44
Il Magnificat CANTO DI LODE AL SIGNORE PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT Il Magnificat CANTO DI LODE AL SIGNORE 95 I 2008 PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT In caso di mancato recapito, restituire a “Venite e Vedrete” c/o Adria Maffei Nazzaro, Via Antonio Cesare Carelli, 15/i - 71100 Foggia - una copia 4,50 Euro. Periodico - Poste Italiane Sped. in Abb. Post. art. 2 comma 20/c legge 662/96 Foggia CPO

PERIODICO UFFICIALE DEL - s451bf243361e970c.jimcontent.com · salmi, come: “Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici, anima mia, il Signore”

Embed Size (px)

Citation preview

Il MagnificatCANTO DI LODE AL SIGNORE

PERIODICO UFFICIALE DELRINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNSA CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

Il MagnificatCANTO DI LODE AL SIGNORE

95•I •2008

PERIODICO UFFICIALE DELRINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNSA CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

In c

aso

di m

anca

to r

ecap

ito, r

estit

uire

a “

Ven

ite e

Ved

rete

” c/

o A

dria

Maf

fei N

azza

ro, V

ia A

nton

io C

esar

e C

arel

li, 1

5/i -

711

00 F

oggi

a -

una

copi

a 4,

50 E

uro.

Per

iodi

co -

Pos

te It

alia

ne S

ped.

in A

bb.P

ost.

art.

2 co

mm

a 20

/c le

gge

662/

96 F

oggi

a C

PO

PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

Periodico ufficiale del Rinnovamento nello Spirito Santoal servizio delle Comunità,non vuol essere una rivista riservataad una cerchia ristretta di lettori,ma si propone di essere:

una voce profetica per annunciare ciò che il Signoresuggerisce alle Comunità del RnS,che ha suscitato all’interno della sua Chiesa;

un servo fedele della specifica vocazionecomunitaria carismatica,attento ad approfondire i contenutispecifici del RnS;

un ricercatore scrupoloso delle ricchezzedella spiritualità della Chiesa:dai Padri al recente Magistero;

un agile mezzo spirituale di collegamentoed uno strumento di unità per presentarevita, fatti, testimonianze delle varie Comunità del RnSal fine di accrescere la conoscenza e la reciproca stima;

una finestra perennemente apertasulle realtà comunitarie carismatichedi tutto il mondo per ammiraree far conoscere le meraviglie che il Signorecontinua a compiere in mezzo al suo popolo.

Direttore responsabileOreste Pesare

CaporedattoreDon Davide Maloberti

Collaboratori di redazioneGiuseppe BentivegnaAlessandro Cesareo

Tarcisio MezzettiAntonio MontagnaGiuseppe Piegai

Comunità CorrispondentiLe Comunità

del Rinnovamento nello Spirito Santo

Direzione Via Londra, 50 - 00142 Roma

Tel. e Fax 06.5042847

RedazioneVia Vescovado, 5 - 29100 Piacenza

Tel. 0523.325995 - Fax 0523.384567email: [email protected]

Segreteria e servizio diffusionec/o Adria Maffei e Giuseppe A. Nazzaro

Via Antonio Cesare Carelli, 15/i - 71100 Foggiatel. 0881.613713 - Fax 0881.561723

Resp. AmministrativoFederica De Angelis

IconografiaArchivio Venite e VedreteArchivio Il Nuovo Giornale

Progetto grafico e StampaGrafiche Grilli

ProprietàRivista trimestrale di proprietà

dell’Associazione Venite e VedreteAut. Trib. di Foggia n. 435 del 5/10/1998

QUOTE ABBONAMENTO 2006(diritto a quattro numeri)

Ordinario 15,00Straordinario 30,00Sostenitore 60,00Estero (Europa) 20,00Estero (altri Paesi) 28,00

Vanno inviate a:

C/C postale 16925711 intestato a:Associazione “Venite e Vedrete”c.p. - 71016 San Severo - Foggia

In copertina: Pinturicchio, “Annunciazione” (particolare) Affresco della Cappella Baglioni nella chiesa di Santa Maria Maggiore, Spello (Perugia)

1Venite e Vedrete 95 - I - 08

34 812 152028

3036

24

EDITORIALE

VOGLIO VIVERE CANTANDO AL MIO DIOOreste Pesare

IL MAGNIFICAT: CANTO DI LODE AL SIGNOREResponsabili generali della Comunità Magnificat

LO SPIRITO SANTO MAESTRO DELLA LODEGeorg Sandhof

LA LODE COME SCELTA DI VITAMaria Rita Castellani

LE «QUATTRO PROMESSE» SEGNO D’AMORE PER UN’ALLEANZA VERATarcisio Mezzetti

LA SPERANZA CHE DISTINGUE I CRISTIANIa cura di don Davide Maloberti

IL “MAGNIFICAT”: LA LODE EROMPE DALLA PIENEZZA DEL CUORETarcisio Mezzetti

FA’ DELLA TUA VITA UN CANTO DI LODEIntervista a Kim Collins

a cura di Antonio Montagna

FILOCALIA CARISMATICA

CARISMI PRIVATI E CARISMI ASSEMBLEARIGiuseppe Bentivegna S.J.

TESTIMONIANZE

CONSACRATI PER LA COMUNITÀa cura di Alessandro Cesareo

SOMMARIO

2

Il Magnificat: canto di lode al Signore

PREGHIAMO

Maria, Madre del sì, tu hai ascoltato Gesù e conosci il timbro della sua voce e il battito del suo cuore.

Stella del mattino, parlaci di Lui e raccontaci il tuo cammino per seguirlo nella via della fede.

Maria, che a Nazareth hai abitato con Gesù,imprimi nella nostra vita i tuoi sentimenti,la tua docilità, il tuo silenzio che ascolta

e fa fiorire la Parola in scelte di vera libertà.

Maria, parlaci di Gesù, perché la freschezza della nostra fedebrilli nei nostri occhi e scaldi il cuore di chi ci incontra,

come Tu hai fatto visitando Elisabetta che nella sua vecchiaia ha gioito con te per il dono della vita.

Maria, Vergine del Magnificat, aiutaci a portare la gioia nel mondo e, come a Cana,spingi ogni giovane, impegnato nel servizio ai fratelli,

a fare solo quello che Gesù dirà.

Maria, poni il tuo sguardo sull’Agorà dei giovani,perché sia il terreno fecondo della Chiesa italiana.Prega perché Gesù, morto e risorto, rinasca in noi

e ci trasformi in una notte piena di luce, piena di Lui.

Maria, Madonna di Loreto, porta del cielo,aiutaci a levare in alto lo sguardo.

Vogliamo vedere Gesù. Parlare con Lui.Annunciare a tutti il Suo amore.

Benedetto XVI

Con Maria, in dialogo con Gesù

Preghiera pronunciata all’udienza generale del 14 febbraio 2007, in vista dell’incontro con i giovani italiani a Loreto nel settembre dello stesso anno.

Voglio vivereCANTANDO AL MIO DIO

Ricordo come all’inizio del mio cammino spirituale erosempre pieno di gioia. Il Signore veramente mi aveva salva-to dal buio e dalla vacuità della mia vita.

Sempre mi ritrovavo a cantare inni di gioia a quel Gesùche consideravo mio salvatore e mio liberatore. Anche du-rante gli incontri di preghiera non riuscivo a tacere, a non al-zare al cielo le mie mani, chiudere gli occhi e tuffarmi nellalode corale della comunità, che sembrava congiungere il cie-lo con la terra.

Sempre ho pensato che Maria avesse pregato così e cheil suo Magnificat non era stato solo la preghiera di un mo-mento, ma il suo modo normale di pregare.

Chiunque abbia fatto una vera esperienza dello Spirito,non può non sentire vibrare il cuore al solo sentir parlare deldono grande della lode. Chi di noi, infatti, non ricorda i libri«pentecostali» che hanno formato più di una generazione di«carismatici rinnovati» di ogni confessione cristiana ed ancoraoggi fanno scuola riguardo alla vita di lode: «la potenza dellalode», «dalla prigione alla lode», «c’è dinamite nella lode», el’insegnamento, semplice e potente, in essi contenuto!

Con l’esperienza della Pentecoste, dunque, sembra scatu-rire dal nostro cuore un atteggiamento di gioia che ti trasfor-ma letteralmente la vita. Non ha più importanza se la quoti-dianità ti si presenta dinanzi in tutte le sue difficoltà ed ama-rezze. La certezza che Dio è vivo ed è presente concreta-mente nella tua vita ti regala una forza, una potenza capacenon solo di farti affrontare ogni ostacolo con rinnovato vigo-re, bensì – lo possiamo ben testimoniare – la «potenza» delloSpirito è capace di fare letteralmente miracoli.

Questo stravolgimento di mentalità e di cuore è così veroper coloro che vivono «nello» Spirito e «per» lo Spirito, che tranoi parliamo tranquillamente perfino di un “sacrificio di lo-de” (cf. Sal 50,14.23; Eb 13,15), che consiste nell’innalzare rin-graziamenti e lodi a Dio già prima di vedere i risultati spera-

ti dalla nostra preghiera. Sappiamo che tale tipo di preghierapiace così tanto al nostro Dio che, come conseguenza, mol-to spesso vediamo veramente accadere miracoli inaspettatiattorno a noi come guarigioni, conversioni e riconciliazioniche si ritenevano impensabili: “… nulla – infatti – è impossi-bile a Dio” (Lc 1,32)… come disse l’angelo a Maria all’annun-ciazione.

Infatti, colui che vive cantando il proprio Magnificat, nonpone tanto lo sguardo del cuore su ciò che il mondo vede….Il cuore dei cantori di Dio s’innalza sulle nubi del cielo, con-templando la realtà dell’eternità.

Proprio oggi che scrivo queste righe – 19 dicembre 2007– si sono celebrati a Perugia i funerali del nostro caro fratel-lo di comunità Moreno Tini, che ieri ci ha lasciato per torna-re alla casa del Padre. Beh, quando parlo del cantare una lo-de a Dio con la vita, mi vien facile pensare a lui. Chi lo ha co-nosciuto, può testimoniare con forza quanto Moreno sia sta-to un «giubilo» per il nostro Dio. Eppure, sappiamo pure be-ne che la sua vita è stata tutt’altro che facile, e che insieme amille benedizioni egli ha vissuto nella gioia anche i momen-ti di difficoltà, fino ad accettare e «sposare» con letizia, negliultimi anni, la malattia ed il declino della vita.

Io ho incontrato Moreno per l’ultima volta di persona loscorso 1 novembre, festa di tutti i Santi, quando il Signorestesso ci ha inventato un incontro per celebrare insieme l’Eu-caristia a casa sua. Con i responsabili generali della Comunitàc’era anche qualche amico, insieme ad Anna, la sua sposa, ela mamma di lei. Credo proprio che il ricordo di quel mo-mento di paradiso rimarrà indelebile nel mio cuore.

La lode, cantata e vissuta – dunque – ti trasforma…. Tifa vivere con i piedi sulla terra ed il cuore e la mente nelcielo. Anch’io voglio vivere così… voglio vivere cantando almio Dio.

Oreste Pesare

3

EDITORIALE

Venite e Vedrete 95 - I - 08

Il MagnificatMagnificare il Signore

ed esultare in Dio

Il termine Magnificat provienedalla prima parola del cantico di Ma-ria in latino: “Magnificat anima meaDominum”. Esso è subito seguito, alversetto successivo, dal verbo «esul-tare». I due verbi esprimono unoslancio di lode e di riconoscenza daparte di Maria e di tutto Israele, perla salvezza operata dal Signore nellastoria e compiuta nella venuta delMessia. Tutto il cantico, quindi, findalle sue frasi introduttive, è postosotto il segno di una lode intensa daltono gioioso: “L’anima mia magnifi-ca il Signore e il mio spirito esulta inDio mio salvatore” (Lc 1, 46-47).

Il Magnificat è un inno intessutodi termini e di tematiche veterotesta-mentarie; per comprenderlo inprofondità dobbiamo quindi acco-starlo prima di tutto ai cantici delledonne di Israele che esaltarono legesta e la misericordia di Dio:Miryam, sorella di Mosè, che condu-ce le danze dopo il passaggio delMar Rosso (Es 15, 20-21); Debora,giudice d’Israele, che dopo la disfat-ta dell’esercito di Sisara, prorompe inun canto di vittoria (Gdc 5, 2-31);Giuditta, che dopo la vittoria su Olo-ferne, intona un canto di lode e di ri-conoscenza per la liberazione di Be-

tulia (Gdt 16, 1-17); Anna, che dopola nascita del figlio Samuele innalzaun commosso cantico di ringrazia-mento al Signore che aveva esauditola sua preghiera (1 Sam 2, 1-10).Queste donne celebrano la vittoria diDio, che trova la sua piena realizza-zione in Cristo, divenendo così essestesse come un «preludio» a Maria.

Un altro accostamento ricco di si-gnificati è quello con i Salmi. Fraquesti e il Magnificat esistono somi-glianze evidenti: basti pensare alle

formule iniziali o conclusive di moltisalmi, come: “Benedici il Signore,anima mia, quanto è in me benedicail suo santo nome. Benedici, animamia, il Signore” (Sal 103, 1.22; cfr.104, 1.35).

Ma esiste un’altra somiglianza piùprofonda. Il salmista, in essi, esprimetutta la sua esperienza spirituale,spesso in occasione di un evento si-gnificativo della sua vita o di quelladella comunità. Su questa linea, ilMagnificat è il «salmo» di Maria, l’e-

4

Il Magnificat: canto di lode al Signore

CANTO DI LODE AL SIGNORE

> Responsabili generali della Comunità Magnificat

5

FOCUS TEOLOGICO

spressione cioè di tutta la sua vita, ilsenso che Maria stessa ha dato allasua storia con Dio.

Dal punto di vista della struttura,il Magnificat è costituito da un’intro-duzione (Lc 1, 46-47) alla quale se-gue il corpo dell’inno, diviso in dueparti, che manifesta la motivazionedella lode. La prima parte (Lc 1, 48-50) è caratterizzata dalla lode di Ma-ria per quanto le è accaduto, la se-conda (Lc 1, 51-54) elenca le azionisalvifiche di Dio (ha spiegato la po-tenza, ha disperso, ha rovesciato, hainnalzato, ha ricolmato, ha rimanda-to, ha soccorso) a favore dei «piccoli»e d’Israele.

Come abbiamo visto, esso si aprecon due verbi.

Il verbo «esultare» (letteralmente:danzare, saltare di gioia) significaprovare e manifestare una gioia in-tensa che pervade e penetra tutta lapersona. Esso, nel linguaggio bibli-co, esprime di solito la gioia e il rin-graziamento a Dio per il suo agirenegli eventi di salvezza, gioia che siesprime con il canto e le danze e congrida di giubilo.

Il verbo «magnificare» significa in-vece esaltare qualcuno, celebrarlo

con lodi: letteralmente «renderlogrande». Certo, nessuno può magni-ficare Dio in senso proprio: renderlocioè più grande di quello che è (co-me accade non di rado quando si fal’elogio degli uomini). Noi possiamosoltanto riconoscere la sua grandez-za e aprire il nostro cuore a Lui: ma-gnificarlo, cioè renderlo grande nelcuore di chi lo canta. Maria ci invitaallora a fare spazio a Dio nel nostrocuore, a dargli il posto che gli spet-ta, aprendoci alla riconoscenza e al-la lode.

L’intensità di questa lode è conte-nuta nell’espressione «l’anima mia»,una espressione intensa e solenne,che non vuol dire semplicemente ilmio «io», ma «tutta la mia persona»,«tutto me stesso». Maria dunque lodail Signore con tutta se stessa, con l’in-tera sua esistenza: ella parla con tut-to il cuore, con tutta l’anima, con tut-te le forze e con tutta la mente (Lc10, 27). E questa intensità, questa lo-de, è mossa dallo Spirito. Scrive ilnoto teologo René Laurentin: A volteil verbo che qui è reso con magnifica-re, è tradotto con «celebrare», special-mente negli Atti degli Apostoli, in cuievoca la lode carismatica e profetica,

ispirata dallo Spirito Santo, quale fula glossolalia. Quando Maria “ma-gnifica il Signore”, anticipa questocarisma che ella eserciterà nella co-munità della Pentecoste. Per Maria,che era presente insieme agli aposto-li, questa lode ispirata non era unanovità; ella aveva già ricevuto unagrazia simile per lodare Dio, anchese in lingua umana e tradizionale,al momento della prima Pentecostedel Nuovo Testamento, quale fu la vi-sitazione.

La gioia biblica possiede sempreuna dimensione escatologica, è cioèl’anticipazione di quella gioia pienae definitiva che si avrà nella rivela-zione ultima della gloria di Cristo:“Rallegriamoci ed esultiamo, rendia-mo a lui gloria, perché son giunte lenozze dell’Agnello; la sua sposa èpronta” (Ap 19,7). Così anche la gioiadi Maria ha una forte dimensioneescatologica. Con la venuta del Mes-sia è iniziata la fase finale della sal-vezza di Dio: la gioia di Maria, comequella di Zaccaria e di Simeone, anti-cipa quella degli ultimi tempi. Lagioia di Dio irrompe negli schemidell’uomo e dà una nuova prospetti-va a tutte le cose.

Scrive Gianfranco Ravasi: Il Ma-gnificat è un invito a scoprire il Diodella gioia e del riso. Il Dio che al ri-so scettico e ironico di Sara (Gn 18,12-13) oppone Isacco, il figlio vivo ilcui nome significa «Il Signore ha ri-so», il Dio che con la sua sapienzadanza nella creazione “gioendo inogni istante, ponendo la sua gioia tra

La gioia biblica è sempre

anticipazione di quella gioia piena edefinitiva che si avrànella gloria di Cristo

Particolare di una vetrata del santuario della Beata Vergine Madre delle Genti diStrà di Nibbiano, in provincia di Piacenza.

i figli dell’uomo” (Pr 8, 30-31), il Dioche col Leviatan, simbolo delle ener-gie caotiche, “scherza come con unpassero, legandolo come fa un padreper le sue fanciulle” (Gb 40, 29; cfr.Sal 104, 26). Al giuoco puro e bene-volo di Dio l’uomo è invitato ad asso-ciarsi rompendo gli schemi dell’agirefrenetico ed egoistico, introducendola contemplazione, la speranza e l’a-more. […] Ed allora, secondo una de-liziosa rappresentazione di Lutero,«l’uomo giocherà con cielo e terra esole e con tutte le creature; tutte lecreature proveranno anche un pia-cere, un amore, una gioia lirica e ri-deranno con te e tu a tua volta ride-rai con loro».

Una lode personale e comunitaria

a) Lode personale (vv. 48-50) Il Magnificat comincia con il sog-

getto «io»: l’anima mia, il mio spirito.All’inizio Maria mette al centro sestessa, la sua esperienza, la sua gioia,ma poi il soggetto cambia. Dio vienemesso al centro: il mio spirito esultain Dio perché Lui ha guardato l’u-miltà, perché ha fatto grandi cose,perché la sua misericordia si stendesu quelli che lo temono. Maria gridaciò che le sta dentro per portarsi adescrivere immediatamente ciò cheDio ha fatto attraverso lei.

Papa Benedetto XVI, commen-tando il Magnificat ha detto: Il primomovimento del cantico mariano (cfr.Lc 1,46-50) è una sorta di voce soli-

sta che si leva verso il cielo per rag-giungere il Signore. Si noti, infatti, ilrisuonare costante della prima perso-na: «L’anima mia, il mio spirito, miosalvatore, mi chiameranno beata,grandi cose ha fatto in me». L’animadella preghiera è, quindi, la celebra-zione della grazia divina che ha fat-to irruzione nel cuore e nell’esistenzadi Maria, rendendola la Madre delSignore. L’intima struttura del suocanto orante è, allora, la lode, il rin-graziamento, la gioia riconoscente.Ma questa testimonianza personalenon è solitaria e intimistica, perchéla Vergine Madre è consapevole diavere una missione da compiere perl’umanità e la sua vicenda si inseri-sce all’interno della storia della sal-vezza: “Di generazione in generazio-ne la sua misericordia si stende suquelli che lo temono” (v. 50).

Questo movimento, che spostal’attenzione da Maria a Dio, fa delMagnificat un dialogo in cui si in-trecciano il progetto di Dio e il «sì» diMaria: esso è una espressione piùmatura e consapevole del «sì» pro-nunciato all’angelo. Nel canto c’èl’adesione incondizionata al pianodi Dio, l’accettazione cosciente daparte di Maria della sua missione edi tutte le prove che essa ha com-

portato e che comporterà. E questo«sì» è gioioso, dato con tutta la per-sona, con tutto il cuore. Il «sì» di unmomento è amplificato nel «sì» diuna vita.

In questo percorso di Maria pos-siamo riconoscere qualcosa del no-stro. All’inizio della storia d’amorecon Dio c’è un «sì», che non ha anco-ra compreso fino in fondo il suo pro-getto. Poi, nella fatica della sequela,questa comprensione si approfondi-sce e si completa. Ma ecco, la cosagrande è che, malgrado le fatiche ela croce, il piano salvifico di Dio ge-nera lode, speranza, un amore sem-pre più grande, il desiderio di daresempre di più. La fonte dell’amore,lungi dall’inaridirsi, si accresce.

b) Lode di tutta la comunità(vv. 51-54)Lo slancio personale di Maria ver-

so Dio non la stacca dagli uomini,ma al contrario accresce la sua soli-darietà. Così dopo aver espresso lapropria riconoscenza personale, ellala allarga ai «poveri», al piccolo «restodi Israele», poi infine ad Israele tuttointero. L’espressione: “La sua miseri-cordia si estende di generazione ingenerazione su coloro che lo temo-

6

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Nel Magnificatl’attenzione si sposta

da Maria a Dio: il progetto di Dio

si incrocia con il «sì» di Maria

7

FOCUS TEOLOGICO

no”, ha proprio questa funzione dipassaggio dalla sua esperienza per-sonale all’esperienza dei «timorati diDio» e poi di tutto il popolo. La se-conda parte del cantico è quindi unalode comunitaria. La comunità è in-vitata a lodare Dio insieme a Mariaper quello che Dio ha fatto per essa:per la sua misericordia che si esten-de su quelli che lo temono, per leprodezze del suo braccio che salva ipiccoli e umili, per il soccorso pre-stato ad Israele, per il compimentodelle promesse fatte ai padri.

Papa Benedetto XVI così com-menta: È a questo punto che si svol-ge il secondo movimento poetico espirituale del Magnificat (vv. 51-55). Esso ha una tonalità più corale,quasi che alla voce di Maria si asso-ci quella dell’intera comunità dei fe-deli che celebrano le scelte sorpren-denti di Dio.

Il Magnificat è una lode condivi-sa (P. Veyron). Una comunità che ècapace di gioire per i doni di ciascu-no, anzi di metterli in luce lodandoinsieme le grandi opere di Dio, can-ta con la sua stessa esistenza il Ma-gnificat. E questa lode comunitariatrova il massimo della sua espressio-ne nella liturgia che è entrare nel

canto che si eleva da tutte le cose(Benedetto XVI).

La nostra lode

La lettura spirituale del Magnificatci introduce al significato profondodella lode. Non più dunque «lode»come azione, come rito da compieredavanti a un Dio che accoglie bene-volmente un omaggio dovuto, ma«lode» come segno della sua presen-za e accoglienza del suo piano di sal-vezza. Non lode che «si fa», ma lodeche «si è».

Questa lode che canta nel nostrocuore e che si diffonde a tutta la no-stra vita, ci riempie del sorriso diDio. Essa diventa la nostra parteci-pazione, il nostro «sì» alla sua azione.Ci troviamo non solo a lodare Dioper la salvezza sperimentata, ma apartecipare all’opera per la quale lolodiamo, diventando noi stessi sal-vezza per chi ci sta accanto.

Per capire meglio cosa si vuoledire, torniamo all’incontro di Mariaed Elisabetta. Il racconto della visita-zione è concluso da una piccola no-tazione: “Maria rimase con Elisabet-ta per tre mesi, poi tornò a casa sua”(Lc 1, 56). Una notazione quasi di

cronaca: l’attesa del parto, l’aiutoumile e affettuoso e poi il ritorno al-la vita del villaggio di Nazaret nel-l’attesa di un altro evento misterio-so. Tuttavia, non è escluso che an-che qui (come nel «canto» di Elisa-betta: “A che debbo che la Madre delmio Signore venga a me?”), Luca ab-bia lasciato quasi un rebus da deci-frare. Infatti in 2 Sam 6, 11 si ricordache “l’arca del Signore rimase tremesi in casa di Obed-Edom” riem-piendola di benedizioni, prima diiniziare il suo cammino per Gerusa-lemme. Anche Elisabetta è benedet-ta ed è piena di gioia perché accan-to a lei è presente l’arca della nuovaalleanza, Maria, segno vivo dellapresenza di Dio attraverso suo Fi-glio. Ecco cosa dovremmo diventarenoi attraverso la lode: segni vivi nelmondo di ciò che è motivo stessodella nostra lode, portatori di uncartellino che dice: «Rappresentantedella misericordia, della salvezza,delle promesse di Dio».

Lodare non è quindi un atteggia-mento passivo (nel senso che Dio fatutto e noi ci limitiamo a lodarlo), matutto il contrario. La nostra lode, co-me quella entusiastica degli apostolia Pentecoste, ci rende segni convin-centi delle grandi opere compiute daDio (cfr. Atti 2, 11). E come “quelgiorno si unirono a loro circa tremi-la persone” (Atti 2, 41), così, per lanostra vita quotidianamente plasma-ta dalla lode, il Signore potrà ancoraaggiungere alla comunità coloro cheLui ha salvati (cfr. Atti 2, 48).

Lodare non è un atteggiamentopassivo. La lode ci rende segni

convincentidell’opera di Dio

Lo Spirito SantoIl «Magnificat» di Maria (Lc 1,46-

55) insieme al «Benedictus» di Zacca-ria (Lc 1,68-79) e il «Nunc dimittis» diSimeone (Lc 2,29-32), scandisconola narrazione del vangelo dell’infan-zia secondo San Luca. Tutti i tre bra-ni, i cui nomi provengono dalle pri-me parole della versione latina, siassomigliano sia dal punto di vistadel contenuto sia della forma, purmantenendo le differenze. Tutti e trecantano la salvezza di Dio e le sueopere grandiose. Il Magnificat peròsi distingue dagli altri grazie alla po-sizione di Maria. Lei, a differenza diZaccaria e di Simeone che proclama-no le gesta di Dio come testimoni,ne è anche l’oggetto: “Grandi coseha fatto in me l’Onnipotente” (1,49).

Le origini del Magnificat

Già a prima vista si nota una cer-ta distinzione del Magnificat nel con-testo immediato: la forma innica e ilcontenuto lo rendono «estraneo». Co-me i salmi veterotestamentari, puòbenissimo funzionare da solo, e cioèfuori del proprio contesto, così comedel resto funziona nella liturgia dellaChiesa nella recita dei vespri.

Molti elementi indicano che ilMagnificat non è un’opera lucana. Èdifficile attribuirlo direttamente aMaria, anche se alcuni studiosi vedo-no, alla sua origine, una sua pre-

ghiera personale che è stata poi uni-ta ad un inno giudeo-cristiano. Inogni caso l’inno è stato composto

originariamente nell’ambito liturgicodella chiesa giudeopalestinese delleorigini. Proprio gli inni di lode e le

8

Il Magnificat: canto di lode al Signore

MAESTRO DELLA LODE

> Georg Sandhof

MAURICE DENIS - Magnificat (De Silencio), 1909. Collezione privata.

9

FOCUS BIBLICO

preghiere caratterizzavano la vita diquesta comunità come testimoniaLuca stesso descrivendola: “Ognigiorno tutti insieme frequentavano iltempio e spezzavano il pane a casaprendendo i pasti con letizia e sem-plicità di cuore, lodando Dio e go-dendo la simpatia di tutto il popolo”(At 2,46-47);

“Erano assidui nell’ascoltare l’in-segnamento degli apostoli e nell’u-nione fraterna, nella frazione delpane e nelle preghiere” (At 2,42).

La comunità delle origini lodavaDio per la sua potenza salvifica cheaveva sperimentato nell’incontro conil Cristo risuscitato dai morti. Quellalode avveniva tramite canti e salmi,così come si faceva nelle sinagoghe,e poi tramite formule liturgiche giàstabilite come benedizione, eucari-stia, inni, e canti e infine tramite lapreghiera libera. La composizionedei canti e degli inni si ispirava spes-so ai salmi, ai cantici o ad altri testiveterotestamentari. Il Magnificat in-fatti, sembra essere intessuto dellecitazioni dei testi dell’Antico Testa-mento, ma in realtà non cita alla let-tera nessuno di loro. Nel Magnificatsi sente l’eco di alcuni cantici vete-rotestamentari e soprattutto quellodi Anna, la madre di Samuele (1 Sam2,1-10), e quello di Giuditta dopo lavittoria su Oloferne (Gdt 13,18; 16,1-17). Inoltre fa cenno al tema dei po-veri e dei piccoli aiutati dal Signore(Sof 2,3) e al tema d’Israele comeoggetto della salvezza di Dio (Dt

7,6) a seguito della promessa fattaad Abramo (Gn 15; 17). Proprio laterminologia del Magnificat riguar-dante la bassezza e la povertà sug-gerisce di cercare le sue origini nellaspiritualità biblica dei «poveri del Si-gnore» (gli anawim di Jhwh).

Il Magnificat però, anche se co-struito con «le pietre vecchie», è unedificio nuovo orientato al Salvatorenato da Maria in cui si adempionotutte le speranze messianiche del ve-ro Israele. Il Magnificat è quindi unavera e propria rilettura dell’AnticoTestamento, ma in chiave cristiana.

Il Magnificat nella riflessione lucana

L’evangelista Luca aveva presoed inserito quest’inno nel suo van-gelo, e più precisamente nel raccon-to della nascita e infanzia di Gesù edella nascita di Giovanni Battista,mettendolo in bocca a Maria, saldan-dolo con il contesto e facendo qual-che ritocco. Così il Magnificat è di-ventato nel contesto immediato unarisposta di Maria alla realizzazionedel segno offertole dall’angelo (1,36-37) e alle dichiarazioni di Elisabetta,sua cugina: “Benedetta tu fra le don-ne” e “Beata colei che ha creduto”fatte durante il loro incontro (Lc1,39-45).

Nel Magnificat Maria loda il Si-gnore, Dio salvatore (vv.46-47) per-ché “ha guardato l’umiltà della suaserva” (vv.48-50), e perché “ha in-nalzato i piccoli” e “ha soccorsoIsraele” secondo le promesse fattead Abramo (vv. 51-55). Le motiva-zioni della lode fanno prima riferi-mento all’esperienza personale diMaria, all’esperienza generale di Diosanto, grande e misericordioso e poiall’azione di Dio nella storia rievo-cando l’impegno fedele di Dio versoIsraele. Questa struttura del canticosuggerisce che la lode personale diMaria diventa l’invito alla lode co-munitaria e viceversa.

Una situazione simile si nota an-che nel Sal 34, che presenta diversipunti di contatto con Lc 1,46-47, ovel’orante, in base alla sua esperienza,invita a celebrare ed esultare il Si-gnore insieme a lui, perché la suagrandezza e la sua forza salva i po-veri dalle mani degli empi; la suaesperienza personale darà loroconforto e gioia. La situazione dellalode individuale e quella comunita-ria che si fondono è presente anchein Gdt 13,18 e 16,1-17. Tuttavia sianel Sal 34 e nel Libro di Giuditta sianel Magnificat il protagonista assolu-to non è la persona dell’orante ma ilSignore stesso, lui grazie alle sueopere è l’oggetto di lode.

L’inserimento del Magnificat nelVangelo con queste caratteristicheaveva permesso a Luca di esporreuna riflessione sull’immagine di Dioe del modo in cui Egli opera dentrola storia e sulla presenza dinamicadello Spirito Santo prima nella vitadi Cristo e poi nella vita della chiesa.

Lode come frutto della presenza dinamicadello Spirito Santo

Secondo Luca all’azione dello Spi-rito Santo sono legate l’infanzia diGesù (concepimento) e gli alboridella Chiesa (la Pentecoste e la testi-monianza degli apostoli fino agliestremi confini della terra). Alla suapresenza sono legate sia la gioia mes-sianica e la preghiera che la lode aDio per le sue opere salvifiche. IlMagnificat, che è la risposta di coleiche ha concepito dallo Spirito Santoalle parole di Elisabetta che a suavolta “fu piena di Spirito Santo”, ini-zia la catena della lode. Viene poi se-guito dal «Benedictus» proclamato daZaccaria pieno di Spirito Santo, dallaGloria degli angeli a Betlemme, dal“Nunc dimittis» proclamato da Si-meone mosso dallo Spirito Santo, daGesù stesso che esultò nello SpiritoSanto e rese lode al Padre (10,21-22),

Il Magnificat nel Vangelo di Luca

inizia la «catenadella lode»

che prosegue nel Benedictus

e nel Nunc dimittis

dalla gloria delle persone che sonovenute a contatto con Gesù o sonostate guarite da lui: la profetessa An-na nel tempio in occasione della pre-sentazione (2,38), il paralitico guarito(5,25), la donna curva (13,12), il leb-broso samaritano guarito (17,15), ilcieco di Gerico (18,43), il centurione(23,47), i discepoli (19,37-38; 24,53),le folle (5,26; 7,16).

Questa lode si prolunga poi nellacomunità cristiana come testimoniala seconda opera di San Luca e cioègli Atti degli Apostoli: gli apostoligrazie al dono della glossolalia an-nunciavano le grandi opere di Dio(2,1-12); i pagani nella casa di Cor-nelio avevano ricevuto lo Spirito San-to e parlavano le lingue e glorificava-no Dio (10,46). Nell’Efeso, dove Diooperava miracoli (alla lettera gestidella potenza) per opera di Paolo, silodava il nome del Signore, quandosi venne a conoscenza dell’episodiodegli esorcisti ambulanti che voleva-no scacciare il demonio da un uomonel nome di Gesù, ma furono trattaticon violenza (19,17).

Secondo la riflessione di Lucaquindi, la lode del singolo e della co-munità è sempre legata alla presenzadello Spirito Santo ed è una rispostaall’operato di Dio a favore del singo-lo e della comunità.

La lode a Dio operante nella storia

Nel Magnificat la lode dell’opera-to di Dio è espressa tramite i verbi«magnificare» ed «esultare». Questi

due verbi contengono in germe tut-to il cantico.

«Magnificare» qualcuno vuol direattribuirgli qualcosa in misura so-vrabbondante. Nel linguaggio bibli-co l’uomo magnifica Dio quando gliassegna nella propria vita quell’im-portanza che gli spetta. La lode èsempre originata da una precedentedimostrazione della grazia divina.Nel Magnificat l’oggetto del magnifi-care è il Signore (Kyrios). Il termine«Signore», che corrisponde all’ebrai-co JHWH, indica la signoria di Dioche si estende a tutto l’universo e inmodo particolare ad Israele. Ma seDio è il Signore, Maria, nei suoi con-fronti è la serva che non può fare al-tro che magnificarlo perché ha guar-dato la sua umiltà (Lc 1,48).

D’altro canto il gioco di parole«magnificare» (= «fa grande») il Signo-re e “grandi cose ha fatto per mel’Onnipotente” esprime chiaramenteche non avrebbe potuto esserci lalode del Signore da parte di Maria,se non ci fosse stato il suo grandeoperato sia in lei sia nella storia diIsraele. L’intensità di questa lode ècontenuta nell’espressione animamia che poi viene ripresa nell’equi-

valente “il mio spirito”. Non si trattaqui di una divisione tra anima e spi-rito, ma di una totalità della perso-nalità nel suo aspetto più intimo.Maria loda il Signore con tutta sestessa, con l’intera sua esistenza. Sic-come ha sperimentato in sé le gran-di opere di Dio si fa portavoce del-l’intera comunità dei «poveri», ogget-to del suo intervento salvifico.

L’invito a magnificare il Signore èconnesso a quello di esultare in lui.Il verbo «esultare», sia nell’Antico chenel Nuovo Testamento, esprime disolito la gioia, il ringraziamento fe-stoso a Dio per il suo aiuto conces-so: liberazione dall’Egitto (Es 18,9-11); il figlio partorito da Anna, don-na sterile (1 Sam 2,1); liberazionedalla morte (Sal 33,21); ecc. Una taleesultanza che è legata alla fede na-sce all’interno della persona e spes-so si manifesta anche all’esterno indiversi modi per esempio con canti,grida. Nell’Antico Testamento l’esul-tanza spesso avveniva nell’ambitodel culto. Si tratta del “gioire per Dioe dinanzi a lui” sia della comunitàsia del singolo. L’esultanza della co-munità e del singolo si fondono, di-ventano una cosa sola.

La gioia biblica ha una dimensio-ne escatologica. Essa è sottolineatanell’Antico Testamento specialmentenei testi dei profeti che parlano del-la signoria di Dio (cf. Sof 3,14-17; Gl2,21-27; Zc 9,9-10). Secondo il Nuo-vo Testamento la gioia piena e defi-nitiva si avrà nella rivelazione dellagloria di Cristo: “Alleluia. Ha presopossesso del suo regno il Signore, ilnostro Dio, l’Onnipotente. Rallegria-moci ed esultiamo, rendiamo gloriaa lui, perché son giunte le nozze del-l’Agnello” (Ap 19,6-7).

Alla rivelazione della gloria diCristo i credenti che adesso parteci-pano alle sue sofferenze si rallegre-ranno ed esulteranno (1 Pt 4,13) el’unico Dio, nostro salvatore, ci faràcomparire davanti alla sua gloriasenza difetti e nella letizia (Gd 24).

10

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Maria loda il Signorecon tutta se stessa,

con l’intera sua esistenza:

non c’è divisionedentro di lei

11

FOCUS BIBLICO

Questa gioia futura, come evidenzia1Pt 1, 6-8, è già presente mediante lafede: “In prospettiva di questo gioite,pur soffrendo un poco ora, se è ne-cessario, sotto il peso di prove sva-riate, affinché la genuinità della vo-stra fede, molto più preziosa dell’oroche perisce e che pure viene purifica-to col fuoco, sia verificata come un titolo di lode, di gloria e di onore nel-la manifestazione di Gesù Cristo”.

Anche l’esultanza di Maria nelMagnificat è caratterizzata da questadimensione: la venuta del Messiainizia la fase finale della salvezza diDio. La sua gioia, come del resto lagioia dei protagonisti dei raccontidell’infanzia, prefigura ed anticipaquella della comunità degli ultimitempi. La dimensione escatologicadella gioia è connessa con il culto.Nel culto la comunità dei credenticelebra la salvezza e ne sperimentail significato definitivo. Essa si riuni-sce per spezzare il pane nella gioiadel Risorto e nell’attesa del suo ritor-no (At 2,46).

Maria con tutto il cuore esulta di-nanzi a Dio perché in lei si è rivela-to come Salvatore. La definizione diDio come Salvatore compare soven-te già nell’Antico Testamento per de-signare Dio che salva (Dt 32,15; Sal24,5; Is 12,2; Ab 3,18) e per afferma-re con forza che non c’è alcun salva-tore al di fuori di lui (Os 13,4). In Lc1,47 l’espressione “Dio mio salvato-re” richiama quella dell’Es 15,2: “Miaforza e mio canto è il Signore: è sta-to la mia salvezza”. Quindi quando

si parla di Dio salvatore si ricordanogli eventi legati alla liberazione dal-l’Egitto che sono diventati il prototi-po di ogni salvezza anche quellaescatologica.

Per Maria, che si sente lei stessaoggetto della salvezza, Dio è “mioSalvatore”. L’aggettivo “mio” indicain che cosa consiste il rapporto trachi loda e il destinatario della lode.Lei ha trovato grazia presso di lui(1,30). Dio ha incominciato a opera-re in lei la sua salvezza e continuaad operarla; la salvezza comincia daMaria che è stata la prima ad esseresalvata e come tale riconosce Diocome suo Salvatore. Lei ha credutoalla sua parola (Lc 1,45).

Oltre a chiamare Dio “Signore” e“Salvatore”, Maria lo chiama anche“il Potente” e “Santo”. Potente è co-lui che ha potere, la forza con laquale fa opere grandi. Dio è poten-te perché per lui tutto è possibile (Lc18,27). Lui agisce in concreto nellastoria con il braccio forte e disteso afavore degli oppressi, dei poveri,degli umili (Lc 1,51). Lui ha soccor-so Israele, suo servo, prima liberan-dolo dall’Egitto e poi dalla Babiloniae con la sua forza meravigliosa ha

fatto di Maria la madre del Messia.La nascita del Messia costituisce ilpunto d’arrivo di tutte le sue gestasalvifiche iniziate con l’esodo, dun-que l’agire del “Potente” è riferito al-la salvezza. Dio è santo, e cioè di-staccato nel suo essere ed operareda tutto ciò che è umano e terrenononostante la sua presenza dinami-ca nella storia. Questa presenza èfrutto della sua misericordia cheestende di generazione in genera-zione (Lc 1,50).

È curioso che San Luca assegnaanche a Gesù tutti gli attributi di Diopresenti nel Magnificat. Lui è il “Si-gnore”, non soltanto dopo gli eventipasquali (At 2,36), ma già nella suavita terrena (Lc 1,43; 2,11; ecc). Ge-sù, il Cristo Signore nato a Betlemmeè salvatore (Lc 2,11), dopo la mortee resurrezione, è stato innalzato daDio e fatto capo e salvatore (At 5,31).Gesù poi, “potente nelle parole e nel-le opere” (Lc 24,19) ha pure il poteredi rimettere i peccati (Lc 5,20). InfineGesù è “santo e chiamato Figlio diDio” (Lc 1,35). Egli è il “Santo” e ilGiusto rinnegato dal suo popolo (At3,14) e il “santo servo Gesù” controcui si sono messe le autorità e i po-poli (At 4,27) e nel nome del qualesi compiono guarigioni e miracoli(At 4,30).

Infine si può dire che Maria esal-ta Dio riconoscendo a lui gli attribu-ti che si sono manifestati in Gesù,nel figlio che lei ha partorito.

Conclusione

Nel Magnificat la lode di Dio, frut-to della presenza dello Spirito Santo,riguarda il suo operato nella storia ela sua immagine. L’esperienza di Ma-ria, dell’orante ideale, appare sullosfondo dell’esperienza del suo ope-rato nella storia d’Israele per la sal-vezza dei poveri e dei credenti. Allaradice di quest’operato è la sua mise-ricordia e la sua fedeltà alle promes-se fatte ai padri.

Maria con tutto il cuore

esulta dinanzi a Dioperché in Lei si è rivelato

come Salvatore

MARIA SAVIANO - Pala d’Altare, Caivano(NA).

La lodeQualche tempo fa mia figlia Ele-

na mi ha chiesto di aiutarla a risolve-re un problema di geometria che l’in-segnante le aveva assegnato comecompito da svolgere a casa. Questogenere di richieste, da parte dei figli,mi mettono sempre molto in crisi,perché so, con certezza, che di lì apoco dovrò fare i conti con le mie la-cune e dimenticanze, nonostante lamia laurea in pedagogia. Mi mettocomunque, al lavoro. Ma dopo circamezz’ora siamo ancora al punto dipartenza. La bambina spazientita, midice con un buffo tono di compati-mento: Ti voglio tanto bene mamma,ma sei proprio scarsa in geometria eanche in matematica. Sei scarsa atecnologia, scarsa nelle lingue stra-niere e scarsa a disegno. Come haifatto a diventare una mamma?

Sono esplosa in una risata frago-rosa, ammettendo, mio malgrado, laverità di quello che sosteneva. Sonocertamente una mamma scarsa ingeometria e in molte altre cose, maper essere una mamma non c’è biso-gno di prendere ottimi voti a scuola.C’è infatti un Pedagogo, un Maestrodi Tenerezza che si chiama SpiritoSanto che alla sua scuola insegna adiventare ottimi genitori persino allepersone scarse e limitate come me.Elena sta imparando che non esisto-no genitori perfetti e neppure fami-

glie perfette! Ogni famiglia è scuoladi vita dove s’impara, ogni giorno, adiventare ciò che si deve essere ov-vero una comunità di tenerezza, do-ve ci si esercita a «fare spazio» ad unaltro essere umano che arriva o chevi si trova.

È proprio dentro la famiglia edentro la comunità cristiana che s’im-

para ad amare e ad accettare l’altroper ciò che è, con i suoi limiti, le suefratture interiori, il suo peccato, maanche a capire chi sono io, con i mieilimiti, le mie fratture, il mio peccato.Siamo tutti un po’ scarsi, ma non cer-to degli «scarti». Siamo infatti opera diDio e tempio del suo Spirito, desti-nati a compiere opere straordinarie

12

Il Magnificat: canto di lode al Signore

COME SCELTA DI VITASiamo tutti un po’ scarsi, ma non certo degli “scarti”

> Maria Rita Castellani*

in virtù della Sua presenza in noi.Quel Dio che “opera tutto in tutti” (1Cor 12, 6) si manifesta pienamenteproprio nella debolezza umana, perrendere ciascuna creatura più consa-pevole del Dono che è Lui!

Infatti ci rende capaci di amarlofino al punto d’ assimilarlo, tanto chela gloria di Dio è l’uomo vivente eper ogni essere umano che nasce, ilVerbo continua ad incarnarsi, ren-dendo manifesta la Sua salvezza. È lanostra vita in Cristo che diventa unavera lode a Dio e dunque espressio-ne della comunione che abbiamo inLui. Noi lo vediamo, lo abbiamo ri-conosciuto e viviamo per Lui e perquesto lo possiamo esaltare come aLui conviene.

Non «si fa» la lode, ma «si diventa» lode

La lode, pertanto, non è qualcosache «si fa» ma qualcosa che «si diven-ta»; è il modo di essere di ogni cri-stiano. È un dono che si acquista conil battesimo e che deve maturare nel-la crescita di ogni credente; per que-sto è con la vita che si esprime primaancora che con le parole o con il

canto. Il carisma della lode non è undono passivo, ma dinamico, efficien-te, produttivo. È il dono che apre aidoni, il carisma che richiama i cari-smi. Solo chi accoglie lo Spirito, lodanello Spirito ed è in grado di diveni-re un dono dello Spirito.

Dal «Trattato contro le eresie» disant’Ireneo, vescovo, si legge: La glo-ria di Dio dà la vita; perciò coloroche vedono Dio ricevono la vita. Eper questo colui che è inintelligibile,incomprensibile e invisibile, si rendevisibile, comprensibile e intelligibiledagli uomini, per dare la vita a colo-ro che lo comprendono e vedono. Èimpossibile vivere se non si è ricevutala vita, ma la vita non si ha che conla partecipazione all’essere divino.Orbene tale partecipazione consistenel vedere Dio e godere della suabontà. Gli uomini dunque vedrannoDio per vivere, e verranno resi im-mortali e divini in forza della visionedi Dio. (…) Fin dal principio dunqueil Figlio è il rivelatore del Padre, per-ché fin dal principio è con il Padre eha mostrato al genere umano neltempo più opportuno le visioni profe-tiche, la diversità dei carismi, i mini-steri e la glorificazione del Padre se-

condo un disegno tutto ordine e ar-monia. E dove c’è ordine c’é anchearmonia, e dove c’è armonia c’è an-che tempo giusto, e dove c’è tempogiusto c’è anche beneficio. Per questoil Verbo si è fatto dispensatore dellagrazia del Padre per l’utilità degliuomini, in favore dei quali ha ordi-nato tutta l’economia della salvezza,mostrando Dio agli uomini e presen-tando l’uomo a Dio. Ha salvaguar-dato però l’invisibilità del Padre, per-ché l’uomo non disprezzi Dio e abbiasempre qualcosa a cui tendere. Altempo stesso ha reso visibile Dio agliuomini con molti interventi provvi-denziali, perché l’uomo non venisseprivato completamente di Dio, e ca-desse così nel suo nulla, perché l’uo-mo vivente è gloria di Dio e vita del-l’uomo è la visione di Dio. Se infattila rivelazione di Dio attraverso ilcreato dà la vita a tutti gli esseri chesi trovano sulla terra, molto più la ri-velazione del Padre che avviene tra-mite il Verbo è causa di vita per colo-ro che vedono Dio. (Lib. IV, 20, 5-7;SC 100, 640-642. 644-648)

L’essere umano diventa vera lodedi Dio quando, dopo aver incontratoil Cristo Salvatore, si fa «opera diDio». È nella vita di ogni giorno, quel-la che conduciamo tra le strade diquesto mondo, che siamo chiamati acelebrare la liturgia di lode al Signo-re, offrendo a Lui tutto ciò che siamoe tutto ciò che facciamo. Colui cheloda, esalta Dio e non se stesso e pa-radossalmente è nella scoperta dellapropria fragilità di creatura che egli

13

FOCUS PASTORALE

È la nostra vita in Cristo che diventauna vera lode a Dio,

una espressonedella comunione

che abbiamo in Lui

coglie maggiormente la grandezzadel Creatore.

L’esperienza del limite

Riflettere sull’esperienza tuttaumana del limite e della prova che,se accettata, diventa il luogo privile-giato dell’incontro con Cristo è, per-tanto, un modo concretissimo di lo-dare. Quando ci si scopre fragili evulnerabili è allora e solo allora chesmettiamo di difenderci da Dio epossiamo lasciare spazio al suo inter-vento nella nostra vita, senza perquesto sentirci umiliati! Ma anzi be-nedetti, fortificati, felici di rispondereal suo progetto per noi, senz’altrobuono anche se doloroso e a voltemisterioso. L’uomo spirituale non èsemplicemente un uomo di preghie-ra, ma colui che si lascia modellareda Cristo attraverso la prova e cheimpara dalla «pedagogia di Dio» acamminare verso la pienezza dellasua vocazione umana e cristiana.

Le difficoltà, le crisi che con unlinguaggio cristiano prendono il no-me di «croce» sono le esperienze piùforti ed incisive a livello cosciente edinconsapevole. Sono proprio le pro-ve che vissute come momenti di ri-pensamento positivo al piano di Diodiventano occasione di crescita, di li-bertà e d’incontro con il Cristo vero enon con l’illusione della santità.

Lodare non è mai un optional,ma uno stato di vita; lodare significamagnificare, esaltare Dio perché èDio e non per ciò che dona. La no-

stra vocazione è di magnificare Dio edi benedirlo per l’eternità perché si èreso «gratuitamente» nostro. Dio havoluto fare di noi un popolo che loonora, il popolo che “… si è acqui-stato a lode della sua gloria”. Tantopiù si è avvezzi a questo santo eser-cizio, tanto più sapremo apprezzareil gusto di Dio, la presenza di Dionella nostra vita. Egli c’invita a lodar-lo per renderci attenti e centrati sullasua pienezza divina come una sor-gente che può dissetare la nostra se-te e arricchire la nostra miseria. Lapreghiera di lode esige una conver-sione vera e un rinnovamentoprofondo che nasce dalla consape-volezza della nostra «scarsità», del no-stro bisogno di Lui. Occorre scioglie-re le durezze di cuore, spegnere tut-te le presunzioni di essere e di fare,per far brillare, in noi, l’unica veraVita: quella di Dio, come diciamo nelGloria: “Ti rendiamo grazie per latua gloria immensa!”.

In questo abbiamo l’esempio diMaria la cui lode narrata dall’evange-

lista Luca nel Magnificat è un innotutto centrato su Dio secondo il filo-ne tipico della preghiera biblica.Questa preghiera innalzata da Maria,esprime molto bene le caratteristichedella preghiera di lode.

Come il suo, anche il nostro «fiat»deve conservare una totale disponi-bilità alla grazia di Dio. La lode, in-fatti, non esprime tanto un’emozio-ne, un’esuberanza o la serenità di unmomento; essa è fondamentalmenteuna decisione: decido che qui e oravoglio lodare Dio e che tutta la miavita sia il segno visibile e permanen-te di questa esaltazione. Anche lagioia che ne scaturisce e che vieneincarnata nel quotidiano non è unsentimento o un’emozione: è piutto-sto il senso dell’armonia, della pace,del giusto rapporto con il Dio dellaVita. La scelta di passare dall’uomocarnale a quello spirituale è espres-sione della vera lode vissuta. È per-tanto dalla conversione del cuoreche può scaturire la vera esaltazionea Dio.

Soprattutto quando ci sentiamostanchi, un poco delusi dai fratelli oda noi stessi, magari davanti ad unservizio che operiamo affaticati e conpoco slancio; questo è il momentogiusto per lodare con vera gratitudi-ne. È il momento propizio! Perché cirisulta ancora più evidente che tuttoil Bene, il vero Bene, non viene danoi e dai nostri sforzi, seppure pre-ziosi; ma è opera di Dio! Gran partedella conversione del cuore sta nellaconsapevolezza della propria fragi-lità e nel riconoscere Dio come Dio ela creatura come creatura.

Solo chi custodisce Dio nel suocuore lo celebra come il compimen-to della propria esperienza esisten-ziale, qualunque essa sia, secondo ildetto di S. Agostino: il nostro cuore èfatto per te e non troverà pace finchénon riposerà in te.

* Responsabile della Fraternità di San Barnaba, Perugia

14

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Quando ci sentiamostanchi, delusi

dai fratelli o da noistessi, è questo

il momento propizioper lodare Dio

Le “Quattro Promesse”In una Comunità che nasce non

da una volontà dell’uomo, ma dallascelta di Dio, è sempre molto labo-rioso rispondere agli infiniti “perché”che sorgono spontanei ogni giorno.Noi siamo dovuti passare attraversoquesta situazione: dover continua-mente interrogarci e continuamenteinterrogare il Signore perché sapeva-mo bene che “Se il Signore non co-struisce la casa, invano vi faticano icostruttori. Se il Signore non custodi-sce la città, invano veglia il custode”(Sal 127 (126), 1).

Talvolta sono passati perfino me-si, prima che una risposta del Signo-re ci giungesse con chiarezza.

L’Alleanza: il Signore scioglie i nodi

Il tutto, però, ci ha resi semprepiù confidenti che il Signore ci avreb-be istruiti e fatti crescere; e così èsempre stato.

Ricordo per esempio un curiosoepisodio. Sentivamo che il Signore cistava chiamando ad un impegno se-rio, un impegno che avrebbe com-portato da noi non solo un’adesioneinteriore, ma un segno «visibile» ed inqualche modo «vincolante» la co-scienza individuale di ogni fratello osorella; ma anche un impegno che,preso dinanzi alla Comunità, potesse

essere verificato nel tempo dalla stes-sa Comunità.

Pensammo in molti tra i respon-sabili del «Pastorale di servizio» - cheera un organismo unificante, cheavrebbe dovuto aiutare i pastorali di22 Comunità parrocchiali, presentinella nostra area - che la cosa mi-gliore sarebbe stata, per ogni Alleato,apporre una firma sotto l’impegno diAlleanza.

A questo punto una giovane so-rella eletta nel «Pastorale di servizio»e che era laureata in legge, cominciò

a portare argomenti di ogni tipo con-tro la firma. Non potendo trovare unaccordo, decidemmo di farci celebra-re una Messa e di fare un discerni-mento in preghiera dopo aver rice-vuto l’Eucaristia, e così facemmo.

Dopo la comunione cominciam-mo a pregare e ad un certo punto lasorella che si era tanto opposta scop-piò a piangere. Cercammo di conso-larla, ma tutto sembrava inutile. Infi-ne singhiozzando ci dice di aver ri-cevuto una parola profetica e la leg-ge: “«A causa di tutto questo noi vo-

15

FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

SEGNO D’AMORE PER UN’ALLEANZA VERA

> Tarcisio Mezzetti

Venite e Vedrete 95 - I - 08

GLI INIZI DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT - 2ª parte

gliamo sancire un impegno stabile elo mettiamo in iscritto. Sul documen-to sigillato vi siano le firme dei nostricapi, dei nostri leviti e dei nostri sa-cerdoti».

Sul documento sigillato firmaro-no Neemia il governatore, figlio diAkalià, e Sedecìa,..

Il resto del popolo, i sacerdoti, i le-viti, i portieri, i cantori, gli oblati equanti si erano preparati dai popolidei paesi stranieri per aderire allalegge di Dio, le loro mogli, i loro figlie le loro figlie, quanti avevano cono-scenza e intelligenza, si unirono ailoro fratelli più ragguardevoli e si im-pegnarono con giuramento a cam-minare nella legge di Dio, data permezzo di Mosè, servo di Dio, ad os-servare e mettere in pratica tutti i co-mandi del Signore, Dio nostro, le suedecisioni e le sue leggi” (Ne 10, 1-2;…29-30).

Ancora una volta aveva vinto ilSignore.

Le «Quattro Promesse»Nessuno di noi aveva mai pensa-

to di aver bisogno di fare «voti» perstare in Comunità, perciò in tutti inostri discorsi sulla Comunità non ciera mai venuto in mente un pensierodi tale genere.

Ma il Signore aveva in serbo unasorpresa.

Era una mattina di sabato dellaseconda metà del mese di luglio1979. Era il primo sabato in cui, perordine del Ministero dell’Università,bisognava non fare più lezioni o da-

re esami. Mi sembrava strano restarea casa e decisi di andare in chiesaper pregare dicendo le «Lodi».

Era un’estate caldissima e da pa-recchi mesi non pioveva. I platani di-nanzi alla chiesa dell’Elce - la miaparrocchia - perdevano tutte le fo-glie, la temperatura era alta e il sa-grato era coperto di foglie secche co-me in autunno.

Le porte della chiesa erano aper-te ed era aperta anche la porta late-rale per dare aria e rinfrescare unpo’. Le foglie secche erano però en-trate anche dentro ed i mulinelli divento le facevano strusciare sul pavi-mento con un rumore piacevole.

La chiesa era naturalmente vuotae io mi recai su una delle prime pan-che sulla sinistra, recitai i miei salmicon attenzione, ma quando stavo fi-nendo il terzo sentii una voce dietrodi me, come uno che mi volesse co-municare qualcosa, che disse: «Vo-glio dalla Comunità quattro promes-se: Povertà, Perdono permanente,Costruzione dell’amore e Servizio».

Finii le ultime parole del salmo emi girai per vedere chi avesse dettouna cosa così strana e… vidi la chie-sa totalmente vuota e silenziosa, solo

le foglie secche mosse dal vento chestrusciavano sul pavimento. Intimori-to, non finii le «Lodi», ma andai subi-to via per cercare di ragionare e met-tere in fila le cose successe che oltre-tutto mi apparivano anche assai stra-ne. Mi chiedevo quale logica esistes-se tra le «promesse» e perché quelladizione così diversa dai classici votipresenti nella chiesa da tanti secoli.

Non riuscivo a capire e stavo con-vincendomi di essermi immaginato iltutto, che in ultima analisi fosse soloun gioco della mia mente, forse…troppo presa dalla bellezza dei salmi,ma appena fui fermo ad un semafo-ro ebbi l’impressione che quelle pa-role si ripetessero nella mia testa.

Decisi allora di non pensarci più,poiché se fosse stata una cosa cheveniva dal Signore, sicuramente l’a-vrebbe comunicata anche ad altri.

Il pomeriggio fui invitato ad an-dare a Papiano, dove un gruppo digiovani aveva dato inizio ad una Co-munità parrocchiale. Eravamo riunitinel teatrino della parrocchia e ci fuuna bella preghiera, assai sorpren-dente: le letture profetiche furonotutte sulla povertà, sul perdono, sul-l’amore e sul servizio. Perfino la se-

16

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Il Signore aveva in serbo una sopresa

per noi. Era unamattina di sabato

nella seconda metàdi luglio nel 1979...

L’interno della chiesa di San Donato all’Elce a Perugia.

quenza era stata rispettata, per cuidopo le prime tre ero sicuro che sa-rebbe venuta la quarta e naturalmen-te non tardò. Fui costretto così ad al-zarmi ed a raccontare ciò che mi erasuccesso al mattino in chiesa.

Adesso intuivo che il Signore par-lava, ma queste promesse restavanoper me assai enigmatiche.

Alla fine decidemmo di andare aMessa a Papiano Stazione; il parrocoera ammalato ed era venuto un sa-cerdote da fuori, che non sapevaneppure che in questa cappella nonfosse autorizzata la messa vespertinadella festa. Infatti celebrò la Messadella domenica e… sbagliò domeni-ca. Fece le letture della settimana se-guente. Rimanemmo tutti di sale… leletture riecheggiavano le quattro pro-messe. Eravamo sconvolti.

Dopo pochi giorni saremmo par-titi per fare un campeggio a Paestume decidemmo perciò di impegnarci lìper conoscere se il tutto fosse da Dio.

Il campeggio era in una bella pi-neta in riva al mare, molto bello, for-se troppo, e, ora per un motivo, oraper un altro, ci dimenticammo del di-scernimento.

Con un telo di plastica trasparen-te ed una corda tesa tra due pini ave-vamo creato un luogo per la Messaed ogni sera un francescano venivaalle 19 a celebrare per noi che, dalle18, ci saremmo dovuti radunare perun’ora di preghiera comunitaria. Pur-troppo la preghiera era sempre dicirca 30 minuti.

Una sera però, alle 19,10, il sacer-dote non era ancora venuto e, dato ilbuon odore della cucina, decidem-mo di sospendere la preghiera e ce-nare.

Proprio mentre rompevamo le fi-le arriva lo sgangheratissimo «Mag-giolino» giallo del francescano che cidice di essere stato occupato peraver avuto un funerale, ma che ave-va portato per noi una pisside con leostie consacrate per farci la comu-nione. Molto lieti tornammo sotto il

telo di plastica trasparente, ricevem-mo l’Eucaristia, il sacerdote se neandò e noi rimanemmo a pregareper un po’ come ringraziamento.

Durante la preghiera Stefano, l’at-tuale Moderatore della Comunità,ebbe una parola che ci gelò: «Nonsiete stati capaci di vegliare nemme-no un’ora con me».

Era la pura verità. Decidemmo al-lora di fare una veglia di preghieradopo cena. Ma, come dice il prover-bio: «Tra il dire ed il fare…».

Così ridendo e scherzando il tem-po passava e la veglia di preghieranon partiva. Ad un certo punto, do-po il tramonto del sole, improvvisa-mente le ultime luci del cielo si oscu-rarono, e quasi contemporaneamen-te un fulmine cadde su un albero delcampeggio, un vento violento si sca-tenò portando con sé un temporaleestivo mai visto. Tutti scappammo achiudere le tende, a radunare il pos-sibile e ci rifugiammo, fradici di piog-gia, in due tende abbastanza grandimentre fuori era il diluvio. La corren-te era saltata, rimanevano le lampadead acetilene. Non sapendo che fa-

re… decidemmo di metterci a prega-re. E avvenne l’inaspettato.

Tra lampi e tuoni assordanti, perun’ora il Signore ci parlò di povertà,per un’ora di perdono, per un’orad’amore e per un’ora di servizio. Era-no le 1,30 ed eravamo esterrefatti.

A questo punto smise di piovere.Una calma irreale era scesa sul cam-peggio. Avevamo sentito ogni tanto,tra il fracasso del temporale, il suonodella chitarra e qualche canto prove-nire dall’altra tenda a prova che an-che gli altri stavano pregando. Pocodopo anch’essi uscirono gridando…Il Signore aveva dato loro la stessaesperienza, perfino per un 70% lestesse letture profetiche. Eravamosenza parole.

Decidemmo di pregare molto suquesto, anche a gruppetti, il giornoseguente e per tutto il giorno il Si-gnore ci parlò di povertà. Il giornoseguente solo di perdono, poi solod’amore ed infine solo di servizio.

Era finito il campeggio!La mattina dell’ultimo giorno, pri-

ma di smontare le tende e tornare acasa, facemmo la solita preghiera delmattino ed il Signore ci dette tutti equattro i temi delle promesse. Erava-mo fuori di testa dalla gioia e non ve-devamo l’ora di arrivare a casa e co-municare questa esperienza al restodei fratelli e delle sorelle che eranorimasti a casa.

Arrivai davanti alla chiesa dell’El-ce quando era appena finita la Mes-sa del pomeriggio e vidi mia sorella

17

FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

Tra lampi e tuoniassordanti,

per un’ora Dio ci parlò di povertà,

poi di perdono, di amore

e infine di servizio

Agnese che tornava a casa; la chia-mai per raccontarle le meraviglie ac-cadute, ma mia sorella con calmaspense il mio entusiasmo dicendo-mi: «Curioso! Anche a noi nel grup-po di preghiera il Signore ha detto lestesse cose».

Le stesse cose! Senza, natural-mente, i fulmini i tuoni e lo scroscia-re del temporale. Ma… le stesse co-se. Così il Signore ha costruito la Co-munità Magnificat. Grazie, SignoreGesù!

Il significato del nome

Nel nome «Magnificat» è già rac-chiusa la missione. Maria, appena sadi aspettare il Messia, va da Elisabet-ta e va a servire. Ma il segno più evi-

dente tende a nascondere dell’altro.Maria porta Gesù. La Comunità Ma-gnificat, si rifà quindi anche al fattodi essere corpo di Cristo e di rappre-sentare nel mondo la luce di Cristo;per cui non può sottrarsi al compitoimpellente dell’evangelizzazione.

Maria è Madre della Chiesa - checostituisce il Corpo di Cristo - ognimembro della Comunità quindi è de-votamente unito alla Chiesa ed aisuoi Pastori.

Partendo da qui, a sua volta, ognimembro della Comunità cerca di«imitare» Gesù, non con un’imitazio-ne teorica, studiata sui libri, ma piut-tosto attraverso una meditazionegiornaliera dell’opera di Gesù, spe-cialmente raccolta da questo suo in-vito: “«Venite a me, voi tutti, che sie-

te affaticati e oppressi, e io vi risto-rerò. Prendete il mio giogo sopra divoi e imparate da me, che sono mitee umile di cuore, e troverete ristoroper le vostre anime. Il mio giogo in-fatti è dolce e il mio carico leggero»”(Mt 11, 28-30).

Non basta infatti una vita per im-parare come poter dire a tutti, conlo stesso amore di Gesù: “«Venite ame, voi tutti, che siete affaticati e op-pressi…»”.

Certamente questa via dell’imita-zione di Gesù ci porterà un giornoad attuare l’unico comandamentoche ci ha lasciato: “«Vi do un co-mandamento nuovo: che vi amiategli uni gli altri; come io vi ho amato,così amatevi anche voi gli uni gli al-tri. Da questo tutti sapranno che sie-te miei discepoli, se avrete amore gliuni per gli altri»” (Gv 13, 34-35).

Ma se il membro di Comunità nonha in sé ben preciso questo coman-damento, non riuscirà mai a viverebene la vita comunitaria, perché Ge-sù ha posto uno sbarramento: “«Semi amate, osserverete i miei coman-damenti… Chi accoglie i miei co-mandamenti e li osserva, questi miama. Chi mi ama sarà amato dalPadre mio e anch’io lo amerò e mimanifesterò a lui»…

«Se uno mi ama, osserverà la miaparola e il Padre mio lo amerà e noiverremo a lui e prenderemo dimorapresso di lui. Chi non mi ama nonosserva le mie parole; la parola che

18

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Nel nome«Magnificat»

è già racchiusa la missione. Maria va da Elisabetta

per servire e portacon lei Gesù

voi ascoltate non è mia, ma del Pa-dre che mi ha mandato»” (Gv 14, 15;21; 23-24).

Questo sbarramento è l’amore. LaComunità Magnificat deve esserefondata sull’amore. Adesso assumo-no significato reale le «Quattro Pro-messe».

Senza un amore imitativo di quel-lo di Gesù non è possibile essere po-veri, perché la povertà esige la fede,ma la fede in un Dio che ci ama eche ripetutamente ci invita a lasciaregli attaccamenti del mondo: “«Chiun-que avrà lasciato case, o fratelli, o so-relle, o padre, o madre, o figli, o cam-pi per il mio nome, riceverà cento vol-te tanto e avrà in eredità la vita eter-na»” (Mt 19, 29).

Senza l’amore imitativo di Gesùnon è possibile perdonare perma-nentemente. Solo lui può darcene laforza, perché ha detto sulla croce:“«Padre, perdonali, perché non san-no quello che fanno»” (Lc 23, 34).

Senza l’amore imitativo di Gesùnon sarà mai possibile costruire l’a-more quando ciò è reso difficile dal-le circostanze, mentre lui ci ha detto:“«Ma a voi che ascoltate, io dico:Amate i vostri nemici, fate del bene acoloro che vi odiano, benedite coloroche vi maledicono, pregate per colo-ro che vi maltrattano. A chi ti per-cuote sulla guancia, porgi anchel’altra; a chi ti leva il mantello, nonrifiutare la tunica. Dà a chiunque tichiede; e a chi prende del tuo, nonrichiederlo. Ciò che volete gli uominifacciano a voi, anche voi fatelo a lo-

ro. Se amate quelli che vi amano,che merito ne avrete? Anche i pecca-tori fanno lo stesso. E se fate del benea coloro che vi fanno del bene, chemerito ne avrete? Anche i peccatorifanno lo stesso. E se prestate a coloroda cui sperate ricevere, che meritone avrete? Anche i peccatori conce-dono prestiti ai peccatori per ricever-ne altrettanto. Amate invece i vostrinemici, fate del bene e prestate senzasperarne nulla, e il vostro premiosarà grande e sarete figli dell’Altissi-mo; perché egli è benevolo verso gl’in-grati e i malvagi»” (Lc 6, 27-35).

Senza l’amore imitativo di quellodi Gesù, non è possibile servire co-me si dovrebbe, perché lui ci ha det-to: “«I re delle nazioni le governano,e coloro che hanno il potere su di es-se si fanno chiamare benefattori. Pervoi però non sia così; ma chi è il piùgrande tra voi diventi come il piùpiccolo e chi governa come colui cheserve. Infatti chi è più grande, chi staa tavola o chi serve? Non è forse coluiche sta a tavola? Eppure io sto inmezzo a voi come colui che serve»”(Lc 22, 25-27).

Come si vede Maria non va solo

a portare un servizio fraterno a Eli-sabetta, ma porta Gesù, con tutte leconseguenze. Ogni membro di Co-munità deve quindi prendere co-scienza piena in ogni momento del-la sua giornata che il compito piùimportante del suo cammino di san-tificazione è di assomigliare nell’a-more esteriore e interiore a Gesù.Allora egli potrebbe dire: “«Da que-sto tutti sapranno che siete miei di-scepoli, se avrete amore gli uni pergli altri»”.

Se così faremo potremo diventa-re coscienti della nostra vera chia-mata: “«Voi siete la luce del mondo;non può restare nascosta una cittàcollocata sopra un monte, né si ac-cende una lucerna per metterla sottoil moggio, ma sopra il lucerniere per-ché faccia luce a tutti quelli che sononella casa. Così risplenda la vostraluce davanti agli uomini, perché ve-dano le vostre opere buone e renda-no gloria al vostro Padre che è neicieli»” (Mt 5, 14-16).

Grazie, Signore, per averci chia-mato ad essere i tuoi testimoni. Aiu-taci ad esserlo con tutto il cuore econ tutto l’impegno possibile.

19

FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

Senza l’amore di Cristo non sarà

mai possibileperdonare

e costruire l’amorecon i fratelli

La speranza

Vivere il Magnificat significa en-trare nella vita con lo spirito della lo-de. Non di chi cammina a un metroda terra perchè non vede i problemi,ma perchè vede nei fatti - anche a fa-tica, s’intende - la mano di Dio. Inquesto percorso ci viene in aiuto lanuova enciclica del Papa dedicataproprio al tema della speranza. Neparliamo perchè è stretto il legamecon il tema a cui è dedicato questonumero della rivista.

«Spe salvi facti sumus» («Nella spe-ranza siamo stati salvati»): si apre conqueste parole la Lettera Enciclica diBenedetto XVI, seconda del suo pon-tificato dopo «Deus caritas est» del 25dicembre 2005. Il testo, che porta ladata del 30 novembre 2007, festa diSant’Andrea apostolo, è stato presen-tato in Vaticano nello stesso giorno.Cerchiamo di cogliere i passaggi es-senziali del testo del Papa.

La nostra vita non finisce nel vuoto

La redenzione ci è offerta nel sen-so che ci è stata donata la speranza,una speranza affidabile, in virtù del-la quale noi possiamo affrontare ilnostro presente. È una delle prime af-fermazioni dell’Enciclica, sulla qualeBenedetto XVI innesta la questionedi apertura: Ma di che genere è maiquesta speranza per poter giustifica-

re l’affermazione secondo cui a par-tire da essa, e semplicemente perchéessa c’è, noi siamo redenti?. (...) L’e-lemento distintivo dei cristiani consi-ste nel fatto che essi hanno un futu-ro: non è che sappiano nei particola-ri ciò che li attende, ma sanno nel-l’insieme che la loro vita non finiscenel vuoto - questa la prima rispostadel Papa -. Solo quando il futuro ècerto come realtà positiva, diventa vi-vibile anche il presente. (...) Il mes-

20

Il Magnificat: canto di lode al Signore

CHE DISTINGUE I CRISTIANI

IL MAGISTERO CI TRASMETTE LA FEDE

> a cura di don Davide Maloberti

L’elemento distintivo

dei cristiani è che essi sanno che la loro vita

non finisce nel vuoto

Benedetto XVI firma la sua seconda Enciclica “Spe salvi”. (foto AFP/SIR)

saggio cristiano non era solo «infor-mativo», ma «performativo». Ciò si-gnifica: il Vangelo non è soltantouna comunicazione di cose che sipossono sapere, ma è una comunica-zione che produce fatti e cambia lavita. La porta oscura del futuro è sta-ta spalancata. Chi ha speranza vivediversamente; gli è stata donata unavita nuova.

L’esempio dell’africanaGiuseppina Bakhita

Per illustrare questo cambiamen-to profondo prodotto dalla speran-za, Benedetto XVI presenta la figuradell’africana Giuseppina Bakhita, ca-nonizzata da Giovanni Paolo II. Pri-ma schiavizzata da padroni terribili(ogni giorno veniva fustigata fino alsangue), una volta liberata Bakhitavenne a conoscere un «padrone» to-talmente diverso - nel dialetto vene-ziano, che ora aveva imparato, chia-mava «paron» il Dio vivente, il Dio diGesù Cristo. (...) Ora lei aveva «spe-ranza» - scrive il Papa - non più solo

la piccola speranza di trovare pa-droni meno crudeli, ma la grandesperanza: io sono definitivamenteamata e qualunque cosa accada - iosono attesa da questo Amore.

Come Bakhita, i primi cristiani epoi, via via, tutti i credenti, vivonoun’esperienza trasformante: Gli uo-mini che, secondo il loro stato civile,si rapportano tra loro come padronie schiavi, in quanto membri dell’u-nica Chiesa sono diventati tra lorofratelli e sorelle... Anche se le struttu-re esterne rimanevano le stesse, que-sto cambiava la società dal di den-tro. Tutto cambia, nella prospettivadella speranza, anche come sensocomplessivo delle cose, degli eventi:La vita non è un semplice prodottodelle leggi e della casualità della ma-teria - scrive Benedetto XVI - ma intutto e contemporaneamente al disopra di tutto c’è una volontà perso-nale, c’è uno Spirito che in Gesù si èrivelato come Amore.

Pazienza, perseveranza, costan-za sono tre caratteristiche dei cre-denti che hanno ricevuto la comuni-

cazione della sostanza delle cose fu-ture, e così l’attesa di Dio ottieneuna nuova certezza. È attesa dellecose future a partire da un presentegià donato.

Oggi come ieri c’è chi rifiuta l’eternità

La «vita eterna» diviene così la di-scriminante tra credenti e non cre-denti. Forse oggi molte persone rifiu-tano la fede semplicemente perché lavita eterna non sembra loro una co-sa desiderabile. Non vogliono affattola vita eterna, ma quella presente, ela fede nella vita eterna sembra, perquesto scopo, piuttosto un ostacolo,scrive Benedetto XVI, aggiungendoche per costoro vivere sempre, senzaun termine - questo, tutto sommato,può essere solo noioso e alla fine in-sopportabile.

La prospettiva dell’eternità nonva considerata in chiave «individuali-stica», come si trattasse di una sal-vezza eterna soltanto privata. Que-sta vita vera, verso la quale semprecerchiamo di protenderci, è legataall’essere nell’unione esistenzialecon un «popolo» e può realizzarsi perogni singolo solo all’interno di que-sto «noi». Essa presuppone, appunto,l’esodo dalla prigionia del proprio«io», perché solo nell’apertura di que-sto soggetto universale si apre anchelo sguardo sulla fonte della gioia,sull’amore stesso - su Dio.

Gli ultimi secoli sono stati carat-terizzati dallo sviluppo scientifico e,

21

IL MAGISTERO CI TRASMETTE LA FEDE

Questa vita vera ed eterna può

realizzarsi per ognisingolo solo

all’interno di questo«noi», la Chiesa

Santa Giuseppina Bakhita, di cui il Papa parla nell’enciclica, e un primo piano diBenedetto XVI.

annota Benedetto XVI citando Baco-ne, la restaurazione del «paradiso»perduto non si attende più dalla fe-de, ma dal collegamento appena sco-perto tra scienza e prassi... grazie al-la sinergia di scienza e prassi segui-ranno scoperte totalmente nuove,emergerà un mondo totalmente nuo-vo, il regno dell’uomo.

La «concretizzazione politica diquesta speranza» trova nella Rivolu-zione francese e nell’Illuminismodue tappe fondamentali, quali av-vento del «regno della ragione e del-la libertà». Con Engels e poi a mag-gior titolo con Marx essendosi dile-guata la verità dell’aldilà, si sarebbeormai trattato di stabilire la veritàdell’aldiqua. La critica del cielo sitrasforma nella critica della terra, lacritica della teologia nella criticadella politica.

Gli sviluppi del pensiero contem-poraneo, secondo Benedetto XVI,pongono sempre più la questionedella «ragione»: Quand’è che la ra-gione domina veramente? Quando siè staccata da Dio? Quando è diven-tata cieca per Dio?

Nell’Enciclica il Papa rispondecosì: Un «regno di Dio» realizzatosenza Dio - un regno quindi dell’uo-mo solo - si risolve inevitabilmentenella «fine perversa» di tutte le cosedescritta da Kant... per questo la ra-gione ha bisogno della fede per arri-vare ad essere totalmente se stessa:ragione e fede hanno bisogno l’unadell’altra per realizzare la loro veranatura e la loro missione.

La preghiera, scuola per costruire la speranza

Chi ama Dio non può riservare ildenaro per sé. Lo distribuisce in mo-do divino... nello stesso modo secon-do la misura della giustizia. Dall’a-more di Dio consegue la partecipa-zione alla giustizia e alla bontà diDio verso gli altri: è questa una del-le declinazioni della speranza, se-condo Benedetto XVI, che lega lasalvezza individuale alla «relazionecon gli altri».

Per giungere a un tale livello diapertura di cuore il Papa esortaquindi alla preghiera come scuoladella speranza. Pregare non signifi-ca uscire dalla storia e ritirarsi nel-l’angolo privato della propria feli-cità - annota -. Il giusto modo di pre-gare è un processo di purificazioneinteriore che ci fa capaci per Dio e,proprio così, anche capaci per gliuomini.

L’enciclica esorta attivamente al-la speranza. Dice il Papa: Io possosempre ancora sperare, anche se perla mia vita o per il momento storicoche sto vivendo apparentemente nonho più niente da sperare. Solo lagrande speranza-certezza che, no-nostante tutti i fallimenti, la mia vi-

ta personale e la storia nel suo insie-me sono custodite nel potere indi-struttibile dell’Amore e, grazie ad es-so, hanno per esso un senso e un’im-portanza, solo una tale speranzapuò in quel caso dare ancora il co-raggio di operare e di proseguire. Inquesta visione, le tenebre sono comeluce, aggiunge, e la sofferenza puòrappresentare un cammino di puri-ficazione e di maturazione, un cam-mino di speranza.

L’ateismo e il moralismo dei nostri tempi

Riflettendo sul giudizio come luo-go di apprendimento e di eserciziodella speranza, Benedetto XVI ri-chiama un tratto dell’epoca contem-poranea. L’ateismo del XIX e del XXsecolo - scrive - è, secondo le sue ra-dici e la sua finalità, un moralismo:una protesta contro le ingiustizie delmondo e della storia universale. Unmondo, nel quale esiste una tale mi-sura di ingiustizia, di sofferenza de-gli innocenti e di cinismo del potere,non può essere l’opera di un Diobuono”. Le critiche all’ateismo, comeal teismo dei pensatori della scuoladi Francoforte (Horkheimer e Ador-no), escludono “che possa essere tro-

22

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Maria è la stelladella speranza,

lei che con il suo sìaprì a Dio stesso

la porta del nostro mondo

La presentazione della seconda Enciclica di Benedetto XVI. Da sinistra, il card.Vanhoye, padre Lombardi e il card. Cottier. (foto AFP/SIR)

23

IL MAGISTERO CI TRASMETTE LA FEDE

vato un qualsiasi surrogato imma-nente per Dio, rifiutando allo stessotempo però anche l’immagine delDio buono e giusto.

Si tratta sempre di una prospetti-va senza speranza, e Benedetto XVIprosegue: La protesta contro Dio innome della giustizia non serve, ri-chiamando famosi passi di Dostoev-skij e Platone. Piuttosto, indica unpercorso di discernimento: Nellagran parte degli uomini - così possia-mo supporre - rimane presente nelpiù profondo della loro esistenzaun’ultima apertura interiore per laverità, per l’amore, per Dio. Nelleconcrete scelte di vita, però, essa è ri-coperta da sempre nuovi compro-messi col male.

Il Papa allora chiede: Che cosaavviene di simili individui quandocompaiono davanti al Giudice? Tut-te le cose sporche che hanno accu-mulate nella loro vita diverrannoforse di colpo irrilevanti?

L’incontro che salva e il Giudizio finale

La risposta, nella parte finale del-l’Enciclica, ridona il senso della spe-

ranza cristiana. L’incontro con Lui (ilCristo) è l’atto decisivo del Giudizio.Davanti al suo sguardo si fonde ognifalsità. È l’incontro con Lui che, bru-ciandoci, ci trasforma e ci libera perfarci diventare veramente noi stes-si... Nel dolore di questo incontro, incui l’impuro ed il malsano del nostroessere si rendono a noi evidenti, stala salvezza.

La prospettiva finale è quindi diguardare con fiducia all’aldilà: Alleanime dei defunti (tuttavia) può es-sere dato «ristoro e refrigerio» me-diante l’Eucarestia, la preghiera el’elemosina. Secondo il Papa che l’a-more possa giungere fin nell’aldilà...è stata una convinzione fondamen-tale della cristianità attraverso i se-coli. Del resto, aggiunge che nessu-no pecca da solo. Nessuno viene sal-vato da solo. (...) Così la mia inter-cessione per l’altro non è affatto unacosa a lui estranea, una cosa ester-na, neppure dopo la morte. Maria,nell’accogliere l’annuncio, divienecosì «madre della speranza». (...)Quale persona potrebbe più di Mariaessere per noi stella di speranza - leiche con il suo «sì» aprì a Dio stesso laporta del nostro mondo?

La schedaLa seconda Enciclica di Be-

nedetto XVI è suddivisa in 50paragrafi, numerati all'internodi 8 capitoli generali. Dopol’«Introduzione», si apre il capi-tolo «La fede è speranza», di ta-glio scritturistico, con spazioanche per una figura quale San-ta Bakhita, esempio viventedella «speranza» cristiana.

Il capitolo seguente s’intito-la «Il concetto di speranza basa-ta sulla fede nel Nuovo Testa-mento e nella Chiesa primitiva»,dove sono citati San GregorioNazianzeno, San Tommaso d’A-quino e Lutero. Nel capitolo «Lavita eterna - che cos’è?», Bene-detto XVI affronta il tema del-l’aldilà, mentre nel successivo«La speranza cristiana è indivi-dualistica?» entrano in giocoteologi come Henri de Lubac omistici come Sant’Agostino,Bernardo di Chiaravalle e Be-nedetto.

Nel capitolo «La trasforma-zione della fede-speranza cri-

stiana nel tempo moder-no» compaiono Bacone,Kant, Engels, Marx sulrapporto fede-ragione. Nel capitolo «La vera fi-sionomia della speranzacristiana» si citano Lenin,di nuovo Marx, Adorno,mentre in «Luoghi di ap-prendimento e di eserci-zio della speranza» siparla della preghiera,con riferimenti tra gli al-tri al cardinale VanThuan, al filosofoHorkheimer, a Dostoev-skji e a Platone. L’Enciclica si chiude conil capitolo «Maria, stelladella speranza».

“Spe salvi”, la seconda Enciclica di Benedetto XVI. (foto Siciliani-Gennari/SIR)

24

Il Magnificat: canto di lode al Signore

Il “Magnificat”:La grazia di Dio riempie Maria

Il Vangelo di Luca ci riporta ciòche lui ha sentito raccontare diretta-mente dai testimoni oculari su tuttociò che scrive. Il suo vangelo infatticomincia così: “Poiché molti han po-sto mano a stendere un racconto de-gli avvenimenti successi tra di noi,come ce li hanno trasmessi coloroche ne furono testimoni fin da prin-cipio e divennero ministri della paro-la, così ho deciso anch’io di fare ri-cerche accurate su ogni circostanzafin dagli inizi e di scriverne per te unresoconto ordinato, illustre Teòfilo,perché ti possa rendere conto dellasolidità degli insegnamenti che hairicevuto” (Lc 1, 1-4).

Mi sembra quindi chiaro che Lucaabbia «intervistato» direttamente Ma-ria, in modo da farsi raccontare l’An-nunciazione e poi le sue reazioni do-po l’estatico stupore iniziale.

Il cuore di Maria, appena si rendeconto di ciò che le è successo, erom-pe di gioia, ma di una gioia che nonè fissa sull’avvenimento già accadu-to, ma che, partendo da lì, la condu-ce a godere la scelta di Dio, avantinel tempo, fino all’eternità futura. Ècosì che la lode ed il ringraziamentoin Maria diviene un fiume. Maria co-nosce le attese della Scrittura, cono-

sce le promesse di Dio, e tutto ciòche era atteso da secoli, è avvenutoora e nella sua persona.

Che meraviglia!Maria però, la “piena di grazia”,

è già trasformata da Dio ed è ecce-

zionalmente matura. Una gioia cosìgrande in una giovanissima donnanormale l’avrebbe condotta a godereimmersa nel proprio piacere, almenoper i primi mesi. Così è fatto l’uomo.

Questo aspetto lo mette ben inevidenza il grande vescovo Agostino,partendo da come vengono istruiti ibambini nella scuola:

Ai fanciulli a scuola si danno percompito le lodi, e si specifica ciò chedevono lodare - realtà tutte operateda Dio -. Si propongono la lode delsole, la lode del cielo, la lode dellaterra, e, per venire a oggetti minori,la lode della rosa e la lode dell’allo-ro: tutte sono opera di Dio. Vengonoproposte, vengono accettate, vengo-no lodate: si celebrano le creature, sitace del Creatore. Ma io voglio che intutte le sue opere si lodi il Creatore,non amo chi loda ed è ingrato. Lodiciò che fu fatto, e taci di colui che lofece? Se egli non fosse tanto grande,potresti trovare argomento di lode?In tutte queste cose che vedi, cosalodi? La loro bellezza, l’utilità, unaqualche loro virtù o una qualche po-tenza. Se ti allieta la bellezza, cosa èpiù bello di colui che le ha fatte? Sene lodi l’utilità, chi è più utile di co-lui che tutto ha creato? Se lodi unavirtù, chi è più potente di colui dalquale tutto è stato operato, e da cuile realtà create non sono abbandona-

LA LODE EROMPE DALLA PIENEZZA DEL CUORE

I Padri ci insegnano a vivere la Comunità

> a cura di Tarcisio Mezzetti

te a se stesse, ma vengono tutte rettee governate? [AGOSTINO, «Esposizionisui Salmi», 144, 7].

Ma Maria non fa così. Maria faesplodere la sua immensa lode alCreatore. Maria non guarda in sé, masi estende verso Dio, come in un ab-braccio tanto atteso, tra due cuori in-namorati, che finalmente possonodirsi ciò che provano.

È l’amore la fonte della lode

Ogni volta che leggo questo bra-no mi trovo dinanzi a questa espe-rienza sconcertante: la lode di Marianasce dall’amore. Nel mondo non ècosì, la lode sembra essere qualcosadi autonomo, a sé stante. Si lodaqualcosa per il piacere che si prova,non per l’amore della cosa lodata.

Il Magnificat è un inno all’amoredi Dio. Maria lo vive come il compi-mento concreto dell’immenso amoredi Dio e si identifica con tutta l’uma-nità, per questo esulta cantando:“di generazione in generazione

la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza

del suo braccio, ha disperso i superbi

nei pensieri del loro cuore;ha rovesciato i potenti dai troni,ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,

come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre»” (Lc 1, 50-55).

Questo amore di Dio travolge ilcuore di Maria come niente potreb-be farlo, ma questa è la caratteristicadi chi avverte l’amore e non è chiu-so in sé.

Sant’Agostino lo esprime benecosì:

“Dio è amore” (1Gv 4,9). Chevolto ha l’amore? Che forma ha? Chestatura ha? Che piedi ha? Che maniha? Nessuno lo può dire. Ha tuttaviapiedi: conducono alla Chiesa; hamani: si stendono pietose verso il

povero; ha occhi: per essi infatti sipuò comprendere chi è bisognoso:“Beato chi comprende il bisognoso eil povero” (Sal 40,2). Ha orecchie, dicui dice il Signore: “Chi ha orecchieper udire, ascolti” (Lc 8,8). Non sitratta di membra separate in luoghidiversi, ma chi ha la carità vede conla mente il tutto e allo stesso tempo.Tu dunque abita nella carità ed essaabiterà in te; resta in essa ed essa re-sterà in te. Che, fratelli miei: che unoama ciò che non vede? Ma perchéquando si intessono le lodi dell’a-more vi sollevate, applaudite, loda-te? Cosa vi ho mostrato? Qualche bel

25

I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

Nel Magnificatesplode la lode

di Maria al Creatore,come in un

abbraccio tra duecuori innamorati

M. PALMEZZANO - L’Immacolata con l'Eterno Padre in gloria ed i SS. Anselmo, Agosti-no e Stefano, abbazia di San Mercuriale, Forlì

26

Il Magnificat: canto di lode al Signore

colore? Vi ho posto avanti oro o ar-gento? Ho tolto gemme da un forzie-re? Ho mostrato qualcosa di simile aivostri occhi? O forse il mio volto si èmutato parlandovi? Porto la mia car-ne: sono nello stesso stato in cui so-no venuto: siete nello stesso stato incui siete venuti. Si loda la carità, egridate. Certo non vedete nulla. Co-me vi piace ciò che lodate, vi piacciaconservarlo nel cuore.

Comprendete ciò che dico fratel-li: vi esorto, quanto mi dà il Signore,d’impossessarvi d’un grande tesoro.Se vi mostrassi un vaso cesellato,dorato, lavorato artisticamente, atti-rerebbe i vostri occhi, adescherebbela brama del vostro cuore: vi piace-rebbe il lavoro artistico, il peso del-l’argento, lo splendore del metallo.Ciascuno di voi non direbbe: Potes-si possedere questo vaso? E lo dire-ste senza giovamento, perché non èvostro. Può darsi che qualcuno, de-siderandolo, pensasse di rubarlo incasa altrui. Vi si intessono le lodidella carità: se vi piace, l’avete, lapossedete: non c’è bisogno checommettiate furto, non c’è bisognoche pensiate di comprarla: è gratui-ta. Tenetela salda, abbracciatela:nulla è più dolce! Se quando ne par-liamo è tanto bella, come sarà quan-do l’avremo? [AGOSTINO, «Commentoalla prima lettera di san Giovanni»,7,10].

Chi ha incontrato Dio ha incon-trato l’amore e canta il Magnificatsenza esitare.

Il Magnificat è il canto nuovo

Quando si leggono i Salmi ripetu-tamente si sente l’esortazione a can-tare al Signore “un canto nuovo”:“Cantate al Signore un canto nuovo,suonate la cetra con arte e acclamate.Poiché retta è la parola del Signoree fedele ogni sua opera.Egli ama il diritto e la giustizia,

della sua grazia è piena la terra” (Sal 33(32), 3-5).

“Cantate al Signore un canto nuovo,cantate al Signore da tutta la terra.Cantate al Signore, benedite

il suo nome,annunziate di giorno in giorno

la sua salvezza.In mezzo ai popoli raccontate

la sua gloria,a tutte le nazioni dite i suoi prodigi”(Sal 96(95), 1-3).

“Cantate al Signore un canto nuovo,perché ha compiuto prodigi.Gli ha dato vittoria la sua destrae il suo braccio santo.Il Signore ha manifestato

la sua salvezza,agli occhi dei popoli ha rivelato

la sua giustizia.Egli si è ricordato del suo amore,della sua fedeltà alla casa di Israele.Tutti i confini della terra

hanno vedutola salvezza del nostro Dio” (Sal 98(97), 1-3).“Cantate al Signore un canto nuovo;la sua lode nell’assemblea dei fedeli” (Sal 149, 1).

Perfino il profeta Isaia si aggiun-ge al coro:“Cantate al Signore un canto nuovo,lode a lui fino all’estremità della terra;lo celebri il mare

con quanto esso contiene,le isole con i loro abitanti.Esulti il deserto con le sue città,esultino i villaggi dove abitano

quelli di Kedàr;

acclamino gli abitanti di Sela,dalla cima dei monti alzino grida.Diano gloria al Signoree il suo onore divulghino nelle isole”

(Is 42, 10-12).La cosa che colpisce in questi

brani è che il loro contenuto è fusodi nuovo dentro il Magnificat di Ma-ria. Ancora una volta sant’Agostinoce ne spiega il perché:

“Cantate al Signore un cantonuovo; la sua lode nell’assemblea deifedeli” (Sal 149, 1).

Siamo stati esortati a cantare al Si-gnore un canto nuovo. L’uomo nuo-vo conosce il canto nuovo. Il cantareè segno di letizia e, se consideriamola cosa più attentamente, ancheespressione di amore.

Colui dunque che sa amare la vitanuova, sa cantare anche il canto nuo-vo. Che cosa sia questa vita nuova,dobbiamo saperlo in vista del cantonuovo. Infatti tutto appartiene a unsolo regno: l’uomo nuovo, il cantonuovo, il Testamento nuovo. Perciòl’uomo nuovo canterà il canto nuovoe apparterrà al Testamento nuovo.

Non c’è nessuno che non ami,ma bisogna vedere che cosa ama.Non siamo esortati a non amare, maa scegliere l’oggetto del nostro amo-re. Ma che cosa sceglieremo, se pri-ma non veniamo scelti? Poiché nonamiamo, se prima non siamo amati.Ascoltate l’apostolo Giovanni: “Noiamiamo perché egli ci ha amati perprimo” (1 Gv 4, 10).

Cerca per l’uomo il motivo per cuidebba amare Dio e non troverai chequesto: perché Dio per primo lo haamato. Colui che noi abbiamo amato,ha dato già se stesso per noi, ha datociò per cui potessimo amarlo.

Che cosa abbia dato perché loamassimo, ascoltatelo più chiara-mente dall’apostolo Paolo: “L’amoredi Dio è stato riversato nei nostri cuo-ri” (Rm 5, 5). Da dove? Forse da noi?No. Da chi dunque? “Per mezzo del-lo Spirito Santo che ci è stato dato”(Rm 5, 5).

Il cantare è segno di letizia. Colui che sa amare la vita nuova, sa cantare

il canto nuovo

Avendo dunque una sì grande fi-ducia, amiamo Dio per mezzo diDio.

Ascoltate più chiaramente lo stes-so Giovanni: “Dio è amore; chi vivenell’amore dimora in Dio e Dio di-mora in lui” (1 Gv 4, 16). Non bastadire: “L’amore è da Dio” (1 Gv 4, 7).Chi di noi oserebbe dire ciò che èstato detto: “Dio è amore”? Lo dissecolui che sapeva ciò che aveva. Dioci si offre in un modo completo. Cidice: Amatemi e mi avrete, perchénon potete amarmi, se già non mipossedete.

O fratelli, o figli, o popolo cristia-no, o santa e celeste stirpe, o rigene-rati in Cristo, o creature di un mondodivino, ascoltate me, anzi per mezzomio: “Cantate al Signore un cantonuovo”.

Ecco, tu dici, io canto. Tu canti,certo, lo sento che canti. Ma badache la tua vita non abbia a testimo-niare contro la tua voce.

Cantate con la voce, cantate conil cuore, cantate con la bocca, canta-te con la vostra condotta santa. “Can-tate al Signore un canto nuovo”.

Mi domandate che cosa dovetecantare di colui che amate? Parlatesenza dubbio di colui che amate, dilui volete cantare. Cercate le lodi dacantare? L’avete sentito: “Cantate alSignore un canto nuovo”. Cercate lelodi? “La sua lode risuoni nell’as-semblea dei fedeli”. Il cantore diven-ta egli stesso la lode del suo canto.

Volete dire le lodi a Dio? Siate voistessi quella lode che si deve dire, e

sarete la sua lode, se vivrete bene[AGOSTINO, «Discorsi», 34, 1-6].

Tutti gli uomini amano qualcosae si differenziano per ciò che amano,ma il grande vescovo di Ippona cispiega che il cristiano è unico nellasua posizione: egli ama Colui che loha amato per primo. In realtà è tra-scinato da un amore che gli è statodonato. È naturale quindi che Maria,prima cristiana della storia, vengatravolta dalla gioia di questo amore.

La novità del battezzato è tuttaqui: che il legame nuovo che lo legaalla vita è quello stesso che lo legaanche al suo Dio. Tutto questo eglilo esprime con la sua lingua, con ilsuo canto, con il suo cuore, con lasua voce e con il suo costume di vi-ta. Il cristiano diviene così: “egli stes-so la lode del suo canto”.

Il mistero di Dio nella “piena di grazia”

Maria resta tuttavia la creatura dacui il Magnificat, come “canto nuo-vo” è sgorgato per primo. Guardan-dola così, si avverte anche tutto il sa-pore del mistero di Dio che in lei siracchiude.

Il Card. Suenens ha scritto di lei:Siamo qui nel cuore del mistero di

Dio, che sconvolge i nostri gretti si-stemi, i nostri timidi dosaggi, le nostresovrapposizioni; entriamo in un mon-do di reciproca apertura, di assolutodisinteresse, di comunione luminosa.

Lo Spirito che inonda Maria è, eresta, sempre lo Spirito del Figlio. Èlui a «cristianizzare» Maria a unaprofondità che noi non possiamoneanche intravedere. Maria è la cri-stiana per eccellenza, la «cristificata»per sovrabbondanza. In lei, lo Spiritosanto realizza il suo capolavoro. È leiil suo successo e il suo splendore[L.J. SUENENS, «Lo Spirito santo nostrasperanza», p. 192]

Sono queste riflessioni che ci con-ducono a gioire di essere stati chia-mati dal Signore a far parte di questaComunità. Non ci resta che meditaree pregare perché la gioia di Mariacontinui a scorrere nei nostri cuori e liconduca sempre più a lodare Dio conil nostro Magnificat. Un “canto nuo-vo” che nasce da un cuore coscientedella grandezza dell’amore ricevuto.Un amore che ci trascina alla lode:“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipo-tente e Santo è il suo nome…”.

27

I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

«Cantate un cantonuovo»: cantate

con la voce, con ilcuore, con la bocca

e con la vostracondotta santa

28

Il Magnificat: canto di lode al Signore

“Fa’ della tua vitaKim Kollins è membro della Co-

munità delle Beatitudini e dell’ ESCI,il Sub-Comitato Europeo dell’ICCRS.Noi tutti la conosciamo per esserestata l’iniziatrice del progetto «Rove-to Ardente», esperienza spiritualediffusa oggi in tutto il mondo e inco-raggiata anche dal papa GiovanniPaolo II durante i Vespri di Penteco-ste 2004 in Piazza San Pietro con ilRinnovamento.

Oggi è leader impegnata nell’e-vangelizzazione e responsabile in di-verse realtà carismatiche a livello in-ternazionale e ecumenico. È autricedi alcuni libri: «Roveto ardente. Un ri-torno al Cenacolo nell’adorazione enell’intercessione» e «È solo l’inizio.Un’avventura con Gesù».

Le abbiamo posto alcuni consigli‘flash’ su come trasformare la nostravita in un perenne «canto di lode».

— Come iniziare concretamenteuna vita di lode in un mondo pienodi problemi e di stress? Come tro-vare un senso nella lode quandointorno a noi vediamo «grigio»?

È una scelta, io spesso non misento di pregare ma ci sono alcunipassi della Scrittura che mi aiutano aricordare qual è la volontà del Signo-re per me: “State sempre lieti, prega-te incessantemente, in ogni cosa ren-dete grazie; questa è infatti la vo-

lontà di Dio in Cristo Gesù verso divoi” (1 Ts 5,16-18). Devi avere le fon-damenta della Parola di Dio scrittanel tuo cuore per crescere nelle viedel Signore.

La lode è la forma di preghierache più immediatamente riconosceche Dio è Dio! Lo canta per se stesso,gli rende gloria perché EGLI È, a pre-scindere da ciò che fa (CCC 2639).Ma non dobbiamo mai dimenticareche la preghiera è anche una lotta…La preghiera è un dono della graziae da parte nostra una decisa risposta.È una lotta contro noi stessi e controle astuzie del tentatore che fa di tutto

per distogliere l’uomo dalla preghie-ra, dall’unione con il suo Dio” Unaconsiderazione potente da ricordareè: Si prega come si vive, perché si vivecome si prega (CCC 2725).

— Qual è il passo necessario e de-cisivo da compiere per una vita vis-suta come lode gioiosa?

Prendere la decisione di farlo econfidare nel Signore e nella sua fe-deltà per imparare come crescereogni giorno di più nella comunionecon Lui. È qui che il dono delle lin-gue può essere di grande aiuto per lanostra vita di preghiera personale.Uno dei miei passi preferiti che puòapplicarsi a questo tipo di preghieraè Romani 8,27: “Colui che scruta icuori sa quali sono i desideri delloSpirito, perché egli intercede per icredenti secondo i disegni di Dio”.

— Quali sono i frutti di una vita dilode?

“Non dobbiamo maidimenticare

che la preghiera è anche

una lotta...”

INTERVISTA A KIM COLLINS

> di Antonio Montagna

UN CANTO DI LODE”

Un’immagine di Kim Collins.

Essa pone le basi affinché lo Spi-rito porti i suoi frutti nelle nostre vi-te. E “il frutto dello Spirito è amore,gioia, pace, pazienza, benevolenza,bontà, fedeltà, mitezza, dominio disé; contro queste cose non c’è legge”(Gal 5,22).

— Si può considerare una man-canza di autenticità se con le no-stre bocche ci sforziamo di dare lo-de al Signore quando nei nostricuori albergano invece tristezza odelusione o rabbia o paura?

No, per niente, noi obbediamoalla Sua parola quando entriamo nel-la lode con questi pesi nel cuore.Non è facile, può essere molto diffi-cile ma immergetevi nella lode e ve-drete come il Signore si fa vicino conla sua grazia. Un’altra promessa delSignore, molto significativa per meproprio in questo tempo, è questa:“Noi sappiamo che tutto concorre albene di coloro che amano Dio, chesono stati chiamati secondo il suo di-segno” (Rm 8,29).

— Puoi dirci qualcosa sull’impor-tanza di condividere la lode con glialtri? Non sarebbe sufficiente loda-re il Signore nel segreto della miacamera?

Per me è molto più difficile loda-re da sola, è nella comunione con imiei fratelli e sorelle che entro piùvelocemente e profondamente nel-l’adorazione e nella lode del Signore.È anche importante riservarsi un tem-po di preparazione prima di andaread un incontro di preghiera. Invece,

quando sono da sola, devo prenderela decisione di concentrare il miocuore su uno e un solo obiettivo,cioè amare il Signore con tutto il miocuore, con tutte le mie forze, con tut-ta la mia mente ed entrare in pre-ghiera nello Spirito Santo per unbuon lasso di tempo.

— Tu sei stata ispirata profetica-mente a iniziare una nuova espe-rienza spirituale nel Rinnovamento:il Roveto Ardente. Ci puoi dare unadefinizione di questa esperienza?

È molto difficile rispondere a que-sta domanda in poche parole. Sugge-rirei a chi è interessato di visitare ilsito web burningbushinitiative.comdove sono pubblicati molti utili arti-coli in italiano su questa chiamata al«Ritorno al Cenacolo nell’adorazionee nell’intercessione» (Iniziativa Rove-to Ardente).

— Talvolta nei nostri gruppi e co-munità si è cercato di «replicare»l’esperienza del Roveto Ardente ela sua esplosione di giubilo. Puoidarci qualche consiglio su comeavvicinarsi a questa esperienzaspirituale?

Vorrei sottolineare che non è be-ne «replicare» un’esperienza spiritua-le. È la disposizione del cuore, dicui ho parlato prima a propositodella lode personale e comunitaria,la «chiave» con cui accostarsi a qua-lunque genere di preghiera. Il mioprimo desiderio è semplicementequello di amare il Signore in tutte leforme di preghiera, questa è la miaprincipale motivazione e abitual-mente provo a mantenere questo at-teggiamento durante i miei tempi dipreghiera, persino quando entro inun tempo di intercessione. È ancheciò che chiedo al gruppo della mu-sica e del canto: prima ancora cheper guidare l’assemblea alla lode es-si sono lì per amare il Signore contutto quello che sono e affidarsi alloSpirito Santo perché li guidi passodopo passo.

Gesù è il Signore del nostro servi-zio, e non viceversa! Mantenete levostre priorità fedeli ai Suoi coman-damenti divini e avrete molte sorpre-se dallo Spirito Santo che porterà lasua gioia speciale nei vostri cuori. Lagioia del Signore è la nostra forza edè da questa gioia che nasce un’inter-cessione feconda.

29

“È la disposizione del cuore la ‘chiave’con cui accostarsi

a qualunque genere di preghiera”

Kim Collins.

Carismi privati1. Fondamento biblico

In ogni comunità cristiana apertaall’esperienza dello Spirito di Pente-coste è scontato che si possiedanovari carismi dovuti a una donazionegratuita del Signore. Nella Lettera aiRomani San Paolo fa accenno ai cari-smi più comuni ed evidenti in queiprimi tempi della Chiesa: profezia,diaconia, insegnamento, esortazione,donazione, presidenza, compassione.Invita i fedeli a tenere presenti i mo-di migliori per corrispondere con ladovuta responsabilità e sobrietà aqueste donazioni divine. Responsabi-lità, perché questi carismi ci sono sta-ti dati per fare del bene agli altri. So-brietà, perché potremmo essere ten-tati di non rimanere nei limiti del ca-risma che ci è stato dato o conferito.

2. Criteri di ecclesialità I gruppi e le comunità del Rinno-

vamento Carismatico possono esserericonosciuti come realtà cattoliche sesono contrassegnati dalle seguenticaratteristiche:a) si sentono chiamati a una vita di

santità.b) professano responsabilmente la

loro fede cattolica in comunionesalda e convinta con il Papa..

c) conducono una vita di unione conDio e di comunione fraterna.

d) accolgono e usano i carismi perl’edificazione della vita della co-munità e della Chiesa.

e) partecipano con slancio missiona-rio al fine apostolico della Chiesa:la nuova evangelizzazione.

f) dimostrano un impegno di pre-senza nella società umana

g) hanno, secondo l’opportunità,un’approvazione esplicita dellacompetente autorità ecclesiastica.(Cf. «Christifideles Laici», n.30-31)

3. L’assistenza sacerdotaleL’assistenza spirituale diretta ad

un gruppo o ad una comunità delRinnovamento Carismatico non si de-

ve ritenere affidata a qualsiasi sacer-dote. Giovanni Paolo II ricorda l’im-portanza di una condivisione spiri-tuale che renda il sacerdote partecipedella stessa esperienza dei doni delloSpirito Santo che caratterizzano la vi-ta dei membri del Rinnovamento Ca-rismatico. Esperienza che si fonda suuna rinnovata effusione dello Spiritodi Pentecoste. Anche in questo casoal sacerdote viene raccomandato dievitare autoritarismi che sono in con-trasto con il Vangelo.

Il sacerdote è chiamato a riviverel’autorità e il servizio di Gesù CristoCapo e Pastore della Chiesa animan-do e guidando la comunità ecclesialee conducendola al Padre per mezzo

30

Filocalia carismatica

E CARISMI ASSEMBLEARI

> Giuseppe Bentivegna S.J.

di Cristo nello Spirito Santo (PO 9).Questo «munus regendi» è compitomolto delicato e complesso, che inclu-de, oltre all’attenzione alle singolepersone e alle diverse vocazioni, lacapacità di coordinare tutti i doni ecarismi che lo Spirito Santo suscitanella comunità, verificandoli e valo-rizzandoli per l’edificazione dellaChiesa sempre in unione con i Vesco-vi” («Pastores dabo Vobis», n.26)

Il Sacerdote, da parte sua, non puòesercitare il suo servizio per conto delRinnovamento a meno che e fino ache non adotti un atteggiamento dibuona accoglienza verso di esso, ba-sato sul desiderio, che egli condividecon ogni cristiano in virtù del battesi-mo, di crescere nei doni dello SpiritoSanto… Il Sacerdote presta questo suoservizio presbiterale in virtù della re-sponsabilità pastorale conferitagli nel-l’Ordinazione (Giovanni Paolo II, Di-scorso ai partecipanti al IV CongressoInternazionale dei responsabili delRinnovamento Carismatico Cattolico,n.4. Giovedì 7 maggio 1981). “L’obbe-dienza cristiana autentica, rettamen-te motivata e vissuta senza servilismi,aiuta il presbitero ad esercitare conevangelica trasparenza l’autorità chegli è affidata nei confronti del Popolodi Dio; senza autoritarismi e senzascelte demagogiche. Solo chi sa obbe-dire in Cristo, sa come richiedere, se-condo il Vangelo, l’obbedienza altrui”(«Pastores dabo Vobis», n. 28).

4. La direzione spiritualeLa direzione spirituale vera e pro-

pria va intesa come arte e scienza diguidare le persone alla perfezione cri-stiana. Ha lo scopo di indicare alleanime il vero cammino che devonopercorrere per progredire fino al ver-tice della unione con Dio. Non si trat-ta di spingere ma di guidare soave-mente rispettando la libertà dell’ani-ma che viene condotta secondo lagrazia e i carismi che il Signore le vaconcedendo. Bisogna tuttavia guar-

darsi da facili presunzioni suggeritedalla vanagloria o da non riconosciu-ta ignoranza. Nessuna comunità inquanto tale è sufficiente a sostituireper un’anima la direzione spiritualedi cui si deve occupare una personadotata delle caratteristiche appropria-te per fare da guida spirituale.

Gesù Cristo non darà mai la suagrazia, senza la quale non possiamofar nulla, a chi, avendo a disposizio-ne una persona capace di istruirlo edirigerlo, disprezza questo aiuto per-suaso che basterà a se stesso e che tro-verà da solo tutto quello che è utile al-la sua salvezza (S. Vincenzo Ferreri).

Certo la «direzione spirituale» (o il«consiglio spirituale» o il «dialogo spi-rituale», come talvolta si preferisceesprimersi) può essere svolta anche aldi fuori del contesto del sacramentodella Penitenza e anche da chi non èinsignito dell’ordine sacro. Non sipuò però negare che tale funzione in-sufficiente, se attuata soltanto all’in-terno di un gruppo, senza un rappor-to personale di fatto è frequentementee felicemente legata al sacramentodella Riconciliazione e viene svoltada un “maestro di vita” (cf Ef 4,11),da uno spiritualis senior (Reg. S. Ben.4,50-51), da un «medico», da unaguida delle cose di Dio che è il sacer-dote, il quale è reso idoneo a mansio-

ni speciali nella Chiesa per un donosingolare di grazia (S. Tommaso,«Summa Theologica», Supplementum,qq. 18, 36, 35) (Giovanni Paolo II, ca-techesi 11 aprile 1984)

5. Comunione fraterna e condivisione ecclesiale

L’uso dei carismi in una comunitàaperta all’azione dello Spirito è sotto-posto a una regola semplice: “Tutto sifaccia per l’edificazione” (1Cor14,26), cioè i carismi vengono accoltinella misura in cui recano un contri-buto costruttivo alla vita della comu-nità, vita di unione con Dio e di co-munione fraterna. S. Paolo insistemolto su questa regola “Poiché desi-derate i doni dello Spirito, cercate diaverne in abbondanza , per l’edifica-zione della comunità” (1Cor 14,12).

I gruppi e le comunità del Rinno-vamento Carismatico sono una mani-festazione particolare della gioia dicondividere con gli altri il bene deicarismi che ognuno ha ricevuto dalSignore. Questa condivisione ha aiu-tato il Rinnovamento Carismatico apartecipare attivamente, con maggio-re entusiasmo e carità fraterna, allacomunione e missione della Chiesa.Per questo ha ricevuto tanta lode daparte di molti vescovi, ma soprattuttoda parte degli ultimi Pontefici.

Christifideles laici n.24. I cari-smi sono dati a una persona singola,ma possono anche essere condivisida altri. Nessun carisma dispensa dalriferimento e dalla sottomissione ai

31

L’uso dei carismi in una comunità

aperta allo Spirito è sottoposto alla regola

dell’edificazionevicendevole

Pastori della Chiesa… Affinché tutti icarismi cooperino, nella loro diversitàe complementarietà, al bene comune(CL n.29). Il Vaticano II indica nell’a-postolato associato un segno della co-munione e dell’unità della Chiesa inCristo… È anzitutto da riconoscersi lalibertà associativa dei fedeli laici nellachiesa. Tale libertà è un vero e pro-prio diritto che non deriva da unaspecie di «concessione» dell’autorità,ma che scaturisce dal Battesimo, qua-le sacramento che chiama i fedeli apartecipare attivamente alla comunio-ne e missione della Chiesa.

6. Esperienza di nuovi carismiLa Tradizione cristiana non ha

considerato esaustivo il numero deicarismi menzionati da san Paolo. Èuna verità, questa, che ci viene ricor-data da Giovanni Paolo II: bisognanotare che l’enumerazione dell’Apo-stolo non ha un carattere limitativo:Paolo indica i doni particolarmentesignificativi nella Chiesa di allora,doni che non hanno cessato di mani-festarsi anche nelle epoche successive,ma senza esaurire, né alle origini néin seguito, tutto lo spazio aperto versosempre nuovi carismi che lo SpiritoSanto può concedere in rispondenzaa nuovi bisogni. Poiché “a ciascuno èdata una manifestazione particolaredello Spirito per l’utilità” (1Cor 12,7),quando sorgono nuove esigenze enuovi problemi della «Comunità», lastoria della Chiesa ci attesta la pre-senza di nuovi doni (27.02.1991). È

bello menzionare alcuni nuovi cari-smi che si sono manifestati in questiultimi decenni: 1. Memoria perma-nente e proclamazione profetica diSalmi (PA); 2. Profezie numeriche diparole bibliche (RG); 3. Immaginiprofetiche (PA). 4. Canto profeticoappropriato (ME). 5. Carismi localiancora aperti al riconoscimento e alladefinizione (TO).

7. Linguaggio di sapienza e di conoscenza

La parola di sapienza è un cari-sma che si rivela quando un creden-te parla non in termini che si ade-guano a conclusioni raggiungibilicon il semplice ragionamento uma-no, filosofico, mondano, o, peggioancora, diabolico. È reso capace dispiegare misteri profondissimi dellanostra fede con concetti imprevedi-bili dalla mente umana e che riem-piono il cuore di una esperienzagioiosa delle cose di Dio.

La parola di conoscenza è un ca-risma che si manifesta quando uncredente trova il modo migliore permettere a servizio dei misteri di Dio edei comportamenti morali dell’uomotutte le capacità dell’intelligenza uma-na. Per virtù di una conoscenza infu-sa, o prodotta anche in unione con lostudio, rende quasi tangibili, median-

te concetti umani, paragoni ed esem-pi, le verità soprannaturali di cui trat-ta. Mediante questa conoscenza nellanostra vita di fede siamo resi capacidi agire sia per il vantaggio dei buonisia per la difesa contro i cattivi (cf. S.Agostino, «De Trinitate» 12-14).

8. Fede carismaticaLa fede, di cui qui si tratta, non è

la fede dei dogmi, ma dei miracoli;cioè, una fiducia altissima in Dio, ca-pace di impetrare da Dio tutto ciòche dai fedeli si vuole. La forza dellafiducia è tale da smuovere i monti.Questa fede è la madre dei miracoli enasce dalla fede teologica e la inclu-de. Implica una fiducia fermissima inDio, in virtù della quale l’uomo con-fida che Dio farà quello che gli è sta-to chiesto (cf Mc 9,23; Lc 17,5).

Quando Paolo scrive “a un altrola fede” (1Cor 12,9) non parla dellafede che riguarda i dogmi (fede dog-matica), ma della fede che riguarda isegni (fede carismatica). Di questa fe-de Cristo dice: “Se avrete fede pari aun granellino di senape direte a que-sto monte: Spostati di qui, ed esso sisposterà” (Mt 17,19). È questa la fedeche gli apostoli chiedevano dicendo:“Accresci la nostra fede” (Lc 17,5).Questa fede è la madre dei segni. Bi-sogna possedere una fede ferma, se

32

Filocalia carismatica

La libertà dei fedelidi associarsi non èuna concessione

dell’autorità, ma un diritto

che scaturisce dal battesimo

La celebrazione della messa al campeggio di Montesilvano del gennaio 2007.

si vogliono vedere le cose che vannoal di là della speranza: poiché l’incer-tezza (di fede) è una grande malattiae ci priva dei carismi da parte di Dio(Cirillo Alessandrino).

9. Guarigioni e miracoliI «carismi di guarigioni» indicano

particolari capacità che lo SpiritoSanto dà ad alcuni perché si prenda-no cura delle infermità e malattiecorporali degli altri. “Operazioni dipotenze” è l’espressione originaleche san Paolo usa per indicare operefisiche prodigiose, più comunementechiamate miracoli, nelle quali ri-splende in modo molto luminosol’onnipotenza di Dio.

Non è la stessa cosa possedere icarismi delle guarigioni e il potere deimiracoli. Infatti chi ha i carismi delleguarigioni è utile agli altri ridando lasanità a chi soffre di un malessere cor-porale. Chi invece ha il potere dei mi-racoli può anche dimostrarlo median-te punizioni correttive o esemplaricompiute al di sopra delle forze dellanatura: Paolo che viene accecato (At9,8), Pietro che fa morire (cf At 5,5).

I miracoli sono talvolta compiutiper mezzo di soggetti, che non sonodotati di santità. Non ci deve quindilasciare impressionati il fatto che deiprodigi di indubbia origine divinavengano operati mediante individui,nei quali Dio non abita o non abitaancora. Si tratta sempre di azioni,che, se compiute in nome di Cristo,servono comunque a far conoscere amolti il suo nome (G. Crisostomo;Agostino).

10. ProfeziaIl carisma della profezia comporta

rivelazioni di cose arcane e consistesia in eventuali predizioni circa il fu-turo (profezia propriamente detta) sianella spiegazione di sensi difficili eocculti della Sacra Scrittura (profeziaimpropriamente detta).

Gli interventi di coloro che parla-no esercitando questo dono fannosenz’altro bene ai fedeli riuniti in as-semblea, ma esercitano un poterespeciale negli animi ben disposti de-gli infedeli o non iniziati presenti.Avvertiranno sensi di riprovazioneper tutti i mali della loro vita. E secorrisponderanno a questa grazia delSignore, proclameranno che fra imembri di quella comunità c’è unaparticolare presenza di Dio.

Una profezia potrebbe essereproferita in lingue; ma allora rimaneallo stato di segno. E resta incom-prensibile, finché il Signore nonsciolga la lingua e faccia proferire leparole intelligibili, necessarie per lacomprensione del contenuto del suomessaggio.

Il vero profeta non ha bisogno diproclamarsi tale, non ha bisogno diammonizioni ed esortazioni. Se infat-ti è vero profeta, conosce senza al-cun dubbio le cose che deve dire,perché “giudica tutto e non è giudi-cato da nessuno” (1 Cor 2,15). Sonofalsi profeti, insegna Agostino, colo-ro che presumono di essere profeti:proprio perché ipotizzano di esserlo,non lo sono. Si illudono di parlare

nel nome del Signore, ma di fattonon sanno quello che dicono.

C’è bisogno della medesima po-tenza (dynameos) sia in coloro cheprofetizzano sia anche in coloro chesono uditori dei profeti. E nessunopuò mai ascoltare e capire un profe-ta, se non la persona alla quale lo Spi-rito ha dato il potere profetico di com-prendere le parole ispirate dallo stes-so Spirito (S. Giovanni Damasceno).

11. DiscernimentoIl discernimento è un dono spiri-

tuale, in virtù del quale il credente èilluminato dallo Spirito Santo in mo-do da esprimere un giudizio certo sucose che sono troppo profonde per-ché l’intelligenza umana le possa de-finire.

Possiamo però parlare di un verocarisma del discernimento, quandoun credente è reso capace di vederela cattiveria, che talvolta si nascondeproprio dove si hanno tutte le appa-renze della bontà.

I casi, però, nei quali si ha ungrandissimo bisogno del dono del di-scernimento degli spiriti, sono quelli,nei quali lo spirito maligno è riuscitoa sedurre lo spirito umano in manie-ra così sottile da tenerlo in possessomediante attrazioni, che hanno tuttal’apparenza della verità e dell’utilità.

12. Lingue e InterpretazioneIl vero valore del parlare in lin-

gue è determinato dall’affetto che èpresente nel cuore della persona

33

Il discernimento è un dono spirituale

in virtù del quale il credente è illuminato

dallo Spirito Santo

San Pietro guarisce uno storpio.

nella quale si attua questo carisma.Anche quando la comunità non com-prende il contenuto delle parole pro-ferite, non bisogna mai pensare chesi tratta di un dono dato a vuoto. Èun dono che implica anche una se-greta benevolenza del Signore per lacomunità che con riverenza lo acco-glie (cf 1Sam 1,12-13).

Se esercitato con la dovutaumiltà, questo dono si risolve certa-mente in un invito a lodare questameraviglia del Signore.

Il bene della comunità in pre-ghiera non rimane salvaguardato,quando il dono delle lingue vieneusato in maniera confusa. La praticadi questo dono è facilmente accom-pagnata dai limiti e dalle difettositàdella nostra natura, causati sia dallasua creaturalità sia dalle ferite prove-nienti dal peccato.

Il carisma delle lingue non fini-sce di essere dono e di esercitare ilsuo beneficio in chi lo possiede, an-che quando non si esercita in ma-niera pubblica. La persona che pri-vatamente lo pratica, parlando a sestessa e a Dio, ne riceve certamenteun beneficio; beneficio che in virtùdella comunione dei santi, si riversaanche misteriosamente nella comu-nità.

Il valore del carisma della inter-pretazione non diminuisce per nullal’importanza che va data anche aldono delle lingue. Anche questo èun dono che piace a Dio: un cari-sma che si unisce bene agli altri do-ni con i quali lo Spirito Santo si com-

piace di abbellire la Chiesa del Si-gnore.

13. Accoglienza e compassioneLe «accoglienze» (antilempseis) è

il termine che san Paolo ama usareper indicare il carisma di coloro chesono portati dallo Spirito a prender-si una particolare cura degli ultimiarrivati e di coloro che sia psicologi-camente sia fisicamente sia econo-micamente sono in uno stato che ri-chiede una particolare assistenza. Sitratta di doni di misericordia sia spi-rituale che corporale.

Tutti i servizi che si svolgono inuna comunità di credenti (accompa-gnamento di anime, accoglienza,preparazione degli ambienti ecc.)devono essere svolti considerandolisostenuti da una grazia speciale delSignore. Questo carisma si congiun-ge con quello di cui gode in modoparticolare la persona che gioiscenel fare opere di misericordia (oeleòn en ilaroteti), cioè che sente unforte impulso a venire incontro aimembri dell’assemblea che sonoparticolarmente provati dalla soffe-renza sotto tutte le sue forme.

14. IntercessionePossiamo dare il nome di inter-

cessione al carisma con il quale loSpirito Santo valorizza la preghieradel credente che è ispirato a pro-porre a Dio i bisogni spirituali del-l’assemblea riunita nel nome del Si-gnore.

Chi possiede questo carisma èabilitato a rivolgere a Dio “ogni sor-ta di preghiere e suppliche nello Spi-rito” (Ef 6,18) a favore dell’assem-blea; è fatto portavoce dello Spiritostesso, che “intercede con insistenzaper noi con gemiti inesprimibili”(Rm 8,26). La persona che ha questocarisma, al quale san Paolo dà an-che il nome di «Spirito», prega a no-me di coloro che le stanno attorno edomanda a Dio ciò che è utile pertutta l’assemblea.

Non è infatti pregare nello Spiri-to, insegna san G. Crisostomo, quan-do una persona recita parole a van-vera (esti gar mè en Pneumati pro-seuchesthai, otan tis battologè)”(Hom 24,in Ep. ad Eph.1,PG 62,169).

Non pensate che le cose che a voisembrano utili difatti lo siano. Percapire questo abbiamo bisogno del-l’aiuto di Dio. Per questo Paolo scri-ve: “Nemmeno sappiamo che cosasia conveniente domandare, ma loSpirito stesso intercede con insisten-za per noi con gemiti inesprimibili”(Rm 8,26). Si tratta del carisma dipreghiera (euchès charisma), al qua-le Paolo dà il nome di Spirito. Poi-ché, ignorando molte di quelle coseche ci sono utili, domandiamo coseinutili, veniva dato un carisma dipreghiera a qualcuno di quelli chepartecipavano: la persona che rice-veva questo carisma allora stando inpiedi domandava ciò che era utileper tutta l’assemblea e ammaestravagli altri. “Qui egli dà il nome di Spi-rito a questo preciso carisma e all’a-nima della persona che l’aveva rice-vuto e che pregava Dio e che gemeva(G. Crisostomo).

34

Filocalia carismatica

Il dono delle linguerichiede di essere

esercitato con umiltà e ordine,

altrimenti crea confusione

San Giovanni Crisostomo.

35

una raccolta di 16 canti per:pregare la Parola

cantando la Parola,entrare nella Parola

cantando la Parola,amare la Parola

cantando la Parolache è Cristo,

da lui lasciarsi rapire

“LA TUA PAROLA MI INCANTA”

BUON COMPLEANNO COMUNITÀ MAGNIFICAT:

E SIA LA FESTA!

Non c’è festa senza musica, questo si sa bene perchéda sempre, da che è storia, in ogni tempo e cultura, l’uo-mo che festeggia canta.

Vero anche per noi che festeggiamo il 30° anno dal-la nascita della Comunità Magnificat con l’uscita tan-to attesa del compact disk “la tua Parola mi incanta”.

Che dire per presentare il disco? Il titolo dice giàtutto: 16 canti semplici, nati in preghiera con lo sco-po di condurre alla preghiera, nelle pieghe profondee misteriose della Parola in cui il cuore dell’uomo ètoccato da Dio e ne resta incantato.Canti per lodare Gesù, adorare la sua Maestà,diffondere nel mondo con il linguaggio della musi-ca la grandezza del suo Amore e testimoniare lapotenza del suo Nome.

Canti che costituiscono il patrimonio spirituale dellanostra Comunità e che, dunque, non appartengono sol-tanto a chi ha composto i pezzi o chi ha lavorato alla rea-lizzazione di essi,ma a tutto il popolo della Comunità Ma-gnificat perché esprimono la nostra spiritualità, la profe-zia donata a noi e fissata nel canto per meglio custodirla.

A lode e gloria di Dio!

1978-2008: e sia la festa!1978-2008: e sia la festa!

Consacrati per la Comunità

Facendo seguito all’articolo, già pub-blicato in precedenza, volto ad introdur-re l’importante tema della consacrazione,ecco ora un’interessante testimonianzamessa a disposizione da Wanda, la sorel-la che per prima ha intrapreso, fidandosidi Dio, il cammino della vita comunitariae consacrata.

Ho potuto incontrare Wanda di re-cente, nella casa Agnus Dei dove lei abi-ta, insieme ad Anna e ad Annamaria, an-ch’esse consacrate per il Signore. A que-sto nucleo si è aggiunta da poco ancheTeresa. Tale luogo di Adorazione di GesùEucaristia, situato proprio davanti all’anti-co complesso di San Manno, è anchepunto di accoglienza e di ascolto per tut-te le necessità spirituali dei fratelli dellaComunità. Quante volte anch’io, dopoaver vissuto l’esperienza tonificante di unmomento di preghiera e di condivisionecon la piccola Comunità che vi abita, so-no tornato al lavoro ed ai problemi quo-tidiani sollevato e rinfrancato! Davveropossiamo dire che si tratta di un farosempre acceso nella notte e che dalla lu-ce che dallo stesso si diffonde promanauna continua onda di bene e di pace.

Ho conosciuto più da vicino Wanda ele sue sorelle agli inizi del 2000, ovveroquando, appena ricevuta la preghiera dieffusione, iniziavo a capire che il Signoremi stava indicando la preghiera carisma-tica come un importante punto di riferi-mento per la mia vita. Da qui è poi natal’altra, ed ancora più importante, chiama-ta, ovvero quella a far parte della Comu-nità Magnificat come membro alleato del-la stessa.

Ora, però, non intrecciamo le testi-monianze e torniamo ad ascoltare Wan-da. Le sue prime parole sono già statepubblicate su questa stessa rivista circavent’anni fa, ed è importante poterle ri-leggere ora.

In me le sofferenze passate per la crisidel mio matrimonio avevano lasciato im-pronte indelebili nel cuore e nella mente eciò che ora assume un senso perché inchiave cristiana non è illeggibile, allorami sembrava un’assurdità. Pensavo che,

al limite, si potesse arrivare al perdono.Allora capii che la radice era proprio lì,nel perdono.

Quando mi resi conto dell’importan-za e della necessità di perdonare, comin-ciarono con ritmo martellante le tenta-zioni. Un continuo alternarsi di doman-de e risposte e talvolta con l’amara con-clusione che, se due persone che avevanoscelto di vivere la comunione non eranopiù inserite in un tessuto di relazione, lacolpa doveva necessariamente ricaderein quella terza persona estranea che, in-curante delle conseguenze, aveva datoun colpo d’ascia e spezzato ciò che era le-gato da un vincolo, non solo affettivo maanche sacramentale. Questo pensiero mifaceva perdere la pace, perché il dono cheil Signore mi aveva fatto di perdonaremio marito si disperdeva… Un perdonoquindi alternativo e relativo.

(Wanda Rossi, Testimonianza sul per-dono, in Venite e vedrete, 17, aprile 1988,p.20)

Un po’ di storia…

La Casa Agnus Dei ha avuto, fin dal-l’inizio (11/02/1985), una sua propriaidentità, ovvero quella che tutti i suoi

membri fossero adoratori o adoratricidell’Agnello di Dio.

Egli stesso infatti ci ha scelto perquesto, perché sempre ha voluto, percosì dire, abitare con noi, di tenda intenda, cioè in ogni casa ove abbiamovissuto.

Anche qui, a Ferro di Cavallo, l’Arci-vescovo mons. Chiaretti ci ha permessodi tenere in casa il Santissimo, e ne puòbeneficiare tutta la Comunità Magnificat,sia per l’Adorazione a San Manno, siaper chi vuole venire a pregare in Cap-pella.

La vita comune è nata sotto la deno-minazione Opera Agnus Dei e successi-vamente Fraternità Agnus Dei, iniziandocon due sorelle: Ginette e Wanda (Fer-nanda), nei pressi della Chiesa Madonnadella Luce, aperta al culto di AdorazioneEucaristica continua, tutti i giorni dalleore 8 alle ore 19, dal 15 ottobre 1984.

La testimonianza di Wandaoggi…

Consacrarmi al Signore, consegnaretutta la mia vita ed ogni suo attimo nellemani di Dio è stato ed è, soprattutto ora,un dono davvero grande che il Signore

36

Testimonianze e News

Wanda Rossi (prima da sinistra) alla festa per i 30 anni della Comunità Magnificatdell’8 dicembre scorso a Perugia. Sono con lei, da sinistra, Annamaria Andreoli, An-na Brazzini e Francesca Acito.

mi ha fatto e per il quale non potrò mairingraziarlo, né benedirlo a sufficienza.Come dire…ogni mia parola di lode a Luirivolta per questa chiamata speciale nonsarebbe altro che un breve balbettio di-nanzi al Signore di ogni cosa ed al veropadrone del tempo, dello spazio e dell’E-ternità tutta.

Per me, infatti, vedova, rimasta sola,dopo un matrimonio che per diciotto an-ni ha dato frutti di serenità e che è statofonte di grandi gioie e soddisfazioni e cheè poi improvvisamente ed inaspettata-mente naufragato, concludendosi con lamorte di mio marito, capire che Dio vole-va proprio questo da me è stato intuire ilsenso di tutta la mia esistenza, quello chenon avevo ancora afferrato durante glianni precedenti, trascorsi ad Imperia.

Rientrata a Perugia, nella mia fami-glia d’origine, ho incontrato la ComunitàMagnificat in una fase assai dolorosadella mia vita ed ho iniziato a vivere,dapprima solo con Ginette e per un perio-do di circa due anni, l’esperienza dellavita comune. Cinque anni dopo mi sareiconsacrata. Contestualmente, andavasempre crescendo in me la chiamata al-l’Adorazione, sicché posso testimoniareche la stessa rappresenta, insieme alla vi-ta comunitaria, il vero pilastro della miaesistenza quotidiana. Tramite il confron-to, infatti, e la continua sollecitazione acondividere i doni fatti dal Signore, è an-che possibile verificare con frequenza lanostra fedeltà alle promesse fatte a Dio.

Aver dunque rinunciato a tutto ciòche era in mio possesso per vivere in po-vertà ha in effetti rappresentato un’offer-ta per la conversione di mio marito, donoche il Signore mi ha concesso poco primache egli lasciasse questa terra. Posso dun-que testimoniare, e vorrei che la mia vocefosse sentita da molti, che dando qualco-sa di nostro al Signore si riceve il centuploin termini di affetti, accrescendo così lagrandezza della chiamata.

Concludendo, vorrei aggiungere ilmotto che da un bel po’ scandisce la miavita quotidiana: «vivere la lode senza am-bire la lode».

Grazie per avermi dedicato questotempo e questo spazio.

E grazie di cuore a Wanda per la suatestimonianza! Una sua bella riflessione

sul valore e sull’importanza dei cenacoliè riportata anche in Venite e vedrete, 5,1983, pp.7-12

Per conoscere meglio la Casa Agnus Dei…

È importante sapere che essa, pren-dendo avvio dapprima dalla scelta di vitadi Wanda e, in seguito, anche di GinetteGirardet, è stata particolarmente seguitaper oltre dieci anni da padre RanieroCantalamessa, cui le sorelle erano legatedall’obbedienza.

Il nucleo della piccola comunità si èdunque costituito praticamente fin da su-bito, con l’ingresso di Susanna e di Fran-cesca e, all’inizio del 1989, di Anna. Laconsacrazione definitiva di Wanda, avve-nuta il 13 dicembre 1989 nelle mani del-l’arcivescovo, mons. Ennio Antonelli, hadato concretamente inizio alla vita deiconsacrati nella Comunità. Ancor prima,Ginette aveva formulato i propri voti, main forma privata. Il 27 novembre 1991,anche Leonia si consacrava davanti al Ve-scovo, rimanendo però a vivere nellapropria casa.

Il 1 ottobre 1992 è stata la volta di An-na, che ha continuato a vivere l’esperien-za di fraternità comune, mentre nell’otto-bre 1995 ha iniziato l’esperienza della vi-ta comune anche Anna Maria, la cui con-sacrazione definitiva è avvenuta il 2 giu-gno 2004. Il 7 aprile 1997 è stata invece lavolta di Francesca, che nell’agosto 2004 siè poi trasferita a Roma, essendo stata as-sunta nel Dicastero del Pontificio Consi-glio per i Laici. Infine, il 13 ottobre 2005 èentrata nella casa Agnus Dei anche Tere-sa, animata dalla volontà di consacrarsi.

Assai di recente, la Comunità Magni-ficat si è arricchita della consacrazione diSusanna e di Giuliana, alle testimonianzedelle quali dedicheremo le pagine di unaltro numero.

Va inoltre ricordato che da qualcheanno, per via dell’inizio dei lavori di ri-strutturazione della casa di Santo Stefano,situata in fondo a Via dei Priori e vicinis-sima alla Cappella di Madonna della Lu-ce, l’intera fraternità si è trasferita nellacasa di Ferro di Cavallo, davanti al com-plesso di San Manno.

Gli elementi essenziali di questa scel-ta di vita sono riconducibili ad un «nor-male quotidiano», caratterizzato da evi-dente sobrietà nel condurre avanti le atti-vità e da condivisione per tutto quanto ri-guarda le esigenze materiali e spirituali. Ènecessario, prima di entrare a far parte diquesta casa di vita comune, aver risoltotutti i problemi personali, ivi compresiquelli economici, soprattutto se così in-gombranti da poter ostacolare l’anda-mento della vita comune.

Ogni vocazione, o ogni richiamo ver-so la stessa, è oggetto di valutazione at-tenta ed amorosa, proprio perché la scel-ta per l’Agnus Dei non deve minimamen-

37

Testimonianze e News

Venite e Vedrete 95 - I - 08

La Regola di vitaI consacrati

per la Comunità1. Gli alleati che ricevono da Dio una

chiamata di speciale consacrazionealla castità per il Regno all’internodella Comunità, sono segno dellavita futura e fonte di fecondità spi-rituale (cfr. CIC 599).

2. Rispondendo a questa chiamata,essi offrono una disponibilità piùampia per la missione della Comu-nità nella Chiesa e nel mondo (cfr.CIC 573,1)

3. Assumendo l’impegno della castitàper il Regno, essi emettono la loropromessa davanti al ModeratoreGenerale o ad un suo delegato.

Le case Agnus Dei1. Tra gli alleati, appartenenti a qual-

siasi stato di vita, alcuni, fatte salveparticolari esigenze del loro stato,ricevono la chiamata a realizzareuna vita comune nelle case AgnusDei.

2. Esse sono caratterizzate da una vitavissuta attorno all’Eucaristia, che siesprime innanzitutto nella preghie-ra di adorazione ed intercessione,nell’evangelizzazione, nell’acco-glienza e nel servizio.

3. Ogni casa Agnus Dei sceglie al pro-prio interno un Moderatore.

Dalla «Regola di vita della Comunità Magnificat», Statuto,

cap.V, artt.12,1-3 e 13,1-3

te rischiare di configurarsi come ripiego orifugio, ma deve presentarsi fin dall’iniziocome la risposta gioiosa alla chiamata diDio. Per questo è necessario vivere alme-no due anni l’esperienza della vita comu-ne prima di pensare ai voti, che sarannoinizialmente solo provvisori, per poi di-ventare definitivi dopo un altro periododi attesa, di osservazione e, soprattutto,di preghiera.

Ogni membro della casa vive, conmolta libertà, un cammino spirituale per-sonale, fatto di Adorazione, di preghierasilenziosa, di letture e di raccoglimento alservizio della Comunità Magnificat, e puòavere a turno, in base ad un accordo pre-ventivo, un giorno da utilizzare per leproprie necessità. Gli impegni nelle fac-cende domestiche ed in tutti i lavori co-muni vengono stabiliti in base alla condi-visione comunitaria e tutte le iniziative edecisioni sono sottoposte all’accompa-gnatore spirituale ed al Moderatore deiResponsabili generali.

La loro vita è, a tutti gli effetti, quellatipica dei cosiddetti ‘mendicanti’ dellagrazia, con un’apertura di fondo ai vari,possibili cambiamenti proposti nel tem-po, ma soprattutto con la disposizione avivere sempre nell’abbandono totale allavolontà di Dio. Proprio per questo, dun-que, la loro concreta presenza nella vitadella Comunità Magnificat è un grandedono, e questo soprattutto perché cia-scun membro non si limita a parlare diDio, ma testimonia Dio nella sua essenzadi amore verso tutti, soprattutto verso ipiù deboli e i più poveri.

Alessandro Cesareo

Moreno cantala sua lode perfetta

Mercoledì 19 dicembre 2007 MorenoTini, fratello anziano della Comunità Ma-gnificat, maestro orafo, è nato al cielo, a47 anni, dopo 21 anni di vita comunitaria,moderatore della fraternità di S. Barnabaa Perugia.

Per lui questa parola della scrittura sin-tetizza la conversione e specialmente que-sti ultimi tempi: “Beato chi cammina nellaluce del Signore… e decide nel suo cuore ilsanto viaggio”. Moreno ha deciso il santoviaggio per le vie del Signore fin dall’iniziodella sua conversione. Diceva che Dio loaveva preso per i capelli strappandolo dalpeccato e pur restando un peccatore che sidoveva convertire ogni giorno sentiva sudi sé l’amore di Dio così forte e ardenteche non poteva restare in silenzio, ma lodoveva portare a tanti altri ciechi e smarri-ti come era lui prima di incontrare Cristo,non potendo tenere solo per sé questo te-soro prezioso più di qualunque gemma diquesta terra..

Noi lo abbiamo conosciuto come uo-mo di speranza, proteso, specie in que-st’ultimo tempo, a guardare verso la gioiadi Cristo, considerando accettabile la «portastretta» che doveva passare, sostenuto an-che dalla preghiera e dall’amore dei fratelliche percepiva al di là della presenza fisica.

Per più di 20 anni Moreno ha vissutonella Chiesa attraverso il Rinnovamentonello Spirito la passione trasmessagli daGesù per ogni creatura che gli passasse ac-canto ed ha affinato la sua sensibilità di ser-vizio, divenendo poi responsabile della fra-ternità di S. Barnaba. Nel suo lavoro diorafo ha realizzato opere molto belle e tan-te creazioni di significato altamente spiri-tuale, mentre la sua croce legata al collo daun semplice spago provocava domande acui con gioia e calore dava risposta.

Noi conosciamo la sua fermezza, la suaaria scanzonata, la sua gioia di vivere, masoprattutto la sua attenzione agli altri; an-che in questo tempo di così seria sofferen-za fisica e morale aveva premura per le sof-ferenze dei fratelli e si informava e com-muoveva per loro.

Dopo la moglie Anna e i suoi parenti disangue aveva a cuore tutti, ma uno solo èspeciale, il mio Signore, il mio salvatore…queste parole, fra le ultime che riusciva ad

articolare. Più tardi dopo aver fatto un am-pio segno di croce chiedeva con una fortepressione della mano che chi lo assistevapregasse e seguiva in silenzio ma lucida-mente, sollecitando con la mano perché ilrosario fosse completato, quando l’amicotemeva di stancarlo.

Io porto nel cuore la sua tensione perla Comunità Magnificat, il suo desiderio dioffrire tutto di sé, senza trattenere nullapurchè si compia il progetto di Dio e la Co-munità dia una risposta piena senza na-scondersi dietro regole o perbenismo, ruolio schemi come ci diceva anche nella sua ul-tima testimonianza a S. Manno.

Questo è il suo testamento spirituale,sta a noi non vanificarlo. Conosco la suatensione missionaria ed il suo desiderio diportare l’amore di Dio ad ogni uomo; difronte a questo la morte non era un male,ma un’offerta che faceva volentieri, anchese si schermiva perché diceva: non sonodegno di essere amato così tanto da Dio edai fratelli, … solo chi conosce il suo pecca-to e sopra di sé il perdono di Dio sente que-sto amore che non si può contenere.”

Oggi il cuore di Anna, sgomento da co-me questa offerta è salita a Dio sente ancheal di là del vuoto fisico la pienezza di unamore che riempie l’anima in una comu-nione sponsale che niente e nessuno potràpiù toglierle, ma anche noi suoi amici e fra-telli di Comunità possiamo accogliere econservare questo tesoro. Moreno, noi nonti lasciamo, salutiamo il tuo corpo, ma turesti nei nostri cuori, dove sei vivo oggi piùche mai, non sei solo un ricordo!

Francesca Meneghini Tura,Fraternità di S. Barnaba

38

Testimonianze e News

Nei prossimi numeri avremomodo di leggere altre testimonian-ze sulle scelte di vita di sorelle efratelli che, pur essendo consacra-ti, continuano a vivere nella pro-pria casa e portano avanti il lavo-ro e le attività professionali che giàpraticavano in precedenza: sonoSusanna, Giuliana, Leonia e Lam-berto. Sarà una nuova occasioneper magnificare l’opera di Dio. Il ti-tolo della rivista, infatti, «Venite eVedrete», richiama l’importanzadel valore della testimonianza, per-no e fondamento della vita comuni-taria e suo elemento essenziale.

Moreno a Montesilvano nel gennaio scorso.

Campagna Abbonamenti 2008

Per ricevere a casa i quattro numeri tematici annuali della rivista occorre versare la somma di euro 15 sul c.c. postale n. 16925711intestato a:Associazione “Venite e Vedrete” c.p. 39 - 71016 S. Severo (FG)

n. 95 - I - 2008Il Magnificat: canto di lode al Signore

n. 96 - II - 2008Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

n. 97 - III - 2008Il Magnificat: lode degli umili e dei poveri

n. 98 - IV - 2008Il Magnificat: lode dei servi della Parola e dei fratelli