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Diritto del lavoro     (Parte II,III,IV)          Anno accademico 2013/2014  Riassunto di “Diritto del lavoro” di M.V.Ballestrero,G.De Simone,M.Novella Integrati con  appunti presi a lezione   A cura di : -Andrea Cereseto (Dalla legislazione  sociale al contratto di lavoro subordinato,Subordinazione e autonomia) -Federico Fugazzi (Il contratto di lavoro subordinato) - Davide Cavallino. (I contratti di lavoro) -Cecilia Andretta (La tutela del lavoro nel mercato) -Paolo Lapide ( I diritti fondamentali del lavoratore) -Con il supporto morale e aggiornamenti novità  di Paolo  Ciccione La condivisione pubblica di questo documento non era premeditata,pertanto: -Troverete numerosi rimandi al libro di testo, talvolta addirittura  in riferimento ad interi paragrafi; -Troverete errori di battitura,errori di ortografia ,tempi verbali sballati,oltre a possibili ripetizioni di concetti. Non sono sufficienti ai fini della preparazione dell’esame Capitolo 1:DALLA LEGISLAZIONE SOCIALE AL CONTRATTO LAVORO SUBORDINATO (a cura di Andrea Cereseto) LE ORIGINI DEL DIRITTO DEL LAVORO: LA LEGISLAZIONE SOCIALE Il diritto del lavoro nasce con l’industrializzazione, fino al 1880 lo sviluppo industriale era lento e la fisionomia economica del paese era rimasta prevalentemente agricola. Dopo il 1880 cominciò a svilupparsi l’industria manifatturiera tessile e cotoniera, le misure di sostegno

PARTE II DIRITTO DEL LAVORO - sharenotes.it · Cecilia Andretta (La tutela del lavoro nel mercato) Paolo Lapide ( I diritti fondamentali del lavoratore) ... grandi fabbriche che in

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Diritto del lavoro    (Parte II,III,IV)

         

Anno accademico 2013/2014 

 

Riassunto di “Diritto del lavoro” di M.V.Ballestrero,G.De Simone,M.Novella

Integrati con  appunti presi a lezione 

 

 A cura di :

­Andrea Cereseto (Dalla legislazione  sociale al contratto di lavoro subordinato,Subordinazione e autonomia)

­Federico Fugazzi (Il contratto di lavoro subordinato)

­ Davide Cavallino. (I contratti di lavoro)

­Cecilia Andretta (La tutela del lavoro nel mercato)

­Paolo Lapide ( I diritti fondamentali del lavoratore)

­Con il supporto morale e aggiornamenti novità  di Paolo  Ciccione

La condivisione pubblica di questo documento non era premeditata,pertanto:

­Troverete numerosi rimandi al libro di testo, talvolta addirittura  in riferimento ad interi paragrafi; 

­Troverete errori di battitura,errori di ortografia ,tempi verbali sballati,oltre a possibili ripetizioni di concetti. 

Non sono sufficienti ai fini della preparazione dell’esame

Capitolo 1:DALLA LEGISLAZIONE SOCIALE AL CONTRATTO LAVORO SUBORDINATO (a cura di Andrea Cereseto)LE ORIGINI DEL DIRITTO DEL LAVORO: LA LEGISLAZIONE SOCIALEIl diritto del lavoro nasce con l’industrializzazione, fino al 1880 lo sviluppo industriale era lento e la fisionomia economica del paese era rimasta prevalentemente agricola.Dopo il 1880 cominciò a svilupparsi l’industria manifatturiera tessile e cotoniera, le misure di sostegno

diretto del settore ferro – meccanico ne consentirono sviluppo ,e l’industria meccanica.Nel periodo 1876 -1898 furono eliminati migliaia di piccoli laboratori e fabbrichette e aumentarono le grandi fabbriche (concentrate al nord). Questa nuova tipologia di fabbrica aveva già prodotto la divisione del lavoro su base nazionale, con la specializzazione delle varie nella produzione di un solo prodotto. Sia nelle grandi fabbriche che in quelle piccole all’efficienza tecnica non faceva riscontro un ambiente di lavoro che tenesse in alcun modo conto delle esigenze umane ed igieniche dei lavoratori.La giornata lavorativa media si aggirava intorno alle 12 ore di lavoro.Quanto ai salari, quelli nominali già bassissimi erano erosi da numerose trattenute. Tali condizioni inumane di vita e di lavoro degli operai suscitarono sentimenti di preoccupata indignazione nella borghesia illuminati, ma era specialmente il lavoro delle donne e dei bambini a suscitare preoccupazioni (malattie aborti).Le donne non lavoravano solo nei settori tessili ma anche in altri settori, questo perché gli industriali potevano pagarle molto meno degli uomini, poiché tranquille e scioperavano meno.L’esigenza di varare una LEGISLATIVO SOCIALE era invocata da più parti, ma tardavano ad intervenire a causa dell’opposizione degli industriali.PRIMA FASE : si esaurì tutto nella lunga vicenda parlamentare che portò alla LEGGE 3657 SUL LAVORO DEI FANCIULLI. La legge, incompleta e poverissima nei contenuti, assicurava ben poco protezione ai fanciulli e nulla al riguardo del lavoro femminile.SECONDA FASE: legge n° 242/1902 “ LEGGE CARGANO” fu la prima legge sulle DONNE poi confluita nel T.U. (testo unico) sul LAVORO DELLE DONNE E DEI BAMBINI. La cassa maternità venne istituita più tardi con la legge 17 LUGLIO 1910 N° 520, solo a partire da quella data le lavoratrici potevano godere, nel periodo di congedo obbligatorio (4 settimane dopo il parto), di una PRESTAZIONE ECONOMICA avente carattere di elargizione assistenziale.TERZA FASE: LEGGE DEL 17MARZO 1898 N° 80” ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO”. La legge portava il problema degli infortuni sul lavoro fuori dal diritto civile: se la teoria del rischio professionale creava un nesso tra esercizio del lavoro, organizzazione impresa e infortunio, creando le premesse per la responsabilità oggettiva del datore di lavoro, l’assicurazione obbligatoria trasformava l’obbligo di risarcire danni in obbligo di assicurarsi. IL COSTO DELL’ASSICURAZIONE era scaricabile sui lavoratori e sui consumatori; in questo modo il vantaggio per gli imprenditori era notevole ed è per questo che tale legge ha visto la luce prima delle altre. L’ASSICURAZIONE , che era volontaria divenne obbligatoria per i lavoratori (operai e impiegati) in modeste condizioni economiche solo nel (1919 LEGGE N°603/1919), in quanto i datori di lavoro vennero obbligati a pagare i contributi assicurativi.

IL CONTRATTO DI LAVORO TRA COMPRAVENDITA E LOCAZIONELa legislazione Sociale era carente, il CODICE CIVILE ( del 1865) conteneva solo 3 scarse disposizioni alle quali il giurista poteva fare appello, per trovare cornice dentro la quale comprenderà a spiegare le discipline di diversa fonte, che in concreto regolavano rapporti tra industriali e operai salariati. LO SCHEMA DELLA LOCATIO ( godimento temporaneo di una cosa in cambio del prezzo), l’art 1570 definiva la LOCAZIONE DELLE OPERE come < contatto per cui una delle parti si obbliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede> . ART 1627 prevedeva “ 3 specie di locazione di opere e d’industria-PERSONE CHE OBBLIGANO LA PROPRIA OPERA ALL’ALTRUI SERVIZIO-VETTURINI, SIA PER TERRA CHE PER ACQUA, CHE S’INCARICANO DEL TRASPORTO DELLE PERSONE E DELLE COSE-IMPRENDITORE DI OPERE AD APPALTO O COTTIMO.Il codice faceva la distinzione tra LOCATIO OPERARUM ( delle opere) LOCATO OPERIS (dell’opera)LOCATiO OPERARUM scambio tra le prestazioni di un soggetto e la mercede pattuita. Il datore di lavoro si appropria delle prestazioni, assumendosi il rischio del rendimento e della utilità di esse. IL PRESTATORE DI OPERE ( DI LAVORO) si vincola a mettere le proprie energie lavorative “ all’altrui servizio” (DIPENDENZA)

LOCATIO OPERIS scambio tra l’opus promesso e il compenso, che matura solo con la realizzazione del risultato promesso. IL RISCHIO commesso alla produzione del risultato è a CARICO DEL PRESTATORE ( ad es. artigiano che produce tale risultato i condizioni di autonomia).Per mantenere il rapporto contrattuale tra datore di lavoro e prestatore di lavoro entro nella cornice della LOCATIO OPERARUM ,era necessario risolvere una questione essendo VIETATO fare del corpo umano l’oggetto di un contratto occorreva SEPARARE il lavoro dal corpo di chi lo produce, farne cioè un BENE suscettibile di essere oggetto di scambio.LOTIMAR spiegava che il dispiegamento delle energie non è un’attribuzione patrimoniale, è convinto dell’inseparabilità del lavoro dall’uomo, BARASSI ( padre del diritto del lavoro) identificava l’oggetto dell’obbligazione con il suo contenuto ( prestazione promessa al debitore).SE LA PROMESSA DEL LAVORO è termine di SCAMBIO la personalità del lavoro può conciliarsi con il concetto economico di scambio. La persona del lavoratore rientra nella posizione contrattuale nei limiti del concetto di obbligazione.BARASSI apportò così il contributo di una costruzione dogmatica assoluta del contratto di lavoro alla quale era acquisito il dato dell’inseparabilità del lavoro dal lavoratore .( introduce al contratto di lavoro subordinato-->progetto insabbiato se ne riparlerà con la nuova codificazione).

IL CONTRATTO DI IMPIEGO PRIVATO Un importante passo verso LA COSTRUZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO come contratto nominato fu segnato dal RDI N° 1825 /1924 ( legge sull’impiego privato.) Con esso il rapporto di impiego privato venne definitivamente distaccato alla motrice della LOCATION OPERARUM in fase all’ART 1 R:D:L:N° 1825/1924 è impiegato (PRIVATO) colui al quale venga assunto a svolgere nell’azienda a tempo normalmente indeterminato, attività professionale con funzione di collaborazioni tanto di concetto che di ordine , eccettuata pertanto ogni prestazione che sia semplicemente di mano d’opera.La definizione si compone di 3requisiti fondamentali: a.PROFESSIONALITA’ aveva all’epoca il significato della deduzione in esclusiva NEL RAPPORTO DELLE ENERGIE DEL LAVORO DELL’IMPIEGATO. Col tempo era ammessa però la possibilità per lo stesso impiegato di essere contemporaneamente e legittimamente titolare di più rapporti di lavoro 8 (ognuno a tempo parziale). IL REQUISITO delle responsabilità perdeva cosi , progressivamente la funzione definitoria che gli era stata affidata VENENDO AD INDICARE SOLO IL MINIMO DI QUALIFICAZIONE richiesta per lo svolgimento delle prestazioni lavorative degli impiegati. b. COLLABORAZIONE Integrazione dell’opera personale dell’imprenditore , partecipazione alle attività di organizzazioni dell’impresa.c. INTELLETTUALITA’ DELLA PRESTAZIONE declassata a requisito NECESSARIO ma non sufficiente dalla nostra legislazione. Esclude le prestazioni “ semplicemente manuali”GLI OPERAI ( o salariati) erano definiti in negativo ,come lavoratori NON INTELLETTUALI ovvero FATTORI DI PRODUZIONE che l’industriale si procura nella stessa maniera in cui procura le materie prime Essi sono scarsamente sindacalizzati e soggetti alla libera contrattazione individuale. Ci sono 2 indicazioni per poterli distinguere dagli IMPIEGATI. “ L’AFFLUENZA DI OPERAI SUL MERCATO LA PRESENZA DI UN OFFERTA ORGANIZZATA DI LAVORO OPERAIO.La contrattazione collettiva aveva il compito di definire il trattamento economico e normativo degli operai. Per quanto prevalente fosse la parte salariale , LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA regolava il cottimo, l’orario di lavoro il licenziamento con e senza preavviso . Compaiono nei contratti collettivi le prime cause sulle istituzioni delle commissioni interne e sul controllo sindacale del collocamento, mentre comincia a deliberarsi un sistema di classificazione degli operai per “ qualifiche” utile ad evidenziare livelli salariali

DISTINZIONE TRA OPERAI QUALIFICATI E NON ( MANOVALI)non era fondata sul mestiere operaio (saper fare insieme di conoscenze ed esperienze) ma sulla COLLABORAZIONE DELL’OPERAIO NELL’ORGANIZZAZIONE E SULLA CAPACITA’ DI INSERIRSI IN UNA DETTERMINATA FASE DEL PROCESSO PRODUTTIVO.L’iniziativa di dare anche agli operai una disciplina giuridica nel rapporto di lavoro se la assume il regime fascista la realizzazione venne affidata ai sindacati di diritto pubblico ( datori di lavoro di diverse categorie), cui spettava contrattare oltre ai salari gli aspetti normativi del rapporto di lavoro operaio, garantendo EFFICACIA ERGA OMNES ( applicabile ad intere categorie di persone) DEI CONTRATTI.La relativa uniformità della disciplina giuridica dei rapporti di lavoro cosi raggiunta non toccava però il principio della DIVISIONE TRA IMPIEGATI E OPERAI.

IL CODICE CIVILE : ART.2094 E LA NOZIONE UNITARIA DI SUBORDINAZIONEIl compito di intervenire nella dicotoma della disciplina dei rapporti di lavoro ( impiegatizio e operaio)doveva toccare al codice civile che negli articoli 2096e 2129 diede finalmente una regolamentazione uniforme ai momenti fondamentali del rapporto di lavoro. Ma l’innovazione non era tale da contraddire le scelte del passato.LA CLASSIFICAZIONE dei lavoratori, IN 3 CATEGORIE / DIRIGENTI; IMPIEGATI OPERAI) ed il rinvio delle norme corporative per la definizione dei criteri di appartenenza ad esse esprimevano la volontà di prescrivere la divisione tra i lavoratori, e dunque la sopravvivenza di una disciplina specifica del rapporto di impiego, ormai limitata da alcune differenze di trattamento : diverso regime delle sospensioni del rapprto di lavoro ,superiore durata delle ferie,maggior ammontare dell’indennità di anzianità ecc…Apportatrice di innovazioni rilevanti fu la DEFINIZIONE DI PRESTATORE DI LAVORO ( ART.2094 C.C) in questa disposizione il legislatore definisce “ PRESTATORE DI LAVORO SUBORDINATO” colui che si obbliga mediante retribuzione a “ COLLABORARE NELL’IMPRESA PRESTANDO LAVORO INTELLETTUALE E MANUALE”.La definizione unitaria del prestatore di lavoro come COLLABORATORE dell’imprenditore elimina buona parte della disciplina giuridica separata dal rapporto di impiego impiegati/operai, grazie alla nozione di SUBORDINAZIONE ( etero direzione della prestazione). Essa è la STESSA anche quando è diverso il grado di collaborazione.

UN NUOVO TIPO DI CONTRATTUALE : IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATOART 2090C.C. collega l’obbligazione del prestatore di lavoro ( a collaborazione nell’impresa, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore) ad un CONTRATTO DI SCAMBIO (1942).FONTE del rapporto di lavoro è il CONTRATTO e NON L’INCORPORAZIONE DEL DATORE DI LAVORO IN una situazione gerarchica ( SCHEMA LOCATIVO SEPOLTO)ART 2094 C.C. ha tipizzato la subordinazione come criterio DI QUALIFICAZIONE DEL CONTRATTO. Il lavoratore è protetto dalle fonti inderogabili di disciplina del rapporto di lavoro: LA LEGGE e il CONTRATTO COLLETTIVOCORPORATIVO tagliano lo spazio all’autonomia contrattuale delle parti, ridotta alla stipulazione di clausole favorevoli al lavoratore.-LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO DI LAVORO: è affidata in gran parte a norme inderogabili della legge o del contratto collettivo, la VIOLAZIONE comporta nullità parziale e la sostituzione di diritto delle CLAUSOLE DIFFORMI.-LA DISEGUAGLIANZA SOSTANZIALE: tra le parti ( lavoratore contraente debole , soggetto al potere economico sociale del datore di lavoro) spiega la presenza DELLA NORMATIVA INDEROGABILE DI TUTELA DEL LAVORATORE.ART.2087 C.C. obbligo di sicurezza, salvaguardia integranti fisica e morale del lavoratore.

IMPLICAZIONE DELLA PERSONA NEL CONTRATTO DI LAVORO

L’IMMISSIONE nel contratto della considerazione, della SOSTANZIALE DISEGUAGLIANZA del lavoratore, è l’implicazione della persona nel RAPPORTO DI LAVORO, hanno acquistato ben oltre rilevanza con l’entrata in vigore della Costituzione. Fino agli anni 60 non si è stati capaci ad adeguare la disciplina dei rapporti di lavoro con i principi costituzionali, che mettono al centro di un sistema di garanzie di diritti fondamentali.LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO E DEL RAPPORTO DI LAVORO è rimasta in gran parte affidata al codice civilee le categorie civilistiche hanno fornito i binari entro i quali far correre l’interpretazione. L’OTTICA era quella DELLA PROTEZIONE DEL CONTRAENTE DEBOLE. Alteravano tuttavia gli schemi interpretativi, aprendo la strada all’allontanamento del contratti di lavoro dal diritto comune dei contratti due disposizioni in particolare gli art 36 e37. ( implementano il concetto di tutela del contraente debole ma coniugava al coinvolgimento di esso con la sua personalità).-L’ART. 37 COST. sancisce l’uguaglianza senza distinzioni di sesso, nelle condizioni di lavoro un diritto fondamentale.-L’ART.36 COST. sancisce il diritto del lavoratore ad un a RETRIBUZIONE PROPORZIONALE ALLA QUALITA’ E ALLA QUANTITA’ DEL LAVORO PRESTATO , ma in ogni caso sufficiente a garantire condizioni di vita decente.-RETRIBUZIONE corrispettivo delle collaborazione lavorativa. Ma la determinazione del prezzo non è lasciata al mercato perché la tutela del lavoratore interferisce col valore di scambio.

Fase nuova del diritto del lavoro è stata segnata dal STATUTO DEI LAVORATORI ( LEGGE 300/1970) nel quale domina la riconsiderazione del lavoratore subordinato come titolare di diritti fondamentali della persona. LO STATUTO può essere considerato come una CARTA DI DIRITTI FONDAMENTALI, sorretta dall’apertura allo spazio al potere contrattuale per garantirne l’effettività , ridistribuisce all’interno del CONTRATTO DI SCAMBIO poteri e obblighi: i diritti sono garantiti al lavoratore subordinato. La persona del lavoratore implicate nel rapporto di lavoro è titolare di DIRITTI FONDAMENTALI.

Capitolo 2:SUBORFINAZIONE E AUTONOMIA: ( a cura di Andrea Cereseto)SEZIONE I: LA SUBORDINAZIONE

SUBORDINAZIONE E AUTONOMIAL’origine stessa del diritto del lavoro è rappresentata DALLA SUBORDINAZIONE DEL LAVORATORE a fronte del quale l’ordinamento ha predisposto un sistema di regole per proteggere il lavoratore subordinato; QUALE SOGGETTO DIPENDENTE ECONOMICAMENTE E GIURIDICAMENTE , DA UN ALTRO SOGGETTO, IL DATORE DI LAVORO al quale sono riconosciuti diversi poteri tipici ( direzione, controllo, disciplina).LA QUALIFICAZIONE di un rapporto come di lavoro SUBORDINATO apre o chiude molte porte per accedere all’ applicazione di specifiche leggi. IL RISPETTO TALI DISCIPLINE, e la costituzione di un rapporto giuridico di previdenza sociale comporta un insieme di costi per il datore di lavoro più elevati d quelli che discendono dalla sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo o para subordinato.LA DISTINZIONE TRA LAVORO SUBORDINATO E LAVORO NON SUBORDINATO appare fondamentale per applicare la disciplina lavorativa.-ART. 2222C.C ( senza vincolo di subordinazione) NOZIONE DI AUTONOMIA E DI LAVORO AUTONOMO IL PRESTATORE D’OPERA o LAVORATORE AUTONOMO è colui che si obbliga compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio , con lavoro prevalentemente proprio E SENZA VINCOLO DI SUBORDINANZIONE nei confronti del committente.-ART. 2094 C.C “ PRESTAZIONI DI LAVORO SUBORDINATO”( collaborazioni e dipendenza) è prestore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore

NELL’ART.2094 ci sono 2 parole chiave.Collaborazione :di per se non rappr. elemento esclusivo della subordinazione (anche IL LAVORATORE AUTONOMO collabora ) ma bisogna notare che la collaborazione Si distingue dalle altre COLLABORAZIONI proprio in forza del suo carattere subordinato,valorizza la differenza specifica che caratterizza il lavoro subordinato rispetto all’autonomo.LA COLLABORAZIONE è elemento necessario ma non sufficiente per decidere in concreto se un determinato rapporto sia presente o meno il vincolo di subordinazione.DIPENDENZA è in continua evoluzione ma si intende il modello di lavoratore ancora attuale,anche se esso è cambiato permane il suo substrato .Si intende come situazione di dipendenza socio-economia del prestatore parte debole di un contratto tipico di mono committenza , ,nel quale i mezzi e gli strumenti per realizzare bene o il servizio oggetto dell’attività imprenditoriale sono nella disponibilità del datore di lavoro, al quale è imputato il rischio economico dell’impresa così come il rischio della mancata utilità e proficuità del lavoro acquisito e utilizzato.DIPENDENZA SOCIO ECONOMICA rappresenta un tratto tipico ma non necessario ne esclusivo del lavoro subordinato, rappresenta IL VALORE DI BASE ASSIOLOGIICO DEGLI INTERVENTI DEL LEGISLATORE in materia del lavoro subordinato ( non è elemento di qualificazione della fatti specie lavoro subordinato dipendenze eco e subordinazione giuridico sono nozioni distinte). Se ne la collaborazione, ne la dipendenza sono sufficienti a dirci in cosa consiste il vincolo di subordinazione giuridica, dovremmo concentrarsi sull’interpretazione del sintagma “ ALLE DIPENDENZE e SOTTO LA DIREZIONE” in particolare dovremmo inoltre considerare quale nozione di subordinazione giuridica emerge dalla giurisprudenza.

LA NOZIONE DI SUBORDINAZIONE GIURIDICAIl rapporto di lavoro è riconducibile al tipo contrattuale “LAVORO SUBORDINATO “quando si ravvisi subordinazione in senso gerarchico , ovvero sia apprezzabile una situazione di assoggettamento personale del prestatore di lavoro ai poteri del datore di lavoro .Subordinazione è ricondotta alle nozioni DI ETERODETTERMINAZIONE O ETERO DIREZIONE della prestazione lavorativa formulata in tempi ampi. La corte di cassazione afferma che la nozione giuridica di subordinazione consiste nell’assoggettamento Della prestazione lavorativa al potere del datore di lavoro di disporre secondo le mutevoli esigenze di tempo e di lavoro e di determinarne le concrete modalità con l’imposizione di decisioni e istruzioni alle quali il lavoratore è obbligato ad attenersi, mnella permanenza dell’obbligazione del medesimo di mantenre nel tempo la messa a disposizione delle propre energie lavorative SE NON SI PUO’ CORRETTAMENTE RITENERE che l’obbligazione derivante dal contratto consista nella sola messa a disposizione delle proprie energie lavorative POICHE’ E’ INVECE dedotto in contratto uno specifico FACERE , caratterizzato dalla professionalità della prestazione fornita (si può invece cogliere nella continuità dell’offerta della prestazione tratto caratteristico della subordinazione poiché in comune con le collab.cont e continuative). LA CORTE PRECISA che il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro deve estricarsi nell’emanazione di ordini specifici oltre che nell’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative.L’ INTENSITA DELLA SOGGEZZIONE DEL LAVORATORE SUBORDINATO al potere direttivo del datore è infatti variabile ( modalità di lavoro , caratteristiche prestazioni). Il potere direttivo dell’imprenditore è generalmente ritenuto il criterio tipizzante il lavoro subordinato, con l’evolversi dei sistemi di organizzazioni del lavoro diviene sempre meno indicativo delle subordinazioni per l’impossibilità di un controllo pieno e diretto delle diverse fasi dell’attività lavorativa prestata. SECONDO LA CORTE DI CASS la maggiore autonomia delle prestazioni riduce la rilevanza in se del potere direttivo , ai fini dell accertamento della subordinazione è la destinazione dell’opera prestata ai fini propri dell’impresa perseguiti con una data organizzazione , ad assumere invece il valore di criterio determinante.

L’orientamento appena presentato pone 2 questioni importanti ( in presenza di ampi margini di autonomia del lavoro ) 1Rilevante ai fini qualificatori diviene la Sussistenza di modalità di svolgimento della prestazione : che rendono impossibile o comunque impraticabile un controllo continuativo e ravvicinato (es.:lavoro a domicilio);2 Assume importanza determinate , ai fini della nozione di subordinazione giuridica, L’INSERIMENTO STABILE DELLE PRESAZIONI LAVORATIVE NELL’ORGANIZZAZIONE DEL DATORE DI LAVORO anziché l’esecuzione di direttive specifiche del datore di lavoro. ????La cassazione è meno propensa a ritenere l’inserimento del lavoratore nelle strutture organizzative un criterio discretivo SUFFICIENTE per qualificare un rapporto come subordinato o elemento NECESSARIO E SUFFICIENTE DELLA SUBORDINAZIONE.L’inserimento nell’organizzazione imprenditoriale è solo il riflesso della subordinazione ( riflesso che non è necessario ne sufficiente . SI AFFERMA QUINDI che il mero inserimento del lavoratore in azienda NON è PARAMETRO DI QUALIFICAZIONE DELLA SUBORDINAZIONE. IL PARAMETRO DI QUALIFICAZIONE si risolve negli elementi dei quali l’inserimento è una conseguenza: LA SUSSISTENZA E LA PERMANENZA DELL’OBBBLIGO DEL LAVORATORE DI MANTENERE A DISPOSIZIONE DEL DATORE LA PROPRIA PERSONALITà E LA SUSSISTENZA E PERMANENZA DEL SUO CONSEGUENTE ASSOGETTAMENTO AL POTERE DIRETTIVO E DISCIPLINARE DEL DATORE.Il cuore della SUBORDINAZIONE e nella eterodirezione (privo di capacità decisionale) e in particolare nell’esercizio del potere di disciplinare da parte del datore di lavoro(forma tipica con cui si realizza l’eterodirezione). Si giunge ad affermare che l’esercizio del potere disciplinare è sicuro INDICE DI SUBORDINAZIONE ma al contempo , il mancato esercizio di quel potere non esclude la soggezione al potere stesso, che crea comunque un vincolo di dipendenza personale , NON ESCLUDE LA SUBORDINAZIONE. L’assoggettamento al potere disciplinare rappresenta , talvolta un elemento essenziale della nozione della subordinazione giuridica talvolta un meno indice della sussistenza della subordinazione.

INDICI DI SUBBORDINAZIONEIL RAPPORTO DI LAVORO Può ESSERE QUALIFICATO COME SUBORDINATO in presenza dell’assoggettamento del prestatore di lavoro ai poteri direttivi disciplinari del datore di lavoro, nonché di uno stabileinserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale. Nei casi in cui è incerto il confine tra LAVORO AUTONOMO e LAVORO SUBORDINATO , la presenta di questi elementi deve essere ricostruita guardando alle concrete modalità di svolgimento del rapporto. Per arrivare ad una decisione i giudici si avvalgono di una serie di INDICI SINTOMATICI DELLA SITUAZIONE DI SUBORDINAZIONE,via vi elaborati dalla stessa giurisprudenza.TALI INDICI SONO SOSTENUTI DA CRITERI DISTINTIVI SUSSIDIARI, COME :La continuità nello svolgimento delle mansioniIl versamento a cadenze periodiche del relativo compensoIl coordinamento del attività lavorativa rispetto all’assetto organizzativo aziendaleL’alienità del risultatoL’esecuzione del lavoro all’interno della struttura dell’impresa con materiali ed attrezzature propri o della stessaOsservanza di un vincolo di orarioAssenza di rischio economico CIASCUN INDICE , AUTONOMAMENTE CONSIDERATO non è idoneo a determinare la qualificazione del rapporto. Gli indici possono costituire indizi concordanti rilevatori di tale sussistenza.LA VALUTAZIONE DEGLI STESSI diversamente ponderati possono condurre a risultati opposti. Può accadere che un indice di autonomia sia giudicato decisivo per escludere la subordinazione, non bisogna indurre a

ritenere erroneamente che il giudizio possa fondersi su in solo indice: mosta invece come L’ASSENZA DI SOTTOSCRIVERE AL POTERE DIRETTIVO DEL DATORE dimost anche solo da un indice prec. impedisca di qualificare come subordinato un rapporto di lavoro.

TECNICHE DI QUALIFICAZIONE DELLA FATTISPECIE Il giudizio di qualificazione in termini di subordinazione o di autonomia della prestazione è condotto dai giudici , mediante l’uso di un rigoroso METODO SUSSUNTIVO. Il giudice qualifica come “ LAVORO SUBORDINATO “ ai sensi dell’ ART. 2094 C.C., solo quei rapporti di lavoro che, nelle loro complete modalità di attuazione , presentino caratteristiche conformi alla DEFINIZIONE ASTRATTA della subordinazione . La rigidità è astrattezza dei concetti, rischia tuttavia di sotto –includere , o al contrario di sovra includere nel rapporto di lavoro subordinato rapporti che possono presentare molti caratteri della fattispecie opposta , vale a dire del rapporto di lavoro autonomo.Tenuto conto di ciò,parte della dottrina imputa al METODO SUSSUNTIVO l’incapacità di cogliere la subordinazione nelle forme più moderne di lavoro , quelle che meno rispondono al prototipo normativo di lavoro subordinato che aveva in mente il legislatore . La GIURISPRUDENZA ha spesso fatto ricorso nella qualificazione del lavoro AL METODO TIPOLOGICO ,più flessibile del METODO SUSSUNTIVO, ma anche meno certo. Con questo metodo l’operazione di qualificazione non avviene attraverso un giudizio di identità , ma bensì attraverso UN GIUDIZIO DI APPROSSIMAZIONE DELLA FATTISPECIE CONCRETA A QUELLA ASTRATTA, tenendo conto della ricorrenza di indici da cambiarsi in una valutazione di prevalenza. In questo modo si EVITA di irrigidire la nozione di subordinazione, viceversa si EVITEREBBE di attrarre nella subordinazione rapporti rapprsentati da indici ritenuti dal giudice sufficienti per la qualificazione di autonomia. SI PESANO E SI VERIFICANO tutti gli indici di subordinazione e si valuta globalmente, ponderando tutte le caratteristiche del rapporto su cui verte il giudizio.

LA FLESSIBILITA’ DEL METODO TIPOLOGICO, si traduce tuttavia in certezza del diritto sino al limite dell’aleatorietà del giudizio , soggetta alla libera valutazione del giudice. Ogni interprete appunto interpreta le disposizione per trarne le diverse norme che ritiene formulare, resta il dubbio della compatibilità di questo metodo. Più in generale E’ LECITO DUBBITARE DELLA COMPATIBILITA’ DEL METODO TIPOLOGICO CON I PRINCIPI DEL DIRITTO DEL LAVORO.IL DIRITTO DEL LAVORO : è caratterizzato dalla massiccia e fondamentale presenza di un articolato sistema di norme inderogabili , che deve essere rigorosamente applicate ad ogni lavoratore subordinato, ossia a qualsiasi fattispecie concreta che corrisponda alla fattispecie astratta della subordinazione.

INDISPONIBILITA’ DEL TIPO CONTRATTUALE: LO SPAZIO DEL LEGISLATORE,IL RUOLO DELLE VOLONTA’ DELLE PARTISulle questione della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro si è espressa nel 1994 la Corte Costituzionale affermando l indisponibilità dle tipo contrattuale sia per il legislatore sia per le parti. Alcuni giudici avevano sottoposto alla corte la questione di legittima costituzionalità riguardo l’interpretazione di una disposizione di legge, in virtu’ della quale un rapporto sorto da un contratto d’opera o per prestazioni professionali stipulato da enti espressamente indicati dal legislatore non potrebbe essere qualificato come rapporto di lavoro subordinato neppure se le concrete modalità di svolgimento del rapporto stesso fossero quelle proprie del lavoro subordinato. In contrasto con la denominazione contrattuale enunciata dalle parti e con il contratto,La corte costituzionale , con la sua pronuncia interpretativa di rigetto , ha affermato che se alla formativa impugnata dovesse essere attribuito , il significato appena descritta la questione di legittimità costituzionale sarebbe stata fondata . La corte ha ricordato che nella sentenza 121/1993aveva ritenuto che non sarebbe comunque consentito al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, affinchè i diritti dettati dalla costituzione a tutela del lavoro subordinato siano garantiti.

La tassatività , o rigidità del tipo contrattuale è dunque , da una parte, il portato del fondamento assiologico della disciplina lavorativa , e dall’altra, uno strumento irrinunciabile per garantire che i principi, le garanzie e i diritti sanciti dalla Costituzione per i lavoratori subordinati siano riconosciuti in ogni rapporto che possa essere ricondotto al tipo “ lavoro subordinato”( LIMITI COSTITUZIONALI AL POTERE DEL LEGISLATORE DI DISCIPLINA DEL TIPO CONTRATTUALE). La sentenza della corte non si ferma non si ferma qui è afferma anche l’indisponibilità del tipo contrattuale anche da parte dei privati. A maggior ragione prosegue la corte , non sarebbe consentito al legislatore di autorizzare le parti ed escludere direttamente o indirettamente , con la loro dichiarazione contrattuale , l’applicabilità della disciplina inderogabile prevista a tutela dei lavoratori a rapporti che abbiano contenuto e modalità di esecuzione proprie del rapporto di lavoro subordinato. I principi ,le garanzie e i diritti stabiliti dalla Costituzione sono e debbono essere sottratti alla disponibilità delle parti, Essi debbono trovare attuazioni ogni qual volta che vi sia un rapporto economico sociale al quale la Costituzione riferisce tali principi . Allor quando IL CONTENUTO CONCRETO DEL RAPPORTO E LE UE EFFETTIVE MODALITA’ DI SVOLGIMENTO SIANO QUELLI PROPRI DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO se questa iltima puo essere la qualificazione di raporto,AGLI EFFETTI DELLA DISCIPLINA AD ESSO APLICCABILE. Questione controversa rimane la seguente ; quale rilevanza deve essere attribuita alle parti in ordine alla qualificazione del rapporto ( Nomen juris= tipo di contratto) nel momento in cui hanno stipulato. Secondo un orientamento consolidato giurisprudenziale, il concreto comportamento delle parti nello svolgimento del rapporto è da ritenersi indice deciso della effettiva volontà negoziale circa l’aspetto dei reciprochi interessi.Ne consegue che NESSUNA RILEVANZA DEVE ESSERE ACCORDATA AL NOMEN JURIS DATO DALLE PARTI AL CONTRATTO. Come insegna la corte di Cassazione la qualificazione giuridica del contratto è riservata al giudice indipendentemente dalla qualificazione datane dalle parti stesse . Infatti la preliminare e necessario indagine sull’effettiva volontà negoziale non può essere disgiunta da una verifica dei relativi risultati con riguardo alle caratteristiche e alle modalità concrete assunte dalle stesse prestazioni nel corso del suo svolgimento , che obbliga a qualificare come autonomo , tuttavia si è fatta strada negli ultimi due decenni un filone giurisprudenziale che IN RELAZIONE ALLA SCELTA LIBERAMENTE COMPIUTA DALLE PARTI CIRCA LO SCHEMA MAGGIORMENTE IDONEO A SODDISFARE I RISPETTIVI INTERESSI, giunge ad affermare che IL PRINCIPIO PER CUI AI FINI DELLA DISTINZIONE TRA RAPPORTO DI LAVORO AUTONOMO E SUBORDINATO è NECESSARIO AVERE RIGUARDO DELL’EFFETTIVO CONTENUTO DEL LAVORO stesso, e che non debba tenersi conto del relativo affidamento reciproco delle parti.Al contrario, la qualificazione COME LAVORO AUTONOMO OPERATA DALLE PARTI: costituisce un elemento di carattere fondamentale e prioritario per risolvere le situazioni di ambiguità fattuali. Insomma : ove le parti abbiano scelto un tipo contrattuale al quale non ha corrisposto lo svolgimento di un rapporto coerente con la qualificazione operata , prevedrà l’assetto che effettivamente si è venuta a creare, in specie quando nel rapporto siano chiarimenti presenti elementi essenziali della subordinazione intesa come assoggettamento al potere del datore di lavoro. Nel precedere alla qualificazione del rapporto (contenzioso) spetterà al giudice la valutazione del comportamento tenuto dalle parti durante l’attuazione del rapporto.

LA CERTIFICAZIONELa questione sull’indisponibilità del tipo contrattuale è strettamente collegata alla questione dell’inderogabilità dei diritti che la costituzione riconosce al lavoratore subordinato.La disponibilità di alcuni diritti porta la necessità di definire i confini della disponibilità dei diritti che le fonti attribuiscono al lavoratore, ovvero margini di azione che possono essere riconosciuti dall’autonomia individuale.Negli anni più recenti, parte della dottrina ha messo in discussione il dogma della norma inderogabile del diritto del lavoro, invocando l’opportunità delle parti di ridisegnarne il contenuto. L’idea di fondo che ha

trovato spazio negli interventi legislativi è quella di valorizzare il ruolo dell’autonomia individuale, controbilanciando con sistemi di assistenza delle parti( del lavoratore in particolare, parte debole) e di verifica della genuinità delle scelte dalle stesse apportate.Istituto creato ad hoc è LA CERTIFICAZIONE: Procedura volontaria che le parti possono seguire per certificare, tutti i contratti nel quale si sia dedotta una prestazione lavorativa, essa può rafforzare e integrare la volontà delle parti nella qualificazione del contratto. Ma l’efficacia della certificazione non può spingersi sino al punto di garantire la qualificazione data dalle parti, Quando si dimostri in contrasto con l’effettivo svolgimento del rapporto in forma diversa (subordinata invece che autonoma), da quanto formalmente dichiarato dalle parti e certificato dalla commissione di certificazione.L’indisponibilità del tipo contrattuale che la Corte Costituzionale ha affermato con vigore sulla base dei principi costituzionali resta ferma sia per il legislatore sia per il privato.

AI CONFINI DELLA SUBORDINAZIONEDa una parte, ove si adotti il metodo tipologico, i confini tra subordinazione e autonomia possono presentarsi come confini incerti, laddove la prestazione lavorativa sia dedotta in un contratto di collaborazione coordinata e continuata. Da una diversa prospettiva occorre considerare ora alcune specifiche ipotesi nelle quali una prestazione di lavoro svolta nell’ambito di un rapporto nel quale il prestatore è soggetto ad altrui poteri sia dedotto da un contratto diverso dal contratto di scambio, come è invece il contratto di lavoro o sia dedotto da un contratto diverso dal contratto di scambio con caratteristiche peculiari. Ciò che accomuna tali ipotesi è che il legislatore nel tempo ha steso alcune discipline del lavoro subordinato a tutti i casi del lavoro prestato, a qualunque titolo in stato di subordinazione tecnico funzionale così da ricomprendere, in particolare, La prestazione nella società cooperativa di lavoro, ma anche la prestazione di socio d’opera in una società lucrativa di persone.

ASSOCIAZIONE IN PARTICIPAZIONE Il contratto di associazione in partecipazione rappresenta con particolare tipo contrattuale nello scambio sinallagmatico (a prestazioni corrispettive) tra l’apporto che l’associato si impegna a fornire all’associante e la partecipazione agli utili dell’impresa che deve esere riconosciuta all’associato.ART.2549: “con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.”Quando l’apporto menzionato è una prestazione di lavoro, si presenta il problema di circoscrivere la fattispecie, affinché tale contratto non sia utilizzato in modo elusivo; per acquisire lavoro subordinato attraverso uno schema negoziale diverso dal contratto di lavoro subordinato,Nel contratto di associazione in partecipazione è ambigua la controprestazione(rispetto alla prestazione di lavoro), i cui confini dipendono dalle clausole del contratto. Nonostante talora la cassazione abbia ritenuto requisito essenziale la partecipazione oltre che agli utili anche alle perdite, La lettura della legge è chiara nel consentire che le parti stabiliscono nel contratto l’esclusione della partecipazione alle perdite. Meno limpida, è la ripartizione di poteri nella e sulla impresa tra associante e associato. Da una parte, infatti, “La gestione dell’impresa spetta all’associante; dall’altra “Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l’associato sull’impresa. Ma chiaro è il legislatore nel sancire che “in ogni caso l’associato a diritto al rendiconto annuale della gestione ART.2552 C.C. Secondo la cassazione, elemento costitutivo essenziale del contratto di associazione in partecipazione (ART.2549 C.C) è la pattuizione a favore dell’associato di una prestazione correlata agli utili dell’impresa e non ai ricavi. La corte ha poi sottolineato che l’effettiva integrazione della figura contrattuale dell’associazione in partecipazione di cui L’ART.2549 C.C. è da escludere nel caso in cui la prestazione dell’associato sia una prestazione lavorativa, e tale prestazione assuma le caratteristiche tipiche del lavoro subordinato. La cassazione ha affermato che l’osservanza di un orario di lavoro e di precise disposizioni dell’associante

non possono volere ricondurre senz’altro il rapporto nello schema di lavoro subordinato, poiché si tratta di elementi non idonei a costituire criteri discriminanti tra uno e l’altro rapporto di lavoro. Come si è appena visto , dunque, l’associante può risultare sottoposto all’obbligo di rispettare specifiche direttive dell’associato. Rendendo meno chiara la distinzione tra ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE E LAVORO SUBORDINATO. I minori oneri e l’improbabilità del compenso con la possibilità di esercitare potere di direzione e controllo analoghi a quelli tipici del lavoro subordinato. Manca ???Nella consapevolezza dei limiti della disciplina preesistente nella legge 92/2012(Legge Fornero) è stato abrogato l’art.86 del decreto legislativo 276/2003 e sono state introdotte nuove norme anti elusive(di dubbia legittimità costituzionale).Il legislatore ha seguito 2 strade:E’ stato aggiunto un comma all’ART.2549 C. C., Limitando la possibilità di ricorrere a tale tipo contrattuale per un numero massimo di 3 associati. In caso di superamento “il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato o tempo indeterminato(presunzione assoluta di subordinazione):E’ una riqualificazione operata dal legislatore operata dal legislatore in presenza di talune caratteristiche oggettive della fattispecie. La dubbia legittimità si ha per quanto riguarda le limitazioni delle scelte imprenditoriali, in merito alla scelta del tipo contrattuale, sia per quanto riguarda l’indisponibilità del tipo contrattuale di “lavoro subordinato”.Con il comma 3 il legislatore ha introdotto una presunzione relativa di subordinazione per 2 ipotesi:Per i “rapporti di associazione in partecipazione con apporti di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata una effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare (senza consegna del rendiconto previsto dall’art 2552)

Per i casi nei quali: l’apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all’articolo 69bis ossia quando l’apporto dell’associato non sia connotato “da competenze tecniche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi ovvero capacità tecnico pratiche acquisite attraverso esperienze maturate nel concreto di attività”.

IL LAVORO NELLE SOCIETA’, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE COOPERATIVE.Il lavoro , come abbiamo visto oltre che oggetto di un contratto di scambio, può essere oggetto di conferimento in un contratto d’associazione. ART. 2247 C.C. << con il contratto di società due o più persone conferiscano beni o servizi per l’esecuzione in comune di una attività economica allo scopo di dividere gli utili>>ART.2263 c.c. regola proprio l’ipotesi del conferimento da parte del sacco della propria opera. In generale quando il riferimento delle prestazione lavorative è oggetto di conferimento in società di persone , la fattispecie non risulta compatibile con lo schema del lavoro subordinato ; a causa della condizione di socio del prestatore ( manca” doppia alienità “ di organizzazione e di strumenti, di risultato ).IL NERO CONTROLLO OPERATO DA ALTRI SOCI NON CONFIGURA ESERCIZIO DEL POTERE DIRETTIVO .Diverso è il caso delle attività svolte da un amministratore di società di capitoli: la giurisprudenza ammette il cumulo tra la posizione di amministratore e lo status di lavoratore subordinato ( dirigente ) , quando sia accertata una effettiva dipendenza dell’amministratore rispetto ad un altro amministratore.I problemi sorgono quando il LAVORO è OGGETTO DI CONFERIMENTO IN UNA SOCIETA’ COOPERATIVA.Obiettivo sociale della cooperazione è quello di ripartire e assicurare tra i soci lavoratori occasioni di lavoro, le cooperative , infatti sono caratterizzate DALL?ASSENZA DI FINE DI LUCRO e dalla necessaria SUSSISTENZA DI FINE MUTUALISTICA.La diffusione del lavoro prestato nell’ambito delle cooperative di lavoro ha obbligato dottrina e giurisprudenza a valutare la compatibilità dello schema e i fini mutualistici propri.

Da un’opposta prospettiva ci si interroga tra lo status di socio e di lavoratore subordinato tenendo conto che nei contratti associati la prestazione viene resa in adempimento del contratto sociale. LA RIFORMA DELLA LEGISLAZIONE in materia cooperative di lavoro in senso positivo la questione della DELLA COMPATIBILITA’ tra la figura sono della cooperativa e lo figura di lavoro subordinato alle dipendenze lavorative della cooperativa.Prima dell’entrata in vigore della legge 142/2001 la giurisprudenza in parte si era espressa in PARTE si era espressa contraria alla configurazione di un rapporto di lavoro subordinato tra la cooperativa e il socio. LA CASSAZIONE ESPRIMEVA che quando attività lavorative svolte dal socio in favore della società cooperativa consiste in prestazione comprese tra quelle previste NON CONFIGURABILE UN RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO NE AUTONOMO poiché le prestazioni tipiche costituiscono adempimento del contratto di società.IL SOCIO LAVORATORE DI UNA COOPERATIVA di lavoro è vincolato da un contratto che da un lato obbliga a una prestazione continuativa di lavoro in stato di subordinazione dall’altro lo rende partecipe dello scopo dell’impresa collettiva di conoscere alla formazione di volontà sociale e il diritto di una quota agli utili. Questi diritti e poteri giustificano l’impossibilità ad applicare le norme di tutela del lavoro subordinato al solo lavoratore. Tale incompatibilità sussiste solo quando LA QUALITA’ DI SOCIO DELLA COOPERATIVO SIA REALE ED EFFETTIVA ENON SIMULATA. Un'altra parte della giurisprudenza era orientata in modo FAVOREVOLE alla contabilità tra posizione di socio e di lavoratore subordinato. Secondo la corte non esiste ALCUNA INSANABILE CONTRADIZZIONE O IN COMPATIBILITA’ TRA LA QUALITA’ DI SOCIO COOPERATIVO E LA PRESTAZIONE DI LAVORO SUBORDINATO , e aggiungeva che la Qualificazione in termini di autonomia o di subordinazione va pur sempre ricollegata alla presenza o meno di quegli elementi che tradizionalmente volgono ad individuare il lavoro subordinato e a differenziarlo da quello autonomo . LEGGE 142/2001 REVISIONE DLLE LEGISLAZIONE IN MANIERA COOPERATIVISTICA CON RIFERIMENTO ALLA POSIZIONE DEL SOCIO LAVORATORE ART 1: << il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un’ulteriore e distino rapporto di lavoro , in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma >>ART: 9 ulteriori modifiche Tali modifiche non eliminano LA DUPLICIT DEI RAPPORTI ( di socio e di prestatore di lavoro, subordinato ovvero autonomo) che si può ritenere accolta dalla legge . La SCELTA DI TIPO CONTRATTUALE per l’instaurazione di un rapporto di lavoro dovrà essere compiuta dai componenti organi della cooperativa tenendo conto delle previsione contenute nel regolamento della cooperativa, che deve tenere indicazioni sulla < tipologia di rapporti che si intendono attuare , in forma alternativa con i soci lavoratori . Nella PRIMA SENTENZA pubblicata nella quale si è data applicazione all’art 1 , i giudici hanno affermato che la novità della legge sta nell’aver previsto che il socio lavoratore SIA TITOLARE DI 2 DISTINTI RAPPORTI : uno sociale e un altro che può essere di lavoro subordinato , autonomo parasubordinato. Ciascuno dei 2 rapporti segue le proprie regole ora è ammissibile che il regolamento di una cooperativa preveda la connessione necessaria tra rapporto sociale e rapporto di lavoro , nel senso che la permanenza del 1 sia condizione imprescindibile per la sussistenza del secondo MA NON è AMMISSIBILE che il regolamento prevede l’esclusione del socio quale clausola di risoluzione automatica del rapporto di lavoro è infatti necessario un LICENZIAMENTO , adottato in forma scritta e motivato , secondo quanto previsto dalle norme che regolano la risoluzione dei rapporti di lavoro subordinato.

SEZIONE II: COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE,LAVORO A PROGETTO, LAVORO AUTONOMO

1.LA DICOTOMIA AUTONOMIA/SUBORDINAZIONE:LE PROPOSTE E SOLUZIONI

Nel mercato attuale del lavoro il mondo lavoratori subordinati garantiti(cioè con contratto di lavoro a tempo indeterminato) coesiste in un mondo sempre più affollato di lavoratori poco per nulla garantiti:

lavoratori subordinati non standard(contratti flessibili e precari)

lavoratori autonomi: ai due estremi stanno i lavoratori autonomi veri(quelli che usano le proprie energie lavorative e le proprie capacità alle dipendenze di se stessi traendo utilità da rapporti contrattuali con varie controparti e di vario contenuto) e lavoratori autonomi finti (quelli cioè che, sulla base di un contratto tipico “autonomo”, mettono stabilmente e monotonamente le proprie energie capacità alle dipendenze di una stessa controparte, senza che la loro dipendenza materiale assurga a subordinazione giuridica).Tra questi 2 estremi si collocano i lavoratori dotati di un certo gradi di autonomia nell’esecuzione della prestazione, ma dipendenti economicamente dal proprio committente (MONOCOMMITTENZE)

La ricomposizione della frammentazione del lavoro e il superamento del dualismo del mercato del lavoro (lavoratori standard e non, garantiti e non)costituiscono delle sfide che la stessa UE sollecita i legislatori a raccogliere per realizzare flexicurity (strategia che ha come obiettivo di risolvere la contraddizione tra flessibilità e sicurezza).

Il dibattito si è concentrato essenzialmente su 2 problemi:

la flessibilità “in entrata”: nella prospettiva del controllo sulla diffusione delle forme contrattuali flessibili; (cap .IV)

la dicotomia tra autonomia/ subordinazione , nella prospettiva della sua ricomposizione; dell’allargamento al lavoro autonomo non protetto delle tutele minime garantite ai lavoratori subordinati. (esplicata in questo capitolo)

Sia i lavoratori fintamente autonomi, sia i lavoratori effettivamente autonomi, ma economicamente dipendenti, sono bisognosi di una protezione, che con la condizione di autonomi vengono esclusi dalla applicazione di norme destinate ai lavoratori subordinati. La tutela dei lavoratori fintamente autonomi , è questione di abuso della qualificazione del contratto ed è eliminabile con una corretta utilizzazione delle categorie giuridiche: Quando il rapporto di lavoro presenti gli elementi tipici del lavoro subordinato, non resta che procedere alla riconduzione del rapporti di tipo contrattuale del lavoro subordinato con le conseguenze derivanti (obblighi del datore e diritti del lavoratore).

Più difficile è la questione della protezione degli altri lavoratori(collaboratori e lavoratori autonomi), il cui rapporto di lavoro non presenta elementi tipici del lavoro subordinato. La soluzione è data da 2 diverse strade:

welfare e interventi strutturali nel mercato del lavoro: (parte III)

la definizione del tipo contrattuale “lavoro subordinato” : l’obiettivo è quello di contribuire al superamento del dualismo di mercato.

Dalle 2 strade trovate, il legislatore sembra non aver tenuto conto (parliamo della legge fornero 92/2012). Le nuove regole di questa legge si pongono in linea di relativa continuità con la legislazione degli anni 2000 e si collocano a valle di quello che il mercato ha già prodotto, offrendo una cospicua gamma di rapporti di lavoro flessibili e precari. Il mercato ha prodotto la frammentazione del lavoro e , di conseguenza, lo stridente dualismo (nato dalla frammentazione del lavoro e che a sua volta produce lavoro protetto e non protetto).

Il sistema rimane incardinato nella dicotomia lavoro autononmo/subordinato. La Riforma riparte dunque dalle consuete categorie, seppur nell’ambito di un approccio regolativo e caratterizzato da un più accentuato intento di repressione degli abusi e di contrasto alle prassi elusive delle discipline imperative.

2.LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE

Per illustrare i contenuti della riforma e ricostruire la disciplina attuale conviene partire dalle collaborazioni coordinate e continuative (art.409 n.3 cod.proc.civ.) che ha previsto una categoria di rapporti di lavoro, che non rivestono pienamente ne i caratteri tipici della subordinazione ne quelli della autonomia. A questa categoria la dottrina ha dato il nome di rapporti di lavoro parasubordinato. Le lacune della disciplina legislativa sono state colmate dagli interpreti che hanno proceduto ad individuare i caratteri essenziali, essi sono:

l’oggetto del contratto (prestazione di lavoro)

la dipendenza economica del prestatore del lavoro dal proprio committente(la persona si obbliga verso un solo committente)

Sul problema della riconduzione del lavoro parasubordinato al tipo contrattuale lavoro subordinato (art 2094 c.c.) o al tipo di lavoro autonomo(art.2222 c.c.) si sono confrontati opposti orientamenti interpretativi:

un’opinione minoritaria , facendo leva sulla dipendenza economica e della debolezza contrattuale, riteneva il lavoro parasubordinato nella sostanza subordinato e veniva regolato con la disciplina del lavoro subordinato. Ma essa è stata RESPINTA: perché tramite sentenza Corte costituzionale “i lavori parasubordinati restano nell’area del lavoro autonomo."

Il lavoro parasubordinato presenta caratteristiche distintive proprie, che si riassumono nei tre requisiti della

Continuità: intesa come soddisfazione di un interesse durevole del committente

Coordinazione: legata alla continuità, ci deve essere coordinazione funzionale I tra l’opera promessa e l’attività esercitata (prestazione destinata a soddisfare per un certo periodo di tempo l’interesse del creditore e per quel tempo impegni le energie lavorative del prestatore.

personalità della prestazione: il lavoro personale del prestatore deve prevalere non solo sul lavoro altrui ma anche sugli altri fattori utilizzati a perseguire la prestazione.

3.LE COLLABORAZIONI (o lavoro)A PROGETTO

Con la creazione di questa nuova fattispecie, il legislatore si proponeva di dettare una disciplina delle collaborazioni coordinate continuative capace di contrastare gli abusi e, insieme, di garantire ai collaboratori alcune garanzie dei loro diritti. L’intento è stato realizzato solo in parte.

Sul lavoro a progetto è intervenuta la LEGGE FORNERO riscrivendo pezzi importanti della sua disciplina. L’intento del legislatore è essenzialmente quello di assoggettare a limiti rigorosi il ricorso a lavoro a progetto al fine di evitare abusi. (lavoro a progetto è una prestazione di lavoro con caratteristiche tanto prossime a quella di lavoro subordinato da renderla difficilmente distinguibile da quest’ultima.) IL risultato come vedremo è quello della restrizione dello spazio entro cui un contratto di lavoro a progetto può essere stipulato.

3.1 CAMPO DI APPLICAZIONE DEL LAVORO A PROGETTO

Dal campo di applicazione della disciplina delle collaborazioni a progetto sono escluse :

Le prestazioni occasionali

Le professioni intellettuali (per l’esercizio è necessaria iscrizione ad albo)

Rapporti e Attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche

Componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni.

La nuova disciplina non si applica nell’ambito delle pubbliche amministrazioni.

Una nuova esclusione è stata aggiunta dalla legge 134/2012, si tratta “delle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center “Outbound”” per le quali il ricorso a contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento.

Con quasta esclusione il legislatore consente che vengano stipulati contratti di lavoro a progetto “atipici”, cioè non si richiedono requisiti di carattere sostanziale e formale richiesti negli altri casi, ma solo che il contratto collettivo di riferimento definisca il corrispettivo . La legge stabilisce che lo svolgimento di attività outbound nei call center è definibile come progetto; il lavoratore non opera in condizione di subordinazione giuridica.

3.2 la fattispecie: collaborazione coordinata e continuativa riconducibile ad un progetto

La fattispecie nel quale si inserisce il lavoro a progetto è quella delle collaborazioni coordinate e continuative, di cui all’art.409 cod.proc.civ. La disposizione dell’art 61, comma1. Prevede che entro il campo dci applicazione di cui si è detto prima “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione del codice di procedura civile, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore”.

Occorre precisare che il lavoro a progetto è una collaborazione coordinata e continuativa e come le altre che sopravvivono al difuori del campo di applicazione della nuova disciplina , è ricondotta al tipo contrattuale “lavoro autonomo” . Costituisce un’indicazione nell’espressa esclusione del vincolo di subordinazione; il tempo di lavoro è autogestito dal collaboratore, al quale potrà tuttavia essere richiesto, per esigenze di coordinamento con l’organizzazione del committente, di assicurare, in determinati giorni o ore la propria presenza all’interno dell’organizzazione. Nel contratto devono essere previste “Le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione della prestazione lavorativa “.

A caratterizzare la fattispecie del lavoro a progetto è la sua riconducibilità ad un progetto specifico. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non un mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente , inoltre il legislatore precisa che questo non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni aziendali . Si possono fare 2 previsioni in proposito:

La prima si può osservare che dovendo il progetto essere specifico, ovvero inteso nel senso che il progetto , pur avendo ad oggetto attività rientranti nel ciclo produttivo dell’impresa, deve distinguersi dall’attività complessiva dell’impresa il risultato finale dell’attività descritta nel progetto non deve coincidere con la finalità generale d’impresa.

Nella seconda previsione è evidente l’intento del legislatore di impedire che il lavoro a progetto sia utilizzato per mansioni di basso profilo professionale. Nella definizione dell’oggetto del contratto (progetto e risultato finale ), il legislatore del 2012 ha enfatizzato il riferimento al risultato come carattere autonomo ( e non subordinato) della collaborazione, ma a prenderlo troppo sul serio , si arriverebbe alla conclusione che il rapporto di collaborazione sia qualificabile come autonomo solo nel caso in cui abbia ad oggetto la realizzazione di un opera indivisibile. Vale allora la pena di chiarire che il risultato dedotto in contratto è la realizzazione del progetto, L’obbligazione del lavoratore a progetto consiste nella prestazione necessaria per la realizzazione del progetto . Il risultato al cui adempimento il collaboratore si è obbligato prevede una prestazione “coordinata e continuativa” La continuità della prestazione necessaria per la realizzazione del risultato finale del progetto può rendere rilevante gli inadempimenti parziali.

3.2.1. DIVIETO DI COLLABORAZIONI A PROGETTO ATIPICHE

Entro il campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto il legislatore non consente l’instaurazione di collaborazioni coordinate e continuative “atipiche”; non finalizzate alla realizzazione di un progetto (art.69 “i rapporti di collaborazioni coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto sono considerati rapporti di lavoro subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. L’insussistenza del progetto opera come una presunzione legale assoluta della subordinazione: mancando il progetto è escluso a priori la possibilità del datore di lavoro convenuto in giudizio di provare la sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo. La rigidità di questa disposizione è stata criticata da parte della dottrina; tali critiche avevano indotto un settore della giurisprudenza di merito a configurare la PRESUNZIONE come RELATIVA (consente al convenuto di provare la sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo diverso dalla collaborazione continuativa).La legge Fornero ha introdotto la seguente norma di interpretazione: “l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale della validità del rapporto collaborativo continuativo, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto subordinato a tempo indeterminato .

Diverse sono le ipotesi regolate per l’art 69 comma 2 :

La legge regola il caso in cui l’effettivo svolgimento del rapporto abbia fatto emergere una serie di elementi sufficienti a riqualificare il lavoro a progetto in rapporto di lavoro subordinato. In tal caso il rapporto si “trasforma” in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente tipologia di fatto realizzatosi tra le parti. La trasformazione potrà trattarsi di un rapporto di lavoro a termine.

Seconda ipotesi è stata aggiunta dalla legge n.92/2012 è quella di una collaborazione continuativa, svolta senza vincolo di subordinazione, ricondotta a un progetto specifico, ma nella quale l’attività del collaboratore è “svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente.”Anche in questo caso il lavoro a progetto può essere considerato come rapporto di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto ma al committente è consentito di fornire prova contraria.

Sono fatte salvo le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.L’esclusione della presunzione (relativa) di subordinazione opera anche ove i contratti collettivi non abbiano elevato tali professionalità. La disposizione lascia dunque perplessi: Un’elevata professionalità non esclude

di per sé la subordinazione, il lavoratore a progetto che svolga prestazioni di elevata professionalità con modalità analoghe a quelle svolte dal lavoratore subordinato non potrà avvalersi della presunzione relativa.

3.3. FORMA,DURATA,ESTINZIONE DEL CONTRATTO

Ai sensi dell’art.62, dgls n.276/2003, come modificato dalla legge Fornero, il contratto di lavoro a progetto deve essere stipulato in forma scritta, a soli fini di prova: Quindi DALLA MANCANZA DELLA FORMA SCRITTA NON DISCENDE LA NULLITA’ DEL CONTRATTO, ma solo l’impossibilità di provare con altri mezzi.Costituiscono il contenuto obbligato dell’atto scritto:

La durata: determinata o determinabile, della prestazione di lavoro

La descrizione del progetto: con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato temporale tra collaboratore e committente

Le misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto

La carenza di uno di questi punti porta all’invalidità del contratto .Il contratto d3eve essere stipulato a tempo determinato, non è ammessa una collaborazione a tempo indeterminato. La legge non vieta la reiterazione del contratto(ovvero la ripetizione dello stesso) ma la legge si riferisce a una esigenza non ripetibile per il committente, essa può dar luogo ad un rapporto senza limiti di durata in tal caso saremo di fronte alla frode della legge e il lavoratore può richiedere al giudice la riqualificazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.Il contratto si risolve infatti al momento della realizzazione del progetto ; le parti tuttavia possono recedere per giusta causa prima della scadenza. Il committente può recedere prima della scadenza qualora siano emersi oggettivi profili di idoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine dando il preavviso.

3.4. DIRITTI E OBBLIGHI DEL LAVORATORE A PROGETTO

Un importante modifica nella disciplina del lavoro a progetto introdotta dalla legge Fornero riguarda il corrispettivo della prestazione : “si prevede innanzitutto che il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto debba essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito”. Questo non può essere inferiore ei minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività dai contratti collettivi specifici. Ove non sia una contrattazione collettiva specifica, "il compenso non può essere inferiore alla retribuzione minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di esperienza e competenza sia analogo a quello del collaboratore a progetto.”La nuova disciplina del corrispettivo ha la funzione di garanzia ai lavoratori a progetto corrispettivi del lavoro almeno comparabili con quelli predisposti per i lavoratori subordinati che svolgono mansioni di eguale valore., evitando così che i lavoratori a progetto siano utilizzati come manodopera bassa.IL lavoratore a progetto ha diritto di essere riconosciuto come autore della invenzione fatta nello svolgimento del rapporto, l’art 66 prevede che in caso di gravidanza il rapporto rimane sospeso senza corrispettivo e che la scadenza sia prorogata per 180 giorni. Anche in caso di malattia e infortunio il rapporto rimane sospeso.Gli obblighi del collaboratore a progetto sono la possibilità di svolgere la sua attività a favore di più committenti ma non in concorrenza .

3.4 IL LAVORO OCCASIONALE

Si tratta di “rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel anno solare non superi 5000 euro , nel quale caso troveranno applicazione le disposizione contenute nell’art 61 comma 3.

4.LE “PARTITE IVA"

Le partite iva sono meglio definite come altre prestazioni lavorative in regime di lavoro autonomo. L’intervento del legislatore è giustificato dalla circostanza che, in molti casi, l’apertura della partita iva è servita a coprire la realtà del lavoro parasubordinato o addirittura subordinato e con ciò l’evasione contributiva.A norma dell’articolo 69 bis le prestazioni di lavoro rese dal titolare di partita IVA “sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa” La presunzione opera in presenza di almeno 2 dei seguenti 3 presupposti.

La durata: “complessiva“ della collaborazione con il medesimo committente, DEVE ESSERE SUPERIORE A 8 MESI ANNUI PER 2 ANN CONSECUTIVI; La durata si riferisce alla singola collaborazione.

Il corrispettivo: che deve sostituire più dell’ 80% dei corrispettivi annui percepiti dal collaboratore nell’arco di 2 anni solari consecutivi. La considerazione dell’entità del corrispettivo porta in evidenza la sua DIPENDENZA ECONOMICA dal committente.

La collocazione fisica: del collaboratore, che disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.(tale indice non pare molto utile).

Nessuno di questi indici ì, neppure sommati tra loro, sono sufficienti ad escludere carattere autonomo della prestazione di lavoro del titolare di una partita IVA: ma toccherà al committente dimostrare che il rapporto si è svolto in forma AUTONOMA, senza continuità e coordinamento. La presunzione relativa è di collaborazione coordinata e continuativa: ma, come si è notato da tutti i commentatori essendo vietate le collaborazioni atipiche, opera la presunzione assoluta di rapporto di lavoro subordinato, ai sensi dell’art.69 comma1 e art 69 bis la presunzione relativa può sfociare nella presunzione assoluta e il rapporto titolare di partita IVA sarà qualificato come rapporto di lavoro subordinato atempo indeterminato.Ai sensi dell’art. 69 bis, la presunzione relativa non opera in una serie di casi:

Prestazione caratterizzata da una alto livello di competenze tecniche

Quando il reddito sia non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali

Prestazione sia svolta nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione all’albo.

CAPITOLO 3: Il contratto di lavoro subordinato ( a cura di Federico Fugazzi)

IL contratto di lavoro subordinato è un contratto di durate: l’esecuzione delle prestazioni è continuata nel tempo senza soluzione di continuità (essa non deve essere confusa con la durata del contratto). Lo strumento giuridico (la fonte) attraverso cui si forma il rapporto di lavoro è il contratto (con molte limitazioni). Secondo invece la normativa comunitaria, ispirata a quella tedesca, fonte stessa del rapporto sarebbe l’incorporazione del lavoratore nell’impresa. La dottrina prevalente è contrattualista, nel senso che da sempre è convinta che il rapporto di lavoro trovi la propria fonte in un contratto.

La causa individua la funzione economica­sociale del contratto, essa è definita dall’art.2094 c.c. “Il  prestatore di lavoro si obbliga, mediante retribuzione, a collaborare all’impresa”. La semplicità di tale   schema   è   complicata   dalla   definizione   del   termine  “collaborazione”:   espressione   il   cui significato   varia   in   ragione   del   diverso   peso   attribuito   al   profilo   d’inserimento   del   lavoratore nell’organizzazione dell’impresa. Prescindendo dalle varie tesi, si può aderire a quell’opinione, che riporta la causa del contratto a uno scambio tra prestazione di fare e di dare. La considerazione del l’organizzazione   del   lavoro   come   “dato   “preesistente   al   contratto   e   l’immissione,   mediante   il contratto, del  lavoratore in azienda, spiegano da un lato la connessione tra organizzazione del lavoro e poteri del datore di lavoro, dall’altro la soggezione del lavoratore.

Perché uno dei contraenti del contratto è dotato di poteri la cui presenza qualifica un contratto? I due soggetti hanno diverse prerogativa, il lavoratore è titolare dei diritti fondamentali della persona, mentre quel del datore riguardano l’azienda. Il  contratto quindi è  lo strumento che consente di sfruttare lavoro subordinato all’interno dell’azienda.

Lo scambio contrattuale deve essere oneroso: prestazione e controprestazione si giustificano a vicenda in quanto scambiate tra loro. Una prestazione di lavoro può essere comunque effettuata a titolo gratuito, ma deve essere attribuita a una tipologia di lavoro diverso.

Per superare la presunzione di onerosità la giurisprudenza richiede però una prova rigorosa della causa e della correlativa gratuità del lavoro. VI è invece la presunzione opposta in caso di attività effettuate per famigliari, conviventi, per congregazioni religiose.

La legislazione ha sviluppato un proprio settore riguardante le ipotesi di lavoro gratuito per lavori socialmente utili e per le cooperative (regolarmente iscritte nel registro delle Regioni). Ai volontari spetterà  il  rimborso delle spese eventualmente sostenute per svolgere la loro opera e saranno assicurati contro gli infortuni e le malattie professionali e per la responsabilità civile verso i terzi.

L’oggetto del contratto di  lavoro subordinato sono le prestazioni contrattuali che devono essere validi,   possibili   e   determinabili  (prestazione   di   lavoro   e   retribuzione).  Esse   sono   anche   le obbligazioni   principali   del   contratto.   La   prestazione   di   lavoro   è   una   prestazione   di   fare:   la prestazione è assolutamente personale, ossia il rispetto dell’obbligazione è legata alla persona. Il  lavoro è tanto inseparabile dalla persona che lo svolge che non è insensato dire che la persona  del lavoratore è al tempo stesso soggetto e oggetto del contratto.

I soggetti del contratto sono:

1. Datore di   lavoro:  è   il  creditore della  prestazione  lavorativa oggetto del contratto di lavoro.   Sul   datore   di   lavoro   gravano   una   serie   di   obblighi.   In   primis   quello   della sicurezza.   IL   datore   di   lavoro   è   anche   il   soggetto   di   prerogative   e   di   poteri   che discendono   dal   suo   essere   titolare   dell’organizzazione.   Questa   espressione   però riassume e sintetizza soggetti  diversi.     Il  contesto naturale del   lavoro subordinato è ancora oggi l’impresa e il datore di lavoro “modello” è l’imprenditore “da cui dipendo gerarchicamente   i   collaboratori”,   quindi   i   lavoratori   sono   “chi   partecipa   all’attività  dell’impresa sotto il potere dell’imprenditore”.

C’è da fare un ulteriore distinzione tra  imprenditore e non imprenditore:  la distinzione attraversa la disciplina del lavoro, per quanto riguarda la disciplina sindacale e quella 

dei licenziamenti. Per tali discipline bisogna fare  ulteriori distinzioni secondo: la natura del datore di lavoro, la dimensione dell’organizzazione.

Per quanto riguarda la natura, se prima bastava fare la distinzione fra imprenditore e non, ora la faccenda è più complessa. Troviamo infatti una nuova categoria, senza fini di lucro, di non imprenditori: le  organizzazione di tendenza “ossia datori di lavoro non  imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività politica, sindacale culturale ecc.”

Per quanto riguarda la dimensione dell’organizzazione: il parametro utilizzato, seppur ampiamente   criticato   è   il   numero   di   dipendenti.   Restano   complicazioni   su   quali lavoratori debbano essere contati e in quale arco di tempo.

Un altro problema è  quando  il  datore di   lavoro  formale (nel  contratto)  non coincide pienamente con  l’utilizzatore della prestazione fornita dal  lavoratore.  Il c.c.  non offre indicazioni   dettagliate   ma   nella   definizione   di   lavoratore   subordinato   occorre   solo l’individuazione   del   datore   di   lavoro   nel   soggetto   che   effettivamente   dirige   la prestazione appare sufficiente. Questa regola era scolpita nella legge 1360/1960 che vietava   l’interposizione   in  qualsiasi   forma.  Dalla   fine  degli  anni  90,   il   legislatore  ha legittimato e disciplinato ipotesi di utilizzazione per così dire indiretta della manodopera. IL datore di lavoro formale può essere dunque un soggetto diverso dall’utilizzatore reale del lavoratore. Quando la somministrazione però è illecita o irregolare la legge imputa il rapporto di lavoro all’effettivo utilizzatore della prestazione.

Nelle ipotesi  più  recenti,  si può  configurare anche la  codatorialità  (utilizzazione della prestazione da parte di più  soggetti,  come nel caso delle società  di gruppo). Senza lambire   l’autonomia   giuridica   di   ciascuna   società   del   gruppo,   si   può   arrivare   ad individuare   una   responsabilità   diretta   della   capogruppo   o   della   società   che effettivamente h utilizzato,   in modo simultaneo, le prestazione lavorative del contratto stipulato tra il lavoratore e la società.

2. Ci   sono   varie   categorie   di   lavoratori,   sono   diversificati   per   area   geografica,   età, qualifica,   sesso,   cittadinanza,   condizioni   di   salute.   Le   norme   individuano   astratte categorie di destinazione sempre meno generali.

L’art.2 comma 1 c.c., fissa la maggiore età (18 anni), facendo salve le leggi speciali che stabiliscono un età inferiore in materia di capacità di prestare il proprio lavoro. Compiuti i 16 anni, il minore acquista la speciale capacità giuridica  ( di essere quindi parte di un rapporto di lavoro) e acquista anche la capacità di agire secondaria (esercitare i diritti derivanti dal rapporto di lavoro. L’art.2 rende però sia titolare del diritto di agire primario: ossia di stipulare il contratto. La dottrina è favorevole nella coincidenza fra i due gradi del diritto di agire.

L’età minima costituisce un requisito essenziale di validità del contratto di lavoro e il suo difetto determina la nullità del contratto.

Occorre tra bambini (chi non ha compiuto ancora 15 anni) e gli adolescenti (15­18). Il divieto del lavoro dei bambini è da molto tempo oggetto di interventi normativi a livello interazione e nazionale. La Convenzione OIL (1973) impegna Gli Stati a perseguire politiche volte alla totale abolizione del lavoro minorile. L’OIL ha avviato, a partire dal 1992, un programma per la tutela dei bambini. Per quanto riguarda l’unione europea, occorre anzitutto richiamare l’art.32 della Carta dei diritti fondamentali. Nel nostro ordinamento l’art.37 Cost. riserva alla legge il compito di stabilire “il limite minimo di età per il lavoro salariato. La violazione del divieto comporta, oltre alla nullità del contratto, anche sanzioni amministrative e penali a carico del datore di lavoro. IL comma 3 invece garantisce la parità di retribuzione.

Il  principio  della  parità,   interpretato  come esteso all’intero   trattamento  economico  e normativo. Le differenze di trattamento tra lavoratori adulti e minori sono possibili, ma non possono essere giustificate dal più scarso rendimento. Tale principio non ha trovato una costante e soddisfacente applicazione della contrattazione collettiva.

La tutela consiste essenzialmente di prescrizione relative alla salvaguardia della salute e della sicurezza dei minori (uno dei rimedi è l’esame medico) Il minore non può essere adibito a lavori pesanti e pericolosi, non può effettuare lavoro notturno con la sola eccezione delle prestazioni artistiche (devono finire entro le 00.00).

Per quanto riguardo la forma del contratto, le normative hanno ristretto la libertà di forma del contratto tradizionale, prescrivendo per alcuni casi la forma scritta a pena di nullità del contratto. I casi per cui è prescritto tale obbligo sono in casi caratterizzati da modalità particolari (più flessibili). 

Il principio della libertà della forma non è intaccato dalla presenza del d.l. 26/5/97 che stabilisce l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore all’atto dell’assunzione mediante forma scritta, di alcuni elementi del rapporto di lavoro. La comunicazione scritta ha valore meramente probatorio. L’omessa comunicazione dà luogo a sanzioni amministrative.

La legge n.133/2008 ha previsto che i datori di lavoro privati con l’eccezione dei datori di lavoro domestico, debbano istituire il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti i dati personali e contrattuali di tutti i lavoratori dipendenti, parasubordinati.

L’accordo nel contratto costituisce un elemento essenziale fatta eccezione per il settore pubblico,  per quale esiste il pubblico concorso. La legge non dispone di regole specifiche in materia. La materia dei vizi del consenso, almeno nella fase della stipulazione del contratto, ha nella realtà scarsa rilevanza pratica.  Assai rilevante 

invece la simulazione relativa quando le parti celano un contratto di lavoro subordinato dietro un diverso contratto.

L’art. 2126 prevede che la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità del oggetto o della causa. IL secondo comma prevede che se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha diritto alla retribuzione, tutelando la parte debole del contratto.

Le maggiori difficoltà interpretative si pongono per quanto riguarda il significato da assegnare al riferimento contenuto nell’art. prima menzionato in riferimento all’illiceità dell’oggetto e soprattutto all’illiceità della causa. Per quanto ritiene all’oggetto ricadano i contratti in cui sia la prestazione stessa a configurarsi come illecita. Per quanto riguarda la causa questa pur divenire illecita quando gli interessi realizzati dalle parti siano vietati da norme imperative. La mera contrarietà a norme imperative, invece, rileva ai fini dell’effetto ex tunc della nullità, è certamente nullo il contratto del giornalista non scritto all’albo. La contrarietà a norme imperative non rileva neppure quando la condotta costituisca reato. Distinta dalle precedenti è l’ipotesi di cui al secondo comma dell’art.2126, il quale stabilisce che quando vi sia violazione di una norma posta a tutela del lavoratore questo conserva in ogni caso il diritto alla retribuzione. A tale come si riconduce il caso del contratto di lavoro stipulato con un lavoratore ancora privo della capacità di lavoro. 

Capitolo IV: i contratti di lavoro (A cura di Davide Cavallino) Aggiornato rispetto al libro di testo con Decreto legge n.76/2013

Excursus storico del contratto a termine:Il contratto di lavoro a tempo determinato esiste da tempo immemorabile:gia a partire dalla legge sull'impiego privato (regio decreto 1825\1924) si faceva riferimento ad un contratto a termine, previsto come eccezione rispetto alla normale assunzione in ragione della specialita delle mansioni.Questo stesso concetto era stato ribadito dall'art.2097 CC(durata del contratto di lavoro,ora omesso: "Il contratto di

lavoro si reputa a tempo indeterminato, se il termine non risulta dalla specialita del rapporto o da atto scritto.) con il quale si assite ad un estensione della regola prevista dalla legge sull'impiego privato a tutto il lavoro subordinato indipendentemente dalla categoria di appartenenza del lavoratore).La disciplina dell'art.2097 nonostante prevedesse la presunzione dell'assunzione a tempo indeterminato, non diede luogo ad alcuno controllo sulla diffusione (dovuto per lo più al minor costo piuttosto che alla flessibilità)del contratto a termine che allora era scarsamente protetto;i risultati di una indagine sulle condizioni dei lavoratori impose l'intervento del parlamento con una legge che e stata la disciplina del contratto a termine fino al 2001:la legge 230\1962 prevedeva che il contratto a termine potesse essere stipulato solo nei casi tassativamente previsti dalla legge che si riferivano ad alcune aree del lavoro che avevano l'esigenza della stipulazione del contratto a termine (lavori stagionali in agricoltura). Una delle ipotesi previste di maggior importanza era l'ipotesi dell'assunzione a termine cosiddetta sostitutiva: si poteva assumere con contratto a termine per sostituire un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto (art.2113 CC). I lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto sono quei lavoratori sui quali intervenga un evento protetto: malattia (il periodo di comporto e il periodo di sospensione del rapporto, la cui durata minima e ancora oggi fissata da un contratto collettivo corporativo - di durata massima di 180 giorni. Alla scadenza del periodo di comporto il lavoratore puo essere licenziato), lavoratrice madre (che ha congedo obbligatorio da 2 mesi prima del parto fino a 3 mesi successivi al parto + eventuale congedo parentale -che puo chiedere anche il padre), malattie professionali, un tempo il servizio di leva, aspettative per ragioni sindacali, elezione a carica amministrativa.In tutti i casi previsti il datore di lavoro puo sostituire il lavoratore assente assumendo a termine un lavoratore con un contratto sostitutivo che cessa nel momento in cui il lavoratore titolare rientra.

L'altra cosa che prevedeva la legge del 1962 era che, in tutti i casi nei quali fosse stato stipulato un contratto a termine o con violazione di un requisito forma (atto scritto richiesto ab sustantiam), o nei casi in cui fosse stato stipulato un contratto al di fuori delle ipotesi tassativamente previsto, l'apposizione del termine era nulla: non era nullo il contratto, era nulla la clausola appositiva del temine, fin dall'inizio il contratto era riqualificato come contratto di lavoro a tempo indeterminato-->i vizi erano sanzionati con la cosiddetta conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato fin dall'inizio del rapporto(intento antiabusvo).-La fragilita di questa disciplina comincia a farsi vedere a partire dagli anni '70 del secolo XX :si assiste ad una crescita della domanda di contratti a termine alla quale si da risposta senza sconvolgere l'impianto della legge allungandone l'elenco (settore del coomercio,attivita commerciali turistichedella RAI, aeroporti, industrie (settori ambientali, punte stagionali di attivita)).-Si aggiunge anche la legge 56\1987 (riforma del mercato del lavoro, legge che pero non ha prodotto risultato):all'art.23 prevede la possibilita che i CCN stipulati dei sindacati maggiormente rappresentativipossano prevedere l'ipotesi di stipulazione legittima di contratti a termine in deroga all'elenco tassativo. (forte liberalizzazione) -Arriviamo alla soglia delle vicende attuali, il primo punto di svolta e segnato dalla legge 196\1997Pacchetto Treu :la legge, non interviene sulle regole di tassativita ma interviene sull'apparato sanzionatorio alleggerendo le

sanzioni,la legge del Pacchetto Treu non ha avuto lunga vita, nel frattempo e intervenuta una direttiva comunitaria CE 1999\70 la quale stabilisce i principi generali ed i requisiti minimi rel. Ai contratti a tempo determinato con due obbiettivi : migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto dle principio di non

discriminazione,prevenire gli abusi derivanti dall utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato; l occasione del recepimento della direttiva ha permesso la realizzazione di una riforma generale delle disciplinata del contratto a termine avvenuta nel 2001 con il d.lgs.n.368/2001: la riforma ha abrogato espressamente la legge n.230/1962 ridefinendo ex novo il contrattto a tempo determinato e la sua disciplina introducendo elementi di maggior flessiblita e odificandone le condizioni d uso; nonostante cio la nuova disciplina ha mentenuto un elemento di continuita rispetto al passato: il rapporto tra regola (contratto indet.) ed eccezione (contratto det.): è stato infatti ribadito quanto detto dall art.1 legge n.247/2007 “il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato” (disposizione tuttavia abrogata dalla legge 92/2012 sostituita con l analoga formulazione <<il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.>>

Dalle causali alla clausola generale:

Il decreto legislativo si apre anzitutto con una premessa:"a) i contratti a termine in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano fino al termine previsto dal contratto, anche in deroga alle disposizioni di cui al comma 4-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 6 settembre 2001(quello che disciplina la successione dei contratti e le proroghe), n. 368, introdotto dal presente articolo;b) il periodo di lavoro gia effettuato alla data di entrata in vigore della presente legge si computa, insieme ai periodi successivi di attivita ai fini della determinazione del periodo massimo di cui al citato comma 4-bis, decorsi quindici mesi dalla medesima data".Sono discipline transitorie che vengono messe in premessa per regolare il passaggio fra la vecchia disciplina e la nuova per i contratti che sono in corso.

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.

Art.1:La prima caratteristica della disciplina consiste nel superamento delle causali previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva sostituite dalla cosiddetta clausola generale; l art.1 comma 1 prevede infatti che è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attivita del datore di lavoro".Cade l'impianto della legge del '62, non siamo piu di fronte alle ipotesi tassative, siamo di fronte a una causale di carattere generale che prevede due ordini di ragioni che possono giustificare il contratto a termine:-ragioni tecnico-produttive: esigenze dell'impresa alle quali si deve fare fronte con l'assunzione a termine. -ragioni di carattere sostitutivo: quelle gia previste dalla legge del '62 (si assume a termine per sostituire un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto. I lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto sono indicati negli artt.:Art. 2110. Infortunio, malattia, gravidanza, puerperio.

In caso di infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge [o le norme corporative](1) non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, e dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennita nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equita.Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'articolo 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge [dalle norme corporative] (1), dagli usi o secondo equita.

Il periodo di assenza dal lavoro per una delle cause anzidette deve essere computato nell'anzianita di servizio.Art. 2111. Servizio militare.La chiamata alle armi per adempiere agli obblighi di leva risolve il contratto di lavoro [salvo diverse disposizioni delle norme corporative].In caso di richiamo alle armi, si applicano le disposizioni del primo e del terzo comma dell'articolo precedente.Andrebbe indicato il nome del sostituito? la Corte Costituzionale con sentenza 214\2009 ha detto che la legge va interpretata nel senso della necessita dell'indicazione del nome e del periodo. Malgrado cio qualche sentenza successiva continua ad affermare che non e necessario perche lo si puo dedurre da altri elementi. Quello che deve essere sicuramente specificata e la ragione sostitutiva, la forma scritta si riferisce alla clausola del termine, delle mansioni ma soprattutto deve contenere la specificazione delle ragioni per le quali il contratto e stipulato.

-I contratti acausali::La più recente ed importante modifica allassetto della disciplina complessiva è contenuta nella legge n.92/2012, in particolare l art.1 comma 1-bis,d.lgs n.368/2001 afferma:a."Il requisito di cui al comma 1 non e richiesto nell'ipotesi del primo rapporto a tempo determinato(in assoluto

tra datore e lavoratore), di durata non superiore a dodici mesi, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nel caso di prima missione di un lavoratore nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. (*) N.b. (non prorogabile)b. in ogni altra ipotesi individuata dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu rappresentative sul piano nazionale. (DL n. 76/2013)

-Comma 2 art.1d.lgs n.368/2001 : "L'apposizione del termine e' priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 1-bis relativamente alla non operativita del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo, produttivo o sostitutivo. Atto scritto, forma richiesta ab sustantiam, l'apposizione del termine e priva di effetto se non risulta da atto scritto in cui si trovano anche le ragioni, se manca il contratto e a tempo indeterminato perche la clausola impositiva del termine se non e scritta o se e scritta ma non sono specificate le giustificazioni e nulla (art.1419 CC). La nullita e parziale: colpisce la clausola e non l'intero contratto.

- Comma 3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della prestazione.

-Comma 4 : "La scrittura non e' tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni".

Art.3:DivietiL'apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non e' ammessa:a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unita produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell'articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;c) presso unita produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.

Art.4: Disciplina della proroga 1. Il termine del contratto a tempo determinato puo' essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga e' ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attivita' lavorativa per la quale il contratto e' stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potra' essere superiore ai tre anni. 2. L'onere della prova relativa all'obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l'eventuale proroga del termine stesso e' a carico del datore di lavoro

Art. 5. : Scadenza del termine e sanzioni Successione dei contratti 1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai sensi dell'articolo 4, il datore di lavoro e' tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% fino al decimo giorno successivo, al 40% per ciascun giorno ulteriore. 2. (Continuazione di fatto del rapporto a termine:la continuazione di fatto e tollerata per un periodo max di 30 gg per contratti <6 mesi e 50 gg per contratti >6 mesi) Se il rapporto di lavoro, instaurato anche ai sensi dell'articolo 1, comma 1-bis, continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini. (DL n. 76/2013)

3. (Rinnovo dei contratti ed intervallo minino tra due contratti a termine successivi: 10 gg per contratti <6 mesi ; 20 gg per contratti >6 mesi)Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato. Le disposizioni di cui al presente comma, nonché di cui al comma 4, non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali di cui al comma 4-ter nonché' in relazione alle ipotesi individuate dai contratti collettivi, anche aziendali, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. (DL n.76/2013)

4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto. 4-bis. Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato ai sensi del comma 2; ai fini del computo del periodo massimo di trentasei mesi si tiene altresı` conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma l-bis dell’articolo 1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo

contratto si considera a tempo indeterminato. (Legge n. 92/2012) 4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modifiche e integrazioni, nonchè di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative.

I diritti del lavoratore:Art.5: Diritto di precedenzaComma 4-quater. Il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o piu contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attivita lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza (fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente piu rappresentative sul piano nazionale) nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni gia espletate in esecuzione dei rapporti a termine.Comma 4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attivita stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attivita stagionali.Comma 4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies si estingue decorso un anno dalla cessazione del rapporto di lavoro;tael diritto inoltre puo essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volonta al datore di lavoro entro sei mesi (comma 4 quater) e tre mesi (per

lavoratori stagionali)dalla data di cessazione del rapporto stesso.

Art. 6. :Principio di non discriminazione

Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilita', il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa ( in sintesi lo stesso trattamento economico e normativo) per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.

N.b.:Nella contrattazione collettiva vi sono dei trattamenti che non vengono applicati ai lavoratori a termine:la ragione dell'esclusione e  dovuta alla maggior durata del contratto a tempo indeterminato rispetto al contratto a termine.

N.b.:Nei casi di inosservanza degli obblighi derivanti dall'articolo 6, il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa da 25,82 euro a 154,94 euro. Se l'inosservanza si riferisce a piu di cinque lavoratori, si applica la sanzione amministrativa da 154,94 euro a a 1.032,91 euro.

Art. 7. Formazione1. Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovra ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro. 2. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu rappresentativi possono prevedere modalita e strumenti diretti ad agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunita di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilita occupazionale.

Art. 9. Informazioni1. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu rappresentativi definiscono le modalita per le informazioni da rendere ai lavoratori a tempo determinato circa i posti vacanti che si rendessero disponibili nell'impresa, in modo da garantire loro le stesse possibilita di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori. (l obbligo del datore di lavoro di informare i lavoratori a termine della disponibilita di un posto di lavoro sussiste solo se previsto dalla contrattazione collettiva);

Art. 10:Esclusioni e discipline specifiche: i contratti restano fuori dalla disciplina contenuta nel decreto legislativo.1. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto legislativo in quanto gia disciplinati da specifiche normative:a) i contratti di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni;b) i contratti di formazione e lavoro;c) i rapporti di apprendistato, nonche le tipologie contrattuali legate a fenomeni di formazione attraverso il lavoro che, pur caratterizzate dall'apposizione di un termine, non costituiscono rapporti di lavoro.c-bis) i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione. (introdotto dalla Legge 183/2011)2. Sono esclusi dalla disciplina del presente decreto legislativo i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato cosi come definiti dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375.3. Nei settori del turismo e dei pubblici esercizi e' ammessa l'assunzione diretta di manodopera per l'esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a tre giorni, determinata dai contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La comunicazione dell'assunzione deve essere effettuata al centro per l'impiego entro il giorno antecedente l'instaurazione del rapporto di lavoro. (introdotto dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35) Tali rapporti sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto legislativo. 4. In deroga a quanto previsto dall'articolo 5, comma 4-bis, e consentita la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato, purche di durata non superiore a cinque anni, con i dirigenti, i quali possono comunque recedere da essi trascorso un triennio e osservata la disposizione dell'articolo 2118 del codice civile. Tali rapporti sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto legislativo, salvo per quanto concerne le previsioni di cui agli articoli 6 e 8.4-bis. Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui all'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, all'articolo 4, comma 14-bis, della legge 3 maggio 1999, n. 124, e all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono altresì esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto. (D.L. n. 70/2011).5. Sono esclusi i rapporti instaurati con le aziende che esercitano il commercio di esportazione, importazione ed all'ingresso di prodotti ortofrutticoli.7. La individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione dell'istituto del contratto a tempo determinato stipulato ai sensi dell'articolo 1, comma 1 e 1 bis, e' affidata ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente piu rappresentativi. Sono in ogni caso esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato conclusi:a) nella fase di avvio di nuove attivita per i periodi che saranno definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici;b) per ragioni di carattere sostitutivo, o di stagionalita, ivi comprese le attivita gia previste nell'elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, e successive modificazioni;c) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi; d) con lavoratori di eta superiore a 55 anni.

Accanto a queste, che sono vere e proprie esclusioni dal campo di applicazione, ci sono settori per i quali valgono o discipline specifiche.Un'altra esclusione, ma non dall'applicazione della legge riguarda la questione dei contratti collettivi (e una questione che viene ancora dalla legge 56\1987) che gia allora potevano derogare all'elenco tassativo introducendo nuove ipotesi e in piu, secondo l'art.23 di quella legge, dovevano mettere dei limiti quantitativi alle assunzioni a termine: i contratti collettivi stabiliscono quale percentuale rispetto al totale degli occupati nelle imprese puo essere coperta con assunzioni a termine. Ha il senso di mantenere in equilibro il rapporto fra lavoratori stabili e precari. Anche in presenza di ragioni giustificatrici l'imprenditore non puo procedere ad assunzione a termine se ha gia raggiunto il tetto massimo previsto dal contratto collettivo.Questi limiti quantitativi possono essere ancora posti dai contratti collettivi (comma 7 art.10) ma sono esenti dall'applicazione alcuni tipi ci contratti a termine:• start-up, che si riferiscono all'avvio di nuove attivita imprenditoriali• lavoro di carattere sostitutivo o stagionalita, specifici spettacoli, programmi radiofonici o televisivi, lavoratori di eta superiore a 65 anni.In questi casi non viene meno la ragione sostitutiva, ma viene meno solamente il tetto massimo.

Art. 12. SanzioniUna modificazione molto importante alla disciplina dei contratti a termine si e avuta con la legge 183\2010 (collegato lavoro)con particolare riferimento all art.32:questa,disciplina in modo innovativo l'impugnazione dei licenziamenti;mentre precedentemente si riteneva che l azione di nullita fosse imprescrittibile (e dunque non soggetta a decadenza), a partire dalla legge del collegato lavoro sino ad arrivare alla riforma Fornero, la possibilita da parte del lavoratore di impugnare l eventuale illecita apposizione del termine deve essere esercitata entro un breve termine di decandenza:si tratta precisamente di un duplice termine di decadenza (120 gg dalla scadenza del termine del contratto per la sua impugnazione e 180 per il ricorso in giudizio (92/2012)).A questa previsione se ne accompagna un'altra, comma 5 art.32: "Nei casi di conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminat, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del

lavoratore stabilendo un'indennita onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604". Questa indennita e ridotta della meta quando siano in corso procedure concordate a livello collettivo per la trasformazione dei contratti a termine viziati in contratti a tempo determinato.

A fronte di tutto cio ci fu una reazione negativa, il giudice ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale per la lesione dell'art. 36 Cost. (principio sull'adeguatezza della retribuzione). La corte ha respinto l'eccezione di costituzionalita con sentenza 303\2011 ritenendo legittima la limitazione del risarcimento:secondo la corte la vera sanzione non e l'indennita ma la conversione del contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato, che determina la stabilizzazione del rapporto ed e la protezione piu intensa che possa essere riconosciuta al lavoratore precario.Per quanto concerne il quantum del risarcimento secondo laCorte "il danno forfetizzato dall'indennita in esame copre soltanto il periodo cosiddetto "intermedio", quello, cioe, che corre dalla scadenza del termine fino alla sentenza che accerta la nullita di esso e dichiara la conversione del rapporto. A partire dalla sentenza con cui il giudice, rilevato il vizio della pattuizione del termine, converte il contratto di lavoro che prevedeva una scadenza in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, e da ritenere che il datore di lavoro sia indefettibilmente obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva".N.b.:Il rapporto di lavoro e giuridicamente ricostituito dal giudice, se il datore di lavoro si rifiuta di ricostituire il rapporto di lavoro allora si e di fronte a una diverso danno: la mancata esecuzione da parte del datore di lavoro del provvedimento di ricostituzione del rapporto di lavoro da luogo al risarcimento del danno da parte del lavoratore che agira in giudizio per ottenere il risarcimento.Quindi, conclude la corte, il 5° comma dell'art. 32 e "la normativa impugnata risulta, nell'insieme, adeguata a realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi. Al lavoratore garantisce la conversione del contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, unitamente ad un'indennita che gli e dovuta sempre e comunque, senza necessita ne dell'offerta della prestazione, ne di oneri probatori di sorta. Al datore di lavoro, per altro verso, assicura la predeterminazione del risarcimento del danno dovuto per il periodo che intercorre dalla data d'interruzione del rapporto fino a quella dell'accertamento giudiziale del diritto del lavoratore al riconoscimento della durata indeterminata di esso. Ma non oltre, pena la vanificazione della statuizione giudiziale impositiva di un rapporto di lavoro sine die"

I rapporti speciali o a disciplina speciale: (lavoro sportivo,lavoro nautico,lavoro domestico,lavoro ripartito)I contratti speciali sono particolari forme di contratti di lavoro subordinato,le cui differenze limitano l'applicazione della legislazione relativa al contratto di lavoro standard;Ciò che distingue i contratti speciali dal contratto standard e dai contratti atipici sono:-la specificità della causa (vedi il contratto di apprendistato e la relativa presenza della causa formativa a latere della tipica

causa di scambio del lavoro subordinato standard);-il contesto nel quale si svolgono (vedi il lavoro domestico,svolto in un contesto familiare);-l'incidenza di profili e finalità pubblicistiche nella prestazione oggetto del contratto (vedi lavoro nautico);

a.lavoro sportivo:In tal caso il legislatore e` intervenuto dettando specifiche regole per il lavoro degli sportivi professionisti,distinguendoli dagli sportivi amatoriali; secondo l'articolo 2 legge n.81/1991 sono sportivi professionisti gli atleti,gli allenatori,i direttoti tecnici-sportiv ed i preparatori atletici che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso (oggetto di contratto di lav.sub.) con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal Coni. Ex art.3 :la prestazione a titolo oneroso dell'atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro autonomo quando l'attività sia occasionale o di breve durata complessiva,quando non sia vincolato per contratto a sedute di allenamento o preparazione caratterizzate da una certa frequenza.Tratto di specialità della disciplina e` l necessaria piena conformità (pena la sostituzione automatica delle clausole

difformi) del contratto individuale (in forma scritta a pena di nullità) rispetto al contratto tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai raprr. della categorie interessate.

b.lavoro nautico:Le peculiari finalità della disciplina ed il particolare contesto nella quale la prestazione e` esercitata, hanno fatto si che,sia il contratto di lavoro (di arruolamento) sia le vicende del rapporto di lavoro siano disciplinate da un apposito codice della navigazione;A partire da quanto enuncia l'art.1 cod.nav. (in materia di navigazione,marittima,interna e aerea,si applicano il presente codice,le leggi,i regolamenti,le norme corporative e gli usi ad essa relativi ...ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano applicabili per analogia, si applica il diritto civile),e da successivi interventi della corta

costituzionale,si sta assistendo ad una progressiva attenuazione della "specialità" del lavoro nautico (estensioni ai lavoratori nautici di diritti fondamentali riconosciuti agli altri lavoratori).

c. lavoro domestico:La rilevanza sociale del fenomeno ha fatto si che,sia in Italia che in europa (Convenzione OIL n.198 "decent work for domestic workers"), la legislazione abbia dedicato un'opportuna attenzione al lavoro domestico;Il codice civile detta una disciplina essenziale del rapporto di lavoro domestico negli artt.2240-2246 sebbene punto di svolta fu segnato dalla legge n.339/1958 tuttora vigente: la legge ha un campo di applicazione limitato ai rapporti di lavoro concernente gli addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera continuativa e prevalente di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro.A tal proposito le questioni più rilevanti sono due, entrambe in ambito della disciplina dei licenziamenti con particolare riferimento alle lavoratrici domestiche extracomunitarie:

1. libera recedibilita (ex art.2118 c.c. confermata,fermo restando i limiti della legge 339/1958,dall'art.4 legge n.108/1990) fatta eccezione,a pena di nullità del licenziamento (art.3)nonché integrazione piena (art18 statuto lavoratori),licenziamento per ragioni discriminatorie indipendentemente dalla motivazione addotta;2. Incompleta equiparazione delle lavoratrici domestiche alle altre lavoratrici subordinate in punto di durata della tutela contro il licenziamento correlato alla maternità:la corte costituzionale ha ritenuto legittima la tutela differenziata e inferiore,affermando che la piena equiparazione e` incompatibile con la specialità del lavoro domestico per una ragione: un divieto di recesso del rapporto prolungato per 21 mesi sarebbe un vincolo eccessivamente gravoso per l economia familiare.

d. lavoro ripartito o job sharing:E stato introdotto nel nostro ordinamento per la prima volta dalla Legge Biagi, decreto legislativo 276\2003 e da quel momento non piu modificato (nemmeno dal legge Fornero),a causa di un uso irrilevante.Accanto al lavoro intermittente o a chiamata, e uno dei casi piu impressionanti del livello di flessibilita del nostro diritto del lavoro.Il lavoro ripartito,regolamentato dagli artt.41-45, vede la stipulazione da parte del datore di lavoro di un contratto per una prestazione di lavoro che viene ripartita su due persone. E un contratto trilaterale fra un datore di lavoro e due co-obbligati in solido che organizzano fra di loro il modo in cui adempieranno alla prestazione.

Art. 41. - Definizione e vincolo di solidarieta1. Il contratto di lavoro ripartito e uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa.2. Fermo restando il vincolo di solidarieta di cui al comma 1 e fatta salva una diversa intesa tra le parti contraenti, ogni lavoratore resta personalmente e direttamente responsabile dell'adempimento della intera obbligazione lavorativa nei limiti di cui al presente capo.(*)3. Fatte salve diverse intese tra le parti contraenti o previsioni dei contratti o accordi collettivi, i lavoratori hanno la facolta di determinare discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituzioni tra di loro, nonche di modificare consensualmente la collocazione temporale dell'orario di lavoro(dandone preventiva comunicazione al datore di lavoro), nel qual caso il rischio della impossibilita della prestazione per fatti attinenti a uno dei coobbligati e posta in capo all'altro obbligato.4. Eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di impossibilita di uno o entrambi i lavoratori coobbligati, sono vietate e possono essere ammesse solo previo consenso del datore di lavoro.5. Salvo diversa intesa tra le parti, le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l'estinzione dell'intero vincolo contrattuale.(**) Tale disposizione non trova applicazione se, su richiesta del datore di lavoro, l'altro prestatore di lavoro si renda disponibile ad adempiere l'obbligazione lavorativa, integralmente o parzialmente, nel qual caso il contratto di lavoro ripartito si trasforma in un normale contratto di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 del codice civile.6. Salvo diversa intesa tra le parti, l'impedimento di entrambi i lavoratori coobbligati e disciplinato ai sensi dell'articolo 1256 del codice civile.(*) il vincolo e personale di ciascuno e non possono farsi sostituire da terzi. Resta il dubbio che la personalita della prestazione di lavoro sia rispettata: ci troviamo di fronte a una fungibilita e intercambiabilita di persone, una indifferenza della persona che esegue la prestazione per il datore di lavoro alla quale sono obbligati solidalmente, tanto che la cessazione del rapporto di lavoro di uno fa cadere anche l'altro (**).-La forma scritta e richiesta a fini di prova e non a fini sostanziali e deve contenere l'indicazione degli elementi sostanziali del contratto (rilevanti sono:misura percentuale e collocazione temporale del lavoro

giornaliero,settimanale,mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati secondo le intese tra loro intercorse).-Anche al lavoro ripartito si applica il principio di non discriminazione(il lavoratore co obbligato deve ricevere per i periodi lavorati,un trattamento economiche normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello,a parità di mansioni svolte);i trattamenti economici e normativi dei lavoratori co obbligati sono riproporzionati in ragione della prestazione effettivamente eseguita.

La tutela del lavoro nel mercato : (a cura di Cecilia Andretta)Capitolo I:Mercato del lavoro e occupazioneLa protezione del lavoratore nel mercato:Il diritto del lavoro assicura la protezione della parte debole nel rapporto di lavoro attraverso norme chetutelano il lavoratore nel rapporto di lavoro:1 impongono o vietano determinati contenuti obbligatori nel contratto di lavoro 2 circoscrivono l’esercizio Di poteri unilaterali del datore di lavoro (poteri direttivi, disciplinari, di recesso)Sostengono il lavoratore nel mercato del lavoro3 sono volte ad agevolare e regolare l’incontro tra D e S di lavoro, in particolare agevolano il lavoratore nella ricerca di un’ occupazione4 favoriscono l’occupabilità dei lavoratori (iniziative di formazione, incentivo ai datori di lavoro che li assumono)5 forniscono sostegno economico al lavoratore disoccupato6 impongono ai datori di lavoro l’ assunzione di lavoratori disabili

POLITICA ATTIVA DEL LAVORO: per es. misure volte a favorire l’ inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di coloro che cercano un’ occupazionePOLITICA PASSIVA DEL LAVORO: per es. assistenza economica a disoccupati, forme di sostegno al reddito per i lavoratori destinatari di provvedimenti di sospensione del rapporto di lavoro (cassa integrazione)POLITICHE DI SOSTEGNO DELLA FORMAZIONE CONTINUA (LIFELONG LEARNING): linea d’intervento non ancora adeguatamente sviluppata, sono interventi di formazionr professionale che aggiornano costantemente il patrimonio professionale del lavoratore, dovrebbero facilitare la capacità sia di mantenere il lavoro sia di trovare una nuova occupazione se lo si ha perso.

Le incerte propspettive della flexsecurity:

Il diritto del lavoro privilegia la tutela del lavoratore nel rapporto di lavoro e non tutela abbastanza il lavoratore nel mercato del lavoro. Infatti le politiche attive del lav sono poco efficaci e quelle passive non abbastanza generose e comunque iniquie.

Da una parte quindi si vorrebbe sollecitare un rafforzamento delle misure di tutela, dall’altra , tesi sostenuta con più forza di matrice neo-liberista, si punterebbe a spostare il baricentro del sistema protettivo delle tutele dal rapporto di lav alle tutele di mercato.Quindi non affiancare nuove norme a quelle già esistenti ma sostituirle. In un mercato globale estremamente dinamico ed aperto alla concorrenza è nata la convinzione che tutelare il posto di lav sia un’illusione, mentre è molto più utile favorire l’occupabilità del lavoratore, per consentirgli di far fronte alle fisiologiche discontinuità d’impiego tipiche di un mercato del lav flessibile, sia in “in entrata” che “in uscita”.Questo porterebbe ad una graduale rinuncia alla regolazione imperativa delle condizioni del rapporto e al controllo della flessibilità in uscita (minori vincoli ai licenziamenti) , poiché sarebbe meglio facilitare il passaggio da un’occupazione all’altraa, assecondando le esigenze dell’impresa, piuttosto che porre freni allo spontaneo riaggiustamento dell’occupazione.Il punto di riferimento teorico delle descritte tendenze riformiste è il modello di regolamentezione di mercato di alcuni paesi quali l’Olanda, paesi scandinavi e la Danimarca, noto comeFlexicurity: flessibilità (nei rapporti di lavoro) e sicurezza (nel mercato). Al lavoratore rimasto privo di occupazione sono garantite forme di security, sotto forma non solo di cospicui trasferimenti monetari a sostegno del reddito, ma anche di servizi erogati dalle competenti strutture pubbliche, volti alla formazione, riqualificazione, orientamento, placement del disoccupato.

Olanda e Danimarca durante la crisi hanno avuto livelli occupazionali migliori Commissione europea alla luce di tali performances delinea nel 2006 la flexicurity come modello di riferimento. Ma difficile trapiantare esperienza danese in altri paese (per ragioni guarda pag 192). In Italia troviamo l’influenza di tale modello nella legge n.92 del 2012 conParziale liberalizzazione del primo contratto a termine, che diventa acausaleAttenuazione del regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimiTendenziale (ma incompleta) estensione dei beneficiari nei trattamenti di disoccupazione attraverso l’introduzione dell’Assicurazione sociale per l’impiego (ASPI)

Mercato del lavoro e occupazione, dal collocamento pubblico ai servizi per l’impiego:Quanto più sono diffuse le informazione, tanto più gli attori del mercato possono meglio orientarsi e cogliere le offerte dal mercato stesso.Alla trasparenza del mercato, dal p.d.v. della circolazione delle informazioni, possono contribuire i mediatori. Correggendo le assimetrie informative si riducono i costi di transazione legati all’attività di reclutamento e di ricerca del lavoro, per questo i mediatori svolgono una funzione economica degna di tutela.Excursus storicoFin dalle origini del diritto del lavoro, sono stati presenti soggetti che si sono proposti qual mediatori tra D e S di lavoro. Agli albori dell’industrializzazione (che in Italia si sviluppò solo nella 2° metà dell’800 e non in tutto il paese), il mercato del lavoro era caratterizzato dalla presenza di soggetti privati che, in assenza di regolamentazione, presidiavano la funzione di controllo tra D e S di lavoro. In alcuni casi si trattava di soggetti di natura sindacale, i quali svolgevano l’attività senza fini di lucro, con l’obiettivo di sottrarre i lavoratori dalla possibile concorrenza a ribasso dei disoccupati e d’impedire che la concorrenza tra impresesi svolgesse attraverso la compressione del costo del lavoro, con svantaggio degli imprenditori che s’impegnavano a rispettare concordati di tariffa. Accanto ai sindacati era, ed è, presente un’altra forma di mediazione: quella parassitaria e talvolta malavitosa svolta da soggetti singoli, non di rado inseriti in più ampie organizzazioni dedite al “controllo del territorio”. Tali soggetti, fungendo da collettori di manodopera, lucravano sul lavoro altrui. E’ il fenomeno dei c.d. caporali, di coloro che ancora oggi reclutano manodopera che inviano presso soggetti utilizzatori pretendendo in cambio, una quota della retribuzione dovuta al

lavoratore per l’attività svolta. In questa ipotesi si configura una INTERPOSIZIONE NEI RAPPORTI DI LAVORO: il caporale (interposto) funge da datore di lav formale e fittizio, mentre la prestazione lavorative è utilizzata da un soggetto terzo, cioè l’interponente (ovvero il dat di lav sostanziale).

Il monopolio del collocamento:Oggi, eccetto le hp puntualmenti individuate e regolamentate, la mediazione svolta da soggetti privati e l’interposizione nelle prestazioni di lavoro sono vietate e penalmente sanzionate.Come ci si arrivaConvenzione OIL (organizzazione internazionale del lavoro) 1919, ratificata nel 1923 con un R.d.l. (regio decreto legge) che prevedeva il principio della gratuità per il lavoratore, dei servizi pubblici o privati di collocamento.In coerenza con l’orientamento internazionale emergente in Italia prevalese, a partire dagli anni 20, la concazione del collocamento, cioè della mediazione tra D e S di lavoro, come funzione pubblica, resa in forma gratuita da soggetti pubblici.Tale era la concezione del collocamento nel regime corporativo. Con R.d.l. del 1938 il collocamento diventava oggetto di monopolio pubblico, e veniva esercitato attraverso i sindacati corporativi, che erano enti di diritto pubblico. La mediazione privata svolta con o senza fini di lucro era vietata e sanzionata penalmente.La soppressione dell’ordinamento corporativo non fece venir meno il principio del monopolio pubblico statale del collocamento di manodopera perché:Necessità di reprimere la mediazione parassitaria a danno dei lavoratoriLa gestione statale dell’incontro tra D e S di lav doveva perseguire l’obiettivo di un’equa distribuzione delle occasioni di lav tra disoccupati o inoccupati, a seconda delle caratteristiche professionali e della gravità dello stato di ciascuno (inoltre rispettava l’art 4 della costituzione nel frattempo entrata in vigore).

Gli uffici pubblici del collocamento dovevano provvedere all’AVVIAMENTO al lavoro, sulla base delle richieste provenienti dai datori di lav intenzionati ad assumere manodopera. Le richieste erano numeriche e non nominative: contenevano cioè l’indicazione del n° di lavoratori da assumere, la qualifica e la categoria; all’individuazione del lavoratore da avviare provvedeva L’Ufficio del Collocamento, sulla base di liste formate con il criterio della priorità cronologica d’iscrizione e ulteriori criteri di carattere sociale. In pochi casi era derogata la regola dell’assunzione dopo una richiesta numerica, dei soli lavoratori iscritti nelle liste (coniuge, parenti e affini entro il 3° grado, lavoratori di concetto o specializzati assunti con concorso pubblico…).In ogni caso, anche ove possibile la richiesta nominativa, non era consentita l’assunzione diretta, Per procedere alla stipulazione del contratto di lav, il lavoratore doveva ottenere il NULLA OSTA dall’Ufficio di Collocamento competente(salvo passaggio diretto del lavoratore da un’azienda all’altra).I soggetti sindacali avevano ancora un ruolo, anche se ridotto: gli erano riservati posti nelle COMMISSIONI per la gestione delle funzioni di collocamento costituite ai vari livelli di organizzazione del servizio (centrale, regionale, provinciale e circoscrizionale).

La crisi del collocamento pubblico e la riforma del sistema:Governare il mercato del lavoro e le sue dinamiche in nome dell’equa ripartizione del lavoro attraversi una struttura burocratica che si avvaleva di procedure amministrative risultò una pretesa illusoria. La selezione del personale è una scelta strategica per il buon andamento dell’impresa. La comune constatazione dello scarso funzionamento della legge non portò tuttavia a rapide riforme.-Solo nel 1991 superamento della regola della richiesta numerica e generalizzazione della richiesta nominativa

-1996 passaggio ad un sistema d’assunzione diretta del lavoratore, senza necessità di nulla osta. Unico dovere: comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro.-1997 pieno superamento del vecchio sistema di collocamento.

Il superamento del monopolio pubblico del collocamento:D.lgs n.469/1997Rimozione del divieto di mediazione privataCompresenza di operatori pubblici e privatiPrivati assoggettati ad autorizzazione ministeriale e sottoposti ad una serie di vincoli e requisiti di affidabilità e di professionalitàINTENZIONE DEL LEGISLATORE: moltiplicare i soggetti che possono svolgere un’utile funzione di intermediazione tra D e S di lav, ma nello stesso tempo evitare che il mercato dell’intermediazione sia popolato da soggetti inaffidabili o addirittura malavitosi, che finiscano dunque per svolgere attività a danno delle persone in cerca d’occupazione.

Il sistema pubblico: competenze e compiti dei centri per l’impiego Oltre ai cambiamento già nominati, il D.lgs n.469/1997 ha realizzato nell’ambito di servizi pubblici per l’impiego, il decentramento amministrativo delle competenze dell’amministrazione statale a favore delle regioni, e poi, a cascata, degli enti locali.Per prudenza si è evitata un’ eccessiva frammentazione dei modelli regolativi.Il legislatore nazionale ha imposto alle Regioni di affidare alle Province i compiti e le funzioni del collocamento, da svolgersi nei centri per l’impiego, da costituirsi in relazione a bacini d’utenza a carattere provinciale (con pop. Non <100'000). Essi hanno ricevuto in dotazione l’organico, i cespiti e le risorse delle strutture amministrative del Ministero del lavoro.Compiti dei centri per l’impiegoDiminuiti i compiti burocratici dell’avviamento a favore di una politica attiva del lavoroDi burocratico rimane: competenza alla tenuta di elenchi anagrafici contenenti soggetti in cerca di lavoro e versano in stato di disoccupazione o inoccupazione e degli occupati in cerca di un impiego. Le liste di collocamento non sono del tutto scomparse, permangono per i disabili, nel settore dello spettacolo, per i lavoratori in mobilità e nel settore pubblico per i ruoli per cui è richiesto solo il requisito di scuola obbligatoriaCompetenza compilazione della SCHEDA PROFESSIONALE del lavoratore (dati anagrafici, esperienze formative e professionali, disponibilità al lav) Alle organizzazioni sindacali spetta la funzione di concertazione (=mettersi d’accordo) all’interno delle

COMMISSIONI PER LE POLITICHE DEL LAVORO strutture tripartite costituite a livello provinciale. Inoltre sono autorizzate (le org. sindacali) ad effettuare direttamente intermediazione tra D e S di lav.

L’intermediazione privata:d.lgs n.276/2003Al centro del sistema costruito dal legislatore stanno le agenzie per il lavoro: imprese autorizzate a svolgere, a seconda del tipo di autorizzazione ricevuta:Somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (staffleasing)IntermediazioneSelezione del personale e supporto alla ricollocazione del personale (outplacement)

Attività d’intermediazione attività d’intermediazione tra D e S di lavoro, anche in relazione all’inserimento lavorativo dei disabili e dei gruppi di lavoratori svantaggiati. Per svolgere attività d’intermediazione (ma anche per somministrazione e selezione) bisogna iscriversi all’apposito albo, avendo tali requisiti:

Collocazione e distribuzione geografica dell’azienda: l’agenzia deve avere sede legale o una sua dipendenza nel territorio dello stato o di un altro Stato dell’ UE, e deve svolgere l’attività nell’intero territorio nazionale o almeno in 4 regioniAffidabilità professionale: l’agenzia deve essere professionalmente competente, e lo deve dimostrare attraverso titoli ed esperienzeAffidabilità patrimoniale e finanziaria: l’agenzia deve disporre di uffici in locali idonei allo specifico uso e deve possedere un capitale sociale almeno nella misura minima stabilita dalla leggeAffidabilità morale: di amministratori, rappresentanti ed eventuali soci accomandantiTrasparenza contabile: per i soggetti caratterizzati non da oggetto sociale esclusivo Etc (disponibilità alla condivisione di info sul mercato del lav, rispetto di disposizioni a tutela del diritto del lavoratore alla diffusione dei propri dati soltanto nell’ambito da essi indicato)In particolare per i soggetti che svolgono attività d’intermediazione-capitale sociale versato >= 50'000 euro-indicazione dell’attività d’intermediazione come oggetto prevalenteInvece per i soggetti che svolgono attività di selezione del personale e supporto alla ricollocazione del personale-capitale sociale versato >= 25'000 euro-indicazione delle attività come oggetto sociale, anche se non esclusivo

Ulteriori soggetti autorizzati all’intermediazioneSi tratta di soggetti pubblici e privati che agiscono senza scopo di lucro. Essi incontrano minori barriere all’entrata sul mercato e allo svolgimento dell’attività d’intermediazione se rispettano i precedenti requisitiAutorizzati ex lege allo svolgimento delle attività: 1) istituti scolastici 2) comuni 3) camere di commercio 4)sindacati 5)organizzazioni dei dat di lav 6)altri sogg…Fondazione o altro soggetto dotato di personalità giuridica costituito nell’ambito del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.

Tutti gli operatori sinora nominati devono attivare l’interconnessione alla “Borsa nazionale continua del lavoro” per il tramite di un portale internet chiamato “clic lavoro” e, fornire alle Regioni e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ogni info utile relativa al monitoraggio dei fabbisogni professionali e al buon funzionamento del mercato del lav.La disciplina del mercato del lavoro è di competenza sia dello Stato che delle Regioni a causa della materia della “tutela e sicurezza del lavoro”. L’attività d’intermediazione è quindi possibile anche in forza di autorizzazione regionale. E’ previsto che le regioni possano istituire appositi elenchi per l’accreditamento degli operatori pubblici e privati che operano nel proprio territorio, rispettando i requisiti dettati sia dal d.lgs 276 sia dalle discipline regionali.

Divieto di indagini sulle opinioni e trattamenti discriminatori:

SISTEMA DEL COLLOCAMENTO PUBBLICO distribuzione del lavoro secondo il bisogno, eliminando in radice ogni facoltà di scelta del datore di lav relativamente alle caratteristiche personali del lavoratore (indicazione del genere però era considerata lecita)

SISTEMA ATTUALE il datore di lavoro o l’intermediario autorizzato/accreditato può tenere in considerazione le caratteristiche personali del candidato nei limiti in cui la considerazione di tali caratteristicheCaratteristiche non configuri violazione di divieti di discriminazione previsti. E’ quindi fatto divieto di effettuare qualsiasi indagine o trattamento di dati (preselezione ) di lavoratori, anche se con il loro consenso, in base a

Convinzioni personali,Affiliazione sindacale o politica,Credo religioso,Orientamento sessuale,Sesso,Stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza,Età,Handicap,Razza,Origine etnica,Colore,Ascendenza,Origine nazionale,Gruppo linguistico,Stato di salute,Eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro

Ma disposizione difficilmente effettiva, perché nonostante gli alleggerimenti probatori previsti in materia di discriminazione, è difficile che sia reso esplicito un criterio selettivo illegittimo. Inoltre è difficile determinare quale rimedio possa disporre il giudice.Indagini, trattamento di dati e preselezione sono legittimi se riguardano caratteristiche che sono un requisito essenziale al fine dello svolgimento dell’attività lavorativa. E’ dubbia la legittimità se invece sono riguardanti caratteristiche che pur non essendo un requisito essenziale incidono comunque sulle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.I divieti posti non impediscono ai soggetti intermediari o che svolgono attività di selezione del personale di fornire specifici servizi o azioni mirate per assistere categorie di lavoratori svantaggiate nella ricerca d’occupazione.

La gratuità del servizio e il mercato delle informazioni:I servizi erogati da soggetti pubblici e privati sono gratuiti per i lavoratori, quindi i soggetti che agiscono con scopo di lucro possono trarre i loro ricavi solo dal prezzo di vendita del servizio al datore di lavoro.

(POTENZIALE) ECCEZIONE AL PRINCIPIO DI GRATUITA’ I contratti collettivi nazionali o territoriali possono stabilire deroghe al principio in relazione a specifiche categorie di lavoratori altamente professionalizzati o per specifici servizi offerti.In questa eccezione è delineata l’ammissibilità d’ investimenti monetari dei lavoratori che vogliono migliorare la propria occupabilità (potendoselo permettere) accedendo a opportunità di mercato non accedibili a tutti. Stiamo parlando di lavoratori non deboli.Per contrastare la necessità d’investimenti individuali per cogliere le opportunità di lav è destinato il sistema informatico della BORSA CONTINUA DEL LAVORO: rete informatica, a cui devono essere connessi gli operatori autorizzati e i centri per l’impiego. Vi devono essere conferite le informazioni relative alle richieste di personale e alle candidature. Ad essa hanno accesso i datori di lav e i lavoratori interessati.

Profili sanzionatori:

Intermediazione

Esercizio non autorizzatoCon scopo di lucroArresto fino a 6 mesi e ammenda da 1500 a 7500 euroSenza scopo di lucroPena ridotta, ammenda da 500 a 2500 euroCon sfruttamento di minoriArresto fino a 18 mesi e ammenda aumentata fino al sestuplo

Indagini sulle opinioni o trattamenti discriminatoriAmmenda da 154 a 1549 euro e/o arresti da 15 giorni ad un anno.Nei casi più gravi è prevista la sospensione dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività

Selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale

Distinzione della pena se con o senza scopo di lucro

Intermediazione, Selezione del personale e supporto alla ricollocazione professionale, Somministrazione del lavoro.(tutti i soggetti autorizzati o accreditati)

Sanzione penale nel caso esigano o comunque percepiscano, direttamente o indirettamente, compensi dal lavoratore in cambio di un’assunzione presso un utilizzatore o della stipulazione del contratto di lavoro o dell’avvio di un rapporto di lav con l’utilizzatore dopo una missione presso quest’ultimo. Più cancellazione dall’albo

Accanto alle previsioni richiamate, si sono aggiunte successivamente quelle previste dall’art 603-bis cod. pen., intitolato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”. L’intento del legislatore è quello di colpire le fattispecie d’intermediazione e interposizione illecita associata a gravi forme di sfruttamento della manodopera. L’art 603-bis cod. pen. punisce con la reclusione da 5 a 8 anni e con la multa da 1000 a 2000 euro per CIASCUN lavoratore reclutato (oltre alle pene per i reati affiancabili per svolgere un’attività d’intermediazione minacciando, facendo violenza etc. sulla manodopera).

Le assunzioni obbligatorie delle categorie protette:Per alcune categorie di persone l’apertura del mercato ai servizi (pubblici o privati) per l’impiego è garanzia sufficiente all’accesso ad un lavoro. Nel caso di fallimento dei meccanismi allocativi è tenuta a porvi rimedio la Repubblica, tenuta ad assicurare il diritto al lavoro (art.4) rispettando il principio d’eguaglianza.In particolare citiamo l’art 38 della Costituzione che garantisce esplicitamente il diritto degli “inabili e minorati” all’educazione e all’avviamento professionale.Strumento legislativo: quote riservate all’assunzione obbligatoriaChi ne ha diritto?Persone in attività lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensorialiPortatori di handicap intellettivo con riduzione della capacità lavorativa >45%Invalidi nel lavoro con grado d’invalidità >33%Invalidi di guerra e invalidi civili di guerraCiechi e sordomutiIl datore di lavoro ha un obbligo a contrarre a suo carico tali categorie, in particolareDatore di lavoro occupa

Più di 50 dipendenti 7% di riserva a favore dei disabili

15<dipendenti<35 1 soggetto disabile, ma solo nel caso proceda a nuova assunzioneAltri soggetti beneficiari di avviamento obbligatorioOrfani e coniugi di coloro che sono deceduti, o che sono riconosciuti come grandi invalidi, per causa di

guerra, di servizio e di lavoro più di 50 dipendenti 1%

Entro 60 giorni da quando sorge l’obbligo d’assunzione, il datore di lavoro deve avanzare richiesta di avviamento agli Uffici competenti. Se non lo fa è sanzionabile amministrativamente. Il disabile da avviare al lavoro è individuato dagli Uffici tra gli iscritti nell’apposito elenco, tenendo conto delle caratteristiche del disabile risultante dalla scheda personale, documento che raccoglie dati e caratteristiche professionali del disoccupato.Esclusi dal calcolo del raggiungimento delle soglie occupazionaliLavoratori occupati Lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesiSoci di cooperative di produzione e lavoroDirigentiLavoratori assunti con contratto d’inserimentoLavoratori assunti con contratto di somministrazione presso l’utilizzatoreEsclusi dall’obbligo

-Datori di lavoro che occupano meno di 15 dipendenti-Categorie di datori di lavoro di servizi di polizia, protezione civile e di trasporto in ambito non amministrativo -Datori di lavoro privati (ed enti pubblici economici) che dimostrino che l’attività svolta sia connotata da “speciali condizioni” che impediscano l’inserimento di soggetti riservatari

SOSPESI DALL’OBBLIGO caso in cui l’impresa sia interessata dalla sospensione del lavoro con intervento della Cassa integrazione guadagni ; nel corso delle procedure di mobilità e , nel caso in cui la procedura si concluda con almeno 5 licenziamenti, per il periodo in cui permane il diritto di precedenza all’assunzione.L’autonomia individuale del datore di lav è molto minata. Spesso sono stati sollevati dubbi di legittimità sul sistema del collocamento obbligatorio.Ma Corte Costituzionale sempre ferma nel respingere i dubbi.Rimane però tensione tra i contrapposti interessi in gioco: prova ne è la scarsa effettività della disciplina e la diffusione di un duro contenzioso tra disabili e datori di lavoro recalcitranti.Legge n.482/’68Secondo cui il procedimento amministrativo di avviamento deve avvenire senza preliminare verifica delle effettive mansioni svolgibili dal disabile e senza che siano note all’Ufficio competente le mansioni disponibili presso il datore di lavoro.Legge n.68/’99

Propone rimedio Cerca di realizzare forme di collocamento non casuale, ma mirato, del disabile e contemporaneamente incentivare comportamenti non ostili ma collaborativi dei datori di lavoro.

COLLOCAMENTO MIRATO Possibilità per i datori di lav. di presentare in alcuni casi una richiesta di avviamento nominativa e non numerica. Quali casi?Le assunzioni cui sono tenuti i datori di lav. che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali e sociali e gli enti da essi promossiIl 50% delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lav. che occupano da 36 a 50 dipendentiIl 60% delle assunzioni cui sono tenuti i datori di lav. che occupano più di 50 dipendentiProspetto informativo da inviare annualmente agli uffici competenti. Deve risultare il n° complessivo dei lavoratori dipendenti, n° e nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva, posti di lavoro e mansioni disponibili per i lavoratori disabili. Esso vale come richiesta di avviamento se non già presentata (anche se non presentata produce obblighi per il datore).Gli uffici competenti sono tenuti ad inviare un lavoratore che risponda ad un prospetto informativo, oppure avviare lavoratori con qualifiche simili previo addestramento o tirocinio. Se il disabile non risponde in nessun modo alle qualifiche richieste il datore di lav. Può legittimamente rifiutare l’assunzione. Il disabile potrà poi chiedere alla pubblica amministrazione il risarcimento dell’eventuale danno subito.Ulteriore strumento per la realizzazione del collocamento mirato è la possibilità di adempiere agli obblighi di assunzione attraverso un PROGRAMMA CONCORDATO, stipulando con gli iffici competenti una convenzione anziché con lo strumento della richiesta di avviamentoConvenzione (legge 68): consente di concordare tempi e modalità più flessibili, rispetto a quelli legali, di assunzione dei disabili. Possibilità di facoltà di scelta nominativa, di svolgimento di tirocini, di assunzione con un contratto di lavoro a termine, di svolgimento di periodi di prova più ampi di quelli previsti dal contratto collettivo, purché l’esito negativo della prova, qualora sia riferibile alla menomazione da cui è affetto il soggetto, non sia causa di risoluzione del rapporto di lav.Convenzioni temporanee(di durata annuale ma prorogabili di 1 anno): il disabile può lavorare in una cooperativa sociale di tipo B (cioè coop. sociali che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate), o presso un ente che svolga attività di utilità sociale (sarebbe il d.lgs. 155/2006 è un po’ impreciso come l’ho messo io), o un datore di lavoro privato non soggetto agli obblighi di assunzione di cui alla legge 68/’99. Il datore di lav. S’impegna ad assicurare al soggetto ospitante commesse di lavoro che consentano di potere retribuire il lavoratore secondo

le tariffe dei contratti collettivi nazionali di lavoro e di versare i relativi oneri contributivi. Così il dat. di lav. adempie ai suoi obblighi d’assunzione, senza utilizzare il disabile nel proprio complesso aziendale, e quindi senza sopportare gli eventuali oneri di adattamento organizzativo che l’assunzione potrebbe richiedere. Se parliamo di soggetti con particolari difficoltà di collocazione all’interno del ciclo lavorativo ordinario, la durata dell’inserimento lavorativo può arrivare a 3 anni.Convenzioni quadro: concluse a livello territoriale. Sono finalizzate all’inserimento al lav. di disabili che abbiano particolare caratteristiche e difficoltà di collocazione all’interno di un ciclo lavorativo ordinario e hanno ad oggetto il conferimento di commesse di lavoro alle cooperative sociali da parte delle imprese aderenti la convenzione. Diverso dal modello precedente perché l’utilizzazione del disabile avviene presso le coop.sociali che provvedono all’assunzione del disabile, ammettendolo tra i soci lavoratori. Il dat. di lav., assicurando alla coop. commesse di lavoro, adempie alla legge 68 senza dover assumere il disabile.

Il trattamento economico e normativo dei disabili:Il trattamento eco-normativo del disabile è equiparato a parità di mansione e inquadramento, a quello dovuto a un qualsiasi lavoratore comparabile (legge n.68)Ma salvo specifiche regole introdotte dalla convenzione, sono introdotte specifiche norme volte alla maggior tutela della posizione del disabile:Il datore non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioniIn caso di peggioramento delle condizioni di salute, o significative riorganizzazioni del lavoro che non rendano più compatibile lo stato di salute del disabile con le sue mansioni, egli ha diritto alla

SOSPENSIONE della prestazione lavorative, non retribuita, finché l’incompatibilità non sia rimossa

durante la sospensione possibilità di tirocini per ricollocamento eventuale. Licenziamento del disabile possibile solo se viene accertata l’impossibilità di reinserirlo, nonostante i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro (ricomposizione di mansioni e ruoli da affidare al lavoratore protetto o la redistribuzione delle mansioni fra i lavoratori in servizio, con sottrazione al disabile degli incarichi divenuti incompatibili e aumento dei compiti ancora eseguibili).

Direttiva c.e. 2000/’78Per garantire l’attuazione del principio di parità di trattamento dei disabili è previsto che il dtore di lav. adotti “soluzioni ragionevoli”, intese come “provvedimenti appropriati in funzione delle esigenze delle situazioni concrete”, per garantire il diritto al lavoro dei disabili.Tali soluzioni cessano di essere ragionevoli se prevedono un onere finanziario sproporzionato, ma lo sono se tale onere finanziario è sostenuto dallo Stato membro.

ES L’impiego dei disabili, se a tempo indeterminato tramite convenzione, è sostenuto dai contributi pubblici previsti a seconda del grado d’invalidità del lavoratore. In caso di licenziamento per riduzione del personale o per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento di un disabile è legittimo solo se dopo averlo licenziato sia ancora coperta la quota obbligatoria di posti di lavoro a favore dei disabili.

L’accesso al lavoro dei lavoratori provenienti da paesi extraeuropei:All’interno del territorio ue, i lavoratori subordinati, cittadini di stati membri, godono del diritto della libera circolazione. Il principio di libera circolazione implica per i lavoratori subordinati il diritto di fare ingresso nel territorio di ciascuno stato membro al fine di cercare un’occupazione, di soggiornarvi e di mantenervi la residenza una volta cessato il lavoro. Della libertà di circolazione non sono destinatari i cittadini provenienti da stati che non sono membri dell’ue. Il mercato del lavoro è quindi libero soltanto al proprio interno; nei confronti dei potenziali entranti permangono invece ostacoli e barriere.Perché tali limiti?

RAGIONI DI ORDINE ECONOMICO: il libero agire del mercato porterebbe ad un eccesso di S

riduzione di salari e peggioramento delle condizioni di lavoro della forza-lavoro comunitaria

RAGIONI DI ORDINE PUBBLICO: l’immigrazione extracomunitaria incontrollata, senza adeguata integrazione sociale, potrebbe favorire lo sviluppo di dinamiche pericolose per la convivenza civile.Vi sono varie discipline europee volte a stabilire regole comuni a tutti gli stati membri sull’immigrazione extracomunitaria. In Italia tale regolamentazione trova fonte principalmente nel t.u. in materia di immigrazione. Stranieri=extracomunitari e apolidi.Nella Costituzione art 10 pone una riserva di legge: “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”.Il principio cardine della vigente disciplina è quelllo dell’accesso programmato degli extracomunitari nel mercato del lavoro italiano.Un lavoratore straniero può stipulare un contratto di lavoro solo se è AUTORIZZATO ad entrare nel nostro paese e può entrare nel nostro paese solo se è destinatario di una PROPOSTA DI CONTRATTO DI LAVORO inoltrata da parte di un dat. di lav. italiano. Occorre che l’assunzione rientri nelle QUOTE MASSIME D’INGRESSO riservate ai lavoratori subordinati previste.

Datore di lavoro vorrebbe assumere un lavoratore extra comunitario non ancora soggiornante in Italia

Il dat. di lav. conosce già il soggetto che vuole assumere Richiesta numerica

Nulla osta necessario per richieste nominative

Deve attingere da apposite liste compilate sulla base di accordi bilaterali intercorsi tra Italia e alcuni paese extra­comunitari nelle quali compaiono qualifiche e mansioni dei lavoratori disposti a svolgere lavoro in Italia

Deve ottenere il nulla osta all’assunzione presso lo sportello unico per l’immigrazione

Datore di lavoro presenta una PROPOSTA DI CONTRATTO DI SOGGIORNO rivolta allo straniero da assumere. Essa deve contenere 1)l’impegno al pagamento delle spese di rientro nel paese di provenienza 2)l’indicazione dell’alloggio in Italia 3)l’impegno del datore a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro

Lo sportello unico, entro 40 gg dalla domanda, rilascia il nulla osta, sentito il questore, a condizione che siano rispettate le quote d’ingresso e che le condizioni del rapporto di lavoro siano conformi a quelle contenute nel contratto collettivo di lavoro applicabile

Su richiesta del datore di lavoro, lo sportello unico invia la documentazione alle rappresentanze diplomatiche o agli uffici consolari del paese d’origine o di residenza dello straniero per il rilascio del VISTO D’INGRESSO 

Ottenuto il visto d’ingresso, lo straniero può entrare nel nostro Paese. Entro 8 gg lavorativi dall’ingresso in Italia, deve però presentarsi presso lo sportello unico  e sottoscrivere il contratto di soggiorno.

ATTENZIONE!!Disperso tra le cartelle del Pc, il file contenente il “CAPITOLO II: Formazione e contratti formativi” non è stato caricato.

L’apprendistato:

Tre tipi di contratti di apprendistato:

a. Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale: riguarda soggetti la cui età è compresa tra i 15 ed i 24 anni. L’assunzione è funzionale all’acquisizione della qualifica e del diploma professionale ed anche all’assolvimento dell’obbligo d’istruzione (riguarda tutti i settori di attività)

b. Apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere: (il più diffuso) consente il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali(in qualsiasi settore d’attività) ed è riservata ai soggetti la cui età è compresa tra i 18 ed i 29 anni. -Ciò che differenzia il tipo b dal tipo a è la differente qualifica cui si riferiscono:la qualifica a è un titolo inerente ai percorsi di istruzione o formazione professionale,la qualifica b è utile ai fini dell’inquadramento contrattuale del lavoratore .

c. Apprendistato di alta formazione e ricerca: possono essere parte di un contratto di apprendistato del terzo tipo i soggetti tra i 18 ed i 29 anni per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore,per la specializzazione tecnica superiore nonché per il il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche o per esperienze professionali.

La regola della limitazione all’accesso al praticantato sulla base dell’età trova deroga sono nel caso di lavoratori in mobilità ai fini della loro riqualificazione professionale,indipendentemente dall’età anagrafica.

La disciplina comune ai tre tipi di apprendistato:

L’art.2 del T.U. stabilisce che la disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad apposti accordi interconfederale,ovvero ai contratti collettivi di lavoro stipulata livello nazionale da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale,

Vincoli che la contrattazione collettiva deve rispettare:

-I contratti collettivi naz. O gli accordi interconfederali devono prevedere la forma scritta del contratto,del patto di prova e del relativo piano formativo individuale dell’apprendista (questo ultimo deve essere definito entro 30 gg dalla stipulazione del contratto). Da notare come la forma scritta non sia richiesta né ab substantiam né come requisito ad probationem quanto piuttosto come requisito di regolarità del contratto

-La durata del contratto di apprendistato non può essere inferiore a 6 mesi salvo che si tratti di attività stagionale o che i contratti collettivi nazionali abbiano disposto diversamente,

-Circa il trattamento economico, è espressamente vitato la retribuzione a cottimo dell’apprendista, è però previsto il salario d’ingresso,: l’apprendista può essere inquadrato in una categoria sino a due livelli inferiori rispetto a quella corrispondente qualifica da conseguire,con una corrispondente riduzione della retribuzione. In alternativa la retribuzione può essere stabilita in misura percentuale rispetto a quella dovuta al lavoratore qualificato e può aumentare nel corso degli anni prop. all’anzianità del servizio.(….)

-sotto il profilo delle misure di previdenza e sicurezza sociale gli apprendisti godono dell’assicurazione vs infortun sul lavoro e le malattie professionali,dell’assicurazione vs le malattie,vs invalidità e vecchiaia, del trattamente per maternità, degli assegni per il nucleo famigliare, nonchhè dell’aspi (la studieremo piu avanti).

N.b.: gli apprendisti sono esclusi dal cpmputo di limiti numerici prevsiti ecc..

-L’art.1 comma 1 del T.U. afferma che il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato, tuttavia è possè legittimo il recesso (ai sensi dell’art.2118 recesso con preavviso,senza necessità di indicazione dei motivi) con decorrenza del preavviso dal termine del periodo di formazione(nel periodo di preavvso il contratto trova cmq l’applicazione della disciplina del contratto di apprendistato), Durante il periodo di formazione (ovvero durante lungo tutto il contratto di apprendistato) vige il divieto per la parti di recedere dal contratto in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo (in caso di violazione da parte del datore si applica la disciplina prevista per il licenziamento individuale illegittimo del lav.sub. a tempo indet., in caso di violazione da parte dell’apprendista il datore di lavoro può richiedere eventuali risarcimenti del danno subiti).

-Inoltre, per evitare che il datore di lavoro proceda al sistematico turn over degli apprendisti, il legislatore prevede che un datore di lavoro (detentore di più di nove dipendenti) possa porre in essere nuove assunzioni di apprendistato solo se,nei 36 mesi precedenti la nuova eventuale assunzione, vi sia stata una prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti (dal computo della percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa).

Gli apprendisti assunti in violazione del limite sono considerati lav.sub. a tempo indeterminato sin dalla costituzione del rapporto, senza possibilità di applicazione delle discpline previste dal T.U.

Tale regola è derogabile qualora sia prevista l’assunzione di un solo apprendista.

-Il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto ai lavoratori qualificati in servizi, per datori di lavoro che occupano un numero di lavoratori inferiore a 10 unità il rapporto il 100% (ovvero a seguito di tre lavoratori qualificati in servizio possono esserci al max tre apprendisti).

Speciali condizioni sono previste per imprese artigiane e per imprese di piccole dimensioni:il datore di lavoro che non ha alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati o che ne abbia per un numero inferiore a 3,può assumere fino a 3 apprendisti.

- Altra regola comune ai tre tipi di apprendistato è la possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia,infortunio o altra causa di sospensione involontaria, superiore a 30 gg, sec, qnt previsto dal contratto collettivo.

La formazione dell’apprendista:

Con la stipulazione del contratto di apprendistato il datore è obbligato a formare l’apprendista, la formazione può avvenire con corsi di formazione esterni all’azienda durante l’orario di lavoro oppure attraverso formazione svolta in azienda.

Uno dei problemi più rilevanti a tal proposito è la ripartizione delle competenze stato/regione:

-nell’apprendistato professionalizzante il ruolo delle regioni è piuttosto modesto: ad esse è affidata l’offerta di formazione di base e trasversale che deve essere limitata, nel monte ore complessivo, a non più di 120 ore per la durata del triennio , se l’impresa è dotata di competenze adeguate potrà formare l’apprendista anche internamente on the job).

I contratti collettivi invece si occupano di regolare la formazione relativa alle competenze tecnico professionali e specialistiche ed anche della durata del periodo d’apprendistato (la quale non può mai essere superiore a 3 anni, eccetto per artigiani max 5)

-Nell’’apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale la regione ha una competenza più ampia:la regolamentazione regionale dei profili formativi deve essere adottata previo accordo raggiunto in sede di conferenza stato- regioni e sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comp.più rappr. Su piano nazionale,

-Nell’apprendistato di alta formazione gli aspetti formativi sono regolati dalla regione ma in accordo con le organizzazioni sindacali e con altri soggetti coinvolti (uni,istituzioni formative di ricerca). Se le regioni non regolamentano, l’apprendistato tipo c sarà disciplinato da singole convenzioni stipulate dai singoli daatori di lavoro.

Causa del contratto e profili sanzionatori:

Tradizionalmente il contratto di apprendistato è ricondotto al genus del lavoro subordinato, nello stesso tempo è considerato però un rapporto speciale: esso è usualmente ricondotto tra i cosiddetti contratti a causa mista,per la ragione che in esso si realizza non uno scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione, ma tra lavoro e retribuzione/formazione,Oggi il T.U. finalizza l’apprendistato non solo alla formazione, ma anche all’occupazione dei giovani.

L’effetto principale dell’inserimento della formazione nella causa del contratto si produce sotto il profilo delle conseguenze dell’inadempimento dell’obbligo di formazione: infatti, un contratto di apprendistato eseguito senza che sia stata resa la formazione dovuta è un contratto del quale non si è realizzato la causa, pertanto perdendo i suoi tratti di specialità,viene ricondotto al contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

È possibile però un eventuale sanatoria adempiendo tempestivamente all’obbligo formativo.

-Specifiche sanzioni sono previste dal legislatore per illeciti rilevabili dal personale dei servizi ispettivi: in caso di inadempimento nella erogazione della formazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione della finalità delle diverse forme di apprendistato, il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la contribuzione versata e quella dovuta a livello di inquadramento contrattuale superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorato del 100% (ovvero deve pagare il doppio di ciò che aveva effettivamente risparmiato), escludendo sanzioni per omessa contribuzione.

-è inoltre prevista una sanzione (dai 600 ai 1000 euro)in caso di mancanza di forma scritta del contratto,del patto di prova e del piano informativo individuale, di violazione dei limiti del sottoinquadramento,di violazione del divieto di retribuire a cottimo l’apprendista,di mancanza di un tutore o referente aziendale. Tali illeciti sono suscettibili di diffida:ciò significa che in caso di tardive regolarizzazione, il trasgressore godrà dell’abbattimento della relativa sanzione.

L’intervento pubblico a sostegno del reddito:

Le politiche passive del lavoro:

Accanto alle misure di politca attiva del lavoro (finalizzatea migliorare il matching tra D e S) sono prevista anche misure pubbliche di sostegno al reddito dei lavoratori che abbiano perduto il lavoro e forme di integrazione dle reddito dei lavoratori che,pur non essendo stati licenziati, vedono sospesa o ridotta la propria attività lavorativa causa provvedimenti datoriali denominate usualmente come poitche passive del lavoro.

La cassa integrazione guadagni:

LA CIG può essere riconosciuta una duplice funzione:

-Funzione di garanzia del reddito ,

-Funzione di sostegno dell’occupazione, a fronte della temporanea diminuzione del fabbisogno di lavoro da parte delle imprese, la conservazione del rapporto di lavoro anche se sospesi,evita la dispersione di capitale umano e permettere all’impresa di riprendere velocemente le attività produttive.

Excurus storico:

Le origini del GIC vanno ricercate nella contrattazione collettiva degli anni ’40, periodo durante il quale si cerca uno strumento utile alle esigenze della fase di ricostruzione (dopoguerra).

Negli anni ’70 ‘80 si sono succeduti una serie di interventi fino a che non si è giunti con la leggen.223/1991 ad un ampio tentativo di razionalizzazione dell’istituto, l’assetto introdotto da tale legge non può essere

considerata un punto di arrivo quanto piuttosto punto di partenza per l introduzione di ulteriori deroghe e proroghe che,nel corso del periodo successivo, vennero ad assumere una propria identità autonoma,tanto da essere indicate con l’espressione” ammortizzatori sociali in deroga.”

Solo con la legge n.92/2012 si riesce a porre in essere una riforma organica , introducendo non solo novità con riferimento alle prestazioni dovute ai lavoratori disoccupati, ma anche con riguardo ai trattamenti destinati a integrare il reddito dei lavoratori in casi di sospensione dell’attività. In particolare la logica è quella di separare strumenti di sostegno del reddito nel rapporto di lavoro (ovvero CGI) dagli ammortizzatori sociali,destinati a color che perdono il lavoro.

Cassa integrazione ordinaria e straordinaria:causali e ambito di applicazione

-CIGO: interviene in caso di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili al datore dilavoro o agli operai, ovvero in situazioni temporanee di mercato quali cali della domanda per impossibità sopravvenuta (calamità naturale ne è un esempio).

-CIGS: interviene in caso di ristrutturazione,riorganizzazione o conversione azinedale, o in caso di crisi aziendale (fa quindi fronte ad eventi di più lunga durata rispetta a CIGO, non contingenti,ma strutturali,caratterizzati da previsioni di riassorbimento del personale di medio lungo temrine)

La previgente disciplina della CIGS trovava applicazione anche nel caso di sottoposizione dell’impresaa procedure concorsuali(il che potrebbe essere un controsenso:se l’attività cesserà),Oggi si applica solo se in prospettiva di continuazione o ripresa dell’attività e di salvaguardia,anche parziale,dei livelli di occupazione,da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto dal perta del ministro del lavoro e delle politiche sociali. Inoltre il CGIS trova applicazione anche per concordati preventivi consistenti nella cessazioendi beni.

Nonostante ciò,l’art.3 della legge n.223/1991,come da ulitmo modificato dalla legge n.92/2012, avrà vita breve in quanto sarà abrogato a partire dal 1 gennaio 2016, le preesunta abrogazione ha suscitato critiche: non sarà infatti più possibile per il curatore o il liquidatore ricorrere alla CIGS nelle prime fasi della procedura, come misura temporale che consetne di valutare senza dover licenziare, soluzioni alternative alla mera liquidazione (esempio a proposito cessione o affitto di rami di azienda).

Ambiti di applicazione:

CIGO: settore industriale e nelle imprese industriali ed artigiane dldel settore edile e lapideo. Possono essere destinatari di trattamenti operai,impiegati e quadri (no gli aprrendisti).

CIGS: imprese industriali dell’edilizia e del settore lapideo con più di 15 addetti. L’intervento è esteso anche a settori già destinatri delle CIGS in misura transitorie,ovvero imprese esercenti di attività commerciali con piu di 50 dipendenti,agenzie di viaggio e turismo e operatori turistici con piu di 50 addetti, imprese di vigilanza con piu di 15 addetti,imprese del trasporto aereo del settore aereoportuale,indipendentemente dal numero di addetti.

Oneri procedurali: (VEDI LIBRO)

Ammissione o vizio procedura-->inficia legittima della decisione di sospensione dell’attività,

Esito--> sia che le parti raggiungono un accordo che no, la domanda di ammissione alla CIG non è impedita.

Quali lavoratori collocare in CIG: decide il datore di lavoro , se si tratta di CIGO non vi sono criteri di scelta specifici imposti dalla legge, se CIGS vige un criterio di rotazion,in modo da distribuire equamente tra i lavoratori il sacrificio della riduzione del trattamento retributivo (tale criterio puo no trovare applicazione ove sussistano ragioni di ordine tecnico organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di eficcienza).

Misura e durata del trattamento:

La misura del trattamento integrativo è (sia CIGO che CIGS) dell’80% della retribuzione che sarebbe normalmente spettata per le ore di lavoro non prestate. L’importo del trattamento mensile però non può superare un certo tot limite massimo mensile stabilito di anno in anno (ad esempio nel 2012 il limite è fissato in 931,28 euro (nel caso di retribuzione superiore a 2014,77 euro il limite sale a 1119,32 euro))

-il trattamento ordinario CIGO può essere concesso al massimo per un periodo di 13 settimane ((3 mesi circa) più eventuali proroghe le quali non possono oltrepassare le 52 settimane (1anno) sebbene, il alcuni casi (in alcuni ambiti territoriali) possono estendersi fino a 24 mesi (2 anni)

-La CIGS prevede invece trattamenti più prolungati,in ragione delle cause che ne determinano l interveto.

Crisi aziendale : 12 mesi prorogabili per latri 12 mesi,

Procedure concorsuali : 12 mesi più eventuali proroghe non oltre 6 mesi,

Ristrutturazioni aziendali : 24 mesi prorogabili per due volte per 12 mesi.

Per ciascuna unità produttiva i trattamenti straordinari erogati a qualsiasi titolo non possono eccedere i 36 mesi nell’arco di 5 anni.

Inoltre,per evitare abusi è previsto che il lavoratore decada dal diritto alla prestazione integrativa ove svolga contemporaneamente altra attività retribuita senza averlo precedentemente comunicato in sede INPS di competenza. Nei periodi di svolgimento della prestazione (correttamente comunicata) è escluso il cumulo dei trattamenti: la prestazione viene dunque sosesa per il periodo corrispondente.

Cassa integrazione guadagni in deroga e Fondi paritetici degli enti bilaterali:

Uno dei difetti della CIG, è quello di non avere un’applicazione generalizzata: a questo difetto il legislatore ha cercato di porre rimedio in due modi:

1 Intervento integrativo in deroga: il ministero del lavoro ottiene,reiteramente,di anno in anno, dalla legge, l autorizzazione a disporre,attr. Accordi governativi, la concessione di trattamenti di CIG in deroga alla disciplina vigente, per periodi di tempo delimitati ed entro la capienza dei fondi finanziari assegnati, anche con rif, a singoli settori produttivi o a determinate aree regionali. Si può ricorrere alla CIG in deroga solo dopo aver esaurito gli interventi ordinari previsti in caso di sospensione del rapporto di lavoro (in presenza dell’intervento integrativo di enti bilaterali l’accesso diretto ai trattamenti in deroga, è possibile laddove non sia previsto l’intervento degli enti bilaterali). Il lavoratore beneficiario di CIG in deroga deve rendere dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro. (tale schema sarà mantenuto provvisoriamente sino al 2016)

2 Fondi di solidarietà bilaterali di categoria: tali fondi sono presenti in alcuni settori non coperti dall’intervento di integrazione dle reddito (bancario,artigianato), sono costituiti (presso l’INPS) ,per obbligo

previsto da accordo collettivo, dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori e sono alimentati con la contribuzione a carico dei datori di lavoro.

In caso di mancata costituzione dei fondi, è prevista l’istituzione con decreto ministeriale, di un fondo di solidarietà residuale presso l’INPs, destinato ai settori per i quali manchi il fondo di solidarietà (N.B.: coloro i quali godono di fondi di solidarietà non hanno diritto a trattamenti in deroga).

GLI APPUNTI RELATIVI ALLE PAGG 237-238-239 SONO ANCH’ESSI DISPERSI CHISSà DOVE, SCUSATECI

PARTE IV: EGUAGLIANZA E NON DISCRIMINAZIONE  (a cura di Paolo Lapide)

1. Eguaglianza e non discriminazione

Eguaglianza giuridica(principio formale): gli appartenenti ad una stessa classe di persone godono della titolarità dei medesimi diritti fondamentali.L’ appartenenza ad una stessa classe è prevalente, si fa astrazione delle differenze(sesso,razza,etc.) che intercorrono tra i soggetti.ART 3 COMMA 1 COSTITUZIONE principio di eguaglianza formalecondizioni giuridiche“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua,religione,opinioni politiche, condizioni personali e sociali”Nelle costituzioni moderne l’ eguaglianza è da intendere come “eguale garanzia di accesso e godimento dei diritti fondamentale”. È illegittimo trattare diversamente(con sfavore) persone con situazioni analoghe, mentre è legittimo trattare diversamente persone con situazioni diverse, salvo che la diversità non sia dovuta a fattori inibiti dal principio formale. Al legislatore è proibito legiferare creando disparità dovute a questi aspetti di diversità. Il principio di uguaglianza non è universale cioè se si riceve un trattamento diverso per cause diverse a quelle specificate allora non si infrange la legge. La legittimazione è data da:ART 3 COMMA 2 principio di eguaglianza sostanziale o di parificazionecondizioni economiche e sociali“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’ eguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umane l’ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese”

La parificazione avviene usando misure giuridicamente diseguali per eliminare o ridurre le conseguenze sfavorevoli dovute alle differenze. Ad esempio se la situazione del genere femminile non è equiparata a quella maschile, allora compito dello stato legiferare in modo non imparziale per permettere l’ uguaglianza.

2. Le nozioni di discriminazione

Sono alla base del diritto antidiscriminatorio, Il diritto antidiscriminatorio è introdotto dall’ art 37 della nostra costituzione e dagli art 20 21 23 della carta fondamentale UE.Discriminazione: violazione della eguaglianza giuridica.Sia l’ eguaglianza  sia la discriminazione si basano su una comparazione!!L’ ART 25 del "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna" dlgs 198/2006 modificato dal d.lgs. n.5/2010, espone la differenza,relativa al genere, tra:

DISCRIMINAZIONE DIRETTA(basata su principio formale)

DISCRIMINAZIONE INDIRETTA(basata su principio sostanziale)

Comma 1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento , nonché l'ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. (se assumo solo uomini sto discriminando) 

Comma 2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti  essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa, purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari

2.1    La discriminazione per ragioni di genere

Nella discriminazione diretta  vi è un concetto centrale che è la nozione oggettiva di discriminazione. Per il diritto la discriminazione è l’ effetto pregiudizievole prodotto da un trattamento meno favorevole rispetto a quello di un lavoratore di diverso sesso in situazione analoga. Non si guarda alla volontà di chi vuole discriminare, si guarda all’ effetto che produce, anche se si è in buona fede si discrimina.La nozione è anche assoluta?Per assoluta  si intende che non vi è “giustificazione” oltre alle eccezioni espressamente consentite (fattore età lo affronteremo in seguito), per cui se si ha un trattamento differenziato sfavorevole si è davanti a discriminazione diretta. La dottrina non da una risposta al riguardo.Nella discriminazione indiretta  è stato aggiunto all’ unica giustificazione della disparità di trattamento ammessa (requisiti essenziali), il criterio: ”purché l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari”. Ma è poco sensato, si suppone che se il requisito è essenziale, sarà anche appropriato e necessario e l’ obiettivo sarà legittimo. Spetta al giudice decidere.Il principio sostanziale impone di prendere in considerazione il genere di appartenenza,e dunque di distinguere in base ad esso, al fine di rimuovere o ridurre la disparità di fatto. Quindi nella indiretta 

la discriminazione è dovuta proprio alla neutralità della misura che non permette di commisurare il trattamento alla diversità, evitando così l’ effetto discriminatorio. AD ESEMPIO: Nel 1992 era richiesta una statura minima di 1.65 m per accedere alle carriere direttive e di concetto del Servizio antincendi. La Corte costituzionale ha ritenuto illegittima tale disposizione poiché viola il principio di eguaglianza dell’ art. 3, questo perché la previsione di un requisito fisico identico per uomini e donne crea “discriminazione indiretta” a sfavore del sesso femminile. Infatti è statisticamente riscontrabile che le donne sono mediamente più basse degli uomini e quindi questa limitazione colpisce  in modo proporzionalmente maggiore quest’ ultime.

2.2 La discriminazione per ragioni diverse dal genere

Nel 2000 con le direttive 43 e 78 della C.E. sono aumentati i fattori per i quali è riconosciuta la discriminazione, prima era riconosciuta solo la discriminazione per gender degli anni ‘70/’80.

Sia la discriminazione diretta che indiretta  sono normate con le stesse parole del genere (a parte per la specifica della sessualità).Come per il genere anche qui è considerata discriminazione anche l’ ordine di discriminare. La discriminazione può derivare da una comparazione con il passato (come era trattato un non musulmano ieri rispetto a come è trattato un musulmano oggi, a parità di lavoro) o con situazioni ipotetiche. Anche per questi tipi di discriminazione si seguono nozioni oggettive, i cui limiti sono rappresentati dalle eccezioni espressamente previste e dalle giustificazioni delle differenze di trattamento (non delle discriminazioni).

 Eccezioni discriminazioni dlgs 216/’03 Giustificazioni discriminazioni 215/’03

Nel rispetto dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza, nell'ambito del rapporto di lavoro o dell'esercizio dell'attivita' di impresa, non costituiscono atti di discriminazione, quelle differenze di trattamento dovute a caratteristiche connesse alla religione,  convinzioni personali, handicap, eta' od orientamento sessuale di una persona, qualora, per la natura dell'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell'attivita' medesima. Parimenti, non costituisce atto di discriminazione la valutazione delle caratteristiche suddette ove esse assumano rilevanza ai fini dell'idoneità allo svolgimento delle funzioni che le forze armate e i servizi di polizia, penitenziari o di soccorso possono essere chiamati ad esercitare.

Non costituiscono, comunque, atti di discriminazione quelle differenze di trattamento che, pur risultando indirettamente discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da finalita' legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari.

2.3 Le molestie

Prima degli interventi legislativi le molestie erano considerate come lesioni della personalità morale in violazione all’ obbligo(contrattuale) di sicurezza che grava sul datore di lavoro secondo l’ ART 2087 c.c. “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la  particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità  morale dei prestatori di lavoro”.Oggi le molestie sono riconosciute come discriminazioni e ne esistono di 2 tipi; di genere “comportamenti indesiderati  connessi al sesso di una persona” e sessuali “comportamenti indesiderati a connotazione sessuale espressi in forma fisica, verbale o non verbale”. La nozione 

comunitaria identifica le molestie come  comportamenti indesiderati che violano la dignità delle persone in relazione ad un aspetto della loro identità e che sono vietate al pari delle discriminazioni fondate su quegli stessi fattori.Vi sono fondamentalmente 2 differenze tra la definizione di molestia rispetto a quelle di discriminazione e del concetto di discriminazione. 1)La definizione di molestia ha una nozione soggettiva cioè persegue il comportamento che mira a ledere la dignità della persona, e una oggettiva che si concentra sull’ effetto del comportamento oggettivamente indesiderato. Quindi per la oggettiva non è importante l’ intenzionalità della molestia ma  sufficiente che il comportamento sia indesiderato. Risulta evidente che la legge per determinare la liceità o meno di un comportamento usi la prospettiva del destinatario del comportamento e il suo criterio di indesideratezza.2) A differenza delle altre discriminazioni la molestia non necessita di comparazioni (essenziale per le altre).L’ importanza del riconoscere le molestie come discriminazioni sta nell’ applicazione del regime probatorio agevolato e nell’ effettiva deterrenza dell’ apparato sanzionatorio.

3. Discriminazione di genere e tutela antidiscriminatoria

Il genere è il fattore che mantiene una sua specificità, questo perché è un fattore di discriminazione trasversale, ovvero può complicare altri fattori essendo un elemento base di una persona dando origine a plus factor (donna e anziana/di colore/con handicap/etc ). Inoltre ha una disciplina separata, sia il diritto comunitario che quello interno hanno divieti di discriminazione per una pluralità di fattori (tra cui il sesso) e regolamentazioni particolari per la parità tra uomo e donna (genere),per il diritto interno ART 37 Cost. con successive modifiche.

3.1 Il percorso dell’ eguaglianza delle donne nel lavoro. L’ ART 37 Cost. e la sua attuazione

La questione femminile si presenta nella seconda metà del 1800 sotto forma di protezione delle donne dallo sfruttamento nel lavoro, la prima legge in questo senso si ebbe solo agli inizi del 1900. Per quanto concerne l’ eguaglianza si dovrà aspettare la fine della 1a GM, con la legge 1176/’19 di cui l’ ART 7:“Le donne sono ammesse "a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti i  pubblici impieghi", tranne per "quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali, o l'esercizio dei diritti o  potestà politiche, o che attengono alla difesa militare dello stato”.” e venne abrogato l’ istituto dell’ autorizzazione maritale. Durante il periodo fascista queste leggi vennero “destituite” e si tornò alla situazione di prima. Le donne ottennero l’ effettiva eguaglianza solo con la legge 66/1963 che abrogò la legge 1176 consentì alle donne l’ accesso a tutte le professioni. L’ ART 37 Cost. sancisce: ”La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”Due punti diventarono oggetto di dibattito, il primo fu la parità salariale per cui alcuni volevano la specifica “a parità di rendimento” ma venne accantonata con la presunzione che fosse sottointesa nella “parità di lavoro”. Il secondo punto riguardava la funzione familiare infatti si voleva tutelare la funzione sociale della maternità e al contempo non far passare il lavoro femminile come attività residuale a causa del termine essenziale nel testo. Alla fine si arrivò alla formulazione di cui sopra. È importante sottolineare che non vi è contraddizione tra la parità dei diritti e la speciale protezione che la legge riserva ai bambini, infatti la contraddizione non sussiste considerando che tale specialità incorre solo quando vi sono situazioni che non permettono ai soggetti di godere dei diritti riconosciutigli dalla Costituzione.La formulazione dell’ ART 37 ha “causato” la creazione di 2 percorsi evolutivi che hanno oggetto diverso. Il primo riguardava la tutela speciale per le madri e i bambini ed ebbe immediata 

attuazione. Il secondo aveva per oggetto la parità che si raggiunse solo in seguito al Trattato istitutivo della CEE nel 1957 che impose agli stati aderenti di riconoscere la parità salariale uomo­donna, anche se per ragioni di concorrenza nel mercato comune più che di parità.

3.1.1.  La parità salariale

La parità salariale non si raggiunse subito anche a causa dell’ orientamento di una parte della Giurisprudenza che considerava applicabile la parità salariale solo nel caso vi fosse parità di lavoro da intendersi come parità di rendimento. Secondo questa fazione infatti il rendimento femminile era inferiore secondo un dato empirico non era illegittimo una remunerazione diversa. La Cassazione stroncò questa tesi specificando che la parità di lavoro è la parità di mansioni e qualifica.Secondo le più recenti direttive della C.E. bisogna sostituire “a parità di lavoro” con “prestazioni di  lavoro eguali o di eguale valore” considerando così il livello professionale delle mansioni svolte e non solo la tipologia. In Italia vi sono pochi casi di azioni in giudizio al riguardo e quindi poche possibilità di aggiornare l’ interpretazione. Non bisogna però pensare che sia dovuto a poche violazione ma bensì che tali violazioni avvengano indirettamente rendendone così difficile l’ individuazione e la repressione.

3.1.2. Parità e rimozione delle tutele del lavoro femminile

Fino agli anni ’70 le lavoratrici godevano ancora di vecchie tutele inadeguate, da li una serie di circostanze quali il trasporre nell’ ordinamento interno le normative CE sulla parità salariale e sulla parità di trattamento nelle condizioni di lavoro indussero il Parlamento  ad approvare la legge 903/1977 nota come “legge di parità” che in seguito è confluita ,nelle parti non abrogate, nel Codice delle pari opportunità tra uomo e donna. La “legge di parità” si apriva con la formulazione di un generale divieto di discriminazione diretta e indiretta per ragioni di sesso e prevedeva inoltre l’ abrogazione delle norme protettive del lavoro femminile con alcune eccezioni.La prima eccezione riguarda il divieto di discriminazione diretta all’ accesso al lavoro,mentre il diritto comunitario rinvia a valutazioni sulla legittimità dell’ obbiettivo perseguito e sulla proporzionalità, il diritto interno stabilisce che “non costituisce discriminazione condizionare all’ appartenenza ad un determinato sesso l’ assunzione in attività della moda, arte, spettacolo” solo se l’ appartenenza ad un determinato sesso è essenziale per la natura del lavoro/prestazione. Nei lavoro pesanti  è possibile questa eccezione solo se stabilita con contrattazione collettiva ma nella realtà non viene praticata a causa di vecchi insuccessi.

Altre eccezioni stanno venendo superate come quella relativa al lavoro notturno, che prevedeva che le donne,nel settore manifatturiero, non potessero lavorare di notte derogabile solo per contrattazione collettiva diversa,tale deroga non riguardava le madri. L’ Italia dovette uniformarsi alle direttive CE e levò questa eccezione che rimane solo per le lavoratrici madri. Altro caso riguarda l’ età di pensionamento, nel 1977 l’ età pensionabile era di 55 per le donne e di 60 per gli uomini. Alle donne era riconosciuto il diritto di estendere fino al pari degli uomini l’ età pensionabile, questo perché la legge riconosce al datore di lavoro la possibilità di licenziare un lavoratore al raggiungimento dell’ età pensionabile per giusta causa, ma essendo inferiore per le donne questo creava una discriminazione. La Corte di Giustizia (EU) ha però sanzionato l’ Italia a causa della diversa età pensionistica per uomini e donne, così con la legge 214/2011 “Fornero”  l’ età pensionistica delle donne è stata allineata progressivamente a quella degli uomini, nel settore pubblico come nel settore privato. L’ età salirà a 67 per entrambi a causa dell’ adeguamento all’ incremento dell’ aspettativa di vita media. VIVI +LAVORI +.

3.1.3. Parità effettiva e azioni positive

Se formalmente la parità si è ottenuta, così non è nella realtà, le donne lavorano meno e in posizioni più precarie. Per raggiungere la parità effettiva bisogna adottare non solo misure 

repressive (sanzioni per violazioni) ma misure di prevenzione, di attribuzione di specifici vantaggi per compensare gli svantaggi.Tali misure sono dette azioni positive(vedi nota 40 pag 263), occorre distinguerne 3 tipi:1) Promozionali: promuovere le pari opportunità   2) Risarcitorie: rimediare alle discriminazioni del passato3)Trattamenti preferenziali: attribuire specifici vantaggi, dette azioni positive” in senso stretto”.

Il diritto riconosce le misure positive come strumenti per favorire l’ occupazione femminile ed arrivare all’ eguaglianza sostanziale nel lavoro tra uomini e donne. La legittimità di queste misure è basata sull’ ART 3 comma 2 Cost., questo risulta dal diretto riferimento all’ eguaglianza sostanziale.Nella cultura europea  le azioni positive “in senso stretto”  sono trattamenti preferenziali cioè misure differenziali attributive di vantaggi. La più forte è la “quota” cioè la riserva in situazione di svantaggio di un trattamento preferenziale nell’ accesso al lavoro o in altri aspetti dell’ ambito lavorativo.Affinchè le quote non creino diseguaglianza è necessario che esse siano “flessibili” ovvero deve ad esempio garantire che si possa derogare a tale proporzione. La corte di Giustizia e la Corte costituzionale si sono espresse più volte sulla legittimità delle quote e non sempre con sentenze concordi (vedi pag 264­265).Oggi la Corte di Giustizia identifica l’ obiettivo della eguaglianza sostanziale nella realizzazione della pari rappresentazione dei due generi, obiettivo assunto nell’ ART 23 della Carta dei diritti  fondamentali dell’ UE che parla di ”specifici vantaggi a favore del genere sottorappresentato ”, si  tratta di affermative action.Le azioni positive sono legittime se temporanee e proporzionate, la temporaneità è carattere proprio delle misure mentre la proporzionalità è proprio del singolo fattore di svantaggio che è diverso in base ai casi (donne,immigrati,giovani, etc e combinazioni di essi). Le azioni positive  in Italia possono essere promosse principalmente dal CNPO e dalle sue sedi locali, dalle rappresentanze sindacali e dagli organismi rappresentativi del personale.

3.1.4 La lotta contro le discriminazioni di genere e i suoi strumenti.

A) Le istituzioniLa lotta contro le discriminazioni sii avvale di un apparato istituzionale articolato.A livello nazionale è stato istituito con il dlgs 198/2006, presso il Ministero del Lavoro, il CNPO, organismo competente in materia di parità e pari opportunità nel lavoro. È formato dal presidente che è il Ministro, dalla Consigliera/consigliere nazionale di parità e da membri designati dalle associazioni che operano nel mondo del lavoro (sindacati,org. Datori di lavoro, etc..). Il CNPO ha compiti essenzialmente propositivi ma  ha anche compito decisorio relativamente alla valutazione dei progetti di azioni positive.Ogni anno entro il 31 Maggio il CNPO deve comunicare al Ministero del lavoro il programma di progetti di azioni positive che intende promuovere. Il Ministero deciderà quali progetti avranno il rimborso totale e quali il parziale e con lo stesso provvedimento autorizza tali spese. I progetti concordati tra le org. Dei datori di lavoro e i sindacati più rappresentativi hanno la precedenza a ricevere il finanziamento.L’ istituzione più articolata e significativa è la rete di Consigliere/Consiglieri di parità nominati a livello nazionale/regionale/provinciale dal Ministro, ruolo di durata quadriennale e rinnovabile al massimo 2 volte.La Consigliera nazionale oltre ai poteri promozionali e propositivi, dal 2010 può compiere inchieste indipendenti e pubblicare  relazioni indipendenti riguardo alle discriminazioni (per attuazione della Direttiva 2006/54). Il potere più rilevante rimane quello di promuovere azioni in giudizio. Con il 

d.lgs. 196/2000 è stata istituita la rete delle Consigliere, coordinata da quella Nazionale, che si riunisce almeno 2 volte all’ anno per confrontarsi e rafforzare i loro poteri.

B) Le azioni in giudizioIn caso di discriminazioni dirette o indirette la legge prevede rimedi giudiziari e sanzioni.Le azioni in giudizio presentano alcune peculiarità:1)Onere della prova: l’ ART 40 del d.lgs. 198/2006 prevede una parziale inversione dell’ onere, onere che passa dal ricorrente (attore) al convenuto qualora il ricorrente fornisca al giudice elementi, anche desunti da dati di carattere statistico, tali per cui si possa presumere l’ esistenza di discriminazioni allora sarà compito del convenuto dimostrare che la discriminazione non sussiste.2) Azione individuale in giudizio: ordinariamente è il lavoratore che subisce discriminazione a promuoverla. Su delega dell’ interessato può essere promossa dai Consiglieri di parità locali o intervenire nei giudizi promossi dal lavoratore. Se il ricorso individuale per violazione dei divieti di discriminazione diretta e indiretta è promosso in via d’ urgenza (modellato sull’ ART 28 St. lav.), la legge estende la legittimazione ad agire alle organizzazioni sindacali, alle associazioni e organizzazioni rappresentative del diritto o dell’ interesse leso (leva potere al Consiglieri locali). Se il giudice valuta lecito il ricorso allora può ordinare, se richiesto, il risarcimento del danno anche non patrimoniale, e ordinare, attraverso un decreto immediatamente esecutivo, all’ autore del comportamento denunciato la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti .3)Azione collettiva pubblica in giudizio: può essere proposta dalla Consigliera nazionale o regionale (in base alla dimensione nazionale o meno della questione). L’ azione è esperibile in presenza di (pretese) discriminazione diretta e indiretta di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici/lavoratori lesi. Prima dell’ azione in giudizio può è essere richiesto al discriminatore di predisporre un piano di rimozione delle  discriminazioni accertate. Se la Consigliera considera idoneo il piano promuove un tentativo di conciliazione. Se la Consigliera non ritiene idoneo il piano o la conciliazione fallisce, propone l’ azione in giudizio. Il giudice oltre a determinare un risarcimento, se richiesto, impone al discriminatore di predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate.La Consigliera nazionale/territoriale può proporre anche il ricorso in via d’ urgenza. Le azioni collettive sono poco utilizzate poiché il fondo a disposizione delle Consigliere è esiguo, e i processi costano molto!L’ azione individuale e la collettiva non sono sovrapponibili poiché tutelano 2 diversi interessi, il collettivo indivisibile che è tutelato dalla Consigliera che individua la discriminazione collettiva e l’ individuale che sarà tutelato dal giudice prendendo in esame ogni caso (del collettivo).

C) Le sanzioniSecondo la Direttiva 2006/54 le sanzioni devo essere proporzionate e adeguate a svolgere una funzione deterrente. Per adempiere alla Direttiva e a tale funzione si è aumentato l’ ammontare delle sanzioni pecuniarie(da 250 a 1.500€) e civili (nullità del p/atto discriminatorio e delle sue conseguenze).Qualora non si rispetti la sentenza/decreto è prevista una sanzioni di 50.000 o l’ arresto fino a 6 mesi.

4.  Vecchi e nuovi fattori di discriminazione diversi dal genere

Il diritto dell’ UE  ha usato la tecnica del divieto di discriminazione per garantire la parità di trattamento a chi avesse una “diversità” meritevole di speciale protezione come anche il diritto internazionale. Quest’ ultimo è passato dalla Convenzione OIL 98/1949, che prevedeva la nullità del licenziamento per appartenenza a gruppi sindacali o per la partecipazione ad attività sindacali, alle Convenzioni 111/1958 e 117/1962 che vietano ogni atto discriminatorio basato su una qualsiasi diversità (razza,religione,sesso, etc).

Il diritto antidiscriminatorio si è ampliato nel tempo perché sempre più diversità sono state considerate “fattori di rischio” per il lavoratore. In Italia tutte queste diversità sono tutelate dall’ ART 3 Cost. che non crea tipicità delle differenze usando la formula di chiusura “di condizioni personali  e sociali”.Se l’ ART 3 rappresenta la tesi generale di eguaglianza, ciò che permette la sua applicazione nel campo lavorativo è l’ ART 15 St. lav., tale articolo sancisce la nullità di qualsiasi p/atto diretto a discriminare un lavoratore per la sua partecipazione ad un sindacato/attività sindacale e agli scioperi. La nullità è stata estesa ad altri fattori di discriminazione per legge successiva, coprendo così tutti gli aspetti del diritto discriminatorio. Dibattito in dottrina il significato di “convinzioni personali”, vedi nota 62 pag 272.Fattore razza e origine etnica: ferma la parità di trattamento e la piena eguaglianza di diritti riconosciuti ai lavoratori stranieri legalmente soggiornanti in Italia, la legge ha anche altri campi di applicazione, quale la protezione/sicurezza sociale, istruzione, etc al fine di garantire una protezione onnicomprensiva  finalizzata alla piena integrazione delle persone di razza e origine etnica diversa.Limitato invece all’ ambito lavorativo il d.lgs 216/2003 che tutela i fattori età e handicap.Età: è un fattore discriminatorio nuovo, prima al contrario era considerato una base di differenziazione ragionevole, basti pensare ai contratti a finalità formative per i giovani. Non a caso leggi degli anni 2000 legittimano condizioni speciali per l’ accesso al mondo del lavoro, quali ad esempio età minime e massime.Handicap: nonostante prima del d.lgs. 216 in Italia non vi fosse un espresso divieto di discriminazione verso i disabili, vi erano norme che gli garantivano l’ accesso al lavoro come la legge 68/1999 “la promozione dell’ inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato”.

4.1 Gli strumenti per il contrasto della discriminazione

Il diritto per tutelare effettivamente i discriminati ha diversi interventi a disposizione.A)In forza dell’ Art 15 St. lav. gli atti o patti discriminatori sono nulliB)La legge non tutela solo le vittime di discriminazione, estende la sua protezione per es. chi testimonia. D.lgs. 215 e 216:“nei casi di comportamenti, trattamenti o altre conseguenze pregiudizievoli posti  in essere o determinate, nei confronti della persona lesa da una discriminazione diretta o indiretta  o di qualunque altra persona, quale reazione ad una qualsiasi attività diretta ad ottenere la parità  di trattamento”C)L’ inversione parziale dell’ onere della prova è riconosciuto anche per fattori diversi dal genere.Per razza e origine etnica d.lgs 215: equivale al genere, è riconosciuta la c.d. prova statistica.Per altri d.lgs 216: “Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto idonei a fondare, in termini gravi, precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l'onere di provare l'insussistenza della discriminazione”. Le differenze (pesanti) per l’ attore sono 1)la mancanza della prova statistica e 2) la presunzione di discriminazione deve essere grave. Così non ha significative differenze da una generica presunzione relativa e viene meno l’ agevolazione probatoria.D) Per le azioni in giudizio vedi  3.1.4 B).E)La Sanzione accessoria, sul modello dell’ Art 36 St. lav, prevede per i responsabili di illeciti discriminatori gravi, l’ esclusione (per 2 anni) da tutti i benefici pubblici (fiscali e finanziari) e dagli appalti pubblici. Inoltre il giudice può ordinare la pubblicazione della sentenza su un quotidiano nazionale, a spese del condannato, al fine di deterrenza e indiretta prevenzione.

Dato che le discriminazioni per fattori razziali e religiosi sono difficilmente dimostrabili e, spesso ma non sempre, hanno dimensione collettiva è stato creato l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni (UNAR), per l’ Art 7 d.lgs 215/2003 “E' istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ­ Dipartimento per le pari opportunità­ un ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, con funzioni di controllo e garanzia delle parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e imparziale, attività di promozione della parità e di rimozione di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica, anche in un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni possono avere su donne e uomini, nonché dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso.”.UNAR ha anche il compito di fornire assistenza agli attori.A causa della presenza di molteplici organismi competenti di specifiche discriminazioni, si rischia di frammentare gli interventi di tutela e renderli meno efficaci, soprattutto quando si hanno discriminazioni plurifattoriali, se gli organismi non collaborano loro e spesso ciò non avviene.

5. Tutela della maternità e divieto di discriminazione

Il diritto UE e l’ITA hanno seguito strade diverse per unire la maternità nella discriminazione di genere.

­ Il percorso del diritto comunitario

Il legislatore comunitario non ritiene che vi sia contraddizione tra il principio di parità e la tutela della maternità, ma per l’ eguaglianza formale uomo­donna ha ritenuto di circoscrivere la tutela antidiscriminatoria per le lavoratrici madri ad un limitato arco di tempo, fuori dal quale riemerge la contraddizione con il principio di parità,dando poca considerazione al rapporto madre­bambino. È stata la Corte di Giustizia a considerare per prima la maternità come fattore di discriminazione diretta in ragione del sesso, poiché può essere opposto solo alle donne. Cioè: la maternità è un diritto fondamentale delle donne e violandolo si viola il principio di eguaglianza. L e donne incinte sono portatrici di un fattore di discriminazione detto “gender plus” cioè che aggrava un fattore (donna) potenzialmente discriminato.

­ Il percorso del diritto interno

In Italia il primo provvedimento a tutela della maternità è stato l’ ART 37 Cost., a cui successivamente si sono affiancate altre leggi,grazie anche alla Corte Costituzionale, che hanno ad esempio esteso i diritti materni ai padri, nel rispetto dell’ eguaglianza del ruolo familiare dei genitori. Fondamentale per lo sviluppo di tale percorso è stata la legge 903/1977 c.d. “legge di parità”, percorso che è culminato con la legge 151/2001(T.U. delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità).Malgrado l’ estensione ai padri di diritti genitoriali(nota 74 pag 278), in origine propri della sola madre, la tutela della maternità è rimasta autonoma rispetto alla parità di trattamento tra lavoratori e lavoratrici.Il diritto interno solo nel 2010 ha introdotto il comma 2­bis all’ ART 25 d.lgs 198/2006 che conduce la maternità alla tutela antidiscriminatoria per ragioni di genere. Il testo recita:” Costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo, ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell'esercizio dei relativi diritti.”

5.1 La tutela della maternità (lavoratrici subordinate)

Il T.U. d.lgs. 151/2001 è il caposaldo legislativo della tutela psico­fisica delle lavoratrici madri. Occorre sottolineare che oggi le misure di tutela sono estese anche alla madre affidataria e adottiva; inoltre alcuni diritti sono riconosciuti al padre che può esercitare in proprio o in alternativa alla madre mentre altri ancora sono attribuiti ad entrambi i genitori.

5.1.1 Congedo di maternità

È l’ istituto più vecchio della tutela della maternità delle lavoratrici, ed è ancora oggi di cruciale importanza e riconosciuto in tutte le legislazioni europee. La disciplina prevede che le donne non debbano lavorare durante i 2 mesi precedenti e i 3 seguenti la data prevista per il parto. Oggi la donna può decidere la disposizione di questi mesi (1 prima, 4 dopo), a patto che il medico dia il suo assenso.(vedi nota 76 pag 279)La lavoratrice è tenuta a presentare al dato di lavoro e all’ INPS (che eroga l’ indennità giornaliera di maternità) il certificato medico indicante la data presunta dal parto, data che “fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione”. L’ errore in ogni caso non crea danno alla madre dato che se fosse anticipata o posticipata rispetto alla reale ricadrebbe comunque nei 5 mesi di congedo. Il congedo può essere anticipato a 3 mesi prima del parto qualora i lavori siano “gravosi o pregiudizievoli all’ avanzato stato di gestazione”, l’ anticipazione è disposta dal Ministero del lavoro e i lavori in oggetto sono specificamente riconosciuti dal Ministero.In caso di adozioni o affidi sono riconosciuti alla madre i 3 mesi post­parto salvo che il bambino non abbia più di 6 anni e che ne fruisca durante i primi 3 mesi all’ effettivo ingresso del bambino in famiglia.Durante il congedo l’ INPS riconosce alla lavoratrice un’ indennità giornaliera pari all’ 80% della retribuzione (solitamente anticipata dal datore con conguaglio successivo).Per quanto concerne le lavoratrice madri autonome e le libere professioniste, non hanno l’ obbligo di astenersi dal lavoro, ma hanno diritto ad una indennità per i 2 mesi precedenti e i 3 seguenti il parto.Per quanto riguarda le collaboratrici coordinate e continuative o a progetto è previsto il congedo obbligatorio, che sospende il rapporto, con corresponsione dell’ indennità di maternità.Se prima i riposi erano finalizzati all’ allattamento, oggi servono per assicurare alla lavoratrice di provvedere all’ assistenza diretta del bambino.  L’ Assistenza che è più ampia del solo allattamento naturale, ampiezza che spiega l’ estensione alle madri adottive/affidatarie o al padre in alternativa alla madre.Il datore di lavoro deve consentire alle madri durante il 1° anno del bambino, 2 periodi di riposo, durante la giornata(anche cumulabili), o 1 solo se l’ orario giornaliero di lavoro è < 6 ore. I riposi hanno un’ ora di durata ciascuno e sono considerati ore lavorative a tutti gli effetti, comportano il diritto ad uscire dall’ azienda. La durata si riduce a ½ ora l’ uno se la lavoratrice si avvale dell’ asilo nido o altra struttura idonea istituita dal datore di lavoro nella o nei pressi dell’ unità produttiva. In caso di parto plurimo i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore aggiuntive possono essere usate anche dal padre.

5.1.4.Congedi per la malattia del figlio (alterazione patologica + convalescenza = malattia)

Questo istituto è stato inserito per la prima volta nel 1971. Ha subito profonde modifiche; Oggi i congedi spettano  alternativamente ad entrambi i genitori e spettano al genitore richiedente anche quando l’ altro non ne abbia diritto. L’ astensione dal lavoro per l’ intera durata della malattia del bimbo è possibile solo se l’ età è  . Se    il genitore ha diritto a 5 giorni di congedo l’ anno. Per fruire dei congedi il genitore deve presentare il certificato di malattia rilasciato da un medico del Serv. San. Naz..  Non è assimilato alla malattia del lavoratore, non sono previsti “i controlli a casa”. I periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell’ anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi a ferie e 13esima.

5.1.5.Tutela della salute e della sicurezza

Tale disciplina della lavoratrice madre è realizzata prevalentemente con l’ uso di divieti.Dall’ inizio della gravidanza fino a 7 mesi dopo il parto, è vietato adibire le lavoratrici madri a lavori pericolosi, faticosi e insalubri (secondo l’ elenco) o al trasporto e sollevamento di pesi(carichi) e 

attività connesse. Durante tale periodo dovranno essere destinate ad altre mansioni se ricoprivano tali incarichi o se gli incarichi/ambiente di lavoro sono stati considerati pregiudizievoli della salute dai servizi ispettivi del Ministero del lavoro. La lavoratrice anche se  adibita a mansioni inferiori conserva la sua retribuzione e la sua mansione. L’ ART 13 St. lav. Si applica solo quando le lavoratrici vengano addette a mansioni equivalenti o superiori: la legge consente ciò che l’ ART 13 vieta, cioè l’ adibizione a mansioni inferiori rispetto a quelle che abitualmente svolge. Se la lavoratrice non può essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero può disporre l’ interdizione dal lavoro per tutto il periodo.

5.1.6.Divieto di lavoro notturno

L’ Art 53 T.U. prevede il divieto per le lavoratrici di lavorare dalle 24 alle 6 a partire dall’ accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno d’ età del bambino. Il diritto a non lavorare di notte è garantito a padri e madri (in alternativa) di figli con meno di 3 anni o al genitore unico responsabile di figlio < 12 anni oppure al lavoratore/lavoratrice che abbia a proprio carico un disabile. La direttiva UE a differenza dei testi italiani non parla di divieto di lavoro notturno ma riconosce il diritto di esenzione da esso per le lavoratrici gestanti e puerpere (def:”stato della donna nelle prime settimane dopo il parto”) in caso di necessità attestata dal certificato medico. Con tutta probabilità non si è seguita la strada del divieto dato che per Direttive e sentenze precedenti era stato considerato discriminatorio.

6. Diritti delle madri, dei padri e dei genitori

Riepilogo delle misure di tutela della maternità delle lavoratrici estese anche ai padri

6.1. Congedi di Paternità

­(Nuovo) congedo obbligatorio e facoltativo di paternitàL a legge 92/2012, introdotta in via sperimentale per il 2013, prevede per il padre lavoratore dipendente l’ obbligo di astenersi dal lavoro per 1 giorno entro i 5 mesi dalla nascita del figlio. Al congedo obbligatorio (che grava sul padre come obbligo proprio) si aggiunge la facoltà di astenersi per altri 2 giorni anche consecutivi. Per usufruire dei giorni facoltativi è necessario accordarsi con la madre, infatti l’ astensione avviene in sostituzione di quella obbligatoria della madre. I giorni sono pagati al 100% della retribuzione, a carico dell’ INPS quelli facoltativi e a carico del datore di lavoro quello obbligatorio mentre quelli della madre all’ 80% come già detto . Il lavoratore è tenuto a comunicare i giorni di assenza con almeno 15 giorni di preavviso. Il fine del legislatore sarebbe quello di “sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli…” ma è facile osservare che 3 giorni siano troppo poco per conseguire questi fini. Inoltre la formulazione è poco chiara e vi possono essere problemi applicativi, infatti la legge prevede che i 2 giorni facoltativi del padre siano detratti dai giorni obbligatori della madre (3/4 mesi post­partum) ma se essa avesse già usufruito di tutto il tempo a disposizione(ricordo che il padre può esercitare entro il 5° mese) allora il padre non ne avrebbe diritto? E se la madre non lavorasse e non avesse diritto quindi al congedo di maternità, il padre può usufruire dei 2 giorni?....Mistero.

­Congedo di maternità

Il diritto di congedo è stato esteso al lavoratore padre che può astenersi dal lavoro per l’ intero periodo del congedo di maternità o per la parte residuale che spetterebbe alla lavoratrice, in caso di morte o grave infermità o abbandono della madre o in caso di affidamento esclusivo al padre. Il lavoratore dovrà fornire la certificazione attestante le condizioni di cui sopra. 

­Riposi giornalieri, congedi per malattia del figlio, esenzione dal lavoro notturno

In alternativa alla madre i riposi giornalieri spettano al padre se:A) i figli sono affidati solo al padreB) la lavoratrice madre dipendente che non se ne avvalgaC) la lavoratrice non è dipendenteD) la madre è morta o gravemente infermeAnche i congedi per malattia del figlio e l’ esenzione dal lavoro notturno spettano in alternativa alla madre.

6.2.  Congedo parentale (dovrà essere adeguata al diritto UE)

È un diritto spettante ad entrambi i genitori (anche adottivi o affidatari come sempre, per congedo parentale si intende il diritto di astenersi dal lavoro nei primi 8 anni di vita del bambino per un periodo complessivamente non superiore ai 10 mesi (11 se il padre ne fruisce per un periodo continuativo di 3 mesi).È necessario dare un preavviso di almeno 15 giorni al datore di lavoro. La madre dopo il congedo di maternità può usarne al massimo 6 mesi continuativi, il padre 6 mesi dalla nascita, estendibili a 7 come per prima. Il congedo parentale è un diritto proprio di tutti i lavoratori subordinati, non è in alternativa, quindi se ne può fruire anche se il coniuge non ne ha diritto invece (casalinga, lavoratore indipendente etc…). La retribuzione è solo del 30% ma solo per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi.Qualora il bambino abbia degli handicap gravi e non sia ricoverato a tempo pieno in una struttura specializzata o se in questo caso la presenza dei genitori è richiesta dai medici, il congedo parentale è prolungato fino a 3 anni ed è fruibile continuativamente o frazionatamente   in alternativa tra padre e madre entro gli 8 anni di età. L’ART 4 comma 24 legge92/2012 (Fornero) determina :“e' disciplinata la possibilità di concedere alla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby­sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, da richiedere al datore di lavoro.”, secondo condizioni determinate successivamente.Evidentemente l’ intento è quello di permettere alla lavoratrice madre di continuare a lavorare dandole un sostegno economico per pagare chi la sostituisca, questo è però in contrasto con il fine del congedo parentale visto prima. La madre che utilizza i voucher rinuncia solo al proprio congedo parentale(6 mesi), il padre può usufruire quindi dei 5 mesi di congedo ma senza indennità. Questo scoraggio molto il congedo maschile dato che anche normalmente (retribuzione del 30%) riduce notevolmente le entrate.