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patria indipendente l 28 novembre 2010 l 21 La storia delle due canzoni “Bella ciao” , la libertà “Giovinezza”, la dittaura Polemiche stato ovviamente pianificato con la dire- zione di Raiuno». «È evidente – aggiungeva Mazza – che una manifestazione importante che inten- de celebrare i 150 anni della storia italia- na attraverso la musica e le canzoni che ne hanno segnato le diverse stagioni deve scegliere i brani più significativi delle di- verse epoche, le più felici come le più tri- sti». Intanto, c’è da notare quanti errori stori- ci e filologici sono duri a morire. Bella ciao non è una canzone delle mondine, come si credette negli anni ’70 quando Giovanna Daffini la incise su un 45 giri dei Dischi del sole. Si ritenne allora che questa fosse la versione originale, fin quando un sindacalista, Vasco Scansani, da Gualtieri, lo stesso paese della Daffini, affermò di essere lui l’autore della Bella ciao delle mondine, e di averla scritta nel 1951, basandosi sulla versione partigiana. Lo fece in occasione di uno sciopero del- le mondine e la Daffini gli chiese le paro- le e le cantò. L’origine di Bella ciao resta- va dunque oscura, mentre il canto più po- polare scaturito dalla Resistenza, Fischia il Vento, possente e combattivo, si sapeva basato su un canto russo intitolato Ka- tiuscia. Di Bella Ciao mai si sono trovate le origini, lontanamente derivante per metà da Fior di tomba e forse da un gioco infantile. Il direttore artistico di Sanremo Mazzi ha invece affermato con sicumera che Bella ciao partigiana deriva dal canto delle mondine e questo forse per sminuire il valore della versione partigiana, come a dire «in fondo esisteva già». La stessa manovra è stata attuata per Gio- vinezza, che sarebbe nata – a sentir lui – come inno della goliardia toscana dei pri- mi del Novecento. In realtà nacque come canzone intitolata Il commiato, dalla commedia musicale Addio giovinezza, scritta da Nino Oxilia e Sandro Camasio con musica di Giuseppe Blanc, rappresen- tata nel 1911 al Teatro Manzoni di Mila- no e ispirata alla goliardia torinese. Lo scrittore Salvator Gotta ne riscrisse poi il testo dando forma definitiva e ufficiale a un canto utilizzato dagli arditi di guerra prima, dagli squadristi poi e che nella ver- sione definitiva dice nella seconda strofa C i hanno provato ancora. Alludo al tentativo di equiparare Bella ciao a Giovinezza e di interpretare en- trambe mettendole sullo stesso piano per raccontare la storia d’Italia dall’Unità a oggi. Il risultato sarebbe stato simile a quello di equiparare i combattenti di Salò ai partigiani. Spiace che il progetto sia stato sostenuto da Gianni Morandi, dimentico dei suoi trascorsi di diffusore dell’Unità in quel di Monghidoro, nonché interprete di C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones, alla quale in realtà poco credeva e anzi temeva che gli avrebbe compromesso la carriera di interprete di canzoni d’amore. E su Bella ciao ora di- chiarava: «Sono certo che molti vorranno cantare questa canzone che nasce come inno delle mondine e che poi ha acquista- to un altro senso». Il direttore artistico Gianmarco Mazzi commentava a sua volta: «Non dobbiamo avere paura delle canzoni». Citava Viva l’Italia di De Gregori e L’Italiano di Toto Cutugno. Poi ai brani candidabili aggiungeva anche Giovinezza, «passata al- la storia come inno del ventennio, ma che nacque come canzone della “goliardia” toscana nei primi del ’900. Sono molte le curiosità non cono- sciute – aggiungeva – legate a questi bra- ni e noi le racconte- remo. Vogliamo co- struire una serata in- tensa, culturale e di forte personalità ar- tistica». «Mi viene in mente anche Và pensiero. Un festival di Sanre- mo che celebra le canzoni dei 150 an- ni deve ripercorrere la storia intera, sen- za censure e senza cesure», interveniva il direttore di Raiu- no Mauro Mazza, chiarendo che l’an- nuncio dato da Mo- randi e Mazzi «è di Leoncarlo Settimelli Lo spartito di Bella ciao. Una vergognosa operazione quella di equiparare i partigiani ai fascisti di Salò. Ridicola serie di errori storici e filologici. La verità. Poi tutto è saltato. Ci provano da sempre. L’esempio dei francesi

Polemiche La storia delle due canzoni “Bella ciao”, la … · canzoni d’amore. E su Bella ciaoora di-chiarava: «Sono certo che molti vorranno cantare questa canzone che

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patria indipendente l 28 novembre 2010 l 21

La storia delle due canzoni

“Bella ciao” , la libertà“Giovinezza”, la dittaura

Polemiche

stato ovviamente pianificato con la dire-zione di Raiuno». «È evidente – aggiungeva Mazza – cheuna manifestazione importante che inten-de celebrare i 150 anni della storia italia-na attraverso la musica e le canzoni chene hanno segnato le diverse stagioni devescegliere i brani più significativi delle di-verse epoche, le più felici come le più tri-sti». Intanto, c’è da notare quanti errori stori-ci e filologici sono duri a morire. Bellaciao non è una canzone delle mondine,come si credette negli anni ’70 quandoGiovanna Daffini la incise su un 45 giridei Dischi del sole. Si ritenne allora chequesta fosse la versione originale, finquando un sindacalista, Vasco Scansani,da Gualtieri, lo stesso paese della Daffini,affermò di essere lui l’autore della Bellaciao delle mondine, e di averla scritta nel1951, basandosi sulla versione partigiana.Lo fece in occasione di uno sciopero del-le mondine e la Daffini gli chiese le paro-le e le cantò. L’origine di Bella ciao resta-va dunque oscura, mentre il canto più po-polare scaturito dalla Resistenza, Fischiail Vento, possente e combattivo, si sapevabasato su un canto russo intitolato Ka-tiuscia. Di Bella Ciao mai si sono trovatele origini, lontanamente derivante permetà da Fior di tomba e forse da un giocoinfantile. Il direttore artistico di Sanremo Mazzi hainvece affermato con sicumera che Bellaciao partigiana deriva dal canto dellemondine e questo forse per sminuire ilvalore della versione partigiana, come adire «in fondo esisteva già».La stessa manovra è stata attuata per Gio-vinezza, che sarebbe nata – a sentir lui –come inno della goliardia toscana dei pri-mi del Novecento. In realtà nacque comecanzone intitolata Il commiato, dallacommedia musicale Addio giovinezza,scritta da Nino Oxilia e Sandro Camasiocon musica di Giuseppe Blanc, rappresen-tata nel 1911 al Teatro Manzoni di Mila-no e ispirata alla goliardia torinese. Loscrittore Salvator Gotta ne riscrisse poi iltesto dando forma definitiva e ufficiale aun canto utilizzato dagli arditi di guerraprima, dagli squadristi poi e che nella ver-sione definitiva dice nella seconda strofa

C i hanno provato ancora. Alludo altentativo di equiparare Bella ciao aGiovinezza e di interpretare en-

trambe mettendole sullo stesso piano perraccontare la storia d’Italia dall’Unità aoggi. Il risultato sarebbe stato simile aquello di equiparare i combattenti di Salòai partigiani. Spiace che il progetto sia stato sostenutoda Gianni Morandi, dimentico dei suoitrascorsi di diffusore dell’Unità in quel diMonghidoro, nonché interprete di C’eraun ragazzo che come me amava i Beatles ei Rolling Stones, alla quale in realtà pococredeva e anzi temeva che gli avrebbecompromesso la carriera di interprete dicanzoni d’amore. E su Bella ciao ora di-chiarava: «Sono certo che molti vorrannocantare questa canzone che nasce comeinno delle mondine e che poi ha acquista-to un altro senso». Il direttore artistico Gianmarco Mazzicommentava a sua volta: «Non dobbiamoavere paura delle canzoni». Citava Vival’Italia di De Gregori e L’Italiano di Toto Cutugno. Poi ai brani candidabiliaggiungeva anche Giovinezza, «passata al-la storia come inno del ventennio, ma chenacque come canzone della “goliardia”

toscana nei primi del’900. Sono molte lecuriosità non cono-sciute – aggiungeva– legate a questi bra-ni e noi le racconte-remo. Vogliamo co-struire una serata in-tensa, culturale e diforte personalità ar-tistica». «Mi viene in menteanche Và pensiero.Un festival di Sanre-mo che celebra lecanzoni dei 150 an-ni deve ripercorrerela storia intera, sen-za censure e senzacesure», intervenivail direttore di Raiu-no Mauro Mazza,chiarendo che l’an-nuncio dato da Mo-randi e Mazzi «è

di Leoncarlo Settimelli

Lo spartito di Bella ciao.

Una vergognosa operazione quella di equiparare i partigiani ai fascisti di Salò.Ridicola serie di errori storici e filologici.La verità.Poi tutto è saltato.Ci provano dasempre. L’esempiodei francesi

«dell’Italia nei confini / son rifattigli italiani / li ha rifatti Mussolini /per la guerra di domani». L’Innodiventa così l’inno ufficiale del par-tito fascista. Nelle cerimonie pub-bliche viene eseguito subito dopola Marcia reale e alla radio vienetrasmessa ad ogni piè sospinto. An-che le donne fasciste la adottanonella versione di Giuseppina Zeiche dice «cosa importa se siamdonne / non alberga in noi paura /né c’intralciano le gonne / nellalotta santa e pura». Quale versione sarebbe stata canta-ta a Sanremo? Qualunque fosse sta-ta avrebbe suonato gravemente of-fensiva non per le forze partigianema per l’intera Repubblica, chenacque appunto vincendo le forzeche di quella canzone avevano fattoil proprio simbolo.Meno male che la RAI ha poi dettodi no, ma è grave che vi sia stata latentazione – lo ripeto – di metteresullo stesso piano Giovinezza e Bel-la ciao. A proposito della quale mipermetto di sostenere che debbauscire una volta per tutte dalla clan-destinità per essere eseguita nelleoccasioni ufficiali legate alla Resi-stenza e alla Liberazione. Non siesegue forse la Leggenda del Piaveaccanto all’Inno di Mameli quandosi celebra la vittoria nella grandeguerra? In Francia il Canto dei partigianiviene eseguito nelle occasioni uffi-

ciali alla presenza del Presidentedella Repubblica. Lo si può ascol-tare ad esempio su Youtube, belloed esaltante, dal possente coro del-la Guardia repubblicana eseguitodavanti a Sarkosy. Ricorda la guerradi liberazione dei maquis e non ètenero e buonista. E come poteva esserlo un canto diguerra volto alla liberazione da unnazismo feroce e disumano e dalfascismo traditore? Fu scritto daAnna Marly per la musica e daMaurice Druon e Joseph Kessel perle parole: «Amico, lo senti il nerovolo dei corvi sulle nostre pianure?Amico, le senti le grida sorde del

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paese che è incatenato? Oé, parti-giani, operai, contadini, è l’allarme.Stasera il nemico saprà il prezzo delsangue e delle lacrime. Salite dallaminiera, scendete dalle colline,compagni! Fuori i fucili dalla pa-glia, e le granate, e la mitraglia. Oé,uccisori all’arma bianca e da fuoco,fate presto! Oé, sabotatore, attentoal tuo fardello: dinamite... Siamonoi che spezziamo le sbarre delleprigioni ai nostri fratelli. Con l’o-dio in bisaccia e la fame che ci spin-ge, e la miseria. Ci son dei paesidove la gente sogna nel proprio let-to. E qui, lo vedi, noi si marcia, siuccide e si crepa. Qui ognuno saquel che vuole e che fa quando pas-sa. Amico, se cadi un amico escedall’ombra al tuo posto. Domani,nero sangue seccherà al sole vivosulle strade. Cantate, compagni,nella notte la Libertà ci ascolta.Amico, le senti le grida sorde delpaese che è incatenato? Amico, losenti il nero volo dei corvi sulle no-stre pianure?».Grave e solenne, lo interpretò perprimo Yves Montand, e diventò ap-punto un canto uscito dalla clande-stinità per essere eseguito nelle oc-casioni ufficiali. Mi auguro che l’ANPI sostenga lastessa battaglia per Bella ciao, che èdolce, tenero, unificante e che sa-rebbe giusto far diventare il cantoufficiale della Resistenza e delle ce-rimonie legate ad essa.

Anna Marly, originale partisan, inno fran-cese resistenza.

Il progetto “Rinascita del tempo” di un medico giapponese

Ad Auschwitz i semi delle piantesopravvissute ad Hiroshima e NagasakiNel giardino del monastero di Santa Giulia, a Brescia, sono stati trapiantatiun aogiri, o albero parasole, portato da un testimone di Hiroshima (2006) eun kaki arrivato da Nagasaki (2008).Le piante provengono dalle città del Giappone che, durante la Seconda guer-ra mondiale, furono disintegrate con i loro abitanti, rispettivamente, dallabomba atomica del 6 agosto 1945 e da quella al plutonio del 9 successivo.Essi sono figli di due alberi che, scampati ai bombardamenti degli aereiamericani, furono un grande segnale di speranza per i giapponesi superstiti.Piante nate dai semi degli stessi alberi, che crescono rigogliosi in Giapponee in altri stati, sono testimoni delle vittime delle bombe e simboli della rina-scita.La speranza è che, in tutto il pianeta, aogiri, kaki e nuove generazioni pos-sano crescere in pace e nel rispetto dell’ambiente.Nei giorni scorsi, Agnese Fanetti di Brescia è salita su un treno diretto adAuschwitz-Birkenau con un frutto della pianta di kaki, nata dai semi di quella scampata al bombardamento di Nagasaki.