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PERIODICO TRIMESTRALE DELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI BUTTRIO E CAMINO n. 140 - giugno 2013 [email protected] È dentro un cammino quaresimale che la Chiesa cattolica ha vissuto un passaggio di pontificato dalle forme inedite, mai visto in età moderna e contemporanea. Benedetto XVI, oggi papa emerito, aveva da tempo maturato la decisione di rinunciare al pontificato, ma l’ha comunicata in un tempo preciso, alla vigilia del- l’inizio di quaresima, perché il pas- saggio che la Chiesa si apprestava a vivere fosse dentro quei 40 giorni di deserto, dentro un cammino di conversione e di purificazione verso la Pasqua di Resurrezione. Un gesto di umiltà e di grandezza insieme, il suo, che lo ha fatto uscire di scena in punta di piedi, ma confermandone la statura di un gigante, salutato con am- mirazione e rispetto non solo dai credenti. “In un tempo soggetto a rapidi mutamen- ti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede”, Benedetto XVI ha ritenuto necessario che la Chiesa avesse un papa nel pieno vigore sia del corpo che dell’anima. Subito do- po il trambusto seguito alla notizia, gli esercizi spirituali di quaresima: «Appena en- trati nel deserto - ha detto al termine della settimana -abbiamo potuto attingere alla sorgente di acqua pu- rissima e abbondante della Parola di Dio». La vera e uni- ca fonte indicata alla Chiesa, che non è un’istituzione o un’organizzazione e nem- meno va letta in chiave po- litica o mondana, come non si è stancato di ripetere negli ultimi discorsi e riflessioni prima del termine del pon- tificato, il 28 febbraio 2013. La Chiesa è depositaria della fede, un soggetto di natura spirituale, sposa del Cristo, che non appartiene né al papa né ai cardi- nali, ma al Cristo stesso, è un corpo mistico in cui anche il papa e i suoi collaboratori sono chiamati a dare una chiara testimonianza di fede: queste le indicazioni lasciate quasi come un testamento spirituale da papa Benedetto prima della par- tenza per Castelgandolfo, che ha segnato l’inizio della sede vacante. L’immagine di quell’elicottero sotti- le, come un uccello che vola leggero dietro la cupola imponente della basilica di San Pietro, rimarrà come un simbolo di questo passaggio, vo- luto da un papa al quale sono andati la gratitudine e l’ammirazione di tutta la chiesa e anche di tanti osser- vatori laici non solo per gli 8 anni alla guida della barca di Pietro, ma anche per quella scelta inaspettata di lasciare il testimone, compiuta nella libertà della propria coscienza, in quel luogo sacro e inviolabile in cui l’uomo incontra Dio. Primato della coscienza, a 50 anni dal Concilio Vaticano II, nell’anno della fede. Anche questi sono momenti non casuali. Un papa pastore I 115 cardinali riuniti in conclave hanno scelto per la chiesa un papa pastore, un gesuita che arriva da una terra lontana, l’Argen- tina, e che sceglie il nome di Francesco, il santo di Assisi: l’uomo dei poveri, della pace, dell’armonia con il creato, spiegherà lui stesso nella prima udienza pubblica, quel- la riservata ai giornalisti e agli operatori dell’in- formazione. Papa Fran- cesco conquista il cuore di tutti con parole, gesti e sorrisi che ricordano qualcosa di papa Gio- vanni XXIII, ma anche la radicalità evangelica di Oscar Romero, vesco- vo martire della chiesa latino americana. Si pre- senta subito, rivolgen- dosi a “fratelli e sorelle” con un buonasera, papa Francesco, definendosi Grazie Benedetto, grazie Francesco I GESTI E LE PAROLE CHE HANNO ACCOMPAGNATO IL DELICATO PASSAGGIO DEL TIMONE DELLA CHIESA.

PERIODICO TRIMESTRALE DELLA COMUNITÀ … · il tema dell’educazione in famiglia e ... questo dono anche dagli altri adulti che aiutano i genitori nei loro com- ... cazione continua,

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PERIODICO TRIMESTRALEDELLA COMUNITÀ PARROCCHIALE DI BUTTRIO E CAMINO

n. 140 - giugno [email protected]

È dentro un cammino quaresimale che la Chiesa cattolica ha vissuto un passaggio di pontificato dalle forme inedite, mai visto in età moderna e contemporanea. Benedetto XVI, oggi papa emerito, aveva da tempo maturato la decisione di rinunciare al pontificato, ma l’ha comunicata in un tempo preciso, alla vigilia del-l’inizio di quaresima, perché il pas-saggio che la Chiesa si apprestava a vivere fosse dentro quei 40 giorni di deserto, dentro un cammino di conversione e di purificazione verso la Pasqua di Resurrezione. Un gesto di umiltà e di grandezza insieme, il suo, che lo ha fatto uscire di scena in punta di piedi, ma confermandone la statura di un gigante, salutato con am-mirazione e rispetto non solo dai credenti. “In un tempo soggetto a rapidi mutamen-ti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede”, Benedetto XVI ha ritenuto necessario che la Chiesa avesse un papa nel pieno vigore sia del corpo che dell’anima. Subito do-po il trambusto seguito alla notizia, gli esercizi spirituali di quaresima: «Appena en-trati nel deserto - ha detto al termine della settimana -abbiamo potuto attingere alla sorgente di acqua pu-rissima e abbondante della Parola di Dio». La vera e uni-ca fonte indicata alla Chiesa, che non è un’istituzione o un’organizzazione e nem-meno va letta in chiave po-litica o mondana, come non si è stancato di ripetere negli ultimi discorsi e riflessioni prima del termine del pon-tificato, il 28 febbraio 2013. La Chiesa è depositaria della fede, un soggetto di natura

spirituale, sposa del Cristo, che non appartiene né al papa né ai cardi-nali, ma al Cristo stesso, è un corpo mistico in cui anche il papa e i suoi collaboratori sono chiamati a dare una chiara testimonianza di fede: queste le indicazioni lasciate quasi come un testamento spirituale da papa Benedetto prima della par-tenza per Castelgandolfo, che ha

segnato l’inizio della sede vacante. L’immagine di quell’elicottero sotti-le, come un uccello che vola leggero dietro la cupola imponente della basilica di San Pietro, rimarrà come un simbolo di questo passaggio, vo-luto da un papa al quale sono andati la gratitudine e l’ammirazione di tutta la chiesa e anche di tanti osser-vatori laici non solo per gli 8 anni alla guida della barca di Pietro, ma anche per quella scelta inaspettata di lasciare il testimone, compiuta nella libertà della propria coscienza, in quel luogo sacro e inviolabile in

cui l’uomo incontra Dio. Primato della coscienza, a 50 anni dal

Concilio Vaticano II, nell’anno della fede. Anche questi sono momenti non casuali.

Un papa pastoreI 115 cardinali riuniti in conclave hanno scelto per

la chiesa un papa pastore, un gesuita che arriva da una terra lontana, l’Argen-tina, e che sceglie il nome di Francesco, il santo di Assisi: l’uomo dei poveri, della pace, dell’armonia con il creato, spiegherà lui stesso nella prima udienza pubblica, quel-la riservata ai giornalisti e agli operatori dell’in-formazione. Papa Fran-cesco conquista il cuore di tutti con parole, gesti e sorrisi che ricordano qualcosa di papa Gio-vanni XXIII, ma anche la radicalità evangelica di Oscar Romero, vesco-vo martire della chiesa latino americana. Si pre-senta subito, rivolgen-dosi a “fratelli e sorelle” con un buonasera, papa Francesco, definendosi

Grazie Benedetto, grazie FrancescoI GESTI E LE PAROLE CHE HANNO ACCOMPAGNATO IL DELICATO PASSAGGIO DEL TIMONE DELLA CHIESA.

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2 Sot l’orloi

Grazie Benedetto, grazie Francesco

vescovo di Roma, invitando a una preghiera per il Vescovo emerito, Benedetto XVI. Sia questo pensiero, subito, dal loggione centrale della basilica di San Pietro, sia il ricordo affettuoso e sincero andato al suo predecessore nei giorni successivi, sia la volontà di andare a Castelgan-dolfo per incontrarlo, hanno fatto

subito capire anche a chi aveva dei dubbi che in futuro la coabitazione in Vaticano tra un papa e un papa emerito non darà alcun problema, e che quel clima di fratellanza, di amore e di fiducia testimoniato da papa Francesco sin dalle prime bat-tute sarà un dono non solo per la chiesa ma anche per il mondo. Nella

continuità e nella novità che sempre contraddistinguono i percorsi eccle-siali Papa Francesco sarà un segno della primavera arrivato ad annun-ciare una stagione di speranza nella vita della chiesa.

“Emergenza educativa: un’ipotesi di lavoro per una scuola della società ci-vile” è il titolo del convegno tenutosi sabato 11 maggio nella sala convegni “Paolino d’Aquileia” per iniziativa del Coordinamento delle scuole cattoliche diocesane con la collaborazione di altri organismi impegnati in campo educativo.La sala era esaurita in tutta la sua capienza e cosi pure un’aula adiacente attrezzata con lo schermo per la diret-ta audio-video: non meno di trecento persone hanno manifestato con la loro presenza interesse ad approfondire il tema dell’educazione in famiglia e

nella scuola. Due i relatori che si so-no misurati sul tema del convegno: il professor Franco Nembrini, genitore, insegnante e rettore del centro scola-stico ”La Traccia” di Calcinate (BG) e il professor Roberto Vicini, insegnante presso il liceo classico “P. Sarpi”di Bergamo ed esperto di sistemi forma-tivi.

Nei suoi saluti l’Arcivescovo di Udine ha ricordato che il coordinamento del-le scuole cattoliche della diocesi è nato dall’attenzione nei confronti delle nuove generazioni perché l’’educazio-ne dei figli è una questione che sta a cuore a tutti. “I tempi sono difficili, ha aggiunto, ma i bambini guardano al futuro con speranza. Anche se, a volte, ci sentiamo inadeguati, non vogliamo cedere alla tentazione di delegare a specialisti l’educazione dei ragazzi”. I figli, ha ancora osservato l’Arcivescovo, “non vogliono specia-listi, ma i loro genitori che li hanno chiamati alla vita;da loro si aspettano

l’abbraccio d’amore che non tradisce e l’esempio di come la vita possa essere impegnata come un talento da inve-stire per una gioia piena; aspettano questo dono anche dagli altri adulti che aiutano i genitori nei loro com-piti, in una vera alleanza educativa”. L’Arcivescovo ha poi affermato che “ l’educazione è un grande atto d’amo-

re”. E ha concluso dicendo “ anche se riconosciamo povera la nostra fede e poco coerente la vita, non possiamo, abbandonare i nostri piccoli. Essi non pretendono genitori perfetti ma dispo-nibili a mettersi sempre in discussione per amore dei loro figli”. Il professor Nembrini, primo relatore, ha esordito dicendo che non aveva al-cuna presunzione di insegnare niente a nessuno e che non ha inventato una nuova teoria educativa da esporre. Semplicemente ha visto educare nella sua vita, per cui l’unica cosa che sa dell’educazione è quello che ha visto e quello che gli è successo.Da questo primo atto d’umiltà è par-tito il racconto di una vita, la sua, interamente attraversata, provocata, mobilitata dall’esperienza educativa: prima in famiglia-quarto di dieci fi-gli-, poi da insegnante in varie scuole, infine come genitore di quattro figli maschi. “La questione educativa oggi porta con sé tanta fatica e tanto dolo-re”, ha dichiarato; e proseguendo ha constatato come “tutti siamo educa-tori. Tutti in qualche modo educano e sono educati, perché la vita è un’edu-cazione continua, se per tale s’intende non l’acquisizione di determinate competenze, che sono un aspetto del-l’educazione, ma una compagnia che una generazione di adulti fa a una generazione di giovani, perché questa risponda all’attesa che ha di felicità, di bene, che la vita sia buona, che la vita valga la pena di essere vissuta”. Così intesa l’educazione, di là dai ruoli particolari di genitori, insegnanti…,” sempre noi educhiamo, tutti educhia-mo: l’educazione, come testimonian-za delle ragioni per cui si vive, è ciò che ci accomuna tutti”. Il relatore ha quindi manifestato il forte con-vincimento che siamo veramente in un’epoca di emergenza educativa co-me mai prima d’ora perché gli adulti

faticano a comunicare ai giovani le ra-gioni della propria speranza. Quando si parla di emergenza educativa, il problema non sono i figli, ma la testi-monianza debole che dà una genera-zione di padri, madri e insegnanti.

Tutta la tragedia di oggi è che abbiamo ragazzi fragili, che

crescono pieni di pau-re e d’incer-

tezze

per-ché non hanno davan-ti adulti che abbiano speranza suffi-ciente di fronte alla vita. Paradossalmente, ha affermato il relatore non senza suscitare una certa curiosità, il vero problema del-l’educazione “è non avere il problema dell’educazione”. La grandezza di mio padre, ha confidato,” è stata quella di occuparsi della sua santità, non della nostra”. L’educazione è in fondo una testimonianza, avviene senza grandi strategie; raramente ha bisogno di parole, contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare. Ha, però, bisogno di adulti con un grande amo-re per se stessi, per la vita, per i figli, e proseguendo ha detto che “i giovani non ascoltano parole, perché Dio ha donato loro uno strumento formidabi-le, con il quale ascoltano il tuo cuore, che parla e dice la verità”. Il nostro compito di educatori, ha precisato il relatore, “consiste nell’essere noi stessi; significa occuparci della nostra vita, della nostra sete di felicità, della nostra profonda aspirazione che la vi-ta sia buona, positiva, perché questo solo i nostri figli ci chiedono. I nostri figli ci guardano sempre, ha poi ri-marcato il relatore; guardano il mon-do degli adulti che hanno davanti, prima nel chiuso del grembo materno, poi nella culla, in famiglia, a casa, nel-la scuola, fino al mondo intero: i no-stri figli non fanno altro che guardare incessantemente. L’educazione comin-cia quando un adulto, incrociando lo sguardo di suo figlio, ma anche nel ragazzo che passa per strada, sente in quello sguardo la radicalità di questa domanda e di questa responsabilità: assicurami che valeva la pena venire al mondo. Questa è l’unica cosa che i nostri figli ci chiedono e di cui hanno

veramente diritto; questo è anche il principale dovere che abbiamo verso di loro, tutto il resto viene dopo”. Il relatore poi ha rivolto un appello ai genitori perché non si scandalizzino dei loro sbagli e delle loro incoerenze. “I figli ci perdonano tutto: i nostri errori, le nostre lacune, i nostri limiti, perché la bontà della proposta nutrita di speranza che i genitori rivolgono ai figli supera ed abbraccia i loro stessi sbagli”. Come accade a chi si sente amato di un amore più grande della sua incapacità di corrispondervi. Solo

così è possibile ridire il proprio “sì” all’av-

ventura della

vita. “Solo così-ha osservato infine il rela-tore - può continuare ad accadere quel miracolo che sempre è stato l’educa-zione e che ha garantito, nel bene e nel male, anche in momenti terribili della storia, che il mondo andasse avanti”. A ragione Ignazio di Antiochia so-steneva fin dal secondo secolo“ che si educa con quel che si dice, si educa meglio con quel che si fa, ma si educa ancor meglio con quello che si è”.Alla relazione svolta dal professor Nembrini è seguita quella di carat-tere istituzionale del professor Vicini tutta incentrata sulla scuola. Anche lui si è dichiarato d’accordo sul fatto che la prima emergenza del Paese è la questione educativa. Questione che coinvolge il sistema scolastico non me-no della famiglia. La scuola –ha osser-vato il professor Vicini-non può non essere al centro delle attenzioni della Chiesa, perché in essa si gioca una partita fondamentale: la trasmissione dei valori e della formazione integrale della persona. Valori non immedia-tamente spendibili e verificabili, ma che costituiscono il vero patrimonio di una nazione e di una società”. “Per un vero salto di qualità nella scuola, ha poi osservato il relatore, occorre realizzare effettivamente l’autonomia scolastica, perché questa è lo stru-mento strategico per inserire il siste-ma scolastico italiano a pieno titolo nel contesto culturale e formativo europeo”. Dopo aver offerto la cornice ordinamentale del sistema d’istruzio-ne e formazione professionale alla luce della riforma costituzionale del titolo V, il relatore ha rilevato la necessità

che sia data piena attuazione alla pa-rità scolastica e riconoscimento alla libertà di scelta educativa delle fami-glie. In questo nuovo contesto sancito dalla nostra carta costituzionale, la famiglia deve godere, per il suo prima-rio e inalienabile diritto-dovere educa-tivo, di una piena libertà di scelta tra scuole statali, scuole paritarie, centri di formazione professionale e di una reale corresponsabilità all’interno de-gli istituti scolastici, cooperando così alla definizione del “patto educativo tra scuola, studenti, famiglia e comu-nità locale”. Il relatore ha quindi au-spicato il superamento di una visione statalistica del sistema d’istruzione che deve ritenersi “pubblico” indi-pendentemente dalla configurazione giuridica degli enti gestori. Va da sé che il carattere pubblico del servizio offerto dalle scuole, statali e paritarie, che costituiscono il sistema nazionale d’istruzione deve rispondere a requi-siti minimi di qualità senza dei quali l’accreditamento al sistema va negato. Contrariamente ad una diffusa con-vinzione secondo la quale il finanzia-mento delle scuole paritarie incontra il divieto espresso dalla costituzione (art.33, c.3: ”Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo stato”), le stesse scuole fanno invece risparmiare allo Stato sei miliardi di euro l’anno, perché educano il dieci per cento degli alunni mentre ricevono solo un cente-simo in percentuale delle risorse.Al termine dell’intervento si è aperto un animato dibattito cui è seguita la replica dei relatori. Visibile è stata la soddisfazione di genitori, alunni, insegnanti, operatori del mondo della scuola ed ecclesiale che numerosi han-no partecipato al convegno. La giornata dedicata al tema del-l’emergenza educativa s’inserisce nella trama d’iniziative dell’Arcidiocesi in campo educativo scaturente dalla scelta pastorale dell’anno 2012/2013, in sintonia con quella della Chiesa italiana per il decennio 2010-2020. A quella appena conclusa faranno segui-to altre iniziative-assicura il vicediret-tore dell’Ufficio scuola diocesano, don Agostino Sogaro- rivolte a tutti gli in-segnanti, non solo a quelli delle scuole cattoliche. L’obiettivo ambizioso cui mira la chiesa diocesana, in linea del resto con la sua vocazione, è quello di promuovere spazi di dialogo aperto e costruttivo con tutte le agenzie edu-cative, per fare fronte unico all’emer-genza educativa, al cui superamento siamo tutti interessati.

Claudio Malacarne

Emergenza educativa

un’ipotesi di lavoro per una scuola della società civile.

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Sot l’orloi 3Esperienze

“Emergenza educativa: un’ipotesi di lavoro per una scuola della società ci-vile” è il titolo del convegno tenutosi sabato 11 maggio nella sala convegni “Paolino d’Aquileia” per iniziativa del Coordinamento delle scuole cattoliche diocesane con la collaborazione di altri organismi impegnati in campo educativo.La sala era esaurita in tutta la sua capienza e cosi pure un’aula adiacente attrezzata con lo schermo per la diret-ta audio-video: non meno di trecento persone hanno manifestato con la loro presenza interesse ad approfondire il tema dell’educazione in famiglia e

nella scuola. Due i relatori che si so-no misurati sul tema del convegno: il professor Franco Nembrini, genitore, insegnante e rettore del centro scola-stico ”La Traccia” di Calcinate (BG) e il professor Roberto Vicini, insegnante presso il liceo classico “P. Sarpi”di Bergamo ed esperto di sistemi forma-tivi.

Nei suoi saluti l’Arcivescovo di Udine ha ricordato che il coordinamento del-le scuole cattoliche della diocesi è nato dall’attenzione nei confronti delle nuove generazioni perché l’’educazio-ne dei figli è una questione che sta a cuore a tutti. “I tempi sono difficili, ha aggiunto, ma i bambini guardano al futuro con speranza. Anche se, a volte, ci sentiamo inadeguati, non vogliamo cedere alla tentazione di delegare a specialisti l’educazione dei ragazzi”. I figli, ha ancora osservato l’Arcivescovo, “non vogliono specia-listi, ma i loro genitori che li hanno chiamati alla vita;da loro si aspettano

l’abbraccio d’amore che non tradisce e l’esempio di come la vita possa essere impegnata come un talento da inve-stire per una gioia piena; aspettano questo dono anche dagli altri adulti che aiutano i genitori nei loro com-piti, in una vera alleanza educativa”. L’Arcivescovo ha poi affermato che “ l’educazione è un grande atto d’amo-

re”. E ha concluso dicendo “ anche se riconosciamo povera la nostra fede e poco coerente la vita, non possiamo, abbandonare i nostri piccoli. Essi non pretendono genitori perfetti ma dispo-nibili a mettersi sempre in discussione per amore dei loro figli”. Il professor Nembrini, primo relatore, ha esordito dicendo che non aveva al-cuna presunzione di insegnare niente a nessuno e che non ha inventato una nuova teoria educativa da esporre. Semplicemente ha visto educare nella sua vita, per cui l’unica cosa che sa dell’educazione è quello che ha visto e quello che gli è successo.Da questo primo atto d’umiltà è par-tito il racconto di una vita, la sua, interamente attraversata, provocata, mobilitata dall’esperienza educativa: prima in famiglia-quarto di dieci fi-gli-, poi da insegnante in varie scuole, infine come genitore di quattro figli maschi. “La questione educativa oggi porta con sé tanta fatica e tanto dolo-re”, ha dichiarato; e proseguendo ha constatato come “tutti siamo educa-tori. Tutti in qualche modo educano e sono educati, perché la vita è un’edu-cazione continua, se per tale s’intende non l’acquisizione di determinate competenze, che sono un aspetto del-l’educazione, ma una compagnia che una generazione di adulti fa a una generazione di giovani, perché questa risponda all’attesa che ha di felicità, di bene, che la vita sia buona, che la vita valga la pena di essere vissuta”. Così intesa l’educazione, di là dai ruoli particolari di genitori, insegnanti…,” sempre noi educhiamo, tutti educhia-mo: l’educazione, come testimonian-za delle ragioni per cui si vive, è ciò che ci accomuna tutti”. Il relatore ha quindi manifestato il forte con-vincimento che siamo veramente in un’epoca di emergenza educativa co-me mai prima d’ora perché gli adulti

faticano a comunicare ai giovani le ra-gioni della propria speranza. Quando si parla di emergenza educativa, il problema non sono i figli, ma la testi-monianza debole che dà una genera-zione di padri, madri e insegnanti.

Tutta la tragedia di oggi è che abbiamo ragazzi fragili, che

crescono pieni di pau-re e d’incer-

tezze

per-ché non hanno davan-ti adulti che abbiano speranza suffi-ciente di fronte alla vita. Paradossalmente, ha affermato il relatore non senza suscitare una certa curiosità, il vero problema del-l’educazione “è non avere il problema dell’educazione”. La grandezza di mio padre, ha confidato,” è stata quella di occuparsi della sua santità, non della nostra”. L’educazione è in fondo una testimonianza, avviene senza grandi strategie; raramente ha bisogno di parole, contrariamente a quanto si sarebbe portati a pensare. Ha, però, bisogno di adulti con un grande amo-re per se stessi, per la vita, per i figli, e proseguendo ha detto che “i giovani non ascoltano parole, perché Dio ha donato loro uno strumento formidabi-le, con il quale ascoltano il tuo cuore, che parla e dice la verità”. Il nostro compito di educatori, ha precisato il relatore, “consiste nell’essere noi stessi; significa occuparci della nostra vita, della nostra sete di felicità, della nostra profonda aspirazione che la vi-ta sia buona, positiva, perché questo solo i nostri figli ci chiedono. I nostri figli ci guardano sempre, ha poi ri-marcato il relatore; guardano il mon-do degli adulti che hanno davanti, prima nel chiuso del grembo materno, poi nella culla, in famiglia, a casa, nel-la scuola, fino al mondo intero: i no-stri figli non fanno altro che guardare incessantemente. L’educazione comin-cia quando un adulto, incrociando lo sguardo di suo figlio, ma anche nel ragazzo che passa per strada, sente in quello sguardo la radicalità di questa domanda e di questa responsabilità: assicurami che valeva la pena venire al mondo. Questa è l’unica cosa che i nostri figli ci chiedono e di cui hanno

veramente diritto; questo è anche il principale dovere che abbiamo verso di loro, tutto il resto viene dopo”. Il relatore poi ha rivolto un appello ai genitori perché non si scandalizzino dei loro sbagli e delle loro incoerenze. “I figli ci perdonano tutto: i nostri errori, le nostre lacune, i nostri limiti, perché la bontà della proposta nutrita di speranza che i genitori rivolgono ai figli supera ed abbraccia i loro stessi sbagli”. Come accade a chi si sente amato di un amore più grande della sua incapacità di corrispondervi. Solo

così è possibile ridire il proprio “sì” all’av-

ventura della

vita. “Solo così-ha osservato infine il rela-tore - può continuare ad accadere quel miracolo che sempre è stato l’educa-zione e che ha garantito, nel bene e nel male, anche in momenti terribili della storia, che il mondo andasse avanti”. A ragione Ignazio di Antiochia so-steneva fin dal secondo secolo“ che si educa con quel che si dice, si educa meglio con quel che si fa, ma si educa ancor meglio con quello che si è”.Alla relazione svolta dal professor Nembrini è seguita quella di carat-tere istituzionale del professor Vicini tutta incentrata sulla scuola. Anche lui si è dichiarato d’accordo sul fatto che la prima emergenza del Paese è la questione educativa. Questione che coinvolge il sistema scolastico non me-no della famiglia. La scuola –ha osser-vato il professor Vicini-non può non essere al centro delle attenzioni della Chiesa, perché in essa si gioca una partita fondamentale: la trasmissione dei valori e della formazione integrale della persona. Valori non immedia-tamente spendibili e verificabili, ma che costituiscono il vero patrimonio di una nazione e di una società”. “Per un vero salto di qualità nella scuola, ha poi osservato il relatore, occorre realizzare effettivamente l’autonomia scolastica, perché questa è lo stru-mento strategico per inserire il siste-ma scolastico italiano a pieno titolo nel contesto culturale e formativo europeo”. Dopo aver offerto la cornice ordinamentale del sistema d’istruzio-ne e formazione professionale alla luce della riforma costituzionale del titolo V, il relatore ha rilevato la necessità

che sia data piena attuazione alla pa-rità scolastica e riconoscimento alla libertà di scelta educativa delle fami-glie. In questo nuovo contesto sancito dalla nostra carta costituzionale, la famiglia deve godere, per il suo prima-rio e inalienabile diritto-dovere educa-tivo, di una piena libertà di scelta tra scuole statali, scuole paritarie, centri di formazione professionale e di una reale corresponsabilità all’interno de-gli istituti scolastici, cooperando così alla definizione del “patto educativo tra scuola, studenti, famiglia e comu-nità locale”. Il relatore ha quindi au-spicato il superamento di una visione statalistica del sistema d’istruzione che deve ritenersi “pubblico” indi-pendentemente dalla configurazione giuridica degli enti gestori. Va da sé che il carattere pubblico del servizio offerto dalle scuole, statali e paritarie, che costituiscono il sistema nazionale d’istruzione deve rispondere a requi-siti minimi di qualità senza dei quali l’accreditamento al sistema va negato. Contrariamente ad una diffusa con-vinzione secondo la quale il finanzia-mento delle scuole paritarie incontra il divieto espresso dalla costituzione (art.33, c.3: ”Enti e privati hanno diritto di istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo stato”), le stesse scuole fanno invece risparmiare allo Stato sei miliardi di euro l’anno, perché educano il dieci per cento degli alunni mentre ricevono solo un cente-simo in percentuale delle risorse.Al termine dell’intervento si è aperto un animato dibattito cui è seguita la replica dei relatori. Visibile è stata la soddisfazione di genitori, alunni, insegnanti, operatori del mondo della scuola ed ecclesiale che numerosi han-no partecipato al convegno. La giornata dedicata al tema del-l’emergenza educativa s’inserisce nella trama d’iniziative dell’Arcidiocesi in campo educativo scaturente dalla scelta pastorale dell’anno 2012/2013, in sintonia con quella della Chiesa italiana per il decennio 2010-2020. A quella appena conclusa faranno segui-to altre iniziative-assicura il vicediret-tore dell’Ufficio scuola diocesano, don Agostino Sogaro- rivolte a tutti gli in-segnanti, non solo a quelli delle scuole cattoliche. L’obiettivo ambizioso cui mira la chiesa diocesana, in linea del resto con la sua vocazione, è quello di promuovere spazi di dialogo aperto e costruttivo con tutte le agenzie edu-cative, per fare fronte unico all’emer-genza educativa, al cui superamento siamo tutti interessati.

Claudio Malacarne

Emergenza educativa

un’ipotesi di lavoro per una scuola della società civile.

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4 Sot l’orloi

Vita della Parrocchia

E così...un gruppetto di persone vedendo che questo “tesoro” si stava deteriorando a causa del tempo e della non adeguata conservazione, con l’approvazione del Consiglio Pastorale e dopo aver interpellato le persone competenti della Curia, si è attivato per l’acquisto di un armadio-cassettone con misure e struttura adatte a contenere questi arredi sacri i quali, poiché sono stati ricamati con filo d’oro, per non rovinarsi, devono stare distesi (si danneggiano dove appoggiano sull’attaccapanni).

Il “piccolo tesoro”, lasciato alla nostra comunità dai sacerdoti che si sono susseguiti a Buttrio, è composto da piviali, pianete, casule, stole, manicotti e altro, paramenti ricevuti in dono o acquistati come ornamento per le

funzioni più importanti.

I parati sacri e gli arredi di maggiore valore per la fattura più raffinata dei ricami e per l’età risalgono verosimilmente a fine ottocento.

Siamo soddisfatti di aver contribuito al recupero di questo patrimonio che richiederebbe ancora il restauro delle parti danneggiate e un controllo costante nel tempo per prevenire eventuali ulteriori danni (a esempio da muffe). E’ sempre un vero peccato non riuscire a consegnare alle generazioni future “i testimoni” del nostro passato.

Quanto è stato fatto è come un piccolo tassello di un grande puzzle ... Grazie di cuore a quanti si sono adoperati alla realizzazione del progetto.

La nostra Comunità Parrocchiale

ha un “piccolo tesoro” in paramenti sacri.

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Sot l’orloi �Catechismo

Sabato 18 Maggio, 36 bambini della 4° Elementare hanno ricevuto per la prima volta Il Sacramento della Confessione o Riconciliazione.Dopo un periodo di preparazione sugli insegnamenti di Gesù e,in particolar modo sulla parabola del Padre Misericordioso, hanno capito l’importanza della riconciliazione con Gesù, che in questo sacramento ci viene incontro come un dono, (per questo Festa del Perdono).Attraverso la meditazione della parabola, i bambini hanno potuto far esperienza dell’abbraccio di un Dio (Padre), ricco di misericordia sempre pronto ad accogliere i figli che tornano da lui.Qello che noi catechiste unitamente a Don Roberto abbiamo cercato di trasmettere a questi bambini è, che ognuno di noi è legato a Dio con un filo, quando sbagliamo, quando distratti ci allontaniamo e quando diventiamo egoisti perché decidiamo di bastare a noi stessi, il filo si spezza.Con la riconciliazione Dio riesce a fare un nodo a quel filo e …. di nodo in nodo, que-sto filo diventa sempre più corto . e così

“ DI PERDONO IN PERDONO CI AVVICINIAMO SEMPRE PIU’ A DIO.”

Passo dopo passo……Ho capito cosa vuol dire

PerdonareEd essere perdonato,

ed ora sono certo che :niente

e nessun peccatomi può separare da te Gesù,

se sempre e con tutto il mio cuorecontinuerò ad amare.

LE CATECHISTE Luigina Teresa Marinella Anna

Domenica 19 maggio, giorno di Pentecoste, si è tenuta la tradizionale festa dei lustri della nostra comunità.

Nella chiesa di Santa Maria Assunta si

sono ritrovate 45 coppie sposate da 5 fino a 55 anni!

A presiedere la celebrazione è stato don Roberto, il quale ha ricordato che

celebrare questa festa, è riconoscere la bellezza e il valore del matrimonio nel suo significato più essenziale: quello cioè di vivere nell’amore, come scelta

fondamentale della propria vita.

Nessuno di noi ha sposato “il principe Azzurro o la fata Turchina”, ma continua a vedere nell’altro la persona con cui vuole veramente condividere la quotidianità.

La festa dei lustri si richiama al saper affrontare le difficoltà, senza tirarsi pavidamente indietro.

La formula “nel bene e nel male” non dovrebbe essere, quindi, solo una frase fatta, ma essere considerata come il collante di una meravigliosa sorte che si realizza, anche in mezzo alle prove, che non mancano nella vita.

Questo momento è soprattutto un’occasione per ringraziare Dio per la fortuna di trovarsi a camminare insieme su questa strada.

Maurizio e LisaBlue Foto

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� Sot l’orloi

Catechismo

Siamo arrivati alla fine dell’anno catechistico e, come sempre, “umanamente” si tirano un po’ le somme.

Che cosa siamo riuscite a trasmettere ai bambini, hanno capito, sono contenti e tante altre domande ci vengono in mente.

I nostri pensieri vanno ai momenti di preparazione per quell’ora in cui devi riuscire a trasmettere la fede e hai paura di non farcela o di non dare abbastanza, alle ore trascorse ad allestire cartelloni, canti, e preghiere. Quanto tempo dedicato con passione a tutto questo.

Il pensiero corre ai volti dei “tuoi“ bambini, ai loro sorrisi e alle

loro domande.Speri sempre

che abbiano sentito quanto tu ci hai messo del tuo per spiegare l’amore che Dio ha per noi e di quanto dovremmo fidarci di Lui e dei suoi progetti per noi.

Ecco, dobbiamo fidarci di Lui e dei suoi progetti, anche quando vediamo durante la Messa della domenica quei banchi vuoti che sembrano dirti in faccia che non sei riuscita ad infondere la

voglia di stare insieme e incontrare Dio nella sua casa.

Devi affidarti e fidarti di Lui.

Affidarti a lui, che faccia capire ai genitori che chiedere per i figli battesimo, comunione e cresima è una libera scelta. Che comprende essere coerenti con quanto scegliamo e che questo implica una totale partecipazione di Dio

nella nostra

vita (Messa compresa) e sarebbe bene pensarci quando scegliamo questo e non farlo perché così fan tutti.

Non siamo marchiati se non facciamo i sacramenti ma sicuramente saremo diversi se lo faremo con la convinzione che vivere appieno la nostra fede non ci toglie nulla, ma ci rende parte del grande progetto di Dio.

Questo è ciò in cui crediamo e che raccontiamo ai bambini: avere fiducia, essere coerenti e non essere spettatori ma protagonisti della vita, in cui non c’è terra senza cielo e non c’è cielo senza terra.

Giovanni Paolo II

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Sot l’orloi �Camino e Caminetto

Come da programma il 26 Maggio in concomitanza con la festa della Madonna in Camino, l’Associazione Iniziative Locali

- AIL “Sagre dai Ucei e de Viscje” ha voluto mantenere vivo e costante il rapporto con la popolazione organizzando una giornata di festa su invito con il “Pranzo di Primavera”.Le strutture e la professionalità degli organizzatori già collaudati nell’edizione della Sagra paesana dello scorso anno, hanno garantito il successo della manifestazione. Dopo un periodo di continue giornate piovose e fredde, che hanno fatto dubitare fino all’ultimo il rispetto del programma, il Buon Dio ci ha concesso una stupenda giornata primaverile con un clima meraviglioso proprio fino al termine della manifestazione.Era bello vedere i bimbi giocare sereni con i propri genitori sul prato dell’area creativa a contorno del capannone coperto. Immagini bucoliche alle quali non siamo più abituati.ll menù “Primaverile” proposto è stato particolarmente gradito dai commensali.Non la solita pasta-asciutta ma bensì Crespelle con erbe di campo, Involtino alla rucola e pomodoro gratinato su misticanza di verdure crude con contorno di pattatine fritte e per finire un dolce a base di panna cotta alle fragole.Va da sè che il successo non viene mai per caso quando una squadra sa gestirsi in modo eccellente.Dopo aver ringraziato tutte le persone intervenute è stata data la parola al Sindaco Tiziano Venturini il quale ha ringraziato per l’invito ricevuto ed ha inoltre confermato la propria disponibilità a supportare l’organizzazione nel limite delle disponibilità economiche che il particolare momento consente.Il commento positivo raccolto da parte di molti partecipanti contribuisce a infondere agli organizzatori un ulteriore entusiasmo per affrontare le prossime future impegnative attività.

Arrivederci a Settembre.P S.

A. I. L. - Nuovo Consiglio Direttivo

A. I. L. - Pranzo di PRIMAVERA

Lo scorso 11 Aprile 2013, presso la nuova sede dell’Associazione Iniziative Locali (AIL), sala “Don Luigi” della Chiesa di Camino, si è riunita l’Assemblea dei Soci per approvare il rendiconto finanziario dell’anno 2012 e per l’elezione del nuovo Consiglio Direttivo (CD) per l’esercizio 2013 -2014.

Dopo un’esposizione dettagliata da parte del presidente uscente sul bilancio consuntivo e sugli obbiettivi e risultati raggiunti, è stato eletto il nuovo Consiglio Direttivo per l’esercizio 2013 -2014.Riportiamo in ordine alfabetico gli eletti del nuovo CD: Azzarone Alessandro, Balloch Daniele, Brusini Giuseppe, Gogiatti Loris, Gregoratti Lindana, Miolo Gabriella, Passon Erika, Pirioni Matteo e Scontrino Pietro.Nella stessa riunione il nuovo CD ha chiesto all’unanimità al presidente uscente Scontrino Pietro di riconfermare il mandato per il nuovo esercizio. Il presidente ha accettato e ringraziato per la fiducia accordatagli.Nella stessa riunione il nuovo Consiglio Direttivo ha definito il programma delle manifestazioni del 2013 confermando di:− Collaborare, con il Consiglio Parrocchiale e con il

gruppo Giovani di Buttrio, alla realizzazione del Carnevale a Camino.

− Gestire, con il comitato promotore, l'edizione delle“Fugarele”.

− Collaborare con l'A.S.D. podismoButtrio per la 26a manifestazione Internazionale del 1o Maggio con la tradizionale Marcialonga sulle colline di Buttrio.

− Gestire nella giornata del 26 Maggio, giorno dellacommemorazione della Madonna di Lourdes in Camino, unagiornatadifestadell'Associazioneconil“PranzodiPrimavera”.

− Collaborare con le associazioni di Buttrio allarealizzazione della “Sagre dai Polès” prevista per il 26, 27e 28 Luglio.

− GestirelarealizzazionedellaSagrapaesana“Sagre dai Ucei e de Viscje”per il 27,28 e 29 Settembre.

− Collaborare con il Consiglio Parrocchiale per larealizzazione del tradizionale concerto di Natale a Camino.

Il presidentePietro Scontrino

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� Sot l’orloi

Papa Francesco

La sera del 18 maggio, Papa Francesco – di fronte ad una Piazza San Pietro gremita dai fedeli appar-tenenti ai movimenti ed alle associazioni ivi con-vocati per la Veglia di Pentecoste – ha risposto a cinque domande che alcuni di loro gli hanno posto. Val la pena di mediatare assieme sulle sue parole.

1) La prima - “come lei ha potuto raggiungere nella sua vita la certezza sulla fede; e quale strada ci indica perché ciascuno di noi possa vincere la fra-gilità della fede?” - è una domanda storica, perché riguarda la mia storia, la storia della mia vita! Io ho avuto la grazia di crescere in una famiglia in cui la fede si vive-va in modo semplice e concreto; ma è stata soprattutto mia nonna, la mamma di mio padre, che ha segnato il mio cammino di fede. Era una donna che ci spiegava, ci parlava di Gesù, ci insegnava il Catechismo. Ricordo sempre che il Venerdì Santo ci portava, la sera, alla processio-ne delle candele, e alla fine di questa proces-sione arrivava il “Cristo giacente”, e la nonna ci faceva – a noi bambini – inginocchiare e ci diceva: “Guardate, è morto, ma domani risuscita”. Ho ricevuto il primo annuncio cristiano proprio da questa donna, da mia nonna! È bellissimo, questo! Il primo annuncio in casa, con la famiglia! E questo mi fa pensare all’amore di tante mamme e di tante nonne nella trasmissione della fede. Sono loro che trasmettono la fede. Questo avveniva anche nei primi tempi, perché san Paolo diceva a Timoteo: “Io ricordo la fede della tua mam-ma e della tua nonna” (cfr 2Tm 1,5). Tutte le mamme che sono qui, tutte le nonne, pensate a questo! Tra-smettere la fede. Perché Dio ci mette accanto delle persone che aiutano il nostro cammino di fede. Noi non troviamo la fede nell’astratto; no! È sempre una persona che predica, che ci dice chi è Gesù, che ci trasmette la fede, ci dà il primo annuncio. E così è stata la prima esperienza di fede che ho avuto. Ma c’è un giorno per me molto importante: il 21 set-tembre del ‘53. Avevo quasi 17 anni. Era il “Giorno dello studente”, per noi il giorno della Primavera – da voi è il giorno dell’Autunno. Prima di andare alla festa, sono passato nella parrocchia dove andavo, ho trovato un prete, che non conoscevo e ho sentito la necessità di confessarmi. Questa è stata per me un’esperienza di incontro: ho trovato che qualcuno mi aspettava. Ma non so cosa sia successo, non ricordo, non so proprio perché fosse

quel prete là, che non conoscevo, perché avessi sentito questa voglia di confessarmi, ma la verità è che qualcuno m’aspettava. Mi stava aspettando da tempo. Dopo la Confessione ho sentito che qualcosa era cambiato. Io non ero lo stesso. Avevo sentito proprio come una voce, una chiamata: ero convinto che dovessi diventare sacerdote. Questa esperienza nella fede è importante. Noi diciamo che dobbiamo cercare Dio, andare da Lui a chiedere perdono, ma quando noi andiamo, Lui ci aspetta, Lui

è prima! Noi, in spagnolo, abbiamo una parola che spiega bene questo: “Il Signore sempre ci prime-rea”, è primo, ci sta aspettando! E questa è proprio una grazia grande: trovare uno che ti sta aspettan-do. Tu vai peccatore, ma Lui ti sta aspettando per perdonarti. Questa è l’esperienza che i Profeti di Israele descrivevano dicendo che il Signore è come il fiore di mandorlo, il primo fiore della Primavera (cfr Ger 1,11-12). Prima che vengano gli altri fiori, c’è lui: lui che aspetta. Il Signore ci aspetta. E quando noi Lo cerchiamo, troviamo questa realtà: che è Lui ad aspettarci per accoglierci, per darci il suo amore. E questo ti porta nel cuore uno stupore tale che non lo credi, e così va crescendo la fede! Con l’incontro con una persona, con l’incontro con il Signore. Qualcuno dirà: “No, io preferisco studiare la fede nei libri!”. È importante studiarla, ma, guarda, questo solo non basta! L’importante è l’incontro con Gesù, l’incontro con Lui, e questo ti dà la fede, perché è proprio Lui che te la dà! Anche voi parlavate della fragilità della fede, come si fa per vincerla. Il nemico più grande che ha la fragilità - è curioso, eh? - è la paura. Ma non abbiate paura! Siamo fragili, e lo sappiamo. Ma Lui è più forte! Se tu vai con Lui, non c’è problema! Un bambino è fra-gilissimo - ne ho visti tanti, oggi -, ma era con il pa-pà, con la mamma: è al sicuro! Con il Signore siamo

sicuri. La fede cresce con il Signore, proprio dalla mano del Signore; questo ci fa crescere e ci rende forti. Ma se noi pensiamo di poterci arrangiare da soli… Pensiamo che cosa è successo a Pietro: “Signore, io mai ti rinnegherò!” (cfr Mt 26,33-35); e poi ha cantato il gallo e l’aveva rinnegato per tre volte! (cfr vv. 69-75). Pensiamo: quando noi abbia-mo troppa fiducia in noi stessi, siamo più fragili, più fragili. Sempre con il Signore! E dire con il Signore significa dire con l’Eucaristia, con la Bibbia, con

la preghiera… ma anche in famiglia, anche con la mamma, anche con lei, perché lei è quella che ci porta al Signore; è la madre, è quella che sa tutto. Quindi pregare anche la Madonna e chie-derle che, come mamma, mi faccia forte. Questo è quello che io penso sulla fragilità, almeno è la mia esperienza. Una cosa che mi rende forte tutti i giorni è pregare il Rosario alla Madonna. Io sento una forza tanto grande perché vado da lei e mi sento forte.

2) Passiamo alla secon-da domanda. “Penso che tutti noi qui presenti sentiamo fortemente la

sfida, la sfida della evangelizzazione, che è al cuore delle nostre esperienze. Per questo vorrei chiedere a Lei, Padre Santo, di aiutare me e tutti noi a capire come vivere questa sfida nel nostro tempo, qual è per lei la cosa più importante cui tutti noi movimenti, associazioni e comunità dobbiamo guardare per attuare il compito cui siamo chiamati. Come possiamo comunicare in modo efficace la fede di oggi?”.Dirò soltanto tre parole.La prima: Gesù. Chi è la cosa più importante? Gesù. Se noi andiamo avanti con l’organizzazione, con altre cose, con belle cose, ma senza Gesù, non an-diamo avanti, la cosa non va. Gesù è più importante. Adesso, vorrei fare un piccolo rimprovero, ma fraternamente, tra noi. Tutti voi avete gridato nella piazza “Francesco, Francesco, Papa Francesco”. Ma, Gesù dov’era? Io avrei voluto che voi gridaste: “Ge-sù, Gesù è il Signore, ed è proprio in mezzo a noi!”. Da qui in avanti, niente “Francesco”, ma “Gesù”! La seconda parola è: la preghiera. Guardare il volto di Dio, ma soprattutto – e questo è collegato con quello che ho detto prima – sentirsi guardati. Il Signore ci guarda: ci guarda prima. La mia espe-rienza è ciò che sperimento davanti al sagrario [Tabernacolo] quando vado a pregare, la sera, davanti al Signore. Alcune volte mi addormento

VEGLIA DI PENTECOSTE CON I MOVIMENTI, LE NUOVE COMUNITÀ,LE ASSOCIAZIONI E LE AGGREGAZIONI LAICALI

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Sot l’orloi �Papa Francesco

un pochettino; questo è vero, perché un po’ la stanchezza della giornata ti fa addormentare. Ma Lui mi capisce. E sento tanto conforto quando penso che Lui mi guarda. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare… No! Làsciati guardare dal Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo - perché la domanda era sulla testimonian-za della fede, no? Primo “Gesù”, poi “preghiera” - sentiamo che Dio ci sta tenendo per mano. Sottolineo allora l’importanza di questo: lasciarsi guidare da Lui. Questo è più importante di qual-siasi calcolo. Siamo veri evan-gelizzatori lasciandoci guidare da Lui. Pensiamo a Pietro; forse stava facendo la siesta, dopo pranzo, e ha avuto una visione, la visione della tovaglia con tutti gli animali, e ha sentito che Gesù gli diceva qualcosa, ma lui non capiva. In quel momento, sono venuti alcuni non-ebrei a chiamarlo per andare in una casa, e ha visto come lo Spirito Santo era laggiù. Pietro si è lasciato guidare da Gesù per giungere a quella prima evangelizzazione ai gentili, che non erano ebrei: una cosa inimmaginabile in quel tempo (cfr At 10,9-33). E così, tutta la storia, tutta la storia! Lasciarsi guidare da Gesù. È proprio il leader; il nostro leader è Gesù.E terza: la testimonianza. Gesù, preghiera – la preghiera, quel lasciarsi guidare da Lui – e poi testimonianza. Ma vorrei aggiungere qualcosa. Questo lasciarsi guidare da Gesù ti porta alle sor-prese di Gesù. Si può pensare che l’evangelizzazio-ne dobbiamo programmarla a tavolino, pensando alle strategie, facendo dei piani. Ma questi sono strumenti, piccoli strumenti. L’importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui. Poi possiamo fare le strategie, ma questo è secondario.Infine, la testimonianza: la comunicazione della fede si può fare soltanto con la testimonianza, e questo è l’amore. Non con le nostre idee, ma con il Vangelo vissuto nella propria esistenza e che lo Spirito Santo fa vivere dentro di noi. È come una sinergia fra noi e lo Spirito Santo, e questo conduce alla testimonianza. La Chiesa la portano avanti i Santi, che sono proprio coloro che danno questa testimonianza. Come ha detto Giovanni Paolo II e anche Benedetto XVI, il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni. Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita: la coerenza di vita, proprio la coerenza di vita! Una coerenza di vita che è vivere il cristia-nesimo come un incontro con Gesù che mi porta agli altri e non come un fatto sociale. Socialmente siamo così, siamo cristiani, chiusi in noi. No, questo no! La testimonianza!

3) La terza domanda: “Vorrei chiederle, Padre Santo, come io e tutti noi possiamo vivere una Chiesa povera e per i poveri. In che modo l’uomo sofferente è una domanda per la nostra fede? Noi tutti, come movimenti, associazioni laicali, quale contributo concreto ed efficace possiamo dare alla

Chiesa e alla società per affrontare questa grave crisi che tocca l’etica pubblica” – questo è impor-tante! – “il modello di sviluppo, la politica, insomma un nuovo modo di essere uomini e donne?”.Riprendo dalla testimonianza. Prima di tutto, vivere il Vangelo è il principale contributo che possiamo dare. La Chiesa non è un movimento politico, né una struttura ben organizzata: non è questo. Noi non siamo una ONG, e quando la Chiesa diventa una ONG perde il sale, non ha sapore, è soltanto una vuota organizzazione. E in questo siate furbi, perché il diavolo ci inganna, perché c’è il pericolo dell’effi-cientismo. Una cosa è predicare Gesù, un’altra cosa è l’efficacia, essere efficienti. No, quello è un altro valore. Il valore della Chiesa, fondamentalmente, è vivere il Vangelo e dare testimonianza della nostra fede. La Chiesa è sale della terra, è luce del mondo, è chiamata a rendere presente nella società il lievito del Regno di Dio e lo fa prima di tutto con la sua testimonianza, la testimonianza dell’amore fraterno, della solidarietà, della condivisione. Quan-do si sentono alcuni dire che la solidarietà non è un valore, ma è un “atteggiamento primario” che deve sparire… questo non va! Si sta pensando ad un’efficacia soltanto mondana. I momenti di crisi, come quelli che stiamo vivendo – ma tu hai detto prima che “siamo in un mondo di menzogne” –, questo momento di crisi, stiamo attenti, non consi-ste in una crisi soltanto economica; non è una crisi culturale. È una crisi dell’uomo: ciò che è in crisi è l’uomo! E ciò che può essere distrutto è l’uomo! Ma l’uomo è immagine di Dio! Per questo è una crisi profonda! In questo momento di crisi non possia-mo preoccuparci soltanto di noi stessi, chiuderci nella solitudine, nello scoraggiamento, nel senso di impotenza di fronte ai problemi. Non chiudersi, per favore! Questo è un pericolo: ci chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i quali pensiamo le stesse cose… ma sapete che cosa succede? Quando la Chiesa diventa chiusa, si ammala, si ammala. Pensate ad una stanza chiusa per un anno; quando tu vai, c’è odore di umidità, ci sono tante cose che non vanno. Una Chiesa chiusa è la stessa cosa: è una Chiesa ammalata. La Chiesa deve uscire da se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, ma uscire. Gesù ci dice: “Andate per tutto il mondo! Andate! Predicate! Date testimonianza

del Vangelo!” (cfr Mc 16,15). Ma che cosa succede se uno esce da se stesso? Può succedere quello che può capitare a tutti quelli che escono di casa e vanno per la strada: un incidente. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, incorsa in un incidente, che una Chiesa ammalata per chiusura! Uscite fuori, usci-te! Pensate anche a quello che dice l’Apocalisse. Dice una cosa bella: che Gesù è alla porta e chiama, chiama per entrare nel nostro cuo-re (cfr Ap 3,20). Questo è il senso dell’Apocalisse. Ma

fatevi questa domanda: quante volte Gesù è dentro e bussa alla porta per uscire, per uscire fuori, e noi non lo lasciamo uscire, per le nostre sicurezze, perché tante volte siamo chiusi in strutture cadu-che, che servono soltanto per farci schiavi, e non liberi figli di Dio? In questa “uscita” è importante andare all’incontro; questa parola per me è molto importante: l’incontro con gli altri. Perché? Perché la fede è un incontro con Gesù, e noi dobbiamo fare la stessa cosa che fa Gesù: incontrare gli altri. Noi viviamo una cultura dello scontro, una cultura della frammentazione, una cultura in cui quello che non mi serve lo getto via, la cultura dello scarto. Ma su questo punto, vi invito a pensare – ed è parte della crisi – agli anziani, che sono la saggezza di un popolo, ai bambini… la cultura dello scarto! Ma noi dobbiamo andare all’incontro e dobbiamo creare con la nostra fede una “cultura dell’incontro”, una cultura dell’amicizia, una cultura dove troviamo fratelli, dove possiamo parlare anche con quelli che non la pensano come noi, anche con quelli che han-no un’altra fede, che non hanno la stessa fede. Tutti hanno qualcosa in comune con noi: sono immagini di Dio, sono figli di Dio. Andare all’incontro con tutti, senza negoziare la nostra appartenenza. E un altro punto è importante: con i poveri. Se usciamo da noi stessi, troviamo la povertà. Oggi – questo fa male al cuore dirlo – oggi, trovare un barbone morto di freddo non è notizia. Oggi è notizia, forse, uno scandalo. Uno scandalo: ah, quello è notizia! Oggi, pensare che tanti bambini non hanno da mangiare non è notizia. Questo è grave, questo è grave! Noi non possiamo restare tranquilli! Mah… le cose sono così. Noi non possiamo diventare cristiani inamida-ti, quei cristiani troppo educati, che parlano di cose teologiche mentre prendono il tè, tranquilli. No! Noi dobbiamo diventare cristiani coraggiosi e andare a cercare quelli che sono proprio la carne di Cristo, quelli che sono la carne di Cristo! Quando io vado a confessare - ancora non posso, perché per uscire a confessare… di qui non si può uscire, ma questo è un altro problema - quando io andavo a confessare nella diocesi precedente, venivano alcuni e sempre facevo questa domanda: “Ma, lei dà l’elemosina?” – “Sì, padre!”. “Ah, bene, bene”. E gliene facevo due in più: “Mi dica, quando lei dà l’elemosina, guarda negli occhi quello o quella a cui dà l’elemosina?” – “Ah, non so, non me ne sono accorto”. Seconda

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10 Sot l’orloi

Papa Francescodomanda: “E quando lei dà l’elemosina, tocca la mano di quello al quale dà l’elemosina, o gli getta la moneta?”. Questo è il problema: la carne di Cristo, toccare la carne di Cristo, prendere su di noi questo dolore per i poveri. La povertà, per noi cri-stiani, non è una categoria sociologica o filosofica o culturale: no, è una categoria teologale. Direi, forse la prima categoria, perché quel Dio, il Figlio di Dio, si è abbassato, si è fatto povero per camminare con noi sulla strada. E questa è la nostra povertà: la povertà della carne di Cristo, la povertà che ci ha portato il Figlio di Dio con la sua Incarnazione. Una Chiesa povera per i poveri incomincia con l’andare verso la carne di Cristo. Se noi andiamo verso la carne di Cristo, incominciamo a capire qualcosa, a capire che cosa sia questa povertà, la povertà del Signore. E questo non è facile. Ma c’è un problema che non fa bene ai cristiani: lo spirito del mondo, lo spirito mondano, la mondanità spirituale. Questo ci porta ad una sufficienza, a vivere lo spirito del mondo e non quello di Gesù. La domanda che facevate voi: come si deve vivere per affrontare questa crisi che tocca l’etica pubblica, il modello di sviluppo, la politica. Siccome questa è una crisi dell’uomo, una crisi che distrugge l’uomo, è una crisi che spoglia l’uomo dell’etica. Nella vita pubblica, nella politica, se non c’è l’etica, un’etica di riferimento, tutto è possibile e tutto si può fare. E noi vediamo, quando leggiamo i giornali, come la mancanza di etica nella vita pubblica faccia tanto

male all’umanità intera. (...)

4) La quarta domanda: “Davanti a queste situazioni, mi pare che il mio confessare, la mia testimonianza sia timida e impacciata. Vorrei fare di più, ma cosa? E come aiutare questi nostri fratelli, come alleviare la loro sofferenza non potendo fare nulla o ben poco per cambiare il loro contesto politico-sociale?”.Per annunciare il Vangelo sono necessarie due virtù: il coraggio e la pazienza. Loro [i cristiani che soffrono] sono nella Chiesa della pazienza. Loro soffrono e ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa; più martiri! Fratelli e sorelle nostri. Soffrono! Loro portano la fede fino al martirio. Ma il martirio non è mai una sconfitta; il martirio è il grado più alto della testimonianza che noi dobbiamo dare. Noi siamo in cammino verso il martirio, dei piccoli martìri: rinunciare a questo, fare questo… ma siamo in cammino. E loro, poveretti, danno la vita, ma la danno – come abbia-mo sentito la situazione nel Pakistan – per amore a Gesù, testimoniando Gesù. Un cristiano deve sempre avere questo atteggiamento di mitezza, di umiltà, proprio l’atteggiamento che hanno loro, confidando in Gesù, affidandosi a Gesù. Bisogna precisare che tante volte questi conflitti non hanno un’origine religiosa; spesso ci sono altre cause, di tipo sociale e politico, e purtroppo le appartenenze religiose vengono utilizzate come benzina sul fuoco.

Un cristiano deve saper sempre rispondere al male con il bene, anche se spesso è difficile. Noi cerchia-mo di far sentire loro, a questi fratelli e sorelle, che siamo profondamente uniti – profondamente uniti! – alla loro situazione, che noi sappiamo che sono cristiani “entrati nella pazienza”. Quando Gesù va incontro alla Passione, entra nella pazienza. Loro sono entrati nella pazienza: farlo sapere a loro, ma anche farlo sapere al Signore. Vi pongo la doman-da: pregate per questi fratelli e queste sorelle? Voi pregate per loro? Nella preghiera di tutti i giorni? Io non chiederò ora che alzi la mano colui che pre-ga: no. Non lo chiederò, adesso. Ma pensatelo bene. Nella preghiera di tutti i giorni diciamo a Gesù: “Signore, guarda questo fratello, guarda a questa sorella che soffre tanto, che soffre tanto!”. Loro fanno l’esperienza del limite, proprio del limite tra la vita e la morte. E anche per noi: questa esperien-za deve portarci a promuovere la libertà religiosa per tutti, per tutti! Ogni uomo e ogni donna devono essere liberi nella propria confessione religiosa, qualsiasi essa sia. Perché? Perché quell’uomo e quella donna sono figli di Dio.E così, credo di avere detto qualcosa sulle vostre domande; mi scuso se sono stato troppo lungo. Grazie tante! Grazie a voi, e non dimenticate: niente di una Chiesa chiusa, ma una Chiesa che va fuori, che va alle periferie dell’esistenza. Che il Signore ci guidi laggiù. Grazie.

A cura di Francesca Todone

PARAVANO EMILIO - Classe : 1913Nasce a Camino di Buttrio il 7 aprile del 1913, figlio di Braidotti Caterina e Paravano Guido, aveva una sorella, Emilia, del 1911.Ha frequentato fino alla quinta elementare imparando a leggere e a scrivere, appassionato di Storia ha sempre continuato a interessarsi.La famiglia Paravano era numerosa, originariamente in 35, che poi si sono divisi in tutto il Friuli. Famiglia contadina gestiva parte dei terreni della Danieli, rimase orfano all’età di due anni e fu allevano dalla zia Carolina.Visse una gioventù di gran lavoro e impegno, si arruolò nell’esercito nel 1934 e partì in guerra nel 1940, membro della fanteria combattè in Jugoslavia. Durante un combattimento nel 1942 fu ferito da una granata alla gamba e all’occhio che lo costrinse a una lunga convalescenza nell’Ospedale di Pisa. Una volta dimesso nel 1943 tornò a casa e finita la guerra fu tra i primi operai ad essere assunti nell’officina Danieli dove vi lavorò per 35 anni. Nel 1947 si sposò con Donati Argentina ed ebbe due figlie Gabriella, deceduta precocemente, e Adriana.Nominato Cavaliere della Patria rientrato dalla guerra, ha vissuto gli anni successivi lavorando strenuamente per la sua famiglia costruendo una casa dove ora vive con la figlia, genero e i nipoti Isabella e Nicola.Grazie al suo modo di essere, alla dedizione che tutti i famigliari gli prestano nella cura e specialmente la figlia Adriana che quotidianamente lo segue, è un centenario D.O.C.Persona attiva, che affronta la vita con tenacia e temperanza e un immancabile pacatezza, è testimone che semplicità e lavoro sodo portano felicità e longevità.Grazie per la presenza degli amici e parenti sempre presenti nella sua vita

Con Affetto la Famiglia

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Sot l’orloi 11Testimonianze

“Avevo diciannove anni quando ho lasciato la famiglia, con tanta sofferenza da parte di mia madre, perchè avevo altri fratelli, più piccoli e più grandi, da accudire. Però questa chiamata è stata forte, più forte degli affet-ti, più forte del sangue, più forte della carne, più forte anche della realizzazione. Sono partita per un convento che ancora oggi è fiorente, a Borgo Torinese, dalle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, una grande fondatrice francese che ha avuto il cuore aperto al servizio dei poveri senza distin-zione. Così, in que-sta comunità sono rimasta circa ven-totto anni.Dopo, dentro di me, si è sviluppa-to il desiderio forte di impegnarmi per i giovani, in modo particolare per i gio-vani che erano alla ricerca. Lo gridava-no così forte , a me sembrava che urlas-sero con la droga, addormentandosi, disperandosi, la-sciandosi morire girono dopo giorno. Volevano sapere se l’amore esiste, se la speranza c’è, se è possibile vivere la pace dentro di noi, più che fuori, se la loro storia potesse essere ricostruita, rifatta. Leggevo questo nei volti e nelle scelte sbagliate dei giovani. Ho chiesto e richiesto tante volte ai mie superiore, i quali comunque avevano ragione quando i dicevano che andavo nell’incognita, che non ero preparata, che non avrei potuto farlo: tutte cose che mi facevano solo attendere, soffrire e pregare. Per me è stato come un fuoco dentro, un’agonia nell’attesa di come avrebbe sviluppato lo Spirito Santo quello che dentro di me sui muoveva. Ho sofferto molto, perchè mi sembrava di perdere tempo, il tempo per Dio e il tempo per i giovani, per proteggerli, custodirli, educarli, amarli. Qualcuno mi diceva anche <Ma Elvira, perchè non esci dalla con-gregazione, così puoi fare quello che vuoi?>. Ma io non intendevo fare quello che volevo, tutt’altro. Quindi ho aspettato con tanta fiducia e speranza, ho pregato, sof-ferto, amato, finchè i superiori un giorno hanno avuto

fiducia e mi hanno detto <Va bene!>.Abbiamo così, iniziato in una casa dataci dal Comune di Saluzzo, su una collina, in comodato. Questa casa era abbandonata ed un po’ di anni e abbiamo trovato quello che si trova quando una casa è abbandonata: sterpi, rovi, porte rotte, finestre senza vetri, però abbiamo co-minciato con l’ardore, la forza e la bellezza dell’amore. L’amore era anche lì, ancora una volta più forte dei disagi, della paura, del fallimento. Poteva anche es-

sere un fallimento, ma in quel momento non ho mai pensato che potesse esserlo, perchè dentro di me c’era una forza di amore che non era solo un amore uma-no, il mio amore. Non sapevo nean-che se ero capace ad amare, però dentro di me c’era questo coraggio, questa ca-pacità di rischiare, di vedere al di là, di credere oltre ogni fallimento. Questo, adesso lo posso dire era l’amore di Dio che aveva invaso la mia volontà, la mia libertà, la mia for-za, in una debolezza

estrema. Questo per me è stato tutto un riscoprire la mia fede: ho trovato una fede concreta, incarnata, operosa, una fede rischiosa. Quando ho visto quel cancello aper-to ho tirato un grande sospiro di gioia. Mi ricordo che le viscere si sono mosse, hanno danzato: Era arrivato il momento e dentro di me c’era una pienezza di vita.Così, giorno dopo giorno, sono cominciati ad arriva-re i ragazzi. Noi sinceramente avevamo stabilito una mese per fare comunione tra noi, per pregare di più, per vivere la vita comunitaria. Invece, qualche giorno dopo, al cancello si sono affacciati tre ragazzi che ci hanno chiesto:<E’ questa la comunità per drogati?>. Noi non avevamo definito la <comunità dei drogati>, ma la comunità dei giovani persi nel non senso, nella noia, nell’insicurezza, incapaci di iniziare e concludere una storia.Noi ci siamo guardate e abbiamo detto:<Drogati o non drogati, sono giovani.> e allora abbiamo detto di sì.”

Già su qualche numero addietro ho avuto modo di accennare alla mia occasionale conoscenza con Madre Elvira nella circostanza di un corso sul dialogo tenutosi in un centro religioso sul lago Albano presso Roma.

Se ricordo bene, era l’anno 1���. Con Madre Elvira ebbi subito un’empatia totale a motivo della sua spontaneità, esuberanza ed entusiasmo

nella fede. Successivamente, ci siamo incontrate poche volte per la nostra lontananza e per i reciproci impegni ma, ad ogni incontro, ci siamo riviste sempre con grande, rinnovato entusiasmo. In tutti questi anni, Madre Elvira ha avviato una molteplicità di centri in diversi stati, centri attuati per il recupero morale, prima che sociale, di giovani disadattati.

Ho pensato di sottoporre ai lettori di Sot L’Orloi lo stralcio di un’intervista a Madre Elvira appena apparsa sulla rivista “Risurrezione – pagine d’incontro con la COMUNITA’ CENACOLO – Saluzzo, nella consapevolezza che l’esempio che ne emerge possa essere di stimolo ad un autentico cammino nella fede per ciascuno di noi.

Mariolina

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12 Sot l’orloi

Letture

È iniziata l’estate che segna il tempo delle vacanze, tempo in cui poter ritagliare dei momenti da dedicare alla lettura. I testi proposti, anche se non freschi di stampa, spaziano per interesse attraverso tutte le fasce di età, accomunati da uno stesso filo conduttore: Dio nella nostra vita, cristiana, cristiana “credentema-nonpraticante” o agnostica che sia.

Il primo è “Gesù incontra” di Paolo Curtaz, riconosciuto come uno degli autori spirituali con-temporanei più interessanti che, scherzosamente, si definisce evangelizzatore free-lance. In questo libro si mette nei panni delle persone che Gesù incontrò nel suo ministero. Narrando episodi di duemila anni orsono, porta alla luce come, in realtà, Gesù resti nostro contemporaneo, poco importa se siamo cristiani devoti o agnostici dichiarati. Il tutto non come una biografia o un resoconto storico, precisa l’autore, ma come un’appassionata testimonianza di fede, per lasciarsi incontrare dalla Parola … da Dio. Perché la fede nasce sempre da un incontro. La narrativa è di-sarmante per semplicità e trasparenza, coinvolgente a tal punto da non veder l’ora di continuare la lettura. Forse proprio perché palesa, oltre all’attualità di Gesù, il grande desiderio, più o meno espresso o riconosciuto, di lasciarci incontrare da Lui nei nostri luoghi, nel nostro cuore e come questo sia davvero possibile per tutti indistintamente!

Questa è la storia di Luca Lazzarini, detto Lazzaro, alter ego del protagonista: ven-tisei anni e una vita senza colore in attesa del grande amore.Finché, con una diagnosi che non lascia scampo, tutto cambia, tutto si ridimen-siona e ciò che sembrava essenziale non lo è più: insieme all’angoscia e alla paura arriva la fede. E la fede ha il volto del sa-cerdote degli anni del catechismo, fede uscita in sordina dalla vita di Lazzaro dopo la cresima “… non per divina volontà ma per qualcosa di simile a uno sfratto …”.Questo incontro farà nascere in Lazzaro il desiderio di voler dare un senso al tempo che gli rimane, facendogli superare la pau-

ra di vivere e di morire. Proporre una sto-ria come questa può lasciare quantomeno perplessi …In realtà, pur nella sua drammaticità, è un inno alla vita che ne sottolinea la bellez-za, che insegna, anziché a lamentarci se i giorni a nostra disposizione sono pochi, a non sprecarli, a viverli intensamente, a riempirli dell’essenziale: l’amore. Insegna a vivere secondo il principio di “aggiungere vita ai giorni quando non si possono più aggiungere giorni alla vita”!È un romanzo gioioso ancorché strazian-te, un inno alla speranza, una preziosa lezione per chi ha perso di vista la bellezza del mondo.

Libro a fumetti per grandi e piccoli.

Gibì e DoppiaW sono i due personaggi ideati da Walter Kostner, dalle forme morbide e essenziali. Le loro storie sono storie semplici nelle quali a tutti viene facile immedesimarsi. Ciò che li rende speciali è che, parlandoci della vita di tutti i giorni, in un c o n t i n u o r i c h i a m o alla natura per ritrovare se stessi, p o n g o n o l’altro al centro dei propri pensieri, senza giudicare; si esprimono con poche chiare parole dando valore al silenzio; osservano per capire” prima d’agire; hanno tempi lenti e calmi, com’è dei bambini e dei saggi avere. Sono storie allegre, positive, che ci riportano all’essenziale: l’amore reciproco, l’amore per la natura, l’amore per la vita!

DM

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Sot l’orloi 13Letture

Il libro “Bianca come il latte, rossa come il sangue” fa riflettere molto sull’importanza della vita e sul non sprecare il tempo a disposi-zione che va usato al massimo per farlo fruttare. In particolare, mi ha fatto capire l’importanza della leucemia e come, ad un tratto, ti mandi sottosopra: dalle stelle alle stalle … Non bisogna sottovalutare quanto poco ci voglia per avere la vita completamente ribaltata: non sprechiamo il nostro tempo!

Maria

In “bianca come il latte rossa come il sangue” ho potuto leggere non solo una storia che definire magica è dire po-co ma anche alcune citazioni e frasi molto sentite e autentiche. Molte quelle che mi hanno colpito per i più svariati motivi come “Regalare il proprio dolore agli altri è il più bell’atto di fiducia che si possa fare”, ma quella che più mi ha affascinato e toccato nel profondo è stata la seguente: “Una vita senza sogni è un giardino senza fiori, ma una vita di sogni impossibili è un giardino di fiori finti”. Questo mi ha fatto riflettere perché effettivamente una vita in cui i sogni non esistono, in cui non ci sono ambizioni, obbiettivi da raggiungere è una vita vuota. Certo si riesce a “tirare avanti” ma non lo si fa per inse-guire un sogno. La vita è fatta anche per inseguire i sogni. Non riesci a raggiungerli? beh almeno ci hai provato, almeno non hai il rimorso di non averci mai tentato! Una vita vissuta,dunque, ad aspettare che i sogni ci raggiungano senza provare a inseguirli è come un giardino spoglio, vuoto. D’altra parte però se si parte con la consapevolezza che il sogno che si ha è un sogno impossibile, che mai si potrà realizzare anche con il massimo sforzo o la maggior forza di volontà che ci si può mettere, al-lora forse è meglio avere sogni meno ambiziosi, più veri, più realizzabili altrimenti si avrà un giardino pieno di fiori, ricco ma non vivo poiché i fiori saranno finti.

Michela

E, ultimo in ordine di presentazione, il primo romanzo di Alessandro D’Avenia: “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, che non è solo il racconto di un anno di scuola, è un testo coraggioso che, attraverso il monologo di Leo, il protagonista - ora scanzonato e brillante, ora più intimo e tormentato -, racconta cosa succede nel momento in cui nella vita di un adolescente fanno irruzione la sofferenza e lo sgomento, e il mondo degli adulti sembra non aver nulla da dire.E proprio per questo, la presentazione delle emozioni che la sua lettura ha suscitato è stata lasciata a loro: gli adolescenti, i nostri adolescenti di prima superiore.Queste le loro impressioni:

“… la malattia mi costringe a chiudere gli occhi: per il dolore, per la stanchezza. Solo poco a poco ho scoperto che a occhi chiusi vedevo di più, che sotto le palpebre chiuse tutta la bellezza del mondo era visibile, e quella bellezza sei tu, Dio. Se tu mi fai chiudere gli occhi è perché io stia più attenta quando li riapro.” Beatrice, amica del protagonista e ammalata di leucemia, riscopre la sua fede in Dio e si affida a lui. Non ha paura della morte perché sa che si tratta solo di una porta che conduce a un’altra vita. Non ha paura della morte perché sa che Dio è con lei e la protegge. Beatrice è un esempio che tutti dovremmo imitare: ci insegna che non dobbiamo fer-marci davanti alle nostre debolezze e paure oppure guardare solo il lato negativo delle cose, dovremmo invece chiudere gli occhi, contare fino a dieci e poi riaprirli e, questa volta, non per criticare ma per vedere le bellezza del mondo e affrontare la nostra vita con un sorriso!

Silvia

Mi è piaciuto tanto questo libro perché l’autore è riuscito a esprimere i sentimenti dell’amore, l’amicizia, il dolore per la morte dell’amica come li proviamo noi adolescenti...molto bella è stata anche la parte in cui Beatrice, un’amica del protagonista ammalata di leucemia, racconta di come non sia triste che da un momento all’altro si possa morire: il motivo è che lei sa che quando morirà sarà accanto a Dio e lui la accoglierà quando sarà il momento. Beatrice scrive nel suo diario: “...Sono felice perché ho un segreto con te: il segreto per toccarti, il segreto per guardarti. Caro Dio, se mi tieni abbracciata, la morte non mi farà più paura.”

Beatrice

Una delle frasi in “bianca come il latte rossa come il sangue”che mi ha colpito di piu è stata: “…STRAPPARE LA BELLEZZA OVUNQUE ESSA SIA E REGALARLA A CHI CI STA ACCANTO…” Secondo me è proprio questo il senso: dobbiamo fare tesoro e cogliere la bellezza di tutto ciò che ci viene insegnato e cercare di tra-smetterlo agli altri, al nostro prossimo.

Debora

“ … Ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. …” Come dice il protagonista Leo, noi esseri umani non possiamo vivere senza vedere un colore. Il bianco è la purezza, il silenzio, il nulla, ma anche l’insieme di tante cose, che mescolandosi, si annullano per lasciare spazio all’ordine. Il bianco è un colore che noi uomini non consideriamo tanto, ma ci sbagliamo perché rap-presenta la potenza dell’amore, un amore che non è sempre visibile con la semplice vista ma solo con il cuore. Il bianco è un colore divino. Noi possiamo pensare, con la nostra piccola mente, che Dio non ci abbandona mai e,anche se siamo nelle difficoltà, lui ci sorregge e ci porta in braccio come bambini appena nati. Il bianco è perfezione. I colori sono tutto ma sono il caos e rappresentano la nosta vita piena di insidie ma anche di cose belle.

Alessia P.

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14 Sot l’orloi

Gruppo Liturgico

Fiori di maggioIl mese di maggio appena passato è stato ricco di momenti liturgici importanti per la Chiesa e per la no-stra comunità. Il Gruppo Liturgico desidera riproporne tre in particolare:•maggio come mese mariano, con un rosario diverso da quello solitamente conosciuto e recitato, che il

gruppo ha saputo essere stato utilizzato anche nella recita di una novena dedicata a don Roberto;• l’Ascensione di nostro Signore, con la riflessione preparata dal gruppo per la messa prefestiva del sa-

bato • la Pentecoste, con le preghiere preparate dai ragazzi di prima superiore in cammino verso la Cresima.

Partiamo dal “Rosario delle lacrime della Madonna”

Corona delle lacrime della Madonna

L’8 Novembre 1929, suor Amalia di Gesù Flagellato, missionaria brasiliana del Divin Crocifisso, stava pregando offrendo sé stessa per salvare la vita di una sua parente gravemente ammalata.

Improvvisamente udì una voce: “Se vuoi ottenere questa grazia, domandala per le Lacrime di mia Madre. Tutto ciò che gli uomini mi

domandano per quelle Lacrime sono obbligato a concederlo”. Avendo la suora domandato con quale formula dovesse pregare, le fu indicata l’invocazione:

O Gesù, esaudisci le nostre suppliche e le nostre domande,per amore delle Lacrime della tua Santa Madre.

L’8 Marzo 1930, mentre stava inginocchiata davanti all’altare si sentì come sollevata e vide una Signora di meravigliosa bellezza: Le sue vesti erano color viola, un manto celeste le pendeva dalle spalle e un velo bianco le copriva il capo.

La Madonna sorridendo amabilmente, consegnò alla suora una corona i cui grani, bianchi come la neve, brillavano come il sole. La Vergine le disse:

“Ecco la corona delle mie Lacrime (..) Egli vuole che mi si onori in modo speciale con questa preghiera ed Egli accorderà a tutti quelli che reciteranno questa Corona e lo pregheranno in nome delle mie Lacrime,

grandi grazie. Questa corona servirà ad ottenere conversione di molti peccatori e in modo particolare quella dei seguaci dello spiritismo. (..) Il demonio sarà vinto con questa Corona e il suo impero infernale sarà

distrutto.”

La corona fu approvata dal Vescovo di Campinas. E’ composta da 49 grani, divisi in gruppi di 7 e separata da 7 grani grossi, e termina con 3 grani piccoli.

Preghiera iniziale:

O Gesù, nostro Divino Crocifisso, inginocchiati ai tuoi piedi noi ti offriamo le Lacrime di Colei che ti ha accompagnato sulla via del calvario, con amore così ardente e compassionevole.

Esaudisci, o buon Maestro, le nostre suppliche e le nostre domande per l’amore delle Lacrime della tua Santissima Madre.

Accordaci la grazia di comprendere gli insegnamenti dolorosi che ci danno le Lacrime di questa buona Madre, affinché noi adempiamo sempre la tua santa Volontà sulla terra e siamo giudicati degni di lodarti e glorificarti eternamente in

cielo. Amen.

Sui grani grossi:

O Gesù ricordati delle Lacrime di Colei che ti ha amato più di tutti sulla terra, e ora ti ama nel modo più ardente in cielo.

Sui grani piccoli ( 7 grani ripetuti per 7 volte )

O Gesù, esaudisci le nostre suppliche e le nostre domande,per amore delle Lacrime della tua Santa Madre.

Alla fine si ripete per tre volte:

O Gesù, ricordati delle Lacrime di Colei che ti ha amato più di tutti sulla terra.

Preghiera conclusiva:

O Maria, Madre dell’Amore, Madre di dolore e di Misericordia, noi ti domandiamo di unire le tue preghiere alle nostre, affinché il tuo divin Figlio, al quale noi ci rivolgiamo con confidenza, in virtù delle tue Lacrime, esaudisca le nostre

suppliche e ci conceda, oltre le grazie che gli domandiamo, la corona della gloria nell’eternità.Amen.

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Sot l’orloi 1�Gruppo Liturgico

Oggi la chiesa celebra la festa del-l’Ascensione: Gesù lascia definitiva-mente questa terra e se ne va al cielo. Chi rimane quaggiù? I suoi apostoli, noi! Lui non c’è più ma ci siamo noi. Noi siamo i nuovi Gesù. È questa la sorpresa! Sorpresa che sbalordisce persino gli apostoli che Gli chiedono: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostruirai il regno per Israele?”. Loro che, provati e rinati, prima amareggiati e ora ristabiliti nella speranza, già si vedono alla destra del Signore, mini-stri del nuovo Regno di Dio e, invece, ascoltano Gesù che sorride, promette lo Spirito Santo e se ne va. Finisce il suo tempo, ha compiuto la sua missio-ne, ora sta a loro, agli apostoli, conti-nuare. Ora ci siamo noi! Gesù se ne va e ci lascia la Chiesa! E se Gesù avesse voluto dirci qualco-sa di nuovo? Di inatteso? Se davvero nei progetti di Dio ci fossimo noi? Noi, come nuovo volto di Gesù per le persone che incontriamo sulla nostra strada.L’ascensione cambia la nostra idea di Dio. Non più un Dio che regna sovra-no e ripiana i problemi, supera le dif-ficoltà. No. Il Dio presente, il Dio in cui crediamo è il Dio che affida, che sì accompagna ma affida il cammino del vangelo alla fragilità della sua Chiesa.

Il Regno sperato dagli apostoli oc-corre costruirlo, la nuova dimensione voluta dal Signore non è magica ma pazientemente intessuta da ognuno di noi. L’ascensione segna la fine di un momento, il momento della disperata ricerca di Dio con la rassicurazione, da parte di Dio stesso, della sua bontà e della sua vicinanza. Ora è il tempo del costruire relazioni e rapporti a parti-re dal sogno di Dio che è la Chiesa: comunità di fratelli e sorelle radunati nella tenerezza e nella franchezza nel Vangelo. Accogliamo allora l’invito degli angeli: smettiamola di guardare tra le nuvole cercando il barlume della gloria di Dio e, piuttosto, vediamo

questa gloria disseminata nella quoti-dianità di ciò che siamo e viviamo. Il Signore ci dice che è possibile qui e ora costruire il suo Regno.L’ascensione segna l’inizio della Chiesa, l’avvio di una nuova avventura che vede noiprotagonisti. Staremo ancora a naso in su a scrutare gli astri? A implorare un intervento divino? O non vedre-mo, piuttosto, questa presenza segnata nella fatica dell’accoglienza, nella vita di fede, nel desiderio di un mondo più solidale da costruire giorno per giorno?Cerchiamo Dio, ora, nella gloria del Tempio che è l’uomo, tempio del Dio vivente, smettiamola di guardare le nuvole, se Dio è nel volto povero e teso del fratello che incrocio.Il Signore ci dice che è possibile qui e ora costruire il suo Regno.Dio, ora, ha bisogno di discepoli adulti, capaci di far vibrare il Vangelo nella vita, capaci di dire la fede in modo nuovo.E se la Chiesa ci ha masticato, offeso, provato, combattiamo con più forza, imitiamo i santi che convertirono la Chiesa a partire da loro stessi.(Riflessione preparata dal Gruppo Liturgico e basata sui commenti al Vangelo di Paolo Curtaz)

Ascensione 2013

Pentecoste 2013Preghiere dei ragazzi

di prima superiore

Grazie Gesù perché ci stai accom-pagnando nel nostro cammino in-contro a Te. Aiutaci a proseguire e a capire il dono importante e unico che ci darai: lo Spirito Santo. Aiutaci a divenire i Tuoi discepoli del nuovo millennio e a diffondere la fede in Te.

Gesù, Ti ringraziamo per averci fatto capire, tramite i Tuoi inse-gnamenti, che lo Spirito Santo non deve essere per noi solo un concetto astratto bensì si deve manifestare all’interno del no-stro cuore. Fa che lo Spirito Santo, sottoforma di Cresima, diventi un punto fermo e un pila-stro affinché noi concretizziamo e rinforziamo la nostra fede.

Gesù, tra un anno riceveremo lo Spirito Santo: aiutaci ad affrontare questo importante mo-mento con felicità e entusiasmo. Aiutaci a cambiare e a diffondere la Tua parola d’amore su tutta la terra.

Signore, noi Ti preghiamo e Ti ringraziamo perché ci ascolti anche se non parliamo e ci osservi anche se non Ti vediamo. Mentre ci pre-pariamo per ricevere lo Spirito Santo, magari senza pensare alla sua importanza, aiutaci a cre-dere veramente in ciò che significa e a restare sempre insieme con entusiasmo e felicità.

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1� Sot l’orloi

Vita della Comunità

Si è svolta a San Giovanni al Natisone, per i gruppi Caritas della forania, una serata condotta da Don Luigi Gloazzo sul tema sempre più grave delle povertà con cui molti de-vono fare i conti.Sappiamo tutti che, già dai tempi più remoti, i poveri ci sono sempre stati: giravano per le case a elemosinare un piatto di minestra e un posto nel-la stalla, dove passare la notte. Trovavano sempre, nei paesi in cui sostavano, qualcuno pronto a dar lo-ro una mano, perché allo-ra c’era forse più attenzio-ne verso l’altro, anche se le condizioni di vita non erano facili per nessuno, tutt’al-tro. A quei tempi non esisteva nessun tipo di tutela per queste persone, non esistevano, infatti, né casse mutue né pensioni la-vorative o sociali. Per fortuna le cose sono cambiate nel tempo e il livello di indigenza era dimi-nuito ma, in questi ultimi anni, purtroppo il livello di povertà è di nuovo salito, e non di poco.Come nascono le nuove pover-tà? L’istruzione è fondamentale: la-sciare lo studio senza portarlo a termine automaticamente ti esclude dal mondo del lavoro, che oggi richiede non solo co-noscenza, ma anche un’adeguata preparazione tecnologica. Manca il lavoro, infatti oggi l’economia è più concentrata sulla finanza che

sul lavoro vero e proprio. Nelle famiglie si concepiscono sempre meno figli, perché arrivare a fine mese per molti è quasi impossi-bile; tutto ciò ci porta a vivere in una società sempre più vecchia per cui lo Stato si trova a dover sostenere spese sempre maggiori (pensioni, cure mediche, ecc.).Per noi l’ospedale, l’asilo, lo scuo-labus, ecc. sono servizi scontati, ma quanto costano alla comuni-tà? La società di oggi è in conti-nua trasformazione e non è più esclusiva, pertanto ci presenta molti tipi di povertà: perdi il lavoro e ti chiudi in te stesso, lasciandoti andare perché man-cano i soldi, ti senti rifiutato, sfi-duciato; sei immigrato, avevi un lavoro, ti sentivi parte della so-cietà, avevi amici e ora invece non sei più forza-la-voro perché sei in esubero, quin-di perdi la tua identità.La solitudine è una delle pover-tà meno visibili, ma non per que-sto meno dolo-rosa e, purtrop-po, sempre più dilagante fra gli anziani, gli am-malati, le coppie in crisi, gli esclu-si. Noi cristiani

possiamo aiutare in mo-do concreto chi ne ha bisogno con borse spe-sa, abiti, ecc., soprattutto dovremmo dedicare loro parte del nostro tempo donandoci completamen-te e con grande parte-cipazione all’ascolto e al conforto.La sfiducia verso il siste-ma politico ha raggiunto livelli elevatissimi, crean-do in ciascuno il timo-re di un impoverimento generalizzato e quindi di grande incertezza nel do-mani.Che tipo di società vor-remmo costruire noi cri-stiani?La società è formata da

tutti, anche dai poveri, da tutti i poveri in quanto “siamo tutti fratelli” – dice il Vangelo.

La società creata da Dio non è certamente una società di “RICCHI E POVERI”.

Gruppo Caritas

RESOCONTO DI SOT L'ORLOI

Sot L'Orloi di aprile N. 139

Uscite €1.440,40Entrateabbonamenti €8.059,00

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Sot l’orloi 1�Associazioni

La Corale di Buttrio, come quasi tutti i cori della nostra re-gione, è nata come coro di Chiesa. La vecchia cantoria, che poi nel tempo ha preso il nome attuale, ha visto passare nelle proprie fila numerosi buttriesi, tanto che si può di-re che ogni famiglia può avere un suo membro o parente che ne abbia fatto parte. Una testimonianza scritta è datata 1855 e parlava di “Cantori di Buttrio”. È del 1892 una partitura musicale manoscritta delle Litanie per Processione, del maestro Raffaello Tomadini, composte per “Li Cantori di Buttrio”. Dobbiamo quindi dedurre che pur essendo un coro parrocchiale aveva a disposizio-ne un archivio di spartiti per l’accompagnamento delle messe e altre funzioni religiose, quindi coristi che erano in grado di leggere la musica. Molti direttori si sono susseguiti nel tempo e ognuno di loro ha dato la sua impronta facendo sempre crescere sia l’interesse per il gruppo sia la preparazione per svolgere al meglio il proprio servizio.

Nei primi del ‘900 è stata diretta da Geraldo Peruzzi, fino agli anni 1925/26. Negli anni a seguire il Parroco di Buttrio don Luigi Miconi ha chiamato a dirigere la Corale il maestro Luigi Garzoni, proprio per insegnare ai coristi villotte friulane ed altri canti profani, lasciando ad altro maestro l’insegnamento dei canti religiosi per l’ac-

compagnamento della liturgia.E proprio in quel periodo la Corale di Buttrio veniva invitata spesso a esibirsi nelle feste paesane perchè rappresentava una delle pochissime realtà in regio-ne con queste caratteristiche. Dopo il maestro Garzoni, vari Cappellani della Parrocchia di Buttrio si sono alternati nell’insegnamento del canto corale pur lasciando la direzione al maestro titolare.Successivamente la direzione del coro è stata affidata al prof. Corrado Gatti, insegnante di italiano presso l’Istituto Malignani di Udine. Il prof. Gatti nel breve periodo che ha diretto la Corale, ha continuato con il repertorio di Luigi Garzoni dandogli una importante im-pronta artistica per quel tempo. Dopo di lui Gino Rodaro ha diretto la compagine corale fino al 1976, anno in cui l’ha presa

in carico il Parroco di Buttrio don Giulio Gherbezza dirigendolo fino al 1984.Da esperto musicista don Giulio ha dato alla Corale una

svolta molto importante, affinando il modo di cantare e con un repertorio, soprattutto religioso, molto sofisticato. Durante questi periodi la Corale si è avvalsa della collabo-razione dell’organista Luigi Delle Case ( Vigi Organist).Don Giulio ha passato il testimone al giovane brillante Maurizio Degani, diplomato in organo e clavicembalo che l’ha diretta per molti anni. L’attuale maestro Massimo De Vitor ha fatto fare alla Corale un ulteriore passo avanti avvalendosi anche di collaborazioni con altri cori della regione e partecipando a molti progetti musicali anche di alto livello nell’ambito regionale.Come si può vedere la Corale di Buttrio, in quest’ultimo secolo, ha scritto la sua storia, che è andata ad intrecciarsi con quella della nostra Comunità, nell’ambito della quale continua a scrivere pagine di cultura musicale, cercando di condividerle con i buttriesi che l’hanno sempre seguita con interesse e passione.

Il presidente Giuseppe Panunto.

La Corale, diretta da Luigi Garzoni, a Udine nel 1935

La Corale diretta da Maurizio Degani

L’attuale direttore Massimo De Vitor

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1� Sot l’orloi

Bilancio parrocchiale1.0 ENTRATE CASSA ORDINARIA ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2010

1.1 OFFERTE DURANTE CELEBRAZIONI 11.030,83 11.691,74 13.973,36

1.2 OFFERTE PER SOST. CLERO (ex quartese) 1.010,00 1.675,00 2.025,00

1.3 RENDITE FINANZIARIE (interessi su c/c bancari) 268,18 361,07 329,86

1.4 BOLLETTINO PARROCCHIALE (da distribuzione) 8.541,50 9.352,17 8.994,00

1.5 OFFERTE IMPERATE E BENEFICENZA 600,00 1.021,77 1.660,00

1.6 OFFERTA PRO-CHIESA DA PRIVATI 8.115,56 7.125,00 47.098,18

1.7 AUDITORIUM - RIMBORSO SPESE 2.578,50 1.886,00 1.450,00

1.9 OFFERTE DA ENTI E SOCIETÀ 600,00 1.300,00 2.000,00

1.10 ALTRI PROVENTI 171,00 282,63 3.150,00

1.11 PARTITE DI GIRO 0,00 0,00

Totale entrate ordinarie 32.915,57 34.695,38 80.680,40

2.0 USCITE CASSA ORDINARIA ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2010

2.1 SPESE DI CULTO 4.065,51 4.307,87 4.854,07

2.2 SOSTENTAMENTO CLERO (quota per parroco € 648,00) 780,00 1.296,00 1.296,00

2.3 CONSUMI ENERGETICI (acqua, luce, gas e telefono) 10.661,60 11.208,96 8.978,21

2.4 ASSICURAZIONI 2.584,04 4.326,42 4.326,42

2.5 BOLLETTINO PARROCCHIALE 5.798,00 11.146,72 7.378,80

2.6 OFFERTE IMPERATE - BENEFICENZA - CARITÀ 600,00 750,50 1.660,00

2.7 UFFICIO PARROCCHIALE 154,04 109,50 499,30

2.8 GESTIONE AUDITORIUM 3.560,83 3.814,82 4.109,55

2.9 MANIFESTAZIONI CULTURALI VARIE 0,00 0,00 1.000,00

2.10 PERIODICI E PUBBLICAZIONI 596,22 818,90 674,65

2.11 ACQUISTI E MANUT. ARREDI ATTREZZ. MACCHIN. IMPIANTI 372,33 2.159,83 4.971,20

2.12 TASSE VARIE 141,13 155,60 333,00

2.13 INTERESSI PASSIVI E COMPETENZE BANCARIE 273,50 324,10 326,60

2.14 SPESE GENERALI 4.931,25 5.583,02 5.567,88

2.15 MANUTENZIONI E PULIZIE 400,88 680,27 757,64

2.16 PARTITE DI GIRO - - -

Totale uscite ordinarie 34.919,29 46.682,51 46.733,32

3.0 ENTRATE CASSA LAVORI STRAORDINARI ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2010

3.1 RACCOLTA PRO OPERE PARROCCHIALI 13.862,00 16.644,98 14.132,40

3.2 CONTRIBUTI VARI PER PESCA BENEFICENZA/LOTTERIA 6.360,35 7.765,71 5.348,50

3.3 OFFERTE DA ENTI /SOCIETÀ E DA PRIVATI 0,00 0,00 1.000,00

3.4 CONTRIBUTI DA ENTI 10.395,00 10.393,19 10.393,19

3.5 MUTUO VENTENNALE - - -

Totale entrate cassa lavori straordinari 30.617,35 34.803,88 30.874,09

4.0 USCITE CASSA LAVORI STRAORDINARI ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2010

4.1 LAVORI STRAORDINARI E RESTAURI 1.890,00 14.020,00 16.000,00

Restauri e spese lavori straordinari chiese

Casa canonica e Casa Gioventù

4.2 AMMORTAMENTO MUTUO CAMPANILE 10.925,75 10.925,75 23.951,32

quota interesse rate mutui (€ 4.865,78)

quota capitale rate mutui (€ 6.059,97)

Totale uscite cassa lavori straordinari 12.815,75 24.945,75 39.951,32

5.0 RIEPILOGO GENERALE ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2010

5.1 SALDO INIZIALE CASSA - BANCHE AL 1° GENNAIO 88.576,27 90.705,27 65.835,42

5.2 TOTALE ENTRATE CASSA ORDINARIA 32.915,57 34.695,38 80.680,40

5.3 TOTALE USCITE CASSA ORDINARIA -34.919,29 -46.682,51 -46.733,32

5.4 TOTALE ENTRATE CASSA LAVORI STRAORDINARI 30.617,35 34.803,88 30.874,09

5.5 TOTALE USCITE CASSA LAVORI STRAORDINARI -12.815,75 -24.945,75 -39.951,32

5.6 Situazione Cassa-Banche al 31 dicembre 104.374,15 88.576,27 90.705,27

5.7 RESIDUO PASSIVO MUTUI BANCARI AL 31 DICEMBRE -101.037,63 -107.097,60 -113.157,57

Situazione patrimoniale 3.336,52 -18.521,33 -22.452,30

6.0 DETTAGLIO OFFERTE IMPERATE E PER ALTRI SCOPI ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2010

6.1 OPERE DIOCESANE 155,00 155,00 155,00

6.2 CATTEDRATTICO 35,00 35,00 35,00

6.3 PRO SEMINARIO (contributo parrocchiale) 132,00 780,00 780,00

6.4 RIVISTA DIOCESANA 35,00 35,00 35,00

6.5 PRO-MISSIONI (GIORNATA MISSIONARIA) 600,00 750,50 610,00

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Sot l’orloi 1�Vita della Parrocchia

SOT L'ORLOIPeriodico Trimestrale

della ComunitàParrocchiale di Buttrio

Nicola Cossar direttore responsabileAut. Trib. di Udine

n. 14/�3 del 2�/0�/1��3

Fotocomposizione e stampa:Tecno Copy Buri - Buttrio (UD)

Fa sempre piacere ricordare la fede ed il voto fatto dai nostri lontani antenati prima di iniziare a parlare dell’annuale pellegri-naggio a Castelmonte che le comunità di Buttrio ed Orzano hanno ottemperato anche quest’anno salendo (chi a piedi, chi in

macchina e chi in pullman), al santuario mariano il 12 maggio scorso.La cerimonia è stata allietata quest’anno dalla con-fortante e gioviale presenza dei ragazzi di prima superiore che si sono uniti al gruppo dei fedelissimi per i quali è assolutamente proibito mancare a questo annuale appuntamento primaverile. Ognuno di noi porta davanti alla Madonna, in questa occasione di preghiera, le riflessioni personali, le gioie, i traguardi raggiunti, le proprie preoccupazioni, i dolori ed i ricordi meno belli e chiede nella fede conforto e sostegno per affrontare con spirito miglio-re il futuro. E’ un momento per ricaricarsi e ripartire con più slancio.Naturalmente non si può dimenticare, dopo la ceri-monia, il tanto atteso spuntino sul piazzale del san-tuario dove un organizzatissimo e collaudato gruppo dei partecipanti di casa nostra offre a tutti formaggio, salame, dolci (tanti e svariati), bibite e vino dei nostri colli, coinvolgendo nel breve momento di conviviali-tà anche i più restii. Arrivederci a tutti al prossimo anno, sempre la secon-da domenica di maggio.

Processione e salita al santuario

I ragazzi di 1a superiore che hanno animato la celebrazione, ritratti nella piazzetta/sagrato del pozzo subito sotto la Chiesa

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BATTESIMIIl 14-04-2013 nella Chiesa di S. Maria Assunta ha ricevuto il dono della vita nuova Meroi Majco di Massimiliano e Purinan Micaela.Il 2�-0�-2013 in S. Maria Assunta è entrato a far parte del popolo di Dio Mottola Mattia di Lorenzo e Campesi Annachiara.

MATRIMONIL'11-0�-2013 nella chiesetta dei SS. Gervasio e Protasio si sono giurati eter-no amore Palmino Carlo e Vadalà Francesca.Il 01-0�-2013 nella chiesetta dei SS. Gervasio e Protasio hanno celebrato il Sacramento del Matrimonio Asquini Riccardo e Degano Alessandra.Il 0�-0�-2013 nella chiesetta dei SS. Gervasio e Protasio hanno iniziato il cammino verso una vera comunio-ne di vita Sacilotto Simone e Tigani Loredana.

DEFUNTIIl 02-03-2013 all'Ospedale di Udine si è spenta Beltrame Giovanna ved. Miani, di anni �1.Il 2�-03-2013 all'Ospedale di Udine ha concluso il suo cammino terreno Paravano Anna in Potocco, di anni �3.Il 30-03-2013 all'Ospedale di Udine è morto De Martin Ercole, di anni �3.Il 04-04-2013 alla Zaffiro di Martignacco ha concluso i giorni terreni Buratti Giuliano, di anni �2.Il 0�-04-2013 a Garbagnate (MI) dopo un lungo cammino di sofferenza, si è spento Portanova Roberto, di anni ��.Il 12-04-2013 nella sua casa di via Bassa 1� ha consegnato la sua vita nelle mani di Dio Bratta Carino, di anni ��.Il 20-04-2013 nella sua casa di via Udine 21/2 improvvisamente è venuto a man-care Vidoni Marco, di anni 4�.Il 13-0�-2013 alla Casa per Anziani di Cividale del Friuli è deceduat Macorig Tersilla ved. Zuccolo, di anni �0.

Il 23-0�-2013 in casa in via Miani � ha concluso la sua esistenza terrena Meroi Carmen ved. Trevisan, di anni �4.Il 24-0�-2013 all'Ospedale di Cividale del Friuli si è spento Vanin Carlo, di anni ��.Il 2�-0�-2013 all'Ospedale di Gallarate (VA) è morto Cecotti Vittorino, di anni �3.

CAMINO

BATTESIMIIl 1�-0�-2013 nella Chiesa dei SS. Giacomo e Bartolomeo Apostoli ha ricevuto il Sacramento del Battesimo Zuiani Vittoria di Daniele e D'Angela Giuseppina.

DEFUNTIIl 0�-04-2013 all'Ospedale di Udine si è spento Canciani Andriano, di anni ��.

PARROCCHIA "SANTA MARIA ASSUNTA" - Via Roma, 12 - 33042 Buttrio UD LOTTERIA DI BENEFICENZA 2013

PER ATTIVITÀ' SOCIALI E RICREATIVE PARROCCHIALI ESTRAZIONE: MERCOLEDÌ 1° MAGGIO 2013 - ORE 11:00

2556 1° VIAGGIO WEEK-END CAPITALE EUROPEA PER 2 PERSONE 1944 2° PREMIO TABLET Samsung GALAXIE offerto da IDROTERMICA BUTTRIO

841 3° PREMIO MACCHINA CAFFÉ De Longhi offerto da TONELLO SPA - Buttrio 894 4° PREMIO CESTO SPECIALITÀ FRIULANE offerto da ERMES FUNGHI - Buttrio

3107 5° PREMIO CENA PER 2 PERSONE offerta dalla Locanda AL CASTELLO - Buttrio 2630 6° CESTO PRODOTTI GASTRONOMICI offerto da Az. Agr. SIONI PAOLO - Buttrio 1867 7° INGRESSO PER 2 PERSONE offerto da LE CLAMA - Centro Benessere - Buttrio 1390 8° CENA PER 2 PERSONE offerta dal Ristorante AL PARCO - Buttrio 3162 9° CENA PER 2 PERSONE offerta dal Ristorante AL PARCO - Buttrio 1312 10° CESTINO DI MIELE offerto dagli APICOLTORI di Buttrio 3627 11° BUONO SPESA offerto da BAR BIANCO - Buttrio 3641 12° FODERINE AUTO offerte da Officina VISINTINI - Buttrio 1263 13° CENA PER 2 PERSONE offerta dalla Trattoria DE CECCO - Buttrio 3517 14° CESTO PRODOTTI GASTRONOMICI 4231 15° BUONI ABBIGLIAMENTO offerti da DREAMS - Buttrio 3117 16° SET 3 TOVAGLIE offerto da Bravi Buttrio

363 17° BUONO SPESA offerto da ANTICO GUSTO - Buttrio 1073 18° BUONI TAGLIO CAPELLI offerti da NEW LOOK - Buttrio 4499 19° BUONI TAGLIO CAPELLI offerti da ANTEPRIMA UOMO - Buttrio 1530 20° TROUSSE COSMETICI

865 21° CONFEZIONE offerta GRUPPO CARITAS - Buttrio 2213 22° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO" 2471 23° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO" 3726 24° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO"

813 25° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO" 2518 26° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO" 2032 27° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO" 1134 28° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO"

119 29° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO" 2333 30° CONFEZIONE VINO offerto dalle "CANTINE DI BUTTRIO"

I premi potranno essere ritirati telefonando al n. 0432 673142 ore pasti entro e non oltre domenica 30/06/2013.ALLEGATO N° I - AL PROCESSO VERBALE DI ESTRAZIONE DELLA LOTTERIA

(art 14, c.8 del D.P.R. 430/2001) denominata "Lotteria a premi"