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Eccoci arrivati alla prima Edizione Speciale del nostro giornalino dì’istituto. il giornalismo è spesso una
questione di scelte, sono tante le notizie battute dalle agenzie e trasmesse da giornali e telegiornali.
Era necessario dunque seguire in criterio di selezione delle notizie e la scelta è caduta sull’evento
(ponti di memoria e luoghi di impegno) al quale siamo stati direttamente coinvolti come studenti del
Liceo Majorana di San Giovanni La Punta (CT).
La Redazione
Beatrice Ranno
MESSINA - Alla XXI giornata
della memoria e dell’impegno
per il ricordo delle vittime
innocenti della mafia c’ero
anch’io insieme alla
delegazione del liceo
scientifico Majorana
composta da alunni e docenti.
“Ponti di memoria, luoghi di
impegno” è il titolo della
manifestazione organizzata da
Don Luigi Ciotti, il sacerdote
antimafia leader di una rete
di 1600 associazioni raccolto
intorno a Libera.
Non a caso il fondatore di
Libera ha scelto Messina
come luogo dell’evento, non
certo per incoraggiare la
costruzione del ponte sullo
stretto, il suo obiettivo è stato
quello di far crescere ponti
culturali per incoraggiare la
crescita civile del nostro
paese. Sono stati momenti
indimenticabili, per la prima
volta ho avuto l’opportunità di
partecipare ad un corteo
insieme ai miei compagni di
classe, ai miei “colleghi” del
gruppo del giornalino “Il
Grillo Parlante” e con la guida
dei docenti accompagnatori,
Prof.ssa Giovanna dell’Acqua
(intervenuta in qualità di
referente del progetto
Legalità), del prof. Patrizio
Nicolosi e della Professoressa
Lucia Guarneri. Novecento
nomi di vittime innocenti
della mafia sono stati letti ad
alta voce dal palco di piazza
Duomo. Dopo la lettura dei
nomi ha preso la parola Don
Ciotti, personaggio
carismatico che ha fatto
dell’impegno civile una
ragione di vita. E Don Ciotti
non è certo una persona che
le manda a dire. Nel suo
discorso ha attaccato non
soltanto le mafie, ma anche i
poteri forti legati a doppio filo
con la criminalità organizzata,
persino attaccando l’accordo
tra l’Eu e la Turchia,
definendolo “umiliante” per
l’enorme flusso di rifugiati che
fuggono da Siria, Libia e
Afghanistan.
Non sono mancati rifermenti
al quadro politico attuale,
ponendo l’attenzione al
Referendum del 17 aprile per
abrogare la legge sulle
trivellazioni, un esplicito
rifermento di disappunto
rispetto al Pd di Renzi che ha
invitato i suoi ad astenersi dal
voto. In altre 2000 piazze
d’Italia si sono tenute
manifestazioni simili a questa.
Naomi Sciacca VB
Luigi Ciotti si definisce un “semplice cittadino che
sente prepotente dentro di sé il bisogno di
giustizia";
nato a Pieve di Cadore nel '45, fu costretto ad
emigrare in Piemonte con il padre, la madre e le
sorelle per la stessa ragione che nel dopoguerra
spinse migliaia e migliaia di cittadini italiani ad
abbandonare la loro città natìa per andare a
cercare altrove la dignità di lavoro e la speranza
di una vita serena; l'impatto con Torino fu
traumatico, Ciotti dice : “mio padre aveva trovato
lavoro ma non aveva trovato casa, e quindi la
nostra casa è stata la baracca del cantiere del
Politecnico di Torino. Quegli anni hanno segnato
la mia vita insieme con la baracca, il cantiere, le
facili etichette che la gente ti mette perché tu vivi
dietro uno steccato. Un pensiero sempre
sbrigativo, che generalizza, e che tuttora resta
una delle ferite aperte". Ancora diciassettenne
tornando da scuola, notò un uomo anziano
sempre seduto nella stessa panchina, che gli
faceva da casa; dall'incontro con il senza tetto
realizzò l’idea di fondare, insieme ad alcuni suoi
amici, il Gruppo Abele “per dare una mano alle
persone in difficoltà e far capire agli altri, ai
"fortunati", quanto fosse importante per tutti
costruire una società più giusta e più
responsabile”. Ciotti in un’intervista pubblicata
sul numero del mensile di Emergency "E"
racconta che con i suoi colleghi avevano
“cominciato ad andare sui treni, dove i disperati
senza casa dormivano: i treni arrivavano caldi. Ho
pensato, caspita io incontro questa gente fuori,
facciamo delle cose insieme, non li lascio soli. A
volte la mattina eravamo così stanchi che il treno
partiva, e ci trovavamo a Chivasso. Passavano i
controllori, te la davi a gambe. Perché sai, se parli
a tavolino non capisci questi mondi.” Due anni
dopo Ciotti insieme al suo seguito cominciò un
intervento all'interno degli istituti penali minorili,
esperienza che riuscì a portare in seguito
all'esterno, sul territorio, attraverso la
costituzione delle prime comunità per
adolescenti alternative al carcere.
Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli
(TO), nel novembre del 1972 venne ordinato
sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino, e
come ricorda ancora bene Don Ciotti “alla fine di
quella celebrazione non volava una mosca, il
cardinale guardò tutti questi ragazzi e disse: Luigi
è nato con voi, è cresciuto con voi, e io ve lo
lascio. Però affido anche a lui una parrocchia, e gli
do come parrocchia la strada.”
E fu proprio sulla strada che nel 1973 venne
inaugurato il primo “Centro Droga”, un luogo di
accoglienza e di ascolto per i primi giovani con
problemi di tossicodipendenza; proprio in questo
luogo di rifugio per i ragazzi iniziarono le prime
mobilitazioni che sancirono la promulgazione nel
1975 della prima legge italiana non repressiva
sull'uso di droghe, la n. 685.
L’attenzione di Don Luigi e del Gruppo Abele si
estese negli anni in diversi ambiti, “dalla
mediazione dei conflitti allo studio delle nuove
forme di dipendenza, dai progetti di
cooperazione allo sviluppo, allo strumento delle
cooperative sociali per dare dignità e lavoro a
persone con storie difficili, al settore culturale e
formativo”. Nei vari centri di accoglienza e di
ascolto organizzò varie attività culturali,
informative, educative, di prevenzione e
formazione quali: Documentazione e Ricerche
(1975), l’“Università della Strada” (1978),la casa
editrice “Edizioni Gruppo Abele” (1983),la libreria
“La Torre di Abele” (1994), le riviste “Animazione
Sociale” (1971) e “Narcomafie” (1993),il servizio
di Mediazione dei conflitti (1995) e il “Piano
Giovani” (2001).
Fermamente convinto dell’importanza di quel
“noi”, per il quale Don Luigi ha rischiato, rischia e
continuerà a rischiare quotidianamente la vita, ha
anche contribuito a promuovere reti di impegno
sociale come il Coordinamento nazionale delle
Comunità di accoglienza (CNCA), che ha
presieduto per oltre 10 anni e la Lega italiana per
la lotta all’Aids (LILA), della quale pure è stato
presidente.
Nel corso degli anni 90, ancor più convinto di
voler cambiare a piccoli passi il destino non solo
della penisola ma del mondo intero, il suo
impegno si è allargato alla denuncia e al
contrasto al potere mafioso, dando vita al
mensile "Narcomafie" e nel 1995 a Libera -
Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
Alla domanda <<Come entrò la mafia nella tua
vita?>> Don Luigi Ciotti non riesce a dare una
risposta decisa e coincisa e risponde: “Dopo le
stragi di Capaci e di via D'Amelio, mi sono chiesto:
noi continuiamo a dare una mano ai giovani
vittime delle dipendenze, alle ragazze sfruttate
dalla prostituzione, ma chi guadagna dietro a
questi? E ti dici: continuiamo a stare sulla strada,
a lavorare all'accoglienza, però il problema della
mafia attraversa tutto il nostro Paese. E quindi
nasce Libera, per mettere insieme tante
esperienze, per creare un fermento sociale”.
Ogni sera quando stanchi dal lavoro o dallo
studio, ci sediamo con la nostra famiglia davanti
un pasto caldo sulla tavola apparecchiata, al
telegiornale sentiamo parlare di beni confiscati e
confische di denaro che non si sa dove finiscono.
Ciotti nei suoi discorsi puntualizza uno degli
obiettivi principali dell’associazione affermando
che “quel denaro liquido deve servire per i
testimoni di giustizia, e per il risarcimento alla
vittime di mafia".
Don Luigi Ciotti non è un semplice cittadino
italiano come umilmente si descrive, è un
esempio che tutti noi dovremmo seguire a
prescindere dall’età, dall’ideologia politica o dalla
religione che professiamo, certamente non
possiamo essere come lui perché per fare il suo
Mestiere non solo ci vuole vocazione ma anche
molto coraggio e dedizione, quindi nel nostro
piccolo, con una grande arma che noi tutti
possediamo “l’Istruzione”, dobbiamo prepararci,
perché è solo tramite questa che possiamo
cambiare quello che Ciotti definisce il grande
problema del nostro paese: la finta democrazia.
“C'è un problema di democrazia nel nostro Paese,
è una democrazia pallida che non ha senso di
responsabilità".
Quindi lettori studiamo, leggiamo, aggiorniamoci
perché è solo tramite la cultura che riusciremo a
ragionare con “la nostra testa” e non ci faremo
illudere dalle false promesse di chi ci vuole
ignoranti, quindi non limitiamoci a parlare di
Legalità ma impariamo a “fare legalità”
ricordando sempre che non tutto ciò che è legale
è anche morale.
Ketty Ragonese VB
“Ponti di memoria luoghi di impegno”. Le parole
dello slogan della XXI giornata nazionale della
Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime
delle mafie divengono così incipit per Don Luigi
Ciotti.
Grande speranza e profonda fiducia trapelano
dalle parole del carismatico prete in ciò che
assume le sembianze di una vera e propria analisi
attiva e critica della nostra società, che più
banalmente possiamo sì definire come un
“discorso”.
Ogni singola parola viene sfruttata al pieno delle
potenzialità riuscendo così a colpire nell’insieme
ideali , principi, e tematiche in tutta la loro
importanza e il loro valore.
Ecco come un “ponte” diviene metafora ,
emblema di principi quali legalità, speranza,
coscienza, istruzione, libertà e democrazia. Come
Ciotti stesso afferma: <<Ponti che allargano le
coscienze,traghettano le speranze [..] Ponti di
libertà e inclusione che sta alla base della
democrazia […] Ponti per stare vicino a tutti
coloro che non si arrendono all’illegalità,agli
abusi, alla violenza.>>
Risulta pertanto evidente l’invito a realizzare
qualcosa di concreto, di impegnarsi ogni giorno
attivamente; “un ‘opera quotidiana di cittadini
responsabili capaci di tradurre la domanda di
cambiamento in forza di cambiamento”. Entrare
in contatto con tutti quei luoghi, quelle realtà che
non si sono arrese, non hanno ceduto dinnanzi le
difficoltà bensì sono riuscite a trarre proprio da
queste la propria forza, i propri stimoli.
Un ritorno pertanto ai “ponti di memoria”,
all’importanza del ricordo di tutti quei nostri
concittadini, quei familiari. Una memoria che non
si riduca ad una sterile “circostanza” ma che
diventi una “memoria condivisa” che non si limita
più a ricordare le vittime ma si impegna a
realizzare gli ideali per cui sono vissute. In fondo
esse altro non sono se non la più forte, chiara e
genuina espressione di lotta per la democrazia.
Don Ciotti afferma: << Voi avete chiesto di
costruire un ponte con le nuove generazioni >>.
Questo trova le proprie fondamenta
nell’istruzione, in tutte le nostre scuole. Tutta la
gente e in modo particolare tutti noi
numerosissimi giovani e studenti, dai più piccoli
ai più grandi, siamo stati definiti una “magia”.
E’ proprio grazie a iniziative di tale genere e
all’istruzione che è possibile ciò che per alcuni
rimane un lontano sogno, ovvero che “un giorno
tutti i ragazzi possano raggiungere la prima delle
competenze: la cittadinanza”. Quest’ultima è
infatti la chiave per la libertà che Ciotti tiene a
definire come “il più prezioso dei beni e la più
esigente delle responsabilità”
Il pensiero dunque viene rivolto in modo
particolare alla società in quanto ambiente
educativo e di inclusione ma in modo particolare
alle istituzioni al valore dell’educazione in
uninvito ad investire maggiormente verso la
crescita culturale e la partecipazione alla vita
sociale.
Per quanto possano essere profonde le parole e
importanti i principi e gli ideali che esse
esprimono, occorre superare le stesse,
trasformarle in una rampa di lancio, uno
strumento. E’ infatti fondamentale riuscire a
cogliere quell’incommensurabile e irrefrenabile
forza di volontà che risiede alla base delle stesse,
farla propria ed impegnarsi attivamente ed in
modo concreto, liberarsi da questa “anestesia
delle coscienze” che avanza apparentemente
incontrastata nel nostro mondo.
Andrea Giannoccaro VB
Vittoria Papa VB
Don Ciotti: “accordo UE-Turchia sui migranti umiliante e frutto di ipocrisia”
21 Marzo 2016. A Messina,
come nelle piazze di tutta Italia,
si è svolta una manifestazione
che ha visto protagonisti i
cittadini uniti contro le
ingiustizie. Studenti di ogni
ordine e grado si sono riuniti ad
ascoltare le parole di don Ciotti,
il cui discorso ha toccato diversi
temi di attualità. Uno di questi
riguarda la questione dei
migranti e la gestione su come
gestire la loro accoglienza da
parte dell’Europa, quell’Europa
che si è fondata sui principi di
non discriminazione.
Lo definisce “un accordo
vergognoso”, quello che
discrimina i migranti come se
non fossero esseri umani.
Nonostante la Turchia voglia
entrare a far parte dell’UE,
l’Unione non ne trova
accettabile il pensiero sul
rispetto dei diritti umani, che è
assolutamente assente, e si
rifiuta di accogliere la sua
richiesta. In posizione di
disaccordo rispetto alla Turchia
si trova anche la Grecia, come si
evince dalle parole del
vicepresidente del parlamento
greco
Tasia Christodoulopoulou :”
è un accordo problematico”.
Il parlamento Greco non
accetterà l’accordo in quanto
i flussi di migranti non
diminuiranno finché
continuano le violenze.
Perché proprio a causa della
guerra o della povertà
sempre più persone lasciano
a malincuore il proprio paese
alla ricerca di una speranza.
Molta discriminazione viene
fatta a proposito di queste
persone e sempre minore è
la comprensione che i paesi
mostrano. Sembra prevalere,
dunque, la ragion di Stato ai
diritti su rifugiati sanciti dal
diritto internazionale.
L’accordo sulla questione
della gestione dei profughi
nasce quando i paesi europei
si erano detti non più
disponibili ad accogliere un
grande numero di richiedenti
asilo o rifugiati. Ciò si era
reso ancora più necessario in
seguito alla chiusura delle
frontiere balcaniche (via che i
migranti usavano per
attraversare la Grecia e
raggiungere la Germania e
La Carta di Roma è un
documento creato nel 2008
dall’ordine nazionale dei
giornalisti: esso tutela i
diritti dei migranti e i doveri
dei giornalisti. Tale
documento vuole giungere
all’uso di un linguaggio più
corretto e e rispettoso verso
le persone che vengono
generalmente definite
“migranti”.
1 ) RICHIEDENTE ASILO: è
colui che non si trova nel
proprio paese e chiede di
essere riconosciuto come
rifugiato dal paese
ospitante.
2) RIFUGIATO: colui a cui è
stato riconosciuto lo status
di rifugiato e che quindi ha
dimostrato una
persecuzione personale ed
è già tutelato dalle norme
del diritto internazionale.
3) VITTIMA DELLA TRATTA: è
una persona che non ha mai
acconsentito al transito in
un altro paese. Lo scopo di
ciò è lo sfruttamento. Per
“sfruttamento” si intendono
schiavitù o pratiche
analoghe (in questa
categoria sono comprese il
prelievo di organi,
l’asservimento e l’abuso
sessuale).
4)MIGRANTE o IMMIGRATO:
colui che sceglie
volontariamente di lasciare
il proprio paese alla ricerca
di condizioni di vita migliori.
5)MIGRANTE IRREGOLARE:
colui che entra in un paese
eludendo i controlli alla
frontiera.
l’Europa del Nord). Tuttavia
questo accordo va incontro a
diverse problematiche,
soprattutto dal punto di vista
legislativo. In breve, l’accordo
afferma che tutti i richiedenti
asilo che arrivano sulle coste
greche passando dalla Turchia
vengono registrati e
nuovamente portati in Turchia. .
Uno dei fondamentali obiettivi
di questo accordo è invogliare i
migranti a non attraversare il
mar Egeo affinché sia più facile
combattere il business che si è
creato mediante la tratta di
esseri umani. In cambio di
questo l’UE offrirà altri aiuti
finanziari alla Turchia.
Però tale paese sarà
costretto a modificare le sue
leggi affinché esse non
violino automaticamente
l’accordo. Ci sono diversi
dubbi su come sarà possibile
gestire il flusso di migranti: in
tanti, infatti, ritengono che
sia impossibile sostenere
questa situazione ed
affrontare
contemporaneamente la crisi
economica.
A questo proposito è
intervenuto il primo ministro
britannico David Cameron
con la proposta che l’UE
rafforzi i controlli al largo
delle coste libiche in modo da
costringere le barche dirette
in Europa a invertire la
direzione di marcia.
Roberta Zerbini III BSU
Der katholische Priester Luigi Ciotti und sein
Verein Libera sind der italienischen Mafia ein
Dorn im Auge.
(Il prete cattolico Luigi Ciotti e la sua associazione
Libera sono per la mafia italiana un pugno
nell'occhio .)
Einige Beamte in Zivil sind jedenfalls immer in
seiner Nähe, weil Ciotti als Italiens meist
gefährdete Persongilt .. Die italienische Mafia hat
den katholischen Priester im Visier.
( Alcuni agenti in borghese sono sempre in sua
presenza perchè Ciotti è considerato la persona
più a rischio d'Italia . La mafia italiana ha, infatti,
il prete cattolico nel mirino .)
Bei seinen öffentlichen Auftritten erscheint Don
Ciotti meist in hellblauem Hemd und dunklem
Baumwollpullover. Einen Priesterkragen trägt er
nicht. Ciotti schätzt Symbole sehr wenig, er
empfindet sich vielmehr als aktiven Kämpfer
gegen das Böse. Er gründete den Verein bereits
im Jahr 1995 und hat ihn Libera (Frei) genannt. In
ihm engagieren sich heute Hunderte Italiener
gegen die kriminellen Organisationen, die in
unserem Land tief verwurzelten sind.
(Nelle sue apparizioni pubbliche Don Ciotti di
solito appare in camicia azzurra e maglione di
cotone scuro . Non porta il colletto da prete.
Ciotti gradisce molto poco i simboli, si sente un
po 'come un combattente attivo contro il male .
Ha fondato l' associazione nel 1995 e l’ ha
chiamata Libera ( Free). Oggi centinaia di
italiani sono impegnati contro le organizzazioni
criminali che sono profondamente radicate nel
nostro paese.)
Eine der ersten Aktionen von Libera war eine
Unterschriftensammlung für ein Gesetz zur
sozialen Nutzung konfiszierter Mafiagüter, das
1996 auch in Kraft trat.
(Una delle prime azioni di Libera è stata una
petizione per una legge sull'uso sociale dei beni
confiscati alla mafia , che è entrata in vigore
nel1996.)
Vor der Gründung von Libera widmete sich Ciotti
anderen sozialen Projekten
(Prima di fondare Libera Ciotti si è dedicato ad
altri progetti sociali . )
Libera ist inzwischen ein florierender Verband, an
den sich in ganz Italien über 1500 verschiedene
Gruppen, darunter auch viele Schulen
angeschlossen haben. Sie verwalten rund 450 der
vom Staat konfiszierten Mafia-Güter. Auf einigen
Ländereien der ehemaligen Bosse werden heute
Produkte wie Olivenöl, Wein oder Pasta erzeugt
und teilweise auch außerhalb Italiens unter dem
Label Libera Terra verkauft. Viele Jugendliche
nehmen an den jährlichen Sommercamps der
Organisation Teil. "Wenn ein Boss die Kontrolle
über sein Territorium verliert, treibt ihn das zum
Wahnsinn", erklärt Don Ciotti. Es ist das
Erfolgsrezept von Libera.
"Die Mafia hat ihre Wurzeln im Süden, erntet
aber im Norden", sagt Ciotti.
(Libera è ora un'associazione fiorente , a cui
hanno aderito in Italia oltre 1500 gruppi diversi,
tra cui anche molte scuole. Loro gestiscono i circa
450 beni confiscati dallo Stato ai mafiosi. Su
alcuni poderi di ex boss vengono oggi prodotti
olio, vino e pasta in parte anche fuori dall’Italia,
venduti con il marchio Libera Terra . Molti giovani
partecipano ai campi estivi annuali. " Se un boss
perde il controllo sul suo territorio , ciò lo spinge
alla follia ", ha detto Don Ciotti . E ' la ricetta per il
successo di Libera .
"La mafia ha le sue radici nel Sud , ma fa la sua
raccolta nel nord ", dice Ciotti .)
Ciotti fordert schon lange ein effektives Anti-
Korruptionsgesetz in Italien. "Auch die Kirche
muss mutiger sein", sagt er und lobt Papst
Franziskus , der vor einiger Zeit erklärthatte, dass
Mafiosi keine Mitglieder der katholischen Kirche
sein könnten.
Furchtlose Priester hat es schon vor Ciotti
gegeben. Pino Puglisi und Giuseppe Diana
beispielsweise; sie wurden Anfang der 90er Jahre
wegen ihres Engagements gegen die Mafia
ermordet. Don Ciottisagt über die Bedrohung:
"Sie können auch das Leben einer einzigen
Person auslöschen, aber mit Libera ist ein ganzer
Kosmos entstanden, der nicht mehr so leicht zu
besiegen ist." (Ciotti ha da tempo chiesto una
legge efficace contro la corruzione in Italia . " La
Chiesa ha bisogno di essere più coraggiosa", dice
e loda Papa Francesco che qualche tempo fa ha
dichiarato che i mafiosi non potevano essere
membri della Chiesa cattolica . C'erano già prima
Ciotti preti senza paura. Pino Puglisi e l'esempio di
Giuseppe Diana ; essi sono stati uccisi all'inizio
degli anni '90 a causa del loro impegno contro la
mafia . Don Ciotti dice a proposito della minaccia
: "Si può spazzare via anche la vita di una singola
persona , ma con Libera è emerso un cosmo
intero, che non è più così facile da sconfiggere . ")
Carola Trovato II DL
Der Verein Libera: Vereine, Namen und
Nummern gegen die Mafia wurde am 25. März
1995 gegründet. Libera ist ein Netzwerk von
mehr als 1600 Vereinen, sozialen Kooperativen,
Gruppen, Schulen und Universitäten.
(L'associazione Libera: Associazioni, nomi e
numeri contro le mafie è stata istituita il 25 marzo
1995 .Libera è una rete di oltre 1.600 associazioni,
cooperative sociali, gruppi, scuole e università.)
Libera hat Büros überall in Italien mit
ehrenamtlichen Helfern, die dazu beitragen,
Liberas Prinzipien umzusetzen.
(Libera ha uffici in tutta Italia con volontari che
contribuiscono a mettere in atto i suoi principi.)
Sie agiert nicht nur auf nationaler, sondern auch
auf internationalem Niveau. In 2008 hat das
Europäische Studienzentrum Libera unter die 100
besten Vereine mit „Exzellenz“ in Italien gewählt.
2009 wurde Libera von dem Wirtschafts- und
Sozial Komitee der Europäischen Union als
„bester von Zivilgesellschaft geführter Verein“
anerkannt.
(Essa opera non solo a livello nazionale ma anche
a livello internazionale. Nel 2008, il Centro Studi
Europeo ha classificato Libera tra le 100 migliori
associazioni di "eccellenza" in Italia. Nel 2009 il
Comitato economico e sociale dell'Unione
europea ha riconosciuto Libera come "la migliore
associazione della società civile".)
Carola Trovato II DL
L’essenza è già nel titolo della rete di volontari
che compongono l’associazione fondata da Don
Luigi Ciotti e che prende il nome di Libera.
Cerchiamo dunque di indagare e capire nei
minimi dettagli cos’è effettivamente Libera e di
cosa si occupa. E’ un’associazione nata il 25
marzo del 1995 finalizzata a stimolare la società
civile a impegnarsi nella lotta contro le mafie e
favorire lo sviluppo della legalità e della giustizia.
Gli obiettivi che Libera si prefissa di portare
avanti sono due: la memoria e l’impegno.
Attraverso la memoria non si vuole far passare
inosservati tutti quegli episodi che hanno
coinvolto parecchie vittime di mafia. Vittime
innocenti che hanno avuto l’unica “colpa” di non
essere rimasti indifferenti davanti alle ingiustizie
mafiose e per questo motivo hanno pagato un
prezzo alto, troppo alto, la propria vita. Invece si
parla di impegno perché, una volta entrati a far
parte dell’associazione,si deve essere disposti a
lottare e a perseguire questo scopo
costantemente, senza tirarsi indietro.
L’associazione si occupa di sollecitare la maggior
parte della comunità (compresi coloro i quali non
sono stati toccati personalmente) per conoscere
tutte quelle tragiche esperienze che hanno
vissuto parecchi uomini innocenti, succubi di
profonde atrocità e crudeltà. Fare in modo che
possa essere uno stimolo non solo per la
comunità odierna,ma anche per le generazioni
future volte a seguire questa prospettiva di
solidarietà,mirata ad avere piena consapevolezza
di ciò che è accaduto nel passato e far si che non
si verifichi più. Purtroppo, nonostante tanto
lavoro e passione, l’impegno civile di Libera da
solo non basta, ci vuole ancora tanta
partecipazione, perché il numero delle vittime
innocenti si è accresciuto notevolmente. Ne
abbiamo avuto piena consapevolezza
partecipando attivamente al corteo del 21 marzo
a Messina, in cui sono stati letti appositamente i
900 nomi di tutti coloro i quali sono stati
assassinati per dare prova che una situazione del
genere non può essere dimenticata, deve
rimanere impressa nella mente degli individui e
rendersi conto del valore del loro sacrificio. Tra
questi non ci sono solo magistrati o membri delle
forze dell’ordine, ma anche semplici
cittadini,giornalisti, lavoratori che sono morti
perché hanno compiuto con onestà e fino in
fondo il proprio impegno. Per questo motivo è un
dovere civile ricordarli tutti!
Simona Pagana VB
Ludovica Leone VB
LIBERA. “Associazioni, nomi e numeri contro le
mafie" è nata il 25 marzo 1995 con l'obbiettivo di
sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e
promuovere legalità e giustizia. Attualmente
Libera è un coordinamento di oltre 1500
associazioni, gruppi, scuole e realtà di base
territorialmente impegnate per costruire sinergie
politico-culturali e organizzative capaci di
diffondere la cultura della legalità. La legge
sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie,
l'educazione alla legalità democratica, l'impegno
contro la corruzione, i campi di formazione
antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le
attività antiusura, sono alcuni dei concreti
impegni di Libera. Libera è riconosciuta come
associazione di promozione sociale dal Ministero
della Solidarietà Sociale. Nel 2008 è stata inserita
dall'Eurispes tra le eccellenze italiane. Nel 2012 è
stata citata dalla rivista The Global Journal nella
classifica delle cento migliori Ong (organizzazioni
internazionali non governative)del mondo: è
l'unica organizzazione italiana di "community
empowerment" che figuri in questa lista, la prima
dedicata all'universo del no-profit.
Da sempre Libera, nella sua sede nazionale o
anche nelle sue sedi territoriali, ha rappresentato
un punto di riferimento per quanti vivono
situazioni di disagio particolarmente legate
all'azione di gruppi criminali e mafiosi offrendo
un sostegno concreto o una consulenza.
Nel corso dei 21 anni si è specializzata
soprattutto in quattro ambiti: sostegno e aiuto a
vittime o possibili vittime di usura o del racket
delle estorsioni, accompagnamento ai familiari
delle vittime di mafie nella burocrazia
amministrativa e nella complessa legislazione in
materia, accompagnamento nel difficile percorso
della denuncia da parte dei testimoni di giustizia.
Tutto ciò è dovuto all’impegno concreto
nell’educazione alla legalità,nella lotta contro la
corruzione, sostenendo le vittime innocenti delle
mafie, fondando campi di studio e volontariato
antimafia.
MEMORIA E IMPEGNO Il 21 marzo di ogni anno si
celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno
per ricordare le vittime innocenti di tutte le
mafie. Il 21 marzo, primo giorno di primavera, è il
simbolo della speranza che si rinnova ed è anche
occasione di incontro con i familiari delle vittime
che in Libera hanno trovato la forza di risorgere
dal loro dolore, elaborando il lutto per una
ricerca di giustizia vera, profonda e trasformando
la memoria in uno strumento concreto, non
violento, di impegno e di pace. Uno degli obiettivi
di questo impegno è la realizzazione di una banca
dati per restituire il diritto della memoria a chi è
stato negato il diritto alla vita. Un ulteriore azione
è stata avviata per superare le differenze di
trattamento tra familiari residenti in diverse
regioni. Libera memoria sta sollecitando
l’approvazione della proposta di legge n. 2417 del
5 maggio 2009 sui permessi retribuiti da
riconoscere ai familiari dipendenti delle
Pubbliche Amministrazioni che sono impegnati
nella testimonianza diretta delle storie dei propri
cari.
SOS GIUSTIZIA Il Servizio Sos Giustizia opera
attraverso gli 8 punti di ascolto regionali,oltre
quelli aperti in collaborazione con Enti e
Istituzioni locali. Finora hanno ascoltato, accolto,
accompagnato e sostenuto nel difficile percorso
verso la denuncia oltre 700 persone fra vittime di
usura, di racket e di varie forme di aggressione e
violenza mafiosa e criminale. Grazie alla presenza
nei territori, hanno iniziato a operare con la loro
Fondazione Nazionale Antiusura
“InteresseUomo” per sostenere le persone a
rischio usura in un periodo di forte crisi
economica.
UFFICIO LEGALE Dal 2009 Libera si costituisce
parte civile nei processi di mafia per
rappresentare quella società civile che ha subito
violenze da parte del sistema mafioso. Questa è
una dimostrazione di civiltà, iniziativa
fondamentale per riprendere la dignità violata
dopo tanti, troppi anni, di inerzia, causati anche
da opportunismi che hanno segnato un solco
profondo sulla pelle dei cittadini. Adesso ci si
rende partecipi nelle aule dei tribunali insieme a
tanti giovani che si battono per il nostro paese.
BENI CONFISCATI Impresa bene comune e Libera
il welfare: sono queste le due campagne lanciate
da Libera sulle aziende confiscate alle mafie e
sull’uso dei beni sottratti ai clan per affermare
diritti, creare lavoro e garantire servizi sociali.
Sono circa 500 le realtà sociali che gestiscono
beni confiscati in Italia censite da Libera. Il lavoro
sui terreni confiscati ha portato,attraverso le
cooperative di giovani nate con bando pubblico
su terreni sottratti alle mafie in Sicilia, Calabria,
Campania, Puglia, alla realizzazione di prodotti
biologici contrassegnati dal marchio di qualità e
legalità “Libera Terra”. [email protected]
FORMAZIONE Libera Formazione promuove
percorsi che possano orientare la crescita di
ciascuno, a partire dai valori scritti nella Carta
Costituzionale. Da oltre vent’anni nel nostro
Paese si parla di ‘educazione alla legalità’.
La Scuola e l’Università hanno questo compito:
sono necessarie per la crescita degli individui e
per il cambiamento della società tutta. E Libera,
insieme ai docenti, ai dirigenti scolastici, agli
educatori, agli studenti e alle famiglie, da
occasioni di liberazione dalle mafie e dalla cultura
mafiosa.
ESTATE LIBERA è la campagna di volontariato e
formazione sui beni confiscati alle mafie,
promossa da Libera in molte regioni d’Italia. Nelle
Cooperative che gestiscono i beni, migliaia di
volontari hanno l’opportunità di contribuire
concretamente al ripristino ed allo sviluppo di
questi luoghi sottratti alla criminalità organizzata
e di partecipare a incontri formativi.
LIBERA SPORT Libera, vuole promuovere uno
sport sano che sia veicolo di valori come il
rispetto dell’altro, delle regole e del proprio
corpo per combattere e prevenire l’illegalità
dilagante nel mondo dello sport. Libera Sport
coordina e promuove iniziative per diffondere
una cultura dello sport che sia di formazione e di
svago, che aiuti a comprendere i propri limiti
rifiutando il perseguimento della vittoria ad ogni
costo, e che consideri il ricorso ai farmaci ed alle
sostanze dopanti la più grave e definitiva delle
sconfitte sportive [email protected]
Benedetta Aidala IV BL
Gaia Coco IV BL
Da diversi anni l’associazione Libera, nomi e
numeri contro le mafie ha costituito un Ufficio
legale che si occupa di effettuare un servizio nei
confronti delle vittime delle mafie e alle loro
famiglie.
In particolare, l’associazione ha rivestito un ruolo
fondamentale costituendosi come parte civile nei
processi di mafia; cosa significa porsi come parte
civile?
Questo rappresenta il metodo previsto dalla
legge italiana per dare la possibilità alle vittime di
un reato di ottenere un risarcimento per i danni
subiti direttamente tramite il processo penale.
Perché Libera si dichiara parte lesa?
L’associazione sceglie di porsi come tale al fine di
riscattare tutti i parenti delle vittime e in tal
modo la società tutta, donando speranza e
concretezza a coloro che hanno subito profonda
violenza a causa del sistema mafioso. Libera non
solo cerca di salvaguardare i diritti delle famiglie
e delle vittime di mafia ma si pone l’obiettivo che
i beni confiscati al potere mafioso diventino un
fondo usufruibile per chi ne ha bisogno. Essa
sceglie di schierarsi dalla parte dei “vinti”, di
coloro che non hanno voce, al fine di far
riemergere quella democrazia di cui tanto si parla
nella società moderna. Si propone lo scopo di far
luce sulla verità e di ricercarla con passione ed
impegno anche nelle aule giudiziarie.
Proprio a Catania abbiamo avuto un caso in cui
l’Associazione si è costituita come parte civile.
Qui si parla del caso dell’omicidio di Pierantonio
Sandri, giovane siciliano vittima della mafia. Egli,
odontotecnico incensurato, scomparve all’inizio
del 1995 a Niscemi senza lasciare alcuna traccia.
Non aveva addosso documenti,dentro le sue
tasche sono stati ritrovati soltanto pochi spiccioli
e di conseguenza venne subita esclusa l’ipotesi
dell’allontanamento volontario. La madre,
Antonietta Burgio, insegnante in pensione, chiese
l’aiuto di tutti coloro fossero a conoscenza di
notizie riguardanti la scomparsa del figlio. Solo
nel 2003 la madre ricevette una lettera nella
quale si scriveva che era giunta l’ora di svelare la
verità sul caso. La lettera, consegnata ai
carabinieri, permise la riapertura del caso. Solo il
22 settembre del 2009, grazie alle dichiarazioni di
un collaboratore di giustizia, fu rinvenuto lo
scheletro di un uomo che apparteneva proprio a
Pierantonio Sandri. Il 9 gennaio 2010 Don Luigi
Ciotti celebrò il funerale del giovane a Niscemi.
Perché Pierantonio era stato ucciso dalla mafia?
Il giovane venne trucidato violentemente perché
‘colpevole’ di essere testimone dell’incendio di
un’auto per mano di un gruppo di ragazzi mafiosi
i quali volevano intensificare, tramite il terrore, le
richieste del pizzo. Impauriti da una probabile
denuncia di Pierantonio, i giovani decisero di
sequestrarlo, strangolarlo e colpirlo a morte.
Soltanto recentemente si ha avuto la possibilità di
fare luce sul caso: l’8 giugno 2011 presso il
tribunale dei minori a Catania ha avuto luogo
l’udienza del processo per l’assassinio di
Pierantonio Sandri in seguito alle informazioni del
giovane che ha raccontato di averlo ucciso
insieme ad altri complici. Nel febbraio 2012 il
tribunale condanna Giuliano Chiavetta – all’epoca
dell’omicidio minorenne - a sedici anni di carcere.
L’altro minore accusato, Salvatore Cancilleri è
stato assolto in primo grado, mentre
successivamente è avvenuta l’udienza per gli altri
due presenti complici (all’epoca già maggiorenni),
Vincenzo Pisano e Marcello Campisi.
L’Associazione Libera, nomi e numeri contro le
mafie, ha fatto richiesta per costituirsi come
parte civile nel processo ai due maggiorenni
accusati di omicidio. La madre del giovane,
Ninetta Burgio, morta nel 2011, ha
costantemente lottato per scoprire la verità sulla
morte del figlio, e per questo ha camminato per
tanto tempo accanto all’associazione da cui ha
ricevuto un ampio sostegno. L’avvocato di Libera,
Enza Rando, ha fatto richiesta di costituzione
come parte civile anche per il fratello di Ninetta,
Francesco Burgio. Per suffragare ancora di più la
richiesta è stato fatto appello all’aiuto di Libera
verso la famiglia Sandri e alle numerose richieste
pubbliche di Ninetta Burgio, voce di una madre
che non ha mai smesso di far luce sulla inaudita
morte del figlio.
Ad oggi Libera si è costituita parte civile nei seguenti processi: Trapani Processo contro Vincenzo Virga e Vito Mazzara,
imputati dell’omicidio del giornalista Mauro
Rostagno e dell’art. 416 bis c.p. Il processo si è
concluso con la condanna all’ergastolo di
entrambi gli imputati.
Reggio Calabria Processo contro la ‘ndrangheta a Reggio Calabria, cd , “Meta”. Il processo si è concluso con la condanna di quasi tutti gli imputati. Palermo Processo contro il senatore D’Ali, imputato del reato di cui all’art 416 bis c.p. Il processo è stato definito con una sentenza di prescrizione (per un periodo) e di assoluzione ai sensi dell’art. 530, 2° comma c.p.p. Torino Processo contro la ‘ndrangheta, cd “Minotauro”. Il processo è stato definito con una sentenza di
condanna (per diversi imputati) e assoluzioni per altri. Napoli Processo penale contro il clan Mallardo, cd. “Aquila Reale”. Il processo è in fase dibattimentale. Palermo Processo penale cd. “Trattativa Stato – Mafia”. Il processo è in fase dibattimentale. Roma Processo penale contro il clan Fasciani/Triassi, cd. “Nuova Alba”. La maggior parte degli imputati ha scelto il rito immediato e il processo è in fase dibattimentale. Bologna Processo penale contro il clan Femia Nicola detto Rocco e 34 per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. e altri reati fine. Tra i tanti reati vi è anche la minaccia nei confronti del giornalista Giovanni Tizian. Il processo è in fase dibattimentale.
Catanzaro Processo contro Nicolino Grande Aracri. Il processo si sta celebrando con il rito abbreviato e si è in attesa della sentenza. Palermo e Marsala Processo penale contro la famiglia Messina Denaro. Alcuni degli imputati hanno scelto il rito abbreviato e altri il rito ordinario. Libera è stata ammessa parte civile. Il processo
con rito abbreviato si è concluso con le condanne
di tutti gli imputati e il rito ordinario è in fase
dibattimentale.
Catania
Processo penale contro Pisano Vincenzo e
Campisi Marcello, responsabili dell’omicidio del
figlio di Ninetta, Pierantonio Sandri. Il processo si
è definito con la condanna a 18 anni di reclusione
di entrambi gli imputati.
Chiara Alaimo VB
Tra il 1992 e il 1993 Cosa Nostra, organizzazione
criminale di stampo mafioso-terroristico,
realizzò una serie di attentati in tutta L’Italia
caratterizzati da particolari violenze con
l’obiettivo di indebolire, colpire e ricattare lo
Stato ed influenzare il governo e la società civile
al fine di avviare una trattativa tra lo Stato
Italiano e Cosa nostra. Attraverso una serie di
riunioni avvenute nei pressi di Enna nel 1991 a cui
parteciparono i maggiori esponenti
dell’organizzazione criminale (Salvatore Riina,
Matteo Motisi, Giuseppe Farinella) venne
elaborata una strategia che
prevedeva l’assassinio di alcuni nemici che
disturbavano gli obiettivi del gruppo mafioso
terroristico. La serie stragista si aprì il 23 maggio
1992 con l’attentato messo in atto dalla mafia in
Sicilia sull’autostrada A29 nei
pressi dello svicolo di Capaci a pochi chilometri da
Palermo nel quale persero la vita il magistrato
antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca
Morvillo e tre agenti della scorta. Sempre in
Sicilia la strage di via d'Amelio del 19 luglio 1992,
in via Mariano d’Amelio a Palermo, nella quale
persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i
cinque agenti di scorta. Nella notte del 26 e il 27
maggio 1993, Cosa Nostra colpì Firenze, con
l’esplosione di un autobomba in via dei
Georgofili. Le conseguenze della deflagrazione
provocarono ingenti danni al patrimonio
artistico, quaranta feriti, e l’uccisione di cinque
persone: i coniugi Fabrizio Nencione (39 anni) e
Angela Fiume(36 anni) con le loro figlie Nadia
Nencioni (9 anni) e Caterina Nencioni (50 giorni
di vita) e lo studente Dario Capolocchio (22 anni).
Antonino Calvagno VB
Olga Butera VB
Si può diventare adulti in un solo attimo. Si può
raggiungere il Paradiso al momento giusto,altri lo
hanno raggiunto prematuramente. È il caso di
Nadia Nencioni, una bambina di nove anni, morta
nella ‘’strage di Georgofili’’. Immaginate di
sentirvi al sicuro, a casa, con la vostra famiglia.
Avete appena avuto una sorellina, cosa che
desideravate da moltissimo tempo. Gioia e
allegria regnano a casa vostra. Un giorno come
altri, in fondo, un giorno felice, allegro, come ci si
aspetta che lo viva una bambina. Poi il caos. Uno
scoppio,vetri frantumati, una bicicletta che vola
per poi scaraventarsi a terra. Resti di corpi, di
terra, di cemento, resti di una culla, che, come un
nido, custodiva una bambina, anche lei dilaniata
da milioni di atomi di egoismo, di crudeltà. È la
notte fra il 26 e il 27 maggio, all’una e quattro
minuti, il centro della città è scosso da una
fortissima detonazione. Nell’esplosione, che ha
come epicentro l’incrocio fra via dei Georgofili e
via Lambertesca, perdono la vita cinque persone:
la custode dell’Accademia dei Georgofili Angela
Fiume (36 anni), le figliolette Caterina e Nadia
Nencioni (rispettivamente 50 giorni di vita e 9
anni), il marito Fabrizio Nencioni (39 anni) e lo
studente di architettura Dario Capolicchio (22
anni). I feriti e ustionati, alcuni dei quali molto
gravi, sono 48, circa 70 le famiglie evacuate. È
uno scenario di guerra. Una guerra che, troppo
spesso, pensiamo di non poter vincere.Tutto
frutto di un capriccio, di ‘’ideali’’, di crudeltà.
Crudeltà da parte di persone che, come noi, sono
nate, vivono e respirano la nostra stessa aria.
Eppure si credono di avere il potere di togliere la
vita alla gente, quasi avessero il potere conferito
a Dio. Quasi fossero loro stessi Dio.
Hanno avuto però il potere di distruggere i sogni,
le vite di tutte queste vittime. Tra queste, la
piccola poetessa, Nadia Nencioni, che aveva tanti
sogni, che non le hanno permesso di realizzare.
La torre dei Pulci, sede dell’Accademia dei
Georgofili, è in buona parte distrutta, con
significative perdite dello storico patrimonio ivi
conservato. Vengono bruciate o gravemente
lesionate varie abitazioni; la galleria degli Uffizi
subisce pesanti danni: tre dipinti sono
irrecuperabili, altri trenta saranno sottoposti a
consistenti restauri. Se nelle prime ore si ipotizza
una fuga di gas, la scoperta di un cratere
profondo due metri non lascia adito a dubbi: il
successivo rinvenimento di una Fiat Fiorino nei
pressi della torre dei Pulci permette di accertare
che la strage è stata causata da un’autobomba.
Migliaia di cittadini accorrono sul luogo
dell’esplosione. I sindacati confederali indicono
per venerdì 28 quattro ore di sciopero nazionale:
nel capoluogo si tiene un’imponente
manifestazione conclusasi a Santa Croce, mentre
si svolgono cortei e commemorazioni nei
maggiori centri della penisola. L’opinione
pubblica è tanto più scossa e disorientata dato
che il movente dell’attentato risulta ancora
oscuro. A un anno dagli omicidi Falcone e
Borsellino la pista più accreditata è quella
mafiosa, ma risulta difficile comprendere perché
sia stato colpito il cuore di Firenze; esponenti
autorevoli della magistratura e del mondo
politico fanno riferimento a “forze oscure”, in una
fase di passaggio e di fragilità del sistema politico
nazionale. Riemergono dunque vecchi spettri e
forti preoccupazioni. Nel giugno 1996 si apre a
Firenze il processo di primo grado, conclusosi nel
giugno 1998 con la condanna all’ergastolo di 14
esponenti dei clan mafiosi, riconosciuti come
mandanti ed esecutori della strage: fra essi
Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Bernardo
Provenzano, Matteo Messina Denaro.
Claudia Mirabella II CL
"Il picciotto era tosto, troppo tosto. Ma
soprattutto, era senza rispetto. Per questo
motivo quel ragazzo si doveva fare". Così parla
Alfio Trovato, dieci anni dopo, del giovane
Cosimo Aleo, assassinato, probabilmente, da un
gruppo di suoi coetanei, facenti parte della
criminalità organizzata del comune di Aci Catena,
dove si svolse il delitto, il 9 gennaio del 1987.
Aveva sedici anni. Solo sedici anni, compiuti
diciannove giorni prima della tragedia. Subì una
delle morti più atroci che si possano immaginare:
"nonostante i ripetuti tentativi, il giovane restava
agonizzante e non moriva. Così, fu deciso di
finirlo a colpi di pietre in testa". Scriveva il
giornalista Alfio Sciacca in un articolo pubblicato
sul Corriere della Sera il 22 dicembre del 1996. In
seguito, dunque, ai tentativi di strangolamento, il
ragazzo fu lapidato e, per nascondere il cadavere,
bruciato sopra un cumulo di copertoni in fiamme.
Il corpo venne ritrovato una settimana dopo da
un pastore in un sentiero stretto e coperto dai
rovi fra Aci Catena ed Aci Platani (frazione di
Acireale). A chiunque riesce impossibile
immaginare lo shock e il dolore dei genitori nel
ritrovarne i resti del tutto carbonizzati e
riconoscere Cosimo grazie a pochi, ma
significativi, dettagli: un bracciale, un anello e
alcuni frammenti della maglietta. Un episodio del
genere permette di comprendere (anche se,
forse, non del tutto) l'assenza di umanità tra
persone che di umano non hanno proprio nulla.
Permette di comprendere il punto al quale può
arrivare la corruzione e la sete di potere, e come
sia facile e repentino eliminare chiunque
rappresenti un ostacolo o non "rispetti le regole".
La domanda che tormentava i genitori di Cosimo
e che tormenta ancora molti di noi oggi sorge
spontanea: perché? Cosa avrà fatto quel
ragazzino per meritarsi una fine tanto atroce?
Perché è dovuto morire così presto? Le risposte
appaiono così semplici e scontate ai membri di
Cosa Nostra da far accapponare la pelle:
semplicemente lui rappresentava un intralcio che
sarebbe costato loro la reputazione. Ma quale
reputazione può avere una persona, se così si può
definire, che gioca con la vita di un ragazzo e la
butta via senza indugio per timore di mandare i
propri “affari” a rotoli? Nessuno crederebbe che
si tratti di un alibi valido per far fuori qualcuno a
suo piacimento, oltretutto dopo averlo
soggiogato con i suoi metodi meschini e infidi per
spargere ovunque altro male, magari
promettendogli, in cambio, ingenti ricompense. E
qual è stato il risultato? Tutto quello che ha
ottenuto quel ragazzo è stata una fine miserabile
e terribile, che, però, permette di mettere in
guardia la gente da un pericolo che si trova
praticamente dietro l’angolo. Ma non può un
ragazzino semplicemente rappresentare un
segnale di avvertimento, si parla di una vita
stracciata, come l’indumento di Cosimo, si parla
di un essere umano che è servito soltanto da
esca! A questo punto i mafiosi dovrebbero
pensare questo: in veste di essere umano, potrei
mai accettare una fine del genere? Purtroppo, il
mondo è in bianco e nero, c’è chi si fa degli esami
di coscienza e si mette nei panni degli altri e chi,
invece, no. Del resto, se così non fosse, non
esisterebbero le organizzazioni mafiose (in Italia
come nelle altre parti del mondo), né i criminali,
né i politici corrotti. Ma, oltre al bianco e al nero,
esistono delle sfumature che potrebbero
cambiare le cose. Il male forse non cesserà mai,
ma le persone possono cambiare, solo che il
percorso è lungo e travagliato, e pochi sono quelli
che hanno il fegato di tentare di cambiare le carte
in tavola. Pensare che per fare ciò basta anche un
piccolo gesto, una parola, ma soprattutto il
ricordo di chi ha dato la propria vita per costruire
una società migliore. Certi nomi non possono
rimanere soltanto un ricordo: Paolo Borsellino,
Antonino Caponnetto, Giovani Falcone. Come
disse quest’ultimo, “la mafia non è invincibile”. E
scopriremmo che è così, se ci provassimo. Perché
solo pochi hanno affrontato la mafia e tutti i
pericoli che comporta? Perché sono stati i pochi
coraggiosi. Ma in realtà il coraggio non è una virtù
propria di pochi. Il coraggio non nasce. La paura è
propria di ogni umano, ma la differenza fra paura
e coraggio è sottile: la paura rimane tale e logora
l’animo, il coraggio proviene da essa e dalla
volontà di superarla. Se tutti hanno la paura,
perché nessuno può avere il coraggio?
Alice Di Benedetto IV BL
Giuseppe Montana è stato una delle sfortunate e
numerose vittime della mafia di Cosa Nostra, al
quale sono dedicate strade e piazze come quella
di Porticello. Conosciuto come “Beppe Montana”
nacque ad Agrigento l’8 ottobre del 1951. Si
trasferì a Catania dove crebbe e si laureò in
giurisprudenza. Successivamente vinse il
concorso ed entrò a far parte della squadra
mobile di polizia di Palermo. Inizialmente lavorò
con Ninni Cassarà alla sezione investigativa, poi
dal 1984 diresse la sezione Catturandi per
individuare i rifugi degli uomini d’onore latitanti
sul territorio palermitano. Convinto che non
fossero molto lontani,egli cercò disperatamente
di trovarli,infatti lavorò anche durante i giorni
festivi e setacciò le zone costiere nelle zone di
Santa Flavia, Porticello e Mongerbino. Il
funzionario migliorò i sistemi di ricerca, sul
presupposto che le indagini dovessero essere
svolte con metodi che richiedevano una
particolare specializzazione di singole squadre e
che dovessero essere svolte con impegno totale e
concentrato nel tempo, piuttosto che occasionale
e discontinuo. Il giorno prima di andare in ferie e
tre giorni dopo l’arresto di 8 uomini di Michele
Greco venne ucciso dai pericolosi “Scarpuzzedda”
e Mario Prestifilippo, killer di Cosa Nostra. Il
luogo del delitto fu nei pressi del “Porticello”
dove si trovava con la sua fidanzata. Il
trentaquattrenne venne agguato con dei colpi di
pistola e un paio di giorni dopo fu assassinato
anche Ninni Cassarà. I killer vennero eliminati e i
mandanti dell’omicidio furono arrestati e
condannati all’ergastolo.
PALERMO: L' estate di sangue del 1985 occupa
una parte rilevante nelle rivelazioni dell' ultimo
pentito di mafia, Francesco Marino Mannoia si
dispiace di non rispettare la memoria del fratello,
ma dal momento che ha deciso di parlare
racconta la sua verità. Sarebbe stato proprio il
fratello del pentito, Agostino, allora appena
ventenne, che insieme ad altri pericolosi killer di
Cosa nostra, Pino Greco Scarpuzzedda e Mario
Prestifilippo, uccise il commissario Beppe
Montana, che dirigeva la sezione catturandi della
squadra mobile ed il vicequestore Ninni Cassarà,
eliminati per decisione della cupola poichè la loro
esperienza e la loro tenacia nella ricerca dei boss
latitanti, non poteva essere tollerata. Beppe
Montana, che aveva arrestato proprio il pentito
ed altri uomini d' onore durante un summit
mafioso in una villa di Buonfornello venne ucciso
pochi giorni dopo il blitz, il 28 luglio del 1985,
furono sparati una ventina di colpi e Beppe
Montana morì all' istante. Del commando, faceva
parte anche il fiancheggiatore Salvatore Marino,
25 anni, calciatore di una squadra che militava
nella categoria promozione e arrestato qualche
giorno dopo il delitto. L' uccisione di Montana e
Cassarà e l' incidente in questura(conseguenza
dell’attentato mafioso successo poco prima),
decimò la squadra mobile palermitana. I vertici
furono trasferiti e poi inquisiti dalla magistratura
insieme ad un ufficiale dell' Arma ed altri agenti e
carabinieri. Cosa nostra non sopporta che s'
indaghi seriamente nei suoi affari e così come era
accaduto anni prima al vicequestore Boris
Giuliano, ed ai capitani dei carabinieri Emanuele
Basile e Giuseppe D' Aleo, anche Cassarà e
Montana dovevano morire.
Tratto da un articolo FRANCESCO VIVIANO
Gaia Coco IV BL
Benedetta Aidala IV BL
Caro amico,
Ti scrivo una lettera,
Sto morendo
O forse… forse sono ancora vivo.
Sento caldo, sento freddo,
Forse son già morto .
Avevo tanti sogni, mai realizzati.
Avevo un amore, forse ce l’ho ancora.
Sono in un bivio tra la vita e la morte,
Pensando a un’opportunità mai accolta.
Ma, caro amico, io non potrò più far nulla,
Spero che Dio esista e mi abbracci,
Nel suo libero arbitrio mi son comportato bene,
Mi mancherà questa terra,
Per cui ho lottato, per cui ho dato tutto me
stesso.
Avrei potuto fare ancora tante altre cose,
Per salvarla dalla distruzione.
Falle tu, caro amico.
Ti lascio il nostro mondo in mano
Perchè in mano non ho niente.
Brucia tutto intorno a me ,
il rumore è assordante,
mi metto le mani sulle orecchie ma non passa ,
non passa la paura, il terrore.
Caro amico, fallo nel mio ricordo,
non permettere un’altra guerra ,
perché in mano non ho avuto mai nulla ,
ma ho avuto una cosa nel cuore, nell’anima e nel
cervello,
il sogno di rendere il mondo un posto migliore.
Noi ragazzi siamo un sole…
Siamo un sole perché ogni nostro sorriso ,
ogni nostra felicità,
ogni nostra voglia di vivere,
ogni nostra speranza ,
è una goccia di luce,
quella luce che illumina il sole,
quella luce che illumina il mondo ,
quel mondo che può sembrarti crudele,
quel mondo che sembra farti soffrire…
rendiamoci conto che la vita è un gioco,
la vita è speranza,
la vita è amore,
la vita è un’opportunità
e bisogna vivere ogni singolo giorno fino in fondo…
perché potrebbe essere l’ultimo.
Noi ragazzi siamo un sole.
Ma, purtroppo, una goccia di luce si è spenta
Per poi riaccendersi nei nostri cuori,
per poi riaccendersi di nuovo nel sole,
ma, questa volta, è la più luminosa.
Vi vorrei raccontare una storia
Affinchè rafforzi la nostra memoria.
Una storia sotto il vulcano,
se vuoi sentirla prendimi la mano.
Una storia senza tempo,
che racconta di un male di cui il mondo è pieno
zeppo.
Una storia di eroi che non avevano un mantello
E che volevano rendere il mondo un posto più
bello,
per i nostri figli un mondo migliore ,
mettendoci anima, impegno e cuore
Eroi che salvano il mondo di giorno, di notte,
senza fare a botte.
Eroi che ci fanno sembrare che il mondo davvero
Possa essere un po’ più sincero,
più libero, speciale ,
combattendo il male.
Vorrei raccontarvi una storia,
affinché rafforzi la nostra memoria,
una storia che non ci insegnano a scuola,
ma bisogna spendere tempo e molto più che una
parola
per apprendere tutto questo incubo
che rende l’uomo succubo
di un’emozione che sembra inutile: la paura.
Ma questa non è forse un’emozione concessa
solo a chi ha un’anima pura?
Questa storia narra di un’ombra
Che inizialmente innocua sembra,
si nasconde dietro la felicità
che è solo un concetto di relatività,
l’uomo non sarà mai felice,
perché è qualcosa che non ci si addice,
si punta sempre a qualcosa
che ci sembra meravigliosa,
una volta raggiunta, se ne cerca un’altra,
come quindi si può raggiungere un’emozione così
preziosa ma allo stesso tempo astratta?
Voglio raccontarvi una storia
Che rafforzi la nostra memoria,
una storia sotto il vulcano,
che no, non viene da molto lontano.
L’ombra quindi non risparmia nessuno,
uomini, malfattori e bambini, nemmeno uno!
Gente, svegliamoci, non cediamo al terrore,
diamo a noi stessi e al nostro mondo un po’ di
amore.
Ricordiamo i nostri eroi che l’ombra hanno
combattuto,
e niente in cambio hanno voluto,
non vorrebbero essere premiati,
solamente ricordati.
Voglio raccontarvi una storia,
che rafforzi la nostra memoria,
una storia sotto il vulcano,
se vuoi sentirla prendimi la mano,
una storia sotto il vulcano,
che no, non viene da molto lontano.
Abbiamo coraggio,
non solo il 23 maggio,
ma ogni giorno,
combattendo ciò che non è giusto ma che
abbiamo attorno.
Dobbiamo dire sempre dire la verità
Anche se il mondo ci propone solo omertà,
ci dice che mentire è giusto
e che a dire la verità non c’è gusto.
Diventiamo anche noi eroi, nel nostro piccolo,
e non cerchiamo dai problemi sempre uno
svincolo.
Voglio raccontarvi una storia,
che rafforzi la nostra memoria,
una storia sotto il vulcano,
se vuoi sentirla prendimi la mano,
una storia sotto il vulcano,
che no, non viene da molto lontano
ma da un posto molto a noi vicino
e spero vi faccia riflettere almeno un pochino.
La giornata del 21 Marzo è stata veramente interessante ma quello che mi ha colpito maggiormente è stato
il discorso di Don Ciotti e più specificatamente questa frase: "Attenti, qui si fa più la guerra all'antimafia che
alla mafia. Dalle accuse circostanziate ci si può difendere, di quelle generiche si può parlare, dalle
diffamazioni ci difenderemo in tribunale. Ma la nostra risposta sono i fatti, sono questi meravigliosi ragazzi,
sono le 350.000 persone scese in piazza oggi in tutta Italia con noi".
Forse mi è piaciuta proprio perché c’ero anch’io tra i 350 mila ragazzi coinvolti.
Antonio Barresi II AL
E’ stata una bella esperienza vivere quei momenti , in particolare rivivere per una seconda o per una terza
volta, ma ancora più toccante e significativo per chi, come me, partecipava per la prima volta.
Il corteo, che sovrastava tutta la via principale della cittadina, ha cominciato a sfilare con le bandiere
dell'associazione "Libera" e con cori antimafia fino a giungere a Piazza Duomo dove sono stati letti i nomi
delle 900 vittime innocenti della mafia. Hanno preso la parola prima i familiari delle vittime trucidate e poi
Don Luigi Ciotti, che con un discorso carismatico invitava i giovani alla legalità, alla denuncia e alla vita.
Affluivano alla piazza sempre più persone provenienti da tutta la Sicilia e dalla Calabria. Abbiamo pensato di
chiedere ai ragazzi che sfilavano insieme a noi cosa ne pensassero dell'associazione, della marcia, cosa
hanno provato, giovani del terzo millennio, all'udire i nomi degli eroi, e cosa si potrebbe fare contro la
mafia. Le risposte, anche se in momenti diversi, sono state quasi unanimi.
Tutti apprezzano l'associazione Libera, tutti hanno provato solidarietà e ammirazione verso le vittime
innocenti. Da più parti è stato invocato il coraggio di denunciare gli episodi mafiosi, esattamente come Don
Ciotti ci ha esortato a fare. Tutti i partecipanti sono rimasti stupiti da una così bella manifestazione e anche
ben strutturata; è sicuramente un'esperienza da fare e rifare negli anni a venire.
Luciano Sicali
Per la prima volta ho avuto l'occasione di poter partecipare ad un'attività molto importante, una marcia con
corteo, non sapevo come mi sarei sentita e scoprirlo è stato gratificante.
La nostra scuola insieme a molte altre ha partecipato ad una manifestazione, portando in alto i nomi di
coloro che si sono sacrificati per raggiungere un obbiettivo comune: liberarci dalle mafie.
Organizzazioni criminali che da molti anni hanno ostacolato la vera giustizia.
Arrivati nel luogo prefissato, abbiamo assistito al discorso di Don Luigi Ciotti, un uomo davvero interessante
e carismatico, le sue parole hanno motivato noi giovani, e ciò è stato qualcosa di speciale ed unico.
Concludo dicendo che ascoltando e osservando il modo con cui parlava a noi ragazzi, ho visto nelle sue
parole la motivazione e la possibilità nel credere davvero che tutti uniti per un solo scopo possiamo
cambiare davvero il "mondo".
Martina Maccarone
Il mio assenso: provo gioia nella consapevolezza dei miei limiti e spendere la mia vita nel costruire dignità e
speranza.
Il mio dissenso: Siamo sommersi dall'inganno delle parole, tutti parliamo di giustizia e di pace ma tra il dire
e il fare...
Il mio consenso: che i nostri sogni diventino responsabilità. "Omertà: per paura del piombo, il silenzio
diventa d'oro".
Luca Tornatore
<< Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola >>
Cit. Giovanni Falcone
Questa frase rispecchia pienamente ciò che penso. La manifestazione a Messina mi ha fatto comprendere
quanto sia difficile dire cosa sia realmente la mafia. A tal proposito vorrei ricordare due uomini: Paolo
Borsellino e Giovanni Falcone, un giudice e un magistrato entrambi palermitani che con la loro audacia e
forza di spirito combatterono per cercare di sconfiggere quello che è il cancro della nostra società: la
MAFIA.
Annadenise Grasso
- Antonino Calvagno VB
- Beatrice Ranno VB
- Chiara Alaimo VB
- Andrea Giannoccaro VB
- Beatrice Ranno VB
- Carola Trovato II DL
- Claudia Mirabella II CL
- Ketty Ragonese VB
- Ludovica Leone V B
- Alice Di Benedetto IVBL
- Roberta Zerbini III BSU
- Francesco Gulisano IV BL
- Chiara Ferlito II DL
- Antonino Calvagno VB
- Olga Butera VB
- Ketty Ragonese VB
-Vittoria Papa VB
- Simona Pagana VB
- Ludovica Leone VB
- Francesco Gulisano IV BL
- Claudia Mirabella II CL
- Naomi Sciacca VB
- Gaia Coco IV BL
- Carola Trovato II DL
- Benedetta Aidala IV BL
- Beatrice Ranno VB
- Prof.ssa Lucia Guarneri
- Prof. Patrizio Nicolosi
- Giusy Failla (Docente di lingua tedesca)
- Aurelia Greco (Docente di lingua tedesca)