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Raffaele Piria : chimico, patriota e politico

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Raf fae l e Pir ia : ch imico , patr io ta e po l i t i co

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Il 29 Agosto 2010 il Sole – 24 Ore ha ospitato, nel suo inserto culturale della domenica, un interessante

articolo dal titolo: I matematici che fecero l’Italia.

L’aspetto fondamentale dell’articolo consisteva nell’evidenziare il legame fra l’attività culturale di tanti

matematici scienziati, sparsi nelle Università italiane del Nord e del Sud, e l’attività patriottica prima,

durante il Risorgimento, e politica poi, dopo l’Unità d’Italia. Il dato storicamente documentato non è,

comunque, da limitare soltanto ai matematici ed interessa diverse personalità del mondo scientifico

oltre a quello molto più conosciuto del settore umanistico ed, in particolare, per quanto in questa sede

ci interessa, del mondo della chimica.

Il 14 marzo del 1883, con i fondi raccolti in tutta Italia, veniva inaugurato nell’Università di Torino un

busto con la seguente epigrafe dettata dall’allora rettore Enrico D’Ovidio:

“A Raffaele Piria – sommo chimico ardente patriota - professore nelle Università di Pisa e di Torino - capitano degli

studenti a Curtatone e Montanara - ministro della Istruzione in Napoli – dopo il plebiscito - colleghi discepoli raccolte da

ogni parte d’Italia le offerte - XVII anni dopo la sua morte” – P.P.

Nella stessa occasione Stanislao Cannizzaro, chimico di valore ed allievo prediletto di Piria insieme a

Cesare Bertagnini, nel suo intervento di commemorazione osservava:

“Il Piria non solo non respingeva i giovani che mostravano desiderio di istruirsi nel suo laboratorio, ma anche ne andava

in cerca nelle varie province d’Italia. Sono io uno dei frutti di questa sua caccia di allievi, e debbo a Melloni, incaricato dal

Piria di avviare giovani volenterosi al laboratorio di Pisa, di essere ivi andato ad essermi avviato alla chimica piuttosto che

ad altro ramo delle scienze. Poiché non posso qui sfuggire di far la confessione, che in ciò ben differente dal Piria, io non fui

spinto da potente vocazione, ma dall’attrattività dell’illustre maestro a prescegliere la carriera chimica”.

Attraverso l’epigrafe del rettore D’Ovidio e le espressioni usate da Cannizzaro nella commemorazione è

possibile ricavare elementi utili per delineare un approccio alla personalità di Piria:

1. E’ stato un chimico di valore che ha segnato la chimica italiana.

2. E’ stato prima un patriota durante il Risorgimento e poi un importante uomo politico dopo

l’Unità d’Italia.

3. E’ stato un organizzatore entusiasta di una scuola di chimica nell’Italia nascente.

Io, da meridionale, ne aggiungo un altro: ha tenuto uniti Sud e Nord e non solo perché è nato in

Calabria ed è stato adottato dalle Università del Nord (Pisa e Torino) ma anche perché l’interesse per il

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Mezzogiorno ed il suo sviluppo è stato sempre presente in Lui ed espresso dal suo osservatorio

settentrionale e spesso europeo.

Raffaele Piria nacque il 20 Agosto 1814 a Scilla, splendida cittadina situata sulla costa viola del mare

Tirreno a 20 Km da Reggio Calabria, che si affaccia sullo Stretto di Messina.

Veduta di Scilla e del suo castello

Per gentile concessione del sindaco di Scilla sono in grado di mostrarvi una copia dell’atto di nascita del

Piria al quale sono stati attribuiti i nomi Raffaele, Michele e Rocco

Copia dell’atto di nascita di Piria

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La copia dell’atto riprodotta fa giustizia di un dato errato, talvolta apparso su qualche pubblicazione,

che ne indicava Palmi come luogo di nascita. L’equivoco deriva dal fatto che avendo il Piria perso il

padre all’età di quattro anni fu adottato da uno zio paterno, commerciante di olii, residente a Palmi, che

ne curò l’educazione e lo sostenne negli studi, inizialmente presso il Real Collegio di Reggio Calabria e

lo indirizzò successivamente, nel 1829, verso gli studi di Medicina, presso l’Università di Napoli, dove

conseguì la laurea nel 1835. La sua vera passione era comunque la chimica ed ha ragione il Cannizzaro

quando, nella sua commemorazione, osservava che Raffaele Piria aveva verso la chimica una vera e

propria vocazione. Il prof. Lancillotti, docente di chimica nella Facoltà medica napoletana, se ne

accorse tempestivamente e lo scelse quale collaboratore soprattutto nella preparazione e nello

svolgimento delle esercitazioni.

Nel 1837, dopo molte richieste ed insistenze, lo zio acconsentì acchè Raffaele Piria si recasse a Parigi

dove venne ammesso a lavorare con uno dei luminari della Chimica del suo tempo il prof. J.B. Dumas

con il quale iniziò una proficua collaborazione svolgendo ricerche molto importanti sui derivati della

salicina che sono stati pubblicate su due importanti riviste francesi i Comptes Rendus de l’Academie

des Sciences e gli Annales de Chimie et de Physique, entrambi nel 1838. Questi lavori sono i più

importanti svolti da Piria e lo legano alla storia dell’aspirina. Senza dubbio l’aspirina – forse insieme alla

penicellina ed al cortisone – è uno dei farmaci più famosi o, quanto meno, uno di quelli che hanno

rappresentato una tappa fondamentale nella storia della terapia medica. L’acido acetilsalicilico fu

registrato con il marchio “Aspirina” l’11 febbraio 1899 dalla Bayer, allora una piccola fabbrica

specializzata nella produzione di coloranti che includeva, comunque, un settore dedicato ai farmaci. Il

brevetto depositato si basa sulla sintesi dell’acido salicilico (sintesi di Kolbe) per reazione del fenolo con

biossido di carbonio in presenza di KOH e successiva acidificazione con H2SO4. La conseguente

acetilazione del gruppo alcolico aromatico con anidride acetica (sintesi di Felix Hoffmann) produce

l’acido acetilsalicilico.

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Per avere un’idea dei numeri di oggi dell’aspirina occorre tenere presente che:

• 100 miliardi di compresse contenenti acido acetilsalicilico sono consumate circa ogni anno nel

mondo (17 compresse a testa);

• 11 miliardi di compresse vengono sintetizzate dalla Bayer solo per gli USA;

• 50 milioni di compresse vengono ingerite ogni giorno negli USA;

• 5 milioni di italiani ne fanno un uso abituale, il 4% degli italiani la usa nella terapia dopo

l’infarto;

• 16500 persone, purtroppo, muoiono ogni anno negli USA per l’uso scorretto di aspirina e di

altri farmaci ad essa simili.

La scoperta dell’aspirina è stata comunque la tappa conclusiva di una storia che ha avuto inizio con la

individuazione delle proprietà particolari dei derivati del salice da parte del reverendo Edward Stone nel

1757, che ne stabilì una correlazione con la corteccia del Perù o albero di china.

Nel 1828 dalla corteccia del salice è stata estratta la salicina dal farmacista tedesco Andreas Buchner

mentre nel 1835 è stato isolato per la prima volta l’acido salicilico dalla Ulmaria, una rosacea detta

anche “regina dei prati” ed il cui nome botanico è più propriamente “spiraea ulmaria”.

Queste conoscenze costituivano il patrimonio già acquisito nell’anno in cui , 1837, Raffaele Piria iniziò

a lavorare, nei laboratori di Dumas, sulla salicina. Ossidando questa sostanza con una soluzione di

bicromato di potassio ed acido solforico ottenne oltre ai sottoprodotti acido formico e biossido di

carbonio (CO2) una nuova sostanza, allora sconosciuta, che fu chiamata “idruro di salicile” per la sua

analogia con le proprietà dell’essenza di mandorle amare (aldeide benzoica) che, in una memoria del

1832, i chimici tedeschi J. Liebig e F. Wohler consideravano come idruro di un radicale composto,

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ovvero derivante dalla interazione fra idrogeno e radicale benzoile. Per Piria, pertanto, l’idruro di salicile

era composto dal radicale salicile più idrogeno.

Egli, dunque, si muoveva inizialmente all’interno della teoria dei radicali, formulata da J.L. Gay-Lussac

secondo la quale i composti organici erano costituiti da gruppi di atomi capaci di passare inalterati da un

composto all’altro e potevano combinarsi con i diversi elementi (o altri radicali) come unità

indipendenti ed unitarie.

Successivamente, nel 1845, nella pubblicazione di una seconda memoria sugli “Annali di Chimica,

Fisica e Matematiche” di Bologna avente per titolo: Ricerche di chimica organica sulla salicina, Piria

aderì alla teoria dei tipi. Troviamo, infatti, in questa pubblicazione l’affermazione che “la salicina può

riguardarsi come il tipo di una serie di corpi capaci come essa di speciosissime trasformazioni”.

Diversamente dalla teoria dei radicali che prestava attenzione alla parte della molecola che non subisce

variazione nelle reazioni, la teoria dei tipi, sviluppata soprattutto da Gerhard, considera soprattutto la

parte variabile delle molecole. Sotto questo aspetto le reazioni delle sostanze organiche sono simili a

quelle delle sostanze inorganiche, H2O, HCl, NH3. Questi composti possono essere assunti come “tipi”

per le sostanze organiche che pertanto possono essre considerate derivate da esse per sostituzione di

uno o più atomi di idrogeno con “residui” organici. Così, per sostituzione di un atomo di idrogeno

dell’acqua con un etile si ottiene l’alcool etilico e, per sostituzione di entrambi, l’etere etilico.

L’idruro di salicile viene definito dalla nomenclatura organica moderna aldeide salicilica. Da questa, per

trattamento a caldo con idrossido di potassio e successiva acidificazione con acido cloridrico, Piria

ottenne l’acido salicilico, che venne cristallizzato, sotto forma di aghetti bianchi, riscaldando il prodotto

in acqua, filtrando i residui solidi e poi lasciando raffreddare la soluzione acquosa.

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In quasi tutte le rassegne scientifiche sull’aspirina, pubblicate in Italia e nel mondo, Raffaele Piria è la

personalità più citata.

A Parigi Piria rimase più di un anno e, tornato a Napoli nel 1839 si dedicò all’insegnamento privato,

pubblicando comunque alcuni risultati sulle ricerche riguardanti le fumarole del Vesuvio e soprattutto

un testo fondamentale di chimica inorganica di 750 pagine dedicato al suo maestro J.B. Dumas.

Nel 1842, a 28 anni, grazie all’interessamento di Carlo Matteucci (fisico) e Macedonio Melloni fu

chiamato a ricoprire la cattedra di chimica, che si era resa vacante, a Pisa.

Nella città toscana sorse una feconda scuola di chimica, la prima in Italia, alla quale il Piria chiamò a

collaborare sia Stanislao Cannizzaro che Cesare Bertagnini. Purtroppo i mezzi di cui poteva disporre

erano molto limitati. In Germania - sosteneva il Nostro – “la vita intellettuale della nazione non solo non era

osteggiata dai principi, ma invece era incoraggiata. In Italia, ove gli uomini dotti erano considerati come demagoghi, e

quindi come sovvertitori dell’ordine sociale, la scienza non solo era ostacolata, ma in alcune regioni affatto spenta; onde ben

pochi erano quelli che si davano allo studio di essa”.

Piria conosceva bene lo scienziato tedesco Liebig e la sua scuola chimica per averne visitato i laboratori

a Giessen nel 1851 di ritorno dalla visita all’Esposizione Universale di Londra. D’altro canto, Liebig

apprezzava molto la scuola chimica pisana di Piria e, a questo apprezzamento, accenna anche il

Cannizzaro in una lettera inviata a Bertagnini. Anche lo storico della chimica Provenzal accenna alla

consapevolezza dei tre chimici – Piria, Cannizzaro e Bertagnini – di costituire una prestigiosa scuola di

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ricerca nazionale ed al fatto che i chimici stranieri più importanti del tempo, Liebig e Dumas, ne erano

consapevoli.

Le ricerche più importanti di questo periodo sono state oltre all’ulteriore approfondimento riguardante

la reattività della salicina, i lavori sulla populina, un glucoside estratto dal pioppo (populus tremula), che

riuscì a convertire in salicina distaccandone un radicale benzoico e soprattutto quelli sull’asparagina e

l’acido aspartico che, per azione dell’acido nitroso sono stati entrambi trasformati in acido malico.

Questa interessante reazione,

nei testi di chimica organica degli anni sessanta del secolo scorso (vedi Silvio Bezzi: Lezioni di chimica

organica), veniva riportata come reazione di Piria.

Nell’ultimo anno della sua permanenza a Pisa, il 1855, insieme al fisico Carlo Matteucci, Piria fondò la

rivista il Nuovo Cimento dedicata a tutte le scienze naturali. Nel tempo, comunque, questo giornale

scientifico si è specializzato soprattutto sulla pubblicazione di ricerche nel campo della fisica.

A quarantuno anni, nel 1855, Raffaele Piria lasciò l’Università di Pisa e si trasferì presso l’Università di

Torino su proposta dell’allora ministro della Pubblica Istruzione del Piemonte Giovanni Lanza

nonostante l’indicazione contraria del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione del regno del

Piemonte che aveva proposto, per la stessa cattedra, Ascanio Sobrero, che era anche piemontese di

origine, nativo di Casale Monferrato.

Indubbiamente le qualità professionali ma anche quelle patriottiche e politiche (su cui mi soffermerò

nella seconda parte del mio intervento) hanno giocato un ruolo fondamentale nella scelta.

Alla scelta di Piria a Torino seguì un interessante giro di cattedre con la duplice chiamata di Cannizzaro

(allievo di Piria) a Genova e di Cesare Bertagnini (anch’egli allievo di Piria) a Pisa. Alla morte del

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Bertagnini (giovanissimo a trenta anni) la cattedra è stata acquisita da De Luca (altro allievo di Piria)

che, trasferitosi a Napoli nel 1862 ebbe come successore Paolo Tassinari (ennesimo allievo di Piria). Si

può ben dire che con Raffaele Piria, anche per l’autorevolezza scientifica e politica del personaggio, si

afferma una tradizione che, con gergo moderno, possiamo definire di “baronia universitaria”.

La storiografia concorda nel riconoscere a Raffaele Piria grandi meriti scientifici nel settore della

organizzazione della ricerca e della cultura chimica. Tuttavia, le opinioni degli storici sono spesso

diverse non tanto sulla importanza fondamentale della ricerca chimica del Piria quanto sulla

primogenitura della sua scuola nello sviluppo delle scienze chimiche in Italia. Il Provenzal, ad esempio,

nella sua opera storiografica pubblicata nel 1932, pone il Piria ed i contributi della sua scuola innovativa

nell’ambito di una tradizione chimica italiana che interessa sia la chimica pre-risorgimentale che post-

risorgimentale diluendo, in certo senso, la figura del Nostro e limitandone la primogenitura scientifica,

viene di converso, esaltato il ruolo di Nasini, suo maestro, che ha avuto, a suo dire, il merito di avere

introdotto in Italia la chimica-fisica. Si tratta, comunque, a mio avviso, di una visione del tutto

partigiana. Al contrario Paternò, chimico palermitano, allievo e successore nella cattedra di Chimica, a

Palermo, di Stanislao Cannizzaro, in una sua opera del 1928 osserva che solo il Piria ha lasciato della

sua opera un’orma incancellabile (parole testuali). Un altro importante storico della chimica, Icilio

Guareschi che insegnò a Torino dal 1879 al 1918 chimica organica e tossicologica ha indicato in

Faustino Malaguti, Francesco Selmi e Raffaele Piria i tre studiosi che segnarono la ripresa della chimica

italiana dopo la restaurazione: se si tiene conto che Malaguti, esule in Francia, rimase all’Università di

Reims per tutta la sua vita e Selmi si dedicò completamente alla edizione della sua Enciclopedia di

chimica scientifica, tecnologica ed industriale, in effetti solo il Piria poteva essersi dedicato, a Pisa

soprattutto, alla formazione di una vera e propria scuola nazionale di chimica.

Il programma è stato, successivamente, continuato dal suo più illustre allievo Stanislao Cannizzaro

prima a Palermo e poi a Roma.

Nel 1846, in pieno Risorgimento, il prof. Selmi, per la prima volta ha pubblicato l’Annuario Chimico

Italiano sul modello del più importante Jahresberichte der Chemie pubblicato a Tubinga, nel 1822, dal

chimico svedese Jacob Berzelius e di analoghe iniziative editoriali in Gran Bretagna (come i Reports of

the Royal College of Chemistry del 1845, istituzione inizialmente diretta dal chimico tedesco Wilhelm

August von Hofmann) ed in Francia con l’Annuarie de Chemie del 1845).

Il compito era molto serio ed impegnativo e consisteva nel raccogliere e fare conoscere in Italia ed

all’estero i lavori dei chimici italiani, trascurati soprattutto per la scarsa conoscenza dei loro contributi. I

ricercatori venivano invitati ad inviare i loro risultati direttamente al Selmi o ad una serie di

corrispondenti. Per Torino erano stati indicati come referenti Ascanio Sobrero ed Angelo Abbene, per

Pisa ovviamente il referente era Piria. L’obiettivo era comunque molto ambizioso in quanto si

prefiggeva di realizzare una Società Chimica Italiana che raccogliesse tutti i chimici degli Stati in cui era

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suddiviso il nostro paese. Sull’argomento Piria e Selmi hanno avuto uno scambio di valutazioni e Piria

offrì il suo totale contributo al successo dell’iniziativa pur evidenziandone le difficoltà per la scarsezza

di mezzi e la parcellizzazione delle sedi. La cornice patriottica e risorgimentale dell’iniziativa era inoltre

evidente poiché l’obiettivo mirava ad un processo di unificazione culturale e di scambio scientifico che,

concretamente, si è sviluppato attraverso una serie di adunanze degli scienziati (non solo chimici) dei

vari stati italiani che venivano tenute in diverse città della penisola. La prima riunione si tenne a Pisa (1-

15 ottobre 1839), la seconda a Torino (16-30 settembre 1840), la terza a Firenze (15-20 settembre

1841), la quarta a Padova (15-29 settembre 1842), la quinta a Lucca (15-30 settembre 1843), la sesta a

Milano (12-27- settembre 1844), la settima a Napoli (1845), l’ottava a Genova (14-29 settembre 1846),

la nona a Venezia (14-24 settembre 1847) che fu anche l’ultima del periodo preunitario.

L’obiettivo risorgimentale ed unitario delle adunanze risulta chiaro anche dalla varietà delle sedi scelte

per gli incontri scientifici. I protagonisti chimici – conosciuti dai nomi dei membri dei comitati

organizzatori e dei relatori delle sezioni della chimica – erano comunque prevalentemente settentrionali.

Fra di essi Piria ha avuto una parte molto attiva non solo come organizzatore dei convegni ma anche

come relatore sulle tematiche delle sue ricerche. Certamente, inoltre, l’elenco delle sedi dimostra che il

centro scientifico era spostato verso l’area settentrionale del paese (ed il dato non costituisce una

novità) anche se l’adunanza napoletana del 1845 fu la più numerosa: i partecipanti furono 1613.

**********

Il risorgimento ebbe come protagonisti diversi ed importanti chimici italiani.

Per avere partecipato ai moti del 1831 il chimico Faustino Malaguti dovette lasciare Bologna e riparare

in Francia, dove rimase per il resto della sua vita prima a Parigi e poi a Reims dove conseguì la cattedra.

Il coinvolgimento maggiore si è comunque verificato nel 1848: per avere partecipato ai moti di

quell’anno Stanislao Cannizzaro fu costretto a rifugiarsi a Parigi dove, dal 1849 al 1851, lavorò nel

laboratorio di Chevreul; ancora a Parigi nel 1849 si rifugiò De Luca che collaborò con il chimico

francese Berthelot; Piria, con il grado di capitano, e Bertagnini parteciparono alla battaglia di Curtatone

e Montanara con il battaglione pisano. Indubbiamente sulla formazione risorgimentale del Piria ha

molto influito la moglie Luisa Cosenz, nata in una famiglia di militari e combattenti per l’unità italiana

(il fratello è stato generale garibaldino).

Dal 1848 al 1854 l’attività scientifica pisana, si svolse per Piria con notevoli difficoltà. Il granduca

Leopoldo, anche se non lo costrinse all’esilio, gli ridusse drasticamente i finanziamenti e lo sottopose ad

assidui controlli.

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Nel contempo lo zio, già suo benefattore, legato al regno borbonico e timoroso di possibili ritorsioni, lo

privò del patrimonio ereditario che venne intestato ad un altro nipote. Queste circostanze avverse non

piegarono il Nostro , piuttosto lo rafforzarono nei suoi sentimenti politici.

Nel periodo torinese (dal 1855 in poi), Piria ha avuto modo di esprimere pienamente la propria attività

politica senza abbandonare, presso l’Università, l’attività organizzativa e didattica dove, secondo le

testimonianze di illustri personalità del suo tempo, eccelleva particolarmente. Attenuò, comunque,

l’attività di ricerca. Del suo carisma e della sua capacità di trascinare gli studenti all’attenzione nelle

lezioni che teneva è egli stesso testimone in una lettera indirizzata al suo amico Michele Lessona: “fra me

ed il pubblico – osservava – si forma un’arcana corrente, si annoda un rapporto intimo e misterioso per cui io sento bene se

ho meco i miei uditori e se essi mi seguono, oppure se non mi tengono dietro…”

Già nel 1859 venne nominato membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ed insieme ad

un gruppo di intellettuali meridionali, stabilitisi a Torino, comprendente La Farina, Poerio, Interdonato,

Conforti, Mancini e Pisanelli, costituì una lobby di pressione per convincere Cavour a lottare per

l’unificazione all’Italia del regno borbonico.

In questo opera il Piria era particolarmente favorito dalle sue qualificate amicizie con Cavour, Lanza e

Sella. A proposito dell’amicizia del Piria con il Cavour ecco quanto si narra da uno dei suoi biografi,

Pietro Macrì: “Il Cavour era un appassionato fumatore di sigari toscani. Una sera in una riunione del Consiglio dei

Ministri in cui si trattavano gravi affari politici, egli nella foga del dire, compreso com’era dell’argomento che trattava,

scambiando il sigaro che fumava per un portapenne, lo intinse nel calamaio che si trovava sul tavolo avanti cui era seduto.

Accortosi poco dopo dell’errore tolse il sigaro dal calamaio e lo depose sulla scrivania. L’indomani, tornando il Cavour al

consueto tavolo dimentico affatto dell’incidente della sera precedente e trovando il sigaro sulla scrivania incominciò a

fumare. Ben presto però il Conte di Cavour si accorse che il sapore del fumo era ben diverso da quello dei soliti toscani e,

sebbene lo trovasse piacevole, dubitò che in qualche complotto politico si fosse tramato di avvelenarlo propinando appunto

la sostanza venefica di quel sigaro. Fu subito dal Cavour chiamato Raffaele Piria, al quale manifestò i suoi sospetti e lo

incaricò di fargli l’analisi chimica di quel presunto corpo del reato. Da tali analisi risultò che nessun veleno si conteneva

nel sigaro incriminato, ma che questo a contatto dell’inchiostro aveva subito nelle sue sostanze tali trasformazioni che gli

davano quel gusto speciale. Laonde il Cavour, avendo trovato di suo piacimento il fumo di tal sigaro, fece dal Piria dettare

la formula chimica del nuovo sigaro e diede quindi ordini alla R. Manifattura dei Tabacchi di Torino di confezionare tali

sigari secondo la formula trovata dal Piria ed a tali sigari fu così dato il nome di cavourrini”.

Dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia ed il passaggio dello Stretto di Messina, Piria tornò a Scilla ospite

dai suoi parenti con il compito, assegnatogli da Cavour, di organizzare il plebiscito di adesione all’Italia

della Calabria, avvenuto il quale, si recò a Napoli dove ricevette la nomina di Ministro della Pubblica

Istruzione nel Governo delle province napoletane presieduto da Luigi Carlo Farini. Carica di breve

periodo, comunque, in quanto, già nel 1861, Vittorio Emanuele aveva indetto le prime elezioni dopo

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l’unificazione dell’Italia e Piria, nel collegio di Palmi (comprendente il comune di Scilla), è stato eletto

deputato. Nel 1862 Vittorio Emanuele lo ha nominato senatore a vita.

Pubblica Istruzione e sviluppo industriale sono stati i temi da Lui coltivati durante la sua attività

politica.

Leonello Paoloni, chimico-fisico dell’Università di Palermo e storico della chimica ricorda che Piria nel

1862 si recò a Londra per l’esposizione universale, e, questa seconda volta, non in forma privata come

nel 1851 ma quale commissario ufficiale della delegazione italiana. Nell’occasione ha avuto modo di

visitare alcune industrie nei dintorni di Londra, Liverpool, Manchester ed anche in Scozia a Glasgow ed

Edimburgo. Frutto di questa visita è stata una dettagliata relazione al Ministro dell’Agricoltura, Industria

e Commercio, dell’Italia unita, Gioacchino Pepoli, dove veniva proposto, per la soluzione della crisi

delle miniere di zolfo in Sicilia, la produzione di sale marino e la trasformazione dello zolfo in acido

solforico. Come spesso accade la proposta rimase inascoltata.

Raffaele Piria pubblicò due trattati: uno di chimica inorganica, del quale la prima edizione è stata edita a

Napoli, ed uno di Chimica organica pubblicato a Torino poco prima di morire.

Per evidenziare l’importanza di Piria nella storia dell’evoluzione del pensiero chimico desidero

richiamare due concetti che sono inclusi nel trattato di Chimica inorganica.

Nel primo, che riguarda la combinabilità dei corpi introdusse il concetto di affinità osservando che:

“quando si mescolano insieme corpi di diversa natura, spesso avviene che si uniscono per formare un composto, in cui

spariscono i primitivi caratteri dei componenti. Si dice allora che i corpi si sono combinati e la ragione da cui la

combinazione è prodotta si domanda affinità. Bisogna dunque considerare l’affinità siccome una particolare specie di

attrazione che manifestano le une per le altre le molecole dei corpi di natura diversa”.

Ed a proposito della catalisi osservava: “l’azione chimica nei casi finora esaminati è l’effetto dell’affinità, cioè

dell’attrazione che si stabilisce fra molecole di diversa natura, allorché sono messe in contatto. Oltre a queste maniere di

combinazione e di decomposizione, ve ne ha delle altre prodotte non già dall’affinità degli elementi che si combinano ma

dall’attrazione misteriosa di certe sostanze, che si chiamano corpi di contatto o corpi catalitici. Ho già parlato dell’idrogeno

e dell’ossigeno, i quali all’ordinaria temperatura non manifestano azione di sorte alcuna ma in contatto del platino molto

diviso, si combinano producendo una forte detonazione”.

Per il troppo stress ed i disturbi cardiaci ed epatobiliari Piria morì a Torino a soli 51 anni il 18 luglio

1865.

Ad ulteriore dimostrazione del valore e del ruolo di Piria sullo sviluppo della scienza in Italia desidero

riportare due significative testimonianze. La prima dell’Università di Torino che, nel necrologio

pubblicato per la morte di Piria osservava: “Una grande sventura ha colpito l’Italia e la Scienza….Il più illustre

tra i chimici italiani ha cessato di vivere. Sarebbe vergogna che l’Università alla quale questo grande ingegno in ultimo

appartenne non cercasse di perpetuare la ricordanza. Il nome di Piria è titolo di gloria per gli italiani e le altre nazioni ce

lo invidiano. Onoriamo adunque la nostra terra onorandolo. I giovani nel vedere le effigie di Lui intenderanno che la

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scienza apre la strada alla gloria e si sentiranno animati allo studio dal quale purtroppo tentano di allontanarli ogni di, le

cupidigie dei lucri smodati e le vertigini delle vicende politiche. Speriamo che non sia vano questo invito al paese ed offriamo

volentieri l’opera nostra onde l’Università torinese sia presto onorata dal monumento commemorativo di una delle più

splendide glorie…”.

L’altra di J.B. Dumas, che, all’Academie Française, nella seduta del 17 agosto 1865, annunciando la

morte di Piria ha concluso il suo intervento dicendo: “la sua morte prematura è un lutto per la Scienza, una

perdita irreparabile per l’Italia in cui aveva fondato l’insegnamento della Chimica Moderna; è per i chimici francesi, che lo

conoscevano, lo stimavano e l’amavano, motivo di profondo rammarico”.

Credo che questo sia il sigillo migliore sul valore scientifico di un uomo, Raffaele Piria, che ha dato

lustro alla chimica italiana, alla Calabria, all’Italia ed all’Università di Torino che lo ebbe tra i suoi

maestri.

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Raffaele Piria : chimico, patriota e politico 14

Riferimenti Bibliografici

1. Brevetti Bayer sulla preparazione dell’aspirina: a) Patent deposited at Imperial Patent Office of

Berlin 6 March 1899, inventor Felix Hoffman; b) Patent n° 644077 (USA), 27 February 1900.

inventor Felix Hoffman.

2. R. Piria: Ricerche sulla salicina e i prodotti che ne derivano, “Annales de Chemie e Physique”,

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3. R. Piria: Ricerche di Chimica Organica sulla salicina, “Annali di Chimica Fisica e Matematiche”,

Bologna Vol. XIX e XX (1845) e XXI e XXII (1846)

4. R. Piria: Ricerche sulle fumarole, “Antologie di Scienze Naturali”, Vol. I, p. 90 (1841)

5. R.Piria: Studi sulla costituzione chimica dell’asparagina e dell’acido aspartico, “Il Cimento”, Vol.

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6. R. Piria, Recherches sur la populine, Extrait d’una lettre de M. Piria e M. Dumas, “Comptes

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de Chemie et Physique” III serie Vol. XLIV pp.279-283 (1855)

7. R. Piria: Trattato elementare di Chimica Inorganica (Napoli - I Ed - 1841, Pisa - II Ed - 1845,

Napoli III Ed. 1845, Firenze IV Ed. 1851, Napoli V Ed. 1855)

8. R. Piria: Lezioni elementari di Chimica Organica, Torino, Tip. Paravia 1865

9. S. Cannizzaro, 1932 Discorso pronunciato da S. Cannizzaro inaugurando il busto di Piria il 14

Marzo 1883 nell’istituto chimico della Regia Università di Torino in R. Piria, lavori scientifici a

scritti vari, a cura di D. Marotta, TEI, Roma, 53

10. G. Provenzal, 1932 – Pagine di Storia della Chimica. In ricordo di Raffaele Nasini, in G.

Bargagli Petrucci (a cura di) L’Italia e la scienza, Le Monnier Firenze pp. 104-113

11. E. Paternò: Discorso di apertura della sezione di Chimica Italiana per il progresso delle scienze,

in E. Paternò, conferenze e discorsi scientifici pp. 1877-1926, Cremonese, Roma

12. F. Selmi, 1846 – Annuario chimico italiano, 1845

13. L. Paoloni, R. Piria, Appunti sull’industria chimica, dai viaggi in Inghilteraa del 1851 e 1862.

Seminario di Storia della Scienza – Q. n° 6 (Ottobre 1995) – Facoltà di Scienze M.F.N

Università di Palermo (stampato nel 1996).