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Universit` a Cattolica del Sacro Cuore Sede di Brescia Facolt` a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea di Primo Livello in Fisica Paradosso EPR e Disuguaglianze di Bell Relatore: Dott. Fausto Borgonovi Correlatore: Dott. Giuseppe Nardelli Laureando: Alessandro Raffelli mat. 3405014 Anno Accademico 2007/2008

Paradosso EPR e Disuguaglianze di Bell Universit a Cattolica del Sacro Cuore Sede di Brescia Facolt a di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea di Primo Livello in

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Universita Cattolica del Sacro CuoreSede di Brescia

Facolta di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea di Primo Livello in Fisica

Paradosso EPR eDisuguaglianze di Bell

Relatore:

Dott. Fausto Borgonovi

Correlatore:

Dott. Giuseppe Nardelli

Laureando:

Alessandro Raffelli

mat. 3405014

Anno Accademico 2007/2008

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Ai miei genitorie alle mie sorelle

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Indice

1 Introduzione 21.1 Non separabilita quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.2 Insiemi puri e miscele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41.3 Riduzione del pacchetto d’onda . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

2 Paradosso EPR 122.1 Formulazione del paradosso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122.2 L’esempio di Bohm - Aharonov . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

3 Disuguaglianze di Bell e verifiche sperimentali 203.1 Teorema di Bell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.2 Gli esperimenti di Aspect . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333.3 Esperimenti recenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40

4 Conclusioni 43

1

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Capitolo 1

Introduzione

Fin dalla sua nascita la Meccanica Quantistica ha posto seri problemi diinterpretazione, che ancora oggi sono oggetto di dibattito. La sua caratteri-stica fondamentale consiste nel fatto che tutto cio che si puo fare e assegnare,per ciascun possibile risultato di una singola misurazione, una probabilita cheesso si verifichi. In questo senso si dice che la Meccanica Quantistica e unateoria irriducibilmente statistica.

Di fronte a questo quadro teorico possiamo raggruppare i fisici in duecorrenti di pensiero. Secondo la prima corrente, che fa capo alla scuoladi Copenhagen, l’obbiettivo di una teoria fisica e la previsione dei risultatidegli esperimenti. Mentre la seconda corrente privilegia l’aspetto descritti-vo di una teoria rispetto a quello predittivo, cioe i fisici appartenenti a talecorrente richiedono che una teoria, oltre che fornire previsioni sul comporta-mento di un sistema, sia soprattutto in grado di dare un’immagine di cio cheaccade. In particolare i sostenitori di tale punto di vista per molto tempohanno pensato che l’indeterminismo quantistico fosse segno dell’incompletez-za della Meccanica Quantistica stessa, rifiutando l’idea che la realta fosse nondeterministica. Secondo loro questo indeterminismo nascerebbe dal fatto chela Meccanica Quantistica non tiene conto di gradi di liberta addizionali, levariabili nascoste, noti i quali la descrizione della realta fisica sarebbe com-pletamente deterministica.

In questo contesto si inseriscono i lavori che analizzero in questa mia tesi.Nel loro famoso lavoro del 1935, Einstein, Podolsky e Rosen dimostra-

no che assumendo due principi1 il formalismo della Meccanica Quantisticaporta ad una contraddizione, a meno che non si ammetta l’esistenza dellevariabili nascoste. Ad Einstein e collaboratori questi due principi apparverocosı naturali da non poter essere messi in discussione, in realta il dibattito

1Principio di realta e principio di localita. Vedremo in seguito la loro formulazione.

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ha mostrato che probabilmente quei due principi non sono cosı evidenti enaturali come sembrerebbe a prima vista.

Nel 1964 Bell pubblico un importantissimo lavoro in cui si dimostra chele teorie a variabili nascoste non possono essere equivalenti alla MeccanicaQuantistica ne costituirne un completamento deterministico. Infatti se esi-stesse una teoria deterministica e realistica e soddisfacente il principio dilocalita allora dovrebbero esistere, in certe condizioni, dei particolari limitialle correlazioni tra sistemi separati spazialmente. In queste condizioni pre-scritte da Bell la Meccanica Quantistica vıola tali limiti.

Il lavoro di Bell e di fondamentale importanza ed e ancora oggi ogget-to di studio e di verifiche sperimentali. I lavori piu completi e famosi sonostati quelli condotti da Aspect e collaboratori i quali hanno mostrato che, inquelle regioni critiche, le correlazioni vıolano le disuguaglianze di Bell comeprevisto dalla Meccanica Quantistica. Quindi questi risultati sperimentali,insieme al lavoro di Bell, possono essere interpretati come la falsificazione diuna visione del mondo realista, determinista e locale.

Prima di analizzare in maniera dettagliata i lavori di cui ho accennatonella breve introduzione voglio introdurre alcuni concetti fondamentali checi permetteranno di comprendere meglio l’analisi seguente.

1.1 Non separabilita quantistica

Quando due sistemi quantistici, ciascuno dei quali e originariamente carat-terizzato da un insieme completo di proprieta definite2, una volta che hannointeragito non e piu possibile pensare a ciascuno di essi come dotato di uninsieme completo di proprieta definite. Fondamentale e il fatto che questocontinua a valere anche per sistemi che hanno interagito, ma che non in-teragiscono piu nell’istante di tempo considerato. Questo e il contenuto delconcetto di non separabilita quantistica.

Consideriamo U e V due ensemble di sistemi e A e B due osservabilirispettivamente di U e V . Supponiamo che all’istante iniziale l’insieme U siadescritto dall’autofunzione |ai〉 dell’operatore A appartenente allo spazio diHilbert H(U), mentre l’insieme V dallo stato |b0〉, autofunzione dell’operato-re B, appartenente allo spazio H(V ). Assumiamo che l’interazione tra i due

2Per insieme completo di proprieta definite si intende un insieme di grandezze fisicheassociate solamente ad un sistema misurabili simultaneamente che assumuno valorideterminati ed indipendenti da futuri esperimenti sul sistema stesso.

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sistemi si possa descrivere nel modo seguente:

|ai〉|b0〉 → |ai〉|bi〉. (1.1)

In questa evoluzione lo stato iniziale e lo stato finale, appartenenti al prodot-to tensoriale degli spazi associati a ciascun sistema H(U) ⊗H(V ), descrivonostati ben definiti sia per il sistema composto che per i sottoinsiemi compo-nenti. L’interazione data dalla relazione 1.1 puo essere interpretata comeun’interazione il cui effetto e quello di cambiare il valore dell’osservabile Blasciando invariato quello dell’osservabile A.

Supponiamo ora invece che lo stato che descrive i sistemi di U all’istanteiniziale non sia un autostato dell’operatore A, ma un’autofunzione di un’al-tra osservabile A′ il cui operatore non commuta con A. Possiamo alloraespandere tale stato sulla base degli autoket di A

|a′i〉 =∑k

cik|ak〉. (1.2)

L’evoluzione 1.1 puo essere allora riscritta come

|a′i〉|b0〉 →∑k

cik|ak〉|bk〉. (1.3)

La relazione 1.3, diversamente dalla 1.1, pone dei problemi di interpretazione.Infatti lo stato iniziale del sistema composto (U + V ) e uno stato fattorizza-to, quindi ciascun sistema componente si trova in uno stato ben definito condei precisi valori delle osservabili, mentre lo stato finale non e fattorizzato inquanto e una combinazione lineare di stati, quindi non e possibile definire peri sistemi componenti ne un ket ne precisi valori delle osservabili nonostanteessi non siano piu interagenti.

Queste considerazioni portano a concludere che quando due sistemi hannointeragito nel passato non e possibile attribuire a ciascuno di essi uno statoben definito e dei precisi valori delle osservabili compatibili associate a quelsistema.

1.2 Insiemi puri e miscele

Dato un insieme di sistemi quantistici questo si dice essere in uno statopuro se tutti i sistemi appartenenti ad esso sono descritti da un unico stato

|ψ〉 =∑m

cm|ψm〉

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dove |ψm〉 sono i ket di un’opportuna base. L’insieme si dice invece miscelaquando e separabile in sottoinsiemi ciascuno descritto dallo stato |ψn〉 e rap-presentante una frazione pn = |cn|2 del totale.

Per meglio chiarire l’argomento illustriamo un semplice esempio. Prendia-mo in considerazione un fascio di atomi di argento proveniente dalla sorgenteprima che sia soggetto ad un filtro di Stern e Gerlach. Per ragioni di simme-tria ci attendiamo che l’insieme di atomi non abbia una direzione privilegiataper gli spin e lo stato piu generale che descrive tale sistema di spin 1

2e dato

da|α〉 = c+|+〉+ c−|−〉.

Tale ket di stato non puo pero descrivere un insieme di atomi con orientazionecasuale degli spin, ma caratterizza uno stato il cui spin punta in una direzioneben definita, cioe nella direzione n i cui angoli polare e azimutale θ e φ siottengono risolvendo

c+

c−=

cos θ/2

eiφ sin θ/2.

Allora un insieme di atomi di argento con l’orientazione dello spin completa-mente casuale si puo considerare come un insieme di atomi in cui il 50% deglielementi e descritto dal ket |+〉 e il 50% da |−〉. Possiamo allora assegnare

w+ = 0.5

w− = 0.5

dove w+ e w− sono il peso di probabilita per spin up e down rispettiva-mente. Dobbiamo notare che i due numeri w+ e w− sono numeri reali chenon ci danno nessuna informazione per quanto riguarda la fase relativa tragli stati su e gli stati giu. Questa situazione si dice miscela incoerente di statidi spin up e di spin down che e chiaramente diversa dalla sovrapposizionelineare coerente, come ad esempio:

1√2|+〉+

1√2|−〉

dove la relazione di fase tra |+〉 e |−〉 ci fornisce un’informazione fonda-mentale per quanto riguarda l’orientazione dello spin nel piano che stiamoconsiderando.

Il concetto probabilistico associato ai due numeri w+ e w− e molto vi-cino a quello incontrato nella teoria classica della probabilita. L’esempioche stiamo considerando con gli atomi di argento provenienti dalla sorgentelo possiamo assimilare alla situazione di una scolaresca in cui la meta sonomaschi e l’altra meta femmine. Quando prendiamo uno studente a caso la

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probabilita che quel particolare studente sia maschio (o femmina) e 0.5.L’insieme di questi atomi d’argento provenienti dalla sorgente e quindi uninsieme completamente casuale per quanto riguarda l’orientazione dello spine si dice che il fascio e impolarizzato.

Abbiamo un esempio di insieme puro se consideriamo invece un fascio diatomi che ha subito una selezione da parte di un apparato di Stern e Ger-lach. In questo caso il fascio si dice polarizzato poiche tutti gli elementisono caratterizzati da un solo ket di stato, comune a tutti.

In generale stati puri e miscele presentano comportamenti differenti perquanto riguarda i risultati delle misurazioni. Prendiamo ora in analisi alcunicasi che ci possono aiutare a chiarire meglio l’argomento.

Sistemi semplici

Sia S un sistema quantistico e H lo spazio di Hilbert ad esso associato,che per semplicita assumiamo essere bidimensionale. Sia inoltre |ei〉 la basecanonica dello spazio considerato, soddisfacente le regole di ortonormalita.

Si considerino ora due insiemi ξp e ξm. Al primo appartengono sistemidescritti dallo stato

|ψ〉 = c1|e1〉+ c2|e2〉 (1.4)

con |c1|2 + |c2|2 = 1 e c1, c2 6= 0.Al secondo appartengono invece sia sistemi descritti da |ψ1〉 = |e1〉 che da|ψ2〉 = |e2〉 con percentuali pi = |ci|2.

Vogliamo ora calcolare le distribuzioni di probabilita relative ad una mi-surazione di un’osservabile A effettuata sui due insiemi ξp e ξm.

La probabilita Pp(ai) di ottenere il risultato ai da una misura effettuatasul primo insieme e data dalla norma al quadrato dello stato |ψ〉 proiettatosull’autospazio relativo all’autovalore ai, cioe

Pp(ai) = ‖Πi|ψ〉‖2 (1.5)

dove Πi e il proiettore sul sottospazio associato ad ai dato da

Πi = |ai〉〈ai|. (1.6)

Ora inserendo il proiettore 1.6 nella relazione 1.5 e utilizzando l’espansione1.4 per lo stato |ψ〉 otteniamo

Pp(ai) = ‖∑j

cj〈ai|ej〉|ai〉‖2 =

=∑j

|cj|2|〈ai|ej〉|2 +∑j 6=m

c∗mcj〈em|ai〉〈ai|ej〉. (1.7)

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La probabilita Pm(ai) di ottenere il risultato ai da una misura effettuatainvece sull’insieme ξm e data dalla media pesata delle probabilita di otteneretale risultato da ciascun stato |ψj〉 e dato che i pesi sono proprio le percentualipj otteniamo che

Pm(ai) =∑j

pj‖Πi|ψj〉‖2 =

=∑j

|cj|2|〈ai|ej〉|2. (1.8)

Ora confrontando la 1.7 con la 1.8 vediamo che la differenza tra le di-stribuzioni di probabilita di stato puro e di miscela quantistica e data daitermini fuori diagonale, infatti

Pp(ai)− Pm(ai) =∑j 6=m

c∗mcj〈em|ai〉〈ai|ej〉. (1.9)

Questo dipende dal fatto che la probabilita Pm(ai) di miscela non contienetermini di interferenza presenti invece in quella di stato puro. Notiamo peroche tali termini sono nulli se l’osservabile A e diagonale sulla base canonicadello spazio, infatti in tal caso dato che j 6= m si annulla almeno uno deiprodotti scalari 〈em|ai〉 o 〈ai|ej〉.Possiamo quindi concludere che con sistemi semplici stati puri e miscelequantistiche sono distinguibili a patto di effettuare misure di osservabili nondiagonali sulla base scelta.

Sistemi composti

Siano ora S un sistema composto da due sottoinsiemi U e V e H lospazio di Hilbert associato al sistema che e dato dal prodotto tensoriale deglispazi associati a ciascun sistema componente, che per semplicita assumiamobidimensionali

H = H(U) ⊗H(V ).

Siano inoltre |α〉 e |β〉 due basi canoniche per H(U) e H(V ) rispettivamente,soddisfacenti le usuali relazioni di ortonormalita.

Prendiamo ancora in considerazione due insiemi ξp e ξm. Supponiamo chei sistemi dello stato puro ξp siano descritti dal ket

|ψ〉 = c1|α1〉|β1〉+ c2|α2〉|β2〉 (1.10)

con |c1|2 + |c2|2 = 1 e c1, c2 6= 0, mentre quelli della miscela ξm sianorappresentati da

|ψ1〉 = |α1〉|β1〉 p1 = |c1|2

|ψ2〉 = |α2〉|β2〉 p2 = |c2|2 (1.11)

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Vogliamo ora calcolare le distribuzioni di probabilita per misurazioni diosservabili relative ad un solo componente e relative al sistema totale S.Supponiamo di fare una misura dell’osservabile A(U) relativa al sottosistemaU , la probabilita di ottenere l’autovalore ai nel caso di stato puro e

Pp(ai) = ‖Π(U)i |ψ〉‖2 (1.12)

dove Π(U)i e il proiettore sull’autospazio di H associato all’autovalore ai dato

daΠ

(U)i = |ai〉〈ai| ⊗ I(V ). (1.13)

Inserendo la 1.13 nella 1.12, espandendo |ψ〉 secondo la 1.10 e tenendo contodelle relazioni di ortonormalita allora otteniamo

Pp(ai) =∑j

|cj|2|〈ai|αj〉|2. (1.14)

La probabilita di osservare il risultato ai nel caso di miscela e invece lamedia pesata della probabilita di ottenere tale valore in ciascuno degli statiche compongono la miscela:

Pm(ai) =∑j

pj‖Π(U)i |ψj〉‖2 =

=∑j

|cj|2|〈ai|αj〉|2 (1.15)

che coincide con la probabilita 1.14 di stato puro.Possiamo quindi concludere che misure effettutate su un solo componente

di un sistema composto stati puri e miscele quantistiche forniscono le stessedistribuzioni di probabilita e pertanto sono indistinguibili.

Un esempio di misurazione di osservabili relative al sistema S e una misuradi correlazione tra i valori assunti da un’osservabile A(U) relativa al sottosi-stema U e da un’osservabile B(V ) relativa al sottosistema V , cioe una misuradell’osservabile

Ω = A(U) ⊗B(V ).

La probabilita di ottenere la coppia di autovalori ai e bj da una misuraeffettuata sull’insieme ξp e data dal quadrato della norma dello stato |ψ〉 pro-iettato sul sottospazio H relativo alla coppia di valori presa in considerazione

Pp(ai, bj) = ‖Πij|ψ〉‖2 (1.16)

dove Πij e il proiettore dato da

Πij = |ai〉〈ai| ⊗ |bj〉〈bj|.

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Inserendo il proiettore cosı definito nella relazione 1.16 otteniamo che ladistribuzione di probabilita per lo stato puro e pari a:

Pp(ai, bj) =∑k

|ck|2|〈ai|αk〉|2|〈bj|βk〉|2+∑k 6=m

c∗mck〈αm|ai〉〈ai|αk〉〈βm|bj〉〈bj|βk〉

(1.17)La probabilita che una misura sulla miscela ξm fornisca la coppia di

autovalori ai e bj e data da

Pm(ai, bj) =∑k

pk‖Πij|ψk〉‖2 =

=∑k

|ck|2|〈ai|αk〉|2|〈bj|βk〉|2. (1.18)

Prendiamo ora la differenza tra la 1.17 e la 1.18

Pp(ai, bj)− Pm(ai, bj) =∑k 6=m

c∗mck〈αm|ai〉〈ai|αk〉〈βm|bj〉〈bj|βk〉. (1.19)

Tale situazione e molto simile a quella descritta dalla relazione 1.9; infattianche in questo caso di sistemi composti la differenza tra le distribuzionidi probabilita di stato puro e miscela quantistica e legata ai termini fuoridiagonale. Stavolta pero affinche tale differenza sia nulla, e quindi stato puroe miscela siano indistinguibili, e necessario che entrambe le osservabili A(U)

e B(V ) siano diagonali sulle basi canoniche di H(U) e H(V ) rispettivamente.Come esempio di sistema composto prendiamo il sistema costituito da

due particelle U e V con spin 12

e consideriamo due insiemi di sistemi U +V ,il primo dei quali (ξp) e descritto dallo stato di singoletto di spin

|ψ〉 =1√2

[|+〉Uz |−〉Vz − |−〉Uz |+〉Vz ] =1√2

[|ψ1〉 − |ψ2〉] (1.20)

dove |±〉U,Vz sono gli autostati di σUz e σVz rispettivamente. Il secondo insiemeξm e la miscela

|ψ1〉 = |+〉Uz |−〉Vz p1 =1

2

|ψ2〉 = |−〉Uz |+〉Vz p2 =1

2(1.21)

Calcoliamo ora, per entrambi gli insiemi, le distribuzioni di probabilitarelative a misure di correlazione di spin lungo l’asse x:

Pp(σUx = +, σVx = +) =

1

2‖Π|ψ1〉‖2 +

1

2‖Π|ψ2〉‖2 − 1

2〈ψ2|Π|ψ1〉 −

1

2〈ψ1|Π|ψ2〉

(1.22)

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Pm(σUx = +, σVx = +) =1

2‖Π|ψ1〉‖2 +

1

2‖Π|ψ2〉‖2 (1.23)

dove Π e il proiettore sul sottospazio dello spazio di Hilbert relativo agliautovalori σ

(U,V )x = +. Ricordandoci le espressioni 1.20 per |ψ1〉 e |ψ2〉 e

utilizzando il proiettore Π e facile vedere che

‖Π|ψ1〉‖2 = ‖Π|ψ2〉‖2 = 〈ψ2|Π|ψ1〉 = 〈ψ1|Π|ψ2〉 =1

4. (1.24)

Inserendo ora la 1.24 nelle 1.22 e 1.23 otteniamo

Pp(σUx = +, σVx = +) = 0 (1.25)

Pm(σUx = +, σVx = +) =1

4(1.26)

Vediamo chiaramente che stato puro e miscela forniscono previsioni differen-ti per misure di correlazione, in questo esempio per misure di correlazionedelle componenti lungo x degli spin le cui osservabili (σx) non commutanocon le osservabili σz mediante i cui autostati abbiamo costruito gli stati chedescrivono ξp e ξm. La differenza consiste nel fatto che nello stato puro none possibile trovare entrambi gli spin nel medesimo verso lungo l’asse x, cioeabbiamo una perfetta correlazione, infatti trovando uno spin nel verso posi-tivo dell’asse x, l’altro e certamente nel verso negativo.

1.3 Riduzione del pacchetto d’onda

Sia Ψ(xU , xV ) la funzione d’onda che descrive due sistemi U e V che perun certo intervallo di tempo hanno interagito ed ora non sono piu interagenti.Tale funzione d’onda puo essere sviluppata nell’espansione

Ψ(xU , xV ) =∑k

(wk)12ϕλk

(xU)ξρk(xV ) (1.27)

dove ϕλksono autostati di un’osservabile L corrispondenti agli autovalori λk,

mentre ξρksono gli autostati di un’osservabile R corrispondenti agli autova-

lori ρk.Sia M una qualsiasi osservabile relativa al sistema U e ψµ una sua auto-

funzione corrispondente all’autovalore µ, quindi possiamo sviluppare in seriela funzione d’onda Ψ(xU , xV ) sulle funzioni ortogonali ψµ

Ψ(xU , xV ) =∑µ

ψµ(xU)ζµ(xV ) (1.28)

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dove i coefficienti di questo sviluppo sono funzioni di xV :

ζµ′(xV ) =

∫ψ∗µ′(xU)Ψ(xU , xV )dxU . (1.29)

Le informazioni che possiamo avere sul sistema V dopo che una misura del-l’osservabile M sul sistema U abbia fornito il valore µ′ sono date dal seguenteprocesso. Supponiamo di fare un gran numero di misurazioni sull’insiemeU + V ciascuna delle quali consiste nella determinazione dei valori di M peril primo sistema U e di qualche osservabile F per il sistema V . Otteniamoquindi i relativi numeri di volte che troviamo i diversi valori δ per l’osservabileF contando solo quelle misure che ci forniscono il valore µ′ per M . Questinumeri sono per definizione proporzionali alle quantita

|(Ψ(xU , xV ), ψµ′(xU)χδ(xV ))|2

e dalla relazione 1.29 tali quantita sono uguali a |(ζµ′ , χδ)|2. Dato che questoe valido per qualsiasi osservabile F , allora possiamo concludere che dopo cheuna misura sul sistema U abbia dato un valore µ′ per l’osservabile M il siste-ma V e nello stato puro con funzione d’onda data, a parte la normalizzazione,dalla 1.29.

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Capitolo 2

Paradosso EPR

2.1 Formulazione del paradosso

Nel 1935 Einstein, Podolsky e Rosen pubblicano un importante articoloin cui i tre colleghi si chiedono se la descrizione quantomeccanica della realtafisica possa essere considerata completa1.

In generale i concetti di una teoria fisica si possono considerare soddisfa-centi se e possibile dare risposte affermative a due domande: se la teoria ecorretta e se la descrizione fornita dalla teoria e completa. La correttezza diuna teoria e giudicata dal grado di accordo tra le previsioni della stessa e l’es-perienza umana che in fisica assume la forma di esperimenti e misurazioni.Gli autori dell’articolo preso in considerazione rivolgono la loro attenzionesoprattutto alla seconda domanda, applicandola alla Meccanica Quantistica.

Per rispondere a questa seconda domanda Einstein e colleghi introduconola condizione di completezza che stabilisce che ogni elemento della realta fisi-ca deve avere una controparte nella teoria fisica. Non si puo pero dire qualisiano gli elementi della realta fisica a partire da considerazioni filosofiche apriori, ma questi devono essere trovati facendo riferimento ai risultati di es-perimenti e misure. Non volendo comunque dare una definizione di realtaEinstein, Podolsky e Rosen formulano il principio di realta: se, senza dis-turbare in nessun modo un dato sistema, e possibile prevedere con certezza,cioe con probabilita unitaria, il valore di una grandezza fisica, allora esisteun elemento della realta fisica corrispondente a tale quantita fisica2.

Sappiamo che il concetto fondamentale nella Meccanica Quantistica e il

1L’articolo che sto per analizzare e intitolato ”Can Quantum-Mechanical Descriptionof Physical Reality Be Considered Complete?”.A. Einstein, B. Podolsky and N. Rosen, Phys. Rev. 47, 777 (1935).

2Si dice anche che alla grandezza corrisponde una proprieta oggettiva del sistema, cioeuna proprieta indipendente da osservatori esterni.

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concetto di stato che e completamente caratterizzato dalla funzione d’ondaψ, che e funzione delle variabili scelte per descrivere il comportamento dellaparticella. Se ψ e un’autofunzione dell’operatore A3, cioe se

Aψ = aψ (2.1)

allora la grandezza fisica A possiede con certezza il valore a ogniqualvoltala particella e descritta dalla funzione d’onda ψ. Quindi in accordo con ilprincipio di realta, per tale particella, esiste un elemento della realta fisicacorrispondente alla grandezza A.Sia per esempio

ψ = ei~p0x (2.2)

dove p0 e una costante e x una variabile indipendente. Dato che l’operatoreassociato al momento di una particella e

p = −i~ ∂

∂x

allora otteniamo che la particella nello stato dato dalla 2.2 ha un momentopari a p0 con certezza, infatti

pψ = −i~∂ψ∂x

= p0ψ. (2.3)

Quindi il momento della particella e reale.Se invece non valesse l’equazione 2.1 non potremmo dire che la quantita

A abbia un certo valore. Nel nostro esempio questo e il caso per la posizionedella particella alla quale e associato l’operatore di moltiplicazione x, quindi:

xψ = xψ 6= aψ. (2.4)

Secondo la Meccanica Quantistica possiamo solo stabilire la probabilita cheuna misura della posizione fornisca un valore compreso tra a e b, cioe

P (a, b) =

∫ b

a

ψ∗ψdx =

∫ b

a

dx = b− a. (2.5)

Pertanto non possiamo predire con certezza la posizione della particella nel-lo stato 2.2, ma dobbiamo determinarla con una misura diretta. Sappiamopero, dalla teoria quantistica della misura, che tale misurazione disturba la

3Ad ogni operatore hermitiano in Meccanica Quantistica e associata un’osservabilefisica.

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particella alterandone lo stato4.Quindi giungiamo alla conclusione che se conosciamo con certezza il mo-

mento di una particella, la sua posizione non possiede realta fisica. In generalequesto vale per tutte le osservabili incompatibili, cioe quelle osservabili i cuioperatori non commutano.

Tutte queste considerazioni hanno portato Einstein e colleghi a due al-ternative:

1. la descrizione quantomeccanica della realta data dalla funzione d’ondanon e completa;

2. quando gli operatori associati a due grandezze fisiche non commutanotali grandezze non possono avere realta simultanea.

Queste alternative sono necessarie poiche se entrambe le grandezze avesserovalori ben definiti, e quindi realta simultanea, questi valori entrerebbero nel-la descrizione completa in accordo con la condizione di completezza. Perciose la funzione d’onda descrivesse in maniera completa la realta dovrebbecontenere questi valori che sarebbero allora predicibili, ma non e questa lasituazione in cui ci troviamo.

Einstein, Podolsky e Rosen dimostrano che assumendo, come in Mec-canica Quantistica, che la funzione d’onda contenga tutte le informazionirelative ad un sistema fisico si giunge ad una contraddizione. In questa loroargomentazione entrano in gioco il principio di realta, formulato in preceden-za, e il principio di localita per il quale dati due sistemi fisici che restanoisolati tra loro per un certo intervallo di tempo, l’evoluzione delle proprietafisiche di uno di essi durante tale intervallo temporale non puo essere in-fluenzata in alcun modo da operazioni eseguite sull’altro.

Supponiamo di avere due sistemi I e II, di cui conosciamo gli stati primadell’istante iniziale, che hanno interagito per un certo intervallo di tempodopo il quale non vi e piu nessuna interazione. Indichiamo con Ψ la funzioned’onda del sistema composto I+II che possiamo calcolare in ogni istante ditempo successivo all’interazione grazie all’equazione di Schrodinger.Per calcolare invece lo stato in cui si trova ciascun sistema dopo l’interazionedobbiamo utilizzare il metodo di riduzione del pacchetto d’onda5. Sia Aun’osservabile fisica relativa al sistema I con i suoi autovalori an a cui cor-rispondono le autofunzioni un(x1). Possiamo allora riscrivere la funzione Ψ

4Dopo la misura della posizione della particella questa non si trovera piu nello statodato dalla 2.2, ma in un autostato della posizione.

5Il processo di tale metodo e descritto nella sezione 1.3 della tesi.

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come

Ψ(x1, x2) =∞∑n=1

ψn(x2)un(x1). (2.6)

Se misuriamo la quantita A e otteniamo un valore ak allora il primo sistemasi trovera nello stato dato dalla funzione d’onda uk(x1), mentre il secondosistema nello stato descritto da ψk(x2). Abbiamo quindi ridotto il pacchettod’onda dato dalla serie 2.6 in un singolo termine ψk(x2)uk(x1).Invece di scegliere la grandezza A ne possiamo considerare un’altra, diciamoB, sempre relativa al sistema I, con autofunzioni vs(x1) a cui corrispondonogli autovalori bs e l’espansione 2.6 la possiamo riscrivere in questo modo

Ψ(x1, x2) =∞∑s=1

ϕs(x2)vs(x1). (2.7)

Se ora facciamo una misura della grandezza B trovando il risultato br avremoche il primo sistema e descritto dalla funzione vr(x1), mentre il secondo daϕr(x2).

Quindi abbiamo visto che dopo due diverse misure sul sistema I, il sistemaII puo trovarsi in stati dati da due diverse funzioni d’onda. Tuttavia, datoche i due sistemi non sono piu interagenti, il secondo sistema non puo subirenessun cambiamento reale in seguito a qualsiasi operazione che avviene sulprimo. Dunque e possibile assegnare due diverse funzioni d’onda, ψk e ϕr,ad una stessa realta, cioe il secondo sistema. Puo succedere che queste duefunzioni siano autofunzioni di due osservabili incompatibili, come nell’esem-pio proposto dai tre fisici.

Supponiamo che i due sistemi siano due particelle e che la funzione d’ondache descrive lo stato del sistema composto sia

Ψ(x1, x2) =

∫ +∞

−∞e

i~ (x1−x2+x0)pdp (2.8)

dove x0 e una costante. Sia P1 il momento della prima particella, allora comevisto nell’equazione 2.3 la sua autofunzione e

up(x1) = ei~px1 (2.9)

corrispondente all’autovalore p. Chiaramente, dato che il momento ha unospettro continuo, l’espansione 2.6 dovra essere riscritta in questo modo:

Ψ(x1, x2) =

∫ +∞

−∞ψp(x2)up(x1)dp (2.10)

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doveψp(x2) = e

i~ (x0−x2)p (2.11)

e l’autofunzione del’operatore P2 associato al momento della seconda parti-cella, corrispondente all’autovalore −p.Sia invece ora X1 la posizione della prima particella, la cui autofunzione,corrispondente all’autovalore x, e

vx(x1) = δ(x1 − x). (2.12)

In questo caso l’equazione 2.7 diventa

Ψ(x1, x2) =

∫ +∞

−∞ϕx(x2)vx(x1)dx (2.13)

con

ϕx(x2) =

∫ +∞

−∞e

i~ (x−x2+x0)pdp = 2π~δ(x− x2 − x0) (2.14)

autofunzione dell’operatore associato alla posizione della seconda particellacon autovalore x+ x0.

A questo punto si vede il paradosso EPR6. Infatti abbiamo visto che mi-surando P1 o X1 siamo in grado di predire, senza disturbare in alcun modola seconda particella, il valore del suo momento o della sua posizione. In ac-cordo con il principio di realta quindi nel primo caso dobbiamo considerarela quantita P2 come elemento di realta fisica, nel secondo caso e invece X2

l’elemento di realta. Tuttavia sappiamo, dalle considerazioni generali, che lefunzioni ψp e ϕx descrivono la stessa realta.

Con le considerazioni precedenti i tre colleghi arrivarono a due alternative:o (1) la descrizione quantomeccanica della realta fisica non puo essere con-siderata completa o (2) quando gli operatori relativi a due quantita fisichenon commutano queste non possono avere realta simultanea. Assumendoche la funzione d’onda descriva in maniera completa la realta fisica, Einstein,Podolsky e Rosen giunsero alla conclusione che due grandezze fisiche incom-patibili possono avere una realta simultanea. Pertanto la negazione della (1)porta alla conseguente negazione dell’altra alternativa (2) e cio porta a ne-gare la completezza della descrizione della realta data dalla funzione d’onda.

6EPR sta per Einstein, Podolsky, Rosen.

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2.2 L’esempio di Bohm - Aharonov

In questa parte prendero in considerazione la derivazione del paradossoEPR seguendo un esempio ideato da Bohm e Aharonov7, in cui si esamina unsistema quantistico dal punto di vista delle sue variabili di spin. Il vantaggiodi adottare un esempio di questo tipo sta nel fatto che lo spazio di spin efinito, e quindi consente una semplice trattazione del problema, ed inoltrela formulazione teorica del problema e molto vicina a situazioni sperimentaliche sono state verificate8.

Si consideri una molecola con spin totale nullo costituita da due atomi Ue V aventi spin 1

2. La funzione d’onda che descrive lo stato di singoletto di

tale sistema e data da

|ψ〉 =1√2

[|+〉Uz |−〉Vz − |−〉Uz |+〉Vz ] (2.15)

dove per |±〉Uz e |±〉Vz si intende lo stato della prima e della seconda particellarispettivamente avente spin ±~

2nella direzione lungo l’asse z.

Supponiamo che nell’istante di tempo t0 i due atomi vengano separaticon un metodo che non influenzi lo spin totale. Quando le due particelle sitrovano ad una distanza sufficiente da non permettere l’interazione tra esse,diciamo nell’istante t1, decidiamo di misurare una qualsiasi componente dellospin della prima particella. Allora, dato che lo spin totale resta nullo, possia-mo concludere immediatamente che il valore della stessa componente dellospin della seconda particella e opposto al risultato ottenuto per l’atomo U .Questo significa che le due particelle hanno gli spin perfettamente correlati,cioe la misura di una componente dello spin della particella U ci permettedi conoscere con certezza il valore della stessa componente dello spin dellaparticella V , che sara opposto.

Con la Meccanica Quantistica sorge una difficolta perche solo una compo-nente dello spin di ciascun atomo puo avere un valore ben definito. Infatti semisuriamo per esempio la componente lungo l’asse z, le restanti componentidello spin saranno invece indeterminate, cioe non vi sara nessuna correlazionetra di esse.

Ipotizziamo di misurare nell’istante t1 la componente z dello spin della

7D. Bohm and Y. Aharonov, Phys. Rev. 108, 1070 (1957).8Bohm e Aharonov in una parte del loro articolo trattano lo studio di polarizzazione di

fotoni correlati che vengono prodotti dall’annichilazione di una coppia positrone-elettrone.In questo processo di annichilazione vengono emessi simultaneamente due fotoni aventimomento opposto e stati di polarizzazione uno perpendicolare all’altro. Essi mostraronoche la funzione d’onda per i due fotoni rassomiglia a quella per gli spin di una coppia dielettroni.

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particella U e fissiamo l’attenzione sui sistemi ξ+ per cui la misura fornisceil risultato +~

2. Il metodo di riduzione del pacchetto d’onda ci dice che tale

ensemble e descritto dallo stato |+〉Uz |−〉Vz che e separabile nei due sottoin-siemi costituiti dalla prima particella con σUz = +1 e dall’altra particella conσVz = −1.Questo significa che una misura nell’istante di tempo t2 > t1 della compo-nente lungo z dello spin della particella V ci fornisce il risultato −~

2con

probabilita unitaria. Il principio di realta e l’equazione di Schrodinger ciportano ad affermare che σVz e una proprieta oggettiva sia nell’istante t2 chein qualunque istante di tempo t′1 compreso tra t1 e t2. Tuttavia i due ato-mi sono separati e non piu interagenti, quindi l’applicazione del principio dilocalita porta ad ammettere che σVz = −1 e una proprieta fisica della secon-da particella appartenente al sistema ξ+ anche nell’istante t1 e in qualsiasiistante temporale t0 < t′′1 < t1.Le due situazioni sono pero differenti in quanto all’istante t1 l’osservatoreconosce il valore di σVz grazie alla correlazione con σUz , mentre non lo conosceancora nell’istante t′′1. Se si assume la completezza della Meccanica Quantisti-ca e necessario ammettere che all’istante di tempo t′′1 il sistema e separato neidue sottosistemi ξ+ e ξ− e quindi non piu descritto dallo stato di singoletto2.15, ma dalla miscela

|ψ1〉 = |+〉Uz |−〉Vz p1 =1

2

|ψ2〉 = |−〉Uz |+〉Vz p2 =1

2(2.16)

Come ho mostrato nella sezione 1.2 stati puri e miscele forniscono previsionidifferenti per misure di correlazione e quindi abbiamo una situazione para-dossale. Inizialmente abbiamo assunto il sistema nello stato di singoletto 2.15e abbiamo mostrato che in realta tale stato e la miscela 2.16, che fisicamentee diverso dallo stato puro 2.15.

Il paradosso nasce dall’assunzione di tre ipotesi:

• principio di realta;

• principio di localita;

• completezza della Meccanica Quantistica.

Lasciando cadere una di queste assunzioni il paradosso EPR si risolve percheil ragionamento deduttivo che porta da stato puro a miscela si interrompe.Einstein, Podolsky e Rosen ritengono i primi due principi naturali ed evi-denti e quindi giungono alla conclusione dell’incompletezza della Meccanica

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Quantistica.

Bohr, per cercare di superare il paradosso EPR, propose il concetto dicomplementarieta9. Secondo Bohr non siamo in presenza di una descrizioneincompleta dovuta alla scelta di alcuni elementi della realta fisica a discapitodi altri, ma siamo davanti ad una discriminazione razionale tra diversi ap-parati sperimentali e diverse procedure di misura. Esiste cioe un’influenzasulle condizioni che definiscono le predizioni del comportamento di un si-stema e queste condizioni costituiscono una parte della realta fisica, infattila rinuncia in ciascun apparato di misurazione di uno o dell’altro aspetto10

della descrizione dei fenomeni fisici dipende essenzialmente dall’incapacita dicontrollare l’interazione tra gli oggetti osservati e gli apparati strumentali.

9N. Bohr, Phys. Rev. 48, 696 (1935).10In questo senso si possono dire complementari.

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Capitolo 3

Disuguaglianze di Bell everifiche sperimentali

Nel capitolo precedente, attraverso l’analisi del lavoro di Einstein, Podol-sky e Rosen, abbiamo visto come la descrizione della realta data dalla Mec-canica Quantistica non sarebbe completa. La formulazione di una teoria avariabili nascoste potrebbe costituire un completamento della teoria quan-tomeccanica portando in questo modo ad una visione determinista del mondo.Bell si rende conto che effettivamente esiste la possibilita di prendere in con-siderazione completamenti deterministici della Meccanica Quantistica, a cos-to pero di pagare un prezzo piuttosto alto.

In questo capitolo analizzero il lavoro di Bell del 19641 e una serie diverifiche sperimentali delle sue disuguaglianze.

3.1 Teorema di Bell

Seguendo l’esempio di Bohm e Aharonov consideriamo una coppia di par-ticelle con spin 1

2in moto libero in direzioni opposte e formanti un sistema

nello stato di singoletto di spin. Possiamo effettuare misure degli spin σ1

e σ2 lungo direzioni selezionate mediante, per esempio, magneti del tipo diStern e Gerlach. Secondo la Meccanica Quantistica se la misura della com-ponente σ1 · a, dove a e un vettore unitario, fornisce il valore +1, allora lamisura di σ2 · a fornira con certezza il valore −1.Introduciamo ora il principio di localita formulato da Einstein, secondo ilquale se le due misure vengono effettuate in luoghi distanti uno dall’altro,allora l’orientazione di un magnete non influenza il risultato ottenuto dall’al-tro. Dunque, dato che siamo in grado di prevedere il risultato della misura

1J. S. Bell, Physics (N.Y.) 1, 195 (1964).

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di una qualsiasi componente di σ2 dopo aver misurato la stessa componentedi σ1, tale risultato deve essere predeterminato.

Tale predeterminazione implica la possibilita di una specificazione piucompleta dello stato di un sistema effettuata per mezzo di parametri λ.Allora il risultato A della misura di σ1 · a e determinato dal vettore a edal parametro λ, allo stesso modo il risultato B della misura di σ2 · b edeterminato da λ e dal vettore unitario b e abbiamo che

A(a, λ) = ±1

B(b, λ) = ±1 (3.1)

Il principio di localita, fondamentale nell’argomentazione di Einstein, Podol-sky e Rosen, implica che il risultato B non dipende da a e viceversa A nondipende da b.

Sia ρ(λ) la distribuzione di probabilita del parametro λ, che abbiamo as-sunto essere singolo e continuo, allora il valore di aspettazione del prodottodelle due componenti σ1 · a e σ2 · b e:

P (a, b) =

∫dλρ(λ)A(a, λ)B(b, λ). (3.2)

Questo valore dovrebbe eguagliare quello quantomeccanico, che per lo statodi singoletto e:

〈σ1 · a σ2 · b〉 = −a · b. (3.3)

Nel suo lavoro Bell giungera pero alla conclusione che questa uguaglianzanon e possibile.

Siccome ρ(λ) e una distribuzione di probabilita, essa risulta essere nor-malizzata ∫

dλρ(λ) = 1. (3.4)

Dato che valgono le relazioni 3.1, la 3.2 non puo essere minore di −1, valoreche viene raggiunto solo quando a = b se

A(a, λ) = −B(a, λ) (3.5)

e la 3.2 diventa

P (a, b) = −∫dλρ(λ)A(a, λ)A(b, λ). (3.6)

Sia ora c un altro vettore unitario, usando le 3.1 ne segue

P (a, b)− P (a, c) = −∫dλρ(λ)

[A(a, λ)A(b, λ)− A(a, λ)A(c, λ)

]=

=

∫dλρ(λ)A(a, λ)A(b, λ)

[A(b, λ)A(c, λ)− 1

]21

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da cui

|P (a, b)− P (a, c)| ≤∫dλρ(λ)

[1− A(b, λ)A(c, λ)

].

Ricordando la definizione 3.6, il secondo termine del membro di destra e paria P (b, c), quindi

1 + P (b, c) ≥ |P (a, b)− P (a, c)|. (3.7)

In generale il membro di destra di questa disuguaglianza e dell’ordine di|b − c| per piccoli valori di |b − c|, dunque il valore P (b, c) non puo esserestazionario al valore minimo2 e pertanto non puo eguagliare il risultato delaMeccanica Quantistica 3.3.

Dimostriamo ora che d’altra parte nemmeno la correlazione quantomec-canica 3.3 puo essere approssimata in maniera arbitrariamente precisa dalla3.2.Invece delle relazioni 3.2 e 3.3 consideriamo le medie

P (a, b) −a · b

e supponiamo che per qualsiasi vettore unitario a e b la differenza tra le duemedie sia limitata superiormente

|P (a, b) + a · b| ≤ ε. (3.8)

Il nostro obbiettivo sara quello di dimostrare che tale ε non puo essere resopiccolo a piacere.

Ipotizziamo ora che per ogni a e b valga anche

|a · b− a · b| ≤ δ. (3.9)

Allora

|P (a, b) + a · b| ≤ |P (a, b) + a · b|+ |a · b− a · b| ≤ ε+ δ. (3.10)

Dalla 3.2

P (a, b) =

∫dλρ(λ)A(a, λ)B(b, λ) (3.11)

dove|A(a, λ)| ≤ 1 |B(b, λ)| ≤ 1. (3.12)

Utilizzando le 3.10 e 3.11, con a = b otteniamo∫dλρ(λ)

[A(b, λ)B(b, λ) + 1

]≤ ε+ δ. (3.13)

2Il valore minimo che puo essere raggiunto e pari a −1 per b = c.

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Prendendo ora in considerazione un altro vettore unitario c e ricordandola definizione 3.11 abbiamo

P (a, b)− P (a, c) =

∫dλρ(λ)

[A(a, λ)B(b, λ)− A(a, λ)B(c, λ)

]=

=

∫dλρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)

[1 + A(b, λ)B(c, λ)

]−

−∫dλρ(λ)A(a, λ)B(c, λ)

[1 + A(b, λ)B(b, λ)

].

Usando le due condizioni 3.12

|P (a, b)−P (a, c)| ≤∫dλρ(λ)

[1 + A(b, λ)B(c, λ)

]+

∫dλρ(λ)

[1 + A(b, λ)B(b, λ)

].

Pertanto dalle 3.11 e 3.13

|P (a, b)− P (a, c)| ≤ 1 + P (b, c) + ε+ δ.

Infine utilizzando la disuguaglianza 3.10 abbiamo

|a · c− a · b| − 2(ε+ δ) ≤ 1− b · c+ 2(ε+ δ)

cioe4(ε+ δ) ≥ |a · c− a · b|+ b · c− 1. (3.14)

Se prendiamo per esempio a · c = 0 e a · b = b · c = 1√2

allora la 3.14 cidice che

4(ε+ δ) ≥√

2− 1

cioe non e possibile rendere ε arbitrariamente piccolo nonostante δ assumavalori finiti piccoli. Dunque il valore quantomeccanico dato dalla 3.3 non puoessere rappresentato nella forma 3.2.

Proviamo ora a ricavare la disuguaglianza di Bell utilizzando un sem-plice modello creato da E.P.Wigner. Quando abbiamo un grande numerodi sistemi a spin 1

2attribuiamo ad una certa frazione di essi la seguente

proprieta:

- se si misura σz si ottiene con certezza il valore +1;

- se si misura σx si ottiene con certezza il valore −1.

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Una particella che soddisfa tale proprieta e del tipo |z+; x−〉. Notiamocomunque che in questo modo non stiamo dicendo di poter misurare simul-taneamente le due componenti dello spin, ma stiamo assegnando definitecomponenti di spin in piu direzioni sottointendendo che solo l’una o l’altrapuo essere effettivamente misurata.

Vediamo ora come questo modello puo rendere conto delle misure di cor-relazione di spin eseguite su sistemi compositi nello stato di singoletto dispin. Chiaramente per una particolare coppia di particelle deve esserci unaperfetta predeterminazione tra la particella 1 e la particella 2 in modo cheil momento angolare totale sia nullo. I risultati delle misure di correlazioneprevisti dalla Meccanica Quantistica vengono riprodotti se le particelle sonopredeterminate nel seguente modo:

particella 1 particella 2

|z+; x−〉 |z−; x+〉

|z+; x+〉 |z−; x−〉

|z−; x+〉 |z+; x−〉

|z−; x−〉 |z+; x+〉

con uguali popolazioni, cioe 25% ognuna. Supponiamo che una coppia parti-colare appartenga al primo tipo della tabella e che il primo osservatore decidadi misurare σz della particella 1. Allora otterra sicuramente il risultato +1indipendentemente dalla misura effettuata dal secondo osservatore sulla par-ticella 2. In questo senso il modello che stiamo considerando contiene ilprincipio di localita di Einstein: il risultato della misura del primo osserva-tore e predeterminato indipendentemente da cosa l’altro decida di misurare.

Questo modello ha avuto successo nel predire i risultati quantomeccanicinegli esempi considerati fino ad ora. Vediamo qui invece situazioni piu com-plesse in cui il modello porta a predizioni differenti.Consideriamo tre vettori unitari a, b e c e immaginiamo che una delle dueparticelle sia del tipo, per esempio, |a−; b+; c+〉. Cio significa che se simisura σ · a si ottiene con certezza il valore −1, la misura σ · b forniscesicuramente il valore +1, analogamente alla misura di σ · c. Anche in questocaso ci deve essere una perfetta predeterminazione nel senso che l’altra parti-cella dovra essere del tipo |a+; b−; c−〉 per assicurare un momento angolare

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nullo. Otteniamo quindi una situazione descritta dalla tabella seguente incui abbiamo le diverse possibilita di coppia per le due particelle

popolazione particella 1 particella 2

N1 |a+; b+; c+〉 |a−; b−; c−〉

N2 |a+; b+; c−〉 |a−; b−; c+〉

N3 |a+; b−; c+〉 |a−; b+; c−〉

N4 |a+; b−; c−〉 |a−; b+; c+〉

N5 |a−; b+; c+〉 |a+; b−; c−〉

N6 |a−; b+; c−〉 |a+; b−; c+〉

N7 |a−; b−; c+〉 |a+; b+; c−〉

N8 |a−; b−; c−〉 |a+; b+; c+〉

Le otto possibilita scritte nella tabella sono mutuamente esclusive e disgiunte.Supponiamo che il primo osservatore trovi che σ1 ·a sia pari a +1, mentre

il secondo osservatore ottenga ancora +1 per σ2 · b. Dalla tabella scritta inprecedenza e chiaro che la coppia appartiene al tipo 3 o al tipo 4 e dunqueil numero di coppie per cui si verificano queste misure e N3 + N4. Dato chei numeri Ni che rappresentano le popolazioni per ciascun tipo sono semi-definiti positivi abbiamo una disuguaglianza di questo genere

N3 +N4 ≤ (N2 +N4) + (N3 +N7) . (3.15)

Definiamo P (a+; b+) la probabilita che in una scelta casuale il primo os-servatore misuri +1 per σ1 · a e il secondo osservatore ottenga +1 per unamisura di σ2 · b. Ovviamente avremo

P (a+; b+) =N3 +N4∑8

i=1Ni

(3.16)

e similmente

P (a+; c+) =N2 +N4∑8

i=1 Ni

P (c+; b+) =N3 +N7∑8

i=1Ni

(3.17)

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La condizione 3.15 diventa allora

P (a+; b+) ≤ P (a+; c+) + P (c+; b+) (3.18)

Questa e la disuguaglianza di Bell che segue dal principio di localita diEinstein.

Caratterizziamo ora tutti i singoletti di spin con lo stesso ket

|ψ〉 =1√2

(|z+; z−〉 − |z−; z+〉)

senza parlare di frazioni di coppie di particelle che appartengono ad un tipo oad un altro. Con queso ket e con le usuali regole della Meccanica Quantisticapossiamo calcolare in modo univoco ciascun termine della disuguaglianza3.18.Valutiamo prima di tutto la probabilita P (a+; b+). Supponiamo che il primoosservatore misuri σ1 · a positvo, allora per la correlazione al 100% le misureda parte del secondo osservatore di σ2 · a forniranno sicuramente un risultatonegativo. Per valutare P (a+; b+) dobbiamo pero considerare un nuovo assedi quantizzazione b, lungo il quale il secondo osservatore misura lo spin dellaparticella 2, e formante un angolo θab con il vettore a.

Figura 3.1: In figura una possibile orientazione delle direzioni lungo le qualiscegliamo di misurare lo spin delle particelle che costituiscono la coppia.

Grazie al formalismo delle rotazioni finite applicate a sistemi di spin 12

riusciamo a derivare la probabilita che la misura di σ2 · b dia un risultatopositivo quando e noto che la particella 2 si trova nell’autoket di σ2 · acorrispondente all’autovalore negativo. Essa e pari a

cos2

[π − θab

2

]= sin2

(θab2

).

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Otteniamo quindi

P (a; b) =1

2sin2

(θab2

)(3.19)

dove abbiamo inserito il fattore 12

dal momento che dobbiamo tener contodella probabilita di ottenere inizialmente σ1 · a con valore positivo.Possiamo generalizzare la 3.19 agli altri termini della 3.18 che puo essereriscritta nel seguente modo:

sin2

(θab2

)≤ sin2

(θac2

)+ sin2

(θcb2

). (3.20)

Dal punto di vista geometrico la disuguaglianza 3.20 non e pero semprepossibile. Infatti supponiamo che i tre vettori a, b e c siano complanari eche

θab = 2θ θac = θcb = θ.

Allora la 3.20 e violata per

0 < θ <π

2.

Pertanto le predizioni della Meccanica Quantistica non sono compatibilicon la disuguaglianza di Bell.

Generalizzazione del teorema di Bell

Clauser, Horne, Shimony e Holt generalizzarono le disuguaglianze di Bellin modo da poter essere applicate ad esperimenti realizzabili3. Infatti talidisuguaglianze4 sono basate su una combinazione di quattro coefficienti dicorrelazione di polarizzazione misurati in quattro diverse orientazioni dei po-larizzatori.

Consideriamo un ensemble di coppie correlate di particelle che si muovonoin due direzioni opposte in modo tale che una entri nell’apparato Ia e l’al-tra nell’apparato IIb in ciascuno dei quali una particella ha la possibilita diselezionare uno di due canali identificati con ±1. I risultati di tali raccoltesono rappresentati da due funzioni A(a, λ) e B(b, λ), dove λ sono le variabilinascoste che contengono l’informazione grazie alla quale abbiamo la corre-lazione tra i risultati, mentre a e b sono i parametri variabili dei due apparatidi misurazione.Definiamo la funzione di correlazione come

E(a, b) =

∫Γ

dλρ(λ)A(a, λ)B(b, λ) (3.21)

3J. F. Clauser, M. A. Horne, A. Shimony and R. A. Holt, Phys. Rev. Lett. 23, 880(1969).

4Queste disuguaglianze sono dette di BCHSH (Bell, Clauser, Horne, Shimony, Holt).

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dove Γ e lo spazio totale delle variabili nascoste λ.Utilizzando la definizione 3.21 abbiamo

|E(a, b)− E(a, c)| ≤∫

Γ

dλρ(λ)|A(a, λ)B(b, λ)− A(a, λ)B(c, λ)| =

=

∫Γ

dλρ(λ)|A(a, λ)B(b, λ)| [1−B(b, λ)B(c, λ)] =

=

∫Γ

dλρ(λ) [1−B(b, λ)B(c, λ)] =

= 1−∫

Γ

dλρ(λ)B(b, λ)B(c, λ). (3.22)

Supponiamo che per qualche parametro b′ abbiamo E(b′, b) = 1− δ, dove0 ≤ δ ≤ 1. Ipotizziamo inoltre δ → 0, che costituisce il caso sperimental-mente piu interessante.Ora se dividiamo la regione Γ in due parti Γ± = λ|A(b′, λ) = ±B(b, λ),abbiamo

∫Γ−dλρ(λ) = 1

2δ. Pertanto∫

Γ

dλρ(λ)B(b, λ)B(c, λ) =

=

∫Γ

dλρ(λ)A(b′, λ)B(c, λ)− 2

∫Γ−

dλρ(λ)A(b′, λ)B(c, λ) ≥

≥ E(b′, c)− 2

∫Γ−

dλρ(λ)|A(b′, λ)B(c, λ)| = E(b′, c)− δ =

= E(b′, c) + E(b′, b)− 1 (3.23)

e quindi|E(a, b)− E(a, c)| ≤ 2− E(b′, b)− E(b′, c). (3.24)

Sperimentalmente l’apparato di misurazione potrebbe essere costituitoda un filtro seguito da un rilevatore e quindi i valori ±1 corrispondono allarilevazione o alla non-rilevazione delle particelle, in questo modo possiamoverificare la disuguaglianza 3.24 applicandola direttamente ad esperimenti diconteggio.Se utilizziamo dei fotoni pero questa modalita non porta ad una vera e propriaverifica della 3.24 perche i fotomoltiplicatori hanno un’efficienza piu piccola.Possiamo dunque interpretare A(a, λ) = ±1 e B(b, λ) = ±1 come l’uscita o lanon-uscita dei fotoni dai ripettivi filtri, che potrebbero essere dei polarizzatorilineari.Introduciamo a questo punto un ulteriore parametro, indicato con ∞, cherappresenta la rimozione dell’apparato di misurazione e chiaramente avremo

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A(∞) e B(∞) uguali a +1.Facciamo poi un’altra ipotesi secondo la quale se una coppia di fotoni emergedai due polarizzatori Ia e IIb la probabilita della loro rilevazione congiuntae indipendente dai parametri a e b. Cosı se il flusso di fotoni all’internodei due polarizzatori e costante e indipendente da a e b allora il conteggio dicoincidenze R(a, b) e proporzionale a w(A(a)+, B(b)+), dove w(A(a)±, B(b)±)e la probabilita che A(a) = ±1 e B(b) = ±1.Ponendo

R0 = R(∞,∞) R1(a) = R(a,∞) R2(b) = R(∞, b)

e utilizzando le formule

E(a, b) = w(A(a)+, B(b)+)+w(A(a)−, B(b)−)−w(A(a)+, B(b)−)−w(A(a)−, B(b)+)

w(A(a)+, B(∞)+) = w(A(a)+, B(b)+) + w(A(a)+, B(b)−)

w(A(∞)+, B(b)+) = w(A(a)+, B(b)+) + w(A(a)−, B(b)+)

w(A(∞)+, B(∞)+) = E(a, b) + 2w(A(a)+, B(b)−) + 2w(A(a)−, B(b)+)

otteniamo

E(a, b) =4R(a, b)

R0

− 2R1(a)

R0

− 2R2(b)

R0

+ 1. (3.25)

Supponendo infine che R1(a) e R2(b) siano delle costanti R1 e R2 trovabilisperimentalmente, a questo punto siamo in grado di riscrivere la disugua-glianza 3.24 in termini di quantita sperimentali

|R(a, b)−R(a, c)|+R(b′, b) +R(b′, c)−R1 −R2 ≤ 0. (3.26)

Gedankenexperiment di Einstein, Podolsky, Rosen, Bohm

Rivediamo ora il percorso che ci ha portati fino alle disuguaglianze di Bellpartendo dal gedankenexperiment di Einstein, Podolsky, Rosen e Bohm.

Nella versione ottica dell’esperimento concettuale di Einstein, Podolskye Rosen, dovuta a Bohm, una sorgente emette coppie di fotoni in uno statosimile a quello di singoletto per una coppia di particelle a spin 1

2. Quindi

possiamo dire che lo stato che descrive la polarizzazione dei due fotoni e datodal ket

|Ψ(ν1, ν2)〉 =1√2

(|x, x〉+ |y, y〉) (3.27)

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Figura 3.2: Apparato sperimentale dell’esperimento concettuale di Einstein,Podolsky e Rosen. Due particelle di spin 1

2(o due fotoni) in uno stato di

singoletto (o in uno stato simile) vengono separate e vengono misurate lecomponenti di spin (o le polarizzazioni lineari) lungo a e b. Sappiamo che laMeccanica Quantistica prevede delle forti correlazioni tra queste misure.

dove |x〉 e |y〉 sono stati di polarizzazione lineare, mentre ν1 e ν2 sono le di-verse frequenze dei due fotoni emessi che propagano in due direzioni opposte.

Una volta che i due fotoni sono separati supponiamo di effettuare dellemisure di polarizzazione lineare tramite due polarizzatori ognuno seguito dadue rilevatori. Il polarizzatore I, che prendiamo orientato lungo la direzionea, fornira i risultati +1 o −1 a seconda che la polarizzazione del fotone siarispettivamente parallela o perpendicolare alla direzione scelta per il polar-izzatore. Allo stesso modo agisce il polarizzatore II che ipotizziamo essereorientato lungo b.

Sappiamo che la Meccanica Quantistica prevede delle correlazioni tra lemisure che possiamo effettuare sui due fotoni.Per misure singole e previsto

P (a+) = P (a−) =1

2

P (b+) = P (b−) =1

2

dove P (a±) e la probabilita di ottenere il risultato ±1 per una misura sulfotone ν1 e analogamente P (b±) e la probabilita di ottenere ±1 per il fotoneν2.Per misure in coincidenza invece la Meccanica Quantistica prevede

P (a+, b+) = P (a−, b−) =1

2cos2 θab

P (a+, b−) = P (a−, b+) =1

2sin2 θab

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dove P (a±, b±) rappresentano le probabilita di ottenere risultati rispetti-vamente ±1 per misure congiunte sui fotoni ν1 e ν2, mentre θab e l’angolocompreso tra le due direzioni a e b.

In questo contesto diventa molto utile la funzione di correlazione definitanel seguente modo

E(a, b) = P (a+, b+) + P (a−, b−)− P (a+, b−)− P (a−, b+). (3.28)

Sostituendo le previsioni della Meccanica Quantistica per le diverse proba-bilita otteniamo

EQM(a, b) = cos 2θab. (3.29)

Secondo Einstein queste correlazioni tra le misurazioni appena descrittesu fotoni separati spazialmente possono essere spiegate in termini di proprie-ta comuni ad entrambi i membri delle coppie emesse dalla sorgente.Prendiamo in considerazione per esempio il caso di completa correlazione,cioe θab = 0 in modo che E(a, b) = 1. Dunque se misuriamo +1 per ilfotone ν1 allora sicuramente, dalle previsioni della Meccanica Quantistica,siamo sicuri di avere +1 anche per il fotone ν2 senza dover effettuare alcu-na misura. Pertanto dobbiamo ammettere l’esistenza di qualche proprieta,detta variabile nascosta, che determina questa particolare coppia di fotoni.Chiaramente tali variabili nascoste saranno differenti per coppie diverse.

Bell partendo da teorie che spiegherebbero la Meccanica Quantistica intermini di tali parametri aggiuntivi5 e assumendo il principio di localita ar-riva a delle disuguaglianze che non sempre si adeguano alle previsioni dellateoria quantomeccanica.Definiamo la funzione di correlazione E(a, b) in questo modo

E(a, b) =

∫A(a, λ)B(b, λ)ρ(λ)dλ (3.30)

dove ρ(λ) e la distribuzione di probabilita delle variabili nascoste λ, mentreA(a, λ) e B(b, λ) sono i risultati delle misure che dipendono dall’orientazionedei polarizzatori e dai parametri che caratterizzano la coppia su cui si effettuala misura.

Possiamo ora definire un’altra quantita che torna utile per riscrivere ledisuguaglianze di Bell in modo da poter essere applicate sperimentalmente

s(a, a′, b, b′, λ) = A(a, λ)B(b, λ) + A(a′, λ)B(b, λ) +

+A(a′, λ)B(b′, λ)− A(a, λ)B(b′, λ) =

= A(a′, λ)[B(b, λ) +B(b′, λ)

]+ A(a, λ)

[B(b, λ)−B(b′, λ)

].

5Queste teorie sono dette teorie locali realistiche.

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Notando che i risultati A e B possono assumere solo i valori ±1, allora laquantita appena definita e pari a ±2. Se ora integriamo sullo spazio dellevariabili nascoste, cioe mediamo su tutti i parametri λ, otteniamo la seguentedisuguaglianza

−2 ≤∫s(a, a′, b, b′, λ)ρ(λ)dλ ≤ 2 (3.31)

dove possiamo porre

S(a, a′, b, b′, λ) =

∫s(a, a′, b, b′, λ)ρ(λ)dλ =

= E(a, b) + E(a′, b) + E(a′, b′)− E(a, b′).

Questa e la generalizzazione delle disuguaglianze di Bell basata su unacombinazione di quattro coefficienti di correlazione tra le misure di polariz-zazione in quatto diverse orientazioni.

Vogliamo ora cercare il massimo conflitto tra le previsioni della Mec-canica Quantistica e le disuguaglianze di Bell.Il valore estremo che puo assumere SQM si ha quando

θab = θba′ = θa′b′ = θ.

Utilizzando la relazione 3.29 otteniamo allora

SQM = 3 cos 2θ − cos 6θ. (3.32)

Figura 3.3: Direzioni che portano al massimo conflitto tra le disuguaglianzedi Bell e la Meccanica Quantistica.

Per determinare il massimo e il minimo valore assunto dalla quantitaSQM poniamo la derivata di S rispetto a θ uguale a zero e otteniamo gli

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angoli per cui abbiamo il massimo conflitto tra la teoria quantomeccanica ele disuguaglianze di BCHSH. Quindi

dSQMdθ

= 6 sin 6θ − 6 sin 2θ = 0

che vale per

θ =π

8= 22.5

θ =3

8π = 67.5. (3.33)

3.2 Gli esperimenti di Aspect

I lavori piu importanti e piu completi che sono stati eseguiti per verifi-care le disuguaglianze di Bell sono gli esperimenti condotti da Alain Aspecte collaboratori.

Essi cercarono di creare apparati sperimentali piu complessi rispetto aquelli utilizzati fino a quel momento e fecero tre diversi esperimenti sfruttan-do pero la stessa sorgente.Aspect riuscı a costruire una sorgente ad alta efficienza e molto stabilemediante l’eccitazione a due fotoni della cascata atomica

4p2(1S0)→ 4s4p(1P1)→ 4s2(1S0)

del calcio la quale emette due fotoni visibili ν1 e ν2 correlati nella polariz-zazione.

Figura 3.4: Eccitazione a due fotoni della cascata atomica del calcio utilizzatacome sorgente per gli esperimenti di Aspect.

L’eccitazione della cascata viene fatta con due diversi laser aventi po-larizzazioni parallele e focalizzati perpendicolarmente sul fasco atomico di

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calcio. Un primo ciclo di retroazione controlla la lunghezza d’onda del laserper avere il massimo segnale di fluorescenza, un secondo ciclo invece controllala potenza del laser per stabilizzare l’emissione di fotoni.In questo modo Aspect riuscı ad ottenere una sorgente il piu stabile ed ef-ficiente possibile con una velocita di cascata di 4 × 107 coppie di fotoni alsecondo utilizzando solo 40mW per ciascun laser.

Esperimento con polarizzatori ad un canale

Nel loro primo esperimento6 Aspect e collaboratori hanno utilizzato duepolarizzatori a pila di piatti formati da dieci piatti di vetro posizionati all’an-golo di Brewster. Di fronte a ciascun polarizzatore e stato posto un polar-izzatore lineare che trasmette i fotoni polarizzati parallelamente agli assi delpolarizzatore stesso e blocca invece quelli polarizzati perpendicolarmente. Inquesto senso si parla di polarizzatori ad un canale poiche viene misurato soloil valore +1 per cascun fotone delle coppie emesse dalla sorgente.Il segnale fluorescente emesso dalla cascata atomica viene focalizzato versoquesti polarizzatori da lenti asferiche a grande apertura seguite da un insiemedi lenti.

Figura 3.5: Schema dell’apparato sperimentala con polarizzatori ad un solocanale.

Per quanto riguarda il conteggio delle coincidenze7 i fotomoltiplicatori,posizionati dopo i polarizzatori lineari, alimentano un circuito elettronico

6A. Aspect, P. Grangier and G. Roger, Phys. Rev. Lett. 47, 460 (1981).7Per coincidenze si intende quelle volte che la misura di entrambi i fotoni di una stessa

coppia emessa fornisce lo stesso risultato.

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costituito da un convertitore tempo-ampiezza ed un analizzatore multicanaleche fornisce lo spettro di ritardo delle rilevazioni a due fotoni. Tale spettro,come mostrato in figura 3.6, e costituito da un fondo piatto, dovuto alle co-incidenze accidentali (cioe la misura di fotoni emessi da altri atomi), e da unpicco centrato attorno al ritardo nullo, che ci fornisce il conteggio delle verecoincidenze, seguito da un decremento esponenziale.

Figura 3.6: Spettro di ritardo. In tale grafico vediamo il numero delle coppierilevate in funzione del ritardo tra le rilevazioni dei due fotoni.

Per verificare che effettivamente il picco di tale spettro fornisce il nu-mero delle vere coincidenze, e possibile utilizzare un circuito a coincidenzestandard, che controlli il tasso di coincidenze attorno al ritardo nullo, e uncircuito a coincidenze ritardate, che controlli invece le coincidenze acciden-tali. Le vere coincidenze sono allora date dalla differenza dei due conteggi edeffettivamente queste sono uguali a quelle registrate nel picco dello spettrodi ritardo.

L’utilizzo di polarizzatori ad un solo canale, come accennato in preceden-za, ci permette di determinare solo il risultato R(a+; b+) = R(a; b) poichenon sappiamo se il risultato −1 per un fotone e dovuto effettivamente al fattoche la sua polarizzazione e ortogonale agli assi del polarizzatore o se e dovutoad una scarsa efficienza del sistema di conteggio.Sono state quindi effettuate delle raccolte ausiliari con uno o entrambi ipolarizzatori rimossi trovando in questo modo le seguenti quantita:

R(∞,∞) = R0 R(a+;∞) = R1(a) R(∞; b+) = R2(b)

Dalla generalizzazione del teorema di Bell 3.25 otteniamo la seguente disu-

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guaglianza

−1 ≤ S =1

R0

[R(a; b) +R(a′; b) +R(a′; b′)−R(a; b′)−R1(a′)−R2(b)

]≤ 0

(3.34)In precedenza abbiamo visto per quali direzioni dei polarizzatori abbia-

mo teoricamente la massima violazione delle disuguaglianze di Bell (3.33).Aspect misuro S con θ = 22.5 trovando

Sexp = 0.126± 0.014

che vıola la disuguaglianza 3.34 ed e in buon accordo con il valore previstodalla Meccanica Quantistica

SQM = 0.118± 0.005.

Infine, per soddisfare la condizione per la quale i due eventi devono essereseparati uno dall’altro in modo da non potersi influenzare vicendevolmentecon segnali che si propagano con una velocita minore o uguale a quella dellaluce, sono state ripetute le stesse misure con i polarizzatori distanti 6.5mdalla sorgente senza osservare cambiamenti nei risultati.

Esperimento con polarizzatori a due canali

Questo esperimento8 e la realizzazione del gedankenexperiment di Ein-stein, Podolsky, Rosen e Bohm con l’utilizzo di polarizzatori a due canali.

Figura 3.7: Setup dell’esperimento con polarizzatori a due canali.

In precedenza abbiamo visto che l’utilizzo di polarizzatori ad un solocanale richiede la raccolta ausiliare di alcune quantita e la verifica delle di-suguaglianze di Bell non e diretta.

8A. Aspect, P. Grangier and G. Roger, Phys. Rev. Lett. 49, 91 (1982).

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Con l’utilizzo di polarizzatori a due canali invece e possibile misurare siai fotoni con polarizzazione parallela sia i fotoni con polarizzazione perpen-dicolare agli assi dei polarizzatori. Infatti i polarizzatori sono dei cubi chetrasmettono i fotoni polarizzati parallelamente e riflettono quelli polarizzatiperpendicolarmente e questi fotoni vengono poi rilevati da dei fotomoltipli-catori.

Con l’ausilio di un sistema di conteggio di coincidenze quadruplo e statopossibile misurare con una sola raccolta dati i quattro termini R(a±; b±)che permettono di determinare la funzione di correlazione cosı definita:

E(a; b) =R(a+; b+) +R(a−; b−)−R(a+; b−)−R(a−; b+)

R0

. (3.35)

Dunque per verificare direttamente la disuguaglianza 3.31 e sufficiente ripeterele stesse misure per altre tre direzioni.

Questo metodo e corretto se i valori misurati 3.35 sono uguali alla definizione3.28, cioe se assumiamo che l’insieme delle coppie rilevate e un campione sig-nificativo di tutte le coppie emesse. Questa ipotesi e ragionevole dal momentoche le misure ±1 sono trattate allo stesso modo ed inoltre i polarizzatori han-no gli stessi coefficienti di efficienza.

Queste misure sono state effettuate lungo le direzioni 3.33 che danno ilmassimo conflitto tra la Meccanica Quantistica e le disuguaglianze di Bellottenendo il risultato

Sexp = 2.697± 0.015

che e in completo accordo con il valore previsto dalla Meccanica Quantistica

SQM = 2.70± 0.05

dove l’errore indicato tiene conto di una possibile leggera mancanza di sim-metria tra i due canali di ciascun polarizzatore.

La realizzazione della versione ottica dell’esperimento concettuale EPRha portato dunque a risultati in completo accordo con la Meccanica Quan-tistica e alla violazione delle disuguaglianze di Bell. Dunque questo ci spingea rifiutare teorie realistiche locali dal momento che sperimentalmente nonesiste nessuna predeterminazione nei campioni rilevati.

Esperimento con polarizzatori variabili nel tempo

L’esperimento piu interessante condotto da Aspect e quello in cui sonostati utilizzati polarizzatori a disposizione variabile9. Fondamentale e l’im-portanza di esperimenti di questo tipo dal momento che l’assunzione del

9A. Aspect, J. Dalibard and G. Roger, Phys. Rev. Lett. 49, 1804 (1982).

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principio di localita e ragionevole, ma non e prescritta da alcuna legge fisica.Infatti si potrebbe pensare che gli analizzatori fissi possano essere dispostilungo le rispettive direzioni sufficientemente in anticipo da consentire loro dicomunicare mediante uno scambio di segnali con velocita minore o ugualealla velocita della luce. Se tali interazioni esistessero non varrebbero piu ledisuguaglianze di Bell.

Figura 3.8: Esperimento a disposizione variabile con commutatori ottici (CIe CII) ognuno seguito da due polarizzatori orientati in due diverse direzioni.

Nell’apparato sperimentale utilizzato e mostrato in figura 3.8, ciascunpolarizzatore e sostituito da un’apparecchiatura composta da un dispositi-vo di commutazione seguito da due polarizzatori posizionati in due diversedirezioni: a e a′ dal lato I e b e b′ dal lato II. Ciascuna apparecchiaturacorrisponde ad un polarizzatore variabile commutato rapidamente tra dueorientazioni. Infatti la commutazione tra i due canali, e quindi il cambi-amento di orientazione dell’equivalente polarizzatore variabile, avviene in10ns. Dato che tale intervallo di tempo e il tempo di vita media del livellointermedio della cascata atomica (5ns) sono piccoli in confronto a L

c(40ns),

la rilevazione di un evento su un lato e il corrispondente cambiamento diorientazione sull’altro lato sono separati da un intervallo space-like10.

La commutazione della luce e effettuata da interazione acustico-ottica conun’onda stazionaria ultrasonica nell’acqua. L’angolo di incidenza (angolo diBragg) e la potenza acustica sono regolati in modo da ottenere una commu-tazione completa.Tuttavia con i grandi fasci utilizzati la commutazione non era completapoiche l’angolo di incidenza non era esattamente l’angolo di Bragg. Dunqueper ottenere una miglior commutazione e stata ridotta la convergenza dei

10Due eventi si dicono separati da un intervallo space-like se non si influenzano mediantesegnali che si propagano a velocita minore o uguale alla velocita della luce.

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fasci e pertanto il tasso di coincidenze rilevate e minore rispetto a quellodegli esperimenti precedenti. Tutto questo ha portato a tempi di misurazio-ne maggiori e a risultati che vıolano ancora una volta la disuguaglianza 3.34e che sono in completo accordo con la Meccanica Quantistica.Infatti Aspect e collaboratori per misurazioni ad angoli θab = θba′ = θa′b′ =22.5 hanno trovato il risultato

Sexp = 0.101± 0.020

quando il valore predetto dalla Meccanica Quantistica e

SQM = 0.112.

Gli esperimenti di Aspect sono una prova sperimentale del disaccordotra la Meccanica Quantistica e le teorie a variabili nascoste e quest ultimoesperimento ha portato alla conclusione che sono impossibili comunicazionisuperluminali.

Supponiamo di fare misure di correlazione di spin di due particelle sep-arate macroscopicamente. I due osservatori I e II decidono di misurare lacomponente Sz; allora senza chiedere nulla l’osservatore II sa esattamente ilrisultato della misura del primo osservatore. Questo pero non significa che idue osservatori stanno comunicando in quanto il secondo osservatore osservasolamente una sequenza di segni positivi o negativi senza avere nessuna utileinformazione.

Si potrebbe pensare che i due comunichino se uno di essi cambi im-provvisamente l’orientazione dell’analizzatore. Ipotizziamo allora che l’osser-vatore I misuri Sx e l’osservatore II Sz. I risultati delle misure dei due osser-vatori sono completamente scorrelati, cioe non abbiamo nessuna trasmissionedi informazioni. Supponiamo che ad un certo punto l’osservatore I decida dimisurare Sz; allora abbiamo una completa correlazione tra le misure dei dueosservatori. Tuttavia il secondo osservatore non puo sapere che il primo hacambiato l’orientazione di misura e cio che osserva dai suoi risultati e una se-rie di segni positivi e negativi. Quindi anche in questo caso non vi e nessunainformazione trasmessa.Questo ci porta a concludere che misurazioni di correlazione di spin nonpossono essere utilizzate per trasmettere informazioni e in particolare, ricor-dando l’ultimo esperimento che ho analizzato, sono impossibili comunicazionicon velocita maggiore della velocita della luce.

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3.3 Esperimenti recenti

Nell’introduzione alla tesi ho gia accennato al fatto che il lavoro di Bell eancora oggi oggetto di dibattito e di studio. Infatti le verifiche sperimentalidelle disuguaglianze di Bell non si fermano agli anni Ottanta con gli esperi-menti di Aspect analizzati in precedenza, ma tuttora ai giorni nostri sono unmotivo di ricerca e di studio per molti fisici.Per questo motivo ho pensato di introdurre nella mia tesi una parte in cuianalizzero alcuni esperimenti recenti mostrando quindi l’importanza del para-dosso EPR e delle disuguaglianze di Bell.

Le verifiche sperimentali del teorema di Bell analizzate precedentementecoinvolgono coppie di fotoni correlati, tuttavia e interessante vedere che lecorrelazioni non sono solo una caratteristica dei fotoni. In questa otticasono state fatte misure di correlazione tra due gradi di liberta (componentespaziale e componente di spin) di un singolo neutrone11.In questo esperimento infatti non sono state utilizzate coppie di particellecorrelate, ma neutroni singoli e la correlazione e stata ottenuta tra diversigradi di liberta della singola particella. Questo si basa sul fatto che gli statidi particelle con spin 1

2, come i neutroni, sono descritti da una funzione d’on-

da appartenente allo spazio di Hilbert H1 ⊗H2, dove H1 e H2 sono gli spazidi Hilbert a cui appartengono rispettivamente la parte spaziale e la parte dispin della funzione d’onda.

In tale esperimento il neutrone viene preparato, per mezzo di un inter-ferometro, in uno stato descritto da una funzione d’onda composta da unaparte spaziale e da una parte di spin

|Ψ〉 =1√2

(| ↓〉 ⊗ |I〉+ | ↑〉 ⊗ |II〉)

dove | ↑〉 e | ↓〉 indicano gli stati di spin up e spin down, mentre |I〉 e |II〉descrivono i due diversi percorsi del fascio nell’interferometro.

Definiti gli operatori di proiezione P sα;±1 e P p

χ;±1 rispettivamente suglistati 1√

2(| ↑〉 ± eiα| ↓〉) e 1√

2(|I〉 ± eiχ|II〉), il valore di aspettazione per una

misura congiunta della parte spaziale e della parte di spin e uguale a:

E(α, χ) = 〈Ψ|P s(α) · P p(χ)|Ψ〉. (3.36)

Importante e il fatto che i due operaori di proiezione agiscono su due diversispazi di Hilbert, dunque commutano tra di loro.

11Y. Hasegawa, R. Loydl, G. Badurek, M. Baron and H. Rauch, Nature 425, 45 (2003).

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Figura 3.9: Schema dell’aparato sperimentale per osservare le correlazioniquantistiche nell’interferometria di un singolo neutrone.

La disuguaglianza di Bell verificata con questo esperimento a neutronesingolo e la ormai nota disuguaglianza

−2 ≤ S ≤ 2

dove S = E(α1, χ1) + E(α1, χ2)− E(α2, χ1) + E(α2, χ2).Sperimentalmente il valore E(α, χ) e stato determinato con una combi-

nazione di conteggi in un solo rilevatore con appropriate disposizioni di α eχ, che sono rispettivamente i parametri liberi dello spin e della differenza difase tra i due percorsi nell’interferometro:

E(α, χ) =N(α, χ) +N(α + π, χ+ π)−N(α, χ+ π)−N(α + π, χ)

N(α, χ) +N(α + π, χ+ π) +N(α, χ+ π) +N(α + π, χ)(3.37)

La Meccanica Quantistica prevede un comportamento sinusoidale da partedel valore di aspettazione E(α, χ), cioe dalla teoria quantomeccanica sappi-amo che

E(α, χ)QM = cos(α + χ).

Hasegawa e colleghi con il loro esperimento hanno effettivamente verifi-cato l’andamento sinusoidale del valore di aspettazione e per una particolarecombinazione di α e χ hanno trovato un valore

S = 2.051± 0.019

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che vıola la disuguaglianza di Bell.

Altre originali misure della violazione della disuguaglianza di Bell sonostate fatte utilizzando sistemi correlati mai usati per queste verifiche speri-mentali.

In un esperimento e stato sfruttato un sistema ibrido, un sistema costi-tuito da un singolo atomo correlato ad un singolo fotone12. In questo esperi-mento il sistema correlato veniva preparato in seguito all’emissione spontaneadi un fotone dovuta al decadimento di un atomo da uno stato eccitato a statifondamentali multipli.

In un’altra prova sperimentale13 si e utilizzato invece un cluster state, cioeun tipo di stati correlati di piu particelle avente proprieta particolarmenteadatte per l’informazione quantistica.

12D. L. Moehring, M. J. Madsen, B. B. Blinov and C. Monroe, Phys. Rev. Lett. 93,090410 (2004).

13P. Walther, M. Aspelmeyer, K. J. Resch and A. Zeilinger, Phys. Rev. Lett. 95,020403 (2005).

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Capitolo 4

Conclusioni

In questo ultimo capitolo della mia tesi voglio proporre alcune conclu-sioni che possiamo trarre dalle critiche mosse alla Meccanica Quantistica conil paradosso EPR e fare delle riflessioni circa le informazioni che ci vengonofornite dal teorema di Bell e dalle verifiche sperimentali delle sue disugua-glianze.

Nel secondo capitolo della tesi abbiamo visto come il ragionamento in-duttivo utilizzato da Einstein, Podolsky e Rosen porti a concludere che ilprincipio di localita, il principio di realta e la completezza della descrizionequantomeccanica della realta fisica siano tre postulati tra loro incompatibili.Infatti assumendo queste tre ipotesi si giunge ad un paradosso, risolvibileeliminandone almeno una.

Einstein e colleghi abbandonarono la completezza della Meccanica Quan-tistica, ritenendo gli altri due principi naturali ed indiscutibili.Alla base di questa interpretazione vi e l’idea che la Meccanica Quantisticasia una sorta di teoria fenomenologica che non descrive il mondo come essoe in realta, ma che ne descrive il comportamento in media. La descrizionepiu dettagliata della realta fisica sarebbe dunque data da una teoria piu fon-damentale, in linea di principio deterministica, che tenga conto di parametridinamici aggiuntivi (le variabili nascoste). In questo modo oltre a superareil paradosso si giungerebbe ad una visione completamente deterministica delmondo.Con il termine teoria a variabili nascoste si intende una teoria caratterizzatada:

- un insieme di parametri, detti variabili nascoste, la cui conoscenzapermette di prevedere in modo deterministico l’evoluzione del sistema;

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- la distribuzione statistica delle variabili nascoste;

- una regola che stabilisca la corrispondenza tra il valore della variabilenascosta e il valore dell’osservabile misurata;

- una regola che stabilisca la distribuzione delle variabili nascoste dopola misura.

Il teorema di Bell mostra pero che le teorie a variabili nascoste locali for-niscono, in certe situazioni, delle previsioni contrastanti con i risultati previstidalla Meccanica Quantistica. Abbiamo visto che queste situazioni si presen-tano quando vengono effettuate misure di correlazione di osservabili relativea sistemi spazialmente separati che vanno pero considerati come un unicosistema composto. Ne sono un esempio le misure di polarizzazione fatte sullecoppie di fotoni emesse dalla cascata atomica utilizzata negli esperimenti diAspect1.Quindi le disuguaglianze di Bell e le verifiche sperimentali discusse nel terzocapitolo mostrano che la teoria quantomeccanica non puo essere completatacon teorie a variabili nascoste locali.

La soluzione al paradosso EPR proposta da Einstein e colleghi non echiaramente l’unica soluzione, ma ne abbiamo altre due, ciscuna delle qualiporta ad una diversa visione del mondo. Tali soluzioni, come gia detto inprecedenza, consistono nell’abbandonare uno dei due principi introdotti nel-l’argomentazione EPR.

Se abbandoniamo il principio di realta ammettiamo che la funzione d’on-da non e una proprieta del sistema fisico, indipendente dall’osservatore, maun espediente matematico che sintetizza tutte le possibili informazioni chel’osservatore possiede sul sistema considerato. In questo senso la MeccanicaQuantistica e una teoria in grado di prevedere l’evoluzione temporale dellanostra conoscenza circa il sistema senza richiedere ad essa di descrivere ilsistema stesso. Dunque le misure effettuate sui sistemi modificano la nostraconoscenza su di essi senza dover far riferimento alle loro proprieta fisiche.Questa e l’idea che sta alla base della visione della scuola di Copenhagen.

L’altra soluzione consiste nell’abbandono del principio di localita accettan-do la modificazione istantanea a distanza delle proprieta fisiche di un sistemae un’interpetazione secondo cui la funzione d’onda e una proprieta del siste-ma stesso.

1A. Aspect, P. Grangier and G. Roger, Phys. Rev. Lett. 47, 460 (1981);A. Aspect, P. Grangier and G. Roger, Phys. Rev. Lett. 49, 91 (1982);A. Aspect, J. Dalibard and G. Roger, Phys. Rev. Lett. 49, 1804 (1982).

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Ho gia spiegato in che senso il teorema di Bell mette in evidenza comela Meccanica Quantistica e le teorie realistiche locali non siano tra loro com-patibili. Tuttavia non possiamo ricavare dal lavoro di Bell delle informazionicirca la validita dell’una o delle altre teorie. Per questo motivo fondamen-tali sono gli esperimenti che ho analizzato in precedenza. Infatti le misuredi correlazione sono il terreno su cui le teorie a variabili nascoste locali e lateoria quantomeccanica forniscono previsioni differenti.I risultati delle verifiche sperimentali di Aspect e degli esperimenti piu re-centi smentiscono le previsioni delle teorie realistiche locali permettendo diconcludere che la Meccanica Quantistica descrive la realta fisica in manieracorretta.

Dobbiamo pero precisare che il dibattito circa un possibile completamen-to deterministico della Meccanica Quantistica non e concluso in quanto nonpossiamo affermare nulla circa le teorie a variabili nascoste non locali. Lostesso Bell ha infatti osservato che le sue disuguaglianze in questo contestonon sono valide, dunque si potrebbe pensare che esistano delle teorie a va-riabili nascoste non locali equivalenti alla teoria quantomeccanica2. Questeteorie sarebbero equivalenti alla Meccanica Quantistica nel senso che for-niscono previsioni probabilistiche identiche a quelle da essa fornite.

Questa mia tesi, attraverso l’analisi dei lavori di Einstein, Podolsky eRosen e di Bell, vuole essere una sorta di presentazione del dibattito storico,circa la Meccanica Quantistica, che ha portato alla conclusione che, in basealle conoscenze attuali, non e piu possibile una visione del mondo realista,locale e deterministica.

Figura 4.1: Numero di riferimenti alle disuguaglianze di Bell nei titoli o negliabstract degli articoli pubblicati su quant-ph e su Physical Review.

2Dal punto di vista concettuale queste teorie sarebbero comunque molto diverse dallaMeccanica Quantistica in quanto ne costituirebbero un completamento deterministico.

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L’interesse dell’argomento scelto, in particolare il teorema di Bell, e testi-moniato dai recentissimi esperimenti condotti per verificare le disuguaglianzedi Bell in misure di correlazione effettuate su diversi sistemi. Essi apparten-gono per lo piu al campo dell’informazione quantistica, come ad esempio ilsistema ibrido, sfruttato nell’esperimento di Madsen e colleghi3, costituitoda un singolo atomo correlato ad un singolo fotone, o i cluster states4 checostituiscono una violazione delle disuguaglianze di Bell.

3D. L. Moehring, M. J. Madsen, B. B. Blinov and C. Monroe, Phys. Rev. Lett. 93,090410 (2004).

4P. Walther, M. Aspelmeyer, K. J. Resch and A. Zeilinger, Phys. Rev. Lett. 95,020403 (2005).

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Bibliografia

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