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Processi Opeativi di Ospitalità Istituto di Formazione Professionale Alberghiero di Rovereto L’organigramma di sala Cos’è un organigramma? E’ un insieme di figure professionali, elencate in ordine gerarchico (la classica “piramide”) che compongono un’equipe di lavoro. Nel mondo alberghiero, questa equipe si chiama: Brigata di sala; a seconda del livello di servizio del ristorante la brigata di sala può variare per numero e qualità del personale. Vediamo, quali sono queste figure professionali: Food and beverage manager Primo maître d’hôtel Secondo maître Sommelier Chef de rang Demi-chef de rang Commis de rang Commis debarasseur Apprendista Stagista Lo stagista Lo stagista non ha un contratto di lavoro; frequenta per un breve periodo la sala ristorante, collaborando con lo staff, per fare un’esperienza professionale, per apprendere e per fare un primo approccio con il mondo del lavoro. Spesso è uno studente che sta frequentando la scuola alberghiera (pertanto è assicurato dalla scuola). In alcuni casi si può trattare di un professionista già inserito nel mondo professionale che desidera imparare nuove metodologie di lavoro, e in questi casi paga per assistere alle attività di laboratorio. L’apprendista E’ colui che occupa il gradino più basso della scala gerarchica; come dice la parola, è in una fase di apprendimento. Generalmente è molto giovane, alle primissime esperienze lavorative. Spesso deve svolgere mansioni di “fatica”, che non richiedono grande preparazione; nonostante ciò deve dimostrare di aver voglia di fare e soprattutto di imparare, visto che ne ha l’opportunità, lavorando a fianco di professionisti possono “rubare” i trucchi del mestiere. L’apprendista deve essere paziente, non presuntuoso, saper osservare, e inoltre deve essere a conoscenza delle basi della professione. Il commis debarasseur Esegue i “viaggi” tra la sala e la cucina, con il compito principale di portare alla plonge (reparto lavaggio) i piatti sporchi, i piatti di portata, posate, tutto quello che va lavato. Il commis de rang Il commis de rang lavora in un rango ben specifico della sala ristorante; opera assieme al “suo” chef de rang, che è il suo diretto superiore e pertanto deve mettersi a sua completa disposizione. Il commis de rang è colui che porta i piatti di portata dalla cucina alla sala e riporta i piatti sporchi alla “plonge” (reparto della cucina dove viene effettuato il lavaggio dei piatti). Quindi va e viene dalla cucina alla sala, portando nel suo rango, al suo chef de rang tutto il necessario per l’esecuzione del servizio. In alcuni casi, se richiesto dallo chef de rang, può collaborare in alcune fasi del servizio al cliente. Il commis de rang, oltre a capacità professionali, deve possedere un buon carattere, memoria, capacità e voglia di imparare.

Processi Opeativi di Ospitalità · Spesso deve svolgere mansioni di “fatica”, che non richiedono grande preparazione; nonostante ciò deve dimostrare di aver voglia di fare e

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Page 1: Processi Opeativi di Ospitalità · Spesso deve svolgere mansioni di “fatica”, che non richiedono grande preparazione; nonostante ciò deve dimostrare di aver voglia di fare e

Processi Opeativi di Ospitalità Istituto di Formazione Professionale Alberghiero di Rovereto

L’organigramma di sala

Cos’è un organigramma? E’ un insieme di figure professionali, elencate in ordine gerarchico (la classica “piramide”) che compongono un’equipe di lavoro. Nel mondo alberghiero, questa equipe si chiama: Brigata di sala; a seconda del livello di servizio del ristorante la brigata di sala può variare per numero e qualità del personale. Vediamo, quali sono queste figure professionali:

Food and beverage manager Primo maître d’hôtel Secondo maître Sommelier Chef de rang Demi-chef de rang Commis de rang Commis debarasseur Apprendista Stagista

Lo stagista Lo stagista non ha un contratto di lavoro; frequenta per un breve periodo la sala ristorante, collaborando con lo staff, per fare un’esperienza professionale, per apprendere e per fare un primo approccio con il mondo del lavoro. Spesso è uno studente che sta frequentando la scuola alberghiera (pertanto è assicurato dalla scuola). In alcuni casi si può trattare di un professionista già inserito nel mondo professionale che desidera imparare nuove metodologie di lavoro, e in questi casi paga per assistere alle attività di laboratorio. L’apprendista E’ colui che occupa il gradino più basso della scala gerarchica; come dice la parola, è in una fase di apprendimento. Generalmente è molto giovane, alle primissime esperienze lavorative. Spesso deve svolgere mansioni di “fatica”, che non richiedono grande preparazione; nonostante ciò deve dimostrare di aver voglia di fare e soprattutto di imparare, visto che ne ha l’opportunità, lavorando a fianco di professionisti possono “rubare” i trucchi del mestiere. L’apprendista deve essere paziente, non presuntuoso, saper osservare, e inoltre deve essere a conoscenza delle basi della professione. Il commis debarasseur Esegue i “viaggi” tra la sala e la cucina, con il compito principale di portare alla plonge (reparto lavaggio) i piatti sporchi, i piatti di portata, posate, tutto quello che va lavato. Il commis de rang Il commis de rang lavora in un rango ben specifico della sala ristorante; opera assieme al “suo” chef de rang, che è il suo diretto superiore e pertanto deve mettersi a sua completa disposizione. Il commis de rang è colui che porta i piatti di portata dalla cucina alla sala e riporta i piatti sporchi alla “plonge” (reparto della cucina dove viene effettuato il lavaggio dei piatti). Quindi va e viene dalla cucina alla sala, portando nel suo rango, al suo chef de rang tutto il necessario per l’esecuzione del servizio. In alcuni casi, se richiesto dallo chef de rang, può collaborare in alcune fasi del servizio al cliente. Il commis de rang, oltre a capacità professionali, deve possedere un buon carattere, memoria, capacità e voglia di imparare.

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Lo chef de rang Lavora in un rango, e ne è il responsabile; non deve mai abbandonare il rango, e se necessita di andare a prendere qualche cosa, deve chiederlo al suo commis. Una volta che il maître ha compilato la comanda a un suo tavolo, deve seguirne il servizio fino alla sua conclusione; in alcuni casi, se autorizzato dal maître, può prendere anche l’ordinazione. Non deve mai abbandonare il suo rango, e questo permette di tenere sott’occhio la situazione di tutti i tavoli (in qualsiasi momento del servizio un cliente potrebbe aver bisogno di qualcosa). Il suo diretto superiore è il maître. Oltre alle qualità del commis, deve possedere un buon senso di responsabilità, e comunicare nelle lingue più importanti, anche semplicemente, conoscendo soprattutto i vocaboli inerenti all’albergo. Il demi-chef de rang Il demi-chef de rang è una via di mezzo tra un commis e uno chef de rang. Solitamente gli viene assegnato un rango più piccolo, meno impegnativo, e deve eseguire il servizio senza l’aiuto di un commis. Deve possedere i requisiti di uno chef de rang. Il suo diretto superiore è il maître. Il primo maître d’hôtel E’ il responsabile di tutta la sala ristorante; è la persona che accoglie i clienti in ristorante e li fa accomodare. E’ il fulcro di tutta l’attività di servizio e rappresenta il punto di riferimento per tutto il personale di sala e per i clienti. Deve possedere delle qualità importanti, acquisite da molti anni di lavoro in ristoranti di livello importante. Deve essere un buon psicologo in quanto deve saper individuare immediatamente, al momento dell’arrivo del cliente, quali sono le sue aspettative, le sue richieste, il suo tipo di carattere e cercare di fargli avere il tipo di servizio desiderato. Deve possedere le qualità dello chef de rang, inoltre deve conoscere molto bene le lingue più importanti, ed essere in grado di tenere una conversazione con un cliente straniero anche su argomenti che non riguardano l’albergo. Deve possedere un gran senso di responsabilità e grandi doti organizzative. Ha il compito di organizzare i turni di lavoro e dei giorni di riposo del personale di sala. Deve conoscere la cucina nazionale ed internazionale, e inoltre deve possedere doti di “venditore”, deve quindi poter consigliare il cliente nella scelta dei piatti, spesso spingendolo a scegliere preparazioni che la cucina vorrebbe vendere. Spesso un maître di un ristorante importante, è una persona che ha lavorato in locali di grandi fascino in diverse zone del mondo, ha lavorato sulle navi, conosce diverse lingue (io ho avuto un maître che parlava anche lingue che nemmeno sapevo esistessero), ha vissuto in posti lontani e tra gente di culture diverse dalla nostra, è una persona che possiede un gran bagaglio professionale. Il secondo maître d’hôtel Quando una sala ristorante è di grandi dimensioni, spesso viene idealmente divisa un due o tre sale, e ognuna di queste viene curata dal secondo maître d’hôtel, che svolge le stesse funzioni del primo maître d’hôtel (che è il suo diretto superiore) e ne possiede le stesse caratteristiche professionali. Il sommelier Il sommelier è l’esperto di vini. Una volta che il cliente ha scelto i piatti, interviene il sommelier per consigliare il cliente nella scelta della bottiglia più adatta; è molto importante saper abbinare il giusto vino ad un piatto, in quanto solo in questo caso il cibo esalterà le caratteristiche del vino e il vino esalterà quelle del cibo: un matrimonio perfetto. Le conoscenze del sommelier non si fermano solo ai vini; infatti è importante che conosca anche i distillati, le birre, tutti gli alcolici che vengono serviti in ristorante. Anche lui deve conoscere le principali lingue e deve essere persona dotata di gran senso di responsabilità, in quanto deve rispondere della cantina, dove sono custodite molte bottiglie di vino, e tra queste vi sono bottiglie dal valore elevato. Food and beverage manager Questa figura la si può trovare negli alberghi di elevato livello e di grosse dimensioni. Il F&B manager deve rispondere dell’organizzazione dei servizi formulando standard di qualità, quantità e costo. Il suo superiore è il direttore d’albergo e i suoi diretti “inferiori” sono i vari capi reparto di tutti i reparti d’albergo che trattano alimenti: la cucina, la sala, il bar, la cantina, l’economato e il magazzino. Questo personaggio deve possedere grandi doti manageriali e imprenditoriali; collabora con i vari capi reparto nella scelta dei fornitori e dei relativi acquisti. -

Norme comportamentali

Il contatto quotidiano con la clientela, con i colleghi, è un elemento fondamentale nella professionalità di un addetto di sala. Per questo è importante conoscere e mettere in pratica alcune norme comportamentali: Comportamento verso il cliente Saluta il cliente sorridendo, sia al suo ingresso che all’uscita dal ristorante

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Quando un cliente giunge al tavolo, aiutalo a prendere posto porgendo la sedia Se sei in prossimità dell’ingresso, apri la porta al cliente, aiutandolo a togliere eventuali indumenti superflui a tavola Nel caso manchi il maître, accompagna l’ospite al tavolo Non formare gruppi con gli altri colleghi, ma rimani nel tuo rango Non dare mai troppa confidenza al cliente e non prenderne Parla sempre sottovoce e solo per motivi di servizio Non passare mai le mani nei capelli, non tenerle in tasca, non toccare la bocca, il naso o qualsiasi altra parte del corpo

che possa risultare sgradevole al cliente Se vieni chiamato da un cliente di un altro rango, cerca, se possibile, di soddisfarlo, o comunque, avvisa il collega del

rango interessato Non esprimerti in maniera dialettale o volgare; cerca di dialogare in termini appropriati Se non è richiesto, non ascoltare mai le conversazioni tra clienti, e non intervenire se non vieni interpellato Evita sempre pettegolezzi e commenti nei confronti dei clienti Come muoversi in sala ristorante Fai in modo che i tuoi spostamenti tra la cucina e la sala siano sempre finalizzati: un buon cameriere non fa mai viaggi a

vuoto Non sovraccaricarti mai di materiale, saresti poco elegante e rischieresti di rompere qualche cosa Non appoggiarti mai ai muri, ai tavoli e qualsiasi altro arredo, ma, solo se non hai niente da fare, resta ben eretto nel tuo

rango Non usare mai i tavoli del ristorante per appoggiare le tue cose, ma usa i tavoli di servizio Prima del servizio informati sul menu del giorno e chiedi chiarimenti su eventuali preparazioni che non conosci Non cambiare mai direzione di scatto, ma gira sempre prima lo sguardo per evitare spiacevoli incidenti Se hai in mano dei piatti, o un vassoio con bicchieri, o qualsiasi altra cosa che potrebbe cadere e rompersi, e ti avvicini a

un collega che ti sta voltando le spalle, fatti sentire prima di essergli troppo vicino, per evitare che si giri di scatto rischiando di fare danni

Quando sei al pass, controlla che i piatti che ti accingi a portare in sala, siano completi (salse, contorni, guarnizioni…) e che siano puliti, anche nella parte inferiore

Altre norme generali Consegna immediatamente al tuo superiore qualsiasi oggetto smarrito che trovi Non gesticolare, non indicare e non fare rumori inutili e fastidiosi Mantieni un’andatura costante e sostenuta anche nei momenti di maggior lavoro. Non correre mai Cerca di prevenire i desideri dei clienti facendo attenzione ai loro movimenti (se un cliente estrae una sigaretta dal

pacchetto, accendergliela e, se manca il posacenere, portargliene immediatamente uno pulito….) Per qualsiasi ragione tu debba assentarti, avvisa il tuo diretto superiore Durante il servizio non si fuma, non si mangia e non si bevono alcolici Cerca di mantenere un aspetto tranquillo e sicuro, anche se durante il servizio non tutto sta procedendo per il meglio Durante il servizio, incrociando i colleghi, mantieni sempre la destra, per evitare incidenti e perdite di tempo.

Stare a tavola

Riuscire a stare a tavola comportandosi in modo corretto è una qualità sempre meno diffusa. Prima di intraprendere una professione nell’ambito ristorativo, prima di tutto sarebbe bene imparare a stare a tavola; chi non rispetta il momento della tavola difficilmente avrà una predisposizione ad essere un buon cameriere o un buon cuoco; in particolare chi lavora in una sala ristorante, la cui classe ed eleganza dovrebbe essere superiore alla media, è importante che conosca e metta in pratica le regole principali del galateo a tavola. Cedete sempre il passo alla signora e, se non lo fa un cameriere, spostatele la sedia e apritele la porta. Quando ci si siede al tavolo, si lascia che la signora abbia il posto migliore, in genere rivolto verso la sala. Quando siete seduti, quando arriva una persona, prima vi alzate e poi la salutate. Se una signora si alza da tavola, gli

uomini si alzano un attimo, facendo lo stesso quando la signora ritorna ad accomodarsi. Per chiamare un cameriere è sufficiente un cenno della testa o della mano, e comunque evitare nel modo più assoluto di

schioccare le dita e di chiamarlo a voce alta con termini come “capo” oppure “ehi, ascolta”. Da tavola ci si alza il meno possibile. La sedia va tenuta vicino al tavolo e non si accavallano le gambe. Quando si mangia, il busto deve mantenersi eretto, piegandosi leggermente verso il piatto. I gomiti vanno tenuti vicino al corpo e le mani stanno sempre sul tavolo; quando si mangia non si appoggiano i gomiti sul

tavolo, ma solo gli avambracci.

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Il tovagliolo si mette sulle gambe; quando si termina di mangiare, lo si ripone a lato, senza accartocciarlo ma piegandolo sommariamente.

Il coltello non va mai portato alla bocca. Il cucchiaio si porta alla bocca dalla punta evitando risucchi; quando una minestra sta terminando, si può inclinare

leggermente il piatto verso il centro del tavolo. Se si devono deporre le posate mentre si sta ancora mangiando, le si mettono incrociate dentro il piatto; se invece si è

terminato le posate si dispongono affiancate dentro il piatto. Si mangia tenendo la forchetta con la mano sinistra e il coltello nella destra, tagliando il cibo un poco alla volta. Si beve sempre a piccoli sorsi, dopo e prima essersi puliti le labbra con il tovagliolo. Anche in una sala all’aperto, non si dovrebbe fumare, tantomeno mentre altri commensali stanno mangiando; sarebbe

opportuno attendere la fine del pasto, chiedendo sempre il permesso agli altri seduti al tavolo. Il pane non va tagliato, ma spezzato, evitando di fare troppe briciole. La frutta va tagliata con coltello e forchetta, e comunque toccandola il meno possibile. In caso di semi (o noccioli), si

passano dalla bocca, discretamente, nella mano a pugno semichiuso, e dalla mano, aprendola leggermente, al piatto; i grossi noccioli di frutta cotta si dispongono dalla bocca sulla forchetta o sul cucchiaio, poi sul piatto.

Gli stuzzicadenti si usano solo in caso di estrema necessità, in modo discreto.

Caratteristiche professionali

Si può immaginare la professionalità come una catena formata da tanti anelli: ognuno di essi è importante, perché la fragilità di uno solo può compromettere la solidità dell’intera catena. Quali sono le caratteristiche professionali che un buon addetto di sala e di bar deve possedere? Ce ne sono tantissime; io comunque ho cercato di elencare e parlare di quelle che ritengo le più importanti: Cultura generale Cultura generale è aver assimilato quanto si è letto, visto, sentito e soprattutto vissuto, e quindi averlo fatto proprio e saperlo mettere a frutto per migliorare le proprie capacità. Un’ottima esperienza che permette di sviluppare la propria cultura generale, è senza dubbio aver svolto diverse esperienze lavorative, soprattutto se all’estero, dove si ha a che fare con gente diversa, tradizioni modi di vivere diversi, culture diverse… Buona educazione E’ una caratteristica importante in quanto il lavoro di ristorante e bar porta il personale in contatto diretto con molte persone, e una buona educazione è fondamentale anche per l’immagine dell’azienda. Carattere Porsi degli obiettivi in modo chiaro, conoscendo i propri mezzi e le proprie capacità, e quindi, con determinazione, costanza, tenacia e perseveranza, raggiungerli!! Il carattere è importante anche nel rapportarsi con gli altri, non bisogna essere permalosi, arrabbiarsi solo perché siamo scesi dal letto con il piede sbagliato. Spesso capita di avere a che fare con clienti poco educati, e in quei casi si deve riuscire a non reagire istintivamente, ma reagire in modo moderato e professionale Volontà - Spirito di sacrificio In questo settore, come in tutti gli altri, per diventare “qualcuno” bisogna fare sacrifici, e quindi c’è bisogno di volontà. I sacrifici diventano meno pesanti, quando sappiamo di avere degli obiettivi da raggiungere, che siano alla nostra portata avendo quindi la consapevolezza di fare dei sacrifici ma per qualcosa di concreto. Cultura della professione – Amore per il lavoro Accorgersi di possedere una predisposizione verso un lavoro, è indispensabile in una scelta iniziale, ma è ancor più importante trasformare in “stile e professionalità” questa predisposizione. Come? Curando la propria persona e la divisa, mantenendo sempre un comportamento corretto e onesto, leale, soprattutto nel rapportarsi con i colleghi, comunicando con gli altri usando una terminologia corretta, imparando delle lingue. E’ importante anche avere una buona salute (non solo nel lavoro ma anche al di fuori), gestendo la propria alimentazione, il proprio tempo libero e i propri interessi personali.

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Essere capo Il primo passo è riuscire ad essere capo di sé stessi; in seguito, con l’esperienza, si potrà riuscire ad essere “capo” anche con gli altri. Per essere un buon “capo”, bisogna essere in possesso di molte competenze, come saper programmare, comunicare, possedere entusiasmo e trasmetterlo agli altri, saper controllare, dimostrare di possedere delle capacità, e rispettare gli altri per poter pretendere di essere rispettati. Essere un “capo” di un gruppo di persone, impone un comportamento esemplare, bisogna quindi dare l’esempio con comportamenti in linea con quanto viene chiesto ai propri collaboratori. Se un caposala chiede le puntualità ai suoi collaboratori, e poi è lui il primo a giungere in ritardo, perderà di credibilità, di rispetto. Deve inoltre avere una buona e svariata esperienza lavorativa: l’esperienza non si può studiare, imparare, rubare, comprare… si deve solo FARE.

Esperienza L’esperienza è sempre positiva, anche quando ci sembra sia stata negativa, perché comunque entra a far parte del nostro bagaglio, quello che nessuno ci può portare via, e se una cosa è fatta male, ci renderemmo conto anche del perché è fatta male, e per questo motivo sarà più facile ricordarsela, evitando di ripeterla.

La “Mise en place”

Per mise en place, si intende la preparazione del tavolo, che inizia al momento della stesura del mollettone e della tovaglia. La mise en place può essere fatta in diversi modi, riconducibili però in due categorie fondamentali: mise en place a menu fisso e mise en place à la carte. Per una corretta preparazione della tavola, si dovrà comunque rispettare alcune precise regole. Prima di iniziare la mise en place, bisogna però verificare che il tavolo (o più tavoli uniti) sia nella giusta posizione e non venga spostato successivamente, e che sia ben appoggiato al pavimento, cioè che non balli, cosa fastidiosissima per chi si accomoda a tavola. In questo caso è necessario mettere sotto la gamba del tavolo sollevata un pezzetto di carta o qualsiasi altra cosa, a patto che non si veda e che renda il tavolo ben piantato al pavimento.

PIATTO SEGNAPOSTO In molti locali di buon livello, si usa mettere in tavola un sottopiatto, cioè un piatto piuttosto grande, che accoglie tutti i piatti scelti, fino al dessert (viene sbarazzato prima del servizio del caffè). Dà un tocco di classe e prestigio al locale, e in alcuni casi, riporterà anche lo stemma del locale stesso; sul sottopiatto verrà posizionato un frangino, per attutire i rumori (e durante il servizio i rumori inutili sono sempre sgradevoli) di quando si appoggiano i piatti con le vivande. Il sottopiatto serve anche a rispettare una forma di galateo, cioè del “riempire” il coperto anche degli ospiti che decidono di non consumare una portata, che altrimenti avrebbero il coperto davanti a loro “tristemente” vuoto. Va sbarazzato dopo il dessert, prima del servizio dei caffè.

TOVAGLIOLO Deve essere manipolato il meno possibile, non deve uscire dal bordo del tavolo; deve essere perfettamente centrato alla sedia e quindi al coperto. POSATE Devono essere disposte avendo cura che siano ben diritte, secondo l’ordine indicato qui di seguito:

coltello grande: a destra del tovagliolo, a 1 cm. di distanza, con la lama verso l’interno, il manico non deve uscire dal bordo del tavolo; forchetta grande: a sinistra del tovagliolo, il manico non deve uscire dal bordo del tavolo; nel caso di una seconda forchetta, va posizionata leggermente rialzata rispetto la prima, e nel caso di una terza forchetta va posizionata all’altezza della prima; coltello grande: a destra del segnaposto, alla stessa altezza della prima forchetta, con la lama rivolta verso il coperto ;

cucchiaio grande: a destra del coltello, il manico non deve sporgere dal bordo del tavolo ma essere appaiato al coltello; coltello da dessert: di fronte al tovagliolo, a 1 cm. di distanza, perfettamente centrato, con la lama verso l’interno, il manico rivolto verso la punta del coltello grande; forchetta da dessert: sopra il coltellino, il manico rivolto verso la forchetta grande; cucchiaio da dessert: sopra la forchettina, il manico rivolto verso il cucchiaio grande. Per i menù più complessi, in cui si prevede un numero maggiore di portate, saranno presenti anche altre posate. In ogni caso, le posate che il cliente usa per prime dovranno essere collocate all’esterno del coperto.

PIATTINO DA PANE E PALETTINA DA BURRO Il piattino del pane è posto alla sinistra del coperto e non deve uscire dal bordo del tavolo. La palettina da burro viene appoggiata sul bordo del piattino vicino alla forchetta, parallelamente alla forchetta grande, con la lama verso l’interno del piattino.

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BICCHIERI Nella maggioranza dei casi si utilizzano solo due bicchieri, quello da acqua e quello da vino. Nel caso di più vini, i bicchieri si allineano alla destra del bicchiere da acqua. L’ultimo della fila, quindi quello più vicino al commensale, riceverà il primo servito, il penultimo il secondo vino e così via. Non si deve comunque eccedere mettendo troppi bicchieri, ma eventualmente aggiungerli al momento. Il bicchiere da acqua deve essere allineato alla punta del coltello grande, alla distanza di circa due / tre centimetri (all’incirca alla stessa altezza delle posate da dessert), mentre i bicchieri devono essere quasi uniti, ma non devono essere a contatto tra loro. Alcuni ristoranti, anche di buon livello, posiziona i bicchieri del vino sulla punta del coltello, come già spiegato, mentre posizionano il bicchiere dell’acqua al centro del coperto, sul bordo superiore del tovagliolo.

Mise en place à la carte (à la carte)

Il servizio à la carte presenta principalmente queste caratteristiche: • il prezzo è proporzionato alla scelta fatta; • è necessaria una ragionevole attesa, poiché le vivande vengono preparate al momento dell’ordinazione; • l’orario di servizio è più allungato; • offre una lista di piatti e di vini con una scelta più o meno ampia; • richiede personale più preparato.

La mise en place viene eseguita con il minimo indispensabile, e dopo l’ordinazione del cliente, verrà “aggiornata” di volta in volta con i bicchieri e le posate necessarie. Se, in alcuni casi, all’ospite viene data una sola posata, questa verrà sempre messa sulla destra (risotto = forchetta grande). N.B.: alcuni locali, anche con un servizio a menù fisso, optano per la mise en place eseguita di volta in volta, e senza dubbio questo è il miglior tipo di mise en place, che però richiede maggior attenzione e preparazione da parte del personale.

Il centrotavola Per ultimare la mise en place si posiziona sul tavolo un centrotavola, con l’obiettivo di abbellire e rendere la tavola più gradevole alla vista. Si possono usare dei fiori inseriti in un vasetto con dell’acqua fresca (che va cambiata ogni giorno), oppure delle sculture, delle composizioni fantasiose (castagne, ciuffi d’uva, frutta secca, tovaglioli con pieghe particolari…). Alcuni usano vasetti con piantine, cosa che sotto il profilo igienico non è corretto in quanto i vasi contengono terra che possono contenere insetti che a loro volta possono uscire dal vaso e passeggiare tranquillamente sulla tavola, accanto ai piatti dei clienti. Nella foto a fianco il centrotavola è composto semplicemente da due tovaglioli di carta di colore e misura diversa, piegati a “ninfea” (vedi capitolo sulle pieghe dei tovaglioli).

Gli stili di servizio I metodi per servire un cliente possono essere diversi a seconda del tipo di locale, del numero dei commensali, della pietanza da offrire e del tempo che si ha a disposizione.

Servizio al piatto (o all’italiana) E’ un servizio che prevede la preparazione della pietanza direttamente sul piatto che verrà poi servito al cliente dalla sua destra. Inizialmente veniva praticato solo nelle trattorie e nei locali da “battaglia”, ma con l’avvento della nouvelle cuisine si è diffuso anche ai locali più prestigiosi. E’ un servizio semplice e classico e nello stesso tempo può essere anche elegante e raffinato, poiché le cucine hanno la possibilità di confezionare i piatti con delle decorazioni e guarnizioni particolari. Se le vivande sono calde, i piatti vengono coperti con una cloche (campana). Il cameriere, servendo direttamente alla destra del cliente, poggerà delicatamente il piatto sul tavolo, e, magari facendosi aiutare da qualche collega, cercherà di sollevare contemporaneamente tutte le cloche di un tavolo. Eventuali stemmi sui piatti, devo rimanere posizionati verso l’alto, di fronte al cliente. Servizio all’inglese Il cameriere deve innanzitutto posizionare i piatti caldi o freddi sul tavolo del cliente. Successivamente inizierà a servire direttamente dal piatto di portata, appoggiato sulla mano sinistra coperta dal tovagliolo di servizio, alla sinistra del cliente. Si dovrà posizionare a fianco del cliente, portando avanti il piede sinistro e dietro il piede destro, piegandosi leggermente in avanti e voltandosi verso il cliente. Il piatto di portata non deve essere dritto rispetto all’avambraccio, ma leggermente girato con la parte alte spostata di 45° verso destra, quindi verso il piatto del cliente. Userà le clips con la mano destra per sporzionare e mettere le pietanze sul piatto del cliente, e nel caso che abbia anche il contorno sullo stesso piatto di portata, dovrà usare delle altre clips, soprattutto se si tratta di purea di patate o di pietanza con salsa. E’ un tipo di servizio che viene molto usato soprattutto quando ci sono banchetti, che semplifica il compito del personale di

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cucina ma che richiede più tempo per il servizio in sala. I piatti di portata non devono essere roventi, non devono essere troppo pesanti e stracolmi (il cliente non deve vedere il cameriere in difficoltà, magari con un piatto di portata pesante e molto caldo, potrebbe credere di essere finito in un circo anziché in ristorante). Vi sono alcune preparazioni che non si possono servire all’inglese, perché si rischierebbe di schizzare il cliente (cibi con molta salsa o pasta lunga) e perché in alcuni casi sarebbe proibitivo (lasagne, pesci da sfilettare…). E’ importante, onde evitare di macchiare la tovaglia, posizionarsi con il bordo del piatto di portata sopra il bordo del piatto del cliente, senza però appoggiarlo. Servizio alla francese Il cameriere si posiziona come per il servizio all’inglese, con la differenza che le clips sono appoggiate al piatto di portata e rivolte verso il cliente che si servirà da solo. In questo caso, la mano destra deve tenere il piatto di portata, assicurandosi di mantenerne l’equilibrio. Servizio alla russa (o al gueridon) Come prima cosa dobbiamo preparare il gueridon con le clips in posizione centrale verso l’alto e i piatti sull’angolo in alto a destra (foto a1); in alcuni casi i piatti vengono portati al momento con il piatto di portata, con il liteau sui piatti e il piatto di portata sui piatti (il trasporto avviene con entrambe le mani. Posizioniamo il piatto di portata a sinistra e infiliamo il liteau sotto il piatto, così da sollevarlo e mostrarlo ai clienti (foto a2); prendiamo un piatto e lo posizioniamo al centro, a contatto del piatto di portata (se si può anche sotto il bordo) per evitare di sporcare il gueridon (foto a3); con le clips posizioniamo il cibo sul piatto facendo attenzione a non sporcare il bordo interno del piatto; nel caso di un secondo piatto con contorno, posizionare la carne (o il pesce…) in mezzo verso di noi (foto a4); quindi procedere con i contorni tenendoli separati tra di loro (foto a5); a questo punto serviamo il cliente con la mano destra posizionandoci alla sua destra (foto a6). Nel caso di una sola pietanza (spaghetti), dovrà essere servita nel centro del piatto, mentre nel caso di un “bis” (spaghetti e lasagne), usare due clips e posizionare le due preparazioni a destra e a sinistra nel piatto (non sopra e sotto). Alcuni ristoranti dispongono di grandi cloche (campane) che servono a coprire il piatto di portata, che viene appoggiato sulla piastra scaldavivande (vedi capitolo attrezzature).

Le precedenze Quando si servono i clienti di un tavolo, bisogna seguire un ordine ben preciso. La regola base, principale, è quella di servire prima le signore e poi gli uomini, ma non è sempre così. Le precedenze vanno rispettate al momento del servizio, e non nella fase di sbarazzo. Le precedenze nel servizio sono le seguenti: 1° ad essere serviti: PERSONE FESTEGGIATE 2° ad essere serviti: OSPITI 3° ad essere serviti: MEMBRI DEL CLERO 4° ad essere servite: DONNE 5° ad essere servite: PERSONE AUTOREVOLI 6° ad essere servite: PERSONE ANZIANE

ALCUNI ESEMPI DI PRECEDENZE (prova ad individuare in che ordini vanno serviti)

TAVOLO A: 1 donna giovane, 1 uomo anziano, 1 ragazzo di 14 anni, 1 donna anziana. TAVOLO B: 1 membro del clero, 1 uomo, 1 donna. TAVOLO C: 1 donna, 1 uomo, 1 bambino di 6 anni. TAVOLO D: 1 uomo organizzatore, 1 donna, 1 donna organizzatrice, 1 uomo. TAVOLO E: 1 uomo di 33 anni, 1 donna di 76 anni, 1 ragazzo di 17 anni, 1 donna di 45 anni, 1 ragazza di 17 anni, 1 uomo di 80 anni. TAVOLO F: 1 festeggiato di 20 anni, 1 uomo di 21 anni, una donna di 45 anni, 1 uomo di 44 anni. TAVOLO G: l’uomo più autorevole, 1 donna di 67 anni, 1 ospite uomo, la donna più autorevole, 1 uomo di 50 anni, 1 donna di 43 anni, 1 ospite donna, 1 uomo di 72 anni. TAVOLO H: 1 donna di 59 anni, 1 uomo di 39 anni, 1 donna festeggiata, 1 uomo autorevole, 1 uomo autorevole, 1 donna di 24 anni, 1 donna autorevole, 1 uomo di 66 anni.

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SOLUZIONI: ESEMPIO A: Donna anziana - Donna giovane - Uomo anziano - Ragazzo di 14 anni ESEMPIO B: Membro del clero - Donna - Uomo ESEMPIO C: Bambino di 6 anni – Donna - Uomo ESEMPIO D: Donna - Donna organizzatrice - Uomo - Uomo organizzatore ESEMPIO E: Donna di 76 anni - Donna di 45 anni - Ragazza di 17 anni - Uomo di 80 anni - Uomo di 33 anni - Ragazzo di 17 anni ESEMPIO F: Festeggiato di 20 anni - Donna di 45 anni - Uomo di 44 anni - Uomo di 21 anni ESEMPIO G: Ospite donna - Donna più autorevole - Donna di 67 anni - Donna di 43 anni - Ospite uomo - Uomo più autorevole - Uomo di 72 anni - Uomo di 50 anni ESEMPIO H: Donna festeggiata . Uomo festeggiato - Donna autorevole - Donna di 59 anni - Donna di 24 anni - Uomo autorevole - Uomo di 66 anni - Uomo di 39 anni

L’uso delle clips Le clips sono quell’insostituibile attrezzo da lavoro, composto da un cucchiaio e una forchetta grandi, e serve a servire cibo, sporzionare… Per impugnare correttamente un paio di clips, tenere il cucchiaio e la forchetta con il pollice, l’indice e il medio, più o meno a metà della lunghezza delle posate (foto 1); chiudere il mignolo facendo in modo di bloccare e tenere vicine le estremità delle due posate, quindi infilare la punta dell’indice (solo la punta) sotto la forchetta (foto 2); per usare le clips in modo corretto aprire e chiudere facendo attenzione che le due estremità (del cucchiaio e della forchetta) non escano dalla stretta del dito mignolo (foto 3). Vi sono vari modi di utilizzare le clips, per esempio per raccogliere del riso, piselli, fagioli… si può usare solo il cucchiaio, tenendo spostata lateralmente la forchetta (foto 4), mentre per raccogliere della pasta corta si possono avvicinare il cucchiaio e la forchetta formando come una “pala”, tenendo il cucchiaio a sinistra e la forchetta a destra (foto 5). Per raccogliere un filetto di pesce, o una fettina di carne che non necessita di essere bloccata, possiamo affiancare cucchiaio e forchetta formano una superficie più ampia, sempre con il cucchiaio a sx. e la forchetta a dx. (foto 6). Per raccogliere un alimento voluminoso e solido (un panino, una mela, un’arancia…) si usa la posizione classica (foto 1.2.3) con la differenza che si terremo i rebbi della forchetta verso il basso (foto 7). Quando si esegue un servizio, è importante usare entrambe le mani, per non dare un’immagine pigra e svogliata, quindi, se dovessimo servire dei gnocchetti al pomodoro al gueridon, con la mano destra terremo il cucchiaio e con la sinistra la forchetta. Se dobbiamo preparare un vassoio di clips, iniziamo appoggiando prima la forchetta con i rebbi rivolti verso il basso e a sinistra, poi ci appoggiamo il cucchiaio nella stessa posizione, e poi via di seguito alternando le forchette ai cucchiai (vedi foto a lato). Regole di servizio 1. Servire e sbarazzare dalla destra del commensale; solo il servizio all’inglese si esegue alla sinistra del cliente. 2. Non servire mai all’inglese una pasta lunga, o un pasticcio, delle lasagne, e qualsiasi preparazione con molto

condimento (es.: brasato al barolo). 3. Verificare sempre che vi siano bevande e se il commensale ha il bicchiere vuoto, versargli da bere. 4. Se non si ha niente da fare, rimanere sempre nel proprio rango controllando la situazione dei propri tavoli. 5. Servire sempre prima le clienti e poi i clienti, e senza farsi notare cominciare dai più anziani. 6. Controllare sempre che il tavolo sia in ordine, che i bicchieri non siano vuoti, che vi sia del pane (sempre che non

siano al dolce). 7. Se un tavolo è in attesa della suite, controllare che la mise en place sia pronte, e far sì che una volta arrivato il cibo

venga immediatamente servito, soprattutto le vivande calde. 8. E’ importantissimo che tutti gli addetti di sala conoscano i piatti del giorno, per evitare di fare brutte figure nei

confronti che richiedessero delle delucidazioni. 9. Sbarazzare sempre in senso orario; se non è possibile girare attorno a un tavolo (per esempio quando il tavolo è

accanto a una parete), iniziare a sbarazzare i piatti più scomodi, più lontani. 10. Quando si servono piatti che contengono avanzi, posizionare un piattino in mezzo al tavolo per i resti. 11. Ogni volta che si passa davanti a un cliente (solo quando è inevitabile!), dire sempre: “scusi”. 12. Non arrabbiarsi mai in sala ristorante, ma mantenere un atteggiamento composto. 13. Ogni volta che si esegue un servizio al cliente, come servire un piatto, servire da bere, aiutarlo ad indossare il

cappotto, ecc.., dire sempre: ”prego”. 14. Rivolgendosi al cliente, non dire mai: “vuole del pane?”, ma bensì: “desidera del pane?”, gradisce…?” 15. Dopo aver servito un tavolo, annunciare sempre le pietanze che sono state servite. Non si dovrebbe augurare mai

“buon appetito”. La Comanda

Un bravo cameriere, oltre a tante altre cose, deve essere anche un grande venditore, e questa capacità deve essere messa in pratica soprattutto al momento dell’ordinazi one, cioè quando prende la comanda; solitamente è il maître a svolgere questa mansione. Prima del servizio ci deve essere una comunicazione tra sala e cucina, il maître chiede allo chef quali sono i piatti da “spingere” e quali da “frenare”; i piatti da spingere sono quelli che la cucina ha bisogno di vendere, in quanto potrebbero essere composti da ingredienti che potrebbero scadere e altrimenti verrebbero buttati, mentre quelli da frenare sono i

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piatti che magari stanno esaurendo. Per facilitare questa selezione, molti ristoranti adottano il menu del giorno, dove vengono inseriti piatti che lo chef deve esaurire. Al momento di consegnare il menu, il maître chiede se i clienti desiderano un aperitivo. I menu particolari, con una bella copertina, vanno consegnati chiusi, mentre quelli semplici vanno dati al cliente già aperti. E’ in questo momento che il maître consiglia i piatti da “spingere”. In alcuni ristoranti ci sono menu per signore senza i prezzi, e menu per signori con i prezzi. Quando il cliente comunica le sue scelte, dice quali piatti desidera consumare; quando i camerieri servono i piatti fanno la solita domanda: “chi ha ordinato il…?”. Si tratta di un errore che commettono quasi tutti i ristoranti; si deve fare in modo di non chiedere chi ha ordinato quel determinato piatto, in quanto il cliente ha già dato questa comunicazione al momento dell’ordinazione. Per poter fare questo il maître deve prendere la comanda segnalando anche quali sono i clienti che hanno orinato i piatti. E’ sufficiente disegnare il tavolo in miniatura nominando i coperti con una lettera (A,B,C…) e riportando la lettera relativa al coperto accanto al piatto ordinato. Accanto ad alcuni piatti è necessario segnalare delle informazioni, come il tipo di cottura: B: bleu (cottura molto al sangue) S: saignant (cottura al sangue) AP: a point (cottura media) BC: bien cuit (ben cotto) Poi ci sono altre abbreviazioni: DJ: DU JOUR (piatto del giorno) VIP: VERY IMPORTANT PERSON (tavolo da curare particolarmente) Composizione di un menu Prima di parlare della sequenza delle portate in un pasto, vale la pena ricordare quali sono i nomi dei pasti adottati nei ristoranti di alto livello. -Pasto del mattino: prima colazione o piccola colazione -Pasto di metà giornata: colazione (quella che comunemente chiamiamo pranzo) -Pasto serale: pranzo (quello che comunemente chiamiamo cena -Pasto del dopo teatro: cena (viene servita molto tardi, dopo il teatro, cinema…) Il menu deve essere compilato con un ordine ben preciso. Le suddivisioni possono essere fatte con questo criterio: PIATTI D’ENTRATA: sono gli antipasti; alcuni li dividono tra caldi e freddi, e possono essere chiamati anche entrèe. PRIMI PIATTI: anche qui possono essere suddivisi in 2 categorie: con pesce e senza pesce SECONDI PIATTI: vale lo stesso discorso dei primi piatti: carne o pesce. Si può chiamare anche “piatto principale” Dopo aver sbarazzato il tavolo dai secondi piatti, si chiede ai clienti se desiderano formaggio. Nel caso non volessero formaggio, si devono sbarazzare anche i piattini del pane e provvedere a rimuovere le eventuali briciole dalla tavola. A questo punto si può proporre ai clienti la carta dei dessert. Alcuni menu oltre agli antipasti, primi e secondi hanno anche i dessert, altri ristoranti preferiscono avere una lista solo per i dolci. E’ molto importante per il personale di sala, conoscere i vari tipi di cottura nelle lingue principali: italiano inglese francese tedesco molto al sangue rare bleu blutig al sangue medium rare saignant englisch (halb durch) media medium à point durchgebraten ben cotto well done bien cuit gut durchgebraten

Servizi vari

Le insalate Ci sono molti tipi di insalate: semplici, miste, composte… Alcune insalate possono essere servite come contorno al piatto principale, altre come antipasti o addirittura come piatti unici che da soli fanno da pasto completo. Infatti nelle “insalatone”, oltre alle verdure classiche delle insalate (insalata verde, pomodori, radicchio, carote…), possiamo trovare anche uova, tonno, mais, mozzarella, gamberetti… . Spesso queste insalate vengono consumate nella pausa di mezzogiorno da chi ha poco tempo o non vuole un pasto troppo abbondante. Oggi le insalatone vengono servite anche in quasi tutti i bar, senza dover per forza sedersi al tavolo di un ristorante; nei bar, con le insalate, si portano al tavolo del cliente olio e aceto ma in bottiglia, e non più nelle oliere che venivano usate un tempo, questo per le disposizioni HACCP. Nel caso le insalate vengano servite in accompagnamento al piatto principale, e questo non accade nei bar ma nei ristoranti, dobbiamo utilizzare un piattino piccolo o una coppetta, che verranno posizionati alla sinistra del cliente, con una forchettina. In alcuni tipi di servizio (al carrello, a buffet) le salse si preparano in anticipo; si prende una bowl o una coppetta (a seconda della quantità). Si introducono tutti gli ingredienti escluso l’olio; si amalgama bene con una

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frusta e quando il composto risulta omogeneo si unisce l’olio e si lega il tutto. Se viene preparata prima del servizio, la salsa può anche essere miscelata con un frullatore elettrico. La salsa va unita all’insalata solo al momento del servizio perché l’aceto e il limone tendono in breve tempo a “cuocere” la verdura rendendola scura. Prima di servire, la salsa va ogni volta amalgamata, perché gli ingredienti più pesanti tendono dopo breve tempo a depositarsi sul fondo. I condimenti Vinaigrette: è composta da olio, aceto, sale e pepe; aggiungendo un po’ di senape avremo la vinaigrette alla francese. Il nome di questo condimento deriva da “vinaigre”, che in francese significa aceto, infatti il sapore predominante è appunto quello dell’aceto. Citronette: succo di limone, olio e sale; a piacere pepe bianco. Si prepara come la vinaigrette, con la differenza che non si usa la senape e al posto dell’aceto useremo del succo di limone. Infatti il nome del condimento deriva da citron, che in francese significa limone. Salsa allo yogurt: yogurt acido (o yogurt intero con succo di limone), senape, un pizzico di zucchero, sale, pepe e prezzemolo tritato. Salsa allo yogurt e aromi: yogurt intero, olio d’oliva, pepe, sale, erba cipollina tritata, prezzemolo, dragoncello e cerfoglio. Maionese: è la comune salsa maionese con aggiunta di poca panna liquida. Molto usata per le verdure cotte. Salsa all’uovo (mimosa): uova sode schiacciate, olio, senape, aceto, sale e pepe. Salsa alla panna: panna acida (o panna e succo di limone), zucchero, sale, a piacere aceto. Salsa Roquefort: roquefort, aceto, olio, sale e pepe; il roquefort può essere sostituito da un formaggio erborinato tipo il gorgonzola, ma poi la salsa deve prendere il nome del formaggio usato (altrimenti è frode in commercio). Vediamo come preparare una vinaigrette davanti al cliente. Prima di tutto c prepariamo la linea: olio, sale, aceto, clips e un piattino (foto a1). Mettiamo il sale necessario nel piattino (controluce per riuscire a vedere la quantità) con l’aceto (o in cucchiaio), mischiamo bene usando i rebbi di una forchetta affinchè il sale non si è ben sciolto, quindi uniamo l’olio ed eventualmente la senape, mischiando bene (foto a2). Ricordiamo inoltre che con un’insalata con aceto o limone, non è possibile fare un giusto abbinamento con un vino, in quanto l’aceto e il limone hanno un sapore talmente forte da non riuscire a individuare altri sapori.

Gestione del reclamo Calmare il cliente adirato è un compito che spesso viene gestito mal volentieri dallo staff della sala ristorante. In realtà si tratta di un’opportunità d’oro per riuscire a conquistare un cliente “per la vita”, soddisfacendo le richieste al di là delle aspettative. Trattando con un cliente adirato o non soddisfatto, il primo compito è quello di far sì che la sua lamentela diventi la vostra sola unica preoccupazione. La vostra attenzione deve essere interamente concentrata sul problema che il cliente vi sta esponendo. Quello che dite e come lo dite sono fattori critici da cui dipende la reazione dell’ospite. I clienti insoddisfatti hanno bisogno di sapere che simpatizzate con loro per gli inconvenienti che ritengono di avere avuto. Se un cliente ha un problema a causa di qualcosa che non ha funzionato nel ristorante dove lavorate, vi dovete scusare per l’inconveniente (anche se non avete alcuna colpa). Lo scusarsi è già di per sé un ottimo metodo per risolvere il problema. Non è necessario trovare scuse: basta dire che vi spiace. Non date mai la colpa a un collega. Vediamo 4 cose che non si devono mai fare quando un cliente reclama: Litigare - Criticare - Ignorare - Sfidare Vediamo cosa è opportuno fare quando ci troviamo di fronte a un cliente che reclama.

⎫ Focalizzare: trattando con un cliente adirato o non soddisfatto, il primo compito è quello di far sì che la sua lamentela diventi la vostra sola unica preoccupazione. La vostra attenzione deve essere interamente concentrata sul problema fino a quando non l’avrete risolto…

⎫ Ammettere: in secondo luogo, è necessario far sapere al cliente che vi state interessando del problema e che farete immediatamente qualcosa per far sì che tutto funzioni in modo adeguato. Rivolgetevi all’ospite per nome, comunicategli il vostro e il reparto al quale appartenete, in modo da fornire un punto di riferimento e la sicurezza che si sta cercando di fare qualcosa…

⎫ Rispondere: quello che dite e come lo dite sono fattori critici da cui dipende la reazione dell’ospite. I clienti insoddisfatti hanno bisogno di sapere che simpatizzate con loro per gli inconvenienti che vivono…

⎫ Scusarsi: se un cliente ha un problema a causa di qualcosa che non ha funzionato nella vostra struttura, vi dovete scusare per l’inconveniente. Lo scusarsi è già di per sé un ottimo metodo per risolvere il problema. Non è necessario trovare scuse: basta dire che vi spiace. Non date la colpa a un collega o a un altro reparto…

⎫ Agire: impegnatevi a farvi carico delle responsabilità per risolvere il problema. Coinvolgete il personale necessario spiegando il problema e dicendo esattamente di cosa avete bisogno per risolverlo. Procuratevi, se necessario, l’appoggio del vostro superiore e stabilite una precisa tabella di marcia per portare a termine i vostri compiti….

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Concludere: nella fase finale assicuratevi che tutte le azioni siano state svolte correttamente. Se necessario, chiamate coloro che sono stati coinvolti nella risoluzione del problema e verificate che abbiano svolto i rispettivi compiti in modo corretto….

La finger bowl Tradotto letteralmente è la coppetta per le dita. Quando un cliente consuma una pietanza utilizzando le mani (pollo, crostacei, molluschi…) si unge le mani. In questi casi è buona norma preparare la finger bowl, cioè una coppetta di piccole dimensioni, con acqua tiepida e una fettina di limone, magari aggiungendo a quelle per le signore anche qualche petalo di rosa. Va posizionata alla sinistra del coperta, sopra il piattino del pane. Il cliente potrà risciacquarsi le dita e passandole sulla fetta di limone perderà residui di unto e profumi del cibo che ha consumato. Altra cosa da non dimenticare è quella di portare, con la finger bowl, un tovagliolo pulito, che il cliente userà per asciugarsi le dita. Molti locali adottano delle bustine confezionate con una salviettina in carta profumata al limone; questo sistema è molto comodo ma sicuramente meno elegante della finger bowl.

Servizio del dessert Dopo aver sbarazzato i piatti della portata principale, chiediamo ai clienti se desiderano del formaggio, e nel caso di risposta negativa passeremo al servizio dei desserts. Prima del servizio del dessert dobbiamo sbarazzare i piattini del pane, eventuali cestini, eventuale menage e togliere con un cucchiaio le eventuali briciole che il cliente ha lasciato sulla tovaglia (foto 1); per tale scopo si può usare la “penna” levabriciole, che è praticamente un tubetto tagliato a metà per la sua lunghezza, e si usa passandolo velocemente sulla tovaglia raccogliendo le briciole. Se dobbiamo tagliare una torta sul gueridon o su un tavolo di servizio posizionare la torta sulla sinistra e le pile di piattini sulla destra, vicini alla torta; quando trasportiamo con i coltelli o con le palette la fetta di torta, è importante occupare prima il piatto più lontano, perché se posizioniamo una fetta di torta sul piatto più vicino, la fetta di torta potrebbe trovarsi sul tragitto verso il piattino lontano, e la giacca potrebbe anche sporcarsi. Quando dobbiamo tagliare una torta dobbiamo girare quest’ultima in modo da eseguire il taglio davanti a noi, in linea, e non lateralmente, in quanto potremmo valutare meglio le posizioni di taglio. Se dobbiamo tagliare una torta e ottenere 8 fette, dobbiamo tagliare la torta a metà (foto 1), ruotare la torta, tagliare ancora a metà (foto 2) e quindi procedere con il taglio delle singole fette, ruotando ad ogni taglio la torta. Nel caso dovessimo tagliare una sola fetta o comunque non dovessimo tagliare tutta la torta, dobbiamo fare in modo di partire sempre dal centro, tagliando delle singole fette, senza rovinare la torta intera, facendo in modo che anche l’ultima fetta abbia una forma perfetta, uguale alla prima tagliata. Quando serviamo una fetta di torta al cliente dobbiamo ruotare il piatto in modo che la punta della fetta di torta sia rivolta verso il cliente. Nel caso di una crostata, procediamo con il taglio già descritto, ma al momento di tagliare il bordo della crostata, interrompiamo e completiamo il taglio scendendo dall’alto, per evitare che il bordo si stacchi (foto 4), facendo una pessima presentazione della nostra fetta. Nel caso del taglio di uno strudel, o di un rotolo, dobbiamo prima calcolare le porzioni che andremmo a fare, magari facendo un piccolo segno con il coltello, per evitare di arrivare alla fine dello strudel ed accorgerci che l’ultima fetta è più piccola o più grande di tutte quelle che abbiamo già tagliato. Se serviamo un dolce in coppa (tiramisu, gelato, insalata di frutta, profiteroles…) dobbiamo servire su un piattino con un tovagliolino di carta o un frangino, per evitare che scivoli. Quando chiediamo al cliente se desidera un dolce, possiamo essere molto più convincenti se facciamo vedere i dolci al cliente, per questo motivo molti ristoranti usano dei carrelli refrigerati, che quando non vengono utilizzati, vanno collegati alla rete elettrica. Questo tipo di carrello si rende necessario nei ristoranti che propongono dolci con panna, crema… che potrebbero deteriorarsi se esposti a temperature elevate, soprattutto nei mesi più caldi dell’anno.

Igiene Cura della divisa e della persona

In un ristorante si servono alimenti a clienti che consumano pasti. L’aspetto igienico è importantissimo, pertanto è necessario dare ai clienti l’impressione, anzi, la certezza, che si trovano in un ambiente dove la pulizia è un aspetto che viene preso molto a cuore. Oltre alla pulizia dei locali (molte persone controllano soprattutto i servizi igienici), bisogna che il personale, soprattutto quello di sala, in quanto è a contatto diretto con i clienti, curi particolarmente l’igiene personale e la propria divisa. Presentarsi con una divisa in ordine e adeguata, è un aspetto importante, che fa parte dello “stile” del personale di sala; l’uniforme per il personale di sala, e in genere per tutto l’albergo, è un biglietto da visita veramente importante, l’impatto che noi abbiamo incontrando due persone, una vestita elegantemente e l’altra in maniera trasandata, suscita un giudizio positivo nei riguardi della prima persona e negativo riguardo la seconda; risulta

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quindi che una divisa idonea, elegante ma sobria, sia un investimento importante anche per l’immagine dell’albergo. Di solito le grandi catene alberghiere tendono a personalizzare le divise del loro personale, dotandole dello stemma dell’albergo e realizzandole con colori diversi da quelli classici dell’uniforme. La divisa standard può essere quindi personalizzata da ogni albergo o ristorante, e di solito questo avviene con le giacche e i gilet; mentre alcune componenti della divisa sono assolutamente fondamentali; vediamo quali: PER LUI: Camicia bianca classica Papillon (o cravatta) Pantaloni neri classici Calze nere lunghe Scarpe nere classiche

PER LEI: Camicetta bianca classica Gonna classica nera Calze colore naturale Scarpe classiche nere con il tacco basso La gonna deve arrivare appena sotto al ginocchio, quindi non deve essere troppo corta. Anche se si dà per scontato, vale la pena ricordare che è importantissimo avere una divisa sempre pulita, in ordine e le scarpe lucide. Inoltre sono sempre necessari: Cavatappi professionale Liteau (tovagliolo di servizio) Penna Fiammiferi (possibilmente di legno, perché i cerini emettono un odore sgradevole) Un fazzoletto pulito (vanno bene anche i fazzoletti di carta) Canottiera o maglia per l’igiene e per la propria salute Il corredo del personale di sala deve essere sufficiente da permettere un ricambio, quindi le camicie dovranno essere almeno 6, i calzini 6/8 paia, mentre per quanto riguarda i pantaloni, la gonna, il gilet e la giacca, è importante averne almeno 3. Le scarpe dovranno essere almeno 2 paia, primo perché una scarpa si può anche danneggiare durante un servizio, e quindi avere un paio in sostituzione, e poi perché quando dopo un lungo servizio (specialmente con pranzi come i matrimoni, banchetti ….) si hanno i piedi indolenziti, cambiando paia di scarpe si riesce ad alleviare il cosiddetto “mal di piedi” Vi sono alcune norme igieniche che devono sempre essere rispettate, e sono:

Capelli puliti e in ordine (raccolti se lunghi) Pulizia accurata della persona Profumi e deodoranti “discreti”

PER LUI: PER LEI: Barba ben rasata Trucco leggero Mani curate con unghie corte Mani curate, smalto chiaro Niente anelli, bracciali e orecchini Un anello, orecchini molto (salvo la fede nuziale) semplici, niente bracciali Igiene della persona ¥ Cambiare spesso la divisa e tenerla pulita. ¥ Lavorare solo con abiti di servizio, da indossare all’inizio del turno e togliere al termine (è anche un obbligo di legge). ¥ Non starnutire o tossire sul cibo, verso i tavoli dei clienti o sulle attrezzature (bicchieri, posate, piatti…). ¥ Lavarsi spesso, anche più volte al giorno, cambiando gli indumenti intimi. ¥ Tenere capelli, barba e baffi corti e puliti. ¥ Quando si parla, stare lontani dai cibi. ¥ Non pettinarsi in cucina, vicino ai piatti, accanto ai tavoli dei clienti e di servizio. ¥ Se sei ammalato non devi lavorare; rivolgiti dal tuo medico.

Igiene delle mani

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Le mani rappresentano sicuramente l’elemento più a rischio sotto il profilo sanitario; i microrganismi arrivano spesso agli alimenti passando per le mani. Le mani toccano le parti del nostro corpo su cui si possono trovare batteri, e toccano attrezzi e piani di lavoro che si potrebbero facilmente infettare.

¥ Le piccole ferite rappresentano un pericolo di infezione e devono essere coperte con apposite protezioni in gomma o cerotti impermeabili.

¥ Prendere le posate dal manico e non mettere mai le dita dentro i bicchieri. ¥ Le unghie devono essere sempre corte e senza smalto; nelle unghie si formano batteri. ¥ Non fumare mai durante il lavoro: il contatto delle mani con le labbra favorisce il contagio con i germi patogeni; in ogni

caso, dopo aver fumato lavarsi accuratamente le mani. ¥ Pulirsi ogni giorno le unghie con uno spazzolino. ¥ Durante il lavoro togliere anelli, bracciali e orologi: sono oggetti che trattengono sporcizia e umidità, e impediscono

un’accurata pulizia delle mani. ¥ In caso di foruncoli, verruche, piaghe …, curarsi immediatamente. ¥

Non bagnare le dita con la saliva nel prendere fogli, tovaglioli di carta, ecc. Quando lavarsi le mani Le mani vanno lavate:

• dopo essere andati ai servizi igienici • prima di iniziare il turno di lavoro • prima e dopo aver mangiato o fumato • dopo aver toccato uova e pollame • prima di toccare cibi e dopo • dopo aver tossito o starnutito • dopo aver toccato un tipo di cibo e prima di manipolarne un altro tipo (crudo - cotto, carne - verdure, ecc.); • dopo aver toccato parti del corpo come (bocca, orecchie, naso…) •

dopo aver toccato il fazzoletto per il naso, attrezzatura o mobilio sporchi, il pavimento… tutto quanto sia sporco, compresi i soldi

HACCP L'Italia con il decreto legislativo 155 del 26 maggio 1997, recepisce le direttive 93/43/CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene alimentare. Con questo decreto, entrato in vigore il 28 giugno 1998, vengono introdotti nuovi obblighi a carico degli

operatori del settore alimentare, con l’obiettivo di garantire la sicurezza e la salubrità dei prodotti alimentari. “Le malattie dovute ai cibi contaminati costituiscono forse il problema di salute pubblica più diffuso nel mondo contemporaneo ed n’importante causa di riduzione della produttività economica. … le malattie dovute a cibi contaminati causano mortalità, malesseri, sofferenze e perdite economiche, che nessuna nazione può affrontare …” (WHO, World Health Organization). E’ doveroso sottolineare l’importante ruolo che la prevenzione di tutte le forme di contaminazione alimentare riveste nel settore della ristorazione collettiva e nella produzione, commercializzazione e somministrazione dei prodotti alimentari. La sicurezza igienica dei prodotti alimentari costituisce, nell’attuale contesto sociale, una questione strategica di fondamentale importanza per le implicazioni di ordine sociale, economico e politico ad essa connesse. Del resto gli stessi consumatori hanno acquisito un grado di consapevolezza che si traduce in una sempre maggiore domanda di sicurezza ed integrità dei prodotti alimentari, e di informazione in materia alimentare. Anche legislazione internazionale e nazionale, per la tutela della salute pubblica e a difesa degli interessi dei consumatori, è sempre più attenta a garantire la sicurezza dei prodotti soprattutto alla luce dei recenti fenomeni di contaminazione alimentare (BSE, mucca pazza, virus dei polli, ecc…). Nella consapevolezza di tale importanza, l’Italia, in linea con le disposizioni comunitarie, nel 1997 ha introdotto un sistema di controllo e prevenzione, basato sul sistema H.A.C.C.P., affinché nel settore alimentare siano garantiti debiti livelli di sicurezza e controlli ufficiali quantitativamente e qualitativamente adeguati. La sicurezza dei consumatori è stata oggetto dell’attenzione internazionale fin dagli Anni ‘50. Allora la FAO (Food and Agricolture Organization o Organizzazione dell’Agricoltura e degli Alimenti) e l’WHO (World Health Organization o Organizzazione mondiale della sanità) delle Nazioni Unite, diedero vita alla *Codex Alimentarius Commission* ( http://www.codexalimentarius.net/); il Codex è un organismo, istituito nel 1962 con sede a Roma e che comprende 158 nazioni, responsabile dello sviluppo di

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norme riguardanti la salubrità e l’etichettatura degli alimenti. Che cos’è l’H.A.C.C.P.

Il termine HACCP è acronimo di: “Hazard Analysis and Critical Control Points” che tradotto in italiano vuol dire: Analisi dei rischi e controllo dei punti crirtici. L'HACCP è un sistema, una metodologia usata per verificare l'igiene e la sicurezza del prodotto alimentare garantendo la salubrità dalle materie prime fino al prodotto finale seguendo l'intero ciclo produttivo. Il metodo HACCP correttamente applicato si basa su dati scientifici e: consente di identificare e prevenire i pericoli di contaminazione del cibo; 1. agevola i controlli delle autorità con l'ordinata raccolta dei dati di produzione; 2. indica responsabilità precise del produttore o del fabbricante; 3. agevola le aziende in una onesta competizione sul mercato;

Il metodo HACCP impone al responsabile dell'industria di garantire che la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione, la vendita o la fornitura, compresa la somministrazione, dei prodotti alimentari siano effettuati in modo igienico. La stessa norma prevede che il responsabile della industria alimentare debba individuare nella propria attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza, avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici. In sintesi, si può affermare che è un sistema di prevenzione che il responsabile dell’Azienda deve mettere a punto individuando una serie di misure preventive e correttive per l’eliminazione di possibili fonti di contaminazione. Dato che è la stessa Azienda a definire i criteri di controllo, l’H.A.C.C.P. è chiamato anche il “sistema di auto-controllo”. La finalità del sistema "autocontrollo" non è più quella di intervenire sulle non conformità rilevate, ma quella di prevenirne le cause di insorgenza, prima che si verifichino gli eventi negativi e, in ogni caso, di applicare sempre le opportune azioni correttive in modo da minimizzare i rischi sanitari. I metodi per ottenere il risultato desiderato hanno finalità di istituire un sistema di aut ocontrollo documentato nel quale ognuno sia in ogni momento in grado di dimostrare di avere operato in modo da ridurre al minimo i suddetti rischi. Il sistema H.A.C.C.P. è obbligatorio per le Aziende alimentari Con la Direttiva 93/43 CEE "Igiene dei prodotti alimentari" del Consiglio del 14/6/93 sull’igiene dei prodotti alimentari, l’Unione Europea ha emanato disposizioni comuni per garantire il consumatore europeo sull’igienicità dei prodotti alimentari. La UE ha stabilito una nuova legislazione e nuove regole sulla sicurezza dei cibi; dopo la “Direttiva sull’Igiene e le Sostanze Alimentari”, il Regolamento UE 178/2002 si pone l’obiettivo di assicurare un elevato livello di sicurezza ai consumatori ed estende il vincolo dell’applicazione del metodo HACCP al settore primario e alla produzione di mangimi, introducendo tra l’altro l’obbligo della rintracciabilità e nuovi concetti relativi alla nozione di rischio e di prevenzione. Nell’anno 1997, l‘Italia recepisce la Direttiva CEE ed emana il “Decreto Legislativo n°155” (D. LGS. 26 maggio 1997 n 155) che stabilisce l’obbligo di garantire la sicurezza igienica degli alimenti, mediante un sistema di autocontrollo, per tutte le “industrie alimentari”; con questo termine si intende “ogni soggetto, pubblico o privato, con o senza fini di lucro che esercita una o più delle seguenti attività: preparazione, trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, manipolazione, vendita o fornitura, compresa la somministrazione di prodotti alimentari”. Il sistema HACCP è esplicitamente prescritto dall'art. 3, comma 2, del decreto legislativo 155/97: "Il responsabile dell'industria alimentare deve individuare ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza avvalendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points)".

Il D. Lgs. 155/97 è considerato una norma “trasversale”, che pertanto non influenza o abroga norme specifiche per determinati prodotti alimentari, non ha introdotto nessuna nuova norma igienico-sanitaria, ma ha solo imposto un metodo di autocontrollo. Chi deve applicare il sistema H.A.C.C.P. Ogni soggetto pubblico o privato, con o senza scopo di lucro, che nell’ambito della propria attività abbia un contatto diretto o indiretto con alimenti. Pertanto le fasi di applicazione del sistema H.A.C.C.P. riguardano: - la preparazione - la trasformazione - la fabbricazione - il confezionamento - il deposito - il trasporto - la distribuzione - la manipolazione - la fornitura - la vendita - la somministrazione

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Quindi l'applicazione dei decreto interessa tutti i pubblici esercizi, i commercianti al minuto e all'ingrosso di generi alimentari, gli artigiani che producono e manipolano prodotti alimentari, gli autotrasportatori, nonché le aziende agricole qualora la vendita dei prodotti raccolti viene effettuata nella sede stessa dell'azienda o quando oltre alla raccolta si procede anche alla trasformazione (uva in vino, olive in olio) o al confezionamento, selezione e deposito dei prodotti.

Sicurezza sul lavoro Ogni azienda, indipendentemente che sia a gestione familiare o manageriale, devono possedere degli standard comuni di sicurezza, regolamentati da norme nazionali ed europee. Dando per scontato che l’albergo sia stato costruito rispettando le numerosi leggi in vigore in ambito di “sicurezza”, la valutazione del “rischio” viene trattata nella legge “81 del 2008”. Questo decreto non è poi tanto diverso da quelli che l’hanno preceduto, salvo, appunto, per alcune precisazioni che tendono ad evidenziare tutte quelle situazioni, sul posto di lavoro, che potrebbero nascondere “rischi”. Il decreto legislativo 81 del 2008 nasce fondamentalmente per i seguenti obiettivi: 1. l’eliminazione dei rischi “prevedibili”; 2. la riduzione del rischio quando non è eliminabile; 3. utilizzo di protezioni su macchinari a rischio; 4. utilizzo di protezioni individuali; 5. la formazione del personale e l’informazione. Il compito di controllare dell’effettiva applicazione delle norme in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro spetta alle ASL (Aziende Sanitarie Locali), salvo in alcuni casi dove è compito dei vigili del fuoco. La gestione dell’azienda, per quanto concerne la sicurezza, ha diversi compiti, e alcuni di questi sono:

1. nominare un rappresentante per la sicurezza; 2. verificare (tramite il rappresentante per la sicurezza) l’idoneità delle ditte appaltatrici, e coordinarle; 3.

nominare un medico competente; 4. effettuare una valutazione dei rischi e informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti; 5. verificare (tramite il rappresentante per la sicurezza) che i dipendenti osservino tutte le norme di sicurezza; 6. tenere un registro degli infortuni; 7. organizzare la prevenzione incendi e il pronto soccorso; 8. convocare una riunione periodica di sicurezza.

Il responsabile dell’antinfortunistica, al fine di garantire agli ospiti la massima sicurezza, deve verificare che: θ nelle vie d’uscita d’emergenza (uscite di sicurezza, scale antincendio, porte antipanico) non vengano collocati oggetti che possano intralciare il passaggio; θ deve garantire, tramite ditte appaltate, il controllo e la manutenzione le attrezzature antincendio e degli impianti elettrici; θ deve garantire, tramite ditte appaltate, il controllo e la manutenzione degli impianti di riscaldamento, ventilazione e condizionamento. θ

Deve garantire che tutti i controlli e gli interventi effettuati sulle apparecchiature antincendio, vengano riportate su un apposito registro. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

L’albergo dispone anche di spazi comuni, che possono quindi essere occupati da più clienti contemporaneamente, come la hall, il bar, la sala convegni, il ristorante, sala per gli spettacoli, per le sfilate di moda, etc.. Questi spazi devono rispondere ad alcune norme di sicurezza, sancite al punto 8.4 del DM 9-4-94, e tra queste vi sono le uscite di sicurezza. Tutte le vie d’uscita devono aprirsi spingendo dall’interno della sala verso l’esterno. Nel caso in cui un locale, normalmente predisposto ad un utilizzo, venga utilizzato per un'altra attività, si dovrà richiederne l’autorizzazione agli uffici comunali competenti. Per esempio se un salone è stato costruito e predisposto come sala ristorante, e in occasione di una festa si vuole trasformare il locale in una sala da ballo, dovranno essere richieste le relative autorizzazioni. Vediamo la tabella che segue, relativa alle uscite d’emergenza:

CAPIENZA DELLE SALE CARATTERISTICHE DELLE USCITE Inferiore a 50 posti Almeno un’uscita, larga almeno 90 cm. Dai 50 ai 100 posti compresi Almeno 2 uscite, larghe almeno 120 cm. Superiore a 100 posti Il numero delle uscite viene stabilito dai Vigili del Fuoco, a seconda del tipo di struttura, e devono essere larghe almeno 120 cm.

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La cassetta del pronto soccorso La cassetta del pronto soccorso deve contenere tutto il necessario per poter garantire un primo intervento in caso di infortunio. Vediamo alcuni di questi prodotti: -

Guanti monouso in vinile o lattice - Acqua ossigenata - Compresse di garza sterile - Pinzette sterili monouso - Confezione di rete elastic -

Cotone idrofilo - Cerotti di varie misure - Rotoli di benda orlata alta 10 cm. - Rotolo di cerotto alto 2,5 cm. - Forbici - Lacci emostatici - Ghiaccio istantaneo - Termometro. Segnaletica Gli estintori devono essere ben visibili e segnalati dall’apposito cartello (foto A), così come la segnaletica della lancia antincendi e le uscite d’emergenza (foto B). L’estintore (di quelli in polvere) deve essere controllato dalla ditta appaltata, la quale segnalerà nell’apposito cartoncino l’avvenuto controllo (foto C). In ogni sala ristorante deve essere esposta la mappa del locale con segnalato (in verde) il percorso da seguire in casa di uscita d’emergenza (foto D), percorso che è anche indicato dai singoli cartelli verdi appesi alle pareti (foto B).

Classificazioni degli alberghi I REQUISITI MINIMI DELLA CLASSIFICAZIONE A STELLE La classificazione degli alberghi si suddivide in 6 categorie, che sono: 1 stella, 2 stelle, 3 stelle, 4 stelle, 5 stelle, 5 stelle lusso. Ma come vengono assegnate le stelle? Rispettando alcuni criteri, e tra i più importanti ci sono sicuramente i servizi strutturali che l’albergo offre (piscina, televisione in camera, frigobar, telefono in camera, aria condizionata, cassaforte in camera, garage custodito, campo da tennis, sauna.…), il livello professionale degli operatori e le dimensioni dell’albergo. E’ bene rimarcare che spesso, soprattutto per chi non conosce ancora il settore alberghiero dal suo interno, si ritiene che le dimensioni dell’albergo equivalgano al livello di servizio e alle stelle; e questo è un errore, poiché ci sono alberghi piccoli ma con un livello di servizio altissimo e alberghi di grandi dimensioni con un livello di servizio scadente. Le regole dicono questo, ma in realtà le stelle attualmente vengono assegnate solo in base ai servizi strutturali, perché sono rarissimi i casi dove viene valutato il livello professionale degli addetti. Con questo sistema non viene preso in considerazione un fattore molto importante: quello umano. Sono soprattutto le persone che fanno l’azienda, se in un albergo il personale, anche se preparato, risulta “poco simpatico” e tiene un atteggiamento sbagliato verso il cliente, l’albergo potrebbe avere molti servizi, potrebbe essere un 5 stelle, ma il cliente non sarà mai soddisfatto. Chiediamoci: ci è mai capitato di non voler entrare in un bar, anche se questo è molto elegante, solo perché ci lavorano persone che ci sono antipatiche? E questo solo per bere qualcosa, figuriamoci in un albergo dove il cliente ci vive, dorme, mangia,…

Gli albergatori hanno l’onere di comunicare agli enti regionali di competenza i servizi che sono in grado di offrire (TV in camera, piscina, frigobar…) e gli standard di prestazione (un televisore a colori è meglio di un televisore in bianco e nero). Ad ogni servizio offerto vengono assegnati dei punti che una volta sommati daranno un punteggio finale che assegnerà la classificazione (stelle) all’albergo. Per essere collocati in una specifica categoria, si deve raggiungere un valore minimo di punti e garantire uno standard qualitativo di servizio adeguato a quella tipologia d’albergo. Gli alberghi, per poter essere definiti tali e per poter avere almeno 1 stella di categoria, devono almeno: disporre di un locale ad uso comune (per esempio la hall) avere almeno 7 camere disporre di un servizio igienico ogni 10 posti letto ogni camera deve avere un lavandino con acqua calda e fredda numero di addetti sufficiente impianti tecnologici adeguati

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Come abbiamo detto, i servizi danno dei punteggi e il totale di questi punteggi indicheranno la classificazione; se un albergo dispone di un certo numero di servizi fino a raggiungere un punteggio di 130, non è detto che ottenga le 3 stelle, in quanto esistono dei requisiti obbligatori per ogni categoria. Alcuni tra i più importanti sono: (requisiti minimi)

SERVIZIO

Servizio ricevimento 12 ore su 24 12 ore su 24 12 ore su 24 16 ore su 24 16 ore su 24

Portiere di notte A chiamata A chiamata A chiamata Presente Presente

Prima colazione No

In sale comuni In sale comuni In sale comuni

In sala riservata e ai piani Bar in albergo

No 12 ore su 24 12 ore su 24 16 ore su 24 16 ore su 24

Divise personalizzate No No No No Sì

Cambio lenzuola 1 la settimana 2 la settimana 3 la settimana Tutti i giorni Tutti i giorni

Cambio asciugamani 2 la settimana 3 la settimana Tutti i giorni Tutti i giorni Tutti i giorni

Pulizia camera 1 volta al dì 1 volta al dì 1 volta al dì

1 volta al dì più riassetto pom. 1 volta al dì più riassetto pom.

Aria condizionata No No No No

In tutto l’hotel; in camera regol. Numero bagni privati

No 40% camere 70% camera

90% delle camera Tutte le camera Portabagagli

No No Sì

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Sì Sì

Telefono in camera No No

70% camere Tutte le camere Tutte le camera Lingue estere

No No

1 dal direttore 2 dal direttore; 2 dal caposala 2 dal direttore; 2 dal caposala

La differenza tra un albergo a 5 stelle e uno a 5 stelle lusso è nell’impostazione e nella qualità superiore dei servizi offerti. Un albergo a 5 stelle lusso è impostato per una clientela internazionale, e deve essere in grado di offrire ricette e cocktails di diffusione mondiale. Nel 5 stelle lusso gli arredi sono di qualità superiore, come la preparazione e la professionalità del personale.

Prima colazione Prima colazione anglosassone Il servizio della prima colazione anglosassone è più rapido per il cameriere, perché il cliente si serve da sé del cibo e delle bevande non calde. Nel caso un cliente non desideri servirsi dal buffet, o richieda qualche prodotto, il cameriere risponderà servendo senza obiezioni e con solerzia. È assolutamente proibito dare indicazioni al cliente di servirsi da solo. In alcuni locali anche il servizio delle bevande calde è lasciato a self-service. Questa soluzione permette una riduzione di personale, ma può comportare disagi per i clienti (in particolare gli anziani), sprechi e confusione. Comunque se gestita bene, anche questa procedura può essere adottata con successo. La prima colazione anglosassone comprende diverse tipologie di alimenti, che variano a seconda del paese e dalle abitudini dei clienti che frequentano gli alberghi, e possono essere: BEVANDA CALDA: caffè, tè, cioccolata, orzo… Normalmente il caffè che si utilizza per la prima colazione è più leggero del caffè espresso, ed è il caffè americano (caffè filtro). BEVANDA FREDDA: succhi di frutta, spremute, acqua minerale frizzante e non PANE: sul buffet si può trovare del pane bianco fresco, ma anche del pane nero ai cereali, pan carrè da tostare, torte salate, focacce, fette biscottate chiuse in confezioni monodose, e filoni di pane vario che vengono affettati al momento

DOLCI: croissants, muffins, brioches varie, torte dolci BURRO: sono porzioni monodose che vengono presentate in una bowl mantenuta ben fredda MARMELLATE / CONFETTURE / MIELE / CIOCCOLATA: molto spesso si presentano in piccole confezioni monodose, per poter garantire l’integrità del prodotto e la sua freschezza. Su alcuni buffet si possono trovare le marmellate in grandi recipienti e il cliente si serve della quantità desiderata. YOGURT: si possono trovare yogurt magri, naturali e alla frutta CEREALI: corn flakes, riso soffiato, riso soffiato al cacao, e vari tipi di cereali da consumare con latte o yogurt UOVA: le uova possono essere consumate à la coque (bollite) chiedendo al cliente il minutaggio di cottura, che può variare dai 3 ai 5 minuti. Le uova possono essere servite strapazzate o al piatto (al tegamino – occhio di bue), e in alcuni casi con aggiunta di pancetta soffritta. PESCE: in Germania e soprattutto nei paesi Scandinavi, usano consumare salmone e aringa affumicata

FRUTTA: frutta mista, magari con della macedonia di frutta fresca. SALUMI: prosciutto cotto, salame, salumi misti FORMAGGI: formaggio fresco a fette, tagliere di formaggi misti stagionati e freschi. Accoglienza: quando il cliente entra nel ristorante, il responsabile lo saluta, lo accompagna al tavolo e lo fa accomodare; nel caso vi siano le tazze capovolte si provvede subito a girarle. In molti hotel (in particolare commerciali), appena il cliente entra in sala gli si chiede subito il numero della camera e si annota la presenza (e il numero delle persone) su un apposito tabellone cartaceo o elettronico. Questa operazione consente di: - ottenere importanti informazioni gestionali: presenze giornaliere, costi pasto, ecc.; - avere un quadro rapido sugli ospiti che devono fare ancora colazione; - conoscere il nome del cliente appena entrato (importante!);

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- evidenziare eventuali differenze di servizio (possono essere previsti servizi speciali); - verificare la posizione del cliente: prima presenza / in soggiorno / in partenza: ogni posizione richiede un comportamento diverso da parte del cameriere: per esempio a un cliente appena arrivato è utile riservare qualche secondo per fornire informazioni sul funzionamento del servizio. Comanda: appena il cliente si è accomodato, gli si chiede che cosa desidera bere; in genere si offre caffelatte, caffè espresso, caffè nero (con clientela straniera anche con panna da caffetteria), latte, cappuccino, cioccolata, tè. Al termine si chiede al cliente il numero di stanza (salvo non sia stato richiesto all’accoglienza o non lo si ricordi).

Self-service: dopo aver ordinato le bevande calde, il cliente si avvia al buffet per servirsi di ciò che desidera. In alcuni casi il servizio prevede anche un supporto da parte di camerieri addetti al buffet. Servizio: mentre il cliente è al buffet il personale prepara le bevande calde, che serve appena il cliente occupa nuovamente posto al tavolo. Non si serve mai nulla se il cliente non è presente. Consumo: durante il pasto, il personale deve chiedere al cliente almeno una volta se gradisce ancora un po’ di bevanda (caffè, latte, cioccolata...), e verificare che tutto sia di suo gradimento. Se possibile, si deve trovare il modo di fare una breve conversazione (legata al tempo, al riposo, all’attività della giornata, consigli su visite…). Si devono sbarazzare in continuazione i piatti utilizzati dei clienti e rimasti vuoti, per mantenere i tavoli sempre in ordine. Durante tutto il servizio, un cameriere è incaricato di controllare e rimpiazzare il buffet, affinché sia sempre nelle condizioni ottimali. Quando il lavoro è intenso egli si occupa esclusivamente di questa mansione; nei buffet grandi vi sono fissi due o più camerieri incaricati di questo importante servizio. Commiato: quando il cliente termina il pasto e lascia il ristorante, il responsabile o colui che ha servito il tavolo lo saluta con frasi diverse, a seconda che il cliente parta (informazione reperibile dal tabulato fornito ogni ma ttina dal ricevimento o con l’uso di apposito software) o rimanga: “Arrivederla, Signor Verdi, le auguro buon viaggio”, Buona giornata, Signor Bianchi, e buon divertimento” e così via.

Riassetto: appena il tavolo è libero, il cameriere deve sbarazzare, pulire il tavolo e disporre nuovi coperti. Lo sbarazzo avviene con un ampio vassoio, disponendo il tutto inmodo ordinato, senza ammassare troppo ed evitando rumori. Se presente il cestino portarifiuti, va sostituito con uno pulito. La pulizia del tavolo prevede il controllo delle sedie per verificare che non ci siano briciole o altro, e la disposizione del nuovo tovagliato. Se, come di solito, il rimpiazzo prevede la sostituzione del coprimacchia e il mantenimento della tovaglia, prima di stendere il nuovo coprimacchia è necessario accertarsi che la tovaglia sia pulita, anche ai lati, in particolare se ci sono stati bambini. Disposto il tovagliato, si provvedere a rimpiazzare il tavolo con nuovi coperti. Le operazioni di sbarazzo e rimpiazzo si eseguono sempre con il vassoio tenuto in mano: non va mai appoggiato sul tavolo. Terminato il servizio, si riassetta la sala, l’attrezzatura e i macchinari. Il distributore automatico di bevande calde necessita di un’accurata pulizia e tutti gli alimenti deperibili vanno riposti in frigorifero. L’attrezzatura e il materiale di servizio vanno negli armadi, posti in genere nell’office.

Posizione della tazza Per motivi igienici, se la mise en place è preparata la sera precedente, la tazza va disposta capovolta e girata poco prima di iniziare il servizio. In alcuni ristoranti la tazza viene messa sempre capovolta, anche se il coperto è preparato poco prima del servizio, e girata dal cameriere appena il cliente occupa posto in tavola. Quest’ultima soluzione deve essere assolutamente applicata quando il servizio viene svolto in ambienti esterni (terrazza o giardino). Vediamo come potrebbe essere una mise en place (A):

1.

Piattino piccolo 2. Tovagliolo 3. Coltellino e cucchiaino 4. Tazza 5. Sottotazza

Alcune case preferiscono mettere il cucchiaino sul sottotazza (es.B), oppure sopra il piattino, rivolto verso sinistra, come una posata da dessert.

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Prima colazione continentale Il servizio della prima colazione continentale comprende una scelta molto più ristretta di prodotti. Si effettua con le stesse modalità della prima colazione anglosassone, sia a buffet che ai piani. Comprende bevande calde e/o fredde (caffè, te,… succhi, acqua minerale…), burro, marmellate, pane e dolce croissant, muffin…). English breakfast con mise en place da continental? Capita di vedere che degli hotel con servizio di english breakfast predispongono una mise en place da continental breakfast: non mettono la forchetta e dispongono anche il piatto. Se la clientela fa un uso ridotto della forchetta, perché mangia pochi salumi e formaggi e non sono offerte torte, si può evitare di portarla in tavola disponendola direttamente sul buffet, vicino a quegli ingredienti che per essere consumati necessitano di questa posata; il cliente che prenderà il piatto di affettati dovrà anche prendersi una forchetta ed eventualmente un coltello in più. Ciò consente di ridurre il lavoro della plonge, dei camerieri e l’usura delle posate. La presenza del piatto si può giustificare per un solo motivo: la preparazione preliminare dei coperti, che necessita di un piatto sul quale appoggiare il materiale che compone il coperto; è comunque da evitare, perché si ha a un maggior numero di piatti sporchi. _______________________________________________________________________________________

Servizio della prima colazione ai piani Fare un servizio ai piani si dice “fare un’etage”, che in francese significa “piano”. Alcuni alberghi adottano dei vassoi capienti, ricoperti da un tovagliolo ben pulito, con tutto l’occorrente per il consumo della prima colazione. Altri alberghi invece adottano dei carrelli che possono passare attraverso le porte e possono stare in ascensore; una volta saliti in camera vengono sollevate le plance basculanti fissate al bordo del carrello, e quest’ultimo si trasforma in un tavolino rotondo (vedi foto). La maggior parte dei clienti avvisa la sera prima di quante prime colazioni desiderano, specificando cosa vogliono avere e a che ora. Alcuni compilano un apposito tagliando che trovano in camera e lo appendono alla maniglia esterna della porta. Sarà il portiere di notte a fare il giro di controllo e a raccogliere tutti i tagliandi delle prime colazioni, che farà avere al responsabile dell’etage non appena entrerà in servizio. Può capitare che il cliente telefona al servizio etage e comunica al momento cosa desidera ricevere.

Buffet e banqueting IL BUFFET - INDIVIDUAZIONE TIPO DI BUFFET E PROGETTAZIONE

Il servizio a buffet è quello dove il cliente tende ad andare verso il tavolo con le pietanze a servirsi da solo. In alcuni casi viene assistito dal personale di sala che lo aiuto nel portare il cibo al piatto e a spiegare i vari piatti esposti; è ormai frequente vedere anche personale di cucina dietro ai buffet. La scelta di effettuare un servizio a buffet viene dal fatto che ormai i clienti non rimangono seduti a tavola per diverse ore, come avviene nei classici matrimoni o altri tipi di banchetti. Quando il cliente decide di puntare su un servizio a buffet, spesso anche il cliente non è ben certo del tipo di buffet che desidera, per questo è bene pianificare con la presenza del cliente il tipo di servizio. Perché i buffet vengono impostati differentemente, a seconda dell’occasione. I tipi di buffet sono essenzialmente 4: A) Buffet senza posti a sedere, con cibi che possono essere consumati senza piatti e posate; B) Buffet senza posti a sedere, con cibi che vengono consumati utilizzando posate e piatti (quando non ci sono posti a sedere, è importante che i cibi possano essere consumati senza dover utilizzare due posate contemporaneamente, e pertanto, le eventuali preparazioni a base di carne, devono essere serviti in piccoli pezzi, che non richiedano di essere tagliati con il coltello); C) Buffet con posti a sedere sparsi. E’ un buffet dove i clienti possono consumare il cibo in piedi o seduti. I posti a sedere possono essere inferiori al numero dei clienti, e comunque non devono essere meno del 50% del numero dei clienti. Con questo tipo di servizio, la mise en place dei tavoli è composta semplicemente dal centrotavola e posaceneri (si possono aggiungere anche tovaglioli di carta e bicchieri con le bevande, per evitare al cliente il pensiero di dover andare a cercarsi anche da bere); D) Buffet con posti a sedere fissi. In questo caso ognuno avrà il suo posto a sedere e la mise en place sui tavoli dovrà essere completa, come per un normale servizio.

Nel caso di un buffet con tempi lunghi, come per esempio i matrimoni, per evitare che gli ospiti rimangano in piedi per troppo tempo il buffet più indicato sarebbe quello con posti a sedere, meglio se sparsi, dando la possibilità agli invitati di poter passare del tempo a tavola con persone diverse. Poi ci possono essere molte alternative, come per esempio un matrimonio a buffet in una casa privata, dove il servizio potrebbe essere anche meno formale. Un coffee break dovrebbe

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essere servito sempre con un buffet senza posti a sedere (A), in quanto spesso viene utilizzato da persone che stanno facendo una breve pausa di lavoro, e non hanno il tempo di fermarsi a lungo. Stesura della gonna Nel caso non vi siano le cosiddette “gonne” per vestire il buffet, dovremmo arrangiarci con le tovaglie. Vediamo come. La zona del buffet più impegnativa è rappresentata dagli angoli. Nel caso di un buffet unilaterale, cioè con i clienti che rimangono solo su di un lato, basterà preparare i due angoli frontali, mentre nel caso di un buffet bilaterale, cioè con i clienti che possono girare attorno al buffet, dovremmo fare i 4 angoli e far cadere la gonna attorno a tutto il buffet. Per fare l’angolo stendiamo la tovaglia in modo che rimanga a filo del pavimento, sia a capotavola sia frontalmente, senza badare all’angolo che tocca il pavimento (foto 1); quindi solleviamo una parte di tovaglia che tocca il pavimento regolandola, fino a formare una gonna che rasenti il pavimento, sia frontalmente che a capotavola; allontaniamo leggermente il punto A dal buffet ed afferriamo il punto B, che è esattamente il punto della linea del capotavola più lontano dalla parte frontale ; solleviamo e spostiamo il punto B sull’angolo opposto, riportando il punto A sul bordo del capotavola ; afferriamo il punto B e lo riportiamo all’angolo di partenza, coprendo una parte di tovaglia. FASI ORGANIZZATIVE Quantificazione del personale Quantificazione del materiale necessario Quantificazione delle derrate alimentari necessarie Quantificazione dei costi totali e preparazione del preventivo da presentare al cliente Nel servizio a buffet il lavoro più impegnativo rientra nelle fasi organizzative. Durante il servizio ognuno dovrebbe avere un compito preciso da svolgere.

Servizio di banchetti I banchetti sono molto remunerativi in quanto si lavora su prenotazione e con un menù unico, di conseguenza i costi delle materie prime e del personale si riducono notevolmente, permettendo un buon margine di guadagno, soprattutto se si considera che essi coinvolgono spesso un numero elevato di persone. Molti alberghi possiedono ambienti molto eleganti e personale qualificato, e ciò li rende molto competitivi nei confronti dei ristoranti. Il banchetto è anche un ottimo strumento pubblicitario: i commensali sono infatti anche potenziali clienti o comunque importanti veicoli promozionali; non va dimenticato quindi che, se non si lavora correttamente, si perde un’ottima occasione di assicurarsi della nuova clientela e ci si fa certamente una pessima pubblicità. Per una simile attività sono necessari spazi adeguati, grande assortimento di attrezzatura, buona organizzazione e molta serietà. Al momento di assumere questo impegno, le parti (il cliente e la direzione) devono stabilire alcuni elementi: • giorno e ora del banchetto; • menù e relativo abbinamento dei vini; • numero dei partecipanti; • decorazione della sala e dei tavoli; • disposizione dei tavoli;

assegnazione dei posti; • svolgimento del banchetto con eventuali brindisi, discorsi, aperitivi, balli, ecc. ; • intrattenimento musicale con o senza ballo; • probabile ora in cui termina il banchetto; • prezzo individuale e/o complessivo; • altre richieste particolari.

Definiti questi dettagli, il responsabile avrà gli elementi necessari per: determinare tutto il materiale occorrente; stabilire la disposizione dei tavoli e la mise en place; organizzare le varie fasi del servizio; suddividere i ranghi; spiegare il menù e le varie fasi del servizio al personale;

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indicare le precedenze di servizio per tavoli e/o commensali; organizzare la presentazione di eventuali portate;

organizzare il ricevimento degli ospiti; altri particolari tecnici. Operazioni preliminari Il maître deve dividere la sua brigata in vari gruppi e ovviamente le cose variano a seconda del tipo di banchetto; è importante che qualcuno controlli tutta l’attrezzatura, ne verifichi la pulizia e la quantità, e se necessario disponga i piatti nel réchaud. Un altro gruppo di camerieri dovrà occuparsi della mise en place dei tavoli (dopo aver controllato la pulizia del pavimento), del posizionamento delle sedie, dei guéridon, dei carrelli e del controllo delle consolle (salini, pepini, stuzzicadenti, posacenere, formaggera, posate per il rimpiazzo, vassoi per il rimpiazzo, ecc.). Un gruppo di lavoro può essere incaricato dell’allestimento del tavolo per il buffet. Altri camerieri dovranno organizzare tutto il discorso delle bevande: controllare che il vino da servire fresco sia a temperatura, come l’acqua, stappare le bottiglie di vino che si possono già aprire (senza esagerare nei quantitativi, per evitare sprechi), ed inoltre organizzare il servizio dell’aperitivo, dei caffè e digestivi. Terminati i lavori preliminari, il maître convoca la brigata e spiega il menù, il tipo di servizio e le mansioni di ciascuno.

Il servizio All’arrivo dei clienti i camerieri devono essere posizionati ognuno nel proprio rango, e salutare i commensali aiutandoli ad accomodarsi. Quando tutti sono seduti, a un cenno del maître o del sommelier, si inizia a servire l’acqua e poi il vino. (Se qualcuno non beve vino, sbarazzare i relativi bicchieri, per evitare che altri camerieri vadano ancora a servire vino). Su ordine del maître si inizia il servizio con la prima portata, che in genere è un antipasto, iniziando dall’eventuale tavolo d’onore. Sempre al cenno del maître, si inizierà lo sbarazzo, iniziando sempre dal tavolo d’onore. Continua il servizio delle varie portate. Durante il servizio il personale di sala deve inoltre attenersi a delle normali regole di servizio, che sono poi quelle del normale servizio à la carte, come controllare i posaceneri, che non manchino posate, non fare gruppo e parlare solo per motivi di servizio, ecc..

Disposizione dei tavoli Quando la sala deve essere preparata per un banchetto, un rinfresco, o un buffet, si possono disporre i tavoli in diverse maniere. Per esempio il tavolo a “I” può essere composto da tavoli rettangolari, quadrati e prolunghe. E’ un tavolo che può andare bene fino a 10/12 persone, perché se fosse più lungo, i commensali che siedono alle due estremità, dovrebbero parlare a voce troppo alta per poter dialogare, e inoltre chi si siede ai lati del tavolo, troverebbe delle difficoltà a vedere i tutti i commensali seduti sul suo lato. Questi inconvenienti vengono risolti quando si dispone un tavolo reale, che può essere ovale o quadrato (meglio se ovale); è formato da un unico tavolo ovale grande o da tanti tavoli quadrati, rettangolari o prolunghe unite tra loro. Il tavolo imperiale ha la forma di un tavolo reale, con la differenza di avere nel centro uno spazio vuoto. Un altro tavolo è quello a ferro di cavallo, composto da tavoli squadrati e prolunghe; i commensali prendono posto solo ai lati esterni e, solo se necessario, ai due capotavola posizionati sulle punte del ferro di cavallo. Se la tavolata centrale è più lunga si può formare

un tavolo a “E” e addirittura un tavolo a pettine. In questo caso però vi saranno molte persone che daranno le spalle ad altri commensali, e per questo queste due ultime disposizioni di tavoli sarebbero da evitare. Un’altra disposizione molto usata è quella a lisca di pesce, dove i tavoli vengono posizionati in una posizione che ricorda appunto la lisca del pesce; in questo caso non dovranno essere occupati i capotavola interni, cioè quelli che si voltano le spalle. In caso di banchetti di grosse dimensioni, dove i partecipanti sono molti, spesso si preferisce di fare tavoli separati, da 10/12 persone, e questo permette a tutti i commensali di un tavolo di poter dialogare tra loro, cosa che non potrebbe essere comunque possibile con una tavolata unica da 100/200 persone. Nel caso si tratti di un matrimonio o di un banchetto con la necessità di un tavolo che sia “dominante” rispetto agli altri, si potrebbe utilizzare un tavolo di forma diversa, evitando di far accomodare persone che voltino le spalle al resto dei tavoli.

Quando si cerca una disposizione di tavoli, spesso, per poter trovare la migliore soluzione, si devono spostare molti tavoli e sedie, anche più di una volta, e ciò richiede anche molta fatica; in questo caso, sarebbe bene che il maître si scriva su un foglio ogni disposizione dei tavoli che viene provata con il relativo numero di coperti (oppure si tenga un file nel cumputer con le disposizioni che vengono ogni volta provate), per avere un elenco di alternative di tavolate, onde evitare di perdere tempo inutilmente.

Il catering

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Il catering, dal verbo inglese "to cater" che significa "provvedere al cibo, rifornire", indica il complesso delle operazioni di rifornimento in massa di cibi e bevande pronti che vengono effettuate da apposite organizzazioni nell'ambito di comunità, compagnie di trasporto, riunioni, cerimonie, ecc. Inizialmente con tale attività ci si riferiva specificatamente all'approvigionamento dei mezzi di trasporto (navi e treni), poi il termine venne esteso anche ai servizi di mense aziendali. Oggi l'espressione ha subito un'ulteriore evoluzione e se ne registrano almeno tre differenti accezioni nell'uso da parte degli operatori. Importante settore della moderna ristorazione indissolubilmente legato all'attività di banqueting, il catering prevede in pratica un'attività di vendita o somministrazione del cibo in un luogo diverso da quello in cui esso viene prodotto. Gli ambiti di maggior sviluppo del catering riguardano la ristorazione collettiva, quella sui mezzi di trasporto (marittima, ferroviaria, aerea) e la ristorazione "a domicilio". Negli ultimo anni la richiesta di servizi catering ha avuto un’impennata; sono molte le aziende che chiedono di organizzare rinfreschi presso le proprie sedi, oppure convention che richiedono coffee break o addirittura pasti complete, in piedi o seduti, a seconda delle esigenze. Senza parlare dei matrimoni; sono sempre meno i classici pranzi di matrimonio che si tengono nei ristoranti, a vantaggio dei servizi catering. Gli sposi individuano una villa storica, una tenuta in campagna, un luogo particolare, e lì decidono di fare il loro pranzo nuziale (fig.A.B). A volte è la ditta di catering che propone delle sedi per il pranzo. Si tratta di un servizio ben più complesso e dispendioso del classico servizio nel ristorante, in quanto bisogna trasportare tutto il necessario per eseguire il servizio correttamente, sempre nel rispetto delle norme HACCP. Il calcolo delle attrezzature da trasportare deve essere molto accurato, in quanto non ci si può permettere di dimenticare un certo numero di piatti, o di bicchieri; immaginate per esempio se al momento del taglio della torta, ci si accorge di non avere un numero sufficiente di piattini. Mentre nel ristorante questo non potrà mai accadere, nei servizi di catering spesso accade. Tra le cose indispensabili, che spesso si tende a dimenticare, ci sono i sacchi per la raccolta dei rifiuti, il pane e l’acqua minerale, perché si pensa sempre al vino, agli ingredienti che serviranno a confezionare i piatti, alle cose che si ritengono primarie. Organizzazione Ecco perché chi organizza catering deve avere un database di elenchi di attrezzature necessarie, che controllerà personalmente al momento del carico. Come prima cosa deve effettuare un sopralluogo, per verificare se gli spazi e il luogo sia idoneo al tipo di servizio richiesto dal cliente. Deve inoltre conoscere esattamente lo spazio che occupano i tavoli con le sedie, cosa che sembrerebbe ovvia ma non lo è, in quanto bisogna calcolare anche lo spazio che il cliente occupa spostando leggermente la sedia allontanandola dal tavolo, e lo spazio per il passaggio dei camerieri e dei clienti stessi. Deve essere in grado di sapere esattamente il numero necessario di camerieri e cuochi necessari per svolgere quel determinato servizio. Un numero troppo elevato di personale influirebbe troppo sui costi per l’azienda, mentre un numero troppo ridotto comprometterebbe la buona riuscita del servizio. In base al menu vanno considerati tutti gli ingredienti necessari ed eventuali punti di cottura, come fuochi, forni e tutto quel che serve. In alcuni servizi vengono allestite macchine lavastoviglie, macchine da caffè espresso, ed in alcuni casi bisogna organizzare anche un generatore di elettricità, come nel caso di un servizio catering in montagna, nel mezzo di una pineta, dove il cliente chiede anche servizi che richiedono l’elettricità.

BAR Acqueviti La distillazione è un procedimento fisico e chimico che consente la separazione dei componenti volatili di un fermentato in base al loro diverso punto di ebollizione. In questo modo si può concentrare l'alcol etilico presente nel fermentato e si selezionano le sostanze pregiate del distillato scartando quelle meno nobili e sgradevoli. La distillazione può essere discontinua o continua. Nella distillazione discontinua il carico, detto cotta, viene scaricato una volta che si è esaurito; successivamente si ricarica la caldaia con un altro carico. Questo tipo di distillazione viene eseguita in alambicchi di rame con il collo detto a cigno ed utilizzata per la produzione di whisky di malto, cognac, brandy, grappe ecc. Nella distillazione continua viene alimentata la colonna ininterrottamente come anche il distillato viene continuamente estratto. Viene impiegata per la produzione di vodka, grappa, brandy, gin, rum, tequile e whisky di cereali. Nella distillazione si separano dapprima le frazioni più volatili (acetaldeide ed altri acetati) che costituiscono la cosiddetta "testa", poi la frazione nobile (il "cuore") costituita dall'alcol etilico, ed infine si eliminano i composti più pesanti che vaporizzano a temperature più elevate dei precedenti, cioè la "coda", che contiene composti artefici di valori organolettici scarsi se non sgradevoli.

Il caffè Il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di alcune specie di piccoli alberi tropicali appartenenti al genere Coffea, parte della famiglia botanica delle Rubiaceae, un gruppo di angiosperme che annovera oltre 600 generi e 13500 specie. Sebbene all'interno del genere Coffea siano identificate e descritte oltre 100 specie, commercialmente le

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diverse specie di origine sono presentate come diverse varietà di caffè e le più diffuse sono l'"arabica" (Coffea arabica) e la "robusta" (Coffea canephora). Specie principali Arabica. La specie che è stata usata per prima è Coffea arabica, una pianta originaria dell'Etiopia (dove il caffè viene chiamato buna), del Sudan sud-orientale e del Kenya settentrionale. I semi di Coffea arabica hanno un contenuto di caffeina molto inferiore a quelli delle altre specie di larga diffusione e rispetto alle altre specie è autoimpollinante, cioè autogama e inoltre predilige coltivazioni ad alta quota (tra 1000 e 2000 metri).

Robusta. Molto coltivata oggi è Coffea robusta (o Coffea canephora, nome considerato scientificamente più corretto ma poco usato commercialmente). È una specie originaria dell'Africa tropicale, tra l'Uganda e la Guinea, molto adattabile (cresce anche a quote inferiori ai 700 metri) e perciò più economica. La sua coltivazione è iniziata solo nell'Ottocento. È una pianta allogama, quindi richiede impollinazioni incrociate che la possono differenziare geneticamente con più facilità rispetto alla arabica.

Liberica. Tra le specie di cultura meno diffusa, la più importante è Coffea liberica, originaria della Liberia e coltivata, oltre che in Africa occidentale, soprattutto in Indonesia e nelle Filippine.

Alcuni modi di bere il caffè Caffè con infusione. Si tratta di un metodo molto semplice e antico; si mette l’acqua in un pentolino, si porta ad ebollizione, si spegne il fuoco e si versa la polvere del caffè. Si attendono almeno 5/6 minuti e viene versato nelle tazze filtrandolo con un colino. Caffè con sistema “Melior”. Viene utilizzata un’infusiera a stantuffo composta da una caraffina in pirex e da un filtro in metallo unito con un’asticella al coperchio. All’interno si versa acqua bollente, la polvere di caffè e si attendono almeno 5/6 minuti; si inserisce il filtro e lo si spinge verso il fondo del contenitore, premendo la polvere di caffè sul fondo. Caffè alla turca. Sistema diffusa nei paesi Balcanici e Musulmani. In un pentolino (tipico quello di rame) si versa l’acqua, la polvere di caffè e lo zucchero; si porta ad ebollizione per 3 volte consecutive. Può essere bevuto anche con la polvere di caffè. Caffè filtro. Si posiziona il sacchetto filtro di carta sul contenitore forato (tipo un imbuto) che viene appoggiato sulla caraffa. Si versa acqua bollente che attraversa la polvere di caffè e cade nella caraffa. E’ un sistema molto diffuso in Europa del nord e negli U.S.A. Caffè alla napoletana. Viene utilizzata la tipica caffettiera napoletana. Si tratta di una caffettiera divisa in due contenitori sovrapposti, e nel centro si trova il filtro con il caffè in polvere. Si porta ad ebollizione l’acqua che si trova in una delle due caldaie e poi si gira la caffettiera in modo che l’acqua bollente filtri attraverso la polvere di caffè e cada nella seconda caldaia. Caffè moka. Si usa la classica caffettiera “moka”. Si mette l’acqua nella caldaia (A), si copre con il filtro (B) che viene riempito della polvere di caffè, e si chiude con la caldaia superiore (C). Si porta ad ebollizione fino a quando l’acqua diventa vapore e viene spinta attraverso il filtro salendo nel contenitore superiore. Caffè espresso. Nella macchina da caffè espresso l’acqua si trova in un serbatoio e viene mantenuta a una temperatura superiore ai 90°C. Si mette la polvere di caffè nel gruppo che viene incastrato sotto le “docce”. Quando viene azionata la macchina, una pompa spinge l’acqua a una pressione di circa 9 atmosfere attraverso la polvere di caffè, che ricade nella tazzina.

Alcune regole per fare un buon caffè espresso:

Per una dose sono necessari dai 7 agli 8 grammi di caffè macinato (il peso varia a seconda del tipo di miscela). Dal momento che viene azionata la pompa della macchina del caffè, al momento che viene spenta, devono passare dai 20 ai 25 secondi. Se passano meno di 20 secondi il caffè ottenuto ha un sapore leggero, e l’acqua non è riuscita ad estrarre tutte le sostanze dal caffè macinato. Cosa fare? La dose di caffè macinato è inferiore a quella prevista (si può verificare con un bilancino elettronico). In questo caso l’acqua spinta dalla pompa trova poca resistenza e esce in fretta dal gruppo, andandosi a depositare nella tazzina troppo velocemente. Rimedio: Si può regolare il dosatore del macinino. La macinatura del caffè è troppo grossa e pertanto l’acqua spinta dalla pompa passa dal gruppo trovando poca resistenza. Rimedio: Regolare lo spessore della macinatura. Se passano più di 25 secondi il caffè ottenuto ha un sapore di bruciato, e l’acqua bollente, rimanendo troppo a lungo a contatto con il caffè macinato, lo ha “bruciato”. Cosa fare? La dose di caffè macinato è superiore a quella prevista. In questo caso l’acqua spinta dalla pompa trova molta resistenza e esce lentamente dal gruppo. Rimedio: Si può regolare il dosatore del macinino. La macinatura del caffè è troppo fine e pertanto l’acqua spinta dalla pompa passa dal gruppo trovando troppa resistenza. Rimedio: Regolare la macinatura nel macinino.

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Per fare un buon espresso è necessario rispettare la regola delle 4 M: 1) avere una buona Miscela di caffè 2) avere una buona Macchina del caffè 3) fare sempre la Manutenzione 4) avere una buona Mano

Bisogna inoltre fare in modo che il caffè utilizzato non sia macinato da troppo tempo (es.: dalla sera prima)

VARI MODI DI CONSUMARE IL CAFFÉ ESPRESSO

CAFFÉ LISCIO: è il modo classico di consumare il caffè espresso; in alcune parti d’Italia si usa servirlo in bicchierini di vetro. Può essere servito con un bicchiere di acqua naturale per assaporarne meglio le qualità. CAFFÈ RISTRETTO (o corto): la discesa di caffè nella tazzina viene interrotta anticipatamente, in modo da avere una quantità minore di prodotto, con un sapore più forte (poiché le ultime gocce di caffè che cadono nella tazzina sono le più “annacquate” mentre le prime hanno un sapore più denso); ha una quantità inferiore di caffeina.

CAFFÈ LUNGO: al contrario del ristretto la discesa di caffè nella tazzina viene prolungata, in modo da avere una quantità maggiore di prodotto, con un sapore meno forte (poiché le ultime gocce di caffè che cadono nella tazzina sono le più “annacquate” mentre le prime hanno un sapore più denso); ha una quantità maggiore di caffeina. CAFFÈ MACCHIATO CALDO: è un caffè liscio con aggiunta di schiuma di latte caldo. Alcuni operatori con la schiuma di latte riescono a comporre dei disegni (vedi foto). CAFFÈ MACCHIATO FREDDO: va servito un caffè liscio con a parte un bricchetto contenente latte freddo. CAFFÈ CORRETTO: è un caffè liscio con aggiunta di alcool (grappa, whisky, brandy, amari e liquori vari…); molti locali correttamente servono il caffè liscio con a parte un bicchierino con la dose di alcolico per la correzione.

Il tè Molti considerano il tè come una bevanda “semplice”, senza troppe pretese. Invece non è così, basti pensare che in Gran Bretagna vi sono molti “Sommelier” specializzati nelle varie tipologie di tè e ai relativi abbinamenti. Vediamo appunto di fare una prima distinzione tra i principali tè:

Quello bianco è quello più prezioso esistente in commercio, l’infusione che si ottiene con i germogli raccolti e fatti essiccare è chiara ed ha un gusto sottile; il modo migliore per degustarlo è lasciarlo libero in infusione utilizzando tazze di vetro, di porcellana o nella tipica tazza “Zhong” cinese (vedi foto a lato). Il tè verde si presenta profumatissimo, non viene sottoposto ad alcun processo di ossidazione e le varietà migliori provengono da Giappone, Cina e Taiwan. Digestivo e tonico è perfetto dopo pranzo e nel pomeriggio, ed è un ottimo rinfrescante nei mesi estivi. Il tè nero è la qualità più comune in occidente, sono stati gli inglesi a dargli questo nome per il colore scuro delle foglie seccate. Le sue foglie assumono un colore che varia dal verde al ramato grazie al processo di fermentazione, mentre il colore dell’infusione è bruno dorato. Infine rimangono i tè “oolong”; il suo nome in cinese significa drago nero e si può considerare una qualità intermedia tra il tè verde e il tè nero: subisce come il nero il processo di fermentazione, che però viene bloccato dopo un tempo inferiore con la torrefazione. Ha un sapore meno deciso del tè nero ma meno rinfrescante del verde. L’infusione presenta un colore dorato. Quanto ai metodi di preparazione, poi, anch’essi sono molto numerosi, ma si può distinguere in generale una linea

occidentale, ossia Inglese, da una Cinese e Giapponese.

Tè inglese La teiera va riscaldata con acqua bollente, che il tè vi sia messo in misura di un cucchiaino a testa più uno “per la teiera”, sia lasciato per qualche secondo a secco per sviluppare l’aroma, poi vi sia versata acqua appena bollita: il tè va, poi, lasciato in infusione finchè le foglioline si sono quasi completamente rigonfiate, infine servito. Tè cinese

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Molto diverso è il metodo Cinese: l’acqua viene ritirata dal fuoco all’atto di bollire; scaldata la teiera, vi si mette una quantità quasi doppia di tè, ma la si lascia in infusione per 15-20 secondi e si versa; si rimette poi altra acqua bollente e si rifà il tè. Tè Giapponese Questo tipo di tè è di colore verdastro ed ha un alto contenuto di Vitamina C e di caffeina. Il tè Giapponese in polvere viene spesso utilizzato per la "cerimonia del tè" (il suo nome è matcha) e viene bevuto dopo averlo sbattuto a lungo in piccole tazze, finché la sua consistenza non diventa quasi completamente schiumosa. Ancor più diffuso è il tè verde in foglie, detto o-cha, che viene servito dopo una medio-lunga infusione in apposite teiere. Il tipo di tè verde più diffuso resta però il sencha. Il tè giapponese viene considerato molto salubre e rinfrescante ed è facile trovarne vasti assortimenti in tutti i grandi magazzini. Qualunque sia il metodo, poi, il tè va preparato non in recipienti di metallo (come noi italiani spesso facciamo), le cui pareti possono reagire con le sostanze disciolte nell’acqua, ma in teiere di materiale neutro come porcellana o terracotta.

Lavorazioni varie Le uova L’uovo è da considerarsi un alimento prezioso in quanto contiene quasi tutti gli elementi indispensabili alla nutrizione del nostro organismo (è quasi privo di glucidi). Le uova che troviamo generalmente in commercio sono di gallina (esistono uova di tacchina, anatra, quaglia, ecc.), e le categorie assegnate, in base alla loro freschezza, sono 2: categoria A: uova pulite, a guscio integro, con camera d'aria (uovo) di altezza inferiore a 6mm. Sono destinate al commercio al dettaglio. In questa categoria rientrano le uova extra, nelle quali la camera d'aria ha un'altezza inferiore ai 4 mm; esse devono essere messe in commercio entro 9 giorni dalla deposizione e devono riportare obbligatoriamente impressa la data di deposizione. Le uova di categoria A non devono essere sottoposte a procedure di lavaggio o refrigerazione. categoria B: tutte le uova che non rientrano nella categoria precedente, comprese uova di categoria A declassate. Sono destinate alle industrie alimentari di trasformazione (pastifici, produttori di maionese e prodotti dolciari), previa pastorizzazione obbligatoria per legge. Grammatura Le uova di categoria A vengono catalogate in base al peso in: XL, grandissime (uguale o superiore a 73 grammi) L, grandi (uguale o superiore a 63 g ed inferiore a 73 g) M, medie (uguale o superiore a 53 g ed inferiore a 63 g) S, piccole (meno di 53 g)

Tutte le uova, con il passare del tempo, subiscono l’aumento della camera d’aria all’interno del guscio e l’appiattimento con relativa perdita di consistenza del tuorlo, rendendo così facilmente riscontrabile lo stato di freschezza. Un pratico suggerimento per riconoscere la freschezza delle uova è quello di immergerle in un contenitore con acqua; se l’uovo rimane sul fondo significa che è fresco, man mano che lo stato di galleggiamento aumenta, lo è sempre meno.

Tipi di cottura Uova sode (foto A): bollite per circa 7/8 minuti. Si possono in seguito farcire dopo averle tagliate a metà ed amalgamando il tuorlo ad altri ingredienti. Vengono usate molto nelle insalate composte e nei piatti unici. Uova à la cocque: bollite per circa 3/5 minuti e servite nell’apposito portauovo con cucchiaino e saliera. Vengono richieste principalmente alla prima colazione. Uova bazzotte: bollite per circa 6 minuti.

Uova fritte: dette anche al piatto oppure all’occhio di bue; vengono cotte in tegamino con poco olio o burro. Uova in cocotte: uova cotte in piccole terrine poste in forno a bagnomaria. Uova pochées o in camicia: bollite senza guscio in acqua e un po’ d’aceto. Uova strapazzate: cotte in tegame con burro e costantemente frammentate durante la cottura. Crêpe o crespella: uova sbattute con farina, latte e sale, quindi cotte in padella, precedentemente oleata, in strati sottilissimi. Si prestano alla realizzazione di primi piatti oppure di desserts, farcite con varie salse ed ingredienti.

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Omelette (foto B): uova sbattute ed eventualmente unite ad altri ingredienti, quindi cotte in padella con burro, in strati piuttosto sottili. E’ la frittata alla francese. Adatta per preparazioni sia dolci che salate. Viene quasi sempre spalmata con creme od intingoli ed arrotolata su se stessa. Frittata: come l’omelette, di spessore più alto, fritta in padella senza essere arrotolata.

Principali preparazioni Uova alla russa: sode, tagliate a metà e farcite con insalata russa. Guarnite con tuorlo d’uovo tritato. Uova alla Strasburgo: sode, tagliate a metà e farcite con tuorlo mantecato con pâté de foie. Disposte su un piatto gelatinato e guarnite con lamelle di tartufo e con capperi e cetrioli a dadini. Uova strapazzate alla portoghese:con pomodoro a pezzettini. Disposte ad anello al cui centro si dispone una dadolata di pomodoro fresco e prezzemolo tritato. Uova strapazzate alla Giorgina: con gamberetti; disposte in patate lesse scavate. Frittata alla paesana: con sottili fette di lardo, patate lesse affettate (vi sono tante altre versioni con altre verdure) ed erba cipollina tritata. Omelette all’arlesiana: spalmata di salsa al pomodoro e arrotolata su se stessa; guarnita di pomodoro saltato con poco olio e aglio. Omelette aux fines herbes: in italiano si può chiamare omelette alle erbe aromatiche, ed è preparata con erbette (prezzemolo, erba cipollina, cerfoglio, ecc.). Uova alla fiorentina: uova affogate disposte in pirofila su un letto di spinaci, cosparse di salsa mornay, formaggio grattuggiato e burro fuso, quindi gratinate in salamandra. Uova alla cardinale: uova affogate disposte su crostone di pane tostato nel burro e contornate con dadolata di pollo in salsa. Disposte su piatto di portata aalternandone la guarnizione con pomodoro tartufato e salsa di gamberetti ornata con code di gambero. Uova Colbert: uova in cocotte con panna ed erbe aromatiche. Guarnite dopo la cottura con rondelle di burro Colbert.

I burri composti Un cenno meritano, anche se non sono salse vere e proprie, i burri composti; si tratta di burro al quale vengono addizionati altri ingredienti, ridotti generalmente in purea o tritati. Per alcuni, dopo aver lavorato gli ingredienti, si avvolge il tutto in carta oleata, formando dei tubicini del diametro di circa 3-4 cm e si mettono in frigorifero; da questi tubetti si ricavano poi dei dischetti, spessi circa 1 cm, che si mettono all’ultimo momento sul cibo caldo (pesci, fette di carne, ecc.). Tra i burri composti, i più comuni sono: beurre d’anchois: burro amalgamato con filetti d’acciuga pestati e passati; beurre maître d’hotel: burro amalgamato con prezzemolo tritato, succo di limone, sale, pepe e worcestershiresauce; beurre bercy: burro amalgamato con scalogno tritato ridotto con vino bianco, al quale è stato aggiunto un poco di midollo di bue bollito, sale, pepe e succo di limone;

beurre Colbert: burro amalgamato con prezzemolo e dragoncello tritati, succo di limone, glace de viande, sale e pepe bianco.

Le cotture in “stampi” Flans I flans sono preparazioni tipiche della cucina francese, e sono delle specie di tarte; possono essere a base di puree di legumi, di ortaggi, passati di carne, frutti e molluschi di mare, creme al formaggio, ecc.. Si confezionano in forme speciali, basse e larghe, procedendo come per le tarte di frutta, rivestendo fondo e pareti con pasta brisèe o sfoglia, e cuocendo in forno a calore moderato per formare la crosta. Queste croste, si riempiono con uno degli elementi sopra indicati, già cotto e condito, si cosparge sopra del parmigiano grattuggiato oppure della mollica di pane, si spruzza del burro fuso e si fa in ultimo dorare in forno o in salamandra. Si possono servire come entrèes leggeri, al posto del nostro classico primo piatto. Sformati Sono delle specie di budini, preparati con sostanze varie, come legumi, ortaggi, pesci, carne, pollame, formaggi, funghi, ecc.. Questi elementi, già coti in precedenza, vengono ridotti in purea e addizionati di salsa besciamella, uova e parmigiano grattuggiato. Si riempiono degli stampi imburrati e infarinati, che vengono messi a cuocere in forno a bagnomaria; una volta cotti vengono sformati e serviti.

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Volendo dare agli sformati un ruolo come entrèe (primo piatto), si possono preparare con stampi a forma di ciambella, con il buco in mezzo, e una volta impiattati, si possono farcire con varie guarnizioni, come quenelles o supreme di pollo, medaglioni di foie gras, code di gamberetti, medaglioni di aragosta, una finanziera, ecc.. Queste guarnizioni vengono legate con salsa appropriate. Soufflés Sono preparazioni composte a base di formaggi, ortaggi, carni, pollame, pesce, ecc., ridotte in purea, addizionate con salsa besciamella, rossi e bianchi d’uovo montati a neve, parmigiano grattugiato, fatte cuocere e servite nello stesso recipiente di cottura. Per la loro caratteristica di gonfiarsi durante la cottura, ben oltre il bordo del contenitore, vanno serviti immediatamente appena estratti dal forno, in quanto tendono a sgonfiarsi rapidamente. Foie gras Tradotto dal francese significa fegato grasso, e si intende il fegato d’oca (foie gras d’oie) o anatra (f.g. de canard) appositamente ingrassato. Il foie gras si può trovare crudo, mezzo cotto ( semiconserva), o cotto ( conserva). Il primo in Italia non si trova; il secondo è pastorizzato e si conserva per 6-8 mesi a una temperatura tra 0 e 4 °C; il terzo è sterilizzato e si conserva alcuni anni. Anche se chiamato “mezzo cotto”, non è da cucinare, ma è pronto per l’uso. La preparazione del foie gras prevede una marinatura, seguita da una cottura di circa un’ora. Spesso viene aromatizzato con i tartufi (tartufato). La mise en place per foie gras, pâtés e terrine, è composta dalla forchetta e coltello piccoli, e dal piattino per il pane con la palettina per il burro.

Ecco come servire il foie gras: mettere la scatola in frogorifero per 12 – 24 ore; aprire la scatola molte ore prima di consumare e rimetterla in frigorifero; tenere la scatola a temperatura ambiente per circa 45 minuti prima di servire; tagliare all’ultimo momento con un coltello a lama sottile non morbida, immergendolo prima in acqua calda e asciugandolo; mettere il foie gras (60/80 gr. per persona) su un piatto guarnito con buona gelatina e insalata. Va consumato con pane casereccio tostato (o di segale), accompagnato da un vino bianco leggermente abboccato, ma può andar bene anche un buon vino rosso giovane, non tannico, o un Sauternes. Può essere preparato anche in pâté o in terrina. Oltre che di fegato d’oca e anatra, pâtés e terrine possono essere preparati anche con vitello, prosciutto, pollame, selvaggina, pesce e verdure.

I pâtés sono preparazioni in crosta che si confezionano in stampi speciali a cerniera scannellati. Si foderano gli stampi con pasta per pâtés, si riempiono con i vari ingredienti, e si chiudono con un coperchio fatto con la stessa pasta. Completata la preparazione si mettono in forno a bagnomaria, a calore moderato. Si servono freddi dopo molte ore di riposo, presentati in vassoi e tagliati su tagliere.

Le terrine non sono altro che pâtés senza crosta, e vanno coperti con una pastella di farina e albume d’uovo o con fettine di lardo. Le terrine si servono direttamente negli stampi in cui sono state preparate (come si usa in Francia) oppure vengono prima sformate in altri recipienti. Le terrine si tagliano con un coltello a lama liscia ben affilata, a fette di circa 1-1,5 cm.. Sia i pâtés che le terrine, vanno serviti con una guarnizione di gelatina in cubetti.

Le minestre Il brodo è: acqua, ossi, verdure (sedano, carote, cipolle), erbe aromatiche (in mazzetto), sale il tutto bollito, schiumato e passato. (il risultato è ancora torbido) Il brodo ristretto (consommé) è: un brodo bonificato e chiarificato. (il risultato è limpido) BONIFICARE: arricchire con l’aggiunta di carne tritata. CHIARIFICARE: eliminare le impurità del ristretto con carta assorbente e con l’albume d’uovo; quest’ultimo, immerso nel ristretto bollente, si rassoda chiudendo in sé le impurità. Passare il tutto al telo fine. Il passato è: verdure, o legumi, o carne, o un insieme di questi frullati e legati con brodo bollente. La crema è: un passato legato con crema di latte e burro. Si noti però che in Italia, sovente le creme di verdure si preparano con crema di riso. La vellutata è: una crema legata e arricchita con tuorlo d’uovo. ESEMPIO:

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Brodo bollente + bianco di pollo frullato = passato di pollo Passato di pollo + crema di latte = crema di pollo Crema di pollo + tuorlo d’uovo = vellutata di pollo.

In generale, per il servizio delle minestre, valgono le indicazioni seguenti: se le minestre hanno una “guarnizione” di verdura (in pezzetti o altro taglio), di riso, pasta, carne o altre, nel servirle bisogna aver cura di mescolare bene per poter dare al cliente anche la guarnizione;

se si tratta di semplici passati o creme, ecc., senza guarnizione, la cucina propone sempre un accompagnamento: crostini di pane, bastoncini di sfoglia aromatizzata, piccole bignole salate, ecc., che vengono servite a parte.

Le PATATE ALL’ALSAZIANA: patatine novelle cotte al burro con bacon e cipolline. ANNE: a fette rotonde, al burro e in forno. ALL’AMERICANA: intere, al forno, al cartoccio con sale grosso; servite con burro crudo a parte. AURORA: fiamme (forme composte con il sac à poche) gratinate al forno e composte da patate lessate, passate, amalgamate con passato di pomodoro e pennellate con rosso d’uovo. BATTAGLIA: tagliate a dadi e cotte in padella con burro. BYRON: composto di: passate lesse passate, tuorli d’uovo, prosciutto e fines herbes, con il quale si formano delle sfere che vengono rivestite di salsa mornay e messe in forno a gratinare. ALLA BORDOLESE: tagliate a quadretti e saltate in padella con burro, aglio e prezzemolo. CASTELLO: tagliate a forma di grosse olive e cotte al forno con burro. COCOTTE: tagliate a forma di oliva allungata e cotte in forno. CROCCHETTE: composto di: patate lesse passate, tuorli d’uovo, sale, pepe e noce moscata, con il quale si formano dei cilindretti che vengono poi panati e fritti. DELFINO: composto di: patate lesse passate, pasta per bignè e tuorli d’uovo, con il quale si formano dei cilindretti che vengono poi fritti. DELMONICO: tagliate a grossi dadi e cotte in casseruola con peperoni rossi e dadolata di prosciutto. DUCHESSA (foto A): fiamme (forme composte con il sac à poche) gratinate in forno e composte da patate lesse, passate e amalgamate con tuorli d’uovo. ELISABETTA: composto di: patate lesse passate, pasta per bignè, purea di spinaci e panna, con il quale si formano dei cilindretti che vengono poi fritti. FAVORITA: tagliate a fette rotonde e cotte in padella con burro e fagiolini. FOGLIA: dette anche chips. Tagliate in sottilissime fette rotonde e fritte. FONDENTI: tornite in forma regolare e cotte in forno glassate con brodo bianco comune. GODARD: composto di: patate lesse passate, pasta per bignè e tuorli d’uovo, con il quale si formano dei cilindretti che vengono poi dorati in forno. JULIENNE: tagliate a forma di grossi fiammiferi e fritte. ALLA LIONESE: tagliate a fette rotonde e saltate in padella con burro e cipolle affettate finissime. MACAIRE: composto di: patate lesse passate, fines herbes, prosciutto cotto tritato, uova sbattute, gruviera e pangrattato con il quale si forma un tortino che viene gratinato in forno. MASCOTTE: tagliate in quarti e cotte in forno. NOCCIOLA: con lo scavino si ricavano tante palline (grosse come nocciole) che vengono poi cotte in padella con burro. PARMANTIER (foto B): tagliate a forma di dadi e cotte in formo con rosmarino. PONT NEUF: tagliate a forma rettangolare e fritte. SABLÉES: tagliate a fette rotonde, sbianchite, passate nel pangrattato e quindi saltate in padella con burro.

Pesci In Trentino viene usata molto la trota, che è il pesce d’acqua dolce più diffuso. E’ un pesce che si presta a molte lavorazioni (cartoccio, griglia, arrosto, bollita, fritta, al burro, ecc.); il suo prezzo è contenuto, cosa che non si può dire di altri pesci d’acqua dolce, come l’anguilla, lo storione, il luccio, il pesce persico ed altri. Fra i pesci d’acqua salata eccelle la sogliola che trova largo consumo in tutta la cucina internazionale; più pregiati e per questo più costosi vi sono altri pesci d’acqua salata, come la triglia, l’orata, il branzino (lo si può trovare anche nel fiume Po, nella zona veneta), il dentice, il cefalo, ecc.. Alcuni tipi di pesce, come le sardine, le acciughe, il tonno, lo sgombro ed altri pesci classificati come “pesce azzurro”, pur essendo venduti a prezzi contenuti, non hanno un gran mercato. I crostacei

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Sono considerati pregiati e spesso sono un’importante componente di ristoranti di un livello medio-alto; i più diffusi sono l’aragosta, l’astice, il gambero, il granchio, ecc.. Le lumache Sono molto usate nella ristorazione; per almeno 15 giorni devono essere lasciate prive di nutrimento, affinchè spurghino le impurità, vengono quindi fatte bollire ed estratte dal guscio. La cucina ne prevede il servizio anche nei gusci stessi, accuratamente puliti (alla Bourguignonne), ben ricoperte con burro maître d’hotel. E’ una specialità trentina servire lumache tagliate a pezzetti e cotte con prezzemolo, aglio e parmigiano, servite con la polenta.

Tartarughe Nelle nostre cucine viene usata raramente, più diffusa lo è sicuramente nelle cucine orientali; molto pregiato è il brodo di tartaruga. Molluschi Sono molto usati nella preparazione di antipasti o come guarnizione di altri piatti; va ricordato che con i molluschi, ai quali vengono aggiunti altri tipi di pesci, si confezionano ottime zuppe. I principali sono la canocchia, le cozze, le vongole, l’ostrica… Rane Le rane hanno un sapore molto prelibato; alcune ricette prevedono l’utilizzo delle cosce (che è la parte sicuramente più pregiata), mentre per altre preparazioni si può usare tutto l’animale, dopo aver scartato la testa, la pelle, le zampe e le interiora; generalmente vengono impanate e fritte in olio.

Il caviale Per ottenere il caviale, gli ovari vengono estratti immediatamente dopo l'uccisione dello storione. Le uova vengono poi separate dallo stroma connettivale e dal grasso massaggiando delicatamente porzioni dell'ovario attraverso un setaccio. Le uova separate così ottenute o grani, vengono accuratamente lavate in acqua fredda. La salatura può avvenire per immersione in salamoia o a secco e la quantità di sale utilizzata dipende dalla qualità della materia prima e dal livello di controllo sanitario dell’ambiente di lavorazione. Più bassi sono il livello di controllo e la qualità della materia prima, più alto deve essere il contenuto di sale che agisce come agente conservante e come batteriostatico. Tuttavia, se la catena del freddo durante il trasporto non viene rigorosamente rispettata, il prodotto si degrada comunque. Infatti il caviale illegale proveniente da bracconaggio molto spesso risulta particolarmente salato o, a causa dello stato di conservazione non ottimale, di gusto intenso con sentori di aringa. Il prodotto migliore è definito "Malossol" che in russo significa con poco sale, ma richiede una conservazione ad una temperatura compresa tra i -3 e 0 °C. Alle temperature del frigorifero domestico andrebbe prontamente consumato. Per il Codex Alimentarius il prodotto deve contenere tra il 3 ed il 5% di sale. Tradizionalmente il caviale veniva estratto da esemplari che risalivano i fiumi per la riproduzione con speciali “trappole”. In Iran gli storioni vengono pescati direttamente lungo le coste meridionali del Mar Caspio, prima che inizino la loro migrazione, ad un livello di maturazione più precoce. Questa caratteristica è stata considerata motivo di superiore qualità del prodotto che apparirebbe più sgranato e consistente rispetto ad altri caviali più morbidi o collosi, caratteristici di gradi di maturazione maggiori. In Russia gli ovari troppo maturi, non lavorabili secondo la tecnica descritta precedentemente (riferita al caviale granulare), venivano utilizzati per produrre il caviale pressato (payusnaya ikra o payusnaya caviar), Le uova venivano abbondantemente salate, strizzate attraverso calze di tela e pressate all’interno di barili. Questo prodotto, per il basso contenuto di acqua e per la quantità di sale, era conservabile senza refrigerazione ed era caratterizzato da un sapore particolarmente intenso e di consistenza gommosa. Era destinato prevalentemente ad un consumo locale di tipo popolare ed era originariamente diviso tra i pescatori come paga (da cui l’origine del termine nel significato russo). Per il suo elevato apporto energetico e per il contenuto proteico era sempre presente nei rifornimenti alimentari delle campagne militari dell'esercito russo.

Il caviale è l’antipasto per antonomasia, il più sfarzoso, raffinato; è formato da uova di storione e, delle oltre 20 specie di storione esistenti, solo 3 forniscono il 90% della produzione mondiale: le specie beluga, asetra (o ossietra) e sevruga. Queste 3 specie vivono nel mar Caspio, e di conseguenza i paesi produttori di caviale sono paesi dell’ex Unione Sovietica (Azerbaigian, Kazakistan e Russia Turkmenistan) e l’Iran.

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Il beluga è un pesce molto grande e raro, del quale si catturano meno di 100 esemplari all’anno; quando è pescato pesa tra i 40 e 300 kg, dai quali si ricava circa il 15% di caviale, ma può superare i 1000 kg, con una lunghezza di oltre 4 m. Le uova sono di colore grigio, dal chiaro allo scuro, con pelle e grani teneri (2,5 mm). L’asetra è di media dimensione, pesa tra i 20 e gli 80 kg, con una lunghezza di 1,2 m; può arrivare a 2 m e pesare fino a 200 kg. Ha uova di circa 2 mm, con un colore variabile dal marrone dorato al grigio scuro. Di recente introduzione è il karaburum (o asetra chiaro), una sottospecie dell’asetra, con uova chiare, che vive solo nella parte iraniana del mar Caspio. Il sevruga è il più piccolo, pesa non più di 25 kg e non supera 1 – 1,5 m. Ha uova di 1 mm di colore grigio scuro. Dopo che i pesci sono stati pescati, dalle femmine si estrae con attenzione la sacca contenente le uova che viene poi passata su setacci metallici, in modo che si rompa e le uova vengano divise in base alle loro dimensioni; le uova vengono successivamente lavate con acqua dolce e poi salate, diventando caviale. Quando i preparatori si trovano a trattare uova di qualità particolarmente buona, uniformi in dimensione e perfettamente mature, vi aggiungono una quantità di sale ridotta, così da ottenere un caviale con gusto e aromi più delicati, e con una durata di conservazione più breve; questo caviale prende il nome di malossol, che in russo significa poco salato, ed è il più pregiato e costoso. In commercio si può trovare caviale fresco e caviale pastorizzato; il primo è di migliore qualità, viene commercializzato in scatole metalliche ed è solitamente iraniano, mentre il secondo si trova in vasetti di vetro e generalmente proviene dall’ex Unione Sovietica.

Il caviale va sempre conservato in frigorifero a una temperatura di circa 0 °C, possibilmente rivoltando il contenitore 2 volte al giorno, per evitare che l’olio che aderisce alle uova finisca col depositarsi sul fondo, lasciando la parte superiore secca. La freschezza è il primo requisito che deve avere il caviale; deve avere un gusto delicato (se ha odore di pesce non è più fresco), non deve essere piccante, non deve presentare liquido né essere appiccicoso. La confezione si deve presentare ben piena, senza spazi vuoti sulla superficie, che potrebbero indicare un prodotto vecchio o che ha subito un colpo di calore. Il caviale viene classificato anche in base al colore: 0 = scuro 00 = intermedio 000 = chiaro.

Ogni specie ha caratteristiche proprie, ed il colore non influisce sul sapore; alcuni esperti gradiscono il beluga, altri il sapore del sevruga, ecc., ma ogni caso il più pregiato e costoso è il beluga malossol 000. Il servizio Il caviale va presentato su ghiaccio direttamente nella sua confezione. La posateria in argento o meglio in osso (per diminuire il rischio di rompere le uova); l’acciaio può trasmettere sapori indesiderati. Per il servizio (al guéridon) il cameriere deve disporre di clips e cucchiaini da tè. La confezione viene presentata già aperta (con il coperchio sopra) e appoggiata su del ghiaccio; con un cucch iaino il cameriere prende del caviale e lo depone sul piatto del cliente, aiutandosi con un altro cucchiaino a far scendere le uova. Per evitare che le uova rimangano attaccate al cucchiaino, prima di servire lo si può immergere in un bricco con acqua calda. Il cameriere servirà circa 30 – 40 gr di caviale su un piattino, con vicino ingredienti che possono accompagnarlo; come guarnizione una fettina di limone e del prezzemolo riccio. Il burro, a riccioli o in monoporzioni, sarà disposto su una burriera. A parte si servirà, ben caldo, del pane tostato. Il caviale si può servire nelle seguenti maniere: Con solo burro e pane tostato (o pane di segale fresco). Con burro, tuorlo e albume d’uovo a mimosa (passati al setaccio separatamente), cipolla tritata finemente, pan carrè tostato o pane di segale fresco: il cliente prende il pane, vi spalma del burro, dispone tutti gli ingredienti ed infine aggiunge il caviale; questo tipo di servizio viene spesso denominato all’americana. Con blinis (piccole crespelle lievitate a base di grano saraceno), panna acida e burro fuso; i blinis devono essere serviti ben caldi e coperti da una cloche, e il cameriere ne disporrà uno sul piatto caldo del cliente, vi verserà sopra poca panna, del burro e il caviale, ricoprirà con un altro blini, verserà altra panna, burro, e servirà il piatto al cliente. Questo è il classico servizio russo. Vi sono clienti che amano mangiare il caviale al naturale, in una coppetta, con eventualmente poche gocce di succo di limone, accompagnato da pane di segale. Può essere accompagnato da un buon vino bianco secco aromatico o con uno spumante brut metodo classico di qualità.

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La mise en place per il caviale:

Servito con pan carrè tostato Caviale con blinis: Caviale al naturale: e burro o “all’americana”: coltello piccolo, cucchiaino forchetta piccola cucchiaino piattino da pane con coltello piccolo. piattino con spicchi di li- paletta per il burro. mone e forchettina.

Il salmone affumicato Il salmone affumicato è uno degli antipasti più classici, presentato nel tipico tagliere in legno (a forma di salmone) con testa e coda argentata. Il salmone è un pesce che vive in mare e nel periodo di riproduzione risale i fiumi fino alle sorgenti. Due sono i generi principali di salmone: il Salmo salar che vive nell’oceano Atlantico, e l’Onchorhinchus, che vive nel Pacifico. Del genere Salmo fanno parte tutti i pesci che provengono dal nord Europa (norvegesi, scozzesi, irlandesi e danesi) e sono tutti ottimi prodotti. Il genere Onchorhinchus, comprende sei specie e proviene in gran parte dal Canada.

Il salmone può essere selvaggio o di allevamento; il primo è senza dubbio migliore, ma è il secondo il più diffuso, con maggior mercato, prezzi più competitivi e maggior reperibilità. Una volta pescato, il salmone, viene sospeso per la testa, spinato, cosparso di sale e affumicato con vari tipi di legni, per “impiccagione” (cioè appeso, che è il metodo migliore) o disposto su delle griglie. Da ogni salmone si ricavano 2 baffe. Il salmone affumicato viene solitamente confezionato in buste sottovuoto son sotto un supporto in cartone; una volta aperta la confezione è consigliabile consumarla nel più breve tempo possibile, tenendolo sul tagliere solo il tempo necessario per il servizio, conservandolo in frigorifero nella sua confezione.

Il servizio Il salmone affumicato si può tagliare davanti al cliente, sul tagliere apposito (foto) utilizzando un coltello con i denti appena incisi sulla lama (foto), partendo dalla coda verso la testa, tagliando in direzione della testa verso la coda (foto) cercando di ottenere fettine molto sottili. Per iniziare, con un cucchiaio capovolto si stacca la pelle laterale, rifilandola con un coltello; si taglia una fettina superficiale sottile che viene scartata. Si tagliano ora delle fettine lunghe e sottili oblique al pesce; le fettine di salmone vengono ogni volta ben disposte nei piatti dei clienti. Ad ogni cliente vengono serviti 50/60 gr. circa di salmone, possibilmente guarnendo con del prezzemolo riccio e una rondella di limone; va servito con del pan carrè appena abbrustolito e con del burro. Può essere accompagnato con uno spumante brut di qualità, a metodo classico, un vino bianco secco aromatico o un rosato ben strutturato.

Mise en place per il salmone affumicato:

Forchetta piccola Coltello piccolo Piattino per il pane Palettina per il burro.

Il formaggio Si tratta di alimenti pregiati, prodotti in innumerevoli varietà, sia a livello industriale sia artigianale; si può dire che ogni regione, addirittura ogni vallata, produca una o più qualità di formaggi tipici, che si differenziano per il tipo di latte usato (vaccino, caprino, misto, ecc.), per il tipo di lavorazione e per il periodo più o meno lungo di stagionatura. Qualche nota per capire: Formaggi a pasta fresca Sono in gran parte prodotti con latte di mucca: mozzarelle (rinomata quella di bufala), robiole, ecc., ma non mancano quelli ottenuti dal latte di capra; si può includere in questa categoria anche la ricotta, benchè essa non si ricavi dal latte ma dal suo siero.

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Formaggi a pasta molle Hanno una consistenza morbida ed elastica, maturano rapidamente e il loro sapore dipende dallo stato di maturazione: più sono maturi, più sono forti. Devono essere conservati in locali con umidità costante perché tendono a disseccarsi. Si suddividono in 3 categorie: A CROSTA FIORITA (con muffe speciali provocate): hanno una crosta bianca e vellutata, la loro pasta è morbida e cremosa (Camembert (foto A), Brie, ecc.) A CROSTA LAVATA: si presentano dorati e lisci, saporiti (il Livarot (foto B), il Reblochon, il Pont Leveque, ecc.) A CROSTA NATURALE (con muffe spontanee): molti formaggi rustici, soprattutto caprini, durante la maturazione si ricoprono di una patina vellutata, più o meno spessa, in genere bianca. Formaggi a pasta semidura La loro pasta è cruda o semicotta, si conservano abbastanza bene perché contengono poca acqua; appartengono a questa famiglia: Fontina (foto C), Pecorino toscano, Provolone, Cantal, Saint-Nectaire, ecc. Formaggi a pasta dura La loro pasta è stata prima cotta e poi pressata; sono facili da conservare; esempi: Asiago (pressato), Parmigiano reggiano, Grana padano, Montasio, Emmenthal (foto D), Sbrinz, Gruyère, ecc. Formaggi a pasta erborinata Durante la maturazione si sviluppano nella pasta delle muffe; possono essere sia a pasta molle sia a pasta semidura, di solito sono prodotti con latte vaccino. Esempi: Gorgonzola (foto E), Castelmagno (foto F - prodotto con latti misti), Roquefort (Foto G - latte di pecora), Stilton (foto H), Danish blu, ecc. Formaggi fusi Si ottengono fondendo vari tipi di formaggi; sono prodotti industriali, ma non per questo meno apprezzati; sono dolci e cremosi; citiamo i formaggi da spalmare, le creme di groviera, i formaggi fusi alle noci, alle erbe, alle olive, ecc.

Formaggi del Trentino Questi sono i formaggi riconosciuti dal Consorzio Trentingrana: Grana del Trentino, Puzzone di Moena (foto I), Asiago pressato, Fontal Cavalese, Latteria Pinzolo, Nostrano occhiato Fiavè, Nostrano Cavalese, Vezzena, Spressa Pinzolo, Nostrano val di Fassa, Rettangolare Fiavè, Dolomiti, La Boscaiola, Mozzarella Fiavè, Monte Stivo, Latteria S.A.V., Dolce Fiavè, Dolomiti di Brenta, Mozzarella S.A.V., Canestrato con e senza pepe, Stracchino bontà di montagna, Stracchino S.A.V., Fior di monte, Asiago Mezzano, Fontal Valle alpina.

Vediamo ora alcune schede tecniche di formaggi trentini: Grana del Trentino: formaggio a pasta dura e cotta, ottenuto da latte parz. Scremato della provincia di Trento, con aggiunta di caglio* e sale. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 376kcal / 1565kj, proteine: 32,18g., grassi: 27,52g, carboidrati: inf. 0,1g, calcio: 986mg, fosforo: 640mg. Quantità: forme da circa 35kg. * = il caglio è un enzima contenuto nel succo gastrico che coagula il latte precipitandone la caseina e sulla cui azione è basata la preparazione dei formaggi. Spretz tzaorì o Puzzone di Moena: formaggio a pasta semidura e semicotta, con crosta umida ottenuto da latte di allevamenti delle valli di Fiemme e Fassa, con latte crudo, caglio e sale. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 350kcal / 1452kj, proteine: 23,6g, grassi: 28,4g, carboidrati: inf. 0,1g, calcio: 950mg, fosforo: 700mg. Quantità: forme da circa 10kg. Asiago pressato: a pasta semidura e semicotta, ottenuto da latte della prov. Di Trento, la pasta è di colore bianco o leggermente paglierino, dal sapore delicato e gradevole; ingredienti: latte pastorizzato, fermenti lattici, caglio, sale. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 360kcal / 1506kj, proteine: 24g, grassi: 31g, carboidrati: inf. 0,1g, calcio: 700mg, fosforo: 500mg. Quantità: forme da circa 14kg. Fontal Cavalese: forma a pasta semidura e semicotta, da latte di allevamenti della val di Fiemme, dal colore leggermente paglierino; ingredienti: latte pastorizzato, fermenti lattici, caglio, sale. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 335kcal /1387 kj, proteine: 20g, grassi: 28,3g, carboidrati: inf. 0,1g, calcio: 400mg, fosforo: 300mg. Quantità: forme da circa 12 kg. Vezzena: a pasta semidura e semicotta, ottenuto da latte degli allevamenti di Vezzena, Lavarone e Folgaria; prodotto nel periodo da giugno a settembre; ingredienti: latte crudo parz. Scremato, caglio e sale. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 374kcal / 1552kj, proteine: 26g, grassi: 30g, carboidrati: inf. 0,1g, calcio: 1100mg, fosforo: 700mg. Quantità: forme da circa 8 kg. Dolomiti: formaggio a pasta semidura e cruda, ottenuto da latte di allevamenti dele valli di Fiemme e Fassa; la pasta è di colore bianco o leggermente paglierino, sapore delicato e gradevole; ingredienti: latte pastorizzato, fermenti lattici, caglio e sale. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 341kcal / 1425kj, proteine: 21,5g, grassi: 28,6g, calcio: 655mg, fosforo: 500mg. Quantità: forme da circa 4 kg. (4 pezzi per scatola = 16kg.) Mozzarella Fiavè: formaggio a pasta filata, ottenuto da latte pastorizzato della prov. Di Trento, con fermenti lattici, caglio, sale, senza conservanti. Valori nutrizionali (rif. A 100g. di prodotto): valore energetico: 230kcal / 955kj, proteine: 17g, grassi: 18g, calcio: 370mg, fosforo: 350mg. Quantità: vaschetta con 2 pezzi da 125g. ciascuno; busta da 100g., da 125g., filoni da 400g. e 1000g..

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Principali formaggi europei Nome Paese Caratteristiche -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Brie Francia Grasso, pasta molle e cruda. Crosta bianca vellutata. Dolce Saporito Camembert Francia Grasso, pasta molle. Crosta bianca vellutata. Saporito. Cheddar Inghilterra Grasso, pasta semidura, compatta. Saporito-piccante. Edam Olanda Grasso, pasta semidura, fondente e semicotta. Caratteristica Crosta rossa. Dolce. Emmenthal Svizzera Grasso, pasta semidura e semicotta. Occhiatura grande. Dolce-saporito. Gruyère Svizzera e Francia Poco grasso, a pasta semidura e semicotta. Occhiatura fitta ma fine. Dolce-saporito. Gouda Olanda Semigrasso, a pasta dura. Dolce, delicato. Leerdammer Olanda Poco grasso, pasta semidura e semicotta. Occhiatura molto grande. Dolce. Roquefort Francia Grasso. Pasta molle erborinata. Piccante. Samsoe Danimarca Grasso. Pasta semidura compatta. Dolce. Sbrinz Svizzera Grasso, pasta dura e cotta. Leggermente piccante. Stilton Inghilterra Grasso. Pasta semidura. Erborinato. Piccante. -

Tipologie di bar AMERICAN BAR (foto a lato): si trovano soprattutto negli alberghi, nelle grandi città. Sono bar molto curati, con musica soffusa, specializzati nel servizio dei cocktails. HOTEL BAR: molti alberghi di livello medio-alto hanno un bar di tipo “american”; si trova nei pressi della hall, con delle “isole” anche in altre zone (piscina…); BAR PASTICCERIA: specializzato nel servizio di pasticceria che tendenzialmente è di produzione propria; le vetrine dei dolci sono molto illuminati e ben visibili, in quanto la vista dei dolci invoglia i clienti a consumare i prodotti; fondamentale la pulizia; BAR GELATERIA: si basa sul gelato, che utilizza anche per frullati e frappè; fondamentale la pulizia; BAR CAFFETTERIA: specializzato nella vendita di caffè e di tutti i prodotti che prevedono il caffè; si può trovare ovunque, con orari d’apertura molto estesi. DISCOTECA BAR (discobar): specializzato nei drinks di tendenza, spesso con un tipo di servizio “free style”. PIANO BAR: potrebbe considerarsi un american bar, ma con musica dal vivo, con volumi che permettano ai clienti di poter parlare tra loro senza alzare troppo la voce. Si possono trovare anche negli alberghi. BIRRERIA: solitamente propone un’ampia gamma di birre, con panini, pizzette…

SNACK BAR: predisposto alla vendita di panini e snacks; lo troviamo in zone con molte persone che, per motivi di lavoro, non possono rientrare a casa per il pasto di mezzogiorno e preferiscono consumare qualcosa di più leggero del pasto completo da ristorante. WINE BAR: specializzato nella vendita di vini con un’ampia scelta di etichette a bicchiere; PUB (foto B): dall’origine inglese, anche in Italia mantiene la stessa tipologia di arredamento; specializzato nella mescita di birra. BAR IN THE SHOP: situati all’interno di centri commerciali, tra negozi, e a volte anche all’interno del negozio stesso. BAR A TEMA: sport, musica, cinema, spettacoli vari… BAR DRUGSTORE: non sono negozi con all’interno un bar, ma bar che fanno anche da negozio, vendendo soprattutto generi alimentari. -

Pulizia locali e attrezzature Le pulizie della sala ristorante e delle sue attrezzature sono compito del personale di sala e in particolare dei commis e degli apprendisti. Questi lavori vengono svolti con delle divise da lavoro (vergatine) e iniziano la mattina con l’apertura delle finestre per arieggiare i locali, per poi appoggiare le sedie sui tavoli con le gambe rivolte verso l’alto e iniziando quindi la pulizia dei pavimenti. In ceramica: scopare con una scopa di crine e successivamente si laverà con uno straccio immergendolo in acqua calda e detersivo apposito. Lo straccio per pavimenti deve sempre essere ben strizzato e l’acqua deve essere cambiata ogni volta che risulti troppo sporca.

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In marmo o in granito: va prima scopato e poi lavato con acqua tiepida e detersivo. Stendere la cera liquida, lasciar asciugare e lucidare. In linoleum o materiale plastico: sono pavimenti poco usati nelle sale ristoranti, anche per la poca praticità nel lavaggio. Si possono lavare come i pavimenti di ceramica (esistono anche prodotti specifici)

In cotto: va prima scopato e poi lavato con acqua molto calda e poca ammoniaca, per sgrassare e smacchiare. Appena il pavimento è asciutto va passata la cera. In moquette: si pulisce dapprima con un aspirapolvere, poi si smacchia usando prodotti specifici ed infine si lava con la macchina per moquettes.

In parquet (foto A): è uno dei pavimenti più belli ma anche più delicati. Si deve prima smacchiare strofinando con una paglietta di ferro nel senso della scanalatura (facendo ben attenzione a non rigare) o con un panno leggermente umido; poi si scopa e quindi si passa la cera (solo quando ce n’è bisogno, cioè circa ogni 10 giorni). In ultimo, quando la cera si sarà asciugata, passare la lucidatrice. Tappeti: Si devono battere all’aperto e successivamente si passano con l’aspirapolvere. Se si macchiano si possono pulire strofinando utilizzando una spazzola e dei prodotti specifici. Mobilio: Va pulito con uno straccio morbido e asciutto. Per togliere la polvere si comincia sempre dalle parti più alto, per poi scendere a quelle più basse. Si può lucidare il legno con un apposito prodotto; le parti in ottone vanno trattati con prodotti specifici. Specchi e vetri (foto B): Si lavano con una spugna imbevuta di acqua calda e ammoniaca o aceto (un bicchiere di ammoniaca per un secchio d’acqua). Quindi si asciuga con un panno che non lascia peli. Vi sono in commercio prodotti specifici che danno ugualmente buoni risultati di pulizia. Lampadari e lampade vanno spolverati e spesso lavati con un panno umido, senza avvicinarsi troppo alle parti elettriche.

Posateria e argenteria: La posateria in acciaio e l’argenteria vengono lavate con detersivo nell’apposita lavastoviglie (compito del personale alla plonge) e successivamente, lucidate dal personale di sala immergendole in acqua calda e una spruzzata d’aceto, e asciugandole con un torcione più spesso di quelli utilizzati per asciugare i bicchieri; questa operazione va effettuata prima di fare la mise en place. Dopo un certo periodo, l’argenteria tende a diventare scura, soprattutto quando viene spesso a contatto con le uova (omelette, pasta fresca all’uovo..), ed è per questo anche nei ristoranti prestigiosi, quando si serve un uovo à la coque, si accompagna con un cucchiaino in acciaio. Per lucidare l’argenteria, si possono utilizzare più metodi: la saponata consiste nel lucidare l’argenteria attraverso l’immersione in un bagno di acqua calda e sapone acido non corrosivo e risciacquandola successivamente in acqua bollente; è un metodo valido anche se non sempre si riesce a togliere le macchie nere delle posate ossidate. Il bianchetto è una polvere bianca che, impastata con alcol, viene spalmata sulle posate con una spugna; dopo qualche minuto, quando il prodotto sarà asciugato, passare con un panno asciutto togliendo la patina; infine risciacquare in acqua calda. Bisogna fare attenzione a farla volare perché se respirata in quantità eccessive, può recare danni ai polmoni. Il silver polish (foto C) si trova facilmente in commercio ed è una pasta che viene raccolta con una spugnetta umida, e va passata sull’argento, che a sua volta viene risciacquato sotto acqua corrente fredda; viene utilizzato per oggetti di grosse dimensioni, oltre che per le posate. Il silver dip è un acido nel quale vanno immerse le posate (attenzione a non bagnare anche le lame dei coltelli, che non essendo in argento, si macchierebbero) per un minuto circa; risciacquare in acqua fredda e quindi asciugare. Chi lavora con questo acido, deve usare dei quanti in plastica facendo attenzione a non bagnarsi. Esiste inoltre una macchina speciale a biglie di piombo che consente di trattare oggetti in argento di grandi dimensioni. Cristalleria: Bicchieri e caraffe devono sempre essere ben puliti, senza aloni e odori. Per ridurre il rischio di rotture, i bicchieri vanno trasportati utilizzando vassoi, possibilmente non troppo grandi, con un frangino apposito, affinché non possano scivolare. I bicchieri vanno vuotati e messi nel cestello della lavabicchieri e quindi lavati. Nella lavastoviglie ci dovrà essere acqua molto calda, una giusta dose di detersivo specifico e del brillantante; solo così i bicchieri usciranno puliti e si asciugheranno da soli senza lasciare aloni. Le nuove lavastoviglie hanno un tubicino collegato con i bidoni di detersivo e brillantante, e ad ogni lavaggio si ricarica in automatico della quantità necessaria. Per asciugare i bicchieri bisogna usare un torcione in cotone, asciutto e non troppo spesso; prendere con la mano sinistra uno dei 4 angoli (foto1), afferrare la base del bicchiere poggiandola sull’angolo del torcione (foto2), prendere l’angolo opposto ed infilarlo nel bicchiere con tutta la parte di torcione che può entrare, inserire il pollice della mano destra nel bicchiere poggiandolo sul torcione e non sul vetro interno del bicchiere (foto3), appoggiare le quattro dita della mano destra all’esterno del bicchiere sempre toccando solo parte di torcione, e roteare con delicatezza (altrimenti si rischia di rompere lo stelo), asciugando la parte interna ed esterna contemporaneamente. Dopo aver eseguito questa operazione, controllare se il bicchiere è pulito e ben asciutto osservandolo controluce.

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Porcellana: E’ sufficiente il lavaggio in lavastoviglie (compito del personale addetto alla plonge), e il trattamento quotidiano all’aceto come per le posate. Carrelli e gueridons: Vanno puliti nell’office dopo ogni servizio. In quello flambé va controllata la bombola del gas. I copricarrelli sporchi vanno sempre sostituiti. Cestini del pane: Se sono in acciaio, vanno lavati, asciugati e sistemati prima del servizio con un frangino pulito. Se sono in vimini vanno puliti di tutte le briciole e sistemati con un frangino pulito. Piante e fiori: Le piante e i fiori vanno bagnati periodicamente, con più frequenza nei periodi estivi. Vanno spuntati i gambi dei fiori recisi e vanno sostituiti quelli appassiti. L’acqua va cambiata tutti i giorni. Inoltre va ricordato che i tavoli di servizio, le consolles, vanno sempre tenuti in ordine, puliti; il tovagliato sporco che ricopre questi piani di lavoro va sempre sostituito. Pulizia del ménage Per ménage s’intende l’insieme di oggetti e accessori necessari per la riuscita di un servizio.

Ampolle di aceto ed olio: Quando sono sporche, devono essere lavate con detersivo e acqua calda, aiutandosi con spazzolini appositi. Vanno poi asciugate e riempite. Devono essere comunque controllate dopo ogni servizio. Saliera e pepiera:

Vanno lavate con detersivo e acqua calda. Una volta asciugate, vanno riempite, facendo attenzione che i fori sul coperchio siano liberi. Quando, a causa dell’umidità, il sale rimane compatto, alcuni usano inserire nella saliera dei chicchi di riso, ma nel caso di saliere trasparenti, ciò è poco gradevole. In questo caso è preferibile usare sale igroscopico. Vasetti e bottigliette di condimenti e salse: I vasetti con le varie salse tipo maionese, ketchup, tabasco, senape, worchestershire sauce, devono essere lavati con acqua e detersivo, asciugati e quindi riempiti. Formaggiera: Va svuotata dell’eventuale rimanenza ogni sera e riempita prima del pasto di mezzogiorno. Il formaggio deve essere fresco e senza grumi. La formaggiera deve essere piena e quando si lava va usato detersivo e acqua calda. Porta stecchini: Vanno controllati prima di ogni servizio affinchè siano sempre pieni e puliti; per motivi igienici è preferibile usare stecchini confezionati singolarmente. Zuccheriera da tavola: Va riempita e controllata spesso per evitare che all’interno si formino dei grumi. All’esterno deve sempre essere pulita e lucidata.

Il vino La storia Le origini del vino sono talmente antiche da affondare nella leggenda. Venendo a tempi più recenti, sono in molti ad affermare che la vite sia originaria dell’Asia minore e in seguito nel bacino del Mediterraneo. E’ storia che in occidente la coltura della vite e la pratica della vinificazione erano note in Armenia (la Mesopotamia). Qui si compì la prima rivoluzione dell’umanità, con l’abbandono del nomadismo da parte di qualche comunità e la conseguente nascita dell’agricoltura. E’ la “mezzaluna fertile” una area geografica limitrofa al corso dei fiumi Tigri ed Eufrate, madre dei cereali e laboratorio della scoperta dei processi fermentativi da cui discendono il pane, il formaggio e le bevande euforizzanti, così come noi le conosciamo oggi. Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono già vari tipi di vino. Nell’antico Egitto la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon (1339 a.C.) erano incluse delle anfore contenenti vino con riportata la zona di provenienza, l’annata e il produttore; qualcuna conteneva del vino invecchiato da parecchi anni. Dall'Egitto la pratica della vinificazione si diffuse presso gli Ebrei, gli Arabi e i Greci. Questi dedicarono al vino una divinità: Dionisio, Dio della convivialità. Contemporaneamente, nel cuore del mediterraneo, la vite iniziava dalla Sicilia il suo viaggio verso l' Europa, portando la coltivazione dell'uva dalla Campania sino alla pianura Padana. Presso gli antichi Romani la vinificazione assunse notevole importanza solo dopo la conquista della Grecia. L'iniziale distacco si tramutò in grande amore al punto da inserire Bacco nel novero degli Dei e da farsi promotori della diffusione della viticoltura in tutte le province dell'impero.

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Dal canto suo il vino ha contribuito alla nascita dell'impero romano: i Romani infatti erano a conoscenza delle proprietà battericida del vino e come consuetudine lo portavano nelle loro campagne come bevanda dei legionari, si racconta che Cesare distribuì vino ai suoi soldati per debellare una malattia che stava decimando l'esercito.

La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino dell'Impero Romano, segna l'inizio di un periodo buio per il vino, accusato di portare ebbrezza e piacere effimero. A ciò si aggiunse la diffusione dell'Islamismo nel Mediterraneo tra l'ottocento e il millequattrocento d.C. con la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati. Per contro furono proprio i monaci di quel periodo, assieme alle comunità ebraiche, a continuare, quasi in maniera clandestina la viticoltura e la pratica della vinificazione per produrre i vini da usare nei riti religiosi.

Bisognerà comunque attendere il Rinascimento per ritrovare una letteratura che restituisca al vino il suo ruolo di protagonista della cultura occidentale e che torni a decantarne le qualità. Nel diciassettesimo secolo si affinò l'arte dei bottai, divennero meno costose le bottiglie e si diffusero i tappi di sughero tutto ciò contribuì alla conservazione e al trasporto del vino favorendone il commercio.

Il diciannovesimo secolo vede consolidarsi la distintiva e straordinaria posizione che il vino occupa nella civiltà occidentale. Alla tradizione contadina inizia ad affiancarsi il contributo di illustri studiosi che si adoperano per la realizzazione di vini di sempre miglior qualità e bontà. Il vino diviene oggetto di ricerca scientifica. Nel 1866 L. Pasteur nel suo scritto Etudes sur le vin afferma "il vino è la più salutare ed igienica di tutte le bevande".

La filossera (phylloxera vastatrix) Il parassite della vite che devastò le vigne di tutta Europa sul finire del 1.800, la filossera, infesta ancora oggi il terreno di praticamente tutte le regioni vinicole. La sua comparsa fu definita il più grande disastro della storia della viticoltura, ma col senno di poi può essere vista come la cosa migliore che potesse capitare all’industria del vino europea. Prima del suo arrivo, molte regioni vinicole europee stavano andando incontro ad un graduale declino, a causa dell’aumento della domanda del loro vino; quindi molti produttori badarono soltanto alla quantità del loro prodotto, e le vigne raggiunsero proporzioni incredibili, ma a scapito della qualità. L’epidemia fu devastante, ma fortunatamente ci si accorse che la filossera colpiva soltanto le radici delle viti europee, mentre in America colpiva soprattutto l’apparato fogliare; così si ebbe l’idea di effettuare un innesto, cioè fare una vite composta da una radice americana (soggetto) ed europea quella parte destinata a portare foglie e frutti (marza).

Viticoltura Gli allevamenti Vi sono varie forme di allevamento, che sono legate ad operazioni di potatura corta e lunga, e sono strettamente connesse alla natura climatica delle varie zone, in relazione alla temperatura, precipitazioni medie annue, durata giornaliera della luce solare, inclinazione dei raggi solari, tipo di terreno e la qualità di vite scelta. Vi sono dei sistemi fondamentali di coltivazione della vite: il sistema spalliera (Guyot) la pergola trentina e il sistema Gobelet (detto anche Alberello) dei quali sono note molte varianti locali. Le viti allevate con il sistema Guyot o alla latina non hanno tralci permanenti, in quanto vengono tutti potati alla base ogni anno, per far sì che a ogni stagione la vite abbia soltanto tralci di nuova crescita. Questo sistema garantisce una buona distribuzione dei frutti su una superficie ampia e consente una regolazione della produzione, in quanto è possibile aumentare o diminuire il numero delle gemme fruttifere. Con il sistema Gobelet non c’è la sostituzione annuale dei tralci principali perchè si forma una solida struttura permanente.

Sistemi di coltivazione Alberello: molto diffuso in Italia meridionale, non necessita di alcun sostegno; tale forma non necessita di alcun

sostegno e normalmente si lasciano in potatura di produzione 8/10 speroni (cioè piccoli rami con 2 gemme) per ceppo.

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Cordoni speronati: sono caratterizzati da un cordone (tralcio) permanente orizzontale, verticale o obbliquo; molto diffuso soprattutto nella Champagne.

Spalliera (Guyot): diffuso nelle zone collinari dell’Italia settentrionale e centrale, con terreni magri e siccitosi. La Pergola (foto A): è diffusa in Italia settentrionale in ambienti freschi e ventilati; normalmente vengono lasciati 2 o 5 capi

a frutto (cioè rami che avranno grappoli) per vite con 8/12 gemme ognuno. Alberate: sono sistemi tipicamente italiani; famose sono in Campania, in cui per sostegno vengono usati dei tutori vivi

(aceri, frassini e talvolta il gelso). Casarsa: usato soprattutto in Friuli-Venezia Giulia, ma anche in Veneto orientale e in alcuni casi anche in provincia di

Trento e Bolzano; a una buona produzione quantitativa unisce anche un prodotto di ottima qualità, con costi più contenuti rispetto alla pergola.

Tendoni: sono pergolati molto diffusi nel centro-sud, anche per la produzione di uva da tavola; dalla vite, a circa 2 metri dal suolo, si dipartono a croce 4 capi a frutto sostenuti da una rete di fili.

Riflessi dell’ambiente

I fattori della qualità di un’uva dipendono dall’uomo per quanto riguarda le operazioni di coltura, come concimazione, potatura, ecc., ma soprattutto dal clima e dal tipo di terreno. Le condizioni metereologiche di ogni annata sono la causa di annate buone e di altre meno buone; per esempio le piogge primaverili ed autunnali possono portare al grappolo malattie fungine, mentre le piogge estive sono positive; la ventilazione consente a mantenere elevato lo stato di sanità del grappolo, mentre la tempesta provoca spesso danni enormi al grappolo; ecco perchè troveremo gli stessi vini della stessa cantina di annate buone e di altre meno buone. La vendemmia La vendemmia dovrebbe venire effettuata quando l’indice di maturazione delle uve (rapporto fra zucchero ed acidità) è ottimale, un valore importante che si sontrolla è anche la maturazione fenolica (maturazione dei vinaccioli). Ci sono tuttavia, esigenze di carattere tecnico che, soprattutto per i vini rossi, suggeriscono un certo ritardo nella raccolta delle uve (si avranno quindi più zuccheri e meno acidi); e soprattutto per gli spumanti, è meglio anticipare la vendemmia (+ acidi - zuccheri).

Composizione dell’uva Il grappolo d’uva è composto da un’asse centrale ramificato, detto “raspo o graspo” e da bacche succose, dette “acini”. Le diverse parti dell’acino, per la loro differente composizione, richiedono una maggiore conoscenza. LA BUCCIA. Contiene essenzialmente materie coloranti, aromi, tannino, pruina, lieviti. LA POLPA. E’ la parte dell’acino che contiene acqua, zuccheri, acidi. I VINACCIOLI. Sono al massimo 4 per acino e contengono tannini e olio, oltre ad altre sostanze.

- Il mosto contiene inoltre sostanze azotate e tracce di vitamine - Il vino contiene inoltre acidi volatili, esteri, aldeidi, polialcoli e tracce di vitamine. Lieviti

Sono piccoli funghi unicellulari, presenti sulle bucce ; al momento della pigiatura entrano in contatto con il mosto e si sviluppano, consumando soprattutto zucchero e trasformandolo in alcol, anidride carbonica e calore. Quindi maggiore sarà la quantità di zucchero nell’uva, e maggiore sarà il grado alcolico nel vino; per contenere più zucchero l’uva ha bisogno di tanto sole ed è per questo motivo che i vini del sud Italia sono (potenzialmente) più alcolici di quelli del nord. Per sapere quale sarà il grado alcolico di un vino, basta moltiplicare per 0,6 i grammi di zucchero presenti in un litro di mosto.

La vinificazione Il vino è una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mosto d’uva, cioè la parte liquida che si ottiene attraverso la pressatura dei grappoli d’uva (mosto), mentre le parti solide del grappolo si chiamano vinacce, e sono composte dai raspi, le bucce e i vinaccioli.

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La fermentazione del mosto non è altro che il lievito (presente nel mosto o aggiunto nel caso della vinificazione in bianco) che trasforma gli zuccheri in alcol; questo processo è detto “vinificazione”. Questo processo termina quando la riserva di zuccheri si è esaurita. La fermentazione può essere rallentata, accelerata o anche arrestata, variando la temperatura del mosto, infatti i lieviti vengono neutralizzati a temperature superiori a 36°C o inferiori a -3°C.

Sistemi di vinificazione La qualità dell’uva, al momento che questa arriva in cantina, costituisce la qualità potenziale dei vini che da essa vengono ricavati; vi sono operazioni di cantina che possono correggere o migliorare il prodotto, e in questo gioca un ruolo importantissimo l’enologo di una cantina, come ad esempio l’aggiunta di anidride solforosa, il filtraggio (sgrondatura nei vini bianchi), che serve ad separare le parti solide e a dare limpidezza al prodotto; un altro procedimento a rendere il prodotto limpido è la chiarificazione. Vinificazione in bianco

E’ il sistema di vinificazione adottato per ottenere vini bianchi, e consiste nella separazione immediata (dopo la pigiatura dell’uva) del mosto da tutte le parti solide, cioè le vinacce, e quindi far fermentare il mosto senza la presenza di raspi, bucce e vinaccioli. Separando subito le bucce dalla parte liquida si può ottenere un vino bianco anche da uve rosse, in quanto il colore non passa; quindi si deduce che il vino rosso ottiene il colore dalle bucce e conseguente macerazione dell’uva rossa. Vinificazione in rosso

Consiste nel far fermentare il mosto a contatto delle vinacce per alcuni giorni, avviata la fermentazione si sviluppa un gas (anidride carbonica), le parti solide (bucce) vengono definite “cappello” (galleggiante); se lo si lascia in superficie, il suo contatto con l’aria lo rende acetoso, e per questo motivo si “rompe” il cappello facendolo disperdere nella massa del mosto o con bastoni, o con mezzi meccanici, o spillando mosto dalla parte inferiore del recipiente e versandolo su quella superiore. Vinificazione in rosato Consiste nella fermentazione di mosti ricavati da uve rosse, lasciando le bucce per un tempo limitato a seconda del colore desiderato a contatto del mosto in modo che cedano la quantità desiderata di sostanze coloranti. La vinificazione continua Essendo il mosto più denso del vino, e quindi più pesante, si può supporre che in un tino a forma di torre continuamente alimentato dal basso con mosto fresco, il liquido in fermentazione vada a stabilirsi in strati sovrapposti, per cui gli strati meno densi (essendo più alcolici e meno zuccherini), corrispondono al mosto più fermentato, cioè al quasi-vino; sotto l’effetto del gas (anidride carbonica, CO2), le parti solide vengono trasportate verso l’alto della torre formando un cappello di vinaccia parzialmente emersa, che può allontanarsi mediante appositi estrattori. Ne deriva perciò che, regolando convenientemente l’entrata del mosto e l’uscita del vino, e meccanizzando l’estrazione della vinaccia, si può realizzare un certo risparmio di manodopera. La vinificazione a caldo La vinificazione a caldo o termo vinificazione è un metodo di vinificazione continua che comporta un parziale o totale riscaldamento della massa pigiata; con questo sistema si estraggono più rapidamente le sostanze coloranti, si inattivano gli enzimi ossidanti, ecc.. Vinificazione con macerazione carbonica

I grappoli interi appena raccolti (occorrono uve di ottima qualità) vengono posti in autoclavi dove si aggiunge anidride carbonica in modo da far fuoriuscire l’ ossigeno; bisogna fare molta attenzione a non rompere gli acini che comincerebbero a fermentare. Il fenomeno che si sviluppa in ogni acino è l’auto fermentazione o fermentazione intracellulare, che deve avvenire in assenza di ossigeno. L’autoclave rimane chiusa ermeticamente per circa 6-8 giorni ad una temperatura di circa 30°C. Dopo questo periodo si procede con una normale fermentazione in rosso. Con la macerazione carbonica si ottengono vini brillanti, ricchi di aromi, poco tannici e dal sapore morbido. Per legge il vino che viene messo in commercio in ottobre e non può più essere venduto dopo il 31 dicembre dello stesso anno di vendemmia.

Vini speciali

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1. SPUMANTI 2. VINI LIQUOROSI O FORTIFICATI MARSALA – PORTO – SHERRY – MADEIRA

3. VINI AROMATIZZATI VINO BASE +ALCOOL + ESTRATTI AROMATICI 4. MISTELLE (non sono in vendita)

SPUMANTI: ¥ NATURALI (Co2 per rifermentazione in bottiglia)

a. metodo Classico b. metodo Charmat

1. ARTIFICIALI (aggiunta di Co2 artificialmente)

Metodo Classico: Rifermentazione in bottiglia uve usate: Chardonnay, Pinot bianco, Pinot nero e Pinot meunier.

OPERAZIONI PER ESEGUIRE LO SPUMANTE: 1. CUVEE’ 2. LIQUEUR DE TIRAGE 3. IMBOTTIGLIAMENTO E TAPPATURA CON TAPPO A CORONA E BIDULLE 4. PRESA DI SPUMA 5. MATURAZIONE SUI LIEVITI 6. REMUAGE 7. SBOCCATURA

-al volo: - al ghiaccio:

8. LIQUEUR D’EXPEDITION 1. TAPPATURA 2. ETICHETTATURA

Millesimato:

Riserva:

Metodo Charmat

spumante rifermentato in autoclave

PROCEDIMENTO: CUVEE’: RIFERMENTAZIONE IN AUTOCLAVE

Charmat corto: Charmat lungo:

IMBOTTIGLIAMENTO ISOBARICO: TAPPATURA ETICHETTATURA

Vini spumanti

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Spumanti artificiali Con questo nome si intendono quei vini che vengono artificialmente arricchiti di anidride carbonica. Il motivo fondamentale che giustifica tale produzione è di carattere economico, essendo lo scopo di tali spumanti solo quello di costituire un prodotto di basso prezzo. Spumanti naturali Questo gruppo di spumanti, che hanno la loro spuma prodotta naturalmente da agenti biologici; i lieviti, si suddividono in: spumanti prodotti col metodo classico o Champenois (solo in Francia) ovvero rifermentati in bottiglia; spumanti prodotti col metodo Marone-Cinzano; spumanti prodotti col metodo Charmat (in autoclave).

Per ottenere un buon spumante, oltre alla lavorazione in cantina, occorre che il vigneto sia ben esposto ai raggi solari, abbia una giusta altitudine e che i grappoli siano sani. La vendemmia viene anticipata di circa 10 giorni rispetto alla norma per avere maggiore presenza dell’acidità. I vitigni più predisposti alla produzione dello spumante a metodo classico sono lo Chardonnay, Pinot bianco, Pinot meunier ed il Pinot nero. Sicuramente i due vitigni principali sono lo Chardonnay e il Pinot nero.

La spumantizzazione con il metodo classico

E’ il sistema più antico di spumantizzazione, e consiste in una lentissima rifermentazione ed una maturazione direttamente nella bottiglia da dove il vino verrà consumato. Innanzitutto vengono preparate le basi cioè i vini prodotti separatamente e poi assemblati. Tirage o imbottigliamento Per ottenere la rifermentazione è necessario aggiungere al vino gli agenti fermentanti, cioè lieviti, zuccheri e sali minerali. Le bottiglie del tipo champagnotte vengono chiuse con un tappo a corona; sotto quest’ultimo si infila nel collo della bottiglia una particolare capsula di plastica, chiamata bidule, con la cavità rivolta verso l’interno della bottiglia, entro la quale, dopo il remuage, si raccoglierà il sedimento esausto. Presa di spuma

Le bottiglie così tappate vengono poste in cantina in posizione orizzontale a una temperatura fra gli 11 e i 13°C. Nei sei mesi seguenti i lieviti trasformeranno gli zuccheri in anidride carbonica cioè le bollicine, vengono a formarsi gli aromi e nel tempo la loro evoluzione. Maturazione della feccia

Per ottenere un prodotto di qualità è necessario che i lieviti rimangano a contatto con il vino per minimo 15 mesi (per legge), variabili a seconda delle tipologie proposte, affinchè si possa formare il bouquet. Remuage sulle pupitres Le bottiglie vengono poste in particolari supporti, detti pupitres, costituiti da due grossi piani inclinati di legno, incernierati superiormente, nei quali sono praticati appositi fori, ed ivi subiscono il remuage. Il remuage serve a far scivolare dal vetro i sedimenti e a portarli verso il tappo; gli operai scuotono e ruotano quotidianamente di 1/8 di giro le bottiglie che inserite nelle pupitres con il tappo verso il basso si inclinano maggiormente; nell’ultima fase della lavorazione la rotazione viene portata prima ad 1/6 di giro ed in fine ad 1/4. Normalmente in 70 giorni il remuage è concluso. Alla fine del remuage si avranno le bottiglie in posizione verticale con il tappo rivolto verso il basso ed il sedimento si sarà raccolto all’interno della bidule di plastica che era stata messa in bottiglia al tirage (imbottigliamento). Dégorgement o sboccatura

Il dégorgement può avvenire: a la volée, cioè con stappatura veloce e precisa; à la glace, il collo della bottiglia, quindi la parte contenente i sedimenti, viene immerso per qualche minuto in un liquido a

25°C sottozero, questo per formare un blocco di ghiaccio contenente la feccia; a questo punto aprendo la bottiglia, la pressione interna farà fuoriuscire il ghiaccio formatosi, contenente tutte le parti che vanno eliminate. Quindi l’addetto riempie nuovamente la bottiglia a livello con il liqueur d’expedition; la liqueur è uno sciroppo composto di zucchero di canna, mosto, vino invecchiato, ed eventualmente qualche piccola frazione di distillato di vino. La sua esatta

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composizione è un segreto che ogni cantina custodisce gelosamente. A seconda del liqueur aggiunto, il vino è più o meno dolce e viene differenziato in:

extra brut, extra herb tra 0 e 6 g/l. brut, herb inferiore a 12 g/l. extra dry, extra trocken tra 12 e 17 g/l. sec, trocken, tra 17 e 32 g/l. demi-sec, halbtrocken, tra 32 e 50 g/l. doux, mild, superiore a 50 g/l.

Dopo essere stata così rabboccata la bottiglia è pronta per la definitiva tappatura con il tappo sughero e il relativo ancoraggio con la gabbietta metallica.

La spumantizzazione con il metodo Charmat o in autoclave E’ una tecnica abbastanza recente e consiste nell’ottenere la presa di spuma, aggiungendo zucchero e lieviti al vino base posto entro autoclavi a tenuta di pressione, con passaggio finale nelle bottiglie solo a pressione raggiunta, l’autoclave è di ferro smaltato o di acciaio inossidabile, collaudata normalmente a 7-8 bar (atmosfere); la separazione dalla feccia avviene per mezzo di centrifughe a filtri. Dopo esser stato centrifugato, il vino spumante viene travasato in un’altra autoclave, dove dovrà essere eventualmente chiarificato ed aggiunto eventualmente di zucchero di canna. Da quest’ultimo recipiente, sempre isobaricamente, viene filtrato e messo in bottiglia, il sistema Charmat fondamentalmente viene utilizzato per vitigni aromatici, fra cui l’Asti spumante ed il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.

Spumanti prodotti con il metodo Marone-Cinzano

E’ un sistema che si potrebbe dire intermedio fra i due metodi già descritti, in quanto consiste in un metodo nel quale però le operazioni di remuage e sboccatura sono sostituite da una immediata eliminazione delle fecce, a mezzo di centrifugazione isobarica e filtrazione, questo dopo aver ovviamente stappato e travasato isobaricamente in una normale autoclave lo spumante rifermentato in bottiglia. Si tratta di un metodo assai poco diffuso che in Italia sembra addirittura scomparso.

MARSALA Prodotto per la prima volta nel 1773 da un commerciante inglese, John Woodhouse, con lo scopo di imitare il Madera e lo Sherry, ed è in Italia il più tipico rappresentante della categoria dei vini conciati. Il Marsala è un vino ricco e complesso, in cui secoli di storia e tradizioni, sapori e mestieri si mescolano con il risultato di creare un vino dalle molteplici facce e varietà, e, per questo, estrementente versatile.

In tutto il mondo è usato sia in cucina che a tavola, come aperitivo o insieme al dolce, freddo, caldo o a temperatura ambiente.

Tutto questo perchè diversi tempi di invecchiamento e diversi metodi di lavorazione danno vita ad altrettante tipologie di Marsala che, a seconda dell'uso che si fa delle uve di base, può presentarsi anche in differenti tonalità.

Per i Marsala oro e ambra vengono utilizzate le uve bianche pregiate Grillo, Catarratto, Inzolia e Damaschino.

I Marsala rubino nascono invece mescolando il Pignatello, il Nero d'Avola e il Nerello Mascalese con il ricorso alle uve a bacca bianca sopra citate per un massimo del 30%. Come se non bastasse, a seconda del contenuto zuccherino possiamo distinguere il Marsala in:

• dolce

• secco

• semisecco

La zona di produzione è quella della provincia di Trapani (escluse le isole e il comune di Alcamo), dove si arriva ad una resa di 80-100 quintali per ettaro. Gli stabilimenti (i "bagli") sono formati da magazzini che si sviluppano al pian terreno intorno ad un cortile rettangolare; la loro larghezza è quasi sempre di 12 metri (per permettere la disposizione di 4 serie di botti da 20-25 ettolitri), la lunghezza varia a seconda dell'importanza dello stabilimento. Il ciclo di produzione parte dalla raccolta e pigiatura dell'uva; a seconda dell'utilizzazione del mosto fresco si ottengono i diversi tipi di Marsala.

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I vari metodi di conservazione sono la fermentazione, l'alcolizzazione e la cottura; i vini vengono poi fatti invecchiare per diversi anni in fusti e tini di rovere. Seguono la decantazione e la filtrazione e la refrigerazione; solo a questo punto i vini sono pronti per l'imbottigliamento. Il Marsala è prodotto e imbottigliato da una ventina di aziende grandi e piccole, alcune delle quali possono anche essere visitate.

Il vino è il prodotto della fermentazione alcolica, in presenza o in assenza di vinacce, che viene operata dai lieviti (presenti nella buccia dell'acino). Il succo contenuto nell'acino si trasforma da liquido zuccherino in liquido alcolico, atttraverso delle reazioni chimiche.

L’invecchiamento Può avvenire anche con il metodo SOLERAS, permette di ottenere un prodotto simile ogni anno. Le botti vengono accatastate in cantina, come nello schema a lato; vengono lasciate scolme.

Il vino subisce un processo di ossidazione, che conferisce il sapore caratteristico del prodotto. Le botti più in alto sono quelle dal legno più giovane e anche dal prodotto più giovane, quelle in mezzo sono di un legno più vecchio e contengono anche un prodotto più invecchiato e così anche quelle sotto, dove le botti possono avere anche 40 anni (le botti usate per la produzione dello Sherry, una volta scartate dalla cantina, vengono inviate in scozia per l’invecchiamento del Whisky, in quanto conferiscono al prodotto degli aromi particolari) ed il Marsala sarà quello più invecchiato degli altri.

Esistono vari tipi di Marsala: FINE invecchiato almeno 1anno minimo 17,5% di alcol; SUPERIORE invecchiato almeno 2 anni minimo 18% di alcol; SUPERIORE RISERVA invecchiato almeno 4 anni minimo 18% di alcol; VERGINE invecchiato almeno 5 anni minimo 18% di alcol; VERGINE RISERVA invecchiato almeno 10 anni minimo 18% di alcol;

Sono prodotti anche Marsala speciali: all’uovo, alla crema, alla nocciola, alla china, ecc. La preparazione del Marsala deve avvenire in una zona delimitata, che si trova in gran parte nella provincia di Trapani ed una parte nelle province di Palermo e Agrigento.

Sull’etichetta può comparire una delle seguenti sigle: S.O.M. Superior Old Marsala L.P. London Particular G.D. Garibaldi dolce I.P. Italy Particular O.P. Old Particular P.G. Particular Genuin

VERMOUTH E’ un vino aromatizzato, ottimo come aperitivo, prodotto per la prima volta nel 1786 dalla ditta Carpano, seguita poi da Bosca, Cora, Gancia, Cinzano e Martini. Per la preparazione del Vermouth si utilizza oggi un vino bianco dal gusto neutro, mentre un tempo si usava il Moscato. Un campione del vino base è prelevato da un funzionario U.T.I.F. (Ufficio Tecnico delle imposte di Fabbricazione) per sottoporlo alle analisi di laboratorio; nel contempo la Guardia di Finanza sigilla la vasca contenente il vino stesso. Conosciuto l’esito favorevole delle analisi, il funzionario U.T.I.F. dissigilla la vasca, consentendo di procedere alla fabbricazione del Vermouth, sotto il controllo della Guardia di Finanza.

In sintesi le operazioni da effettuare sono:

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zuccheraggio – per conferire corpo e rotondità, per mantenere gli aromi e per smorzare il carattere amaricante troppo accentuato;

alcolizzazione – per avere un prodotto più alcolico e anche più conservabile, per mantenere aromi e composti amaricanti;

aromatizzazione – consiste nell’aggiunta di un estratto o infusione di vegetali vari, droghe, erbe, ecc.

La proporzione fra le varie erbe sono la ricetta che ogni produttore custodisce segretamente, per evitare che la concorrenza possa ottenere un prodotto simile; generalmente solo i proprietari dell’azienda conoscono le dosi esatte degli ingredienti usati, in quanto chi vi lavora viene a contatto con sacchi, o comunque dei contenitori che vengono contrassegnati con un codice, e mai con il nome del contenuto. Per ottenere il Vermouth rosso si aggiunge del caramello, che dà un colore ambrato. Si procede poi alla stabilizzazione (chiarificazione, filtrazione, resine a scambio ionico, refrigerazione) e dopo un periodo di riposo di 6 – 12 mesi si imbottiglia. VERMOUTH SECCO: minimo 70% di vino base, minimo 18% di alcol (e massimo 21%), massimo 4% di zucchero. ALTRI VERMOUTH: minimo 75% di vino base, minimo 15% di alcol, minimo 14% di zucchero.

VINI da uve passite I vini da uve passite non sono vini speciali. Per ottenere i vini passiti si vendemmiano le uve migliori, al grado di maturazione desiderato, che può essere protratto nel tempo (vendemmia tardiva) o al giusto grado di maturazione e poi poste sui graticci, arele, oppure appese verticalmente lungo fili, corde che partono dal soffitto; a volte le uve sono appassite al sole e altre volte sulla pianta direttamente. Durante il periodo di appassimento l’uva perde acqua per evaporazione, concentra gli zuccheri (fino al 30/40%). In ambienti dove il clima lo permette si può formare la muffa “nobile”, cioè la Botrytis cinerea. La vinificazione avviene a fine dicembre o a febbraio, oppure nella settimana di Pasqua (dalla quale deriva il nome “Vino Santo”). Appartengono a questa categoria il Vino Santo Trentino, i vari Vin Santi della Toscana, il Caluso passito (di Torino e Vercelli), la Malvasia delle Lipari, l’Aleatico di Gradoli, ecc.. Con l’arricchimento alcolico questi vini di qualità diventano liquorosi, come il Caluso passito liquoroso.

LE BOTTIGLIE BORGOGNONA Di forma conica, però non regolare e piuttosto panciuta, questa bottiglia, tradizionalmente impiegata per imbottigliare i ben noti vini che fanno capo alla Còte d'Or, nei pressi di Digione, si è ormai diffusa in tutto il mondo. La sua capacità base è adesso stata portata a 0,750 litri; naturalmente sono in distribuzione anche la mezza (0,375) e la doppia (1,500), di uso più limitato. La mezza bottiglia e il "quartino" sono di solito impiegate sui vagon-lits e restaurant e in aereo, oppure presso le mense e i fast food. Le tipiche bourguignonnes, con il goulot court e il fondo "picchiettato" sono abitualmente di colore verde, tipo foglia morta.

BORDOLESECome dice chiaramente il suo nome, è originaria della città di Bordeaux. Si riconosce facilmente per la sua forma cilindrica regolare, con il collo corto. La sua capienza è di 0,750 litri. La "mezza bordolese" ha una portata di 0,375 litri; la doppia contiene un litro e mezzo. Molto elegante e razionale, la bordolese viene di preferenza impiegata per l'imbottigliamento dei vini rossi. La bordolese "ambra" è ideale per ospitare vini pregiati da lungo invecchiamento.

RENANACome dice il suo nome, la Renana è il recipiente tradizionale, di forma elegante e affusolata, che da tempo immemorabile usano i vignaioli delle sponde del Reno. Già nel XVIII secolo erano diventate di moda a Londra e Venezia, considerate le capitali del bel vivere.

Ogni vino ha la sua bottiglia ideale, ma lo spumante ne ha addirittura 10. Quella “base” è la cosiddetta champagnotta, solitamente dal vetro più spesso e consistente per meglio difendersi dalla pressione esercitata dal vino ed il suo contenuto è di 0,75 litri. Sotto a questa esiste la mezza che contiene la metà della champagnotta, cioè 0,375 litri. Ancora più piccola è la split, corrispondente a circa 0,187 litri. Ci sono poi bottiglie più grandi, come quelle che si vedono spesso sui podi dopo le gare sportive; tutte queste bottiglie hanno un nome:

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♣ MAGNUM: contiene come 2 bottiglie normali da 75 cl., cioè 150 cl., (un litro e mezzo); termine latino, spesso utilizzato da produttori di vini, e significa “grande”.

♣ JEROBOAM: contiene come 4 bottiglie normali da 75 cl., cioè 300 cl., (3 litri); significa in ebraico “il popolo cresca”. E’ il nome del primo re del regno indipendente del Nord (Israele) dopo lo scisma del regno di Salomone.

♣ REHOBOAM: contiene come 6 bottiglie normali da 75 cl., cioè 450 cl., (4 litri e mezzo); significa in ebraico “il popolo si è diffuso”. Figlio di Salomone e di una sua moglie, fu re del regno del Sud (Giuda) dopo lo scisma del regno, pertanto, antagonista di Geroboamo.

MATHUSALEM: contiene come 8 bottiglie normali da 75 cl., cioè 600 cl., (6 litri); L’etimo del nome in ebraico è ambiguo: può significare “uomo del giavellotto”, oppure “uomo del dio Selach”. Il suo nome, volgarizzato in quello di Matusalemme, è assurto a simbolo di longevità, dato che la Bibbia dice che visse 969 anni.

♣ SALMANAZAR: contiene come 12 bottiglie normali da 75 cl., cioè 900 cl., (9 litri); Significa in accadico, “(il dio) Shulman primeggia”. E’ il nome di cinque re assiri, scritti nelle nostre lingue moderne con grafia diversa, da cui i più importanti sono Salmanassar III e Salmanassar V, quest’ultimo menzionato dalla Bibbia. Shulman è un dio guerriero analogo al dio Ninurta, appartenenti al pantheon (lista di tutti gli dèi) assiro.

♣ BALTHAZAR: contiene come 16 bottiglie normali da 75 cl., cioè 1200 cl., (12 litri); in accadico significa “(il dio) Bel protegga il re”. E’ un nome babilonese dato ad un personaggio ebreo, Daniele, giovane profeta al servizio della corte di Babilonia, di cui ci parla diffusamente la Bibbia, che gli intitola un libro omonimo. Bel è il nome del principe dio del pantheon babilonese.

♣ NABUCHODONOSOR: contiene come 20 bottiglie normali da 75 cl., cioè 1500 cl., (15 litri); in accadico significa “(il dio) Nabu protegga il figlio erede”. E’ il nome del più grande re dell’impero neobabilonese, geniale stratega: nella Bibbia non conserva un buon ricordo, visto che fu l’autore della conquista (598/97 a.C.) e poi della caduta di Gerusalemme (587/86 a.C.). Il dio Nabu è il nome semitico del figlio di Marduk, dio principale d Babilonia, e significa “l’annunciatore”; presso i babilonesi era il dio della scrittura, delle arti e dei mestieri.

Conservare il vino I vini possono protrarsi ad invecchiamenti anche lunghi nel tempo, sempre con condizioni di cantina di stoccaggio adeguate. Il vino durante la fase dell’invecchiamento subisce delle trasformazioni che determinano cambiamenti di colore, profumo e di gusto. La velocità di tali trasformazioni dipende da un insieme di fattori quali, ad esempio: ♣ la tipologia dei vitigni usati e degli stili di produzione (determinano le caratteristiche chimiche del prodotto finale); ♣ l’anno della vendemmia (in una buona annata le uve maturano meglio e sopportano meglio l’invecchiamento); ♣ le caratteristiche del terreno e del clima (terroir).

L’insieme di tutti questi fattori, infatti, condiziona nel vino la presenza di acidi, alcol e tannini che, avendo caratteristiche conservanti, agevolano una più lenta trasformazione chimica del vino stesso; i vini bianchi, essendo normalmente sprovvisti di tannini, sono più inclini a subire fenomeni ossidativi e quindi a deteriorarsi. I processi di trasformazione chimica subiscono un’accelerazione nel caso di una conservazione sbagliata di un vino: una buona conservazione è alla base di ogni possibilità di invecchiamento (anche il vino teoricamente più longevo può deteriorarsi rapidamente nell’ambiente sbagliato). L’ambiente ideale per conservare una bottiglia di vino è la cantina, e si deve evitare assolutamente di conservarla in un appartamento, specie se vicino a fonti di calore. La cantina deve essere un locale aerato (niente luoghi ammuffiti e pieni di ragnatele!) e preferibilmente dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: ♣ una temperatura costante dai 10 ai 15 gradi ♣ un tasso di umidità intorno ai 60 – 70 %; un’umidità eccessiva agevolerebbe la formazione di muffe, mentre una

troppo bassa potrebbe provocare sia l’essicamento del tappo, sia l’evaporazione; ♣ luce tenue, per evitare reazioni indesiderate nel vino (non a caso il vetro usato per i vini è vetro scuro);

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♣ assenza di vibrazioni, per evitare che sia turbato l’equilibrio all’interno della bottiglia; ♣ assenza di forti odori, che potrebbero trasmettersi, attraverso il tappo, nel vino.

Le bottiglie vanno disposte in posizione orizzontale, o leggermente inclinata, in modo che il vino mantenga umido il tappo e lo tenga elastico; inoltre le stesse bottiglie andrebbero sistemate secondo un preciso ordine, ponendo gli spumanti nelle zone più fredde, cioè in basso, vicino al pavimento; quindi, salendo di posizione, avremo i vini bianchi, i rosati, e in alto, cioè nella parte meno fredda della cantina, i vini rossi.

La degustazione Le principali fasi della degustazione del vino sono: esame visivo, esame olfattivo, esame gustativo. Nei vini rossi con un lungo invecchiamento, si può formare un residuo (feccia) che deve essere separata dal vino, per permettere di procedere al servizio evitando che vada ad intorpidire il colore, ed è quindi consigliabile procedere alla decantazione.

Vedere un vino serve per avere un primo giudizio, per valutare il colore, la limpidezza e per gli spumanti anche l’effervescenza. Il profumo del vino può essere avvertito inspirando, e serve a valutare l’intensità la complessità e la persistenza degli aromi, le loro qualità e a riconoscerli dandone una descrizione. E finalmente è giunto il momento di degustare il vino; le sensazioni gustative sono fornite dai quattro stimoli fondamentali cioè dai sapori dolce, salato, acido e amaro: la superficie della lingua è formata dalle papille gustative che non sono tutte uguali, infatti la sensazione di dolce è avvertita prevalentemente dalla punta della lingua, la sensazione di amaro essenzialmente in fondo alla lingua, la sensazione di acido sui bordi laterali e la sensazione di sapidità sui bordi esterni e sotto la lingua. Più la temperatura di servizio di un vino è elevata maggiori saranno le sensazioni di dolce che avvertiremo (sotto gli 0°C e sopra i 50°C ogni sensazione scompare), al contrario delle sensazioni di amaro e salato, che quindi diminuiranno, mentre la sensazione di acidità resta invariata con il variare della temperatura.

Tecnica della degustazione L’unico strumento di lavoro di cui dispone il degustatore è il bicchiere. La sua forma ovoidale, leggermente chiusa nella parte superiore, è montata su un gambo abbastanza alto. E’ di vetro cristallino, sottile, incolore, trasparente e con le pareti perfettamente lisce. La preparazione del bicchiere va effettuata con particolare attenzione: deve essere perfettamente trasparente ed inodore; i vini devono essere alla giusta temperatura. L’Union International des Oenologues consiglia le seguenti temperature:

TEMPERATURA DI SERVIZIO: 06-14° C vini spumanti 08-14° C vini bianchi 12-16° C vini rosati 16-20° C vini rossi

Terminati i preparativi preliminari si inizierà la degustazione, versando il vino nel bicchiere, facendo attenzione che il livello non superi mai 1/3 dell’altezza. La degustazione di un vino avviene in tre fasi che sono:

1 - ESAME VISIVO

2 - ESAME OLFATTIVO

3 - ESAME GUSTATIVO Esame visivo Si valutano la limpidezza, il colore, la trasparenza, la consistenza e per i vini spumanti, l’effervescenza. La limpidezza si valuta nel modo seguente: il bicchiere tenuto per il gambo con pollice e indice, si porta all’altezza degli occhi e lo si osserva in trasparenza attraverso una fonte luminosa naturale o artificiale bianca. Per i vini rossi, invece, l’osservazione

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della trasparenza attraverso la fonte luminosa naturale non è sufficiente, poichè il colore stesso assorbe la massa cromatica. L’osservazione del colore e della sua vivacità si effettua guardando dall’alto al basso attraverso il bicchiere leggermente inclinato su uno sfondo bianco. Nell’esame dell’effervescenza si valutano la finezza delle bollicine, il numero e la persistenza del perlage. All’effervescenza deve abbinare anche una buona dose di acidità, chè provoca una sensazione piacevole, di salivazione, stimolando anche l’appetito, ed è per questo motivo che un buon spumante secco è un ottimo aperitivo. L’esame visivo ci può anche far capire in anticipo (prima dell’esame gustativo) se il vino è ben strutturato, denso, se è quindi sufficientemente carico di polialcoli; questo facendo roteare leggermente il vino nel bicchiere e bagnando le pareti interne, si noteranno delle lacrime che tenderanno a scendere verso il vino, e se le lacrime stenteranno a scendere, significa che abbiamo di fronte un vino ben strutturato di polialcoli. Esame olfattivo Senza agitare si affonda il naso sul bicchiere inspirando, l’aria trasporterà verso le fosse nasali del degustatore i profumi liberati dal vino. Con questa prima operazione si colgono i profumi più volatili, mentre, imprimendo un moto rotatorio al bicchiere, il vino svilupperà tutti i profumi che possiede. Esame gustativo Si prende in bocca una piccola quantità di vino a questo punto aspirando una certa quantità d’aria, si consentirà una migliore volatizzazione degli aromi del vino. Infine il vino verrà deglutito. La degustazione permetterà di percepire meglio i sapori, gli aromi, di valutare la persistenza aromatica ed il retrogusto. Le impressioni e le valutazioni recepite, verranno segnate sulle schede apposite.

Se un vino è stato conservato in piccoli recipienti di legno (botti, barriques), avrà una quantità ed un’intensità di aromi maggiore di un vino conservato in un grande recipiente. Gli aromi dell’uva: primari, secondari, terziari, Gli aromi primari sono caretteristici di uve che trasmettono gli aromi dell’uva nel vino come ad esempio il “moscato”. Gli aromi secondari (prefermentativi o postfermentativi) danno origine al profumo diverso rispetto all’origine nel vitigno. Gli aromi terziari si forma durante la maturazione evoluzione e conservazione del vino.

La sostanza responsabile del carattere di astringenza è il tannino. Essendo il tannino una sostanza presente solo nelle bucce dell’uva, nei raspi e nei vinaccioli, è presente soltanto nei vini rossi e in alcuni casi, in quantità ridottissime, anche nei vini bianchi affinati in piccole botti di rovere (barriques ), in quanto il legno ha dato al vino sostanze tanniche. L’impressione di astringenza (i tannini) è al massimo nei vini giovani e diminuisce man mano che il vino matura.

La sensazione di morbido, vellutato, di un vino in bocca è molto piacevole, e questa sensazione è dovuta principalmente alla presenza di alcol e/o zuccheri residui

I vini vini novelli hanno pochi tannini.

P.A.I. Le sensazioni P.A.I. sono quelle che si hanno dopo aver deglutito il vino; a questa permanenza di sensazioni si dà il nome di persistenza. Per quello che concerne la persistenza, cioè le sensazioni identiche a quelle provocate a vino in bocca, ci sarà da un lato la persistenza del gusto (persistenza gustativa) e dall’altra la persistenza del profumo (persistenza aromatica). Quando si stabilisce la durata della persistenza aromatica, ci rendiamo conto che, per un certo periodo di tempo, essa è praticamente allo stesso livello di intensità di quando avevamo il vino in bocca, viene chiamata persistenza aromatica intensa, P.A.I..

IL “DIZIONARIO” Descrivere un vino è impresa difficile, ed occorrono molta esperienza, passione e alta conoscenza. Ci sono persone che sono semplicemente appassionate del mondo vinicolo, ma ci sono anche professionisti come i sommelier, enologi, persone che lavorano con il vino; tutti usano termini che non sempre conosciamo. Vediamone alcuni: LIMPIDEZZA La luminosità del colore dipende dal contenuto in acidità fissa del vino. Porre il calice in controluce per poter osservare eventuali particelle in sospensione, inclinare poi il calice su un fondo bianco sotto un fascio luminoso per poter valutare la brillantezza.

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Velato presenza di particelle in sospensione, lattiginoso, opalescente Limpido assenza di particelle in sospensione Molto Limpido il vino rifrange note vivaci e luminose, presenza di componenti acide Cristallino intensità cromatica e vivacità ben rappresentate Brillante vivacità e luminosità ben importanti favorite dalla presenza della CO2 TRASPARENZA Dipende dalla quantità di materia colorante, é la capacità di un vino di farsi attraversare dalla luce. Molto Trasparente la luce attraverso il vino senza impedimento e si può leggere attraverso il vino Poco Trasparente la massa cromatica crea difficoltà al passaggio della luce Profondo il tessuto colorante del vino è fitto ed impenetrabile dalla luce

TONALITÀ, INTENSITÀ E VIVACITÀ DEL COLORE Inclinare il calice su un fondo bianco sotto un fascio luminoso per poter valutare la tonalità del colore. Si ricerca: Vitigno, Stato di Maturazione delle Uve, Tipo di Terreno, Altitudine del Vigneto, Clima e Microclima, Epoca di Vendemmia, Pratiche Enologiche, Stato di Sanità delle Uve, Stato di Evoluzione del Vino.

VINO BIANCO: Giallo Verdolino colore con evidenti note verdi. Denota una vendemmia precoce, uva non perfettamente matura, spiccata presenza della acidità, conservazione in contenitori inerti. Stato evolutivo Giovane. Giallo Paglierino colore della paglia. Denota processi viticoli ed enologici corretti, una corretta conservazione, componenti della morbidezza e dell’acidità equlibrate. Stato evolutivo Pronto. Giallo Oro o Dorato colore caldo di oro antico. Denota una vendemmia leggermente avanzata, uva in leggera surmaturazione, affinamenti in botte, predominanza della morbidezza. Stato evolutivo Maturo. Giallo Ambrato colore dell’ambra. Denota spiccate morbidezze, impiego di uve surmature o passite, elaborazioni per i vini liquorosi.

VINO ROSATO: Rosa Salmone colore rosaceo. Denota la macerazione delle bucce per poche ore, tonalità scariche e tenui Buccia di Cipolla denota la macerazione delle bucce ricche di materiale colorante per poche ore Rosa Cerasuolo tonalità vivaci tendenti alla ciliegia. Denota la macerazione delle bucce per diverse ore. Rosa Chiaretto colore verso il rosso. Denota la macerazioni delle bucce per tempi prolungati.

VINO ROSSO: Sede legale in Milano Sede operativa Via Simone d’Orsenigo, n. 1 – 20135 Milano (I) Tel. +39 02 87383831 Fax. +39 02 87391634 e-mail: [email protected] - www.aspi.it P.IVA e Codice Fiscale 05820310968 Rosso Porpora colore violaceo purpureo. Denota una vendemmia precoce, recente vinificazione, spiccata presenza delle componenti della durezza, conservazione in contenitori inerti. Stato evolutivo Giovane. Rosso Rubino colore della pietra preziosa. Denota processi viticoli ed enologici corretti, una corretta conservazione, equilibrio delle componenti della morbidezza e dell’acidità. Stato evolutivo Pronto. Rosso Granato colore del sangue. Denota corretta evoluzione, affinamento o invecchiamento in legno. Stato evolutivo Maturo Rosso Aranciato denota evoluzione prolungata, impiego di uve con scarsa componente colorante, lunghi invecchiamenti RIFLESSI E SFUMATURE (+ o - intensi) Facendo riferimento alla scala delle tonalità del vino, occorre tenere presente che le sfumature tendenti alla colorazione precedente danno una valutazione dello stato evolutivo del vino rivolta verso il giovane, mentre se tendenti alla successiva indicano uno stato evolutivo verso il maturo.

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Vino Bianco Verdi e/o Grigio Verde - Paglia Chiaro - Oro Antico/Ambrato - Topazio/Oro Verde Vino Rosato Rosa Tenue - Ramato - Rosa Vivace - Rosa Violaceo Vino Rosso Purpureo/Inchiostro - Violaceo - Granato/Aranciato – Mattonato

FLUIDITÀ E CONSISTENZA Far roteare il vino all’interno del bicchiere e valutare la scorrevolezza. Questa valutazione è legata ai composti della struttura (estratto secco netto) e delle componenti della morbidezza (zuccheri, alcoli, polialcoli). Molto Fluido scorrevole come l’acqua, vino di limitata struttura. Non lascia traccia sulla superficie del bicchiere Scorrevole vino con struttura limitata, predominanza delle durezze. Spessore del vino sul vetro spalmato in maniera sottile. Contenuta formazione di archetti. Piuttosto Consistente spessore del vino spalmato in maniera omogenea con formazione di archetti. Consistente vino con importante struttura generale, spessore evidente e ben spalmato Denso scarsa scorrevolezza, sciropposo.

ARCHETTI: Far roteare il vino nel bicchiere e osservare il calice in controluce. Se le lacrime sono fitte e vicine è pensabile che sia a causa di un grado elevato di alcolicità. Se gli archetti si formano con grandi festoni è probabile che le componenti degli zuccheri e dei polialcoli siano prevalenti. Assenti vino con scarsa e quasi nulla componente alcolica Ampi vino dallo scarso apporto alcolico in degustazione Medi vino con corretto apporto alcolico in equilibrio con le sostanze acide Stretti vino con importante apporto alcolico, per un corretto equilibrio dovrà essere seguito da altrettanta struttura

EFFERVESCENZA (Solo per vini spumanti) L’anidride carbonica disciolta nel vino ha funzione fluidificante influendo sulla valutazione della consistenza, eliminandone la valutazione. Osservare la spuma che si forma nel versare lo spumante nel calice, senza far ruotare il vino nel bicchiere. SPUMA: Assente formazione nulla Evanescente formazione limitata e a scomparsa rapida A Collaretto formazione sulla circonferenza del disco superficiale Abbondante formazione a schiuma cremosa PERLAGE O GRANA DELLE BOLLICINE: La presenza e la dimensione delle bollicine è da mettere in relazione al sistema di produzione. La valutazione consiste nell’osservare la grandezza delle bollicine ponendo calice in controluce. Grossolane dimensione irregolare, grosse Medie dimensione regolare, piccole Molto Fini dimensione uniforme, distribuzione omogenea Finissime dimensione micro, esplosive

NUMERO DELLE BOLLICINE: Le bollicine compiono un movimento ascensionale, aumentando l’intensità aromatica, creando delle file dette catenelle. La valutazione del numero di catenelle è da mettere in relazione al tipo di spumantizzazione, al periodo e alla qualità di affinamento in bottiglia, si osservare il vino ponendo calice in controluce. Scarse non individuabili Piuttosto Numerose parzialmente individuabili Numerose decisamente individuabili Molto Numerose fortemente individuabili PERSISTENZA DELLE BOLLICINE:

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L’anidride carbonica oltre ad avere effetti sull’esame visivo influenza anche l’esame olfattivo aumentando l’intensità aromatica e su quello gustativo aumentando le sensazioni di durezza e attenuando le morbidezze. Si dà per assodato che una maggiore persistenza delle bollicine corrisponda ad una elaborazione dello spumante lunga e di alta qualità. Osservare il calice in controluce. Limitata molto contenuta, se non assente Piuttosto Persistente durata limitata Persistente evidente formazione delle fontanelle o catenelle Molto Persistente lunga e costante formazione delle fontanelle o catenelle INTENSITÀ, COMPLESSITÀ, QUALITÀ OLFATTIVA INTENSITÀ: l’intensità olfattiva è intesa come la forza che i profumi hanno nel librarsi nell’aria. Il singolo aroma di rosa sarà meno intenso dell’aroma di un grande mazzo di rose. È bene ricordare che la temperatura di servizio del vino influenza in maniera diretta l’intensità aromatica, le temperature basse fanno percepire gli aromi in modo attenuato. L’intensità olfattiva si rileva a bicchiere fermo facendo una inspirazione profonda. Sfuggente scarsa presenza di profumi, difficili da individuare e percepire Poco Intenso profumi delicati, limitata percezione Piuttosto Intenso profumi percepibili in modo netto Intenso profumi ben articolati e individuabili Penetrante profumi marcati e forti COMPLESSITÀ: la complessità olfattiva è intesa come la capacità di un vino di esprimere una vasta gamma di sensazioni odorose articolata in differenti sensazioni. L’esame della complessità olfattiva si effettua facendo scorrere il vino nel calice con piccole inspirazione alternate. Poco Complesso limitate e scarse doti odorose, caratteristica di vini magri e leggeri Piuttosto Complesso numerose e articolate doti odorose, vini con stato evolutivo Pronto Ampio importanti e complesse doti odorose, caratteristica di vini Maturi QUALITÀ: la qualità olfattiva è da intendersi come assenza di difetti e fragranza / piacevolezza degli aromi. È un esame che all’inizio necessita di un piccolo bagaglio di esperienza, il giudizio sarà sempre più approfondito e rigoroso man mano che il degustatore avrà guadagnato consapevolezza nella pratica della degustazione. Comune nessuna particolare espressione, caratteristica di vini di produzione industriale Poco Fine scarsa pulizia olfattiva, sensazioni sporche, vini ottenuti con limitate cure Piuttosto Fine presenza di sentori contenuti, di chiuso, caratteristica di vini in fase evolutiva Fine profumi puliti, equilibrati ed in sintonia. Caratteristica di vino Pronto Eccellente ricchezza di sentori eleganti, avvolgenti, evoluti e complessi, vino Maturo BOUQUET E TIPOLOGIA DEGLI AROMI Tipologia del Bouquet primario - Secondario - Terziario Tipologia degli Aromi Aromatico tipicità riscontrabile solo nei vini con aromi varietali (Salvia sclarea, Finocchio, Alloro, Timo, Basilico, Lavanda, Origano, Prezzemolo, Maggiorana, Resine di Pino, Incenso, Ginepro, Trementina) Vinoso esprime note fermentative di piccoli frutti di sottobosco con richiamo di mosto (Ribes rosso, Lampone, Mirtillo, Mora) Floreale tipico riconoscimento per i vini bianchi di sentori di fiori bianchi o di colori chiari (Acacia, Biancospino, Sambuco, Zagara, Caprifoglio, Tiglio, Gelsomino, Ginestra) e per i vini rossi di fiori rossi o di colori scuri (Rosa, Iris, Geranio, Violetta) Fruttato tipico riconoscimento per i vini bianchi di sentori di frutta chiara o a polpa chiara (Albicocca, Ananas, Banana, Pesca, Mela, e per i vini rossi di sentori di frutti rossi o a polpa scura (Ciliegia, Fragola, Ribes, Lampone, Mora, Prugna, Frutti di Bosco) ma anche di frutta secca (Fico, Mandorla, Nocciola, Noce, Noce di Cocco, Prugna secca, Uva Sultanina) oppure di frutta disidratata (Pesca, Albicocca, Ananas, Cocco) o di Confettura di Frutta o ancora di Frutta Cotta. Fragrante combinazione di profumi dovuti alla presenza di lieviti durante il

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processo di produzione di vini spumanti. Il sentore di pane frsco e di leviti freschi indica che il prodotto è stato elaborato per un periodo contenuto; se invece sono presenti note di lieviti ossidativi, di crosta di pane o crosta di polenta, lo spumante avrà avuto lunghi periodi di elaborazione. Può essere interpretato anche come presenza contemporanea di sentori floreali e fruttati. Erbaceo tipico riconoscimento di sentori erbacei in molteplici varianti (Erba, Felce, Fieno Secco, Limoncello, Foglia di Pomodoro, Salvia, Foglie Secche, Mallo di Noce, Peperone Verde, Funghi, Tartufo, Muschio, Humus) Franco legato alla presenza degli aromi durante l’evoluzione del vino e che permettono di individuarlo inequivocabilmente (per esempio per il Merlot sentori di Marasca Mora Erbaceo Carne. Per il Cabernet sauvignon sentori di Mirtillo Peperone verde. Per lo Chardonnay sentori di Mela Banana Robinia. Per il Sauvignon blanc sentori vegetali di Foglia di Fico Pomodoro Minerale. Minerale riconoscimento di sentori causati dalla presenza di profumi di Pietra Sulfurea, Idrocarburi legati alla mineralità del terreno o dall’evoluzione del vino (Selce, Graffite, Pietra Focaia) Speziato dovuto spesso all’uso di botti di legno per l’invecchiamento del vino, altre volte é derivato dal vitigno stesso in fase di evoluzione (Anice, Cannella, Chiodo di Garofano, Liquirizia, Noce Moscata, Zenzero, Pepe, Vaniglia, Zafferano) ma anche sentori di affumicato e di bruciato (Cacao, Caffè, Orzo tostato, Cioccolato, Caramello, Mandorla tostata, Goudron) Etereo sentori che denunciano la presenza di componenti volatili legate alla presenza seppur piacevole di alcool (Smalto, Cera, Ceralacca, Candela, Farmacia, Cerotto)

Considerazioni Sull’intensità degli Aromi Derivati dall’affinamento in Legno: individuazione dell’uso appropriato di affinamento e invecchiamento in legno. Occorre ricordare che ogni individuazione riscontrata deve essere sempre accompagnata dal riconoscimento dello stato di evoluzione: Bassa Tostatura Media Tostatura Alta Tostatura RICONOSCIMENTO DEGLI AROMI Agrumi Arancia - Bergamotto - Cedro - Limone - Mandarino – Pompelmo - Pompelmo Rosa Fiori Acacia - Biancospino - Iris – Mughetto - Fiori Di Pesco - Fiori Di Mandorlo - Ginestra - Rosa – Sambuca – Tiglio – Violetta Frutta Fresca Albicocca - Ciliegia - Fragola - Marasca - Mela - Mela Cotogna - Pera- Pesca– Prugna Frutta Esotica Ananas - Banana - Frutto Della Passione - Litchi - Mango – Papaia, Frutti Di Bosco E A Piccole Bacche, Rossi E Neri: Eucalipto – Fragole - Fragoline Di Bosco - Ginepro - Lampone - More - Mirtillo - Ribes – Uvaspina Frutta Secca Arachidi - Carrube – Castagne - Datteri - Fico Secco - Mandorla – e/o Appassita Noce – Nocciola - Prugna Secca – Uva Passa Confetture Di Prugne - Di Albicocche - Di Ciliegie - Di Mele - Frutta Cotta Erbacei e Vegetali Alghe Marine - Erba- Felce – Fieno Foglia - Foglia Di Pomodoro - Frutta Acerba - Fungo - Lievito- Mallo Di Noce - Muschio – Peperone Verde, Rosso E Giallo - Sottobosco – Tartufo - Verdure Erbe Aromatiche Alloro - Aneto - Basilico – Finocchio - Foglia Di Tè - Maggiorana - Menta- Origano - Timo - Prezzemolo – Rosmarino – Salvia Legni Aromatici Ginepro - Liquerizia - Pino Minerali Calcio - Ferro - Granito - Magnesio - Rame - Roccia - Silice Speziati Anice - Anice Stellato - Cannella - Chiodi Di Garofono – Liquerizia - Noce Moscata - Pepe Nero, Bianco, Verde E Rosa – Vaniglia - Zafferano – Zenzero Tostati Cacao - Caffè - Caucciù – Caramello - Cioccolato - Mandorla Tostata - Orzo Tostato, Affumicato - Pane Tostato Aromi Vari Formaggio – Miele Animali Ambra – Burro Fresco - Cacciaggione - Cuoio - Foxy (Selvatico) - Pellame - Pelliccia - Selvaggina Eterei Acidi Grassi - Caramella Inglese - Cera – Composti Derivati da Reazioni di Acetalizzazione, Esterificazione, Eterificazione - Ceralacca - Sapone –Smalto Empireumatici Caffè - Affumicato - Cioccolato fondente - Crosta di Pane - Mandorla tostata - Nocciola Tostata - Tabacco Difetti Aceto - Catrame - Cavallo - Cavolfiore – Cera - Cipolla Colla - Legno Bagnato – Lisciva Medicinale - Mela Stramatura - Muffa - Piuma

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Bagnato - Plastica - Sughero (Tappo) - Terroso – Uova Marce - Vegetale Intenso – Zolfo SENSAZIONI MORBIDE (morbidezza) Nel vino le morbidezze sono rappresentate dalle componenti degli Zuccheri, degli Alcoli e dei Polialcoli. Le componenti della morbidezza sono sensibili alle temperature di servizio del vino, è importante ricordare che queste sensazioni si attenuano con le basse temperature e si evidenziano con le temperature più alte. Zuccheri: Secco assenza di stimoli dolci 1 – 5 grammi litro Abboccato contenuta presenza di stimoli dolci 10- 20 grammi litro Amabile delicata presenza di stimoli dolci 20- 50 grammi litro Dolce distinguibile presenza di stimoli dolci 50- 160 grammi litro Stucchevole eccessiva presenza di stimoli dolci > 160 grammi litro Alcoli: Leggero contenuta percezione Appena Caldo limitata e delicata percezione Piuttosto Caldo sensibile percezione Caldo percezione ben presente ed equilibrata Alcolico decisa ed invadente percezione Polialcoli: Spigoloso assenza di percezione Poco Spigoloso limitata e delicata percezione Piuttosto Morbido sensibile percezione Morbido percezione ben presente ed equilibrata Pastoso decisa ed invadente percezione SENSAZIONI DURE (durezza) Nel vino le componenti delle durezze sono rappresentate dagli Acidi, dai Tannini e dai Sali Minerali. Da notare che le sensazioni date dai Tannini e dai Sali Minerali sono sensibili alle temperature di servizio, si evidenziano con le basse temperature. È bene ricordare che gli Acidi tendono a rafforzare la sensazione di astringenza dei Tannini. Acidi: Piatto nessuna salivazione, caratteristica di vini con stato evolutivo Vecchio Leggermente Fresco limitata salivazione Piuttosto Fresco evidente salivazione, caratteristica di vini Maturi Fresco abbondante salivazione, vini con stato evolutivo Pronto e spumanti Acidulo pungente sensazione e abbondante salivazione, vini Giovani Tannini: Molle nessuna percezione, di vini rossi con stato evolutivo Vecchio Leggermente Tannico contenuta percezione, vini rossi con stato evolutivo Maturo Piuttosto Tannico ruvidità evidente ma equilibrata, vini rossi con stato evolutivo Pronto Tannico percezione evidente, ruvidità diffusa, vini rossi Giovani Astringente percezione dura, precipitazione totale della saliva, vini Immaturi Sali minerali: Scipito nessuna percezione Leggermente Sapido contenuta e parziale percezione Piuttosto Sapido percezione individuabile, evidente ma equilibrata sensazione Sapido percezione consistente, salivazione presente Salato evidente sensazione di saporito, abbondante salivazione EQUILIBRIO DELLE ENSAZIONI GUSTATIVE L’equilibrio gustativo delle componenti di morbidezza e di durezza si raggiunge quando le sensazioni si equivalgono. Tale situazione non deve essere valutata come obiettivo qualitativo; una leggera predominanza dell’acidità è voluta nei vini bianchi e negli spumanti così come è ricercata nei vini rossi quella della tannicità. Scarsamente Equilibrato componenti prevaricanti una sull’altra Piuttosto Equilibrato componenti tra loro vicine all’equilibrio Equilibrato componenti tra loro integrate e non prevaricanti STRUTTURA GENERALE È valutata come elemento descrittivo del corpo del vino, meglio definito come “residuo secco netto”. Sostanzialmente rappresenta l’ossatura portante del vino.

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Magro struttura scarsa, ridotta Leggero struttura contenuta, moderata di Corpo struttura ben rappresentata, equilibrata Robusto struttura articolata, evidente Pesante struttura eccessiva Considerazioni Sulla Struttura del Corpo: di Nerbo - Pieno - Ricco - di Stoffa - Elegante Individualizzazione Del Tipo Di Terreno: Alluvionale - Argilloso - Calcareo - Ghiaioso – Granitico Limoso – Marmoso - Sabbioso - Siliceo – Vulcanico Tecnica di Vinificazione e/o Elaborazione e Tipo di Vendemmia: Botrittizzato – Criomacerazione - Fermentazione Corta - Fermentazione Lunga – Ice Wine – Liquoroso - Macerazione Carbonica - Passito - Rifermentazione su Lieviti – Ripasso - Soleras - Vendemmia Tardiva – Vinificazione in Bianco – Vinificazione in Rosso - Vinificazione in Rosa PERSISTENZA GUSTO - OLFATTIVA (P.A.I. o Aromi di Fin Bocca) È valutata come il complesso di sensazioni che permangono nel cavo orale dopo la deglutizione del vino. È usualmente valutata in secondi ed è legata allo sviluppo delle componenti aromatiche e strutturali del vino. Molto Breve sfuggente e rapida sensazione 2 secondi di Media Durata percepita e moderata sensazione 4 secondi Lunga evidente e articolata sensazione 6 secondi Molto Lunga invadente e complessa sensazione 8 secondi SENSAZIONI FINALI: Lascia la Bocca: Pulita - Fresca – Gradevole - Piacevole – con Sgradevoli, Sapori di... - Nota di Amarognolo QUALITÀ Rappresenta per il gusto quello che è stato precedentemente individuato per l’olfatto. La presenza di note eleganti piacevoli e articolate, legate alla tipicità e rispondenza del vino, conferiscono qualità gusto olfattiva. Comune nessuna particolare espressione, caratteristica di vini di produzione industriale Poco Fine scarsa pulizia olfattiva, sensazioni sporche, vini ottenuti con limitate cure. Piuttosto Fine presenza di sentori contenuti, di chiuso, caratteristica di vini in fase evolutiva Fine profumi puliti, equilibrati ed in sintonia. Caratteristica di vino pronto Eccellente ricchezza di sentori eleganti, avvolgenti, evoluti e complessi, vino maturo ARMONIA Rappresenta la sintesi delle valutazioni inerenti l’esame Visivo, Olfattivo Gustativo. La coerenza tra le diverse valutazioni deve essere sempre rivolta come risultato alla massima rappresentazione qualitativa. Disarmonico distonia evidente e totale tra gli esami organolettici Piuttosto Armonico leggera discrepanza tra gli esami organolettici Armonico continuazione perfetta ed equilibrata tra gli esami organolettici STATO EVOLUTIVO È la valutazione relativa allo stato anagrafico del vino, nell’espressione del suo sviluppo e della potenzialità di miglioramento. La valutazione deve essere legata alla tipologia del vino in esame. L’espressione Maturo deve essere letta come massima espressione complessiva raggiungibile. Immaturo si tratta di un vino che non ha ancora sviluppato le caratteristiche. Giovane vino che ha acquisito le caratteristiche di base, ha potenzialità positive Pronto vino che ha raggiunto le caratteristiche complete, può migliorare Maturo vino che esprime il suo massimo valore, ha raggiunto le caratteristiche Vecchio vino che sta perdendo le caratteristiche

Tecniche di servizio La cantina del giorno (vedi foto a fianco) Ha la forma di un frigorifero e si può trovare direttamente nella sala ristorante oppure in un locale attiguo (office). In questa cantina vengono conservati i vini di maggior consumo, o quelli che il sommelier avrà scelto per il menu del giorno, e in questo contenitore i vini non dovranno rimanere per più di 2 o 3 giorni. Gli strati di questa cantina avranno

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temperature diverse, con gli strati più bassi che saranno più freddi degli strati più alti, e naturalmente in quelli più freddi troveranno posto gli spumanti e i vini bianchi e rosati. La carta dei vini La carta dei vini è insieme al menu, il biglietto da visita più importante di un ristorante e dovranno essere sullo stesso livello qualitativo; non si potrà avere un menu importante con piatti ricercati ed una carta dei vini scadente e malcurata, e viceversa.

Innanzitutto è importante semplificare il compito di un cliente, che solitamente quando apre la carta dei vini ha già deciso se prenderà un vino bianco, rosso, ecc.; quindi sarà importante separare i vini per categoria, cominciando dagli spumanti, poi i vini bianchi, i rosati e i rossi; sarà importante anche avere a parte una carta dei distillati e alcuni ristoranti adottano anche una carta delle acque minerali. Quando avremo diviso la carta dei vini (bianchi, rossi, ecc.), dovremo dividere ancora in zone geografiche, prediligendo la zona in cui si trova il ristorante; se per esempio il locale si trova in Piemonte, la carta dei vini avrà molti vini piemontesi. Dopo aver diviso la carta in zone geografiche, potremo elencare i nostri vini, ricordando di riportare il nome del vino, la cantina produttrice e l’annata; vi sono ristoranti che aggiungono altre informazioni come per esempio i nomi dei vitigni che compongono quel vino, oppure gli accostamenti con piatti del ristorante, ecc., ma l’importante sono il nome del vino, della cantina, l’annata e il prezzo.

Il servizio dei vini Purtroppo succede ancora in alcuni ristoranti, che quando il cliente si siede, arriva il cameriere e gli chiede se beve vino bianco o vino rosso, questo prima ancora che il cliente abbia deciso che cosa mangiare, e questo è un errore da evitare assolutamente; caso mai gli si potrebbe chiedere se desidera dell’acqua minerale, frizzante o piatta. Se si tratta di un vino da servire fresco, verrà preparato un seau-a-glace con acqua e ghiaccio, mentre se si tratta di un vino con sedimenti (un rosso invecchiato) il vino verrà prelevato dalla cantina, e in un cestino verrà trasportato in ristorante, mantenendo sempre una posizione orizzontale alla bottiglia e senza effettuare movimenti bruschi, che disperderebbero il sedimento nel vino e lo renderebbero imbevibile. La bottiglia assieme a tutto il necessario per l’apertura (cavatappi, frangino, piattino e bicchiere) va collocata sul gueridon o su un tavolo di servizio, comunque mai sul tavolo del cliente, e da questo momento fino al primo assaggio non dovrà più essere mossa. Il vino verrà presentato tenendolo con un frangino, con la mano sinistra sotto la bottiglia e l’etichetta rivolta verso il cliente, dalla parte sinistra del cliente che ha ordinato; solo quando avremo avuto un cenno affermativo potremo procedere all’apertura della bottiglia. Tagliare con il coltellino del cavatappi la capsula protettiva, praticando un’incisione sotto al cercine, in questo modo si potrà togliere la capsula senza strappi, lasciando la bottiglia con un taglio netto (foto A); con il frangino si provvederà a pulire eventuali muffe formatesi sul tappo (foto B), e quindi con la punta del “verme” centreremo il centro del sughero ed avviteremo, facendo attenzione a non forare la parte inferiore del tappo, il che farebbe cadere nel vino pezzettini di sughero (foto C); a questo punto estrarremo quasi tutto il tappo, terminando l’operazione con le nostre dita (pollice e indice con l’ausilio del frangino) (foto D) con un movimento rotatorio del tappo verso l’esterno. Svitiamo il sughero dal cavatappi (sempre con il frangino), ne sentiamo il profumo per riscontrare eventuali difetti (foto E), lo deponiamo su un piattino dove avremo già riposto la capsula (foto F), e con il frangino puliremo l’imboccatura della bottiglia, facendo attenzione a non far cadere all’interno eventuali sedimenti (foto G), quindi con movimenti che saranno dall’interno verso l’esterno. A questo punto ce ne serviremo una piccolissima quantità nel bicchiere di degustazione, per procedere ad un altra verifica del prodotto (solitamente basta annusare il vino) e solo allora verseremo (dalla destra) una piccola quantità di vino al cliente che l’ha ordinato tenendo sempre l’etichetta rivolta verso quest’ultimo; quando questi dà il suo consenso, si potrà procedere a servire il vino agli altri commensali, cominciando dalle signore, terminando con i signori, servendo sempre per ultimo il cliente che ha ordinato ed assaggiato il vino.

Il servizio del vino va effettuato tenendo elegantemente la bottiglia con la mano destra ed un frangino con la sinistra, per asciugare eventuali gocce di vino che potrebbero cadere sulla tovaglia, sul cliente o potrebbero sporcare l’etichetta del vino. Se si tratta di un vino che va servito freddo, dopo aver servito tutti i commensali, metteremo la bottiglia nel seau-a-glace.

La decantazione e caraffatura Le motivazioni per cui si fa una decantazione:

- Ossigenare - Separare le component solide - rialzare la temperatura di servizio - eliminare puzze

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Decantare significa separare un liquido da un solido e nel nostro caso consiste nel travasare delicatamente in un decanter un vino (a volte si caraffano anche spumanti e vini bianchi per altri motivi che vedremo dopo) che presenti sedimento. Serve inoltre all’ossigenazione del vino. L’operazione consiste nel preparare nel tavolino di servizio (guéridon), di fronte al tavolo dei clienti, un decanter, un frangino, un cavatappi, un piattino, un bicchiere, una candela nella sua bugia e la bottiglia nell’apposito cestello. Dopo aver stappato la bottiglia, passato il frangino sull’imboccatura, annusato, avvinato il decanter, si impugna con la mano destra la bottiglia di vino togliendola dal cestello, e, sempre in posizione orizzontale, si porta il collo della stessa, appena sopra la fiamma della candela (non serve a scaldare il vino, ma a controllare in trasparenza il passaggio del liquido fino all’arrivo dei sedimenti), sull’imboccatura del decanter, tenuta in posizione obliqua con la mano sinistra. Si versa il vino nel decanter evitando che l’aria entri troppo rapidamente nella bottiglia e provochi il gorgoglio che scuote il sedimento. Al momento in cui quest’ultimo si presenta (inizialmente come filamento e quindi a forma di punta di freccia), occorre arrestare la decantazione e posizionare la bottiglia sul tavolo di servizio con l’etichetta rivolta verso il cliente. A questo punto si potrà procedere con il servizio ai clienti; Il vino va assaggiato dal sommelier prima di essere decantato e dal cliente che l’ha ordinato dopo la decantazione.

L’abbinamento eno-gastronomico Il principio dell’abbinamento si basa sulle conoscenze tecniche che ogni degustatore professionista deve avere e sulla corretta valutazione di ciò che si degusta.

La degustazione si basa su due valutazioni : concordanza e contrapposizione.

Contrapposizione è la valutazione per la quale si vanno a prendere in considerazione le caratteristiche dei cibi e dei vini, contrapponendo le une alle altre (cibo grasso si contrappone ad un vino fresco). Concordanza è la valutazione per la quale si prendono in considerazione le caratteristiche dei cibi e dei vini concordandone le caratteristiche. (cibi aromatici e vini aromatici) Le valutazioni per l’abbinamento cibo-vino:

Tendenza dolce : sono le sensazioni che i cibi prevalentemente a base di amidi. (pasta,riso, patate, formaggi ecc..) ... da NON confondere con la dolcezza (zucchero).

Grassezza : cibi con caratteristiche di grasso, e la sensazione di ”grasso” tende al dolce (lardo, salami, formaggi, panna ecc...).

Sapidità : cibi che per loro natura, per cottura, per conservazione, danno sensazione di sapidità (prosciutto crudo stagionato, formaggi stagionati, salse ecc..)

Tendenza amara : cibi le cui caratteristiche lascino un sapore tendente all’amaro (erbe aromatiche, radici, cotture grill ecc...)

Tendenza acida : cibi o preparazioni che tendono ad un sapore verso l’acidità (pomodori, salsa pomodoro, marinate, salse ecc...)

Untuosità : cibo con presenza di unto (olio, fondi di cottura, burro fuso ecc...) lascia in bocca una sensazione di scivolosità.

Succulenza : questa sensazione misura la quantità di liquidi in bocca dopo la deglutizione del boccone.

Aromaticità : questa sensazione va pensata in concordanza tra l’aromaticità del cibo, e l’aromaticità del vino.

Struttura : ogni cibo ha una propria struttura più o meno imponente come ad esempio : sogliola al vapore, asparagi bolliti, con una struttura contenuta; oppure un filetto di manzo al pepe verde, un arrosto al forno, torta sacher..ecc…

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Dolcezza : sensazione che deve essere identificata con la presenza dolce dello zucchero (dessert, cioccolato ecc...)

Gli abbinamenti Abbinare correttamente un vino a un piatto, significa creare un’armonia di profumi e gusti, in grado di esaltare le caratteristiche di entrambi. Stabilire precise regole di abbinamento è molto difficile in quanto sia il cibo che il vino sono sostanze complesse che possono dare sensazioni gustative ed olfattive molto diversificate; infatti, mentre il sapore dei cibi dipende sia dagli ingredienti usati che dalla modalità di preparazione della pietanza, le caratteristiche organolettiche di un vino dipendono dal vitigno utilizzato, dai diversi tipi di terreni e condizioni climatiche, oltre che dai diversi stili di produzione. Legislazione La legge italiana sul vino - Come leggere l’etichetta

Le categorie dei vini: ¥ vino ¥ vino frizzante ¥ vino frizzante gassificato ¥ vino spumante ¥ vino spumante di qualità ¥ vino spumante di qualità del tipo aromatico ¥ vino spumante gassificato ¥ vino liquoroso ¥ vino ottenuto da uve appassite ¥ vino di uve stramature

Le denominazioni :

La legge italiana ha assorbito quanto la normativa europea ha imposto in campo di etichette e vinicolo sulle denominazioni di origine. Troveremo ancora le vecchie sigle (Vino da tavola, IGT, DOC, DOCG) in quanto sono rimaste in uso per i produttori che alla data antecedente il 01/08/2009 (All. XII Reg. CE 607/09).

Ad oggi i vini in Italia sono classificati con le seguenti sigle:

Vino Bianco – Rosso (Vino Varietale) Cabernet Franc - Cabernet Sauvignon – Cabernet - Chardonnay - Merlot – Sauvignon - Syrah

I.G.P. (I.G.T.)

D.O.P.(D.O.C. – D.O.C.G.)

Menzioni tradizionali stato membro All. XII Reg. CE 607/09

I.G.P. Tale denominazione è usata per indicare i migliori vini da tavola ottenuti da aree di produzione più ampie rispetto ai vini D.O.P. ottenuti da uve determinate, provenienti da territori ben definiti che a volte interessano più Regioni. La denominazione I.G.P. può anche essere sostituita dalla menzione “vin de pays” per i vini prodotti in Val D’Aosta, di bilinguismo francese, e dalla menzione “Landweine”, purchè si tratti di vini prodotti in Provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco.

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I vini D.O.P. La denominazione D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta), è attribuita ai vini prodotti in zone come previsto dai disciplinari di produzione.

Specificazioni di legge

- "classico" : per i vini prodotti nella zona di più antica tradizione (nell'ambito del territorio delimitato dal disciplinare)

- "riserva" : ai vini sottoposti ad un periodo di invecchiamento/affinamento non inferiore

o 2 anni vini rossi

o 1 anno vini bianchi

o 2 anni spumanti metodo charmat/martinotti

o 3 anni spumanti metodo classico

o Previsto dal disciplinare

- "superiore",Ai vini con caratteristiche qualitative più elevate, prevista da disciplinare

Resa q/ha inferiore min 10%

% vol uva superiore 0,5°

% vol vino superiore 0,5°

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--------------------------------------------------------- Il Regolamento CE n.1493/1999 ha inoltre introdotto la “carta di identità” dei vini mediante l’introduzione dell’etichetta.L’etichetta, oltre ad essere decorativa, ha una importante funzione legale perché contiene una serie di informazioni fondamentali che devono comparire sulla bottiglia. Si distinguono in informazioni obbligatorie e informazioni complementari, queste ultime lecite ma non indispensabili che vengono classificate come indicazioni facoltative regolamentate e indicazioni facoltative libere. Tra le indicazioni obbligatorie che deve contenere un' etichetta si tiene in considerazione del tipo di vino. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------- Così se si tratta di vini da tavola, l’etichetta deve contenere obbligatoriamente: 1. l’indicazione “ vino” 2. la ragione sociale dell’imbottigliatore 3. comune della sede dell’imbottigliatore 4. Codice I.C.R.F. dell’imbottigliatore 5. il quantitativo in ml hl, l, cl 6. grado alcolico effettivo 7. nome dello Stato 8. indicazione ecologica del tipo “ non disperdere il vetro nell’ambiente” 9. indicazione del lotto (L) cui la bottiglia appartiene 10. contiene solfiti-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------- Per i vini D.O.P. e “novelli”, è obbligatorio indicare l’annata di vendemmia (millesimo).-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

--------------------------------------------------------- ---- Alberghiero Trentino -------------------------------------------------------------------------------------------------------------

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BAR: cocktail Il “tumbler” è un bicchiere liscio e trasparente, e senza gambo, infatti in inglese tumbler significa acrobata; esiste il tumbler medio, che è più basso usato per cocktail come il Negroni, e poi esiste il tumbler alto, che ha l’unica differenza di essere più alto, adatto ai long drinks. Il “mixing glass” (tradotto letteralmente significa bicchiere miscelatore) è un bicchiere grande, dove vengono preparati quei cocktails i cui ingredienti, per miscelarsi bene fra di loro, non necessitano di essere agitati in uno shaker (non devono essere shakerati); alcuni ingredienti che devono essere shakerati sono i liquori densi

(Grand Marnier, Cointreau, Amaretto di Saronno, ecc.), gli sciroppi, i succhi di frutta, le spremute, ecc.; infatti ci sono cocktails importantissimi (vedi il Negroni, il Martini cocktail, ecc.) che non vanno shakerati. Gli “shaker” usati sono principalmente due: lo shaker classico, con bicchierone, tappo forato e tappo, il tutto in acciaio; un altro shaker molto usato è il “Boston”, formato da due bicchieroni che si incastrano, uno in acciaio e uno in vetro. Altri tipi di cocktails che non vanno assolutamente shakerati, sono gli “sparklings”, cioè tutti quei cocktails a base di spumante, che se venissero agitati, visto il contenuto di anidride carbonica, farebbero saltare il tappo dello shaker facendo fuoriuscire la maggior parte del contenuto. La coppetta da cocktail può essere nella versione piccola (5 cl.) e nella versione grande (8 cl.). La flûte (flauto in francese) è il bicchiere da spumante secco e per i cocktail “sparkling” (vedi le ricette), mentre la coppa da champagne è usata, oltre che per alcuni cocktails, per gli spumanti con residuo zuccherino. Ricordo inoltre che alcuni cocktail vanno preparati direttamente nel bicchiere.

Le ricette

Americano Pre-dinner 7 cl. 3 cl. vermouth rosso 3 cl. bitter Campari Soda, ½ fetta d’arancia, twist di limone, ghiaccio.

ESECUZIONE: Si prepara direttamente nel bicchiere “old fashioned”: mettere 2 o 3 cubetti di ghiaccio nel bicchiere, versare il vermouth, il bitter, aggiungere la mezza fetta d’arancia, allungare con soda e miscelare delicatamente; si può completare con un twist di limone. Bronx Pre-dinner 7 cl. 3 cl. gin 1,5 cl. vermouth rosso 1 cl. vermouth dry 1,5 cl. spremura d’arancia (o succo) ESECUZIONE: Si prepara nello shaker con cubetti di ghiaccio. Si serve nella coppetta da cocktail.

Irish coffee After-dinner 15 cl. 4 cl. Irish whiskey 3 cl. crema di latte fresca 8 cl. caffè bollente 1 cucchiaio di demerara sugar. (zucchero di canna)

ESECUZIONE: Mescolare lo zucchero e il whiskey in un bicchiere da irish coffee con caffè caldo. Versare in superficie la crema (ben fredda) facendola scorrere sul dorso di un cucchiaio appoggiato alla parete interna del bicchiere. Non mescolare.

Manhattan Pre-dinner 7 cl. 1 goccia di angostura 2 cl. vermouth rosso 5 cl. Rye whiskey (se sprovvisti usare un Canadian) Ghiaccio, ciliegina per decorazione. ESECUZIONE: Raffreddare la coppetta da cocktail ed il mixing glass con acqua e ghiaccio; quindi svuotare bene fino all’ultima goccia; versare nel mixing glass la goccia di angostura, il vermouth ed il whiskey. Miscelare bene, e servire nella coppetta decorando con la ciliegina.

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Varianti:Dry Manhattan-      sostituire il Vermut rosso con Vermut Dry, non si mette Angostura.Perfect Manhattan-   sostituire il vermut rosso con 1 cl di Vermut Dry e 1 cl di Vermut rosso.

Dry Martini Pre-dinner 7 cl.

1,5 cl. vermouth dry 5,5 cl. gin Una piccola buccia di limone (o un’oliva verde), ghiaccio. ESECUZIONE: Raffreddare bene la coppetta da cocktail ed il mixing glass, eliminare completamente l’acqua, versare nel M.G. il vermouth ed il gin; miscelare energicamente e brevemente e servire nella coppetta con un twist di limone (o un’oliva verde), decorando con la stessa buccia di limone. N.B.: la scorza di limone deve essere completamente priva della parte interna bianca, in quanto conferisce un sapore amarognolo sgradevole. Varianti: Vodka  Martini-  sostituire il Gin con la Vodka.Sweet  Martini-  sostituire il vermout dry con Vermout rosso.Perfect Martini- sostituire il Vermut dry con 1 cl di vermut dry e 1 cl di Vermut rosso.

Old fashioned Pre-dinner 8 cl. 4 cl. bourbon whiskey (rye o scotch a richiesta) 2-3 gocce Angostura 1 zolletta di zucchero Soda – 1 ciliegina ESECUZIONE: Porre in un bicchiere “old fashioned” una goccia di angostura sulla zolletta di zucchero, frantumando il tutto con il muddler dopo averla bagnata con qualche goccia di soda. Riempire il bicchiere di ghiaccio e aggiungere il bourbon e altra soda. Decorare con mezza fetta d’arancia e 1 ciliegina.

Negroni Pre-dinner 9 cl. 3 cl. vermouth rosso 3 cl. bitter Campari 3 cl. gin Mezza fetta d’arancia

ESECUZIONE: Disporre nel tumbler 2 o 3 cubetti di ghiaccio, versare il vermouth, il bitter ed il gin; miscelare ed aggiungere la mezza fetta d’arancia.

Bloody Mary Pre-dinner 8 cl. 4,5 cl. vodka 1,5 cl. succo di pomodoro 1,5 cl. Succo di limone Worcestershire-sauce (5-8 gocce), sale di sedano, pepe, tabasco (5-8 gocce). ESECUZIONE: Una presina di sale di sedano, pepe rosso (una presa) o tabasco (5-8 gocce) Si serve molto freddo nel tumbler, miscelando con un cucchiaino dopo aver versato tutti gli ingredienti; alcuni gradiscono qualche cubetto di ghiaccio, specialmente gli americani. Guarnire con un gambo di sedano e 1 fetta di limone (facoltativa)

Clover club Pre-dinner 8 cl. 5,5 cl. gin 1,5 cl.granatina

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Succo di mezzo limone Mezzo bianco d’uovo ESECUZIONE: Si prepara nello shaker con poco ghiaccio e si serve nella coppetta da cocktail grande o, se si preferisce, nel calice da vino.

Sangria Da consumare durante il pasto Alcune bacche di ginepro, chiodi di garofano e alcuni pezzetti di cannella (chiusi in una garza) Mela sbucciata e tagliata a pezzetti Limone sbucciato e tagliato a pezzetti 4 cl. di brandy 4 cl. di liquore all’arancia 1 cucchiaio di zucchero 20 cl. di vino rosso (leggero) e alcuni cubetti di ghiaccio. ESECUZIONE: Si prepara in una caraffa (minimo 2 persone) o in una bowl per molte persone) e si mette in frigo. Si prepara almeno 2 ore prima.

White Lady Pre-dinner 8 cl. 4 cl. gin 1,5 cl. cointreau 1,5 cl. spremuta di limone ESECUZIONE: Si versano tutti gli ingredienti nello shaker con ghiaccio, si agita e si serve nella coppetta da cocktail, precedentemente raffreddata.

Orange blossom Pre-dinner 8 cl. 4 cl. gin 4 cl. spremuta d’arancia ESECUZIONE: Va agitato nello shaker con ghiaccio e servito nella coppetta da cocktail.

Alexander After-dinner 6 cl. 2 cl. brandy 2 cl. crema di cacao scuro 2 cl. crema di latte Noce moscata ESECUZIONE: Si prepara nello shaker con dei cubetti di ghiaccio. Si serve nella coppetta da cocktail con un pizzico di noce moscata grattugiata in superficie.

Gin fizz Long drink 16 cl. 4 cl. gin 3 cl. succo di limone 1 cl. sciroppo di canna 8 cl. soda

ESECUZIONE: Preparare nello shaker con cubetti di ghiaccio, esclusa la soda. Servire nel tumbler (senza ghiaccio) e completare con soda water fredda.

Daiquiri Pre-dinner 7 cl. 4,5 cl. Rum bianco 2 cl. Succo fresco di limone o lime 0,5 cl. Sciroppo di zucchero. ESECUZIONE: Si prepara nello shaker con ghiaccio e si versa direttamente in coppa da cocktail (shake and strain). Varianti:

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Fruit Daiquiri –     Frullare con la frutta preferita gli ingredienti come sopra. Frozen Daiquiri – Frullare con più ghiaccio per ottenere un Drink piu denso e compatto.

Whiskey sour Pre-dinner 8 cl. 4,5 cl. Rye whiskey 3 cl. Succo di limone 1,5 cl. Sciroppo di zucchero Mezza fetta d’arancia – una ciliegina ESECUZIONE: Dopo aver raffreddato lo shaker, scolare l' acqua in eccesso e versarvi il succo limone, lo sciroppo di zucchero e il whiskey, Shakerare velocemente e filtrare in bicchiere Cobbler, guarnendo con 1/2 fetta d' arancia e ciliegina.

Caipirinha Medium drink rinfrescante per tutte le ore 8 cl. 5 cl. di cachaca ½ lime tagliato a dadini 2 cucchiaini di zucchero di cannaESECUZIONE: Direttamente nel bicchiere Old Fashioned, tagliare 1/2 Lime in più parti, 2 cucchiaini di zucchero bianco e con l' aiuto del apposito cucchiaio di legno "muddler" pestare e schiacciare lo zucchero sulla buccia del lime per poterne estrarre l' olio essenziale, aggiunger il ghiaccio tritato e la Cachaca miscelare bene e servire con cannucce.

Mojito Medium drink rinfrescante per tutte le ore. 8-10 cl. 4 cl. di rum bianco 3 cl. di succo di limone 3 germogli di menta Zucchero, soda.ESECUZIONE: Mettere nel bicchiere le foglioline di menta fresca, 2 cucchiaini di zucchero e il succo di lime, pestare leggermente il tutto con il muddler, riempire il bicchiere di ghiaccio a schegge e con 4 cl di Rum bianco, completare con soda water o acqua minerale, decorare con ramoscello di menta e servire con cannucce.

Cocktails analcolici PARSONS SPECIAL 6/10 succo d’arancia 2/10 sciroppo di granatina 2/10 soda water ½ tuorlo d’uovo Agitare gli ingredienti (esclusa la soda water) nello shaker con ghiaccio. Versare in un tambler con ghiaccio, aggiungere la soda water. Guarnire con un trancio d’arancia e una ciliegina. SHIRLEY TEMPLE 9/10 ginger ale 1/10 sciroppo di granatina Servire nel tumbler pieno di ghiaccio. Decorare con ciliegie e servire con cannuccia. FLORIDA 2/10 sciroppo di granatina

2/10 succo di limone 2/10 succo d’arancia 4/10 succo di pompelmo Preparare nello shaker con cubetti di ghiaccio, servire nel tumbler e decorare con frutta di stagione. __________________________________________________________________________

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Gli sparklings Gli “sparklings”, sono una categoria di cocktails che si sta sempre più diffondendo, forse per il loro basso contenuto alcolico, essendo il più delle volte a base di succhi di frutta, e perchè sono un tipo di bevanda molto rinfrescante con proprietà aperitive, adatta anche per le grandi occasioni, come matrimoni, feste di compleanno, ecc.. Si possono preparare direttamente nel bicchiere, nel caso di richieste singole, avendo cura di miscelare delicatamente, evitando di far perdere l’effervescenza del prodotto, oppure usando il “gallone” (è un particolare bicchiere di vetro, abbastanza grande, dove possono essere preparati dei cocktails, fornito di un beccuccio), o nella bowl, qualora si tratti di un servizio per più persone.

Le ricette

Champagne cocktail (long drink – pre-dinner)

1 zolletta di zucchero 2 gocce di angostura 1 cl. di brandy 9 cl. di Champagne Mezza fetta d’arancia e una ciliegina ESECUZIONE: Versare la goccia di angostura sulla zolletta di zucchero, si poggia sul fondo della flûte e, dopo aver versato il brandy, si riempie il bicchiere con lo Champagne molto freddo, guarnendo con mezza fetta d’arancia e una ciliegina.

Bellini (long drink – pre-dinner) 5 cl. di purea di pesca bianca 10 cl. spumante Prosecco ESECUZIONE: Il nettare di pesca si ottiene schiacciando a mano (guantata) le pesche, tagliate a pezzi con la buccia nello cinoise; l’alternativa è usare il frullatore. Versare la purea nel bicchiere a flûte e finire con il prosecco. Fuori stagione, alcuni baristi preparano il “Bellini” usando il succo di frutta in bottiglietta, ma quello che si otterrà non sarà sicuramente il vero Bellini.. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Tiziano (long drink – pre-dinner) 5 cl. succo di uva fragola 10 cl. Prosecco ESECUZIONE: Il succo d’uva si ottiene con lo stesso sistema del Bellini per le pesche, e dopo circa un’ora va passato con un colino per separare la parte liquida e trasparente dalle impurità. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Rossini (long drink – pre-dinner) 5 cl. purea di fragole 10 cl. Prosecco

ESECUZIONE: Per ottenere la purea, frullare le fragole (come per le banane o i kiwi) ed allungarle con alcune gocce di succo di limone. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Mimosa (long drink – pre-dinner) 7,5 cl. di spremuta d’arancia 7,5 cl. di Champagne ESECUZIONE: Si prepara direttamente nella flûte. Si può decorare con twist d’arancia. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Puccini (long drink – pre-dinner) Tintoretto (long drink – pre-dinner) 5 cl. spremuta di mandarino 5 cl. succo di melograno 10 cl. Champagne 10 cl. Prosecco. Si prepara direttamente nella flûte. Si prepara direttamente nella flûte. - -

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La cucina di sala La cucina di sala può considerarsi un’arte: essa consiste nel cucinare un piatto davanti al cliente o, come avviene il più delle volte, nel portare a termine una cottura. Sono 2 i metodi per procedere nella lavorazione alla lampada:

Si prepara la salsa con i vari ingredienti, si aggiungono le vivande, che generalmente sono frutta o crêpes, si fanno cuocere nella salsa e poi si fiammeggia;

Si cucinano le vivande, si procede a flambare e poi si tolgono dalla padella per tenerle in caldo. Al fondo di cottura si aggiungono i vari ingredienti per realizzare la salsa: le vivande vengono poi rimesse nella padella, per insaporirle maggiormente, oppure, poste in precedenza sul piatto, vengono condite con la salsa.

Chi si cimenta con questa tecnica, il maître o uno dei suoi collaboratori più abili, deve avere esperienza, eleganza nei gesti e molta professionalità; quasi sempre è affiancato da un commis, che collabora porgendo i vari ingredienti della mise en place o si occupa di ritirarli tempestivamente dalla cucina. Questo delicato servizio si svolge davanti al cliente, le cui aspettative non devono andar deluse: la fiamma crea intimità e coinvolge l’ospite durante tutta la lavorazione. Perché questo rituale risulti impeccabile, è necessario rispettare alcune regole.

Regole fondamentali prima di iniziare a lavorare, controllare che la mise en place sia perfetta; verificare la funzionalità delle attrezzature (lampada carica di combustibile, capacità della padella in rapporto alla

quantità di cibo da cucinare, ecc.); tenere una posizione eretta durante tutta la lavorazione, e quando si fiammeggia spostarsi con il corpo leggermente

indietro; le salse vanno legate a fuoco morbido, mentre a fuoco vivo si fiammeggia; le carni non devono cuocere assieme alla salsa precedentemente preparata, diventerebbero dure. Anche un’eccessiva

fiammeggiata le può indurire; cotte sempre con un grasso, olio o burro, le carni, una volta dorate a fuoco vivo, vanno tolte dalla padella e tenute in

caldo. Questa operazione permetterà alla pellicola protettiva venutasi a creare sulla superficie dell’alimento di mantenere al suo interno tutte le sostanze nutritive. Per lo stesso motivo, la salatura, viene effettuata dopo questi passaggi;

per fiammeggiare si deve avere una buona temperatura all’interno della padella, aggiungere il distillato che trasmette il suo delicato aroma dopo la flambata, inclinare la padella per consentire il contatto tra il liquido alcolico e la fiamma. Un’adeguata dose di distillato permetterà di contenere nei giusti limiti la flambata. Muovendo leggermente la padella, la fiamma si distribuisce su tutta la superficie, consumando totalmente l’alcol;

evitare di fiammeggiare in prossimità di tende ed arredi facilmente infiammabili, oppure vicino ai rilevatori d’incendio; per favorire la fiamma nelle preparazioni di dolci, adoperare zollette di zucchero imbevute di alcol. Cospargendo con

questo zucchero i desserts si ottiene un vivace crepitio; è necessario mantenersi a una giusta distanza dal tavolo del cliente per evitare spiacevoli inconvenienti; in caso che l’alcol si esaurisca durante il lavoro, evitare nella maniera più assoluta di riempire il serbatoio a lampada

calda. Terminato il servizio assicuratevi che sia spenta; è importante che questo servizio aiuti a snellire il lavoro della cucina; se durante il procedimento ci si accorge di aver fatto un errore, non si deve interrompere la lavorazione, ma si deve

cercare nel limite del possibile di correggere lo sbaglio, mantenendo la calma. La mise en place Il maître, presa la comanda e inviato il buono in cucina con la lista degli ingredienti che dovrà ricevere in sala appena pronti, incarica il commis del rango di approntare il necessario per il lavoro. Per riuscire ad eseguire una corretta cucina di sala, è necessario che la mise en place sia impeccabile. Essa deve comprendere: la lampada con la relativa padella; uno scaldavivande a piastra elettrica per tenere in caldo le vivande; fiammiferi o accendino; un tagliere con scanalatura e coltelli per il trancio; clip e posate per il servizio; piatti a dessert e piatti grandi; il ménage (burro, olio, sale, pepe, tabasco, senape, worchester sauce, zucchero, ecc.) distillati e liquori per aromatizzare e flambare; i succhi previsti;

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il piatto di portata con i cibi da cuocere; le eventuali decorazioni per ultimare il servizio del piatto; qualche tovagliolo di servizio. Termini tecnici - Ecco alcuni dei termini di uso comune nella pratica del flambé: STUFARE: cuocere le vivande a fuoco basso con recipiente coperto; SOBBOLLIRE: cuocere ad ebollizione appena percettibile; MANTECARE: si usa per indicare quel processo di mescolamento (con eventuale aggiunta di burro) di salse, risotti o gelati che

porta ad ottenere una preparazione più omogenea, morbida, soffice e legata; SBIANCHIRE o SBOLLENTARE: immergere le verdure in acqua bollente e, quando l’acqua ha ripreso il bollore, scolarle e

raffreddarle. Questa operazione serve per attenuare il sapore troppo pronunciato o per bloccare le reazioni enzimatiche; STEMPERARE: sciogliere una sostanza amidacea in un liquido; DEGLASSARE: bagnare con vino o altro liquido un recipiente per recuperare il fondo di cottura lasciato dalla vivanda in

preparazione.

Le ricette Spaghetti alla carbonara

Ingredienti per 2 persone: • g.30 di burro e olio, • g.100 pancetta affumicata, • cl.10 panna, • g.40 parmigiano, • sale e pepe in grani, • g.200 spaghetti, • 2 tuorli d’uovo.

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In cucina far cuocere gli spaghetti e nel frattempo tagliare a Julienne sottile la pancetta. Preparare in un piatto fondo la salsa composta di tuorli d’uovo, parmigiano, sale, pepe (macinato al momento) e la panna. Nella padella mettere olio e una noce di burro, e rosolare la pancetta; unire gli spaghetti, scaldarli bene amalgamandoli alla pancetta. Aggiungere la salsa, spegnere la fiamma, muovere velocemente (attenzione a non far cuocere troppo la salsa, formerebbe grumi) e servire subito in piatti caldi.

Tagliolini al salmone Ingredienti per 2 persone:

• g.30 di burro, • g.10 cipolla tritata finemente, • cl.10 panna, • prezzemolo tritato finemente, • sale e pepe bianco, • g.50 salmone affumicato tagliato a julienne, • g.150 tagliolini all’uovo, • cl.2 vermouth dry, • cl.3 vodka.

Far cuocere in cucina i tagliolini. Rosolare leggermente nel burro la cipolla, unire il salmone e cuocere brevemente (un paio di minuti); quindi flambare con la vodka. Aggiungere la panna e il vermouth, salare e pepare. Unire i tagliolini e amalgamare velocemente (se durante la preparazione la salsa si è ristretta, aggiungere ancora poca panna). Spolverare con il prezzemolo, amalgamare ancora per un attimo e servire in piatti caldi. Filetto al pepe verde Ingredienti per 2 persone:

• g.50 olio e burro, • 2 filetti di manzo di g.150 ciascuno, • g.20 di pepe verde in grani, • cl.4 brandy, • cl.5 demi-glace, • cl.6 panna, sale, • worcester sauce, • 1 cucchiaino da caffè di senape.

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Schiacciare un poco il pepe con i rebbi della forchetta (senza appiattire i grani), premere delicatamente i filetti sul pepe (attenzione a non forare mai il filetto con le punte della forchetta), in modo che una parte dei granelli rimanga attaccata. Cucinare i filetti in olio e burro (sempre senza bucarli) da ambo i lati; salare e a 2/3 della cottura flambare con il brandy; disporre il filetto al bordo della padella, e al centro formare una salsa con demi-glace, senape, panna e worcester. Amalgamare velocemente poi unire i filetti, facendo insaporire per pochi secondi e servendo subito in piatti caldi. Filetto Stroganoff Ingredienti per 2 persone:

• cl.3 brandy, • g.50 cetriolini a julienne sottile • cl.5 demi-glace, • g.300 di filetto di manzo tagliato a bastoncini di cm. 1/1,5 di lato (infarinati) • g.100 funghi trifolati, • g.30 olio e burro, • cl.10 panna, • paprica, • sale, • prezzemolo tritato

Nella padella unire olio e burro, e quando sono caldi cuocere velocemente i cetriolini (un paio di minuti). Unire la carne, salare e cuocere brevemente; flambare con il brandy. Disporre il tutto ai bordi della padella, al centro formare una salsa con demi-glace, funghi, panna e paprica; amalgamare bene la salsa e quindi unirvi la carne, spolverare con prezzemolo, insaporire brevemente e servire in piatti caldi. Crêpes Suzette Ingredienti per 2 persone:

g.30 zucchero • g.10 burro • cl.2 succo di limone • cl.20 succo d’arancia • cl.2 di Grand Marnier • 4 crêpes sottili • cl.5 di brandy • bucce di limone e d’arancia.

- Versare lo zucchero nella padella, e lasciarlo sciogliere; aggiungere burro e successivamente il succo di limone, d’arancia e il Grand Marnier. Aiutandosi con le bucce d’arancia e di limone, amalgamare bene la salsa e aggiungere le crêpes; queste ultime vanno piegate 2 volte, in modo da formare un triangolo. Lasciare aromatizzare per qualche minuto e flambare con il brandy. Mentre la fiamma è ancora accesa, cospargere di zucchero, che bruciando produrrà un vivace crepitio e scintillio. Servire con la salsa. Cocktail di frutta flambé Ingredienti per 2 persone:

• g.30 di zucchero • g.10 di burro • cl.15 di succo d’arancia, melone e ananas (5-5-5) • cl.2 di kirsch • frutta a pezzi: melone, ananas, papaia, mango • 2 mezzi meloni • 1 limone diviso a metà senza polpa • 2 zollette di zucchero imbevute di alcol puro • bucce di limone e arancia

- Tagliare una calotta da entrambi i meloni e scavare i frutti in modo da formare due contenitori privi della polpa. Centrifugare una parte della polpa per ricavare il succo. Davanti ai clienti caramellare lo zucchero, sciogliere il burro e aggiungere i succhi di arancia, melone e ananas. Aiutarsi con le bucce di limone e arancia ad amalgamare la salsa, profumare al kirsch ed unire la frutta tagliata a pezzi. Dopo pochi minuti togliere la frutta dalla padella e riempire i frutti scavati fino ad arrivare ad alcuni centimetri dal bordo; sopra poggiare i mezzi limoni scavati con dentro le zollette di zucchero imbevute di alcol e dare fuoco. Su un piatto portare anche le calotte tagliate in precedenza, per consentire ai clienti di spegnere la fiamma a loro piacimento.

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Pesche Chantilly Ingredienti per 2 persone:

• g.30 di zucchero • g.10 di burro • cl.20 di succo d’arancia • cl.2 di apricot brandy • 4 mezze pesche sciroppate • 4 ciliegie candite • cl. 5 di brandy • g.50 di crema Chantilly • bucce di limone e d’arancia

- Caramellare lo zucchero, sciogliere il burro e aggiungere il succo d’arancia. Profumare con l’apricot brandy ed unire le pesche, facendo in modo che poggino sulla parte concava, e le ciliegie; con una forchetta bucare leggermente le pesche per facilitarne l’aromatizzazione e, aiutandosi con le bucce di limone e d’arancia, amalgamare la salsa. Quando i frutti saranno leggermente dorati, flambare al brandy. Girare i frutti e riempirli di crema chantilly; lasciar legare la salsa e servire le pesche dentro la salsa e guarnite con le ciliegie candite. Pere del buongustaio Ingredienti per 2 persone:

• g.30 di zucchero • g.10 di burro • cl.20 di sciroppo di pera (contenuto nel barattolo delle pere sciroppate) • cl.2 di Williams • 4 mezze pere sciroppate • cl.5 di brandy • cl.10 di cioccolato caldo • g.5 di panna montata • g.5 di pistacchi tritati • bucce di limone e d’arancia

- Caramellare lo zucchero, sciogliere il burro e aggiungere lo sciroppo di pere. Profumare con il williams ed aiutandosi con le bucce di limone e d’arancia amalgamare la salsa; introdurre le pere e, quando saranno leggermente colorite, flambare con il brandy. Unire il cioccolato caldo e lasciare aromatizzare il tutto per qualche minuto. Terminata la cottura servire le pere con abbondante salsa ed ultimare con uno spruzzo di panna montata decorata con una spolverata di pistacchi tritati.

Aragosta “Belle époque”

Ingredienti per 2 persone: • cl.5 di olio d’oliva • g.20 di burro • mezza cipolla tritata • g.60 di salsa pomodoro • cl.5 di vino bianco • 2 aragoste piccolo • Sale – pepe • cl.5 di brandy • prezzemolo tritato

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Rosolare con olio e burro la cipolla tritata; quindi unire la salsa di pomodoro, diluire il tutto con il vino bianco e portare ad ebollizione. Aggiungere le aragoste divise nel senso della lunghezza, regolare di sale e pepe e cuocere in padella coperta per cinque minuti circa. Flambare con il brandy, spolverare di prezzemolo tritato e servire subito.