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CODING Pensiero computazionale e MAKING Creatività digitale Di Marco Perrera e Giuseppe Marino

Pensiero computazionale e MAKING - Direzione Didattica … · 2017-10-22 · wireless tramite una tavoletta forata sulla quale vanno ... Animatronic Hand: ... 3D, sfrutta un Arduino,

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CODING Pensiero computazionale

e MAKING Creatività digitale

Di Marco Perrera e Giuseppe Marino

Il termine "Coding" significa essenzialmente "Programmazione Informatica"

negli ultimi anni il termine ha acquisito un'accezione molto particolare, infatti

indica un particolare approccio che mette la programmazione al centro di un

percorso di apprendimento mirato a coinvolgere gli individui fin dai primi

anni della loro vita.

L'obiettivo è quello di stroncare la classica visione dell'informatica per stimolare, tramite un particolare approccio, le abilità nella risoluzione dei problemi.A tal proposito la scienziata informatica Jeannette Wing introdusse l'espressione "Pensiero Computazionale", proprio per indicare il modo di ragionare che porta alla definizione delle procedure, attuate poi da un esecutore, per raggiungere degli obiettivi assegnati.

Jeannette Wing vicepresidente di

Microsoft Research

Quindi il coding non è altro che la metodologia didattica più utilizzata per educare al pensiero computazionale, in modo pratico e divertente.

Ma in cosa consiste in termini pratici?

Probabilmente il portale che meglio consente di approcciarsi al coding è il sito web Code.org:

esso contiene lezioni e video lezioni di coding gratuite , mette a disposizione dei giochi facilmente programmabili

attraverso la programmazione “a blocchi grafici”, così facendo ai coders sembrerà di star solo giocando ma in

realtà si favorisce il loro sviluppo cognitivo.

La programmazione a blocchi grafici prevedere di realizzare programmi senza scrivere le classiche righe di

codice:

vengono utilizzati elementi grafici creati per adattarsi l’un l’altro, solo se inseriti in una corretta

successione, così da evitare inesattezze nella sintassi permettendo di programmare senza

incorrere in molti grattacapi.

Il coding, come detto, permette di apprendere le meccaniche basilari della programmazione informatica. Insegna a “costruire” giochi, storie interattive e animazioni utilizzando linguaggi di programmazione visuale facili e intuitivi.

Il coding può essere appreso anche in modo più tangibile, lontano dallo schermo di un computer e da ambienti esclusivamente virtuali. Un esempio di ciò è il robottino programmabile Cubetto. Esso si muove su ruote di legno ed è pensato per i bambini. Il robot viene programmato via wireless tramite una tavoletta forata sulla quale vanno inseriti diversi tasselli, a ciascuno dei quali corrisponde un comportamento diverso di cubetto, disponendo i tasselli uno dopo l’altro, si programma il suo percorso.

Altro elemento che può far avvicinare al coding i più giovani, sfruttando un approccio non

prettamente virtuale, sono i littleBits:

singoli componenti elettronici preassemblati su piccole basette.

Ciascuna basetta racchiude un "modulo" dotato di una specifica

funzione. Questo modulo può essere interconnesso con altri moduli, attraverso un intuitivo aggancio

magnetico.

L'interconnessione permette di far interagire i moduli tra loro nella maniera voluta, in modo da comporre oggetti più complessi, secondo una filosofia costruttiva ispirata ai Lego. Gli oggetti così realizzati vengono poi programmati per svolgere dei compiti specifici.

I littleBits possono essere considerati come la congiunzione del coding e del making.

Essi sono i portatori della teoria delDo It Yourself (espressione che si traduce in italiano con "fai da te").

Con il termine "making" s'intende l'attività hobbistica praticata dai

cosiddetti “artigiani digitali”, anche detti “maker”.

Essi amano inventare e costruire autonomamente realizzazioni di

tipo ingegneristico, come apparecchiature elettroniche,

realizzazioni robotiche e dispositivi per la stampa 3D.

Essenzialmente i maker puntano a svincolarsi dai ruoli di semplici consumatori, prendendo in mano la realtà per decostruirla e ricostruirla adattandola alle

proprie esigenze.Caratteristica comune a tutti i maker è quella di

sperimentare nuovi approcci produttivi basandosi su tecnologie a basso costo.

infatti il binomio making-open è molto consolidato. Alcune realtà come RepRap, littleBits e Arduino fanno dell'open source e dell'open hardware il loro punto di forza proprio

condividendo attraverso la rete i loro progetti.

Altra caratteristica comune ai maker è la condivisione dei propri progetti con la community:

Per questo motivo qualunque artigiano digitale può manipolare i progetti a proprio piacimento per

adattarli a determinate esigenze ed aggiungere nuovi utilizzi e

funzionalità, dopodiché ricondividere il proprio operato con gli altri maker.

Esistono molte piattaforme dove gli artigiani digitali condividono il loro

operato mostrandone non solo il funzionamento ma anche le modalità di

realizzazione, tra di esse le più frequentate sono Youtube, Reddit e MakerSpace.

si tratta delle cosiddette Makerfaire, eventi annuali tenuti in molte città di

tutto il mondo, dove numerosi espositori hanno l'occasione di

condividere in prima persona le proprie idee e di far conoscere i propri prodotti.

Esistono anche le fiere dove i maker e aziende affine mostrano le loro

invenzioni agli altri artigiani digitali:

Il concetto dell'espressione "Creatività Digitale" è difficile da definire, ma si può dare una definizione di massima

indicando con ciò la capacità da parte di singoli o di gruppi di dar vita a qualcosa che sia

contemporaneamente creativo e digitale, quindi caratterizzato da un alto grado di originalità e basato

sull'impiego delle nuove tecnologie e degli strumenti più innovativi.

Questo principalmente per merito di due fattori, la semplicità e l’intuitività del software Arduino e l'elevato numero di documentazione consultabile

presso il forum di Arduino.

Grazie alla famiglia di microcontrollori Arduino, al relativo ambiente di sviluppo e le apposite librerie è stato possibile ad un numero

elevato di artigiani digitali non "professionisti", non dotati quindi di elevate conoscenze elettroniche ed informatiche, di realizzare dei

progetti davvero molto ingegnosi.

Altri mezzi che hanno permesso di semplificare di molto la vita dei maker, a loro volta risultati del making stesso, sono le stampanti 3D:

particolari macchine dotate di estrusori ad alta definizione per plastica, capaci di stampare oggetti

in tre dimensioni. Esse sono nate come macchine di nicchia nel 1986, solo di recente sono entrate a far

parte delle attività dei più comuni maker.

E’ stato in seguito alla commercializzazione del kit Thing-o-Matic della MakerBot Industries che la

stampa 3D ha iniziato a riscuotere successo a livello mondiale, portando, nel giro di pochi anni, alla nascita di decine di aziende operanti in tale

settore, contribuendo allo sviluppo di nuove tecniche di stampa in 3D.

Fu grazie al progetto RepRap che le prime rudimentali stampanti 3D domestiche

iniziarono ad essere facilmente realizzabili e con un prezzo accessibile.

cioè delle schede, caratterizzate da un costo alquanto contenuto, che implementano un intero computer in dimensioni molto ridotte. Queste caratteristiche hanno permesso ai maker di utilizzarle nei loro progetti in maniera molto agevole. Tra questa categoria di computer i più diffusi sono i Raspberry Pi.

Negli ultimi tempi si è affermata un nuovo genere di calcolatori, i cosiddetti single-board computer

PiGGRL: un'imitazione del gameboy classic prodotta da Nintendo con Case stampato in 3D e che usa un Raspberry Pi come unità elaborativa.

Ecco alcuni prodotti nati dalla sintesi di quanto detto fino ad ora:

Animatronic Hand: una mano robotica che permette di replicare fedelmente i movimenti delle dita di un’altra mano letti tramite un apposito guanto.

DIY 3D Scanner: un comodo scanner per oggetti stampato in 3D, sfrutta un Arduino, dei motori ed un sensore di prossimità per l’acquisizione dei modelli degli oggetti, permettendone poi la stampa in 3D.