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1 Relazione ex art. 33 Legge Fallimentare Aspetti penali A cura di Delegato del Consiglio Giacomo Ducoli Coordinatore Barbara Lazzari Commissione Procedure Concorsuali Penale Fallimentare Componenti: Riccarda Alghisi – Diego Cominelli - Giovanna Gambarini Stefano Gnecchi - Silvio Marchini – Federica Mascari Vincenzo Monte – Giovanni Mostarda

Relazione ex art. 33 Legge Fallimentare Aspetti penali...3 Premessa Il presente elaborato vuole coadiuvare i Colleghi nella redazione della relazione ex art. 33 L.F. con particolare

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Relazione ex art. 33 Legge Fallimentare

Aspetti penali

A cura di Delegato del Consiglio Giacomo Ducoli

Coordinatore Barbara Lazzari

Commissione Procedure Concorsuali Penale Fallimentare Componenti: Riccarda Alghisi – Diego Cominelli - Giovanna Gambarini

Stefano Gnecchi - Silvio Marchini – Federica Mascari Vincenzo Monte – Giovanni Mostarda

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Indice Premessa e nozioni di base pag. 3 Reati fallimentari (Legge Fallimentare) pag. 4 Capo I Reati commessi dal fallito - art 216 Bancarotta fraudolenta pag. 4 - art 217 Bancarotta semplice pag. 8 - art. 218 Ricorso abusivo al credito pag. 10 - art. 220 Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito pag. 11 Capo II Reati commessi da persone diverse dal fallito - art 223 Fatti di bancarotta fraudolenta pag. 14 - art 224 Fatti di bancarotta semplice pag. 17 - art. 228 Interesse privato del curatore negli atti del fallimento pag. 18 - art. 229 Accettazione di retribuzione non dovuta pag. 19 - art. 230 Omessa consegna o deposito di cose nel fallimento pag. 20 - art. 232 Domanda di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col fallito pag. 21 - art 236 Concordato preventivo pag. 23 - art. 236 bis Falso in attestazioni e relazioni pag. 25

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Premessa Il presente elaborato vuole coadiuvare i Colleghi nella redazione della relazione ex art. 33 L.F. con particolare riguardo agli aspetti penali. L’analisi viene svolta analizzando alcuni reati previsti dalla Legge Fallimentare.

Nozioni di base Reato: è quel fatto cui l’ordinamento giuridico ricollega come conseguenza una sanzione penale. Soggetto attivo del reato: è l’autore del comportamento vietato dalla norma penale. Oggetto del reato: si distingue in Oggetto materiale: indica la persona o la cosa su cui cade l’azione del reato; Oggetto giuridico: indica l’interesse protetto dalla norma penale. Delitti e contravvenzioni (art. 39 c.p.): la distinzione è operata in relazione alla differenza delle pene Delitti : puniti con l'ergastolo, la reclusione, la multa;

Contravvenzioni: punite con l'arresto o l'ammenda. Elemento oggettivo: è costituito da

Condotta: un comportamento umano in contrasto con la legge penale Evento: il risultato della condotta criminosa Nesso di casualità esistente tra l’una e l’altra.

Elemento soggettivo: è la colpevolezza, cioè l’atteggiamento psicologico richiesto dalla legge per la commissione di un reato.

Dolo (art. 43 c.p.) si realizza quando l’evento dannoso è dall’agente previsto e voluto come conseguenza della propria azione (generico); per il dolo specifico è necessario il perseguimento di un fine particolare. Colpa (art. 43 c.p.): si realizza quando l’evento dannoso è dall’agente previsto, ma non voluto, e si realizza a causa di negligenza, imprudenza o imperizia (generica); colpa specifica consiste nell’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

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I REATI FALLIMENTARI Premessa I reati fallimentari sono cosiddetti reati propri , cioè possono essere compiuti solo da una persona fisica che ha una determinata qualifica (es. imprenditore fallito, amministratore, liquidatore, direttore generale, organo di controllo, socio illimitatamente responsabile); solo in alcuni casi possono essere compiuti da persona fisica qualunque (creditore e terzi). Art. 216 L.F. - Bancarotta fraudolenta 1. E` punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che: 1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti; 2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari. 2. La stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili. 3. E' punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione. 4. Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità` per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

La bancarotta fraudolenta si distingue in tre tipi: a) bancarotta fraudolenta patrimoniale (comma 1) b) bancarotta fraudolenta documentale (comma 2) c) bancarotta fraudolenta preferenziale (comma 3)

a) Bancarotta patrimoniale (comma 1) Soggetto attivo: è un reato proprio, che può essere commesso solo dall’imprenditore commerciale dichiarato fallito. Oggetto materiale del reato: tutti i beni dell’imprenditore o della società, o il patrimonio inteso come il complesso dei rapporti giuridici economicamente valutabili. Oggetto giuridico tutelato: interesse generico alla conservazione della garanzia patrimoniale. Elemento oggettivo: 1) Riduzione dell’attivo 2) Aumento artificioso del passivo 1) Fatti a riduzione dell’attivo

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La bancarotta fraudolenta patrimoniale si realizza mediante condotte che determinano una diminuzione fittizia (distrazione, occultamento, dissimulazione) o effettiva (distruzione, dissipazione) del patrimonio del fallito, in danno dei creditori. a) Distrazione: destinazione di beni/attività diversa da quella legittima o fuoriuscita dal patrimonio senza una corrispondente entrata. Esempi: vendite a sottocosto; vendita beni in leasing; vendita beni societari senza corrispettivo o incasso personale del corrispettivo; pagamento di debiti personali con denaro dell’impresa; fideiussione non funzionale all’attività di impresa; operazioni infragruppo senza corrispettivo economico; locazione a prezzi incongrui. b) Occultamento: materiale nascondimento o il semplice tacere intenzionale. c) Dissimulazione: atti o negozi diretti a creare un trasferimento solo apparente dei beni (atti simulati) ottenuto con mezzi giuridici. Esempi: intestazione fittizia a terzi di un determinato bene immobile; comodato di “ritorno”. e) Distruzione: eliminazione materiale del bene o diminuzione del valore economico del bena. f) Dissipazione: atti che sperperano o dilapidano i beni per scopi estranei all’impresa senza una razionale giustificazione economica. Esempi: spese voluttuarie, lussi eccessivi. Elemento soggettivo: la giurisprudenza consolidata riconosce quale elemento soggettivo il dolo generico ovvero la consapevolezza e volontà di destinare i beni ad uso diverso da quello che avrebbero dovuto avere. (Cass. 4333/13; Cass. 26816/2014; Cass. n. 34505/2014). 2) Aumento artificioso del passivo Esposizione e riconoscimento di passività inesistenti al fine di diminuire la garanzia a favore dei creditori. (Esempio: creazione di uno fittizio contratto di mutuo a favore del terzo colluso, garantito da ipoteca). Elemento soggettivo: secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori. b) Bancarotta documentale (comma 2) Soggetto attivo: è un reato proprio, che può essere commesso solo dall’imprenditore commerciale dichiarato fallito. Oggetto materiale del reato: per l’imprenditore individuale i libri e le scritture contabili ex art. 2214 c.c., mentre per le società tutti i libri obbligatori specifici del tipo societario. Oggetto giuridico tutelato: interesse specifico dei creditori ad un’esatta conoscenza del patrimonio del debitore destinato a soddisfare le loro ragioni. Elemento oggettivo: a) Sottrazione: condotta diretta ad impedire che le scritture contabili cadano nella disponibilità degli organi della procedura. b) Distruzione: eliminazione materiale; abrasioni e cancellature; cancellazione della memoria del pc; omessa tenuta delle scritture contabili. c) Falsificazione materiale (manomissione delle stesse) e ideologica (riportare scritture non corrispondenti al vero).

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d) Cattiva tenuta delle scritture contabili che non consenta la ricostruzione del patrimonio della società ed i movimenti degli affari (non è richiesto che la ricostruzione riesca del tutto impossibile, essendo sufficiente che essa sia possibile solo grazie ad un’abilità ed ad una diligenza eccezionali). Elemento soggettivo: nei casi di sottrazione, distruzione e falsificazione è necessario il dolo specifico, ed in particolare lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto in danno ai creditori; nel caso di cattiva tenuta della contabilità è sufficiente il dolo generico (Cass. n. 15837/2013). c) Bancarotta preferenziale (comma 3) Soggetto attivo: l’imprenditore commerciale dichiarato fallito. Il creditore può essere chiamato a rispondere a titolo di concorso quando istiga o determina lo stesso a compiere tali atti a scapito degli altri creditori. Il creditore deve essere partecipe del dolo specifico del debitore, ossia deve essere stato consapevole di aver ricevuto indebita preferenza e di aver determinato pregiudizio ai terzi. L’art 48 del DL 78/2010 ha introdotto nella legge fallimentare l’art. 217 bis, che ha disposto l’esenzione del reato di bancarotta preferenziale per pagamenti compiuti in esecuzione di un concordato preventivo (art. 160 L.F.), di un accordo di ristrutturazione di debiti omologato (art. 182 bis L.F.) o di un piano di risanamento (art. 67 comma 3 lett. d L.F.). Oggetto materiale del reato: atti pregiudizievoli ai creditori. Oggetto giuridico tutelato: interesse dei creditori alla distribuzione del patrimonio del debitore secondo i principi della par condicio. Elemento oggettivo: è costituito da due condotte criminose: 1) pagamento preferenziale di crediti eseguiti in danno ai creditori: consiste nell’effettuazione di atti (anche compensazione e prestazione in luogo di adempimento) che estinguano, anche parzialmente, qualunque credito relativo all’impresa o alla società fallita, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio. Esempi di condotte che integrano la fattispecie di reato: - rimborso agli amministratori di somme conferite a titolo di prestito soci - restituzione ai soci di somme conferite a titolo di finanziamento - cessione di beni sociali ad un creditore a titolo di prestazione in luogo di adempimento 2) simulazione di titoli di prelazione che consiste nel fingere l’esistenza di titoli di prelazione che in realtà non esistono e presuppone l’esistenza di un negozio giuridico apparente il quale, per effetto di altro accordo, non ha alcun valore tra le parti oppure nasconde un negozio giuridico diverso. Esempi di condotte che integrano la fattispecie di reato: - fare apparire come lavoratore subordinato un finanziatore occulto dell’impresa, trasformando così un credito chirografario in privilegiato; - ottenere da un istituto di credito un mutuo assistito da garanzie reali su propri immobili, utilizzando tali fondi per ripianare saldi negativi di conto corrente bancario intrattenuti con il medesimo istituto.

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Elemento soggettivo: è un dolo specifico composto, in quanto l’atteggiamento psicologico del soggetto agente è rivolto a favorire alcuni creditori, riflettendosi contemporaneamente nel pregiudizio per altri.

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Art. 217 – Bancarotta semplice 1. E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente: 1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica; 2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti; 3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento; 4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa; 5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare. 2. La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta. 3. Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

Soggetto attivo: risponde di bancarotta semplice l’imprenditore commerciale dichiarato fallito. La bancarotta semplice si distingue in due tipi: a) bancarotta semplice patrimoniale (comma 1) b) bancarotta semplice documentale (comma 2)

a) Bancarotta semplice patrimoniale (comma 1) Oggetto materiale del reato: tutti i beni dell’imprenditore o della società, o il patrimonio inteso come il complesso dei rapporti giuridici economicamente valutabili. Oggetto giuridico tutelato: interesse generico all’integrità del patrimonio del fallito. Elemento oggettivo (condotte punibili): si configura solamente con la dichiarazione di fallimento, riguarda l’imprenditore la cui condotta ricade in uno dei cinque punti elencati nell’articolo 217 L.F e di seguito analizzati: 1) eccessive spese personali o per la famiglia: costituisce spesa sia l’uso del denaro sia l’adempimento di qualsiasi obbligazione di dare in corrispettivo di una prestazione, viene punita anche una singola spesa di importo ingente come ad esempio l’acquisto di una autovettura costosa. La condizione economica dell’imprenditore da prendere a riferimento in fase di valutazione del reato deve tenere conto del complesso dei redditi, sia quelli provenienti dall’attività di impresa che eventuali altre entrate di natura patrimoniale e/o reddituale; 2) operazioni di pura sorte o imprudenti: quando tali operazioni portano alla consumazione di parte del patrimonio compiendo operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti (come possono essere le operazioni il cui esito è affidato al caso, ad esempio: giochi d’azzardo, scommesse o operazioni finanziarie a rischio elevato); 3) operazioni rischiose per ritardare il fallimento: riguardano tutte le operazioni imprudenti o manifestamente rischiose che l’imprenditore persegue al fine di ritardare il fallimento, come ad esempio tentare la vendita di beni al costo o sottocosto nella speranza che riparta il ciclo produzione–vendita, contrarre prestiti a tassi usurai, la

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locazione di immobili o terreni a canoni irrisori, il differimento delle obbligazioni tributarie e/o previdenziali; 4) comportamenti colposi che aggravano l’insolvenza: qualunque comportamento attivo od omissivo che sia in contrasto con il dovere di diligenza e prudenza che deve obbligatoriamente tenere il buon imprenditore, come ad esempio non provvedere a stipulare idonei contratti di assicurazione che proteggano il patrimonio aziendale, rimanere inerte e non richiedere il fallimento in proprio nonostante la consapevolezza di una situazione debitoria difficilmente risanabile; 5) inadempimento delle obbligazioni di un concordato: il reato si consuma anche se l’inadempimento dovesse essere parziale.

Elemento soggettivo: secondo giurisprudenza costante nelle ipotesi elencate dalla n. 1 alla n. 5, con esclusione dell’ipotesi n. 3, l’elemento soggettivo può essere costituito tanto dalla colpa che dal dolo. Parte della dottrina ritiene invece che nelle prime tre ipotesi caratterizzate dall’evento della diminuzione patrimoniale, il reato possa essere solo doloso in quanto mancherebbe una espressa previsione di legge; l’aggravamento del dissesto e l’inadempimento delle obbligazioni di un concordato, invece, sarebbero punibili sia per dolo sia per colpa. b) Bancarotta semplice documentale (comma 2) Oggetto materiale del reato: per l’imprenditore individuale i libri e le scritture contabili ex art. 2214 c.c., mentre per le società tutti i libri obbligatori specifici del tipo societario. I libri e scritture a cui si riferisce il secondo comma dell’art. 217 L.F. sono il libro giornale che riepiloga tutte le operazioni contabili, il libro degli inventari ex art. 2214 c.c. ed il libro Iva; per le società sono inoltre obbligatori il libro dei soci, il libro delle adunanze delle assemblee, del consiglio di amministrazione o di gestione, dell’organo di controllo e nel caso fossero state emesse obbligazioni è obbligatorio anche il libro degli obbligazionisti. Oggetto giuridico tutelato: interesse specifico dei creditori ad un’esatta conoscenza del patrimonio del debitore destinato a soddisfare le loro ragioni. Elemento oggettivo (condotte punibili): concerne l’imprenditore che nei tre anni precedenti alla dichiarazione di fallimento (o dall’inizio dell’impresa se costituita da un tempo minore) non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge oppure li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta. Per mancanza o irregolarità della tenuta dei libri o delle scritture contabili si intende sia la mancata istituzione che la mancata conservazione, il reato sussiste anche se l’imprenditore ha regolarmente tenuto la documentazione secondo le norme previste dalla legislazione fiscale art 18 DPR 600 del 1973 (contabilità semplificata) in quanto le stesse non sostituiscono gli obblighi di natura civilistica. La irregolarità, invece, riguarda sia la mancata numerazione o vidimazione dei libri quando prescritte dalla legge ex art. 2215 c.c., oppure quando le scritture contabili presentino spazi bianchi, interlinee, abrasioni, cancellazioni che non permettano di leggere quanto sia stato cancellato, oppure per la mancanza di annotazioni di fatti economico-patrimoniali relativi all’impresa;

Elemento soggettivo: secondo giurisprudenza costante è costituito sia dal dolo sia dalla colpa.

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Art. 218 – Ricorso abusivo al credito 1. Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un'attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d'insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni. 2. La pena e' aumentata nel caso di società' soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni. 3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni.

Soggetto attivo: la novella ha esteso la fattispecie ai soggetti attivi indicati dall'art. 225 L.F. Sono stati aggiunti i liquidatori, mentre non sono stati menzionati né l'institore né i soci illimitatamente responsabili, che, tuttavia, paiono pur sempre soggetti al precetto penale, ai sensi degli artt. 222 e 227 L.F.. Oggetto giuridico tutelato: va individuato nella necessità di preservare il patrimonio di colui che concede il credito dal pericolo connesso al dissesto dell'imprenditore. In tal senso, è stato definito reato contro il patrimonio, ma anche definito reato plurioffensivo, poiché è stata rilevata la lesività anche nei confronti delle ragioni della massa (Cass. pen. 38228/2002). Elemento oggettivo: la condotta criminosa tipica si sostanzia nel ricorso al credito accompagnato dalla dissimulazione dello stato di dissesto o di insolvenza. La nozione di credito comprende qualunque prestazione effettuata con la fiducia di ottenere successivamente dall'accipiens il corrispettivo pattuito. Sono compresi prestiti, finanziamenti, acquisto di beni a pagamento dilazionato, anticipazioni per forniture o prestazioni differite, cauzioni dai dipendenti e qualsiasi altra attività che si inserisca nell'esercizio dell'impresa ma riguardi anche l'assunzione di obbligazioni civili. Il reato può essere integrato sia da una richiesta di finanziamento attraverso gli ordinari canali bancari, sia dall'utilizzo di un sistema che consenta il pagamento differito di un debito mediante l'assoggettamento ad un costo qual è quello costituito da una fideiussione bancaria (Cass. pen. 19101/2004). Elemento soggettivo: dolo generico di pericolo, ovvero la consapevolezza della propria insolvenza e la coscienza e volontà di fare ricorso al credito nonostante il pericolo che la situazione di dissesto costituisce per le ragioni creditorie. Consumazione: quando il credito viene ottenuto.

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Art. 220 – Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito 1. E` punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale, fuori dei casi preveduti all'articolo 216, nell'elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva gli obblighi imposti dagli artt. 16, nn. 3 e 49. 2. Se il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un anno.

Questa norma si occupa dei reati residuali rispetto alle varie fattispecie di bancarotta fraudolenta. Tali reati sono: 1) La denunzia di crediti inesistenti. 2) L’omissione nella dichiarazione dei beni da comprendere nell’inventario. (Se invece i beni vengono sottratti o occultati si rientra nell’ipotesi dell’art. 216.l.f.). 3) Il mancato deposito delle scritture contabili, dei bilanci e dell’elenco dei creditori. 4) La mancata comunicazione al curatore del cambio di residenza e la mancata risposta alle richieste del Giudice Delegato, del curatore, del Comitato dei Creditori a presentarsi per informazioni o chiarimenti. I reati in questione puniscono condotte post-fallimentari siano essi commessi con dolo generico o colpa. La sanzione per tali reati se commessi con dolo è la reclusione da 6 a 18 mesi, se colposi è la reclusione fino ad 1 anno. Oggetto giuridico tutelato: regolare svolgimento della procedura fallimentare. 1) Denuncia di crediti inesistenti Soggetto attivo del reato di cui si discute è il fallito, nonché, per effetto dell'estensione operata dagli artt. 226, 227 e 237 L.F., anche gli amministratori, i liquidatori, i direttori generali, gli institori qualora interpellati dal curatore e nei limiti della gestione. Elemento oggettivo: è la prima delle ipotesi delittuose previste ex art. 220 L.F., la cui realizzazione avviene quando dall'elenco nominativo dei creditori, redatto dal debitore ai sensi dell'art. 14 L.F., nel caso in cui il fallimento sia stato richiesto da quest'ultimo, o ai sensi dell'art. 89 L.F., dal curatore con l'aiuto del fallito, risulti indicato un creditore inesistente o ugualmente un nominativo inesistente risulta indicato nell'elenco predisposto ex art. 14 L.F. Ai fini della configurabilità del reato occorre che il credito sia inesistente, pertanto esso non sussisterebbe nel caso in cui il creditore esista, ma vanti credito inferiore a quello denunciato. Si è ritenuto non configurabile il reato in caso di indicazione di nominativo errato o di prestanome, quando sia evidente la riferibilità ad un creditore reale e neppure se si tratti di portatore di un credito fondato su atto revocabile o annullabile. Elemento soggettivo: per la consumazione del reato è richiesto il dolo generico, consistente nella volontà di denunciare creditori nella piena consapevolezza che non esistono in quanto tali, o la colpa, che ricorre in ipotesi di negligente tenuta della contabilità. Se il colpevole è mosso dal dolo specifico di creare pregiudizio ai creditori si ricade nell’ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale mediante esposizione di passività inesistenti.

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Consumazione: il reato si consuma nell'ipotesi di cui all'art. 14 L.F. con la presentazione in cancelleria dell'elenco dei creditori; nel caso di cui all'art. 89 L.F., con la denuncia dei creditori inesistenti al curatore in sede di predisposizione dell'elenco. 2) Omessa dichiarazione dell'esistenza di beni da comprendere nell'inventario Soggetto attivo del reato è il fallito e per effetto dell'estensione operata dagli artt. 226, 227 e 237 L.F. anche gli amministratori, i liquidatori, i direttori generali, gli institori tenuti a denunciare beni dei quali siano venuti a conoscenza. Elemento oggettivo: l'inventario cui viene fatto riferimento dalla norma è quello ex art. 87 L.F., mentre la dichiarazione è quella resa dal fallito ai sensi dell'art. 87, III c. L.F., che prevede che, prima di chiudere l'inventario, il curatore inviti il fallito, o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da ricomprendere nell'inventario, avvertendoli delle pene stabilite in caso di falsa o omessa dichiarazione. Per la configurabilità del reato è sufficiente l'omessa dichiarazione dei beni e non è necessaria la falsa dichiarazione. I beni sono quelli dell'imprenditore; non vanno, dunque, ricompresi i beni di terzi che pure siano detenuti dal fallito. Elemento soggettivo: dolo o colpa. Il dolo richiesto è quello generico, che consiste nella coscienza e volontà di omettere l'indicazione di beni la cui esistenza sia nota al soggetto. Il reato punisce solo il caso di omessa dichiarazione, sono diversi i casi in cui il fallito: a) commette una falsa dichiarazione finalizzata all’occultamento o alla sottrazione dei beni, in tal caso è bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 216 L.F.); b) nasconde materialmente i beni o li fa apparire, con atti simulati, di proprietà altrui, in questo caso il reato è di bancarotta fraudolenta per occultamento (art. 216 n. 1 L.F.) Consumazione: per parte della dottrina, è necessario l'invito del curatore a dare notizia della attività prima di chiudere l'inventario; per altri si perfezionerebbe quando il soggetto qualificato sottoscrive l'inventario. 3) Inosservanza degli obblighi imposti dall'art. 16 n. 3 L.F. Soggetto attivo del reato è il fallito e, per effetto dell'estensione operata dagli artt. 226, 227, 237 L.F., anche gli amministratori, i liquidatori, i direttori generali e gli institori qualora interpellati dal curatore e nei limiti della gestione. Va precisato, tuttavia, che i direttori generali non amministratori o gli institori saranno responsabili solo limitatamente alle scritture in loro possesso o relative alla gestione loro affidata e non potranno essere chiamati a rispondere dell'omesso deposito del bilancio non essendo tale atto di loro competenza. Elemento soggettivo: dolo generico, consistente nella volontà di non ottemperare all'ordine del Tribunale, pur nella consapevolezza dell'intervenuta dichiarazione di fallimento; la colpa si verifica quando al soggetto va mosso un rimprovero di leggerezza, secondo le regole generali. Elemento oggettivo: l'art. 16 n. 3 L.F. prevede che la sentenza dichiarativa di fallimento contenga l'ordine al fallito di depositare i bilanci e le scritture contabili e

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fiscali obbligatorie, nonché l'elenco dei creditori entro tre giorni (prima della riforma, erano previste 24 ore) dalla comunicazione della sentenza. Il reato si concretizza nella mancata ottemperanza all'ordine del Tribunale di depositare i bilanci e le scritture contabili entro il termine decorrente dalla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento; è, dunque, essenziale l'accertamento dell'avvenuta rituale comunicazione al fallito, senza che si possa far luogo ad equipollenti (Cass. Pen. 8749/1999). L'avvenuta regolare comunicazione della sentenza deve essere oggetto di specifico accertamento in sede penale. Quando l’omessa consegna della documentazione contabile è conseguenza della mancata tenuta delle scritture contabili, tale reato si reputa assorbito da quello di bancarotta semplice documentale (Cass. Pen. 3313/1998). 4) Inosservanza degli obblighi imposti dall'art. 49 L.F. Soggetto attivo del reato è il fallito, nonché gli amministratori e i liquidatori di società fallite; nonostante il rinvio contenuto negli artt. 226 e 227 L.F., l'espressa disposizione di legge che estende ad amministratori e liquidatori gli obblighi imposti al fallito dall'art. 49 L.F. senza nessuna menzione ai direttori generali ed agli institori conduce ad affermare che in capo a questi ultimi non vi sia alcun obbligo e conseguentemente nessuna possibile configurabilità dell'art. 220 L.F. Elemento oggettivo: detta figura concerne la violazione dell'obbligo di comunicazione della residenza e di presentazione quando il fallito sia stato convocato dagli organi della procedura. L'obbligo di residenza è stato sostituito dall'obbligo di comunicare al curatore ogni cambiamento della residenza o del domicilio; l'obbligo di presentazione corrisponde al dovere di presentazione. Elemento soggettivo: dolo generico; colpa.

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Art. 223 - Fatti di bancarotta fraudolenta 1. Si applicano le pene stabilite nell'articolo 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo. 2. Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell'articolo 216, se: 1) Hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile. 2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. 3. Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell'ultimo comma dell'articolo 216.

Con la generica denominazione di bancarotta “impropria” si designano tutti i fatti di bancarotta che possono essere compiuti da soggetti diversi dal fallito immuni dal fallimento in quanto non hanno veste di imprenditore e non rispondono in proprio nei confronti dei creditori. Soggetti attivi: gli amministratori, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori di società e l’institore. Possono essere chiamati a rispondere di bancarotta anche i cosiddetti “amministratori di fatto”. In merito alla figura dei sindaci, si precisa che essi possono essere chiamati a rispondere per reati “propri” ovvero a titolo di “concorso” con altri soggetti (per lo più amministratori), ciò mediante una condotta commissiva (materiale o morale) od omissiva, in virtù della loro posizione di garanzia, qualora abbiano omesso di vigilare sull’operato degli amministratori, impedendo la verificazione dell’evento costitutivo del reato. Oggetto materiale del reato: nella bancarotta fraudolenta patrimoniale è costituito dai beni della società, sui quali il soggetto agente esercita poteri di gestione o di controllo. Nel caso di soci illimitatamente responsabili, l’oggetto materiale del reato è costituito anche dai beni propri. Nella bancarotta fraudolenta documentale l’oggetto materiale del reato è costituito, invece, dalle medesime scritture contabili su cui si realizzano i fatti di bancarotta documentale di cui all’art. 216. Elemento soggettivo: trattasi di reato proprio di danno in quanto i comportamenti delittuosi devono essere realizzati da soggetti che rivestono determinate qualifiche o esercitano determinate funzioni tipiche della gestione e del controllo dell’impresa in forma societaria. Trattasi di reato di evento e non più di pericolo in quanto l’art. 223 L.F. richiede che i fatti integranti reati societari abbiano causato o concorso a causare il dissesto della società. Pertanto il dissesto deve essere la conseguenza del fatto integrante l’illecito; non occorre però che il reato societario sia l’unica causa dello stato di dissesto ma è sufficiente che essa vi abbia concorso insieme ad altre (art. 41, comma 1, C.P.). Innanzitutto, rileva la necessità di individuare il corretto significato da attribuire all’espressione “dissesto”. Al riguardo è stato sostenuto dalla dottrina maggioritaria che il significato tecnico dell’espressione debba identificarsi nello stato di insolvenza normativamente definito dall’art. 5, comma 2, L.F., secondo cui “lo stato di insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fattori esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

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Il dissesto, quindi, deve ritenersi sussistente in presenza di un effettivo squilibrio fra attività e passività dell’azienda, il quale a sua volta costituisce il presupposto della dichiarazione di fallimento. Un ulteriore rilievo critico muove dalla considerazione che il richiesto collegamento causale fra il reato societario ed il fallimento potrebbe essere posto nel nulla dal semplice fatto che molte delle condotte descritte nelle norme sui reati societari richiamati dalla norma fallimentare, potrebbero, senza alcuna forzatura interpretativa, configurare le condotte descritte dall’art. 216 L.F, il quale non prevede fra i suoi elementi costitutivi alcun nesso eziologico con il fallimento. Così, ad esempio, chi commette il reato di cui all’art. 2626 c.c. (indebita restituzione dei conferimenti) quando la società è già in stato pre-fallimentare, ove venisse successivamente dichiarato il fallimento, non potrebbe mai essere condannato per il reato di cui all’art. 223, comma 2, n. 1, in quanto la sua condotta non ha cagionato o concorso a cagionare il dissesto, bensì ha unicamente aggravato lo stesso. Posto che “aggravare” non significa “cagionare il dissesto”, deve concludersi che la suddetta condotta rimane estranea alla previsione normativa in esame. Quindi è da escludere, vista la nuova formulazione della norma, che la stessa sia destinata a punire condotte che abbiano aggravato una situazione di dissesto già esistente. Rilevano da ultimo le componenti che concorrono a definire l’elemento soggettivo del reato societario: dolo generico quanto al mendacio; dolo intenzionale in riferimento all’inganno dei destinatari della comunicazione sociale; dolo specifico rispetto al contenuto dell’offesa qualificata da ingiusto profitto. A ciò si aggiunge, per effetto della collocazione della fattispecie nell’ambito dello statuto penale del fallimento, una volontà protesa al dissesto, da intendersi non quale intenzionalità di insolvenza, ma quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso equilibrio economico (Cass. n. 23091 del 12.06.2012). Elemento oggettivo: Per quanto riguarda le condotte di bancarotta societaria l'articolo 223 L.F. prevede tre diverse ipotesi: a) quella di cui al comma 1 che estende ai soggetti ivi indicati le pene per le condotte previste nell'articolo 216 L.F., al cui articolo si rimanda; b) quella di cui al comma 2, n. 1) che prevede l'applicabilità ai medesimi soggetti delle pene di cui all'articolo 216 comma 1 L.F. se hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621 (false comunicazioni sociali), 2622 (false comunicazioni sociali in danno dei creditori e dei soci), 2626 (indebita restituzione dei conferimenti), 2627 (illegale ripartizione degli utili e delle riserve), 2628 (illecite operazioni sulle azioni o quote sociali della società controllante), 2629 (operazioni in pregiudizio dei creditori), 2632 (formazione fittizia del capitale), 2633 (indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori) e 2634 (infedeltà patrimoniale) del codice civile, ai cui articoli si rimanda; c) quella di cui al comma 2, n. 2) che prevede l'applicabilità ai medesimi soggetti delle pene di cui all'articolo 216 L.F. comma 1 se hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. Differenza fondamentale fra le condotte sopra indicate sta nel fatto che quelle di cui alla lettera a), per effetto dell'integrale richiamo all'articolo 216 L.F., non sono in alcun modo collegate da nesso eziologico con il fallimento della società; mentre le condotte di cui alle lettere b) e c) devono necessariamente essere correlate dal nesso di causalità con

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il dissesto della società ovvero con l'insolvenza della stessa (Cass. Pen. Sez. V, 18 febbraio 2010, n. 17690; Cass. 17 febbraio 2010, n. 17978). Per operazioni dolose devono intendersi atti, singoli o complessi, aventi effetti dispositivi del patrimonio sociale, posti in essere in violazione degli obblighi propri del soggetto qualificato. Inoltre è necessaria la coscienza e volontà di determinare il fallimento (rectius, il dissesto) della società o di porre in essere operazioni idonee a tale evento, il cui verificarsi sia quanto meno accettato. Oggetto giuridico tutelato: Risulta essere plurimo, in quanto da un lato il bene giuridico tutelato sono gli interessi patrimoniali dei soci e dei terzi creditori e quindi l’integrità del patrimonio, mentre dall’altro lato è costituito anche dall’interesse generale al regolare funzionamento sociale ed alla conservazione dell’equilibrio economico. Consumazione: Essendo un reato di danno e non più di pericolo, la consumazione coincide con la sentenza dichiarativa di fallimento.

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Art. 224 - Fatti di bancarotta semplice 1. Si applicano le pene stabilite nell'articolo 217 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali: 1) hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo; 2) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

Soggetto attivo: rispondono di bancarotta semplice impropria i componenti dell’organo amministrativo o direttivo, i componenti dell’organo di controllo e i liquidatori. Oggetto giuridico tutelato: integrità del patrimonio del fallito. Elemento soggettivo: secondo giurisprudenza costante il reato è punibile indifferentemente a titolo di colpa o di dolo, di contrario avviso la dottrina che invece ritiene il reato punibile solo a titolo di dolo. A conferma della tesi giurisprudenziale la struttura della norma oggetto di analisi, comunque, pare non prevedere come necessaria, ai fini della sussistenza dell’illecito, la deliberata volontà da parte dell’imprenditore di violare le disposizioni vigenti in materia di tenuta delle scritture contabili e/o di arrecare pregiudizio ai creditori. Condotte punibili: quando i fatti di bancarotta riguardano una società le ipotesi di reato vengono definite “improprie” in quanto eventuali addebiti penali non possono essere attribuiti al soggetto dichiarato fallito ovvero la società, ma devono semmai essere perseguiti i componenti dell’organo amministrativo o direttivo quali gli amministratori o il direttore generale, i membri dell’organo di controllo quali i sindaci i consiglieri di sorveglianza o i componenti del comitato per il controllo sulla gestione, i liquidatori e i soci illimitatamente responsabili della Snc o Sas fallita e per estensione dichiarati falliti. I reati che i soggetti precedentemente citati possono commettere sono i seguenti: a) hanno commesso alcuno dei fatti previsti nell’art. 217 L.F.: la bancarotta impropria persegue reati di bancarotta semplice patrimoniale e di bancarotta semplice documentale ovviamente con l’esclusione nella bancarotta patrimoniale del reato relativo alle eccesive spese personali o per la famiglia e nella bancarotta documentale il direttore generale non può essere chiamato a rispondere per omessa o irregolare tenuta dei libri e delle scritture contabili in quanto su tale soggetto non gravano tali obblighi di natura civilistica; b) hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società: concorrere a cagionare o aggravare il dissesto con l’inosservanza degli obblighi imposti dalla legge significa ad esempio che gli amministratori convochino con ritardo l’assemblea dei soci nel caso il capitale sociale fosse sceso al di sotto del limite legale, oppure non diano esecuzione alla delibere assembleari che decidono lo scioglimento anticipato della società.

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Art. 228 - Interesse privato del curatore negli atti del fallimento 1. Salvo che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321, 322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona o con atti simulati e` punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a euro 206. 2. La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Soggetto attivo: il curatore (pubblico ufficiale ex art. 30 L.F.), il Commissario del concordato preventivo, il commissario straordinario. Oggetto materiale: si concreta nel prendere un interesse privato in uno qualsiasi degli atti connessi alle funzioni tipiche del curatore. E per interesse si deve intendere non solo quello proprio del curatore, ma anche quello di terzi estranei alle finalità proprie dell’amministrazione fallimentare, anche se realizzato in un atto del fallimento. Oggetto giuridico tutelato: è il regolare sviluppo della procedura fallimentare e la tutela dell’imparzialità degli organi della giustizia e della pubblica amministrazione. Elemento oggettivo (Condotta): consiste nella persecuzione di un qualunque interesse privato in uno degli atti connessi alle funzioni tipiche del curatore. Il legislatore nella descrizione della condotta tipica utilizza il termine “prendere un interesse privato”. Tale locuzione deve essere interpretata nel senso che il curatore deve esplicare una concreta attività, secondo alcuni una vera e propria ingerenza profittatrice, per realizzare consapevolmente un interesse non consono all’amministrazione fallimentare. La presa di interesse privato da parte del curatore negli atti del fallimento non deve essere necessariamente finalizzata al perseguimento esclusivo di un interesse privato configgente con quello della procedura, bensì può essere sufficiente che essa comporti un risultato di minore consistenza qualitativa o quantitativa rispetto a quello che si sarebbe ottenuto in mancanza dell’ingerenze profittatrice. La condotta può essere tenuta direttamente dal pubblico ufficiale ma anche attraverso interposta persona, ovvero attraverso un terzo intermediario, il quale risponderà del reato in base ai principi del concorso di persone. Elemento soggettivo: richiede un dolo generico costituito dalla coscienza e volontà del comportamento e della realizzazione del privato interesse.

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Art. 229 - Accettazione di retribuzione non dovuta 1. Il curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore dal tribunale o dal giudice delegato, e` punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da euro 103 a euro 516. 2. Nei casi più` gravi alla condanna può aggiungersi l'inabilitazione temporanea all'ufficio di amministratore per la durata non inferiore a due anni.

Soggetto attivo: il curatore (pubblico ufficiale ex art. 30 L.F.), il Commissario del concordato preventivo, il commissario straordinario nonché i coadiutori. Oggetto giuridico tutelato: mira a reprimere qualsiasi forma di corruzione e garantire così il prestigio degli organi fallimentari. Elemento oggettivo: si rinviene nell’interesse privato di uno qualsiasi degli atti connessi alle funzioni tipiche del curatore (anche in atti legittimi come la proposta di cui all’art. 108 L.F.). Si esplica in due momenti che sono equivalenti sotto l’effetto sanzionatorio: a) nel ricevere l’offerta del privato, b) nella pattuizione con il privato per una dazione indebita senza la necessità che la stessa segua necessariamente all’accordo. Da queste due forme di condotta va senz’altro esclusa la promessa unilaterale del terzo a cui non segue l’adesione del curatore. In ordine alla natura del vantaggio si è dibattuto se nel concetto di retribuzione rientri anche un vantaggio “non patrimoniale”. A favore dei sostenitori della tesi estensiva, vi è il richiamo, per un verso, all’analoga fattispecie di corruzione di diritto comune ove l’utilità può avere anche un contenuto non patrimoniale (cfr. Cass. Sez. UN. 11.5.93 Romano in ordine alla configurabilità del reato anche per un favore sessuale) e, per l’altro, il richiamo operato dall’art. 229 L.F., che insieme al danaro, cita retribuzioni avvenute in altra forma. Elemento soggettivo: richiede un dolo generico costituito dalla coscienza e volontà di pattuire o ricevere un compenso non dovuto in relazione alla propria qualità di curatore e della realizzazione del privato interesse.

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Art. 230 - Omessa consegna o deposito di cose del fallimento 1. Il curatore che non ottempera all'ordine del giudice di consegnare o depositare somme o altra cosa del fallimento, ch'egli detiene a causa del suo ufficio, e` punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 1.032. 2. Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a euro 309.

Soggetto attivo: il curatore (pubblico ufficiale ex art. 30 L.F.), il Commissario del concordato preventivo, il commissario straordinario nonché i coadiutori. Oggetto giuridico tutelato: è impedire qualsiasi illecito impiego delle attività fallimentari. Elemento oggettivo: si rinviene allorché i soggetti qualificati omettono di depositare o di consegnare (diverso dall’appropriazione o distruzione che integra il diverso reato di peculato art. 314 CP) somme o cose del fallimento, detenute a causa dell’ufficio, non ottemperando all’ordine (anche verbale) dell’autorità giudiziaria. Trattasi di un reato omissivo proprio la cui consumazione è subordinata alla esistenza di un duplice presupposto:

a) la detenzione da parte del curatore di somme o cose del fallimento; b) l’ordine del Giudice.

Il presupposto della condotta è costituito dalla disponibilità di fatto dei beni di cui è obbligatoria la consegna o il deposito Elemento soggettivo: si caratterizza per la sua duplice forma dolosa e colposa:

a) la prima richiede sempre la consapevolezza del curatore di non ottemperare all’ordine di consegna o di deposito. b) la seconda ricorre allorché l’omissione è dovuta a negligenza o dimenticanza del curatore.

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Art. 232 - Domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col fallito 1. E` punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 51 a euro 516, chiunque fuori dei casi di concorso di bancarotta anche per interposta persona presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato. 2. Se la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo, la pena è ridotta alla meta`. 3. E` punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque: 1) dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito; 2) essendo consapevole dello stato di dissesto dell'imprenditore distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si verifica. 4. La pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l'acquirente è un imprenditore che esercita un'attività commerciale.

Domande di ammissione di crediti simulati Soggetto Attivo: Chiunque. Trattasi pertanto di reato comune. Oggetto giuridico tutelato: Evitare che l’inserimento di crediti simulati diminuisca o annulli la possibilità di soddisfacimento dei creditori effettivi. La fattispecie criminosa è inserita al fine di impedire che terzi soggetti non legittimati possano concorrere alla ripartizione dell’attivo insinuandosi con crediti simulati, generando un danno all’amministrazione della giustizia. Elemento oggettivo: L’articolo prefigura un’ipotesi di truffa in danno della massa fallimentare commessa da colui che richiede l’ammissione al passivo corredando l’istanza con prove falsificate, artifici, raggiri tali da poter indurre gli organi della procedura a ritenere reale il credito fittizio dedotto. Condotta: presentazione della domanda di insinuazione anche tardiva di un credito inesistente. Il reato è definito di mera condotta che si consuma nella presentazione dell’istanza fraudolenta in cancelleria (ora a mezzo PEC); il ravvedimento comporta la riduzione della pena purché la rinunzia alla domanda avvenga prima della conclusione dell’udienza di verifica del relativo stato passivo, sia per le insinuazioni tempestive che tardive. Elemento soggettivo: Il reato ha dunque natura dolosa perché richiede la volontà di rappresentare e la volontà di insinuare un credito fraudolentemente simulato (il delitto si avvicina alla truffa). Peraltro non è necessario che l’istante si proponga di conseguire un vantaggio in quanto è un reato di dolo generico, ed è quindi indifferente lo scopo perseguito, anche se, normalmente il soggetto agirà con il fine di essere ammesso alla ripartizione della massa attiva e dunque per acquisire un indebito arricchimento. Questo non esclude che sia mosso da finalità di altra natura, ad esempio di partecipare al voto nel concordato, anche se l’esistenza di un accordo con il fallito comporterebbe la responsabilità di entrambi nel più grave art. 216 comma 1. Se l’agente ritiene per errore che il credito esista realmente viene meno il dolo della fattispecie, da cui viene meno il presente reato per mancanza di elemento oggettivo, difettando il requisito della fraudolenta simulazione del credito.

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Distrazioni senza concorso col fallito Soggetto attivo: I soggetti coinvolti nel presente reato non possono essere il fallito né gli Organi della Procedura, quindi il reato coinvolgerebbe soggetti terzi estranei all’impresa fallita che non operino neppure in concorso con il fallito o con gli Organi della Procedura. Ne deriva che potrebbero essere coinvolti nel reato di cui all’art. 232 co. 3 l’erede del fallito o il creditore dell’imprenditore. Oggetto giuridico tutelato: integrità del patrimonio del fallito a garanzia dei creditori di questo. Elemento oggettivo: può essere integrato da due diversi tipi di comportamento: (i) atti posti in essere dopo la dichiarazione di fallimento che danno luogo a forme reali o fittizie di diminuzione del patrimonio fallimentare e (ii) atti posti in essere prima della dichiarazione di fallimento quando si è già manifestato il dissesto e danno luogo ad una diminuzione reale del patrimonio del fallito (acquisto di beni a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente). La differenza fra ricettazione pre o post fallimentare riguarda, oltre all’elemento temporale di commissione rispetto alla sentenza di fallimento, il fatto che la prima presuppone la consapevolezza dell’accipiens circa lo stato di dissesto dell’imprenditore mentre la seconda presuppone la sola conoscenza dell’intervenuta sentenza di fallimento. E’ necessario porre attenzione ad eventuali operazioni concluse prima della dichiarazione d’insolvenza per le quali il creditore del fallito tenti di recuperare il proprio credito trattenendo beni del fallito, quindi particolare rilievo potrebbero assumere i beni presso terzi o dati in uso a terzi o coloro che hanno ricevuto compensi per svolgere prestazioni che si rilevano non eseguite. Elemento soggettivo: è costituito dal dolo generico.

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Art. 236 - Concordato preventivo e amministrazione controllata 1. E` punito con la reclusione da uno a cinque anni l'imprenditore, che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo o di amministrazione controllata, siasi attribuito attività inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. 2. Nel caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si applicano: 1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società; 2) la disposizione dell'art. 227 agli institori dell'imprenditore; 3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo o dell'amministrazione controllata; 4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.

La norma mira alla tutela della procedura concorsuale, e poiché essa si svolge sotto la direzione dell’autorità giudiziaria, il delitto configurato è da classificarsi tra i reati contro l’amministrazione della giustizia, nel quale confluisce anche la tutela degli interessi dei creditori. Soggetto attivo del reato: è l’imprenditore individuale, anche se parte della dottrina dà una nozione ampia di imprenditore, comprensiva sia di quello individuale sia di quello collettivo. Oggetto giuridico tutelato: è quello di impedire che i benefici della procedura del concordato preventivo siano concessi ad imprenditori non in possesso dei requisiti richiesti dalla legge. Oggetto materiale: si configurano due distinte fattispecie: l’attribuzione di attività inesistenti, prima dell’ammissione alla procedura e la simulazione di crediti in tutto o in parte inesistenti anteriormente o successivamente all’ammissione e prima delle deliberazioni dei creditori. Non rientrano nell’ambito della prima fattispecie l’occultamento di passività né la sopravvalutazione delle attività a meno che non si tratti di eccessiva valutazione di un bene, idonea a trarre in inganno il Tribunale sull’entità dei beni di cui dispone l’impresa. La Corte di Cassazione ha sostenuto che con la locuzione di cui al primo comma vengono punite anche l’omessa indicazione di debiti e la sopravvalutazione di immobili. In relazione alla seconda fattispecie criminosa va precisato che essa ha per oggetto soltanto i crediti vantati dai terzi verso l’imprenditore e non già i crediti propri di quest’ultimo. Consumazione: si ha nel momento in cui il soggetto si attribuisce attività o simula passività in tutto o in parte inesistenti, presentando l’istanza per l’ammissione al concordato preventivo. Si sostiene (Maffei Alberti) che la condotta, peraltro, onde assumere rilevanza ai fini della punibilità, deve venire posta in essere, nell’ipotesi di attribuzione di attività inesistenti, prima del decreto con il quale il Tribunale dichiara aperta la procedura di concordato preventivo, mentre nel caso di simulazione di passività, essa potrà essere realizzata anche dopo tale momento, ma prima della convocazione dei creditori ex art.171 L.F.. Elemento soggettivo: il delitto è doloso e trattasi di dolo specifico, caratterizzato, nella prima fattispecie, dallo scopo di ottenere l’ammissione alla procedura di concordato

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preventivo e, nella seconda ipotesi delittuosa, dalla finalità di influire a proprio vantaggio sulla formazione delle maggioranze. Il secondo comma dell’articolo prevede che alla procedura di concordato preventivo si applichino: 1) le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di società: estende l’operatività dei reati fallimentari in esse richiamate al concordato preventivo, attribuendo al decreto di ammissione lo stesso ruolo che svolge, in procedura fallimentare circa i reati a questa “connessi”, la sentenza dichiarativa di fallimento – Art.223: disciplina i fatti di bancarotta fraudolenta – Art.224: disciplina i fatti di bancarotta semplice. 2) la disposizione dell'art. 227 agli institori dell'imprenditore: anche in questo caso si estende l’operatività dei reati fallimentari, previsti a carico dell’institore dell’imprenditore dichiarato fallito, al concordato preventivo, qualora l’institore si è reso colpevole dei fatti previsti negli artt.216, 217, 218 e 220 L.F.. 3) le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato preventivo: si applicano al commissario giudiziale le disposizioni degli artt.228 e 229, dettate espressamente per il curatore del fallimento, del quale egli ha funzioni analoghe, essendo parimenti dichiarato pubblico ufficiale - Art.228: interesse privato del curatore negli atti del fallimento – Art.229: accettazione di retribuzione non dovuta da parte del curatore. 4) le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori: sancisce la responsabilità del creditore, con richiamo all’art.232 “domanda di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso del fallito” e all’art. 233 “mercato di voto”, anche in riferimento alla procedura di concordato preventivo.

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Art. 236 Bis - Falso in attestazioni e relazioni Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 50.000 a 100.000 euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata. Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.

La norma assegna rilievo penale all’opera del professionista “indipendente designato dal debitore”, iscritto al registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall’art.28, lett. a) e b), al quale è affidato il compito di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano avanzato dal debitore nel proprio ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, per la domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione o in caso di esecuzione del piano di risanamento. Oggetto materiale del reato: la norma si riferisce alle informazioni necessarie al giudice ed ai creditori per valutare l'idoneità del piano proposto dal debitore per superare la crisi e provvedere al compiuto adempimento delle proprie obbligazioni e, più precisamente, alla verifica di veridicità dei dati aziendali esposti dal debitore nel proprio ricorso per l'ammissione alla procedura. Dunque, alle componenti della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell'impresa debitrice al fine di rendere un quadro esauriente a chi è chiamato a decidere sul ricorso del debitore, non soltanto in rapporto ad una corretta stima in linea astratta, ma in termini di fattibilità e, cioè, di pratica attuazione. Elemento oggettivo (Condotta): la condotta punita si riferisce non tanto all'esito della valutazione resa dal professionista nel suo complesso, bensì alle singole componenti che l'hanno sorretta: le notizie acquisite dal professionista in esecuzione del mandato professionale conferito dal debitore, o - eventualmente - l'omessa acquisizione di informazioni rilevanti o il silenzio su quelle già acquisite. Questi dati, nella loro oggettività, infatti, sono quelli che giovano al terzo per raggiungere una corretta percezione dell’idoneità del piano proposto. Detta condotta illecita è prevista nella forma commissiva ed in quella omissiva. Il rilievo penale di siffatte informazioni discende, secondo l'accenno letterale, dalla "falsità", per il caso di condotta commissiva, ovvero, di "rilevanza", nel caso di loro omissione. Elemento soggettivo: trattasi di mero "dolo generico", scevro, cioè, della condotta finalistica di recare danno ai creditori così come la ricerca di un profitto personale o di terzi sono scopi assegnati alle speciali aggravanti del reato. E' quindi richiesta, al momento della compilazione dell'elaborato (od anche successivamente, ma prima del deposito dello stesso), la conoscenza della realtà "vera" in capo al professionista attestatore, e la consapevole alterazione di essa nell'informazione resa, nonché, infine, della rilevanza di questo scostamento nel contesto del quadro fornito al destinatario. Ovviamente non appartiene alla volontà penalmente rilevante l'errore sia sul fatto, sia nella interpretazione del dato acquisito o nella tecnica ragionieristica. Le aggravanti: il secondo e il terzo comma prevedono aggravanti di pena qualora il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri o se dal fatto consegue un danno per i creditori.