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Prefazione a rifiuto del lavoro Duchamp

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politica

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  • Il rifiuto del lavoro forse la categoria politicapi importante delloperaismo italiano. Rinvia allepratiche di lotta individuali e collettive delloperaiomassa nelle grandi fabbriche fordiste che, con leloro catene di montaggio e le loro grandi concen-trazioni operaie, rappresentavano lo sfruttamentodel capitalismo industriale. Il rifiuto del lavoro di Marcel Duchamp inveceuna pratica individuale di sottrazione alla logicadel lavoro (compreso quello artistico) subordi-nato alla valorizzazione del capitale che anticipai possibili comportamenti di rifiuto nel capitali-smo contemporaneo. Duchamp si trovato al centro di due momentiessenziali nella storia del rapporto capitale-lavoroe capitale-arte. Da una parte, il suo ozio arrivaalla fine della prima fase di formazione forzatadella forza lavoro che, durante il XIX secolo tra-sforma la vita di milioni di proletari in una vita di-pendente dal lavoro salariato. Dallaltra Duchamp

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    PREFAZIONE ALLEDIZIONE ITALIANA

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  • 6 testimone diretto dellinizio dellintegrazionedellarte e dellartista al mercato, cio di una di-versa, ma non meno pervasiva forma di subordi-nazione della vita al capitale.Il rifiuto del lavoro di Duchamp sicuramente fi-glio del rifiuto del lavoro che ha caratterizzatotutto il XIX secolo, se non altro per levocazionericorrente del diritto allozio di Paul Lafargue(1880) che di quelle lotte costituisce un omaggio.Se con la socialdemocrazia la memoria di questicomportamenti si persa (riemerger con loperai-smo italiano per poi scomparire di nuovo), restapresente, in maniera non direttamente politica,nello stile di vita di Duchamp.Michel Foucault definisce in questo modo lille-galisme dei proletari che rifiutano di impiegareil loro corpo e la loro forza alla produzione: 1. ladecisione dellozio: rifiuto di offrire sul mercato dellavoro queste braccia, questo corpo, questa forza;2. lirregolarit operaia: rifiuto di applicare la suaforza dove bisogna e nel momento richiesto: sitratta di disperdere le forze, decidere il tempo du-rante il quale si applicheranno; 3. la festa: non con-servare questa forza per renderla utilizzabile,sprecarla non prendendo cura del proprio corpo,cadendo nel disordine; 4. il rifiuto della famiglia: nonutilizzare il suo corpo alla riproduzione delle sua

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  • forza lavoro nella forma della famiglia; il rifiutodella famiglia tramite la convivenza e la dissolutezza 1. lirregolarit, limprevedibilit, lindisciplina delcomportamento che bisogna domare, normaliz-zare. E questo in ogni genere di lavoro, anche inquello artistico come intuisce benissimo Duchamp.Gi nel XIX secolo rifiutare il lavoro rifiutare lanormalizzazione del tempo della vita invaso, dallanascita alla morte, dalla produzione. Limpiego deltempo che non a caso costituir la vera opera dartedi Duchamp, loggetto principale del controllo edel disciplinamento capitalista. Bisogna che iltempo sia portato sul mercato e questo tempo siatrasformato in tempo di lavoro. questo il granderifiuto di Duchamp, neanche larte ha il diritto dioccupare e comandare il tempo della vita. Tanto pi che le pratiche artistiche, prototipo ditutte le nuove forme del lavoro detto cognitivo, in-tellettuale, immateriale, sembrano aver realizzato laprofezia dellanartista: conformiste, inoffensive, ac-comodanti, si pensano, producono e, in ultima ana-lisi, non hanno altra scelta che vendersi al mercato.Il mercato dellarte (sempre come prototipo delmercato del lavoro detto cognitivo) il mercatodel lavoro pi diseguale, concorrenziale, differen-

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    1 Michel Foucault, La socit punitive. Cours au Collge de France(1972-1973), Gallimard-Seuil, Paris 2013.

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  • ziato che ci sia. Per poche decine di eletti le cuiopere sono comprate dagli arricchiti della finanza,migliaia e migliaia di poveri, precari, disoccupatisenza nessuna prospettiva, consolati solo dalla pre-tesa di fare un lavoro creativo, concetto del qualegi Duchamp diffidava.La piramide delle ineguaglianze ha nel lavoro ar-tistico, intellettuale, immateriale la sua pi com-pleta e perfetta realizzazione.Qui la distinzione tra lavoro e impiego raggiungevertici ineguagliati altrove. Lartista (il lavoratoredetto cognitivo) lavora sempre, ma pagato (im-piegato) raramente. Non solo la maggior parte dellavoro che eroga gratuito, ma anche alienato,come si diceva una volta. Nel senso che deve ade-guarsi alla domanda, adattarsi al mercato e allepossibilit che la produzione culturale offre. Que-ste nuove e variegate professioni sono risorse perlurbanizzazione, per la gentrificazione, per il turi-smo, per lindustria audio-visiva, per le multina-zionali dei social-network, per il marketing, ecc..Partecipano cos allimpoverimento soggettivo enon solo economico delle nostre societ.La massificazione di questo tipo di lavoro an-data di pari passo a una proletarizzazione che i di-retti interessati sembrano, per il momento, nonvoler riconoscere. Proletarizzazione non significa

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  • solo impoverimento, ma anche perdita dei proprisaperi e perdita del controllo sulla propria produ-zione. anzi questa espropriazione che allori-gine dellimpoverimento economico.Duchamp pu aprire qualche prospettiva in questodominio del Capitale, pur sapendo che nel suocaso si tratta di scelte difficilmente riproducibilioggi e di forme di vita che evitano il conflitto. Non vedo come si possa uscire da questa situa-zione se non imparando dai proletari del XIX edagli operai non cognitivi del XX secolo. Trovarecio delle modalit di lotta, delle forme di orga-nizzazione che da un lato garantiscono i diritti che,avuti in eredit dagli operai non cognitivi, la nuovacomposizione di classe sta perdendo uno a uno. Lamaniera per essere allaltezza di questa eredit diinventarne e di conquistarne di nuovi, adattati allanuova situazione. Dallaltro lato costruire delleforme di solidariet che impediscano lespropriodel proprio sapere e che evitino di farsi dettare lapropria produzione dalle necessit della valorizza-zione culturale contemporanea. soltanto a questacondizione che si potr ritrovare, la radicalit, lim-pertinenza, il desiderio dinvenzione e di rotturache sembra sia stato perso.

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