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Volume 3 Numero 3 Ottobre 2008 - Comorbilità nella psoriasi - Screening per l’infezione tubercolare latente in pazienti trattati con farmaci sistemici e farmaci biologici - Il ruolo delle cellule dendritiche nella psoriasi - Psoriasi in gravidanza in trattamento con etanercept: un caso clinico - La malattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologiche ISSN 1971-3843 Reg. Trib. Milano n° 708 del 13-11-2006 © Editoriale Fernando Folini Editoriale Fernando Folini psoriasis

Psoriasis 3/2008

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IFA 09/01/2009

Depositata presso AIFA in data 24/11/2006

Volume 3Numero 3

Ottobre 2008

- Comorbilità nella psoriasi

- Screening per l’infezione tubercolare latente in pazienti trattati con farmaci sistemici e farmaci biologici

- Il ruolo delle cellule dendritiche nella psoriasi

- Psoriasi in gravidanza in trattamento con etanercept: un caso clinico

- La malattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologiche

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Informazioni generaliObiettivo della rivistaScopo primario di Psoriasis è quello di raccogliere e trasmettere informazioni scientifi che, cliniche e di politica sanitaria aggiornate, in grado di attivare un meccanismo di “rafforzamento” delle conoscenze del dermatologo, per metterlo così in condizione di affrontare con elementi di fatto scientifi ci e clinici il dibattito che si è aperto sull’approccio complessivo alla terapia della psoriasi. Tutto ciò nel tentativo di riportare il paziente al centro della strategia terapeutica operando delle scelte che, nel suo esclusivo interesse, siano in grado di coniugare conoscenze ed esperienze scaturite da tutte le strategie di cura della malattia.

Articoli della rivistaGli articoli non devono mai essere apparsi su altre riviste a livello nazionale e internazionale né essere proposti per la pubblicazione ad altre te-state. La redazione li sottoporrà all’attenta valutazione del board scientifi co, che potrà richiedere una revisione all’autore.Gli autori sono gli unici responsabili dei rispettivi articoli e della relativa iconografi a.

Norme editorialiInvio degli articoliGli articoli dovranno pervenire preferibilmente tramite posta elettronica all’indirizzo [email protected] e in copia stampata, oppure su CD e in copia stampata, all’indirizzo: Editoriale Fernando Folini, Il Battaglino, 15052 Casalnoceto (AL). Si accettano i più comuni formati di Word processing sia Macintosh sia Windows, ma si raccomanda di accludere almeno una copia in formato RTF. Le illustrazioni dovranno essere in formato TIFF o EPS ad alta risoluzione (300 dpi) nelle dimensioni di 9x6 cm.

Come richiedere la pubblicazioneGli autori dovranno restituire fi rmata la lettera allegata in cui chiedono che l’articolo venga pubblicato, dichiarano che l’articolo è originale e non è stato proposto ad altre testate; inoltre cedono il diritto d’autore alla Casa editrice che potrà utilizzare tutto o parte dell’articolo senza darne co-municazione agli autori.È necessaria l’approvazione scritta del direttore o del responsabile della struttura di riferimento (dipartimento, istituto etc.), qualora comparisse nell’articolo.

Linee guida per la preparazione del manoscrittoPAGINA DEL TITOLOUna pagina a parte deve riportare le seguenti informazioni:1. Titolo dell’articolo, che la redazione potrà variare per esigenze di spazio;2. Autori con nome e cognome indicati per esteso e i vari recapiti (tele-

fono, fax e indirizzo e-mail);3. Parole chiave (in italiano e in inglese) da un minimo di tre fi no a un

massimo di dieci.

ABSTRACT (IN ITALIANO E IN INGLESE)Il riassunto dell’articolo dovrà essere di 250 parole e riportare:– per le ricerche originali: obiettivi, metodi, risultati, conclusioni;– per le revisioni della letteratura: obiettivi, dati, fonti, selezione degli

articoli, conclusioni.

TESTOIntroduzioneDescriverà brevemente le problematiche trattate evidenziando:– letteratura di riferimento;– lo stato attuale delle conoscenze;– gli obiettivi della ricerca proposta.

MetodiIncluderà le informazioni sulle metodologie utilizzate al momento della stesura del protocollo dello studio. In caso di metodiche non originali, è necessario citare gli autori e il lavoro da cui sono estratte.

EticaI dati dovranno essere riportati seguendo gli standard etici più elevati.

StatisticaLe metodologie utilizzate dovranno essere descritte nel dettaglio per-mettendo al lettore di risalire ai dati originali, verifi cando così la validità dei risultati raggiunti.

RisultatiPresenterà i risultati in sequenza logica. Tabelle, fi gure e analisi statisti-che potranno essere usate per riassumere i concetti più importanti.

DiscussioneEnfatizzerà gli aspetti nuovi e importanti dello studio e i risultati a cui

hanno portato confrontandoli anche con quelli di altri studi importanti, senza trascurare i limiti dello studio e le sue implicazioni per la ricerca futura e la pratica clinica.Le conclusioni dovranno essere collegate agli obiettivi dello studio evi-tando affermazioni non adeguatamente supportate dai dati.

BIBLIOGRAFIANumerare i riferimenti bibliografi ci in base all’ordine di apparizione negli articoli, riportandoli nel modo seguente:

Rivista:1. You CH, Lee KY, Chey RY, Menguy R. Electrogastrographic study of

patients with unexplained nausea, bloating and vomiting. Gastroen-terology 1980;79:311-4.

Libro o capitolo di libro:2. Colson JH, Armour WJ. Sports injuries and their treatment. 2nd rev ed.

London: St Paul, 1986.3. Rajaka G. Infantile seborrhoeic dermatitis. In: Harper J, Oranje A,

Prose N, eds. Textbook of pediatric dermatology. 2nd ed. Oxford: Scientifi c Publications 2000, pp. 255-59.

Identifi care i riferimenti bibliografi ci nel testo, nelle tabelle e nelle fi gure con i numeri arabi tra parentesi.Sono consigliati non più di 20 riferimenti bibliografi ci.

TABELLELe tabelle dovranno essere numerate e richiamate nel testo in ordine progressivo, ciascuna con un proprio titolo. Note esplicative potranno essere riportate in fondo alla tabella.

ILLUSTRAZIONILe illustrazioni dovranno essere numerate e richiamate nel testo in or-dine progressivo. Dovranno essere stampate e salvate su fi le a parte, ognuna di esse accompagnata dalla propria didascalia e legenda. Let-tere, numeri e simboli dovranno essere ben leggibili, i titoli e le spiega-zioni riportati a lato.Le norme editoriali sono state redatte sulla base del Vancouver Style (Uni-form Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals).Per maggiori informazioni http://www.icmje.org

- Direttore scientifi co: Torello Lotti (Firenze)- Coordinatore scientifi co: Alberto Giannetti (Modena)

- Gianfranco Altomare (Milano)- Mario Aricò (Palermo)- Fabio Arcangeli (Cesena)- Nicola Aste (Cagliari)- Fabio Ayala (Napoli)- Federico Bardazzi (Bologna)

- Enzo Berardesca (Roma)- Maria Grazia Bernengo (Torino)- Stefano Calvieri (Roma)- Pier G. Calzavara Pinton (Brescia)- Piero Campolmi (Firenze)- Sergio Chimenti (Roma)- Ornella De Pità (Roma)- Paolo Fabbri (Firenze)- Michele Fimiani (Siena)- Giorgio Filosa (Jesi)- Ilaria Ghersetich (Firenze)

- Gian Luigi Giovene (Perugia)- Giampiero Girolomoni (Verona)- Franco Kokelj (Trieste)- Giorgio Leigheb (Novara)- Patrizia Martini (Lucca)- Giuseppe Monfrecola (Napoli)- Patrizio Mulas (Cagliari)- Annamaria Offi dani (Ancona)- Ketty Peris (L’Aquila)- Andrea Peserico (Padova)- Mauro Picardo (Roma)

- Carlo Pincelli (Modena)- Mario Pippione (Torino)- Antonio Puglisi Guerra (Messina)- Patrizio Sedona (Venezia)- Stefania Seidenari (Modena)- Antonello Tulli (Chieti)- Gino A. Vena (Bari)- Giovanna Zambruno (Roma)

Board

Istruzioni per gli autori

(77%) che all’inizio erano stati randomizzati a 50 mg due volte a settimana e chehanno ricevuto alla settimana 12 una dose ridotta a 25 mg di Enbrel due volte allasettimana, hanno mantenuto una risposta PASI 75 fino alla settimana 36. Per ipazienti che hanno ricevuto 25 mg 2 volte a settimana durante tutto lo studio, larisposta PASI 75 ha continuato a migliorare tra le settimane 12 e 36. Nello studio 4,il gruppo trattato con Enbrel ha avuto una più alta proporzione di pazienti con PASI75 alla settimana 12 (38%) rispetto al gruppo trattato con placebo (2%) (p<0,0001).Per i pazienti che hanno ricevuto 50 mg una volta a settimana durante tutto lo studio,la risposta di efficacia ha continuato a migliorare con il 71% dei pazienti che haraggiunto un PASI 75 alla settimana 24. Anticorpi anti Enbrel. Anticorpi antietanercept sono stati rilevati nel siero di alcuni soggetti trattati con etanercept.Questi anticorpi sono stati tutti non-neutralizzanti e sono generalmente transitori.Non sembra esserci correlazione tra lo sviluppo di anticorpi e la risposta clinica o glieventi avversi. Durante gli studi clinici in soggetti trattati con dosi approvate dietanercept sino a 12 mesi, le quantità cumulative di anticorpi anti-etanercept eranoapprossimativamente del 6% nei soggetti con artrite reumatoide, 7,5% in soggetticon artrite psoriasica, 2,0% in soggetti con spondilite alchilosante, 7% in soggetticon psoriasi e 3% in soggetti con artrite giovanile idiopatica. La proporzione disoggetti che hanno sviluppato anticorpi anti-etanercept negli studi più a lungotermine (sino a 3,5 anni) aumenta con il tempo, come previsto. Tuttavia, grazie allaloro natura transitoria, l’incidenza degli anticorpi rilevati ad ogni punto di valutazioneè stata generalmente inferiore al 7% in soggetti con artrite reumatoide ed in soggetticon psoriasi. In uno studio a lungo termine sulla psoriasi, nel quale i pazientiricevevano 50 mg due volte a settimana per 96 settimane, l’incidenza degli anticorpiosservata ad ogni punto di valutazione è stata approssimativamente sino al 9%. 5.2Proprietà farmacocinetiche. I valori sierici di etanercept sono stati valutati con ilmetodo ELISA, che può rilevare sia i prodotti di degradazione che reagiscono conl’ELISA, sia il composto progenitore. L’etanercept viene lentamente assorbito dal sitodi iniezione sottocutaneo, raggiungendo la massima concentrazioneapprossimativamente 48 ore dopo una singola dose. La biodisponibiltà assoluta è del76%. Con due dosi settimanali si prevede che le concentrazioni allo steady-statesiano approssimativamente due volte maggiori rispetto a quelle osservate dopo dosisingole. Dopo una singola dose sottocutanea di 25 mg di Enbrel, la concentrazionesierica massima media osservata in volontari sani è stata di 1,65 ± 0,66 μg/ml el’area sotto la curva è stata di 235 ± 96,6 μg*ora/ml. Non è stata formalmentevalutata la proporzionalità di dose, ma non c’è una evidente saturazione dellaclearance lungo il range di dosaggio. Per descrivere la curva concentrazione-tempodi etanercept è richiesta una curva biesponenziale. Il volume di distribuzione centraledell’etanercept è di 7,6 litri, mentre il volume di distribuzione allo steady-state è di10,4 litri. L’etanercept viene eliminato lentamente dall’organismo. Ha una lungaemivita, di circa 70 ore. La clearance è approssimativamente di 0,066 litri/ora inpazienti affetti da artrite reumatoide, un po’ più bassa del valore di 0,11 litri/oraosservato in volontari sani. Inoltre, la farmacocinetica di Enbrel in pazienti affetti daartrite reumatoide e psoriasi a placche è simile. I profili della concentrazione mediasierica allo steady state ovvero Cmax (2,4 mg/l vs 2,6 mg/l), Cmin (1,2 mg/l vs 1,4 mg/l),e l’ AUC parziale (297 mgh/l vs 316 mgh/l) sono risultati comparabili nei pazienti conartrite reumatoide trattati rispettivamente con 50 mg di etanercept 1 volta asettimana (n=21) vs 25 mg di etanercept due volte a settimana (n=16). In uno studioin aperto, a dose singola, a due trattamenti, in cross-over su volontari sani,etanercept somministrato come iniezione in dose singola da 50 mg/ml è risultatobioequivalente a due iniezioni simultanee da 25 mg/ml. In un’analisi farmacocineticadi popolazione in pazienti con spondilite anchilosante, le AUCs allo steady state dietanercept erano 466 μg*ora/mL e 474 μg*ora/mL, rispettivamente, per Enbrel 50mg una volta a settimana (N=154) e 25 mg due volte a settimana (N=148),rispettivamente. Sebbene ci sia una eliminazione di radioattività nelle urine doposomministrazione di etanercept radiomarcato in pazienti e in volontari, non è statoosservato un aumento delle concentrazioni di etanercept in pazienti con insufficienzarenale o epatica acuta. La presenza di insufficienza renale o epatica non dovrebberichiedere alcuna modifica del dosaggio. Non c’è apparente differenza difarmacocinetica tra maschi e femmine. Il metotressato non modifica lafarmacocinetica dell’etanercept. Non è stato valutato l’effetto di Enbrel sullafarmacocinetica umana del metotressato. Pazienti anziani. L’influenza dell’etàavanzata è stata studiata tramite un’analisi farmacocinetica delle concentrazioniplasmatiche di etanercept nell’ambito di una popolazione di tale fascia di età. Laclearance ed il volume valutati in pazienti di età compresa tra i 65 e gli 87 anni sonorisultati simili a quelle stimate in pazienti con meno di 65 anni. 5.3 Dati preclinicidi sicurezza. Durante gli studi tossicologici condotti con Enbrel, non si è manifestatauna tossicità dose-limite od organo bersaglio. Enbrel è risultato essere non-genotossico in una serie di studi in vitro ed in vivo. A causa della comparsa dianticorpi neutralizzanti nei roditori, non sono stati condotti con Enbrel studi dicarcinogenicità e di valutazione standard della fertilità e della tossicità postnatale.Enbrel non ha causato mortalità o segni di tossicità rilevabili in topi o ratti a seguitodi un singola dose sottocutanea di 2.000 mg/Kg o di una singola dose endovenosa

di 1.000 mg/Kg. Enbrel non ha provocato una tossicità dose-limite o organobersaglio in scimmie cynomolgus a seguito di una somministrazione sottocutaneadue volte a settimana per 4 o 26 settimane consecutive ad una dose (15 mg/Kg)risultante in concentrazioni sieriche del farmaco basate sull’AUC che erano più di 27volte maggiori rispetto a quelle ottenute negli uomini alla dose raccomandata di 25mg. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Saccarosio.Cloruro di sodio. L-Arginina cloridrato. Sodio fosfato monobasico diidrato. Sodiofosfato dibasico diidrato. Acqua per preparazioni iniettabili 6.2. Incompatibilità. Inassenza di studi di compatibilità, il medicinale non deve essere miscelato con altriprodotti. 6.3. Periodo di validità. 2 anni 6.4. Precauzioni particolari per laconservazione. Conservare in frigorifero (tra 2°C e 8°C). Non congelare. 6.5. Naturae contenuto della confezione. Siringa di vetro trasparente (vetro di tipo I) con agodi acciaio inossidabile, copertura dell’ago in gomma e stantuffo di plastica. Leconfezioni contengono 2, 4 o 12 siringhe preriempite di Enbrel con 4, 8 o 24 tamponicon alcool. La copertura dell’ago contiene gomma naturale essiccata (lattice) (vediparagrafo 4.4). Non tutte le confezioni potrebbero essere in commercio. 6.6.Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Il prodotto nonutilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformitàai requisiti locali di legge. Istruzioni per l’impiego e la manipolazione. Primadell’iniezione bisogna attendere che la siringa pre-riempita di Enbrel per mono-somministrazione raggiunga la temperatura ambiente (approssimativamente dai 15ai 30 minuti). La copertura dell’ago non deve essere rimossa mentre si attende chela siringa pre-riempita raggiunga la temperatura ambiente. La soluzione deve esserelimpida o incolore o giallo chiaro e praticamente priva di particelle visibili. Istruzionidettagliate per la somministrazione sono fornite nel foglio illustrativo, paragrafo 7,“Istruzioni per la preparazione e somministrazione di un’iniezione di Enbrel”.7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO.Wyeth Europa Ltd. Huntercombe Lane South Taplow, Maidenhead Berkshire, SL60PH Regno Unito.8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE(I) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO.EU/1/99/126/016EU/1/99/126/017EU/1/99/126/0189. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE.Data della prima autorizzazione: 3 Febbraio 2000.Data dell’ultimo rinnovo: 3 Febbraio 200510. DATA DI REVISIONE DEL TESTO.Agosto 2008.Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito webdell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA): http://www.emea.europa.eu

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTOEnbrel 50 mg

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Indice

Reg. Trib. Milano n. 708 del 13-11-2006

Stampa: Tipografi ca Derthona, Tortona (AL)

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Segreteria editoriale: Maria Chiara Panizza

Redazione: Enrica Ferrari

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. Editoriale Torello Lotti, Alberto Giannetti 4

. Aggiornamento clinicoComorbilità nella psoriasi Simone Garcovich 5Screening per l’infezione tubercolare latente in pazienti trattati con farmaci sistemici e farmaci biologici Andrea Conti 13

. La ricercaIl ruolo delle cellule dendritiche nella psoriasi Federica Ricceri, Francesca Prignano 18

. Case reportPsoriasi in gravidanza in trattamento con etanercept: un caso clinico Antonia G Galluccio, Raffaele Pilla, Michele Pezza 22

. Congress reportLa malattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologiche 25

Fattori immunopatogenetici coinvolti nello sviluppo della psoriasi Gianfranco Altomare 25La psoriasi artropatica: clinica, mezzi diagnostici, valutazione di gravità Franco Capsoni 27Il coinvolgimento dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM) nella malattia psoriasicaDavide Rocchetta, Francesco Laganà, Alessandro Baj, Vincenzo Bonanno, Aldo Bruno Giannì 29Ipotesi citochinica dello scompenso cardiaco grave: il Tumor Necrosis Factor-alpha Saima Mushtaq, Piergiuseppe Agostoni 33Tumor Necrosis Factor-alpha (TNFα) e coagulazione Massimo Cugno 35La psoriasi e le malattie allergiche Paolo Pigatto, Chiara Marsili 36Fototerapia e fotochemioterapia nella cura della psoriasi Piergiacomo Calzavara Pinton 39Il progetto PSOCARE Piergiacomo Calzavara Pinton 41Farmaci biologici nella terapia dell’artropatia psoriasica Matteo Longhi 42

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Editoriale

Comorbilità e screening: due argomenti di attualitàTORELLO LOTTIDirettore U.O. Dermatologica ComplessaDirettore Centro Interuniversitario Università degli Studi di Firenzee-mail: torello.lotti@unifi .it

ALBERTO GIANNETTIDirettore Clinica DermatologicaUniversità degli Studi di Modena e Reggio Emiliae-mail: [email protected]

In questo numero di Psoriasis abbiamo deciso di pubblicare

la prima parte degli atti del cor-so “La malattia psoriasica: le co-morbilità e le terapie biologiche” organizzato dal Prof. Gianfranco Altomare il 18 ottobre all’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, all’interno del program-ma educazionale del Centro In-teruniversitario di Dermatologia Biologica e Psicosomatica (CI-DEBIP) che consorzia le Univer-sità di Firenze, Milano e Siena.Il motivo che ci ha spinto a pub-blicare questi articoli risiede nel particolare interesse che si è ri-

scontrato nell’ultimo periodo per le comorbilità e nell’utilità di dif-fondere i contributi che altre specialità possono apportare al-la conoscenza e al trattamento della malattia psoriasica e delle patologie a essa correlate. La qualità e l’articolazione dei la-vori presentati al corso ci hanno indotto quindi a pubblicarne gli interventi in questo e nel pros-simo numero di Psoriasis, pen-sando di offrire validi elementi di riflessione ai nostri lettori.Completano questo numero un approfondimento della Dr.ssa Francesca Prignano sul ruo-

lo delle cellule dendritiche nel-la psoriasi, un ampio aggiorna-mento sulle comorbilità del colle-ga Prof. Garcovich e un interes-sante caso clinico di trattamento con biologici in gravidanza. Da segnalare, infine, per la sua utilità clinica la recensione sul recente “Consensus statement” in tema di screening per l’infe-zione tubercolare nei trattamen-ti sistemici della psoriasi, pub-blicato recentemente dal Jour-nal of the American Academy of Dermatology.

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Aggiornamento clinico

Comorbilità nella psoriasi

Introduzione

La psoriasi è una malattia in-fiammatoria cronica della cu-

te che colpisce il 2-3% della po-polazione e rappresenta uno dei principali problemi dermatologici a livello di sanità pubblica.È ormai di comune esperienza l’associazione della psoriasi con altri quadri patologici che evi-denziano il carattere sistemico della malattia psoriasica. Come comorbilità si definisce la presenza di due o più condizioni

za in un’ottica di medicina pre-ventiva. Le comorbilità classicamente associate alla psoriasi, come la disabilità articolare, i disturbi an-sioso-depressivi, la fatica croni-ca, l’obesità, il tabagismo, l’abu-so di alcol, sono state ben carat-terizzate da numerosi studi clini-ci. Una serie di parametri clinici relativi a queste comorbilità (mi-sure di qualità di vita e disabi-lità articolare, test psicometrici) è ormai consolidata nella valu-

SIMONE GARCOVICH

Dipartimento di Medicina Interna, Scienze specialistiche e DermatologiaPoliclinico Agostino GemelliUniversità Cattolica del Sacro Cuore, Romae-mail: [email protected]

Psoriasis is a chronic and debilitating infl ammatory disease af-fecting mainly skin and joints. Psoriasis can have a signifi cant impact on patient’s quality of life and is linked with a number of behavioral and systemic pathological conditions. Comorbidities traditionally associated with psoriasis include psoriatic arthritis, anxiety-depression disorders, obesity and behavioral risk factors such as smoking and alcohol intake. Emerging comorbidities such as metabolic syndrome and its components, hypertension, dyslipidemia, diabetes and obesity, are signifi cantly associated with psoriasis and lead to an increased cardiovascular risk. Objective: to review the current understanding of disease comor-bidities in psoriasis and to outline a possible classifi cation system.Conclusions: the relationship and directionality between psoria-sis and its comorbidities is complex but it is likely to be linked to a common pathogenetical background. The analysis of disease comorbidities is relevant for clinical practice in order to identify subgroups of patients requiring different treatment strategies.

Parole chiave: psoriasi, comorbilità, patologie metaboliche, fatto-ri di rischio cardiovascolare, patologie infi ammatorie immunome-diate, fattori prognosticiKey words: psoriasis, comorbidities, metabolic diseases, cardio-vascular risk factors, immune-mediated infl ammatory diseases, prognostic factors

mediche coesistenti nello stes-so soggetto, allo stesso tempo. In campo psichiatrico, il concet-to di comorbilità descrive global-mente la presenza di molteplici diagnosi sulla base dei sintomi presentati dal paziente. Le comorbilità associate al-la psoriasi rappresentano un problema medico aggiuntivo per il paziente e per il derma-tologo, che deve saper ricono-scere queste associazioni con il fine di ottimizzare l’assisten-

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tazione clinica della psoriasi e fa parte dei criteri di efficacia del-le terapie sistemiche nei trial cli-nici. Comorbilità emergenti, oggetto di studi clinici attuali, sono il ri-schio cardiovascolare e la sin-drome metabolica con le sue componenti (obesità, dislipide-mia, resistenza insulinica/diabe-te, stato protrombotico).

Classificazione della comor-bilitàLa psoriasi, in particolare nel-le forme moderate-gravi, si può associare con un ampio spettro di quadri patologici, grossolana-mente classificabili su un piano fisiopatologico come comorbili-tà “specifiche”, ossia relative al-la malattia e allo stato infiamma-torio cronico, o come comorbilità “globali” del paziente, condizioni patologiche di base o aggiunti-ve legate solo indirettamente al-la malattia psoriasica. L’impatto della psoriasi, in ter-mini di gravità clinica e di anda-mento cronico, determina un’im-portante riduzione della qualità di vita del paziente, innescando alterati meccanismi di coping e

favorendo l’insorgenza di fatto-ri di rischio cardiovascolare di ti-po comportamentale, come il fu-mo, l’obesità, il consumo di al-col, e di disturbi psichiatrici an-sioso-depressivi.La presenza di ulteriori qua-dri patologici acquisiti (infezioni acute e croniche, malattie respi-ratorie, neoplasie) complica la gestione clinica della psoriasi, in considerazione del loro possibi-le ruolo come fattori esacerban-ti la malattia. Comorbilità come l’artrite pso-riasica, disturbi ansioso-depres-sivi, il rischio di neoplasie se-condarie (linfomi), obesità e fat-tori di rischio comportamentali (tabagismo, abuso di alcol) so-no ormai ben riconosciuti in let-teratura.La natura cronica-infiammato-ria della patologia psoriasica può indicare direttamente un legame a importanti comorbili-tà di tipo infiammatorio, come artrite psoriasica, malattie in-fiammatorie intestinali (morbo di Crohn) e altre IMIDs (Immu-ne-mediated Inflammatory Di-seases), e di tipo metabolico-cardiovascolare, come la sin-

drome metabolica, oggetto di maggiore attenzione nella ricer-ca attuale. In tabella 1 riportiamo una clas-sificazione semplificata delle co-morbilità associate alla psoriasi.

Effetti della comorbilità nella psoriasiRuolo delle comorbilità nella psoriasi:

Comorbilità come fattore sca-tenante/esacerbante la psoriasi (aumento del rischio di psoriasi in soggetti fumatori, obesi, ruolo della polifarmacologia).

Comorbilità come risultato dell’impegno multisistemico del-la psoriasi (artrite psoriasica e disabilità articolare, aumentata prevalenza di sindrome metabo-lica nei soggetti affetti da psoria-si, incremento del rischio cardio-vascolare nei pazienti affetti da psoriasi).

Comorbilità derivante dalla compromissione della qualità di vita nella psoriasi (alterazione dell’umore, fatica cronica e di-sabilità).

Comorbilità legata ai tratta-menti pregressi (tossicità cumu-lativa da farmaci).

1.

2.

3.

4.

Comorbilità specifiche Comorbilità globali

Artrite psoriasica

Associazione con altre IMIDs Infezioni

Disturbi dell’umore

Ansia-depressione

Fatica cronica Neoplasie

Tabagismo BPCO

Abuso di alcol Epatiti croniche, Cirrosi epatica

Obesità Steatoepatite non-alcolica (NASH)

Patologia epatica steatosica non-alcolica (NAFLD)

Sindrome metabolica

Patologie vascolari periferiche

Ipertensione arteriosa Cardiopatia ischemica

Resistenza insulinica/Diabete Scompenso cardiaco

Stato protrombotico Patologie cerebrovascolari

Tabella 1 Classifi cazione delle comorbilità nella psoriasi

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Comorbilità come fattore mo-dulante la risposta ai trattamenti sistemici (obesità).

La direzionalità delle relazioni tra psoriasi e comorbilità è com-plessa, non sempre ben defini-bile in assenza di comprovate evidenze circa i meccanismi fi-siopatologici alla loro base.

Comorbilità classicamente associate alla psoriasiArtrite psoriasicaL’artrite psoriasica è un’artrite infiammatoria sieronegativa as-sociata alla psoriasi considera-ta da alcuni come manifestazio-ne integrante della malattia, da altri come comorbilità. A secon-da delle casistiche, colpisce dal 6 al 40% dei pazienti affetti da psoriasi, più frequentemente è successiva (da 7 a 10 anni) al-l’insorgenza delle lesioni cuta-nee. La gravità dell’impegno arti-colare, il decorso e il rischio di progressione verso il danno articolare non correlano stret-tamente con l’interessamento cutaneo. Sono descritti classi-camente cinque pattern di in-teressamento articolare nella AP e una variabile associazio-ne con l’estensione delle lesio-ni cutanee. Un carattere distin-tivo della psoriasi artropatica è dato dall’onicopatia. I pazienti affetti da artrite pso-riasica grave rappresentano un sottogruppo con maggiore ri-schio di mortalità, la cui progno-si è modulata da alcuni fattori di rischio, come la presenza di fe-nomeni erosivi alla diagnosi, il numero di articolazioni coinvol-te, elevati indici infiammatori, il numero di trattamenti pregres-si, il numero di ospedalizzazio-ni e la presenza di dattilite (1). Questi fattori prognostici rifletto-no il decorso della malattia, che determina nel tempo un danno articolare progressivo e disabili-tà articolare, quindi ridotta fun-zionalità globale. Anche nei pa-

5. zienti affetti da artrite psoriasica il maggiore determinante della mortalità sono le malattie car-diovascolari (ipertensione, car-diopatia ischemica, patologia cerebro-vascolare e patologia occlusiva vascolare periferica), la cui prevalenza è maggiore ri-spetto ai controlli negli studi di coorte (2).

Associazione con altre IMIDsLe malattie infiammatorie im-munomediate, o IMIDs (Immu-ne-mediated Inflammatory Di-seases), comprendono una se-rie di patologie caratterizzate da un’alterata regolazione del si-stema immunitario e da uno sta-to di infiammazione cronica a li-vello di diversi organi e apparati. Condizioni apparentemente di-verse, come la psoriasi, il mor-bo di Crohn, la rettocolite ulce-rosa, le uveiti e le spondiloar-tropatie sieronegative, vengono raggruppate ormai in un’unica entità nosologica sulla base del-la comune predisposizione ge-netica (associazione con HLA-B27, associazione dei loci cro-mosomici di predisposizione) e dei comuni meccanismi fisio-patologici (disregolazione del-le citochine IL-17, IL-22, IL-23 e TNFα).Le terapie biologiche altamen-te selettive, come gli inibitori del TNFα, presentano una compro-vata efficacia in una varietà di condizioni infiammatorie croni-che (artrite reumatoide, psoria-si, IBD), confermando la validi-tà del concetto nosologico del-le IMIDs. Le IMIDs come la psoriasi e il morbo di Crohn tendono inoltre ad associarsi clinicamente, dato che nei soggetti affetti da psoria-si la malattia di Crohn risulta set-te volte più frequente rispetto ai controlli (3).Queste patologie infiammatorie croniche sembra presentino an-che un profilo di comorbilità as-sociate e complicanze mediche comparabile, indicando proble-

matiche comuni nella gestione clinica (4).Un corretto inquadramento di pazienti affetti da psoriasi e altre IMIDs (uveite, morbo di Crohn) ne permette anche una terapia integrata con i nuovi agenti bio-logici selettivi.

DepressioneLa psoriasi è associata con per-dita di autostima, alterazioni del tono dell’umore e del ritmo son-no-veglia, tratti di disturbi ansio-so-depressivi minori.Nei pazienti affetti da psoriasi, la prevalenza di depressione è del 42% mentre risulta maggiore la prevalenza di sintomatologia de-pressiva, e in generale di morbili-tà psichiatrica, rispetto alla popo-lazione generale e ad altre cate-gorie di pazienti dermatologici. Uno studio italiano su un’ampia popolazione (n = 2391) di sog-getti affetti da psoriasi ha evi-denziato la presenza di sinto-mi di depressione nel 62% del campione, utilizzando come strumento questionari specifici di tipo epidemiologico (Centers for Epidemiologic Studies De-pression - CES-D) (5).La valutazione multidimensio-nale della qualità di vita globa-le (SF-36, GHQ12) e di tipo der-matologico (DLQI, Skindex), e la somministrazione di questio-nari specifici per la valutazione dei sintomi di depressione-ansia (Brief Symptom Inventory - BSI; Beck Depression Inventory - BDI), permettono di evidenziare l’impatto della malattia cutanea sulla salute psicologica e sul-la vita di relazione del paziente, identificando i sottogruppi di pa-zienti ad alto rischio di disturbi di ansia e depressione. Numerosi studi hanno eviden-ziato una relazione diretta tra la gravità clinica della psoriasi e il grado di depressione (fino al-l’ideazione di suicidio). Diversi trial clinici con agenti terapeu-tici sistemici, sia tradizionali sia di nuova generazione, hanno di-

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mostrato un effetto benefico del trattamento su tutte le misure di outcome relative alla qualità di vita, stato di salute e presenza di sintomi di ansia-depressione. In particolare, la recente eviden-za scientifica suggerisce come lo stato infiammatorio cronico legato alla psoriasi e la presen-za di citochine proinfiammatorie (IL-1, TNFα) possano essere le-gati alla depressione e allo stato di fatica cronica, mediati da al-terazione della funzionalità del-l’asse ipotalamico-ipofisario. Nonostante gli effetti benefici del-la terapia sistemica sul quadro clinico, fino a un terzo dei sog-getti affetti da psoriasi può co-munque presentare una residua sofferenza psicologica alla fine di un ciclo terapeutico, come rileva-to da Sampogna et al. (6).La definizione di gravità clinica della psoriasi moderata-grave, e di gruppi di pazienti high-need, non può prescindere quindi da un’accurata valutazione della funzionalità psicologica del pa-ziente.Un’alta prevalenza di depressio-ne nei pazienti con psoriasi può rappresentare un ulteriore fatto-re aggravante il rischio cardio-vascolare, come indicato da evi-denze preliminari circa gli effet-ti dei farmaci antidepressivi sulla mortalità cardiovascolare (7).

ObesitàL’associazione tra psoriasi e obesità (BMI >30) è evidenzia-ta da diversi studi sui registri nazionali dei pazienti affetti da psoriasi e sembra di tipo bidire-zionale. Nei pazienti psoriasici vi è una tendenza a BMI più elevati ri-spetto alla popolazione di con-trollo, dopo gli aggiustamenti re-lativi a sesso ed età. Un incre-mento del BMI è stato imputato come fattore di rischio per l’insor-genza di psoriasi nello studio di Naldi et al. (8).L’obesità presenta una mag-giore prevalenza nel sottogrup-

po di pazienti con psoriasi grave rispetto ai pazienti con psoriasi moderata.L’analisi retrospettiva dei casi suggerisce come l’obesità se-gua cronologicamente l’insor-genza della psoriasi, indicando la presenza di comuni meccani-smi fisiopatologici alla base del-le due condizioni (9).Un recente studio caso-control-lo multicentrico di Naldi et al. di-mostra invece un’associazione tra obesità e casi di psoriasi di recente diagnosi rispetto ai con-trolli. Le relazioni reciproche tra psoriasi e obesità sono dunque complesse, difficilmente apprez-zabili con il solo ausilio di studi retrospettivi. IL BMI rappresenta inoltre, se-condo un’analisi di regressio-ne logistica multivariata, un po-tenziale fattore prognostico per il decorso a medio termine (5 anni) nei pazienti con psoria-si, identificando insieme ai fatto-ri età e sesso un sottogruppo di pazienti con necessità di terapia sistemica (10).L’obesità addominale, indice di adiposità viscerale, è una com-ponente fondamentale della sin-drome metabolica, condizione caratterizzata dalla sovrapposi-zione di alterazioni metaboliche, circolatorie ed emocoagulative, che determinano complessiva-mente un incremento del rischio cardiovascolare globale. In par-ticolare, la misura della circonfe-renza addominale (>102 cm ne-gli uomini e >88 cm nelle donne) è un indicatore del grado di adi-posità viscerale e correla diret-tamente con il rischio di eventi secondari (diabete tipo II, iper-tensione, morbilità cardiovasco-lare, apnea da sonno). Il fegato grasso non alcolico (Nonalcoholic Fatty Liver Disea-se - NAFLD) rappresenta la ma-nifestazione a livello epatico del-l’obesità e della sindrome meta-bolica, in assenza di consumo di alcol e infezioni da virus epa-totropi. Presenta una varietà di

quadri patologici: dalla sempli-ce steatosi epatica benigna fino alla steatoepatite non alcolica (Nonalcoholic Steatohepatitis - NASH) e relative complicanze (cirrosi epatica). Negli Stati Uni-ti, la NAFLD presenta un’inci-denza sovrapponibile a quella della sindrome metabolica.In letteratura sono segnalati ca-si di associazione tra psoriasi e NAFLD-NASH, ma mancano studi sistematici al riguardo (11). In considerazione della maggio-re prevalenza di obesità e del-l’utilizzo di farmaci epatotossici (metotrexato, ciclosporina A), il ruolo della patologia epatica su base non-alcolica nella psoriasi è meritevole di maggiore atten-zione da parte dei dermatologi.

FumoIl tabagismo rappresenta un fat-tore di rischio cardiovascolare di tipo comportamentale, diret-tamente correlato al rischio di ipertensione arteriosa, patolo-gie occlusive vascolari periferi-che, patologia cerebrovascola-re, cardiopatia ischemica e neo-plasie. La prevalenza di fumato-ri è maggiore nei soggetti affetti da psoriasi rispetto alla popola-zione generale (37% vs 13% se-condo il database Utah Psoria-sis Initiative). La maggioranza dei pazienti (78%) inizia a fuma-re prima dell’esordio della ma-lattia. In base ai dati dello studio osser-vazionale Psocare (n = 2368), la prevalenza di fumatori nella po-polazione di pazienti affetti da psoriasi moderata-grave è qua-si doppia rispetto alla popolazio-ne generale italiana corretta per età (41% vs 22,2%). Altre osservazioni indicano il fu-mo (pregresso o in atto) come fattore di rischio per l’insorgenza di psoriasi, con forte associazio-ne nei casi di psoriasi pustolosa. Una prolungata e intensa esposi-zione al fumo (>20 sigarette/die) correla inoltre con le forme clini-che più gravi di psoriasi, anche in

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presenza di fattori di rischio con-fondenti (età, sesso, BMI, durata di malattia) (12).Uno studio retrospettivo (n = 12.502) ha evidenziato un’as-sociazione tra psoriasi e bron-copneumopatie croniche ostrut-tive (BPCO), con maggiore pre-valenza di BPCO nei pazienti af-fetti da psoriasi (5,7% vs 3,6%; OR: 1,63; 95% CI: 1,47-1,81) (13). Il fumo è uno dei maggiori determinanti di BPCO, sebbene queste patologie risultino asso-ciate anche alla sindrome meta-bolica.

Consumo di alcolL’abuso di alcol non rappresen-ta un fattore di rischio cardiova-scolare, ma rimane comunque una causa importante di morta-lità legata a patologie epatiche (epatite cronica, cirrosi epatica) nei pazienti psoriasici ospeda-lizzati (14).La prevalenza di psoriasi è mag-giore nei pazienti in trattamento per alcolismo o affetti da cirro-si alcolica. Secondo una recente casistica, il 17-30% dei pazienti affetti da psoriasi presenta problematiche legate al consumo di alcol, men-tre il 18% riferisce effettivamen-te una storia di abuso (15).Il consumo di alcol conferisce inoltre un rischio di sviluppare psoriasi, con incremento del ri-schio di otto volte come indicato da uno studio su una coorte di 130 pazienti inglesi (16).Il consumo di alcol è inoltre va-riabilmente associato al rischio di insorgenza di psoriasi, gravi-tà clinica e a una ridotta risposta alle terapie nel sesso maschile.

Sindrome metabolica e relati-ve componentiLa sindrome metabolica (SM) raggruppa una serie di fattori di rischio cardiovascolare, co-me l’obesità centrale, la dislipi-demia, l’ipertensione arteriosa, l’intolleranza glucidica e lo stato pro-coagulativo in un’unica enti-

tà, che conferisce un rischio glo-bale per morbilità cardiovasco-lare e metabolica superiore alla somma dei singoli componenti. Un soggetto maschile con sin-drome metabolica presenta un rischio di mortalità per patologia cardiovascolare tre volte mag-giore, anche dopo correzione per i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. La definizione di sindrome meta-bolica varia a seconda dei crite-ri diagnostici, stabiliti dalle linee guida del WHO o dal National In-stitute of Health (NCEP-ATP III), che descrivono i valori di cut-off dei singoli componenti. La prevalenza globale di sindro-me metabolica nella popolazio-ne europea varia quindi, a se-conda della definizione, tra il 15 e il 35% e aumenta in modo li-neare con l’età, in particolare dopo i 60 anni. Diversi studi hanno analizzato la prevalenza di sindrome me-tabolica e delle sue componen-ti nei pazienti affetti da psoria-si. Lo studio italiano multicentri-co di Gisondi et al. ha eviden-ziato una prevalenza del 30,1% di sindrome metabolica (ATPIII) in un campione di pazienti ospe-dalizzati per psoriasi (n = 338) non sottoposti a terapia sistemi-ca, rispetto al campione di con-trollo costituito da altri pazienti dermatologici (20,6%; OR: 1,65) previa correzione dei fattori età e sesso. Delle singole compo-nenti analizzate sono risultate significative nella popolazione di soggetti psoriasici solo l’obe-sità addominale (circonferenza addominale), il BMI e l’ipertrigli-ceridemia. La prevalenza di sin-drome metabolica nei soggetti affetti da psoriasi correlava con l’età, in particolare dopo i 40 an-ni, e con la durata di malattia, mentre mancava una correla-zione significativa con la gravità clinica della psoriasi (17).Anche utilizzando i parametri diagnostici del WHO per la defi-nizione di sindrome metabolica,

questa risulta prevalente nella popolazione di pazienti psoria-sici ospedalizzati in Germania (n = 625) rispetto al campione di controllo (pazienti ospedalizzati per melanoma di stadio I) (18). Le varie componenti della SM, ipertensione arteriosa, obesità, dislipidemia, diabete/insulino-resistenza, stato pro-coagulati-vo, come indicato da diversi stu-di possono essere associate in-dipendentemente alla psoriasi. Circa la fisiopatologia alla base della sindrome metabolica, ri-mandiamo alla eccellente trat-tazione nel numero precedente di Psoriasis ad opera di Rotel-la e Lotti.L’associazione tra ipertensio-ne arteriosa e psoriasi è sta-ta riportata da diversi studi con evidenze contrastanti. In una popolazione di pazienti psoria-sici ospedalizzati, l’ipertensio-ne presentava una prevalen-za maggiore rispetto ai control-li (22% vs 10%; OR: 3,27; 95% CI: 2,41-4,43). La correzione dei fattori confondenti, età, sesso e fattori di rischio cardiovascola-re (obesità e fumo), tende inve-ce a ridimensionare tale asso-ciazione. Secondo una recente casistica tedesca circa la come-dicazione, ossia la terapia far-macologica complessiva di pa-zienti psoriasici ospedalizzati, più rappresentata è quella dei farmaci antipertensivi (in parti-colare, diuretici e ACE-inibitori). Questi sono assunti dal 31,7% del campione e la differenza di utilizzo delle varie classi di anti-pertensivi (ad eccezione dei far-maci beta-bloccanti) risulta su-periore rispetto al campione di controllo. L’ipertensione arterio-sa, come anche le altre compo-nenti della SM, in base ai dati delle comedicazioni presentava una prevalenza significativa nel-la popolazione di pazienti pso-riasici ospedalizzati rispetto ai controlli (19).La dislipidemia è un’altra com-ponente della sindrome meta-

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bolica frequentemente chiama-ta in causa negli studi di asso-ciazione con la psoriasi. Pazien-ti affetti da psoriasi di grado sia lieve sia moderato presentano un profilo dislipidemico, con un incremento di trigliceridi totali, colesterolo totale e delle frazio-ni LDLc e VLDLc, lipoproteina A, con una riduzione quindi del colesterolo-HDL e delle apolipo-proteine Apo-A1 e Apo-B. Uno studio ha dimostrato anomalie nel profilo lipidico preesistenti all’insorgenza di psoriasi, in par-ticolare un’alterata composizio-ne delle particelle HDL e VLDL-colesterolo e della apolipopro-teina Apo-A1 (20).La produzione cronica di cito-chine infiammatorie e adipochi-ne, come IL-1, IL-6, TNFα e lep-tina, nella sindrome metabolica determina una varietà di altera-zioni del metabolismo lipidico a livello di adipociti e fegato, co-me un’aumentata produzione e secrezione di acidi grassi libe-ri (FFA), colesterolo e particel-le VLDL, al contrario un alterato rapporto acidi grassi saturi/insa-turi e una riduzione delle parti-celle HDL. Alterazioni nel meta-bolismo lipidico sembrano inol-tre modulare perifericamente la funzione delle cellule immunita-rie (monociti/macrofagi, linfoci-ti T), la produzione di citochine infiammatorie (TNFα e IL-1) e la proliferazione cheratinocitaria a livello dell’epidermide (21).L’associazione tra diabete di tipo II e psoriasi è stata descrit-ta da numerosi studi, indican-do una maggiore prevalenza ri-spetto alla popolazione di con-trollo. L’insulino-resistenza e il diabete di tipo II riconoscono altresì come maggiore deter-minante l’obesità, in particola-re l’adiposità viscerale, altera-zioni comprese nella definizio-ne di SM. Uno studio caso-con-trollo (n = 65.449) sui database inglesi ha evidenziato un ri-schio di diabete di tipo II mag-giore nei soggetti affetti da pso-

riasi con BMI normale rispetto ai controlli (OR: 2,02; 95% CI: 1,31-3,10), con tendenza all’in-cremento nei casi con maggio-re durata di malattia e maggiore gravità clinica (22).L’iperespressione di TNFα nella psoriasi potrebbe indurre lo sta-to di insulino-resistenza modu-lando la funzione degli adipoci-ti ed epatociti, in maniera siner-gica con lo stato infiammatorio cronico legato all’obesità visce-rale. Un unico studio ha misura-to i marker di insulino-resistenza (test di tolleranza orale al gluco-sio e resistina sierica) in una pic-cola serie di pazienti psoriasici, correlandoli significativamente all’attività di malattia (PASI). Nei pazienti con psoriasi grave ed elevato BMI, lo stato metaboli-co sembra essere deviato verso l’insulino-resistenza (23).Lo stato protrombotico, o proin-fiammatorio, è una componente della SM ancora poco studiata nella psoriasi. Marker infiamma-tori come la proteina C-reattiva (PCR), il fibrinogeno e il PAI-1 (inibitore dell’attivatore del pla-sminogeno) risultano aumenta-ti sia nella sindrome metabolica sia nella psoriasi, in particolare nei pazienti psoriasici prima del trattamento sistemico (24).Elevati livelli di proteina C-reat-tiva hanno un valore predittivo per futuri eventi cardiovascolari nei soggetti sani, mentre poten-ziano il rischio cardiovascolare nei soggetti con diabete o SM.

Ruolo delle comorbilità nella scelta della terapia sistemica Il ruolo delle comorbilità nella psoriasi è complesso, per cui ri-sulta necessaria una valutazione multidimensionale del paziente con il fine di identificare una mi-gliore strategia terapeutica.In presenza di comorbilità di ti-po metabolico-cardiovascola-re (ridotta tolleranza glucidica, dislipidemia, ipertensione ar-teriosa, diabete) il trattamento con agenti sistemici tradiziona-

li (ciclosporina A, retinoidi, me-totrexato) presenta delle impor-tanti controindicazioni, con il ri-schio di effetti collaterali e quindi ulteriore aggravamento del pro-filo di comorbilità. Le comorbilità rappresentano quindi uno dei motivi prominenti per la terapia con farmaci biolo-gici, grazie alla maggiore seletti-vità e tollerabilità, in particolare nelle terapie a lungo termine.Le relazioni tra terapia sistemica e profilo di comorbilità sono al-tresì complesse, quando si pren-dano in considerazione altri pa-rametri di risposta clinici oltre al PASI. La terapia con metotrexa-to, a moderate dosi cumulative e in associazione a supplementi di acido folico, sembra avere un ef-fetto positivo sul rischio cardiova-scolare di pazienti affetti da pso-riasi e artrite reumatoide (25).La stessa terapia con metotrexa-to, anche a basse dosi cumula-tive (<1,5 g), presenta invece un maggior rischio di epatotossici-tà (evidenza istologica di fibro-si epatica) nella categoria di pa-zienti psoriasici affetti da conco-mitante obesità o diabete mellito di tipo II (26).Uno studio retrospettivo su coorti di pazienti psoriasici trat-tati con differenti antagonisti del TNFα (etanercept, infliximab, adalimumab) ha dimostrato un incremento significativo del pe-so e del BMI medio dopo 48 set-timane di trattamento, rispetto a gruppi di controllo trattati con al-tri farmaci sistemici. Le cause e la natura dell’incre-mento del BMI durante terapia con antagonisti del TNFα so-no al momento sconosciute, ma probabilmente da imputare agli effetti pleiotropici del TNFα sul metabolismo del tessuto adipo-so e muscolare (27).L’analisi dei dati del registro Psocare ha evidenziato un effet-to dell’incremento del BMI (sog-getti sovrappeso e obesi) sulla risposta clinica (PASI 75) indi-pendentemente dal tipo di tratta-

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mento, con notevoli implicazioni prognostiche. L’effetto dell’obe-sità sulla risposta clinica agli agenti sistemici sembra non ri-conoscere esclusivamente cau-se di tipo farmacocinetico. Rimane un quesito aperto l’ef-fetto della riduzione di peso sul-la sensibilità alle terapie sistemi-che.Studi clinici con gli antagoni-sti del TNFα (etanercept, inflixi-mab) nell’artrite reumatoide han-no dimostrato un effetto benefi-co sulla mortalità cardiovascola-re, con riduzione dell’incidenza del primo evento cardiovasco-lare nella popolazione trattata (OR: 0,46; 95% CI: 0,25-0,85) rispetto alla non trattata (28).Nella popolazione di soggetti af-fetti da psoriasi non vi sono al momento studi clinici circa l’ef-fetto delle terapie con inibitori del TNFα sulle componenti del rischio cardiovascolare (iperten-sione, dislipidemia, resistenza insulinica, funzione endoteliale). In figura 1 riportiamo uno sche-ma semplificato per rappresen-tare i numerosi rapporti tra pso-riasi, comorbilità, sindrome me-tabolica nel determinare la pro-gnosi a lungo termine.

ConclusioniLa presenza di comorbilità può da una parte rappresentare una complicanza nella gestione cli-nica della psoriasi, peggioran-done quindi la prognosi a lun-go termine (peggioramento del quadro clinico e ulteriore ridu-zione della qualità di vita), dal-l’altra determinare una riduzione della prognosi globale (in primis cardiovascolare) quoad vitam del paziente. In conclusione, è necessario identificare le categorie di pa-zienti psoriasici a rischio per lo sviluppo di comorbilità, con il fi-ne di ottimizzare l’assistenza ai pazienti e migliorare complessi-vamente i parametri di outcome specifici della malattia e la pro-gnosi globale dei pazienti. La presa in carico del paziente psoriasico da parte del derma-tologo non può prescindere da un’accurata valutazione delle comorbilità associate, che sem-pre di più rappresentano uno dei criteri fondamentali per la scelta della terapia sistemica. L’introduzione in terapia dei nuovi farmaci biologici, agenti selettivi nei confronti dei target immunologici della malattia, ha

permesso il trattamento di pa-zienti con comorbilità comples-sa, con la possibilità di modifica-re la storia naturale della malat-tia e la prognosi a lungo termine dei pazienti.Lo studio delle comorbilità as-sociate alla psoriasi è importan-te per identificare sottogruppi di pazienti più omogenei per gra-vità clinica, che presentano par-zialmente una diversa risposta ai trattamenti sistemici. Inoltre, il corretto inquadramento delle comorbilità ci permetterà di ottenere nuove informazioni ri-guardo la patogenesi della pso-riasi e in definitiva di compren-derne meglio la storia naturale.

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Fig. 1 Modello multifattoriale-gerarchico delle molteplici interazioni tra psoriasi e comorbilità

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Screening per l’infezione tubercolare latente in pazienti trattati con farmaci sistemici e farmaci biologiciFonte: National Psoriasis Foundation consensus statement on screening for latent tuberculosis infection in

patients with psoriasis treated with systemic and biologic agents Sean D. Doherty MDa, Abby Van Voorhees MDb, Mark G. Lebwohl MDc, Neil J. Korman MD, PhDd, Melodie S.

Young MSN, RNe and Sylvia Hsu MDa. Journal of American Academy of Dermatology; 14 May 2008.

a Department of Dermatology, Baylor College of Medicine, Houston, Texasb Department of Dermatology, University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvaniac Department of Dermatology, Mount Sinai School of Medicine, New York, New Yorkb Department of Dermatology and the Murdough Family Center for Psoriasis, Case Western Reserve University/University Hospital of Cleveland, Cleveland, Ohioe Private practice, Dallas, Texas

Aggiornamento clinico

Tuberculosis is a chronic granulomatose disease caused by Myco-bacterium tuberculosis and affecting every year 8-9 million people worldwide, with 3 million deaths per year. In the Journal of the American Academy of Dermatology of May 2008 appeared an ar-ticle relevant to the consensus statement of the National Psoriasis Foundation discussing the importance of a protocol screening (in-cluding the Tuberculin Skin Test, the QuantiFERON-TB-Gold and the T-SPOT-TB) to be made available for psoriatic patients and pa-tients with arthropathic psoriasis, suffering from latent tuberculosis infection and about to receive immunosuppressant/immunomodu-latory therapies (such as biologic and systemic therapies), in order to prevent the possible onset of active tuberculosis infections.

Parole chiave: psoriasi, infezione tubercolare latente, infezione tubercolare attiva, farmaci sistemici, farmaci biologiciKey words: psoriasis, latent tuberculosis infection, active tuber-culosis infection, systemic drugs, biologic drugs

ANDREA CONTI

Clinica DermatologicaUniversità degli Studi di Modena e Reggio Emiliae-mail: [email protected]

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Recentemente, sul numero di maggio 2008 del Journal of

the American Academy of Der-matology è stato pubblicato un interessante articolo sul con-sensus statement della Natio-nal Psoriasis Foundation relati-vo allo screening per la tuberco-losi latente nei pazienti psoriasi-ci sottoposti a terapia sistemica e biologica.La tubercolosi, malattia croni-ca granulomatosa causata dal Mycobacterium tuberculosis (bacillo di Koch), rimane ancora oggi una delle maggiori cause di morbilità e mortalità nel mondo, con 8-9 milioni di nuove infezio-ni e 3 milioni di morti ogni anno. Secondo l’OMS, circa un terzo della popolazione mondiale ne è potenzialmente infettato in uno stato latente, con il rischio concreto di riattivazione che può avvenire in qualsiasi mo-mento della vita. Uno dei fattori che potenzialmente aumenta ta-le rischio è sicuramente l’utilizzo delle terapie croniche immuno-soppressive. Le terapie immu-nosoppressive o immunomodu-lanti utilizzate nei pazienti affet-ti da psoriasi e artrite psoriasica, pur presentando un elevato pro-filo di efficacia nel controllo della malattia, possono determinare l’attivazione di un’infezione tu-bercolare latente. In tali pazien-ti, quindi, diventa sempre più importante, prima dell’avvio del trattamento terapeutico con far-maci sistemici, effettuare un ef-ficace screening per identificare eventuali infezioni tubercolari la-tenti. Nel trattamento della pso-riasi a placche moderata e gra-ve e dell’artrite psoriasica, viene attualmente utilizzata una clas-se di farmaci biologici antagoni-sti del Tumor Necrosis Factor-alpha (TNFα). Tra questi, inflixi-mab, etanercept e adalimumab. Tutti e tre i farmaci sono appro-vati per il trattamento dell’artri-te psoriasica e della psoriasi a placche. Il TNFα è una citochina con un ruolo centrale nella ca-

scata patogenetica di numerose patologie infiammatorie; inoltre, ha una funzione importante nel-la difesa dell’organismo nei con-fronti del Mycobacterium tuber-culosis. Questa citochina è in-fatti coinvolta nel processo di eliminazione del micobatterio, grazie all’attivazione macrofagi-ca, e ha inoltre il ruolo di preve-nire la disseminazione dell’infe-zione tramite la formazione del granuloma che delimita il pro-cesso infettivo stesso. Lo svilup-po dei diversi quadri clinici della tubercolosi varia in base alla ca-rica infettante alla via di infezio-ne e infine allo stato immunitario dell’ospite. Considerando, co-me sopra descritto, che il TNFα è coinvolto nei meccanismi di protezione nei confronti dell’in-fezione tubercolare, non risulta sorprendente il fatto che l’utiliz-zo clinico di farmaci antagonisti di questa citochina sia implica-to nell’incremento di casi di riat-tivazione tubercolare. Forme ati-piche di tubercolosi, come ma-lattia disseminata ed extrapol-monare, sono le più comuni in seguito a trattamento con i far-maci anti-TNFα.

Screening per l’infezione tu-bercolare latente o in atto (fi-gura 1)Nel 2004, il CDC (Centers for Disease Control and Preven-tion) pubblica le raccomanda-zioni per la prevenzione e la dia-gnosi di un’infezione tubercola-re latente, o in atto, in pazienti candidati a iniziare terapia con anti-TNFα. Prima di iniziare tali farmaci, il medico dovrebbe sot-toporre il paziente a quanto se-gue:

accurata anamnesi sull’even-tuale presenza di fattori di ri-schio per la tubercolosi.

Intradermoreazione alla tu-bercolina (TST - Tuberculin Skin Test): viene considerato posi-tivo quando si evidenzia dopo 48 ore dall’esecuzione una le-sione pomfoide eritematosa di

dimensioni maggiori, o uguali, a 5 mm. Un indurimento minore di 5 mm dovrebbe essere con-siderato negativo, ma non deve essere un criterio di esclusione per un’infezione tubercolare la-tente. Esiste poi la possibilità di avere falsi positivi nei sogget-ti che hanno effettuato il vacci-no BCG.

Un’alternativa al TST è rap-presentata da 2 test in vitro: il QuantiFERON TB Gold (Celle-stis, Limited, Abbotsford, Victo-ria, Australia) e il T-SPOT TB (Oxford Immunotec Limited, Oxford, UK). Il primo consiste in un sistema immunoenzimatico (ELISA) per quantificare la quo-ta di IFNγ rilasciata dai linfociti T dopo incubazione con sangue contenente antigeni micobatte-rici, quali PPD e peptidi sinteti-ci (ESAT-6; CFP-10). Il T-SPOT TB invece consiste nell’utilizzo di cellule mononucleate di san-gue periferico incubate in pre-senza di antigeni micobatterici. Tali test hanno dimostrato una più elevata specificità e sensi-bilità rispetto al TST nel diagno-sticare un’infezione tubercolare latente in individui immunode-pressi o immunocompetenti.

Esame radiologico del tora-ce: in caso di TST positivo per-mette di valutare se l’infezione tubercolare è latente o attiva. A tale controllo si può affiancare un esame colturale dell’espet-torato con ricerca del micobat-terio. Nei casi in cui il reperto radiografico dia esito positivo, o nei casi in cui il reperto radio-grafico mostri delle anormalità con esame colturale negativo, è comunque indicato far effettua-re al paziente la terapia antitu-bercolare con il regime standard di 4 farmaci, prima di iniziare la terapia con anti-TNFα.

Trattamento dell’infezione tu-bercolare latenteNei casi di tubercolosi latente accertata con gli esami di scree-ning, il trattamento raccomanda-

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genza di una riattivazione tuber-colare. Quest’ultima risulta esse-re 7 volte maggiore nei pazien-ti che non effettuano scrupolo-samente la profilassi rispetto a quelli che strettamente si atten-gono a quanto prescritto. Pres-so la Clinica Dermatologica del-l’Università di Modena, abbiamo trattato con farmaci anti-TNFα 13 pazienti affetti da psoriasi moderata-grave, risultati positivi allo screening per la tubercolosi (Intradermoreazione di Mantoux

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Fig. 1 Algoritmo

to consiste nell’utilizzo di isonia-zide 300 mg al giorno per 9 me-si oppure di rifampicina 600 mg al giorno per 4 mesi, utilizzata da sola o associata a isoniazi-de. Data la potenziale epatotos-sicità, è opportuno monitorare i parametri di funzionalità epatica in corso di terapia. Non vi sono indicazioni precise su quanto a lungo debba essere eseguita la terapia profilattica antitubercola-re prima di iniziare la terapia con anti-TNFα. A tal proposito, vi so-

no diversi regimi di pensiero nei diversi paesi del mondo. Le li-nee guida francesi affermano che sono sufficienti 3 settima-ne di profilassi prima di iniziare la terapia con anti-TNFα, men-tre la Società Spagnola di Reu-matologia raccomanda di ese-guire almeno 1 mese di terapia profilattica antitubercolare prima di iniziare gli anti-TNFα. Il tratta-mento dell’infezione tubercolare latente sembra essere in grado di prevenire fino al 70% l’insor-

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e QuantiFERON TB test positi-vi, radiografia del torace negati-va per lesioni attive). La profilas-si è stata effettuata con isoniazi-de alla dose di 300 mg al gior-no per un periodo compreso tra i 6 e i 9 mesi, mentre la terapia con anti-TNFα è iniziata 3 set-timane dopo. Sette pazienti so-no stati trattati con infliximab e 6 con etanercept per un massimo di 40 mesi consecutivi. In tutti i casi, la profilassi antitubercolare è stata eseguita correttamente e ben tollerata, come dimostrato dall’assenza di alterazioni della funzionalità epatica; soprattut-to, non abbiamo osservato al-cun segno di riattivazione del-la tubercolosi, pur proseguen-do la terapia con anti-TNFα ben oltre la sospensione della tera-pia con isoniazide (quasi 4 an-ni). Pur nei limiti di una casisti-ca ridotta, questi pazienti hanno risposto alle terapie anti-TNFα in modo sovrapponibile rispetto ai soggetti risultati negativi allo screening. I farmaci inibitori del TNFα, per la loro differenza nel meccani-smo di azione, emivita e per la loro differente struttura mole-colare, comportano differenze dal punto di vista del rischio di sviluppare una slatentizzazio-ne del processo tubercolare. In-fliximab e adalimumab sono an-ticorpi monoclonali che legano il TNFα, mentre etanercept è una proteina di fusione recetto-riale dimerica. Tutti e 3 i farma-ci legano il TNFα, con infliximab che lega il TNFα più avidamen-te rispetto a etanercept. Per tut-ti questi motivi, i diversi farmaci biologici hanno un diverso gra-do di rischio nella possibilità di una riattivazione di un’infezione tubercolare latente. In una re-view del FDA, che valuta un pe-

riodo da gennaio 1998 a settem-bre 2002, Wallis et al. riportano 335 casi di tubercolosi associata a infliximab e 39 casi a etaner-cept nel mondo. Sugli altri far-maci biologici utilizzati nel tratta-mento della psoriasi, quali ale-facept ed efalizumab, non sono riportati casi di riattivazione del-la tubercolosi, comunque è con-sigliato eseguire uno screening prima di iniziare il trattamento. Negli Stati Uniti, l’incidenza del-la tubercolosi in pazienti tratta-ti con farmaci anti-TNFα è sta-ta stimata complessivamente di 54/100.000 per infliximab e di 28/100.000 per etanercept. Di particolare rilievo si afferma che, anche per le terapie non biologiche sistemiche immuno-soppressive utilizzate nella tera-pia della psoriasi, sono stati ri-portati alcuni casi di riattivazio-ne tubercolare. Viene sottolinea-to come vi siano segnalazioni in trattamento con metotrexato in soggetti con artrite reumatoide e con ciclosporina A in pazien-ti trapiantati d’organo. Pertanto, pur non essendovi indicazioni precise, sarebbe opportuno sot-toporre a screening per la tuber-colosi anche i pazienti candidati a tali terapie tradizionali (tabel-la 1).

Conclusioni del reportI nuovi farmaci biologici inibitori del TNFα hanno dimostrato di es-sere efficaci nel trattamento del-la psoriasi, ma agiscono nei con-fronti di un’importante citochina che ha un ruolo fondamentale nel controllo dell’infezione tubercola-re. Benché vi siano pochi dati di-sponibili nella patologia psoriasi-ca, il loro uso può incrementare il rischio di sviluppare una tuberco-losi attiva. Da questo punto di vi-sta, anche le terapie sistemiche tradizionali, dotate di effetti immu-nosoppressivi o immunomodu-lanti, non devono essere sottova-lutate. Pertanto, l’adozione di me-todiche di screening e di eventua-li schemi di profilassi eseguiti con rigore risulta fondamentale per ri-durre al minimo il rischio di com-parsa di una tubercolosi attiva nei soggetti psoriasici trattati con far-maci sistemici, in particolare con anti-TNFα. Gli autori concludono affermando che in futuro saranno indispensabili studi per approfon-dire soprattutto l’utilità dei test in vitro sul rilascio di IFNγ, gli schemi di profilassi più appropriati nei ca-si di infezione tubercolare latente e i fattori che determinano le diffe-renze tra i farmaci anti-TNFα nel rischio di sviluppare una tuberco-losi attiva.

Terapia Screening TBC

Topica non necessario

UV/PUVA non necessario

Metotrexato raccomandato

Ciclosporina raccomandato

Infliximab raccomandato

Adalimumab raccomandato

Etanercept raccomandato

Efalizumab raccomandato

Tabella 1 Indicazioni riassuntive sullo screening per la TBC

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Congresso Nazionale della Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse (SIDeMaST)

PRESIDENTE DEL CONGRESSO: Torello Lotti

PRESIDENTE SIDEMAST: Mario Aricò

84°

ECM: Il Congresso sarà regolarmente accreditato.

Firenze, 10-13 giugno 2009Palazzo degli Affari e Palazzo dei Congressi

SEGRETERIA ORGANIZZATIVATriumph C.&C.Via Lucilio, 60 - 00136 Roma Tel. +39 06.355301 - 06.35530.207 - Fax +39 06.35530.250e-mail: [email protected] www.gruppotriumph.it - dermatologia2009.com

SEGRETERIA SCIENTIFICACLINICA DERMATOLOGICA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE

Via Lorenzo il Magnifico, 104 - 50129 FirenzeTel. 055 6264483 - Fax 055 6264499e-mail: [email protected]

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Il ruolo delle cellule dendritiche nella psoriasi

Psoriasis is an immune-mediated skin disease characterized by a complex interaction among T-cells, NK-cells, keratinocytes, endothelial cells, dendritic cells, cytokines and chemokines. Dendritic cells (DCs), due to their central position in the immune system as antigen presenting cells, are drivers in the immune mechanism of psoriasis. The activation of DCs, the cytokine pro-duction (IL 12, IL-23), induced by the DC, DCs antigen presenta-tion to T-cells and, subsequently, the Th-1 cells activation with release of TNFα and IFNγ play essential roles in the formation of chronic plaque psoriasis. Moreover, DCs are central players in the potentially self-substaining type-1 infl ammatory network. Recent studies have demonstrated a high number of immature as well as mature myeloid DCs (mDCs) and plasmocytoid DCs (pDCs) within diseased skin; we used a panel of monoclonal an-tibodies in order to characterize the presence, distribution and number of DCs in psoriatic skin. Therefore, these results provide further evidence that psoriasis is an immune-mediated dermatitis where the DCs play a pivotal role.

Parole chiave: psoriasi, patogenesi, cellule dendritiche Key words: psoriasis, pathogenesis, dendritic cells

Introduzione

Nel corso degli anni, le nuo-ve conoscenze acquisi-

te sui meccanismi patogeneti-ci della psoriasi sono aumenta-te. È ormai chiaro come il ruolo principale sia svolto dal sistema immunitario del paziente che, in risposta a particolari stimoli am-bientali, si attiva in maniera in-congrua causando la comparsa di malattia.

La ricerca

FEDERICA RICCERI* FRANCESCA PRIGNANO**

*Dipartimento di Scienze DermatologicheUniversità degli Studi di Firenze

**Dipartimento di Scienze DermatologicheU.O. Complessa - Clinica Dermatologica 2

e-mail: [email protected]

Tra tutte le cellule del sistema immunitario coinvolte nella pa-togenesi della psoriasi, è sem-pre stata focalizzata l’attenzione sul linfocita T e sulle citochine da esso prodotte e, non a caso, la psoriasi è stata considerata come il prototipo di malattia im-munitaria linfocita T-mediata.I linfociti T, una volta attivati, so-no infatti in grado di migrare nel-la cute, di produrre IL-2, IFNγ e

TNFα e di innescare così, con la compartecipazione di cellu-le Natutal Killer (NK), granulo-citi neutrofili, monociti-macrofa-gi, cheratinociti, cellule endote-liali e fibroblasti, quelle risposte infiammatorie responsabili della comparsa di malattia (figura 1).A nostro avviso, però, alla base del processo immunopatogene-tico psoriasico esiste un’altera-zione di elementi cellulari anco-

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ra più a monte: le cellule dendri-tiche (DCs). Le cellule dendritiche (DCs) so-no una sottopopolazione di cellu-le presentanti l’antigene (APCs), caratterizzate da lunghi prolun-gamenti citoplasmatici e rappre-sentano i primi elementi cellula-ri del nostro sistema immunitario che vengono a contatto con l’an-tigene. Sono in grado di captare e processare gli antigeni, di pre-sentarli ai linfociti T e di attivar-li, nonché di produrre una varie-tà di citochine proinfiammatorie con attività chemiotattica e im-munostimolante (TNFα, IFNα, IL-12, IL-23 e IL-15) fondamen-tali nell’induzione e nel manteni-mento della malattia.

L’attivazione delle DCs, la pro-duzione di citochine DCs indot-ta e la presentazione dell’anti-gene ai linfociti T da parte del-le DCs possono, quindi, essere considerati come i tre momenti chiave di tutto il processo pato-genetico psoriasico. Solo suc-cessivamente, e grazie all’azio-ne delle DCs, i linfociti T si atti-vano. La nostra ricerca ha spo-stato l’attenzione sulla cellula dendritica e sul suo ruolo pato-genetico.Le DCs sono quindi importan-ti nella patogenesi della psoria-si, in quanto tutta la cascata lin-focito-citochinica che porta al-la formazione della placca di-pende proprio dalla presenza e

dalla modificazione qualitativa e quantitativa di queste cellule.

Metodi e risultatiRecenti studi hanno dimostrato un importante infiltrato di cellule dendritiche in pazienti con pso-riasi, a livello sia della cute lesio-nale sia di quella non lesionale, tanto da affermare che a livel-lo di una placca psoriasica atti-va esiste una sostanziale ugua-glianza numerica tra DCs e lin-fociti T. Nelle placche psoriasiche so-no state riscontrate prevalente-mente cellule dendritiche mieloi-di, sia mature sia immature, cel-lule CD11c+ in grado di produrre iNOS e cellule dendritiche pla-smocitoidi. La cellula dendritica è, infatti, una cellula altamente dinamica, coinvolta in un conti-nuo e complesso processo dif-ferenziativo; da precursori mie-loidi immaturi, si passa a cellule dotate (contrassegnate da vari marker che ne evidenziano que-sto processo) di attività specifi-che nel contesto del sistema im-munitario (tabella 1).Il maggior incremento è riscon-trabile a livello epidermico e der-mico, dove sono presenti due principali subset di cellule den-dritiche mieloidi mature: le cel-lule dendritiche epidermiche in-fiammatorie (IDEC) (1) e le cellu-le dendritiche mieloidi dermiche (mDCs), la cui presenza, aumen-tata anche in cute non lesionale, sarebbe importante per il suc-cessivo sviluppo della lesione (2). Una cellula dendritica (mie-loide) è considerata funzional-mente matura quando esprime i marker di maturazione (CD83 e DC-LAMP) e funzionalmente attiva quando esprime anche le molecole di costimolazione indi-spensabili per la presentazione antigenica ai linfociti T (CD80, CD86, LFA-3, ICAM-1).Su cute lesionale, prevalente-mente a livello dermico, si trova-no in gran numero anche cellu-le dendritiche plasmocitoidi atti-

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Fig. 1 I principali attori del processo patogenetico psoriasico e le loro interazioni

L’immagine mostra i principali protagonisti coinvolti nella patogenesi della psoria-si (linfocita T, cellula dendritica, cellula Natural Killer, cheratinociti ed endotelioci-ti). La malattia è, infatti, il risultato di una complessa interazione tra questi e altri elementi cellulari e umorali, e la cellula dendritica, in qualità di cellula presentante l’antigene, risulta l’elemento iniziatore dell’intero processo eziopatogenetico.

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vate (CD80, 83, 86+), che espri-mono come marker specifico il BDCA-2; sono presenti, in nu-mero minore (e con una minore espressione dei CD80, 83, 86), anche a livello non lesionale do-ve potrebbero influenzare una possibile formazione della plac-ca. Risultano, invece, completa-mente assenti nella cute sana o nei pazienti con altre dermatosi infiammatorie come la dermatite atopica; il loro riscontro potreb-be, quindi, costituire un ulterio-re valido elemento diagnostico. Inoltre, i pazienti psoriasici sem-brano avere, rispetto ai sogget-ti sani, una riduzione delle pDCs a livello del sangue periferico. Ciò suggerisce come l’accumulo delle pDCs a livello lesionale sia conseguenza, più che di un lo-ro aumento assoluto, di una lo-ro redistribuzione. Sono le mag-giori produttrici di interferone-α e potrebbero rivestire un ruolo importante nello sviluppo delle lesioni, in quanto tale citochina è in grado di attivare direttamen-te i linfociti T (3).La recente osservazione di un subset di cellule dendritiche in grado di rilasciare la forma indu-cibile di ossido nitrico sintetasi in pazienti psoriasici ha permesso di ipotizzare come queste cellu-le inducano direttamente la pro-liferazione cheratinocitaria. L’os-sido nitrico che viene prodotto, infatti, eserciterebbe un’azione mitogena sui cheratinociti cir-costanti, mediata dall’induzione della sintesi di GMP-ciclico.Le DCs sono importanti nel pro-cesso patogenetico psoriasico non solo per la presentazione antigenica e la conseguente at-tivazione linfocitaria, ma anche per la loro produzione citochini-ca: secernono, infatti, fattori so-lubili e citochine come TNFα, IFNα, IL-12, IL-23 e IL-15, da sempre ritenute indispensabi-li nella formazione della placca (tabella 2).L’IFNα, prodotto prevalente-mente da cellule dendritiche

Cute sana Cute psoriasica non lesionale

Cute psoriasica lesionale

Cellule di Lan-gerhans (LCs)

+++ +++ +++

DCs infiamma-torie (IDECs)

+/- + +++

DCs mieloidi (mDCs)

+ ++ +++

DCs plasmoci-toidi (pDCs)

- + +++

Tabella 1 Analisi degli infi ltrati di cellule dendritiche in cute sana psoriasica, non lesionale e lesionale

Si nota come nella cute del paziente psoriasico, sia non lesionale che, soprattut-to, lesionale, sia presente un ricco infi ltrato costituito dai diversi subset di cellule dendritiche, fondamentali per la patogenesi della malattia. Oltre alle cellule di Lan-gerhans, normalmente presenti anche nel soggetto sano in qualità di sentinelle del nostro sistema immunitario, sono presenti DCs mature e attivate, sia nell’epidermi-de sia nel derma, pronte a presentare l’antigene e a secernere citochine. La loro presenza, anche in cute non lesionale, potrebbe contribuire a spiegare la caratteri-stica della psoriasi a scatenarsi in conseguenza di stimoli esterni. (+++: infi ltrato ricco, abbondante e omogeneamente distribuito; - : infi ltrato den-dritico assente)

Citochina prodotta Funzione

TNFα Attivazione di DCs e linfociti TAzione chemotattica sui linfociti TAzione neoangiogeneticaSecrezione di citochine proinfiammatorieAzione proliferativa sui cheratinociti

IFNα Stimolazione e proliferazione dei linfociti T

IL-12 Attivazione dei linfociti T CD4+Stimolazione della produzione di IFNγ linfoci-ta-T-mediata

IL-23 Attivazione dei linfociti T CD4+Stimolazione della produzione di IFNγ linfoci-ta-T-mediataIperplasia epidermicaAzione chemiotattica per DCs attivate

IL-15 Proliferazione dei linfociti T CD8+Iperplasia cutanea

Tabella 2 Citochine prodotte dalle DCs e loro implicazione nella patogenesi della psoriasi

Le DCs risultano importanti per la patogenesi della psoriasi non soltanto per la loro capacità di captare, processare e presentare l’antigene ai linfociti T, ma an-che per la loro capacità di secernere un vasto network citochinico. Ciascuna citochina prodotta è capace di contribuire sia direttamente alla iperplasia cuta-nea che caratterizza la malattia, sia indirettamente attraverso la stimolazione dei linfociti T. Si viene inoltre a creare un circolo vizioso in quanto molte di queste citochine sono capaci di stimolare a loro volta le DCs per la loro maturazione e attivazione.

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plasmocitoidi, è importante per la stimolazione e la proliferazio-ne dei linfociti T. È stato inoltre segnalato come il trattamento di pazienti psoriasici con IFNα ricombinante per malattie virali (epatite C o B), o tumori, causi una riesacerbazione della pso-riasi (4).IL-12 e IL-23 partecipano all’at-tivazione dei linfociti T CD4+ e stimolano la produzione e il rila-scio di IFNγ da parte delle cellu-le T attivate (5).IL-15 è una citochina proinfiam-matoria che induce la prolifera-zione linfocitaria, espandendo soprattutto la sottopopolazione CD8+; contribuisce, inoltre, di-rettamente all’iperplasia cuta-nea, in quanto inibisce i mecca-nismi apoptotici cheratinocitari (6). La somministrazione, in mo-delli psoriasici murini, di anticor-pi monoclonali anti-IL-15 si è di-mostrata in grado di ridurre l’at-tività della malattia (7).Le cellule dendritiche in genera-le, ma soprattutto quelle presen-ti in cute psoriasica, sono carat-terizzate anche dalla positività per il CD91, recettore delle heat shock proteins. Queste proteine (HSP27, HSP60, HSP70), prodotte pre-valentemente dai cheratino-citi stimolati, e i loro recettori (CD91) espressi sulle DCs so-no, infatti, notevolmente aumen-tati a livello lesionale. Il legame HSP-recettore è in grado di fa-vorire la secrezione di citochine proinfiammatorie DCs-mediata, attivare le cellule dendritiche, in-durre l’espressione di moleco-le costimolatorie e innescare, quindi, una risposta immunita-ria (8).Pertanto, le DCs sono in grado di produrre direttamente citochi-ne con attività stimolatoria/ini-bitoria su altri tipi cellulari, ma le stesse citochine da loro pro-dotte effettuano attività autocri-

na. È ormai accreditato che ta-li citochine siano in grado di or-ganizzare le cellule dendritiche e i linfociti T in un tessuto simil-linfoide a livello dermico, dove si perpetuerebbe l’interazione DCs-cellule T, normalmente lo-calizzata a livello linfonodale.

ConclusioniLa psoriasi è una dermatosi in-fiammatoria cronica dall’eziopa-togenesi complessa e affasci-nante. Per decenni è stata con-siderata una malattia primitiva del cheratinocita, con numero-si approfondimenti sulle altera-zioni fenotipiche e genotipiche di questa cellula, attribuendole la maggior parte delle caratteri-stiche patogenetiche necessa-rie per la comparsa delle lesio-ni. A partire dai primi anni ’80, in seguito a studi sperimentali su modelli animali e su cute uma-na in vitro, nonché ai primi suc-cessi terapeutici della ciclospo-rina, è cominciata una lenta “ri-voluzione patogenetica” che ha progressivamente focalizzato l’attenzione sul linfocita T. Fino ad oggi, quindi, l’attivazione del braccio T linfocitario del siste-ma immunitario del paziente è sempre stato considerato come il principale meccanismo pato-genetico della psoriasi. Le mo-dificazioni del cheratinocita so-no state spiegate come conse-guenze di questa cascata pato-genetica e le alterazioni a carico di altri tipi cellulari come aspetti patogenetici secondari.Il nostro lavoro si pone nell’otti-ca del proseguimento di tale per-corso “a ritroso” partito dal che-ratinocita, passato al linfocita T e approdato, oggi, all’elemento cellulare ancora più a monte: la cellula dendritica.Le modificazioni istologiche nel-la presenza e nella distribuzione di diversi subset dendritici su cu-te lesionale di pazienti affetti da

psoriasi costituiscono, quindi, la conferma sia dell’importanza della cellula dendritica nella pa-togenesi della malattia psoriasi-ca sia delle solide basi per indi-rizzare un futuro approccio tera-peutico verso target ancora più selettivi.

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Case report

Psoriasi in gravidanza in trattamento con etanercept: un caso clinico

Psoriasis is a chronic relapsing disease affecting about 3 percent of the population worldwide. It affects equally men and women and the onset can occur at any age but most often between 20 and 30 years old. Approximately the 15 percent of all cases of psoriasis is diagnosed in children younger than 10 years old. In the article the authors describe the clinical case of a patient being treated with etanercept during the fi rst two months of pregnancy and who then continued the therapy with the anti-TNFα.

Parole chiave: psoriasi, gravidanza, etanerceptKey words: psoriasis, pregnancy, etanercept

Caso clinico

La paziente di sesso femmini-le di 30 anni di età, in sovrap-

peso (Body Mass Index: 29), si presentava alla nostra osserva-zione per la presenza, a livello del cuoio capelluto, delle regio-ni estensorie degli arti superiori e inferiori e del torace, di nume-rose lesioni eritematose a mar-gini regolari e limiti netti, di co-lorito rosso vivo, sormontate da squame di colorito biancastro facilmente asportabili dal piano cutaneo (figura 1). Tali lesioni tendevano a confluire ed erano associate a una lieve sintomato-logia pruriginosa.La paziente riferiva di essere af-fetta da psoriasi dall’età di 12 an-

ANTONIA G GALLUCCIORAFFAELE PILLAMICHELE PEZZA

U.O. DermatologiaOspedale “Sacro Cuore di Gesù

Fatebenefratelli”, Beneventoe-mail: [email protected]

ni quando, in corrispondenza delle superfici estensorie degli arti superiori, comparvero picco-le lesioni eritemato-desquamati-ve che tendevano a confluire. La paziente era stata sottoposto a diverse terapie topiche a base di corticosteroidi e derivati della vi-tamina D3, dalle quali aveva ot-tenuto transitori e scarsi benefi-ci. Negli ultimi tre anni era stata sottoposta a terapia con ciclo-sporina 3 mg/kg in associazio-ne a narrow band UVB che ave-va dato inizialmente buoni risul-tati ma, in seguito all’aumento di peso (circa 10 kg), non aveva più dato risultati clinici soddisfacenti. Nell’ultimo mese le lesioni cuta-nee erano aumentate in numero

e dimensione interessando an-che altre regioni cutanee, fino a coinvolgere gli arti superiori, gli arti inferiori, il dorso e il cuoio ca-pelluto (PASI 15). Si consigliava alla paziente di eseguire esami ematochimici per valutare: emocromo con for-mula leucocitaria, indici di flogo-si, funzionalità epatica e renale, assetto lipidico, intradermorea-zione di Mountoux, beta HCG, ecografia addome e pelvi, radio-grafia del torace. I risultati di ta-li indagini mostravano un’ipertri-gliceridemia (220 mg/dl) e una steatosi epatica documentata ecograficamente. In particolare, il beta HCG risultava essere nel-la norma.

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Al tempo zero, si calcolava l’in-dice PASI: 15 e si somministra-va alla paziente il questionario per la valutazione del DLQI: 20.Sulla base del quadro anamne-stico-clinico e degli esami ema-tochimici e strumentali, si deci-deva di proporre alla paziente terapia con etanercept alla po-sologia di 50 mg alla settimana per un totale di 2 mesi di tera-pia.Dopo 10 settimane dall’inizio della terapia, la paziente riferiva di essere in stato interessante da circa 2 mesi, pertanto si de-cideva di sospendere la terapia con anti-TNFα per tutto il perio-do della gestazione e dell’allat-tamento.La paziente non subiva un peg-gioramento della patologia (figu-ra 2) durante i mesi di gravidan-za e riprendeva la terapia dopo aver finito il periodo dell’allatta-mento, durato circa 3 mesi. Il neonato non presentava patolo-gie né malformazioni.

DiscussioneLa psoriasi è una malattia cro-nica ad andamento recidivan-te che può insorgere a qualsia-si età, ma più frequentemente fra i 20 e i 30 anni (1). Tale dato in-duce a considerare l’utilizzo di farmaci sistemici nelle donne in età fertile, pertanto è importante quando si deve curare la psoria-si in una donna in età fertile, in gravidanza o nel periodo dell’al-

lattamento avere ben presenti gli effetti dei farmaci antinfiammato-ri e immunosoppressori sul feto e quindi sul neonato. Le principa-li informazioni disponibili deriva-no da studi sperimentali condotti su animali o da rari casi di espo-sizione involontaria ai farmaci. Scarsi sono anche i dati sui pos-sibili effetti a lungo termine del-l’esposizione in utero, sugli effetti gonadotossici e sulla secrezione di tali farmaci nel latte materno. Allo scopo di raggiungere una posizione di consenso sull’uso di farmaci antinfiammatori e im-munosoppressori durante la gra-vidanza e l’allattamento e sul lo-ro possibile effetto sulla riprodu-zione, un gruppo di 29 esperti in-ternazionali ha partecipato a un workshop a Stresa, nel settem-bre 2004, durante la 4th Interna-tional Conference on Sex Hor-mones, Pregnancy and Rheu-matic Diseases.L’attenzione si è concentrata su quattro categorie di farmaci:

antinfiammatori; corticosteroidi; immunosoppressori; biologici.

Dati di letteratura pubblicati tra il 1960 e il 2004 sono stati discus-si in sessioni dedicate alle sin-gole classi di farmaci e, succes-sivamente, in sessione plenaria al fine di giungere alla definizio-ne di linee guida condivise. Per ogni tipo di farmaco sono stati

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valutati: il possibile effetto sul-la gravidanza, i potenziali effet-ti mutageni e teratogeni, gli ef-fetti sul feto, sul neonato e sulla fertilità e l’eventuale passaggio del farmaco nel latte materno. Le conclusioni sono state pub-blicate su Arthritis Research & Therapy online (2). L’FDA utiliz-za la seguente tabella per defi-nire il grado di rischio per il feto riguardo ai farmaci sistemici nel-le donne in gravidanza:A - appropriati e controllati studi non hanno dimostrato rischi per il feto nel primo trimestre di gra-vidanza (e non vi è evidenza di rischio nei trimestri successivi);B - studi sulla riproduzione ani-male non hanno dimostrato ri-schi per il feto e non vi sono stu-di appropriati e controllati su donne in gravidanza;C - studi sulla riproduzione ani-male hanno dimostrato un even-to avverso per il feto e non vi so-no studi appropriati e control-lati sugli umani, ma i potenziali benefici potrebbero giustificare l’uso del farmaco in gravidanza nonostante i potenziali rischi;D - esiste un rischio reale per il feto umano sulla base di eventi avversi riportati in esperienze di marketing, sperimentali o studi sull’uomo, ma i potenziali bene-fici potrebbero giustificare l’uso del farmaco in gravidanza nono-stante i potenziali rischi.Etanercept è classificato in fa-scia B e pertanto:

Fig. 1 Paziente in stato interessante affetta da psoriasi, pri-ma della cura

Fig. 2 Dopo 10 settimane di terapia

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gli effetti sulla fertilità non so-no noti;

studi condotti in topi e conigli non hanno rilevato effetti terato-geni o tossici per il feto;

non sono emersi rischi di anomalie congenite o altro in 32 donne in gravidanza trattate con etanercept;

il passaggio nel latte materno è documentato da un solo caso; l’effetto sul neonato non è noto.

A causa degli scarsi dati a di-sposizione, la raccomandazione è quella di non usare etanercept in gravidanza.Se è vero che per evidenti moti-vazioni etiche non possono esi-stere trial clinici che coinvolgano donne in gravidanza per valutare la teratogenicità di etanercept, è vero anche che in letteratura ne-gli ultimi anni sono stati descrit-ti alcuni casi clinici di pazienti in gravidanza che hanno assunto etanercept. Otermin et al. hanno pubblicato il caso clinico di una donna affetta da artrite in trat-tamento con etanercept 25 mg due volte alla settimana, che do-po aver intrapreso la gravidanza continuava la terapia senza alcu-na complicanza né per lei né per il neonato (3). Interessante è il la-voro pubblicato nel 2007 che va-

lutava un gruppo di 442 pazien-ti affette da patologie reumato-logiche trattate con anti-TNFα; 3 donne con artrite reumatoide intraprendevano una gravidan-za nel corso del trattamento. Di tali pazienti, una donna interrom-peva la terapia dopo due mesi e mezzo in assenza di alterazioni fetali rilevate ecograficamente. Altre due pazienti (una trattata con adalimumab e una con eta-nercept) davano alla luce neona-ti sani (4).Nel 2007 un’analisi dei dati del-l’Organization of Teratology Infor-mation Services (OTIS) metteva a confronto gli outcome di gravi-danza in 36 pazienti affette da ar-trite reumatoide sottoposte a tera-pia con etanercept (32 pazienti) o infliximab (4 pazienti) con gli ou-tcome in 74 pazienti affette da ar-trite reumatoide non in terapia an-ti-TNF e in 49 controlli sani.La percentuale di aborti e mal-formazioni fetali non differiva si-gnificativamente fra i tre gruppi, ma c’era un aumento significati-vo nella percentuale di parti pre-termine e di neonati a basso pe-so di nascita in tutte le pazien-ti con artrite reumatoide rispetto ai controlli (5).Contrariamente a quanto emer-so da tali lavori, Carter JD et al.

Farmaco Categoria FDA Eventi avversi in gravidanza

Valutazione del rischio

EtanerceptInfliximabAdalimumab

BBB

Non documen-tato aumento del rischio di di-fetti strutturali

Minimi dati su gravidanza umana

Rituximab C Non documen-tato aumento di rischio di di-fetti strutturali basato su case report

Mancanza di dati su gravi-danza umana

Anakinra B Dati non di-sponibili sugli umani

Mancanza di dati su gravi-danza umana

Tabella 1 Categorie FDA per l’uso di farmaci in gravidanza

hanno descritto il caso clinico di una paziente affetta da psoria-si artropatica che nel corso del-la terapia con etanercept 50 mg s.c. due volte alla settimana in-traprendeva una gravidanza e dava alla luce un neonato con la sindrome di Vater (Vertebral defect, Anal atresia, Tracheo-Esophageal fistula and Renal dysplasia) (6). Nel caso clinico da noi descritto, la paziente e il feto non presentavano compli-cazioni pur essendo stata la ge-stante sottoposta a terapia con etanercept 25 mg due volte alla settimana per i primi due mesi di gravidanza.

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Congress report

La malattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologichePrimo corso CIDEPIB 2008/2009

I l 18 ottobre, presso l’IRCCS Galeazzi di Milano, si è tenuto

il primo corso CIDEBIP* su “Ma-lattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologiche”. Il cor-so è stato organizzato dal Prof. Gianfranco Altomare, Ordinario di Dermatologia all’Università di Milano, e nasceva dalla neces-sità di un’informazione appro-fondita e indipendente sulla ge-stione dei soggetti affetti da pso-riasi moderata-grave.La focalizzazione del corso è stata quella di fornire indicazioni complessive sul trattamento del-la psoriasi, sulle possibili e fre-

quenti comorbilità che la carat-terizzano e sul loro trattamento, con la partecipazione di nume-rosi esperti di varie specializza-zioni, patologie che spesso non sono sottoposte alla necessaria attenzione. Il corso costituisce un momento importante di di-scussione anche nella prospet-tiva delle prevedibili modifiche del programma Psocare. Per l’interesse degli argomenti trattati e per darne la maggiore diffusione, in questo e nel pros-simo numero di Psoriasis ver-ranno pubblicati gli atti del con-vegno.

*Il CIDEBIP, Centro Universitario di Dermatologia Biologica e Psicoso-matica, è stato costituito dalle Uni-versità di Firenze, Siena e Milano per promuovere e coordinare la ri-cerca secondo protocolli omogenei, rendere accessibili a più gruppi di ri-cercatori strumentazioni di alto con-tenuto tecnologico, stimolare attività di formazione e favorire lo scambio di informazioni e materiali fra i ricer-catori. Il centro organizza seminari, convegni, congressi e iniziative di divulgazione.

Fattori immunopatogenetici coinvolti nello sviluppo della psoriasi

La psoriasi è una malattia in-fiammatoria a decorso croni-

co-recidivante caratterizzata da iperproliferazione dei cheratino-citi mediata dai linfociti T.La malattia si manifesta sul-la cute con fenotipi diversi, nel-la maggior parte dei casi con

chiazze eritemato-desquamati-ve distribuite in maniera simme-trica nelle sedi estensorie (go-miti, ginocchia etc.), ma può as-sumere aspetti solo eritemato-si quando colpisce le pieghe o di lesioni pustolose localizzate o diffuse.

In circa il 30% dei pazienti coesi-ste un coinvolgimento articolare periferico o assiale. Molto spes-so può avere un notevole impat-to sulla qualità della vita. La pa-togenesi è immunomediata, in cui fattori genetici predisponen-ti interagiscono con fattori am-

GIANFRANCO ALTOMARE - Università degli Studi di Milano - Clinica Dermatologica IRCCS Galeazzi

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Le catelicidine, insieme alle di-fensine, sono piccole molecole proteiche, parti integranti la bar-riera epiteliale, in grado di inibi-re la crescita batterica a livel-lo cutaneo. LL-37 viene prodot-ta normalmente nell’epitelio un-gueale, nelle ghiandole eccrine e nei cheratinociti solo dopo sti-moli infiammatori (7). È stato di-mostrato come LL-37 possa al-terare la normale tolleranza al DNA-self rilasciato dai cherati-nociti in seguito a una lesione e lo possa convertire in un segna-le di pericolo, attivando la rispo-sta immunitaria innata attraver-so i toll-like receptors delle cel-lule dendritiche plasmocitoidi. Queste ultime, considerate cel-lule ponte fra l’immunità innata e quella adattativa, attraverso i loro recettori endosomiali TLR7 e TLR9 (toll-like receptors 7/9), una volta attivate dal complesso LL-37+DNA-self, innescano una rapida e potente risposta che porta all’aberrante produzione di IFNα, con conseguente matu-razione delle cellule dendritiche mieloidi, innescando l’infiamma-zione locale autoimmune linfoci-ta T-mediata.Ben conosciuto è il ruolo dei su-perantigeni batterici o virali nel-l’innescare una risposta linfoci-taria. Queste proteine non ne-cessitano del processamen-to intracellulare da parte delle cellule presentanti l’antigene (APC). Vengono riconosciu-te dai linfociti CD4 e CD8 con TCR Vβ, determinando la loro espansione e il rilascio di nume-rose citochine, quali IL1-IL2 e TNFα, coinvolte nella patogene-si della psoriasi. Noto è il mime-tismo molecolare della proteina M-6 dello streptococco β emoli-tico di gruppo A con alcune che-ratine dello strato corneo, cau-sa dello scatenamento di forme di psoriasi eruttive nei bambini e anche negli adulti con lesioni eritemato-desquamative diffuse e di piccole dimensioni (psoria-si eruttiva).

Alcuni farmaci possono indurre o aggravare la psoriasi. Fra que-sti, ricorderemo gli antinfiamma-tori non steroidei (FANS), i sali di litio, i betabloccanti, gli inter-feroni, gli ACE-inibitori e l’imi-quimod. Ancora discusso il ruolo degli antimalarici di sintesi nel-l’interferire con le transglutami-nasi epiteliali e quindi nella for-mazione della barriera cutanea. Stimoli emotivi particolarmen-te intensi, come ansia, depres-sione etc., possono portare al-la liberazione di neuropepti-di (sostanza P, neurochine, be-ta-endorfine etc.), che possono indurre una “infiammazione neu-rogena” capace di agire sui mi-crovasi dermici e con il sistema immunitario (6).Molteplici studi immunofenotipi-ci hanno dimostrato che le cel-lule infiltranti il derma sono po-larizzate verso un fenotipo Th1 e sono linfociti T maturi (CD3+) che appartengono alla sotto-classe CD4 e mostrano segni di attivazione (DR+, CD25+). Ulti-mamente, è stato identificato un altro subset di T helper denomi-nato Th17 che produce IL17 e IL22, fortemente implicato nella patogenesi della psoriasi. Infatti, IL17 stimola le cellule endotelia-li e i macrofagi a produrre IL1 e TNFα e varie chemochine per il richiamo dei neutrofili, oltre a sti-molare nei cheratinociti l’espres-sione di geni per i peptidi anti-microbici. IL22 regola la diffe-renziazione e la proliferazione dei cheratinociti ed è coinvol-ta nel processo acantosico. In-fine, i linfociti CD8+, in numero minore, sono localizzati nell’epi-dermide, esprimono i TCR Vβ3 e Vβ13.1, suggerendo una pro-liferazione monoclonale o mar-catamente oligoclonale, secon-daria a un’attivazione cellulare conseguente al contatto con an-tigeni, autoantigeni (DNA-self) o con superantigeni di origine bat-terica, assumendo un fenotipo Th1 con conseguente produzio-ne di IL2, IFNγ e TNFα.

bientali scatenanti. La malattia ha un forte ma complesso sfon-do genetico, tanto che il 60-80% degli psoriasici di razza bianca è portatore di HLA-Cw6 contro il 20% della popolazione della me-desima razza (1, 2). I loci gene-tici associati con la malattia so-no definiti PSORS (psoriasis su-sceptibility) e si trovano sul brac-cio corto del cromosoma 6(p21) e PSORS1 codifica per proteine espresse a livello dell’epidermi-de, come la corneodesmosina. All’inizio si pensava che fosse un disordine esclusivo della chera-tinizzazione, poi è stato ricono-sciuto il ruolo primario del linfo-cita T (3, 4).In realtà, un concerto di diversi fattori dell’immunità cellulo-me-diata ed elementi dell’immuni-tà innata sono responsabili del-l’aumentata vascolarizzazione e della proliferazione patologi-ca dei cheratinociti. I fattori am-bientali, in questi soggetti predi-sposti geneticamente, possono indurre o esacerbare la psoriasi. Senza di questi, probabilmente, sarebbero rimasti in una condi-zione di assoluto silenzio clini-co. Fra i fattori ambientali sca-tenanti, dobbiamo annovera-re i traumi (fenomeno di Koeb-ner), le infezioni (superantigeni), i farmaci, il fumo e non ultimi gli eventi stressanti. Per quanto ri-guarda il fenomeno di Koebner, gli elementi che interagiscono sono: il DNA-self rilasciato dagli epiteliociti dopo una lesione cu-tanea, i peptidi antimicrobici, le cellule dendritiche plasmacitoi-di con i loro recettori (toll-like) e l’interferon-α (5). Normalmente, i componenti dell’immunità inna-ta non reagiscono verso struttu-re self (per esempio, DNA) pre-senti nei tessuti sani. Sono inve-ce in grado di riconoscere cel-lule “stressate”, o danneggiate, come può avvenire dopo una le-sione cutanea. Queste vengono catturate da LL-37, una catelici-dina (peptide antimicrobico) ipe-respressa nella cute psoriasica.

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Le citochine prodotte dai linfo-citi Th1 attivati (IL2-IFNγ-TNFα) dai Th17 (IL17-IL22) e dalle cel-lule dendritiche contribuisco-no a creare, a livello cutaneo, un network citochinico in cui i cheratinociti, che a loro volta esprimono molecole adesive, (ICAM1) secernono IL1, IL6 e IL8 e fattori di crescita (TGFβ e recettori specifici per l’EGF) e le cellule immunocompetenti del-l’immunità innata e adattativa si influenzano reciprocamente con conseguente alterazione della cinetica cellulare, con aumen-to della frazione di crescita cel-lulare e formazione delle lesioni psoriasiche (8).

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La psoriasi artropatica: clinica, mezzi diagnostici, valutazione di gravità

FRANCO CAPSONI - Professore Associato di Reumatologia - Dipartimento di Tecnologie per la Salu-te - Università degli Studi di Milano - Istituto Ortopedico Galeazzi, IRCCS, Milano

Nella sua più semplice defi-nizione, l’artrite psoriasica

(APs) è considerata un’artrite in-fiammatoria associata alla pso-riasi e solitamente negativa per il fattore reumatoide. Tale defini-zione, derivata dai criteri classifi-cativi proposti nel 1973 da Moll e Wright (1), per quanto ancora oggi utilizzata, può portare a una sovrastima della APs (qualsiasi artropatia sieronegativa in pre-senza di psoriasi potrebbe es-sere definita APs) o a una sua sottostima (per esempio, APs si-ne psoriasi o APs con FR positi-vo). La difficoltà di classificare i pazienti affetti da APs risulta ben evidente se si considerano le nu-merose proposte successive a quella di Moll e Wright, nessuna delle quali tuttavia è stata valida-ta per la APs (rev. in 2). La più re-cente proposta classificativa per la APs deriva da uno studio mul-ticentrico internazionale: il grup-po di studio CASPAR (ClASsifi-

cation criteria for Psoriatic AR-thritis) che ha portato all’identifi-cazione di criteri classificativi per la APs con un’ottima specificità (98%) e buona sensibilità (91%) (3) (vedi tabella 1). Nella pratica clinica, i criteri classificativi pos-sono aiutare ma sono spesso insufficienti per una diagnosi di APs nel singolo paziente, soprat-tutto quando si voglia proporre una diagnosi precoce. In clinica,

è giustificato il sospetto di APs in un paziente con artropatia peri-ferica o assiale, o con entesite in presenza di psoriasi o di familia-rità, quando la clinica e il labora-torio consentono di escludere al-tre patologie reumatologiche in-fiammatorie. Il classico approccio anamnestico e clinico, coadiuva-to dal laboratorio e dallo studio radiologico, rappresenta quin-di il percorso indispensabile per

Paziente con malattia articolare infiammatoria (periferica, assiale o entesitica) in presenza di almeno 3 dei seguenti parametri:1. psoriasi: attuale, anamnestica oppure in familiare di primo o se-

condo grado;2. onicopatia psoriasica;3. negatività del fattore reumatoide;4. dattilite: attuale o anamnestica;5. evidenza radiologica di neoformazione ossea iuxta-articolare pe-

riostale.

Tabella 1 Criteri CASPAR (3)

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una corretta e precoce diagnosi di APs. Le indagini di laboratorio non forniscono elementi specifi-ci per la diagnosi di APs e anche i parametri di esclusione di altre patologie vanno considerati con criticità e inseriti nel contesto cli-nico (rev. in 4). Gli indici di flogosi sono alterati in circa la metà dei pazienti e in questi possono indi-care una malattia articolare atti-va e particolarmente aggressiva. La negatività del FR, considerata in passato importante per la de-finizione di APs e la sua differen-ziazione dall’artrite reumatoide (AR), non è in verità un criterio assoluto essendo documentata una sua positività nel 5-13% dei pazienti con APs e una sua ne-gatività in circa il 30% dei pazien-ti con AR. Anche gli anticorpi an-ti-peptidi citrullinati ciclici (CCP), considerati altamente specifi-ci per la AR, risultano presen-ti in circa il 15% dei pazienti con APs. Infine, la positività degli an-ticorpi antinucleo è descritta nel 10-14% dei casi di APs.Da un punto di vista clinico, pos-siamo distinguere 3 forme clini-che principali di presentazione: 1) prevalente componente artriti-ca periferica; 2) prevalente com-ponente assiale; 3) prevalente componente periarticolare, cia-scuna con possibile e frequen-te sovrapposizione nel decorso della malattia (5). La forma artri-tica periferica, la più frequente in fase iniziale, è all’esordio spes-so asimmetrica e oligoarticola-re con tendenza durante l’evo-luzione della malattia a diventa-re poliarticolare e simmetrica (si-mil-reumatoide). Diversamente da quanto si riteneva in passa-to, la metà circa di questi pazien-ti evolve verso artropatie gravi con fenomeni erosivi e apposi-tivi ed evoluzione anchilosante; raramente (5% dei casi), si as-siste a un’evoluzione mutilante. Tipica e discretamente frequen-te (30-50% dei casi con APs con-clamata) è la localizzazione artri-tica alle interfalangee distali, so-

litamente associata a onicopatia psoriasica. La valutazione radio-logica, con Rx tradizionale, do-cumenta alcune alterazioni ca-ratteristiche in fase conclamata di malattia: coesistenza di lesioni erosive e appositive nei distret-ti articolari interessati; osteoli-si delle falangi terminali; aspet-to pencil in cup considerato di-scretamente specifico della APs avanzata; osteolisi con distru-zione completa dell’articolazione (forme mutilanti). Da sottolineare come, per le forme artritiche sia periferiche sia assiali, così come per le forme periarticolari, le me-todiche di imaging più innovati-ve (ecografia, eco power dop-pler, risonanza magnetica, scin-tigrafia) consentano un’evidenza di fenomeni flogistici (tenosinovi-tici, sinovitici, ossei) ed erosivi in una fase estremamente precoce di malattia, quando ancora la ra-diografia tradizionale risulta ne-gativa (6, 7). La valutazione della gravità del quadro artritico, e del-l’andamento della malattia in ri-sposta alla terapia, prevede l’uti-lizzo di indici compositi di valuta-zione, spesso nati per il monito-raggio dei pazienti con AR, che possiamo qui solo ricordare, ri-mandando alla letteratura spe-cifica per un’esauriente trattazio-ne (8). La conta articolare ACR (American College of Rheuma-tology) o l’indice articolare di Ri-tchie misurano l’entità dell’artrite, mentre i criteri di risposta ACR, i criteri di risposta della European League Against Rheumatism (DAS - Disease Activity Score) e lo PsARC (PsA Response Crite-ria) sono finalizzati alla valutazio-ne della risposta alla terapia.Per quanto concerne l’interes-samento assiale (sacroileite e/o spondilite), esso può esse-re, seppur raramente, manife-stazione d’esordio mentre è fre-quente a malattia conclamata, spesso in concomitanza con l’in-teressamento articolare periferi-co. La sacroileite, spesso asim-metrica, può esordire con dolo-

re lombare di tipo infiammatorio (notturno, con rigidità mattutina, migliorato dall’esercizio) e pos-sibili irradiazioni pseudo-sciatal-giche. L’evoluzione spondilitica, spesso asintomatica all’esordio, comporta progressiva rigidità del rachide in tutti i suoi distret-ti, rilevabile con opportune ma-novre semeiologiche. La com-ponente sacroileitica e spondi-litica richiedono un’attenta va-lutazione clinica e di imaging, ricordando la maggiore sensibi-lità della RMN nell’evidenza del-la sacroileite in fase iniziale. A malattia conclamata, la radiolo-gia convenzionale evidenzia la sacroileite asimmetrica, i sinde-smofiti tipicamente non margi-nali e asimmetrici (ciò che li dif-ferenzia dai sindesmofiti della spondilite anchilosante), l’inte-ressamento frequente del rachi-de cervicale. Anche l’interessa-mento assiale può essere quan-tizzato e monitorato utilizzando indici di valutazione composi-ti rivolti ai pazienti con spondi-lite anchilosante, ma utilmente adottati anche nella APs: il Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index (BASDAI), il Bath Ankylosing Spondylitis Functio-nal Index (BASFI) 40 e il Bath Ankylosing Spondylitis Metrolo-gy Index (BASMI) (8).Le manifestazioni periarticolari comprendono 2 principali quadri clinici che caratterizzano la APs: l’entesite e la dattilite. L’entesi-te può rappresentare un segno d’esordio della malattia e vie-ne sempre più riconosciuta co-me un segno clinico possibile di early APs; è frequente a malat-tia conclamata nelle sue tipiche localizzazioni calcaneari poste-riori (tendine d’Achille) e inferio-ri (fascia plantare), oltre che alle inserzioni legamentose, alle os-sa pelviche, toraciche e del ra-chide. La diagnosi può essere supportata da una valutazione ecografica o con RMN, ma nelle forme polidistrettuali può essere utile uno studio scintigrafico to-

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tal body. L’indice MASES (Maa-stricht Ankylosing Spondylitis Enthesis Score) viene conside-rato uno strumento utile per va-lutare la presenza e la gravità dell’entesite anche in pazienti con APs (9). La dattilite, termine con il quale si indica l’infiammazione in toto di un dito, è l’espressione clinica di un complesso fenomeno flo-gistico che coinvolge contempo-raneamente tendini, legamenti, articolazione e tessuti molli. Per quanto presente anche in altre forme spondiloartritiche, è par-ticolarmente frequente nei pa-zienti con APs conclamata (si-no al 50% dei casi). Ecografia, eco power doppler e RMN sono utili nella conferma diagnostica. Non esistono misure specifiche per la dattilite: una misura ap-prossimativa può essere ottenu-ta valutando insieme dolorabili-tà e tumefazione del dito in una scala da 0 a 4 (8). In conclusione, la frequenza del-l’interessamento articolare sug-gerisce la necessità di un con-trollo reumatologico in tutti i pa-zienti con psoriasi. L’obiettivo

di una diagnosi precoce di APs è motivato dall’evolutività fre-quente della malattia articola-re e dalle attuali possibilità tera-peutiche. La collaborazione tra dermatologo, reumatologo e ra-diologo è indispensabile nell’ap-proccio e nel monitoraggio del-la APs.

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Il coinvolgimento dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM) nella malattia psoriasica

DAVIDE ROCCHETTA - FRANCESCO LAGANÀ - ALESSANDRO BAJ - VINCENZO BONANNO - ALDO BRUNO GIANNÌCattedra e Unità Operative di Chirurgia Maxillo-Facciale Clinicizzata - IRCCS Istituto Galeazzi Univer-sità degli Studi di Milano - Dipartimento di Tecnologie per la Salute

corpo umano costituita da due articolazioni, due compartimen-ti separati e non comunicanti: il compartimento superiore o tem-porodiscale tra glenoide e disco e il compartimento inferiore tra disco e testa del condilo o condi-lodiscale. La capsula articolare è unica e, grazie alla suddivisione in due compartimenti, è dotata di maggiore range di movimenti e al tempo stesso di migliore sta-bilità. Il disco ha molteplici fun-

zioni: in primis, rende congrue le superfici articolari altrimenti in-congrue, protegge l’articolazione stessa dai carichi eccessivi, sca-ricando la forza su una superfi-cie maggiore, oltre a diffonde-re il liquido sinoviale e facilitare i movimenti combinati delle due sottoarticolazioni. Per quanto ri-guarda il movimento dell’ATM, in passato sono state analizzate di-verse teorie che poi si sono af-fermate in due schieramenti prin-

L ’artrite psoriasica è conside-rata una spondiloartropatia e

colpisce le articolazioni della co-lonna vertebrale, oltre alle arti-colazioni periferiche in associa-zione alla psoriasi. Tra queste, si annovera anche l’articolazio-ne temporo-mandibolare (ATM), che rappresenta una tra le più complesse e sofisticate articola-zioni dell’organismo. L’articolazione temporo-mandi-bolare è l’unica articolazione del

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cipali: la teoria dell’asse cernie-ra proposta da Posselt nel 1957 e la teoria del centro istantaneo di rotazione ideata da Jinbao nel 1988 e perfezionata da Fer-rario nel 1996. Attualmente, tut-ti gli studiosi sono concordi nel-l’affermare che il movimento del-la mandibola è composto da una componente rotazionale e una componente traslazionale, che lo studio di Ferrario et al. del 2005 ha identificato in maniera corret-ta. Da questo studio emerge che la componente rotazionale nel-l’individuo sano rappresenta il 33% e la componente traslazio-nale il 77%, senza differenze cor-relate al sesso. L’artrite psoriasica si definisce come una psoriasi associata ad artriti infiammatorie o spondiloar-triti sieronegative come definito da Alibert nel 1818, anche se la definizione esatta dei criteri per identificarla è arrivata nel 1973 con il lavoro di Moll e Wright. La prevalenza dell’artropatia psoria-sica è estremamente variabile, dal 5-7% al 30-40%, a seconda degli studi presi in considerazio-ne e questo, come vedremo, de-riva dal fatto che molto spesso la sintomatologia a carico dell’ATM è già presente nei pazienti che presenteranno la psoriasi. Le ar-ticolazioni più coinvolte sono le articolazioni interfalangee dista-li, la spalla, le ginocchia e le cavi-glie. L’interessamento dell’ATM è estremamente raro e fino ad ora sono stati descritti circa 35 casi in letteratura. Molte sono le dif-ficoltà diagnostiche: innanzitut-to, la psoriasi non è sempre pre-sente in un paziente con distur-bi ATM e soprattutto non è sem-pre facilmente identificabile. Per disfunzione temporo-mandibola-re (DTM) si intende una sindro-me clinica caratterizzata da sin-tomatologia varia, dal dolore alla limitazione funzionale, con ezio-logia multifattoriale. La sintoma-tologia articolare può precedere la comparsa delle manifestazioni cutanee e le disfunzioni dell’ATM

sono molto diffuse nella popola-zione e quindi possono essere solo patologie concomitanti. Nel suo studio, Dervis ha indagato la prevalenza dei segni e dei sinto-mi a carico dell’ATM in un grup-po di pazienti con la psoriasi sen-za l’artrite psoriasica (PA), rispet-to a un gruppo di pazienti con la psoriasi e con l’artrite psoriasica (PA) e comparati con un gruppo di soggetti sani. Non è emersa nessuna differenza significativa-mente quantitativa tra i vari grup-pi analizzati. Lo studio ha inoltre evidenziato che non esiste nes-suna correlazione tra la gravità della sintomatologia cutanea e la prevalenza della sintomatologia a carico dell’ATM, sia nel grup-po di pazienti con psoriasi senza PA sia nel gruppo di pazienti con psoriasi con PA (1, 5). La sintomatologia clinica del-l’artropatia psoriasica temporo-mandibolare può essere suddi-visa in tre step, a seconda del progredire della malattia: nello stadio precoce è presente dolo-re articolare associato alla ten-sione e dolorabilità alla palpa-zione della muscolatura masti-catoria. La comparsa di rumori articolari, quali crepitii e scrosci, è caratteristica dello stadio inter-medio. Lo stadio tardivo invece ha come sintomatologia preva-lente la limitazione dell’apertura della bocca (1, 10). Radiografi-camente, i primi due stadi pre-sentano lesioni erosive della te-sta condilare, mentre lo stadio tardivo può presentare lesioni osteoporotiche della testa e del collo condilare. Alla RMN e allo studio ecografico, lo stadio pre-coce e intermedio possono pre-sentare una lussazione del disco e la comparsa di un versamento intra-articolare, mentre nello sta-dio tardivo si può avere la com-parsa di alterazioni della forma del disco (6). Un’ipotetica clas-sificazione clinica dell’artropatia psoriasica temporo-mandibola-re divide le disfunzioni semplici dalla comparsa di lesioni morfo-

strutturali. Nelle prime, rientrano le sindromi caratterizzate da do-lore e/o rumore articolare, bloc-co articolare o closed-lock; nel-la seconda, le artropatie dege-nerative e le anchilosi temporo-mandibolari.Le diverse possibilità operative comprendono la semplice ar-trocentesi (lavaggio articolare), l’artroscopia diagnostica/opera-tiva, la condilotomia e la chirur-gia a cielo aperto. L’artrocentesi, o lavaggio arti-colare con soluzione fisiologi-ca del compartimento superio-re dell’ATM, è la tecnica descrit-ta da Nitzan e Dolwick nel 1993. È la metodica più semplice e me-no invasiva a nostra disposizio-ne per il trattamento delle disfun-zioni temporo-mandibolari. Il la-vaggio a cielo coperto interrom-pe il meccanismo patogenetico del dolore e/o del blocco articola-re, ma non risolve la causa della stessa disfunzione. Le principali indicazioni dell’artrocentesi sono il blocco articolare acuto e il bloc-co articolare e/o dolore e/o rumo-ri articolari cronici refrattari alla terapia conservativa di 6-8 mesi. È una tecnica che presenta per-centuali di successo superiori al 90% nelle patologie acute. Ulte-riori indicazioni future di utilizzo dell’artrocentesi potrebbero es-sere le osteoartriti e l’artrite reu-matoide (9).L’artroscopia dell’articolazio-ne temporo-mandibolare è sta-ta ideata da Honishi in Giappone nel 1975, per poi diffondersi ne-gli Stati Uniti e nel Nord Europa. La tecnica artroscopica può es-sere utilizzata in modo diagnosti-co, ma anche come tecnica ope-rativa. La nostra esperienza, nel-l’ambito delle disfunzioni dell’arti-colazione temporo-mandibolare, è iniziata nel marzo del 2003 all’Istituto Galeazzi e da allora al luglio 2008 sono stati trattati 52 pazienti affetti da disfunzioni temporo-mandibolari (49 femmi-ne e 3 maschi) con un totale di 69 articolazioni temporo-mandi-

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bolari indagate (19 monolaterali e 25 bilaterali). La sintomatologia prevalente è costituita dal bloc-co articolare con o senza dolore (71%) e dai dolori articolari cro-nici (21%); meno presenti sono i versamenti articolari (5%) e gli schiocchi articolari (3%). I qua-dri RMN evidenziano prevalente-mente una lussazione discale ri-ducibile (41%) e una lussazione discale irriducibile (35%) (figura 1). I reperti che più facilmente si evidenziano in corso di un’artro-scopia dell’ATM sono la presen-za di membrane e la presenza di condromalacia, che altro non è che un’artrosi iniziale della car-tilagine articolare. La patogene-si della stessa è da ricondursi a un processo di degradazione delle fibre collagene per eccesso di imbibizione di liquido nella ma-trice cellulare. La condromalacia riconosce 4 stadi di evoluzione, dall’aspetto del cotone bagnato all’ultimo stadio caratterizzato da crateri nella cartilagine, che met-te a nudo il sottostante osso. Le artroscopie diagnostiche sono state 37 e 32 quelle operative (in 26 casi si è eseguita la lisi del-le aderenze e in 11 casi è stata effettuata una condroplastica ter-mica). La condroplastica termica rallenta la propagazione della le-

sione condromalacica, riduce gli attriti durante la motilità articolare e dà all’articolazione una superfi-cie più liscia permettendo un mo-vimento più naturale. Nel 65% dei pazienti l’artrosco-pia è risultata efficace nell’ot-tenere la remissione comple-ta della sintomatologia, mentre nel 15% dei pazienti si è ottenu-to solo un miglioramento parzia-le dei sintomi (per maggiori det-tagli vedi tabella 1). Per conclu-dere, l’artroscopia dell’ATM ha come indicazione principale il trattamento delle disfunzioni ar-ticolari croniche, quali dolore ar-ticolare e/o limitazione apertu-ra e/o forti rumori articolari, re-frattarie alle terapie conservati-ve per un periodo superiore ai 6 mesi. Con l’artroscopia si pos-sono identificare quadri patolo-gici intra-articolari non altrimenti

identificabili e quindi avere una prognosi. È possibile, seppure in casi limitati, la riparazione to-tale o parziale del danno intra-articolare per agevolare il risul-tato delle terapie classiche nel periodo post-operatorio (4).In situazioni cliniche caratteriz-zate da occlusione normale, do-lore articolare persistente dopo terapia conservativa o artrocen-tesi, o in presenza di un disco articolare con una lussazione ri-ducibile, la scelta chirurgica ca-de sull’intervento chirurgico di condilotomia. La condilotomia è efficace perché modifica l’as-se condilare, migliora o norma-lizza il rapporto disco-condilare, svincola il condilo dalla restante mandibola aumentando lo spa-zio intra-articolare e riduce il ca-rico a livello articolare (12).Per concludere, rifacendosi alla suddivisione della quale abbia-mo parlato all’inizio, anche nel-l’artrite psoriasica, così come nella patologia dell’ATM, pos-siamo affermare che, laddove esista una semplice disfunzio-ne articolare senza alterazioni morfo-strutturali, l’obiettivo che dobbiamo ottenere con le diver-se tecniche chirurgiche a nostra disposizione è la mobilizzazione dell’articolazione (figura 2). Se è presente una lussazione acu-ta del disco, la terapia di scelta è l’artrocentesi o il lavaggio ef-fettuato in artroscopia. Se sono presenti adesioni intra-articola-ri discali e/o sinoviali associate o meno a dolore persistente, la chirurgia artroscopica oppure la condilotomia rappresentano le

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Fig. 1 Prevalenza dei diversi quadri RMN

Remissione sintomi (dolore residuo VAS 0-1 e/o apertu-ra >35 mm)

34 (65%)

Remissione parziale dei sintomi (dolore residuo VAS 3-4 e/o apertura >30 e <35 mm)

8 (15%)

Risultato insufficiente (dolore e/o limitazione apertura in-variati)

6 (12%)

Persi al controllo 4 (8%)

Tabella 1 Risultati del gruppo di pazienti sottoposti ad artroscopia ATM

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opzioni terapeutiche più adat-te. Se a loro volta si evidenzia-no patologie degenerative intra-articolari (per esempio, condro-malacia), la chirurgia artrosco-pica risulta la più indicata. Tutte queste tecniche mirano a otte-nere la mobilizzazione dell’arti-colazione, una funzione miglio-re della stessa ATM e il migliora-mento del risultato delle terapie classiche, quali per esempio la terapia gnatologica.Nei pazienti con alterazioni mor-fostrutturali, e quindi con artro-patie degenerative o con anchi-losi della stessa ATM, la chirur-gia a cielo aperto rappresenta l’unica scelta terapeutica possi-bile. In questi casi, si ha un com-pleto sovvertimento delle super-fici ossee articolari fino a una fu-sione vera e propria tra condi-lo e fossa glenoide, e quindi è facile immaginare come la fun-zione sia ridotta oppure annulla-ta, come nel caso dell’anchilosi. In questi casi, la chirurgia a cie-lo aperto permette di effettua-re una mobilizzazione dell’arti-colazione e un rimodellamento condilare, asportare il disco se danneggiato e sostituirlo con un

lembo di fascia e muscolo tem-porale, creando così un neodi-sco per permettere una funzione simile al normale. In alcuni casi, come nel riassorbimento condi-lare dopo chirurgia ortognatica, si arriva alla condilectomia bila-terale e all’innesto di cartilagine costale per ottenere una forma e una funzione condilare il più simile possibile al normale.Gli obiettivi del trattamento del-l’artropatia psoriasica tempo-ro-mandibolare si possono rias-sumere nella riduzione dell’in-fiammazione e nel controllo del dolore, e questo è possibile ri-muovendo cariche articolari ec-cessive e migliorando la mo-bilità articolare. Infine, dobbia-mo ricordarci che il trattamento maxillo-facciale rappresenta so-lo un aspetto di una situazione molto più complessa e il tratta-mento maxillo-facciale è locali-stico, ma la malattia psoriasica è una malattia sistemica.

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Fig. 2 Schema riassuntivo del trattamento delle disfunzioni articolari semplici adattato per l’artrite psoriasica

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Ipotesi citochinica dello scompenso cardiaco grave: il Tumor Necrosis Factor-alpha

SAIMA MUSHTAQ* - PIERGIUSEPPE AGOSTONI***Centro Cardiologico Monzino, IRCCS, Istituto di Cardiologia, Università degli Studi di Milano **Division of Respiratory and Critical Care Medicine, Department of Medicine, University of Washin-gton, Seattle, WA 98185 - USA

cardiaca è una condizione ca-ratterizzata da perdita di più del 7,5% del peso nell’arco di 6 me-si, in assenza di altre cause che possano indurre un significativo calo ponderale, quali neoplasie, patologie tiroidee o epatiche (6). In pazienti con cachessia car-diaca, vi è un accumulo sistemi-co di citochine, tra cui il TNFα, che sopprimono i geni codifican-ti per gli enzimi lipogenetici e, pertanto, interferiscono pesan-temente sul metabolismo lipidi-co. Quindi, sembra che alla ba-se della cachessia cardiaca non vi sia una riduzione dell’introito calorico, ma un aumentato stato catabolico (2-4). La cachessia è aggravata dal carico di lavoro a cui sono sottoposti i muscoli re-spiratori (tachipnea, dispnea), dall’anoressia farmaco-indotta, da perdita di nutrienti attraverso accumulo extravascolare di fluidi e da patologie concomitanti (per esempio, insufficienza renale). L’associazione tra elevati valo-ri di TNFα e stato cachettico è stata ripetutamente confermata, ma questa citochina esercita un ruolo molto più importante nel-la fisiopatologia dello scompen-so cardiaco. Infatti, il TNFα risul-ta essere elevato anche in pa-zienti senza evidenza di sindro-me cachettica ed è strettamente associato alla classe funziona-le di appartenenza, suggerendo che i livelli di TNFα possano co-stituire un marker di gravità del-la malattia (7).Vi sono evidenze che depongo-no fortemente per la possibili-tà che il TNFα possa costituire un possibile meccanismo di au-tomantenimento di danno car-

diaco e di progressione dello scompenso cardiaco (8). L’ipe-respressione di questa citochina è in grado di indurre, in cuori di cavia, una disfunzione ventrico-lare sinistra ingravescente, iper-trofia dei miociti, infiltrati intersti-ziali, disorganizzazione intersti-ziale, edema polmonare acuto, dilatazione delle cavità cardia-che, cardiomiopatia biventrico-lare con incremento generaliz-zato di apoptosi miocardica (9, 10). L’infusione di TNFα induce un effetto inotropo negativo pro-porzionale alla dose, immedia-to e completamente reversibile una volta rimossa la citochina. Inoltre, il TNFα e altre citochi-ne proinfiammatorie inducono modificazioni cellulari tipiche del cuore scompensato, come la downregulation della pompa cal-cica ATPasica del reticolo sarco-plasmatico (11) o il disaccoppia-mento dei recettori beta-adre-nergici dall’attivazione dell’AMP ciclico intracellulare (12). Inoltre, l’infusione di TNFα nel ratto in-duce un progressivo rimodella-mento ventricolare sinistro, as-sociato all’attivazione delle me-tallo-proteinasi, una famiglia di enzimi litici del connettivo in gra-do di mediare il rimaneggiamen-to del tessuto interstiziale car-diaco (8). A sottolineare l’impor-tanza del TNFα nel processo di rimodellamento cardiaco, si è di-mostrato che il tessuto cardiaco di ratto, in seguito a infarto, ipe-resprime l’mRNA del TNFα non solo nelle zone peri- e intrainfar-tuali, ma anche nelle zone re-mote rispetto all’evento ischemi-co-necrotico (13).

L ’iperattivazione neuroumo-rale rappresenta un aspetto

fondamentale della progressio-ne dello scompenso cardiaco. L’ipotesi neurormonale è soste-nuta dall’osservazione che i far-maci che riducono la mortalità del paziente scompensato sono gli ACE-inibitori, i betabloccanti, gli inibitori dell’aldosterone e gli antagonisti recettoriali dell’an-giotensina II. All’iperattivazione neuroumorale si affianca l’au-mento delle citochine. Due clas-si di citochine possono essere elevate in pazienti con scom-penso cardiaco cronico grave: le citochine ad azione vasoco-strittrice, come l’endotelina-1 (1), e le citochine proinfiamma-torie, come il Tumor Necrosis Factor-alpha (TNFα), l’interleu-china-1 (IL-1) e l’interleuchina 6 (IL-6) (2-4). In accordo con l’ipo-tesi citochinica della malattia, le citochine proinfiammatorie, e in particolare il TNFα, possono costituire un vero e proprio tar-get terapeutico nello scompen-so cardiaco grave. In realtà, i ri-sultati sia degli studi sperimen-tali su animali sia di quelli clinici sono contrastanti.Tra le citochine che più hanno attirato l’interesse dei ricercato-ri negli ultimi anni, vi è il TNFα, così denominato da Carswell et al. (5), che nel 1975 descrissero una molecola a struttura scono-sciuta in grado di essere indot-ta dall’endotossina e di causa-re necrosi delle cellule tumorali. Altri autori, qualche anno dopo, ipotizzarono un ruolo del TNFα nella cachessia cardiaca, deno-minando questa molecola co-me cachetina (2). La cachessia

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Uno studio di pazienti in classe NYHA II-IV ha dimostrato che il livello ematico del recettore 1 del TNFα rappresenta il fatto-re prognostico di maggiore im-patto, indipendente dalla clas-se NYHA di appartenenza, dalla frazione di eiezione, dal consu-mo massimo di ossigeno e dalla presenza di cachessia (7).Dall’ipotesi citochinica, che sot-tolinea il ruolo delle citochine proinfiammatorie nell’induzione e nel mantenimento dello scom-penso cardiaco, è emersa la convinzione che ogni meccani-smo in grado di ridurre le con-centrazioni tissutali e plasma-tiche di tali molecole produce un effetto favorevole in corso di scompenso cardiaco. Il TNFα può essere modulato attraverso strategie atte a ridur-ne la produzione cellulare e al-tre atte a ridurne l’attività biolo-gica.Tra le prime figurano farmaci co-me la pentossifillina, l’amrinone, il milrinone, l’adenosina e la do-butamina, che aumentano i li-velli intracellulari di AMP ciclico, prevenendo in tale modo l’accu-mulo di mRNA del TNFα e cau-sando così il blocco trascrizio-nale della proteina (14). In real-tà, studi con questi farmaci non hanno dimostrato un loro chia-ro ruolo nella riduzione di TNFα (15).Per ridurre l’attività biologica del TNFα è stato studiato l’eta-nercept, un dimero ricombinan-te costituito da una proteina chi-merica di fusione composta dal-la porzione extracellulare del re-cettore p75 del TNFα (tipo 2) fuso alla porzione Fc di una mo-lecola IgG1. I primi studi hanno dimostrato la capacità di far re-gredire l’effetto inotropo negati-vo del TNFα sui miociti in coltu-ra (16) e di migliorare significa-tivamente la contrattilità ventri-colare sinistra (17), senza però influire in maniera significativa sul rimodellamento ventricolare sinistro.

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La prima osservazione de-gli stretti rapporti tra infiam-

mazione e coagulazione risa-le al XVIII secolo, quando Wil-liam Hewson riportava che la formazione di coaguli è carat-teristica di molte malattie feb-brili e infiammatorie (1). Questo concetto è ancora attuale e ne-gli ultimi decenni si è assistito a un progressivo interesse sull’ar-gomento, che è stato arricchito da numerose scoperte. Attual-mente, si stanno facendo note-voli sforzi per applicare in clinica le conoscenze sui fattori geneti-ci e ambientali che agiscono su infiammazione e coagulazione, coinvolte in numerosissime pa-tologie umane.La risposta infiammatoria inte-ressa l’attivazione di sistemi bio-chimici, come il complemento, il sistema delle citochine, il siste-ma di contatto e la coagulazio-ne. Sono poi coinvolte cellule ematiche, come globuli bianchi, piastrine e cellule endoteliali. Vengono, infine, rilasciate so-stanze vasoattive responsabi-li di vasodilatazione ed edema, che sono situazioni caratteristi-che del processo infiammatorio (2-4). L’infiammazione stimola i fattori procoagulanti (come tis-sue factor e fibrinogeno), inibi-sce gli anticoagulanti (come an-titrombina, proteina C e trombo-modulina) e inibisce la fibrinolisi aumentando i livelli dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno di tipo 1 (PAI-1). Queste azioni portano a un effetto finale pro-coagulante. L’attivazione del-la coagulazione a sua volta sti-mola l’infiammazione, infatti vari fattori della coagulazione, come la trombina, il fattore X attivato e il complesso tissue factor-fattore VII, possono interagire con par-

ticolari recettori denominati PAR (Protease Activated Receptor) che sono presenti in numerose cellule (5). I recettori PAR ven-gono attaccati dalle proteasi del-la coagulazione nella loro parte extracellulare e inducono, me-diante le cosiddette G proteins, la sintesi di citochine proinfiam-matorie (6). Nel processo in-fiammatorio si attiva poi il siste-ma di contatto, in stretto rappor-to con complemento, fibrinolisi e sistema renina-angiotensina (4). Se l’infiammazione si croni-cizza, da un punto di vista teori-co, l’organismo è esposto per un lungo periodo a una condizione protrombotica. Questo concet-to è supportato dall’osservazio-ne clinica di aumento delle pato-logie cardiovascolari in malattie caratterizzate da infiammazione cronica, come artrite reumatoide (7), lupus eritematoso sistemico (8) o malattie infiammatorie inte-stinali (9).L’attivazione della coagulazio-ne, del sistema di contatto e del-la fibrinolisi può essere valuta-ta misurando i livelli plasmati-ci di frammenti che si staccano dai fattori, quando questi si at-tivano, o misurando i complessi che si formano tra i fattori attiva-ti e gli inibitori fisiologici (1). L’in-fiammazione può essere valuta-ta misurando i livelli di citochine infiammatorie (come interleuchi-na 6 - IL-6, o Tumor Necrosis Factor-alpha - TNFα), moleco-le di adesione o proteine di fase acuta come la proteina C reatti-va (2, 11).La prima dimostrazione che il TNFα induce attivazione della coagulazione viene da uno stu-dio condotto su 6 volontari sani, ai quali è stato infuso TNFα per via endovenosa ottenendo un in-

cremento di marcatori protrom-botici come il frammento della protrombina F1+2 (12). Il nostro gruppo ha utilizzato un approc-cio diverso per valutare i rappor-ti tra TNFα e coagulazione. Ab-biamo infatti studiato pazienti con una patologia chiaramente infiammatoria, come l’artrite reu-matoide, analizzando i marcato-ri di attivazione della coagulazio-ne dopo terapia con un farmaco anti-TNFα (13). L’artrite reuma-toide è una malattia infiamma-toria cronica sistemica di eziolo-gia sconosciuta, che colpisce cir-ca l’1% della popolazione adulta. I pazienti affetti da artrite reuma-toide, oltre ad avere una malat-tia cronica disabilitante e doloro-sa per il coinvolgimento artico-lare, sono soggetti a un alto ri-schio di morbilità e mortalità da malattie cardiovascolari, soprat-tutto infarto miocardico e stroke (7). Nei pazienti affetti da artrite reumatoide, si osservano alti li-velli plasmatici di marcatori del-l’infiammazione, come citochi-ne proinfiammatorie e proteina C reattiva, e di marcatori di atti-vazione della coagulazione (14). Nel nostro studio su 20 pazien-ti con artrite reumatoide (13), ab-biamo riscontrato elevati livelli di citochine proinfiammatorie e di marcatori protrombotici, che si ri-ducevano significativamente do-po 14 settimane di terapia con in-fliximab (anticorpo monoclonale chimerico umano-murino che le-ga e neutralizza il TNFα). La te-rapia con infliximab ha indotto un netto miglioramento dei parame-tri clinici di attività della malattia; la riduzione dei marcatori pro-trombotici suggerisce che pos-sa anche ridurre il rischio trom-botico. I nostri risultati fornisco-no il razionale per proporre stu-

Tumor Necrosis Factor-alpha (TNFα) e coagulazione

MASSIMO CUGNO - Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Milano - Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano

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di clinici controllati sulla terapia con farmaci anti-TNFα nell’ar-trite reumatoide per ridurre il ri-schio di malattie cardiovascola-ri. Indicano inoltre che nell’artrite reumatoide, oltre ai fattori classi-ci di rischio cardiovascolare, po-trebbero essere monitorati an-che i marcatori protrombotici. In-fine, la possibilità di contrastare farmacologicamente l’effetto del-le citochine proinfiammatorie sul sistema della coagulazione apre importanti prospettive nella ridu-zione del rischio cardiovascolare in tutte le malattie infiammatorie croniche. La malattia psoriasica, per esempio, nella quale è stato descritto uno stato infiammato-rio e uno stato di ipercoagulabi-lità (15, 16), è associata a un au-mentato rischio cardiovascolare (17, 18) che potrebbe essere in qualche modo controllato dai far-maci anti-TNFα, che riducono lo stato di ipercoagulabilità.

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La psoriasi e le malattie allergiche

PAOLO PIGATTO - CHIARA MARSILI Dipartimento di Tecnologie per la Salute - Clinica Dermatologica, Università degli Studi di Milano - Ospedale IRCCS Galeazzi, Milano

Introduzione

La prevalenza delle malat-tie allergiche nella popola-

zione generale italiana si aggira intorno al 25-28% (con un pic-co nei giovani del 35%). Attual-

mente, le allergopatie nei paesi occidentali sono considerate un problema sociale. Esiste un’am-

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pia variabilità nella prevalenza delle sensibilizzazioni nei con-fronti dei comuni allergeni aero-trasportati nei paesi occidentali, evidenziabili mediante il dosag-gio delle IgE specifiche; questo perché esistono fattori capaci di influenzare le sensibilizzazioni, come il clima, la vegetazione e lo stile di vita, che differiscono da paese a paese. In letteratura, solo recentemen-te sono comparsi studi che va-lutano la correlazione tra malat-tie allergiche e malattie autoim-munitarie.La psoriasi è una malattia a de-corso cronico-recidivante gene-ticamente determinata, che col-pisce circa il 2% della popola-zione generale e che può esse-re scatenata, o peggiorata, da fattori endogeni ed esogeni. Co-sì come le allergopatie, la pso-riasi viene considerata una pa-tologia correlata al benessere e con maggiore prevalenza nei paesi industrializzati e ricchi. Nella psoriasi, l’incidenza della dermatite allergica da contatto è stimata intorno al 6,6%, con un incremento significativo nelle for-me palmo-plantari in cui l’inciden-za si aggira tra il 20 e il 41,7%.Le zone di cute affette da pso-riasi sono le più colpite, sottoli-neando l’importanza delle medi-cazioni topiche. Come noto, l’in-sorgenza di una DAC scatenata dalle terapie topiche può com-plicare la psoriasi, favorendone l’aggravamento e rendendola più resistente alle terapie. Esistono, inoltre, forme cliniche con caratteristiche cliniche inter-medie tra psoriasi ed eczema, che complicano la diagnosi e il trattamento.Lo scopo del nostro studio è stato quello di investigare la prevalen-za di allergopatie in un campio-ne di soggetti psoriasici in tratta-mento presso il nostro centro.

Materiali e metodiLa prima parte del nostro stu-dio comprendeva 1000 pazien-

ti a cui era stato somministrato un questionario nell’anno 2000. Tra questi, abbiamo seleziona-to un campione di 485 sogget-ti che sono stati invitati a parte-cipare alla seconda parte dello studio effettuato tra il 2004 e il 2008. In totale, hanno parteci-pato 280 pazienti (57,7%), di cui 174 maschi (62,1%) e 106 fem-mine (37,9%) di età media 38,4 anni (range 20-69), di cui 102 con psoriasi attiva (37,5%).L’atopia è stata investigata con i prick test e confermata trami-te CAP Rast e in alcuni casi me-diante ISAC test.Tra i 280 pazienti candidati al-l’esecuzione dei prick test, 5 pa-zienti sono state scartate per gravidanza e 45 per regolare uti-lizzo degli antistaminici o di altri farmaci che possono interferire con l’esito del test; altri 21 so-no stati scartati per aver reagito nei confronti del controllo nega-tivo e 11 per non aver reagito al controllo positivo. La popolazio-ne valutabile positiva è risultata infine di 198 pazienti.La batteria dei prick test (tabel-la 1) comprendeva 15 allergeni. La sensibilizzazione allergica è stata definita come la presenza di almeno una positività ai test e la sensibilizzazione multipla co-me la presenza di almeno 2 o più positività a gruppi allergenici differenti ai test effettuati.La popolazione studiata mostra-va una concordanza del 96% tra i risultati del questionario ori-ginale e i risultati dei prick test pertinenti. La presenza di dermatite da contatto (o di ipersensibilità di tipo ritardato) è stata investiga-ta mediante l’applicazione del-la serie SIDAPA standard di pa-tch test a tutti i pazienti. Le let-ture sono state effettuate a 48 e 96 ore secondo i criteri della SI-DAPA.

RisultatiDal questionario è emersa una familiarità per atopia in 66 pa-

zienti su 280 (23,5%), una fa-miliarità dubbia in 54 pazienti (19,4%) e un’assenza di familia-rità in 160 casi (57,1%).La presenza di malattie allergi-che o pregresse di tipo IgE me-diato è risultata del 24,6%, di cui il 20,6% riferiva la presenza di asma e/o oculorinite e il 4% di eczema atopico.La presenza di sensibilizzazio-ne ottenuta con i prick test è stata del 43,9% (87 pazienti), con una diminuzione significa-tiva all’aumentare dell’età (do-po i 45 anni). Nei soggetti di età compresa tra i 20 e i 39 anni, la percentuale di sensibilizzazione nel gruppo di età era del 48,8%, del 29,2% tra i 40 e i 49 anni e del 15,6% tra i 50 e i 59 an-ni (p <0,001). Le più comuni po-sitività sono risultate in ordine: graminacee, betulla, gatto, am-brosia. Solo il 6% ha reagito agli acari della polvere. Le dimen-sioni mediane del pomfo positi-vo per acari della polvere e muf-fe variano da 3 a 3,5 mm, men-tre era di 5 mm per il polline di

Prick test: comuni inalanti

Erba canina

Erba mazzolina

Compositae mix

Parietaria

Ontano

Betulla

Nocciolo

Ambrosia

Dermatophagoides pteronys-sinus

Dermatophagoides farinae

Alternaria

Epitelio di cane

Epitelio di gatto

Controllo negativo

Istamina

Tabella 1 Batteria dei prick test

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graminacee e betulle e 5,5 mm per il gatto. Il 57,1% dei pazienti positivi è risultato sensibilizzato nei con-fronti di un solo allergene. La polisensibilizzazione è risulta-ta molto frequente, con il 26,2% dei pazienti sensibilizzati nei confronti di 2 allergeni e il 16,7% nei confronti di 4 o più allergeni.Le più comuni sensibilizzazioni emerse dall’ISAC test effettuato su 25 pazienti sono risultate nei confronti di graminacee Lol p 1, Phl p 1.0102 (8 pazienti), betulle Bet v1 (7 pazienti), gatto Fel d 1 (5 pazienti), acaro della polvere Der f 1, Der p 1 (4 pazienti).Sono state riscontrate anche le seguenti positività nei confronti di allergeni alimentari: mela Mal d 1.0108, 5 positività; pesca Pru p 3 LPT, 1 positività; kiwi Act d 17kD, 3 positività; latte Bos d 4, 1 positività; uovo Gal d 1, 1 po-sitività.Per quanto riguarda l’allergia da contatto, i patch test eseguiti solo su 95 soggetti sono risultati po-sitivi in 21 (13 femmine e 8 ma-schi), pari al 22,1%. In totale, le positività sono risultate 40, pari a 1,9 test positivi per soggetto, di cui 26 nelle femmine (2 per sog-getto) e 14 nei maschi (1,75 per soggetto). Gli apteni più frequen-ti sono risultati: nichel, cortisonici mix, coal tar e profumi mix.

Discussione e conclusioniLa presenza di sensibilizzazione è molto elevata nel nostro cam-pione, ma la reale presenza di malattia allergica di tipo IgE me-diato è molto più bassa (43,9% vs 24,6%). In particolare, solo il 10% dei soggetti riconosce la propria allergia. Nel complesso, il 33% degli psoriasici sensibiliz-zati (con meccanismo IgE me-diato e/o da contatto) non pre-senta alcun sintomo e l’allergia costituisce solo un reperto di la-boratorio.La possibile coesistenza tra ma-lattie autoimmunitarie (Th1 me-diate) e allergiche (Th2 media-

te) è ormai un dato di fatto. Si tende, tuttavia, a considerare il fatto che i sintomi legati ad ato-pia siano più intensi nelle fasi stazionarie di malattia psoriasi-ca piuttosto che nelle fasi acu-te, per un minore coinvolgimen-to Th1 cellulare. I pazienti ar-ruolati nel nostro studio erano prevalentemente in fase stazio-naria di malattia e questo dato ha permesso di osservare una maggiore quantità di sintomi do-vuti ad atopia, che tuttavia non sembrano molto più frequenti di quelli presenti nella popolazione generale di confronto.La prevalenza di sensibilizza-zione ai prick test diminuisce con l’età e questo si può spiega-re con uno sviluppo di tolleranza immunologica nei confronti degli allergeni ambientali che insorge con il tempo. Lo stesso ragiona-mento, applicato alla popolazio-ne generale, potrebbe spiegare il fatto che, a distanza di 8 anni dal nostro precedente studio sul medesimo argomento, la sen-sibilizzazione nei confronti de-gli acari era molto più elevata (28,6% vs 6%). I risultati dei patch test hanno confermato il ruolo dei medi-camenti topici nello sviluppo di DAC nei pazienti psoriasici, co-me già sottolineato nell’introdu-zione. I cortisonici, la lanolina e i profumi sono componenti mol-to utilizzati nei medicamenti del-le lesioni psoriasiche. Vale sottolineare dunque che nella malattia psoriasica un mo-nitoraggio puntuale della rispo-sta alla terapia si dimostra ne-cessario nei trattamenti topici così come in quelli sistemici.

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Fototerapia e fotochemioterapia nella cura della psoriasi

PIERGIACOMO CALZAVARA PINTONDivisione di Dermatologia - Azienda Ospedaliera “Spedali Civili Brescia”

I l termine fototerapia indica l’utilizzo di radiazioni elettro-

magnetiche non ionizzanti nel trattamento di malattie.Le radiazioni prevalentemen-te utilizzate in fototerapia der-matologica sono comprese nel-l’intervallo ultravioletto (UV), a sua volta suddiviso in UVB (280-320 nm), UVA2 (320-340 nm) e UVA1 (340-400 nm). Gli UVA vengono inoltre utilizzati per at-tivare farmaci fotosensibilizzan-ti ad azione terapeutica (1). Gli UVC non trovano indicazioni per-ché caratterizzati da attività erite-migena e cancerogena elevate e scarsa attività terapeutica.La fototerapia UVB si avvale dell’utilizzo di due diverse tipo-logie di lampade: UVB a ban-da larga (broad band [BB], che hanno circa il 10-20% dell’emis-sione nella banda 280-320 nm) e UVB a banda stretta (narrow band [NB], che hanno circa il 67% dell’emissione concentrato in un ristretto picco a 312±2 nm). Quest’ultima, si è rapidamente affermata come un trattamento di prima scelta per la cura della psoriasi, così come già emerso nella prima meta-analisi condot-ta dal British Photodermatology Group nel 1996 (1) e conferma-to dalla successiva meta-analisi pubblicata dallo stesso gruppo nel 2004 (2).Il bersaglio molecolare degli UVB è costituito dal DNA nu-cleare i cui nucleotidi sono fo-to-attivati sia con meccanismo anaerobio, dando origine a fo-toprodotti 6-4 del DNA e a di-meri della pirimidina di tipo ci-clobutano, sia con meccanismo aerobio generando fotoprodotti ossidati delle basi DNA, in par-ticolare guanine. Queste modifi-

cazioni del DNA portano all’ini-bizione della sua trascrizione e sintesi, e al blocco del ciclo fino alla morte cellulare per apopto-si o necrosi, a seconda della do-se irradiata e del tipo cellulare. È stato successivamente dimo-strato che l’attività terapeutica nella psoriasi è principalmente sostenuta dagli effetti immuno-modulanti di NB-UVB, quali l’in-duzione dell’apoptosi dei linfo-citi T e l’induzione di citochine, tra cui IL-10, IL-1, IL-6, MMP-1 e ICAM-1 (3). Contestualmen-te, tuttavia, NB-UVB ha anche un’azione proinfiammatoria do-se-dipendente che ne limita l’uso terapeutico. Lo studio degli spettri d’azione infiammatoria e terapeutica delle radiazioni UV per la psoriasi ha però dimostra-to che la stretta banda di lun-ghezze d’onda attorno a 313 nm possiede il migliore rapporto tra azione eritemigena e azione te-rapeutica (4).La definizione dei parametri ot-timali di trattamento non è an-cora conclusa. Il regime tera-peutico utilizzato nel nostro cen-tro comporta la determinazione della DME (Dose Minima Erite-migena) individuale di ogni sin-golo paziente e la somministra-zione del 50-70% della DME alla prima seduta, con incre-menti del 20% (ridotti al 10% in caso di eritema) a ogni succes-siva esposizione e le esposizio-ni vengono ripetute 3 volte alla settimana con frequenza a sca-lare. Il trattamento termina alla scomparsa delle manifestazio-ni psoriasiche o in presenza di un miglioramento parziale, sen-za alcun successivo progresso nonostante un’ulteriore settima-na di trattamento (5).

L’associazione con alcune tera-pie topiche, quali i derivati della vitamina D (6), o sistemiche, co-me etretinato e acitretina, può ri-durre il numero di sedute e la do-se UV cumulativa, mentre l’asso-ciazione con ciclosporina o me-totrexato appare sconsigliabile per l’aumentato rischio di tumo-ri cutanei. La fototerapia con NB-UVB non ha alcuna tossicità si-stemica ma ha un rischio di ef-fetti avversi, suddivisi in acuti e cronici, solamente cutanei. I più frequenti effetti avversi acuti so-no rappresentati dalla comparsa di episodi di eritema fototossico (7). Per quanto riguarda gli effet-ti collaterali a lungo termine, que-sti sono soprattutto legati alla po-tenziale cancerogenicità di UVB per il carcinoma spinocellulare. Lo spettro d’azione presenta un picco proprio nella regione UV compresa tra 290 e 315 nm (8), per cui la radiazione NB-UVB sa-rebbe circa due volte più can-cerogena di dosi similmente eri-temigene di BB-UVB. Tuttavia, dato che il numero di multipli di DME di NB-UVB necessario per portare a remissione la psoriasi è circa tre volte inferiore rispet-to a quello necessario con BB-UVB, si può concludere che un ciclo di fototerapia di NB-UVB sia meno carcinogeno di un ciclo di BB-UVB (9).La fotochemioterapia consiste invece nell’assunzione topica o sistemica di uno psoralene, 8-metossipsoralene (8-MOP) o 5-metossipsoralene (5-MOP), se-guita dopo un tempo variabi-le dall’irradiazione con lampa-da UVA.Gli psoraleni sono furocumari-ne lineari e, in assenza di fotoe-sposizione, sono prive di tossici-

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tà locale e sistemica. Agiscono intercalandosi nel DNA nuclea-re e, in seguito all’esposizione a UVA, determinano la formazio-ne di addotti bifunzionali tra le due eliche, inibendo la sintesi di acidi nucleici e proteine e la cre-scita cellulare. Sono inoltre do-tati di effetti mutageni. Gli psora-leni eccitati possono indurre an-che importanti danni aerobi a di-versi altri componenti cellulari e sono dotati di poteri immunomo-dulanti selettivi sui linfociti T atti-vati che infiltrano la cute; queste ultime due proprietà sono con-siderate attualmente le principa-li responsabili degli effetti tera-peutici della PUVA (10).8-MOP viene somministrato a un dosaggio di 0,6-0,8 mg/kg 2 ore prima dell’esposizione a UVA, mentre 5-MOP 1 ora prima a dosi di 1,2 mg/kg (per com-pensare il minore assorbimento intestinale).A seconda del protocollo utiliz-zato, il dosaggio UVA iniziale è deciso sulla base del valore indi-viduale della minima dose foto-chemiotossica (Minimal Photo-chemotoxic Dose - MPD) oppu-re predeterminato sulla base del fototipo. La MPD è la minore do-se UVA in grado di dare un erite-ma percettibile dopo assunzio-ne di psoraleni ed è determinata esponendo piccole aree di cute non abbronzata a dosi crescenti di UVA. La PUVA-terapia viene effettuata 2-3 volte alla settima-na e i dosaggi sono incrementati non più di due volte alla settima-na, perché il picco delle reazioni eritemigene fotochemiotossiche si ha dopo 48-72 ore, per cui è elevato il rischio di fototossicità cumulativa (11).Per la balneo-PUVA, si utilizza-no soluzioni comprese tra 0,5 e 1,0 mg di 8-MOP per litro d’ac-qua. L’irradiazione viene effettua-ta immediatamente dopo 15-20 minuti di bagno a 37 °C; in tale modo, si evitano gli effetti collate-rali gastrointestinali e la tossicità su organi interni e occhio.

Indipendentemente dal proto-collo utilizzato, il trattamento ter-mina alla scomparsa delle mani-festazioni psoriasiche o in pre-senza di un miglioramento par-ziale, senza alcun successivo progresso nonostante un’ulte-riore settimana di trattamento. Così come gli UVB, anche la PUVA-terapia può trarre giova-mento dall’associazione con an-tipsoriasici topici (calcipotriolo e tazarotene) o sistemici (retinoi-di-RePUVA), determinando una riduzione della dose di UVA. Il 10-20% dei pazienti può an-dare incontro a reazioni fototos-siche eccessive e prurito, che usualmente si risolvono spon-taneamente con una riduzione dei dosaggi UVA (12). Dolore cu-taneo, eruzioni bollose, eruzio-ni acneiformi, ipertricosi del vol-to, onicolisi ed emorragie subun-gueali sono effetti collaterali de-scritti, ma rari, di PUVA orale (ma non di balneo-PUVA). Il rischio principale a lungo termine di PU-VA orale protratta e ripetuta con elevate dosi cumulative di UVA è rappresentato dal rischio di in-sorgenza di tumori cutanei. Un altro rischio secondario a esposi-zioni PUVA ripetute è il fotoinvec-chiamento precoce (13).È importante inoltre ricorda-re che dopo somministrazione orale, gli psoraleni si deposita-no anche nel cristallino, per cui un’attenta valutazione oftalmo-logica e una protezione degli oc-chi durante e dopo le esposizio-ni sono assolutamente neces-sarie (14).Confrontando PUVA e NB-UVB nel trattamento della psoriasi su ampie casistiche di pazien-ti, è stato dimostrato che le due terapie sono in media ugual-mente efficaci, ma PUVA rima-ne l’opzione maggiormente effi-cace per i pazienti con psoriasi più grave. Tuttavia, la maggio-re tollerabilità, l’assenza del ri-schio di tossicità sistemica e di interazione metabolica con altri farmaci, il minor numero di effet-

ti collaterali acuti e il minor co-sto suggeriscono di considerare la fototerapia NB-UVB quale op-zione terapeutica di prima scel-ta nell’ambito delle fototerapie, riservando PUVA a pazienti non responsivi a NB-UVB, a pazien-ti con valori di PASI (Psoriasis Area and Severity Index) molto elevati o affetti da varianti pusto-lose di psoriasi (15).

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Il progetto PSOCARE

PIERGIACOMO CALZAVARA PINTONDivisione di Dermatologia - Azienda Ospedaliera “Spedali Civili Brescia”

Il progetto Psocare è stato av-viato nell’agosto 2005 a se-

guito di una determinazione AI-FA del 13 giugno 2005 pubblica-ta sulla G.U. 146 del 25 giugno 2005.Psocare è un programma di ri-cerca di largo respiro, che inten-de valutare gli esiti a lungo ter-mine dei trattamenti sistemici per la psoriasi moderata-grave nel nostro Paese.Tale programma si applica tanto ai farmaci sistemici tradizionali, come metotrexato, ciclosporina, PUVA-terapia e acitretina, quan-to ai nuovi farmaci biologici.Gli obiettivi del programma si possono così riassumere:

valutare i profili di cura e identificare i fattori che determi-nano la decisione circa il tratta-mento sistemico della psoriasi in Italia;

descrivere gli esiti a lungo termine del trattamento sistemi-co, la survavibility del trattamen-to e il profilo di sicurezza dei di-versi farmaci;

stimare in modo realistico i benefici e i rischi delle diverse opzioni terapeutiche disponibili;

studiare i fattori prognosti-ci per la risposta al trattamen-

1.

2.

3.

4.

to nella psoriasi e valutare l’im-patto di decisioni nelle popola-zioni escluse dagli studi clinici (pazienti con patologie multiple, bambini, soggetti anziani, don-ne in gravidanza);

identificare gruppi specifici di pazienti a rischio più elevato di cura inappropriata o di esiti sfa-vorevoli.

Il programma prevede lo svilup-po integrato di differenti attività di valutazione/ricerca median-te l’istituzione, sulla base delle informazioni ottenute dal censi-mento e di concerto con le re-gioni, di una rete di centri der-matologici di riferimento per la psoriasi. A tali centri viene affi-data la sorveglianza epidemio-logica dei trattamenti sistemici per la psoriasi. Inoltre, la pre-scrizione dei nuovi farmaci bio-logici viene ristretta a tali centri. Le informazioni vengono raccol-te attraverso una scheda com-puterizzata on-line. I criteri per l’attivazione di un centro Psoca-re risultano essere:

presenza di un ambulatorio dedicato che assicuri continuità assistenziale con un medico re-sponsabile;

5.

1.

presenza di un servizio di fo-toterapia con cabine e lampade UVB e UVA;

disponibilità a condividere raccomandazioni per la gestio-ne clinica della psoriasi e ad adottare modalità di studio con periodica trasmissione di dati al centro di coordinamento Psoca-re. Ad ogni paziente inserito nel-lo studio viene assegnata una tessera (psocard) riportante un codice che seguirà il paziente negli spostamenti all’interno del Sistema Sanitario Nazionale. Solo i centri facenti parte della rete sono autorizzati a prescri-vere i nuovi farmaci biologici per la psoriasi.

In ultima analisi, il progetto Pso-care si delinea come uno studio di coorte che prevede un follow-up attivo di tutti i soggetti inclu-si nel programma per un perio-do minimo di 3 anni. Sono eligi-bili tutti i pazienti che ricevano, per la prima volta nel corso della propria malattia, la prescrizione di uno dei seguenti trattamen-ti sistemici per la psoriasi: fo-tochemioterapia (PUVA), ciclo-sporina, acitretina, metotrexato, efalizumab, etanercept, inflixi-

2.

3.

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mab o qualsiasi altro nuovo trat-tamento sistemico registrato per l’indicazione “psoriasi”. I pazienti vengono seguiti periodicamente nel tempo, anche nel caso so-spendano il trattamento sistemi-co prescritto per tutta la durata dello studio. La rimborsabilità dei farmaci di nuova immissione sul mercato, efalizumab, etaner-cept e infliximab, è vincolata alla loro prescrizione nel contesto di tale programma. Le informazioni vengono raccol-te dai medici partecipanti al pro-getto, utilizzando un database disponibile on-line (remote da-ta capture).Il sito che ospita la scheda di raccolta dati fornisce vari ag-giornamenti relativi al progetto, oltre a svariate news e risposte a quesiti ricorrenti (www.psoca-re.it). Le informazioni raccolte riguardano, in particolare, i se-guenti aspetti:

dati demografici, comorbili-tà, storia clinica dermatologica, precedenti trattamenti effettuati;

gravità della psoriasi all’ingres-so del paziente nello studio, esa-mi effettuati e dosaggio del farma-co prescritto per la psoriasi;

1.

2.

aggiornamento periodico sui trattamenti ricevuti e sull’anda-mento della psoriasi; il follow-up prevede controlli dopo 8, 16, 32 e 52, 78, 104, 208 settimane dall’avvio della terapia; 4. eventi associati al trattamen-to, ricoveri ospedalieri e visite specialistiche effettuate.

Ad oggi, i centri riconosciuti so-no 154; 153 centri sono stati at-tivati e 148 hanno inserito pa-zienti.Nel periodo 1 agosto 2005-20 settembre 2007, sono stati in-clusi nel programma Psocare 9954 soggetti. L’andamento del programma Psocare è variabile tra i centri e richiede attività di miglioramen-to. A fianco di centri che hanno svolto un lavoro eccellente, vi sono centri che non hanno svol-to alcun lavoro di raccolta da-ti. Ciò può inficiare i dati nel lo-ro complesso. Nel corso di que-st’anno sono stati attivati con-trolli interni sulla congruenza di alcuni campi nell’archivio elet-tronico e sono state migliorate le interfacce web tramite le qua-li è possibile generare report di-

3. namici relativi allo studio. È ini-ziato, inoltre, il monitoraggio at-tivo presso i centri.Il programma Psocare rappre-senta sicuramente un valido strumento per valutare gli esiti a lungo termine dei trattamenti sistemici per la psoriasi in Italia, nonché un utile mezzo di con-trollo dell’utilizzo di tali farmaci. A tutt’oggi i dati pubblicati sul si-to www.psocare.it evidenziano un’ampia variabilità nel nume-ro relativo di pazienti arruola-ti rispetto al numero di sogget-ti residenti tra regioni diverse e un’ampia variabilità nei farmaci prescritti tra regioni. Queste dif-ferenze saranno oggetto di futu-ra valutazione. Certo è che un progetto come Psocare sta rivestendo una no-tevole importanza in ambito na-zionale e internazionale; i dati ottenuti finora sono già stati uti-lizzati per la pubblicazione di un primo articolo e saranno sicura-mente utili per ulteriori lavori.

Informazioni tratte dal sito:www.psocare.it© Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA

Farmaci biologici nella terapia dell’artropatia psoriasica

MATTEO LONGHIResponsabile U.O. di Reumatologia - IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano

L ’artropatia psoriasica è sta-ta a lungo ritenuta una for-

ma più lieve e meno invalidante rispetto ad altre malattie infiam-matorie articolari e in particola-re rispetto all’artrite reumatoide. Tuttavia, numerose evidenze raccolte negli ultimi due decen-ni hanno documentato come an-che le forme a esordio oligoarti-colare evolvano verso forme po-liarticolari ed erosive, ad anda-mento progressivo e invalidante in circa il 40-60% dei casi (1, 2). I pazienti psoriasici con artropa-

tia hanno una ridotta qualità di vita per progressiva compromis-sione della funzione articolare, nonché un’aumentata mortalità rispetto alla popolazione gene-rale (3). Pertanto, l’identificazio-ne precoce della malattia artico-lare, e in particolare delle forme aggressive, è divenuto un obiet-tivo prioritario (4), anche in con-siderazione della disponibilità di nuovi farmaci che sembrano in grado di arrestare la progres-sione del danno radiologico. Si rende quindi necessaria, in que-

st’ottica, una collaborazione più stretta tra reumatologi e derma-tologi, con l’identificazione di percorsi formativi di apprendi-mento, iter diagnostici e misure di outcome condivisi (5).I tradizionali farmaci di fondo o DMARDs (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drugs), mutua-ti dalla terapia dell’artrite reu-matoide, hanno dimostrato una scarsa efficacia nel controllare alcune delle manifestazioni prin-cipali e la progressione dell’ar-tropatia psoriasica (6, 7), anche

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se gli studi ben confezionati e di grande consistenza statistica non sono in verità numerosi.Nel corso degli ultimi dieci anni, è divenuto sempre più chiaro il ruolo centrale di alcune citochine proinfiammatorie, e in particola-re del Tumor Necrosis Factor-al-fa (TNFα), nella patogenesi della flogosi cutanea e sinoviale in pa-zienti psoriasici. Il ruolo del TNFα appare importante anche nel re-clutamento dei precursori osteo-clastici e pertanto nella gene-si del danno erosivo (8). Questi presupposti hanno portato all’uti-lizzo dei farmaci anti-TNFα nel-l’artropatia psoriasica, inseriti in studi randomizzati in doppio cie-co contro placebo, con numero-sità di pazienti adeguata per l’ot-tenimento di dati statisticamente rilevanti. Il primo farmaco testa-to è stato etanercept, il recetto-re solubile p75 del TNFα che, sia negli studi di fase II sia in quelli di fase III, ha dimostrato un notevo-le miglioramento dei criteri di ri-sposta utilizzati per valutarne l’ef-ficacia, PsARC (Psoriatic Arthri-tis Response Criteria) e ACR 20 (miglioramento del 20% dei crite-ri dell’American College of Rheu-matology) (9, 10). L’efficacia del farmaco, somministrato sottocu-te alla dose di 25 mg per due vol-te alla settimana in 205 pazien-ti per un periodo di 2 anni (11), è apparsa evidente anche sulla qualità di vita e sulla disabilità, valutate con questionari specifi-ci (SF-36 e HAQ rispettivamen-te), e anche sul danno radiolo-gico che è risultato significativa-mente rallentato.Risultati analoghi sono stati ot-tenuti in studi di fase II e III su 200 pazienti con artropatia pso-riasica trattati con l’anticorpo chimerico infliximab, 5 mg/kg somministrato per via endove-nosa a tempo 0, dopo 2 setti-mane, quindi dopo 6 settimane, mantenendo poi un intervallo di infusione di 8 settimane. Già al-la 14a settimana, il 58% dei pa-zienti trattati raggiungeva un

punteggio ACR 20, contro l’11% nel gruppo placebo, e il risulta-to si manteneva anche nell’ana-lisi a 6 mesi. Anche per gli end point secondari, miglioramento del PASI, rallentamento del dan-no radiologico, limitazione della disabilità e miglioramento della qualità di vita, si sono ottenuti ri-sultati statisticamente significati-vi, analogamente a etanercept. Diversamente da quest’ultimo, invece, infliximab ha documen-tato un effetto significativo an-che sulla dattilite e sulle entesi-ti (12, 13).Lo studio ADEPT, di fase III su 313 pazienti con artropatia pso-riasica trattati con adalimumab, anticorpo umanizzato anti-TNFα, somministrato sottocute al do-saggio di 40 mg ogni 2 settima-ne, ha mostrato dati simili ai pri-mi due farmaci sia sull’end point primario (ACR 20) sia sulle altre variabili prese in considerazione, e in particolare sul danno erosivo articolare (14). Le subanalisi, o l’osservazione protratta nei me-si, hanno evidenziato come l’ef-fetto protettivo sul danno erosivo si mantenesse nel tempo.Al di fuori degli studi registrativi, più studi open su gruppi di pa-zienti con artropatia psoriasica trattati con anti-TNFα si riscon-trano nella letteratura scientifica e l’efficacia di tali farmaci è risul-tata sostenuta nel tempo e con-fermata anche in pazienti “rea-li”, quindi senza i criteri restritti-vi di selezione dei trial (15). La maggior parte dei pazienti pre-si in analisi nel lavoro di Coates ha presentato infatti una rispo-sta mantenuta nel tempo e so-lo una minoranza è invece risul-tata non responsiva, o per man-canza di efficacia al trattamen-to o per perdita di efficacia dopo una prima risposta. Tuttavia, la sostituzione di un anti-TNFα con un altro di seconda o terza linea ha permesso un recupero di efficacia sul singolo pazien-te, dato peraltro di comune os-servazione nella pratica clinica.

Il numero di pazienti realmente non responsivi a questi farmaci sembra quindi basso. Un altro elemento significativo emerso da questo studio è rappresenta-to dall’efficacia del trattamento indipendentemente dalla durata di malattia e dal sottotipo di ma-lattia articolare. Questi dati de-vono essere tuttavia confermati da studi più ampi e focalizzati su questi specifici end point.Il ruolo di questi farmaci, d’altra parte, sembra essere importan-te nelle fasi precoci di malattia quando il danno osseo è carat-terizzato dall’edema osseo a li-vello subcondrale o periente-sale, come documentabile con RNM. Quest’alterazione risul-ta reversibile già dopo un bre-ve periodo di trattamento con anti-TNFα, come evidenziato in alcuni studi (16). Ne consegue che un utilizzo precoce di que-sti farmaci possa evitare l’in-staurarsi delle erosioni e quindi del danno funzionale. Tuttavia, la diagnosi di artropatia psoria-sica non è facile nelle fasi ear-ly e i differenti criteri di classifi-cazione (e non di diagnosi), an-che quelli di più recente stesu-ra, non sembrano adeguati per le forme precoci (16). Inoltre, il danno articolare può essere evi-denziato con opportune metodi-che anche in assenza di sinto-matologia specifica o in sedi “si-lenti” (17, 18, 19).Efalizumab, l’anticorpo anti-CD11 approvato per il trattamento del-la psoriasi, non ha invece dimo-strato effetti significativamente diversi dal placebo sull’artropatia e pertanto non è registrato per questa indicazione. Un altro far-maco che agisce contro i T-linfo-citi, alefacept, recettore solubile per LFA3, è stato studiato nei pa-zienti con artropatia psoriasica in un trial di fase II, ma non appro-vato dalla FDA per questa indica-zione (20).Sebbene l’efficacia degli anti-TNFα nell’artropatia psoriasi-ca sia ormai un dato consolida-

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to, rimangono tuttavia numero-se questioni aperte, per esem-pio il numero non elevato di pazienti che raggiungono un più consistente miglioramento clini-co (ACR 50 o ACR 70), la du-rata del trattamento e l’even-tuale sospensione, la sicurez-za nel lungo termine. Studi più ampi e l’istituzione di registri in cui i pazienti vengono monito-rati nel tempo potranno essere di aiuto nella soluzione di alcu-ni dei quesiti sopra esposti. Per altre domande aperte la soluzio-ne potrà venire da una migliore conoscenza dei meccanismi pa-togenetici della malattia, con il conseguente sviluppo di nuovi farmaci biologici, alcuni dei qua-li già si affacciano all’orizzonte.

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Nuovi articoli dalle principali riviste italiane e internazionali

A cura di Silvia BettiCentro Interuniversitario di Dermatologia Biologica e Psicosomatica – Università di Firenze

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1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. Enbrel 50 mg soluzione iniettabile in siringapreriempita. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ciascuna siringapreriempita contiene 50 mg di etanercept. Etanercept è una proteina di fusione delrecettore umano p75 del fattore di necrosi tumorale con l’Fc, ottenuta tramitetecniche di DNA ricombinante attraverso un sistema mammifero di espressionecellule ovariche di criceto Cinese (CHO). Etanercept è un dimero di una proteinachimerica geneticamente preparata tramite fusione del dominio extracellulare delrecettore-2 del fattore di necrosi tumorale umano (TNFR2/p75) responsabile dellegame con il ligando, con la frazione Fc dell’immunoglobulina umana IgG1. Questafrazione Fc contiene la regione cerniera, la regione CH2 e CH3 ma non la regione CH1

dell’IgG1. Etanercept contiene 934 aminoacidi ed ha un peso molecolare apparentedi circa 150 kilodalton. L’attività viene determinata misurando la capacità dietanercept di neutralizzare l’inibizione della crescita mediata dal TNF* della lineacellulare A375. L’attività specifica di etanercept è di 1,7 x 106 unità/mg. Per l’elencocompleto degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA.Soluzione iniettabile. La soluzione è limpida e incolore o giallo chiaro (vedi paragrafo6.5). 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1 Indicazioni terapeutiche. Artritereumatoide. Enbrel in combinazione con metotressato è indicato per il trattamentodell’artrite reumatoide in fase attiva da moderata a grave negli adulti quando larisposta ai farmaci antireumatici modificanti la malattia, metotressato incluso (ameno che controindicato) è risultata inadeguata. Enbrel può essere utilizzato inmonoterapia in caso di intolleranza al metotressato o quando il trattamento continuocon il metotressato è inappropriato. Enbrel è anche indicato nel trattamentodell’artrite reumatoide grave, attiva e progressiva negli adulti non trattatiprecedentemente con metotressato. Enbrel, da solo o in combinazione conmetotressato, ha dimostrato di ridurre il tasso di progressione del danno dellearticolazioni, come misurato radiograficamente, e di migliorare la funzione fisica.Artrite psoriasica. Trattamento dell’artrite psoriasica in fase attiva e progressiva negliadulti, quando la risposta ai farmaci antireumatici modificanti la malattia è risultatainadeguata. Enbrel ha dimostrato di migliorare la funzione fisica in pazienti conartrite psoriasica, e di ridurre la velocità di progressione del danno periferico allearticolazioni come da rilevazioni ai raggi X in pazienti con sottotipi simmetricipoliarticolari della malattia. Spondilite anchilosante. Trattamento della spondiliteanchilosante severa in fase attiva negli adulti che hanno avuto una rispostainadeguata alla terapia convenzionale. Psoriasi a placche. Trattamento della psoriasia placche da moderata a severa negli adulti che non hanno risposto, o presentanouna controindicazione, o sono intolleranti ad altre terapie sistemiche, inclusiciclosporina. metotressato o PUVA (vedere paragrafo 5.1). 4.2 Posologia e modo disomministrazione. Il trattamento con Enbrel deve essere iniziato e seguito da unmedico specialista che ha esperienza nella diagnosi e nel trattamento dell’artritereumatoide, dell’artrite psoriasica, della spondilite anchilosante o della psoriasi. Ipazienti trattati con Enbrel devono essere provvisti della Scheda di allerta per ilpaziente. Enbrel è disponibile in dosaggi da 25 e 50 mg. Istruzioni dettagliate per lasomministrazione sono fornite nel foglio illustrativo, paragrafo 7, “Istruzioni per lapreparazione e somministrazione di un’iniezione di Enbrel”. Adulti (18-64 anni).Artrite Reumatoide. La dose raccomandata è di 25 mg di Enbrel, da somministraredue volte a settimana. Alternativamente 50 mg di Enbrel, somministrati una volta asettimana hanno dimostrato di essere sicuri ed efficaci (vedere paragrafo 5.1). ArtritePsoriasica e spondilite anchilosante. La dose raccomandata è di 25 mg di Enbrelsomministrati due volte a settimana, o 50 mg somministrati una volta a settimana.Psoriasi a placche. La dose raccomandata di Enbrel è di 25 mg somministrati duevolte a settimana o di 50 mg somministrati una volta a settimana. In alternativa,possono essere utilizzati 50 mg due volte a settimana per 12 settimane, seguiti, senecessario, da una dose di 25 mg due volte a settimana o di 50 mg una volta asettimana. Il trattamento con Enbrel deve continuare fino al raggiungimento dellaremissione, per un massimo di 24 settimane. Il trattamento deve essere sospeso neipazienti che non mostrano risposta dopo 12 settimane. Nel caso in cui sia indicatoun nuovo trattamento con Enbrel, devono essere seguite le istruzioni sulla durata deltrattamento sopra riportate. La dose deve essere di 25 mg due volte a settimana odi 50 mg una volta a settimana. Pazienti anziani (>65 anni). Non è necessario alcunadattamento di dosaggio. La posologia ed il modo di somministrazione sono ugualia quelli per gli adulti di età compresa tra i 18 ed i 64 anni. Insufficienza renale edepatica. Non è necessario alcun adattamento di dosaggio. 4.3 Controindicazioni.Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Sepsi o rischio disepsi. Il trattamento con Enbrel non deve essere iniziato nei pazienti con infezioneattiva, comprese le infezioni croniche o localizzate. 4.4 Avvertenze speciali eprecauzioni di impiego. Infezioni. I pazienti devono essere sottoposti a test per leinfezioni prima, durante e dopo il trattamento con Enbrel, considerando che l’emivitamedia di etanercept è approssimativamente di 70 ore (intervallo tra 7 e 300 ore).Sono state riportate, con l’uso di Enbrel, infezioni gravi, sepsi, tubercolosi ed altreinfezioni opportunistiche (letali, pericolose per la vita, o richiedenti ospedalizzazioneo antibiotici per via endovenosa) (vedere paragrafo 4.8). Alcune di queste infezioni

sono state fatali. Molti di questi eventi gravi si sono verificati in pazienti con malattiedi base che, in aggiunta alla loro artrite reumatoide, potevano predisporli alleinfezioni. I pazienti che sviluppano una nuova infezione mentre sono sottoposti altrattamento con Enbrel devono essere attentamente monitorati. Se il pazientesviluppa un’infezione grave, la somministrazione di Enbrel deve essere interrotta. Imedici devono essere cauti quando valutano l’uso di Enbrel in pazienti conun’anamnesi di infezioni ricorrenti o croniche, o con condizioni di base che possonopredisporre i pazienti alle infezioni, così come in caso di diabete avanzato oscarsamente controllato. Tubercolosi. In pazienti trattati con Enbrel sono statiriportati casi di tubercolosi attiva incluso tubercolosi miliare e tubercolosi conlocazione extra-polmonare. Prima di iniziare il trattamento con Enbrel, tutti i pazientidevono essere sottoposti ad analisi per la tubercolosi attiva ed inattiva (“latente”).Questa valutazione deve includere una storia clinica dettagliata comprensiva di storiapersonale di tubercolosi o possibili precedenti contatti con la tubercolosi eprecedente e/o corrente terapia immunosoppressiva. Test di screening appropriati,per esempio test cutaneo alla tubercolina e raggi X del torace, devono essereeseguiti su tutti i pazienti (possono essere applicate raccomandazioni locali). Èconsigliabile che questi test siano riportati nella scheda di allerta del paziente. Siricorda ai medici il rischio di falso negativo del test cutaneo alla tubercolina,soprattutto in pazienti gravemente ammalati o immunocompromessi. Se vienediagnosticata una tubercolosi attiva, la terapia con Enbrel non deve essere iniziata.Se viene diagnosticata una tubercolosi inattiva (“latente”), il trattamento per latubercolosi latente deve essere iniziato con terapia anti-tubercolosi prima di iniziarela terapia con Enbrel e secondo le norme locali. In questa situazione il rapportorischio/beneficio con il trattamento di Enbrel deve essere valutato con attenzione.Tutti i pazienti devono essere informati di rivolgersi al medico se segni/sintomiindicativi della tubercolosi (per esempio tosse persistente, atrofizzazione/perdita dipeso, febbricola) compaiono durante o dopo il trattamento con Enbrel. Riattivazionedel virus dell’Epatite B. È stata riportata riattivazione del virus dell’Epatite B (HBV) inpazienti portatori cronici di questo virus che ricevono anti-TNF come Enbrel. Ipazienti a rischio di infezione da HBV devono essere sottoposti a test preliminari perl’infezione da HBV prima di cominciare la terapia con Enbrel. Particolare cautela deveessere prestata quando si somministra Enbrel a pazienti portatori di HBV. Se Enbrelè utilizzato in portatori di HBV, i pazienti devono essere monitorati per i segni e isintomi dell’infezione attiva da HBV e, se necessario, deve essere iniziato untrattamento adeguato. Peggioramento dell’Epatite C. È stato riportato unpeggioramento dell’Epatite C nei pazienti trattati con Enbrel. Trattamentocontemporaneo con Enbrel ed anakinra. La somministrazione contemporanea diEnbrel ed anakinra è stata associata ad un aumentato rischio di infezioni gravi e dineutropenia rispetto all’uso del solo Enbrel. Questa combinazione non ha dimostratoun aumento dei benefici clinici. Pertanto, l’uso combinato di Enbrel ed anakinra nonè raccomandato (vedere paragrafi 4.5 e 4.8). Trattamento contemporaneo conEnbrel e abatacept. Negli studi clinici, il trattamento concomitante con abatacept edEnbrel ha portato ad un’aumentata incidenza di eventi avversi seri. Questacombinazione non ha dimostrato un aumento dei benefici clinici; pertanto l’uso nonè raccomandato (vedere paragrafo 4.5). Reazioni allergiche. Reazioni allergicheassociate alla somministrazione di Enbrel sono state comunemente riportate.Nell’esperienza post-marketing, le reazioni allergiche hanno incluso angioedema eorticaria; ci sono state reazioni gravi. Se si verifica una qualsiasi reazione graveallergica o anafilattica, la terapia con Enbrel deve essere interrotta immediatamenteed iniziata una terapia appropriata. Il cappuccio dell’ago della siringa preriempitacontiene lattice (gomma naturale essiccata) che può causare reazioni diipersensibilità quando Enbrel è maneggiato o somministrato a persone consensibilità accertata o presunta al lattice. Immunosoppressione. Esiste la possibilitàche gli antagonisti TNF, incluso Enbrel, pregiudichino le difese dell’ospite contro leinfezioni ed i tumori maligni, poiché il TNF media l’infiammazione e modula lerisposte immunitarie cellulari. In uno studio su 49 pazienti adulti affetti da artritereumatoide trattati con Enbrel, non c’è stata nessuna prova di depressione dellaipersensibilità di tipo ritardato, diminuzione dei livelli di immunoglobuline, o modificadel numero delle popolazioni delle cellule effettrici. Due pazienti affetti da artritegiovanile idiopatica hanno sviluppato infezione da varicella e segni e sintomi dimeningite asettica, che si sono risolti senza postumi. I pazienti con una esposizionesignificativa al virus della varicella, devono interrompere temporaneamente laterapia con Enbrel e deve essere preso in considerazione un trattamento profilatticocon immunoglobuline anti Varicella Zoster. Non sono state valutate la sicurezza el’efficacia di Enbrel in pazienti con immunosoppressione o infezioni croniche.Disordini linfoproliferativi e tumori maligni. Nel periodo post-marketing è statariportata l’insorgenza di tumori maligni (compresi carcinoma del seno e del polmonee linfoma) (vedere paragrafo 4.8). Nelle parti controllate degli studi clinici con farmacianti-TNF, sono stati osservati più casi di linfoma nei pazienti riceventi un anti-TNFrispetto al gruppo di controllo. Tuttavia, i casi sono stati rari ed il periodo diosservazione dei pazienti trattati con placebo è stato più breve rispetto ai pazienti

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTOEnbrel 50 mg

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trattati con farmaci anti-TNF. Inoltre, esiste un maggiore rischio di base di svilupparelinfomi per i pazienti con artrite reumatoide gravemente attiva e di lunga durata, unapatologia infiammatoria che complica la stima del rischio. Con le attuali conoscenze,non è possibile escludere lo sviluppo di linfomi o altre neoplasie in pazienti trattaticon farmaci anti-TNF. Vaccinazioni. I vaccini vivi non devono essere somministrati inconcomitanza con Enbrel. Non sono disponibili dati sulla trasmissione secondaria diinfezione da vaccini vivi in pazienti che ricevono Enbrel. In uno studio clinico,randomizzato, in doppio cieco controllato con placebo in pazienti adulti con artritepsoriasica, 184 pazienti hanno anche ricevuto un vaccino multivalentepolisaccaridico pneumococcico alla settimana 4. In questo studio, la maggior partedei pazienti con artrite psoriasica che ricevevano Enbrel erano in grado di produrreuna risposta immunitaria efficace delle cellule B al vaccino polisaccaridicopneumococcico, ma il titolo nell’aggregato era moderatamente più basso e pochipazienti mostravano un aumento doppio nel titolo rispetto ai pazienti che nonricevevano Enbrel. Il significato clinico di questo è sconosciuto. Formazione diautoanticorpi. Il trattamento con Enbrel può causare la formazione di anticorpiautoimmuni (vedere paragrafo 4.8). Reazioni ematologiche. Rari casi di pancitopeniae rarissimi casi di anemia aplastica, alcuni dei quali con esito fatale, sono statiriportati in pazienti trattati con Enbrel. Deve essere prestata attenzione nei pazientiin trattamento con Enbrel che hanno un’anamnesi di discrasie ematiche. Tutti ipazienti devono essere avvertiti che qualora sviluppassero segni e sintomi indicatividi discrasie ematiche o infezioni (es. febbre persistente, mal di gola, lividi,sanguinamento, pallore) mentre stanno assumendo Enbrel, devono richiedere unimmediato intervento medico. Tali pazienti devono essere visitati immediatamente,includendo una conta ematica completa; se le discrasie ematiche vengonoconfermate, il trattamento con Enbrel deve essere interrotto. Disturbi del SNC.Esistono rare segnalazioni di malattie demielinizzanti del SNC nei pazienti adultitrattati con Enbrel (vedere paragrafo 4.8). Sebbene non siano stati realizzati studiclinici finalizzati a valutare la terapia con Enbrel in pazienti con sclerosi multipla, studiclinici in pazienti con sclerosi multipla trattati con altri antagonisti del TNF hannomostrato un aumento dell’attività della malattia. È raccomandata una attentavalutazione del rapporto rischio/beneficio, incluso un accertamento neurologico,quando si prescrive Enbrel a pazienti con malattia demielinizzante del SNC, pre-esistente o di recente insorgenza, o per quei pazienti che sono considerati ad altorischio di sviluppo di malattie demielinizzanti. Terapia combinata. In uno studioclinico controllato della durata di due anni in pazienti con artrite reumatoide, lacombinazione di Enbrel e metotressato non ha dato risultati inattesi relativi allasicurezza ed inoltre il profilo di sicurezza di Enbrel, quando somministrato incombinazione con metotressato è risultato simile al profilo negli studi di Enbrel emetotressato somministrati in monoterapia. Studi a lungo termine finalizzati allaterapia di combinazione sono in corso. Non è stata valutata la sicurezza a lungotermine di Enbrel in associazione con altri farmaci antireumatici modificanti lamalattia (DMARD). Nel trattamento della psoriasi, l’uso di Enbrel in combinazione conaltre terapie sistemiche o con la fototerapia non è stato studiato. Insufficienza renaleed epatica. Basandosi sui dati di farmacocinetica (vedere paragrafo 5.2) non èrichiesta una modifica del dosaggio in pazienti con insufficienza renale o epatica; idati clinici su tali pazienti sono limitati. Insufficienza cardiaca congestizia. I medicidevono essere cauti nell’impiego di Enbrel in pazienti che presentino insufficienzacardiaca congestizia (CHF). Esistono segnalazioni post-marketing di peggioramentodella CHF, con e senza fattori precipitanti identificabili, nei pazienti trattati con Enbrel.Due studi clinici estesi che valutavano l’uso di Enbrel nel trattamento della CHF sonostati interrotti in anticipo per mancanza di efficacia. Sebbene non conclusivi, alcunidati di uno di questi studi suggeriscono una possibile tendenza al peggioramentodella CHF in quei pazienti assegnati al trattamento con Enbrel. Granulomatosi diWegener. In uno studio controllato con placebo, nel quale 89 pazienti adulti sono statitrattati con Enbrel in aggiunta alla terapia standard (che comprendevaciclofosfamide o metotressato e glucocorticoidi) per una durata media di 25 mesi,Enbrel non è risultato essere un trattamento efficace per la granulomatosi diWegener. L’incidenza di neoplasie non cutanee di vario tipo era significativamentepiù alta nei pazienti trattati con Enbrel rispetto al gruppo di controllo. Enbrel non èraccomandato nel trattamento della granulomatosi di Wegener. 4.5 Interazioni conaltri medicinali ed altre forme d’interazione. Trattamento contemporaneo conEnbrel ed anakinra. Nei pazienti adulti trattati con Enbrel ed anakinra si è osservatauna maggiore incidenza di infezioni gravi rispetto a pazienti trattati separatamente ocon Enbrel o con anakinra (dati storici). Inoltre, in uno studio clinico in doppio ciecoplacebo-controllato effettuato su pazienti adulti già in trattamento con methotrexate,i pazienti trattati con Enbrel ed anakinra mostravano una maggiore incidenza diinfezioni gravi (7%) e di neutropenia rispetto a pazienti trattati con Enbrel (vedereparagrafi 4.4 e 4.8). La combinazione di Enbrel ed anakinra non ha dimostrato unaumentato beneficio clinico e pertanto non è raccomandata. Trattamentocontemporaneo con Enbrel e abatacept. Negli studi clinici, il trattamentoconcomitante con abatacept ed Enbrel ha portato ad un’aumentata incidenza di

eventi avversi seri. Questa combinazione non ha dimostrato un aumento dei beneficiclinici; pertanto l’uso non è raccomandato (vedere paragrafo 4.5). Trattamentocontemporaneo con Enbrel e sulfasalazina. In uno studio clinico su pazienti adultiche ricevevano dosi stabilite di sulfasalazina, a cui è stato aggiunto Enbrel, i pazientinel gruppo in associazione hanno riscontrato una diminuzione statisticamentesignificativa nella conta media dei globuli bianchi rispetto ai gruppi trattati solo conEnbrel o solo con sulfasalazina. Il significato clinico di questa interazione èsconosciuto. Non interazioni. Durante gli studi clinici, non sono state osservateinterazioni quando Enbrel è stato somministrato con glucocorticoidi, salicilati (adeccezione della sulfasalazina), farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS),analgesici o metotressato.Vedere paragrafo 4.4 per le avvertenze sulle vaccinazioni.Non sono state osservate interazioni farmacocinetiche farmaco-farmacosignificative in studi con digossina o warfarina. 4.6 Gravidanza ed allattamento.Non ci sono studi con Enbrel su donne in stato di gravidanza. Studi di tossicità dellosviluppo su ratti e conigli non hanno rivelato alcuna prova di danno dovuto adetanercept sul feto o sul ratto neonato. Non sono disponibili dati preclinici riguardantila tossicità peri- e postnatale di etanercept e sugli effetti dell’etanercept sulla fertilitàe sulla funzione riproduttiva generale. Perciò l’uso di Enbrel non è raccomandatonelle donne in stato di gravidanza e le donne in età fertile devono essere avvertite dievitare una gravidanza durante la terapia con Enbrel. Uso durante l’allattamento. Nonè noto se Enbrel venga secreto nel latte materno. A seguito della somministrazionesottocutanea a ratti che allattavano, etanercept era escreto nel latte e ritrovato nelsiero dei cuccioli. Poiché le immunoglobuline, così come molti altri medicinali,possono essere secreti nel latte materno, si deve decidere se interromperel’allattamento al seno o interrompere la somministrazione di Enbrel durantel’allattamento al seno. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso dimacchinari. Non sono stati effettuati studi sulla capacità di guidare veicoli e sull’usodi macchinari. 4.8 Effetti indesiderati. Effetti indesiderati negli adulti. Enbrel èstato studiato su 2.680 pazienti affetti da artrite reumatoide in studi in doppio ciecoed in aperto. Questa esperienza include 2 studi placebo-controllati (349 pazientitrattati con Enbrel e 152 con placebo) e due studi clinici con controllo attivo, unostudio clinico con controllo attivo che ha confrontato Enbrel al metotressato (415pazienti trattati con Enbrel e 217 pazienti trattati con metotressato) ed un ulteriorestudio clinico con controllo attivo che ha confrontato Enbrel (223 pazienti)metotressato (228 pazienti) ed Enbrel in combinazione con metotressato (231pazienti). La percentuale dei pazienti che ha interrotto il trattamento a causa di eventiavversi è stata la stessa in entrambi i gruppi trattati con Enbrel o con placebo; nelprimo studio clinico con controllo attivo, il tasso di interruzioni è statosignificativamente più alto per il metotressato (10%) che per Enbrel (5%). Nelsecondo studio clinico con controllo attivo il tasso di interruzione per eventi avversidopo due anni di trattamento è stato simile nei tre gruppi di trattamento, Enbrel(16%), Metotressato (21%), Enbrel in combinazione con metotressato (17%). Inoltre,Enbrel è stato studiato su 240 pazienti affetti da artrite psoriasica, i quali hannopartecipato a due studi placebo-controllati in doppio cieco e ad uno studio diproseguimento in aperto. Cinquecentotto (508) pazienti affetti da spondiliteanchilosante sono stati trattati con Enbrel in 4 studi in doppio cieco, placebocontrollati. Enbrel è stato studiato anche in 1.180 pazienti con psoriasi a placche perun periodo di 6 mesi in quattro studi in doppio cieco, placebo-controllati. In studiclinici in doppio cieco che hanno confrontato Enbrel con placebo, le reazioni al sitodi iniezione sono stati gli eventi avversi più frequenti tra i pazienti trattati con Enbrel.Tra i pazienti affetti da artrite reumatoide, trattati in studi placebo controllati, si sonoverificati eventi avversi gravi, con una frequenza del 4% nei 349 pazienti trattati conEnbrel, contro il 5% dei 152 pazienti trattati con placebo. Nello studio clinico concontrollo attivo, gli eventi avversi gravi si sono verificati con una frequenza del 6%nei 415 pazienti trattati con Enbrel rispetto all’8% nei 217 pazienti trattati conmetotressato. Nel secondo studio clinico con controllo attivo il tasso di seri eventiavversi dopo due anni di trattamento è stato simile tra i tre gruppi trattati (Enbrel16%, Metotressato 15%, ed Enbrel in combinazione con metotressato 17%). Neipazienti con psoriasi a placche trattati negli studi placebo-controllati, la frequenza dieventi avversi gravi è stata di circa l’1,2% nei 1.029 pazienti trattati con Enbrelrispetto all’1,5% nei 460 pazienti trattati con placebo. Il seguente elenco di reazioniavverse si basa sulla esperienza derivata dagli studi clinici negli adulti e sulleesperienze di post-marketing. All’interno dei diversi sistemi e apparati, le reazioniavverse sono elencate secondo classi di frequenza (numero presunto di pazienti conquella reazione), utilizzando le seguenti categorie: molto comuni (>1/10); comuni(>1/100, <1/10); non comuni (>1/1.000, <1/100); rare (>1/10.000, <1/1.000);molto rare (<1/10.000); non nota (non è stato possibile valutarla accuratamentedurante gli studi clinici). Infezioni ed infestazioni: Molto comuni: Infezioni (incluseinfezioni alle alte vie respiratorie, bronchiti, cistiti, infezioni della pelle)*. Non comuni:Infezioni gravi (inclusa polmonite, cellulite, artrite settica, sepsi)*. Rare: Tubercolosi.Alterazioni del sistema ematico e linfatico: Non comuni: Trombocitopenia. Rare:Anemia, leucopenia, neutropenia, pancitopenia*. Molto rare: Anemia aplastica*.

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Alterazioni del sistema immunitario: Comuni: Reazioni allergiche (vedere Alterazionidella cute e del tessuto sottocutaneo), formazione di autoanticorpi*. Rare: Gravireazioni allergiche ed anafilattiche (inclusi angioedema e broncospasmo). Non note:sindrome da attivazione dei macrofagi*, vasculite positiva agli anticorpicitoplasmatici anti-neutrofilici. Alterazioni del sistema nervoso: Rare: convulsioni,episodi di demielinizzazione del SNC indicativi di sclerosi multipla oppure disituazioni localizzate di demielinizzazione quali neurite ottica e mielite transversa(vedere paragrafo 4.4). Alterazioni respiratorie, toraciche e mediastiniche: Noncomuni: Patologie polmonari interstiziali (inclusa polmonite e fibrosi polmonare)*.Alterazioni epato-biliari: Rare: enzimi epatici elevati. Alterazioni della cute e deltessuto sottocutaneo: Comuni: prurito. Non comuni: angioedema, orticaria rash, rashpsoriasiforme, psoriasi (inclusa nuova insorgenza e pustulare, primariamente aipalmi e alle piante dei piedi). Rare: vasculite cutanea (inclusa vasculiteleucocitoclastica), sindrome di Steven-Johnson, eritema multiforme. Molto rare:necrolisi epidermale tossica. Alterazioni muscolo-scheletriche, del tessuto connettivoe osseo: Rare: Lupus eritematoso cutaneo subacuto, lupus eritematoso discoide,sindrome lupus-simile. Alterazioni generali e legate al sito di iniezione: Molto comuni:Reazioni al sito di iniezione (inclusi sanguinamento, ecchimosi, eritema, prurito,dolore, gonfiore)*. Comuni: Febbre. Alterazioni cardiologiche: Vi sono statesegnalazioni di peggioramento dell’insufficienza cardiaca congestizia (vedereparagrafo 4.4). *Vedere le Informazioni aggiuntive sottostanti. Informazioniaggiuntive: Eventi avversi gravi riportati durante gli studi clinici. Tra i pazienti trattatinegli studi clinici placebo-controllati, controllati verso trattamento attivo e studicondotti in aperto con Enbrel, gli eventi avversi gravi riportati hanno incluso tumorimaligni (vedere sotto), asma, infezioni (vedere sotto), insufficienza cardiaca, infartomiocardico, ischemia miocardica, dolore toracico, sincope, ischemia cerebrale,ipertensione, ipotensione, colecistite, pancreatite, emorragia gastrointestinale,borsite, confusione, depressione, dispnea, difetti di cicatrizzazione, insufficienzarenale, calcoli renali, trombosi venosa profonda, embolia polmonare,glomerulonefropatia membranosa, polimiosite, tromboflebite, danni epatici,leucopenia, paresi, parestesia, vertigini, alveolite allergica, angioedema, sclerite,fratture ossee, linfoadenopatia, colite ulcerosa, occlusione intestinale, eosinofilia,ematuria e sarcoidosi. Tumori maligni. Durante gli studi clinici condotti con Enbrel peruna durata di circa 6 anni su 4.114 pazienti affetti da artrite reumatoide, inclusi 231pazienti trattati con Enbrel in combinazione con metotressato, in uno studio concontrollo attivo di due anni sono stati osservati centoventinove nuovi tumori malignidi vario tipo. La frequenza e l’incidenza osservate in questi studi clinici sono statesimili a quelle attese per la popolazione studiata. Un totale di 2 tumori maligni sonostati registrati in studi clinici della durata di circa 2 anni che hanno coinvolto 240pazienti affetti da artrite psoriasica trattati con Enbrel. In studi clinici condotti per piùdi due anni su 351 pazienti affetti da spondilite anchilosante, sono stati riportati 6tumori maligni in pazienti trattati con Enbrel. Ventitre tumori maligni sono statiriportati in pazienti con psoriasi a placche trattati fino a 15 mesi con Enbrel in studiin doppio cieco e in aperto che hanno coinvolto 1.261 pazienti trattati con Enbrel.Sono stati registrati un totale di 15 linfomi in 5.996 pazienti trattati con Enbrel in studiclinici nell’artrite reumatoide, artrite psoriasica, spondilite anchilosante e psoriasi.Segnalazioni di vari tumori maligni (incluso carcinoma della mammella e delpolmone, e linfoma) sono stati ricevuti anche nel periodo post-marketing (vedereparagrafo 4.4). Reazioni nel sito di iniezione. Rispetto al placebo, i pazienti conmalattie reumatiche trattati con Enbrel hanno mostrato un’incidenzasignificativamente più alta di reazioni nel sito di iniezione (36% contro 9%). Lereazioni nel sito di iniezione, se presentatesi, si sono di solito verificate durante ilprimo mese. La durata media variava approssimativamente da 3 a 5 giorni. Lamaggior parte delle reazioni nel sito di iniezione verificatesi nei gruppi che hannoricevuto Enbrel non sono state trattate mentre la maggior parte dei pazienti che sonostati sottoposti a terapia, ha ricevuto preparazioni topiche come corticosteroidi, oantistaminici orali. Inoltre, alcuni pazienti hanno sviluppato reazioni di richiamo nelsito di iniezione caratterizzate da una reazione cutanea nel punto di iniezione piùrecente, insieme ad una comparsa simultanea di reazioni nel sito di iniezione deiprecedenti punti di iniezione. Di solito, queste reazioni sono state transitorie e non sisono ripresentate durante il trattamento. Durante le prime 12 settimane ditrattamento degli studi clinici controllati in pazienti con psoriasi a placche, circa il14,5% dei pazienti trattati con Enbrel ha sviluppato reazioni nel sito di iniezionerispetto al 5,2% dei pazienti trattati con placebo. Infezioni. In studi placebo-controllaticon Enbrel, non è stato osservato alcun aumento dell’incidenza (1,3% placebo, 0,9%Enbrel) delle infezioni gravi (letali, pericolose per la vita o richiedenti ospedalizzazioneo antibiotici per via endovenosa). Infezioni gravi si sono verificate nel 6,3% deipazienti affetti da artrite reumatoide trattati con Enbrel fino a 48 mesi. Questeincludono ascesso (in vari siti), batteriemia, bronchite, borsite, celluliti, colecistite,diarrea, diverticolite, endocardite (sospetta), gastroenterite, epatite B, herpes zoster,ulcera della gamba, infezione della bocca, otite, osteomielite, peritonite, polmonite,pielonefrite, sepsi, artrite settica, sinusite, infezioni cutanee, ulcera cutanea, infezione

del tratto urinario, vasculite ed infezione della ferita. Nello studio clinico con controlloattivo di due anni in cui i pazienti sono stati trattati con Enbrel da solo o conmetotressato da solo o con Enbrel in combinazione con metotressato il tasso diinfezioni serie è risultato essere simile tra i gruppi trattati. Comunque non può essereescluso che la combinazione di Enbrel con metotressato potrebbe essere associataad un aumento del tasso di infezioni. Non ci sono state differenze nell’incidenza delleinfezioni tra i pazienti trattati con Enbrel e quelli trattati con placebo per la psoriasi aplacche negli studi clinici placebo controllati della durata fino a 24 settimane. Sonostate riscontrate infezioni gravi comprese celluliti, gastroenteriti, polmoniti, colecistiti,osteomieliti, gastriti, appendiciti, fasciti streptococciche, miositi, shock settico,divericolite e ascessi nei pazienti trattati con Enbrel. Negli studi sull’artrite psoriasicain doppio cieco e in aperto, 1 paziente ha riportato un’infezione grave (polmonite).Durante l’uso di Enbrel sono state riportate infezioni gravi e fatali; i patogeniriscontrati includono batteri, micobatteri (incluso quello tubercolare), virus e funghi.Alcune si sono verificate entro poche settimane dall’inizio del trattamento con Enbrelin pazienti che avevano condizioni predisponenti di base (es. diabete, insufficienzacardiaca congestizia, anamnesi di infezioni in atto o croniche) in aggiunta alla loroartrite reumatoide (vedere paragrafo 4.4). Il trattamento con Enbrel può faraumentare la mortalità in pazienti con sepsi diagnosticata. Autoanticorpi. Campionidi siero dei pazienti adulti sono stati testati per gli autoanticorpi in diversi momenti.Tra i pazienti affetti da artrite reumatoide sottoposti al test per gli anticorpiantinucleari (ANA), la percentuale dei pazienti che ha sviluppato una nuova positivitàagli ANA (≥1:40) è risultata più alta tra i pazienti trattati con Enbrel (11%) rispetto aipazienti trattati con placebo (5%). La percentuale dei pazienti che hanno sviluppatouna nuova positività agli anticorpi anti DNA-doppia elica bloccato è risultata ancorapiù elevata mediante il test radioimmunologico (15% dei pazienti trattati con Enbrelcontro il 4% dei pazienti trattati con placebo) e mediante il test Crithidia luciliae (3%dei pazienti trattati con Enbrel contro nessuno dei pazienti trattati con placebo). Lapercentuale dei pazienti trattati con Enbrel che hanno sviluppato anticorpianticardiolipina ha subito un incremento simile a quello osservato in pazienti trattaticon placebo. L’impatto del trattamento a lungo termine con Enbrel sullo sviluppo dimalattie autoimmunitarie è sconosciuto. Nell’esperienza post-marketing è statosegnalato, in alcuni pazienti, inclusi quelli con fattore reumatoide positivo, lo sviluppodi altri autoanticorpi in associazione con reazioni cutanee compatibili da un punto divista clinico e bioptico con un lupus cutaneo subacuto o con un lupus discoide.Pancitopenia e anemia aplastica. Vi sone state segnalazioni post-marketing dipancitopenia e anemia aplastica, alcune delle quali ad esito fatale (vedere paragrafo4.4). Patologie polmonari interstiziali. Vi sono state segnalazioni post-marketing dipatologie interstiziali polmonari (inclusa polmonite e fibrosi polmonare) alcune dellequali hanno avuto esiti fatali. Esami di laboratorio. Basandosi sui risultati degli studiclinici, normalmente non sono necessari particolari esami di laboratorio in aggiuntaad un’attenta cura e supervisione del paziente da parte del medico. Trattamentocontemporaneo con Enbrel ed anakinra. In studi in cui i pazienti adulti sono statitrattati contemporaneamente con Enbrel più anakinra, è stata osservataun’incidenza maggiore di infezioni gravi rispetto ad Enbrel da solo ed il 2% deipazienti (3/139) hanno sviluppato neutropenia (conta assoluta dei neutrofili<1.000/mm3). Un paziente neutropenico ha sviluppato cellulite che si è risolta dopoospedalizzazione (vedere paragrafi 4.4 e 4.5). 4.9 Sovradosaggio. Durante gli studiclinici su pazienti affetti da artrite reumatoide non sono state osservate dosi-limite ditossicità. La più alta dose valutata è stata una dose di carico endovenosa di 32mg/m2 seguita da una dose sottocutanea di 16 mg/m2 somministrata due volte asettimana. Un paziente affetto da artrite reumatoide si è erroneamente auto-somministrato 62 mg di Enbrel per via sottocutanea due volte a settimana per 3settimane, senza sperimentare effetti indesiderati. Non si conosce l’antidoto perEnbrel. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1 Proprietà farmacodinamiche.Categoria farmacoterapeutica: inibitori del Fattore di Necrosi Tumorale α (TNF-α).Codice ATC: L04AB01. Il fattore di necrosi tumorale (TNF) è una citochinapredominante nel processo infiammatorio dell’artrite reumatoide. Elevati livelli di TNFsono stati anche trovati nella sinovia e nelle placche psoriasiche di pazienti conartrite psoriasica e nel siero e nel tessuto sinoviale di pazienti con spondiliteanchilosante. Nella psoriasi a placche, l’infiltrazione di cellule infiammatorie,comprese le cellule T, porta ad un aumento dei livelli di TNF nelle lesioni psoriasicherispetto ai livelli presenti nella cute non affetta. Etanercept è un inibitore competitivodel legame del TNF ai propri recettori cellulari superficiali e perciò inibisce l’attivitàbiologica del TNF. Il TNF e la linfotossina sono citochine pro-infiammatorie che silegano a due distinti recettori cellulari superficiali: i recettori del fattore di necrositumorale (TNFR) da 55 kilodalton (p55) e da 75 kilodalton (p75). Entrambi i TNFResistono naturalmente nelle forme legata alla membrana e solubile. Si pensa che iTNFR nella forma solubile regolino l’attività biologica del TNF. Il TNF e la linfotossinaesistono prevalentemente come omotrimeri con la loro attività biologica che dipendedal legame crociato ai TNFR superficiali cellulari. I recettori solubili dimerici, comel’etanercept, possiedono una affinità di legame per il TNF più alta di quella dei

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recettori monomerici e sono inibitori competitivi notevolmente più potenti del legamedel TNF con i propri recettori cellulari. Inoltre, l’utilizzo di una regione Fcimmunoglobulinica come elemento di fusione nella costruzione di un recettoredimerico, conferisce una più lunga emivita plasmatica. Meccanismo d’azione. Lamaggior parte della patologia articolare nell’artrite reumatoide e nella spondiliteanchilosante e della patologia cutanea nella psoriasi a placche è mediata damolecole pro-infiammatorie che sono collegate in un network controllato dal TNF. Sipensa che il meccanismo d’azione dell’etanercept consista in una inibizionecompetitiva del legame del TNF ai recettori superficiali TNFR, che previene le rispostecellulari mediate dal TNF rendendo il TNF biologicamente inattivo. L’etanercept puòanche modulare le risposte biologiche controllate da molecole addizionali a cascata(es. citochine, molecole di adesione o proteinasi) che sono indotte o regolate dal TNF.Studi clinici. In questa sezione vengono presentati dati da quattro studi clinicirandomizzati controllati in adulti con artrite reumatoide, uno studio in adulti conartrite psoriasica, uno studio in adulti con spondilite anchilosante e quattro studi inadulti con psoriasi a placche. Pazienti adulti con Artrite Reumatoide. L’efficacia diEnbrel è stata valutata in uno studio randomizzato, in doppio-cieco, placebo-controllato. Lo studio ha valutato 234 pazienti adulti affetti da artrite reumatoide infase attiva, che non avevano risposto alla terapia con almeno uno, ma non più diquattro farmaci antireumatici modificanti la malattia. Dosi di 10 mg o 25 mg diEnbrel o placebo sono state somministrate per via sottocutanea due volte asettimana per 6 mesi consecutivi. I risultati di questo studio clinico controllato sonostati espressi in percentuale di miglioramento dell’artrite reumatoide utilizzando ilcriterio di risposta dell’American College of Rheumatology (ACR). Le risposte ACR 20e 50 sono state maggiori in pazienti trattati con Enbrel a 3 ed a 6 mesi, che inpazienti trattati con placebo (ACR 20: Enbrel 62% e 59%, placebo 23% e 11%rispettivamente a tre e 6 mesi: ACR 50: Enbrel 41% e 40%, placebo 8% e 5%rispettivamente a tre e sei mesi; p<0,01 Enbrel versus placebo a tutti gli intervalli ditempo sia per le risposte ACR 20 che ACR 50). Circa il 15% dei pazienti che hannoricevuto Enbrel hanno raggiunto una risposta ACR 70 al 3° mese ed al 6° mese,rispetto a meno del 5% dei soggetti del braccio placebo. Tra i pazienti che hannoricevuto Enbrel, le risposte cliniche sono state generalmente osservate tra 1 e 2settimane successive all’inizio della terapia e quasi tutte si sono verificate entro 3mesi. È stata osservata una dose risposta: i risultati ottenuti con 10 mg sono statiintermedi tra il placebo e 25 mg. Enbrel è risultato significativamente migliore delplacebo in tutti i parametri dei criteri ACR, così come nelle altre valutazionidell’attività della malattia dell’artrite reumatoide non comprese nei criteri di rispostaACR come, per esempio, la rigidità mattutina. Durante lo studio è statosomministrato, ogni 3 mesi, un “Health Assessment Questionnaire” (HAQ), checomprendeva invalidità, vitalità, salute mentale, condizioni di salute generali e sotto-paragrafi riguardanti le condizioni di salute artrite-correlate.Tutti i sotto-paragrafi delHAQ migliorarono nei pazienti trattati con Enbrel, confrontati con i controlli a 3 ed a6 mesi. Dopo l’interruzione di Enbrel i sintomi dell’artrite generalmente ritornanoentro un mese. Il ripristino del trattamento con Enbrel dopo una interruzione fino a24 mesi porta alla medesima entità di risposte nei pazienti che hanno ricevuto Enbrelsenza interruzione della terapia basandosi sui risultati degli studi in aperto. Sonostate osservate risposte durature mantenute fino a 48 mesi nell’estensione dellaterapia negli studi clinici in aperto nel caso in cui i pazienti hanno ricevuto Enbrelsenza interruzione; esperienze a più lungo termine non sono disponibili. L’efficacia diEnbrel è stata comparata al metotressato in un studio randomizzato, con controlloattivo, avente come obiettivo primario la valutazione radiografica in cieco, in 632pazienti adulti con artrite reumatoide in fase attiva (presente da <3 anni) che nonavevano mai ricevuto il trattamento con metotressato. Dosi di 10 mg o 25 mg diEnbrel sono state somministrate per via sottocutanea (SC) due volte a settimana finoa 24 mesi. Le dosi di metotressato sono state aumentate da 7,5 mg/settimana finoad un massimo di 20 mg/settimana nel corso delle prime 8 settimane dello studio eproseguite fino a 24 mesi. Il miglioramento clinico con Enbrel 25 mg, compresol’inizio dell’effetto entro 2 settimane, è stato simile a quello osservato negli studiprecedenti, ed è stato mantenuto fino a 24 mesi. All’inizio i pazienti avevano unmoderato grado di inabilità, con un punteggio medio di HAQ compreso tra 1,4 e 1,5.Il trattamento con Enbrel 25 mg ha determinato un sostanziale miglioramento a 12mesi, con il 44% circa dei pazienti che hanno raggiunto un punteggio HAQ normale(inferiore a 0,5). Tale miglioramento è stato mantenuto durante il 2° anno di questostudio. In questo studio, il danno strutturale dell’articolazione è stato valutato conmetodo radiografico ed espresso come cambiamento nel Total Sharp Score (TSS)che comprende il tasso di erosione ed il tasso di riduzione dello spazio articolare(JSN). Le radiografie di mani/polsi e piedi sono state lette all’inizio dello studio ed a6, 12 e 24 mesi. La dose di 10 mg di Enbrel ha avuto un effetto consistentementeminore sul danno strutturale rispetto alla dose da 25 mg. La dose di 25 mg di Enbrelha avuto un effetto significativamente superiore sul tasso di erosione sia a 12 che a24 mesi. Le differenze nel TSS e nel JSN non sono risultate statisticamentesignificative tra MTX ed Enbrel 25 mg. I risultati sono mostrati nella seguente figura:

In un ulteriore studio clinico randomizzato in doppio cieco con controllo attivo,l’efficacia clinica, la sicurezza e la progressione radiografica in pazienti con artritereumatoide trattati con il solo Enbrel (25 mg due volte a settimana), con il solometotressato (da 7,5 a 20 mg a settimana, dose media 20 mg) e con lacombinazione di Enbrel e metotressato, iniziati contemporaneamente, sono statecomparate in 682 pazienti adulti affetti da artrite reumatoide attiva da un periodocompreso tra i 6 mesi e i 20 anni (media 5 anni) che avevano mostrato una rispostainadeguata ad almeno un farmaco antireumatico modificante la malattia diverso dametotressato. Pazienti nel gruppo terapeutico di Enbrel in combinazione conmetotressato hanno avuto una risposta ACR 20,ACR 50,ACR 70 e un miglioramentodei punteggi DAS e HAQ, sia a 24 che a 52 settimane significativamente più altarispetto ai pazienti di entrambi i gruppi trattati in monoterapia. (I risultati sonomostrati nella tavola sotto riportata). Sono stati inoltre osservati vantaggi significatividopo 24 mesi per Enbrel in combinazione con metotressato rispetto ad Enbrel inmonoterapia e metotressato in monoterapia.

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTOEnbrel 50 mg

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La progressione radiografica a 12 mesi è stata significativamente inferiore nelgruppo trattato con Enbrel rispetto al gruppo trattato con metotressato, mentre lacombinazione dei due è risultata significativamente migliore di entrambe lemonoterapie nel rallentare la progressione radiografica (vedi figura sotto riportata)

Sono stati inoltre osservati vantaggi significativi dopo 24 mesi per Enbrel incombinazione con metotressato rispetto ad Enbrel in monoterapia e metotressato inmonoterapia.Analogamente, vantaggi significativi per Enbrel in monoterapia rispettoa metotressato in monoterapia, sono stati osservati dopo 24 mesi. In un’analisi nellaquale tutti i pazienti che sono usciti dallo studio per qualunque motivo sono staticonsiderati come se avessero progredito, la percentuale di pazienti senzaprogressione (cambiamento di TSS=0,5) a 24 mesi è stata maggiore nel gruppotrattato con Enbrel in combinazione con metotressato rispetto al gruppo trattato consolo Enbrel e con solo metotressato (62%, 50%, e 36%, rispettivamente; p<0,05).La differenza fra il gruppo trattato con solo Enbrel e il gruppo trattato con solometotressato era anche significativa (p<0,05). Fra i pazienti che hanno completato i24 mesi interi di terapia nello studio, i tassi di non-progressione sono statirispettivamente 78%, 70%, e 61%. La sicurezza e l’efficacia di 50 mg di Enbrel (dueiniezioni da 25 mg) somministrate una volta a settimana sono stati valutati in unostudio controllato in doppio cieco di 420 pazienti con Artrite Reumatoide attiva. Inquesto studio, 53 pazienti hanno ricevuto placebo, 214 pazienti hanno ricevuto 50mg di Enbrel una volta a settimana e 153 pazienti hanno ricevuto 25 mg di Enbreldue volte a settimana. Il profilo di sicurezza e l’efficacia dei due regimi di trattamentocon Enbrel sono risultati comparabili all’8a settimana, per i loro effetti sui segni esintomi dell’Artrite reumatoide; I dati alla 16a settimana non hanno mostratocomparabilità (non-inferiorità) tra i due regimi. Un’iniezione singola di 50 mg/ml diEnbrel si è dimostrata bioequivalente a due iniezioni simultanee da 25 mg/ml. Adulticon artrite psoriasica. L’efficacia di Enbrel è stata valutata in uno studiorandomizzato, in doppio-cieco, placebo-controllato su 205 pazienti affetti da artritepsoriasica. I pazienti avevano un’età compresa tra i 18 e i 70 anni e presentavanoartrite psoriasica in forma attiva (≥3 articolazioni tumefatte e ≥3 articolazioni dolenti)in almeno una delle seguenti forme: (1) coinvolgimento delle interfalangee distali(DIP); (2) artrite poliarticolare (assenza di noduli reumatoidi e presenza di psoriasi);(3) artrite mutilante; (4) artrite psoriasica asimmetrica; o (5) anchilosi spodilitico-simile. I pazienti presentavano anche placche psoriasiche con un indice di lesione 2cm di diametro. I pazienti erano stati precedentemente trattati con FANS (86%),DMARD (80%), e corticosteroidi (24%). I pazienti in terapia con metotressato (stabileper 2 mesi) potevano continuare ad una dose stabile di metotressato 25mg/settimana. Dosi di 25 mg di Enbrel (basate sugli studi di “dose-finding” neipazienti affetti da artrite reumatoide) o di placebo sono state somministrate SC duevolte a settimana per 6 mesi.Alla fine dello studio in doppio cieco, i pazienti potevano

entrare in uno studio di estensione in aperto a lungo termine per una durata totalefino ad un massimo di 2 anni. Le risposte cliniche sono state espresse comepercentuale di pazienti che hanno raggiunto una risposta ACR 20, 50 e 70 e comepercentuale di miglioramento secondo i Criteri di Risposta per l’Artrite Psoriasica(PsARC). I risultati sono elencati nella Tabella seguente.

Nei pazienti affetti da artrite psoriasica che hanno ricevuto Enbrel, le risposte clinichesono state evidenti alla prima visita (4 settimane) e si sono mantenute durante i 6mesi di terapia. Enbrel è stato significativamente migliore rispetto al placebo per tuttigli indici di attività della malattia (p<0,001), e le risposte sono state simili con o senzauna terapia concomitante con metotressato. La qualità della vita nei pazienti affettida artrite psoriasica è stata valutata ad ogni visita usando l’indice di disabilità HAQ.Il punteggio dell’indice di disabilità era significativamente migliorato a tutte le visitenei pazienti affetti da artrite psoriasica trattati con Enbrel, rispetto a quelli trattati conplacebo (p<0,001). I cambiamenti radiografici sono stati valutati nello studiosull’artrite psoriasica. Le radiografie delle mani e dei polsi sono state ottenute albaseline e ai mesi 6,12 e 24. Il TSS modificato al mese 12 è presentato nella Tabellasotto riportata. In un’analisi nella quale tutti i pazienti usciti dallo studio per qualsiasiragione sono stati considerati come se avessero progredito, la percentuale dipazienti senza progressione (cambiamento al TSS ≤0,5) al mese 12 era più elevatanel gruppo trattato con Enbrel in confronto al gruppo trattato con il placebo (73% vs.47%, rispettivamente, p≤0,001). L’effetto di Enbrel sulla progressione radiograficaera mantenuto nei pazienti che continuavano il trattamento durante il secondo anno.Il rallentamento del danno alle articolazioni periferiche era osservato nei pazienti concoinvolgimento poliarticolare simmetrico delle articolazioni.

Il trattamento con Enbrel risultava in un miglioramento nella funzione fisica duranteil periodo in doppio cieco, e questo beneficio era mantenuto durante l’esposizione alungo termine per un massimo di 2 anni. Vi è insufficiente evidenza dell’efficacia diEnbrel in pazienti con artropatie simil spondilite anchilosante e artrite psoriasicamutilante a causa del basso numero di pazienti studiati. Non sono stati effettuatistudi in pazienti con artrite psoriasica al dosaggio di 50 mg una volta a settimana.Evidenza dell’efficacia del dosaggio di una volta a settimana in questa popolazionedi pazienti si è basata sui dati degli studi in pazienti con spondilite anchilosante.Adulti con spondilite anchilosante. L’efficacia di Enbrel nella spondilite anchilosante

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTOEnbrel 50 mg

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è stata valutata in 3 studi randomizzati, in doppio-cieco, che hanno confrontato lasomministrazione di Enbrel 25 mg due volte a settimana con il placebo. Sono statiarruolati un totale di 401 pazienti di cui 203 trattati con Enbrel. Il più ampio di questistudi (n=277) ha arruolato pazienti che avevano un’età compresa tra i 18 e i 70 annie presentavano spondilite anchilosante in forma attiva definita come un punteggio≥30 su scala visuo-analogica (VAS) per la media della durata e intensità della rigiditàmattutina più un punteggio VAS≥30 per almeno 2 dei seguenti 3 parametri:valutazione globale del paziente; media dei valori VAS per il dolore lombosacralenotturno e complessivo; media di 10 domande del “Bath Ankylosing SpondylitisFunctional Index” (BASFI). I pazienti che ricevevano DMARDs, FANS, o corticosteroidipotevano continuarli a dosi stabili. Nello studio non erano inclusi pazienti conanchilosi della spina dorsale. Dosi di 25 mg di Enbrel (basate su studi perdeterminare la dose in pazienti con artrite reumatoide) o placebo sono statisomministrati per via sottocutanea due volte la settimana per 6 mesi in 138 pazienti.La misura primaria di efficacia (ASAS 20) è risultata essere un miglioramento ≥20%in almeno 3 dei 4 domini del “Assessment in Ankylosing Spondylitis” (ASAS)(valutazione globale del paziente, dolore lombosacrale, BASFI e infiammazione).Anche le risposte ASAS 50 e ASAS 70 sono state basate sugli stessi criteri con un50% o un 70% di miglioramento, rispettivamente. Rispetto al placebo, il trattamentocon Enbrel ha comportato miglioramenti significativi nel ASAS 20, ASAS 50 e ASAS

70 già a partire da 2 settimane dopo l’inizio della terapia.Tra i pazienti con spondilite anchilosante che hanno ricevuto Enbrel, le rispostecliniche erano evidenti già dalla prima visita (2 settimane) e si sono mantenute nei 6mesi di terapia. Le risposte erano simili nei pazienti che stavano o non stavanoassumendo terapie concomitanti al baseline. Risultati simili sono stati ottenuti in duestudi sulla spondilite anchilosante di minori dimensioni. In un quarto studio, indoppio-cieco, placebo-controllato di 356 pazienti con spondilite anchilosante attiva,sono state valutate la sicurezza e l’efficacia di Enbrel 50 mg (due iniezionisottocutanee da 25 mg) somministrato una volta a settimana confrontato con Enbrel25 mg somministrato due volte a settimana. I profili di sicurezza e di efficacia del 50mg una volta a settimana e 25 mg due volte a settimana erano simili. Adulti conpsoriasi a placche. L’uso di Enbrel nei pazienti è raccomandato secondo quantodescritto nel paragrafo 4.1. Nella popolazione studiata, i pazienti che “non hannorisposto a” erano definiti da una risposta insufficiente (PASI<50 o PGA inferiore abuono), o da un peggioramento della malattia durante il trattamento e che erano statiadeguatamente trattati per un periodo di tempo sufficientemente lungo da valutarela risposta ad almeno ognuna delle tre principali terapie sistemiche secondo ladisponibilità. L’efficacia di Enbrel nei confronti di altre terapie sistemiche in pazienticon psoriasi da moderata a severa (responsiva ad altre terapie sistemiche) non èstata valutata in studi di confronto diretto tra Enbrel ed altre terapie sistemiche.Invece, la sicurezza e l’efficacia di Enbrel sono state valutate in quattro studirandomizzati, in doppio cieco, placebo-controllati. L’endpoint primario di efficacia intutti e quattro gli studi è stata la percentuale di pazienti che in ciascun gruppo ditrattamento ha raggiunto alla 12a settimana il PASI 75 (cioè un miglioramento dialmeno il 75% rispetto al basale nel punteggio dell’Indice di Estensione e Gravitàdella Psoriasi). Lo studio 1 è stato uno studio di fase 2 in pazienti di età ≥ ai 18 anni

con psoriasi a placche attiva ma clinicamente stabile che interessava un’area disuperficie corporea ≥10%. Centododici pazienti (112) sono stati randomizzati aricevere una dose di 25 mg di Enbrel (n=57) o di placebo (n=55) due volte asettimana per 24 settimane. Lo studio 2 ha valutato 652 pazienti con psoriasi aplacche cronica usando gli stessi criteri di inclusione dello studio 1 con l’aggiunta diun Indice di Estensione e Gravità della Psoriasi (PASI) di almeno 10 allo screening.Enbrel è stato somministrato al dosaggio di 25 mg una volta a settimana, 25 mg duevolte a settimana o 50 mg due volte a settimana per 6 mesi consecutivi. Durante leprime 12 settimane del periodo di trattamento in doppio cieco, i pazienti hannoricevuto placebo o uno dei tre dosaggi di Enbrel sopra menzionati. Dopo 12settimane di trattamento, i pazienti del gruppo trattato con placebo hanno iniziato iltrattamento con Enbrel in cieco (25 mg due volte a settimana); i pazienti dei gruppiin trattamento attivo hanno continuato fino alla settimana 24 con il dosaggio al qualeerano stati originariamente randomizzati. Lo studio 3 ha valutato 583 pazienti ed haavuto gli stessi criteri di inclusione dello studio 2. I pazienti in questo studio hannoricevuto una dose di 25 mg o 50 mg di Enbrel o placebo due volte a settimana per12 settimane, dopodiché tutti i pazienti hanno ricevuto 25 mg di Enbrel in aperto duevolte a settimana per ulteriori 24 settimane. Lo studio 4 ha valutato 142 pazienti edha avuto criteri di inclusione simili a quelli dello studio 2 e 3. I pazienti in questostudio hanno ricevuto una dose di 50 mg di Enbrel o placebo una volta a settimanaper 12 settimane, dopodiché tutti i pazienti hanno ricevuto 50 mg di Enbrel in apertouna volta a settimana per ulteriori 12 settimane. Nello studio 1, il gruppo trattato conEnbrel ha avuto una percentuale significativamente maggiore di pazienti con unarisposta PASI 75 alla settimana 12 (30%) rispetto al gruppo trattato con placebo (2%)(p<0,0001). A 24 settimane, il 56% dei pazienti del gruppo trattato con Enbrel haraggiunto il PASI 75 rispetto al 5% dei pazienti trattati con placebo. I risultati

principali degli studi 2, 3 e 4 sono mostrati qui di seguito.Tra i pazienti con psoriasi a placche che hanno ricevuto Enbrel, risposte significativerispetto al placebo si sono evidenziate al momento della prima visita (2 settimane) esi sono mantenute per le 24 settimane di terapia. Lo studio 2 prevedeva anche unperiodo di sospensione del trattamento durante il quale i pazienti che raggiungevanoun miglioramento PASI di almeno il 50% alla settimana 24 interrompevano iltrattamento. Durante il periodo di sospensione, i pazienti sono stati tenuti sottoosservazione per il verificarsi di eventi “rebound” (PASI ≥150% del basale) e per iltempo di ricaduta (definito come una perdita di almeno metà del miglioramentoottenuto tra il basale e la settimana 24). Durante il periodo di sospensione, i sintomidella psoriasi si sono gradualmente ripresentati con un tempo mediano alla ricadutadi malattia di 3 mesi. Non sono state osservate ricadute caratterizzate da “rebound”e nessun evento avverso grave correlato alla psoriasi. Ci sono state alcune evidenzea supporto del vantaggio di un nuovo trattamento con Enbrel nei pazienti che eranoinizialmente responsivi al trattamento. Nello studio 3 la maggior parte dei pazienti

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTOEnbrel 50 mg

RISPOSTE DEI PAZIENTI CON PSORIASI NEGLI STUDI 2, 3 E 4

*: p < 0,0001 rispetto al placeboa: Non è stata effettuata alcuna comparazione statistica verso il placebo alla settimana 24 negli studi 2 e 4 poiché il gruppo originale trattato con placebo ha iniziato a ricevere Enbrel 25 mg bisettimanalmente o 50 mg una volta a settimana, dalla settimana 13 alla settimana 24.b: Dermatologist Static Global Assessment. ì Clear” o “Almost clear” definito come 0 o 1 su una scala da 0 a 5.

Studio 2 Studio 3 Studio 4

RISPOSTA(%)

PASI 50

Placebo

Enbrel

Placebo

Enbrel

Placebo

Enbrel

PASI 75

DSGAb

clear or almostclear

14 58* 70 74* 77 9 64* 77* 9 69* 83

4 34* 44 49* 59 3 34* 49* 2 38* 71

5 34* 39 49* 55 4 39* 57* 4 39* 64

n = 166sett.12

n = 46sett.12

n = 193sett.12

25 mg Bisett.

50 mg Bisett.

n = 162sett.12

n = 162sett.24

a

n = 164sett.12

n = 164sett.24

a

25 mg Bisett.

50 mg Bisett.

n = 196sett. 12

n = 196sett. 12

50 mg Settim.n = 96sett. 12

50 mg Settimn = 90sett. 24

a

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Informazioni generaliObiettivo della rivistaScopo primario di Psoriasis è quello di raccogliere e trasmettere informazioni scientifi che, cliniche e di politica sanitaria aggiornate, in grado di attivare un meccanismo di “rafforzamento” delle conoscenze del dermatologo, per metterlo così in condizione di affrontare con elementi di fatto scientifi ci e clinici il dibattito che si è aperto sull’approccio complessivo alla terapia della psoriasi. Tutto ciò nel tentativo di riportare il paziente al centro della strategia terapeutica operando delle scelte che, nel suo esclusivo interesse, siano in grado di coniugare conoscenze ed esperienze scaturite da tutte le strategie di cura della malattia.

Articoli della rivistaGli articoli non devono mai essere apparsi su altre riviste a livello nazionale e internazionale né essere proposti per la pubblicazione ad altre te-state. La redazione li sottoporrà all’attenta valutazione del board scientifi co, che potrà richiedere una revisione all’autore.Gli autori sono gli unici responsabili dei rispettivi articoli e della relativa iconografi a.

Norme editorialiInvio degli articoliGli articoli dovranno pervenire preferibilmente tramite posta elettronica all’indirizzo [email protected] e in copia stampata, oppure su CD e in copia stampata, all’indirizzo: Editoriale Fernando Folini, Il Battaglino, 15052 Casalnoceto (AL). Si accettano i più comuni formati di Word processing sia Macintosh sia Windows, ma si raccomanda di accludere almeno una copia in formato RTF. Le illustrazioni dovranno essere in formato TIFF o EPS ad alta risoluzione (300 dpi) nelle dimensioni di 9x6 cm.

Come richiedere la pubblicazioneGli autori dovranno restituire fi rmata la lettera allegata in cui chiedono che l’articolo venga pubblicato, dichiarano che l’articolo è originale e non è stato proposto ad altre testate; inoltre cedono il diritto d’autore alla Casa editrice che potrà utilizzare tutto o parte dell’articolo senza darne co-municazione agli autori.È necessaria l’approvazione scritta del direttore o del responsabile della struttura di riferimento (dipartimento, istituto etc.), qualora comparisse nell’articolo.

Linee guida per la preparazione del manoscrittoPAGINA DEL TITOLOUna pagina a parte deve riportare le seguenti informazioni:1. Titolo dell’articolo, che la redazione potrà variare per esigenze di spazio;2. Autori con nome e cognome indicati per esteso e i vari recapiti (tele-

fono, fax e indirizzo e-mail);3. Parole chiave (in italiano e in inglese) da un minimo di tre fi no a un

massimo di dieci.

ABSTRACT (IN ITALIANO E IN INGLESE)Il riassunto dell’articolo dovrà essere di 250 parole e riportare:– per le ricerche originali: obiettivi, metodi, risultati, conclusioni;– per le revisioni della letteratura: obiettivi, dati, fonti, selezione degli

articoli, conclusioni.

TESTOIntroduzioneDescriverà brevemente le problematiche trattate evidenziando:– letteratura di riferimento;– lo stato attuale delle conoscenze;– gli obiettivi della ricerca proposta.

MetodiIncluderà le informazioni sulle metodologie utilizzate al momento della stesura del protocollo dello studio. In caso di metodiche non originali, è necessario citare gli autori e il lavoro da cui sono estratte.

EticaI dati dovranno essere riportati seguendo gli standard etici più elevati.

StatisticaLe metodologie utilizzate dovranno essere descritte nel dettaglio per-mettendo al lettore di risalire ai dati originali, verifi cando così la validità dei risultati raggiunti.

RisultatiPresenterà i risultati in sequenza logica. Tabelle, fi gure e analisi statisti-che potranno essere usate per riassumere i concetti più importanti.

DiscussioneEnfatizzerà gli aspetti nuovi e importanti dello studio e i risultati a cui

hanno portato confrontandoli anche con quelli di altri studi importanti, senza trascurare i limiti dello studio e le sue implicazioni per la ricerca futura e la pratica clinica.Le conclusioni dovranno essere collegate agli obiettivi dello studio evi-tando affermazioni non adeguatamente supportate dai dati.

BIBLIOGRAFIANumerare i riferimenti bibliografi ci in base all’ordine di apparizione negli articoli, riportandoli nel modo seguente:

Rivista:1. You CH, Lee KY, Chey RY, Menguy R. Electrogastrographic study of

patients with unexplained nausea, bloating and vomiting. Gastroen-terology 1980;79:311-4.

Libro o capitolo di libro:2. Colson JH, Armour WJ. Sports injuries and their treatment. 2nd rev ed.

London: St Paul, 1986.3. Rajaka G. Infantile seborrhoeic dermatitis. In: Harper J, Oranje A,

Prose N, eds. Textbook of pediatric dermatology. 2nd ed. Oxford: Scientifi c Publications 2000, pp. 255-59.

Identifi care i riferimenti bibliografi ci nel testo, nelle tabelle e nelle fi gure con i numeri arabi tra parentesi.Sono consigliati non più di 20 riferimenti bibliografi ci.

TABELLELe tabelle dovranno essere numerate e richiamate nel testo in ordine progressivo, ciascuna con un proprio titolo. Note esplicative potranno essere riportate in fondo alla tabella.

ILLUSTRAZIONILe illustrazioni dovranno essere numerate e richiamate nel testo in or-dine progressivo. Dovranno essere stampate e salvate su fi le a parte, ognuna di esse accompagnata dalla propria didascalia e legenda. Let-tere, numeri e simboli dovranno essere ben leggibili, i titoli e le spiega-zioni riportati a lato.Le norme editoriali sono state redatte sulla base del Vancouver Style (Uni-form Requirements for Manuscripts Submitted to Biomedical Journals).Per maggiori informazioni http://www.icmje.org

- Direttore scientifi co: Torello Lotti (Firenze)- Coordinatore scientifi co: Alberto Giannetti (Modena)

- Gianfranco Altomare (Milano)- Mario Aricò (Palermo)- Fabio Arcangeli (Cesena)- Nicola Aste (Cagliari)- Fabio Ayala (Napoli)- Federico Bardazzi (Bologna)

- Enzo Berardesca (Roma)- Maria Grazia Bernengo (Torino)- Stefano Calvieri (Roma)- Pier G. Calzavara Pinton (Brescia)- Piero Campolmi (Firenze)- Sergio Chimenti (Roma)- Ornella De Pità (Roma)- Paolo Fabbri (Firenze)- Michele Fimiani (Siena)- Giorgio Filosa (Jesi)- Ilaria Ghersetich (Firenze)

- Gian Luigi Giovene (Perugia)- Giampiero Girolomoni (Verona)- Franco Kokelj (Trieste)- Giorgio Leigheb (Novara)- Patrizia Martini (Lucca)- Giuseppe Monfrecola (Napoli)- Patrizio Mulas (Cagliari)- Annamaria Offi dani (Ancona)- Ketty Peris (L’Aquila)- Andrea Peserico (Padova)- Mauro Picardo (Roma)

- Carlo Pincelli (Modena)- Mario Pippione (Torino)- Antonio Puglisi Guerra (Messina)- Patrizio Sedona (Venezia)- Stefania Seidenari (Modena)- Antonello Tulli (Chieti)- Gino A. Vena (Bari)- Giovanna Zambruno (Roma)

Board

Istruzioni per gli autori

(77%) che all’inizio erano stati randomizzati a 50 mg due volte a settimana e chehanno ricevuto alla settimana 12 una dose ridotta a 25 mg di Enbrel due volte allasettimana, hanno mantenuto una risposta PASI 75 fino alla settimana 36. Per ipazienti che hanno ricevuto 25 mg 2 volte a settimana durante tutto lo studio, larisposta PASI 75 ha continuato a migliorare tra le settimane 12 e 36. Nello studio 4,il gruppo trattato con Enbrel ha avuto una più alta proporzione di pazienti con PASI75 alla settimana 12 (38%) rispetto al gruppo trattato con placebo (2%) (p<0,0001).Per i pazienti che hanno ricevuto 50 mg una volta a settimana durante tutto lo studio,la risposta di efficacia ha continuato a migliorare con il 71% dei pazienti che haraggiunto un PASI 75 alla settimana 24. Anticorpi anti Enbrel. Anticorpi antietanercept sono stati rilevati nel siero di alcuni soggetti trattati con etanercept.Questi anticorpi sono stati tutti non-neutralizzanti e sono generalmente transitori.Non sembra esserci correlazione tra lo sviluppo di anticorpi e la risposta clinica o glieventi avversi. Durante gli studi clinici in soggetti trattati con dosi approvate dietanercept sino a 12 mesi, le quantità cumulative di anticorpi anti-etanercept eranoapprossimativamente del 6% nei soggetti con artrite reumatoide, 7,5% in soggetticon artrite psoriasica, 2,0% in soggetti con spondilite alchilosante, 7% in soggetticon psoriasi e 3% in soggetti con artrite giovanile idiopatica. La proporzione disoggetti che hanno sviluppato anticorpi anti-etanercept negli studi più a lungotermine (sino a 3,5 anni) aumenta con il tempo, come previsto. Tuttavia, grazie allaloro natura transitoria, l’incidenza degli anticorpi rilevati ad ogni punto di valutazioneè stata generalmente inferiore al 7% in soggetti con artrite reumatoide ed in soggetticon psoriasi. In uno studio a lungo termine sulla psoriasi, nel quale i pazientiricevevano 50 mg due volte a settimana per 96 settimane, l’incidenza degli anticorpiosservata ad ogni punto di valutazione è stata approssimativamente sino al 9%. 5.2Proprietà farmacocinetiche. I valori sierici di etanercept sono stati valutati con ilmetodo ELISA, che può rilevare sia i prodotti di degradazione che reagiscono conl’ELISA, sia il composto progenitore. L’etanercept viene lentamente assorbito dal sitodi iniezione sottocutaneo, raggiungendo la massima concentrazioneapprossimativamente 48 ore dopo una singola dose. La biodisponibiltà assoluta è del76%. Con due dosi settimanali si prevede che le concentrazioni allo steady-statesiano approssimativamente due volte maggiori rispetto a quelle osservate dopo dosisingole. Dopo una singola dose sottocutanea di 25 mg di Enbrel, la concentrazionesierica massima media osservata in volontari sani è stata di 1,65 ± 0,66 μg/ml el’area sotto la curva è stata di 235 ± 96,6 μg*ora/ml. Non è stata formalmentevalutata la proporzionalità di dose, ma non c’è una evidente saturazione dellaclearance lungo il range di dosaggio. Per descrivere la curva concentrazione-tempodi etanercept è richiesta una curva biesponenziale. Il volume di distribuzione centraledell’etanercept è di 7,6 litri, mentre il volume di distribuzione allo steady-state è di10,4 litri. L’etanercept viene eliminato lentamente dall’organismo. Ha una lungaemivita, di circa 70 ore. La clearance è approssimativamente di 0,066 litri/ora inpazienti affetti da artrite reumatoide, un po’ più bassa del valore di 0,11 litri/oraosservato in volontari sani. Inoltre, la farmacocinetica di Enbrel in pazienti affetti daartrite reumatoide e psoriasi a placche è simile. I profili della concentrazione mediasierica allo steady state ovvero Cmax (2,4 mg/l vs 2,6 mg/l), Cmin (1,2 mg/l vs 1,4 mg/l),e l’ AUC parziale (297 mgh/l vs 316 mgh/l) sono risultati comparabili nei pazienti conartrite reumatoide trattati rispettivamente con 50 mg di etanercept 1 volta asettimana (n=21) vs 25 mg di etanercept due volte a settimana (n=16). In uno studioin aperto, a dose singola, a due trattamenti, in cross-over su volontari sani,etanercept somministrato come iniezione in dose singola da 50 mg/ml è risultatobioequivalente a due iniezioni simultanee da 25 mg/ml. In un’analisi farmacocineticadi popolazione in pazienti con spondilite anchilosante, le AUCs allo steady state dietanercept erano 466 μg*ora/mL e 474 μg*ora/mL, rispettivamente, per Enbrel 50mg una volta a settimana (N=154) e 25 mg due volte a settimana (N=148),rispettivamente. Sebbene ci sia una eliminazione di radioattività nelle urine doposomministrazione di etanercept radiomarcato in pazienti e in volontari, non è statoosservato un aumento delle concentrazioni di etanercept in pazienti con insufficienzarenale o epatica acuta. La presenza di insufficienza renale o epatica non dovrebberichiedere alcuna modifica del dosaggio. Non c’è apparente differenza difarmacocinetica tra maschi e femmine. Il metotressato non modifica lafarmacocinetica dell’etanercept. Non è stato valutato l’effetto di Enbrel sullafarmacocinetica umana del metotressato. Pazienti anziani. L’influenza dell’etàavanzata è stata studiata tramite un’analisi farmacocinetica delle concentrazioniplasmatiche di etanercept nell’ambito di una popolazione di tale fascia di età. Laclearance ed il volume valutati in pazienti di età compresa tra i 65 e gli 87 anni sonorisultati simili a quelle stimate in pazienti con meno di 65 anni. 5.3 Dati preclinicidi sicurezza. Durante gli studi tossicologici condotti con Enbrel, non si è manifestatauna tossicità dose-limite od organo bersaglio. Enbrel è risultato essere non-genotossico in una serie di studi in vitro ed in vivo. A causa della comparsa dianticorpi neutralizzanti nei roditori, non sono stati condotti con Enbrel studi dicarcinogenicità e di valutazione standard della fertilità e della tossicità postnatale.Enbrel non ha causato mortalità o segni di tossicità rilevabili in topi o ratti a seguitodi un singola dose sottocutanea di 2.000 mg/Kg o di una singola dose endovenosa

di 1.000 mg/Kg. Enbrel non ha provocato una tossicità dose-limite o organobersaglio in scimmie cynomolgus a seguito di una somministrazione sottocutaneadue volte a settimana per 4 o 26 settimane consecutive ad una dose (15 mg/Kg)risultante in concentrazioni sieriche del farmaco basate sull’AUC che erano più di 27volte maggiori rispetto a quelle ottenute negli uomini alla dose raccomandata di 25mg. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Saccarosio.Cloruro di sodio. L-Arginina cloridrato. Sodio fosfato monobasico diidrato. Sodiofosfato dibasico diidrato. Acqua per preparazioni iniettabili 6.2. Incompatibilità. Inassenza di studi di compatibilità, il medicinale non deve essere miscelato con altriprodotti. 6.3. Periodo di validità. 2 anni 6.4. Precauzioni particolari per laconservazione. Conservare in frigorifero (tra 2°C e 8°C). Non congelare. 6.5. Naturae contenuto della confezione. Siringa di vetro trasparente (vetro di tipo I) con agodi acciaio inossidabile, copertura dell’ago in gomma e stantuffo di plastica. Leconfezioni contengono 2, 4 o 12 siringhe preriempite di Enbrel con 4, 8 o 24 tamponicon alcool. La copertura dell’ago contiene gomma naturale essiccata (lattice) (vediparagrafo 4.4). Non tutte le confezioni potrebbero essere in commercio. 6.6.Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Il prodotto nonutilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformitàai requisiti locali di legge. Istruzioni per l’impiego e la manipolazione. Primadell’iniezione bisogna attendere che la siringa pre-riempita di Enbrel per mono-somministrazione raggiunga la temperatura ambiente (approssimativamente dai 15ai 30 minuti). La copertura dell’ago non deve essere rimossa mentre si attende chela siringa pre-riempita raggiunga la temperatura ambiente. La soluzione deve esserelimpida o incolore o giallo chiaro e praticamente priva di particelle visibili. Istruzionidettagliate per la somministrazione sono fornite nel foglio illustrativo, paragrafo 7,“Istruzioni per la preparazione e somministrazione di un’iniezione di Enbrel”.7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO.Wyeth Europa Ltd. Huntercombe Lane South Taplow, Maidenhead Berkshire, SL60PH Regno Unito.8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE(I) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO.EU/1/99/126/016EU/1/99/126/017EU/1/99/126/0189. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE.Data della prima autorizzazione: 3 Febbraio 2000.Data dell’ultimo rinnovo: 3 Febbraio 200510. DATA DI REVISIONE DEL TESTO.Agosto 2008.Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito webdell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA): http://www.emea.europa.eu

RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTOEnbrel 50 mg

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Depositata presso AIFA in data 24/11/2006

Volume 3Numero 3

Ottobre 2008

- Comorbilità nella psoriasi

- Screening per l’infezione tubercolare latente in pazienti trattati con farmaci sistemici e farmaci biologici

- Il ruolo delle cellule dendritiche nella psoriasi

- Psoriasi in gravidanza in trattamento con etanercept: un caso clinico

- La malattia psoriasica: le comorbilità e le terapie biologiche

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EditorialeFernando Folini

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