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PLACE #0

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Il primo numero del magazine

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DICEMBRE 2011 – N.0 – ANNO I

DALL’ETÀ DELLA PIETRA ALL’ETÀ DELLA MELA

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Magazine di cultura, politica e lifestyle diretto da Antonio Montefusco

 Anno I – numero 0 – dicembre 2011

In attesa di registrazione al Trib. Salerno©2011 – Associazione Place – Via M. Bassi 25 – Giffoni Valle Piana

[email protected] STAMPA: Industria Grafica Letizia – Capaccio Scalo (SA)

Place. Suona dolce e soave questa parola, incuriosisce facendone intuire il significato, piazza, place si usa sia sotto i ponti dove scorre il Tamigi che sotto la Tour Eiffel. Partendo dalla parola francese (pronunciata plas) che in inglese

vuol dire “più”, e noi volevamo di più per noi e voi.

La piazza, il centro di un piccolo universo, un mondo fatto di persone e gene-razioni che vivono con semplicità la loro esistenza. Piccoli gruppi di persone in ogni angolo di Piazza Umberto Primo, chi beve alla fontana, chi siede sulle panchine, ai tavolini di un bar o di una gelateria, chi arriva da un caffè che di-sta poche centinaia di metri. E tutti, congiuntamente fieri delle proprie origini, vivono a passo d’uomo, sostenuti dalla genuina e autentica forza dell’inestin-

guibile, profondo legame con il loro paese, con le loro radici. 

Place, sarà una rivista di approfondimento storico, di informazione culturale, ideata e realizzata da un gruppo di giovani che ha qualcosa da raccontare, da

dire. Una finestra su Giffoni, sul mondo, sui dintorni vicini e lontani con un occhio all’avanguardia, ai temi di attualità, alle radici di una storia che cerche-remo di mostrarvi in ogni numero.  Ognuno di noi ha delle storie da sviscerare

e srotolare, da regalare agli altri. 

Su Place per ritrovarsi, per leggere i racconti degli amici di una vita, quelle per-sone uniche che sanno ancora emozionarsi ed emozionarti; saldamente legate alle proprie origini. 

Un’avventura editoriale nuova di zecca, che parte con curiosità. Questo primo numero è un punto di partenza, un’escursione con la valigia dove al posto de-gli indumenti e dello spazzolino da denti ci saranno la creatività e l’inventiva di un gruppo di amici che vuole mettersi in discussione, discutere con il confine

del mondo oltre i minuscoli dettagli.  

Il pianeta è tutto qua. Gli idiomi, le lingue, i colori saranno la molla di questa rivista che non avrà mai un’apparenza anonima, vedrete una copertina diver-sa in ogni uscita, la prima è stata realizzata da Luispak di Elementi Creativi

di Battipaglia. Place è una bussola, salirà su strade che portano sopra di noi, esporteremo i nostri idiomi, le idee, raccontando i fatti e le affascinanti

novelle di una città e di un intero territorio. Saremo il punto di vista differente e allo stesso tempo la voce della gente vicina e oltre i confini immaginati.

 Place, sarà una piccola fabbrica dei desideri diversi, dove le vite cambiano e

si uniscono fra loro, l’incarnazione di un sogno che vive ogni giorno, si rinnova cambiando vestito per essere sempre più magico. Un punto di vista mai uguale

e scontato, questo vuole essere la nostra rivista, e lo sarà.  

Un appuntamento fra le pagine che profumano d’inchiostro, di contenuti, di pareri mai anonimi che si fondono all'unisono. Osare sarà la nostra e vostra

regola, in una simbiosi comune. Ad ognuno la sua place.

IL CENTRO DEL (NOSTRO) MONDO

Antonio MontefuscoDirettore Responsabile

CONTENUTIDICEMBRE 2011

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GIFFONI IN PROGRESS

GIFFONI IN DESIGN

POLITICA (maggioranza)

17 POLITICA (opposizione)

19 FILIERA AGRICOLA ITALIANA

21 GIFFONESI

23 ECONOMIA

25 UN GIFFONESE A TOKYO

29 FEDE E REALTÀ

32 CINEMA, ILLUSIONI..

34 THIS MUST BE..

38 QUANDO MUORE UN..

40 LIFE NOW

42 OFF-ROAD

46 DESIGN: NUMERO 0

48 ILLUSTRANDO

49 BIENNALE

50 UCRONIA

PEOPLE IN

G I F F O N I I N P R O G R E S SIntervista a Paolo Russomando, Sindaco di Giffoni Valle Piana e Consigliere Provinciale

[ PLACE ]Il nostro auspicio è che il periodico ven-ga apprezzato e letto da tutte le fasce d’età, ma il nostro pubblico di riferimento è quello giovanile. Cosa può dirci degli obiettivi raggiun-ti per i giovani giffonesi nel suo primo mandato (2006-2011) e di quelli da realizzare nei prossimi 5 anni?

[ P.R. ]"Nei cinque anni del mio primo mandato l’ammi-nistrazione comunale ha realizzato nuove struttu-re sportive per i giovani, sostenuto le attività del Forum dei Giovani, supportato e potenziato l’uffi-cio Informagiovani.Siamo stati vicini, e vogliamo continuare ad esser-lo per i prossimi cinque anni, a tutte le iniziative proposte dalle associazioni giffonesi, molte delle quali composte prevalentemente da giovani. È per questo che abbiamo immaginato di istituire una consulta delle associazioni. Sapete bene che i co-muni stanno attraversando un momento difficile sotto il profilo finanziario ed è questo il motivo per cui volontariato e attività sociali e cultura-li oggi sono sostenuti dall’amministrazione attra-verso un impegno non economico. L’istitu-zione della consul-ta ha come obiettivo principale quello di favorire il processo di integrazione delle as-sociazioni, incentiva-re la condivisione dei progetti e mettere in-sieme le forze migliori del mondo giovanile per rendere la nostra città ancora di più la candidata ideale ad ospitare i grandi eventi della nostra provincia e della nostra regione".

[ PLACE ]Giffoni Valle Piana, come tutto il Sud Ita-lia, è interessata dal fenomeno dell’emi-grazione giovanile (per motivi di studio e

soprattutto di lavoro). Vedere tanti giovani qua-lificati scappare non può far temere un graduale invecchiamento della popolazione e un impoveri-mento, dal punto di vista delle competenze e del-la formazione, di quella che dovrebbe esserne la parte più vitale? C’è qualcosa che l’amministra-zione comunale può fare per arginare il fenome-no?

[ P.R. ]"Sostenere una politica locale che miri a valorizza-re le forze migliori che abbiamo in campo. Inutile ricordare ancora il momento difficile che stiamo vivendo sotto il profilo economico a livello mon-diale: immaginare possibili investimenti nel set-tore del lavoro giovanile non è una cosa sempli-ce. Noi ci siamo attivati: in campagna elettorale ho assunto l’impegno di realizzare quella che io chiamo una grande “città della produzione” che potrà dare la possibilità ai giovani del posto di tro-vare una collocazione lavorativa nella nuova area

industriale che realiz-zeremo alle porte di Giffoni, nella frazione di Sardone. Questo può essere un primo esempio. C’è però bi-sogno di un accom-pagnamento a livello centrale e di una po-litica nazionale che in questi anni è manca-ta".

“ Immaginiamo una consulta per favorire l'integrazione

delle associazioni Giffonesi”

“ Ci siamo attivati per fondare una grande città del lavoro

e della produzione alle porte di Giffoni, nella frazione di Sardone ”

PEOPLE IN

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[ PLACE ]Torniamo sulla disoccupazione giovanile. Il co-mune non è un ufficio di collocamento ma può favorire le condizioni per un miglioramento della situazione occupazionale del territorio. Cosa ha intenzione di fare l’amministrazione comunale in questa direzione?

[ P.R. ]"Come ho già detto, l’obiettivo prioritario è la re-alizzazione di questa grande area industriale, che sorgerà su una superficie di 500mila metri quadri dove noi immaginiamo l’ubicazione di 50 nuove aziende che possano dare sbocchi lavorativi ai giovani del posto. Abbiamo predisposto un pro-getto di massima, nei prossimi mesi sarà data alle aziende la possibilità di una manifestazione d’in-teresse. Successivamente partiremo con le pro-gettazioni esecutive e definitive e con l’appalto dei lavori. Ma questo presuppone uno sforzo recipro-co: il comune può fare una programmazione di questo tipo di in-vestimenti sfruttando gli strumenti legislati-vi a disposizione, ma non può sostituirsi ai privati. Parallelamen-te, c’è il grande lavoro che ci vedrà impegnati da qui ai prossimi anni col Giffoni Film Festi-val per la nascita della Fondazione Giffoni che dovrà tenere insieme le strutture che noi abbiamo recuperato nel corso degli anni: borgo medievale di Terravecchia, Anti-ca Ramiera, complesso del San Francesco. Lo stes-so Giffoni Multimedia Valley dovrà avere un’unica cabina di regia. Abbiamo intenzione di realizzare un vero e pro-prio piano regolatore culturale che possa far vi-vere queste strutture e possa far lavorare anche i giovani che sono interessati nella valorizzazione dei beni culturali e delle attività legate alla cine-matografia per ragazzi nel territorio di Giffoni Val-le Piana. Siamo in attesa che ci sia lo sblocco delle risorse per la realizzazione di Giffoni Multimedia Valley da parte della regione Campania. La costi-tuzione della Fondazione Giffoni sarà avviata non appena ci sarà il decreto con l’assegnazione del-le risorse e il successivo appaltamento dei lavori. Sono convinto che la Fondazione darà ulteriore impulso alle attività sociali e culturali della città".

[ PLACE ]Internet ha rivoluzionato il rapporto tra cittadini e amministratori. Attraverso il web e i social net-work oggi i cittadini si informano e si organizza-no, spesso per protestare nei confronti dei propri rappresentanti nelle istituzioni. Cosa ne pensa? E in questi anni è cambiato anche il suo approc-cio nei rapporti con i cittadini sulla base dei nuovi strumenti informatici a disposizione?

[ P.R. ]"Non appena abbiamo compreso le potenzialità del web, siamo stati tra i primi, forse il primo caso in Italia, ad iscrivere il comune sul social network più frequentato, Facebook. Anche il nostro sito isti-tuzionale (www.comune.giffonivallepiana.sa.it) è molto seguito e frequentato da tanti visitatori, non solo di Giffoni ma anche di tutto il territorio provinciale, regionale e nazionale. Si tratta di stru-menti positivi, ma credo che non debbano esserci

degenerazioni, come in tutte le cose. Tuttavia anche questo parte del gioco, nel senso che se ci si apre a nuovi stru-menti si rischia di avere degli effetti degenerati-vi. Complessivamente credo che il risultato finale sia positivo, per-ché consentono di av-vicinare i cittadini alle istituzioni".

[ PLACE ]Lei oggi, giovanissimo, è già al suo secondo man-dato consecutivo da sindaco. Nel 2016, secondo quanto previsto dalla legge, non potrà più rican-didarsi a sindaco di Giffoni Valle Piana. Cosa vuo-le fare Paolo Russomando da grande?

[ P.R. ]"Io ho scelto di fare politica da quando avevo 17 anni. A spingermi vi era l’interesse principale di vi-vere in una comunità amministrata meglio. Quindi il mio impegno sarà quello di sempre. Continuerò a lavorare per il bene di questa città, non so se assumendo altri impegni istituzionali: questo saranno gli elettori a deciderlo, di certo non io, nel caso in cui dovessi candidarmi di nuo-vo. Spero che l’impegno che ho profuso da sin-daco in questi 5 anni e che rimarrà invariato nei prossimi 5 possa lasciare una città più europea di quella che ho ereditato".

“ Con la costituzione della Fondazione Giffoni avremo

un'unica cabina di regia per Multimedia Valley,

borgo di Terravecchia, Antica Ramiera,

complesso di San Francesco ”

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[ PLACE ]Le faccio una domanda cattiva: sta già pensando alla sua successione?

[ P.R. ]"Credo che sia prematuro parlarne ora. Abbiamo cin-que anni davanti e dobbiamo lavorare nell’interesse della città. Come rappresentavo prima, come tutti i comuni italiani, abbiamo una situazione economica molto complessa. Ci sono proteste dal centrodestra al centrosinistra che rappresentano la difficoltà oggetti-va di portare avanti un’azione amministrativa concre-ta. Noi abbiamo assunto un impegno con gli elettori e così come ho fatto nel mio primo mandato vorrei por-tare a compimento quanto abbiamo deciso di inserire nel programma elettorale che abbiamo presentato ai cittadini di Giffoni Valle Piana. Credo che questo potrà essere il regalo più bello da fare alla città e per me, vi-ste le difficoltà oggettive, la più grande soddisfazione".

[ PLACE ]Non dimentichiamo che lei nel 2009 è stato eletto consigliere provinciale nel collegio dei Picentini. Cosa può dirci riguardo al suo lavoro in provincia per Gif-foni Valle Piana?

[ P.R. ]"In questi primi due anni da consigliere provinciale mi sono speso in per tutto il territorio picentino. Io credo che l’azione della provincia debba indirizzarsi prevalentemente su due settori: infrastrutture viarie e istituti scolastici superiori. Per questo, insieme al mio gruppo consiliare, da consigliere provinciale ho cerca-to di contribuire alla sistemazione delle strade e delle arterie provinciali e allo stesso modo ho lavorato per dare la possibilità al nostro territorio di avere nuovi indirizzi scolastici per gli istituti superiori. Non è stato semplice farlo stando all’opposizione, ma credo di po-ter dire che abbiamo registrato dei buoni risultati sia nel campo degli investimenti infrastrutturali che per i nuovi indirizzi scolastici che sono stati istituiti. A Gif-foni Valle Piana, grazie all’impegno di Ugo Carpinelli, dal 1989 abbiamo un istituto superiore: dal 2012 ac-canto all’indirizzo tecnico commerciale avremo anche l’indirizzo turistico. Lo stesso per il liceo scientifico di Montecorvino Rovella, dove ci saranno due nuovi in-dirizzi a partire dal 2012. Questo era un impegno che avevamo assunto in campagna elettorale insieme al potenziamento del sistema wi-fi. Dalla provincia di Salerno abbiamo avuto un finanziamento per realiz-zare l’accesso gratuito ad internet per diverse ore del giorno nel borgo medievale di Terravecchia. Come previsto dal mio programma elettorale, sto lavorando per estendere il wi-fi gratuito anche in altri comuni del mio collegio e nelle piazze principali della mia città. Stiamo già verificando con l’assessore comunale all’in-novazione tecnologica Antonello Iannuzzi la possibi-lità di farlo direttamente da piazza Mercato. Stiamo lavorando a 360 gradi per dare a questo territorio la dignità che merita".

1. Che libro sta leggendo????IL CANDIDATO

Tutti conoscono Montezemolo. Nessuno sa chi è davverodi Stefano Feltri

2. Un libro che le ha cambiato la vita?Il piccolo principe

3. Che musica ascolta?Tutti i generi

4. Qual è il suo film preferito?C’era una volta in America

5. Cosa è per lei la felicità?Stare bene con se stessi e con gli altri

6. Qual è la persona che stima di più nella vita?

I veri amici

7. Un luogo del mondo che ama?Firenze

8. Qual è il suo piatto preferito?Pasta al forno

9. Tre parole che odia?Invidia - Cattiveria - Gelosia

10. Tre parole che ama?Amicizia - Lealtà -  Sincerità

[ M.D. ]Cosa vuol dire oggi essere architetto in Campania e, nel tuo caso, in un piccolo centro come Giffoni Valle Piana?

[ F.B. ]Essere architetto in Campania o più in generale, vuol dire, dal mio punto di vista, cercare di creare un "tessuto edi-lizio" curato non solo dal punto di vista tecnico ma anche dal punto di vista umanistico, ponendo al centro dell’at-tenzione l'uomo e le sue esigenze, cercando di creare spa-zi quanto più vivibili e funzionali possibile e cercando, al tempo stesso, di associarli ad un piacevole gusto estetico. Tutti aspetti del progettare che ci differenziano, dal punto di vista professionale, dagli altri tecnici del settore.

Riferire la figura dell'architetto alla mia realtà cittadina, da neo professionista, come mi definisco, visto che è da poco che sono entrato nel mondo del lavoro, vuol dire far parte di un gruppo di professionisti guardati con oc-chio "ambiguo" da parte della gente. Cosa che si avverte poco in grandi centri cittadini come Salerno, dove la figura dell’architetto è molto più conosciuta mentre a Giffoni non lo è ancora del tutto ed è molto spesso “male” associata alla figura "dell'arredatore di interni" e non a quella di un tecnico capace di curare l'aspetto edilizio a 360 gradi. Inol-tre non va taciuto che committenti privati con molti anni più di me hanno sempre fatto riferimento alla figura pro-fessionale del "geometra", più semplice da ritrovarsi nella cittadina ed che in passato ha curato tutti gli aspetti edilizi che si presentavano.

Il dato che però mi fa ben sperare per il proseguo della mia vita professionale è da un lato la nuova generazione, la mia per intenderci, che conosce la mia figura professio-nale, e dall'altro alcuni lavori realizzati negli anni scorsi dall'amministrazione comunale come i recuperi che han-no interessato il Giardino degli Aranci, il Borgo di Terravec-chia e l’ex Ramiera, e inoltre il completamento della pri-ma parte della Cittadella del Cinema con la sua bellissima copertura, per citarne alcune. Opere che dal punto di vista architettonico possono, a mio parere, ritenersi interessan-ti e che possono aiutare a fare pubblicità alla mia figura professionale.

Nel puntualizzare ciò che di interessante c'è a Giffoni, vorrei precisare che la maggior parte di quello che si può apprezzare è un recupero ed un restauro di manufatti già esistenti.Ciò per dire che il nuovo tessuto edilizio, riferendomi a quello che si è costruito nell'ultimo decennio, non offre, a mio parere, molti spunti di interesse.

[ M.D. ]Poiché hai accennato a ciò che offre Giffoni dal punto di vista architettonico, cosa pensi del fatto che il comune non si sia ancora dotato del PUC (Piano Urbanistico Co-munale) che dovrebbe superare il precedente strumento urbanistico, il PRG (Piano Regolatore Generale)?

[ F.B. ]Il nostro PRG, adottato negli anni ottanta, è ormai supe-rato, nel senso che le norme a cui si riferisce e i principi che sono stati adottati nel redigerlo sono riferiti ad anni ormai passati. Si può dire che urbanisticamente la nostra cittadina oggi si trova con uno strumento non all'altezza dell'epoca in cui viviamo.

Nelle direttive regionali emanate per quanto riguarda la redazione dei PUC, nei criteri che devono ispirarne il con-tenuto strutturale, si fa anche riferimento alla promozione dell’architettura contemporanea e della qualità dell’edili-zia sia pubblica che privata e quindi alla qualità del tessuto edilizio che si va a realizzare.

Questo dal punto di vista architettonico. Ma il PUC è una cosa molto più complessa poichè esso determinerà lo svi-luppo edilizio della nostra cittadina.

Io spero che nella redazione del nuoco Piano Urbanistico Comunale l'amministrazione tenga conto tantissimo della qualità edilizia e dei materiali da costruzione da utilizzare.

Comunque va precisato che il nostro vecchio strumento urbanistico non è del tutto esaurito, cioè portato a compi-mento in tutte le sue previsioni di crescita, ed è anche per questo per che l'amministrazione si trova bloccata nella redazione di un nuovo PUC.

PICCOLE GRANDI OPERE DI ARCHITETTURAIntervista a Franco Bilotti, architetto

GIFFONI IN DESIGN:

di Marcello D'Ambrosio

PEOPLE IN 12

Giffoni ha la fortuna di avere il Film Festival e grazie ad esso è diventata una cittadina conosciuta in tutto il mon-do. È per questo che spero che l'amministrazione possa promuovere un'edilizia sostenibile, che riesca a sensibiliz-zare, oltre che i cittadini di Giffoni, anche tutti quei ragazzi che durante la manifestazione del Festival si ritrovano nel-la nostra città.

Una grande sfida per Giffoni potrebbe essere quella di porsi come promoter di una sostenibilità ambientale e quindi anche edilizia sia nel piccolo, nei Picentini intendo, ma anche nel mondo, grazie alle di migliaia di giovani che arrivano nella nostra città durante il Festival, attraverso la sensibilizzazione delle nuove generazioni.

[ M.D. ]Da architetto come immagini lo sviluppo di Giffoni nei prossimi anni?

[ F.B. ]Da architetto spero che il gusto estetico, associato sempre ad una giusta funzionalità degli spazi interni, possa entra-re nel tessuto edilizio della mia cittadina arricchendolo di un qualcosa che oggi, parere personale, non c'è.

Con questo non voglio assolutamente dire che gli unici professionisti che devono in generale lavorare sul terri-torio dovranno essere per forza architetti, assolutamente no! Spero solo che ci sia da parte di tutti i tecnici giffone-si più attenzione anche a quella componente estetica del manufatto edilizio che si va a realizzare senza tralasciare mai la sostenibilità che deve essere il principio cardine di tutta la futura progettazione.

Un bel passo in avanti da parte dell'amministrazione è sta-to fatto con la redazione del nuovo PEC (piano energetico comunale) perchè la sostenibilità non dev'essere solo in-tesa come un'accurata progettazione e scelta dei materiali da costruzione ma vista a 360°. Mi riferisco ai pannelli fo-tovoltaici e solari e al recupero delle acque piovane, per citare alcuni esempi.

[ M.D. ]Quanti giovani architetti, per intenderci del-la tua genera-zione, ci sono a Giffoni?

[ F.B. ]Come architetti, della mia generazione, siamo circa una decina. Ma non va assolutamente dimenticato che a Gif-foni esistono altri tecnici giovani come ingegneri e geome-tri che sono preparati e portatori, come me, di un nuovo modo di intendere l'edilizia.

Penso che la mia generazione sia composta da tanti ragaz-zi preparati che nella maggior parte dei casi non aspettano che gli sia regalato il posto di lavoro ma cerca di crearselo con le proprie capacità e la propria inventiva.Viviamo in un momento particolare dell'economia mon-diale e la preoccupazione di tutti questi ragazzi è quella di non avere le stesse opportunità offerte alle generazioni che ci hanno preceduto, sia nel mio campo occupazionale ma soprattutto nel mondo lavorativo in generale. Per que-sto spero che i nostri giovani amministratori comunali pos-sano darci una mano, essere al nostro fianco e sostenere le nostre idee e i nostri progetti.

[ M.D. ]Visto che ci siamo soffermati su Giffoni Valle Piana, qual è secondo te dal punto di vista architettonico la cosa più bella e quella più brutta della nostra città?

[ F.B. ]Ci sono vari esempi da poter citare a Giffoni e, come dice-vo prima, molti sono recuperi di edifici che hanno una cer-ta storia. Ad esempio, il recupero del borgo medioevale di Terravecchia, della Ramiera, dei conventi di San Francesco e dei frati cappuccini. Se volessimo invece citare opere di interesse contemporaneo, le uniche cose che mi vengono in mente sono la copertura del piazzale intitolato ad Altie-ro Spinelli all'interno della struttura che ospita il Giffoni Film Festival ed il Giardino degli Aranci, entrambe opere pubbliche, mentre a livello privato va citata sicuramente la residenza di una mia collega, anche lei architetto, realiz-zata nei pressi di Terravecchia.

Ciò mi porterebbe ad affermare che la nostra "carenza edi-lizia" esiste solo nel privato mentre abbiamo riscontri di opere di interesse realizzate esclusivamente dall'ammini-strazione comunale.

Se poi devo citare la cosa più brutta, a mio giudizio essa è l'omogeneità del tessuto edilizio presente, facendo riferi-mento soprattutto alle nuove costruzioni, quelle costruite nell'ultimo decennio per intenderci, dove sembra di es-

sere di fronte alla ripetizione in serie dello stesso edificio. Una situazione che da la sgra-devole sensa-zione per cui basta vederne

uno per aver visto un bel pezzo di tutti i nuovi edifici realiz-zati a Giffoni, dove anche il nuovo mi sembra già vecchio.

"Credo che a Giffoni la mia generazione sia costituita da ragazzi che cercano di crearsi il lavoro con le

proprie capacità e la propria inventiva"

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[ M.D. ]C’è qualche riferimento, ad esempio un architetto , una corrente o un movimento a cui ti ispiri quando progetti?

[ F.B. ]La corrente architettonica a cui guardo e da cui traggo in-segnamenti è sicuramente l'architettura contemporanea poichè più vicina alle nuove esigenze, abitative e no, che le persone hanno, senza tralasciare quel bagaglio architet-tonico lasciatoci in eredità dai maestri del passato.

Si potrebbero fare tanti nomi illustri come Renzo Piano, Massimiliano Fuksas, Cino Zucchi, David Chipperfield. au-tore della cittadella giudiziaria a Salerno, fino a Calatrava, anche lui impegnato a Salerno nella costruzione del Mari-na d’Arechi - Port Village, solo per citarne alcuni, anche se una delle mie passioni è quella di scoprire opere realizzate da architetti giovani, non ancora conosciuti.

[ M.D. ]Prima di parlare del Fellini, il tuo progetto forse più co-nosciuto, vorrei chiederti di parlarci di qualcun altro dei tuoi lavori.

[ F.B. ]Attualmente sto lavorando su diversi progetti che spero di riuscire a portare a compimento: un salone espositivo per auto ed una villa residenziale dove ho avuto più "mano libera" e meno restrizioni urbanistiche, ed alcuni edifici ru-rali con un tentativo di renderli un tantino diversi da quelli realizzati, anche se le norme urbanistiche presenti per la realizzazione di tali edifici sono molto restrittive e danno poco spazio alla creatività.

[ M.D. ]Per chiudere, parlaci un po’ del bar Fellini che forse si stratta dell’esempio più importante di architettura appli-cata ad un locale pubblico a Giffoni.

[ F.B. ]La prima cosa che sento il dovere di fare è ringraziare il proprietario per la sua disponibilità e per avermi lasciato libertà di scelta su tutto, fidandosi dei miei gusti e delle mie scelte senza negare che durante la realizzazione del locale ci sono stati anche momenti di tensione.

"Con la progettazione del Fellini abbiamo cercato di realizzare un locale "diverso" da quelli presenti a Giffoni e nei Picentini"

Un altro ringraziamento va fatto ad un altro giovane archi-tetto giffonese, Angelo Carpinelli che ha collaborato con me nella realizzazione del Wine bar.

L'idea, sulla base della quale è stato incentrata tutta la pro-gettazione è stata la voglia di realizzare un "bar diverso" da quelli presenti a Giffoni e nei Picentini, cercando di creare un luogo di ritrovo per tutte le fasce di età, senza dedicarlo prettamente a nessuna generazione in particolare ma al tempo stesso dandogli una forte impronta moderna, un carattere giovanile, sempre attuale e mai vecchio, un po-sto che dia l'impressione di stare in una città senza aver bisogno di spostarsi.

Abbiamo cercato di creare un locale che dia la possibili-tà sia di bere qualcosa in un contesto nuovo ed al tempo stesso, dotandolo di un’ampia cucina, di poter degustare piatti caldi.

Su questa base abbiamo impostato il locale dividendolo in due ambienti in base alle esigenze della clientela: da un lato l'ampio bancone bar rivestito in corean bianco con pannelli in MDF (Medium Density Fiberboard) intarsia-ti per poi attraversare un portale ed accedere in un'altra sala, con divani, sedie e tavoli offrendo una maggiore pri-vacy al cliente.

I muri di questa sala sono rivestiti con mattone bianco stampato e poi resinato mentre su di una parete nella sala bar è stato utilizzato un rivestimento ondulato in gesso; tutto il soffitto è stato controsoffittato per potervi nascon-dere sia l'impianto di canalizzazione dell'aria condizionata che tutto l'impianto di illuminazione.

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L'intero locale non ha tinte nè colori accesi, risultando quasi anonimo, per farlo apparire intenzionalmente poco invasivo e scegliendo di dare un tocco di colore attraverso l'arredo della sala ma soprattutto attraverso un'illumina-zione a led RGB (led colorati) nascosti in forme irregolari realizzate in cartongesso ed ancorate al soffitto.

Un altro asso nella manica del Fellini è l'ampio portico che ha davanti all'ingresso, così da avere la possibilità di far accomodare la clientela fuori dal locale essendo tutto co-perto e per questo riparato dagli agenti atmosferici.

Spero che Angelo ed io abbiamo assolto al meglio il com-pito e soprattutto realizzato quello che il proprietario ci aveva richiesto ed al tempo stesso ciò che forse a Giffoni mancava.

Un altro ringraziamento va a tutte quelle manovalanze, per la maggior parte di Giffoni Valle Piana, che hanno con-tribuito con la loro professionalità all'ottima realizzazione del locale, ringraziandole personalmente poichè hanno dovuto sopportare ed esaudire tutte le nostre richieste durante tutta la fase di realizzazione.

Non so quali sensazioni abbia suscitato e quali commen-ti siano stati fatti sul Fellini, è ovvio che spero siano tutti positivi. Aver realizzato un locale e non il semplice bar dif-fusissimo a Giffoni è stata comunque la prova che anche nella nostra città è possibile fare architettura.

https://www.facebook.com/pages/Bar-Fellini

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Una giornata ecologica per rimuovere i rifiuti abbandonati sul territorio, per colpa dell’inciviltà di alcuni cittadini, è stata organizzata dal Comune di Giffoni Valle Piana, assessorati alla Sanità e all’Ambiente. L’iniziativa promossa dal vicesindaco Antonio Giuliano è nata con l’obiettivo di rimuovere tutti quei rifiuti ingombranti, non pericolosi, abbandonati sui cigli delle strade, so-prattutto lungo le arterie stradali.“I cittadini di Giffoni sono rispettosi dell’ambiente e del territorio in cui vivono – ha dichiarato il vicesindaco Giuliano – Non è giusto che per l’irresponsabilità di alcuni, poco inclini al vivere comune e al rispetto delle regole civiche, debba pagare tutta la Città. Grazie alla disponibilità degli LSU, di volontari e di alcune aziende private di Giffoni, che hanno dato la disponibilità con i loro mezzi di trasporto”.Le attività di raccolta sono iniziate sabato 19 novembre in località Curti. Le operazioni di rimo-zione dei rifiuti sono poi proseguite nelle varie frazioni della Città.“Bisogna combattere questa riluttanza a fare la raccolta differenziata – ha aggiunto il Vice Sin-daco Antonio Giuliano che ha organizzato la giornata ecologica in collaborazione con l’Asses-sore Carmine Verace – Per questo motivo il comando di polizia municipale intensificherà i con-trolli per cogliere sul fatto i trasgressori. Solo rispettando l’ambiente, possiamo vivere meglio e difendere la salute”.

PEOPL

E IN

Fonte: Comunicato Stampa Amministrazione Comunale Giffoni Valle Piana – 18 novembre 2011

UNA GIORNATA ECOLOGICA PER RIMUOVERE I RIFIUTI ABBANDONATI SULLE STRADE DI PERIFERIA

GIFFONI ADERISCE AL “PATTO DEI SINDACI D’EUROPA”Obiettivo: ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 20% entro il 2020

Il Comune di Giffoni Valle Piana aderisce alla campagna “Energia sostenibile per l’Europa”, co-ordinata dal Ministero dell’Ambiente, e delibera di sottoscrivere il “Patto dei Sindaci d’Euro-pa”. Con la decisione assunta all’unanimità nella seduta consiliare monotematica tenutasi il 9 novembre, il Comune si è impegnato a rispettare gli obiettivi fissati dall’Unione Europea e dal protocollo di Kyoto di ridurre le emissioni di C02 (Anidride Carbonica) nell’ambiente.L’obiettivo, stabilito con l’adesione alla campagna energetica, è raggiungere una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di almeno il 20% entro il 2020, adottando entro dodici mesi il Piano di Azione, e favorendo una politica di sensibilizzazione dei cittadini per una maggiore conoscenza dei benefici derivanti da un uso intelligente dell’energia.“L’adesione al Patto dei Sindaci d’Europa segue un’altra importante azione politica ambienta-le adottata nelle scorse settimane dall’amministrazione comunale: l’approvazione del Piano Energetico Comunale – ha dichiarato il Sindaco Paolo Russomando – Insieme ad importanti istituzioni, tra le quali Commissione Europea, il Ministero dell’Ambiente e l’Anci, saranno orga-nizzate iniziative per informare i cittadini sui benefici per la salute e l’ambiente che derivano da un uso corretto dell’energia. Daremo, inoltre, costantemente i risultati ottenuti dalla campagna energetica, fino al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione del 20% di CO2 nel territorio comunale. Giffoni, ancora una volta, si conferma città a dimensione europea che punta al mi-glioramento della qualità della vita”.

Fonte: Comunicato Stampa Amministrazione Comunale Giffoni Valle Piana – 9 novembre 2011

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PEOPLE IN

OPPOSIZIONE

L’EUROPA E IL CAPITALE SOCIALERiflessioni e considerazioni sui rapporti UE – Amministrazioni locali

Da qualche tempo la considerazione che il mondo imprenditoriale nutre per il tema della formazione sta portando a una maggiore e migliore comprensione dell’importanza della cultura quale principale va-riabile indipendente dello sviluppo economico, sociale e politico del Paese. Una società complessa e di-namica, infatti, può continuare a progredire solo se si sviluppano le attività di ricerca e di “produzione” della cultura e se, contestualmente, crescono i livelli di istruzione e formazione dell’intera popolazione. Quest’ultima rappresenta una condizione essenziale per il miglioramento della coesione sociale e della vita democratica, obiettivi perseguiti con interesse anche dal mondo economico.A tal proposito in tempi relativamente recenti si è aperto, in ambito soprattutto europeo e poi naziona-le, un importante dibattito sulla dimensione etica dell’impresa che non può esaurirsi nell’applicazione delle leggi che stabiliscono precisi obblighi in materia di rispetto dell’ambiente, dei diritti umani e so-ciali, di qualità delle condizioni di lavoro, né può restare un fatto privato e circoscritto alla sfera perso-nale dell’imprenditore. La responsabilità sociale delle singole imprese va a far parte del capitale sociale dell’intero sistema, in quanto costituisce l’elemento determinante allo sviluppo e al benessere garantiti da un diffuso livello di fiducia tra tutti i soggetti, pubblici e privati.Nella costruzione di questa complessa architettura formativa, diventa particolarmente significativo an-che e soprattutto il rapporto con le “istituzioni pubbliche”, in particolare quelle territoriali, che dovreb-bero rendere possibile e farsi garanti di una corretta integrazione degli interventi finalizzati al successo formativo. È evidente che per stabilire e mantenere proficuo un dialogo tra queste istituzioni così diver-se e a volte così lontane, diventa fondamentale la creazione di un linguaggio comune, di uno schema valutativo condiviso, oltre al potenziamento di forme associative che interagiscano con gli attori già presenti sul territorio (scuole e loro reti, aziende e istituzioni pubbliche).A tal scopo l’Unione Europea, al vertice di questo sistema, ha programmato lo stanziamento dei fon-di strutturali 2007 -2013, destinati all’acquisizione di strumenti concreti finalizzati a colmare i divari territoriali e a garantire l’attuazione della strategia di Lisbona. Tale strategia prevede la trasformazio-ne dell’economia dell’UE “in un’economia basata sulla conoscenza, la più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Le Regioni italiane individuate dall’Unione Europea come “Regioni dell’obiettivo convergenza” sono, oltre alla Campania, la Calabria, la Puglia e la Sicilia.Anche il nostro territorio è stato beneficiario, a vario titolo, di finanziamenti europei: il FSE-Fondo So-ciale Europeo e il FESR-Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, volti sia al recupero del patrimonio archi-tettonico e artistico in un’ottica di promozione del territorio (il Convento di San Francesco e il Borgo di Terravecchia) che al miglioramento delle competenze dei giovani, in particolare al recupero di coloro che hanno abbandonato il percorso scolastico (laboratori informatici e linguistici a favore delle istitu-zioni scolastiche).Ma ciò che non fa chiudere il cerchio, e quindi il raggiungimento dell’efficacia e dell’efficienza, è la man-cata costruzione di quel linguaggio “comune” e di quel livello di “fiducia“ tra tutti i soggetti pubblici e privati, ricordati in precedenza. Non è infatti comprensibile come questi luoghi, queste strutture siano non fruibili, non protese alla formazione di quel capitale sociale, o meglio umano, che ci viene richiesto espressamente dalla strategia di Lisbona. Pertanto, è necessario che questa Amministrazione si renda conto delle finalità dei fondi europei e faccia uno sforzo per rendere questi luoghi elementi fondamentali alla crescita economica sostenibile e alla creazione di nuovi posti di lavoro, inserendoli in quell’architettura formativa e non più luoghi “sta-tici” , o nei migliori dei casi utilizzati per pochissimi giorni all’anno.È solo con questo tipo di dinamicità che si può formare quel capitale sociale a sostegno di un tessuto produttivo sempre più all’avanguardia.Infine vorrei concludere ricordando quanto ebbe a dire il Rettore dell’Università di Salerno, Dott. Pa-squino, durante la prima visita al Borgo ancora cadente : “Questo Borgo sarà punto di riferimento per tutta la valle dei Picentini e diverrà sicuramente fonte di crescita economica, culturale e sociale “.

Prof. Maria Cianciulli Consigliere Comunale

Gruppo Noi Riformatori e Membro Coord. Provinciale SEL

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... e foe pien i elato?

Bottega del GelatoVia Firenze - Giffoni Valle Piana (SA) - 089.868758 - [email protected]

PEOPLE IN

FILIERA AGRICOLA ITALIANAUn modello di sviluppo per la Green economy

E’ stato presentato il rapporto 2011 “GreenItaly”, l’occasione più importante per mettere in rete a livello nazionale conoscenze e competenze e per promuovere le esperienze più avanzate e innovative diffuse sul territorio italiano. L’importanza e la centralità dell’agricoltura è stata rimarcata sia nel documento, sia dagli interventi dei relatori durante la giornata di presentazione.

Il rapporto sottolinea come la maggiore sensibilità dell’opinione pubblica sulle questioni ambientali abbia avuto un ruolo fondamentale nel diffondere comportamenti e scelte di consumo favorevoli alla tutela degli ecosistemi. In questo modo la green economy è diventata, anche in agricoltura, un paradig-ma produttivo, gestionale e commerciale che assume l’impatto ambientale come indicatore dell’utilità, dell’efficienza e della produttività delle iniziative economiche poste in essere da imprese e organizzazio-ni. Più che un settore dell’economia, la green economy va quindi considerata come un nuovo modo di fare le cose, di produrre e di distribuire.

Nel settore agricolo italiano si assiste all’affermazione di nuovi modelli di sviluppo e di consumo fondati su alcuni principi cardine, quali, ad esempio, la difesa del territorio, la valorizzazione della biodiversità, la promozione delle tradizioni produttive e della cultura locale, la sostenibilità ambientale, elementi associati a forme, anche innovative, d’informazione e di scambio di beni e servizi.

Solo per fare qualche esempio, basti pensare alla riduzione dei trasporti dei prodotti alimentari (il co-siddetto Km 0); alla filiera alimentare corta (concetto legato alla valorizzazione del consumo dei prodotti stagionali e territoriali); all’istituzione dei mercati di vendita diretta; alla difesa, attraverso opportune politiche di etichettatura obbligatoria, dell’origine della materia prima agricola, dell’identificazione del-le produzioni alimentari con il territorio di provenienza; alla lotta agli ogm per impedire la delocalizza-zione delle produzioni e, in prospettiva, anche alle opportunità di valorizzazione commerciale offerte dalla carbon footprint. Questo parametro infatti sta diventando sempre più importante nell’ambito delle scelte di acquisto, come dimostrano le iniziative di alcune grandi catene e i tentativi, a livello nor-mativo, di promuoverne l’indicazione nelle etichette.

In particolare l’Italia, assieme alla Francia e alla Germania, è uno dei Paesi europei in cui la vendita diretta agroalimentare sta registrando una forte crescita. Questo modello di commercializzazione non solo consente ai consumatori di effettuare scelte di acquisto consapevoli e meno inquinanti, ma anche di ottenere prezzi più contenuti.

Sempre sul lato della commercializzazione dei prodotti agricoli, il progetto di Coldiretti “una filiera tutta agricola tutta italiana firmata dagli agricoltori” sta realizzando una innovazione organizzativa attraverso l’apertura delle “Botteghe di campagna amica” per garantire ai consumatori prodotti agricoli al cento per cento italiani provenienti esclusivamente da aziende agricole e cooperative.

E’ proprio in un’ottica di sostenibilità, quindi, che deve essere preservato il patrimonio nazionale di agrobiodiversità, di prodotti agricoli e alimentari di qualità, prevenendo l’industrializzazione dell’agri-coltura, la massimizzazione delle produzioni e la contaminazione delle varietà locali e dei territori. Con riferimento all’agricoltura, il modello produttivo, commerciale e gestionale della green economy valo-rizza le potenzialità del settore in termini di sviluppo e di competitività e conferisce un valore aggiunto alla qualità ed alla ricchezza del made in Italy.

Fonte: Comunicato Stampa Coldiretti del 15 novembre 2011

www.ilpuntocoldiretti.it 19

Il 18 febbraio 1815 a Giffoni V.P. Felicia De Giorgio moglie di Luigi Dini dà alla luce un bambino al quale è apposto il nome di Gennaro.

Gennaro Dini sarà ingegnere, architetto, patriota, liberale.

Il 23 febbraio 1843 a Napoli nel quartiere Avvocata si celebra il matrimo-nio di Gennaro Dini con Giulia Giura (1825-1915) figlia del Cavaliere Luigi Ministro dei Lavori Pubblici. Da lui nascono: Luigi (1843), Giuseppe (1846), Enrico (1848), Amalia (1851), Armida (1863).

Diversi sono i progetti pubblici a sua firma: tratti ferroviari, il prosciuga-mento del Lago Palo, acquisti e ristrutturazioni di proprietà private.

Nell’anno 1841 Gennaro Dini si dedica alla progettazione e dirige la costru-zione del cimitero di Giffoni Valle Piana. Questo presenta uno sviluppo su pianta a stella (singolare nella sua specie) di forma ottagonale: i suoi spazi sono ripartiti in 8 trapezi. All’interno del cimitero costruisce la cappella di famiglia, oggi tra le più antiche e imponenti, in cui sono sepolti gran parte dei componenti maschi della famiglia con le relative mogli. Ancora oggi risulta una bella opera architettonica nonostante nel corso del tempo sia stato effettuato un parziale sfondamento del muro di cinta per ampliare la struttura. Il cimitero di Giffoni nasce in virtù dell’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804 che proibisce la sepoltura dentro le mura cittadine e la legge borbonica dell’11 marzo 1817 che ordina di scegliere un terreno per costruire un cimitero in ogni comune, mettendo fine alla tradizionale prassi di tumulare le salme nel terreno e nelle chiese. Ad ospitarlo si sce-glie un terreno ai piedi della colina di Terravecchia.

Il 27 marzo 1854 il Cav. Gennaro Dini acquista con pubblico istrumento l’intera proprietà posseduta a Giffoni dalla casa Doria Pamphili di Roma per la somma di ducati diecimila. Detta proprietà in seguito migliorata ed ampliata è composta dai seguenti beni: palazzo baronale sulla Piazza Mer-cato con corte e giardino; casa palazziata denominata taverna sulla stessa piazza; una grande ferriera oggi investita in ramiera; un fondo abitato nel villaggio di Vassi; due molini; il castello di Terravecchia con bosco e oliveto.

Secondo la deliberazione del consiglio municipale di Campagna del Luglio 1864 a firma del Sindaco F. Gibboni e relativi consiglieri si attesta del pro-getto per l’esecuzione della stazione di Campagna noto come “tracciato Dini” in merito ad una variante per avvicinare Eboli a Campagna. In questo documento sono presenti i diversi interventi dell’Ispettore Generale L. Ro-vere (ispettore del Genio Civile, commissario del go-

GIFFONESI

Gennaro Dinidi Teresa Sorgente

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Giffonesi, lo spazio che Place riserverà ai giffonesi e alla “giffonesità”, comincia da Gen-naro Dini, “ingegnere, architetto, patriota, liberale”, progettista nel 1841 della pianta a stella del cimitero di Giffoni Valle Piana. Un modo per riscoprire le nostre radici.

verno alle Ferrovie Meridionali) non favorevole al progetto Dini e all’idea manifestata dal Comune, dopo aver esaminato sul luogo le condizioni e aver riscontrato diverse difficoltà poste dal terreno. Il consiglio comunale ad unanimità di voti chiede di far eseguire all’ing. Dini gli opportuni studi sul terreno e respinge il procedi-mento tenuto dal commissario governativo sig. Rovere. Delega inoltre la giunta ad inviare copia della delibe-razione al Ministro per i Lavori Pubblici, al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati. Purtroppo nessuna altra notizia è stata ritrovata del tracciato Dini e non si conosce il seguito della vicenda.

Vi sono inoltre notizie riguardo la costruzione del tratto ferroviario che dal Rivo Fusandolo porta alla stazione nella parte orientale di Salerno, risalente al 1865 durante il quale crolla la volta del traforo costruito sotto il piazzale dell’orfanotrofio Principe Umberto e del giardino Cerenza, aprendosi in quel luogo una vasta voragi-ne. I danni a carico di Gennaro Dini furono pagati dai figli ed eredi.

Nell’articolo del giornale “La Frusta” di sabato21 dicembre 1878 è analizzata la situazione dell’opera di bo-nifica del prosciugamento del lago Palo di Palomonte, un’opera che apporta innumerevoli vantaggi per la popolazione, anche degli adiacenti comuni:

“La purificazione dell’aria è l’elemento più indispensabile a conservare la salute minacciata da letali esalazio-ni. Il prosciugamento del lago Palo è un’opera che farà risparmiare un contingente di parecchie centinaia di vittime, rendendo all’industria ed all’agricoltura circa 300 ettari di terreno coltivabile. Durante la cerimonia si elevò un unanime grido della popolazione “Viva Umberto I! Viva l’Italia! Viva l’ingegnere Dini! “ tutto accom-pagnato dalla banda di San Gregorio su una barca nel Lago di Palo. I sindaci dei diversi comuni scrissero un apposito verbale di ringraziamento ed elogio al signor Dini per la perfetta esecuzione dell’opera accordando a costui la cittadinanza dei comuni stessi. Grande fu l’impegno mostrato dall’ingegnere Dini che dedicò all’ope-ra anziché due anni solo otto mesi”

Nel 1878 progetta e dirige la costruzione del Palazzo Dini a Napoli in via Pessina, alla Salita Museo. Il palazzo è definito anche “Delle Figurelle”, perché riporta medaglioni con vari personaggi.

L’elenco che descrive la consistenza patrimoniale del fu ingegnere Gennaro Dini riporta un notevole patrimo-nio immobiliare di proprietà della famiglia sia a Napoli sia nella provincia di Salerno.

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People in Place: Aldo D’EliaAldo D’Elia, 43 anni, è docente di Economia e Gestione delle Imprese Turistiche presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È anche docente della Business School del Sole 24 Ore, gruppo editoriale per il quale è esperto e autore. Svolge l’attività di analista come Senior Manager di Finturismo, advi-sor per lo sviluppo turistico con sede al centro direzionale di Napoli .Nell’ambito della ricerca scientifica ha pubblicato per i tipi de Il Sole 24 Ore il volume “Economia e management del turismo - Destinazione imprese nel mercato turistico globale”, preceduto da “Economia e gestione delle imprese turistiche” (Edizioni Etaslibri RCS), con ottimo successo di vendite e di recensioni. L’ultimo suo volume è stato al centro di un’ampia riflessione voluta da Il Sole 24 Ore attraverso un ciclo di forum tenuti da D’Elia con la redazione del quotidiano nei poli di ec-cellenza del turismo tra cui la Luiss, per la quale è docente nel master di turismo, l’Univ. di Bologna, l’Univ. di Perugia e altre con ampia eco sui media economici. Sempre con il Sole 24 ore ha vinto nel 2009 il Premio Sele d’oro. Nei mesi scorsi ha rice-vuto da Confindustria l’incarico di redigere il rapporto annuale di AICA (Associazione Italiana Catene Alberghiere) che ha pre-sentato di recente in Assolombarda. Dal 2003 al 2005 è stato presidente dell’Azienda del Turismo di Napoli. Sempre dal Sole 24 ore ha di recente ricevuto l’incarico di elaborare un nuo-vo rapporto sull’impatto dell’economia del turismo sulla crisi globale. Iscritto all’ordine dei giornalisti della Campania, con questo intervento comincia la sua collaborazione con Place.

Su Place dice:“Mi congratulo per l’iniziativa e non farò mancare la mia collaborazione al giornale e al territorio. Mi sia consentito di esprimere la mia gratitudine ai promotori per avermi chiesto di collaborare.

La cosa mi rende particolarmente felice visto che per moltissimi anni ciò non è avvenuto. In effetti su Giffoni e sui Picentini c’è molto da dire e molto da fare.

Dal prossimo numero cominceremo ad affrontare i temi più rilevanti inerenti lo sviluppo del territorio, le occasioni man-cate e quelle da recuperare.

Credo che sia possibile aprire anche delle riflessioni sulle possibili ricadute occupazionali, soprattutto per i giovani. Colgo l’occasione per augurare ai già numerosi studenti e laureati di Giffoni in discipline legate al turismo un in bocca al lupo per le loro attività, nonostante il fatto che i tempi non siano proprio dei migliori.

A loro per incoraggiarli posso dire che anche per me niente è stato facile: sono partito infatti molto giovane per il mondo, Inghilterra in particolare, come ricorderanno i miei coetanei, per poi approdare per gli studi universitari a Napoli e post universitari a Milano. Due città - mi preme sottolineare- dalle quali benché arrivato da sconosciuto ho avuto tutto. Napoli in particolare, verso la quale nutro un profondo amore e una grande riconoscenza.

In riferimento a Giffoni Valle Piana, credo che non sarà facile, almeno nel breve periodo, che gli investimenti in strutture e infrastrutture turistiche effettuati e quelli in corso possano dare i frutti sperati, cioè occupazione e valore aggiunto. Tutte tematiche che affronteremo nei prossimi numeri insieme alle altre problematiche legate al territorio, al suo passato, al suo presente e al suo futuro”

PEOPLE IN 23

IACUZZOSARTORIA ITALIANA

Ad ognuno il suo

Sartoria Iacuzzo - Via A. Andria, 6 - Giffoni Valle Piana (SA) - www.sartoriaiacuzzo.com

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I giapponesi, comunque, sono un popolo speciale, mol-to educato, rispettoso, e che non ama lamentarsi.

E come si vive a Tokyo?Le città come Tokyo ti viziano. Qui quasi tutto funziona alla perfezione, i trasporti, gli uf-

fici pubblici. La criminalità è quasi inesistente. Spesso si vedono bambini delle elementari che viaggiano in metro-politana da soli. Nel 2004 ero qui in vacanza per la prima volta e rimasi colpito nel vedere le biciclette parcheggiate fuori dalle case, anche senza i lucchetti.

Ti piace la cucina giapponese?Per quanto riguarda la cucina giapponese tradizionale è risaputo che sia molto salutare. A me piace. Mangio quasi tutto. Prima che il mio palato si abituasse a questi nuovi sapori è dovuto trascorrere un po’ di tempo. Comunque c’è da dire che a Tokyo si possono mangiare ottimi piatti di cucina internazionale. Gli chef giapponesi sono molto bra-vi, in alcuni ristoranti si può trovare un’ottima pizza, spes-so migliore di quella che servono in alcune città d’Italia.

Non ti manca la cucina italiana?A Tokyo si possono acquistare molti prodotti alimentari provenienti dall’Italia. Quando ho nostalgia della cucina

italiana mi metto ai fornelli e preparo un bel piatto di pa-sta per tutta la famiglia. Una delle cose che mi manca di più del mio paese è la cucina di mia mamma e il poter tra-scorrere del tempo con gli amici d’infanzia.

U N G I F F O N E S E A

" Ho avuto l `oppor tun i tà d i

co l l aborare con

g l i U2 , B r i t tany Murphy ,

Duncan James e a l t r i "

La storia che stiamo per raccontarvi è una di quel-le storie di “emigrazione volontaria”. FABIO ALFANO, hair stylist. Fabio è figlio d’arte. Il padre, Franco, ancora oggi gestisce un rino-mato salone di barbie-re a Giffoni Valle Piana. Nonostante la prospet-tiva di ereditare un’at-tività avviata, Fabio fin da ragazzo aveva le idee chiare, voleva girare il mondo per crescere e rea-lizzarsi professionalmente.

Gli abbiamo posto una serie di domande per co-noscere meglio la sua esperienza lavorativa e di vita.

Da quanto tempo vivi e lavori all'estero?10 anni.

Quali sono state le tue tappe prima di trasferirti in Giap-pone?Sono stato prima a Firenze, poi a Bologna e a Londra per qualche anno.

Cosa ti ha spinto ad andare via?Volevo conoscere culture diverse dalla mia, nuovi luo-ghi, migliorare le mie capacità lavorative, arricchire il mio bagaglio di esperienza attraverso la contaminazione con realtà lavorative e culturali diverse.

Cosa ti piace del Giappone e cosa ti manca dell'Italia? Il Giappone è uno di quei posti che o si ama o no. Per vivere all’estero devi essere soddisfatto di quello che fai e sentirti realizzato, altrimenti è difficile restarci. E questo, ovviamente, vale per tutte le metropoli.

Questa rubrica si pone l’obiettivo di raccontarvi le storie dei giffonesi che hanno “scelto” di trascorrere la loro vita all’estero.

Il fenomeno dell’emigrazione giovanile è sempre attuale, nonostante Giffoni Valle Piana non sia più una piccola realtà

dell’entroterra salernitano.

Oggi come ieri, molti giovani, spesso i migliori, sono costretti ad andare via per realizzare i propri sogni o semplicemente

per trovare un lavoro e una dimensione economica che gli permetta di crearsi una famiglia.

TOKYO

PEOPLE IN

" Le c i t tà come Tokyo

t i v i z iano "

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Parlaci del tuo lavoro Nel mio lavo-ro non vi sono orari e visto che mi piace quel-lo che faccio gli dedico molto tempo. Sono presidente e direttore artisti-co della società per cui lavoro (www.sinden.com). La clien-tela del nostro salone è com-posta per l’85% da stranieri: mamme, busi-nessman, arti-sti giapponesi e internazionali che si trovano qui per lavoro. Ho avuto l`opportunità di collaborare con gli U2, Brittany Murphy, Duncan James e altri. Quando ero a Londra ho avuto l`onore di lavorare per Toni & Guy, all’interno del loro pri-mo salone a Mayfair, al fianco di Toni Mascolo e del fratel-lo Anthony. Ho avuto la fortuna e l’onore di insegnare nella loro accademia al centro di Londra.

Come impieghi il tempo libero? Ho amici di varie nazionalità, anche grazie al mio lavoro. Conosco diversi italiani che vivono qui e spesso ci frequen-tiamo. Quando posso partecipo alle iniziative organizzate dalla Comunità italia-na. Il tempo libero lo dedico alla famiglia e alle mie due figlie o vado in giro per Tok-yo alla ricerca di locali nuovi, di eventi cul-turali e musicali che possano stimolare la mia creatività

Come hai vissuto il re-cente terremoto che ha colpito il Giappo-ne? È stata un’esperien-za dura. All’inizio non è stato facile reagire all’emergenza con due figlie piccole, una di soli 3 mesi e l’altra di 3 anni. Per precauzio-ne ho portato la famiglia al sud del Giappone, dove sono rimasti per 5 settimane. Invece io, dopo qualche giorno sono ritornato a Tokyo, nonostante le scosse di terremoto fossero ancora forti e con la paura del nucleare

" Immag ina te d i s ta re in una

de l l e p r ime sa l i te d i Fa iano

e d i g i ra rv i ind ie t ro

per guardare verso Pontecagnano ,

e vedere so lo l e fondamenta

de l l e ab i taz ion i che

c ’e rano p r ima .

Ques to è que l lo che i m ie i occh i

hanno v i s to . "

Come sta rea-gendo la popo-lazione?I giapponesi stanno reagen-do con grande determinazio-ne, sono abitua-ti alle catastrofi naturali. È un popolo in fase di ripresa, ma il problema prin-cipale è rappre-sentato dalle vittime, dai tan-ti bambini rima-sti orfani o che hanno perso la vita sotto le ma-cerie, da coloro che hanno visto

svanire in pochi secondi i sacrifici di una vita

Cos’ è cambiato nella vita quotidiana in seguito all'esplo-sione nucleare di Fukushima? Per quanto mi riguarda non vi sono stati molti cambia-menti, mi limito a mangiare prodotti non provenienti da quella zona. Il paese è stato colpito da uno dei terremoti più forti della sua storia e sta ancora affrontando i proble-mi dovuti alla contaminazione nucleare. Il cambiamento c’è stato, ma Tokyo reagisce. In relazione all’economia, ci sono stati cambiamenti equiparabili ad un normale crollo della borsa. Molte persone sono scappate via, ma non ap-

partenevano a questa terra, erano qui solo per affari. Altre perso-ne si lamentavano da anni di questa terra e il terremoto è stato una spinta per ritor-nare a casa!

Raccontaci la tua esperienza di volon-tario a FukushimaSiamo stati nella città di Ishinomaki, abbia-mo attraversato Fu-kushima per raggiun-gerla, per portare il nostro aiuto in una delle zone più colpite dallo tsunami, 10.000 morti, quanti gli abi-tanti di Giffoni. Imma-ginate di stare in una

delle prime salite di Faiano e di girarvi indietro per guarda-re verso Pontecagnano, e vedere solo le fondamenta delle abitazioni che c’erano prima. Questo è quello che i miei occhi hanno visto.

Fabio Alfano, tra i volontari italiani a Fukushima

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Di solito, durante le festività pasquali, con il mio amico Davide, originario di S.Tecla, anche lui da molti anni in Giappone, festeggiamo fuori Tokyo l’evento pasquale, ma quest’anno è stato diverso. Insieme al nostro ami-co Angelo, chef a Tokyo da 20 anni, abbiamo deciso di andare nelle zone colpite dal terremoto per portare il nostro contributo.

Abbiamo preparato da mangiare per chi ne aveva biso-gno, con l’aiuto di 4 ragazzi giapponesi abbiamo distri-buito 800 porzioni di pasta. Io ho fatto i capelli a mam-me e bambini per tre giorni, dopo la scuola abbiamo distribuito giocattoli e organizzato una partita a calcio in un campo da baseball con degli studenti della zona.

Siamo andati per conto nostro, per far ritornare a sor-ridere le persone ed aiutarle ad avere fiducia nel futu-ro. Porto ancora nel cuore il ricordo di una nonnina di 84 anni che ci ha ringraziato per il piatto di pasta rice-vuto, sembrava che per 10 minuti avesse dimenticato di trovarsi tra le macerie.

Grazie allo chef Angelo Cozzolino siamo riusciti ad ac-cedere alla missione e ad ottenere un posto per piaz-zare la nostra tenda. Il mio amico Davide Damato e la sua compagna hanno stampato delle magliette con su scritto “forza e coraggio”, e ci hanno fornito molti ingredienti per cucinare.

Al mattino quando caricavamo i furgoncini per andare in missione, la gente che si recava al lavoro si fermava per ringraziarci per quello che stavamo facendo. Ricor-do un signore che mi ha preso per la mano e mentre piangeva mi ha detto “Per piacere, porta questi soldi a quelle persone, ne hanno bisogno” (erano 20.000 yen, circa 200 euro).

Così è cominciata la nostra avventura, quello che ave-te visto in tv non era un film ma pura realtà, intere cit-tà spazzate via, lo stesso scenario su 300km di costa!!!

Poi siamo ritornati lo scorso Giugno, si è visto un gran-de miglioramento, strade molto più pulite ma anco-ra tanto lavoro da fare. Presto ritorneremo in queste zone per dare il nostro piccolo contributo. Durante la mia ultima visita a Giffoni, il maestro Norberto Tede-sco ci ha consegnato 500 euro da utilizzare per aiuta-re i bambini giapponesi vittime dello tsunami dell’11 marzo. I soldi sono stati raccolti dall’associazione An-gelo Azzurro.

www.sinden.com 27

FEDE E REALTÀCon “Fede e realtà” Place riserva uno spazio al

rapporto tra i più giovani e la religione. L’obiettivo è quello di un’esplorazione dell’univer-so giovanile che ruota intorno alla Chiesa e al suo

mondo. Si comincia con un’intervista a Don Alessandro, 34enne, ultimo parroco

giunto a Giffoni Valle Piana in ordine di tempo.

Don Alessandro Bottiglieri, 34 anni, ordinato sacerdote nel 2002, è dal 29 agosto 2011 il nuovo pastore della comunità parroc-chiale di San Lorenzo a Giffoni Valle Piana. Prima di arrivare a Giffoni è stato parroco per sette anni a Montecorvino Pugliano nella parrocchia di San Bernardino e poi per due a Montecorvino Rovella come parroco in solidum della parrocchia di San Pietro e San Martino. Docente di filosofia presso l’Istituto Teologico Salernitano annesso al Seminario Metropolitano Giovanni Paolo II e presso l’Istituto Superiore “Scienze Religiose San Matteo” a Salerno, da qualche mese è presidente dell’ANSPI (Asso-ciazione Nazionale San Paolo Italia) di Salerno che coordina circoli e oratori nella diocesi e direttore di Radio Stella, emittente dell’associazione al servizio della Diocesi.

INTERVISTA A DON ALESSANDRO

di Marcello D’Ambrosio

[ M.D. ]Don Alessandro, parliamo di evangelizzazione e so-cial network…

[ D.A.B. ]L’evangelizzazione rappresenta una delle dimensioni più importanti della Chiesa, che per questo non può ritenersi estranea ai nuovi mezzi di comunicazione utilizzati oggi dalle persone e in particolare dai gio-vani, come nel caso dei social network. Ritengo allo stesso tempo che questi nuovi strumen-ti siano solo una parte di tutto che ciò che si inten-de per comunicazione, ma per il livello di diffusione raggiunto credo che oggi essi ne rappresentino una componente importante in quanto consentono di esprimere nel modo più semplice e immediato esi-genze e bisogni e danno la possibilità, soprattutto ai ragazzi, di rendere gli altri partecipi in maniera re-ciproca e interattiva del proprio vissuto quotidiano. Per quanto riguarda il riferimento all’evangelizzazio-ne, con la Lettera Apostolica in forma di Motu Pro-prio del 21 settembre 2010, il Santo Padre ha istituito il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, chiamato a favorire l’utilizzo delle moderne forme di comunicazione, per verificare in quale modo possano essere strumenti validi di evan-gelizzazione. Il Pontificio Consiglio è chiamato a indi-viduare le forme più coerenti per la promozione del Catechismo della Chiesa Cattolica, quale insegna-mento efficace per la trasmissione della fede. E sono tanti i movimenti, soprattutto a livello giovanile, che agiscono in questa direzione. Ci troviamo in un con-testo storico-culturale in cui ateismo e indifferenza nei confronti della Chiesa sono sempre più forti e ciò accresce ulteriormente l’importanza dell’evangeliz-zazione.

[ M.D. ]Cosa vuol dire “vocazione” per un giovane parroco come lei?

[ D.A.B. ]La vocazione non ha età: quando il Signore chiama a svolgere una missione importante come quella del sacerdozio non guarda ai dati anagrafici. Certamen-te per un giovane, come è stato per me, la scelta di entrare a far parte della Chiesa come Ministro di Dio assume un valore ancora più alto in quanto si tra-sferisce la propria esperienza giovanile nell’attività sacerdotale. Per me, vocazione significa fare dono della propria esistenza a Dio e quindi agli altri attra-verso la vita della Chiesa.

[ M.D. ]Come vive la sua castità sacerdotale?

[ D.A.B. ]La castità sacerdotale non è una dimensione avulsa dalla realtà ma è una delle virtù evangeliche che il sacerdote, impegnandosi a seguire Cristo, cerca di vivere. La castità, insieme a povertà ed obbedien-za, non rappresenta un limite alla persona ma è un dono di Dio. Il sacerdote è una persona che come Cristo cerca di amare con cuore indivisibile Dio e gli altri.

[ M.D. ]In che modo secondo lei i giovani dovrebbero vivere la fede?

[ D.A.B. ]giovani sono chiamati a vivere la fede come tutte le persone che fanno parte della comunità ecclesiale,

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ma si avverte a volte la difficoltà da parte loro a fare esperienza vissuta di fede. I ragazzi rappresentano la speranza delle nostre comunità, e dovrebbero guardare alla Chiesa non come una realtà superata ma come un qualcosa di dinamico: grazie alla loro presenza, con la loro fre-schezza, anche la Chiesa si rinnova. Il Santo Padre nelle giornate mondiali ha sempre avuto un’attenzione particolare e premurosa nei confronti dei giovani chiamandoli a vivere superan-do le paure e le difficoltà, affidandosi con coraggio a Dio.

[ M.D. ]Cosa dovrebbe spingere i giovani a frequentare la Chiesa?

[ D.A.B. ]I giovani dovrebbero frequentare la Chiesa spinti dall’amore per la Verità. La Chiesa pone al centro le persone, i valori e anche le difficoltà che i ragazzi in-contrano lungo il proprio cammino. Per questo il rapporto Chiesa - Giovani richiama so-prattutto alla realizzazione dei giovani stessi in pro-spettiva della ricerca della felicità.

[ M.D. ]Un libro (non religioso) che trova illuminante?

[ D.A.B. ]Un libro che trovo illuminante, letto durante il mio percorso formativo, è un’opera giovanile di Platone, “Apologia di Socrate”. La fermezza con cui Socrate persegue il suo ideale, quando potrebbe sottrarsi con la fuga agli attacchi di chi lo considera un sobilla-tore, rappresenta un grande insegnamento.

[ M.D. ]n film (non religioso) che trova significativo?

[ D.A.B. ]“L’ultimo Samurai” (film del 2003 diretto da Edward Zwick – n.d.r.). Ciò che colpisce è lo spirito, rappre-sentato nel film, di chi si prepara ad affrontare un combattimento e a vivere la propria vita come una battaglia. Non perché noi dobbiamo combattere, ma perché oggi, mediante la cultura e la formazio-ne, dobbiamo prepararci ad affrontare le sfide del nostro tempo attraverso un risveglio della nostra co-scienza.

[ M.D. ]Come vive il sistema delle gerarchie all’interno del-la Chiesa?

[ D.A.B. ]Sicuramente la mia presenza a Giffoni è inserita in un contesto ecclesiale molto più grande che può es-sere immaginato come un sistema a “cerchi concen-trici”, nel quale il parroco è inviato a nome del Ve-scovo. Si può dire che a partire dal concilio Vaticano II c’è un superamento della struttura piramidale che prevedeva un vertice e una base, ad esso collegata con un rapporto di subalternità, e si va verso un’or-ganizzazione che può essere descritta richiamando, appunto, una struttura a “cerchi concentrici”, al cen-tro dei quali, nel nostro caso, vi è il Vescovo e man mano, allontanandosi dal centro, vi sono i sacerdoti come me. In questa nuova configurazione si instaura un rapporto basato sul dialogo, non unilaterale ma simile al rapporto Padre-Figlio, nel quale il Vescovo come un padre si interessa a quello che noi sacerdoti svolgiamo nel nostro ministero e noi sacerdoti, come figli, siamo tenuti ad obbedire, con ascolto e amore.

Su Facebook il gruppo “Giovani Hope Giffoni”, 327 membri , che rappresenta il luogo virtuale nel

quale, attraverso il social network, possono comuni-care tra loro tutte le persone che partecipano alle attività organizzate da “Giovani Hope Giffoni”,il

gruppo nato dalla volontà del vescovo Luigi Moret-ti per riunire i giovani di tutte le parrocchie di Gif-foni Valle Piana. Numerose le iniziative già messe

in campo: tra queste ricordiamo “Giovani in…marcia” (marcia per la Pace Perugia-Assisi del 25 settembre) e “Giovani in…preghiera” (incontro di preghiera del 28 ottobre che si è svolto nella chiesa di San Francesco da poco tempo restituita al culto). Tutte le attività sono nate grazie alla collaborazio-ne dei giovani e dei sacerdoti delle parrocchie di

S.Lorenzo, SS.Annunziata, Curti e frazioni superio-ri e della Gifra con i Frati cappuccini.

EVANGELIZZAZIONE E

SOCIAL NETWORK

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Cinema, illusioni e memorie di cartadi Dario Di Filippo

QQuando Salvatore De Vita, alias Totò, alias Jacques Perrin ossia il “piccolo Totò adulto”, ritorna dopo trenta anni al suo borgo natio Giancaldo, trova solo fantasmi ad aspettarlo. Fantasmi imbambo-lati, personaggi quasi clauneschi che appartengono al suo pas-sato, relitti di un’esistenza ch’egli, regista affermato nel “conti-

nente”, ha volontariamente dimenticato. Cittadini, ma anche attori inconsci nella sua terra, gente con cui ha convissuto da bambino, spettri dai quali è fuggito adolescente e, ormai “ombre” con cui, per una infausta contingenza, è ritornato a confrontarsi dopo decenni. Stiamo parlando, ovviamente del pluripremiato film “Nuovo cinema Paradiso” di Tornatore del 1988. L’adul-to Totò e davanti alle rovine del cinema Paradiso, in compagnia delle “sue ombre” irrimediabilmente invecchiate, sofferenti, sconfitte e rassegnate ad una tragica imminente conclusione. Sono pupi con gli occhi sbarrati, legati ed imbavagliati da oscure forze contro le quali non possono scontrarsi. De-vono, questi superstiti del tempo che passa, solo soggiacere inetti, inebetiti davanti alla demolizione del loro amato Cinema Paradiso. Siamo all’ultimo capitolo, l’epilogo già scritto, il cinema sarà smantellato e trascinerà con sé nella polvere pesante delle sue macerie i lamenti soffocati di coloro (spet-tatori) che dentro e fuori dalle sue mura hanno sognato e viaggiato con la fantasia al tempo dell’Italietta post fascista. La fine del cinema Paradiso rappresenta lo spegnersi di un’epoca, un taglio col passato al quale non è concesso più guardare se non con rammarico e la rassegnazione, di chi pur-troppo appesantito dagli anni non può alzare la sua pasoliniana “sola pueri-le voce” di fronte all’ennesimo scempio architettonico in nome del progres-sismo e dell’improbabile “sviluppo” edilizio. La “Sala Paradiso” è stata una felice illusione, come d’altronde solo il cinema dovrebbe essere, ma dipende dai punti di vista. Muto, sonoro, in bianco e nero o a colori, ha acceso e spen-to, attizzato e infiammato animi e cuori, luogo di svago e di incontri fortuiti per la prima fregola amorosa o della prima sigaretta, quando ancora era concesso fumare nelle sale cinematografiche. Metafora della vita, intermi-nabile sequela di fotogrammi che ognuno potrebbe registrare all’infinto fino a creare un lungometraggio della propria esistenza. Quel cinema Paradiso potrebbe, ma non lo vorremmo, diventare per analogia il Cinema Teatro Val-le a cui un po’ per gioco, un po’ per atavica affezione alle cose della nostra terra abbiamo guardato e guardiamo anche noi, ombre solinghe, con rasse-gnazione, consci della sua prestabilita fine. “Di tutti i festival quello di Giffoni è il più necessario” sono le parole scritte e riscritte in epigrafe, lasciate da François Truffaut nel 1982, quando Giffoni Valle Piana verosimilmente era ancora una Giancaldo nostrana, non avvezza al progresso, ai cambiamenti ed ai fasti dei palcoscenici internazionali, ma quella Giffoni aveva dei sogni, sapeva coltivarli, li portava lentamente e con abnegazione in giro per farsi conoscere al mondo. C’erano allora menti che credevano in un progetto o in qualcosa che somigliasse ad un sogno e non sarebbero fuggite come il Totò adolescente, passando fra Scilla e Cariddi.

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Tutto era vissuto in soggettiva, senza pause e finzioni, poi l’inquadratura si è allargata fino a diventare un piano sequenza e Giffoni Valle Piana è oggi la città del Cinema per Ragazzi, perché forse quelle menti che l’hanno sognata sono rimaste esse stesse ragazzi, con gli stessi entusiasmi e la verve fan-ciullesca e speranzosa di sempre. La passione del piccolo Totò che alberga nell’animo dei giffonesi è durata tale fino ad oggi. Attoniti come pupi e con gli occhi sbarrati, vorremmo ma non potremmo, censurare e tagliare i foto-grammi di questo triste epilogo, manco fossimo dei retrogradi Don Adelfio, per riattaccarli e ricrearci di comune accordo il nostro piccolo finale senza titoli di coda. Seduti, con le gambe stese, tutti con lo sguardo all’insù fis-so sullo schermo bianco a gustarci il nostro desiderato finale. La colonna sonora di Morricone, oppure basterebbero le grida, il brusio delle migliaia di giurati che negli anni hanno affollato, guardato, sgranocchiato, baciato, ascoltato, vissuto, anche solo per pochi giorni, nella sala del Cinema Valle. Quando le poltrone erano di legno, scomode, o quando per fasti realpoli-tik divennero confortevoli, quasi lussuose con pubblica affissione di targhe per rimembrare ai posteri l’impegno profuso, affinché Giffoni avesse una sala cinematografica degna del suo festival e all’avanguardia tecnologica. In molti ne erano fieri, lo dicevano in giro, sapevano di avere al cinema il mi-glior impianto sonoro della provincia, tanto da far invidia alle sale della città. A.D. o addio, fa lo stesso. Qualcuno prova per gioco o solo per la consueta puerile affezione alle cose di questa terra a ricordare i nomi dei vari opera-tori che negli anni hanno lavorato nella sala Valle. Altri ricordano le birichine mani che apparivano sullo schermo durante le proiezioni, così sempre per gioco, tanto per far vedere agli astanti che si era capaci di farlo e basta, o quando ci si accalcava all’entrata davanti al botteghino per avere un posto in galleria. Ecco, potremmo pensare che non ci sarebbe più bel film al mondo, se tutti i cinema Paradiso non fossero mai stati abbattuti. Potremmo creder-ci solo per passatempo perché trattasi solo di un film di Tornatore che se ti ci metti d’impegno, scopri che ha altri significati più reconditi che nel caso giffonese si scontrano pure con una dura e triste realtà. Però il progresso, si sa, ha le sue regole e uno potrebbe anche non crederci a questo progresso e far finta di nulla, magari tornarsene a casa e pensare di essere incappato in una scena tagliata di un brutto film di una sciatta produzione indipen-dente. D’altronde anche il Cinema Moderno nella già piazza Mercato subì un’infelice sorte: da storica sala cinematografica nel centro città a centrale di compagnia telefonica. Ai ragazzi dell’ottanta piacerebbe sapere cosa pen-serebbe la piccola Sophie Marceau al tempo delle mele che pure c’era pas-sata per queste sale cinematografiche. In attesa di un qualunque munifico Spaccafico, di certo qualcuno un po’ più sventato potrebbe pensarla come il povero sfortunato Alfredo, proiezionista del Cinema Paradiso, che consiglia al giovane Totò di andare via: “Vattinni, chista è terra maligni”.

Cinema Valle

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THIS MUST BE THE PLACE

d i O r a z i o M . D i M a r t i n o

Cheyenne confonde la noia con la

depressione. Soffocato dai benefici di

un passato glorioso, si rifugia in un

letargo fisico e morale nella speranza

silenziosa che qualcosa possa cambiare…

Sean Penn, protagonista dell’ultimo film di Paolo Sorrentino

La necessità di una crescita morale, che pas-sa attraverso il sentirsi soddisfatto, è ciò che preme l’essere umano. Ci sono in gioco le motivazioni, motore universale dell’essere, poiché non è possibile mettersi in gioco sen-za uno scopo, ma si può vivere in silenzio, ai margini della felicità, sfiorarla, accarezzarla, sentirne l’aroma, il profumo ma mai gustar-ne la vera essenza. Esistiamo solo a metà se non ci conosciamo, ma scoprire se stessi non è un passaggio obbligato, non spetta a tutti e non tutti lo desiderano. La ricerca dell’io si genera attraverso una necessità incon-scia, apparentemente non desiderata, ma che sancisce il crocevia della renovatio. Ecco, che sulla scacchiera dell’esistenza, mosse improvvise scombussolano e stravolgono la strategia di gioco adottata fino a quel mo-mento. Il viaggio però non deve essere soltanto fuga da ciò che siamo stati ma soprattutto rinascita, una catarsi vera e propria, una pu-rificazione di spirito che si identifica con la scoperta del proprio io. Scandito da tappe (dallo Utah al New Mexico Cheyenne visita l’America più silenziosa, quella dove miglia e miglia di deserto solitario sono squarciate da un’unica linea di asfalto fumante) in cui si incontrano personaggi/attori che portano con sé un bagaglio personale di esperien-za ed una soggettiva visione del mondo, il viaggio si trasforma in un pezzetto di vita on the road in cui il confronto tra il “chi sia-mo” ed il “chi sono” offre spunti per iniziare a trarre giudizi validi, concreti, figli di espe-rienze vissute, non più sentenze effimere, ciniche, causate dal letargo morale della no-stra anima. Conoscere per crescere e poter capire chi siamo.Il cerchio si chiude tornando al punto di par-tenza: niente più make up questa volta, i ca-pelli non sono più sipario per gli occhi, c’è desiderio di uscire allo scoperto. Finalmente il sorriso si fa sincero, naturale, un riflesso condizionato, dettato dal benessere neces-sario e vitale che tramuta il sopravvivere in voglia di vivere. Un po’ come Cheyenne che saluta il pubblico in sala con quel sorriso, ca-pace di rendere in immagini le parole della canzone dei Talking Heads che dà il titolo alla pellicola: “And you're standing here be-side me, I love the passing of time, never for money, always for love…this must be the place!”

La realtà disegnata con tinte di finzione. E’ possibile sentirsi non parte del mondo, rifu-giarsi in una forma di “autismo” ricercato. Cercare di essere una forza che sbatte contro i muri del convenzionalismo, magari abbas-sare la voce, scandendo semplici monosilla-bi, sopravvivere agli occhi degli altri per cer-care di vivere meglio con se stessi, svegliarsi e camuffarsi, correndo alla ricerca di un senso di libertà, nella speranza che questa possa prendere il sopravvento. Cheyenne, un Robert Smith stelle e strisce trapiantato a Dublino, ne è pienamente consapevole, avvertiva questo senso di apparente benes-sere quando, da ragazzo, saliva sul palco ed incantava folle che adoravano la sua musica ed i suoi testi. Oggi, come allora, al mattino si alza e indossa la sua maschera, necessa-ria ad affrontare il mondo nel quale (sopra)vivere. Trascinava orde di giovani in passato ma nel suo presente trascina con sé ogget-ti semplici, banali e una quantità infinita di questioni irrisolte, in primis i rapporti con la figura paterna e quelli con se stesso: un uomo che non sa chi è e che non ama ciò che è stato. Sorretto dall’affetto di chi lo ha veramente capito ed amato (che meraviglia la voglia di vivere di Francis McDormand) rinnega ciò che è stato e non si accontenta di ciò che è, legando ai suoi pensieri un’on-tologia tanto spicciola quanto vera. Eppure Cheyenne sembra accontentarsi di ciò che la vita gli ha riservato, successo, gloria, ricchez-za lo hanno accompagnato fino a metà per-corso ma i suoi sorrisi lo tradiscono poiché forzati e privi di vita. L’improvvisa morte del padre, lo costringe a lasciare l’Irlanda e a vo-lare negli States per intraprendere un viag-gio intimista e profondo, con una missione: vendicare un’umiliazione subita dal genitore che si rivelerà soltanto un pretesto ed aprirà le porte della sua (ri)nascita.La contraddizione identifica la sua persona, ne delinea gli aspetti principi e genera insod-disfazione. Quanto grida il suo io, messo a tacere dal suo aspetto, rinchiuso in una con-fezione di capelli cotonati e make-up! Inizia-mo a sentirlo poco a poco, prima un leggero rantolo che col tempo acquista vigore, forza, per poi esplodere con rabbia e violenza nel desiderio di cancellare insoddisfazione e tri-stezza. Quanto di Cheyenne esiste in ognu-no di noi?

ESISTENZIALISMO E ARTE, LA RICERCA DELL'IOATTRAVERSO LA CRESCITA MORALE

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Quando muore un poeta e/o una nazione.

(Proloquium met@-poetico)

di Dario Di Filippo

PEOPLE IN 38

In tempi di recessione-derisione, crisi finanziaria-azionaria, politi-camente-socialmente non corretta, di BOT, BTP, CCT, obbligazioni decennali, SPREAD e sprint del quasi finale, ventenni e quinquenni berlusconiani o qualsivoglia parte politica con o senza chic. Quan-do muore un poeta, succede fortunatamente di rado, ma era già accaduto con Mario Luzi, anche dopo che fosse nominato senatore a vita… Tempo che soffre e fa soffrire, tempo/ che in un turbine chiaro porta fiori/ misti e crudeli apparizioni, e ognuna/ mentre ti chiedi che cos’è sparisce/ rapida nella polvere e nel vento. Quando muore un poeta nessuno se ne ricorda, tranne ovvio nei circoli-club-associazioni-salotti-buoni, tra gli addetti ai lavori, nelle terze pagine, negli encomi prosaici-epigrafici della mai nata letteratura, sugli scaffali per le promozioni libresche e fanciullesche, sconta-te, rinomate edulcorate dalla pubblicità. Quando muore un poeta, a proposito: parliamo di Andrea Zanzotto morto da poco; c’è che questa nazione-delusione è più povera ed anche quando morì Gio-vanni Raboni, Dario Bellezza e la sua “Morte segreta”. Addio allora al mondo! Mondo degli altri moribondi/ normali; addio con tutte le segrete immense rivalse/ della invidia poetica/ addio mondo sgominato dai soli e dalle pasque nuziali; addio mondo/ che l’in-telligenza sublima e il cuore/ consola fra celesti in rovina e che non sanno/ nulla della mia morte e della mia rinascita. Ed Edoardo Sanguineti, giusto per ricordare un altro grande fra i poeti mor-ti nel miasma del ventennio del bicameralismo imperfetto, delle repubbliche di seconda mano, della terza che arriverà o forse ar-riverà, certo che arriverà, fra mare e Monti, sacrifici e benefici di casta e casti e puri più dell’operaio, dei comuni cittadini e degli stessi poeti ovvero codesti mostri-alieni-buffoni con stile e senza stile. D’altronde soltanto lo stile conta, quello originale non ancora brevettato e, ci mancherebbe che il poeta fosse pure didascalico ed insegnasse al popolo nozioni trigonometriche, peripatetiche ché anche a camminare per strada rischi la vita. Vedi Genova. Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che abbia-mo noi prima di andare a Genova. Una Genova per noi, da ricordare sempre con le sue vittime innocenti, una Genova triste nell’Italia che è uguale da nord a sud passando per ovest ed est, checché ne dicano le camicie verdi, i crolli di Pompei, i rischi idrogeologici e fisiologici di un territorio martoriato che solo i poeti sanno cantare-piangere e ricordare.

Nera che porta via, che porta via la via, nera che non si vedeva da una vita intera, così dolcenera, nera che picchia forte e butta giù le porte. Anche Zanzotto da parte sua, voce di questa nazione-irrisione, ci aveva provato con la raccolta di versi Sovraimpressioni sviluppatasi attorno al tema della distruzione del paesaggio e del-la trasformazione dell’ambiente naturale. (cfr. Sovraimpressioni, Andrea Zanzotto, Mondadori). I poeti arrivano prima, sono cartine al tornasole, indagano, scrivono, iscrivono, ascrivono. Sanno tut-to, non reclamano niente e muoiono presto in una Italia che facil-mente dimentica, manco ricorda, abituata al luccichio della fama facile, al “velinismo” precoce, al bunga bunga o il tuca tuca, alle canzonette via etere da ascoltare e canticchiare. La poesia, dunque si ritrae, si accartoccia in se stessa, non si sberleffa sulle coper-tine delle riviste gossipare, i poeti non sono quasi mai ospitati in televisione, non sono ammesse mo-difiche al protocollo, pro-babilmente parlerebbero troppo o a scrocco. Censu-ra, stesura, mistura di spazi televisivi. Se ci vanno lo fanno anche per la loro nazione, contro i conflitti e gli interessi, o restano silenti senza la vomitata sempi-terna rima: cuore, fiore, dolore e biascicati amori. Perché a ver-seggiare saremmo tutti poeti, anche i cani per strada, i deprez-zati titoli di stato, le sconcezze della globalizzazione di massa, le manovre finanziare, le lettere impoe-tiche all’Europa che attende e spera, i tira e molla dell’economia, la prima e l’ultima settima-na del mese e la svalu-tazione della moneta o degli stipendi che è lo stesso. A volte la poesia non scende per strada, proprio non ci riesce, ma non è una cosa segreta che vegeta e si autocelebra. Finale poetico in memoria di Zanzotto. Natale mordicchia gli orecchi/ glissa ad affilare altre altre radure./ Lascia le lumina-rie/ a darsi arie/ sulla piazza abbando-nata/ col presepio di agenzie bancarie./ Natali così lontani/ da bloccarci occhi e mani/ come dentro fatate inesistenze/ dateci ancora da succhiare/ degli infantili geli le inobliate es-senze.

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LIFEQuesta è la vita. E neppure val la pena d’aversene a male. La storia si conclude così, lasciando in sospeso tutta una serie interminabile di soluzioni risolutive, di percorsi da percorrere, di domande da esaurire con risposte definitive e più o meno convincenti. Ma ne eravamo coscienti a sufficienza per lasciarci tutto alle spalle, tutto quel che c’era e tutto quello che c’era mancato, senza rimpianti, con una ruga ben scolpita sulla fronte per autorizza-zione. Merina ed io ci amavamo da sempre, senza una parola sensata che sapesse spiegarlo, che venisse dalla sua bocca d’acqua di fiume o che si potesse intuire nel suo sguardo di scogliera. Ognuno di noi era percepito dall’altro secondo l’esigenza del momento, secondo la storia che ci si produceva in testa e la cosa ci appariva d’una certa convenienza, essendo le nostre, di quelle vite ambulanti e provvisorie, mutevoli e, per molti, perdute o destinate a perdersi. Oggi si è vestita di bianco. Ha cinquant’anni e la consistenza di ali di farfalla. Le ho posato un fiore sull’orecchio destro e vaporizzato del profumo sul collo. Dice che è una principessa e, in camicia da notte, attraversa la porta di casa con me che la seguo, come sempre, come dappertutto, perché ancora non riesco a concepire altra strada che quella su cui cammina lei. Cerco lo sguardo dei passanti nell’ esatto istante in cui lo distolgono da lei. Non li rimprovero per la diffidenza, la paura, la mancanza assoluta d’una qualche empatia. Concentrati sulle loro destina-zioni, prendono giusto il tempo per formulare giudizi superficiali, aleatori, passando accanto alla bellezza, come alla loro vita, senza pena. Ma io ho bisogno della loro umanità e, allora, gli perdono tutto, di tutto, per sfuggire alla proiezione di principe che Merina mi incolla addosso. Merina avanza incurante, procede veloce e leggera, della leggerezza degli angeli. Respira vorace e sembra impaziente d’arrivare in un luogo preciso. Io cammino lento e approfitto dell’aria mite d’una primavera prematura, ma non smetto di seguir-la con lo sguardo, mentre raggiunge l’orizzonte che confina la geometria dei campi. Un cielo infinitamente blu sembra cadermi addosso. Dovremmo poter volare. O forse no, non sarebbe più la stessa cosa. Nei giorni scorsi il grigio pastoso delle nuvole ricopriva tutto come feltro, stendendosi sulla città, sulle persone, sulle costruzioni ottuse e senza alcuna ambizione di bellezza. E mi sentivo piccolo, schiacciato sulla terra umida, le ossa indolenzite e pesanti e un senso di disperazione incontrollato. E invece oggi il sole risplende sull’erba asciutta e abbraccia tutta la vallata, mollemente distesa come un’amaca tra le montagne più alte a Sud e gli schizzi d'altura dall'altra parte. E allora le mie sensazioni si fanno tiepide e il vuoto di dentro si ricompone come tela astratta.Merina si allontana sempre di più, catturata da una danza ispirata. Il tempo di due piroette le basta per guadagnare i binari. Il fiore, raccolto per lei, lungo il sentiero che taglia i campi, sta appassendo dentro il palmo chiuso della mia mano. Lo lascio cadere e planare sui sassi, perché, rattrappito, non ha più messaggi da consegnare.Seguo Merina sul binario. Il treno non dovrebbe tardare. Di ritorno da una stazione del passato, mi porterà a destinazione. A modo suo. Seguo Merina perché sono Merina.

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© foto di Chico De Luigi

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http://www.chicodeluigi.it/home/

NOW- - - - -

OFF-ROADGUIDA SPERICOLATA ALL’UTILIZZO DEI NEUTRINI

[ESTERNO GIORNO]- andiamo fuoristrada!- sono pronta.- Allora, le 43 dimensioni sono il potenziale inespresso di queste particelle atomiche?- Atomiche?- Beh, effettivamente chiesto così su due piedi può sembrare una domanda difficile… Comunque sì, atomiche.- Mica subnucleari?- Aspetta un attimo. Partiamo da prima. Torniamo indietro nel tempo, almeno siamo sempre stati in grado di farlo. Quattro dimensioni: lunghezza, larghezza, altezza e tempo. Quat-tro. Le conosciamo tutti. Lasciamo stare quelle tipo la quinta e la sesta, ma cerchiamo di capire se…- Se?- Immaginiamo che ogni dimensione sia una linea, anzi, una freccia che esprime una direzione, una forza. L’insieme di queste frecce (immaginate sulle tre dimensioni) genera un’espansione che il tempo (la quarta dimensione) controlla per evitare disastri. E non farmi altre domande!- No! Non lo so! O almeno, secondo le mie modeste conoscenze a riguardo, sono le tre dimensioni spaziali riconosciute ad essersi troppo dilatate. - ?- nel senso che le tre dimensioni si sono espanse in maniera tale da soffocare le altre, senza dar loro possibilità di espandersi. - le altre 39?- eh!- Ok, ora mi è chiara una cosa e oscura un’altra. Cioè, da una parte mi sembra che le dimensioni in cui viviamo ci stanno così bene che non ci interessa andare a cercarne altre. D’altronde resta un dubbio…- solo uno?- in questo momento preciso sì, ma il dubbio è riferito alla realtà, non alla zona oscura della sperimentazione pluridimensionale. ...- Ma secondo te le altre trentanove sanno di noi?- domanda?- sì!- pensavo fosse un’affermazione ben precisa e studiata. Ovvio che “ancora” non sanno… Sapranno ben presto, forse. Ma questo, ovviamente, dipende da noi. Se lo vogliamo o no. E questo non lo decide l’uomo ma un sistema di uomini finanziati da aziende senza marchi famosi, sconosciute ma potentissime e micidiali.- E dai governi, no?- una di queste aziende sono i governi ma non si sa quali. Forse l’australiano lo sa… Anzi, i governi sono uno dei membri del consiglio direttivo che pianifica, organizza, paga e sperimenta su queste dimensioni per ottenere proprio le risposte che riposano nel letargo delle zone oscure. Il letargo delle zone oscure… il mio stomaco riflette come uno specchio del cervello.

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Forse sto cambiando io dimensione. Il mio corpo ha trovato una delle 39 che stiamo cercando…- e se una delle 39 dimensioni fosse quella onirica? La nostra?- nel frattempo inizia a chiudere la bottiglia di whisky e concentrati. Forse riesci a usare la dimensione onirica in questa realtà, proprio ora. - ah, questa è la dimensione ironica. Che numero le diamo?- ironica. In inglese suona tipo “iron”, ferro. In campo possiamo usare una numero 3. Ferro 3. Mi ricorda qualcosa di dolce e violento, di assente e presente allo stesso tempo. Un tempo senza peso. E così abbiamo aggiunto ancora un’altra dimensione.- la mia dimensione onirica e, bada bene, non quella comica, mi fa venir voglia di andare al CERN a urlare la frase di Hotspur “Ma il pensiero è schiavo della vita, la vita è il buffone del tempo e il tempo che governa tutto il mondo si deve fermare”.- ah però! E quindi vai lì e ti metti a urlare nel tunnel così ti sentono fino in Italia?- mi aiuteranno i neutrini! - sì, ma con un nome così non è che hanno grandi speranze…- e invece mi piace il loro nome, mi rimanda all’indefinito.- va bene così, o vuoi aggiungere qualche altra cosa?- che sono fiera del fatto di essermi sempre definita una relativista.- io no. Se tutto è relativo, allora perché si cercano risposte sempre più precise e non ci si rassegna al fatto che forse non possiamo andare oltre quei limiti che la filosofia e la religione ci hanno insegnato a cercare ma senza toccare? Qui si parla proprio di toccare quei limiti, prenderli e stracciarli. Aprirli per vedere altro. Forse quest’altro è la vera de-finizione della relatività.- tesoro, abbatti le colonne d’Ercole.- posso continuare o rinunci?- sembra una chat.- ma un po’ lo è… allora?- odio le chat. Ma vorrei continuare a stracciarti.- e straccia strà! Qua stiamo già tutti pronti e in ritardo su tut-to. Almeno giochiamo con l’impensabile. Siamo vivi anche per que-sto. Bruciamo solo aria anziché rigenerarla. A volte penso che ad ogni respiro tolgo ossigeno al futuro. E faccio come molti…risparmio.- fiato?- corde.- ma non ci vuoi parlare con gli alieni?- ora sembra proprio un dialogo tra Woody Allen e un personaggio di William Gibson in “Luna Park con Pena di Morte”. La prima cosa che gli direi è che non parlerei mai per primo. Tanto lo so che loro già sanno. - cosa?

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- ma se lo sanno tutti che gli alieni ti leggono nel pensiero e sanno già quello che dirai e che farai? La loro venuta sulla terra sarà semplicemente uno spettacolo teatrale per loro. Si divertono a sfottere i nuovi arrivati, i principianti.- sadici. Io però sono curiosa.- e tu cosa gli diresti?- mi farei spiegare tutti i film di Lynch.- Lynch sta agli alieni come Felix the Cat sta ai nazisti. Comun-que non perdiamo sempre il nucleo. Se di questo stiamo parlando…- d’accordo. Tu lo desideri questo supermondo?- non voglio parlare di politica.- allora non posso fare nemmeno delle battute?- battimi!- no, scelgo la dimensione seriosa: cosa ti spiazza di più, il tasso crescente di disoccupazione o mandare in fumo le formule di Einstein?- Einstein mi pare fosse disoccupato per scelta. - e quindi vuoi farti spiazzare solo da quattro dimensioni?- me ne basta una sola, ma non di quelle 43. E poi perché 43? Secondo me ognuno ha il potere e la libertà di inventarsi tutte le dimensioni che vuole, purché le dimostri.- sì, nasciamo tutti Zichichi. E comunque lui e il suo team non hanno ancora dimostrato questa teoria. - le 43 dimensioni di Zichichi sono solo idee, pensieri, fantasmi. Esistono ma ancora non sono esplose nella realtà. Forse stanno facendo proprio questo tra i confini.- comunque ti rendi conto che questi neurini stanno buttando giù il muro della costante di valore assoluto della fisica?- aspetta, ti faccio più luce…- Nell’equazione della relatività ristretta di Einstein E = mc2 la c è la costante che indica la velocità della luce. Se la veloci-tà della luce viene battuta da questa classe di neutrini, essa non è più la massima velocità delle costanti fondamentali della na-tura e di conseguenza crolla l’equazione per ricavare la formula dell’energia. Ma non solo, sembra che crollerebbe anche il prin-cipio di causalità, cioè che l’effetto avviene dopo la causa e mai prima e crollerebbe anche la visione del mondo basata su 4 dimen-sioni a favore di una nuova visione basata su 43 dimensioni.- alla fine rimango con E=MC2? - questo lo devi chiedere ai nerd del CERN una volta terminati gli esperimenti.- si vabbè, ma allora che ci dicono a fare che l’esperimento è riuscito? Per giustificare i soldi spesi? Qui c’è gente che come dimensione ha l’espansione della bolletta della luce.- quella non viaggia mai a velocità costante.- dipende da dove vivi. Io sto costruendo da solo il mio reattore domestico riciclando le idee positive e negative.- Ultimo paradosso: il nucleare mette pace alla guerra in testa.[BUIO PESTO]

testo estratto dall’opera teatrale di Antonio e Margheritatesto estratto dall’opera teatrale di Antonio e Margherita

http://it.wikipedia.org/wiki/Neutrinohttp://www3.lastampa.it/scienza/sezioni/news/articolo/

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E nelle grandi migrazioni

le gru si slanciano tra le alture.

I ritorni sono ormai

concezioni del passato

illustrazione di Alessandro Paratore48

La partecipazione italiana alla 54esima Esposizione Internaziona-le d’Arte della Biennale di Venezia, presenta quest’anno tutti i caratteri dell’eccezionalità. Il progetto, ela-borato dal curatore del Padiglione Italia, Vittorio Sgarbi, incaricato dal Ministero, è stato concepito con un criterio originale: riserva un ruolo importante al 150° anniversario dell’Unità d’Italia, prevedendo numerose e importanti iniziative speciali tra cui le esposizioni pro-mosse nelle regioni italiane in col-laborazione con le amministrazioni regionali, e le attività programmate negli Istituti Italiani di Cultura promosse dal Mini-stero degli Affari Esteri.

Per l’occasione, la Campania offre due tipi di esposizioni: il Cam di Casoria ed il Complesso Ex Tabacchificio Centola a Pontecagnano Faiano, con un’esposizione di arte contemporanea che vede coinvolti oltre 90 artisti tra pittori, scultori, ceramisti, fotografi, videoartisti, grafici, designer e autori di installazioni. Lo splendido scenario del complesso dell’ex tabacchificio è una struttura di archeologia industriale, ristrutturata ed utilizzata come polo culturale, 4000 metri quadrati di espo-sizione, con annessa sala stampa ed un piazzale che ospita due delle opere partecipanti alla mo-stra.

In continua evoluzione la fruizione dell’evento attraverso i new media, come il portale istituzionale del co-mune di Pontecagnano Faiano, un gruppo facebook e un blog.

Per qualsiasi informazione, per prenotazioni di visite guidate e continui aggiornamenti è possibile visitare la sezione contatti con gli indirizzi mail: [email protected]; [email protected]

ed il recapito telefonico 348/ 5860586.

La Biennale è aperta, ad ingresso gratuito, tutti i giorni dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 20 sino al 10 gennaio prossimo.

Info: lostatodellartecampania.wordpress.com

LO STATO DELL’ARTE IN CAMPANIAEX TABACCHIFICIO CENTOLA - PONTECAGNANO FAIANOdi Angela Casale

VALERIO ACAMPORA - Villaggio Maiboui, Benin

OLGA MARCIANO - Tres Chic

RAFFAELLA NAPPO - “ A PAOLO” FABIO SABATINO - Antenati nel Futuro

49

di Lello Rispoli

Album: Jugendstil II

autore: Lee konitz

50

Anni 50. Charlie Parker è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo del sassofono contralto. Tutti vo-gliono suonare come Bird. Qual è il suo segreto? Il sax? L’eroina? Le ance? Anche il giovane Lee vuole saperlo. Una sera si avvicina a Bird e gli chiede che ancia stia usando. Bird prende l’ancia più vecchia che gli capiti a tiro, forse lo stecco di un gelato o una molletta per i panni, la lega al becco del sax e comincia a suonare. Ovviamente suona come Bird. Dissolvenza.Avete mai visto quel film? Sliding doors? Beh, se siete riusciti a vederlo tutto avrete colto il sen-so della trama che è più o meno: se avessimo preso quel treno chissà cosa sarebbe successo; se avessimo accettato quell’invito chissà...etc etc. Sto mischiando la lana con la seta per esprimere un concetto semplice e fare un po’ di ucronia (cioè storia alternativa).Finale uno: la figura di merda fatta con Parker è troppo bruciante. Lee prima usa il sassofono come vaso da notte e poi lo getta nell’east river recitando anche una breve orazione per il suo sax e per la vita da artista, per quell’artista che non sarà mai. Trova un posto alla Greyhound e stacca biglietti per la gente in partenza. Certo sapeva suonare ma non lo farà mai più e tutti i suoi figli faranno i medici o gli avvocati. Si sposa, compra una villetta a schiera nella periferia residenziale, prende un cane e col tempo arrivano anche i figli. Fine. Morale: Lee konitz è un piccolo e indispensabile ingranaggio della macchina mondo, ma rimane un quivis de populo. La sua vita si svolge tranquilla ed è costellata delle gioie riservate alle persone normali.Finale due: Lee manda Parker a fare in culo e si dice: perché devo suonare come Charlie Parker se sono Lee Konitz? Comincia a suonare come Lee Konitz.Diventa uno dei vessilliferi di un nuovo genere musicale che passerà alla storia come cool jazz, un jazz rilassato e fresco, per nulla aggressivo, molto melodico, adatto alla California degli anni 50 in cui nasce e si sviluppa. Parola d’ordine: sea, sun & girls. Lee Konitz comincia ad essere un nome. Si fa prima le ossa nel gruppo di Lennie Tristano, un pianista non vedente che avrebbe marchiato a fuoco i suoi alunni dandogli una cifra stilistica unica e inconfondibile. Quando è diventato un giovane aquilotto in grado di ghermire le sue prede da solo non si fa scappare l’oc-casione per suonare con tutti i grandi. Ormai è grande anche lui. Vi siete mai chiesti chi sia quel giovane contraltista che suona “Moondreams” sull’album “The birth of the cool” di Miles Davis? Konitz. E chi è che suona sullo storico “Gil Evans & ten” di Gil Evans ? Sempre lui. Ormai la strada è spianata per quello che sarà un quarantennio di album eccezionali, in trio, in duo, in solo o alla guida di formazioni che spaziano dal quartetto al tentetto. Arriviamo ad oggi. Konitz è so-pravvissuto a tutto e a tutti: alla droga, alle fidanzate gelose che uccidono i trombettisti mentre suonano, alla bottiglia. Sicuramente è un virtuoso, nella vita e nella musica. Non si spiegherebbe altrimenti la sua capacità di regalarci un album come questo. C’è tutto: flirt platonici con l’avan-guardia, reminiscenze cool, melodiche dissonanze. La compagnia è delle migliori: Chris Cheek al sax tenore con il quale Konitz intreccia con delicatezza e abilità il dritto e il rovescio e Stephan Leibovici al basso, autore di tutti i brani e cuore pulsante di questa eccellente formazione. Konitz li guida e si fa guidare. La ricerca dell’anima non è un’attività necessariamente solitaria.

Ucronia