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NUMERO DEL 7(14)/4/2009 Ambiente & Scienza BREVI ISTRUZIONI PER UN ESAME DI CO2SCIEN ZA. I MILANESI E L’E FFETTO SERRA. Clementi A volte parlare di qualità della vita e di ambiente in un contesto come quello milanese può sembrare imbarazzante. Mi chiedo che interesse può avere il milanese medio a ridurre le proprie emissioni di gas serra quando ogni giorno è disposto a respirare ……. (bip).  Spero che i lettori di Arcipelago Milano non se la prendano per i toni poco pacati, e riconoscano la difficoltà di parlare di questioni ambientali e di qualità della vita agli abitanti di una città in cui la qualità dellaria è pessima, la maggior parte dei musei chiudono alle sei del pomeriggio, il parcheggio sul marciapiede è la norma e che non mi sorprenderebbe scoprire nel guinness dei primati per il tasso di spopolamento nei weekend. Certo Milano è al centro del mondo! In unora di auto posso andare da qualsiasi parte. Ma se io volessi rimanere qui? Se io volessi provare a misurare la mia qualità della vita in un arco temporale più breve dellintervallo settimanale? Che cosa cambierebbe se il milanese medio iniziasse a misurare la propria qualità della vita nellarco temporale delle 24 ore giornaliere? Forse, guardando le famigliole in bici e caschetto che la mattina eroicamente e illegalmente contendono il marciapiede alle vecchiette che ancora hanno il coraggio di andare a fare la spesa, si renderebbe conto dellesigenza di piste ciclabili. Forse trovandosi costretto a non migrare nel fine settimana accetterebbe molto meno volentieri di respirare i gas di scarico della propria auto o del proprio inefficiente sistema di riscaldamento. Potrei andare avanti allinfinito con questa rassegna di acidi “forse”, ma, per farla breve, la prima “istruzione” per un esame di coscienza che questo sfogo iniziale vuole trasmettere, è un invito alla consapevolezza delle conseguenze delle nostre azioni quotidiane sullambiente. Affrontando la problematica del surriscaldamento globale e degli stili di vita sostenibili tale suggerimento esorterebbe a essere maggiormente coscienti delle emissioni clima-alteranti provocate dallindividu o durante le 24 ore della propria giornata tipo. Tale primo sforzo sarebbe comunque inutile senza un termine di riferimento; Gianni Silvestrini in un articolo sul numero 6 del 2007 della rivista LIMES presenta la necessità di andare oltre gli obiettivi previsti dal protocollo di Kyoto per collocarsi in uno scenario a lungo termine, condiviso dal governo tedesco, che prevede un limite di emissioni per tutti gli abitanti del pianeta di 2000kg di CO2 pro-capite anno entro la fine del secolo. Una coscienza ecologica pulita potrebbe adottare questo termine come riferimento per unanalisi dei propri impatti quotidiani, impegnandosi a verificare se le proprie azioni comportino emissioni tali da superarne il limite, ovvero 5,5 kg di CO2 pro capite al giorno. Come già evidenziato dallo studio sullimpron ta ecologica della provincia milanese presentato nella sezione ambiente di Arcipelago Milano il 12 marzo scorso, le emissioni relative al nostro stile di vita sono imputabili alle categorie di consumo alimentazione, abitazione, trasporti, servizi e altri consumi di beni. La tabella riportata nellarticolo presenta questi dati nei termini di quantità equivalente di terreno per lenergia, in altre  parole lestensione di foreste necessaria per assorbire la CO2 prodotta dalluso di risorse non rinnovabili.  Considerando che un ettaro di foresta rappresentativo della capacità media mondiale di assorbire anidride carbonica consente lo stoccaggio annuale di circa 5,2* tonnellate di CO2, il dato espresso nelle tabelle dellanalisi dellimpronta ecologica della provincia di Milano potrebbe essere riportato in termini di emissioni di CO2  pro capite. Così facendo le emissioni giornaliere dellabitante della provincia ammonterebbero a 36,5 kg di CO2, 13312 kg pro capite ogni anno, di cui 1248 kg si riferiscono allalimentazione (3,4 kg/giorno), 2704 kg allabitazione (7,4 kg/giorno), 3536 kg ai trasporti (9,7 kg/giorno), 4316 kg al consumo di altri beni (11,8 kg/giorno) e 1508 kg ai servizi (4,1 kg/giorno) (*il dato relativo alla capacità di assorbimento delle foreste globali è stato estratto da Chambers N., Simmons C., Wackernagel M.- Manuale delle Impronte Ecologiche. Principi, applicazioni, esempi. Edizioni Ambiente, 2002; non è quindi aggiornato al 2008, anno di pubblicazione dello studio per Milano). Invito quindi il lettore di Arcipelago Milano a prendere atto della notevole differenza tra i dati presentati e il termine di riferimento, e provare, ove le informazioni siano disponibili, a misurare direttamente le emissioni di CO2 della propria quotidianità. A tal fine può tornare utile sapere che il consumo di 1 kWh elettrico secondo il mix nazionale italiano com porta lemission e di circa 0,550 kg di CO2, la combustione di un lit ro di benzina 2,4 kg di CO2, un litro di gasolio 2,7kg, un metro cubo di gas metano circa 1,9 kg, e che ci sono on line molti calcolatori interessanti come per esempio sui siti www.ecodieta.it oppure  www.azzeroco2.it . 

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NUMERO DEL 7(14)/4/2009

Ambiente & ScienzaBREVI ISTRUZIONI PER UN ESAME DI CO2SCIENZA. I MILANESI E L’EFFETTO SERRA.Clementi

A volte parlare di qualità della vita e di ambiente in un contesto come quello milanese può sembrareimbarazzante. Mi chiedo che interesse può avere il milanese medio a ridurre le proprie emissioni di gas serraquando ogni giorno è disposto a respirare ……. (bip). Spero che i lettori di Arcipelago Milano non se la prendano per i toni poco pacati, e riconoscano la difficoltàdi parlare di questioni ambientali e di qualità della vita agli abitanti di una città in cui la qualità dell‟aria èpessima, la maggior parte dei musei chiudono alle sei del pomeriggio, il parcheggio sul marciapiede è lanorma e che non mi sorprenderebbe scoprire nel guinness dei primati per il tasso di spopolamento neiweekend. Certo Milano è al centro del mondo! In un‟ora di auto posso andare da qualsiasi parte. Ma se iovolessi rimanere qui? Se io volessi provare a misurare la mia qualità della vita in un arco temporale più brevedell‟intervallo settimanale? Che cosa cambierebbe se il milanese medio iniziasse a misurare la propria

qualità della vita nell‟arco temporale delle 24 ore giornaliere?Forse, guardando le famigliole in bici e caschetto che la mattina eroicamente e illegalmente contendono ilmarciapiede alle vecchiette che ancora hanno il coraggio di andare a fare la spesa, si renderebbe contodell‟esigenza di piste ciclabili.Forse trovandosi costretto a non migrare nel fine settimana accetterebbe molto meno volentieri di respirare igas di scarico della propria auto o del proprio inefficiente sistema di riscaldamento. Potrei andare avantiall‟infinito con questa rassegna di acidi “forse”, ma, per farla breve, la prima “istruzione” per un esame dicoscienza che questo sfogo iniziale vuole trasmettere, è un invito alla consapevolezza delle conseguenzedelle nostre azioni quotidiane sull‟ambiente. Affrontando la problematica del surriscaldamento globale edegli stili di vita sostenibili tale suggerimento esorterebbe a essere maggiormente coscienti delle emissioniclima-alteranti provocate dall‟individuo durante le 24 ore della propria giornata tipo.Tale primo sforzo sarebbe comunque inutile senza un termine di riferimento; Gianni Silvestrini in un articolo

sul numero 6 del 2007 della rivista LIMES presenta la necessità di andare oltre gli obiettivi previsti dalprotocollo di Kyoto per collocarsi in uno scenario a lungo termine, condiviso dal governo tedesco, cheprevede un limite di emissioni per tutti gli abitanti del pianeta di 2000kg di CO2 pro-capite anno entro la finedel secolo. Una coscienza ecologica pulita potrebbe adottare questo termine come riferimento per un‟analisidei propri impatti quotidiani, impegnandosi a verificare se le proprie azioni comportino emissioni tali dasuperarne il limite, ovvero 5,5 kg di CO2 pro capite al giorno.Come già evidenziato dallo studio sull‟impronta ecologica della provincia milanese presentato nella sezioneambiente di Arcipelago Milano il 12 marzo scorso, le emissioni relative al nostro stile di vita sono imputabilialle categorie di consumo alimentazione, abitazione, trasporti, servizi e altri consumi di beni. La tabellariportata nell‟articolo presenta questi dati nei termini di quantità equivalente di terreno per l‟energia, in altre parole l‟estensione di foreste necessaria per assorbire la CO2 prodotta dall‟uso di risorse non rinnovabili. Considerando che un ettaro di foresta rappresentativo della capacità media mondiale di assorbire anidride

carbonica consente lo stoccaggio annuale di circa 5,2* tonnellate di CO2, il dato espresso nelle tabelledell‟analisi dell‟impronta ecologica della provincia di Milano potrebbe essere riportato in termini diemissioni di CO2   pro capite. Così facendo le emissioni giornaliere dell‟abitante della provinciaammonterebbero a 36,5 kg di CO2, 13312 kg pro capite ogni anno, di cui 1248 kg si riferisconoall‟alimentazione (3,4 kg/giorno), 2704 kg all‟abitazione (7,4 kg/giorno), 3536 kg ai trasporti (9,7kg/giorno), 4316 kg al consumo di altri beni (11,8 kg/giorno) e 1508 kg ai servizi (4,1 kg/giorno) (*il datorelativo alla capacità di assorbimento delle foreste globali è stato estratto da Chambers N., Simmons C.,

Wackernagel M.- Manuale delle Impronte Ecologiche. Principi, applicazioni, esempi. Edizioni Ambiente,

2002; non è quindi aggiornato al 2008, anno di pubblicazione dello studio per Milano).Invito quindi il lettore di Arcipelago Milano a prendere atto della notevole differenza tra i dati presentati e iltermine di riferimento, e provare, ove le informazioni siano disponibili, a misurare direttamente le emissionidi CO2 della propria quotidianità. A tal fine può tornare utile sapere che il consumo di 1 kWh elettricosecondo il mix nazionale italiano comporta l‟emissione di circa 0,550 kg di CO2, la combustione di un litrodi benzina 2,4 kg di CO2, un litro di gasolio 2,7kg, un metro cubo di gas metano circa 1,9 kg, e che ci sonoon line molti calcolatori interessanti come per esempio sui siti www.ecodieta.it oppure www.azzeroco2.it. 

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ApprofondimentiMELEGNANO: SALVARE LA MEMORIAGardella

E‟ successo poche settimane fa nella cittadina di Melegnano un fatto edilizio apparentemente insignificante,in realtà indicativo di un fenomeno che minaccia il nostro patrimonio storico: una vecchia casa rustica,risalente al secolo XVIII e posta nel centro storico della cittadina, è stata drasticamente demolita, nell‟arco diuna sola giornata, per opera di due gigantesche ruspe. Invano Italia Nostra, come associazione, e alcunisingoli privati, sensibili ai valori della tradizione, hanno cercato di fermare l‟atto incriminato. LaSoprintendenza ai Monumenti, pur rammaricandosi di quanto stava succedendo, non ha trovato motivazionilegali per impedire la demolizione: la vecchia casa infatti non era soggetta a vincoli monumentali enell‟ambiente in cui sorgeva non era vietato sostituire un vecchio edificio con uno nuovo. Bisognariconoscere che l‟edificio non era di valore tale da richiedere un vincolo della Soprinte ndenza; né il centrourbano in cui sorgeva aveva caratteri storici e ambientali così particolari da dover essere sottoposti a tutela.

Bisogna anche ammettere che il nuovo edificio destinato a sostituire quelle abbattuto non presenta un aspettostridente e offensivo, ma soltanto goffamente folkloristico nel suo tentativo di imitare un palazzottomedioevale. Eppure, nonostante l‟ammissione di queste premesse apparentemente non censurabili, il fatto ègrave, e denota un costume che fa paura.A poco a poco, pezzo dopo pezzo, tutte le tracce del nostro passato saranno destinate a scomparire. E insiemecon loro verrà irrimediabilmente cancellato tutto il patrimonio di documenti, di sentimenti, di atmosfere, diricordi che quelle tracce, quando ancora riescono a sopravvivere, portano con sé e suscitano in noi. Percontrastare questa progressiva distruzione della Storia; per arrestare lo smantellamento, una dopo l‟altra,delle superstiti tracce del passato, non bastano i vincoli imposti dalla Soprintendenza o dagli Assessorati aiBeni Culturali della Regione; occorre creare una diversa sensibilità, un modo di ragionare contrario a quelloche è il nostro attuale e dominante concetto di città e di territorio. Non più concepire quest‟ultimo cometerreno di conquista, quando non di rapina, ma considerarlo come un tesoro comune, un bene collettivo da

usare con cautela e da occupare con discrezione.E‟ ovvio che questo radicale cambiamento di prospettiva urbanistico-paesaggistica non è innocuo néindolore, giacché sembra mettere in forse la proprietà privata del suolo, e il diritto di edificare sul proprioterreno. Tuttavia, senza voler affrontare la secolare questione giuridica che riconosce il possesso della terra alsingolo privato, è possibile introdurre alcune fondamentali e radicali riforme normative che consentirebberodi salvaguardare, rinnovare e conservare il restante patrimonio edilizio, anche di minore valorearchitettonico, trasmessoci a tutt‟oggi dal passato.E‟ noto che uno degli ostacoli maggiori alla conservazione di questo patrimonio è la diffi coltà, se nonl‟impossibilità, di far rispettare le numerose e spesso pletoriche norme che regolano e condizionanol‟abitabilità degli edifici. Spesso assurde, anche quando vengono applicate a stabili di nuova costruzione,queste norme lo sono ancora di più quando vengono imposte nelle case vecchie. La loro rigidità, cieca eottusa, ne rende impossibile il rispetto senza compromettere l‟integrità storico-estetica della costruzione. E

questa impossibilità favorisce, com‟è ovvio, la decisione di abbattere l‟edificio esistente e di elevarne al suoposto uno nuovo, diligentemente rispettoso di tutte le prescrizioni richieste. Basterebbe introdurre neiregolamenti edilizi e nelle norme dei piani urbanistici, criteri più flessibili, più malleabili, più adattabili aisingoli casi concreti, e si avrebbe il risultato di eliminare ogni scusa volta a giustificare la distruzione delvecchio. Elaborare e applicare tali criteri non è certo facile, ma per i cultori della giurisprudenza urbanisticasarebbe una sfida entusiasmante, un compito pieno di attrattive.Un‟altra azione, faticosa ma gratificante, da mettere in pratica per la salvezza del passato, consiste neldimostrare che il comfort e le comodità domestiche, così come sono offerti dalle nuove costruzioni, non sononé ostacolate né irraggiungibili anche nelle vecchie.Una delle motivazioni più falsamente convincenti che induce ad abbattere le vecchie sta nella convinzione,anzi nel pregiudizio, che esse siano più disagevoli e scomode, meno facilmente attrezzabili, maggiormentesacrificate di quanto non siano le nuove. Se si chiarisse che i medesimi requisiti di comodità offerti da questepotrebbero essere esaurientemente assicurati anche in quelle, molti costruttori, molti proprietari, moltiaffittuari non avrebbero diffidenza e difficoltà ad abitare una casa vecchia e ospitale piuttosto che in una casanuova, priva di calore e di atmosfera famigliare.

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Nella prospettiva di rendere le case vecchie sia abitabili che conformi alla legge, nel caso della riformanormativa era richiesto l‟impegno e la capacità professionale del legislatore-urbanista, nel caso del riusoabitativo è richiesta la preparazione e la capacità inventiva del progettista-architetto. Sta a lui il compito disaper rispettare il fascino del vecchio senza far mancare la comodità del nuovo. Le nostre facoltà diarchitettura, che spesso si perdono in ricerche astratte e lontane dai problemi reali, dovrebbero inserire neiloro attualmente poco organici programmi, almeno specifici corsi d‟istruzione volti a rendere l‟edilizia di ieririspondente alle esigenze di oggi; e capaci di educare gli studenti a preferire i robusti dettagli costruttivi diieri alle appariscenti finiture edilizie di oggi. Una volta che gli apparecchi e gli impianti igienici sianoperfettamente funzionanti non è detto che i bagni moderni, luccicanti di maioliche smaltate, siano dapreferirsi ai bagni più tradizionali, rivestiti da materiali meno accattivanti, ma più solidi e collaudati.Una volta che siano installate in locali racchiusi tra mura antiche le attrezzatissime cucine di recenteproduzione, non è detto che il focolare della famiglia appaia meno invitante e confortevole.Una volta che l‟isolamento acustico fra piano e piano sia perfettamente collaudato ed efficace, non è dettoche un piatto e anonimo solaio in latero-cemento sia più gradito di un antico soffitto in travi di legno, sulquale l‟illuminazione naturale o artificiale crea un vivace contrasto di luci e di ombre, impossibile daottenere nei solai moderni.Occorre combattere la concezione commerciale, seducente e edonistica della casa, così come ci viene

propinata dalle insulse immagini della televisione e dalle riviste di arredamento; e sostituirla con unsentimento più intimo e antico della casa che rivaluti gli spazi e gli ambienti del passato.Se ciò fosse un giorno attuabile, la rustica casa settecentesca, posta nel centro di Melegnano, sarebbe oggiancora in piedi, felicemente abitata da persone soddisfatte, perché interamente dotata di attrezzaturemoderne; e nello stesso tempo ancora presente con il suo patrimonio di sentimenti famigliari e di suggestioniprofonde. Nel centro storico della piccola cittadina lombarda avremmo una viva e vivente testimonianza delpassato e non lo stucchevole spettacolo di una casa costruita in finto stile rustico, già morto in partenza.

Città & SocietàLA GIUSTIZIA A MILANO: MOLTE OMBRE E QUALCHE LUCEAmoroso

Ogni giorno, quasi diecimila persone, per lo più semplici cittadini non operatori del settore, si mettono in filadinanzi ai quattro ingressi del Palazzo di Giustizia di Milano e attendono pazientemente di poter accedere,attraverso impianti di controllo tipo aeroporto, spesso tarati in misura troppo sensibile, per cui suonano quasisempre, costringendo gli addetti alla sicurezza a controlli complementari che fanno perdere a tutti tempoprezioso.Una volta entrati e raggiunto con fatica il rispettivo obiettivo (i sette piani dell'edificio sono un vero labirinto,con indicazioni scarse e spesso superate), gli interessati sono costretti a ulteriori, lunghe attese per ottenerechi un certificato, chi di poter testimoniare, chi di ottenere giustizia in quanto parte lesa in un processopenale.Per la comodità degli operatori, soprattutto dei magistrati, quasi tutti i processi penali vengono fissati allastessa ora, le 9.00, ma in realtà, salvo lodevoli eccezioni, iniziano ben più tardi e si protraggono fino al primo

pomeriggio.Il primo adempimento di ogni organo giudicante è il rinvio di quei processi nei quali viene riscontratoqualche difetto di notifica, specie se a carico dell'imputato.Difatti, se il processo venisse celebrato nonostante il difetto di notifica, ciò renderebbe nullo ogni attogiudiziario svolto, in quanto vi sarebbe violazione del diritto di difesa garantito dalla Costituzione.Il numero di processi rinviati ogni giorno per questi motivi è rilevante.La ragione è che gli ufficiali giudiziari, pagati poco e con molto ritardo dallo Stato, si occupano dellenotifiche penali solo "in coda" alle notifiche civili, che invece vengono loro pagate dagli avvocati e dalleparti private in anticipo.Oltretutto, che una notifica penale non sia andata a buon fine lo si apprende solamente la mattina del giornofissato per il processo.Questo comporta che le parti offese ed i testimoni, presenti a loro spese e dopo aver dovuto giustificarel'assenza dal lavoro, si sentono comunicare solo quella mattina che debbono andarsene e verranno richiamatiqualche mese dopo, senza alcuna garanzia che quella sarà la volta buona.

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Ogni volta che viene inaugurato l'anno giudiziario i giornali riportano ampi stralci della relazione delProcuratore generale presso la Corte d'Appello, contenente dati a dir poco deprimenti sulla durata deiprocessi, le carenze degli organici di giudici e personale dipendente, le omissioni dello Stato in materia diinvestimenti, attrezzature, strumentazione.Sta di fatto che, dal punto di vista dell'utente, la giustizia a Milano appare funzionare male, con lentezzaesasperante, nonostante l'impegno dei singoli magistrati e funzionari addetti agli sportelli non manchi ed illoro comportamento nei confronti dei cittadini sia quasi sempre corretto e collaborativo.A questo panorama da diciannovesimo secolo fa tuttavia da contraltare qualche segnale positivo, per oralimitato agli addetti ai lavori, ma tale da far sperare che in un tempo ragionevole possa intervenire un decisomiglioramento della situazione, almeno nel settore civile (che è quello che riguarda la stragrandemaggioranza degli utenti; il penale, come è ovvio, fa notizia, ma concerne la patologia, percentualmentecomunque molto ridotta, dei casi).La giustizia milanese è, infatti, fra le più avanzate d'Italia quanto ad informatizzazione.Il settore più rilevante che ne sta già beneficiando è quello dei "decreti ingiuntivi", cioè dei provvedimentiche privati e imprese possono richiedere contro i debitori che non pagano, pur avendo regolarmente ordinatoe ricevuto la merce.Da due anni questo settore è stato automatizzato,   per cui i creditori possono godere del “procedimento

telematico”, con grandi risparmi di tempo e di lavoro per tutti. Il tempo medio per ottenere un‟ingiunzione“telematica” è di circa 25 giorni, contro gli oltre tre mesi necessari per un‟ingiunzione “su carta”. In questi giorni è anche entrato in vigore un sistema di avvisi da parte delle cancellerie agli avvocati, relativoa ogni provvedimento concernente i processi da loro gestiti, affidato completamente ai computers, tramitel'utilizzo della cosiddetta "firma digitale", ottenibile con poca spesa e un procedimento burocratico semplicee bene organizzato dal Consiglio dell‟Ordine.Questo dimostra che l'inefficienza generale del sistema non è una disgrazia irrimediabile.La tecnologia ormai ampiamente disponibile a costi molto ridotti rispetto a poco tempo fa consente a chiabbia voglia e capacità organizzative del tutto normali di migliorare molto il servizio-giustizia, nell'interessedegli utenti e in generale di tutti gli operatori del sistema.La recente intervista rilasciata a questo giornale dal Presidente Pomodoro, nonché la sua storia personale dimagistrato attento ed esperto in materia organizzativa, fanno bene sperare per un miglioramento della

situazione.

Dal PalazzoUNA INDIMENTICABILE SETTIMANA RACCONTATA DAI COMUNICATI STAMPA DIPALAZZO MARINO

CATERPILLAR - Milano, 6 aprile 2009  –  “La movimentazione di alcuni capolavori simbolo come il David – si legge nel messaggio inviato dal ministro dei Beni culturali Sandro Bondi – è una scelta che il Ministerosta perseguendo con coraggio e ostinazione”.RITARDI ATM - Milano, 6 aprile 2009 –  “Il piano predisposto per i terremotati dell‟Abruzzo è un esempio

di questa nuova applicazione. Ringrazio Atm che aveva prontamente messo a disposizione alcuni mezzi.Mezzi che, sulla base delle notizie giunte, non sono più necessari”. Lo comunica il vice Sindaco RiccardoMarshal De Corato che ha la delega alla Protezione Civile.PASTORALE - Milano, 7 aprile 2009  –  Il Sindaco ha commentato: “Verde e musica: uno splendidoconnubio”. Il Sindaco ha poi accompagnato Abbado in una passeggiata da piazza della Scala a piazzaDuomo dove ha mostrato il giardino allestito intorno alla statua di Vittorio Emanuele II, come dimostrazionedi una futura area verde che darà risalto alla piazza.HORTICOLA – Milano, 7 aprile 2009 - “Il nostro Piano del Verde è molto più ampio –  ha detto l‟assessoreall‟Arredo, Decoro Urbano e Verde Maurizio Cadeo -. Vorremmo portare il verde in piazza Duomo come era prima del ‟29, con aiuole intorno alla statua di Vittorio Emanuele II, con piante in vaso che si adatterebbero perfettamente all‟ambiente, ad esempio le magnolie”. SALUTE - Milano, 7 aprile 2009  –   “Milano, sede dell‟Expo 2015 –   afferma l‟assessor e alla SaluteGiampaolo Landi di Chiavenna -, non può trovarsi impreparata e deve poter garantire conoscenza ecompetenza ai milioni di turisti che parteciperanno a questa manifestazione, tra i quali ci saranno molti che sicurano con l‟omeopatia”. 

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 LOW PROFILE - Milano, 7 aprile 2009  –   “La periferia diventa centrale –  ha aggiunto Carlo Masseroliassessore allo Sviluppo del Territorio  – , funzione attrattiva anche di altre strutture eccellenti come glialberghi low cost”. STELLA DI LATTA 1 - Milano, 6 aprile 2009  –   “Proprio oggi abbiamo appreso di altre due violenzesessuali compiute a Milano. Che nel 2009 assommano a 14 casi, con 15 autori stranieri e 2 italiani. Tra levittime ci sono 9 donne straniere e 5 italiane”. Lo comunica il vice Sindaco e assessore alla SicurezzaRiccardo Marshal De Corato.STELLA DI LATTA 2 - Milano, 6 aprile 2009 - “Come per altri casi analoghi, anche oggi lo sfratto delcentro sociale Circolo dei Malfattori, che occupa abusivamente un immobile comunale in via Torricelli, nonè stato attuato”. Lo comunica il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo Marshal De Corato. STELLA DI LATTA 3 - Milano, 8 aprile 2009 - “La prontezza dei nostri agenti ha permesso di bloccarel‟ennesimo straniero che si è reso responsabile di un reato”, lo dichiara il vice Sindaco e assessore allaSicurezza Riccardo Marshal De Corato.STELLA DI LATTA 4 - Milano, 10 aprile 2009 - “Sfondata nel mese di marzo la soglia delle mille multe.Sono infatti 1.072 le sanzioni da 500 euro inflitte solo dalla Polizia Municipale di Milano. Questa notte 11„lucciole‟, di cui 10 romene, e 1 venezuelana sono state multate da cinque pattuglie della Polizia Municipale

in servizio antiprostituzione per una cifra complessiva di 5850 euro”. Lo comunica il vice Sindaco eassessore alla Sicurezza Riccardo Marshal De Corato.SQUADRA MOBILE - Milano, 7 aprile 2009  –  “Che i vigili non si spostino „un metro‟ dalle Colonne è poco verosimile”. Lo dichiara il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo Marshal De Corato. LO SPIGOLATORE DI SARPI 1- Milano, 7 aprile 2009 –  “Forze dell‟ordine e Polizia Municipale stannomettendo sotto controllo Sarpi”. Lo comunica il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo MarshalDe Corato.LO SPIGOLATORE DI SARPI 2 - Milano, 9 aprile 2009 - “Sono stati sequestrati oltre 10mila medicinaliillegali scaduti o privi di data di scadenza, per un valore complessivo di oltre 10mila euro”. Lo dichiara ilvice Sindaco e assessore alla Sicurezza Riccardo Marshal De Corato.TEMPUS FUGIT - Milano, 8 aprile 2009  –  “Nessuno perde tempo” così l‟assessore ai Lavori Pubblici eInfrastrutture Bruno Simini commenta.

RIVELAZIONE - Milano, 8 aprile 2009  –   “I giovani –   ha detto l‟assessore Giovanni Terzi alle Attivitàproduttive - sono il futuro su cui investire”. CADEO VS DE CORATO - Milano, 9 aprile 2009  –   “Non amo le città blindate e i cancelli intorno ai parchi” ha dichiarato l‟assessore all‟Arredo, Decoro urbano e Verde Maurizio Cadeo.  GENTE DI MONDO - Milano, 9 aprile 2009 - Seconda missione all‟estero per l‟assessore alla Cultura delComune di Milano Massimiliano Finazzer Flory. Dopo Berlino, l‟assessore alla Cultura si è recato a Londra.CELEBRITA‟ – Milano, 9 aprile 2009 - L‟incontro ha posto le basi per la grande mostra prevista per il 2015a Milano dove saranno esposti i celeberrimi disegni di Leonardo.STASERA PAGO IO - Milano, 12 aprile 2009  – Il Sindaco Moratti ringrazia Dario Fo per la sua offerta disaldare la multa di 100 euro all‟artista di strada romeno ma precisa: “Avevo già dato istruzioni ai miei uffici perché fossi io a pagarla”. 

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Le soluzioni possibili per fronteggiare questa grande emergenza non mancano. Studiosi della materia sericome Pietro Ichino, Tito Boeri e Piero Gariboldi le hanno già delineate. Il 25 marzo trenta senatori dientrambi gli schieramenti hanno presentato un disegno di legge nella stessa direzione. Non è possibileentrare qui nei dettagli di queste soluzioni. Ma è importante sapere che esse esistono e aggiungere la nostramodesta voce a quella di chi chiede questi interventi. Altrimenti gli attacchi ai manager e la rabbia socialecontinueranno a montare. Che la crisi si possa affrontare solo continuando a pompare denaro nelle grandibanche fallite, è qualcosa che solo gli gnomi di Wall Street, trasferiti sotto le ali della chioccia Obama,possono continuare a credere.

LetteraIL PIANO CASA CHE NON C’E’ Franco Mirabelli

Finalmente dal tavolo tra il Governo e le Regioni è stato partorito il provvedimento sull‟edilizia e ora è piùchiaro di cosa stiamo parlando. Si tratta di chiedere alle Regioni (cui spetta di decidere essendo una loro

competenza) provvedimenti che semplifichino e accelerino le procedure per ristrutturare e ampliare edificinon protetti da vincoli, non collocati nei centri storici, che consentano di ricorrere a procedure più rapide perl‟ampliamento delle residenze del 20 per cento in più, che incentivino, consentendo di poter contare suvolumetrie superiori del 35 per cento, l‟abbattimento e la ricostruzione secondo criteri ispirati alladiminuzione del consumo energetico e compatibili con l‟ambiente. E‟ un provvedimento che andrà letto per dare un parere, ma sicuramente una parte dei rischi presenti nelle prime proposte sembra essere scongiurato.Certo è, però, che questo è tutto meno che un piano casa: è una misura anticiclica per sostenere le aziendeedili di fronte alla crisi, consente a chi ha una casa e ha i soldi per farlo di ampliarla. Ma un Piano Casa deveservire ad affrontare il problema di tante famiglie che la casa non l‟hanno, che faticano a pagare l‟affitto, chenon riescono a pagare il mutuo. Su tutto ciò non c‟è nulla. Non ci sono stanziamenti per l‟edilizia sociale, per sostenere gli affitti, manca una politica per la casa, non si capisce dove sono finiti i soldi stanziati per la Casadal governo Prodi (550milioni) che continuano a non essere utilizzati.

Anzi se guardiamo al problema dal nostro osservatorio in Lombardia sul terreno dell‟aiuto alle famiglie si stafacendo addirittura meno di ciò che si è fatto prima della crisi. Nell‟ultimo bando per accedere al fondosostegno affitti le richieste erano passate da 65mila a 70mila e si riferivano ad una fase precedente allaconcretizzazione degli effetti della crisi, è quindi probabile che a giugno le richieste aumenteranno ancora inmodo significativo. A fronte di queste previsioni i finanziamenti statali e regionali è previsto diminuiscanopassando da 69 milioni a 60 senza che la regione abbia mantenuto l‟impegno di raddoppiare il propriocontributo che è passato da 14milioni e mezzo a 19. Servirebbe un intervento più significativo della Regionema anche la capacità di Formigoni di, anziché assecondare tutto ciò che fa il governo, battere i pugni sultavolo e rivendicare maggiori risorse dallo Stato per far fronte alle difficoltà reali dei cittadini.Un Paese che toglie l‟ICI anche a chi ha tanto e non aiuta chi fa fatica è il Paese governato dal la destra, unPaese in cui le differenze e le ingiustizie crescono, in cui i ricchi diventano più ricchi e i poveri più poveri.

MetropoliIL SOGNO PERDUTO DELL’AFFITTO. UNA STORIA MILANESESergio D‟Agostini 

La confusione alimentata intorno al Piano Casa, mescolando misure anticrisi con programmi di ediliziasociale, contribuisce ancor più ad offuscare quello su cui ormai tutti concordano e cioè che per rispondere al bisogno casa è necessario aumentare l‟offerta in locazione, a canone sopportabile per la domanda inevasa.Invece, ciò che si fa è revocare i finanziamenti già disposti per l‟emergenza abitativa e proporsi di finanziarei nuovi alloggi sociali svendendo il patrimonio pubblico esistente.Intanto si realizzano nuove abitazioni, tutte in vendita, e addirittura in quantità che nell‟area milanese non sivedevano da decenni.L‟affitto è sempre promesso e sempre rinviato e Milano in ciò non fa eccezione, anzi sembra ripercorrere conpertinacia una strada già vista nei primi anni Ottanta quando un ambizioso Progetto Casa varato per oltre

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40.000 vani, di cui i 5/6 in affitto a “equo canone”, fu poi realizzato e tranquillamente venduto, a pr ezzi dimercato, nel silenzio pressochè generale.Quasi 20 anni dopo, a fronte della crescita dell‟emergenza abitativa e di una vasta mobilitazione cittadina cheaveva coinvolto il Cardinale e il Prefetto, il Comune di Milano vara nel maggio 2005 il Piano Verga: “20.000alloggi per le fasce deboli” su oltre 40 aree di proprietà pubblica da offrire agli operatori a costo zero per realizzare alloggi a canone calmierato. Dunque si sacrificano aree già destinate a standard, con aspettativeper verde e servizi, ma lo si fa per un obiettivo sociale ineludibile, che si può conseguire solo creandocondizioni di fattibilità per soggetti privati che integrino le insufficienti risorse pubbliche. Anche ladimensione sembra adeguata, di questi 20.000 alloggi almeno la metà sarà in affitto, ad un canone contenuto.Gradualmente però l‟obiettivo si perde per strada. Vediamo come è andata. E‟ la primavera 2007 quando, dopo due anni di silenzio, l‟assessore Masseroli convoca gli operatori per presentare il nuovo progetto, da mettere a bando in tutta fretta pena il rischio di perdere il cofinanziamentoregionale. Le aree, però, da 40 si sono ridotte a 10, e poi alla fine saranno 8.Meglio di niente, si tratta di un totale di 3.000 alloggi, con buone probabilità che almeno la metà (1.500) siariservata alla locazione: infatti la quota minima di affitto, elevabile in sede concorsuale, è fissata al 40% (erail 60% nella prima versione Verga, ma pazienza).Passa altro tempo, molto più di quello annunciato, mentre si tratta con gli operatori sulla fattibilità

economica dell‟intervento. Il comune sembra temere una fuga dalla partecipazione al bando e ciò agevola ilgioco del fronte che punta a ridurre l‟affitto e a sterilizzare l‟effetto sui punteggi delle voci “quantità” e“durata” della locazione.Il processo sembra concludersi nel maggio 2008 in Consiglio Comunale dal quale esce una delibera cheporta la quota minima di locazione dal 40 al 25% (solo ¼ del totale degli alloggi!) riducendocontemporaneamente il peso dei punti attribuiti alle voci riguardanti l‟affitto che passano in complesso da350 a 240, mentre non restano che 80 punti per la voce più significativa, la quantità di slp in locazione sullaslp residenziale totale.Ma non è finita e il fondo viene toccato coi criteri di attribuzione dei punteggi adottati dalla commissionegiudicante. Infatti, sugli 80 punti disponibili questa decide di sterilizzarne la metà partendo da 40 punti chevengono attribuiti a tutti i progetti ammissibili.Già è per lo meno singolare che i criteri vengano decisi in sede di esame dei progetti e non siano invece

esplicitati nel bando e noti a priori ai concorrenti, ma risulta davvero incomprensibile l‟accanimento postonel punire l‟affitto e dunque proprio quei soggetti e quei progetti che meglio semb rerebbero rispondere alprincipale obiettivo del bando.Così il risultato finale è a dir poco modesto e del tutto inaccettabile a cospetto del sacrificio di aree astandard di proprietà pubblica. I progetti vincitori sulle sei aree aggiudicate (su due aree non sono statipresentati progetti ammissibili) consentiranno di realizzare in totale 1680 alloggi e di questi solo 530 (il31%) saranno in affitto. Un topolino, a fronte delle decine di migliaia attesi e necessari.E un altro obiettivo sembra mancato, quello di promuovere nuovi soggetti gestori (di Terzo Settore) perl‟edilizia sociale capaci di accompagnare quel nuovo modello di mix e di coesione sociale che sembravaauspicato, se è vero che sono stati per lo più premiati progetti che prevedono di vendere successivamente adAler le quote di alloggi a canone sociale e moderato.

MobilitàMOTO E I MOTORINI: UNA NORMATIVA REALISTICA E GRADUALEMarco Ponti

Il problema è connesso certo ai pericoli generati a tutti i veicoli da condotte prive di regole reali, masoprattutto dai pericoli generati ai motociclisti stessi. Infatti le stime sono che il tasso di pericolosità dellemoto è dell‟ordine di 13 volte più elevato di quello delle automobili, per unità di traffico (e si ricorda che il

costo sociale degli incidenti stradali è stimato da tutte le fonti superare di molto quello per le esternalitàambientali, “effetto serra” compreso). 

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Il tasso di pericolosità è espresso correttamente dai morti e dai feriti per “unità di traffico”, cioè non comenumero assoluto, ma in relazione al totale dei veicoli circolanti, moltiplicato per la percorrenza media stimatadi ogni veicolo.Innanzitutto sembra urgente conoscere alcune informazioni essenziali per la realtà milanese: a) una stima delnumero di motoveicoli a Milano, delle tendenze di crescita, e degli incidenti per tipologia, b) una stima delnumero e della tipologia delle infrazioni commesse a Milano dai motociclisti, e c) il corrispondente livello direpressione (cioè delle sanzioni comminate per ogni tipo di infrazione).L‟argomentazione che sia difficile fare stime del numero di infrazioni è in realtà parte del problema stesso.Infatti la non conoscenza dell‟incidenza statistica delle sanzioni (fenomeno che sembra presente a Milano perogni tipo di sanzione del traffico), rende tendenzialmente non configurabili strategie di interventoappropriate, né rende misurabile il grado di successo dell‟intervento repressivo. Elenchiamo qui di seguito quelle che sembrano essere le infrazioni più sistematiche (sistematiche al puntoche sicuramente alcune di esse non sono più percepite come tali dai motociclisti….). - la rimonta di colonne di veicoli in movimento, da destra e da sinistra, con repentino “taglio della strada” aiveicoli nella corsia propria (in caso di sopravvenienza di veicoli in direzione opposta che non diano strada).L‟occupazione della corsia opposta infatti “costringe”in generale i veicoli sopravvenienti ad ac costare adestra, con situazioni spesso potenzialmente pericolose.

- accostamento a volte improvviso davanti al primo veicolo in attesa al semaforo, che costringe spesso quelveicolo a frenate repentine durante la fase di accelerazione (con l‟accendersi del verde).- percorrenza dei marciapiedi- sorpasso in strade a senso unico, o sorpasso “doppio” con spartitraffico (a pochi centimetri di distanzadall‟auto sorpassata). - superamento sistematico dei limiti di velocità (per le cilindrate maggiori)- rumorosità, in generale superiore a quella delle automobili (soprattutto in fase di accelerazione).Il livello di repressione di tali infrazioni sembra sostanzialmente assente, certo anche per la difficoltà tecnicadi rilevare le targhe e di fermare i conducenti. Ma, si ripete, sembra indispensabile disporre di informazioniadeguate, nel senso sopra descritto (cioè conoscere il rapporto infrazioni stimate/sanzioni comminate).Ma occorre formulare alcune ipotesi realistiche di intervento, pena una lamentela astratta e inefficace;proviamo a elencarle

- Una campagna iniziale di “moral suasion”, e di annuncio di prossime sanzioni, limitate ma credibili, per leinfrazioni oggi sostanzialmente non perseguite.- Reprimere la percorrenza dei marciapiedi.- Reprimere almeno la rimonta di colonne in movimento (contromano).Tutto questo, con il successivo monitoraggio sia delle sanzioni comminate che delle infrazioni stimate (perverificare l‟efficacia dell‟azione, ed eventualmente tararla sui nuovi risultati). Occorre infine ricordare che si tratta di azioni direttamente a tutela dei motociclisti indisciplinati, dato chesono le prime vittime dei loro comportamenti….quadro ben diverso di quello delle sanzioni agliautomobilisti, le cui vittime sono in città sono prevalentemente soggetti più “deboli”. 

SanitàCONTROLLARE LE PRESTAZIONI E RIASSESTARE IL MODELLO LOMBARDOValmaggi

I provvedimenti recentemente assunti dalla Giunta regionale in materia di controlli sulle prestazioni sanitariee di requisiti per ottenere e mantenere l‟accreditamento sono scaturiti, con buona probabilità, dall‟esigenza didare una risposta alle numerose inchieste che nel 2008 hanno scosso la sanità lombarda, ed in particolarequella milanese.Lo sdegno manifestato dai cittadini per quanto accaduto nella Casa di Cura S. Rita, la sfiducia generata dagliscandali che hanno coinvolto altre strutture private accreditate, la pressione esercitata dalla magistraturaaffinché si intervenisse su un sistema che consentiva storture ed aberrazioni rilevanti, hanno imposto alGoverno regionale di assumere un provvedimento che, apparentemente, cambia le regole nella direzione diun maggior rigore.

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Purtroppo permane la sensazione che il Sistema Sanitario Lombardo, pur con qualche correzione neicontrolli, mantenga al suo interno degli elementi di instabilità tali da non consentire una esclusione di episodidi questo tipo.Infatti la divisione tra strutture erogatrici e strutture compratrici di prestazioni, ha reso possibile unafrantumazione del percorso assistenziale e una separazione tra le funzioni della prevenzione, della diagnosi-cura, della riabilitazione e dell‟integrazione socio-sanitaria che, in Lombardia, ha vanificato principi edobiettivi della legge di riforma sanitaria e rappresenta un sostanziale abbandono dell‟assistito negli inter vallitemporali di presa in carico da parte dell‟ospedale, degli istituti di riabilitazione o del territorio. La mancataintegrazione di queste realtà nella ricerca di soluzioni comuni, utili ai pazienti, è particolarmente grave neicasi di non autosufficienza.I provvedimenti trattano il problema ospedale-territorio sottolineando la necessità di un maggiorcoinvolgimento del medico di medicina generale nelle scelte di politica sanitaria e di governo clinico, adesempio attraverso l‟obbligo di comunicazione chiara del sospetto diagnostico, ma questo può ingeneraredifficoltà con il proprio assistito e dubbi su chi pagherà le conseguenze dell‟eventuale mancata precisazionediagnostica (il paziente sarà respinto in fase di prenotazione? Dovrà tornare dal proprio medico o, peggioancora, dallo specialista?).Altri punti salienti riguardano i requisiti che devono essere posseduti dalle strutture sanitarie per essere

autorizzate/accreditate: è da accogliere con favore quello che stabilisce che tutte le strutture con posti letto didegenza ordinaria debbano dotarsi di un direttore sanitario di presidio, così come l‟affidamento di compiti dicontrollo alle direzioni sanitarie, è però, indispensabile, per il corretto svolgimento di questa funzione,rivolgere grande attenzione alla formazione e all‟aggiornamento di queste figure, vigilare sul possesso direali conoscenze in materia d‟accreditamento e di qualità delle prestazioni, e valutare la loro concretapresenza sull‟attuale mercato del lavoro.Un altro aspetto preso in considerazione riguarda la corretta compilazione delle cartelle cliniche ospedaliere:le indagini giudiziarie e amministrative prima ricordate hanno evidenziato, tra le molte manchevolezze, unafrequente e grave trascuratezza nello svolgimento di un compito che ha grande importanza clinica e medico-legale. È, quindi, del tutto condivisibile la previsione di considerare la corretta compilazione della cartellaclinica quale discriminante per giudicare il ricovero rimborsabile o no da parte del servizio sanitarioregionale.

I provvedimenti tuttavia non contemplano la possibilità di sanzioni più severe, né rinviano a successiviprovvedimenti. Gli scandali della sanità lombarda avrebbero meritato ben altre conseguenze, non solo intermini di revoca degli accreditamenti, ma anche di risarcimento pecuniario del Servizio sanitario regionale.Una novità positiva è l‟introduzione, tra i requisiti organizzativi d‟accreditamento, di un controllo suirapporti contrattuali tra sanitari e strutture sanitarie pubbliche e private: nei contratti non dovranno essere  presenti elementi che facciano intravedere possibili conflitti d‟interessi e, viceversa, dovranno esserecontenuti i principi del Codice di deontologia medica.Altri due ultimi aspetti contenuti nella delibera: la verifica periodica dei contratti e il controllosull‟appropriatezza delle prestazioni. In merito a quest‟ultimo occorre specificare però che la trasformazionedel sistema dei controlli formali, fino ad oggi effettuati, in controlli per la valutazione professionaledell‟appropriatezza specifica delle prestazioni di ricovero e cura e di specialistica ambulatoriale, non èsicuramente facile, ma il meccanismo messo in piedi dalla Giunta Regionale è di una tale complessità che

rischia di diventare del tutto inapplicabile. Sono dubbi ai quali è opportuno siano date risposte rapide e certe.Pur apprezzando quindi quanto di positivo è stato introdotto dalla delibera riteniamo che essa non diasufficienti garanzie di tutela della salute dei cittadini. I cambiamenti necessari al sistema sono ben piùradicali e riguardano l‟essenza stessa del modello lombardo 

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Scuola & UniversitàIL TETTOVincenzo Viola

Il nuovo fronte delle battaglie ideologiche sulla scuola, che appassionano e ossessionano il ministro Gelmini,è costituito (si direbbe col linguaggio delle patrie battaglie) dalla quota 30. Infatti per salvare la scuola dalleorde barbariche dopo le classi ghetto (inattuabili) e dopo i maestri-spia (impresentabili) il ministro torna allacarica con una magica percentuale: in una classe di qualsiasi ordine di scuola mai ci dovrà essere più del30% di ragazzi “stranieri”.Si tratta, con tutta evidenza, di una sciocchezza, eticamente meno riprovevole delle due precedenti, maugualmente dannosa e foriera di gravi, inutili complicazioni per le famiglie e gli operatori scolastici. Infatti,stando alle prime indicazioni – ma è ormai chiaro che le disposizioni del MIUR non sono mai definitive, ma

soggette a continui ripensamenti e variazioni –  la “quota” varrà per tutte le classi, per tutte le scuole, per tuttii gradi di scuola, per tutto il Paese: precisa, tassativa, invalicabile, la quota resisterà ad ogni assalto. Madove, puta caso, la quota dovesse venire superata, come certamente avverrà in certe zone (non sempre  periferiche) di Milano o in certi ordini di scuola, che si farà mai? Si importeranno ragazzi “italiani”, siesporteranno ragazzi “ stranieri” (non diciamo però, come è stato affermato, che si deporteranno: è untermine decisamente troppo grave e sproporzionato)? Si prenderanno un po‟ di liceali e li si iscriverannod‟ufficio in certi istituti professionali (o viceversa) per “diluire” la concentrazione troppo forte di studenti provenienti da altre parti del mondo? O si metteranno i ragazzi “stranieri” in lista d‟attesa, ordinando nelcontempo ai loro genitori di non fare più figli perché altrimenti le liste d‟attesa non si esauriranno mai? Ilparadosso può far sorridere, ma dovrebbe servire anche a far riflettere.L‟impatto dell‟immigrazione sull‟insieme della scuola è certamente notevole e tendenzialmente crescente. Iproblemi che comporta non sono di immediata e facile soluzione: sarebbe ipocrita e sbagliato nasconderselo

e le soluzioni vanno cercate, studiate e applicate con tenacia e coerenza. Ma solo chi legge la realtà con gliocchi dell‟ideologia può credere che tali soluzioni possano consistere in misure allo stesso tempo rigide eapprossimative; invece le disposizioni devono essere flessibili per adattarsi alle diverse situazioni e bendefinite nella loro ispirazione e nella linea di tendenza. Anche rispetto alla composizione delle classi, seinvece di pensare con intento punitivo a gabbie contenitive e a quote magiche e invalicabili, si ragionasse intermini concreti, con attenzione alle singole realtà socio-abitative, si potrebbero valorizzare alcuni contenutipositivi delle disposizioni del ministro, come ad esempio la composizione tendenzialmente più omogeneadelle classi di una scuola o di scuole di una stessa zona; invece si costringeranno dirigenti e docenti a unfrenetico tourbillon per trovare soluzioni e i figli degli immigrati a subire l‟umiliante condizione di sgraditipacchi postali spediti da una scuola all‟altra.Invece ciò che in ultima istanza serve per tutti - italiani, stranieri di prima e seconda generazione, ecc. – è unben diverso approccio pedagogico e didattico, che rispetti le diverse culture e ne valorizzi gli apporti positivi

e utilizzi nuovi strumenti e competenze, soprattutto nell‟ambito dell‟insegnamento linguistico. Gli esempipositivi nella scuola milanese non mancano di certo: in molte scuole elementari e medie ottimi insegnantihanno sviluppato un‟attività d‟integrazione culturale di notevole valore; in alcune secondarie superiori, comead esempio il Bertarelli e altri istituti professionali, la presenza massiccia di studenti di provenienzalinguistica diversa dall‟italiano ha fatto crescere la consapevolezza di dover e poter coniugare una nuovaformazione linguistica con una pedagogia interculturale. In queste scuole risulta chiaro che lo studio dellalingua non è un momento di potenziale discriminazione, ma è lo strumento di socializzazione e dicittadinanza più alto. Si tratta di esempi molto positivi, messi in atto, nonostante la scarsità di risorse, graziea un approccio non fondato sull‟astratta percentuale di ragazzi che non hanno il passaporto italiano, ma sullaconcreta e corretta analisi della situazione data.

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RUBRICHE

ARTE

Questa rubrica è curata da Silvia Dell‟Orso 

Il soggiorno di Leonardo da Vinci a Vigevano, testimoniato dallo stesso maestro nei suoi appunti, è ilpretesto per una serie di iniziative in zona che ruotano attorno a questo genio poliedrico, tra cui una mostradecisamente insolita. Anzi “impossibile”  perché riunisce l‟intera opera pittorica di Leonardo, operazione insé inimmaginabile se non attraverso il ricorso alle tecnologie di riproduzione digitale. È così che 17 opere

leonardesche, ricostruite in dimensioni reali e retroillluminate (al punto da essere apprezzabili analiticamentetalvolta meglio degli originali), sono esposte tutte assieme negli spazi del castello vigevanese. DallaGioconda alla Vergine delle Rocce, alla   Dama con l’ermellino e persino l‟Ultima  Cena, quest‟ultimapresentata nella vicina chiesa sconsacrata di San Dionigi, da poco restaurata come anche l‟imponente paladel Cerano, qui custodita, raffigurante il martirio del santo. Questa rassegna non è la prima del genere.L‟ideatore del progetto, Renato Parascandolo, ha cominciato a pensarci nel 2000, quando, allora direttore diRai Educational, strinse un accordo col Ministero per i Beni e le Attività culturali per fotografare eriprendere in video i maggiori capolavori dei musei italiani. Cominciò da lì la sua avventura nei territori dellariproduzione delle opere d‟arte e nacque così l‟idea di utilizzare quei materiali per realizzare una sorta digrande trailer dei capolavori italiani da esportare nel mondo per richiamare turisti a vedere gli originali. Eccoallora le mostre di Leonardo, Raffaello e Caravaggio, curate da studiosi qualificati, cui seguiranno a breve,quelle non meno impossibili sulla Cappella degli Scrovegni di Giotto e su Piero della Francesca.

Leonardo: una mostra impossibile. L’opera pittorica di Leonardo da Vinci nell’epoca della suariproducibilità digitale.Castello di Vigevano - orario: martedì-domenica 10/19. Fino al 30 giugno

Questa volta, diversamente dal Caravaggio Odescalchi esposto a Palazzo Marino, la presentazione a Milanodi un‟opera che ci si aspetta richiami molto pubblico, gioverà non soltanto ai Musei civici del Castello, maservirà soprattutto a ricordarsi che la nostra città possiede un capolavoro del rilievo della Pietà diMichelangelo. Vero è che il piccolo Crocefisso in legno di tiglio acquistato dallo Stato per 3,25 milioni dieuro dall‟antiquario torinese Giancarlo Gallino, ritenendola opera di Michelangelo giovane, fa storcere ilnaso a una serie di studiosi che dubitano dell‟attribuzione al Buonarroti. Fatto sta che la temporaneacollocazione al Castello di questa comunque preziosa scultura, presentata al pubblico per la prima volta nel2004 al Museo Horne di Firenze, non potrebbe essere più appropriata: nella Sala degli Scarlioni che giàos pita, si diceva, l‟emozionante e troppo dimenticata Pietà di Michelangelo. Proporzioni perfette in non piùdi 41 centimetri di altezza, l‟opera è datata attorno al 1495 e assegnata al Buonarroti sulla sola base delleanalisi stilistiche, poiché nessun documento ne attesta la paternità. La rassegna è arricchita non soltanto daalcune immagini di Aurelio Amendola, il cui obiettivo ha magistralmente e più volte immortalato l‟opera diMichelangelo, ma anche da una serie di fotografie che il tedesco Thomas Struth ha dedicato ai visitatori dellaGalleria dell‟Accademia di Firenze, straniti davanti dal David. Struth ha iniziato nell‟89 con le MuseumPhotographs. Quelle esposte al Castello, nella Sala delle Asse, tutte di grandi dimensioni, appartengono allaserie Audience e riflettono sulla singolare relazione che si instaura fra individuo e opera d‟arte.Michelangelo. La Pietà Rondanini e il Crocefisso ritrovato. Castello Sforzesco, Museo d‟arte antica, Sala degli Scarlioni –  orario: 9/17.30, chiuso lunedì. Fino al 5

maggio.

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Forse non tutti sanno che Johann Wolfgang von Goethe fu anche conservatore delle raccolte d‟arte deiGranduchi di Weimar e collezionista in prima persona. È quanto accadde tra il 1775 e il 1832 nella patria delclassicismo tedesco, periodo durante il quale Goethe effettuò numerosi sopralluoghi in Italia allo scopo diincrementare il patrimonio dei granduchi, ma approfittandone anche per acquisire per la propria collezioneun nucleo di disegni di maestri italiani che confluì in seguito nella Klassik Stiftung Weimar. Da Weimer,appunto, storica città della Turingia, provengono i circa 50 disegni esposti al Castello Sforzesco. Larassegna, curata da Hermann Mildenberger, conservatore delle raccolte grafiche della Klassik Stiftung,documenta l‟interesse dei granduchi per il Settecento veneto, da Giambattista Tiepolo ai figli Giandomenicoe Lorenzo di cui si vedono alcune teste di notevole espressività, dal Piazzetta ai due celebri vedutistiCanaletto e Bernardo Bellotto, ma anche i paesaggi di Antonio Zucchi (la cui moglie, Angelica Kauffmann èpure presente con un disegno) e di Francesco Zuccarelli, accanto a un paio di fogli dello stesso Goethe,innamorato del Bel Paese e del suo allora integro territorio.Goethe collezionista e il disegno veneto del Settecento. Capolavori dalle raccolte di Weimar.Castello Sforzesco, Sala del Tesoro della Biblioteca Trivulziana e sala 38 del museo  –  orario: martedì-domenica 9/13 e 14/17.30. Fino al 26 aprile. 

È un mostra costruita attorno al ritrovamento di un quadro di Cagnaccio di San Pietro del quale si erano perse le tracce, quella che propone in questi giorni la gallerista e storica dell‟arte Claudia Gian Ferrari. Undipinto di notevole vigore espressivo, intitolato Primo denaro  ed eseguito dall‟ar tista veneto nel 1928,  pubblicato all‟epoca della sua realizzazione, ma che sembrava sparito nel nulla. Al secolo NatalinoBentivoglio Scarpa, conosciuto però come Cagnaccio di San Pietro, per via del grosso cane di suo nonno  Natale, che terrorizzava l‟intero paese di San Pietro in Volta sull‟isola di Pellestrina, vicino a Venezia,questo pittore in realtà non ha certo bisogno del suo curioso pseudonimo per essere ricordato. Bastano leopere taglienti, enigmatiche e spesso spietate che ha creato nel corso della sua breve vita (è morto a soli 49anni il 29 maggio 1946), rivendicando la vitalità della tradizione classica all‟interno del cosiddetto“Realismo magico” di cui fu, tuttavia, un esponente eccentrico. Cagnaccio di San Pietro. Un quadro ritrovato.Claudia Gian Ferrari Arte contemporanea, via Filippo Corridoni 41  –  orario: lunedì-venerdì 10/14 e

15.30/19, sabato solo su appuntamento. Fino all‟8 maggio. 

Nella sua lunga carriera ha avuto modo di frequentare la poesia, l‟arte, il romanzo, il teatro, il radiodramma,il giornalismo, la musica. Un artista poliedrico e multiforme Emilio Isgrò, ora al centro di una mostra, curatada Marco Meneguzzo, che verrà riproposta nell‟estate anche in Sicilia, dove l‟artista è nato nel 1937. Connumerosi riconoscimenti alle spalle, la partecipazione a quattro edizioni della Biennale di Venezia e a decinedi rassegne in tutto il mondo, Isgrò è un artista concettuale, ma anche un poeta visivo che ha fatto della“cancellatura” una delle modalità espressive privilegiate, ma certamente non la sola. Cardine di questamostra è, tuttavia,   proprio l‟installazione inedita   Fratelli d’Italia, che oltre a suggerire il titolo della personale, è anche stata concepita cancellando o in parte occultando l‟inno nazionale che si snoda lungo una

striscia di carta, per fare emergere solo i passaggi più significativi del testo. La mostra riunisce una settantinadi opere dagli esordi a oggi e altre due installazioni:  L’ora italiana e  L’avventurosa vita di Emilio Isgrò,l‟una concepita nell‟83 per  ricordare l'attentato alla Stazione di Bologna, l‟altra nel 1971, pensata come unaserie di dichiarazioni sulle caratteristiche fisiche e morali dell'artista, che identificano il personaggio inmaniera "concettuale" attraverso la descrizione.Emilio Isgrò. Fratelli d'Italia. Galleria Gruppo Credito Valtellinese. Corso Magenta 59 – orario: martedì-venerdì 12/19, sabato e domenica10/19, chiuso lunedì. Fino al 13 giugno.

Vale la pena visitare in questi giorni il Museo Diocesano e in particolare la sezione dei Fondi oro che si èarricchita, qualche tempo fa, della collezione di Alberto Crespi. Di quella donazione generosa faceva parteanche una tavola raffigurante Santa Cecilia, oggetto ora di una piccola, ma importante mostra che segna iltemporaneo ricongiungimento di questo pannello con gli altri 4 elementi del polittico di cui ha fatto parte

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fino a circa il 1745, anno in cui l‟insieme venne smembrato. Si tratta del Polittico del Carmine che si trovavain origine nella cappella dei Santi Bartolomeo e Lorenzo, nella chiesa fiorentina di Santa Maria del Carmine,giudicato dagli studiosi opera della maturità di Bernardo Daddi, artista morto nel 1348, tra i migliori seguacidi Giotto. Dal Castello Reale del Wawel a Cracovia arriva la  Madonna col Bambino e due angeli musicanti che stava al centro del pentittico, San Bartolomeo e San Lorenzo, in posizione laterale, sono ora conservatialla Galleria dell‟Accademia di Firenze, mentre all‟estrema destra, si trovava la Santa Caterina

d’Alessandria, ora in collezione privata. La Santa Cecilia stava, dunque, all‟estrema sinistra del polittico: danotare la descrizione sontuosa delle vesti, la delicatezza dell‟incarnato e una ricchezza narrativa e decorativache rinvia a opere precedenti del maestro.Il Polittico del Carmine di Bernardo Daddi. Museo Diocesano, corso di Porta Ticinese 95  – orario: martedì-domenica 10/18, chiuso lunedì. Fino al 24maggio.

È un prestito decisamente fuori dal comune quello che ha consentito di realizzare la mostra bergamasca.Cinquanta icone selezionate tra gli oltre 6mila esemplari conservati nel museo Museo Tretyakov di Mosca

che vanta in materia di arte sacra russa la più imponente collezione al mondo. “Visibili rappresentazioni dispettacoli misteriosi e soprannaturali": lo studioso russo Pavel Florenskij usò queste parole per definire leicone, non semplici opere d'arte, ma immagini dotate di una loro vitalità, veri e propri momenti di comunionecon il divino. Le opere esposte sono datate dalla fine del XIV- inizio XV secolo, a partire da una  Natività

della Madre di Dio con santi, tipico esempio delle icone di Novgorod, fino al XVIII secolo. Una serie diimmagini che illustrano le tappe principali del calendario liturgico - le feste, la venerazione della “Madre diDio”, la devozione ai santi locali - raffigurate di volta in volta secondo schemi iconografici che gli artistihanno ripetuto nei secoli senza sostanziali variazioni, al solo scopo di suggerire un contatto diretto conl'archetipo. In mostra anche alcune icone di Pskov, caratterizzate da una maggiore concretezzanell‟interpretazione dell'immagine divina. L’oro dell’anima.  Icone russe dal XIV al XVIII secolo del Museo Tretyakov di Mosca . Bergamo,Palazzo della Provincia di Bergamo - Spazio Viterbi, via Torquato Tasso 8  – orario: lunedì-venerdì 15/19;

sabato, domenica e festivi 10/19; chiuso giovedì. Fino al 14 giugno.

Se a Mede Lomellina, dove è nata nel 1894, un piccolo, delizioso museo nel Castello Sangiuliani conserva lesue opere su carta e su tela, oltre a una serie di sculture, Regina Cassolo è in questi giorni anche al centro diuna mostra che coincide non casualmente con le celebrazioni del centenario della fondazione del Futurismo. Regina futurista, appunto, perché la scultrice medese aderì alla seconda stagione del movimento marinettianoe a quell‟epoca si riferiscono i disegni, i bozzetti e i taccuini riuniti nella galleria milanese, in una rassegnacurata da Rachele Ferrario. Disegni a grafite su carta, alcuni bozzetti per le incredibili sculture che realizzò inmarmo, bronzo, ma anche plexiglass, alluminio, latta e gli inediti taccuini futuristi, tutti provenienti dallacollezione Fermani. Sono opere che documentano un periodo in cui Regina, grazie al sostegno di Fillia,espose stabilmente con i maestri futuristi, firmando nel ‟34 il Manifesto tecnico dell‟aeroplastica futurista.

Fu una grande sperimentatrice, si cimentò con materiali insoliti, come la latta, ottenendo esiti di grandeefficacia e senza mai scadere nel puro decorativismo. La sperimentazione la portò molto vicinoall‟astrazione, sempre mai perdere di vista la velocità, il dinamismo e l‟evocazione degli “stati d‟animo”, cuialludono le forme e i materiali. È morta nel 1974 a Milano, nella sua casa-atelier.Regina futurista. Opere degli anni Trenta.Spaziotemporaneo, via Solferino 56 – Orari: dal martedì al sabato 16/19.30. Fino al 21 aprile.

L‟hanno inaugurata il 14 febbraio, per approfittare della complicità tematica offerta dalla ricorrenza di SanValentino, ma in realtà la mostra attualmente in corso al Castello Visconteo di Pavia può ben vivere di vita propria, anche senza la “festa degli innamorati”. Il tema è quello del “bacio”, e non soltanto il bacio sensualee carico di pathos immortalato da Francesco Hayez in uno dei suoi dipinti maggiormente celebrati, di cui laredazione più nota si trova a Brera, mentre a Pavia sono esposte una prima idea del soggetto e una versionedel 1861, entrambe in collezione privata. La rassegna, infatti, che ripercorre l‟iconografia del bacio tra

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Romanticismo e „900, è molto più variegata e prende in considerazione, come dichiarano le curatrici,Susanna Zatti e Lorenza Tonani, le diverse valenze del bacio: “materno o filiale, di circostanza,appassionato, atteso, negato, rubato, ben augurante, immateriale”, nella mitologia, nella storia sacra, nellaletteratura e anche nel cinema. Il percorso si snoda attraverso una sessantina di opere di artisti celebri e dialtri meno noti, in prevalenza dipinti, ma anche qualche scultura, come l‟  Abbraccio materno di PaoloTroubetzkoy o il   Bambino al seno di Medardo Rosso. Tra i baci dipinti spiccano quello lussurioso diCleopatra, come ce lo ha restituito Giuseppe Amisani, o il bacio voluttuoso di Alciati, smorzati dalleeffusioni composte e pudiche dei Fidanzati di Lega, o ancora Aminta baciato da Silva del Piccio, Paolo e

Francesca di Previati, per arrivare a De Chirico, Manzù, Casorati, Rotella o Franco Angeli. E poi il bacio nelcinema, restituito in un video che, memore dei baci prima tagliati e quindi ricomposti in un‟unica lunga  pellicola, nel film di Tornatore   Nuovo cinema Paradiso, ripercorre la storia dei baci più famosi dellacinematografia italiana.Il bacio. Tra Romanticismo e Novecento. Pavia, Scuderie del Castello Visconteo, viale XI Febbraio 35 – orario: martedì-venerdì 10/13 e 15/19, sabato,domenica e festivi 10/20. Fino al 2 giugno.

Un vero e proprio affondo nella personalità del fondatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti. A lui èconsacrata la rassegna allestita nella Sala del Collezionista alle Stelline che, in onore di tanto ospite,raddoppia i suoi spazi conquistando il seminterrato, invaso per l‟occasione dalle parolibere marinettiane, Trale tante novità di questa rassegna - a cura di Luigi Sansone, autentico segugio degli archivi del Futurismo -spicca   Il bombardamento di Adrianopoli, una grande china su carta realizzata da Marinetti nel 1913-‟14,esposta per la prima volta grazie al prestito concesso dalla University of California di Los Angeles (Ucla)dove è custodito l‟archivio del poeta inglese Harold Monroe (1879-1932), grande ammiratore del Futurismo,da cui proviene questa tavola. Ma la mostra riserva molto altro, tra ritratti e caricature di Marinetti, opere diBoccioni, Balla, Cangiullo, Depero, e altri protagonisti, affiancate da fotografie, cataloghi d‟epoca, cartoline,riviste e volumi marinettiani come   Zang Tumb Tuuum - Adrianopoli ottobre 1912- Parole in libertà

(Edizioni futuriste di “Poesia”, Milano 1914) , il primo libro parolibero di Marinetti ispirato dalla guerra,

intesa come spettacolo simultaneo di situazioni, rumori, odori, polifonie: perché il Futurismo era anchequesto.F.T. Marinetti=Futurismo. Fondazione Stelline. Sala del Collezionista, corso Magenta 61 - orario: martedì-domenica 10/20.Fino al 7 giugno.

Ha impiegato meno di tre anni per diventare uno dei maggiori collezionisti di armature giapponesi fuori dalGiappone. Bisogna chiamarsi Luigi Koelliker per riuscire in una simile impresa così rapidamente e anchevoracemente ed è bene avvalersi di un antiquario specializzato in arte giapponese come Giuseppe Piva cheper il suo committente ha rastrellato il rastrellabile, e che adesso cura, in collaborazione con la FondazioneMazzotta, la mostra di Palazzo Reale. Samurai, appunto, allestita nell‟appartamento della reggia

piermariniana con una minima presenza di pezzi provenienti dalle Raccolte extraeuropee del CastelloSforzesco  –   tra i quali spicca una finissima scatola laccata per documenti dell‟inizio del periodo Edo el‟unica armatura da cavallo presente in mostra –  e un massimo dalla raccolta milanese di Koelliker. Unanovantina di pezzi in tutto, tra armature complete, elmi, finiture per spada e altri accessori da samurai,realizzati tra il periodo Azuchi Momoyama (1575 – 1603) e il periodo Edo (1603 – 1867). Le sale del palazzosi animano di guerrieri severi e magnifici, samurai di alto rango e daimyo (signori feudali) che dalle guerresono stati ben lontani, come testimonia il perfetto stato di conservazione delle circa trenta armature esposte;per lo più di rappresentanza, visto anche che il periodo esaminato fu all‟insegna della pace. Il percorso sichiude con i super robot Goldrake e Gundam che tutto devono al mondo dei samurai, da cui hanno attinto apiene mani anche fumetti e disegni animati.Samurai. Palazzo Reale, piazza del Duomo 12 – orario: 9.30/19.30, lunedì 14.30/19.30, giovedì 9.30/22.30.Fino al 2 giugno.

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È grazie all‟eredità dell‟industriale bresciano Giacinto Ubaldo Lanfranchi se il Poldi ha potuto organizzareuna mostra dedicata ai netsuke. Ci voleva un collezionista che si è dedicato pressoché in esclusiva a questeminuscole sculture, concepite originariamente come “bottoni” per fissare alla fascia del kimono giapponese,privo di tasche, un cordoncino cui agganciare un piccolo contenitore porta oggetti. In legno o in avorio,preziosamente intagliati, i netsuke si affermarono in Giappone nel XVII secolo, ma già nella seconda metàdell‟800 persero la loro funzione originaria per diventare oggetti di collezionismo. Lanfranchi ne ha messiinsieme moltissimi. Una selezione di quella raccolta è ora in mostra nella casa-museo di via Manzoni,insieme a una settantina di pezzi provenienti da altre collezioni private italiane e dal Linden-Museum diStoccarda. Capolavori in miniatura che raffigurano creature fantastiche, divinità, personaggi ispirati allamitologia, alla storia, ai racconti popolari, alla letteratura, oltre ad animali, fiori, piante, frutti o ortaggi. Mace n‟è anche uno rarissimo in cui è rappresentata una Pietà, a testimoniare la diffusione del Cristianesimo inGiappone tra la metà del ‟500 e il „600. In programma, giovedì 5 marzo alle 18, l‟ultima di una serie diconferenze a latere della mostra:  Storie fluttuanti. L’antica letteratura giapponese. Interviene IkukoSagiyama, docente di Lingua e letteratura giapponese all‟Università di Firenze. Netsuke: sculture in palmo di mano. La raccolta Lanfranchi e opere da prestigiose collezioniinternazionali.Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni 12 - orario: martedì-domenica 10/18.

Fino al 19 aprile.

CINEMA & TV

Questa rubrica è curata da Simone Mancuso

Gran Torino di Clint Eastwood

Conferma per uno dei più grandi registi contemporanei targati Stati Uniti. Clint Eastwood continua asfornare uno dietro l‟altro, film perfetti da quasi ogni punto di vista. Dopo il capolavoro “Mystic River”, il

riflessivo e dal doppio significato “Million dollar baby”, i patriottici opposti punti di vista di “Flags of our fathers” prima e di “Lettere da Iwo Jima” poi, e la delicata fotografia di “Changeling”, hanno porta toquest‟uomo, un tempo famoso più come attore che come regista, ad essere iscritto nella storia del cinemamondiale come il fautore di alcuni dei film più belli mai scritti e realizzati. Non è da meno questo GranTorino, che rispetto agli altri ha una differenza, a parte la sceneggiatura meno intensa e corposa: larecitazione di Eastwood. Finalmente esce una recitazione al di fuori dai suoi schemi, d‟altronde E. erafamoso per non essere uno dei più espressivi tra gli attori di Hollywood(famosa la frase di Sergio Leone che parlando di lui disse:”…ha solo due espressioni:con e senza il sigaro”), invece in questo film, con questo personaggio riesce a tirar fuori qualcosa di diverso, un personaggio con un‟anima ben visibile. Forse perché,mi piace pensare così, il protagonista assomiglia un po‟ a Eastwood uomo, o forse semplicemente è un mododi essere americano che il regista comprende e capisce fino in fondo, visto che hanno degli elementi comuni,

come l‟età, il patriottismo e il fare i conti con una società che intorno a noi sta cambiando così velocementeche inevitabilmente ci trascina, con tutto il nostro background, nel cambiamento. Una nota va ai soggettistiDave Johannson e Nick Schenk, quest‟ultimo è anche lo sceneggiatore, entrambi al loro primo lavoro adHollywood. Non è così invece, per il direttore della fotografia Tom Stern, da tempo cinematographer delregista. Il film è stato candidato al Golden Globe 2009 per la miglior canzone originale, scritta ed interpretatadallo stesso Clint Eastwood. 

The Watchmen di Zack Snyder

Riuscita trasposizione nel genere dei supereroi per questo film adrenalinico, firmato dal regista di “300”.Meritano un elogio speciale, l‟apertura e la chiusura del film, compresi i titoli di testa. Inizio, con cui il

regista vuole subito catapultare, con stile, lo spettatore all‟interno del fumetto e della sua storia.Sceneggiatura curata in maniera pregevole da David Hayter già in confidenza con il mondo dei supereroiperché sceneggiatore di Brian Singer per entrambi i capitoli di “X-Men”.Ovviamente ha partecipato alsoggetto il creatore del fumetto Alan Moore, pratica molto politicamente corretta ed in uso ad Hollywood,

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iniziata da Frank Miller per “Sin City”, il quale firmò addirittura anche la sceneggiatura e la regia. L‟unicoeccesso estetico, se così si può definire, da parte del regista, è la passione maniacale per gli slow-motion,forse troppi.La direzione della fotografia viene riassegnata a Larry Fong il quale aveva già fatto intendere la sua tendenzaverso l‟iper digitale da videogames in “300”. Una fotografia il cui lavoro si svolge più in post -produzionecon i computer che sul set, ma d‟altronde penso sia esteticamente la più appropriata per il genere. Tuttoquesto è accompagnato dalla scelta di una colonna sonora non solo molto accurata, ma anche moltoazzeccata. Insomma un film sicuramente da vedere al cinema, che consiglio agli appassionati del genere piùdi tutti, ma anche a chi non ama particolarmente le trasposizioni fumettistiche, ma che vuole vedere un filmche sicuramente fa pieno sfoggio delle tecniche più avanzate che sia possibile vedere al cinema oggi.

Fortapàsc di Marco Risi

Dedicata al padre Dino, quest‟opera del filone postneorealista, si insinua in quella modalità di raccontocinematografico, a metà tra il racconto reale di Garrone e il racconto realistico di Sorrentino. In realtà, per il

rispetto dell‟anzianità cinematografica di Risi, si dovrebbe dire che i due nuovi autori si insidiano nel generedi quest‟ultimo. La differenza però è sostanziale: mentre due film come Gomorra e Il Divo fanno parte,insieme a Respiro di Crialese, all‟ultima generazione di registi italiani che hanno cambiato radicalmente ilmodo di raccontare il reale, rendendolo allo spettatore a volte nemico, a volte crudo ed a volte timido, mamai semplicemente osservato. Qui, invece, lo spettatore riesce sempre a percepire il racconto, il film nondiventa mai lo sguardo diretto dello spettatore, ma rimane uno schermo da guardare. Il cinema della nuovagenerazione è un cinema che diventa sguardo, mentre il cinema postneorealista è un cinema che racconta.Racconto che il regista gestisce in maniera diversa dalle sue precedenti opere(Mery per sempre, Ragazzifuori, Il branco), con un po più di patinatura, come se volesse lavare le immagini, dal realismo insito neipersonaggi, nei volti e nelle storie raccontate.

MUSICA

La rubrica MUSICA è a cura di Paolo Viola

MAGÌA FEMMINILE

La sala grande del Conservatorio era gremita, con il pubblico anche sul palcoscenico e sulla balconata delcoro, dietro i due pianoforti gran coda contrapposti che già da soli erano un magnifico spettacolo.Così si presentava la situazione giovedì 2, al concerto di Martha Argerich e Lilya Zilberstein, due donne che più diverse non potrebbero essere: una argentina di Buenos Aires e l‟altra russa di Mosca, una con i capelliargentei e una fama che la segue da mezzo secolo; l‟altra nel pieno degli anni migliori, conosciuta sì ma noncerto dal grande pubblico; tutte e due laureate al celeberrimo concorso Busoni di Bolzano, una nell‟edizionedel 1957 e l‟altra in quella del 1987 –  30 anni dopo!  –  e tutte e due con una forza e una  musicalità cheprorompevano da tutti i pori della pelle.Queste due signore - con le due ragazze che voltavano loro le pagine quasi a rimarcare ulteriormente la totale“femminilità” della serata - si guardavano da una tastiera all‟altra con un‟intesa complice e quella gioia delsuonare insieme che è presupposto fondamentale di ogni evento musicale di eccellenza.E‟ vero che conosciamo e sentiamo spesso le due sorelle Katia e Marielle Labèque - ormai famosa coppia alfemminile del pianismo internazionale - ma l‟altra sera era tutta un‟altra cosa, si è avuta la sensazione di unapresa di possesso nettamente femminile del grande potere che si esprime attraverso la musica, una

rivoluzione rispetto alla tradizione dei frac e della seriosità che usualmente li accompagna.Il repertorio per due pianoforti non è vastissimo, impaginare un programma per essi non è facile, ed anchequello presentato dalle due pianiste manifestava un certo affanno passando da Mozart a Schumann, daŠostakovič a Brahms e a Rachmaninoff. E se non tutti i pezzi erano di grande qualità (le variazioni di

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Brahms sul tema di San Lorenzo, da lui stesso trascritte per due pianoforti, non sono paragonabiliall‟originale per orchestra!), è pur sempre di grande interesse conoscere la produzione minore o meno notadei grandi maestri, quanto meno per apprezzarne meglio i capolavori.Dunque un programma inusuale, che non si poteva pretendere fosse preparato dalle esecutrici con la stessacura ed attenzione che si pone nelle opere destinate a restare a lungo in repertorio. Ma le imprecisioni che sisono riscontrate nell‟esecuzione venivano imprevedibilmente trasformate in sublime leggerezza, in una sortadi affettuosa dimestichezza con il pubblico, quasi fosse un “concerto in casa”, improvvisato per festeggiare iconvenuti.Due uomini non sarebbero mai riusciti a compiere questo miracolo; non si sarebbe potuto parlare - senza unasorta di imbarazzo o di disagio - di leggerezza, di emozioni, di festa, facendo tacere lo spirito critico. Questedue donne ce l‟hanno consentito con la gioia che hanno trasmesso, l‟emozione suscitata nel pubblico,l‟entusiasmo creato intorno ai loro strumenti.

* * *

Incredibile, ma la mattina di quello stesso giovedì i giornali riportavano, con grande evidenza, che unagiovane donna sarà il nuovo direttore stabile dell‟Orchestra Verdi!

I PROGRAMMI MUSICALI D’APRILE 

Da sempre, ma da qualche anno in qua in modo sempre più evidente, le feste Pasquali si celebrano anchenelle sale da concerto con musiche d‟occasione. Quest‟anno non farà eccezione, anzi, e nei prossimi quindicigiorni sembra che non si possa sentire altro che musica sacra. Non me ne lamenterei, visti i capolavorich‟essa ha prodotto. Dunque non possiamo non cominciare con il grande capolavoro bachiano - la Passione secondo Matteo  –  che l‟orchestra Verdi, il Coro Sinfonico di Milano e le Voci Bianche della Scala ci ripropongono anchequest‟anno - il 7, l‟8 e il 10 di aprile all‟Auditorium di Largo M ahler - diretti da Ruben Jais ed ErinaGambarini.Sempre in tema di musica sacra è da segnalare il Canto Gregoriano ed Ambrosiano della ScholaGregoriana Mediolanensis che, diretta da Giovanni Vianini, accompagnerà la messa pasquale delle 12 in SanMarco; ma dobbiamo anche ricordare la “Via Crucis” di Listz lunedì 6 sera alla chiesa di San Bartolomeo divia Moscova, e “La Resurrezione” di Händel eseguita dall‟ensemble “La Risonanza” il martedì 7 alConservatorio per la Società del Quartetto; sempre martedì 7, ma in S. Maria del Carmine, sarà eseguita conla direzione di Massimo Palumbo una delle più belle fra le 26 messe di Haydn, la Theresienmesse, scrittanel fatidico 1799.E per finire con le celebrazioni pasquali, le Serate Musicali ci propongono ancora martedì 7 nella chiesa diSan Bartolomeo di via Moscova, un magnifico concerto del Münchener Bach Chor interamente dedicato a

Mottetti e Cantate di Bach.Cambiando argomento, imperdibile è il ritorno del Viaggio a Reims rossiniano alla Scala, la cui prima saràmartedì 7 e che replicherà altre 10 volte, a partire dal 14 aprile fino al 10 maggio; è il famosissimo Viaggiocostruito anni fa sulle scene di Gae Aulenti per la regia di Luca Ronconi, allora diretto da Claudio Abbado,questa volta da Ottavio Dantone.Altrettanto imperdibile sarebbero, per chi avesse voglia di inseguire la buona musica fino a Berlino, sia ilLohengrin wagneriano alla Staatsoper (il 4, l‟8 e il 12 aprile per la regia di Stefan Herheim) che i dueRequiem, quello tedesco di Brahms e la Messa da Requiem di Verdi (rispettivamente il 7 e il 10 ma allaPhilarmonie); la cosa straordinaria è che tutte le cinque serate  –  notate bene, una dopo l‟altra, il 4, il 7, l‟8, il10 e il 12, due concerti con programmi assai diversi fra loro e tre r ecite d‟opera, vedranno sul podio DanielBarenboim! (Complimenti. Come non ricordare l‟Abbado delle nove sinfonie e cinque concertibeethoveniani in una sola settimana, prima a Vienna e poi replicati a Roma, in condizioni di salute a dir poco

drammatiche...?)

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Finite le settimane di Pasqua anche a Milano potremo riprendere a sentire musica profana, e fin d‟orasegnaliamo due eventi particolari.Innanzitutto il ritorno sul podio della Verdi di Wayne Marshall (ne parlammo in occasione di un suoRequiem verdiano, in febbraio, sempre in largo Mahler) questa volta con un programma tutto russo:l‟ouverture  de “Il Principe Igor” e la seconda sinfonia di Borodin e il fantastico concerto di Čaikovskij eseguito dalla giovanissima violinista moldava Patricia Kopatchinskaja (che ama suonare a piedi nudi!).E poi un bel programma di musiche di Mendessohn (la Fingal’s cave e la quarta sinfonia “Italiana” opera90) e di Schumann (concerto per violoncello e orchestra) dirette da Giancarlo De Lorenzo ed eseguite daUmberto Clerici al violoncello, sabato 18 aprile al teatro Dal Verme per i Pomeriggi Musicali.

TEATRO

Questa rubrica è curata da Maria Laura Bianchi

The Andersen Project

Tra gli eventi più attesi della stagione c‟è lo straordinario spettacolo del regista canadese Robert Lepage, cheil francese Le Figaro ha definito “un poeta e un mago: un artista che unisce emozione e sapere, intelligenza emeraviglia”. Scritto in occasione del bicentenario della nascita di Hans Christian Andersen (1805 – 2005),Robert Lepage ha tratto ispirazione da due racconti tra i meno noti dello scrittore per l‟infanzia,  La driade e

 L’ombra, per costruire un monologo di due ore in cui racconta la storia di Frédéric Lapointe, canadese delQuébec, scrittore di testi per canzoni, che si reca a Parigi. Il sovrintendente dell‟Opera, Garnier, gli hacommissionato la stesura di un li bretto per un‟opera lirica che avrà come soggetto, appunto, La Driade diAndersen. I piani narrativi a questo punto si intersecano: Frédéric, albino come Andersen, vive una sorta diidentificazione con lo scrittore. Come lui ha difficoltà nei rapporti con le donne. Se Andersen era bisessuale eper tutta la vita fu attratto e respinto dal sesso femminile, Frédéric si sta separando dalla propria compagna,desiderosa di figli che lui, al contrario, non vuole. Intanto la Driade, ninfa dei boschi, si aggira per Parigicercando il modo per barattare la propria immortalità con una notte nella Ville Lumière  dell‟Expo

Universelle del 1867. Effetti speciali high tech, scenografie proiettate e abitabili, video tridimensionali,cartoni animati, cinema, marionette, teatro d‟ombre, opera lirica: lo spettacolo mette al centro sempre e soloAndersen e i suoi mille volti, il “brutto anatroccolo”, il diverso geniale, l‟uomo che non sapeva amare, mache tanto avrebbe voluto.Dal 16 al 19 aprileTeatro Strehler, largo GreppiOrario: giovedì 16 e venerdì 17 aprile alle 20.30; sabato 18 aprile alle 19.30; domenica 19 aprile alle 16Info e prenotazioni: 848.800.304 

Arlecchino servitore di due padroniSpettacolo-simbolo del Piccolo Teatro, reduce da trionfali tournée in Italia e nel mondo, l‟Arlecchino torna acasa. Lungi dal trasformarsi in uno “spettacolo-museo”, Arlecchino conferma la sua funzione di “memoria in

azione”, capace di trascinare lo spettatore – come diceva Strehler –  “nell‟empireo del grande teatro comico,inno gioioso di liberazione”. Il fatto che, in oltre sessant‟anni, il ruolo di Arlecchino sia stato interpretato Da due soli attori, Marcello Moretti e Ferruccio SOleri, che ne raccolse l‟eredità nel 1963, accresce il suocarattere di eccezionalità. Soleri, che ha raccolto l‟eredità di Strehler per la regia dello spettacolo, è“diventato Arlecchino” e ha restituito con una straordinaria longevità scenica l‟energia senza tempo del suopersonaggio.Dal 15 aprile al 10 maggioTeatro Studio, via Rivoli 6Orario: Martedì e sabato alle 19.30; mercoledì, giovedì e venerdì alle 20.30; domenica alle 16 (lunedìriposo).Venerdì 17, mercoledì 22, lunedì 27, mercoledì 29 aprile e mercoledì 6 maggioalle 15 (pomeridiana per le scuole) e alle 20.30Sabato 25 aprile, venerdì 1 e lunedì 4 maggio: riposoInfo e prenotazioni: 848.800.304

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Tra la terra e il cieloIl nuovo spettacolo di Giorgio Barberio Corsetti ha debuttato con successo a Benevento nel settembre delloscorso anno. Racconta la giornata di quattro personaggi: un uomo e una donna, arrivati e pieni di certezze, eun ragazzo e una ragazza agli inizi della loro lotta per la sopravvivenza, pieni di incertezze. Ognuno di lorovive un giorno un po‟ speciale nel quale, oltre alle persone che fanno parte dell‟abituale quotidianità, incontraangeli, diavoli e la Morte stessa, con il suo seguito di spiriti, che si presenta per ricordare che tutti alla fine leapparteniamo. I contenuti dell‟intreccio raccontano solo una piccola parte dello spettacolo: ciò che ancorauna volta dà l‟impronta più originale alla creazione di Corsetti è infatti l‟uso spregiudicato  ma “scoperto” delle immagini video, che vengono impiegate non solo in senso scenografico, ma come elemento costitutivodella drammaturgia, in linea con il percorso di ricerca inizia to dal regista più di vent‟anni fa incollaborazione con Studio Azzurro. Il risultato? Una visione multipla, una realtà virtuale quasi “metafisica”che si definisce sotto gli occhi del pubblico che alla fine applaude convinto.Dal 14 al 26 aprileTeatro dell‟Elfo, via Ciro Menotti 11 Orario: 20.45 (domenica alle 16)Info e prenotazioni: 02.71.67.91

La licenzaUna classe, un tema da comporre. Enzo e Mino sono due studenti che devono prendere la licenza e realizzarecosì i loro sogni. Si sono allenati, sono pronti su ogni argomento, non chiedono molto - un lavoro, l‟amore, lafamiglia, e se ci scappa anche l‟amaro. I due riversano un numero infinito di parole sui quei fogli chesembrano non riempirsi mai e tra un argomento e l‟altro emergono piano piano le loro pulsioni e le loro paure. Ogni argomento diventa così la scusa per confessarsi, per dirsi qualcosa di sé e vedere l‟effetto che fa.Scritto da Claudio Autelli a quattro mani con la drammaturga Viviana Salvati, lo spettacolo usa unlinguaggio teatrale denso e tagliente. Il tempo della storia è il tempo di un tema, il tempo del tema è il tempodi una vita. Una vita sublimata nel suo stesso raccontarsi. Nel tempo dell‟attesa scorrono i propri sogni, leproprie illusioni e vengono svelate le proprie debolezze. Enzo e Mino rappresentano l‟incertezza di fronte aduna scelta. Sono lì sulla soglia, pronti per uscire, stanno solo aspettando che quello accanto si senta pronto a

partire mentre il tempo nella classe si dilata e si contrae assecondando le divagazioni, i dubbi e le confessionidi questi due studenti “fuoricorso” tenacemente chini sui loro banchetti, costretti, legati ad essi come ad unazattera che prima o poi lì porterà a riva. Tutta la loro vita, mossa dall'irrinunciabile necessità di partire, ècongelata nell'attesa di un momento che non arriva mai... e allora ognuno, con i propri mezzi, cerca diadeguarsi, per costruirsi la propria tana, per raccontarsi le proprie piccole bugie. La classe è un luogometaforico, un posto della mente in cui si è rimasti imbrigliati, è una condizione di eterna preparazione allavita. Lo spazio ha le coordinate di una classe, ma allo stesso tempo mantiene tutti i germi di una casa, le sueabitudini e i suoi tempi.Dal 16 aprile al 3 maggioCRT Salone, via Ulisse Dini 7Orario: 21 (domenica alle 16)Info e prenotazioni: 02.89.01.16.44

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Tutti i santi giorni

Andrea Brambilla, in arte Zuzzurro, ritorna sul palcoscenico come protagonista e "alter ego" di una dellenostre penne più lucide e graffianti, Michele Serra, e dà voce a un percorso di visioni e commenti in cui sitraccia la quotidiana "discesa agli inferi" di un uomo comune, impegnato a districarsi tra una selva dicomunicati, veline, proclami, vip, giornalisti di guerra, di pace, di caldo e di freddo, di insegne sempre piùinsulse. È l‟antologia ideale di una quotidianità assurda, ma non per questo meno reale. A guidare le reazioniviolente e tenere sono le lungimiranti osservazioni sul mondo che ci circonda, osservato attraverso lagraffiante e comica satira dell‟autore, che suggerisce, scuote, indaga. L‟uomo appare in fuga da tutto, maqualcosa non torna, non tutto è come sembra, e una verità grottesca e misteriosa minaccia di prendere ilsopravvento. Eppure è solo un attimo di lucidità, e tutto ritorna come prima, nell‟impossibilità di sfuggire da"tutti i santi giorni". Dal 16 aprile al 3 maggioNuovo Teatro Oscar, via Lattanzio 58Orario: 21 (mercoledì alle 19.30, domenica alle 17)Info e prenotazioni: 02.36.50.37.40