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1 PRÒSOPON

PRÒSOPON - Alessia Clema · Jan Van Eyck, dipingendo nel 1434 I coniugi Arnolfini, fu, probabilmente, tra i pri-mi grandi pittori a portare dentro un ritratto, dentro il quadro,

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    PRÒSOPON

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    PRÒSOPONdentro il ritratto

    Alessia Clema

    19 Luglio / 4 Agosto 2013

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    ATTORNO ALLE MASCHERE DI ALESSIAdi Roberto Baravalle

    Jan Van Eyck, dipingendo nel 1434 I coniugi Arnolfini, fu, probabilmente, tra i pri-mi grandi pittori a portare dentro un ritratto, dentro il quadro, alcuni oggetti sem-plici, di uso comune (uno specchio convesso, una scopetta, due paia di zoccoli, del-le arance e finanche il cagnolino dei protagonisti) con un funzione connotativa del carattere degli stessi e della situazione nella quale si trovavano. Gli oggetti aveva-no una funzione essenziale, non accessoria, anche se Panofsky sosteneva che, nel caso dell’opera ora alla National Gallery di Londra, si trattasse, di un ritratto più descrittivo che interpretativo che, alla fine, si è “ad un tempo tentati e scoraggiati di esplorare”.

    Stimolano invece l’interpretazione questi (io li chiamerei così) “ritratti” realizzati da Ales-sia Clema con il ricorso a una campionatura del bric-à-brac che accompagna e simbo-leggia l’esistenza moderna della quale si vuole dare conto (a posteriori o in presa diret-ta? Questo è già un bel punto di discussione). Il fatto è che Alessia inserisce gli “oggetti testimoniali” in una maschera di resina epossidica (si presume un calco del volto della persona da ritrarre) secondo una procedura che risale all’antichità, certamente, ma che vide anche una propria continuativa e frenetica fortuna in epoche più recenti (diciottesi-mo e diciannovesimo secolo) quando non v’era personaggio notevole attorno al cui let-to di morte non si affannassero pietosi seguaci, parenti ed estimatori a rilevare dai tratti dell’amato volto un calco in gesso che doveva servire per la maschera mortuaria. Questo, senza dimenticare le maschere lombrosiane realizzate a scopi dichiaratamente “scientifi-ci” sui volti di veri o presunti delinquenti e “devianti” di vario genere. E, tanto per ri-badire l’attualità del discorso, non si può trascurare che il Padiglione iniziale (o “centra-le” o ex-Italia) della Biennale in corso si apre proprio (subito dopo il Libro Rosso di Jung) con un maschera (non funebre in quanto realizzata in vita, ma funerea nel rimando e nella tecnica) di Bréton, opera dello scultore René Iché, pure lui legato al Surrealismo.

    Mortuaria, quindi? Solo in parte, per quanto concerne la parte del calco. Per quanto concerne invece gli oggetti siamo più su un terreno tra l’onirico e l’esistenziale, con non pochi scarti iro-nici. Risponderei in questo modo al quesito che Giovanni Tesio poneva in cima ad un suo testo che, in passato, parlava già del lavoro di Alessia Clema: maschere funebri o maschere oniriche?Il quesito non né da poco ed è legittimamente suscitato dall’aver scelto questi oggetti ca-richi di una simbologia imponente, plurisecolare e planetaria: Oriente e Occidente, Africa, America del Nord e del Sud, Grecità e Roma.

    PRÒSOPONdentro il ritratto

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    In un altro testo dedicato alle maschere di Alessia, Manuela Rinaldi ha parlato di sculture in movimento, rimandando al Jean Laude di Les Arts de l’Afrique Noire, ma io mi limiterei a parlare di Grecia, accennando alla maschera teatrale che raffigura un personaggio, il pròsopon, da cui deriva la persona - una maschera - che nel teatro latino aveva la funzione di iper sonare cioè di amplificare la voce dell’attore affinché essa raggiungesse il pubblico. Funzione ribadita dalle opere della Clema le cui personae servono a farci riflettere, a svilup-pare un’intuizione, a capire vita e destino dei protagonisti che hanno accettato di farsi ri-trarre portando all’artista non degli objets trouvés, oggetti d’uso comune che trovano il loro riscatto per il fatto stesso di essere inseriti in un contesto artistico, ma degli oggetti testimo-niali essenziali: quelli che debbono contribuire in modo decisivo a farci intuire vita e destino, personalità e preferenze, ragioni dell’intelletto ed esigenze del cuore. Ragione e sentimento.

    Tornando al quesito posto da Tesio, le maschere di Clema mi sembra abbiano un’e-videnza, un colore, un aspetto, una fisicità, una consistenza e una trasparenza che mi sembra rimandarle per ragioni tecniche ed estetiche alla maschera mortuaria.Peraltro, è anche vero che è un mondo intriso di modernità quello che Alessia ci presen-ta, ma pur sempre involucrato in un manufatto vagamente spettrale che mi sembra ri-chiamare un’iconografia nordica che va dalla Donna del Lago (più Walter Scott che Rossi-ni, almeno in versione La Scala 2011) all’ Ophelia di Amleto, nella versione pre-raffaellita di John Everett Millais, dalla Regina delle nevi di Andersen fino a Il senso di Smilla per la neve. Letterariamente, ancora, colgo atmosfere (non so perché e chiedo venia) per-sino da romanzo gotico o, almeno, da racconto di Poe. Sarà che in questi mondi pro-sperano le immagini di fissità, di incastonamento, di inclusione. Anche se nelle masche-re di Alessia non vi sono botti di amontillado a fare da esca verso un’eternità murata.

    E’ presente, nel mondo della Clema, in modo abbastanza evidente, un aspetto algido che deve situarsi piuttosto in cima alle sue preferenze se una foto sua in ambiente invernale campeggia in cima al proprio sito internet e anche, tra le maschere, certi suoi volti affiorano come da superfici gelate, da biancori e candide schiume, rendendo più forte il richiamo evocativo cui facevo cenno.

    Capacità evocativa, rimandi, allusioni che rendono ancora più vivo e pregnante il percor-so dalla persona alla persona, e ritorno, dall’antico al moderno, e viceversa, in un gio-co colto ed emozionante che testimonia della forza e della capacità di questa artista.

    Giugno 2013

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    ALESSIA CLEMA è nata a Cuneo nel 1967 e vive ed opera a Saluzzo.

    Giovanissima, mostra una notevole passione per l’arte che alimenta il suo naturale ed istintivo desi-derio di dedicarsi agli studi e alle consuetudini delle arti.Inizia nel1988 ad insegnare Arte Applicata del Restauro presso l’Istituto Statale d’Arte “Amleto Bertoni” di Saluzzo ed attualmente insegna presso il Liceo Artistico “Soleri - Bretoni” di Saluzzo.

    Dal 1999, esercita come libera professione l’attività di restauro di opere lignee policrome e dorate.Congiuntamente all’insegnamento e al suo lavoro, coltiva la passione per la pittura che la porta a muovere le sue prime esperienze in ambito artistico partecipando ad iniziative di genere.Il suo è uno spirito dialettico impegnato a coniugare in modo critico la modernità con la tradizione, lo sperimentalismo con la tecnica e l’abilità artistica.I suoi lavori rivelano un’artista poliedrica ed energica, capace di percorrere trasversalmente la pittu-ra, la scultura, il disegno e l’interior design.

    Nel 2007 con l’Associazione “Spazioarte” di Saluzzo partecipa al Progetto: Arte, Poesia e Musica vaganti e nel 2009 alla manifestazione L’Ultima Carovana, realizzando un’opera ispirata all’auto-ritratto.

    Nel 2010 ha realizzato assieme ad altri 51 artisti italiani, due libri d’arte di grande formato, dal titolo Potons d’unvern, a favore dell’AIFO (Amici di Raoul Follerai) per illustrare i versi del poeta occitano Claudio Salvano.Sempre nel 2010 le mostre personali:Vestigi, Biblioteca Civica di Cavour - ToIo guardo la mia vita di prima e a quella di adesso, Circolo Interno 2, Saluzzo - CnLe identità rivelate, a cura di Paolo Infossi - Museo del Mobile dell’Alta Valle Varaita, Pontechianale - Cn.

    Nel 2011 ha curato le riproduzioni di alcuni particolari di opere conservate presso il Museo Civico di Casa Cavassa a Saluzzo, nell’ambito di un progetto regionale di allargamento e fidelizzazione del pubblico: 1 Museo + 5 Sensi, rivolto a disabili intellettivi, visivi e della parola.Contemporaneamente è tra i promotori della serie di iniziative culturali: Incontrarsi all’insegna dell’Arte in collaborazione con l’artista Ugo Giletta.

    Nel 2012, è la volta della personale FEMINA, a cura di Silvana Peira, presso l’Associazione Culturale Il Fondaco di Bra. Testo di Giovanni Tesio in catalogo.

    Nel 2013 presenta PRÒSOPON, dentro il ritratto. Una mostra personale nella Chiesa di Santa Maria del Monastero a Manta. Testo in catalogo di Roberto Baravalle.

    Nel tempo ha realizzato, con amici poeti e scrittori, alcuni libri per la prestigiosa Casa Editrice Pul-cinoelefante di Alberto Casiraghy di Osnago.

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    La Chiesa di Santa Maria del Monastero (Ex Priorato Benedettino di S.Maria) Opera dei Frati Benedettini dell’Abbazia di Borgo San Dalmazzo (sec. X-XI) di stile romanico-bizantino.

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    PRÒSOPONdentro il ritratto19 Luglio / 4 Agosto 2013

    Catalogo e mostra a cura di:Ugo Giletta e Silvana Peira

    Progetto grafico:San Firmino film

    Alessia desidera ringraziare:l’Amministrazione Comunale di Manta per la concessionedi Santa Maria del MonasteroIl Sindaco Mario GuastiL’Assessore alla Cultura Silvia CavalleroL’Ufficio Cultura e Turismo di Manta nella persona di Loredana ConteL’Associazione Culturale Il Fondaco di Bra

    Roberto BaravalleSilvana PeiraUgo Giletta

    Fotografie:Ugo Giletta

    Stampa:www.agam.it

    Il progetto è stato realizzato in collaborazione con:

    Unico sponsor:San Firmino filmvia Galimberti, 5012030 Manta Cnwww.sanfirmino.com

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    © 2013 - Alessia Clema© 2013 - San Firmino film