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PASQUA 2013

PASQUA 2013 - Parrocchie Rivolidi giovani musicisti israeliani e palestinesi o arabi, quindi un segno di grande dispo-nibilità alla pace nel segno della musica. Aveva accolto molto

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PASQUA 2013

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RIVOLIParrocchie nella città

ANNO XVII - N.1Marzo 2013

Via F.lli Piol, 4410098 Rivoli (TO)

www.parrocchierivoli.itredazione@[email protected]

In copertina:le opere di Claudio Giacone

nella chiesa M.I.A.:Cristo muore - risorge

resta con noi nell’Eucarestia

Direttore responsabile:Paolo Paccò

Vice direttore:Lidia Cuva

Redazione:Don Giovanni Isonni

Don Angiolino CobelliDon Paolo RavariniDon Andrea Zani

Riccardo BonaPaola Cornaglia

Pierangelo CosciaSilvano Giordani

Remo LardoriFabio LeoneFranco Rolfo

Mariangela ZamariolaLidia Zanette

Progetto grafico:Identità Multimediale

Torino

Impaginazione:Fabio Leone

Stampa:Tipografia Locatelli

Trezzano sul Naviglio (MI)

E D I T O R I A L E

La Croce

La Croce è la misura e la cifra della no-stra vita. La Croce è la provocazione che si pone nella nostra esperienza umana e cristia-na: da che parte vogliamo stare, cosa siamo disponibili a mettere in gioco del-la nostra persona, qual è la misura del nostro amore?La Croce è il luogo della nostra sequela a Gesù: se vuoi seguirmi, prendi la tua croce e seguimi!La Croce è la follia per il mondo, è la più alta saggezza per il discepolo di Gesù.La Croce è l’icona della sofferenza, a volte anche innocente e a volte anche ingiusta, di tante persone.La Croce è il gesto in assoluto più gran-de dell’amore: il donarsi gratuitamente per l’altro, è la misura dell’amore cri-stiano: amare senza misura!

PasquaPasqua è Gesù che ha detto: Io sono la risurrezione e la vita. È una parola che ti sorprende anche oggi; anche oggi, se credi, rinnova i tuoi giorni.

Pasqua è Gesù che vince la mor-te: ogni tipo di morte.

Pasqua è gridare con la Chiesa delle origini: "O morte, dove è la tua vittoria?".

Pasqua è questa certezza: "Noi siamo più che vincitori"con Cristo Risorto.

Pasqua è la forte chiamataa far morire l'egoismoperché risorga l'amore.

Pasqua è dunquecomprensione e compassione,misericordia e perdono,pazienza e longanimità,empatia e simpatia,accoglienza e dono di te,azzerando ogni titubanza e paura.

Pasqua è la pietra dell'indifferen-za ribaltata dal cuore e gettata lontano, molto lontano dal tuo vissuto.

Pasqua è la primavera dell'umile amore che germoglia in preghiera e promette i frutti dello Spirito: gioia - soprattutto - e bontà.

Risorto ora con Cristo,hai di nuovo il coraggio di sperarecantando la vita alla sua perenne sorgente che è perenne novità.

Pasqua è far morire ogni morte perché con Cristo Signoretutta la vita risorga in fede spe-ranza e carità.

Comunità di San Biagio, Subiaco

La Resurrezione:dalla croce all’Eucarestia

Carissimi,il nostro giornale ha una bellissima coperti-na con tre opere del nostro artista Claudio Giacone. In queste tre immagini possiamo ritrovare il cammino della nostra fede per-sonale e comunitaria:

LA CROCEIL RISORTO

L’EUCARESTIA.

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3E D I T O R I A L EIl Risorto

Se la croce lascia aperte tante domande e rimane comunque una grande provocazione per noi, il Risorto è la risposta della fede, per noi poveri, a volte preoccupati vian-danti della storia.Il Risorto è il Crocifisso vivo,presente, “che c’è”!Il Risorto è colui che con la forza dell’amore ha vinto la morte ed è solo per la vita.Il Risorto è il volto che ci accoglie, che ci incontra, che ci ascolta, che ci parla, che cambia la nostra esisten-za.Il Risorto è il fuoco che riscalda il freddo delle nostre tristezze, che illumina le nebbie che ci avvolgono, che ci fa assaporare la bellezza dello stare insieme, del “far cerchio”.Il Risorto è il pellegrino che cammina al nostro fianco, che con-divide la fatica della nostra strada, che gioisce alla mensa dell’incontro e della festa.

L’Eucaristia

Dalla croce al sepolcro vuoto e poi alla strada polverosa verso Emmaus per giungere e fermarsi alla locanda della comunione, dell’Eucaristia: questa è la méta della nostra vita.L’Eucaristia è la celebrazione della nostra vita di ogni giorno, di ogni settimana (la domenica), di ogni tempo, di una vita intera.L’Eucaristia è pane spezzato e vino donato per sperimentare la mi-sura dell’amore, fino a lasciarsi mangiare tanto siamo “buoni”!L’Eucaristia è presenza che fa comunione, perché il pane è buono solo se condiviso.L’Eucaristia è forza per il cammino, perché la locanda è semplice-mente la fermata che ci fa ripartire ancora più forti.L’Eucaristia è Gesù crocifisso e risorto che ci chiede di essere por-tato alle nostre case, per le nostre vie, nei luoghi della vita degli uomini, perché Lui si è fatto pane per tutti.

Carissimi, in questi ultimi giorni di Quaresima, nella settimana santa e a Pasqua, portiamo negli occhi e nel cuore queste tre icone.Siano per noi: memoria, provocazione, scelta d’impegnonella certezza che “fare Pasqua” è abbracciare il Crocifisso, parlargli (ci ricordiamo don Camillo?) e sostenerlo come il Cireneo.“Fare Pasqua” è vivere la presenza del Risorto che è al nostro fianco, pel-legrino con noi e come noi.“Fare Pasqua” è celebrare la festa spezzando il Pane buono, condiviso, per tutti. A tutti con gioia auguri di “fare Pasqua”!

don Giovanni

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4 BENEDETTO XVI

Le parole piene di coraggio e saggezza di Benedetto XVI

"Carissimi Fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il mini-stero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il mi-nistero a me affidato. Per questo, ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, a me affidato per mano dei Cardinali il 19 aprile 2005, in modo che, dal 28 febbraio 2013, alle ore 20,00, la sede di Roma, la sede di San Pietro, sarà vacante e dovrà essere convocato, da coloro a cui compete, il Conclave per l’elezione del nuovo Sommo Pontefice. Carissimi Fratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavo-ro con cui avete portato con me il peso del mio ministero, e chiedo perdono per tutti i miei difetti. Ora, affidiamo la Santa Chiesa alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo, e imploriamo la sua santa Madre Maria, affinché assista con la sua bontà materna i Padri Cardinali nell’eleggere il nuovo Sommo Pontefice. Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio".

Benedetto XVI – 11 febbraio 2013

riservati che ho avuto con lui - ha conti-nuato Napolitano - non ho mai detto e non dirò mai nulla, tantomeno in questo momento. Però di certo io avevo avuto l'impressione di persona molto affaticata, molto provata. E poi, quando nella sala Nervi, nell'Aula Paolo VI, dopo che io ho rivolto qualche parola presentando il con-certo, il Papa mi ha così affettuosamente salutato ponendomi la mano sulla spalla, quasi abbracciandomi, pensavo che fossi solo io prossimo a partire. E invece lo era anche lui... ". Le impressioni personali su Benedetto XVI consistono, per il presidente, in "un ricordo di grande confidenza e semplici-tà, non solo rispetto, non solo reciproco interesse per quello che ci dicevamo in pubblico: io per i suoi messaggi, innanzi-tutto si intende, e lui per i contributi che cercavo di dare nello svolgimento del mio mandato. Ma estrema semplicità, affet-tuosità anche in circostanze del tutto pri-vate. Un bel ricordo è quello della mia vi-sita a Castel Gandolfo per un concerto da me caldeggiato perchè era una esibizione della West-Eastern Divan Orchestra, di-retta dal maestro Barenboim, orchestra di giovani musicisti israeliani e palestinesi o arabi, quindi un segno di grande dispo-nibilità alla pace nel segno della musica. Aveva accolto molto bene quella propo-sta, aveva presenziato con la sua straordi-naria passione e capacità di intenditore di musica; poi, eravamo rimasti insieme per cena soltanto io e mia moglie e lui con un suo collaboratore. Quelle - sottolinea ancora il Presidente Napolitano - sono state le occasioni che non posso cancellare, che non cancello dalla mia memoria, oltre quelle di gran-dissimo impegno verso lo Stato italiano, e verso la responsabilità che io svolgevo: parlo del messaggio per i 150 anni dell'U-nità d'Italia, un messaggio di grande ric-chezza e anche audacia di contenuto. Quindi, il ricordo umano si intreccia con il ricordo istituzionale, e io sono convin-to che continuerà da uomo di pensiero, da studioso a fare sentire la sua voce, e io ascolterò come prima i suoi messaggi: quello che ci dicono, quello che dicono a me, quello che possono dire a tanti italia-ni e a tanti cittadini del mondo".

Roma, 11 febbraio 2013

Benedetto XVI l’11 febbraio scorso ha fatto sapere, durante il Conci-storo per tre canonizzazioni, che dal 28 febbraio, Joseph Ratzinger non sarebbe più stato Papa.

Napolitano: "È un gesto che umanizza la missione pontificale", un gesto di grande coraggio e straordinario senso di responsabilità."Ho appreso questa notizia come la si può apprendere data la sua straor-dinaria dimensione e novità. Certamente mi ha molto impressionato, e ha suscitato in me grande rispetto e grande ammirazione perché è stato un gesto non facile". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napo-litano, tornando a commentare a 'Porta a porta' la notizia delle dimissioni del Papa. “È stata una decisione certamente generosa e responsabile che ha anche, vorrei dire, messo in evidenza una visione molto umana della sua altissima missione: un Pontefice il quale si rende conto dei suoi limi-ti come uomo, come persona, dei limiti delle sue forze fisiche, avendo raggiunto un'età avanzata e non sentendosi in grado di adempiere pie-namente all'altissimo mandato che gli è stato conferito. Io ho incontrato il Pontefice esattamente una settimana fa, e di tutti i colloqui privati e

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5TEMPO DI PASQUA

Negli Atti degli Apostoli è descritto uno dei momenti più sconvolgenti per gli apo-stoli, quello in cui l’annunzio cristiano è rivolto per la prima volta ai non ebrei (ai pagani): Pietro, mandato da Dio a parlare di Gesù a Cornelio, ufficiale di una coor-te romana chiamata Italica, commenta: “Davvero mi rendo conto che Dio tratta tutti allo stesso modo, ama tutti… senza guardare al popolo al quale appartengo-no” (Atti10,35). E l’annuncio che egli dà non è la descrizione della vita e dei mira-coli di Gesù, ma quello della crocifissione, della morte e della risurrezione.

Al centro della fede cristiana, punto fon-damentale dal quale scaturisce la vita del-la nuova comunità religiosa che si spar-gerà nel mondo, c’è il susseguirsi tragico degli ultimi giorni di Gesù. Colui che si è confessato Dio, Figlio del Padre, è insulta-to, flagellato, inchiodato ad una un croce come uno schiavo, abbandonato da tutti, eccetto che da alcune donne tra cui sua madre Maria, che lo accoglierà morto tra le sue braccia. Ma dopo tre giorni s’impo-ne l’evento della risurrezione: “Noi siamo testimoni delle cose da lui compiute… Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti”. Da queste vicende e dagli eventi concomitanti na-sce la nostra fede e prende forma il volto del Dio cristiano: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, perché chi crede in lui abbia vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per con-dannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui” (Gv 3,16-17). Dio ci viene incontro, in Gesù, ogni giorno per regalarci gratuitamente il suo amore senza cui non possiamo esistere. Ma l’a-more invoca una risposta.

Nei giorni del triduo che precede la Pa-squa, il giovedì santo, il venerdì santo e il sabato santo, la Chiesa ripercorre il cam-mino di Gesù, per capirne il senso, per ri-scoprirne i tesori, per aiutare i credenti a dare una risposta all’amore di Dio. Sono i giorni più importanti del percorso litur-gico della Chiesa, quelli nei quali è rac-

chiuso il cuore e l’essenza di tutta la fede cristiana. Il triduo non è una preparazione alla Pasqua, ma è la solennità della Pa-squa che viene celebrata nei tre giorni, i quali hanno la stessa importanza e so-lennità liturgica. Sono organizzati, infatti, come fosse un’unica grande celebrazione. La Messa del giovedì santo non finisce col solito congedo (“La Messa è finita, anda-te in pace”) ma in silenzio; l’azione liturgi-ca del venerdì non comincia con l’usuale saluto ed il segno della croce e termina anch’essa in silenzio; e in silenzio inizia la solenne veglia del sabato sera che porte-rà alla celebrazione della Messa pasqua-le. La struttura del triduo segue le “ore” nelle quali Gesù compì il mistero della nostra redenzione: l’ora della cena pa-squale, l’ora della morte in croce, la notte della risurrezione. Questi tre momenti se-gnano il tempo delle tre celebrazioni: la Messa del Giovedì santo, la celebrazione della passione e morte del Signore, la ve-glia pasquale nella notte santa che cele-bra la risurrezione.

La celebrazione serale del Giovedì San-to è l’inizio del triduo pasquale. Nella Messa della cena del Signore, la Chiesa commemora l'istituzione dell'Eucaristia, il Sacerdozio ministeriale e il Comanda-mento nuovo della Carità che l’evange-lista Giovanni evidenzia nel gesto della lavanda dei piedi: Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. “La Liturgia - dice Papa Benedetto XVI - inserisce nel testo della preghiera la parola oggi, sottolineando con ciò la dignità particolare di questa giornata. È stato oggi che Egli l’ha fatto: per sempre ha donato se stesso a noi nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Questo oggi è anzitutto il memoriale della Pasqua di allora. Tuttavia è di più. Il nostro oggi viene a contatto con il suo oggi. Egli fa questo adesso”. È un invito a porre attenzione al mistero di questa giornata che si rinnova davan-ti a noi. La funzione termina in silenzio, mentre l’Eucarestia è deposta nell’altare preparato per l’adorazione notturna.

il Triduo Santo e la Pasqua del Signore

“Lo ucciseroappendendolo

ad una croce,ma Dio lo ha resuscitato

al terzo giorno…Noi abbiamo mangiato

e bevuto con luidopo la sua risurrezione

dai morti”.

Atti degli Apostoli10,39-41

“Dio ha tanto amatoil mondo da dare

il suo unico Figlio,perché chi crede in lui

abbia vita eterna.Dio non ha mandato

il Figlio nel mondoper condannare il mondo,

ma perché il mondosia salvato

per mezzo di Lui”(Gv 3,16-17)

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6 TEMPO DI PASQUA

Il venerdì Santo è il giorno della passione e morte di Gesù. Nel Credo che ogni domenica si recita nella Messa si dice di Gesù: “fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto”. Poche parole che professano la fede in uno degli avvenimenti più tragici della storia umana e del mistero di Dio che, fatto uomo, passa attraverso l’umiliazione, il dolore, la sofferenza e la morte. La liturgia di questo venerdì, unico, si incentra sulle ultime ore della vita terrena di Gesù secondo il Vangelo di Giovanni e sull’adorazione della croce. Tra loro si innesta la solenne preghiera universale, dove l’assemblea intercede per la salvezza di tutto il mondo associandosi così alla grande in-tercessione di Cristo morente sulla croce: nessun uomo è solo, ma è unito all’amore di Cristo che ha dato la vita per noi. Nella celebrazione, occorre notarlo, non si indulge però a toni funebri o di disperazione, ma si celebra la gloria della sua “beata passione” d’amore, come canta l’antifona dell’a-dorazione della croce: «Adoriamo la tua croce, Signore, lodiamo e glorifi-chiamo la tua santa risurrezione. Dal legno della croce è venuta la gioia in tutto il mondo». La croce non è un semplice strumento di tortura, ma anche il segno dell’amore che Dio nutre verso gli uomini. Con la croce Dio riporta la vita vera nel mondo. In questo venerdì non si celebra la Messa e per la comunione, al termine della funzione, si usa il pane eucaristico consacrato il giorno precedente. Per i credenti è giorno di penitenza, digiuno e astinenza.

Lunedì 8 aprile - ore 21Sala Beato Antonio Neyrot

Ci vuoleun interovillaggio

per educareun bambino

famiglia, scuola, società: reti per educare

con Giovanni Garena, sociologo, in-segna nei Corsi di laurea in Servizio Sociale e in Infermieristica dell'Uni-versità degli Studi di Torino e dell'U-niversità del Piemonte Orientale "A. Avogadro". Conduce diverse attività di formazione permanente, riqualifi-cazione e supervisione per operatori professionali dei servizi sociali e sa-nitari.

Comunione in casaSe in qualche famiglia delle nostre comunità ci fossero persone anziane o ammalate che desiderano ricevere la Comunione in casa, ci si può rivol-gere ai parroci o alle segreterie par-rocchiali per concordare gli incontri con i Ministri della Comunione.

Il Sabato Santo è un giorno privo di litur-gie. Non si compie nessuna celebrazione, se non alla sera la grande veglia pasqua-le, che S. Agostino ha definito “la madre di tutte le Veglie”. E’ un giorno di sosta silenziosa nella memoria della sepoltura del Signore e di preparazione al grande annuncio della risurrezione. Nella notte del sabato si celebra la solenne Veglia Pa-squale: in tutte le chiese prorompe il can-to di gioia della Risurrezione di Cristo. Le chiese sono nel buio e all’esterno inizia la liturgia della luce: si accende il fuoco nuo-vo che darà luce al cero pasquale e poi alle candele dei fedeli e la luce irrompe nella chiesa mentre si canta l’annuncio pasqua-le. Seguono le letture che ricordano i fatti

principali della storia della salvezza e richiamano i valori della nuova vita di figli di Dio. Dopo il Vangelo, che presenta le donne che al sepolcro si sentono rimproverare “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”, viene benedetta l’acqua battesimale e si rinnovano le promesse del battesimo. La liturgia eucaristica continua nel clima della gioia e dell’impegno nuovo nella fede e si chiude con una preghiera che è un programma di vita: “Infondi in noi, o Padre, lo Spirito della tua carità, perché nutriti con i sacramenti pa-squali viviamo concordi nel vincolo dell’amore”. Nella domenica di Pasqua (festa che dura cinquanta giorni fino alla domeni-ca di Pentecoste) in tutte le chiese e comunità prorompe il canto di gioia per la Risurrezione di Cristo. La Chiesa gioisce per l'incontro con il suo Signore proclamando la vittoria della vita sulla morte, della luce sulle tenebre. Nella Messa c’è una sequenza che riassume e ripete i motivi della gioia, è un dia-logo tra l’assemblea e Maria di Magdala (la donna che era corsa al mattino presto al sepolcro di Gesù): “Raccontaci, Maria, che hai visto sulla via?”. E lei risponde annunciando anche a noi, oggi, il grande avvenimento: “La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto, e gli angeli suoi testimoni, il

sudario e le sue vesti. Cristo mia speranza è risorto e vi precede in Galilea”. E la se-quenza si chiude con un atto di fede e una preghiera che dobbiamo fare nostre: “Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto. Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza”. L’amore cioè, “stile” di Dio dimostrato ap-punto nelle vicende terrene di Gesù, che deve diventare anche quello del credente che imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo.

Remo Lardori

“Perchécercate tra i morticolui che è vivo?”

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DOMENICA DELLE PALME24 marzo 2013

SS.Messe secondo orario festivo e prefe-stivo.SS. Messe precedute dalla benedizionee processione degli ulivi:09.15 - Gesù Salvatore (P.za A.Moro)09.45 - S.Martino (Cappella Beato Antonio)10.15 - S.Francesco (piazzale)10.45 - S.Bernardo (cortile dell’oratorio)10.45 - S.Maria della Stella (P.za Martiri)11.00 - M.I.A. (P.za Cavallero)

GIOVEDI’ SANTO28 marzo 2013

09.00 - Duomo - Chiesa CattedraleMessa Crismale con benedizione degli oli

Inizio Triduo Pasquale:Messa in Coena Domini17.00 - S.Martino 18.00 - S.Maria della Stella21.00 - S. Bartolomeo, S. Bernardo Gesù Salvatore, M.I.A.

Visita ai “SETTE SEPOLCRI”Dopo le celebrazioni nelle chiese di: S.Martino, M.I.A., Gesù Salvatore, S.Maria della Stella, S. Bernardo, S. Bartolomeo e S.Rocco. Tutte e le chiese saranno aperte fino alle 24.00, S.Rocco fino alle 8.00.

VENERDI’ SANTO29 marzo 2013

Liturgia della Passione17.00 - S.Bernardo, S.Bartolomeo, S.Martino18.00 - S.Maria della Stella

Via Crucis cittadinaPartenza alle 20.45 da quattro punti(S. Bernardo, S. Francesco, M.I.A., Gesù Salvatore) per convergere tutti, attraverso 7 stazioni, alla Collegiata Alta (piazzale).

SABATO SANTO30 marzo 2013

Veglia Pasquale21.00 - S.Maria della Stella, S.Martino 22.00 - S.Francesco, S.Bernardo

PASQUA DI RISURREZIONEdomenica 31 marzo 2013

SS. Messe secondo orario festivo(è in vigore l’ora legale!)

Sacramento della Riconciliazione

Celebrazioni comunitarie della Penitenza

Lunedì 25 marzo - ore 21.00 - M.I.A.Martedì 26 marzo - ore 21.00 - S.Bernardo

Confessioni personali per tutti

Lunedì Santo 25 marzoore 09-11.00 S.Bernardo don Andrea Stella don Paoloore 16-18.00 S.Bernardo don Andrea Stella don Paolo

Martedì Santo 26 marzoore 09-11.00 S.Bartolomeo don Angiolino S.Bernardo don Andrea M.I.A. don Giovanniore 16-18.00 S.Bernardo don Andrea Stella don Paolo

Mercoledì Santo 27 marzoore 09-11.00 S.Bernardo don Paolo Stella don Giovanniore 16-18.00 S.Bernardo don Paolo S.Francesco don Angiolino Stella don Giovanni

Venerdì Santo 29 marzoore 09-11.00 S.Bartolomeo don Paolo S.Bernardo don Andrea Gesù Salvatore don Angiolino San Martino don Giovanni Stella padre Giordano

Sabato Santo 30 marzoore 09-11.00 S.Bartolomeo don Angiolino S.Bernardo don Andrea S.Francesco padre Giordano Gesù Salvatore don Paolo S.Martino padre Bruno Stella don Giovanni e padre Bruno S.Rocco don Fabioore 16-18.00 S.Bartolomeo don Angiolino S.Bernardo don Andrea e don Mauro Gesù Salvatore don Fabio M.I.A. don Paolo Stella don Giovanni e padre Giordano

Orari e celebrazioni della Settimana Santa

TEMPO DI PASQUA

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Via Crucis: tra storia e tradizione

Una tradizione che parte da lontanoGià nel II secolo reperti archeologici te-stimoniano espressioni di culto cristiano nell'area vicina al sepolcro di Cristo. E forme embrionali di Via Crucis si posso-no intravvedere sia nella processione che univa i tre edifici sacri eretti sul Golgota - l'Anastasis, la chiesetta ad Crucem e la grande chiesa del Martyrium – sia nei percorsi devozionali sulla via sacra e at-traverso i santuari di Gerusalemme come si desume dalle "cronache di viaggio" dei pellegrini dei secoli V e VI.

I pellegrinaggi Proprio il pellegrinaggio e la sua spirituali-tà costituiscono la base per lo sviluppo di una tradizione che porterà a diverse for-me di devozione collegate alla Passione di Gesù. Le prime esperienze di pellegrinag-gio in Palestina sono collegate a personag-gi solitari che, sui luoghi fisici dove Gesù ha vissuto e soprattutto ha patito ed è morto, rivivono un itinerario spirituale in-tenso quasi "incarnandosi" nelle vicende umane del salvatore. Diventano una im-medesimazione nell'esperienza concreta e storica di Gesù: i luoghi della sua Passio-ne e Morte sono un percorso fisico e spiri-tuale per sentirsi vicini alla vita terrena del Salvatore. Il pellegrinaggio diventa poi un percorso di vita sempre più collegato alle Crociate e alle loro finalità: l'esperienza spirituale si confonde con la salvaguardia dei luoghi storici della vita di Cristo, la dife-sa o la conquista dei "luoghi sacri" diventa "pratica religiosa" a servizio della propria fede e della cristianità tutta, il pellegrino è mistico e guerriero che lotta spiritualmen-te e concretamente per la sua fede.

Da Gerusalemme all'EuropaUna diversa condizione sociale ed econo-mica non era in grado di tollerare la lunga impresa del pellegrinaggio medievale che poteva durare diversi mesi, con la lonta-nanza da luoghi e incombenze, dalle pro-fessioni e dalle famiglie, dagli impegni della vita quotidiana. Così quando i pelle-grinaggi in Terra Santa divennero sempre più difficili, si sviluppò una spiritualità pa-rallela nell'Europa cristiana: una traspo-sizione imitativa dei luoghi santi di Geru-salemme. In relazione a questa mutata situazione - siamo nel XV secolo - "Essere contemporaneamente a casa e a Gerusa-lemme" divenne esigenza ed esperienza adatta a una società tesa a rendere i fe-deli cristiani sempre più identificabili con la realtà religiosa locale. Di conseguenza, per rendere concreta questa espe-rienza, si cominciò la ricostruzione in Europa dei "luoghi della Passione di Cristo". Pioniere fu il domenicano Alvaro da Cordoba che, di ritorno dalla Terra Santa, iniziò la co-struzione del convento di San Domenico con vari oratori che riproducevano la via dolorosa, da lui venerata a Gerusalemme.Esperienza analoga, in Italia, è la ricostru-zione a Bologna del Santo Sepolcro nella Chiesa di Santo Stefano: singolare com-plesso di culto, secondo la tradizione at-tribuito a San Petronio, diventa elemento di sacralizzazione di un’intera porzione del territorio1. Dal IX secolo, questa "tra-slazione" di luoghi santi si diffuse in tutta Europa, specie in Spagna e Germania. E poi sempre più in Italia: San Giovanni in Laterano e Santa Croce in Gerusalemme, ma anche l’oratorio degli agostiniani, vero e proprio Santo Sepolcro a Fabriano.

1 La vicina Chiesa di San Giovanni in Monte "diventa" la Chiesa dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi, il modesto spazio che le separa "raffigura" la valle di Giosafat.2 Da Varallo ad Oropa, da Arona a Varese, da Orta a Crea, a San Vivaldo in Valdelsa.3 Varallo Rappresenta la forma compiuta del Sacro Monte: - articolato sistema di cappelle collocate lungo un cammino ascendente.- elaborate rappresentazioni figurative dei misteri della passione e dei luoghi in cui avvennero. "Grande rifacimento scenografico di Gerusalemme, che porta il pellegrino a un’intima e profonda esperienza spirituale, di estremo coinvolgimento, con e nella passione di Cristo…"4 Questa possibilità di vivere l'esperienza dell'anima (e del corpo) immersa nei luoghi della vita e della Passione di Cristo con la possibilità di non allontanarsi dal proprio territorio costituisce probabilmente la ragione del grande successo della Via Crucis.

TEMPO DI PASQUA

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9TEMPO DI PASQUA

I sacri Monti Sulla stessa linea devozionale, con l'ag-giunta di un intento apologetico (consoli-damento della fede di fronte alla Riforma Protestante), nel secolo XV si afferma un sistema più complesso e articolato per rappresentare e rivivere la Passione di Gesù: i Sacri Monti2.Il francescano Bernardo Caimi, profondo conoscitore dei luoghi santi, ricostruisce un insieme coerente di riti, affinché “qui veda Gerusalemme chi non può farvi pel-legrinaggio”3.Questa esperienza del pellegrinaggio, or-mai difficile da sperimentare direttamen-te in Terra Santa, viene riproposta in ma-niera suggestiva e realistica nel proprio territorio: la stessa esperienza religiosa, con analoghi risvolti sulla salvezza perso-nale, diventa molto coinvolgente ed è alla base dello sviluppo e del successo di que-sta pratica religiosa4. La passione e la morte Simbolo di un'esperienza universale di dolore e di morte, di fede e di speranza, la Via Crucis rappresenta in forma visi-bile e plastica l'ultimo tratto (le ultime tappe) del cammino percorso da Gesù durante la sua vita terrena. Gli stessi vangeli, molto sobri anche in momenti importanti della vita di Gesù, sono più descrittivi riguardo alla sera del giovedi e soprattutto alla giornata del venerdì.È evidente la ricostruzione drammatica di quei momenti che diventa "memoria viva" del Cristo salvatore.Nello stesso modo è comprensibile l'attenzione e quindi la devozione, le pratiche diverse che nascono sulla scia di questi eventi che hanno cam-biato la vita degli apostoli, ma anche del mondo.

Itinerario penitenziale e di orazione Possiamo considerare all'inizio della pra-tica attuale della Via Crucis la "devozione alla Passione di Cristo" di San Bernardo e soprattutto "la profonda compassio-ne per Gesù" di San Francesco. Proprio i francescani divennero "custodi dei luo-ghi santi", in maniera stabile dal 1333, e possono essere considerati gli ideatori e sostenitori della pratica della Via Crucis5. Personaggi meno conosciuti e pratiche devozionali assai diverse, scritti e tradi-zioni legate alle sofferenze di Cristo e alla sua morte (anche la Sindone) concorro-no al processo di formazione dell'attuale Via Crucis. Un pio esercizio, preludio alla via Crucis, prende forma nel nord Europa tra il Quattro e Cinquecento condiziona-to da personaggi diversi, ma soprattutto da due scritti di Adrichomius6. Si tratta di una "sacra rappresentazione" che fa rivi-vere i momenti essenziali della sofferenza di Cristo, passi importanti nella testimo-nianza di un amore che diventa salvifico e chiede una partecipazione, anche emo-tiva, ben rappresentata dalla costruzione della pratica della Via Crucis.Siamo ancora a 12 stazioni (mancano la Deposizione dalla Croce e il Sepolcro) ma ormai questa forma diventa autonoma rispetto ai modelli originari di Gerusalem-me e ad altre forme di devozione analoga (cadute, marce dolorose, sacri monti, visi-ta a chiese-sepolcri, sacra rappresentazio-ne) da praticare non solo il venerdì santo, ma ogni venerdì dell'anno. Dalle Fiandre si diffonde in Austria, Baviera e Polonia7. Ma soprattutto in Spagna (regnante nei Paesi Bassi) altre tradizioni spirituali e devozionali confluiscono in questa nuova pratica che assume caratteri pedagogici e apologetici (in linea con l'intento contro-riformista del Concilio di Trento)8. Dalla penisola iberica alla Sardegna e all'Italia.

5 La conoscenza minuziosa del territorio, l'assistenza ai pellegrini in visita ai luoghi santi, e le pratiche de-vozionali collegate ai momenti della vita terrena di Gesù, favorirono una devozione centrata sempre di più sulla memoria della Passione di Gesù.6 Tra Quattro e Cinquecento in area fiamminga, grazie a diversi autori, ma soprattutto dell’olandese Adri-chomius (Christiaan van Adrichem, † Colonia 1585).L'intensità della devozione giungeva a forme discutibili di identificazione con il pellegrinaggio in Terra San-ta: si ritrova l’uso, poi superato, di ripor-tare le distanze (tra una stazione e l’altra del cammino di Gesù) per imitare esattamente il percorso sacro, nel segno del massimo realismo. 7 Più difficile la diffusione in Germania dove prevaleva la devozione delle sette cadute di Cristo.8 Le processioni della notte di giovedì e venerdì santo vengono a caratterizzarsi come Via Crucis perpetua.

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La via Crucis nella forma attuale Si può dire che nella Via Crucis attuale confluiscano tre devozioni presenti nel XV secolo: la devozione alle "cadute di Cristo" sotto la croce, quella ai "cammini dolorosi di Cristo", e quella alle "stazioni di Cristo" (momenti significativi delle so-ste di Cristo mentre sale al calvario). L'in-tento era di realizzare nella chiesa vicino a casa, nella propria parrocchia lo stesso coinvolgimento che i pellegrini provava-no nel pellegrinaggio in Terra Santa. La diffusione capillare della Via Crucis di-venta l'occasione per ogni parrocchia di realizzare il proprio pellegrinaggio a Ge-rusalemme.La strutturazione attuale in 14 stazioni si deve soprattutto alle iniziative di san Leonardo da Porto Maurizio, che orga-nizza questo "pellegrinaggio a Gerusa-lemme", in una pratica religiosa coinvol-gente, perché reale e spirituale insieme. San Leonardo, frate minore francescano, suggellava le sue missioni popolari, con l'erezione di una Via Crucis: oltre 572 le "Via Crucis" che il frate istituì personal-mente, la più celebre è quella insediata nel Colosseo, su richiesta di Benedetto XIV, il 27 dicembre 1750, per celebrare l'Anno Santo. La pratica era riservata, inizialmente, ai luoghi francescani, e in questi luoghi i partecipanti potevano accedere a una indulgenza di 100 giorni (concessa da Innocenzo XII). Fu proprio l'opera di San Leonardo a superare questi "privilegi francescani", nell'intento di estendere questa pratica devozionale a tutti i fedeli, oltre i confini dell'ordine, ottenendo in questo senso il placet dello stesso Bene-detto XIV. Non mancarono critiche soprattutto agli aspetti estranei al contenuto letterale dei racconti evangelici, ma la Via Crucis si estese a tutto il mondo cattolico: nei venerdì di Quaresima e soprattutto al ve-nerdì santo. Il suo stile devozionale, spiri-tuale e reale interpreta il comune sentire

9 Oltre le domeniche e venerdì dell’anno, tutti i giorni di carnevale, e dell’ottava dei defunti, nei giorni della santa Croce in maggio e settembre, nei tre giorni di mercoledì, giovedì e venerdì santo, nella festa di San Giovanni Evangelista.10 La tradizione prese piede, con la collaborazione di predicatori e lettera-ti, laici e credenti, anche varian-do l''elenco consolidato delle stazioni. Il Papa stesso scrisse i testi per l'anno giubilare del 2000. In forma privata Giovanni Paolo II eseguiva la via crucis ogni venerdì.

cristiano e contribuisce alla diffusione di una pratica che rende il territorio che at-traversa come un unico grande tempio.

Via Crucis al ColosseoNell'anfiteatro consacrato alla memoria dei martiri, il papa Benedetto XIV Lam-bertini fece erigere 14 edicole con le sta-zioni tradizionali e una grande croce al centro, conclusione di una processione lungo tutta la via Sacra.L'organizzazione, meticolosa e articola-ta, impegnava un pomeriggio completo ed era affidata all'Arciconfraternita degli amanti di Gesù e di Maria: tutte le dome-niche e i venerdì dell'anno, e in altri giorni particolari9, alternando preghiere e ser-moni, meditazioni e catechismi, si svolge-va anche la Via Crucis. Dopo il 1870, con la costituzione del Regno d'Italia, le edi-cole e la croce furono abbattute.Nel 1926, in preparazione del Concordato del 1929, la croce fu ricollocata all'interno del Colosseo, dove si trova oggi.La pratica fu ripresa, in forma pubblica durante la Quaresima, da gruppi di fede-li che particolarmente legati al culto dei martiri. La Via Crucis al Colosseo riprese con Paolo VI nel 1964.Ma fu Giovanni Paolo II a rilanciarla in maniera solenne e mediaticamente vi-sibile dal 197910. E rimane nel ricordo di tutti l'ultima sua "partecipazione", soffer-ta, ancora più vera, nel 2005, (davanti al televisore).

Silvano Giordani

TEMPO DI PASQUA

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Lettera di Mons. Nosigliaalle nostre Comunità

a conclusione della Visita Pastorale

VISITA PASTORALE

Torino, 7 novembre 2012

Cari don Giacomo, don Giovanni, don Beppe, don Angiolino, don Andrea, don Paolo, don Giuseppe, don Riccardo, don Mauro, diaconi, religiosi, religiose e cari fedeli dell’Unità pastorale di Rivoli,

risuona forte nel mio cuore un senso di viva riconoscenza al Signore e a tutti voi per la Visita pastorale che ho compiuto nella vostra Unità pastorale. I segni di speranza e di fede che ho visto emergere dai numerosi incontri liturgici, personali o di gruppo che ho avuto con le vostre comunità li porterò sempre con me come un tesoro prezioso, che mi ha arricchito di grazia e di comunione. Come potrei dimenticare, infatti, la gioia e l’accoglienza ricevute dai malati e dagli an-ziani nelle loro case, dai bambini delle scuole materne, dai fanciulli e ragazzi delle scuo-le medie e della formazione professionale e da quelli che frequentano il catechismo e l’oratorio, ma anche l’amicizia sperimentata negli incontri con tanti operatori, colla-boratori e volontari, che offrono il loro prezioso servizio nelle parrocchie negli ambiti liturgico, catechistico, caritativo, ministeriale. Mi hanno positivamente colpito anche le assemblee liturgiche domenicali con la bellezza e la gioia fraterna che esprimevano per le numerose famiglie presenti; i giovani incontrati con i quali si è stabilito un interes-sante e coinvolgente dialogo; i catechisti e i Consigli pastorali e per gli affari economici, le numerose associazioni e realtà laicali che operano sul territorio del Comune e delle parrocchie… La presenza e il servizio di comunità religiose maschili e femminili che operano nel campo della spiritualità (penso ai due monasteri, vera ricchezza da valorizzare), della scuola ed educazione, dell’impegno caritativo e missionario, rappresentano un valore aggiunto che offre a tutta la popolazione un solido punto di riferimento e alle parroc-chie una rete di azione pastorale di notevole e fecondo frutto. Insomma, nella vostra Unità pastorale ho trovato un grande numero di testimoni, che mi ha circondato in quei giorni e che richiamo sovente alla mia mente per ringraziare Dio.

Desidero ora consegnarvi alcuni impegni che già state affrontando molto bene, ma che possono orientare il vostro cammino di Unità pastorale. Le sette parrocchie hanno una storia ed una realtà, anche sociale oltre che religiosa, distinta da tradizioni ed esigenze proprie della popolazione che le abitano, anche se fanno parte dello stesso territorio. Di fatto però ho notato come ci sia ancora bisogno di un intenso cammino per favorire quella comunione e unità che resta l’obiettivo del presente e del futuro su cui operare con serenità, gradualità, ma anche determinazio-ne da parte di tutti. Il cammino insieme è stato intrapreso con impegno e quello che importa è tenere fermi i passi che si compiono in tal senso e via via consolidarli in vista di ulteriori traguardi da raggiungere. Mi pare di poter dire con realismo che tre sono i poli di riferimento dell’Unità pastorale: le quattro parrocchie del Centro; la parrocchia di San Giovanni Bosco; le parrocchie di San Paolo e Tetti Neirotti. Ognuno di questi poli si caratterizza per sue esigenze e tradizioni che si esprimono giustamente secondo mo-dalità e vie specifiche di pastorale, anche se non mancano significativi tentativi di col-laborazione fattiva e concreta che stanno dando buoni frutti (penso, ad esempio, alla recente missione giovani, molto importante, al di là dei risultati concreti, per cementa-

I segni di speranzae di fede

che ho visto emergeredai numerosi incontri

liturgici, personalio di gruppo che ho avuto

con le vostre comunitàli porterò sempre con me come un tesoro prezioso,

che mi ha arricchito di grazia e di comunione.

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re non solo il mondo giovanile ma le comunità attorno a un impegno forte e condiviso). L’incontro dei Consigli pastorali che abbiamo avuto insie-me potrebbe essere ripetuto almeno una volta l’anno al fine di raggiungere una più approfondita conoscenza, cre-are un interscambio di doni tra i partecipanti e definire passo passo le iniziative comuni su cui puntare di anno in anno verso una sempre più piena unità di intenti e di prospettive di lavoro comune.

Gli obiettivi su cui puntare sia nelle singole par-rocchie che in Unità pastorale sono i seguenti:

1) Diventare cristiani: promuovere e qualificare la forma-zione del diventare cristiani a partire da una impostazione di tutta la pastorale parrocchiale, sostenuta dagli itinera-ri di catechesi, rivolta non solo ai piccoli, ma ai giovani, alle famiglie e agli adulti. Si tratta di itinerari differenziati, ricchi di contenuto di fede, di preghiera e di esperienza comunitaria, impostati sulla Parola di Dio, che va costan-temente messa al centro della formazione attraverso la lectio biblica, la catechesi nei gruppi, l’evangelizzazione delle famiglie in particolare. Solo un cristiano formato alla scuola della Parola potrà farsi ministro e servo del Signore e dei fratelli e potrà testimoniare coraggiosamente il Van-gelo nel suo ambiente di vita e di lavoro. Particolare cura, lo sapete bene, va riservata oggi alla pa-storale dei battesimi, mediante la quale è possibile soste-nere i genitori nella consapevolezza del dono che i loro figli ricevono, ma anche riscoprire la bellezza e la neces-sità della loro fede. Le coppie di sposi ed i catechisti che collaborano in questo ambito siano dunque incoraggiati, aumentati e seguiti con assiduità nella loro formazione. Si dia vita ad una équipe di Unità pastorale, che mantenga i rapporti con le famiglie per il ricordo annuale del Batte-simo; per gli inviti all’incontro annuale delle coppie, orga-nizzato sui segni del rito, ripresi di anno in anno in un’ap-posita celebrazione; per eventuali, possibili inserimenti di queste famiglie nei gruppi di spiritualità familiare. Occor-re non perdere i contatti con queste famiglie giovani attra-verso semplici ma significativi segni ed iniziative di dialogo e di incontro. Vi rimando per questo a quanto la Lettera pastorale Devi rinascere di nuovo indica e propone.

Ringrazio i catechisti ed i numerosi operatori nel campo dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi e li invito ad una solida formazione permanente. Abbiano anche un rapporto stretto con le famiglie, soggetti primi di evange-lizzazione e di catechesi, verso cui è necessario sviluppare un dialogo continuo, anche con visite in casa, per coin-volgerle nel cammino di fede dei figli. Più la famiglia sarà presente ed attiva, più fruttuosa sarà la catechesi. La famiglia, infatti, resta il cardine fondamentale della pa-storale in una parrocchia, a cominciare dall’orientamento vocazionale degli adolescenti e dei giovani per prosegui-

re con i gruppi di fidanzati e passare poi alla preparazio-ne immediata al Matrimonio, della quale ho apprezzato molto l’impostazione data dalla vostra Unità pastorale e l’animazione delle coppie guida. Il cammino continua con la tappa sacramentale del Matrimonio e la successiva na-scita di figli ed il loro itinerario di vita cristiana.

Sono stato molto contento nel constatare quanto l’ora-torio della parrocchia di San Giovanni Bosco operi con grande efficacia sul territorio e mi auguro che anche il costruendo oratorio della parrocchia de La Stella – che servirà le quattro parrocchie del Centro storico – e le altre realtà che operano in questo campo, nelle parrocchie di San Paolo e Tetti Neirotti e nelle scuole cattoliche, si colle-ghino insieme per favorire un progetto comune di orien-tamento educativo umano, cristiano e civile secondo la nostra tradizione piemontese. Per questo vi invito a tene-re uno stretto rapporto con d. Luca Ramello, responsabile diocesano della pastorale giovanile e oratoriana. Infine, porto nel cuore l’incontro con i giovani e sono certo che il loro entusiasmo e qualificata formazione rap-presenta la carta vincente su cui puntare con grande im-pegno e unità. Vi raccomando di mantenere quella spe-cificità “cristiana” che nutre la fede sulla Parola di Dio e sulla catechesi, secondo le linee anche del Sinodo in corso in Diocesi, portando il vostro valido contributo non solo di accoglienza e partecipazione all’evento, ma di correspon-sabile impegno a renderlo proposta forte da rivolgere anche agli altri ragazzi e giovani secondo lo spirito speri-mentato nella missione. Raccomando anche alle quattro parrocchie del Centro di favorire una pastorale giovani-le che sia unitaria, ma anche attenta alle realtà locali per non perdere nessuno e aiutare ogni gruppo ad aprirsi agli altri, mantenendo un fecondo aggancio alla tradizione della propria comunità di appartenenza.

2) Diventare Chiesa: comporta per voi l’impegno a proce-dere sulla via dell’Unità pastorale con sicurezza e facen-do passi avanti graduali, ma continui. Non dimentichia-mo che l’unità si fonda sull’amore vicendevole, che trova il suo momento concreto e forte nella celebrazione del Giorno del Signore. È a partire dall’Eucaristia che è pos-sibile consolidare il cammino dell’unità nelle singole par-rocchie e tra loro. Ho notato con gioia che le celebrazioni domenicali sono curate bene e ricche di partecipazione attiva e coinvolgen-te da parte della gente e di tanti ministri (cori, ministran-ti, lettori). La liturgia, se preparata e svolta bene, ripaga sempre con frutti grandissimi ed aiuta a cementare la ca-rità tra tutti i fedeli. Vi raccomando la celebrazione del sa-cramento della Riconciliazione, che deve trovare una sua precisa collocazione temporale e modalità e luoghi ade-guati all’interno della pastorale delle cinque parrocchie. Di questo sacramento abbiamo sempre tutti bisogno e ad esso vanno educati, soprattutto, i fanciulli, i ragazzi ed i

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giovani per nutrire la loro fede ed aiutarli a crescere in serenità e fiducia nel Signore. Dall’Eucaristia nascono i diversi ministeri nella Chiesa. Vi incoraggio, dunque, a proseguire sulla via intrapresa per dare vita, vigore e forza di fede e di formazione perma-nente ai diversi operatori pastorali laici, segno concreto di corresponsabilità, i quali si investono non solo di servizi essenziali alla vita delle comunità, ma le aiutano a cre-scere come popolo ministeriale. La prossima Scuola di formazione degli operatori che la Diocesi promuoverà sia partecipata da persone scelte e incoraggiate a frequentar-la per diventare qualificati e ricchi di quella preparazione di cui necessitano oggi le parrocchie sul territorio. Con gradualità e sulla base dell’esperienza potrete trovare le vie più appropriate per definire bene i compiti di questi operatori in stretta comunione con i sacerdoti e a servizio dell’intera comunità. Una parola desidero spendere per il folto gruppo di ministri ausiliari della Comunione, che mi auguro possa crescere e formarsi sempre meglio a svol-gere un ministero così ricco di grazia, che unisce Parola, Eucaristia e carità. La Chiesa ha bisogno dell’apporto di tutti i suoi membri, anche se ciascuno ha un suo specifico servizio da svolgere per l’utilità comune. I sacerdoti sono mandati dal Vescovo per essere pastori, maestri e guide della comunità e han-no dunque la responsabilità di definirne il cammino, alla luce degli Orientamenti diocesani, rispondendo al Vesco-vo. Nel loro compito sono affiancati ed aiutati dai diaco-ni e dagli altri ministri istituiti, dalle comunità religiose, il cui compito è di testimoniare il primato di Dio e del dono di sé per tutta la comunità, dai numerosi laici chiamati a rivestire, secondo i doni dello Spirito e le necessità con-crete delle comunità, un compito specifico nei vari campi della pastorale.

Mi permetto chiedere a voi sacerdoti delle quattro parroc-chie del Centro di favorire momenti di ascolto e di dialogo con i vostri fedeli al di là dei momenti “ufficiali”, accoglien-done anche le difficoltà. Il passaggio infatti dalle quattro parrocchie distinte alla nuova impostazione non è stato facile e restano ancora dubbi e incomprensioni che vanno capiti, aiutando tutti a trovare il coraggio di guardare più al presente e al futuro che al passato. Ma questo va fatto con dolcezza, ascolto, umiltà e spirito di fraterna amicizia. I consigli pastorali e per gli affari economici rappresenta-no gli organismi che per primi sono chiamati ad aiutare i sacerdoti nel loro compito di guida delle comunità. Il loro servizio consultivo è rilevante e va tenuto in grande con-siderazione dai sacerdoti, ai quali spetta poi decidere e definire le scelte portanti e gli orientamenti del cammino pastorale delle comunità. L’équipe dell’Unità pastorale è organismo di coordinamento e di stimolo che non si so-vrappone ma attua quanto il presbiterio e i consigli pasto-rali hanno deciso. Circa l’identità di ognuna delle parrocchie, credo che essa

debba essere conservata e tutelata nei suoi elementi fon-damentali, vale a dire nelle sue tradizioni e specificità, ma nel contempo è necessario far crescere una comunione più ampia verso le altre parrocchie. La via di unificare la formazione dei catechisti, ad esempio, come il collega-mento e la collaborazione delle attività caritative e sociali, è certamente valida, ma non è l’obiettivo finale, che resta la comunione sempre più piena e convinta delle sette par-rocchie (e delle quattro del Centro in particolare) attor-no ad un progetto-comunità supportato da una pastorale sempre meglio amalgamata e convergente sulla base del programma diocesano. La scelta dei sacerdoti, religiosi e dei diaconi di trovarsi spesso insieme è molto positiva ed incoraggia il cammino dell’Unità pastorale e mi pare che sia uno degli elementi più fecondi, perché solo nel dialogo e confronto reciproco è possibile dare un forte esempio, anche ai laici, dell’im-pegno comune di camminare insieme. Desidero rivolgere a voi tutti cari presbiteri e diaconi in particolare la mia riconoscenza per la vostra amicizia e ac-coglienza che mi avete dimostrato e per la fraternità che ho sperimentato stando con voi con semplicità di cuore e amorevolezza.

3) Diventare missione: significa avere a cuore la nuova ed urgente frontiera della nuova evangelizzazione. La prima via missionaria è senza dubbio la carità, nei confronti del-la quale ho constatato con gioia il vostro forte e capillare impegno sul territorio e verso le missioni nel mondo. L’in-contro con tutti i gruppi e le realtà che operano in que-sto ambito mi ha riempito il cuore di tanta consolazione e speranza. Anche se il coordinamento tra i vari gruppi non è sempre facile, occorre ormai superare ogni chiu-sura e particolarismo e aiutarsi a lavorare uniti a servizio dei poveri, favorendo la mutua conoscenza, l’incontro e il dialogo anche con le realtà dei servizi sociali del Comune e le altre componenti laiche della città che operano nel settore. Su queste vie, infatti, è possibile misurare la temperatura cristiana di una comunità: voi date prova di una genero-sità alta e convinta. Continuate così, affrontando insieme le sempre nuove sfide che si presentano in riferimento ai poveri, agli immigrati, alle nuove forme di emarginazione presenti sul territorio e ai nostri missionari nel mondo. Lavorate soprattutto per far crescere una cultura di acco-glienza, integrazione e dialogo verso tutti gli abitanti del territorio, al di là delle differenze che purtroppo ancora esistono sul piano etnico, religioso, culturale e sociale. Le comunità cristiane sono chiamate a farsi carico con reali-smo e coraggio dei vari problemi, anche sociali e ambien-tali, che affliggono famiglie e persone, ma sempre con la cura di mettere l’uomo, ogni uomo al centro dei suoi diritti-doveri, aiutandolo ad affrontare i problemi a partire dalle proprie risorse, anche se minime, e grazie al soste-gno solidale e disinteressato dei fratelli.

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14 VISITA PASTORALE

Il mio incontro con realtà laiche che svolgono servizi si-gnificativi e ricchi di umanità e amore solidale verso tante persone affette da situazioni difficili in diversi ambiti delle povertà e disabilità mi ha confermato sulla generosità e apertura di un grande volontariato che agisce nella città e ne rappresenta senza dubbio una delle perle preziose da sostenere e consolidare. La visita che ho fatto nelle case ad alcuni malati mi resta nel cuore come il ricordo più forte della mia visita. La loro testimonianza e la gioia del nostro pregare insieme, la presenza dei parenti e, a volte, anche di altri vicini di casa, mi ha confermato nella convinzione profonda di quanto produttiva di grazia sia la loro sofferenza e quanta fede esprimano nel loro abbandono fiducioso al Signore. Così anche la visita all’Ospedale, mi ha consentito di constata-re la grande professionalità della dirigenza e degli opera-tori sanitari, oltre che di incontrare dal vivo tante persone – ammalati, parenti e lavoratori – che ringrazio per la loro accoglienza. Dio benedica tutti i malati e i loro parenti, chi si prende a cuore la loro situazione di sofferenza, il cappellano e quanti, come volontari, si fanno carico con amore di assisterli.

Rivolgo un vivo grazie ai Dirigenti scolastici e ai docenti delle Scuole statali e comunali che mi hanno accompa-gnato nell’incontro con i ragazzi e giovani: un’esperienza per me molto arricchente e aperta a valori universali di umanità e di cultura, che aiutano la crescita degli alunni e le loro conoscenze e formazione. La qualità di queste scuole e il loro impegno anche per l’integrazione dei nu-merosi alunni provenienti da tanti Paesi del mondo è un segno di speranza per il futuro della nostra società e va sostenuto e promosso in ogni modo da parte di tutti. L’incontro con le scuole cattoliche è stato un altro momen-to forte e coinvolgente molto significativo per me e spero anche per gli alunni e docenti. Considero queste scuole un valore prezioso per tutta la Comunità e mi auguro che siano sempre sostenute in ogni modo nel loro servizio, anche con l’apporto del Comune, oltre che della comunità cristiana. Si tratta di scuole che svolgono un servizio pub-blico qualificato, per cui vanno riconosciute in tutto il loro apporto positivo che offrono alla promozione culturale e formativa delle nuove generazioni sul territorio, insieme alla scuole statali e comunali.

Nella mia visita ho cercato di dare un segnale di atten-zione al mondo del lavoro, visitando alcune fabbriche del territorio (e ringrazio molto dell’accoglienza simpatica e ricca di umanità e di spirito cristiano). È stata un’occasio-ne che ho vissuto con tanta partecipazione, prendendo visione di quanto sia grande l’impegno di imprenditori e lavoratori, anche in un momento di grave crisi, per affron-tare il problema del loro lavoro con la massima fiducia, intraprendenza e solidarietà reciproca. Ringrazio molto dell’accoglienza ricevuta e della possibilità che mi è stata

data di conoscere da vicino realtà produttive diverse ma tutte significative e aperte all’innovazione.

Dalla fede cristiana scaturiscono principî e valori, che fan-no parte del tessuto stori-co e attuale del nostro popolo, e che costituiscono fattori positivi di progresso, civile oltre che religioso, decisivi anche per il futuro del nostro Pae-se e della nostra società. Di vita concreta della gente (i problemi delle famiglie, dei giovani e dei poveri) sui quali è sempre più necessaria una costante e solida collabo-razione tra parrocchie ed istituzioni civili per quel bene comune, che interessa entrambe le realtà a servizio della popolazione dello stesso territorio.

Cari amici, al di là della programmazione e dell’azione resti nel no-stro cuore il desiderio forte e convinto di amare Cristo e di amarci tra noi, perché da questo conosceranno che siamo suoi discepoli. L’amore vince, abbatte barriere di incomu-nicabilità ed estraneità, crea cose nuove, apre vie impen-sabili ed efficaci al Vangelo, perché penetri nel cuore della gente. La Parola di Dio, la preghiera e la carità ci aiutano a camminare insieme nell’amore e a tendere a quel traguar-do di santità, che può risolvere tutte le preoccupazioni e i problemi che, come Chiesa, ci poniamo in questo nostro tempo. Abbiamo bisogno di nuovi santi e testimoni nel-la ferialità della vita, i quali, con semplicità, annuncino il Signore con l’amore che li unisce e che donano gratuita-mente a tutti. Voglio terminare con un invito ai giovani: siate portatori di speranza nelle vostre famiglie e comunità, impegnandovi sia nel servizio generoso verso gli altri, sia nella testimo-nianza della fede e dell’amore. Avete tante forze e risorse positive nel cuore: tirate-le fuori con gioia e mettetele a disposizione delle vostre comunità. La Chiesa, che vive nel vostro territorio, ha bisogno del vostro entusiasmo, della vostra partecipazione al suo cammino di unità, del vostro impegno verso i coetanei che vivono fuori di essa. E voi avete bisogno della vostra Comunità in cui potete incon-trare Cristo e vivere in amicizia tra voi l’avventura più bella della vita, quella della fede nel Signore, che riempie il cuo-re di gioia vera e duratura.

Auguri, dunque, a tutti voi, cari fedeli dell’Unità pastorale 36, e ancora un vivo grazie per la vostra amici-zia.

+ Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino

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15VISITA PASTORALE

In seguito alla visita pastorale alle sette parrocchie di Rivoli, il Vescovo Cesare No-siglia ci ha inviato una lettera per ringra-ziarci dell’accoglienza ricevuta, regalando un ricordo ed un pensiero per tutti. Si è dichiarato positivamente colpito dalle no-stre assemblee liturgiche domenicali che esprimono gioia fraterna e bellezza, per le numerose famiglie ed i giovani presenti. Afferma di aver trovato un grande numero di testimoni, operatori, volontari, collabo-ratori che a vario titolo offrono il loro servi-zio nelle parrocchie. Tutti in questi quattro anni, dall’arrivo dei nostri nuovi sacerdoti, hanno indirizzato i loro sforzi per persegui-re il comune obiettivo dell’unità pastorale. Il Vescovo pur constatando la volontà di-mostrata ci suggerisce alcuni impegni che possono orientare il nostro cammino di unità preservando le specificità che con-traddistinguono le realtà sociali e religiose di ciascuna parrocchia. Inoltre invita tutti ad intensificare il cammino di comunione con determinazione, puntando in modo particolare sulla promozione, qualificazio-ne e formazione per DIVENTARE CRISTIA-NI. Procedendo con sicurezza, impegno e gradualità per DIVENTARE CHIESA, aven-do a cuore l’urgente frontiera della nuova evangelizzazione per DIVENTARE MISSIO-NE. I nostri sacerdoti ci hanno invitato ad un confronto riunendo i consigli pastorali delle quattro parrocchie nel pomeriggio di domenica 13 gennaio 2013. L’incontro per commentare la lettera del Vescovo è sta-to preceduto da un momento di preghiera guidato da Padre Giordano, il missionario si è ispirato al libro del profeta Baruc e ci ha esortati a riflettere sullo spirito missio-nario del cristiano che deve intravedere il nuovo che avanza accettando le sfide del mondo con uno “sguardo diverso”: pun-tando occhi, cuore e mente in direzione di Dio, rendendosi disponibile all’altro, accettando di lasciare le sicurezze che di-stolgono lo sguardo da nuove possibilità ed abituandosi a pensare in grande con lo spirito, per rendere grandi anche i picco-li progetti. Con questo slancio, i presenti suddivisi in quattro gruppi, hanno dialo-gato per cercare di rendere concrete le

proposte del Vescovo alla luce della parola di Dio. Dal successivo confronto collettivo sono emerse molte proposte, pensieri e desideri comuni che sarà possibile concre-tizzare ricordando che prima di parlare di cambiamento bisogna fare in modo che questo si realizzi dentro di noi e di come sia necessario ispirarsi ai documenti diocesani per la ricerca di una linea comune. I mem-bri dei consigli pastorali sono stati concordi nell’affermare:- Il bisogno di una crescente coesione tra le parrocchie- La necessità di una formazione continua tra gli operatori pastorali volta anche al coinvolgimento di nuove persone disponi-bili al servizio.- La creazione di momenti strutturati, in cui venga discussa l’attualità e la concretizza-zione della parola di Gesù- L’importanza di un itinerario di cateche-si trasversalmente unico per un maggiore coinvolgimento delle famiglie, che ponga attenzione particolare alla fede e non al bi-nomio età/classe frequentata e sacramento- La necessità di rilanciare i gruppi famiglia, creando però gruppi misti tra le parroc-chie per favorire l’aggregazione.- La formazione di equipe sulla pastorale del lavoro e della scuola.- Il potenziamento delle varie équipe al fine di concertare un percorso di lavoro co-mune. In particolare della Caritas zonale, della pastorale giovanile, della catechesi estesa a tutte le fasce di età, dal battesimo all’età adulta.- La progettazione di incontri e verifiche se-mestrali tra le diverse equipe e consigli pa-storali. Don Giovanni ha infine ricordato ai presenti che nei mesi di maggio/giugno le parrocchie saranno consultate dal Vescovo per esprimere le loro opinioni e raccontare le loro esperienze circa le pastorali battesi-mali al fine di creare un documento di la-voro comune al quale ispirarsi nei prossimi due anni. La preghiera dei Vespri è stata il momento conclusivo di un intenso e coin-volgente pomeriggio che ha motivato i presenti a proseguire un cammino di unità volto a coinvolgere le NOSTRE COMUNITA’.

Rosella e Maurizio Coriasso

I Consigli Pastorali si confrontanosulla lettera del Vescovo

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16 GIOVANI

Cos’è la bellezza? Dove la si trova? Dove possiamo ri-conoscerla? Queste, alcune delle domande che hanno guidato la nostra riflessio-ne durante l’esperienza nel-le Marche. Frasassi, Loreto, Recanati, Osimo, Urbino, Corinaldo e Ravenna, sono i luoghi nei quali si è svolta la nostra ricerca. Prima tappa del viaggio, iniziato a Rivoli alle prime luci dell’alba, sono state le grotte di Frasassi. Po-sto incantevole, suggestivo ed emozionante, caratteriz-zato dalla presenza di giochi di luce, ombre e specchi d’ac-

te che concludiamo la nostra esperienza: in cerchio, sulla spiaggia, in silenzio e con il solo suono del mare, viene consegnato a ognuno di noi un pezzo di mosaico, che vuole dirci “la tua bellezza fa parte di un progetto più grande”. Dunque, cos’è la bellezza? La bellezza è natura, è poesia, è arte, è complicità fra Dio e l’uomo. La bellezza è “cifra del mistero e richiamo al trascendente. È invito a gustare la vita e a sognare il futuro.” (Giovanni Paolo II)

Martina Franceschinis, Mattia Bommacie i Giovani dei Gruppi

Cammino giovani... nelle Marche!

Preghiera dello studente

San Giuseppe da Copertinosono uno studente e busso al tuo cuore

per invocare la tua protezione.Aiutami a vivere bene questa stagione

importante della mia vita.Prego per me il Signore,

affinché io riesca a sentire lo studiocome un mezzo decisivo

per prepararmi a spendere la vitaa favore del mio prossimo.

Fa’ che io impegni questi anniper acquisire valide competenzein modo che nessun mio talento

resti sepolto nella pigriziama diventi dono per gli altri.

E rendendo felici i miei fratellisarò felice anch’io perché

avrò nel cuore l’amore di Dio.Amen

qua, nei quali stalagmiti e stalattiti si riflettono silenziose, ma forti e sicure. È qui che abbiamo iniziato a fare le nostre prime riflessioni, stupiti davanti alla maestosità del tempo e della natura. Il nostro cammino procede, il giorno seguente, con la visita di Loreto, dove si trova la Basilica della Santa Casa, antico luogo di pellegrinaggio del mondo cattolico. Qui, l’ascolto della riflessione di un frate e la visita alla Basilica, hanno permesso nuovamente a ognuno di noi di soffermarsi a riflettere e a pregare. La nostra ricerca prosegue, ed eccoci giungere a Recanati. “Sempre caro mi fu quest’ermo colle, / e questa siepe, che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.”, così Leopardi racconta la sua terra, ammirandone l’incantevole panorama dal Monte Tabor. Visitati la cittadina e i luoghi cari al poeta, nei quali in ogni angolo vengono riprodotte alcune delle sue più celebri poesie, ci spostiamo a Osimo per conoscere la particolare storia del santo protetto-re degli studenti, San Giuseppe da Copertino. Da quest’incontro hanno ori-gine numerose riflessioni, che ci permettono di volare in alto con la mente e di cercare di comprendere meglio il pensiero del santo. Un’altra giornata è trascorsa, il nostro cammino prosegue velocemente, ma la nostra ricerca non è ancora terminata. L’indomani ci rechiamo infatti ad Urbino, città splendida e ricca di storia, poesia, cultura e arte; inoltre il luogo in cui nacque il pittore Raffaello. In un primo momento la nostra visita è incentrata sulla storia della città, raccon-tataci attraverso i monumenti, i palazzi e le chiese; più tardi ci è possibile conoscerne altri aspetti, passeggiando per le vie del centro storico, liberi di soffermarci dove preferiamo. Dopo un momento di svago e divertimento tutti insieme nella piazza principale, occorre lasciare Urbino per raggiun-gere il paese di Corinaldo, città natale di Santa Maria Goretti, la cui storia ci viene raccontata nella casa in cui lei trascorse i primi anni di vita. Ci spo-stiamo poi nel Santuario, situato nel centro storico del paese, per riflettere sulla figura della Santa: qui è custodita la sua reliquia e si trovano le tombe della madre e di Alessandro Serenelli, il suo assassino. Un’altra giornata si è conclusa e con lei anche il nostro viaggio è ormai quasi giunto al termine. Manca solo più un’ultima tappa: Ravenna. L’indomani partiamo quindi alla volta di questa città e ci fermiamo a visitare Sant’Apollinare in Classe, impo-nente e maestosa basilica decorata da mosaici risalenti a diverse epoche. La nostra ricerca non è però del tutto conclusa… Ci spostiamo infatti in riva al mare, dove, oltre a pranzare tutti insieme, molti di noi non resistono alla tentazione di tuffarsi in acqua. È con un momento intenso ed emozionan-

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17GIOVANI

L’esperienza della Settimana Comunitaria è uno strumento pedagogico e pastorale per la crescita della dimensione umana e cristiana dei giovani. La finalità ultima è quella di offrire ai giovani, già impegnati nelle comunità parrocchiali, la possibili-tà di educarsi a vivere la fede incarnata nel quotidiano, in un clima di vera frater-nità, a immagine delle prime comunità cristiane. Attraverso questa esperienza i giovani sono aiutati a valorizzare il quo-tidiano, riconoscendo in tutto ciò che fanno la verità, perché il quotidiano è il luogo del Vangelo. La Settimana Comuni-taria dei giovani non è una serra, ma una sosta educativa lungo la più grande stra-da ordinaria di tutti i cristiani, una sosta che aiuta poi, con maggiore convinzione e profondità, a riprendere il cammino di vita cristiana. Per questo si svolge all’in-terno della vita quotidiana, con i suoi rit-mi e i suoi impegni. Si può dire che, in un certo senso, rappresenta per il giovane un evento straordinario che, successivamen-te, lo aiuta e lo sostiene nella vita quoti-diana individuale e comunitaria. Il giovane scopre così che una sana vita cristiana, fatta di preghiera quotidiana, ascolto della Parola, relazioni positive e arricchenti con il quale condividere la fede, celebrazione dell’Eucarestia nel giorno del Signore, vita comunitaria, ser-vizio, riposo è conciliabile con il quotidia-no fatto di studio o lavoro, anche se que-sto può apparire frenetico e saturo.

Certamente è però necessario darsi una regola di vita! La Settimana Comunitaria infatti non è in alternativa, ma si svolge all'interno della vita quotidiana con i suoi impegni. Si vive insieme, ma ciascuno non trascura le pro-prie responsabilità quotidiane di studio o di lavoro. Al mattino ci si sveglia tutti insie-me all'ora stabilita, vi è poi il tempo della preghiera comune che introduce alla gior-nata e offre la Parola come luce sul pro-prio cammino. Durante il giorno, coloro che rimangono a casa studiano con impe-gno, senza disperdere il proprio tempo, e si occupano dei servizi umili della vita co-munitaria, mentre al pomeriggio per tutti c’è un tempo per lo scambio fraterno. La sera si arricchisce la vita comune con in-contri e testimonianze significative o con momenti di condivisione e aggregazione. Anche il Week End è dedicato all’incontro con altre realtà (come ad esempio la Co-munità di Suor Elvira a Saluzzo o la mensa dei poveri di Torino…). La conoscenza e il confronto tra coloro che vivono insieme è un arricchimento per tutti. Si stabilisce poi il tempo del riposo, il si-lenzio è una forma reale di carità. È fondamentale che tutto questo avvenga fra tempi e spazi generosi e ordinati, per-ché la vita comune rischia, se è condotta male, di perdere subito tutta la propria credibilità di fronte a quanti vi partecipa-no, finisce per non essere un segno evan-gelico per tutti.È uno stile di vita bello e rigoroso, laborio-so e contento. Ciascuno collabora all'ordi-ne della casa e alla preparazione del cibo; le spese sono condivise in una cassa co-mune. La sobrietà della vita tende a esclu-dere l'uso della televisione, un consumo esasperato della musica e di tutto ciò che distrae dalle relazioni personali dirette.Giovanni Paolo II diceva: “Investite, dun-que, valide energie pastorali a favore della gioventù, promuovendo luoghi di aggregazione dove i giovani, dopo aver ricevuto la prima iniziazione cristiana, possano sviluppare, in un gioioso clima comunitario, i valori autentici della vita umana e cristiana”.

Ragazzi che dire... sicura-mente è stata una bellissima esperienza, piena di spunti di crescita credo per tutte le persone della Comunità Gio-vani. È stato bello incontrarsi con chi si conosceva meno e rincontrarsi a fondo tra chi si conosceva già, in un contesto caloroso e accogliente come Casa Chiara Luce. Abbiamo avuto la grande opportunità di incontrare altre persone e di allargare i nostri orizzonti andando a visitare la comu-nità di Suor Elvira a Saluzzo, abbiamo giocato, ballato e condiviso una settimana di vita quotidiana. Sulla scia del-la Missione Giovani, preghia-mo perché sia una esperienza che si possa estendere ad altri ragazzi della nostra città!Edoardo (Comunità Giovani)

Buttare via le corazze che in-

dossiamo, quotidianamente,

per metterci totalmente in

gioco. Offrirci all'altro nella

propria semplicità e scoprire,

con immensa sorpresa, di aver

trovato una famiglia che ti

ama per ciò che sei. Questa è

la Settimana Comunitaria!

Jenny (Comunità Giovani)

Dalle settimane comunitarie

mi sono sempre portata a

casa la consapevolezza che il

volersi bene tra amici è una

ricchezza, ma oggi so che é

l'amore fraterno a fare la dif-

ferenza.Elena (Comunità Giovani)

“Essere” e “Fare” comunità:esperienza a tempo nella vita comune dei giovani

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18 PROPOSTE

Un Weekend in ArteQuest’anno l’estate comincia con un weekend decisamente creativo!

Sabato 8 e Domenica 9 giugno, in Piazza Martiri,avrete la possibilità di dare libero sfogo alla vostra vena artistica come mai prima d’ora! In compagnia di altri artisti potrete dipingere, esporre, ballare, recitare, cantare, suonare, scrivere, fotografare, giocolare e chi più ne ha più ne metta! E non pensate di non essere abbastanza bravi per farlo, perché molte volte basta un po’

di curiosità per scoprire un nuovo talento! Il programma, che si articoleràdalle ore 15 di sabato fino alle ore 17 della domenica,

includerà le esibizioni di gruppi artistici locali e vari workshop creativi per chi invece volesse scoprire qualcosa di più su un particolare tipo di arte o volesse semplicemente creare in compagnia. Un weekend completamente dedicato all’arte in tutte le sue forme, pensato per chi ha voglia di mettersi in gioco mostrando le proprie creazioni, scoprendo qualcosa di curioso sull’arte che ama o conoscendo nuovi

artisti.

Non mancate, CREATE!Per informazioni: Mattia - 3487136095 - [email protected]

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19ATTIVITà ESTIVE

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23VOCAZIONE

La chiamataEra il mese di febbraio del 2004. Un gior-no squillò il telefono, era il Vicario gene-rale: “Ciao Bruno, sono don Guido, come stai? Ti devo parlare!...Ho pensato a te, perché ti ritengo la persona più adatta. Te la senti di fare l’as-sistente religioso in ospedale due volte la settimana, nei giorni di riposo del cappel-lano? Dovresti passare nelle corsie a tro-vare gli ammalati, portare la comunione, visitare le mamme con i bambini appena nati, fino alla camera mortuaria, benedi-cendo i defunti, consolando i parenti… Con il tuo carattere ci saprai fare, ti co-nosco, sei aperto, gioviale…”. Tentai una difesa: gli impegni, la parrocchia, la mia incapacità…Mi lasciò dire, poi continuò: “Facciamo così: per favore, prova per un mese, ti sarà vicino il cappellano.Parla con la tua famiglia e con il tuo parro-co per tutti gli impegni. Il Signore ti bene-dica. Ci sentiamo, ciao”. Iniziai il 1° aprile del 2004.

Il servizioSono passati quasi 9 anni. Gli incontri in ospedale sono vari, dalle nuove vite che nascono, dove c’è gioia, agli operati, agli ammalati terminali, fino alla camera mor-tuaria. Passare a visitar tutti, informarsi, consolare, e, più importante, ascoltare, esserci. Il malato ti vuole tutto per sé e se non sei superficiale si confida, si apre, sente che lo ami.Diceva il Card. Ballestrero: “Bisogna amare gli uomini non perché lo merita-no, ma perché Dio li ama”. Più difficile è il rapporto con la parte amministrativa, i medici, gli infermieri, il personale. Ti sen-tono come un intruso, non vedono bene gli assistenti spirituali: devi muoverti con delicatezza, senza urtarli.Attualmente posso dire che il rapporto è buono, grazie anche al lavoro del cappel-lano, don Mauro Petrarulo. Piano piano siamo riusciti a farci accettare.

Alcune esperienzePorto la comunione nel reparto di medici-na. Una signora, Paola, che lamenta forti dolori e si muove a fatica, mi dice: “Preghi per me”. Rispondo: “Sì, sì, certamente, ma per me è facile pregare, sto bene; ma la preghiera che vale molto di più è quella

Un Diacono raccontaÈ Bruno. Sostituisce il cappellano due giorni alla settimana nell’Ospedale di Rivoli. Pas-sa per i reparti, scherza e parla con gli ammalati e intanto semina un po’ di conforto e di speranza, invitando a rivolgere lo sguardo verso Dio.

fatta da lei, nel suo letto di dolore. Le chiedo un favore grande: tante per-sone hanno bisogno delle sue preziose preghiere. Preghi lei per gli amma-lati che non sperano più, per i peccatori, per i sacerdoti, per le vocazioni… Vuole farlo? Il Signore la ricompenserà, perché è associata alla sua croce”. Il viso della signora si distende, riesce a fare un sorriso: “Non ci avevo pen-sato, farò così! Grazie e venga ancora a trovarmi”. In chirurgia uomini mi presento: “Sono l’assistente religioso”. Prende la parola uno degli ammalati: “Venga pure per gli altri, per me no. Sono ateo”. Gli domando: “Come si chiama”. “Giovanni. Ho sessantotto anni. Vuole sapere altro?”. “No. Rispetto la sua idea, lei è sincero e pure sim-patico, però guardi che non può impedirmi di pregare per lei”. Si mette a ridere e dopo una chiacchierata sulla salute, la famiglia, il lavoro, ci salu-tiamo. “Allora mentre prego per gli altri posso pregare per lei?”. “Se vuole lo faccia pure. Arrivederci e ripassi”. In ginecologia: “Sono Maria, ho trentacinque anni, mi sono arrivati due gemelli! Pensi, ho pregato tanto per un figlio, ho chiesto aiuto a due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II: mi hanno esaudita e così li ho chiamati come loro, Giovanni e Paolo. Siamo contenti!”. Nel reparto maternità a tutte le mamme do un’immagine della Madonna e preghiamo per mette-re i bimbi sotto la sua protezione. Quando mi viene richiesto passo per la benedizione dei neonati. In chirurgia donne chiedo se qualcuno desidera la comunione. Una signo-ra mi dice:”Guardi che non sono cattolica, io sono protestante!”. Io di ri-mando: “Allora lei è della concorrenza!”. Risata. Ci mettiamo a parlare e alla fine la signora protestante, Anna, mi dice di ritornare pure.In urologia trovo ancora Pietro: “Buon giorno, Pietro, ancora qui? È tanto che doveva uscire”. Mi spiega e poi: “Ha capito don?”. Rispondo: “Mi può chiamare don, ma non sono un sacerdote, sono un diacono”. Un malato chiede: “Ma chi sono i diaconi?”. Cerco di spiegare ed egli riprende: ”Se sono tutti come lei, ben vengano”. “Ce ne sono tanti di migliori di me, e come sono io non è merito mio”. “Modesto!”. “No, no, sono Bruno, non mi chiamo Modesto”. Risata generale… In pediatria, dopo avere messo a loro agio i bambini con scherzetti vari, perché impressionati dal camice bianco come quello dei medici, mi pos-so avvicinare, mi accettano. Secondo l’età offro un giornalino, un libretto di favole, cerotti disegnati… Alle mamme dono la medaglietta miracolosa di Maria. Tutti ringraziano ed io: “No, non voglio un grazie, ma una pre-ghiera. Me la dici un’Ave Maria questa sera perché diventi più bravo anch’io? Ma tu preghi?”.Risponde una mamma: “Francesca, digli la preghiera che dici alla sera”.E Francesca (cinque anni): “Buona sera Madonnina, vado a letto a ripo-

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sare fino all’ora mattutina e svegliarmi a te pensare. Sarò buona un’altra volta lo prometto questa sera, Madonnina lieta ascolta la mia piccola preghiera. Buo-na sera Madonnina, Madonnina buona sera”. Ancora in ginecologia. Dopo essermi pre-sentato la signora si mette piangere: tra i singhiozzi mi dice che lei vuole tenere il bambino, ma che ci sono molte pressioni contrarie da parenti stretti. “Se lei è pas-sato, questo è un segno in più che devo tenerlo. Mi aiuti!”.Le spiego allora del Centro Aiuto alla Vita, della possibilità di avere delle per-sone abilitate che possono aiutarla e se-guirla. La signora accetta e contattiamo il C.A.V. che manda immediatamente una coppia…Con la gioia della mamma nascerà poi un bel bimbo. In sala d’aspetto una signora, vedendo la croce sul camice, mi chiede se sono il cappellano e poi mi dice: “Sto entrando per fare i documenti per l’I.V.G. (Interruzione Volontaria della Gravidan-za), ma fino ad ora ho pregato il Signore che mi mandasse un segno della sua vo-lontà. È arrivato lei… vuol dire che devo tenere il bimbo. Parlo subito a mio ma-rito.” Preghiamo insieme e mi saluta di-cendo che mi avrebbe poi fatto sapere qualcosa. I due gemelli hanno ormai sette anni e i genitori sono felicissimi.Mi vengono i brividi a pensare che in que-ste occasioni io sono stato “segno” di Dio. Mi domando perché non ci spendiamo di più per gli altri, visto che ci muoviamo per Lui… Si perdono tante occasioni prezio-se a volte per pigrizia, fretta, stanchezza, scuse…

ConclusioneRitorno da dove sono partito, dalla cap-pella interna dell’ospedale. Avevo chiesto a Gesù un aiuto prima di andare a trovare i malati, ora vengo a “riferire” quello che ho incontrato, portando tutto a Lui. Chie-do anche di poter mettere in pratica una frase sentita da don Guido Fiandino: “Non farsi prendere dalle cose di Dio, ma fare le cose per Dio”. A proposito don: grazie per avermi mandato in quell’ospedale. È più quello che ricevo che quello che do!

Bruno Zanini

VOCAZIONE

L’anima mia magnifica il Signoree il mio spirito esulta in Dio mio salvatore…

grandi cose ha fatto in me l’onnipotente.

È con questa frase che voglio dire alla Comunità di Rivoli: Eccomi! Mi presento: sono Cristiano di nome e di fatto, dal 20 agosto 1972, giorno in cui sono stato battezzato!Ho già iniziato a conoscervi ed ora dò anche a Voi la possibi-lità di farlo. Mi auguro che in questo modo potremmo con-vivere insieme più proficuamente per incontrare il Signore. Sono al terzo anno di Seminario e al quarto di Studi Teologi-ci. Provengo dalla Parrocchia dei S.ti Michele, Pietro e Paolo di Favria; figlio primogenito di Lucia e di fu Aldo, ho una sorella che mi ha dato due splendidi nipoti. Sono nato nel caldo luglio del 1972, terminato la formazione dell’obbligo, ho iniziato a lavorare per una decina di anni in una fabbrica metalmeccanica. In quegli anni ho anche svolto il servizio militare presso il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.Entusiasmato dell’esperienza, dopo la ferma di leva, ho continuato a fare il pompiere nel Distaccamento Volontario di Rivarolo C.se, mio paese natale. Nel ’99, ho cambiato un po’ la mia vita: sono entrato come Agente nella Polizia di Stato e di lì a poco ho ripreso gli studi conseguendo una Laurea presso la Facoltà di Scienze Politiche di Torino.Il mese di ottobre 2011, ho cambiato decisamente stile di vita: mi sono congedato dalla Polizia per entrare a vivere a tempo pieno in Seminario. Eccomi qua, con Alessandro, con voi, tra di voi, ogni fine settimana!

Cristiano

L’anima miamagnifica il Signore!

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25VOCAZIONE

Dio “ha fatto bene ogni cosa”! Si, se rileggo la mia vita oggi che ho 28 anni, non potrei proprio dire altro che questo. Dio ha veramente fatto cose grandi nella mia vita. Non è da molto che vivo questa amicizia con Cristo, avevo 21 anni quando mi è stato fatto questo dono, eppure sono sicuro che prima di giungere alla fede, Lui mi è sempre stato accanto. Ricordo con molta gioia il tem-po delle elementari con l’amore di mam-ma e papà e le loro attenzioni a casa e per la scuola, gli amici che ho incontrato e le maestre ma così non è stato per le medie e le superiori. Quando avevo 12 anni i miei genitori hanno iniziato a lavo-rare in edicola e i rapporti con loro sono diventati più difficili, non perché fossi di-ventato improvvisamente cattivo, ma per la solitudine che mi son sentito addosso improvvisamente, una solitudine schiac-ciante che ha segnato profondamente la mia vita, in particolare con l’inizio delle superiori. Per evitare di sentire questo senso di vuoto, terminata la scuola pas-savo il pomeriggio con gli amici, molti dei quali li frequentavo anche in parrocchia, nello scoutismo, la seconda famiglia che Dio mi ha donato e che è giunta la dove i miei genitori non riuscivano ad arrivare. Durante gli anni questo vuoto si è fatto via via più grande, fino a condurmi ai li-miti della voglia di vivere, tanto che intor-no ai 18 anni la depressione è entrata con prepotenza nella mia vita. Fino a quel momento avevo cercato solo scappatoie a questo dramma che stavo vivendo e che altro non è che la ricerca di senso, di un perché continuare a vivere. Non nascon-do nulla dicendo che molte delle cose che oggi sentiamo su giornali e vediamo per le nostre strade, erano le stesse mie scappatoie, come tornare la sera a casa ubriaco, il sesso o facendo qualche cosa di spericolato per far salire l’adrenalina e provare qualcosa di nuovo…tutte scioc-chezze, ma sono le cose che ho fatto solo per riempire questo vuoto; non sazio, in questo dramma esistenziale, più volte mi son chiesto se non fosse meglio saluta-re questo mondo, magari anche con una morte spettacolare.

Questo “dramma” è stato per me una benedizione, è proprio vero che Dio può scrivere diritto anche sulle righe storte, infatti a 21 anni, nella mia umanità feri-tà, Dio ha mostrato la sua compassione in padre Francesco, un missionario passioni-sta che, nel raccontarmi la sua esperienza di sacerdote, le sue gioie e le sue difficol-tà, mi ha lentamente condotto a rinnova-re la mia fiducia in Dio Padre e nella sua vicinanza. Quel sacerdote è stato il primo miracolo che Dio ha fatto nella mia storia, è poi iniziato un cammino di sequela dietro a Gesù nella sua Chiesa, fatto, lo posso proprio dire, di tante cadute ma questa volta nella speranza di essere amato e consapevole che Dio ha pensato per me qualcosa di grande (e Dio ha un progetto grande per ciascuno!).Pregando, andando a messa, approfon-dendo la fede nella comunità scout, fre-quentando la comunità dei frati Passioni-sti e quella monastica di Bose, a quasi 23 anni mi si è posta un’altra grande questio-ne: cosa ne posso fare della mia vita? Anzi cosa ne posso fare della mia vita ora che ci sei Tu, Signore? (Come in una coppia, le scelte non si fanno mai da soli...). Non è stato facile capire quale passo fare, an-che dato il fatto che ero stato fidanzato e avevo visto tutta la bellezza della vita di coppia, ma il desiderio fisso era quello di non lasciare Cristo che aveva salvato la mia vita, e permettergli che attraverso la mia povertà, potesse salvare quella di al-tri uomini. Sono in seminario da tre anni oramai e vedo che il cammino è faticoso e pieno di ostacoli, ma la gioia e il desi-derio di camminare su questa strada non mi sta abbandonato, quindi non può che venire da Dio. La fedeltà a questa scelta la devo rinnovare ogni giorno, questa volta non più da solo, ma in compagnia di altri 30 fratelli con cui cammino e facendo me-moria di quello che Cristo ha fatto e farà nella mia vita. Cosa ne sarà del mio futuro non lo so, ma di una cosa ora sono certo più che mai: “Dio ha fatto e farà sempre bene ogni cosa”.

Alessandro

Cosa ne saràdel mio futuro

non lo so,ma di una cosaora sono certo

più che mai:“Dio ha fatto

e farà sempre beneogni cosa”.

Giornata della Pace - 20 gennaio 2013

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26 VOCAZIONE

Siamo due giovani missio-nari, veniamo da due con-tinenti diversi, continenti considerati da tempo terre di missione, ma che oggi ini-ziano a dare frutto, con la nascita delle nuove chiese particolari o locali, e con la generosità di tanti giovani che si consacrano alla vita religiosa, missionaria e laica-le nella Chiesa. I nostri nomi sono: Dawinson Licona Sier-ra di nazionalità colombiana e Kennedy Owuor di nazio-nalità Keniota. Siamo giovani di 26 e 28 anni e abbiamo lasciato tutto per sorridere sempre.Due giovani di due paesi di-versi, di due continenti di-versi, di due culture diverse, di due lingue diverse, però che si trovano insieme per

E perché non sorridi anche tu…?

un motivo: “Amore alla Missione”. Ormai da molti anni abbiamo iniziato questo cammino di formazione nell’istituto Missionario della Consolata (I.M.C), prima con lo studio della filosofia e il noviziato nel proprio paese nel caso di Kennedy, e con lo studio della filosofia nel proprio paese e il noviziato in Argentina nel caso di Dawinson. Dopo questo percorso di for-mazione, nel 2008 siamo arrivati a Roma, destinati dai noviziati. Noi non ci eravamo mai visti, ma la preparazione alla missione ci ha fatto incontrare e conoscere. Dall’ottobre del 2008 fino a giugno del 2011 abbiamo frequen-tato la Pontificia Università Urbaniana per gli studi teologici di tre anni; dopo questi anni di studio, abbiamo avuto le vacanze, ciascuno nel proprio paese d’origine. Al nostro rientro in Italia ci hanno destinati per l’Anno di pastorale, chiamato anche di “Servizio”, che è culminato, nell’agosto del 2012, nelle comunità missionarie di Plati e Galatina al Sud del paese (Ca-labria – Puglia). Da settembre dello stesso anno i nostri superiori ci hanno destinati per la licenza a Rivoli, dove frequentiamo l’Università Pontificia Salesiana, studiando Teologia, specificamente Teologia Pastorale Giovani-le, nel campo della formazione dei giovani.Il 4 novembre del 2012, nella cappella santuario del Beato Giuseppe Alla-mano a Torino, abbiamo confermato questa scelta, con la professione de-finitiva dei consigli evangelici di “Povertà, Castità e Obbedienza”; e adesso ci prepariamo, insieme con altri nostri compagni, a ricevere il primo grado del ministero ordinato: “Il Diaconato”. Vi domanderete cose significa que-sta parola o cosa significa essere diaconi. Bene, il diacono, nella Bibbia e per l’esattezza negli Atti degli apostoli, è chi è messo al servizio delle “Men-se” mentre gli apostoli si dedicavano alla parola di Dio (Atti 6,2). Il diacono oggi ha anche il servizio, nella celebrazione dell’Eucaristia, di proclamare il Vangelo, servire all’altare e preoccuparsi per l’insegnamento della Parola.Noi abitiamo nella “Villa Allamano”, casa dei missionari della Consolata a Rivoli, che esiste fin dai primi giorni della fondazione dell’istituto, fon-dato dal Beato Giuseppe Allamano. Questa casa fa parte della nostra sto-ria missionaria. Oggi, in tutto il mondo, dove c’è la presenza missionaria

della Consolata si studia e si approfondi-sce questa spiritualità. Che gioia grande per noi condividere questa esperienza di vivere da vicino l’insegnamento che da questa casa il Nostro Padre impartiva a tutti i missionari nel mondo e anche oggi impartisce, per mezzo dei nostri superiori e tutti i missionari. Essi, con il loro inse-gnamento e la loro testimonianza, tra-smettono i suoi insegnamenti alle nuove generazioni di missionari nei 4 continenti dove siamo presenti e che il Signore con-tinua a chiamare a questa famiglia.

Curiosità:Da quando a settembre siamo arrivati a Rivoli, una cosa curiosa che ci ha richia-mato l’attenzione e che molta gente ci dice, sono queste frasi: “Ma sempre siete allegri” “Ma sempre ridete?” “Il guardarvi trasmette gioia”. A dirvi la verità noi non ci rendiamo conto di questo, solo quan-do la gente ce lo ricorda ci accorgiamo di questo dono che è per gli altri, per noi è qualcosa di naturale, viene spontaneo ri-dere, viene spontaneo non essere tristi, anche in mezzo alle difficoltà che non mancano e non mancheranno mai, ma abbiamo la certezza della presenza di Co-lui che ci ha chiamati e ci dà questa gio-ia per trasmetterla a tutti. A un cristiano

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27VOCAZIONE

non è permesso essere tristi, e ancora di più a un religioso non è permesso di es-sere tristi, perché così come ci guardate sorridere, così la gente si accorgerebbe se la mia vita da cristiano e di più da reli-gioso è una vita da vivere o meglio lasciar stare. Ci hai provato anche tu a sorridere? Nella vita, nella strada, sull’autobus, sulla metro, nelle difficoltà, nella celebrazione dell’Eucaristia hai provato a sorridere? Un sorriso può salvare tanta gente, un sorriso testimonia la vita in Cristo, un sorriso mo-stra che la tua vocazione è una scelta che vale la pena, e se molti giovani vedessero solo un sorriso nei cristiani, basterebbe per mostrare in quel sorriso tutto il con-tenuto della nostra fede che è “l’Amore e il servizio” agli altri.

L’ordinazioneIl 2 marzo a Roma siamo stati ordinati diaconi per la preghiera e l’imposizio-ne delle mani di S.E.R. Card. Gianfranco Ravasi, che ci ha ordinato per il servizio nella Chiesa, per il servizio alla missione. Questo servizio lo metteremo a disposi-zione di questa Chiesa locale in speciale

ci dedicheremo alle parrocchie di Rivoli, dove già svolgiamo un accompa-gnamento pastorale, e dove resteremo per un altro anno e mezzo, mentre finiamo i nostri studi e torniamo nei nostri paesi in preparazione all’ordi-nazione sacerdotale, e lì, aspetteremo la nostra destinazione, secondo il bisogno della Missione.Vale la pena spendere la vita per gli altri, vale la pena lasciare casa, padre, madre per il Vangelo, vale la pena lasciare tutto quello che ci lega, perché fa della nostra vita un eterno sorriso in preparazione al Regno di Dio. Pro-vaci anche tu…!

Dawinson Licona Sierra(Missionario della Consolata)

Ero in Africa, a Maralal, più precisamen-te mi trovavo nella piccola cappella del Pastoral Center. Ero da solo, davanti a quella candela, così luminosa e così in-tensa, da farmi provare un’emozione tanto strana quanto positiva. Rimasi in silenzio per un po’, poi presi il libretto delle preghiere che si trovava sotto la mia sedia e iniziai a sfogliarlo e a legge-re senza una precisa logica i salmi che vi erano all’interno. Il mio occhio cadde su una frase del salmo 23, che dice più o meno così: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi con-duce. Mi rinfranca, mi guida per il giu-sto cammino, per amore del suo nome”. Non era la prima volta che la sentivo, anzi l’ho sentita parecchie volte, eppure in quel momento sentii una irrefrenabile voglia di scrivere una canzone su Gesù… il buon pastore. Mi sentivo come guida-

to nello scrivere e spinto da una energia fuori dal comune. Ho scritto tutto fret-tolosamente sul mio quadernetto degli appunti, mezzo strappato, con una penna blu che tentennava a scrivere…Passarono più di due mesi dalla scrittura di quel testo, quando a Ottobre ricevet-ti una telefonata da uno dei responsabi-li dell’associazione Hope Music che mi invitò a partecipare come concorrente al Festival Internazionale della Christian Music a Sanremo, più conosciuto come Jubilmusic. Il tema della manifestazione era Gesù… “il nostro pane quotidiano” e quello che dovevo fare era presentare un brano che si ispirasse a quel tema. Accet-tai subito… Ma appena attaccai il telefono

Cantare la fede

mi resi conto di aver detto sì, senza avere nessuna canzone pronta! Dopo qualche ora mi ritornò alla mente quella canzone scritta in Africa nella cappella del Pastoral Center : “Sarà quella la canzone che manderò!” Il 24 Novembre 2012 ho vinto il concorso “Jovani per Jubilmusic” al Teatro Ari-ston di Sanremo, proprio con quella canzone. Oggi mi sento di ringraziare con tutto il cuore, la comunità delle quattro parrocchie di Rivoli e tutte le persone che, in questi anni, hanno sempre creduto in me e mi hanno sostenuto e incoraggiato. Grazie di cuore.

Andrea Piccirillo

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28 GIOVANI

CARNEVALE2013

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29CATECHESI

Domenica 14 aprile 2013 sarà un giorno bellissimo e perché no “storico” per un gruppo di famiglie con i loro ragazzi e per l’intera comunità parroc-chiale di san Martino. Due ragazze e tredici ragazzi vivranno una festa dav-vero unica: tutti riceveranno in dono la Cresima e dieci di loro per la prima volta riceveranno Gesù nell’Eucaristia, sarà la loro Messa di prima comu-nione. È questo certamente un traguardo: queste famiglie cinque anni fa hanno scelto di partire per un viaggio affascinante, anche se per certi versi tutto da scoprire. Hanno accolto la proposta di condividere, genitori e figli, un vero itinerario di educazione alla fede per conoscere sempre meglio Gesù, per imparare a vivere da cristiani, per essere realmente chiesa. In altre parole hanno provato a vivere da catecumeni: cercatori di Gesù per divenirne sempre più amici. Il cammino, le tappe, le fatiche, le gioie, i dubbi sono stati affrontati giorno per giorno, insieme ragazzi, papà, mam-me, catechiste, sacerdoti e tanti amici incontrati e conosciuti lungo la stra-da. Il dono della Cresima e dell’Eucaristia sono ora davvero un traguardo tanto atteso, desiderato, sognato, assaporato e raggiunto. C’è in tutti noi tanta gioia e voglia di far festa, ma anche la consapevolezza molto forte che questo ”traguardo” è di fatto un’importantissima nuova partenza.Gesù, sì l’abbiamo conosciuto, incontrato e amato. Sappiamo di essere figli di un Padre buono, che ci ha donato la sua vita nel Battesimo.La chiesa ci piace e vogliamo esserne parte viva. Siamo portatori del gran-de dono dello Spirito. Siamo forti con Gesù, vero pane di vita per noi.Ora il nostro cammino continua per vivere da veri cristiani nella chiesa. Vogliamo conoscere e amare sempre più Gesù, vogliamo continuare a in-contrarlo nella preghiera e nella messa, vogliamo seguirlo impegnandoci a vestire il grembiule del servizio e della carità.A volte ci piace pensare che i nostri nonni ci hanno lasciato san Martino come patrono e testimone, perché anche noi oggi come lui un tempo spe-rimentiamo che ogni traguardo nella vita è bello e importante nella misu-ra in cui diventa una nuova partenza per raggiungere traguardi sempre più alti, quelli che Gesù ci indica perché possiamo essere felici, ma non noi da soli, bensì con tanti nostri fratelli con i quali dividere “il nostro mantello”, ricordando che Martino alla scuola del vangelo aveva scoperto la vera leg-ge dell’amore: “sagum divido, bonum moltiplico!”

Elena Viasco, don Giovanni e i ragazzi di san Martino

Un traguardo che è partenza!

Martedì 23 aprile 2013dalle 21 alle 22,30

nella chiesa di Gesù Salvatore:

“Sacrosantum Concilium”:50 anni

di una liturgia rinnovata

con don Paolo Tomatis(Direttore dell’Ufficio liturgico

diocesano di Torinoe Membro della Consulta

dell’Ufficio Liturgico Nazionale)

Festa BeatoAntonio Neyrot

PREPARAZIONEDa lunedì 8 a venerdì 12 aprile ore 18 S.Messa nella Cappella del Beato in via Querro

Sabato 13 apriledalle ore 20,30 alle 22,45

Pellegrinaggio dalla Chiesa dei Tetti alla Stella, con sosta presso la Cap-pella del Beato e in P.za Bollani, Tetti Neirotti e Rivoli, insieme, per pregare e conoscere meglio il nostro concit-tadino.

SANTE MESSE SOLENNI in onore del Beato Antonio Neyrot

Domenica 14 aprile ore 11 alla StellaLunedì 15 aprile ore 18 a San Martinocon la presenza dei Cirioti

Domenica 7 aprile

Celebrazione Cresimagiovani e adulti ore 11 alla Stella.

***

Inizio dell’itinerario di fedeper fidanzati ore 19 alla Stella.

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30 CATECHESI

Essere catechisti è bello! La formazione è permanente

Avete mai pensato che essere catechisti è bello? Attenzione: non fare i ca-techisti, ma esserlo! In questo anno pastorale la nostra formazione vuole privilegiare l’identità profonda dell’essere catechista sul sapere teorico e sul saper fare. Siamo testimoni di Gesù Cristo, viviamo la fede e la comuni-chiamo agli altri, contagiandoli.Da 4 anni noi catechisti delle 4 Parrocchie di Rivoli Centro abbiamo la grande opportunità di incontrarci e di formarci insieme, confrontandoci e mettendo in comune l’esperienza, le conoscenze, la spiritualità. Oltre

con una traccia contenente i riferimenti ai documenti della Chiesa, da collegare ai simboli e all’esperienza della fase prece-dente. La fase di riappropriazione e con-divisione è avvenuta in modo collegiale in assemblea, con una breve relazione di un segretario per ogni gruppo e una rilettura sintetica a cura di don Angiolino.La preghiera conclusiva ha permesso di raccogliere le riflessioni più spirituali e di consegnarle al Signore. Ognuno di noi ha sperimentato su di sé un modello forma-tivo che ora può proporre ai genitori negli incontri pomeridiani o serali e, in forma semplificata e adeguata, anche ai bambi-ni e ai ragazzi. Abbiamo vissuto esperien-ze coinvolgenti, come “danzare”, istruiti con pazienza da un’insegnante di danza classica. Abbiamo provato la difficoltà di chi comincia, la fatica fisica e psicologica, la necessità di motivazione e di disciplina, la gioia di imparare. È stato bello metterci in gioco, “danzare di fronte a Dio”, come il re Davide, senza temere di vergognar-ci, con l’attiva partecipazione dell’anima e del corpo. Siamo diventati noi stessi… LABORATORIO…! Il ritiro spirituale di sa-bato 9 e domenica 10 febbraio a Forno di Coazze, guidato da don Michele Roselli, ci ha stimolato a ripensare al nostro cam-mino personale di fede, attraverso una ri-lettura del Simbolo di Fede, il Credo. Don Michele ha utilizzato linguaggi diversi per comunicare con noi e per farci rielaborare la nostra esperienza di credenti e di cate-chisti: il film “Corpo celeste”, la veglia di preghiera ritmata da meditazioni sui ver-bi della parabola del buon samaritano, la riflessione introspettiva personale, la pro-iezione di testimonianze sulla preghiera e sulla fede della Chiesa, basate sull’uso dei simboli. Al termine, ci siamo sentiti ricol-mi della grazia di uno spirito nuovo! Nei prossimi mesi il nostro gruppo cercherà di elaborare una proposta comune di iti-nerari di catechesi, com’è stato richiesto all’incontro dei Consigli Pastorali Parroc-chiali delle 4 Parrocchie di Rivoli Centro, che si sono riuniti lo scorso 13 gennaio a San Bernardo. Lo Spirito Santo ci conduca su strade di vera comunione e condivisio-ne, nel rispetto dell’identità di ogni Par-rocchia!

L’équipe interparrocchialeper la catechesi d’iniziazione cristiana

all’apporto di don Angiolino, don Giovanni, don Andrea e di alcune di noi, dall’anno scorso abbiamo il contributo di don Michele Roselli, direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano. Nei mesi di ottobre e di novembre 2012 ci siamo ritrovati per 4 serate di formazione nel teatro della Parroc-chia San Martino Vescovo: ogni anno miglioriamo e allarghiamo la parte-cipazione e la comunione, coinvolgendo altre Parrocchie del territorio e altri operatori della catechesi, come quelli della pastorale battesimale e della preparazione al matrimonio. Infatti, agli incontri serali hanno aderito complessivamente 60 catechisti: della pastorale battesimale, dell’iniziazio-ne cristiana, dei corsi di preparazione al matrimonio della Parrocchia San Bernardo Abate di Rivoli (sempre i più numerosi!); dell’iniziazione cristiana delle Parrocchie S.Bartolomeo, S.Martino, S.Maria della Stella di Rivoli, Be-ata Vergine delle Grazie di Tetti Neirotti e S.Nazario Martire di Villarbasse. La proposta formativa si è avvalsa di un lavoro in équipe di programma-zione, attuazione e verifica a cura di don Angiolino e delle rappresentanti dei catechisti delle nostre 4 Parrocchie. I temi trattati sono stati: essere catechisti: la nostra identità, i catechisti sono testimoni, la Chiesa è co-munità profetica, catechisti si diventa. Tutti abbiamo avuto parte attiva e siamo stati coinvolti nel diventare protagonisti della nostra formazione. Questo si è reso possibile perché abbiamo scelto il modello del laborato-rio: ogni serata del Corso è stata scandita in 3 fasi, ovvero la fase proiettiva all’inizio, la fase di approfondimento e la fase di riappropriazione alla fine. La fase proiettiva ha visto noi partecipanti, riuniti in un grande cerchio, ri-leggere la nostra esperienza attraverso l’utilizzo di oggetti simbolici, come lo specchio in cui guardarci, la boccetta di profumo, lo spartito musicale, le scarpette da danza. La musica, i profumi, il ballo, la lettura di brani del-le Scritture o di poesie hanno stimolato la riflessione iniziale. La fase di approfondimento si è svolta attraverso il lavoro guidato a piccoli gruppi,

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31VOLONTARIATO VINCENZIANO

A Rivoli operano quattro Gruppi di Vo-lontariato Vincenziano (G.V.V.): sono i continuatori di quella “Charité” che San Vincenzo concepì e istituzionalizzò per correggere, con l’amore di Cristo, le ingiu-stizie della società e i soprusi delle perso-ne. Sono: San Bernardo, Santa Maria della Stella-San Martino, San Giovanni Bosco, Suor Annunziata. Da allora sono passati quattro secoli in cui eventi di ogni tipo si sono succeduti in Europa e in Italia modificando culture, costumi e risorse.I volontari, sostenuti dall’insegnamento del loro fondatore, sono interve-nuti con strumenti e modalità diverse, adeguandosi ai bisogni. L’immagine della volontaria che con il cesto o con la carriola di legno mitigava il gelo delle case più povere, è ancora viva nelle persone anziane. Ora non è più così che il volontariato lavora. Anche se il comandamento è dare da man-giare e da vestire, per cui ancora ci sono distribuzione di alimenti e di indu-menti, l’associazione propone che si attui un cambio sistemico che porti al coinvolgimento chi si trova in difficoltà, accompagnandolo in un percorso di ricerca delle proprie capacità, di autostima, per condurlo ad una promo-zione personale che lo renda autonomo.Il Gruppo non è solo. Innanzitutto è preparato da una formazione perma-nente sia spirituale sia tecnica, poi si rapporta con altre associazioni, enti, istituzioni, perché unire risorse umane ed economiche facilita la realizza-zione degli obiettivi. Il problema delle risorse umane non è secondario: è necessario, infatti, che le persone siano disponibili nel donare tempo a vol-te senza limiti, ad appropriarsi di conoscenze in tutti i campi per conoscere le opportunità e le facilitazioni che, chi è nel bisogno, non possiede mai. Per quanto riguarda le risorse economiche in questo momento, tragico an-che a Rivoli per la riduzione dei posti di lavoro e la chiusura di tante attività, i Gruppi hanno il compito di coinvolgere le comunità parrocchiali da una parte e chiedere finanziamenti a Enti privati e pubblici attraverso la parte-cipazione ai bandi di concorso con progetti, poi gestiti da loro. Provincia, Compagnia di San Paolo, Centri per i servizi del Volontariato sono i princi-pali erogatori di bandi a cui i Gruppi partecipano con i loro progetti, finora vincenti. Con queste risorse si fa fronte soprattutto alle spese per la casa, riducendo notevolmente il pericolo di sfratti o di sospensione di gas e luce.Una grande attenzione è rivolta ai minori e alla loro attività scolastica, nel-la convinzione che lo studio e la cultura siano strumento essenziale nella formazione della loro persona e al loro inserimento nel mondo del lavoro. Ammalati e anziani sono le persone su cui si riversa tenerezza e pazienza, dedicando tempo e interesse con le visite domiciliari che sono la peculiari-tà della nostra associazione.

I Gruppi di Volontariato Vincenziano sempre in camminoEssere Chiesa

Padre, ti ringrazio di essere Chiesa, di appartenere ad una comunità, alla tua Chiesa. È la comunità di quanti credono in te, di quanti si radunano nel tuo nome, è la comunità di quanti vivono nella tua attesa.

Mi chiami ad essere Chiesa: essa è forte se spera, essa è vera se ama, essa è santa se ognuno è santo.

Essere Chiesa è esistere per gli altri, incontrarti negli uomini, pregarti con essi, dare ragione della propria speranza.

Nella Chiesa è la tua Parola, la Parola che salva, che mi dà conforto, se abbattuto, mi rende sereno, se triste, mi fa forte, se debole, mi perdona, se ho peccato, mi dà coraggio, se ho paura.Dacci una Chiesa che pensi come pensi tu, che operi come vuoi tu, che viva come hai insegnato tu, che ami come hai amato tu.

Aiutami ad essere Chiesa, ad avere molte cose da pensare assieme, da imparare assieme, da fare assieme. Perdona il mio modo di essere Chiesa e purifica il mio mododi restare in essa.

Vito Morelli,Appuntamento con Dio

CONTATTI:Gruppo San Bernardo 3929457170Gruppo San Martino-Santa Maria della Stella 3409481125Gruppo San Giovanni Bosco 0119592487Gruppo Suor Annunziata 0119561715

Per chi chiede o per chi offre aiuto

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32 CASA CAPELLO

Nell’ultima metà del 2012 si è realizzato il progetto relativo all’utilizzo di Casa Capello, l’antica residenza per anziani del Comune di Rivoli, dopo il trasferimento degli ospiti nella struttura di via Querro.Il trasferimento è avvenuto nei primi mesi dell’anno, facilitato dal fatto che tutto il personale di assistenza avrebbe accompagnato gli ospiti nella nuova struttura, garantendo quindi la giusta continuità. Il personale stesso si è attivato per facilitare lo spostamento, favorendo le visite degli ospi-ti in grado di farlo e dei parenti alla nuova casa e preparando il “traslo-co” con gradualità. È stato possibile quindi procedere ai limitati lavori di adeguamento necessari soprattutto nei servizi, per attrezzare la struttura alla nuova destinazione e per dividere gli spazi tra la parte dedicata alla famiglia affidataria e quelli per l’accoglienza temporanea delle famiglie con bambini in situazioni di emergenza abitativa o di altra momentanea difficoltà. La struttura della casa, dotata di vari ingressi indipendenti e di una buona divisione interna degli spazi, ci ha permesso di affrontare anche questo ultimo aspetto senza particolari difficoltà. Tutto il lavoro di tinteggiatura e altri piccoli lavori interni sono stati effettuati con la colla-borazione di volontari e con persone disoccupate retribuite con i voucher per lavori occasionali accessori.Dopo la fine dell’anno scolastico, la famiglia affidataria con i suoi 4 ado-lescenti ha traslocato a Casa Capello e ha potuto ampliare il progetto di “multi affido” accogliendo un quinto ragazzino. Al di là di alcuni incon-venienti “idraulici” subito verificatisi (come spesso succede) che hanno messo a prova lo spirito di adattamento della famiglia e dei ragazzi e risolti in collaborazione tra Cisa e Comune, la nuova collocazione si è confermata ottimale, così come si era ipotizzato. I 5 adolescenti sono ora autonomi negli spostamenti sia relativi alla frequenza scolastica che alle altre attività e la centralità della collocazione della famiglia “multi affido” può vera-mente aumentare la visibilità di questa esperienza e, speriamo, suscitare nuovo interesse e nuove disponibilità all’affidamento da parte di altre cop-pie, famiglie o singole persone.Alla fine del periodo estivo, dopo l’arrivo dei mobili essenziali acquistati

dal Cisa (letti, armadi, cucina) è stato ne-cessario completare l’arredamento delle stanze dedicate all’emergenza abitativa e procurare tutte le suppellettili necessarie per una situazione che, potenzialmente, può accogliere ben 4 famiglie. Si è potuto realizzare tutto ciò attraverso la collabo-razione tra il Cisa, le associazioni di volon-tariato, le Parrocchie e singoli cittadini. Un intenso lavoro, iniziato con un fitto e lungo scambio di mail, di elenchi di cose necessarie, di telefonate organizzative, di appuntamenti per le consegne e per il trasporto di quanto donato e arrivato sino all’aiuto per sistemare tutto in ordine nel-le varie stanze, ci ha permesso di realizza-re una situazione abitativa transitoria ma arredata confortevolmente, con un utiliz-zo ottimale dello spazio disponibile e con le suppellettili necessarie, anche tenendo conto della presenza dei bambini. Senza questa intensa collaborazione durata tut-ti i mesi autunnali, che ci ha permesso di raccogliere gratuitamente quanto ancora necessario, i costi da sostenere sarebbero stati proibitivi in questo momento, dati i tagli subiti dai finanziamenti per le po-litiche sociali, con il rischio di far slittare l’inizio del progetto.Invece nel mese di novembre si sono potute accogliere le prime persone: una mamma con un bimbo di 5 anni in una situazione di improvvisa, grave difficoltà famigliare. Ai primi di dicembre si è ag-giunta una famiglia in emergenza abita-tiva composta da due genitori e 5 figlie piccole.In questi mesi di collaborazione per il completamento di Casa Capello, si è formato un gruppo di volontari parti-colarmente interessati al progetto e di-sponibile a collaborare con il Cisa nella gestione della casa, nei rapporti con le famiglie ospiti e a supportare gli ospiti nei rapporti tra loro, dando quindi a questo progetto un valore aggiunto particolar-mente significativo ed efficace. In colla-borazione con i volontari si è definito un “regolamento interno”, che si è cercato di formulare in modo da coinvolgere il più possibile le famiglie ospiti, per respon-sabilizzarle nell’utilizzo della casa, ma soprattutto renderle protagoniste anche in un momento così difficile, incerto e precario della loro vita. Le spese genera-

La nuova storia di Casa Capello

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33PARROCCHIE

Quando si parla di Casa si parla di qualcosa di molto intimo e di molto im-portante per tutti noi. Dire che la Parrocchia è la Casa dei fedeli, di per sè, è una cosa quasi scontata e tutti noi non abbiamo alcun dubbio in merito. La dobbiamo rispettare e trattare con educazione come quando qualcuno ci invita a casa sua. La Parrocchia però non è la casa del parroco, dove siamo invitati nella veste di ospiti la domenica mattina per la Santa Messa o quando mandiamo i nostri figli a catechismo, la Parrocchia è la nostra casa. Che cosa vuol dire questo? Se è vero che la Parrocchia è casa no-stra, allora gli invitati non siamo noi, ma sono tutti gli altri e noi dobbiamo sentirci i veri padroni di casa. Spetta a noi, in qualità di padroni di casa, contribuire alla creazione di un contesto che sappia accogliere, che sappia fare sentire tutti come se fossero a casa loro. Spetta ancora a noi operare affinché la “casa” sia sempre in ordine e rispettata da coloro che la fre-quentano. Questa casa è un fondamentale punto di riferimento per tante

La Parrocchia, la casa di tutti.Anche casa nostra!

persone. Infatti è il posto dove facciamo crescere i nostri figli, nella fede, ma anche nei valori di base di una sana convivenza civile e fraterna. È un posto dove colti-viamo delle amicizie, dove alimentiamo il nostro spirito. Non possiamo dimenti-care che è un posto dove tanti trovano conforto per la sofferenza che li affligge che talvolta è materiale, ma spesso molto più complessa. Ma se la nostra Parrocchia è una casa così importante per tutte le nostre famiglie, se in questa casa noi non siamo ospiti, ma ne sia-mo i padroni, possiamo realmente pensare che debba essere la Diocesi a prendersi cura delle relative necessità materiali? In un momento dove le richieste di aiuto fraterno aumentano anche più velocemente delle spese correnti di base (riscaldamento e altre utenze, assicurazioni, manutenzio-ni e altre spese varie), in un momento in cui le entrate derivanti dalle offerte sono in contrazione, che cosa potremmo fare? Possiamo pensare di salutare e uscire dalla casa lasciando il problema al Parroco come se fosse solo suo? Ma allora, se siamo convinti che questa possa essere la nostra Casa è necessario che ne assumiamo anche una forma di respon-sabilità più concreta. La nostra Casa adesso ha bisogno di noi, di ciascuno di voi. Ciascuno, infatti, nelle sue qualità e nell’ambito dei suoi talenti, può fare qualcosa per contribuire alla sua Parrocchia. Alcuni hanno del tempo da offrire per le varie attività parrocchiali, altri invece offrono delle competenze specifiche, altri forse possono solo regalare le loro preghiere, altri ancora possono dare invece un contributo economico. Il progetto “100 amici” della parrocchia di San Martino nasce proprio per questo. Si richiede a un gruppo di amici della parrocchia (anonimi) di voler contri-buire in modo sistematico e continuo (almeno per un anno) alle necessi-tà materiali della parrocchia, per una cifra che corrisponda a un caffè al giorno circa o comunque per quanto potranno. Così facendo, si potrebbe assicurare a questa “Casa” la certezza della copertura delle spese correnti, mentre si consentirebbe di destinare le somme raccolte nelle collette do-menicali esclusivamente alla carità, alle attività pastorali e alla catechesi che sono le attività vere e più importanti che la nostra Parrocchia deve portare avanti e che tutti noi vogliamo possa continuare a fare.

Sandro Sartor

li della struttura sono rette dal Cisa e dal Comune, ma agli ospiti si chiede un picco-lo contributo per le utenze, in proporzio-ne al loro reddito. Per chi non lavora ed è temporaneamente privo di reddito, viene chiesto un contributo analogo sotto forma di un lavoro di utilità sociale. Quindi an-che questa parte di casa Capello funziona ormai completamente: la convivenza tra le due prime famiglie ospitate è stata “ro-data” dalle feste natalizie, dalle vacanze scolastiche dei 6 bambini presenti, dalle influenze, dalle febbri e dagli inevitabili problemi incorsi, in cui determinante è stato nuovamente l’aiuto dei volontari. Proprio in questi giorni la mamma che con il suo bimbo era stata la prima ospi-tata ha parzialmente risolto la sua situa-zione di difficoltà ed è quindi in grado di tornare a vivere in modo indipendente. La casa è quindi disponibile ad accogliere altre famiglie in difficoltà abitativa tran-sitoria che si aggiungeranno a quella che già è ospitata.Voglio ancora sottolineare l’aiuto deter-minante di tutti quelli che personalmente e coinvolgendo altri amici e conoscen-ti hanno collaborato a realizzare que-sto progetto. Ora è necessario gestirlo al meglio e il meglio possibile si realizza solo se c’è la collaborazione di tutti, Ente Pubblico, associazioni, cittadini. La fami-glia affidataria ha bisogno di un soste-gno sociale vasto che la aiuti non solo ad accompagnare i ragazzi affidati verso la piena autonomia, ma anche a diffondere una cultura dell’affidamento che non la faccia sentire sola in questa esperienza, ma che anzi moltiplichi le disponibilità e le esperienze di affidamento nella città. Le famiglie in emergenza abitativa hanno la necessità di essere sostenute a mante-nere viva la speranza per sé e per i figli, in un momento particolarmente difficile della propria vita, per la precarietà abi-tativa e la convivenza forzata con altri. Una speranza che può essere alimentata certo dalle soluzioni strutturali che l’Ente Pubblico per primo deve realizzare, dalla forza e dall’impegno delle famiglie stesse nell’affrontare i propri problemi, ma an-che, sicuramente, dal sostegno e dalla so-lidarietà sociale di tutti. Quindi, grazie a tutti e continuiamo insieme…

Daniela Celli

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Solo con la determinazione nel realizzare un sogno diventato progetto, oggi possia-mo vedere realizzato il tetto di copertura dell’oratorio! Gli amici che ci seguono sul sito della parrocchia vedono il crescere dell’opera in tempo reale! Gli amici che hanno avuto il piacere di avvicinarsi al cantiere prima del S. Natale durante il “porte aperte” nelle giornate di sabato e domenica hanno avuto l’opportunità di vedere da vicino il lavoro fatto. A oggi i lavori stanno procedendo senza intoppi (anche la situazione meteo ci sta aiutando non poco!!) tanto che la lastre di coibente termico sul tetto sono state posate (tutte il 26 gennaio c.m.) ed è stata completa-ta la posa delle tegole. Ora il tetto è da completare con la posa dei pannelli per l’impianto fotovoltaico e delle faldalerie (opere in programma in questo mese di febbraio). Gli impiantisti hanno iniziato la posa dei tubi dal piano interrato, e sem-pre a questo piano sono state realizzate le pareti divisorie. Al piano terra è iniziata la posa dei muri di tamponamento esterno e le divisioni interne. Sono stati fatti gli scavi tra la casa parrocchiale e l’oratorio per la posa delle condutture elettriche. È nata una commissione oratorio, con il principio di non lasciare nulla al caso,

gli spazi progettati saranno tutti presi in esame perché nel loro interno ci sia fin da ora un pensiero concreto delle attività. Si è convinti che l’oratorio sia comunità che educa all’integrazione tra fede e vita ed ecco la necessità di iniziare a concretizza-re attività che nel frattempo sono ancora embrioni, ma che ci accorgiamo essere di vitale importanza e avranno un luogo adatto dove poter nascere e fortificarsi.Tutto questo è reso possibile grazie all’im-pegno di chi dedica il proprio tempo, la propria esperienza e professionalità; il dietro le quinte di un’opera è ricco di personaggi che non si sottraggono mai all’impegno. Il progetto terzo valore si è concretizzato anch’esso, hanno aderito in tanti, chi in ricordo di un familiare, chi semplicemente ci crede, chi venuto a co-noscenza di questa opportunità di aiuto per la realizzazione dell’oratorio, ha pen-sato che fosse bello partecipare! Si può verificare l’andamento del progetto Terzo Valore direttamente nel sito della banca Prossima: www.terzovalore.comVivendo al meglio il presente, consentire-mo di vivere il futuro. L’oratorio vuole es-sere l’interpretazione concreta e visibile di queste parole.

Paola Sacchi

L’oratorio: eccolo!

ORATORIO STELLA

“L’oratorioè il laboratoriodei talenti”Vescovi italiani

Vivendo al meglio il presente, consentiremodi vivere il futuro.

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35RECENSIONE

Quando, nel 2007, Yvan Sagnet è giunto a Torino per frequentare il Politecnico si è innamorato dell’Italia, di Roberto Baggio e di tutto quanto è italiano. Lui è came-runese ed è fortunato perché, con l’aiuto dei suoi e di tutta la sua comunità, ha po-tuto pagarsi il viaggio aereo e ha ancora qualche soldo per le prime necessità.Tutti hanno offerto i propri risparmi per aiutarlo perché “Offrire il proprio contri-buto a un parente in partenza per l’este-ro, in un certo senso, equivale a investire nel suo progetto: ci si aspetta che al ritor-no diventi capofamiglia, un punto di rife-rimento per tutti anche dal punto di vista economico”.A Torino cominciano i guai. Non il razzi-smo, ma il freddo e lo scontrarsi con tan-te abitudini diverse e soprattutto con la mancanza continua di soldi, anche solo per mangiare. E già perché, avendogli perso la valigia all’aeroporto di Roma, non può esibire i documenti che gli danno di-ritto al Collegio Universitario.Comincia così a fare una serie di lavoretti: dallo steward allo stadio al cassiere in un supermercato, purtroppo a Milano, alle colonie estive.Ma, ovviamente, tutto questo pesa sul suo rendimento scolastico e così perde la borsa di studio. Nell’estate 2011 l’u-nica soluzione è andare a raccogliere i pomodori in Puglia, a Nardò – Lecce. Al centro di accoglienza di Boncuri gli dicono di prepararsi all’inferno in terra: “Il cam-po di Boncuri era una versione più pove-ra e triste di qualsiasi situazione africana avessi incontrato nella mia vita”. Tende e immondizia si stendevano a perdita d’oc-chio, con baracche di lamiera e di cartone.I suoi nuovi amici gli spiegano le regole del campo: 3,50 euro per ogni cassone di pomodori, quindi per non perderci, dai tre ai cinque quintali ogni ora. Non esiste acqua calda, si è obbligati a mangiare nei ristoranti dei caporali, per dormire oc-corre procurarsi un materasso (riciclato

di anno in anno, comprato e subito ruba-to dallo stesso venditore). Il trasporto ai campi costa cinque euro, e così via… na-turalmente per un lavoro assolutamente in nero.Yvan sottolinea: “È stata l’esperienza di Nardò a insegnarmi cos’è l’Africa prole-taria: nel mio paese, però, la dignità è sacra… il sistema dei campi di lavoro è appositamente studiato per togliere ai braccianti anche quello scampolo di uma-nità”. È per la grave ingiustizia di questo sistema e per i soprusi che tutti i braccian-ti patiscono che Yvan organizza il primo sciopero dei raccoglitori di pomodori, in-sieme con un gruppo di lavoranti del Gha-na, i più abituati “a pensare democratico”.

È uno sciopero contro lo sfruttamento, la schiavitù, la violenza, la tracotanza dei ‘ca-porali’ e le assurde pretese dei padroni di aumentare la produzione, senza peraltro voler patteggiare un aumento di salario.Anche perché la maggior parte dei guada-gni, oltre che naturalmente ai padroni, va al caporale: viene pagato 15 euro a casso-ne, contro i 3,50 che dà a chi lavora.

Il libro è il racconto della lotta, delle illusio-ni e delle delusioni, dei risultati raggiun-ti o meno, delle reazioni dei vari gruppi etnici, dell’apporto positivo e/o negativo delle associazioni di volontariato e delle istituzioni. È però anche molto di più: è un invito a guardarci dentro, a riconsiderare il nostro chiudere gli occhi di fronte a si-tuazioni ingiuste e insostenibili…È anche un modo per vederci attraverso gli occhi di uno ‘straniero’ venuto in Ita-lia per vivere un sogno, in cui, nonostante tutto, crede ancora.Per finire una buona notizia: è cominciato in questi stessi giorni il processo ad alcuni dei padroni e dei caporali coinvolti nella storia di Yvan.

Paola Cornaglia

“Vivi il tuo sogno” di Yvan SagnetFandango libri

L’esperienza del giovane camerunense, leader della prima rivolta dei braccianti stranieri nelle campagne pugliesi, è una toccante testimonianza di coraggio: il sogno contro la mafia.

Rima dellarabbia giusta

Tu dici che la rabbia che ha ragioneÈ rabbia giustae si chiama indignazione

Guardi il telegiornaleTi arrabbi contro tutta quella genteMa poi cambi canale e non fai niente

Io la mia rabbia giustaVoglio tenerla in cuoreIo voglio coltivarla come un fioreVedere come cresceCosa ne esceCosa fiorisce quando arriva la stagioneVedere se diventaindignazione

E se diventa, voglio tener-la tesaCome un’offesaCome una braceche resta accesa in fondoE non cambia canaleCambia il mondo.

Tratto da una raccolta di Bruno Tognolini dal titolo Rime di rabbia, premio speciale della Giuria Premio Andersen, mondo dell’infanzia, 2011.

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36 PADRE MERCURIO

Certo sono molti i Rivolesi che hanno conosciuto Padre Giovanni Mercurio dell’Ordine dei Servi di Maria. Padre Gio-vanni era un Servo di Maria residente nel convento dell'Addolorata di Rivoli (meglio conosciuto con il nome “La Generala”).Fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1972 a San Bernardo e subito impegnato come collaboratore fisso nella parrocchia San-ta Maria della Stella fino al 1979 dall'ar-ciprete canonico Don Foco (“viceparroco mai nominato, ma operante a tutti gli ef-fetti” amava dire).

borazione con il MASCI Rivoli 1. Fu un’e-sperienza bellissima! E proprio qui, P. Giovanni ci ha insegnato una cosa mera-vigliosa.È vero che è stato bello raccogliere i fon-di per acquistare il materiale da mandare ai suoi ragazzi, che è stato bello cogliere la loro gioia, che è stato bello apprezzare la generosità di tanti fratelli della nostra Comunità Parrocchiale, ma… è stato stu-pendo l’andare a Valona di persona per portare non cose, ma noi stessi ad ab-bracciare ed incoraggiare quei ragazzi di P. Giovanni, a condividere le nostre espe-rienze, a farli sentire “dei nostri”! Ecco, è proprio questo uno degli insegnamenti che abbiamo ricevuto da Padre Giovanni: “La carità, quella che è la virtù più gran-de, non è solo dare cose, è soprattutto dare se stessi, dare amore, condivisione, speranza!”. E fu così che anche il Reparto Rivoli 1 decise di svolgere il campo estivo a Valona, assieme ai fratelli Scout Valone-si. P. Giovanni fu entusiasta dell’iniziativa e diede tutto se stesso per organizzare al meglio l’evento. Tant’è che l’Amicizia e la Fratellanza che si instaurarono tra i ra-gazzi continuò e tuttora continua. E non mancava, quando poteva, di tornare nella sua Rivoli a trovarci. Ed era sempre una bella festa! Terminato l'impegno missio-nario rientrò in Italia: un breve periodo a Canossa (Reggio Emilia), poi il ritorno come parroco a Genova dove il Signore l'ha chiamato a sé nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 gennaio 2013.

Gianfranco, Piero, Mirella,MASCI Rivoli 1

Padre Giovanni Mercurio

Lo abbiamo conosciuto quando, come giovane coppia di sposi, iniziammo a dedicarci al servizio di animazione degli incontri di preparazione dei fi-danzati al matrimonio. Infatti era stato affidato a lui il compito di accom-pagnare i giovani a comprendere il valore della scelta del matrimonio cri-stiano. Ricordiamo con affetto il suo fare accogliente, la disponibilità ad ascoltare e a condividere con noi i momenti di formazione per crescere insieme e migliorare il servizio, ricordiamo anche la sua allegria e umiltà di cuore. Parlava ai fidanzati con semplicità, con il sorriso costante sulle labbra proponeva con garbo e fermezza concetti importanti e profondi, cercando di renderli alla portata di tutti. Sempre pronto a consultare la Bibbia e i documenti del Concilio per documentare le sue affermazioni, sapeva interessare chi lo ascoltava. I ragazzi e noi per primi restavamo affascinati dalla sua cultura, dalla sua capacità di collegare i concetti cer-cando di offrire una realtà di Chiesa aperta e gioiosa. Nel 1979 venne tra-sferito a Torino nella Parrocchia di San Pellegrino in corso Racconigi dove fu nominato Priore. Abbiamo trascorso con lui un breve tratto di cammino che, però, ha lasciato un segno nel nostro ricordo e nella nostra forma-zione, per questo ogni volta che ritornava a Rivoli, e ci tornò molte volte, venivamo volentieri a salutarlo in parrocchia oppure lui stesso veniva nel-le nostre case per un saluto veloce, ma sincero e gioioso. Seguirono sei anni a Genova nella parrocchia Santa Maria dei Servi. Nel 1991 la svolta più importante del suo sacerdozio: partì missionario per l'Albania. Furono quasi venti anni faticosi e impegnativi per riportare il Vangelo in una terra che ne aveva fatto oggetto di persecuzione, coronati da risultati positivi.Anche lì voleva fare qualcosa di nuovo e importante per i suoi ragazzi...Voleva aprire un gruppo Scout. Ecco allora che iniziò il contatto e la colla-

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37PADRE MERCURIO

L’Albania è un paese dell’area balcanica che faceva parte del blocco comunista.Un paese piccolo, ma con una dittatu-ra atipica. Il dittatore, dopo aver cercato alleanza, prima con la Jugoslavia di Tito, poi con la Russia di Krusciov e infine con la Cina di Mao, senza peraltro legarsi con nessuno, nel ’67 si era chiuso completa-mente in se stesso e aveva proclamato l’ateismo di stato. Una dittatura terribile, basata sul terrore, tutta intenta a costru-ire difese da improbabili invasori e con l’effetto di ridurre l’Albania a una sorta di paese medievale, senza possibilità di sbocco. La chiusura ermetica delle fron-tiere aveva poi sortito l’effetto di isolare “il paese delle aquile” dal resto del mondo.Il crollo del muro di Berlino (è storia dei nostri giorni) ha portato il vento dell’Ovest in tutto l’oriente europeo e anche l’Alba-nia ne è stata investita e le conseguenze le ricordiamo tutti: l’esodo massiccio e in-contenibile dei primi sbarchi del ’91 con tutti i problemi che ha portato con se li abbiamo vissuti attraverso i media.I Servi e le Serve di Maria, cogliendo un’i-stanza che veniva dalla Santa Sede, corag-giosamente si sono attivati per portare nella terra degli antichi Illiri, una loro pre-senza. Nel 1991 i Servi di Maria e le Serve di Maria Riparatrici hanno lasciato l’Italia e sono sbarcati a Valona dove li attende-vano una comunità (ormai ridotta a tre) di suore albanesi “Serve di Maria Addo-lorata di Scutari”. Padre Giovanni Mercu-rio osm, insieme a suor Loredana Finotti smr, è stato tra i primi missionari sbarcati in Albania e oggi è qui e ha accettato di rispondere ad alcune domande per la no-stra rivista:

A più di dieci anni dal crollo del comuni-smo in Albania, quale è la realtà politica? È arrivata la democrazia? È una realtà molto fluida. Credo che la classe politica risenta ancora dell’influenza totalitaria del vecchio regime: i nomi emergenti hanno avuto, tutti, incarichi più o meno importanti nel regime del dittatore Enver Hoxha e i giovani, che potrebbero dare una ventata di novità, fanno fatica a farsi

strada i mezzo ai grossi calibri. Tuttavia c’è un grande desiderio di entrare in Europa e questo costringe i governanti dell’Alba-nia ad andare a scuola di democrazia in Occidente. Molti passi avanti sono stati fatti e il paese sta cambiando radicalmen-te, ma c’è ancora molto da fare, soprat-tutto per quanto concerne l’ordine pub-blico, i traffici illegali e la corruzione. La strada intrapresa è quella giusta; compito dell’Europa (ed è quello che sta già facen-do) è quello di stimolare continuamente questo popolo a non fermarsi, ad essere costante a realizzare gli obiettivi. D’altra

Intervista rilasciata da Padre Giovanni Mercurioper la rivista “Le Missioni OSM”

parte gli albanesi sono un popolo orgoglioso e sono desiderosi di far ve-dere quanto sono bravi.

Si dice che in Albania non c’è lavoro, ma è proprio così? È vero, ma bi-sogna chiarire. Lo straniero che viene in Albania rimane colpito dal fatto che tutto il paese è un enorme cantiere: dappertutto si costruisce e non sempre con criteri ortodossi. Noi sappiamo che quando in un paese il set-tore edilizio si muove, trascina con se tutti gli altri settori e così è anche in Albania. Bisogna però tener conto di un fatto: le paghe sono molto basse con un bassissimo potere di acquisto. Mi spiego: L’Albania non produce quasi niente e importa quasi tutto dall’Europa, dai generi alimentari ai capi di abbigliamento a costi europei, ma le paghe non sono assolutamente a livelli europei. Se guadagno cento euro al mese e ce ne vogliono centodieci solo per pagare l’affitto di casa, i conti sono presto fatti.

Perché la gente scappa dal paese verso l’Europa? Chi sono quelli che scappano? Si capisce da quanto ho appena detto perché l’albanese sogna l’Italia e l’Europa. Quelli che vivono bene sono coloro che sono dediti a traffici illegali che fruttano molto: sono ricchissimi e ostentano con orgo-glio la loro ricchezza, mentre la povera gente fa la fame. E allora l’albanese comune (i criminali sono un discorso a parte), un padre di famiglia che ha numerose bocche da sfamare, fa quello che facevano gli italiani di inizio secolo e dell’ultimo dopoguerra: vanno in cerca di fortuna dove sperano di trovarla. Non direi che scappano: gli albanesi hanno uno spiccato senso di appartenenza alla propria terra; è la necessità che li spinge. Bisognereb-be vedere per capire.

Che cosa può fare un giovane che vive in un villaggio sperduto, senz’ac-qua, senza servizi e senza strade per raggiungere la città? Quale potrà essere il suo futuro? Mi diceva una ragazza di diciassette anni che vive in un villaggio, che per raggiungerlo, bisogna fare un’ora di macchina e poi un’ora a piedi: “noi nasciamo qui, viviamo qui e moriamo qui, senza conoscere quello che c’è oltre la collina”. Triste destino per quelli che si rassegnano, mentre per chi non si rassegna l’alternativa è allontanarsi; e in questa ricerca di nuove possibilità, diventa facile preda della criminalità nei suoi vari risvolti.

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Che dire delle organizzazioni criminali? Sono il frutto di una situazione instabile: lo stato non c’è, ci sono loro. E’ vero che anche in Italia ci sono organizzazioni criminali, ma almeno in Italia c’è uno stato di diritto che le persegue; in Albania invece vivono indisturbate. Naturalmente queste organizzazioni han fatto lega con quelle italiane e da questo connubio è nata la mafia albanese che, in quanto a metodi non ha nulla da invidiare a quella italiana. Sono comunque convinto che il fenomeno della criminali-tà organizzata, mano a mano che il paese si avvicina all’Europa, rientrerà nei limiti fisiologici di una sana democrazia.

Cosa pensa la gente della politica italiana verso gli immigrati? È un tasto doloroso. La legge italiana ha ridotto in modo drastico la possibilità per gli albanesi di venire in Italia in modo legale; ma in questo modo si favorisce l’immigrazione clandestina e non si impedisce ai malavitosi di sbarcare sulle nostre coste, perché quelli non li ferma nessuno. Secondo me, ma so di essere impopolare, invece di pattugliare le coste, sarebbe molto più ef-ficace che si desse agli albanesi la possibilità vi venire in Italia con un sem-plice documento di riconoscimento e ci si concentrasse seriamente contro i malavitosi. Il risultato sarebbe quello di eliminare il traffico dei clande-stini perpetrato da scafisti senza scrupoli e si eviterebbero certe tragedie del mare. Non penso che un papà di famiglia che viene a cercare fortuna nel nostro paese rappresenti un grosso rischio… Dovrebbero ricordarsi, i nostri politici, di quando gli “albanesi eravamo noi”.

Da un punto di vista religioso; c’è una ripresa? Una ricerca religiosa da parte di chi? Quali religioni? Da un punto di vista religioso… Bisogna ri-cordare innanzi tutto che l’Albania è uscita solo da un decennio da una dit-tatura che per cinquant’anni aveva angariato chiunque faceva pratica reli-giosa e, ad un certo punto, aveva proclamato l’ateismo di stato. Se è vero quanto soleva dire il Curato D’Ars che se ad un paese si toglie la religione per trent’anni, gli abitanti diventeranno come le bestie; questo è proprio avvenuto in Albania. Se durante il regime di Enver Hoxha gli albanesi erano costretti ad adorare il dittatore, ora, con l’avvento della democrazia (parola magica, ma ancora misteriosa), adorano il Dio denaro. Noi ci siamo trovati a dover combattere con il nemico invisibile dell’ateismo, anche se, ad onor del vero, la gente, e soprattutto i giovani, sono alla ricerca di senso… ma quale senso?… Le offerte sono tante. Gli anziani, quelli che ricordano la loro appartenenza a una religione, si rifugiano nel passato con caparbietà e radicalismo e non ammettono che in cinquant’anni possano essere cam-biate tante cose (i vecchi cattolici, per esempio, non ammettono il Concilio Vaticano secondo). I giovani non sanno nulla di religione e ricercano una religione, tra le tante, che vada bene per loro. Ma, naturalmente, il rischio è quello di scegliere la religione più utile, non la più convincente. Tuttavia, bisogna ammettere che la religione cattolica pone ai giovani dei grandi in-terrogativi, anche se poi non sono molti quelli che si convertono (la nostra chiesa è frequentata da tanti giovani).

E le vocazioni? Solo al femminile? È un discorso che assilla tutti, religiosi e clero. Tutti lamentiamo la scarsezza di vocazioni, tutti dobbiamo fare i conti con l’età che avanza e non abbiamo nessuno a cui poter passare il testimone. E allora, è naturale, quando si apre qualche prospettiva nuova ci si chiede se potrà darci delle vocazioni. È un problema che, secondo me è mal posto, almeno in questi termini, per l’Albania. È chiaro che an-che per me è un assillo quotidiano il futuro della mia famiglia religiosa ed è costante la mia preghiera per le vocazioni, ma è anche vero che a

Valona siamo in mezzo ai musulmani, ma con una eredità di materialismo ateo che rende difficile ogni discorso religio-so, figuriamoci un discorso vocazionale… Qualche timido successo si ha nel mon-do femminile e si spiega: qui la donna è considerata di molto inferiore all’uomo e un’eventuale vocazione religiosa, oltre alla grazia della chiamata, ha anche una possibilità di risposta per l’attrattiva di un possibile riscatto dalla schiavitù all’uomo. Ecco perché l’accettazione di un’eventua-le candidata richiede molto più discerni-mento che altrove, per valutare tutte le motivazioni. E nonostante tutto, qualche volta ci sono delle grandi delusioni. Credo tuttavia che non debba essere solo il cri-terio di possibili vocazioni a spingerci in un posto più che in un altro.In Albania siamo approdati su richiesta specifica della Santa Sede. È quindi la Chiesa che ci ha affidato un compito. A me questo basta. E direi ancora che que-sto compito lo stiamo portando avanti con impegno ed entusiasmo non solo come Ordine, ma anche come famiglia Servitana.

La Famiglia dei Servi: quanti sono e di che cosa si occupano? Attualmente sia-mo (P. Santos, di nazionalità filippina, e io) in stretta collaborazione con le Serve di Maria Riparatrici che hanno due comu-nità, con suor Julia, ultima rimasta delle Serve di Maria Addolorata di Scutari e con le Serve di Maria di Pisa cha hanno una comunità a Orikum, centro turistico a venti chilometri da Valona. È una bel-la realtà che dà lustro al nostro carisma. I nostri impegni vanno dalla parrocchia, al servizio infermieristico, alla scuola ma-terna, alla mensa gratuita per i bambini più poveri di Orikum, al centro di ascolto per la donna, all’organizzazione sportiva dei ragazzi, all’aiuto agli studenti, alla bi-blioteca per i ragazzi, alla collaborazione con centri sociali italiani per i profughi, ai corsi di taglio e cucito e di lingua italiana, alla collaborazione con le scuole…Una realtà che è sostenuta, prima di tut-to con la preghiera e l’amicizia dagli amici sparsi un po’ dovunque, e poi con gli aiuti concreti. E ne approfitto per ringraziare tutti quelli che ci sono vicini.

da un’intervista di Padre Mercurio

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39ANAGRAFE

BATTEZZATISan Bartolomeo: Coriolani Amelie

San Bernardo: Navarro Asia, Beltrame Martina, Maurutto Stefano.

San Martino: Demo Virginia, Fusetti Carlotta Maria, Ducco Rebecca, Golisano Simone, Cacia Elena, Allaix Pietro, Piccinino Mattia, Caruso Rebecca, Concu Valentina, Paggiolu Gabriele, Ta-bone Umberto.

Santa Maria della Stella: Aragona Edoardo Francesco, Caffaratto Elena, Giorno Francesco, Gri-sorio Samuele, Surace Francesco, Cossentino Costanza Paola Cecilia, Battaglia Eugenio, Pavan Miriam, Santoro Rebecca.

MORTISan Bartolomeo: Oggiano Maria (83), Cristiano Antonio (73), Occhiali Ada (83), Curulli Dome-nica (54), Pisani Maria Annunziata (84), Usan Mara (76), Dellavalle Maria (80), Corsieri Carlo (80), Rinoceronte Michele Claudio (85), Zanchetta Enrico (77), Capello Iolanda (77), Saccuman Antonietta (93).

San Bernardo: Bertaldi Lucia in Orlando (71), Spinotti Giulia ved. Urbano (86), Nasi Marisa (74), Rotella Emilia in Ceretto (74), Menegon Cornelio (90), Nocera Apollonia (84), Bassignana Mario (91), Bonino Giovanna Grazia in Gobbo (64), Mirolla Giulia ved. Fonte (70), Lo Cascio Domenica Rita in Scavone (80), Tosetto Graziano (55), Zambolo Evelina ved. Tenivella (83), Caglio Giovanni (92).

San Martino: Reviglio Giuseppe (89), De Cao Paolo (57), Carrer Rita (93), Tabacchi Mario, Comba Rosa (96), Savarino Carlo (79), Persello Armida (77), Santoro Maria Teresa (70), Vercelli Maria Olimpia (85), Prina Mellina Felicita (85), Pizzocaro Rita (93), D’Aria Antonio (87), Viacelli Maria (94), Polito Giuseppe (94), Sambin Romano (84).

Santa Maria della Stella: Impensato Emma in Canta (63), Folino Pietro (60), Satta Rita ved. Pintau (95), Raso Angela Rosa ved. Rosso (87), Scaramuzzino Rosa in Di Nardo (70), Renda Margherita in Rao (65), Crivellari Regina Adina ved. Pescara (86), Scarsi Osvaldo (87), Perone Carlo Amerigo (72), Malandrino Maurizio Giuseppe (56), Paura Giancarlo (69), Lavagnini Emo (82), Iezza Nicola (68), Agostino Nicola (83), Tosolini Mario (81), Zanetti Noemi ved. Bergantin (81), Grappone Margherita ved. Silvestri (85), Greguoldo Elda ved. Pasin (82), Perotti Enrico (61), Merlo Pasqualina ved. Beltramino (100), Giarlotto Anna (70), Zoppi Lidia Mary (85), Mi-suraca Salvatore (83), Dantini Claudio (66), Savioli Celio (86), Rosa Emma (93), Rossi Luciana (65), Negro Elvio (82), Gitto Annunziata (80), Croce Angela ved. Sartori (84), Bertolotti Giovan-ni Battista (60), Coutandin Luciano (80), Arisci Mario (65), Coppoletti Maria (66), Orlandi Alma ved. Bellettati (89), Rosso Albina ved. Rovetti (87), Rosso Maria in Paltro (84), Plano Agostina Tersilla ved. Bugnone (85), Capra Teresa ved. Ruggiero (98), Morana Anna ved. Sechi (70), Gianoglio Margherita in Cavaglià (89), Vettorello Nello (97), Furbo Emilia ved. Lombardo (84), Daffara Vittorio Benito (74), Zucca Teresio (86), Negro Vittoria ved. Balzola (90), Carraro Sergio (83), Civera Fiorangela (65), Blangino Luca Mauro Fulvio (45), Paneghini Remo (78), La Barbera Carmela ved. Tocchetti (95), Tomassone Adriana in Fidango (72), Pisicchio Leonardo (68), Del Soldato Antonio (94), Durbiano Margherita in Mazzoni (73), Senor Antonietta (87), Lo Cacciato Tommaso (66), Piazza Rosa ved. Caputo (82), Rauseo Elsa (76). A

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Dal 1° novembre 2012 al 28 Febbraio 2013

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SS.MESSEChiese / Orario

FERIALI FESTIVELUN MAR MER GIO VEN SAB DOM

San Bartolomeo 09.00 09.00 09.00 09.00San Francesco 15.30 18.00 10.30San Bernardo 18.00 18.00 08.30 18.00 18.00 09.00

11.00San Martino 09.00 17.00 10.00San Rocco 08.00 19.00M.I.A. 09.00 18.30 11.15Santa Maria della Stella 18.00 18.00 18.00 20.30 18.00 08.00

11.00 18.00

Gesù Salvatore 09.00 09.30Ospedale 15.00Monastero Via Querro 06.30 06.30 06.30 06.30 06.30 06.30 07.30

Sacerdotidon Giovanni Isonni

[email protected]

don Andrea Zani347.8437134

[email protected]

don Angiolino Cobelli338.6841684

[email protected]

don Paolo Ravarini347.2390527

[email protected]

don Mauro Petrarulocappellano ospedale Rivoli

[email protected]

DiaconiBruno Zanini (San Martino)assistente ospedale di Rivoli

349.2304161

Lorenzo Cuccotti (San Bernardo)011.9585914

Giuseppe Peca (San Bartolomeo)327.0598222

Religiosi e religioseMissionari della Consolata

Via 1° Maggio 3 - [email protected]

padre Giordano Rigamonti333.3339205

[email protected]

Padri Giuseppini del MurialdoCorso Francia, 15 - 011.9503666

[email protected]

Figlie della Carità S.Vincenzo De’ PaoliVia Grandi, 5 - 011.9561715

[email protected]

Canonichesse Lateranensi S.Croce(regolari di S.Agostino)

Via Querro, 52 - 011.9586296

LUNEDì06.30 - Monastero Via Querro

MARTEDì06.30 - Monastero Via Querro09.00 - San Bartolomeo09.00 - M.I.A.18.00 - Santa Maria della Stella18.00 - San Bernardo

MERCOLEDì06.30 - Monastero Via Querro08.00 - San Rocco15.30 - San Francesco18.00 - Santa Maria della Stella18.00 - San Bernardo

GIOVEDì06.30 - Monastero Via Querro08.30 - San Bernardo09.00 - San Bartolomeo09.00 - San Martino18.00 - Santa Maria della Stella

VENERDì06.30 - Monastero Via Querro09.00 - San Bartolomeo09.00 - Gesù Salvatore18.00 - San Bernardo20.30 - Santa Maria della Stella

MESSE - Orario settimanale

SABATO06.30 - Monastero Via Querro17.00 - San Martino18.00 - Santa Maria della Stella18.00 - San Bernardo18.00 - San Francesco18.30 - M.I.A.

DOMENICA07.30 - Monastero Via Querro08.00 - Santa Maria della Stella09.00 - San Bartolomeo09.00 - San Bernardo09.30 - Gesù Salvatore10.00 - San Martino10.30 - San Francesco11.00 - Santa Maria della Stella11.00 - San Bernardo11.15 - M.I.A.15.00 - Ospedale18.00 - Santa Maria della Stella19.00 - San Rocco

MESSE - Chiese

Santa Maria della StellaVia Fratelli Piol, 44tel. 011.9586479 - fax 011.9516291Orari: da lun. a sab. ore 8.30-12; da mar. a ven. anche 15-17.30Succursale:Gesù Salvatore - Via Cavour, 40

San Martino VescovoVia San Martino, 3 - tel./fax 011.9587910Orari: mar. ore 9-11; mer. ore 16-18; gio. 9.30-11; sab. 9-11.Succursali: San Rocco - Piazza San Rocco M.I.A. - Piazza Cavallero

S e g r e t e r i e p a r r o c c h i a l iSan Bartolomeo apostoloVia Roma, 149 - tel. e fax 011.9580245 Orari: lun.-sab. 9.30-12; mar.-ven. 9-12; mer. 16.30-19; gio. 16-20.Succursale: S.Francesco - Via Adamello, 6

San Bernardo AbateVia Beltramo, 2 - tel. 011.9584950Orari: da mar. a ven. ore 10-11

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