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Patasign patasign.com Jan 31, 2008 - Mar 2, 2008 D i c a s a i n c a s a By Roberto M. Subm itted at 5:31 Feb 8, 2008 Testo pubblicato sul mononumero "Interno Italiano" in occasione del Macef 2008 Le case. Con tinelli affollati e soggiorni vuoti e incellofanati, per gli ospiti, due volte all'anno, con dipinto a olio e vetrine di bomboniere. Sempiterne neoclassiche, con bouserie a vista, gessate e ingessate, per gli americani di provincia. Minime e inospitali, orientali. Case Ikea, plasma e divano grigio, telecentriche, con cucina a vista. Case scomode e pseudoromantiche, nella mansarda di turno piena di candele e musica contemporanea. O piene di libri e poltrone, famiglia con cameretta per prole, addobbata di poster e foto ricordo. Vivace, pulita, buffa o affollata, triste o compita. Introversa o estroversa, chissà. E' che di case possiamo immaginarne a migliaia, leggerne di infinite e raccontarle a iosa, perchè non sono altro che facce di infinite persone. Ognuno le segna come delle impronte, nel tempo, e così diventano "sedimentazioni della coscienza" (diceva Mendini), piccole storie autobiografiche. Ognuna fa il verso al padrone, come i cani. E' che forse sono gli oggetti ad adempiere al difficile compito di rappresentazione delle persone. Sono la televisione, il reggilibri, il porta-cd, le casse, il cavatappi e la sedia. Sono loro le parole con cui si compone quel racconto personale, e intimo. Lo è un po' meno l'architettura, a voler essere critici. Perchè continua a essere la sua scatola vacua, 3 vani con cucina, omologata e così distante dalle nuove esigenze. Così impersonale e standard. Nel mondo crolla la famiglia, si privilegia il pubblico, la condivisione (sharing), la socializzazione, prepondera uno stile di vita dinamico e adattabile, mentre le case continuano ad essere troppo chiuse, private e monogame. Sono cubi chiusi con separazioni, baluardi e vanti del catasto, in una contemporaneità che programmaticamente tenta l'apertura. Scatolette di parametri a misura familiare. E così, gli oggetti, o il mobilio, sono diventati la terra franca sui cui è possibile scrivere una geografia propria, sentimentale e voluta, l'antidoto ai parametri dogmatici dell'architettura. Ma perdonando le inadempienze dell'architettura, ogni casa è un sovrapporsi di tanti piccoli sentimenti, valori, culture, dogmi ed educazioni che compongono un profilo così ingenuamente, e inevitabilmente, sincero. Ed è in questo loro essere degli autoritratti involontari (e quindi infallibili) la bellezza dell'unicum. Ci si scopre, in casa. E nel levare le coperte (casa viene da coperta etimologicamente, guarda un pò) è venuto di fotografare non degli interni o delle architetture ma, più precisamente,uomini. Quegli uomini. E così queste immagini sono istantanee di autoritratti, fotografie di fotografie, dipinti sociologici di vissuti sulla cui linea si staglia una specie di metrica del vivere. Dal camionista alle cene familiari: persone normali, di tutti i giorni, vite comuni, ripercorse da uno sguardo che parte dagli interni per comporre una piccola campionatura di vite, una piccola misura sulle persone. Così diventa bello, e utile, riuscire a scansionare le possibilità con cui ognuno tenta questo involontario e innocente racconto di se che è la casa, attraverso gli oggetti, e riuscirne a fare un enciclopedia della complessità, persona per persona, modo per modo, come antidoto all'omologazione. Questa rivista ci tenta, e da una mano, nel difficile compito di immaginare che una casa, prima di essere progettata, va pensata. E u r e k a C o o p By Roberto M. Subm itted at 11:13 Feb 15, 2008 La storia è questa. Giulio Iacchetti 4 anni fa si mette in testa di voler fare un grande progetto con alcuni dei giovani designer milanesi che scardini l'idea (stravagante) che la parola design abbia a che fare col lusso e che, in definitiva, la parola progetto sia una parola per pochi. Si riunisce in Triennale e decide di chiamare, guarda un po', la Coop: non è che in giro ci siano molte aziende che si rivolgono a mia zia e alla mia portinaia (senza offesa, tanto non ho una portinaia) con la normale propensione di vendergli cose di qualità. Ne sono venuti fuori 12 progetti per la pulizia della casa che stamattina presentavano a Torino en oi siamo andati lì a vederli. Dopo averli visti in foto, e pubblicati qualche giorno fa, la prima cosa che stupisce a vederli dal vivo è la fattura. Sono fatti bene, gli spessori, le plastiche, i dettagli, sono fatti bene, come oggetti della Alessi, o di Guzzini, solo che costano 2/3/10 euro. La seconda cosa, a tenerli in mano, è una sensazione di naturalezza, di oggetto semplice "pulito", normale. Sembra che li hai sempre avuti, che siano sempre esistiti. Una cosa che hai in casa e non si ostenta come una vecchia signora al teatro, non sono da mettere in bella vista, non sono da nascondere (come spesso gli oggetti per pulire casa), ma non sono nemmeno insipidi o invisibili. Sono corretti. Hanno genuinità, dignità, e una bellezza vera, come quella del popolo. le immagini dei progetti>> "Eureka Coop". Designer: Giulio Iacchetti, Matteo Ragni, Odoardo Fioravanti, JoeVelluto, Paolo Ulian, Ilaria Gibertini, Enrico Azzimonti, Miriam Mirri, Carlo Contin, Bazzicalupo+Mangiarotti e Lorenzo Damiani.

Pata Magazine - apr08

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April Issue. (with the old name "Patasign")

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Page 1: Pata Magazine - apr08

Patasign patasign.comJan 31, 2008 - Mar 2, 2008

Di casa in casaBy Roberto M.

Subm i t t e d a t 5 : 31 F e b 8 , 2008

Testo pubblicato sul mononumero"Interno Italiano" in occasione delMacef 2008

Le case. Con tinelli affollati esoggiorni vuoti e incellofanati, per gliospiti, due volte all'anno, con dipintoa olio e vetrine di bomboniere.Sempi terne neoclass iche , conbouserie a vista, gessate e ingessate,per gli americani di provincia.Minime e inospitali, orientali. CaseIkea, plasma e divano grigio,telecentr iche, concucina a vista. Case scomode epseudoromantiche, nella mansarda diturno piena di candele e musicacontemporanea. O piene di libri epoltrone, famiglia con cameretta perprole, addobbata di poster e fotoricordo. Vivace, pulita, buffa oaffollata, triste o compita. Introversao estroversa, chissà.

E' che di case possiamo immaginarnea migliaia, leggerne di infinite eraccontarle a iosa, perchè non sonoaltro che facce di infinite persone.Ognuno le segna come de l leimpronte, nel tempo, e così diventano"sedimentazioni della coscienza"(diceva Mendini), piccole storie

autobiografiche. Ognuna fa il verso alpadrone, come i cani.

E' che forse sono gli oggetti adadempiere al difficile compito dirappresentazione delle persone. Sonola televisione, il reggilibri, il porta-cd,le casse, il cavatappi e la sedia. Sonoloro le parole con cui si componequel racconto personale, e intimo. Loè un po' meno l'architettura, a voleressere critici. Perchè continua aessere la sua scatola vacua, 3 vani concucina, omologata e così distanted a l l e n u o v e e s i g e n z e . C o s ìimpersonale e standard. Nel mondocrolla la famiglia, si privilegia ilpubblico, la condivisione (sharing), lasocializzazione, prepondera uno stiledi vita dinamico e adattabile, mentrele case continuano ad essere troppochiuse, private e monogame. Sonocubi chiusi con separazioni, baluardie v a n t i d e l c a t a s t o , i n u n ac o n t e m p o r a n e i t à c h eprogrammaticamente tenta l'apertura.Scatolette di parametri a misurafamiliare. E così, gli oggetti, o ilmobilio, sono diventati la terra francasui cui è possibile scrivere unageografia propria, sentimentale evoluta, l 'antidoto ai parametridogmatici dell 'architet tura.

Ma perdonando le inadempienzedell'architettura, ogni casa è uns o v r a p p o r s i d i t a n t i p i c c o l isentimenti, valori, culture, dogmi ed

educazioni che compongono unprof i lo cos ì ingenuamente , einevitabilmente, sincero. Ed è inquesto loro essere degli autoritrattiinvolontari (e quindi infallibili) labellezza dell'unicum.

Ci si scopre, in casa. E nel levare lecoperte (casa viene da copertaetimologicamente, guarda un pò) èvenuto di fotografare non degliinterni o delle architetture ma, piùprecisamente,uomini. Quegli uomini.E così queste immagini sonoistantanee di autoritratti, fotografie difotografie, dipinti sociologici divissuti sulla cui linea si staglia unaspecie di metrica del vivere. Dalcamionista alle cene familiari:persone normali, di tutti i giorni, vitecomuni, ripercorse da uno sguardoche parte dagli interni per comporreuna piccola campionatura di vite, unapiccola misura sulle persone.

Così diventa bello, e utile, riuscire ascansionare le possibilità con cuiognuno tenta questo involontario einnocente racconto di se che è la casa,attraverso gli oggetti, e riuscirne af a r e u n e n c i c l o p e d i a d e l l acomplessità, persona per persona,modo per modo, come antidotoall'omologazione. Questa rivista citenta, e da una mano, nel difficilecompito di immaginare che una casa,prima di essere progettata, va pensata.

EurekaCoopBy Roberto M.

Subm i t t e d a t 11 : 13 F e b 15 , 2008

La storia è questa. Giulio Iacchetti 4anni fa si mette in testa di voler fareun grande progetto con alcuni deigiovani designer milanesi chescardini l'idea (stravagante) che laparola design abbia a che fare collusso e che, in definitiva, la parolaprogetto sia una parola per pochi. Siriunisce in Triennale e decide dichiamare, guarda un po', la Coop: nonè che in giro ci siano molte aziendeche si rivolgono a mia zia e alla miaportinaia (senza offesa, tanto non houna portinaia) con la normalepropensione di vendergli cose diqualità.

Ne sono venuti fuori 12 progetti perla pulizia della casa che stamattinapresentavano a Torino en oi siamoandati lì a vederli. Dopo averli visti infoto, e pubblicati qualche giorno fa, laprima cosa che stupisce a vederli dalvivo è la fattura. Sono fatti bene, glispessori, le plastiche, i dettagli, sonofatti bene, come oggetti della Alessi,o di Guzzini, solo che costano 2/3/10euro. La seconda cosa, a tenerli inm a n o , è u n a s e n s a z i o n e d inaturalezza, di oggetto semplice"pulito", normale. Sembra che li haisempre avuti, che siano sempreesistiti. Una cosa che hai in casa enon si ostenta come una vecchiasignora al teatro, non sono da metterein bella vista, non sono da nascondere(come spesso gli oggetti per pulirecasa), ma non sono nemmeno insipidio invisibili. Sono corretti. Hannogenuinità, dignità, e una bellezzavera, come quella del popolo.

le immagini dei progetti>>

"Eureka Coop". Designer: GiulioIacchetti, Matteo Ragni, OdoardoFioravanti, JoeVelluto, Paolo Ulian,Ilaria Gibertini, Enrico Azzimonti,Mi r i am Mi r r i , Ca r lo Con t in ,Bazzicalupo+Mangiarotti e LorenzoDamiani.

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Giacomo BallaBy Roberto M.

Subm i t t e d a t 15 : 02 F e b 19 , 2008

Noi siamo il futuro del futurismo, equindi ci tocca andare a vedere Balla,al palazzo reale di Milano, come ciimmaginava.

C'è una pr ima sala del Bal laprefuturista che finisce lasciandoti intesta l'idea che Balla è comunqueBalla, anche se non faceva il futurista.Che si può essere tanto, ma tanto, aprescindere.

E poi c'è Balla quello del 13, 1913,quello chea un certo punto mentre fuoriimpazzavano le bombe della primaguerramondiale della storia, lui scriveva agliamici dicendo della velocità,tracciando sulla tela il futuro dell'arte.“Voglio raffigurare il

concetto della velocità prima ditornare alla realtà”, e voleva farlospazzando sul pelo dell'acqua un paiodi millenni di arte figurativanon per entrare, come è ovvio, nelcielo dell'astrattismo ma, forse sipuò dire, per tracciare il sentierodell'arte concettuale. Prima diDuchamp. Ipotizzare che su quellatela potesse delinearsi l'idea, enon la realtà, e nemmeno l'emozione,ma il concetto, è un pelo prima dimettere un pisciatoio in un museo.Cercare nella forma della pittura lavolontà di raffigurazione di un'idea,un po' prima della dissacrazionedel ready made.

Fuori ancora non avevano messo inpiedi il comunismo reale, e lacravatta era ancora un ipotesi, mentrelui capiva che quei vorticicolorati sulla tela erano il brillio delpensiero.

Joseph Beuys vs TVBy Roberto M.

Subm i t t e d a t 15 : 19 F e b 4 , 2008

Comincia che c'è un uomo di spalle.Joseph Bueys, cappello compreso. Difronte un televisore, anche lui conuno strano cappello: dovevano esserecosì le antenne, negli anni 70.

Dopo un po' ti accorgi che lo schermodel monitor ha una strana pellicolascura sopra, ad oscurarlo. Poi tiaccorgi che sotto la sedia Beuys ha unpaio di guanti da pugile, li indossa, unpo' larghi, e comincia a colpire loschermo.Un po' goffo, quasi comico. Ilcappello rimane lì (la televisioneanche). E la cosa dura un po',abbastanza per affaticarsi. Cioèquello che pensi è che la cosa è duratatanto. Poi finisce. E sa dio perchèprende una specie di salame, lo taglia,e lo attacca al televisore, come se

volesse far sentir la TV al salame. Oqualcosa del genere. Forse cerca dicapire se, attraverso il salame, latelevisione si capisce meglio. Poi sialza, sono passati molti minuti, molti,va di là. Pensi sia andato a prendereun cavallo, o chissà, e invece tornacon un pezzo di feltro. Una stoffa. Unquadrato. Lo attacca al muro, quasicome se volesse proteggerlo. Prendela televisione, e la gira contro il muro,e se ne va. Continui a sentire sottoquesta voce tedesca di un televisoreoscurato che guarda un pezzo di feltroattaccato a un muro. Dialogo fra muti.E fra sordi, anche. E continui apensare che quei due pezzi di nienteche s i gua rdano s i a so lo l atestimonianza di una sconfitta. Beuyslì è un uomo che, ineluttabilmente, hape r so . G l i r imaneva so lo d iproteggere i muri, la casa. Lui se neva via, solitario e sconfitto, come uncane che abbaia alla sua ombra.

Pechino 2008By Roberto M.

Subm i t t e d a t 7 : 01 Ma r 1 , 2008

La Cina, su questa cosa delleOlimpiadi, ha messo sul tavolo 30,t r e n t a , m i l i a r d i d i e u r o p e rinfrastrutture. Il biglietto da visita perl'occidente. Gli architetti hannotrovato l'America e in questi giorni,su tutti i giornali e i blog, imperversal'icona di tutto questo: l'aereoportoprogettato da Norman Foster. Tremiliardi di euro, per un compenso suo

che a occhio si aggira intorno ai 30milioni di euro.I numeri non sono belli, ma fannocapire unarealtà che è oggi l'unica a potersipermettere certe cifre.

Stupisce, in tutto questo, la totaleassenza di critica, ovunque, masoprattutto su internet. Tutti i blog,tutti, a pubblicare, chi lo faprima, chi un pelo dopo, questeluccicanti realizzazioni. Futurisibilit o t e m . L ' o r g i a c o m p l e s s i v ad e l l ' i n f o r m a z i o n e m e d i a t i c a

sfrantuma ilsenso stesso delle cose.

Questa qui, qualcuno lo dica, èarchitettura di propaganda. Senzamezzitermini. E' la faccia pulita di un paeseschifoso, la maschera bella (emanco bella) di un regime fascista.Celebriamo, senza capire, uno deipeggiori regimi della storia e il suomodo di farsi bello. E' retoricadi una dittatura capitalista. Gliarchitetti hanno trovato l'America,io continuo a vederci la Cina. E mi faschifo.

Thomas Ruff JPEG TVTBBy Sanja

Subm i t t e d a t 7 : 02 J a n 31 , 2008

Come quando la storia si fa guardareda lontano, per farsi capire meglio,cosi dando un senso a quegli istanti,che presi singolarmente non sonoaltro che astrazioni. Cosi le famoseJPEG di Thomas Ruff, fanno parte diuna catalogazione della storiacontemporanea, di immagini che

costruiscono la nostra memoriacollettiva, di guerre e paesaggi.L'artista insiste ribadisce ingrandisce

l'idea che la fotografia riesce acatturare soltanto la superficie dellecose. Sarà l'abitudine, ma c'è qualcosadi dannatamente bello in questasuperficialità, in questa lente astrattaattraverso la quale ormai siamoabituati a vedere le immagini. Aquadratini.

Thomas Ruff, Jpegs 2006, 121.9 x91.4 cm

Wis DesignUn'altra storia, di mobili usati, lasciatinel dimenticatoio o buttati perchè

By Luca

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3PatasignWIScontinued from page 2

ritenuti vecchi, recuperati. Diversidesigner (vedere il post su WiekiSomers ) si stanno muovendo inquesta direzione, cercando direcuperare ciò che non si considerapiù funzionale o più contemporaneo opiù "bello".

Questo mobile dal nome Decadesdelle Wis design, duo femminile diStoccolma, èuna struttura in MDF laccato bianco(l'unica pecca a mio avviso, perr e n d e r e s o l o l ' o g g e t t o p i ùammiccante), che accoglie al suointerno una serie di cassetti recuperatidai vari mercatini delle pulci, tuttidiversi tra loro.

L a s t r u t t u r a , i l c o l o r e e l adisposizione ordinata riesce a rendere

il tutto perfettamente contemporaneo.Per una volta il gusto di quell'anticoche piace tanto, dal quale non ci siriesce a distaccare perchè caricato div a l o r i a g g i u n t i , n o s t a l g i a ,testimonianza, ricordo, recuperato perfunzionare e tornare a nuova vita alpasso coi tempi.

Antico che secondo il genio diBaudrillard "non è afunzionale nésemplicemente decoratico, ma ha unafunzione specifica nel sistema:significa il tempo."

www.wisdesign.se

Din-ink, la penna-posataBy Sanja

Subm i t t e d a t 20 : 10 F e b 13 , 2008

E' un desiderio alquanto strano, per ilfuturo del mondo, quello di voleremangiare con una penna. Non perm o t i v i d i t i p osociale/estetico/ergonomico (cheprobabilmente non mancano), ma perqualche maledetto istinto, o inculcata

educazione, per la quale non sonopronta a sorridere davanti a una pennadentro il piatto.

Il progetto din-ink è intelligente, se lasua applicazione non fa produrre piùpenne, ma ricicla e trasforma inposate quelle che non usiamo o chenon funzionano più (sempre sperandoche nel 2015 si usino ancora). Chissase questo era l'intento dei progettisti.

Nonostante il rigetto istintivo, non sipuò che simpatizzare con din-ink, unodei progetti che ha vinto il concorsoDining in 2015 co-organizzato daMACEF e designboom.

Progettisti: Andrea Cingoli, PaoloEmilio Bellisaro, Cristian Cellini eFrancesca Fontana.

Adidas is ClassicBy Sanja

Subm i t t e d a t 19 : 03 F e b 11 , 2008

Un po' me ne infischio di PhilippeDaverio e di quel lo che dicesull'etimologia della parola classico,davanti ad un'esempio così lampante.Più classico delle scarpe della Adidas,c'è solo la scatola delle scarpe dellaAdidas. Sugli scaffali, sotto il letto,sopra la scrivania, per anni acontenere fotografie, figurine eposter, video cassette, biglietti per il

cinema e cartoline di natale.

Davanti al sistema di esposizioneproposto da True North, nessuno sis e n t e s p a e s a t o , p e r c h è l aclassicissima scatola della Adidas, ègia da tanto tempo stata accettata,come niente meno di un mobile o diun'oggetto d'arredo.

Via The Cool Hunter

Gregory Crawdson FirefliesBy Dalia

Subm i t t e d a t 7 : 44 F e b 15 , 2008

Fireflies racconta dell'ineffabilebellezza della Natura, di voli notturnic h e d i s e g n a n o v o l u t t u o s eintermittenze, del buio cosparso dipiccoli sussulti di luce. Racconta diatmosfere shakespeariane da Sogno diuna Notte di Mezza Estate,

di silenzi in bianco e nero, di

meravigliose e magiche presenze dicui sfugge, inesorabile, l'essenza.Racconta di immagini rubate all'obliodella memoria, di ovattate astrazionidi sogno...

FirefliesFoto e testi di GregoryCrewdson. Skarstedt Fine Art, NewYork, 2007. 128 pp., 61 tritoneillustrazioni

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Fabio Novembre 100 piazzeBy Roberto M.

Subm i t t e d a t 7 : 03 F e b 11 , 2008

Quel lo che è bel lo , d i FabioNovembre , è che riesce sempre amescolare le carte, cultura alta,cultura bassa, idee universali efaccende di tutti i giorni, connonchalance. La stessa con cui hapreso le piazze del nostro bel paese,

le nostre agorà, il luogo dove èaccaduto tutto della nostra storia dicomuni, e come un bambino controppa fantasia le ha fatte diventareluoghi dove appoggiare il caffè per inostri ospit i . E poi, tanto perspiazzarti di nuovo, gli ha toltol'innocenza facendole d'argento:piccoli gioielli per adulti.

Per vedere gli altri vassoi

Makoto HiraharaBy Sanja

Subm i t t e d a t 19 : 31 F e b 5 , 2008

E' uno scherzo, una truffa, è come seti prendessero in giro. E' un inganno.Ci si perde nella battuta, nellasimpatia del progetto e si dimentica lavolgarità. Non è ne raffinato, neparticolarmente interessante, ma nonlo è neanche l'erba finta intorno alle

piscine del Bahrain, o davanti allecase del Kuwait, eppure c'è qualcosanell'idea dell'erba che giustifica ilgesto. Forse una finta finestra, in unufficio affollato del Giappone, o inuno spazio sotterrato di Milano, nonsembra poi cosi tanto uno scherzo,quanto una bellissima bugia.

Bright blind di Makoto Hirahara.

Dejeuner su l'herbeBy Sanja

Subm i t t e d a t 16 : 36 F e b 28 , 2008

Due uomini vestiti e una donna nuda,fanno pique-nique sull'erba. Delfamoso dipinto di Edouard Manet, LeDejeuner sur L'Herbe , sono stati fattiremix e remakes (da Picasso a Orlan).

Inutile spiegare perchè il tema spirain particolare modo le artiste, (un po')vendicative e (un po') femministe. Maattenzione attenzione, qualcosa ècambiato questa volta, nella versionepiu recente del tema, l'uomo è resoutile. Riflettiamoci.

Pepe Smit , Dejeuner su l'herbe, 2003

By Sanja

Subm i t t e d a t 18 : 27 F e b 6 , 2008

Basta un genio come Fornasetti a

Fornasetti e la solita donna

ricordarci che una donna in lacrime,una volta girata, fuma.