant'Antonio di Savena XVI c d cd DSant'Egidio XVI b c bc CSanta Viola XVIII f d fd FSpirito Santo XVI d d dd DVillola XIII c d cd D
LA CLASSIFICAZIONE MORFOLOGICA
Il lavoro di analisi ha preso in esame la classificazione morfologica degli insediamenti, senza entrare nel
merito della consistenza edilizia, che comunque appare dall’esame cartografico.
La classificazione morfologica è stata condotta sulla cartografia odierna, eliminando gli edifici posteriori al
1941 ed evidenziando invece quelli presenti al 1884 e al 1941, oltre a quelli già tutelati dal PRG 85 col
relativo grado di classificazione; per le zone di Lavino e di Sabbiuno, non coperte dalla carta del 1941, la
data di riferimento è la foto aerea del 1954, si è ritenuto che trattandosi di aree periferiche non avessero
subito un processo di espansione nell’immediato dopoguerra.
Di seguito si è provveduto a mappare alla stessa scala grafica (1: 10.000), i diversi insediamenti suddivisi
per classificazione morfologica.
Le classi morfologiche individuate sono le seguenti:
Classe 1 – Insediamenti murati o comunque circoscritti
Classe 2 – Insediamenti agglomeratiSono quegli insediamenti il cui abitato è perimetrabile da una linea continua, che comprende l’edificato, le
pertinenze immediate e gli spazi pubblici; il tessuto edilizio all’interno può avere diversi gradi di
compattezza, tuttavia l’insediamento appare omogeneo e ben distinto dal territorio circostante.
Classe 3 – Insediamenti a nucleiIn questo caso l’insediamento, definito da un unico toponimo, presenta due o più agglomerati
relativamente vicini e di consistenza analoga
Classe 4 – Insediamenti prevalentemente sparsiSono insediamenti che pur avendo un polo di aggregazione definito hanno l’abitato che si dirada in
singoli edifici o piccolissimi nuclei, a questa classe vengono aggregati anche quegli insediamenti in cui
l’edificato si distribuisce lungo uno o più assi viari.
Classe 5 – Insediamenti sparsiSono insediamenti perlopiù privi di un polo di aggregazione il cui abitato è disseminato nel territorio e
dove non emerge chiaramente un’area urbana.
Classe 6 – Insediamenti isolatiL’insediamento isolato è costituito da uno o più edifici con funzioni specialistiche o miste, organizzati
anche a corte.
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LA CLASSIFICAZIONE DI SINTESI
La classificazione morfologica e quella funzionale sono state accorpate in una classificazione di sintesi
che possa dare la misura del grado di “centralità” di questi insediamenti
I livelli individuati sono 3:
I - i centri storiciII – i nuclei e gli agglomerati storiciIII – gli insediamenti storici isolati
Nella matrice si sono evidenziati i livelli di classificazione in base al grado combinato di funzione e
morfologia
Classificazione funzionaleA – capoluoghi, sedi di legazione e sedi vescovili
B – comune nel XX secolo e sede di pieve
C – frazione e sede di parrocchia
D - comunità in epoca moderna e presenza almeno di una chiesa
E - comunità in epoca medievale e presenza almeno di un oratorio
F - nessuna funzione amministrativa e religiosa
Classificazione morfologica1 – Insediamenti murati o comunque circoscritti
2 – Insediamenti agglomerati
3 – Insediamenti a nuclei
4 – Insediamenti prevalentemente sparsi
5 – Insediamenti sparsi
6 – Insediamenti isolati
L’incrocio tra la funzione A (capoluogo) e le classi 5 e 6 è stato omesso, perché difficilmente ipotizzabile.
Come si vede la matrice esprime una gamma di possibilità che va da un massimo (A1) a un minimo (F6)
di centralità e morfologia combinate, considerando tutta una serie di situazioni intermedie.
Le due linee di demarcazione tra le 3 categorie non sono simmetriche, ma hanno cercato di separare in
maniera equilibrata il maggior o minor grado di centralità con le caratteristiche morfologiche, così ad
esempio le prime due classi funzionali esprimono una fortissima centralità che solo le ultime due classi
morfologiche possono mitigare, e dunque rientrano a pieno titolo tra i “centri storici”, così come la
caratteristica dell’insediamento “murato” compensa il minor rango funzionale delle due classi funzionali
successive.
Negli altri casi è più corretto parlare di “nuclei o agglomerati storici”, salvo quando il carattere disperso e
non riconducibile a un tessuto con caratteristiche urbane prevale su una sempre minor centralità e allora
si rientra nella terza categoria, quella degli “insediamenti storici isolati”.
Questa classificazione ha portato a individuare per gli insediamenti presi in esame le classi seguenti
come visibili in tabella:
1 2 3 4 5 6A I I I I - -B I I I I II IIC I II II II II IIID I II II II III IIIE II II II III III IIIF II II III III III III
IL RAPPORTO CON L’AREA URBANA
E’ stato infine preso in considerazione il rapporto dei singoli insediamenti con il centro urbano per
individuarne il grado di autonomia nei confronti della città alla data del 1941 e ad oggi, si sono individuate
4 classi significative, da un massimo grado di autonomia rappresentato da quegli insediamenti che ancor
oggi rappresentano un organismo urbano autonomo - anche se come detto in premessa non è una
eventualità ritrovata nella casistica - passando per quegli insediamenti che rimangono separati ancor oggi
pur non avendo caratteristiche urbane, quelli che avevano caratteristiche analoghe al 1941 e infine quelli
che al 1941 erano già stati assorbiti dall’espansione del primo Novecento.
1 Organismo urbano
2 Insediamento non urbano al 2004
3 Insediamento non urbano al 1941
4 Insediamento inglobato nell’espansione urbana al 1941
Sono stati considerati solo quelli che al 1941 non erano ancora raggiunti dall’espansione urbana.
CLASSIFICAZIONE DI SINTESI
secolo di attestazione
classificazione funzionale
classificazione morfologica al
1941
organismo urbano
autonomo
non urbano oggi
non urbano al 1941
inglobato nell'espansione urbana al 1941
classificazione di sintesi
classificazione di sintesi
A B C DAlemanni XVI C U D CU ncArcoveggio XIV C U D CU ncBarbiano XIII D 6 B D6 IIIBertalia XI C 3 C C3 IIBeverara XII D 4 C D4 IIBorgo Panigale XIII C 3 C C3 IICalamosco XI D 6 B D6 IIICamurata XIII E 6 B E6 IIICasaglia XIII D 6 B D6 IIICasteldebole XVIII F 2 C F2 IIChiesa Nuova XVII D U D DU ncCorticella X D 2 C D2 IICroce Del Biacco XII D 5 C D5 IIIDonizzola XII F 6 B F6 IIIFossolo XII D 6 C D6 IIIGaibola XII D 6 B D6 IIIJola XII D 6 B D6 IIIMalavolta XIII F N C FN ncMazzano XIII F 6 B F6 IIIMonte Donato XVII F 4 C F4 IIOlmetola X D 5 B D5 IIIPaderno XI D 6 B D6 IIIPanigale vecchio IX F N C FN ncPescarola XII F 3 C F3 IIIPontevecchio XIII E 2 C E2 IIQuarto di sopra XIII D 5 B D5 IIIRigosa XII D 5 B D5 IIIRoncaglio XI F N C FN ncRoncrio XIII D 6 B D6 IIIRoveretolo X F N C FN ncSabbiuno di Montagna XIII D 6 B D6 IIISan Donnino XIII D 6 C D6 IIISan Giuseppe XVI C U D CU ncSan Maggiore XIII F 6 C F6 IIISan Paolo di Ravone XVI D U D DU ncSan Ruffillo X C 4 C C4 IISanctus Johannes Pau XIII F U D FU ncSant'Antonio di Savena XVI D U D DU ncSant'Egidio XVI C U D CU ncSanta Viola XVIII F 2 C F2 IISpirito Santo XVI D 3 C D3 IIVillola XIII D 5 B D5 III
CONCLUSIONI
La caratteristica urbana o non urbana di questi insediamenti diventa la discriminante ultima per capire in
quali categorie previste nell’allegato sui contenuti della pianificazione dalla L.R. 20/2000 ricadono i singoli
insediamenti:
Il caso dei centri storici è quello previsto dall’art. A – 7 che disciplina le zone A, tuttavia tra gli
insediamenti presi in esame nessuno ha le caratteristiche richieste per rientrare in questa tipologia.
Gli “insediamenti storici isolati” se fanno parte dell’area urbana ricadono nella tutela dei singoli edifici
prevista all’art. A – 9, altrimenti in quella dell’art. A – 8 sugli insediamenti e le infrastrutture storiche del
territorio rurale.
I nuclei e gli agglomerati storici al di fuori dell’area urbana, come previsto dal comma 1 dell’art. A – 7,
sono equiparati ai centri storici ed hanno quindi la medesima disciplina; rimane aperto il caso di quegli
insediamenti già assorbiti dall’area urbana ma che hanno una rilevanza superiore alla somma dei singoli
edifici che li compongono, la proposta di pianificazione è quella di prevedere apposite zone di
valorizzazione dei nuclei storici, che dovranno essere perimetrate in sede di formazione del PSC e con
una normativa, anche se meno rigida di quella prevista per le zone A, che tuttavia tuteli e preservi la
riconoscibilità di questi antichi insediamenti.
Il diagramma di flusso che segue sintetizza le diverse fasi e le ipotesi normative.
INDIVIDUAZIONE LOCALITA’STORICHE
NUCLEI E LOCALITA’ASSORBITI DALLA
PERIFERIA STORICA
CLASSIFICAZIONEMORFOLOGICA
CLASSIFICAZIONEFUNZIONALE
CLASSIFICAZIONE DI SINTESI
I - CENTRI STORICI
II - NUCLEI STORICI
III - INSEDIAMENTISTORICI ISOLATI
L.R. 20/2000art. A- 7
L.R. 20/2000art. A - 9
ZONE URBANE DIVALORIZZAZIONE DEI
NUCLEI STORICI
AREA URBANA AL 1941
AREA URBANA AL 2004
SI
NO
SI
NO
AREA URBANA AL 2004
L.R. 20/2000art. A- 8
NO
SI
Insediamenti non classificati per mancanza di un tessuto minimo o per completa mancanza ditracce fisiche sul territorio:
Malavolta
Panigale vecchio
Roncaglio
Roveretolo
Sanctus Johannes Paulus
Insediamenti non classificati perché assorbiti dall’espansione urbana già al 1941
Alemanni
Arcoveggio
Chiesa Nuova
San Giuseppe
San Paolo di Ravone
Sant'Antonio di Savena
Sant'Egidio
Insediamenti classificati in classe III ma ricadenti in area urbana (art A-9)
Croce Del Biacco
Fossolo
Pescarola
San Donnino
San Maggiore
Insediamenti in classe III non urbani (art. A-8)
Barbiano
Calamosco
Camurata
Casaglia
Donizzola
Gaibola
Jola
Mazzano
Olmetola
Paderno
Quarto di sopra
Rigosa
Roncrio
Sabbiuno di Montagna
Villola
Insediamenti in classe II in area urbana
Bertalia
Beverara
Borgo Panigale
Casteldebole
Corticella
Monte Donato
Pontevecchio
San Ruffillo
Santa Viola
Spirito Santo
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La geografia urbana – teoria e metodi
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Il contado bolognese durante il periodo comunale (secc. XII - XV) - Il territorio bolognese nell'epoca
romana, testo inedito pubblicato a cura di M. Fanti e A. Benati
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I borghi storici tra città e campagna tra Ottocento e Novecento
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La nuova cultura delle città
Arnoldo Mondadori Editore – Milano 1977
Pierluigi Cervellati e Mariangela Miliari
I centri storici
Guaraldi Editore, Rimini 1977
Andrea Chiesa
La carta della pianura bolognese 1740 – 1742
A cura dell’Istituto Regionale per i Beni Culturali
Grafis Edizioni – Bologna, 1992
Comune di Bologna - Atti interni
Prontuario delle ufficiali denominazioni stradali e della nuova numerazione civica dei fabbricati esistenti
nei territori foresi: Alemanni - Arcoveggio - Bertalia - Sant'Egidio - San Giuseppe - San Ruffillo
Bologna, 1936
Angela De Benedictis
Ad bonum regimen, ordinem et gubernationem: per una storia della costituzione territoriale tra Quattro e
Cinquecento. Il caso di Bologna.
In Persistenze feudali e autonomie comunitative in stati padani tra Cinque e Settecento -A cura di G.
Tocci
Editrice Clueb - Bologna, 1988
Angela De Benedictis
Patrizi e comunità: il governo del contado bolognese nel ‘700
Il Mulino - Bologna, 1984
Rolando Dondarini e Carlo De Angelis
Atlante storico delle città italiane: Bologna - Da una crisi all’altra (secoli XIV - XVII)
Grafis Edizioni – Bologna, 1997
Mario Fanti
Le vie di Bologna, saggio di toponomastica storica
Istituto per la storia di Bologna - - Bologna, 1974
Antonio Ferri e Giancarlo Roversi (a cura di)
Storia di Bologna
Bologna 1978
Manuela Iodice (a cura di)
Borgo Panigale
Cassa Rurale e Artigiana di Borgo Panigale – Bologna,1990
Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna
Inventario dei centri storici dell’Emilia Romagna – prima fase
Bologna, 1979
Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia Romagna
I confini perduti – inventario dei centri storici: analisi e metodo
CLUEB editore, Bologna 1983
Ministero dei Beni Culturali – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
Atlante dei Centri Storici
Roma, 1994
Ministero della Pubblica istruzione – Soprintendenza alle gallerie di Bologna
Una strada nella storia – le comunicazioni sul versante orientale della valle del Reno
Bologna 1969/70
Giuseppe Sassatelli, Cristiana Morigi Govi, Jacopo Ortalli, Francesca Bocchi
Atlante storico delle città italiane: Bologna - Da Felsina a Bononia: dalle origini al XII secolo
Grafis Edizioni – Bologna, 1996
Mara Pinardi
Corticella: da nucleo rurale a quartiere periferico
in Il Carrobbio anno XV - Bologna, 1989
Antonio Ivan Pini
Bologna bizantina: le mura di selenite o delle “quattro croci”
in Il Carrobbio anno XI - Bologna, 1985
Antonio Ivan Pini
Lo stato di Bologna
in "Città e controllo del territorio in età medievale" - Provincia di Bologna - 1991
Manuela Rubbini (a cura di)
Bertalia tra acqua e cielo
Costa editore – Bologna, 2003