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… perché il Prati siamo noi!!! Numero 1 anno 12 - ottobre 2009 periodico degli studenti del Liceo Classico Giovanni Prati di Trento

perché il Prati siamo noi!!! · stra macchina che è il giornalino, entrando a far parte di ... il giornalino degli studenti del Prati, ... 21 La sindrome di Gianburrasca

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… perché il Prati siamo noi!!!

Numero 1 anno 12 - ottobre 2009 periodico degli studenti del Liceo Classico Giovanni Prati di Trento

Cari prataioli, ciao a tutti! Sono Silvio Defant, il nuovo capo-redattore di Praticantati, che, assieme a Martina Folena, gestirà, organizzerà, promuoverà ed aiuterà a far vivere quello che, a mio parere, è uno dei mezzi di informazione e condivisione più importanti del nostro liceo. Come spero noterete, già da questo primo nu-mero abbiamo iniziato a dare il massimo, pre-sentandovi nuovi appassionanti articoli ed ap-profondimenti, divertenti e interessantissime rubriche, interviste ed altro ancora, tutti conte-nuti in una brillante nuova veste grafica, certi di coinvolgere tutti voi in una lettura più piacevo-le, interessata e magari strappandovi qualche sorriso.

Proprio per questo colgo l’occasione per invitarvi nuo-vamente ad aiutarci a migliorare sempre più quella no-stra macchina che è il giornalino, entrando a far parte di una squadra sempre pronta a dare voce a tutti i nostri interessi e soprattutto alla nostra vita di classicisti, pra-taioli e ragazzi; spero che questo messaggio venga colto anche dai più timidi “quartini”, che, forse un po’ isolati in questo mondo di “liceali”, non conoscono l’impor-tanza del loro ruolo nel nostro liceo; citando quello che ormai è diventato il nostro motto, ricordo che questo è il giornalino degli studenti del Prati, per gli studenti del Prati, fatto dagli studenti del Prati e perciò chiunque potrà sempre scrivere la propria opinione e parlare delle proprie idee, perché è giusto che anche noi ragazzi ab-biamo degli ideali e questo è uno dei mezzi fondamen-tali con cui possiamo e potremo far sentire la nostra voce! Augurandovi buona lettura, volevo ringraziare tutti gli studenti che simpaticamente hanno partecipato a creare questa bellissima prima nuova copertina e tutti gli inse-gnati e bidelli che ci hanno sostenuto con qualche mate-riale od un po’ di disponibilità. E, per finire…. in bocca al lupo a tutti quanti per un felice e creativo anno al Prati!

Silvio Defant

2 � PRATICANTATI Ottobre 2009

Volete informazioni? Ci volete scrivere? Fate così: � contattate la redazione utilizzando la e-mail reda-

[email protected] � usate il box della messaggeria nell’atrio in sede

e nella sala dei distributori automatici in succur-sale � contattateci direttamente (possibilmente non du-

rante le lezioni… qualcuno avrebbe da ridire.)

Redazione: Angelo Naso Fabio Shkurtaj Riccardo Schöfberger Stefano Cristelli Angelica Givannini Agnese Di Giorgio Davide Leveghi Arianna Arighetti

Serena de Bettin Elisa Algarotti Riccardo Schoefberger Enrico Dal Fovo Marcello Calogero Giulia Andreatta Giacomo Zeni

RedazioneRedazioneRedazioneRedazione

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Direttore responsabile: Antonio Di Seclì Caporedattori: Martina Folena & Silvio Defant

PRATICANTATI è il giornalino del Liceo Prati

n° 1 anno 12 ottobre 2009

� 3 Da Prataiolo a…. - Medico

� 5 Da Prataiolo a…. - Studente di medicina

� 6 Novaline 2009 - la mitica festa prataiola di

inizio anno

� 7 Progetto 2008-2009 “Emigrazione trentina —

Identità australiana”

� 9 Un piede oltre il confine: anno all’estero

� 12 La voce dei rappresentanti

� 13 Obama: cambiamento o no?

� 15 Impressioni dal Vietnam

� 18 Marty: live from Burnaby

� 20 Il mito americano

� 21 La sindrome di Gianburrasca

� 22 Domani

� 23 The new Prati Collection

� 24 Classica al classico

� 25 L’arte come “promemoria” della realtà

� 26 Assalti frontali

� 27 Odiate letture

� 29 Travirgolette

� 29 Poesie

� 30 Lo sapevi???

� 31 Fumetti

� 32 La Postilla

In In In In

questo questo questo questo

numeronumeronumeronumero

n° 1 anno XII PRATICANTATI � 3

Prataioli! Anzitutto, un bentornato a tutti ed un benvenuto particolare a coloro i qua-li stanno per affrontare la quarta ginnasio, in bocca al lupo per un buon inizio! Che dire...mi pare opportuna un'introduzione: quest'anno avrò il grandissimo piacere di poter lavorare, nell'ambito del giornalino, alla rubrica d'intervista fissa “Da Prataiolo a …” che, se tutto andrà bene, apparirà co-stantemente (al ritmo di un'intervista a nu-

mero) sul nostro Praticantati. Si tratta di una novità elaborata nel corso della prima riunione dello staff, perciò, come tutte le cose nuove, probabilmente subirà nel corso del tempo correzioni, modifiche e miglioramenti: in poche parole, se la “puntata” di questo numero vi sembrerà essere stata strutturata in modo inadeguato, non vorrà dire che anche le prossime saranno dello stesso (spessore). Verosi-milmente, al contrario, a maggior esperienza corri-sponderà maggior dimestichezza e conseguente abi-lità. Ma vi starete chiedendo già da un pezzo...di che cosa si occuperanno le interviste? Per quale motivo abbiamo deciso d'introdurre una nuova ru-brica? Ve lo spiego in due parole: orientamento u-niversitario. Ebbene sì, questa serie di colloqui è stata ideata per dare agli studenti del nostro liceo (in particolare a chi frequenta seconda e terza) un utile, seppur modesto, supplemento di guida alla scelta della facoltà universitaria, realizzato attraver-so i pareri di persone che hanno frequentato il Prati in passato e che ora, terminato il percorso di studi, ricoprono un dato incarico lavorativo. Ecco allora che andremo a scovare ex-prataioli impegnati ora nel settore linguistico, archeologico, artistico, e tra-mite le loro parole vi offriremo, si spera, qualche “dritta” in più per aiutarvi nell'orientamento. Si trat-ta comunque di una rubrica destinata a tutti gli stu-denti della scuola, e non solo a chi frequenta gli ultimi anni (io stesso sono in prima, ma sento l'ar-gomento molto vicino sia a me sia ai miei coeta-nei), quindi consiglio di prenderla in considerazio-ne a chiunque voglia anche solo chiarirsi dei dubbi o informarsi riguardo all'argomento. Bene. Fatto il doveroso preambolo, possiamo ora proseguire e cominciare questo percorso con la pri-ma intervista. Lavorando al primo numero, la scelta è ricaduta sul campo della medicina, e – che fortu-

na! - mi sono ritro-vato a dialogare con il mio stesso medico, che ho pia-cevolmente scoper-to esser stato un tempo studente del Prati. Si tratta del dott. Guido Fruet, medico di medicina generale nel Com-prensorio dell'Alta Valsugana. Entrato nello studio medico, mi accomodo, scambio qualche parola con l'intervistato, dopodiché il collo-quio inizia. Buonasera, anzitutto grazie mille per la disponi-bilità. Cominciamo con una domanda molto sem-plice: se non vado errato, lei ha frequentato il Prati. Può dirci in che periodo? In realtà, al Prati ho fatto solo gli ultimi tre anni, mentre il biennio l'ho passato nel Collegio Religioso dei Salesiani. Ad ogni modo, ma non vorrei sba-gliarmi, la maturità l'ho ottenuta nel '73. ...si ricorda qualcosa in particolare dell'esperien-za? Ricordo molto bene l'insieme “professori-studenti”, eravamo un gruppo unito: questo grazie anche ad un nostro docente, “Robol”, che si dimostrò molto abile nel tener salda la compagnia. Pensa che fra compa-gni ci troviamo tuttora! Ricordo poi i tre Presidi che si sono alternati durante i tre anni: Piovan, Liserre e Radice. Quest'ultimo fu anche professore di italiano nel mio corso. Tra l'altro, il prof. Dalvit, che qualcu-no di voi certo conoscerà, è stato mio coetaneo, non-ché amico. Secondo il suo parere, cosa è cambiato da quan-do lei ha lasciato la scuola? Credo vi sia stato un cambiamento generazionale: eravamo giovani del '68, abbiamo attraversato un periodo di trasformazione, il Prati non era ancora una “scuola d'élite”, come invece mi sembra sia a-desso. Forse anche perché frequentavo il corso D, che all'epoca era quello meno “facoltoso”. C'era un clima di uguaglianza, non ricordo “figli di pa-pà”...diciamo che del Prati mi piace la formazione

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DA�PRATAIOLO�A�….�

MEDICO�di Stefano Cristelli I E

offerta, forse meno la struttura, appunto, “elitaria”.

Un cambiamento notevole nel panorama scolasti-co è stato l'inserimento di lingue straniere fra cui l'inglese, che al giorno d'oggi si rivela essenziale per qualsiasi tipo di impiego. Come percepisce questa mancanza nel suo bagaglio culturale? Direi che l'inglese mi manca al 100 %. Al tempo, come dici, non c'erano lingue straniere, ho studiato solo un po' di francese. Tuttavia, durante i corsi uni-versitari non ho sentito più di tanto questo proble-ma: quelle utili erano le lingue “morte” che avevo studiato in precedenza, tant'è che uno dei primi esa-mi cui partecipai era basato sulla radice del termine σάρξ , “carne”. Credo che l'inglese sia diventato an-cor più importante principalmente grazie all'avvento di internet.

C'è un motivo preciso per il quale ha scelto di intraprendere gli studi medici? Bé, penso che il primo stimolo sia stata la morte di mio padre, avvenuta per una malattia proprio men-tre frequentavo l'ultimo anno di liceo. Credo però che più importante sia stato il coinvolgimento fra studenti: ci si influenzava a vicenda e infatti molti de miei compagni finirono per cominciare gli studi a Padova, con me.

Quindi la decisione fu pressoché immediata... Esatto. Non avevo altre idee in testa, anche perché al tempo le aree erano molto più ristrette di oggi-giorno, gli indirizzi non sovrabbondavano come ora. I tre settori principali erano quello di giurispruden-za, quello delle materie ad indirizzo scientifico e quello di lettere, il più delle volte con finalità d'inse-gnamento.

Quanto crede le siano stati utili il triennio al Pra-ti e in generale gli studi classici? Penso che il Prati mi abbia dato la giusta apertura mentale: è stato importante crescere attraverso la cultura, e non con il bigottismo. Ha sviluppato inol-tre il metodo d'apprendimento di cui avevo bisogno, con i suoi schemi tipicamente “dritti”, se riesci a capire ciò che voglio dire...faccio cioè riferimento alla staticità delle lezioni, al loro mancato mutare nel tempo. Ecco, in questo senso c'è stato poco cam-biamento da quando sono uscito io ad oggi...le ma-terie sono insegnate pressapoco con lo stesso meto-do di quarant’anni fa.

...e crede che un'altra scuola, un altro istituto, si sarebbero rivelati ugualmente utili? Sinceramente, non lo so...uscendo dai Salesiani era

praticamente automatica la scelta, ero portato a stu-diare certe materie, anche se credo che l'abitudine mentale ad appassionarsi è propria, e non venga solo dalla scuola...certo il classico mi ha dato una grande opportunità, insegnandomi le tecniche che permettono di aver contatto con le altre persone, assolutamente basilari in medicina.

Capisco ciò che vuole dire...ma veniamo ora al suo percorso di studi: cosa ci può dire? Come ti dicevo prima, ho fatto la maturità nel '73 e ho deciso di frequentare la facoltà di Padova: a quel tempo i corsi universitari si svolgevano da novem-bre a luglio. Seguivo regolarmente tutte le lezioni, anche se poi fui costretto ad assentarmi per un pe-riodo per via di un'operazione a cui dovetti sottopor-mi. Mi laureai nel 1980 proprio per questo motivo.

Riguardo all'esperienza di tirocinio cosa ricorda? Il mio tirocinio fu il lavoro! (ride) No, a parte gli scherzi, lavorai per un anno in un piccolo ospedale, poi il mio incarico fu quello di guardia medica, me-dico di guardia, e poi medico di medicina generale, quale sono tuttora. Nell'intervallo fra medico di guardia e medico di medicina generale prestai servi-zio nell'esercito.

Che ricordo ha della facoltà di Padova? Ricordo che eravamo strutturati “per masse”: erava-mo molti, circa 1200, le aule ne contenevano anche 600 alla volta. Ora non è più così per via delle sele-zioni che attuano attraverso i numeri chiusi.

Quali e come sono le opportunità nel campo della medicina oggi? Direi che le opportunità oggi sono importanti. Ci sarà un turnover di personale che nei prossimi anni andrà in pensione (anch'io, spero!) e per questo ser-viranno nuovi medici. Inoltre il nostro lavoro si sta evolvendo: non si tratta più di un mestiere che guar-da ai singoli, ma si sta affermando piuttosto il con-cetto di un'attività d'equipe. E' in atto un cambia-mento a livello strutturale, per esempio il medico di guardia non esiste più, è stato sostituito dal cosid-detto “UTAP” (“Unita' Territoriale di Assistenza Primaria”, Ndr). Le possibilità, dicevo, sono molte, si sente la necessità di nuovi medici, tant'è che spes-so e volentieri non riusciamo a trovare sostituti in caso di assenza lavorativa. E sono tante proprio per via dei numeri chiusi nelle università.

Ultima domanda: consiglierebbe un percorso di studi simile al suo? Se uno ha la passione per le persone, sì. Se uno lo fa per il 27, allora no. E' faticosissimo.

4 � PRATICANTATI Ottobre 2009

n° 1 anno XII PRATICANTATI � 5

Per cercare di dare più completezza al nostro lavoro e perciò maggiori informazioni a voi lettori, abbiamo chiesto la collaborazione di uno studente universitario, anche lui ex-prataiolo, per farci raccontare e spiegare i funzionamenti del percorso di laurea in medicina e chirurgia, parlando della sua organizzazione, test d’ingresso e tutte quelle prove che spesso spaventano un liceale in procinto di scegliere la facoltà che un giorno, molto vicino, intenderà frequentare.

DA�PRATAIOLO�A�….�

Studente�di�medicina�Di Giacomo Zeni

Il corso di laurea in Medicina e Chirurgia è sicura-mente impegnativo e sotto certi aspetti unico. Innanzitutto per la sua organizzazione: a differenza degli altri corsi Medicina si articola in un periodo di sei anni a ciclo unico, e non di cinque o tre più due, divisi in: • un triennio biologico durante il quale si acquisi-scono le competenze in questo campo, quali ad e-sempio chimica, biologia, anatomia o fisiologia; un triennio clinico, che si basa sulle conoscenze ap-prese duranti i primi anni, indispensabili per affron-tare gli aspetti patologici e clinici. In questo triennio inoltre si inizia, con notevole ritardo rispetto alle altre università europee, a prendere contatto con l’ attività ospedaliera. Tutte le facoltà di medicina italiane sono articolate in questa maniera e nei sei anni si affrontano gli stessi esami organizzati però in maniera differente. Il secondo aspetto riguarda il test di ammissione: tutte la facoltà di Medicina e Chirurgia presenti in Italia sono ad accesso programmato. Questo signifi-ca che il Ministero ogni anno stabilisce quanti posti disponibili ci sono per ogni città, basandosi sulle capacità dell’ateneo, sia in termini di strutture che in termini economici, e bandisce un prova d’ingresso per sondare le conoscenze di base necessarie e fare quindi selezione. L’efficacia del test è molto in di-scussione in quanto non permette di valutare chi effettivamente meriti di diventare medico e chi no. Purtroppo però fino ad ora non è stato proposto nes-sun altro metodo maggiormente efficace ed è diffi-cile pensarne uno nuovo. Permettere l’accesso libe-ro sarebbe impossibile perché ogni facoltà si trove-rebbe una classe di un migliaio di studenti, che sia per motivi logistici ( non c’è posto per tutti ), sia per motivi didattici (più si è, peggiore è l’insegnamen-to), sarebbe ingestibile. Il test, pur essendo un ostacolo non indifferente, può essere superato con un’adeguata preparazione, che dovrebbe, per la maggior parte degli aspetti, essere fornita durante le scuole superiori. La prova si arti-cola in 80 domande divise in quattro aree: • 40 domande di cultura generale;

• 18 domande di biologia; • 11 domande di chimica; • 11 domande di fisica e matematica. Per ogni risposta corretta viene attribuito 1 punto, per ogni sbagliata -0,25, per ogni risposta omessa 0 punti. Per la parte di cultura generale le domande riguar-dano soprattutto la storia del Novecento, avveni-menti degli ultimi vent’anni che solitamente non vengono affrontati alle superiori, vicende storiche famose, anniversari che ricorrono quell’anno e do-mande di letteratura. Prepararsi in quest’area è dif-ficile in quanto non c’è un programma da seguire e le conoscenze dipendono spesso dagli interessi sog-gettivi: per quanto mi riguarda, la preparazione che mi ha fornito il nostro liceo riguardo questi argo-menti è stata buona. Per le altre tre aree il Ministero ha invece stabilito un programma abbastanza dettagliato sul quale pre-pararsi: non bisogna preoccuparsi eccessivamente per la parte di cultura generale, in quanto avere buone conoscenze nelle tre aree scientifiche per-metterà quasi sicuramente di entrare. Gli argomenti delle aree scientifiche dovrebbero essere già stati affrontati alle superiori, ma questo la maggior parte delle volte non avviene e mette in difficoltà lo studente che, dopo la maturità, non do-vrà solo ripassare, ma anche studiare da solo. Al momento del test la selezione viene fatta solitamen-te sulle carenze che gli studenti hanno in biologia, che in proporzione ha un peso maggiore rispetto alla chimica, alla matematica e alla fisica. Quasi tutte le scuole superiori organizzano dei corsi propedeutici al superamento del test, e così ha fatto anche il Prati alla fine del mio ultimo anno. Pur-troppo però questi corsi sono insufficienti in quanto è impensabile cercare di risolvere delle carenze in argomenti anche importanti e che richiedono un impegno considerevole, in un numero molto esiguo di ore e in un periodo dell’anno durante il quale gli studenti sono impegnati nello studio per la maturi-tà; funzionerebbero meglio se fossero un’occasione di ripasso e approfondimento di temi già affrontati

e ciò permetterebbe agli studenti di avere una pre-parazione tale da dover ripassare e non studiare per il test d’ammissione. Per superare il test bisogna impegnarsi ed essere determinati. Purtroppo può capitare di non essere ammessi e per questo è consigliabile pensare, già prima di affrontarlo, ad una possibile alternativa: conviene frequentare un corso affine, come Biotec-nologie o Biologia, e riprovare l’anno dopo con la possibilità che vengano riconosciuti degli esami. Anche Biotecnologie e Biologia però hanno un test d’ingresso con scadenze simili all’iscrizione a Me-dicina: questo è un altro buon motivo per infor-marsi con un certo anticipo. Pensare ad un’alternativa non è un modo disfatti-stico di affrontare il test, ma anzi permette, nell’e-ventualità di un insuccesso, di saper già cosa fare e di non buttarsi invece su un corso all’ultimo minu-to. Un altro criterio di scelta, anche se secondario ri-spetto alla preparazione, è il numero di studenti ammessi ogni anno e la sede universitaria: questi dati sono facilmente individuabili via internet. Io studio a Ferrara dove siamo in 150: il vantaggio di un ateneo piccolo è che permette di essere se-guiti maggiormente durante le attività di laborato-rio e soprattutto durante i corsi in ospedale cosa che non succede invece in Università più grandi. Elenco ora dei link utili per avere informazioni sul test e sull’organizzazione del corso in medicina e chirurgia: • www.accessoprogrammato.miur.it: qui trovate tutte le informazioni sul test di medicina: i decreti ministeriali, il numero di posti disponibili , i pun-teggi e i test degli anni precedenti, i programmi per la preparazione; • www.unife.it/medicina/ls.medicina: qui trovate le informazioni più dettagliate sul corso: il manife-sto degli studi dove troverete tutti gli esami dei sei anni, le domande più frequenti, l’organizzazione del corso e notizie pratiche come gli orari riferite all’ università di Ferrara; Spero con questo articolo di aver chiarito qualche dubbio agli studenti e di aver magari dato qualche spunto agli insegnanti, che potranno così aiutarvi ulteriormente.

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La�mitica�Festa��Prataiola�di�inizio�anno�

di Silvio Defant V D

Come da diverso tempo a questa parte, anche per l’inizio dell’anno scolastico 2009-2010 c’è stata l’epica festa dell’istituto G. Prati nell’ormai cele-bre località “Novaline”. Purtroppo i cari prataioli, o già terrorizzati dall’epiteto dal sapore un po’ troppo impegnativo, o troppo intenti nell’iniziare un grande nuovo anno in stile classicista, erano un po’ scarseggianti, avendo forse preferito trascorre-re una piacevole serata di otium con l’amico Roc-ci. Ma indubbiamente questo non ha spaventato i pochi impavidi, innamorati, poco studiosi o forse solamente senza nulla da fare, che nonostante tutto si sono divertiti un sacco!!! La festa, organizzata dal nostro rappresentante d’Istituto Fabio Shkurtaj, si è svolta il 26 settem-bre: hanno suonato delle 19 fino a circa le 22.30 tre gruppi, Gatta Gatta, Sunday Drivers e Groove-'s Buddies, tutti naturalmente made in Prati, che, seppur non riscuotendo un successo memorabile, hanno ravvivato la serata e reso piacevole il tempo passato a chiacchierare tra amici od a sbaciuc-chiarsi il\la proprio\a innamorato\a. Finita l’esibi-zione musicale, il nostro ormai affezionato Lucia-no Forlese al mixer, ha fatto scatenare in pista i più imperturbabili ballerini fino a tarda notte. Più tardi inoltre sono apparse, tra la folla sempre crescente, alcune vecchie conoscenze, ex prataioli, che, forse alla ricerca dei bei tempi passati, hanno deciso di arricchire il piacevolissimo cocktail della serata! Ma per chi non è stato presente a questa festa, non tutto è perduto: sulle prossime uscite di Praticanta-ti informe-remo sulle p ross ime eventual i iniz iative in pro-gramma.

6 � PRATICANTATI Ottobre 2009

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n° 1 anno XII PRATICANTATI � 7

Il giorno 13 agosto 2009 io ed altri diciannove ra-gazze e ragazzi del nostro Liceo, accompagnati dal Dirigente scolastico Antonio Di Seclì, dal Funzio-nario amministrativo Fabrizio Casati e dalle docenti Ivana Stenico e Paola Depedri, siamo partiti per l’Australia. Decollati dall’aeroporto di Milano Mal-pensa, abbiamo fatto scalo a Dubai, una sosta a Singapore e finalmente il 15 siamo atterrati all’ae-roporto Tullamarine di Melbourne. Là abbiamo tro-

vato ad aspettarci il preside del Salesian College Rupertswood di Sunbury, Greg Cham-bers, e l’insegnante responsabile che ha orga-nizzato il nostro soggiorno, Marisa Spiller. Poi abbiamo raggiunto il College dove ci aspettava-no le famiglie ospitanti, le quali avevano orga-nizzato il resto della giornata e quella seguente: alcuni sono stati portati allo zoo, altri a vedere la città e così via; io ho visitato "the Melbourne Museum" e "the National Gallery of Victoria". Lunedì abbiamo partecipato alla cerimonia di benvenuto e poi alle lezioni. Il sistema scolasti-co è completamente diverso dal nostro; la cam-panella d’inizio suona alle 9, seguita da un quarto d’ora di homeroom, in cui si leggono gli avvisi, si fa l’appello e si recita la preghiera della mattina. Poi gli alunni si dirigono nelle aule del professore della materia scelta.

Infatti, sono gli stessi studenti che scelgono il pro-prio indirizzo di studi, tra materie teoriche e prati-che, come ad esempio fotografia. I ragazzi indossano la divisa scolastica che reca il loro motto, in latino, “Certantes in vita”. La scuola finisce alle 15.30 e più tardi gli studenti vanno a lavorare o si dedicano ai propri hobby. Il martedì siamo andati in gita a Han-ging Rock (dove abbiamo visto e accarezzato anche un canguro =), luogo particolarmente caratteristico, location di molti film. Si tratta di una zona boscosa dove sono presenti numerose formazioni rocciose distinte, compreso lo stesso “Hanging Rock” (un masso sospeso tra altre rocce). Luogo un tempo evi-tato perché si credeva fosse abitato da spiriti, è di-ventato famoso con il libro “Picnic at Hanging Rock” (scritto da Joan Lindsay - 1987), basato, se-condo alcune voci su una storia vera, che racconta la scomparsa di alcune ragazze di una scuola privata in gita il giorno di S. Valentino. Più famosa è la sua trasposizione cinematografica (film diretto da Peter Weir - 1975). Il mercoledì abbiamo seguito regolar-mente le lezioni; il giovedì siamo andati sulla Great Ocean Road, considerata una delle strade più belle del mondo. Il tempo non è stato dei migliori, ma non ha rovinato la giornata; abbiamo visto dei bellissimi paesaggi, da cartolina. Venerdì abbiamo visitato as-

Progetto 2008Progetto 2008Progetto 2008Progetto 2008----2009 “Emigrazione 2009 “Emigrazione 2009 “Emigrazione 2009 “Emigrazione trentina trentina trentina trentina ———— Identità australiana”. Identità australiana”. Identità australiana”. Identità australiana”.

di Angelica Giovannini I E

AttualitAttualitAttualitAttualità

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La bandiera del nostro Liceo al Salesian

College “Rupertswood”

Il gruppo degli studenti davanti all’ingresso

della Cattedrale di St Mary a Sydney

sieme ad alcuni studenti del College il quartiere italiano di Melbourne, Lygon Street, circondato da negozi e bar aperti da immigrati italiani. Il sa-bato lo abbiamo trascorso insieme alla famiglia e la domenica siamo partiti per Myrtleford. Siamo

stati ospitati per due giorni da ex immigrati di ori-gine italiana. Il lunedì siamo stati accolti dagli studenti del Ma-rian College per poi visitare il cimitero cinese di Beechworth e il “campo di concentramento italia-no” di Bonegilla. Il giorno dopo siamo andati a Canberra, scelta nel 1908 e progettata apposita-mente per essere la capitale nazionale. Abbiamo assistito a uno show aborigeno, e anche noi ci siamo cimentati con il boomerang =). Il giorno dopo abbiamo visitato il parlamento di Canberra, e poi siamo partiti ver-so Sydney. La sera abbiamo visto la celebre Opera House accanto all’Harbour Bridge, e nei due giorni seguenti abbiamo visitato la città. Ciò che mi è maggiormente rima-sto impresso da questo viaggio, oltre ai luoghi che ho potuto am-mirare, dalle grandi città come Melbourne e Sydney, che mostra-no una realtà con abitudini e u-sanze diverse dalle nostre, alle bellezze naturali del paesaggio, così diverso dal nostro, è stato il calore dimostrato dalle famiglie

australiane di Sunbury che ci hanno ospitato per una settimana, e dai partecipanti dei circoli italo - australiani dai quali siamo stati accolti, e dagli ex immigrati, quasi tutti trentini, di Myrtleford. In-fatti, il progetto che ci ha portato in Australia, co-

me appunto indica il titolo, è stato so-prattutto rivolto all’aspetto dell’immi-grazione. Il soggiorno nelle case di queste per-sone che hanno dovuto lasciare la pro-pria vita in Italia per cercare fortuna dall’altra parte del mondo, non è stata semplice ospitalità, ma l’incontro di generazioni diverse con una comune origine radicata al territorio. Penso che quest’incontro sia stato formante per noi studenti e un segno tangibile degli sforzi compiuti da Liceo, circoli e as-sociazioni, in particolar modo dall’-ONLUS “Trentini nel mondo” che si pone con i suoi numerosi circoli come punto di riferimento per i trentini all’-estero, affinché mantengano legami

culturali e sociali con la loro terra d’origine. L’emigrazione trentina quindi, e l’identità austra-liana, con i suoi stili di vita, il suo modo di pensa-re, le sue città, sono stati i fili conduttori di questo viaggio culturale che ha costituito un’esperienza davvero memorabile non solo per le conoscenze che abbiamo appreso ma anche per i contatti uma-ni che abbiamo stabilito.

8 � PRATICANTATI Ottobre 2009

n° 1 anno XII PRATICANTATI � 9

UN PIEDE OLTRE IL CONFINE:UN PIEDE OLTRE IL CONFINE:UN PIEDE OLTRE IL CONFINE:UN PIEDE OLTRE IL CONFINE:

ANNO ALL’ESTEROANNO ALL’ESTEROANNO ALL’ESTEROANNO ALL’ESTERO

di Agnese Di Giorgio IIIA

Alcuni di voi ne avranno già sentito parlare in abbondanza, altri avranno colto forse solo qualche accenno e altri ancora probabilmente non sanno proprio che cosa sia. Io stessa ho trascorso un anno all’estero, quindi sarò forse di parte nel dirlo, ma si tratta di una grandissima opportunità e di un’ esperienza validissima sia per la lingua sia, e quasi certamente anche di più, come arricchimento personale. Proprio per questo ritengo sia necessario parlarne e farlo conoscere nel modo più opportuno; che cosa c’è quindi di meglio del raccon-to di chi quest’ esperienza l’ ha vissuta, o la sta vivendo, sulla propria pelle?! Ecco dunque i diversi punti di vista di Bianca (III A), Alessandro (III C) ed Anke ( V D), studentessa ospite nel nostro liceo direttamente dal Belgio!

1.Presentati nella lingua Je m’ appelle Bianca Hi, I’ m Alessandro Io sono Anke

2.Dove sei stato/a? In Francia, Le Havre Bournemouth, Inghilterra A Trento (con una smor-fia!..)

3.A quale organizzazione ti sei appoggiato/a per que-sta esperienza? Come ti sei trovato/a?

WEP;Tutto bene, sebbe-ne la wep francese non comunicasse molto con quella italiana. A livello europeo la consiglierei

Privatamente, (é stato più difficile da organizzare ma ho dovuto farlo per poter suonare il pianoforte)

Intercultura; si mi trovo be-ne

4.Perchè hai fatto la scelta di trascorrere un periodo all' estero?

Non per scappare dal Prati come si potrebbe pensare, ma per impara-re una nuova lingua e scoprire una nuova cul-tura

Voglia di nuove esperien-ze

Primo per imparare una nuova lingua e poi perché volevo uscire dal Belgio

5.Di primo acchito: tre vantaggi

Aver imparato una nuo-va lingua, aver conosciu-to i propri limiti e le pro-prie forze

Enorme miglioramento in adattabilità, incontrare persone diversissime, una certa libertà...

Nuova gente, una nuova lingua ed aver conosciuto un’ altra mentalità

6.Tre svantaggi (...o sono troppi?!)

Sono troppi!..No, al limi-te al limite, aver perso un anno al Prati

Forse a volte l'incapacità di esprimersi e farsi capire a pieno, frustrante..

Mi manca la gente del Bel-gio..

7.Meglio i 3 mesi, i 6 o l' anno? Perché?

L’ anno perché è più completo sia per la lin-gua sia per i rapporti interpersonali

Mmm direi che un anno ci vuole tutto per ambientar-si e raccogliere eventuali frutti(almeno per me...)

Tre mesi perché ho quindici anni, quando ne avrò 18 allora un anno

8.Molto brevemente: una tua giornata tipo

Sveglia alle 6.45, scuola che mi prende quasi tut-to il giorno, pranzo in mensa, casa, un po’ di studio, babysitter ai miei fratelli e bambini vari, cena con lavaggio piatti(che diligente eh?!) e serata in famiglia

Sveglia alle 8 con porri-dge, scuola, piano, pub...

Sveglia alle 6.30, colazione, bus fino a scuola, città, a-mici, ballo

AttualitAttualitAttualitAttualità

prataiolaprataiolaprataiolaprataiola

9.Eri in famiglia? Come ti sei trovato/a?

Ero in una famiglia ab-bastanza numerosa, quindi essendo figlia uni-ca mi sono dovuta adat-tare a tutti i fratelli, ma mi sono trovata molto bene

Ero in una famiglia, con un padre e una figlia. Col padre difficile all'inizio, ma poi si è creato un rappor-to meraviglioso; con la figlia ahimè sempre diffici-le!!

Si, ho due fratelli grandi, ma una è in Austria. Mi tro-vo molto bene

10.Argomento scuola: pro e contro confrontando il nostro liceo con l' istituto frequentato all' estero

In Francia hanno un me-todo più analitico, più legato al ragionamento, c’è uno stampo più uni-versitario che ti prepara bene per il futuro..Si, senza nulla togliere al sistema italiano, meglio quello francese

Nella scuola inglese c'era un'enorme varietà di stu-denti, da studenti di arte a studenti di idraulica, mi mancava però il rapporto stretto tra studenti che si crea nelle classi qui in Ita-lia

Questa scuola è più piccola di quella in Belgio, c’è un’u-nica classe senza cambi fra le lezioni,molte interroga-zioni orali e meno mate-rie..meglio in Belgio!

11.La cosa più pazza che hai fatto all' estero

Un giorno ho fatto cre-dere alla prof. di spa-gnolo di capire tutto, di saperlo parlare (ovviamente lì credeva-no che spagnolo e italia-no fossero uguali!), e così continuavo a rispon-dere si a tutte le sue domande …(ci tiene a precisare che non le ve-niva in mente altro al momento..)

Addormentarmi nel centro di una pista da ballo in discoteca

MANGIAAARE!

12.Descrivi con tre agget-tivi i giovani del Paese dove sei stato/a

(..mangiandosi le ma-ni..) Aperti, che non si pongono limiti (in senso positivo!) e che hanno voglia di divertirsi

Imprevedibili, riservati, alcolizzati!

Più belli, più liberi in città, più simpatici (…non è stata pagata per dire questo!)

13.Secondo te è meglio mantenere i contatti con il "vecchio mondo" o no? Come e perché

Inizialmente può sem-brare un bene, limitata-mente ti potrebbe aiuta-re, ma arrivi ad un pun-to in cui tagliare ogni contatto ti fa vivere al meglio questa esperien-za; è abbastanza auto-matico

Secondo me si, un mini-mo che lasci dei ponti sempre aperti, magari tramite email o facebook..

Non particolarmente perché vivo qui e non in Belgio

14.Quanto tempo hai im-piegato ad imparare la lingua?

Dopo un mese me la cavavo discretamente, non avevo quasi più dubbi a sei mesi e dopo dieci mesi ho acquisito ulteriore sicurezza

Per me ci sono voluti al-meno 3 mesi

Dopo un mese capisco tan-te cose e parlo abbastanza

Ottobre 2009 10 � PRATICANTATI

n° 1 anno XII PRATICANTATI � 11

17.Un viaggio implica in qualche modo anche un ritorno. Due battute sul rimpatrio ed il rientro al Prati

Due battute da ride-re?!...Il ritorno è.. duro! Abituarsi allo stile di vita, anche se lo conosci da sempre. Però arriva un momento in cui ti rendi conto che devi prendere in mano la situazio-ne...Più che con la fami-glia è difficile nei rapporti interpersonali, con la scuola … la scuola!

Inaspettatamente piace-vole...

...

19.Le tue aspettative si sono realizzate?

In linea di massima si, bisogna essere un po’ fatalisti, accogliere tutto quello che ci arriva … Perché a tutto c’è una spiegazione!

Ho cercato di farmi meno aspettative possibile, ma penso di avere ottenuto quasi tutto quello che cercavo da questa espe-rienza

Al 90% si, al 10% sono ancora da vedere

20.Convinci con una fra-se gli indecisi: l' anno all'estero è...

…VIVERE. RICOMINCIARE DA ZE-RO!

...PER SEMPRE

16.Noi italiani all' estero siamo visti come...

Tre aggettivi: mafiosi, “mangia pasta” e scorret-ti in generale

Furbacchioni Capelli neri e occhi scuri, mafiosi, pasta, pizza …

15.Ti ritieni soddisfatto/a del livello raggiunto?

Si abbastanza, anche se non parlandolo ho la sen-sazione di perderlo

Abbastanza, credo avrei dovuto fare di più

A novembre spero di parlarlo meglio, adesso non sono tanto brava (..noi però non siamo d’ accordo!!)

Innanzitutto volevo ringraziare il Praticantati per averci concesso una sezione dove i rappresentanti possono comunicare con tutti gli studenti per rife-rire idee e piani riguardanti scuola e assemblee e naturalmente “informare”. Ritengo giusto spiegarvi per prima cosa i motivi per cui l’annuario lo scorso anno non è stato fat-to. Principalmente è stato un problema finanzia-rio, dati gli ingenti costi di stampa, e il nostro ri-fiuto sul singolo pagamento di ogni copia dell’an-nuario da parte degli studenti, che negli anni pre-cedenti non è mai servito. Come al solito siamo partiti ad aprile nella sua realizzazione, ma solo a maggio è stato trovato un accordo, in verità una gentile donazione, che ci ha permesso di dare il via all’annuario. Il problema era che, essendo in un mese molto travagliato e pesante, non ci è stato concesso di interrompere le lezioni per fare le foto di classe. Sapevamo che forse non saremmo riusciti a stam-parle entro la fine dell’anno, ma casomai sarebbe-ro stati consegnati ad inizio anno. Ed è stato og-getto di forte dispiacere sia nostro sia degli attuali neo-universitari. Passo ora ad alcune informazioni sulle nuove ca-ratteristiche degli organi studenteschi. Invito però chi fosse interessato ad andare sul sito ufficiale del Prati, nella voce Statuto della scuola, che è una sorta di magna charta che contiene principi e procedure per l'efficace funzionamento del siste-ma. Le novità fondamentali sono sostanzialmente due: Il numero dei rappresentanti d’istituto passa da tre a due, e non esisteranno più le liste ma ci sa-ranno candidature singole. Un’idea tutto somma-to buona, che concede di votare il singolo, in mo-do da sancire con più precisione chi verrà eletto. Cosa che i neo candidati, come pure noi rappre-sentanti, hanno saputo da poco, e si sono trovati impreparati, soprattutto coloro che avevano già preparato il programma in liste da due o più per-sone. Col nuovo statuto sono stati aboliti i consigli de-gli studenti, tra rappresentanti d’istituto e rappre-sentanti di classe, sostituiti dal nuovo organo, cioè la consulta degli studenti che ha il compito

di promuovere, favorire e realizzare la partecipa-zione attiva e responsabile degli studenti alla vita della scuola, questa è composta dai rappresentanti d’istituto, della consulta e di classe. Le riunioni della consulta degli studenti si svol-geranno, di norma, al di fuori dell’orario delle lezioni. I membri della consulta nomineranno a loro volta un presidente, che si occuperà dell’in-terazione col preside. Di conseguenza chi volesse candidarsi come rap-presentante di classe sappia che dovrà perdere un pomeriggio al mese per partecipare, altrimenti si distrugge il sistema di informazione tra la consul-ta e gli studenti. Vorrei anche esortare tutti gli studenti, soprattutto i più piccoli (cui, come pure noi anni fa, non im-porta nulla), a partecipare alle Assemblee d’Isti-tuto con rigore, e a vederle non come un giorno di svago, o peggio, di vacanza, ma come un mo-mento di interazione tra studenti, e di accultura-mento, poiché dal mio punto di vista in esse si imparano cose più importanti, attuali e utili che in cinque ore di lezione. Inoltre, se non “funzionano” più, verranno tran-quillamente abolite col tempo, dato che numerosi professori sono contrari, perché perdono ore di lezione. Questo vale soprattutto per la Cogestione. Sap-piate che negli ultimi anni ci è mancato davvero poco perché non ci lasciassero farla, per i motivi sopra citati, e quest’anno è molto probabile che venga sostituita dai corsi di recupero delle caren-ze del primo trimestre. Con questo non voglio imporvi però di “venire alle assemblee perché se no ce le tolgono e dob-biamo fare lezione”. Infine un paio di consigli ai futuri eletti. Cercate di collaborare tra di voi. Fate tutto per tempo, o meglio in anticipo, le cose fatte all’ultimo non vengono mai bene. Non fatevi influenzare eccessivamente da “alcuni” professori. Non prendetevela quando alcuni studenti vi criticano, è normale che acca-da,e avete più spesso ragione voi. Penso che possa bastare. Un saluto a tutti gli stu-denti...e miraccomando..non studiate troppo!

La voce dei Rappresentanti

di Fabio Shkurtaj

12 � PRATICANTATI Ottobre 2009

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n° 1 anno XII n° 1 anno XII PRATICANTATI � 13

Il brillante esordio, la sua incredibile e fastosa campa-gna elettorale, il suo discor-so strappa lacrime davanti ad un milione di persone, tutto prometteva una nuova era per gli Stati Uniti, ed anche per il mondo intero, ma Obama in questo mo-mento ci lascia assai per-plessi. Nascono dubbi sulla sua capacità di tenere in mano una nazione così im-portante e sulle sue possibi-lità di cambiare realmente le cose. Le aspettative non ri-guardavano esclusivamente la questione del superamen-to delle barriere razziali, ma anche l’uscita da una crisi che stava (e tuttora sta) sgretolando la più forte economia capitalistica al mondo. Peraltro gli Americani ponevano la loro fi-ducia nel ritiro immediato da guerre disastrose ed inutili secondo la maggioranza della popolazione. Ma dopo? L’inizio di Obama senza dubbio fu buono ed inco-raggiante. La disponibilità con cui ha lavorato affin-ché milioni di persone non perdessero il lavoro è stata lodevole. Ma il momento attuale vede un Obama debole e quasi inaffidabile. La retromarcia sulla sanità desta perplessità. La sua ingenuità forse gli ha fatto pen-sare che tutti gli Americani fossero con lui, per co-struire una nazione migliore, ma non è così sempli-ce. Le televisioni e la stampa repubblicane lo attac-cano con tutte le possibili armi politiche e lui alza bandiera bianca. Cade davanti all’accusa di voler introdurre una “riforma socialista” che invece in-fiammava i suoi desideri per una sanità libera, senza i mostri delle società assicurative. Ed altri problemi complicano la situazione: La crisi persiste e la gente continua a perdere il la-voro. Dall’Afghanistan si portano più morti che soddisfa-zioni, in una guerra che due giornalisti statunitensi

paragonarono ancora nel febbraio del 2009, quindi prima dell’offensiva lanciata da Obama, alla guerra in Vietnam, ritrovando inquietanti analogie. La guerra che presentano i generali è possibile vincerla solo con l’invio di ulteriori truppe. Quella che inve-ce arriva negli Stati Uniti è la percezione che una guerra contro una forza così organizzata in territori così ostici sia inutile e costosa, anche in termini di vite umane, e l’unica intensificazione che hanno visto è quella dei funerali con bare coperte da ban-diere. Peraltro l’appoggio delle popolazioni locali afgane viene meno con l’aumento dei bombarda-menti, togliendo un importante aiuto alle forze mul-tinazionali. Un fallimento nella lotta al narcotraffico messicano che smercia gran parte dei suoi prodotti negli Stati Uniti. Gli unici posti da cui questo problema è spa-rito sono i giornali, mentre il Messico e la frontiera si insanguinano sempre più. In Messico addirittura la stampa ha presentato la guerra scatenata dalle for-ze di polizia come una vittoria dei narcos. Queste sono le principali questioni che si pongono di fronte ad Obama. Ma senza dubbio esistono anche problematiche altrettanto importanti come le costanti tensioni con la Russia, l’incapacità di dialogare con

Obama: cambiamento Obama: cambiamento Obama: cambiamento Obama: cambiamento

o no?o no?o no?o no? di Davide Leveghi, I D

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mondomondomondomondo

Pechino, Teheran e Pyongyang, la quasi indifferen-za e l’immobilismo di fronte a temi che passano in secondo piano, dopo esser stati magari qualche set-timana sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, come l’ecologia o le mai risolte scabrose eterne situazioni sudanesi, somale, israelo-palestinesi, del mondo povero e in guerra, in cui l’unica soluzione rimane il solito fragile compro-messo o la momentanea e vaga tregua, utili solo a rinviare lo spargimento di sangue di pochi giorni o settimane. Alcune difficoltà devono essere di com-petenza agli Stati Uniti, come maggiore potenza mondiale, ma riguardano indubbiamente anche tut-te le altre potenze e superpotenze che, intente a me-dicarsi le ferite nazionali legate alla crisi o concen-trate diligentemente a servire le politiche estere degli U.S.A. , non si curano, o dimenticano, o addi-rittura inscatolano e rimandano problemi che sono spinosi, fastidiosi, pericolosi e di cui magari sono parzialmente o totalmente colpevoli. Sono sempre più convinto che la conquista di un presidente nero, in questo periodo, sia più simboli-ca che realmente sconvolgente ed incoraggiante nel superamento delle barriere razziali. O almeno lo è stata, secondo il mio giudizio, con Obama. Dubito che i problemi di discriminazione siano stati stra-volti e cancellati anche se incontestabilmente è sta-ta una conquista, o meglio un grande passo avanti verso il superamento di queste ingiustizie. Sono estremamente critico anche sul modo in cui Obama ha affrontato le guerre ereditate da Bush. Promettendo il completo ritiro ha riempito di spe-ranza milioni di Americani stufi di veder tornare in patria parenti o amici morti. Ma poi?! Dall’Iraq Obama e gli alleati hanno sgombrato lasciando il paese allo sfacelo. Gli attentati continuano ed i morti, ogni giorno, sono sempre di più (dai 93096 ai 101596 iracheni con dati aggiornati a metà set-tembre). Un ritiro si può fare anche senza lasciar andare in balia di se stesso un paese debole e dila-niato come l’Iraq. In Afghanistan invece è partita un’offensiva dopo alcuni anni di stallo, in cui si è arrivati perfino a proclamare la vittoria per una vol-ta, e in cui ,attualmente, dire di essere in vantaggio sarebbe a dir poco una bugia. Le forze talebane so-no troppo potenti, nonostante le profonde differen-ze etniche e tribali, e l’odiato Bin Laden ormai è diventato un fantasma imprendibile. Un altro aspet-to agghiacciante è che in questa “esportazione di democrazia” (oltre al terribile errore di voler im-portare un modello occidentale di democrazia in un paese profondamente diverso in molti aspetti), gli

“esportatori” vadano a organizzare elezioni sapen-do che Karzai, uomo comodo agli Stati Uniti ma con le mani in pasta con i signori della guerra afga-ni, sarebbe stato autore di brogli, quindi tutt’altro che democratico! Tra queste tematiche si inserisce la non-chiusura di Guantanamo, promessa piuttosto importante che ani-mava il programma di Obama. L’altra questione che mi ha lasciato con l’amaro in bocca, benché già in partenza nutrissi delle perples-sità sul leader democratico, ma tentassi inutilmente di soffocarle con un fragile ottimismo, è sicuramente quella dell’ecologia, altro tema fondamentale del programma e che personalmente reputo quasi prima-rio poiché senza pianeta non esisteremmo. Obama ha dato speranze agli ecologisti che non ha ancora saziato. Le contestazioni e gli avvertimenti continui delle associazioni ambientaliste, documentate e con-divise dai più illustri scienziati, non vengono ascol-tate (questo vale non solo per gli U.S.A.) ma si fan-no accordi per il futuro che, invece, dovrebbero tra-dursi in immediati provvedimenti. Obama ha certamente anche dei meriti, ma non sem-bra essere abbastanza riformatore ed innovatore, tra-dendo così le aspettative di una fetta di popolazione statunitense e mondiale che lo vede troppo modera-to. Comunque restano, anche da noi, i fieri sostenito-ri di un p o l i t i c o non così specia le, che diver-so dagli altri sem-bra avere solo il co-lore della pelle.

14 � PRATICANTATI Ottobre 2009

Quest’articolo non esprime solo l’opinione di un nostro singo-lo redattore, bensì quella di molte persone, ben rappresentate da mass-media internazionali. Bisogna però considerare che - stando a questi ultimi - è ancora più vero il contrario: rimanen-do strettamente ancorati a dati oggettivi, piuttosto che ad opi-nioni, Obama non solo è interprete di una svolta storica nelle relazioni internazionali, così come gli viene riconosciuto prati-camente all’unanimità, ma soprattutto, gli è stato recentemente conferito il premio Nobel per la pace, riconoscendogli meriti assolutamente straordinari in questa direzione. Considerando che gli U.S.A. condizionano pesantemente molti aspetti della vita internazionale (Purtroppo? Per fortuna? Non su questo giornalino verrà azzardata una risposta), ci piacereb-be aprire un dibattito letterario-opinionistico fra prataioli, aspi-ranti intellettuali. A risenirci, mister Barack

Silvio Defant

La barca scivola sul Mekong color marro-ne. E’ la stagione delle pioggie e l’acqua del fiume per le continue precipitazioni si tinge di marrone e di giallo raccogliendo la terra che dalle sponde del fiume entra nel suo letto . Lo scafo taglia veloce l’acqua facen-domi arrivare gli schiz-zi vicino alle gambe. Ormai Saigon, Ho Chi Minh City è lontana, sono lontane le città abitate e rumorose, sul fiume vi sono villaggi le cui case si affaccia-no come palafitte, sul fiume... I pali conficcati nel legno, le piante galleggianti sembrano vogliano raccontarti qualcosa di loro e della loro vita. Le case sono in lamiera con fine-stre senza tende, mentre la barca costeggia le sponde del fiume vedi nella casa della gente. Bambini che giocano, uomini che si fanno la bar-ba, qualcuno che cucina, qualcun altro si lava e lava i vestiti nell’acqua gialla. Dei bambini sguaz-zano felici e fanno il bagno, quando ti vedono sor-ridono e salutano con la mano. Alcuni dicono “hello” e fanno vittoria con le dita. I loro corpi sono gracili, minuti. Le donne hanno capelli neri e lunghi, gli uomini sono senza barba. Sono tutti bassi e cordiali. La house boat approda. Mi invita-no a prendere una bicicletta e a seguire la mia gui-da. La bicicletta è arrugginita e faccio fatica a pe-dalare sulla strada accidentata, l’umido mi toglie il respiro, i capelli si attaccano al viso e le goccioli-ne di acqua finiscono sulle labbra. Arriviamo ad una fabbrica dove una famiglia vietnamita lavora il riso per farne gli spaghetti, poi visitiamo una

donna che produce dei dolci deliziosi. Quello che preferisco è fatto di mandorle e caramello, me ne offrono da portare a casa. Si rimonta in sella e questa volta casco per terra, i vestiti si sporcano di fango e le All-star non tengono l’acqua. Per fortu-na arriviamo ad una pagoda dove, dopo averla vi-sitata mi riposo e asciugo i vestiti. Pranziamo, mangiamo solo perché è caldo e mi disidrato velo-cemente. Gli involtini primavera sono unti, il pe-sce immangiabile, così finisco per mangiare riso bollito. Mi offrono i soliti gamberi ma li rifiuto. Faccio una passeggiata con una donna mentre camminando nel giardino tra piante esotiche, ser-penti e uccelli colorati mi spiega quello che vedo. Poi risaliamo in bicicletta. Sono stufa e voglio tor-nare alla barca. “I’m tired” dico, la mia guida mi esorta a non demordere “it ‘s a pitty, miss Arian-na”, così proseguiamo, i bambini mi corrono die-tro e i ragazzi ammiccano lodando i miei capelli biondi. Ci sono delle scimmie e io entusiasta ob-bligo la mia guida a fermarsi. Una bambina mi

Impressioni dal Vietnam di Arianna Arighetti III D

n° 1 anno XII PRATICANTATI � 15

ViaggiViaggiViaggiViaggi

prende in giro “monkey, monkey”e mi vende del cibo da dare loro. Lasciamo finalmente le bici per salire su un monte dove si trova un tempio della fortuna. In cima ci sono delle ragazzine che vendo-no uccellini a due dollari per poi farteli liberare. Ne compro tre, rosso e neri, li prendo uno a uno nelle mani e faccio prendere loro il volo verso il cielo, verso la loro libertà. Eleutheria, penso.

Torniamo alla barca dove lo staff mi offre come sempre frutta lychis, ananas, pompelmo, fragole e champagne. Chiedo però di portarmi del sakè ( grappa di vino calda) e del tè al gelsomino. Mi riposo prima di cena nella mia stanza, poi la mia guida mi parla degli americani, delle mine an-tiuomo e della sofferenza della gente non lontana. Intanto risaliamo il fiume e guardo sulla sponda la vita delle persone. La povertà dei contadini è diver-sa da quella che respiri in città. Qui la gente pesca sul fiume, lavora nelle risaie, non sembra rasse-gnarsi alla propria condizione, che nonostante tutto accetta. E’ sera, mi vesto di bianco e mi ungo di repellente contro le zanzare. Ceno in una casa piu’ ricca delle altre, poco lontana dal fiume. Appartie-ne ad una famiglia quasi esclusivamente femminile

discendente dai mandarini cinesi che è fiera della antica casa secolare.

Mi fanno vistare il loro giardino di fiori e mi scatta-no con la loro macchina delle foto davanti agli alta-rini di famiglia. Le foto degli antenati sono incensa-te giorno e notte e illuminate da lumini che hanno un gusto fortemente cinese. Senza farmi notare scatto una foto al piu’ particolare di tutti: il nonno,

probabilmente morto per tumore ai polmoni, è attorniato da sigarette che la moglie devota tiene sempre accese perché, mi spiega, era la sua grande passione! Torniamo sulla barca e prima di andare a dor-mire mi faccio la doc-cia dove trovo, nono-stante l’accuratezza del servizi, piu di uno sca-rafaggio (mi dicono che sono ghiotti del bambu’ della barca). Mi addormento fatico-samente per via della musica proveniente dalla riva. La mattina mi sveglio e mentre

sulla plancia mangio una colazione francese, la bar-ca riparte. Il sole piano piano sorge, sulle sponde la gente si sveglia e riprende le proprie attività. Donne mettono a stendere vestiti scoloriti, i bambini si la-vano nell’acqua fredda, le ragazzine si intrecciano i capelli… Improvvisamente entriamo in un mercato fluttuante, barche, canoe sulle quali vivono eviden-temente le persone, allestite come delle bancarelle. Su di un palo attaccano la propria mercanzia e sul ponte espongono la merce. Verdure di vario tipo, cavoli cinesi, cipolle e patate enormi, rapanelli gi-ganti. Zucchine, patate, frutta esotica tra cui i miei amati lici. Nella città di Siem Reap, in Cambogia, troverò il succo prodotto da questi frutti bianchi, dolcissimi: angurie e meloni. Passiamo tra le bar-che, tutti mi osservano, incuriositi mentre faccio foto, finendo la mia colazione.

16 � PRATICANTATI Ottobre 2009

Sbircio nelle barche e osservo donne intente al la-vare i propri figli mentre il riso bolle.

Dei ragazzi si mettono in mutande per esibirsi e io molto seccata mi giro dalla altra. Il mercato gal-leggiante viene superato dopo una ventina di minuti. Il silenzio aleggia sulle acque. Non pos-so non notare tra le piante e i pali delle case la po-vertà delle case.

La gente si lava nell’acqua, usa l’acqua per bere e cucinare e in questa stessa acqua vanno a finire le acque nere, a caduta libera, e gli scarichi delle fab-briche. Le lattine, i rifiuti vengono lasciati sotto le case. In quell’acqua, sul fiume, sotto le case, acca-de tutto. Ma come è possibile tutto questo?

Penso a quanti anticorpi dovremo avere noi per vivere in questa situazione totalmente priva di i-giene. Non faccio domande alla mia guida, non capirebbe essendo per lui tutto normale. E’ l’ulti-mo giorno sulla barca e la mia guida mi porta a vistare la casa di una nota scrittrice francese, Mar-guerite Duras, che però allora non conoscevo. In

quel paese c’ è anche la sua casa. Me la mostra, fie-ro. Sono allibita, la casa è agghiac-ciante. Mi si bloc-ca la lingua e ri-mango impietrita. In un sobborgo, ai lati di un canale sporco come l’A-digetto, in lamina, una stanza di po-chi metri e molto bassa, dove all’in-terno si trovano un materasso sopra cumuli di vestiti, una sedia in mez-zo a tutti i suoi averi ammassati, da cui estrae, fie-

ro, un dizionario inglese dove si esercita, lui era una interprete degli americani durante la guerra, c’ è anche il suo cane per fare la guardia.

Quando esco una bambina si attacca alle mie gambe e sia per la dolcezza di questa piccola che per lo choc protrattosi durante questi primi otto giorni di viaggio scoppio a piangere.

In quel momento non vedo piu’ i sorrisi della gen-te, i fiori o il profumo della frutta, vedo il fango della strada, le case e le fognature a cielo aperto. Sento solo l’odore forte e nauseabondo del Viet-nam. La bambina mi strattona, mi monta in brac-cio e gioca con i miei capelli e mi sussurra “ be-autiful lady”. Vorrei tanto poterle donare qualche caramella o qualche mio braccialetto ma questa volta non ho nulla da offrire. La guida l’allontana da me e vedo nei suoi occhi una tristezza che mi lascia con un rimorso.

Torniamo sulla barca: la frontiera per la Cambogia è vicina.

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Il Canada non è l’America ma non è neanche l’In-ghilterra. Insomma, il cibo fa schifo. Però è un posto bellissimo. Quando sono arrivata all’aeroporto ero sentimen-talmente instabile: coi piedi per terra dopo un volo di nove ore (senza contare le due ore da Milano a Londra), atterrata ascoltando il concerto dei Col-dplay, mi trovo in questo posto gigantesco pieno di enormi fontane e odore di cloro, neanche troppo affollato a dire la verità, con un poliziotto simpati-cissimo che tentava di parlare italiano e un altro tizio che ci ha scambiati per spagnoli e a cui ab-biamo praticamente riso in faccia. La prima cosa che penso è: questa non è una me-tropoli. Questo è un bosco. Un bosco con delle case in mezzo. Non ho mai visto tanti alberi ai lati di strade tanto grandi, tanto verde OVUNQUE, anche in mezzo alla città. Se guardi il cielo, da una parte c’è un orizzonte vago, case senza sfondo, mentre dall’altra parte vedi poderose, gigantesche montagne. E quando ci sono le partite di hockey, sui bus met-tono la scritta lampeggiante “Go Canucks Go!”. Io vivo a Burnaby: un borgo di Vancouver, niente a che vedere con Trento, assolutamente enorme e Vancouver è ancora più grande, c’è sul serio da perdersi. Per ora non mi sono im-battuta in grizzly, ma in compenso è strapieno di corvi, una cosa assurda, dico come ci sono arri-vati qui i corvi? Se li so-no portati gli inglesi dal-la torre di Londra quan-do hanno deciso di colo-nizzare ‘sto posto? Però ci sono anche tan-tissimi scoiattoli dolcis-simi e batuffolosi.

Ho cambiato “homestay family” una volta. La mia prima famiglia era indiana. Non ho niente contro gli indiani. Il problema con questa fami-glia era che parlavano sempre la loro lingua inve-ce dell’inglese. Io e la mia host sister tedesca era-vamo completamente escluse. Sembrava di stare in albergo. Nessuna attività familiare insieme. Nessun coinvolgimento. Aggiungi a questo altri problemi. Aggiungi che la nostra host mother ci teneva solo perché sentiva la mancanza di sua figlia. “ I can’t hug my daughter, so I hug you”. Testuali parole. Insomma, mi sono trasferita qualche settimana dopo. Ora sono ospite di una coppia con due bambine di quattro e sette anni. Le cose vanno moooolto meglio. Anche se le bambine sono pazze. In senso buono. …be’, oddio…

La scuola è Follia. Splendida pura follia. Sì, perché da loro funziona che fai solo quattro ma-terie a semestre. Praticamente alla fine del primo semestre hai finito tutto il programma delle prime quattro materie. Poi nel semestre successivo cambi completamente materie e finisci quelle. E abbiamo gli armadietti! …anche se il mio non si apre.

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di Martina Folena II C (in trasferta)

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E ogni tanto per il corridoio vedi la mascotte della scuola che gira col suo costume mastodontico e ti viene un colpo. A proposito, non indovinerete mai come si chiama la squadra di basket della scuola. …ovviamente WILDCATS! Io tornerò a febbraio, quindi studierò solo quattro materie, dato che rimango solo un semestre. Le lezioni iniziano alle otto e quaranta e finiscono alle tre del pomeriggio, e il sabato non si va a scuo-la, vi rendete conto?!? Non si va a scuola di sabato! Certo, resistere fino alle tre a volte è difficile, più che altro le ore sono tutte da settanta o ottanta mi-nuti, e io ero abituata alle nostre da cinquanta mi-nuti, tsk! Ma alla fine ti abitui a girare da una classe all’altra – sì perché devi essere tu a cercarti la tua classe, e hai compagni diversi per ogni corso. In Italia resti sempre nella stessa classe con la stessa gente: qui invece devi al-zarti e farti un giro e cerca-re la classe dove si tiene il tuo corso, vagando per quattro piani extralunghi di questo casermone bianco aka Burnaby Central Se-condary School… Per questo semestre ho in programma: block A – so-cial studies (storia e geo-grafia), block B – acting class (teatro), block C – a c t i n g c l a s s director&scritp (altra clas-se di teatro ma qui mi per-feziono in regia e sceneg-giatura), block D – english (lettura di libri e cose co-sì). E’ molto, molto diverso da noi. Ora, non sto a spiegarvi tutto. Dico solo che a volte durante le lezioni ti trattano come se fossi sce-mo, ti fanno delle domande incredibilmente stupi-de, tipo “Come si chiama il personaggio più impor-tante di un romanzo? …esatto! Protagonista!” Ma per il resto è forte. Cioè, il mio prof di inglese suo-na la chitarra in classe, ragazzi. E quello di social studies è un incrocio fra Jude Law e Johnatan Rhys-Meyers. Ma questa è un’altra storia. I teenager canadesi non sono particolarmente ami-

chevoli, ma la cosa interessante è che è dura tro-varne uno i cui genitori siano nati in Canada da altri genitori nati in Canada. Tra quelli che ho co-nosciuto finora ci sono un inglese british emigrato sette anni fa, un africano delle Filippine (?!?), un ragazzo di madre africana che è nato in Canada, poi è tornato in Africa e poi di nuovo in Canada, due serbi di cui una ha vissuto un anno a Londra, due nipoti di siciliani, un’iraniana, un coreano, quintali di cinesi… incredibile, vero? Tre quarti di scuola sono solo cinesi, gli europei scarseggiano, ma la mentalità è piuttosto aperta. Ieri sera sono andata al ristorante italiano di un cer-to sardo chiamato Salvatore, che in più di quarant’-anni di onorato servizio in Canada non ha ancora perso l’accento, e da lui ho mangiato la peggior piz-

za della mia vita. Mai più una pizza in Canada, mai più.

E dette tutte queste cose, vi lascio con una piccola perla per la vostra fantasia: mentre vi apprestate a concludere queste righe, provate a immaginarvi co-me possa leggere Catullo il mio americanissimo professore di latino… immaginate… anche se è al di là di ogni immaginazione… immaginate. See ya.

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Secondo Giorgio Bettinelli, scrit-tore ed autore di alcuni romanzi di viaggio, tra cui “In Vespa” o “Brum brum”, i ragazzi con dei sogni di avventura o di viaggi alla scoperta del mondo sono divisi in due schieramenti opposti: da una parte quelli attratti ed incuriositi dal fascino orientale, dall’atmo-sfera di una cultura completamen-te differente da quella occidentale e alla ricerca di avventure e cono-scenze più esotiche. E poi quelli con in mente l’America. Il sogno americano, il sogno di un nuovo mondo dove tutto si può e dove tutto può diventare possibile. Io però non sono d’accordo. Sarà per il fatto che sono attratto sia dall’uno che dall’altro, che ho intenzione di inseguire un sogno americano anch’io e allo stesso tempo di vivere al-l’avventura ed alla scoperta di luoghi misteriosi ed immersi in una differente spiritualità: deve esistere il mito derivante dall’unione di questi due stili. Tuttavia non intendo aprire una discussione sulla mia opinione: voglio parlare dei sogni di alcuni di noi e… dell’America. Si, di quel posto dove si tro-vano le più grandi città al mondo, dove crisi o non crisi, ci sarà sempre posto per la tua piccola fanta-sia e ti darà sempre anche una misera speranza; ma anche il paese sconfinato dei Pellerossa, dei Cow boy e delle loro immense praterie, dove scorrazza-no libere mandrie di bisonti e cavalli, seguendo tra-monti infiniti che si perdono nelle più vivide colo-razioni di rosa, violetto e turchino. Ma anche il luo-go del divertimento per eccellenza, con le sue im-mense spiagge caraibiche, il mare caldo e cristalli-no, l’immenso oceano, i parchi a tema più grandi al mondo… Ma tutte queste cose esistono sul serio? O meglio, esistono ancora? Oppure le abbiamo solo viste in qualche film come “Alla ricerca della Felicità”, a-scoltate in qualche canzone di James Taylor o lette in un libro di Enrico Franceschini? E soprattutto è ancora possibile realizzare il proprio “ Sogno Ame-ricano”? A volte mi convinco con tutte le forze di si, che

non è cambiato niente negli anni, che come una vol-ta ogni ragazzo con uno zaino ed un po’ di fiducia poteva creare, conquistare e seguire la propria “way”, facendosi strada tra le diramazioni che offri-va questo immenso paese, che lo possa fare ancora oggi, e soprattutto non sia possibile che tutti quegli scrittori, registi o sceneggiatori abbiamo inventato tutto di sana pianta e non abbiano avuto una storia vera a cui riferirsi (se non forse proprio la loro)! D'altronde ultimamente, leggendo i giornali e guar-dando i tg, ci si scoraggia parecchio, il luogo dalle mille possibilità sembra non esserci più, soffocato forse dagli eccessivi desideri, o dove comunque sembra essere quasi impossibile costruire e realizza-re qualcosa da soli, con le proprie forze. Ma non può essere così! L’America è sempre stata la meta dei sogni, dove qualunque uomo non sareb-be stato più un uomo qualunque, dove la propria vita era la storia di un bellissimo film, di avventura, di amore, di fiducia, di coraggio ed intraprendenza: tutto questo lo è stato dopo la scoperta di Colombo, durante la colonizzazione nel 17° secolo, durante l’immigrazione degli italiani verso la fine dell’‘800, tutto il 20° secolo e per chi lo vorrà per sempre, per-ché l’America è un sogno, e nessuno ci potrà mai impedire di sognare!

IL MITO AMERICANO

di Silvio Defant V D

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OpinioneOpinioneOpinioneOpinione

“Signora, ma lo vede com'è Filippo? Ci sta dando davvero troppi problemi: non sta attento, si distrae per ogni cosa, non si concentra come dovrebbe, si alza continuamente. Ha provato a sentire uno psi-cologo? Ha parlato con un pediatra?”. Sono sem-pre di più gli insegnanti che ai colloqui con i geni-tori descrivono i bambini in questo modo. E, di conseguenza, sono sempre di più i pediatri che si sentono dire “Ma mio figlio che cos'ha? È norma-le? Perchè non riesce a stare seduto, calmo e fermo come tutti gli altri bambini? Anche a casa, si ar-rampica, passa da un gioco all'altro, corre, è inva-dente. Persino i nonni non lo sopportano più! Ep-pure noi lo rimproveriamo, lo minacciamo e lo pu-niamo, ma non serve a nulla”. Il problema di Filippo è un problema del comporta-mento, divisibile in tre aspetti fondamentali: la di-sattenzione, l'impulsività e l'iperattività, la cui in-tensità può determinare la sofferenza psicologica non solo di chi gli sta attorno, ma anche dello stes-so bambino. Per far fronte a questo problema che ormai dilaga nel mondo, (troppo) spesso, seppur con criterio, si ricorre agli psicofarmaci, precisa-mente al metilfenidato ed alla atomexetina. In Italia è stato istituito il registro dell'ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) che ha la funzione di monitoraggio delle procedure di arruolamento, di diagnosi e di prescrizione di tali farmaci, per evita-re l'abuso che è avvenuto negli Stati Uniti. Nono-stante ciò, tuttavia, sono moltissimi i bambini in trattamento. Addirittura, nel nostro civile Trentino, alcune mamme hanno scoperto che gli insegnanti della scuola elementare che i loro figli frequentava-no somministravano ai bambini degli psicofarmaci potenti, per arginare il problema dell'”iperattività” e contando sul fatto che questi bambini, essendo di-sabili, non sarebbero stati in grado di dirlo a casa. Personalmente, mi chiedo come possa essere possi-bile che così tanti bambini siano considerati anor-mali, e mi pongo fondamentalmente due domande: questi bambini considerati “iperattivi” sono sempre esistiti o sono un'invenzione del 2000 come il forno a microonde e il digitale terrestre? E se sono sem-pre esistiti, anni fa, come si faceva fronte a questo problema? Da un lato, c'è chi sostiene che queste anomalie comportamentali infantili siano presenti da che mondo è mondo e che venissero “curate”

con severe punizioni da parte dei genitori e con bocciature e sospensioni da parte degli organi sco-lastici che erano meno esigenti rispetto all'istituzio-ne scolastica dei giorni d'oggi; dall'altro, chi sostie-ne che le generazioni precententi alla nostra siano state cresciute in modo diverso: i bambini erano più liberi, il pomeriggio andavano a giocare con i loro compagni in cortile, correvano, ridevano, si diverti-vano e quando arrivavano a casa erano belli stanchi e contenti. Oggi le cose sono cambiate: non si gioca più in cortile con i compagni perchè i bambini in prima elementare devono essere per forza dei pic-coli geni, non si gioca più a pallone perchè potreb-bero sporcarsi, sudare, rovinare i vestitini: è meglio un bel videogioco. Perchè fare una torta in casa? Mi costa tempo e denaro! Meglio una bella meren-dina imbottita di coloranti, conservanti e quant'al-tro. I bambini non stanno più con i loro genitori, sono lanciati da una parte all'altra come le palline

di un flipper: scuola, nonni, danza, calcio, judo, baby-sitter e poi, forse, mamma e papà mi vengono a dare la buonanotte, se non hanno da finire alcune pratiche. E poi, in fondo, non vi sembra una crudel-tà inutile quella di lasciare che i nostri piccoli a-gnellini si sbuccino le ginocchia cascando dalla bi-cicletta?

LA SINDROME DI GIANBURRASCA

di Serena de Bettin I C

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OpinioneOpinioneOpinioneOpinione

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Tra le nuvole e i sassi/ passano i sogni di tutti (Ligabue) passa il sole ogni giorno/ senza mai tardare. (Tiziano

Ferro) Dove sarò domani? (Enrico Ruggeri)

Dove sarò? (Gianni Morandi) Tra le nuvole e il mare/ c’è una stazione di posta

(Franco Battiato) uno straccio di stella messa lì a consolare (Massimo

Ranieri) sul sentiero infinito (Max Pezzali) del maestrale (Eugenio Finardi)

Day by day (Zucchero) Day by day (Cesare Cremonini)

hold me/ shine on me. (Zucchero) shine on me (Cesare Cremonini)

Day by day save me shine on me (Zucchero, Carmen Consoli, Mauro Pagani, Cesare Cremonini, Eugenio

Finardi) Ma domani, domani,/ domani, lo so (Francesco Renga)

Lo so che si passa il confine, (Roberto Vecchioni) E di nuovo la vita (Mauro Pagani)

sembra fatta per te (Giuliano Palma) e comincia (Elio)

domani (Elio e Le Storie Tese, Vittorio Cosma) domani è già qui (Jovanotti)

rap 1 Estraggo un foglio nella risma nascosto scrivo e non riesco forse perché il sisma m’ha scosso

(Caparezza) rap 2 Ogni vita che salvi, ogni pietra che poggi, fa pen-

sare a domani ma puoi farlo solo oggi (Frankie Hi NRG)

e la vita la vita si fa grande così (Gianluca Grignani) e comincia domani (Giuliano Sangiorgi)

Tra le nuvole e il mare si può fare e rifare (Claudio Baglioni)

con un pò di fortuna (Ron) si può dimenticare. (Luca Carboni)

Dove sarò (Baustelle) domani? Dove sarò? (Samuele Bersani e Baustelle)

oh oh oh (coro: Carmen Consoli, Antonella Ruggiero, Alioscia, Pacifico, Mango, Massimo Ranieri, Bluvertigo,

Nek, Giuliano Palma, Antonello Venditti, Roberto Vec-chioni, Albano)

rap 3 Dove sarò domani che ne sarà dei miei sogni in-franti, dei miei piani/ Dove sarò domani, tendimi le ma-

ni, tendimi le mani (Marracash) Tra le nuvole e il mare

si può andare e andare (Laura Pausini) sulla scia delle navi

di là del temporale (Carmen Consoli) e qualche volta si vede (Nek) domani (Antonello Venditti)

una luce di prua (Nek) e qualcuno grida: Domani (Antonello Venditti)

rap 4 Come l’aquila che vola libera tra il cielo e i sassi siamo sempre diversi e siamo

sempre gli stessi hai fatto il massimo e il massimo non è bastato e non

sapevi piangere e adesso che hai imparato non bastano le lacrime ad impastare

il calcestruzzo eccoci qua cittadini d’Abruzzo

e aumentano d’intensità le lampadine una frazione di secondo prima della finee la tua mamma,

la tua patria da ricostruire, comu le scole, le case e specialmente lu core

e puru nu postu cu facimu l’amore (Jovanotti, J Ax, Fabri Fibra e in chiusura Sud Sound System)

DOMANIDOMANIDOMANIDOMANI di Silvio Defant V D

Poche parole per una canzone che ne esprime già tante: Domani. Questo è il titolo del brano scritto da Mauro Pagani e cantato da 50 artisti italiani. Lo scopo, da una parte è quello di aiutare economicamente e moralmente gli sfollati e tutte le persone che nel terremoto in Abruzzo hanno perso una casa, una fami-glia, un affetto; dall’altra raccontare di forti ed intensissimi sogni, sentimenti, emozioni e speranze di quel viaggio che è la vita. Subito sotto è riportato il testo affinchè chiunque lo legga ricordi sempre quello che è successo, per non dimenticarsi mai che qualunque cosa succeda ci sarà sempre una speranza, per non arrendersi mai, per combattere, con tutte le proprie forze, per vivere e godersi la vita, per avere un domani sempre migliore.

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non siamo così soli (Giuliano Sangiorgi) a fare castelli in aria (J Ax e Fabri Fibra) non siamo così soli (Giuliano Sangiorgi) sulla stessa barca (J Ax , Fabri Fibra)

non siamo così soli (Giorgia) a fare castelli in aria (J Ax e Fabri Fibra)

non siamo così soli (Giorgia) a stare bene in Italia (J Ax e Fabri Fibra)

sulla stessa barca (J Ax) a immaginare un nuovo giorno in Italia (Giorgia, Giusy Ferreri, Dolcenera, Mario Venuti, Jovanotti, J Ax, Fabri

Fibra) Tra le nuvole e il mare si può andare, andare

Sulla scia delle navi di là dal temporale (Piero Pelù) Qualche volta si vede una luce di prua e qualcuno grida,

domani (Morgan) Non siamo così soli (Giorgia, Mario Venuti, Giusy Ferreri,

Dolcenera, Giuliano Sangiorgi) (tromba solo di Roy Paci)

Domani è già qui Domani è già qui (Jovanotti, Marracash, FabriFibra, J Ax)

(Assolo violino Mauro Pagani) Ma domani domani, domani lo so, lo so, che si passa il con-

fine (Gianna Nannini) E di nuovo la vita sembra fatta per te e comincia (Elisa)

domani (Sud Sound System) Tra le nuvole e il mare, si può fare e rifare

Con un pò di fortuna si può dimenticare (Manuel Agnelli Afterhours)

E di nuovo la vita, sembra fatta per te (Mango) E comincia (Niccolò Fabi)

(coro finale) domani

E domani domani, domani lo so Lo so che si passa il confine

E di nuovo la vita sembra fatta per te E comincia domani

(Manuel Agnelli, Dolcenera, Zucchero, Niccolò Fabi, Paci-fico, Giusy Ferreri, Alioscia, Pacifico, Max Pezzali, Capa-rezza, Niccolò Agliardi, Luca Carboni, Roy Paci, Tricarico, Ron, Giuliano Sangiorgi, negramaro, Negrita, Giorgia, Francesco Renga, Malika Ayane, Laura Pausini, Morgan, Jovanotti, Massimo Ranieri, Nek, Enrico Ruggeri, Piero

Pelù, Antonello Venditti, Roberto Vecchioni, Carmen Con-soli, Mango, Cesare Cremonini, Saturnino)

(Jovanotti).

di Elisa Algarotti V D

La casa di moda firmata Prati, unica nel suo gene-re, è una delle più famose di Trento. Quest’anno, per la stagione autunno-inverno moda uomo, sfilata in passerella dalla maggior parte dei vip prataioli, abbiamo in lista molti capi e accesso-ri.

Ecco alcuni modelli tra quelli che riscuotono mag-giore successo: il cardigan, maglioncino solitamen-te di color pastello in gradazione tra il marrone e grigio che si allaccia davanti con dei bottoni; viene alternato con dei maglioni multicolor che metteva mio nonno durante la seconda guerra mondiale; pantaloni di velluto di vari colori.

Come scarpe, vediamo sfilare i modelli più rari e strani su un uomo: i mocassini; e ultima ma non per importanza la famosa ed elegante borsa a tra-colla di cuoio.

Per la moda donna si possono ammirare i modelli più variegati che furoreggiano in questo torrido autunno e inverno tropicale del trentino: maglie di ogni genere che vanno da camicette a maglioni, da t-shirt a pullover; svariati tipi di pantaloni che si alternano a vestaglie da notte lunghe fino alla cavi-glie, cose eccentriche da odissea urbana.

Ciabatte, sandali o come volete chiamarli, ogni ti-po di calzatura; e una particolarità da non dimenti-care è il foulard che orna elegantemente il collo delle giovani modelle prataiole.

Questa non vuole essere una discriminazione sul modo di vestire ognuno ha i propri gusti ed è per-fetto cosi, è solo un modo per fare una risata su noi prataioli unici nel nostro genere.

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ModaModaModaModa

24 � PRATICANTATI

Alcuni tra coloro che stanno leggendo questo “Praticantati”, e spero siano numerosi, considerano quel genere di musica definita classica “sorpassato”. E non solo: probabilmente la reputano noiosa, tediosa, barbosa. Da vecchi. Alle Medie, quando si chiedeva qual è il genere di musica preferito, molti e-lencavano musicisti metal, pop, hard rock; io ho avuto poche difficoltà a dichiararmi patito di quei brani prei-storici, e ora ne sono orgoglioso. Vi do tre buoni motivi per rivalutare la musi-ca classica: E’ il primo genere musicale propriamente detto, per-ché coloro che parlavano il nostro amato greco e adorato latino non ci hanno lasciato molto sull’argo-mento; quindi, se ammirate le prime pitture rupestri, i primi poemi preomerici o le prime teorie filosofi-che di Talete, date un occhio (o un orecchio) anche a questa musica; Non passa mai di moda, proprio perché progenitrice; seguite la tendenza! Copre un arco di secoli e storia, oltre che ampio, e-stremamente vario e affascinante. Perciò, se è affa-scinante l’ambiente, non è probabile che lo sia an-che la sua colonna sonora? Sono il primo a dire che può stufare. Come tutto, d’altronde: dalla vostra pietanza preferita, alla vo-stra lettura preferita, alla vostra canzone preferita. Personalmente, trovo alcuni compositori illustri e idolatrati leggermente estenuanti: tanto per fare un esempio, reputo Allevi un compositore coraggioso, e a tratti geniale; ha scoperto e presentato sonorità originali, davvero da pelle d’oca. Ma trovo alcune sue opere un pochino ripetitive, talmente orecchia-bili da risultare quasi commerciali. D’altro canto, ci sono compositori talmente insoliti e sovrumani (dal punto di vista musicale) che risulta difficile ascol-tarli: Stravinsky, tanto per fare un esempio. E che dire della musica celtica? Avreste il coraggio di definire Loreena McKennit o Enya cantanti pop? Sappiate che si possono trovare melodie simili an-che tra le cariatidi della musica classica: Grieg, Dvořak, Borodin, De Falla… Tutti compositori co-nosciuti dall’intera Europa del loro tempo che han-no affascinato e affascinano con le armonie della musica cosiddetta popolare o etnica.

Ora, una cosa che pochi possono dire di non amare: le colon-ne sonore dei film. Chi non ha trattenuto il respiro per le note de “Il Signore degli Anelli”, o per qualun-que altro film di suc-cesso? Per esempio “Madagascar 2”, se qualcuno l’ha visto. Quando Alex il leone

affronta la sfida per entrare nel branco, balla sulle note (di parte) del “Prologue” tratto da “West Side Story” di Bernstein! Se notate, la maggior parte dei film epici ha una colonna sonora eseguita da orche-stre sinfoniche. Non sarà Mozart, ma è musica clas-sica. A proposito di emozioni: ho visto varie volte degli amici andare in estasi per l’assolo scatenato di un chitarrista o per passaggi di batteria da brivido. Eb-bene, io posso dirvi che mi sono commosso fino alle lacrime nell’ascoltare l’Ouverture 1812 di Tchai-kowsky. Ci sono brani di musica classica capaci di sconvolgere, di scuotere le fondamenta del proprio essere: se volete un esempio, confrontate “Elevatiòn” o “Correspondances” del poeta Baude-laire con i brani per pianoforte di Debussy come “Claire de Lune” o “Reflets dans l’Eau”. Come tutte le discipline apprendibili, anche la musi-ca ha i suoi “esercizi di stretching”: e chiunque, dal sassofonista che intende suonare solo jazz, al chitar-rista che vuole “spaccare”, hanno cominciato con brani di (indovinate?) musica classica. Perciò, la musica classica può essere subita come una gram-matica noiosa, oppure amata come quintessenza del suono. Chiedete a qualunque musicista: vi dirà che gli studi di tecnica, le scale, e quegli interminabili brani da fare a 180 per quarto sono molto pesanti, molto faticosi e che preferirebbe suonare ben altro; ma senza di essi, e la voglia di mettersi a studiare, non saprebbe fare quello cha fa ora. Il più delle vol-te io detesto suonare Schumann, ma quando mi met-to al pianoforte e riesco a suonare quello che voglio anche grazie a lui, mi sembra di rinascere.

CLASSICA AL CLASSICO di Enrico Dal Fovo I E

Ottobre 2009

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L'arte come «promemoria» della realtà

di Angelo Naso I D

Secondo un buon vocabolario, arte è “l'attività, indivi-duale o collettiva, da cui nascono prodotti culturali che sono oggetto di giudizi di valore, reazioni di gusto etc.”. L'arte è quindi un prodotto per il pubblico, crea-to in funzione di esso, affinchè possa apprezzarlo e giudicarlo. È difficile dire quando sia nato un pubbli-co cosciente di tale interpretazione del concetto di ar-te; forse è ancora più complicato capire quando un pubblico abbia preso coscienza del concetto stesso di arte. Quando è nata l'arte? Perchè? A che scopo? L'ar-te figurativa (pittura, scultura) è probabilmente nata quando l'uomo ha scoperto l'efficacia di un sasso a-guzzo nell'incidere un'immagine in una caverna. Co-me promemoria, dunque. Promemoria di una lotta tra un uomo e un grosso animale, in primo luogo. L'arte figurativa del passato più remoto si interessa soprat-tutto della conservazione del patrimonio storico dell'e-poca, magari “immortalando” il volto di un imperato-re piuttosto che l'esito positivo di una battaglia. L'arte figurativa è forse quella più legata a questo concetto di “espansione della realtà”, attraverso tecniche e stili-stiche introdotte mano a mano. Soltanto con l'astrazio-ne la pittura troverà l'occasione di abbandonare defini-tivamente il realismo della verità circostante, per ce-dere ad una libera forma di espressione artistica che non debba avere un richiamo concreto alla realtà. La letteratura non ebbe origini molto differenti. Il suo veicolo per eccellenza, la scrittura, è figlia a sua volta delle antiche scritture, della pergamena e dei primi alfabeti. Presso gli Egizi registrare i dati delle piene del Nilo poteva essere attuato grazie ad un sistema di archiviazione di dati che un giorno sarà chiamato bu-rocrazia. Tale sistema nacque con la scrittura e grazie ad essa trovò una realizzazione snella e organica. Mai e poi mai le antiche popolazioni avrebbero previsto la straordinaria diffusione e il florido sviluppo che la loro invenzione avrebbe avuto di lì in avanti. La fotografia avrà lo stesso magnifico destino, e la stessa origine. Con la fotografia la realtà poteva essere ibernata sotto forma di dati (visuali), servendo la scar-sa memoria umana e resistendo allo scorrere del Tem-po. Inoltre con la nascita del cinema (figlio diretto della fotografia) si è potuto archiviare anche suoni e movimenti della vita umana, senza doversi limitare alla sua immagine esemplificativa e casuale. Anche la musica, dal canto suo, nacque come “accompagnamento” di rituali tribali e manifestazioni popolari. Un tale suono, quindi, veniva indentificato con un atto ben preciso, e viceversa quest'ultimo era sottolineato da un commento musicale rigoroso. Tale

idea di musica è rimasta in gran parte anche nei mil-lenni successivi (solo relativamente di recente la mu-sica ha iniziato a costituire una forma d'arte vera e propria da eseguire senza finalità “di contorno”) e persiste tutt'oggi. Senza questi antecedenti, probabil-mente oggi non potremmo dire quando un suono sia vivace, calmo o tenebroso, essendo stati questi stere-otipi tramandati a noi dalla tradizione. Anche la mu-sica, dunque, tendeva a “dilatare” la realtà attraverso suoni e rumori identificabili con essa. Questi esempi mettono in luce un'interessante realtà: l'arte, nelle sue maggiori incarnazioni, è nata come am-pliamento puramente storico e formale di una realtà sfuggente, che non si vuole perdere ma conservare, e non come concretizzazione dei sentimenti dell'artista. Si potrebbe dire che l'artista nasce nel momento in cui lo storico “rilegge” i dati che si ritrova in mano inter-pretandoli con la propria personale esperienza. Arte, dunque, è il confronto tra Storia e artista, tra ovvio e personale, tra razionalità e sentimento. Non diventerà mai arte il mero dato nettato da qualsiasi fiamma di passione dell'artista, che a sua volta non sarà mai tale senza una creativa presa di coscienza del proprio po-tenziale intellettuale. In termini più concreti, “Storia” sta per “realismo”, ovvero la capacità di rappresentare obiettivamente la realtà. Anche un'enciclopedia può descrivere la realtà in modo oggettivo: ma allora cosa divide l'arte dal semplice dato? Laddove termina la realtà inizia il tocco persona-le dell'autore, quel tocco che fa sì al realismo di pren-dere il volo per essere reinterpretato con passione. U-n'opera d'arte non dovrebbe essere troppo sbilanciata né verso l'oggettività né verso la fervida fantasia del-l'artista. Quando questi due estremi raggiungono il ma-gico equilibrio si sfiora il capolavoro. In ultima analisi, non sarebbe scorretto affermare che l'artista è uno storico, dato che “studia” la realtà circo-stante per interpretarla secondo il proprio pensiero. Il vero artista riesce nell'arduo compito di ricreare la re-altà (presente, passata o, perchè no?, futura) con quel tocco di originalità che rende la Storia personale e vis-suta, non più una fredda informazione stampata su u-n'eciclopedia. La matassa artistica e culturale di ogni tempo è talmente immensa da non rendere più possibi-le lo studio della Storia limitato ai dati, e l'opera d'arte, essendo testimonianza del proprio tempo, è l'unico strumento grazie al quale la Storia può essere reinter-pretata in modo creativo, donando passione e originali-tà al nostro passato.

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ASSALTI FRONTALI di Riccardo Schöefberger I E

Gli "Assalti Frontali" sono un gruppo hip hop underground di Roma. Il gruppo è composto da un elemento fisso, Militant A, alla voce e altri com-ponenti che cambiano di continuo negli anni. Il gruppo si forma sotto il nome di "Onda Rossa Posse" nel 1988, grazie a una trasmissione rap di Radio Onda Rossa, una radio militante romana. Al-lora del gruppo facevano parte Militant A e Castro X che, vedendo come il loro rap in italiano riscuoteva successo, ini-ziarono a suonare in vari centri sociali e spazi occupati d'Italia. Nel 1990 presero parte al movimento studentesco della "Pantera" e fecero uscire in proprio il loro primo disco, "Batti il tuo tempo". Il disco ha un suo-no abbastanza grezzo (per lo più basi "rubate" a canzoni dei Public Enemy) e testi in cui si invitavano i giovani a lottare contro il sistema sia manifestando sia "battendo il proprio tempo", cioè trasformando la propria rabbia in musica. Il gruppo diviene abbastanza conosciuto nella rete dei centri sociali, diversi componenti entrano a farne parte e la Onda Rossa Posse cambia il proprio nome in "Assalti Frontali". Nel 1992 esce autoprodotto "Terra di nessuno". I testi di questo album sono molto forti e appassionati e trattano di svariati argomenti: lotta sociale, giustizia, graf-fiti, moda, razzismo, sessismo, guerra e amore. Ciò che colpisce maggiormente ascoltando i fiumi di parole di "Terra di nessuno" è l'aggressività euforica (che sfocia in insulti diretti a politici, giornalisti e soldati in "Baghdad 1.9.9.1.") mischiata a una dolcezza infinita (come in "Gocce di sole"). Nel 1996 esce "Conflitto", un album abbastanza atipico, in quanto questa volta al posto di basi mixate da un dj subentra una formazione di tipo tradizionale, con chitarra elettrica, basso e batteria. Il risultato è una musica simile a quella dei Rage Against The Machine. Questa volta in tema principale è, come dice il titolo, il Conflitto, inten-dendo con questa parola il continuo movimento e la lotta come unico modo di vivere e quindi il rifiuto di una vita pacifica e qualunquista. Con "Banditi", uscito nel 1999, si compie una svolta: il gruppo firma con una casa discografica major, la BMG. Per molti fan questo fu un tradimento, in quanto non era coerente cogli ideali che il gruppo aveva espresso nelle strofe delle proprie canzoni fino ad allora. Il disco non fu però una delusione in quanto le basi venne-ro composte da Ice One, abilissimo artista italiano, e risul-tarono splendide. In questo album si parla di fratellanza,

guerra, depressione, droga, amore e rave. E' lontano anni luce l'elemento della lotta, in cambio viene trasmessa una dolce rassegnazione ("Va tutto bene", "Viaggiatore, "Notte d'acqua") che si solleva solo in canzoni splendide come "A 30 miglia di mare" e "Zero Tolleranza". Nel 2004 gli Assalti Frontali lasciano la BMG e tornano a una indie, come dicono nella canzone "Sulla strada" del-l'album successivo, in quanto la casa discografica esercita-va forti pressioni sulla loro opera. Esce "H.S.L. Hic Sunt Leones", che ha venduto 15.000 copie. Le sonorità sono simili all'album precedente: ormai gli Assalti Frontali hanno sposato le basi create con l'ausi-lio dei computer. Nel disco hanno spazio sia canzoni alle-gre (ma sempre impegnate) come "Un cannone me lo me-rito", sia canzoni come "Rotta indipendente" (sul G8 di Genova) e "In periferia" (sull'attentato dell'11 settembre e come il controllo della polizia si sia intensificato ovunque dopo l'attentato). Il gruppo diventa fisso, con Militant A, Pol G e Glasnost alla voce e Bonnot alle basi. Nel 2006 esce "Mi sa che stanotte...", che vince il primo Premio Italiano per la Musica Indipendente. I testi parlano di ribellione "Ribelli a vita", polizia "Che stress i ros", pirateria informatica "Si può fare così", guer-ra "Rosso arancio giallo.." e amore "Un posto speciale". Nel giugno del 2008 esce "Un'intesa perfetta". Gli argomenti sono le realtà in lotta "Senza resa", i clande-stini "Enea Super Rap" (canzone composta con i ragazzi di una scuola elementare che fa presente che Enea, possibile fondatore di Roma, in realtà era un clandestino, oggi tanto disprezzati dal governo), graffiti "C'est la banlieue", peri-feria, neofascisti "Giù le lame", rivoluzione giornaliera "Nell'indotto" e altri. In seguito al disco il gruppo ha intrapreso un tour italiano che ha anche toccato Trento nell'ottobre 2008.

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Cinema. Sullo schermo un assassino seriale tortura la sue vittime prima di farle morire fra atroci soffe-renze. Il primo malcapitato viene legato e gettato nudo su una piastra di pietra rovente. Il secondo viene affogato nel sangue ancora caldo di un mattatoio. Il terzo viene legato ad una macchina che gli torce la testa fino a staccargliela dalla spina dorsale. Il quarto viene tranciato longitudinalmente a metà dalla lama circolare di una segheria. Il pubblico adolescente è entusiasta. Questo è ciò di cui molti ragazzi amano nutrirsi: la loro barbara speranza che un po' di adrenalina scor-ra loro sotto la pelle è agghiacciante quasi quanto le immagini che vengono proiettate, ma - finchè si tratta del loro tempo libero - nessuna obiezione. Ma cosa direbbero i genitori di questa 'gioventù' se quelle stesse scena di violenza venissero loro pro-poste in classe? Probabilmente nulla, poichè ignorano i programmi scolastici della loro amata prole, ma questa è un'al-tra storia. Supponiamo, però, che essi frughino un giorno nel-la cartella del proprio 'bambino' e vi trovino un li-bro pieno fino all'orlo di gente torturata con mezzi raccapriccianti e perversi: scandalizzati chiedereb-bero spiegazioni al figlio e questo risponderebbe con aria indignata che è ciò che l'insegnante di let-teratura italiana sta analizzando in quei giorni a scuola. A quel punto amareggiati e delusi piagnu-colerebbero a mezza voce una frase molto simile questa :"Ai miei tempi sì, che la scuola era una co-sa seria!" Purtroppo questo simpatico scenario si basa su un paio di ipotesi che abbiamo tralasciato per amore dell'ironia: tanto per cominciare il genitore in que-stione dovrebbe saper leggere correntemente il vol-gare fiorentino del dodicesimo secolo, nonchè ap-partenere a quella parte degli Italiani (la maggio-re?) che non conosce Dante. Sì, Dante. Il sommo poeta autore di un testo che soddisfa tutte le richieste di quel pubblico che ogni sera si siede davanti al televisore nella trepida attesa di vedere un improbabile medico legale all'opera? La cosa potrebbe sembrare inverosimile, ammesso

che non si siano riconosciute nell'elenco in apertura (con qualche piccola attualizzazione) le pene inflit-te ai dannati rispettivamente nei canti X, XII, XX, XXVIII dell' "Inferno". Provare per credere. Se si va oltre l'interpretazione didascalica classica e si tralascia solo per un momento l'importanza ciclo-pica che l'opera di Dante ha avuto nella storia della nostra cultura, la cantica d'apertura della Commedia risulta essere il primo testo horror mai scritto in lin-gua italiana. Naturalmente questo carattere spaventoso non è invenzione artistica di Dante, ma risponde alle esi-genze medievali di un pubblico che aveva bisogno di chiari esempi della collera di Dio contro i pecca-tori. Questo stesso stile orrorifico dovrebbe avere un effetto diverso sul pubblico contemporaneo e attirare i lettori di oggi amanti del truculento. Dovrebbe. Non si vuole prendere in considerazione questa in-terpretazione per dimostrare che essa sia nuova o rivoluzionaria (cosa che non è affatto), bensì per sottolineare un paradosso di proporzioni gigante-sche: perchè pur con un argomento che incolla al maledetto piccolo schermo milioni di persone ogni giorno, lo scenario più comune in un' aula in cui si legga Dante è quello di una noia dilagante? Cosa impedisce la fruizione di questo testo? Inoltre lo stile horror è semplicemente la prospetti-va dantesca di più immediato fascino fra le infinite altre che si possono collegare agli interessi di un adolescente che guardi alla società italiana con oc-chio critico. Vogliamo parlare di xenofobia e di terrore nei con-fronti della cultura dei popoli mediorientali? La mentalità religiosa medievale dei contemporanei di Dante era con buona probabilità fortemente in-fluenzata dall'esperienza da poco trascorsa delle crociate e aveva ben radicata in sè un' immagine dell “uomo musulmano” visto come un pericoloso anticristo da tenere il più lontano possibile (vi ricor-da nulla?). Ma fortunatamente il nostro poeta fio-rentino ebbe un eccezionale maestro dalla mentalità aperta come Brunetto Latini, il quale gli insegnò che la magnanimità umana va oltre il credo perso-nale di ogni individuo. Ed è così che proprio quel sultano che ritolse Gerusalemme ai Cristiani cam-mina "solo" e "in parte" all'interno delle mura

Odiate�Letture�di Marcello Calogero III A

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n° 1 anno XII PRATICANTATI � 27

del castello degli spiriti magni, poco distante gli fanno compagnia i filosofi arabi Avicenna e Aver-roè.Rimaniamo in tema di religione: come non constatare che i giovani della società del duemila hanno sempre meno fiducia nell'istituzione della Chiesa e si lasciano andare a facili ironie sull'attua-le Papa (vedi social network)? Accoglierebbero dunque con gioia il suggerimento - puramente ipo-tetico - di mettere il pontefice nudo a testa in giù e di bruciacchiargli i piedi. Ancora più divertente sarebbe fare loro leggere il canto XIX in cui Dante si spinge oltre l'ipotetico e incontra Niccolò III Or-sini che sgambetta in aria con il busto infilato in una buca. E i politici della scena italiana? Quanti adolescenti che si dichiarano ardentemente schierati fra le fila di un partito - su basi più o meno solide - provano un odio così viscerale per quella o quell'altra figu-ra di demagogo tanto che dentro di sè non prove-rebbero pietà nel vederlo financo torturato? Alcuni questo desiderio non lo dichiarano ad alta voce per scrupoli morali, altri invece non provano alcuna vergogna a dire che pagherebbero di tasca propria pur di vedere un politico sgradito fra le fiamme di un falò. L' Alighieri fa parte di questi ultimi, altrimenti l'ot-tava bolgia non sarebbe piena di ustionati che gri-

dano dal dolore invo-cando il totale annul-lamento. E allora qual è l'osta-colo? I pregiudizi? Forse, ma non importa, per-chè uno studente che per principio legge Dante di malavoglia non merita nemmeno di essere preso in con-siderazione. La lingua? In parte sì, è innegabile. Aprite a caso la Divina Com-media e leggete tre terzine di seguito sen-za guardare le note: quanto avete capito? Nella maggior parte

dei casi poco o nulla. Ed ecco perchè un insegnan-te che affronti in classe il linguaggio della poesia di Dante non può che procedere verso per verso

costruendo la parafrasi. D'altra parte questo tipo di approccio rallenta la lettura con conseguenze mi-cidiali: il senso di ogni terzina viene sì compreso, ma arrivati in fondo ad un canto non ci si ricorda più nemmeno come esso era cominciato. E non è tutto: questo modo di procedere singhiozzante im-pedisce la percezione della rima e della musicalità del testo, rendendolo molto più scialbo di quanto non sia. Alla luce di ciò il momento fondamentale dello studio di Dante - e non solo - non è più la lettura, ma la RI-lettura: avete mai provato a leggere sen-za interruzioni e ad alta voce un canto di cui cono-scete per intero il senso? Non è forse un caso che Roberto Benigni concluda allo stesso modo ognu-na delle sue mirabolanti esegesi. Se poi - ipotesi quasi irrealizzabile, lo ammetto - si avesse il tem-po di leggere per intero l'Inferno con ritmo costan-te e senza saltare neanche un verso, si potrebbero apprezzare tutti quei riferimenti e quei rimandi interni al testo e alla vicenda narrata che rendono la discesa di Dante un cammino avventuroso: se anche noi, come il protagonista, non sapessimo cosa ci aspetta nel prossimo girone, allora sì che saremmo spronati a proseguire nella lettura. Ciò che accade, invece, è che sfogliando le prime pa-gine di una qualunque delle innumerevoli edizioni scolastiche della Divina Commedia, ci si imbatte sempre in quel maledetto schema a forma di tron-co di cono che rappresenta la struttura dell'Inferno secondo Dante svelando in anticipo ogni cosa: lo leggereste voi un giallo in cui il nome del colpe-vole sia stampato sulla copertina a caratteri cubita-li subito sotto il titolo? Si potrebbe dire ancora molte cose per dimostrare quanto piccolo sia lo sforzo da compiere prima che ci si possa accorgere che non siamo noi a leggere Dante, ma che è Dante che con la sua sconfinata at-tualità legge noi e la nostra società. Dunque il consiglio migliore da dare ad un adole-scente che per la prima volta si avvicini alla Divina Commedia è quello di trattare questo testo come un lunghissimo messaggio in codice da svelare, il cui significato, invece di invecchiare e impallidire, di-venta sempre più giovane e forte col passare del tempo. Che sia l'Autore stesso a suggerirlo?

" O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani "

(Inf. IX, vv. 61-63)

28 � PRATICANTATI Ottobre 2009

TRAVIRGOLETTETRAVIRGOLETTETRAVIRGOLETTETRAVIRGOLETTE

di Giulia Andreatta III A

Caro lettore, abbiamo selezionato per te uno spez-zone di un libro che secondo noi merita davvero. Riesci a scoprire di che libro si tratta e il suo auto-re?

Buona lettura

A me m’ha sempre colpito questa fac-cenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico... FRAN! giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno

gli fa niente, ma loro a un certo punto... FRAN! cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intor-no, non una mosca che vola, e loro... FRAN! Non c’é una ragione. Perché proprio in quell’i-stante? Non si sa. FRAN! Cos’é che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, FRAN! O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato: - "guarda io mollo tutto tra sette anni" - "per me va bene" - "okay allora intesi per il 13 maggio" - "okay, verso le sei" - "facciamo sei meno un quarto" - "d’accordo, allora buonanotte" - "‘notte". Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto... FRAN! Non si capisce E’ una di quelle cose che è meglio che non ci pen-si, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo spec-chio e ti accorgi che sei vecchio.

(la soluzione è criptata in questo numero di “Praticantati”)

SvagoSvagoSvagoSvago

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UN BUON INIZIO…UN BUON INIZIO…UN BUON INIZIO…UN BUON INIZIO…

di Enrico Dal Fovo I E

Niente da dire, l’anno è iniziato Ben arrivato o ben ritornato

Niente da dire: volente o nolente

Chi riposava ritorna studente.

Ma se quest’anno, così, per cambiare Fossimo noi ad obbligarci a imparare?

La scuola costretta a insegnarci nozioni

Costretta a parlare per intere lezioni!

Ma, devo dire, un dubbio mi cresce: Cosa facciamo, se quella ubbidisce?

L’INTERROGAZIONEL’INTERROGAZIONEL’INTERROGAZIONEL’INTERROGAZIONE

di Enrico Dal Fovo I E

Nel mezzo del cammin d’educazione Mi ritovai in un’auletta oscura

Che era appena cominciata la lezione.

Ah quanto a dir cos’era è cos dura L’argomento dell’interrogazione,

Poiché non avevo studiato con cura!

Tanto gentil e tanto onesto pare Il professore quando il nuovo dì saluta

Ma la classe divien tremando muta Allorchè comincia ad interrogare.

L’angoscia lenta agli occhi

Me congelando sale E’l battito normale Si va a intensificar.

E fu, poiché ignorante, Morale il final quesito,

E’l giudizio, insufficiente, Mi lasciò tramortito.

PoesiaPoesiaPoesiaPoesia

LO SAPEVI????LO SAPEVI????LO SAPEVI????LO SAPEVI????

Le abilità del cervello- Sneocdo uno sdtiuo dlel'untisverià di Cadmbrige, non irmptoa cmoe snoo sctrite le plaroe, tutte le letetre posnsoo esesre al pstoo sbgalaito, è ipmtortane sloo che la prmia e l'umltia lettrea saino al ptoso gtsiuo, il rteso non ctona. Il cerlvelo è comquune semrpe in gdrao di decraifre tttuo qtueso coas, pcherè non lgege ongi silngoa ltetrea, ma lgege lapalroa nel suo insmiee... vstio? ☺

Due nuovi “coinquilini “– Da settembre frequentano il nostro istitu-to Alexander Schwennicke (Germania) e Anke Bert (Belgio), rispettivamente la classe VA e VD, due ragazzi che stanno facendo l’esperienza dell’anno all’estero. Grazie a Intercultura, Anke, sorridente ed energica, sgattaiolerà per i corridoi fino a novembre, dopo tre mesi di vita trentina, mentre Alexander , in Italia per un progetto dell’associazione WEP, avrà modo di affinare il suo italiano fino a Gennaio, dopo averci mostrato il suo “ghigno entusiasta” per sei mesi. Già ferrati nella lingua i nostri ospiti sembrano aver trovato nella difficile vita prataiola il loro habitat naturale. Sfatiamo il mito dei trentini “orsetti” e cerchiamo di farli sentire come in una graande famiglia. ☺

Noi studiamo -Ci sono state consegnate o comunque messe a disposi-zione in segreteria, le tessere IOSTUDIO. L’iniziativa -prima in Europa- è promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e nasce in risposta alle innumerevoli richieste da parte degli studenti delle scuole Secondarie di II Grado, delle Consulte provinciali e delle associazioni studentesche che, negli ultimi anni, hanno fortemente ri-chiesto proprio uno strumento di questo tipo. Questa tessera, personale e non cedibile, ci garantisce agevolazioni utili come riduzioni nell’acqui-sto dei libri, sconti sui trasporti nazionali, accesso gratis a tutti i musei e alle aree archeologiche. Per info: http://iostudio.pubblica.istruzione.it/web/guest/cosa_e_iostudio.♣

Lo sport- Nel mese di ottobre parte un torneo d’Istituto di pallacanestro per classi. Le squadre, miste e composte da un minimo di 4 giocatori, so-no divise in “categorie per classi” e si scontrano in gare di 10 minuti in campo ridotto ad un canestro il venerdì dalle 15.45 alle 17.45. Mens sana in corpore sano.☼

SvagoSvagoSvagoSvago

30 � PRATICANTATI Ottobre 2009

n° 1 anno XII PRATICANTATI � 31

SvagoSvagoSvagoSvago

Fumetti Si parla di ENERGIA...

Questo è il giornalino deglideglideglidegli stu-denti del Prati, perperperper gli studen-ti del Prati, fattofattofattofatto dagli stu-denti del Prati !!!!

Alice for

President

La redazione di Prati-cantati cerca nuove idee e nuovi redattori per riportare fatti di cronaca prataiola, opinionisti, ecc…. Fatevi sentire con

nuove proposte e con le vostre capacità!!!

Insieme faremo un bel lavoro divertendoci.

� contattate la redazione utilizzando la e-mail [email protected] � usate il box della messaggeria nell’atrio in sede e

nella sala dei distributori automatici in succursale � contattateci direttamente (possibilmente non du-

rante le lezioni… qualcuno avrebbe da ridire.)

messaggeria di

PRATICANTATI

Sei rappresentante di

classe, istituto, alla con-

sulta? Vuoi dare voce al

tuo ruolo?

Sei appassionato di

mistero? Sei a cono-

scenza di strani fatti

che accadono o sono

accaduti in passato

nella nostra provincia?

PRATICANTATIPRATICANTATIPRATICANTATIPRATICANTATI

wants you!!!

Fai parte di un gruppo?

Sai suonare uno stru-

mento? Canti? Vorre-

sti far conoscere agli

altri la tua passione?

32 � PRATICANTATI Ottobre 2009

Pensi che il tuo futuro

sarà nel giornalismo e ti

manca una spinta per

buttarti in questo

mondo?

Un bacio al mio “Orso Giallo”!!

Hai�la�passione�

dei�viaggi�e�ti�pia-

ce�documentarli,�

organizzarli�e�ti�

picerebbe�mette-

re�questa�passio-

ne�a�servizio�di�

qualcun�altro?�

Una nuova veste grafica ed un nuovo nome per una nuova rubrica che non è solo la messaggeria dello scorso anno, bensì uno spazio in cui ognuno di noi possa scambiare messaggi di qualsiasi tipo: dal semplice messaggino anonimo o d’amore (mi raccomando la decenza, in tanti siamo minoren-ni!..), all’annuncio economico, dalla vendita di libri usati a quella del proprio scooter, dall’invito ad una festa, all’offerta di un’attività extrascola-stica. Ma non solo: abbiamo una bella idea che non capiamo come sviluppare? Nel nostro casset-to freme un progetto - culturale o non - che aspet-ta di essere realizzato, magari con l’aiuto di qual-che prataiolo di buona volontà? Hai bisogno di un aiutino di greco ed in cambio ne puoi offrire uno di matematica? La tua cagnetta ha partorito 15 cuccioli e vuoi assicurar loro un futuro? Non sai come fare a cambiare la candela al motorino o ad usare la piastra per i ricci? Bene! (dipende dai punti di vista...) Questo e mol-to altro ancora può essere offerto, richiesto, pro-posto in questa nuova pagina di PRATICANTATI. Come????