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Relazione sullo Stato dell'Ambiente della Regione Basilicata 2013

Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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Relazione sulloStato dell'Ambiente della Regione Basilicata2013

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Relazione sulloStato dell'Ambiente della Regione Basilicata2013

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Relazione sullo Stato dell’Ambiente della Basilicata

Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

Responsabile di Progetto

Donato VIGGIANO

Coordinamento Redazionale

Anna ABATE

Redazione

Donato VIGGIANO, Anna ABATE, Vincenzo DOTTORINI (Direzione Generale)

Pietro FEDELI (Osservatorio Ambiente e Legalità - Regione Basilicata)

Coordinamento Tecnico Gruppo di Lavoro ARPAB

Raff aele VITA, Ersilia DIMURO

Collaborazione Tecnica

Antonio BELLOTTI, Rosetta FULCO (Direzione Generale)

Si ringrazia

ATER di Matera | ATER di Potenza | Autorità di Bacino del Campania Sud | Autorità di Bacino

della Calabria | Autorità di Bacino della Puglia | Azienda di Promozione Turistica di Basilicata

| CRESME | Dip. Attività Produttive, Politiche dell’Impresa e del Lavoro, Innovazione Tecno-

logica | Dip. Infrastrutture, Opere Pubbliche e Mobilità | Dip. Salute, Sicurezza e Solidarietà

Sociale, Servizi alla Persona e alla Comunità | Giuseppe Mancino e Francesco Ripullone,

Università degli Studi della Basilicata | Metapontum Agrobios SpA | Osservatorio Ambiente

e Legalità della Regione Basilicata | Segreteria Tecnica dell’Autorità di Bacino della Basilicata

| Uffi cio Ciclo dell’Acqua | Uffi cio Compatibilità Ambientale | Uffi cio Energia | Uffi cio Foreste

e Tutela del Territorio | Uffi cio Geologico e Attività Estrattive | Uffi cio Tutela della Natura |

Uffi cio Urbanistica e Tutela del Paesaggio | Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

CreditiWeb

www.regione.basilicata.it

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Presentazione

Vito De Filippo | Presidente della Regione Basilicata

Introduzione

Donato Viggiano | Dirigente Generale, Dipartimento Ambiente, Territorio,

Politiche della Sostenibilità

Nota Metodologica

Anna Abate | Responsabile Posizione di Alta Professionalità, Direzione Generale,

Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

SEZIONE PRIMA - USO E GESTIONE DELLE RISORSE

Energia1.

Autore: Luigi Zuccaro, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

Foreste2.

Autori: Rosetta Fulco, Antonio Racana, Salvatore Cipollaro, Dipartimento Ambien-

te, Territorio, Politiche della Sostenibilità. Hanno fornito contributi: Michele Selvaggi,

Rocco Taurisani e Piernicola Viggiano, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche

della Sostenibilità, per il Focus Processi di compensazione in Basilicata per le emissioni

di gas serra e i sistemi forestali

Industria3.

Autore: Filomena Pesce, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibi-

lità. Hanno fornito contributi: Vincenzo Dottorini, Dipartimento Ambiente, Territorio,

Politiche della Sostenibilità; Maria Angelica Auletta, Gennaro Onofrio, Mariella Divie-

tri, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Basilicata

Autori e collaboratori

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Costruzioni4.

Autore: Anna Abate, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità.

Hanno fornito contributi: Antonio Bellotti, Dipartimento Ambiente, Territorio, Poli-

tiche della Sostenibilità; Antonella Belgiovine, Dipartimento Infrastrutture, Opere

Pubbliche e Mobilità per l'indicatore COS8

Petrolio5.

Autori: Maria Felicia Marino, Lucia Possidente, Dipartimento Ambiente, Territorio, Po-

litiche della Sostenibilità

Trasporti6.

Autore: Donato Arcieri, Dipartimento Infrastrutture, Opere Pubbliche e Mobilità

Turismo 7.

Autori: Vincenzo Dottorini, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Soste-

nibilità; Elena Iacoviello, Dipartimento Attività Produttive, Politiche dell’Impresa e

del Lavoro, Innovazione Tecnologica. Hanno fornito contributi: Matteo Visceglia,

Azienda di Promozione Turistica di Basilicata

SEZIONE SECONDA - COMPONENTI AMBIENTALI

Acqua8.

Autori: Ersilia Di Muro, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Ba-

silicata; Concetta Lanotte, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Soste-

nibilità. Hanno fornito contributi: Gaetano Caricato, Mario De Michele, Domenica

Sabia, Adele Camardese, Bruno Bove, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Am-

biente della Basilicata

Aria e clima9.

Autori: Laura Bruno, Anna Maria Crisci, Michele Lovallo, Lucia Mangiamele, Carlo Gli-

sci, Rossana Votta, Claudia Brindisi, Giuseppe Marchetta, Agenzia Regionale per la

Protezione dell’Ambiente della Basilicata. Hanno fornito contributi: Lucia Possidente,

Maria Felicia Marino, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibili-

tà per l'indicatore ARI1; Egidio Montagnuolo, Agenzia Regionale per la Protezione

dell’Ambiente della Basilicata; Maria Corona, Agenzia Regionale per la Protezione

dell’Ambiente della Basilicata per il Focus Monitoraggio aerobiologico

Natura e biodiversità 10.

Autori: Antonella Logiurato, Maria Pompili, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politi-

che della Sostenibilità. Hanno fornito contributi: Carlo Gilio, Dipartimento Ambiente,

Territorio, Politiche della Sostenibilità, per l'indicatore NAT9

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SEZIONE TERZA - PRESSIONI AMBIENTALI

Produzione e gestione dei rifi uti11.

Autore: Luigi Salviulo, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità.

Hanno fornito contributi: Egidio Montagnuolo, Agenzia Regionale per la Protezione

dell’Ambiente della Basilicata; Pietro Fedeli, Osservatorio Ambiente e Legalità della

Regione Basilicata

Consumo di suolo12.

Autore: Anna Abate, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità.

Hanno fornito contributi: Antonio Bellotti, Rosetta Fulco, Dipartimento Ambiente,

Territorio, Politiche della Sostenibilità per il Focus Desertifi cazione. Antonio Bellotti,

Vettorializzazione ed elaborazione dati

Contaminazione e bonifi ca del suolo13.

A cura dell’Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale del Dipartimento Ambiente,

Territorio, Politiche della Sostenibilità. Hanno fornito contributi: Gabriella Cauzillo,

Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla Persona e alla Co-

munità; Filomena Pesce, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sosteni-

bilità per il Focus ITREC e monitoraggio; Gianluigi Gerardi, Dipartimento Ambiente,

Territorio, Politiche della Sostenibilità per il Focus Amianto

Rischio idrogeologico14.

Autori: Marinella Gerardi, Guido Cerverizzo, Autorità di Bacino della Basilicata

Attività estrattiva15.

Autore: Nicola Cafarella, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità.

Hanno fornito contributi: Anna Rita Mariano, Vito Antonio Nella, Dipartimento Am-

biente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

SEZIONE QUARTA - STRUMENTI DI SOSTENIBILITÀ

Educazione e promozione della sostenibilità ambientale16.

Autori: Anna Abate, Rosa Perretta, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della

Sostenibilità. Hanno fornito contributi: Vincenzo Dottorini, Dipartimento Ambiente,

Territorio, Politiche della Sostenibilità per il Focus Contabilità ambientale

Valutazione ambientale17.

Autori: Maria Pia Vaccaro, Ersilia Di Muro, Agenzia Regionale per la Protezione

dell’Ambiente della Basilicata; Salvatore Lambiase, Nicola Grippa, Donato Natiello,

Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

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PresentazioneVito De Filippo | Presidente della Regione Basilicata

La Relazione sullo Stato dell’Ambiente della Basilicata (RSA) non costituisce soltanto

un documento per rispondere ad un adempimento istituzionale ma è il risultato di un

progetto strategico condotto con riferimento a due convincimenti: a) la conoscenza è

alla base di ogni seria e mirata strategia di intervento sull’ambiente; b) il monitoraggio

dell’effi cacia delle politiche ambientali permette di applicare con maggiore incisività la

volontà di valorizzare l’ambiente come risorsa vitale e opportunità di sviluppo.

Il documento, in linea con le indicazioni europee, aff ronta sistematicamente i vari ambiti

ambientali, dai problemi energetici a quelli dei rifi uti, dall’aria all’acqua, dal consumo di

suolo alle bonifi che, fi no agli aspetti naturalistici e faunistici.

E lo fa alternando l’analisi delle problematiche di settore, con le iniziative che questa

amministrazione regionale ha intrapreso nel corso degli ultimi anni in tema di politiche

ambientali.

In tal modo la RSA può rendere più agevole la correlazione, trasparente, tra attività di

reporting ed analisi della performance delle politiche e stima di possibili scenari evo-

lutivi di situazioni ambientali anche per scongiurare la percezione negativa dello stato

ambientale in Basilicata.

I dati presentati nel documento, raccolti ed elaborati grazie al prezioso lavoro di funzio-

nari, dirigenti regionali e dell’Arpa Basilicata, rappresentano una banca dati plurisetto-

riale che coinvolge più dipartimenti e che è uno strumento indispensabile non solo per

individuare i punti di criticità ambientale rispetto ai quali elaborare strategie mirate, ma

anche per defi nire possibili scenari evolutivi che richiedono azioni integrate di politi-

ca ambientale da privilegiare nella nuova programmazione dei fondi comunitari 2014-

2020.

In tal modo lo sviluppo sostenibile non è solo una dichiarazione di intenti, ma evolve

verso un percorso reale e concreto di azioni congiunte che vedono istituzioni e cittadini,

associazioni, attori economici e sociali del mondo imprenditoriale lavorare insieme per

una migliore qualità ambientale, e quindi per una migliore qualità della vita.

L’impegno è già per la prossima edizione del 2014.

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IntroduzioneDonato Viggiano | Dirigente Generale, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

La pubblicazione della Relazione sullo Stato dell’Ambiente (RSA) 2013 rappresenta un im-

portante obiettivo del programma di attività del Dipartimento Ambiente, Territorio, Po-

litiche della sostenibilità della Regione Basilicata di questa legislatura, perché consente

di esporre in forma organica i dati di conoscenza dell’ambiente e monitorare nel tempo

l’effi cacia delle politiche ambientali. La pubblicazione della RSA dovrà rappresentare un

evento stabilmente codifi cato con cadenza annuale, per consentire alla opinione pubbli-

ca una valutazione delle politiche e delle strategie di intervento ambientale adottate.

La Direzione del Dipartimento ha affi dato ad un apposito gruppo di lavoro costituito da

funzionari e dirigenti regionali nonché di ARPA Basilicata, il compito di redigere la RSA,

nel convincimento che impegnare attivamente i soggetti interni all’amministrazione a

strutturare un modello di RSA secondo lo schema DPSIR, implicasse da un lato valoriz-

zarne la professionalità e dall’altro rendesse più facile la raccolta e la integrazione di dati

e documenti a disposizione negli uffi ci regionali e dell’Arpa Basilicata.

Il documento prodotto, pur in presenza di elementi di riferimento consolidati, va consi-

derato come un lavoro in evoluzione, aggiornabile ed integrabile: rappresenta, infatti,

l’inizio di un percorso che ha l’obiettivo di soddisfare il diritto all’informazione dell’opi-

nione pubblica e al tempo stesso di supportare i soggetti pubblici nei processi decisio-

nali che riguardano l’ambiente ed il territorio.

La RSA 2013 defi nisce un set di indicatori dei fenomeni complessi che caratterizzano

l’ambiente, che costituiranno la base di riferimento per organizzare banche dati e repor-

ting ambientali da utilizzare nelle successive edizioni.

I dati riportati nel lavoro utilizzano, in qualche caso, scale eterogenee di riferimento tem-

porale a causa di forme di scouting e di reporting delle numerose basi di dati regionali ed

extraregionali ancora non perfettamente organizzate e codifi cate. In ogni caso, si può

aff ermare che, allo stato attuale, su tutti gli argomenti trattati nei capitoli sono verifi cabili

sviluppi dell'azione pubblica di tutela quale insieme di risposte per contrastare pressioni

e impatti ambientali generati dalle attività antropiche.

Nella RSA non è presente la trattazione del tema "Agricoltura", inizialmente prevista nel

progetto di RSA, in quanto sono in corso gli aggiornamenti dei dati di settore da parte

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delle strutture tematicamente competenti. Ovviamente, data l’importanza della temati-

ca sarà posto uno specifi co impegno di realizzazione progettuale nella prossima edizio-

ne della relazione.

La RSA è anche un utile strumento, in seno all’amministrazione pubblica, per verifi ca-

re i risultati conseguiti dalle proprie politiche ambientali; in linea con i documenti re-

centi della Politica di Coesione per il periodo 2014-2020 fortemente "goal-focused", il

presente lavoro costituirà una riferimento fondamentale per l’esercizio della valutazio-

ne ex ante come per il monitoraggio degli obiettivi ambientali nel nuovo periodo di

programmazione.

In conclusione desidero ringraziare per il notevole impegno profuso i colleghi interni

all’amministrazione regionale come pure quelli esterni che con dedizione e abnegazione

hanno fattivamente operato per raggiungere un obiettivo di sicura rilevanza per l’intera

comunità regionale.

Page 15: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Il progetto di Relazione sullo stato dell’ambiente 2013 è stato sviluppato attraverso l’ana-

lisi delle componenti ambientali e della loro qualità, dei fattori dello sviluppo che mag-

giormente costituiscono un elemento di criticità o un’opportunità per la comunità locale,

delle principali tipologie di risposta adottate per aff rontare le problematiche analizzate.

Il lavoro è stato prodotto utilizzando modelli e modalità di rappresentazione grafi ca

consolidate dalle esperienze internazionali e nazionali in materia di indicatori ambien-

tali e di sostenibilità locale (OCSE, Agenzia Europea per l’Ambiente, Eurostat, ISPRA),

organizzando e commentando l’insieme dei risultati ottenuti al fi ne di poterli utilizzare

come base informativa di orientamento per le programmazione e per il suo successivo

monitoraggio.

La relazione è strutturata in 4 sezioni tematiche, complessivamente descritte attraverso

17 capitoli e 13 Focus; gli argomenti dei singoli capitoli sono rappresentati identifi can-

do un set di indicatori1 descrittivi e di performance, riconducibili al quadro concettuale

DPSIR (Determinanti, Pressioni, Stato, Impatti, Risposte), indicato da ISPRA, integrati, nel

testo, sotto forma di grafi ci e/o tabelle.

Le quattro sezioni, articolate in distinte aree, sono riportate di seguito:

USO E GESTIONE DELLE RISORSE

COMPONENTI AMBIENTALI

PRESSIONI AMBIENTALI

STRUMENTI DI SOSTENIBILITÀ

1 Un indicatore ambientale è un elemento informativo che contiene una significativa valenza ambientale, in quanto

consente di stabilire una relazione tra la misura di un fenomeno e la rilevanza di quest’ultimo in uno specifico contesto

ambientale ai fini di una migliore conoscenza dello stesso. Può essere un parametro ma, più in generale, è ottenuto ef-

fettuando un’elaborazione su due o più parametri. Da Linee guida per la redazione sullo stato dell’ambiente di livello

territoriale- in Manuali e Linee Guida 72/2011.

Genericamente si distingue tra:

indicatori descrittivi: descrivono la realtà riguardo a temi ambientali e si esprimono attraverso misure fisiche a)

(esempio: tonnellate di CO2 equivalenti immesse in atmosfera/anno);

indicatori di b) performance: valutano l’efficacia delle politiche attuate (esempio: consumo di energia da fonti rin-

novabili/consumo totale di energia);

indicatori di efficienza: relazionano i risultati raggiunti con le risorse impiegate (esempio: tonnellate di CO2 ab-c)

battute/costi sostenuti).

Nota metodologicaAnna Abate | Responsabile Posizione di Alta Professionalità, Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

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Nello specifi co ogni capitolo è organizzato secondo una struttura omogenea predefi nita

costituita da:

una sezione introduttiva, in cui si delineano, in termini generali, il tema del •

capitolo;

una sezione contenente i principali indicatori che, sinteticamente riportati nella Ta-•

bella Sinottica degli Indicatori, off rono una rappresentazione di insieme sotto il pro-

fi lo dello stato della risorsa ambientale analizzata e della sua tendenza nel tempo;

una sezione descrittiva, in cui sono presentate le schede analitiche relative a tutti gli •

indicatori considerati, redatte secondo un modello defi nito: titolo e tipologia dell’in-

dicatore secondo il modello DPSIR, rappresentazione grafi ca e/o tabellare, descrizio-

ne dell’indicatore e della relativa metodologia di calcolo, commento sintetico sulle

evidenze riscontrate.

All’interno di alcuni capitoli sono presenti dei "Focus", intesi come uno spazio di appro-

fondimento, sebbene in forma sintetica, su aspetti rilevanti dell’argomento considerato

nel capitolo.

I criteri generali adottati per la selezione degli indicatori sviluppati nell’ambito di ogni

capitolo sono riferibili alla signifi catività2 ed alla rappresentatività degli indicatori stessi

nei confronti delle aree tematiche di riferimento, nonché all’appartenenza a set di indi-

catori consolidati.

La concreta applicazione degli indicatori identifi cati si è dovuta confrontare con la reale

disponibilità dei dati di base, non sempre presenti o agevolmente consultabili presso gli

organismi detentori dei dati stessi a causa della scarsa disponibilità di database e di un

adeguato sistema informativo. Ciò nonostante, gli indicatori utilizzati sono complessiva-

mente 123.

L’insieme degli indicatori, per ciascun argomento, è confl uito nella Tabella Sinottica de-

gli Indicatori, che utilizza simboli di facile interpretazione, la cui legenda è riportata di

seguito.

La tabella non restituisce la completezza dell’informazione disponibile ed è quindi in-

dispensabile associare alla sua analisi anche la lettura del relativo capitolo, per evitare

eccessive semplifi cazioni.

2 Un indicatore deve presentare le seguenti caratteristiche essenziali:

significatività, intesa come la capacità di esprimere con un numero una grandezza che riguarda l’interazione a)

dell’impresa con l’ambiente;

rappresentatività, validità dal punto di vista scientifico e comprensibilità non solo ai tecnici, ma anche all’utente b)

medio;

verificabilità, in termini di certezza dell’informazione che fornisce; c)

riproducibilità, in riferimento ai dati che devono essere adeguatamente documentati, di qualità certa e disponi-d)

bili in modo facile ed economico;

sensibilità rispetto ai cambiamenti dell’ambiente, in modo da seguire precocemente le variazioni irreversibili e e)

manifestare la tendenza al cambiamento delle variabili ambientali.

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CODICE = codice identifi cativo unico dell’indicatore costituito da tre caratteri ed un nu-

mero progressivo

INDICATORE/INDICE = nome dell’indicatore

DPSIR = determinante (D), pressione (P), stato (S), impatto (I), risposta (R)

UNITÀ DI MISURA = standard per la misurazione di quantità fi siche

FONTE = soggetto/istituzione da cui proviene il dato o la misurazione

COPERTURA SPAZIALE = grado di copertura territoriale

COPERTURA TEMPORALE = periodo di tempo per cui sono disponibili i dati

STATO ATTUALE = condizioni rispetto agli obiettivi normativi e/o di qualità di riferimento:

☺ = Positive

= Intermedie o incerte

= Negative

TREND = Evoluzione temporale dell’indicatore, l’andamento nel tempo:

↑ = Crescente

↔ = Costante

↓ = Decrescente

- = Non noto o non disponibile

CODICE INDICATORE/

INDICE

DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

… Nome indicatore D kg ISTAT IT 2000-2010 ☺ ↑

… … P m2 ARPA BAS … ↔

… … … … ISPRA REG … ↓

… … … … … … … −

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IndiceRelazione sullo Stato dell'Ambiente della Basilicata

SEZIONE PRIMA - USO E GESTIONE DELLE RISORSE 19

Energia 211.

Foreste 312.

Focus: Processi di compensazione in Basilicata per le emissioni di gas serra e i sistemi forestali 47

Industria 513.

Costruzioni 654.

Petrolio 795.

Focus: Osservatorio ambientale Val d’Agri 93

Trasporti 976.

Turismo 1057.

SEZIONE SECONDA - COMPONENTI AMBIENTALI 113

Acqua 1158.

Focus: Lo stato ambientale dei corpi idrici interessati dall’impatto delle attività estrattive 143

Aria e clima 1499.

Focus: Monitoraggio aerobiologico 167

Natura e biodiversità 17310.

Focus: Misure di tutela e di conservazione e piani di gestione 189

SEZIONE TERZA - PRESSIONI AMBIENTALI 195

Rifi uti 19711.

Consumo di suolo 20912.

Focus: Desertifi cazione 223

Contaminazione e bonifi ca del suolo 22913.

Focus: SIN Tito e Valbasento 247

Focus: Amianto 253

Focus: Fenice 255

Focus: ITREC e monitoraggio 257

Page 20: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Rischio idrogeologico 26714.

Focus: Il programma integrato di interventi per la valorizzazione 279

del bacino idrografi co del fi ume Noce

Focus: Eventi alluvionali 283

Attività estrattiva 28715.

SEZIONE QUARTA - STRUMENTI DI SOSTENIBILITÀ 295

Educazione per lo sviluppo sostenibile 29716.

Focus: Contabilità ambientale 303

La valutazione ambientale 30717.

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Uso e gestionedelle risorse

Relazione sullo Stato dell'Ambiente della Basilicata

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Vaglio Basilicata. Ernesto Salinardi

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Energia

Capitolo 1

Energia e ambiente costituiscono due tematiche di grande interesse per la comunità in-

ternazionale che riconosce nell’uso indiscriminato dei combustibili fossili una delle cau-

se principali del cambiamento climatico in atto. L’importanza dei temi energetici è con-

fermata, anche a livello europeo, dallo spazio ad essi riservato all’interno di atti normativi

ed accordi internazionali fi nalizzati ad un approvvigionamento energetico sempre più

sostenibile, sicuro e competitivo.

Sebbene la crisi economica e fi nanziaria abbia determinato, nel 2009, una contrazione

dei consumi energetici globali, gli scenari tendenziali prevedono una ripresa della cre-

scita, in concomitanza con l’auspicata ripresa economica; in particolare, si stima che la

domanda mondiale di energia possa aumentare di circa il 40% tra il 2007 ed il 2030. Il

dato è sostanzialmente in linea con le previsioni per il 2035 della U.S. Energy Informa-

tion Administration (EIA), che conferma il contributo preponderante dei Paesi non OCSE

nell’ambito dell’incremento della domanda di energia. Peraltro, anche allargando l’oriz-

zonte temporale di riferimento al 2050, il trend dei consumi mantiene un andamento

crescente, con un +84% stimato rispetto ai valori del 2007. Dal punto di vista ambienta-

le, l’incremento della domanda di combustibili fossili determina un incremento dell’in-

tensità carbonica del consumo di energia primaria pari al 7%. Questo dato è legato alle

emissioni di anidride carbonica, per le quali si stima un signifi cativo aumento di concen-

trazione in atmosfera. In particolare, si prevede che il settore energetico possa determi-

nare un raddoppio delle emissioni entro il 2050. Il presente capitolo, attraverso l’analisi di

indicatori di sintesi, illustra lo stato attuale del settore energetico nella regione Basilicata

ed i possibili scenari futuri, in relazione alle dinamiche nazionali e globali. Nello specifi co,

sulla base delle elaborazioni presenti nel piano energetico regionale approvato nel 2010

(PIEAR), sono stati messi a confronto diversi scenari: uno scenario tendenziale, elaborato

ipotizzando la mancanza di interventi diretti da parte delle istituzioni in campo energe-

tico, ed uno scenario "PIEAR" (target-oriented) defi nito sulla base degli obiettivi fi ssati per

il 2020 dalla Regione Basilicata in merito all’incremento della produzione di energia da

fonti rinnovabili ed al risparmio energetico. Il quadro emergente evidenzia la compre-

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senza di elementi di criticità ed elementi di grande potenzialità, che pongono l’intero

territorio al centro di interessi nazionali.

ENE1. CONSUMI DI ENERGIA PRO-CAPITE

L’indicatore prende in esame il rapporto tra consumi fi nali di energia e popolazione re-

sidente, dal 1990 al 2011. L’analisi dei dati proposta è estremamente utile per valutare

il trend dei consumi energetici in relazione alle dinamiche demografi che registrate nel

periodo in esame, facilmente confrontabili con dati nazionali e comunitari.

Nel periodo 1990-2005 il consumo di energia primaria pro-capite in Basilicata subisce

un notevole incremento (+53%), superiore ai valori calcolati a livello nazionale e comu-

nitario. Tale andamento è legato al duplice eff etto dello spopolamento (-2,4%) e dell’in-

cremento dei consumi (+49%). Per contro, l’andamento dei consumi, in Italia ed UE-27,

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

ENE1 Consumi energetici pro-capite D tep/ab ENEA

TERNA

ISTAT

Eurostat

IT

BAS

1990-2011 ☺ ↔

ENE2 Intensità energetica

dell’economia lucana

D tep/M€PIL

ENEA

ISTAT

Eurostat

IT

BAS

1995-2011 ↔

ENE3 Produzione attuale di energia

elettrica da FER

D GWh TERNA

GSE

IT

BAS

2011 ↑

ENE4 Bilancio di energia primaria in

Basilicata

D ktep ENEA

GSE

MiSE

IT

BAS

1990-2020 ↓

ENE5 Interventi regionali a sostegno

del risparmio energetico

R tep Reg.Bas. BAS 1999-2006 ☺ ↑

ENE6 Int. reg. a supporto del

risparmio energetico e

obiettivi UE

R ktep ENEA

GSE MiSE

Reg.Bas

BAS 1999-2020 ↑

ENE7 Interventi regionali a supporto

della prod. di energia da fonti

rinnovabili in relazione agli

obiettivi fi ssati dal decreto

"Burden sharing"

R % Reg.Bas BAS 2012-2020 ☺ ↑

ENE8 Emissioni di gas serra R kt CO2

Reg.Bas BAS 1990-2020 ↑

FIGURA 1. CONSUMI FINALI DI ENERGIA PRIMARIA ED ENERGIA ELETTRICA PRO-CAPITE (1990-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati ENEA, TERNA, ISTAT, EUROSTAT

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mostra una certa fl essione negli ultimi anni, soprattutto in Italia, legata all’incremento

della popolazione ed alla riduzione dei consumi. Tale fl essione non è riscontrabile a li-

vello regionale, per mancanza di dati uffi ciali aggiornati, sebbene le proiezioni eff ettuate

dal PIEAR indichino un trend in costante crescita. Rispetto ai consumi di energia primaria

pro-capite nazionali e comunitari, la Basilicata presenta valori inferiori, benché tale gap

si riduca, nel periodo 1990-2005, dal 34% al 17% rispetto ai valori nazionali e dal 46% al

22% rispetto a quelli UE-27. Limitatamente ai consumi di elettricità, si osserva una cresci-

ta notevole dei valori regionali dal 1990 al 2011 (+92%), fi no a colmare lo storico gap tra

Basilicata e Italia, quest’ultima caratterizzata da una crescita non così sostenuta. Peraltro

nel 2010 i valori sono superiori alla media mondiale, sebbene siano riconoscibili alcune

diff erenze con le stime eff ettuate da Terna.

ENE2. INTENSITÀ ENERGETICA DELL’ECONOMIA LUCANA

L’indicatore prende in esame il rapporto tra consumi fi nali di energia primaria ed elettrica

ed il prodotto interno lordo (PIL), dal 1995 al 2009. Si tratta di una misura dell’effi cienza

energetica di un territorio, poiché valuta la quantità di energia necessaria per produrre

una unità di PIL ai prezzi di mercato correnti (dati PIL; Eurostat).

Nel periodo 1995-2005 si osserva una discreta riduzione dell’intensità energetica com-

plessiva, ovvero un incremento dell’effi cienza energetica della Basilicata pari al 13,5%.

Per contro, nello stesso periodo la riduzione a livello nazionale e comunitario è risultata

signifi cativamente maggiore, confermando tale trend negli anni successivi; in particola-

re, sia la media italiana che quella UE-27, si sono portate ben al di sotto di quella della

Basilicata. A livello mondiale, si conferma il trend osservato, con una crescita dei consumi

nettamente inferiore alla crescita dell’economia, soprattutto per i paesi non-OCSE, grazie

ad importanti cambiamenti strutturali e incrementi nell’effi cienza dell’uso dell’energia;

in particolare si stima che dal 1990 al 2005 l’intensità energetica globale si sia abbassata

del 26%. Per quanto riguarda l’intensità elettrica, si confermano riduzioni più consistenti

a livello nazionale e comunitario, rispetto a quanto osservato per la Basilicata. Dal 1995 al

2011, in Italia ed in UE-27 tale riduzione ammonta al 31% circa, contro un -22% registrato

in Basilicata, che nello stesso periodo presenta valori assoluti quasi sempre al di sopra

sia di quelli nazionali che europei. Inoltre, dal 2000 al 2010 in Basilicata si osserva una

FIGURA 2. INTENSITÀ ENERGE-TICA DELLA BASILICATA (1995-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati ENEA, TERNA, ISTAT, EUROSTAT

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riduzione dell’intensità elettrica del 17%, inferiore a quella stimata per lo stesso periodo

a livello mondiale (-54%).

ENE3. PRODUZIONE ATTUALE DI ENERGIA ELETTRICA DA FER

I dati relativi al presente indicatore evidenziano la produzione di energia elettrica da FER

del 2011; si tratta, in particolare, di una fotografi a dell’attuale livello di sfruttamento delle

stesse FER nell’ambito del parco di generazione elettrica lucano e della relativa ripartizio-

ne. Nel computo sono stati presi in considerazione sia gli impianti destinati alla vendita

dell’energia elettrica che quelli destinati all’autoproduzione.

Il parco di generazione elettrica lucano da FER contribuisce, a livello nazionale, per l’1,6%

e l’1,5% rispettivamente in termini di potenza effi ciente lorda (PL) e produzione lorda di

elettricità (EL). Il fotovoltaico presenta uno sfruttamento prevalentemente legato a pic-

coli impianti, detenendone quasi il 98% del totale, ma soltanto una minima quota di PL e

EL. Per contro, l’eolico si sviluppa nell’ambito di pochi impianti di grossa taglia, in media

10 MW/impianto, da cui dipende circa la metà della PL e poco meno del 40% della E

L.

L’incidenza dell’idroelettrico si attesta su quasi 1/3 della PL e quasi il 45% della E

L. Per le

biomasse, infi ne, la PL non supera il 7%, con una E

L poco meno del 14%, di cui il 90% è

legato allo sfruttamento di biocarburanti d’importazione e solo il 10% dallo sfruttamen-

to delle risorse locali. La ripartizione regionale della produzione si discosta signifi cativa-

mente da quella nazionale, in cui si registra una netta prevalenza dell’idroelettrico (66%)

ed un minor contributo di biomasse (12%), eolico (12%) e fotovoltaico (2%), oltre che la

presenza della geotermia (7%). Diff erenze si rilevano anche rispetto al quadro europeo,

in cui l’idroelettrico detiene quasi il 60% della produzione, seguito da eolico (20%), bio-

masse (19%), fotovoltaico (1,3%) e geotermico (1%). Le ultime proiezioni prevedono un

cospicuo incremento del contributo di eolico e fotovoltaico e, in minor misura, di bio-

masse ed idroelettrico.

ENE4. BILANCIO DI ENERGIA PRIMARIA IN BASILICATA

Il rapporto domanda-off erta di energia primaria costituisce un indicatore di sintesi sul-

la disponibilità energetica del territorio in esame, in relazione ai suoi consumi. Peraltro,

considerando l’importanza che fi nora la disponibilità di energia ha avuto nei modelli di

FIGURA 3. PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA FONTI RINNOVABILI NEL 2011Fonte: nostra elaborazione su dati Terna e GSE

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crescita economica, il confronto tra i trend di domanda e off erta di energia assume un

ruolo chiave all’interno delle politiche di sviluppo del territorio stesso. Il termine "bilan-

cio" non è da intendersi in senso letterale, in quanto contempla esclusivamente la voce

dei consumi per usi fi nali e la produzione lorda.

L’analisi della serie storica relativa al periodo 1990-2005 evidenzia che, nonostante la co-

stante crescita dei consumi energetici (ENE1 e ENE2), un incremento decisamente più

consistente della produzione di energia primaria (ENE3), legato principalmente a petro-

lio e gas naturale, determina un’inversione di tendenza del rapporto domanda-off erta di

energia; pur con le limitazioni già evidenziate (ENE3), la Basilicata passa da una condizio-

ne di defi cit di produzione pari al 41%, nel 1990, ad un surplus di produzione del 383%

nel 2005, discostandosi signifi cativamente da quanto rilevato in Italia ed in Europa, che

nello stesso periodo si mantengono sempre in condizioni di forte dipendenza da impor-

tazioni. Questa condizione di esportatrice di energia primaria detenuta dalla Basilicata è

destinata ad accentuarsi nell’immediato futuro, nonostante sia previsto un incremento

dei consumi di circa il 18%, entro il 2020, notevolmente superiore agli scenari tenden-

ziali italiani. In eff etti, sulla base degli scenari di riferimento disponibili per la Basilicata,

riproposti nel presente lavoro, il surplus di produzione si stima che possa raggiungere

il 600%, con un incremento di produzione previsto del 70%. Il crescente sfruttamento

degli idrocarburi determina, tuttavia, un corrispondente incremento di emissioni di gas

serra in atmosfera, sulla base dei fattori di conversione IPCC1.

ENE5. INTERVENTI REGIONALI A SOSTEGNO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA E

DEL RISPARMIO ENERGETICO

La concessione di contributi per interventi di miglioramento della effi cienza energetica

degli edifi ci costituisce una delle risposte della Regione Basilicata per contrastare la già

descritta crescita dei consumi. Tali interventi hanno un eff etto diretto sulla riduzione dei

consumi fi nali, in assenza di cambiamenti negli stili di vita della popolazione, stimato

con algoritmi sviluppati da ENEA. Nel caso specifi co l’indicatore espone i risultati medi

ottenuti con bandi regionali del 1999, 2002 e 2006.

1 IPPC è l’acronimo di Intergovernmental Panel on Climate Change; è un organismo intergovernativo creato nel 1998

con il compito di "valutare, su una base organica, aperta e trasparente le informazioni scientifiche, tecniche e socio-

economiche necessarie a comprendere le basi scientifiche del rischio dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo, i

loro potenziali impatti e le opzioni di adattamento mitigazione".

FIGURA 4. BILANCIO DI ENERGIA PRIMARIA IN BASILICATA (1990-2020)Fonte: nostra elaborazione su dati ENEA, GSE, MiSE

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I risultati, pur con fl uttuazioni annue consistenti, sono sempre al di sopra del risparmio

medio ottenuto a livello nazionale con le misure di detrazione fi scale del 55% previste

dalla Finanziaria 2007 (L. 27/12/2006 n. 296), peraltro cumulabili con gli incentivi del ban-

do 2006. Il maggior rendimento degli interventi fi nanziati in Basilicata è riconducibile

alla selezione operata dalla graduatoria delle priorità di fi nanziamento, realizzata sulla

base di opportuni indici di prestazione. Si evidenzia anche una ripartizione delle tipo-

logie di intervento diff erente: nel 2007, in Italia prevalgono interventi di effi cientamen-

to di pareti, tetti e fi nestre (37%), seguiti da caldaie a condensazione (26%) e collettori

solari (19%). Per il solo bando 2006 tali interventi incidono per il 15%, mentre si registra

un’incidenza del 69% per gli impianti termici a biomasse, penalizzati dalle misure na-

zionali poiché fi nanziabili nell’ambito di interventi di riqualifi cazione energetica globale

degli edifi ci. Non si discosta di molto dai dati medi nazionali il dettaglio lucano delle de-

trazioni del 55% relative al 2007, che presentano un’effi cienza media ancora più bassa.

Nel complesso i tre bandi hanno garantito un risparmio energetico complessivo di 14,9

ktep/anno (quasi l’1% dei consumi del 2007), che costituisce un indice, suffi cientemente

cautelativo, della progressiva naturale penetrazione degli interventi di effi cientamento

energetico sul mercato.

ENE6. INTERVENTI REGIONALI A SUPPORTO DEL RISPARMIO ENERGETICO IN

RELAZIONE AGLI OBIETTIVI DELL’UNIONE EUROPEA

Nonostante l’attuale mancanza di una ripartizione regionale dell’obiettivo UE, circa la

riduzione dei fabbisogni energetici del 20%, il tema dell’effi cientamento energetico e

della riduzione dei consumi costituisce uno dei cardini del PIEAR. Il presente indicatore,

sulla base della proiezione dei consumi per usi fi nali al 2020, valuta gli eff etti indotti da

tale programmazione in termini di risparmio energetico, in aggiunta ai possibili scenari

di risparmio spontaneo.

In relazione alle comuni dinamiche di mercato, punto di incontro tra l’off erta di prodot-

ti tecnologicamente sempre più avanzati ed i periodici interventi di ristrutturazione in

tutti i settori economici, è possibile riconoscere una naturale tendenza ad un uso più

effi ciente dell’energia. A livello regionale, tale effi cientamento si traduce in un risparmio

energetico "spontaneo" pari a circa il 10% dei consumi per usi fi nali stimati nello scenario

tendenziale di riferimento al 2020.

FIGURA 5. RISPARMIO ENER-GETICO DERIVANTE DA BANDI REGIONALI (1999-2006)*) I numeri di domande relativi al bando del 1999 riguardano solo i privati. Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Uffi cio energia

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Si conferma, pertanto, la lentezza dell’effi cientamento spontaneo rispetto agli obiettivi

comunitari, nonché la necessità di ulteriori interventi da parte dei soggetti pubblici. La

programmazione regionale, rilanciando le misure di sostegno dell’innovazione tecno-

logica e del risparmio energetico, prevede una riduzione dei consumi per un'ulteriore

quota del 10% rispetto allo scenario tendenziale, per un risparmio complessivo del 20%.

In termini quantitativi, per il 2020 si prevede che, grazie al risparmio "indotto" dalla Re-

gione Basilicata, la domanda regionale per usi fi nali di energia si attesti sui 1064 ktep

(contro i 1330 ktep dello scenario tendenziale). Prendendo in esame i consumi lordi (il

PIEAR prevede 1090 ktep), il risultato è in linea con gli scenari di intervento nazionali, che

prevedono riduzioni dal 6,15 al 26,8%. Lo stesso dicasi nei confronti dei valori di burden

sharing regionale, che prevede consumi lordi per 1126 ktep2.

ENE7. INTERVENTI REGIONALI A SUPPORTO DELLA PRODUZIONE DI ENERGIA

DA FONTI RINNOVABILI IN RELAZIONE AGLI OBIETTIVI FISSATI DAL DECRETO

"BURDEN SHARING"

Nella programmazione energetica regionale, obiettivi ed interventi sono stati calibrati

in funzione di un incremento della sicurezza e competitività dell’intero settore, nonché

degli obiettivi nazionali ed UE. L’indicatore proposto evidenzia gli eff etti della program-

mazione regionale sulla quota di consumi lordi soddisfatta da FER, nel 2020, in relazione

alla ripartizione regionale degli obiettivi nazionali fi ssati dal DM 15 marzo 2012 (c.d. bur-

den sharing).

Per quanto riguarda l’energia elettrica, si evidenzia come il raggiungimento di una pro-

duzione da fonti rinnovabili pari a circa 299 ktep (prod. attuale + prod. attesa) copra tut-

to il Consumo Finale Lordo (CFL) di elettricità indicato dal Decreto Burden Sharing (298

ktep), ben oltre le prescrizioni ministeriali, che impongono alla Basilicata il raggiungi-

mento di una quota pari al 79% (234 ktep). Rispetto alle stime del PIEAR, la futura produ-

zione di energia elettrica da FER copre quasi il 91% del CFL regionale previsto per il 2020

pari a 329 ktep (il restante 9% è coperto dalla attuale produzione di energia elettrica da

fonti fossili).

2 Fonte dati: Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 15/3/2012, concernente la ripartizione, a livello re-

gionale, degli obiettivi nazionali di riduzione dei consumi energetici e di produzione di energia da FER. pubblicato

sulla GURI del 3/4/2012.

FIGURA 6. PROIEZIONE DEL RISPARMIO DI ENERGIA PER USI FINALI SPONTANEO ED INDOTTO DA INTERVENTI REGIONALI (1999-2020)In rosso: trend consumi per usi fi nali di energia. Fonte: nostra elaborazione su dati ENEA, GSE, MiSE, Regione Basilicata, Uffi cio energia

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Per quanto riguarda consumi e produzione di energia primaria per calore/raff reddamen-

to, non è possibile eff ettuare un confronto tra obiettivi Burden Sharing e programma-

zione regionale, considerando che il PIEAR non fi ssa obiettivi specifi ci di produzione.

Nel complesso, la sola produzione di energia elettrica stimata dal PIEAR per il 2020, co-

pre circa il 27% del CFL totale (elettrico + termico/raff r.), pari a 1126 ktep, contro il 33%

complessivamente prescritto dal succitato Decreto Burden Sharing. Tale previsione è in

ogni caso sottostimata in virtù della mancanza di obiettivi specifi ci per il settore termico

all’interno del PIEAR, che peraltro fi ssa obiettivi più stringenti di riduzione dei consumi

complessivi di energia (1090 ktep contro 1126 ktep del Decreto Burden Sharing). A livello

nazionale la quota di CFL da coprire con FER è pari al 17% (14,3% considerando solo il

settore elettrico e l’energia per calore/raff rescamento).

ENE8. EMISSIONI DI GAS SERRA

L’indicatore proposto pone a confronto il trend di emissioni di gas serra per lo scenario

tendenziale e lo scenario PIEAR. Si tratta di dati utili per valutare i livelli d’inquinamento

atmosferico indirettamente connessi con gli interventi PIEAR nel settore energetico: in

particolare, si tiene conto degli interventi a sostegno dell’effi cienza energetica e dell’in-

cremento della produzione di energia elettrica da FER, mentre sono esclusi interventi di

competenza statale.

FIGURA 7. QUOTA DI CONSUMI LORDI SODDISFATTA DA FONTI RINNOVABILI (FER = CONSUMI LORDI DI ENERGIA SODDISFATTI DA FONTI RINNOVABILI; CFL = CONSUMI FINALI LORDI DI ENERGIA)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, MiSE (2020)

FIGURA 8. STIMA DELLE EMIS-SIONI DI CO2 E CONFRONTO CON LO SCENARIO PIEAR (1999-2020)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Uffi cio energia

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Il quadro proposto dallo scenario tendenziale mostra un trend inevitabilmente crescente

delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, pari a quasi al 65% rispetto al 1990 e

del 21% rispetto ai valori del 2005, in linea con le proiezioni mondiali dell’IEA3 (Referen-

ce Scenario 1990-2020). Per contro, nell’area UE gli scenari tendenziali dell’IEA prevedo-

no una fl essione del 12%, tenendo conto dell’attuale trend di penetrazione delle FER e

degli interventi di effi cientamento energetico. Per l’Italia lo scenario tendenziale stima

una riduzione del 9% rispetto ai valori del 2005. Considerando gli interventi di risparmio

energetico spontaneo, in Basilicata si stima un incremento delle emissioni pari rispettiva-

mente al 54% nel 1990 ed al 13% nel 2005. Nel complesso, lo scenario PIEAR (che include

la riduzione di emissioni legata al risparmio energetico spontaneo) indica che gli inter-

venti predisposti per il settore energetico regionale, determinano riduzioni signifi cative

delle emissioni di CO2 rispetto allo scenario tendenziale, fi no a valori sostanzialmente

identici a quelli del 1990 e più bassi del 26% rispetto a quelli del 2005. I risultati sono, in

ogni caso, in linea con gli obiettivi nazionali di riduzione al 2020, pari al 21% ed al 13%,

rispettivamente per i settori ETs e non ETs rispetto ai valori del 2005.

3 L’Agenzia Internazionale dell’Energia è una organizzazione intergovernativa fondata nel 1974 con lo scopo di

coordinare le politiche energetiche dei paesi membri.

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Parco Nazionale del Pollino. Antonio Bellotti

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Foreste

Capitolo 2

Negli ultimi tre anni, il settore forestale è stato oggetto di signifi cativi cambiamenti che

hanno interessato sia gli aspetti tecnici sia le modalità organizzative dell’azione pubblica

e che si sono concretizzate in un nuovo modello gestionale detto di "governance" attra-

verso il quale sono stati defi niti nuovi orientamenti di policy.

Durante gli incontri svoltisi in ambito nazionale nel 2011, proclamato Anno Internaziona-

le delle Foreste, si è discusso molto del futuro delle risorse forestali: conservazione della

biodiversità, cambiamenti climatici, servizi ecosistemici e gestione sostenibile delle risor-

se sono state le principali tematiche collegate alle foreste. E’ stato più volte richiamato il

loro ruolo multifunzionale ed il ruolo dei diversi attori nel mondo della ricerca, delle isti-

tuzioni capaci di creare, attraverso un modello sinergico, ipotesi di sviluppo sostenibili.

Ancora oggi, i sistemi forestali della Basilicata sono infl uenzati in massima parte dall’atti-

vità dell’uomo che, attraverso forme di gestione non più in grado di rispondere a idonei

criteri di sostenibilità, semplifi ca le strutture dei popolamenti e riduce la complessità del

sistema. I modelli gestionali, attualmente in vigore in Basilicata, tendono a ridurre la va-

rietà di strutture e favorire processi di uniformità e regolarità per massimizzare le produ-

zioni legnose e favorire la brevità dei turni.

La nuova governance territoriale si pone come obiettivo la massimizzazione dell’effi cien-

za funzionale del sistema foreste non trascurando l’interesse fi nanziario, adeguando gli

strumenti pianifi catori previsti dalla L.R. 42/98 - norme in materia forestale - con modelli

di sviluppo sostenibile (tipo modello sistemico) in modo da massimizzare la diversità

strutturale delle foreste. Sarebbe necessario redigere piani di assestamento forestale ca-

paci di tradurre in pratica forme di gestione sostenibile modulando nel tempo forme di

governo e tipi di trattamento capaci di rendere i sistemi forestali lucani idonei "serbatoi"

di CO2 e svolgere un importante contributo nella lotta ai cambiamenti climatici. Attraver-

so meccanismi di raff orzamento del REDD (Reducing Emissions from Deforestation and

Forest Degradation) si dovrebbero prevedere interventi di ripristino colturale di foreste

degradate o non correttamente governate; questi tipi di interventi potrebberero essere

eff ettuati anche attraverso interventi di compensazione da prevedere attraverso oppor-

tuni regolamenti attuativi per i gestori di attività sorgenti di CO2 e tradotti in interventi

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di aff orestazione e riforestazione, così come previsto dalla deliberazione CIPE 132/2002

(punto F).

Attraverso la certifi cazione forestale che è alla base di tutte le forme di gestioni sostenibi-

li dei prodotti forestali si potrebbe "legalizzare" tutta la fi liera legno dall’utilizzazione alla

vendita dei prodotti legnosi-non legnosi coinvolgendo, in questa fase, tutti gli attori del

mercato del legno (istituzioni, proprietari pubblici e privati, imprese). Applicando questi

corretti criteri alla governance territoriale la Regione Basilicata, a pieno titolo, contribu-

irebbe a ridurre gli eff etti dei cambiamenti climatici sulle foreste, a migliorare la qualità

delle foreste sul territorio regionale e a migliorare l’integrazione tra conservazione e po-

litiche economiche.

A partire dal 2012, in Basilicata si sono susseguite una serie di riforme istituzionali che

hanno portato ad un cambiamento radicale della governance territoriale politico-istitu-

zionale relativamente al settore della "forestazione", connotata da una signifi cativa va-

lenza socio-occupazionale, che ha visto l’abolizione delle Comunità Montane e la costi-

tuzione di sette Aree Programma.

La Legge Finanziaria Regionale approvata il 23 dicembre 2010, all’articolo 20 ha abolito

le Comunità Montane ponendo le stesse in regime di liquidazione fi no al 31 dicembre

2011 e la Legge Finanziaria Regionale n. 27/2011 precisa che l’attribuzione delle fun-

zioni in materia forestale sono attuate per ambiti territoriali coincidenti con le "Aree

Programma".

Per le medesime attività riferite ai comuni capoluogo la funzione è delegata alle Ammi-

nistrazioni Provinciali.

Sono state costituite pertanto 7 aree programma coincidenti con i sette ambiti geogra-

fi ci delimitati dalla DGR 744 del 2009 in materia di POIS, oltre che le 2 amministrazioni

provinciali per i due comuni capoluogo.

Le funzioni tecnico-amministrative in materia forestale, per ciascuna area programma,

sono demandate all’Amministrazione Capofi la (Art. 15 L.R. n. 26/2011) e sono funzional-

mente svolte dal personale riveniente dalle ex Comunità Montane attestato ad uno spe-

cifi co nucleo di forestazione (N.d.F. ).

Nel presente capitolo, attraverso il modello DPSIR, è stato "defi nito" lo stato delle foreste

e sono state descritte le azioni che vengono attuate a livello regionale al fi ne di mitigare

le principali cause di degrado degli ecosistemi forestali; sono state raccolte e organizzate

informazioni, dati statistici e notizie utili sia agli "addetti" del settore forestale sia a tutti i

cittadini interessati. L’obiettivo è quello di fornire uno strumento di lavoro capace di evi-

denziare le criticità ma anche le possibilità di miglioramento del settore forestale.

Si è ritenuto utile, infi ne, predisporre un focus sui processi di compensazione tra emissio-

ni di gas serra ed i sistemi forestali.

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FOR1. I BOSCHI LUCANI E LE CATEGORIE FORESTALI

La superfi cie forestale lucana è pari a 354.895 ettari1 e rappresenta il 35.6% della super-

fi cie regionale totale, con un indice di boscosità2 pari al 29%. Tale dato è in accordo con

quanto riportato dall’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio che

attribuisce alla Regione Basilicata circa 356.426 ettari3 di superfi cie boscata. Sia secon-

do l’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (INFC), sia

secondo la Carta Forestale della Regione Basilicata (CFR) pubblicata nel 2006 (redatta

dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria), si defi niscono i boschi come "area coperta

da vegetazione arborea, di origine naturale o artifi ciale, con una superfi cie minima di 2.000

m2, una larghezza minima di mt 20 e un’area di incidenza non inferiore al 20%, nonché le

aree che, pur essendo di superfi cie inferiore ai 2.000 m2, sono accorpate ad altre aree a bosco,

indipendentemente dalla proprietà"4.

La classifi cazione delle foreste lucane è condotta sia attraverso i dati dell’INFC (Forest Re-

sources Assessment 2000) sia attraverso i dati della Carta Forestale Regionale.

L’INFC classifi ca la superfi cie forestale in bosco e altre terre boscate5. I 356.426 ettari totali

di superfi cie forestale sono classifi cati come "bosco" per 263.098 ettari e come "altre terre

boscate" per 93.329 ettari.

Un’altra classifi cazione signifi cativa è stata fatta in base ai vincoli vigenti sulla superfi cie

forestale dai quali dipende la disponibilità o meno ad utilizzare i soprassuoli forestali. Da

questo deriva che tutta la superfi cie a "bosco" e parte di "altre terre boscate" sono classi-

fi cabili come "superfi cie disponibile per il prelievo legnoso" per 297.748 ettari (83.54%),

la restante parte delle "altre terre boscate" è classifi cabile come "superfi cie non dispo-

nibile per il prelievo legnoso" per 38.358 ettari e come "superfi cie non classifi cata" per

20.320 ettari.

1 Dato rilevato dalla Carta Forestale della Regione Basilicata, 2006.

2 L’Indice di boscosità è dato dal rapporto tra la superficie a bosco e la superficie totale di una zona.

3 Dato rilevato dall’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio, che tiene conto delle Macroca-

tegorie Bosco e Altre Terre Boscate secondo la definizione di Bosco adottata dalla Fao per il Forest Resouces Asses-

sment 2000.

4 D. Lgs. n. 227/01 e D.G.R. n. 956/2000.

5 Per altre terre boscate si intendono le formazioni forestali caratterizzate da un’altezza a maturità in situ inferiore a

5 metri o, in alternativa, da una copertura arborea molto rada, compresa tra 5 e 105 (definizione FAO/FRA2000).

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

FOR1 I boschi lucani e le

categorie forestali

D Ha Regione Basilicata

INFC 2005

IT

BAS

2005-2006 ☺ ↔

FOR2 Il regime di proprietà dei

boschi lucani

D Ha Regione Basilicata

INFC 2005

BAS 2005-2006 ↔

FOR3 Diff erenti forme di

governo dei boschi

D Ha Regione Basilicata BAS 2006 ↔

FOR4 Superfi ci private ed

autorizzazioni al taglio

P numero

Ha

Regione Basilicata BAS 2003-2012 ↓

FOR5 La provvigione e le

utilizzazioni legnose

S m³ Regione Basilicata BAS 2006-2012 ↓

FOR6 Incendi Boschivi I numero

Ha

Regione Basilicata BAS 2003-2012 ↓

FOR 7 Azioni di prevenzioni agli

incendi

R Regione Basilicata BAS 2003-2012 ↑

FOR8 La pianifi cazione forestale R numero Regione Basilicata BAS 2005-2012 ↑

FOR9 Imprese e lavoro in bosco R numero Regione Basilicata BAS 2009-2012 ↓

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La Carta Forestale Regionale (fi gura 1 e Tabella 2) classifi ca la superfi cie forestale lucana

in base ai seguenti parametri: categorie forestali6, altitudine, naturalità, stato vegetativo,

viabilità. Le categorie forestali più diff use sono le formazioni di latifoglie decidue con

una netta prevalenza dei querceti mesofi li e meso-termofi li7 che rappresentano il 54,8%

della superfi cie complessiva. Nell’insieme si rileva che i boschi di latifoglie a impronta

mesofi la del piano montano e sub-montano costituiscono il 68,1% del totale dei boschi

regionali.

Confrontando i dati delle due province, si evince che in provincia di Matera diminuisce

l’incidenza del querceto e degli altri boschi mesofi li e meso-termofi li (meno del 30% con-

tro il 64,5% della provincia di Potenza), mentre aumenta il peso della Pineta mediterra-

nea. In riferimento all’altitudine oltre il 60% dei boschi si colloca nella fascia collinare e

6 Classificazione di ogni sezione forestale sulla base di categorie che fanno riferimento ad aspetti fisionomici e

compositivi delle formazioni forestali.

7 Secondo lo schema adottato nella Carta Forestale della Regione Basilicata ai Querceto mesofili e meso-termofili

sono ascrivibili: Querceti con cerro dominante, Querceti con cerro prevalente, Boschi misti di cerro e faggio con cer-

ro dominante o prevalente e presenza significativa di faggio (>10%), Boschi misti di cerro e abete bianco con cerro

dominante o prevalente e presenza significativa di faggio (>10%), Querceto con farnetto prevalente, Querceti misti

termofili con Roverella prevalente

Categorie fi sionomiche di I livello Sup. forestale (ettari)

Boschi di faggio 29.900

Pinete oro-mediterranee e altri

boschi di conifere e montane

e sub-montane

5.762

Boschi di castagno 8.698

Querceti mesofi li e meso-termofi li 184.033

Altri boschi di latifoglie mesofi le

e meso-termofi le

19.572

Arbusteti termofi li 24.589

Boschi di pini mediterranei 19.384

Boschi (o macchie alte) di leccio

(leccio arboreo)

12.700

Macchia 27.929

Gariga 5.923

Formazioni igrofi le 13.950

Piantagioni da legno e

rimboschimenti con specie esotiche

2.208

Aree temporaneamente prive

di copertura forestale

763

TOTALE 355.409

TABELLA 2: CATEGORIE FISIONOMICHE DI I LIVELLO** La CFR è strutturata in tre livelli. Ogni sezione forestale è omogenea per i seguenti ordini (non gerarchici) di categorie: - Fisionomia principale e composizione (categoria di I livello) - Attributi tipologici (categoria di II livello) - Forma di governo e stadio evolutivo (categoria di III livello)

FIGURA 1. LA CARTA FORESTALE REGIONALE

Fonte: Elaborazione a cura del Centro Cartografi co Dipartimentale

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medio-montana (fra 400 e 1200 m di quota), meno del 9% al di sopra dei 1.200 m e poco

meno del 20% al di sotto dei 400 m. Come riportato nella Carta Forestale Regionale, "la

stratifi cazione delle diverse categorie fi sionomiche fra fasce altitudinali e zone fi toclimatiche

evidenzia qualche aspetto interessante sotto il profi lo ecologico", ossia in alcuni casi si nota-

no distribuzioni multizonali oppure signifi cative presenze "fuori zona". Per esempio, più

del 19% della macchia alta di leccio si trova oltre gli 800 m s.l.m., anche in zone ascrivibili

alla fascia fi toclimatica del Fagetum, così come si osservano signifi cative presenze (oltre

il 10 %) del bosco mesofi lo a bassa quota (al di sotto dei 400 m s.l.m.) e "spostamenti" del

faggio al di sotto degli 800 m s.l.m., in aree classifi cate nel Lauretum freddo. Sulla base

dei parametri della naturalità8, il 13,8% della superfi cie forestale lucana è classifi cata ad

"alta naturalità", il 23,6% a "media naturalità", il 62,6% a "bassa naturalità". Tale valutazio-

ne tiene conto sia dell’origine dei boschi che della sua attuale composizione e struttura,

così che l’elevata percentuale dei boschi classifi cati come a "bassa naturalità" si riscon-

tra nelle aree dove l’utilizzo è stato maggiore e l’attività antropica ha avuto maggiore

impatto sulla sua evoluzione. Rispetto allo stato vegetativo quasi il 97% dei boschi è in

condizioni di vigore vegetativo medio (56%) o alto (41%), a testimonianza di uno stato

generalmente soddisfacente delle foreste lucane. Il valore minimo è ascrivibile nei bo-

schi di pini mediterranei ed il massimo nelle faggete.

FOR2. IL REGIME DI PROPRIETÀ DEI BOSCHI LUCANI

La maggior parte della popolazione considera il bosco come un bene pubblico anche se

in Basilicata, la maggior parte dei boschi è di proprietà privata. La predominanza della

proprietà privata fornisce indicazioni importanti sulla gestione dei boschi: più piccola è

la particella forestale, maggiore è l’impegno necessario per la gestione.

Complessivamente il 60,64 % della superfi cie forestale (bosco e altre terre boscate) risul-

ta di proprietà privata, il 33,66% di proprietà pubblica e il 5,70% della superfi cie non è

classifi cata. Si tratta di dati che sono in linea con quelli nazionali dove la proprietà privata

rappresenta il 63,5%, quella pubblica il 32,4% e quella non classifi cata il 4%. Tra le forme

di proprietà privata, quella individuale è di gran lunga prevalente (oltre il 98%), mentre i

restanti boschi privati appartengono per lo 0,5% a società e imprese e per l’1,2% a pro-

prietà privata non nota. Riguardo alla proprietà pubblica le proprietà di Comuni e Pro-

vince sono pari al 74,52%, seguite da quelle del Demanio Statale e Regionale (20,19%) e

da quelle appartenenti ad altri enti pubblici (4,34%), i boschi non classifi cati per tipo di

proprietà costituiscono lo 0,93% della superfi cie di proprietà pubblica.

8 I parametri sulla naturalità esprimono la presenza, l’estensione, la configurazione e la funzionalità degli ambienti

naturali, quindi delle foreste.

FIGURA 2. TITOLO DI PROPRIETÀ PRIVATA DEI BOSCHI (2006)

FIGURA 3. TITOLO DI PROPRIETÀ PUBBLICA DEI BOSCHI (2006)

Fonte: nostra elaborazione su dati INFC

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FOR3. DIFFERENTI FORME DI GOVERNO DEI BOSCHI

La fi gura 4 illustra le diverse forme di governo dei boschi della regione. I boschi lucani

per il 51,6% sono governati a ceduo e, tale forma di governo, caratterizza tutte le cate-

gorie fi sionomiche descritte precedentemente, infatti il 97,3% dei castagneti, il 62,4%

delle latifoglie mesofi le e meso-termofi le, il 59,2% dei querceti mesofi li e meso-termofi li,

il 56,7% delle leccete e il 50,9% delle faggete sono governati a ceduo9 (Carta Forestale

della Basilicata, 2006). Per quanto riguarda le fustaie10 la categoria fi sionomica più rap-

presentativa è quella del faggio con il 37% della superfi cie, seguita dai querceti mesofi li

e meso-termofi li con il 28%. Discreta, inoltre, è la presenza di popolamenti transitori, de-

rivanti soprattutto da tagli di avviamento all’alto fusto e che indica la tendenza a un uso

meno intensivo di queste formazioni forestali.

FOR4. SUPERFICI PRIVATE ED AUTORIZZAZIONI AL TAGLIO

Tale indicatore restituisce il numero e l’estensione della superfi cie forestale interessata

annualmente da prelievi di legname e analizza l’intensità della pressione sull’ecosiste-

ma forestale generata dalle attività di utilizzazione per valutarne gli impatti sia a livello

ambientale sia sugli esseri viventi. I dati elaborati fanno riferimento solo alle superfi ci

forestali private.

9 Si definisce "ceduo" un bosco in cui il rinnovamento delle piante in seguito al taglio avviene con polloni (cioè

nuovi fusti) originati da gemme presenti sulla ceppaia (riproduzione agamica).

10 Si definisce "fustaia" un bosco in cui il rinnovamento delle specie arboree avviene a partire dalla germogliazione

dei semi che le piante producono (riproduzione gamica).

FIGURA 4. FORME DI GOVERNO DEI BOSCHI LUCANI (2006)Fonte: nostra elaborazione su dati della Carta Forestale della Regione Basilicata

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L’indicatore evidenzia in generale un trend negativo a partire dal 2008; nel 2012 si regi-

stra il picco minimo dell’intero decennio. Infatti, sono stati destinati al taglio 1581 ettari

di "bosco", ben al di sotto della media del periodo che è pari a 2.749,10 ettari.

Ogni utilizzazione forestale è correlata ad una autorizzazione al taglio, cosi come stabilito

dalla DGR 956/2000, per le superfi ci in assenza di Piani di Assestamento Forestale, rila-

sciata dagli Enti Delegati (L.R. n. 42/98 "Norme in Materia Forestale"), o da Autorizzazione

rilasciata dall’Uffi cio Foreste e Tutela del Territorio per le superfi ci gestite da PAF.

Il picco massimo di autorizzazioni al taglio si è registrato nel 2004 con 5.105 autorizzazio-

ni interessando una superfi cie forestale di circa 3.400 ettari, per poi ridursi annualmente

del 15% fi no al 2012 con un numero di autorizzazioni pari a 1.809 ed una superfi cie di

1.581 ettari.

Gli interventi nei boschi di latifoglie nel 2012 hanno interessato circa 1.581 ettari di su-

perfi cie forestale privata, dei quali il 46% governati ad alto fusto e il 54% a ceduo. Il dato

conferma la tendenza del periodo, ossia la riduzione del numero di tagliate e la diminu-

zione della superfi cie interessata.

I limiti dell’indicatore derivano dall’impossibilità di aggregare il numero e la superfi cie

delle tagliate per tipologia di trattamento, età del popolamento, grado di frequenza del

taglio al fi ne di meglio evidenziare le pressioni sull’ecosistema e sul paesaggio forestale.

FIGURA 5. TREND DELLE SUPER-FICI FORESTALI PRIVATE INTE-RESSATE DAI TAGLI IN ETTARI (2003-2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

FIGURA 6.TREND DELLE AUTO-RIZZAZIONI AL TAGLIO IN BASILICATA (2003-2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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FOR5. LA PROVVIGIONE E LE UTILIZZAZIONI LEGNOSE

Questo indicatore rappresenta uno degli elementi chiave degli inventari forestali e forni-

sce molte indicazioni sia sui popolamenti e le loro utilizzazioni sia su approfondimenti e

studi inerenti la stima del bilancio del carbonio.

La provvigione legnosa, rappresentata dal volume11 degli alberi vivi presenti nelle ma-

cro-categorie boschi e nelle altre aree boscate, è il capitale materiale della foresta che in

Basilicata è pari ad oltre 27 milioni di m3 (27.415.389 m3)12, valore che corrisponde ad un

volume medio ad ettaro di 106.3 m3, con un incremento corrente totale pari a 728.071

m3 e per 2,8 m3 ad ettaro.

Tali dati sono riferiti alla sola categoria dei boschi alti ai quali bisogna aggiungere il volu-

me stimato negli impianti di arboricoltura pari a circa 9.000 m3. La provvigione si concen-

tra nei boschi a prevalenza di specie quercine con circa 14.000.000 di m3 e nelle faggete

con circa 7.000.000 m3. Se si analizza il volume medio ad ettaro riferito alle diverse cate-

gorie, si può osservare che sono le faggete, con un dato di provvigione media pari a 271

m3, la formazione con i dati più rappresentativi, cui segue la categoria di altri boschi di

conifere pure o miste con un valore medio di 232,7 m3. Le utilizzazioni legnose, realizzate

in Basilicata nel settennio 2006-2012 ammontano ad oltre 1.049.504 m3 su una superfi cie

complessiva pari a ettari 18.128,32 che corrisponde a un prelievo medio su base annua in

tale periodo di circa 58 m3/ettaro. La fi gura 7 riporta le utilizzazioni legnose del settennio,

disaggregate per anno, ed evidenzia come i prelievi annui abbiano subito una riduzione

a partire dal 2008, passando da circa 207.500 m3 del 2007 a circa 96.501 m3 nel 2012.

In riferimento alla forma di governo si nota un trend completamente diverso delle uti-

lizzazioni forestali, infatti le riprese per le fustaie hanno raggiunto il valore annuo più

alto solo nel 2007 (circa 86.000 m3) per poi restare pressoché costante. Le utilizzazioni

dei cedui invece hanno subìto un forte decremento, passando da 133.600 m3 nel 2006 a

62.707 m3 nel 2012.

11 Volume dei fusti e dei rami grossi avente diametro > 5 cm

12 Inventario Forestale Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio (INFC), dato inventariale riferito alla ca-

tegoria dei Boschi alti

FIGURA 7. TREND DELLE UTI-LIZZAZIONI LEGNOSE ESPRESSE IN M3 (2006- 2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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FOR6. NUMERO DI INCENDI BOSCHIVI E SUPERFICI PERCORSE DAL FUOCO

Gli incendi boschivi rappresentano una delle principali cause del depauperamento e del

degrado del patrimonio forestale e sono una delle cause principali della scomparsa degli

habitat naturali.

In Basilicata nell’ultimo decennio si sono verifi cati 2.529 incendi (Tabella 3) con una me-

dia di 253 eventi all’anno, interessando una superfi cie di circa 1.680,95ettari (Tabella 3),

di cui circa 13.578,8 ettari boscata e 18.102,15 ettari non boscata.

L’andamento degli incendi è stato molto variabile, con l’alternanza di annate particolar-

mente critiche come il 2007 e il 2012 e annate con un numero di incendi ben al di sotto

della media nazionale (fi gura 8).

Nell’ultimo triennio si è registrato un incremento del numero degli incendi, passando dai

150 eventi del 2010 ai 343 verifi catisi nel 2012.

Il fenomeno risulta essere sostanzialmente in linea con l’andamento registrato a livello

nazionale, in cui nel 2012 gli incendi sono aumentati del 6% rispetto al 2011, del 41% ri-

spetto alla media del triennio 2009-2011 e dell’11% rispetto alla media del periodo 2003-

2008 (Corpo Forestale dello Stato, 2013).

Facendo un confronto a livello provinciale l’incremento del numero degli incendi è mag-

giormente evidente nel territorio provinciale di Matera, che ha fatto registrare un incre-

mento pari all’88% rispetto al 2011. Di contro, in Provincia di Potenza, gli incendi sono

diminuiti dell’8% sempre rispetto al 2011 (fi gura 8).

TABELLA 3: RIEPILOGO INCENDI E SUPERFICI PERCORSE DAL FUOCO DAL 2003 AL 2011Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

ANNO N° INCENDI SUPERFICI (ettari)

BOSCATE NON BOSCATE TOTALE

2003 268 632,59 1016,48 1649,07

2004 219 369,79 781,35 1151,14

2005 214 711,18 653,95 1365,12

2006 153 561,93 504,83 1066,76

2007 425 3616,75 4583,03 8199,78

2008 319 2333,13 3248,32 5581,45

2009 142 650,57 389,97 1040,54

2010 150 480,52 1637,88 2118,41

2011 448 1300,66 2084,54 3385,20

2012 343 2921.68 3201.8 6123.48

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La ripartizione annuale delle superfi ci boscate e non boscate percorse dal fuoco rispec-

chia l’andamento del numero degli incendi (fi gura 9). La superfi cie boscata percorsa da

incendi è stata mediamente pari al 43% della superfi cie complessiva interessata dagli

eventi. Si fa rilevare che la superfi cie boscata è stata superiore a quella non boscata nei

soli anni 2005, 2006 e 2009. Nel periodo 2003-2006, la variazione delle superfi ci percorse

dal fuoco è avvenuta proporzionalmente a quella del numero degli incendi, come testi-

moniato da superfi ci medie pressoché costanti. Al contrario, nelle annate 2007 e 2008, si

è registrata una crescita delle superfi ci percorse dal fuoco in misura più che proporzio-

nale rispetto al numero di incendi (Tabella 3), ad indicare che gli incendi registrati negli

anni suddetti si sono sviluppati su superfi ci mediamente maggiori.

Il 2012 è stato caratterizzato da un aumento del 93% delle superfi ci boscate percorse dal

fuoco, rispetto al 2011, del 231% rispetto alla media del triennio 2009-2011 e del 113%

rispetto alla media del periodo 2003-2008 (fi gura 9). Sempre nel 2012, la superfi cie non

boscata percorsa dal fuoco è aumentata del 107% rispetto al 2011, del 169% rispetto alla

media del triennio 2009-2011 e del 78% rispetto alla media del periodo 2003-2008.

Anche nel caso delle superfi ci percorse dal fuoco, un signifi cativo contributo agli incre-

menti appena analizzati è ascrivibile alla Provincia di Matera, che sia per quanto riguarda

la superfi cie boscata sia per quanto riguarda la superfi cie non boscata, nel 2012 fa regi-

strare i massimi valori in assoluto dal 2003.

FIGURA 8. NUMERO DI INCENDI IN BASILICATA DIVISI PER PRO-VINCIA (2003-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

FIGURA 9. SUPERFICIE PERCOR-SA DAGLI INCENDI PER TIPOLO-GIA (2003-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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Tra le principali cause di tali incrementi, oltre a condizioni climatiche sfavorevoli, è da

considerare anche l’incidenza che alcune pratiche agricole (tra cui la bruciatura delle

stoppie) hanno sull’innesco e sulla propagazione degli incendi boschivi.

L’anno 2011 è stato caratterizzato da un elevato numero di incendi che si sono svilup-

pati su superfi ci "non boscate" poco estese; da ciò si deduce che la maggior parte degli

incendi hanno interessato superfi ci prevalentemente agricole e sono stati causati es-

senzialmente dall’ancora consueta pratica della bruciatura delle stoppie. Nonostante le

prescrizioni dettate sia dalla normativa nazionale sia da quella regionale13 in materia di

incendi boschivi, dall’analisi delle cause di tali eventi in Basilicata nel periodo compreso

tra il 2003 e il 2011, è emerso che il 25,30% degli incendi è di origine colposa e il 69,47%

di quest’ultimi è dovuto ad attività agricole incaute, interessando una superfi cie totale

media pari a 667,6 ettari/anno.

FOR7. AZIONI DI PREVENZIONE AGLI INCENDI E CATASTO INCENDI

La legge quadro in materia di incendi boschivi14 nasce dalla diff usa convinzione che

l’approccio più adeguato per perseguire la conservazione del patrimonio boschivo sia

quello di promuovere e incentivare l’attività di prevenzione anziché privilegiare la fase

emergenziale legata allo spegnimento degli incendi (lotta attiva). L’attività di prevenzio-

ne, che consiste nel porre in essere azioni mirate a ridurre le cause e il potenziale innesco

d’incendio nonché in interventi fi nalizzati alla mitigazione dei danni conseguenti, è defi -

nita, a livello regionale, nelle Linee Programmatiche del settore Forestale per il decennio

2013-2022.

Tra le azioni di prevenzione, la Regione Basilicata ha attivato la Misura 226 del PSR 2007-

2013 - Azione B - "Interventi fi nalizzati alla prevenzione degli incendi boschivi", nell’ambi-

to della quale sono stati realizzati, con l’ausilio degli addetti al settore forestale, interven-

ti di prevenzione degli incendi boschivi in modo capillare su tutto il territorio regionale.

Nel 2012 sono stati realizzati circa 350 mila metri di fasce antincendio, circa 300 mila me-

tri di manutenzione di viabilità di servizio e lavori di selvicoltura preventiva (eliminazione

necromassa, diradamenti, ecc.) su circa 1000 ettari di boschi (Tabella 4).

13 Legge 21 novembre 2000 n. 353 "Legge quadro in materia di incendi boschivi"; Legge Regionale 22 febbraio

2005 n. 3 "Norme per la protezione dei boschi dagli incendi".

14 Ibidem

FIGURA 10. PRINCIPALI CAUSE DEGLI INCENDI IN BASILICATA (2003-2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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Sia la normativa nazionale sia quella regionale prevede l’istituzione del catasto incendi15

e l’aggiornamento delle aree che ogni anno sono percorse dal fuoco, individuandone le

particelle e le ditte catastali, per arrivare, al termine dell’iter amministrativo, al provvedi-

mento di vincolo.

La fi gura 11 mostra il livello di adempimento nelle due province rilevando che nella Pro-

vincia di Potenza il 15% dei comuni è ancora completamente inadempiente non avendo

ancora istituito il catasto incendi. I comuni che hanno istituito e aggiornato l’elenco di

tutte le aree percorse dal fuoco dal 2007 al 2012 sono il 13%. Il 17% dei comuni ha solo

istituito il catasto incendi, il restante 55% ha istituito il catasto incendi e sta provvedendo

all’aggiornamento degli elenchi delle aree vincolate. Nella Provincia di Matera il 28% dei

comuni non ha ancora istituito il catasto incendi. I comuni che l’hanno istituito e che

hanno aggiornato l’elenco di tutte le aree percorse dal fuoco a partire dal 2007 sono solo

il 3%. Il 16% dei comuni ha solo istituito il catasto incendi, il restante 52% dei comuni

materani sta provvedendo all’aggiornamento degli elenchi delle aree vincolate. Il dato

regionale nella sua totalità mostra che circa il 5% dei comuni è ancora inadempiente ris-

petto all’istituzione del catasto incendi e solo il 19% delle amministrazioni comunali ha

istituito e aggiornato le aree percorse dal fuoco fi no al 2012.

FOR8. LA PIANIFICAZIONE FORESTALE

La pianifi cazione forestale è l’attività tecnico-politica avente come fi ne la razionalizza-

zione del rapporto fra uomo e bosco attraverso l’applicazione degli indirizzi di gestione

forestale sostenibile e si articola su tre livelli. Il primo livello è rappresentato dal Piano

Forestale Regionale che in base a quanto defi nito dall’art. 3 del D.Lgs. n. 227 del 18/05/01

15 Ai sensi dell’art.10, comma 2 della Legge n. 353/2000 e dell’art.5, comma 1 della Legge Regionale la titolarità e la

responsabilità della istituzione del Catasto delle aree percorse dal fuoco, fondamentale anche ai fini dell’attuazione

dei divieti di uso del territorio, è in capo agli Amministratori comunali, così come ribadito dalle specifiche O.P.C.M.

3624/2007 e 3680/2008.

TABELLA 4. INTERVENTI FINAN-ZIATI CON FONDI PSR NEL 2012

Tipologia di Intervento 2012

Fasce antincendio (Apertura e Manutenzione) (ML) 348.777,97

Manutenzione della viabilità di servizio (ML) 300.576,44

Interventi di selvicoltura preventiva (ha) 939,7

FIGURA 11. CATASTO INCENDI NEI COMUNI DELLA REGIONE BASILICATA (2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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"Orientamento e modernizzazione del settore forestale" è il principale strumento di indi-

rizzo e programmazione del settore forestale. Il secondo livello è rappresentato dai Piani

forestali territoriali d’indirizzo che rappresentano uno strumento di pianifi cazione posto

in una fascia intermedia tra la scala aziendale e quella regionale. Il terzo livello è rappre-

sentato dai Piani di assestamento forestale, defi niti anche Piani economici dei beni silvo-

pastorali di validità decennale. L’obbligatorietà del Piano per la gestione dei boschi pub-

blici è sancita dall’art.130 del R.D.L. n. 3267 del 30.12.1923 e, a livello regionale, dall’art.

12 della L.R. n. 42 del 10.11.1998 "Norme in Materia Forestale".

Fino al 2011 il principale strumento programmatico regionale in materia forestale è stato

il Piano Triennale di Forestazione con il quale si defi nivano gli obiettivi programmatici del

triennio e la coerenza con gli indirizzi di politica forestale nazionale ed europea. Solo per

l’anno 2012 la programmazione forestale è stata di tipo annuale e si è attuata attraverso

un Programma di Forestazione 2012, inteso come naturale estensione del precedente

Piano Triennale di Forestazione per gli aspetti tecnici anche se ha adottato innovazioni

per gli aspetti amministrativo-procedurali in seguito alla nuova governance territoriale.

Nel 2013 la Regione Basilicata ha approvato il suo strumento di pianifi cazione foresta-

le decennale ossia le "linee programmatiche del settore forestale per il decennio 2013-

2011" (DCR n. 444 del 21/05/2013) e il relativo piano d’attuazione per l’anno in corso

ossia il Piano Operativo Annuale (POA).

La strategia forestale regionale del prossimo decennio si basa su quattro obiettivi ge-

nerali che coincidono con i quattro obiettivi prioritari nazionali del Programma Quadro

Nazionale per il Settore Forestale (PQSF) (A, B, C e D) da cui derivano i 19 obiettivi specifi ci

e le 33 azioni operative correlate ai fabbisogni del settore in Basilicata, ossia:

Sviluppare una economia forestale effi ciente e innovativa;1.

Tutelare il territorio e l’ambiente;2.

Garantire le prestazioni del pubblico e del sociale;3.

Favorire il coordinamento e la comunicazione.4.

Le "Linee programmatiche di intervento", cosi come già previsto per il 2013, prevedono la

messa in campo di una serie di azioni che, mediante interventi specifi ci, porteranno nel

breve - medio periodo al raggiungimento degli obiettivi previsti. Parte di queste azioni,

che prevedono il coinvolgimento della manodopera forestale, verranno realizzate per il

tramite degli Enti Delegati alla forestazione, le altre direttamente dall’Amministrazione

regionale.

Gli interventi realizzati in amministrazione diretta da parte degli addetti al settore fo-

restale, progettati e diretti dagli EE DD, per l’anno in corso sono fi nanziati sia con fon-

di nazionali sia con fondi comunitari, attraverso l’attivazione della Misura 2.2.6 del PSR

Basilicata 2007-2013 "Ricostituzione del potenziale forestale e interventi preventivi" e

attraverso la realizzazione del progetto "monitoraggio del patrimonio naturalistico ai fi ni

della conservazione della biodiversità" fi nanziato con fonti nazionali (APQ).

I PIANI FORESTALI TERRITORIALI D’INDIRIZZO (P.F.T.I.)

Al 2012 sono stati redatti 2 P.F.T.I. relativi all’area dell’ex Comunità Montana "Collina Mate-

rana" e dell’ex Comunità Montana "Alto Agri" mentre è in corso di realizzazione un P.F.T.I.

relativo ai comuni rientranti nell’Area del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val

d’Agri Lagonegrese ed ai comuni dell’Area del P.O. Val d’Agri.

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I PIANI D’ASSESTAMENTO FORESTALE (P.A.F.): LE FORESTE REGIONALI

Le foreste regionali fanno parte del patrimonio forestale della Regione Basilicata16, sono

costituite da 12 complessi forestali, 10 in provincia di Potenza e 2 in provincia di Matera

e si estendono per complessivi 13.522 ettari. A partire dal 2003 la Regione Basilicata ha

intrapreso una importante azione di pianifi cazione delle foreste demaniali con la reda-

zione di Piani di gestione dei singoli complessi forestali che ha portato alla redazione di

12 piani di assestamento di altrettanti complessi forestali regionali. Allo stato attuale, le

funzioni amministrative inerenti la gestione delle foreste regionali17, non sono ancora

trasferite agli Enti territorialmente competenti.

Analizzando i dati riportati in tabella si osserva un basso tasso di utilizzazione delle fore-

ste regionali. Questo indica che la produzione legnosa non è la funzione prevalente, ma

che il patrimonio forestale svolge anche una funzione protettiva e turistico ricreativa. Gli

interventi previsti nelle singole foreste sono essenzialmente dei diradamenti che vengo-

no eseguiti dagli addetti al settore forestale.

I PIANI D’ASSESTAMENTO FORESTALE: LE FORESTE COMUNALI

La Regione Basilicata promuove ed incentiva18 la redazione dei piani, contribuendo alle

spese di redazione degli stessi attraverso il regolamento attuativo approvato con la D.G.R.

n. 613 del 30 aprile 2008 che defi nisce le "Linee guida per la redazione e l’approvazione

dei piani di assestamento forestale". La Regione cofi nanzia la redazione dei piani di ge-

stione comunali con un contributo pari al 70% del costo occorrente per la compilazione.

La Regione Basilicata (al dicembre 2012) vede la presenza di:

36 P.A.F. Comunali vigenti, valevoli per 41 comuni per una superfi cie pari a 29.328 •

ettari;

2 P.A.F. vigenti riguardanti proprietà private, per una superfi cie pari a 949 ettari, po-•

ste all’interno del Parco Nazionale del Pollino;

12 P.A.F. vigenti per le Foreste Regionali per una superfi cie pari a 13.542 ettari;•

1 P.A.F. riserva naturale gestita dal corpo forestale;•

7 P.A.F. approvati ad novembre 2012 in Commissione Tecnico-Amministrativa;•

16 Come definito dalla Legge Regionale n. 41 del 6 settembre 1978 "Gestione del patrimonio forestale regionale".

17 L.R. 42/98 - art. 14 - Patrimonio forestale regionale.

18 Legge n. 42/98 - art. 12 - Piani di assestamento forestale.

TABELLA 5. LE FORESTE REGIO-NALI E LA RELATIVA PROVVIGIO-NE LEGNOSA

Denominazione

Foresta Regionale

Comune Superfi cie

(ettari)

Provvigione

legnosa

m3

Ripresa

Decennale

m3

Bosco Grande Ruoti (PZ) 510 137.806,00 20.098,00

Fieghi - Cerreto San Chirico Raparo (PZ) 293 47.964,00 6.051,00

Fossa Cupa Abriola (PZ) 657 101.714,00 6.626,00

Gallipoli - Cognato Accettura, Oliveto Lucano, Calciano (MT) 4157 686.345,00 14.104,00

Grancia Brindisi di Montagna (PZ) 960 193.415,00 19.083,00

Lagopesole Avigliano (PZ) 2884 550.321,00 26.657,00

Lata Laurenzana (PZ) 822 112.197,00 13.077,00

Magrizzi - Cieliagresti Calvera, Castronuovo Sant’Andrea (PZ) 482 53.366,00 7.076,00

Mantenera - Malcanale Tricarico (MT) 504 31.399,00 5.547,00

Monticchio Atell, Rionero in Vulture (PZ) 1950 165.781,00 13.890,00

Pierno Atella (PZ) 131 33.673,00 5.421,00

Rifreddo Pignola (PZ) 172 33.229,00 3.931,00

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20 P.A.F. Comunali in istruttoria;•

18 P.A.F. Comunali attualmente fi nanziati ed in corso di redazione.•

Complessivamente vi sono 44.149 ettari assestati su una superfi cie forestale regionale di

355.409 ettari; bisogna precisare che non tutti i comuni senza P.A.F. possiedono i requisiti

idonei per procedere alla realizzazione di tale strumento pianifi catorio e pertanto la ge-

stione dei boschi è regolamentata attraverso il regolamento n. 956/2000.

FOR9. IMPRESE E LAVORO IN BOSCO

Tra i benefi ci materiali e immateriali che l’uomo può ottenere dal bosco anche l’occupa-

zione riveste un ruolo molto importante. Diverse sono le categorie di tecnici, imprese e

operatori pubblici e privati, che lavorano per la tutela e per la gestione del patrimonio

boschivo e tra queste, in particolare, si distinguono i soggetti prevalentemente impe-

gnati nelle attività gestionali e di manutenzione e i soggetti con mansioni tecniche-ope-

rative ossia gli "addetti al settore forestale" e le "ditte boschive".

Per quanto riguarda le ditte boschive il dato si riferisce solo alle ditte iscritte al Registro

Regionale delle Ditte Boschive che comprende le imprese più rappresentative del settore

che possono lavorare sia in boschi pubblici che privati. Cosi come defi nito al comma

6 dell’art. 15 della L.R. 42 del 1998, i tagli dei boschi pubblici devono essere eff ettua-

ti dalle imprese boschive iscritte all’Albo della Camera di Commercio per l’Industria e

l’Artigianato.

Con il regolamento attuativo, D.G.R. n. 3427/99, viene istituito presso la Regione Basilica-

ta il "Registro delle Ditte Boschive". L’iscrizione a tale registro è condizione necessaria per

concorrere alle aste ed alle gare per l’acquisizione dei lotti boschivi posti in vendita dai

Comuni e/o da altri Enti Pubblici.

Ad oggi le imprese iscritte sono 109. La fi gura 12 individua il tipo di categoria19 (A e B) e

la sede legale dell’impresa.

Il numero di iscrizioni al registro è pressoché costante negli ultimi anni, ciò può essere

considerato come un segnale molto positivo visto che tale settore manifesta una conti-

nua e costante contrazione.

19 Le ditte iscritte nella Categoria A possono concorrere alle aste ed alle gare per l’acquisto di lotti posti in vendita

dai Comuni e dagli Enti il cui importo a base d’asta è inferiore o pari ad Euro 154.937,07.

Le ditte iscritte alla Categoria B possono concorrere per l’acquisto di qualsiasi lotto boschivo senza limitazioni di im-

porto posto a base d’asta. La prima iscrizione avviene alla Categoria A, il passaggio alla Cat. B è deciso dalla struttura

competente, su istanza dell’interessato.

FIGURA 12. DITTE BOSCHIVE ISCRITTE AL REGISTRO REGIO-NALE (CATEGORIA A E B)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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L’esecuzione dei lavori previsti nei piani annuali di forestazione, redatti dagli Enti Delega-

ti, è di norma attuata in economia mediante la forma dell’amministrazione diretta, con

l’impiego degli operai addetti al settore idraulico-forestale. Al 2010 gli addetti al settore

sono 3.722 con un livello occupazionale pro-capite pari a 130 giornate contributive. Fa-

cendo un’analisi del comparto ne deriva che la maggior parte degli addetti sono di sesso

femminile la cui età media è di 46 anni.

Attraverso i 2 Piani Triennali 2006-2008 e 2009-2011 si è cercato di riequilibrare il model-

lo occupazionale, facendo convergere gli obiettivi di sostenibilità ecologica, economica

e sociale della forestazione pubblica; i cantieri forestali ad oggi sono caratterizzati da

una più equilibrata composizione delle squadre per età, si è raggiunto un buon grado di

meccanizzazione e una più rigorosa garanzia delle condizioni di prevenzione e protezio-

ne dai rischi da lavoro. La fi gura 13 mostra che il numero degli addetti si è ridotto di 482

unità, passando da 4.204 addetti nel 2009 a 3722 addetti nel 2012.

La manodopera forestale, ad oggi, continua a svolgere un ruolo fondamentale per quel

che riguarda la manutenzione e la tutela del territorio attraverso interventi di ripristino e

riequilibrio del territorio, manutenzione preventiva contro gli incendi e lotta fi topatolo-

gica. Risulta evidente che tutti gli obiettivi possono essere raggiunti attraverso un ade-

guato aggiornamento professionale ed un costante rinnovamento delle unità operative

nei diversi territori lucani.

FIGURA 13. NUMERO DEGLI OPERAI IDRAULICO FORESTALI IN REGIONE BASILICATA (2009-2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Uffi cio Foreste

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FOCUSProcessi di compensazione in Basilicata per le emissioni di gas e sistemi forestali

La concentrazione in atmosfera di anidride carbonica (CO2) è cresciuta da un valore pre-

industriale di circa 280 parti per milione (ppm) a un valore di 390 ppm nel 2010. Le analisi

gassose delle carote di ghiaccio prelevate dagli scienziati ci dicono che il valore attuale

supera di molto il range naturale (da 180 a 300 ppm) dello stesso gas registrato negli

ultimi 650 mila anni. Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration degli

USA, dal 1958 a oggi la concentrazione media annua di CO2 nell’atmosfera è aumenta-

ta di circa il 23%. Nell’ultimo decennio l’aumento medio annuale è di 2,04 ppm l’anno.

L’aumento dell’emissioni di CO2 e di altri gas atmosferici [metano (CH4), biossido di azoto

(N20) e altri gas di origine industriale] sono "molto probabilmente" la causa dell’aumento

di circa 1 °C della temperatura media superfi ciale globale dell’atmosfera dall’inizio della

rivoluzione industriale a oggi1 e, secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC Fourth Assessment

Report 2011 (AR4 - 2007) la frequenza e l’intensità di alcuni eventi estremi come alluvio-

ni e periodi di temperature elevate sono legati all’aumento della concentrazione di gas

serra in atmosfera.

Quanto gli ecosistemi forestali possono infl uire sui cambiamenti climatici e quindi sul ciclo

globale del carbonio?

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC, 2007b) ha stimato che il contenuto

di carbonio nelle foreste è pari a 638.100 miliardi di tonnellate (Gt) delle quali 282.600

Gt immagazzinate nella biomassa viva, 248.860 Gt nel suolo e 106.640 Gt nella lettiera e,

ogni anno, vengono assorbiti nella biomassa legnosa, nel suolo e nella lettiera circa 1.6

Gt (INEA, 2008). Inoltre, la biosfera terrestre scambia enormi quantità di CO2 e altri gas

con l’atmosfera, attraverso processi naturali e disturbi di varia natura, biotici e abiotici.

Gli ecosistemi forestali contribuiscono al bilancio del carbonio attraverso i processi di as-

similazione fotosintetica e di respirazione, il bilancio di carbonio quindi deriva dalla dif-

ferenza tra la produttività primaria lorda (GPP, Gross Primary Production) e il carbonio che

viene rilasciato in atmosfera attraverso i processi fotosintetici a livello ecosistemico (Reco,

Respiration of ecosystem). La respirazione ecosistemica comprende sia la componente di

respirazione autotrofa delle piante sia la componente eterotrofa derivante dai processi

di ossidazione da parte della componente microbica presenti i tutte le parti del suolo. La

diff erenza è detta Produzione Ecosistemica Netta (NEP, Net Ecosystem Productivity).

In generale gli ecosistemi forestali che assorbono attivamente carbonio sono considerati

sinks2 (NEP>0). Tali ecosistemi possono anche agire da sources rilasciando carbonio in

atmosfera quando i processi di respirazione sono superiori rispetto a quelli di assorbi-

mento (NEP<0).

Tutte queste "dinamiche" sono state valutate e discusse nell’ambito degli accordi inter-

nazionali di riduzione delle emissioni di CO2 a partire dalla United Nations Framework

Convention on Climate Change (UNFCC) approvata a Rio de Janeiro nel 1992.

Lo strumento operativo della Convenzione, il Protocollo di Kyoto (PK) entrato in vigore

nel 2005, si pone come obiettivo la riduzione delle emissioni di CO2 e dei GHG (Green

1 Ciccarese et al. 2011.

2 Hyvonen et al. 2007.

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House Gas) anche attraverso una serie di misure da attuare nel settore forestale e agricolo

denominate attività di Land Use, Land Use Change and Forestry (LULUC-F).

Tale settore però (Agriculture, Forestry and Other Land Use, o AFOLU) possiede una serie di

caratteristiche che lo rendono diff erente dagli altri settori emissivi. Innanzi tutto perché

i gas-serra nel settore AFOLU sono di duplice segno: le stime devono essere condotte sia

per le emissioni di CO2 e di altri gas non-CO

2 verso l’atmosfera, sia per gli assorbimenti di

CO2 dall’atmosfera (fi ssata poi nella biomassa viva, nella biomassa morta e nel suolo).

STIMA DELLA CO2 STOCCATA NEGLI ECOSISTEMI FORESTALI IN ITALIA

E IN BASILICATA

Il calcolo degli assorbimenti di CO2 con i metodi inventariali3 si basa sulla stima delle va-

riazioni degli stock di carbonio nei 5 serbatoi di carbonio (pool) di cui si compongono gli

ecosistemi forestali, ossia:

Aboveground biomass• (biomassa epigea)

Belowground biomass• (biomassa ipogea)

Deadwood• (necromassa)

Litter• (Lettiera)

Soil Organic Matter • (sostanza organica del suolo)

Le Goods Practices Guidances for Land Use, Land Use Change and Forestry richiedono la

stima ed il reporting dei serbatoi di carbonio secondo il seguente schema:

Living biomass• = Aboveground biomass + Belowground biomass

Dead organic matter• = Deadwood + Litter

Soil • = Soil Organic Matter

In pratica, le variazioni degli stock di carbonio all’interno di uno stratum o suddivisione

interna della superfi cie forestale sono stimate sommando le variazioni degli stock di car-

bonio che avvengono in tutti e cinque i pool sia con metodi sintetici, attraverso l’uso di

equazioni di sintesi delle 2006 IPCC Guidelines (Tier 1), sia con metodi analitici che preve-

dono però l’utilizzo di dati puntuali derivanti da misurazioni in campo (Tiers 2-3).

La categoria Forest Land costituisce il 85% del contributo di assorbimento del totale del-

le attività LULUCF; la biomassa (epigea ed ipogea) rappresenta il 47% della CO2 fi ssata

dalla categoria Forest Land mentre la necromassa ed i suoli costituiscono rispettivamen-

te il 9% ed il 45%.

Il sink forestale italiano, espresso come potenziale nazionale massimo di assorbimento di

CO2 (COP12 - Nairobi, 2006) è stimato pari a 16.2 Mt CO

2, di cui circa il 60% deriva dalla fo-

restazione naturale e la restante parte deriva da attività di aff orestazione e riforestazione.

3 Tra gli obblighi degli Stati che hanno ratificato il PK vi è quello della redazione dell’Inventario Nazionale delle

Emissioni e degli Assorbimenti dei gas serra (National Inventory Report - NIR). Il settore LULUCF, uno dei sei conteg-

giati dal NIR, riporta le stime di assorbimenti e emissioni di GHG

TABELLA 6. POTENZIALE NAZIO-NALE MASSIMO DI ASSORBI-MENTO DI CARBONIO Fonte: Delibera CIPE 123/2002. Nostra elaborazione

Articoli del protocollo di Kyoto Assorbimento (MtCO2/anno eq.)

Art. 3.4: Gestione forestale 10.2

Art. 3.3: Riforestazione naturale 3.0

Art. 3.3: Aff orestazione e riforestazione (vecchi impianti) 1.0

Art. 3.3: Aff orestazione e riforestazione (nuovi impianti) 1.0

Art. 3.3: Aff orestazione e Riforestazione (nuovi impianti) su aree soggette a dissesto idrogeologico

1.0

Totale 16.2

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Come la maggior parte dei paesi che hanno sottoscritto il PK, l’Italia ha incluso solo la

gestione forestale nella contabilizzazione dei crediti di carbonio nel primo periodo di

attuazione delle politiche climatiche anche perché all’Italia è stato concesso un limite

di rendicontabilità per le misure di gestione forestale pari a 2,78 Mt di carbonio4. Que-

sto potenziale di assorbimento potrebbe essere trasformato in corrispondenti Re-Moval

Unit (RMU)5, che potrebbero attivare un Mercato di circa 230 Meuro/anno per i prossimi

5 anni, alle quotazioni odierne del carbonio, a favore del settore forestale6.

A livello regionale la quantità di carbonio immagazzinata nei boschi è stata stimata con

l’ausilio di un modello basato sulla metodologia IPCC, seguendo la classifi cazione GPG

(living biomass, includendo sia la parte epigea che ipogea, dead organic matter, com-

prendendo necromassa e lettiera, e soils inteso come sostanza organica del suolo).

I dati di superfi cie e i dati quantitativi, per categoria inventariale, utilizzati come input

per il modello, sono stati ricavati dall’Inventario Forestale Nazionale e dei Serbatoi di

Carbonio"7 e sono state considerate solo quelle rientranti nella classifi cazioni di "Bosco

Alto", non sono state considerate le categorie riferite all’arboricoltura da legno ed alle

altre terre boscate in quanto i dati quantitativi non sono ancora disponibili.

I dati di seguito riportati relativi allo stock di carbonio, sono da considerarsi sottostimati

in quanto sono dati relativi solo al sistema "albero", senza considerare il carbonio imma-

gazzinato nella lettiera e nel suolo.

Considerando la biomassa presente nei boschi lucani, il carbonio è per l’83% immagaz-

zinato nel fusto e nei rami, per il 15% nelle radici e l’1% nella necromassa per un totale

di 20.842.249,59 Mg.

Il valore del carbonio immagazzinato nelle foreste lucane è da considerarsi un valore

di tendenza, suscettibile a modifi che e ad integrazioni. E’ un valore che sarà alla base di

ulteriori studi ed approfondimenti per la stima reale di carbonio immagazzinato in tutto

l’ecosistema forestale.

Con il Gain-Loss Method8 è stata stimata la variazione annua dello stock di Carbonio nella

biomassa viva (ΔCF) derivante dalla diff erenza tra il carbonio stoccato annualmente (in-

cremento di biomassa) e le perdite derivanti dai prelievi di legna da opera, i prelievi da

legna da ardere e le perdite annuali dovute ad altre cause (es. incendi boschivi).

Dalle elaborazioni risulta che la variazione annua nel 2010 di C stock dovuto all’incre-

mento di biomassa è pari a 416.450,60 ton/ettaro, le perdite annuali di C derivanti dalla

sommatoria dei prelievi dei tagli della legna da ardere e da opera e da altri tipi di perdite

è pari a 57.094,75 ton/ettaro. Da qui ne deriva che annualmente in Basilicata nella solo

biomassa viva vengono fi ssate 0.4 Mt di Carbonio.

4 Pilli et al., 2006; Federici et al., 2008.

5 RMU - Re-Moval Unit: sono unità commerciabili rilasciate sulla base dell’assorbimento dei gas serra dall’atmosfera

attraverso attività LULUCF secondo gli Articoli 3.3 e 3.4 del protocollo di Kyoto, e possono essere utilizzate per l’adem-

pimento agli obblighi di riduzione.

6 Alisciani et al. 2010.

7 CFS, 2005

8 Il Gain-Loss Method e lo Stock-Difference Method corrispondono al Default Method e allo Stock Change Method del

Gpg-lulucf (IPCC, 2003).

TABELLA 7. QUADRO RIASSUNTIVO

CARBONIO FORESTE 2005

Aboveground woody

tree biomass

Belowground woody

tree biomass

Dead Mass Totale

17.430.397,44 3.208.048,81 203.803,34 20.842.249,59

Page 52: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Tito, area industriale di Tito Scalo. Antonio Bellotti

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Industria

Capitolo 3

Il settore industriale fornisce lavoro e genera reddito ma, nel contempo, determina pres-

sioni importanti sull’ambiente. L’inquinamento di origine industriale, tuttavia, è diminu-

ito negli ultimi decenni grazie all’azione legislativa ambientale che ha individuato come

primi obiettivi della regolamentazione proprio queste fonti di inquinamento, puntuali e

facilmente identifi cabili. In Basilicata l’industria detiene un ruolo ragguardevole nel pa-

norama dei settori economici; la quota di valore aggiunto rappresenta, al 2009, il 25%

dell’economia regionale. La struttura dell’industria lucana evidenzia la tendenza alla di-

minuzione delle dimensioni d’impresa: dal punto di vista ambientale ciò potrebbe ga-

rantire il miglioramento delle possibilità di intervento delle imprese nella prevenzione

dall’inquinamento attraverso l’applicazione di sistemi di gestione ambientale che, adot-

tati come approcci volontari, consentono all’impresa di risparmiare energia e materie

prime, di ridurre il rischio di incidenti, di migliorare l’effi cienza interna e di ottenere van-

taggi competitivi e d’immagine e nel contempo, garantiscono il rispetto delle normative

ambientali e lo sviluppo di comportamenti basati sulla prevenzione. Come detto, il setto-

re industriale determina potenzialmente un ampio spettro di problematiche ambientali:

emissioni in atmosfera, produzione di acque refl ue di processo, contaminazione del suo-

lo e produzione di rifi uti; a queste si aggiungono la generazione di odori, di rumore e di

traffi co, l’utilizzo di risorse naturali, l’interferenza con il paesaggio nonché, in alcuni casi

specifi ci, la generazione di rischio associato alla detenzione di sostanze pericolose.

Lo studio delle pressioni ambientali generate dall’industria viene limitato non solo dal

fatto che le tipologie dei problemi ambientali sono specifi che dei singoli comparti pro-

duttivi, ma anche dal fatto che la disponibilità dei dati non è ampia. La strategia preva-

lente per valutare le tendenze complessive consiste quindi nell’utilizzare indicatori di ap-

prossimazione quale - ad esempio - il consumo di energia, che è collegato all’emissione

di importanti inquinanti atmosferici (in particolare anidride carbonica, biossido di zolfo,

ossidi di azoto, diossine e metalli pesanti). Negli anni, i consumi energetici dell’industria

sono aumentati meno dell’indice di produzione industriale, indicando che le politiche

e gli incentivi per il contenimento dei consumi hanno avuto eff etti positivi sull’intensi-

tà energetica dell’industria; da ciò deriva anche l’evoluzione delle relative emissioni di

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anidride carbonica, che sono in diminuzione. Le strategie sviluppate ai diff erenti livelli

di governo a partire dagli anni ‘70 hanno consentito di contrastare la maggior parte dei

problemi ambientali di origine industriale: la grande sfi da per il controllo dell’inquina-

mento industriale è ora quella di migliorare il rapporto costi/benefi ci delle diff erenti re-

golamentazioni in modo da tutelare l’ambiente mantenendo nel contempo la competi-

tività dell’industria locale e di potenziare il sistema informativo circa il controllo stesso.

Le linee strategiche della Regione Basilicata per gli aspetti ambientali della produzione

industriale pongono un forte accento sulla sostenibilità dello sviluppo produttivo in ter-

mini di qualità ambientale, tutela paesistica, prevenzione dei dissesti, riqualifi cazione ur-

bana e qualità delle architetture e dei manufatti.

IND1. DINAMICA DELLE IMPRESE IN BASILICATA

La dinamica delle imprese è un indicatore moderatamente sensibile alle vicende con-

giunturali: le decisioni imprenditoriali relative all’avvio o alla cessazione di un’attività, o

alla sua trasformazione, sono infl uenzate soprattutto da variabili strutturali e da aspetta-

tive relative al medio periodo. E’ utile tenere sotto osservazione la variazione della quan-

tità e qualità del "parco imprese" perché alcune indicazioni di tendenza sono signifi cati-

ve dell’economia locale.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

IND1 N°imprese x settore D/P N Istat,

Infocamere

Osservatorio

economico

regionale

Italia

Mezzogiorno

Basilicata

2008-2010 ↓

IND2 N° imprese certifi cate ISO

14001/EMAS

R N Ispra Nazionale

Mezzogiorno

Regionale

2009 ↑

IND3 Numero di impianti

soggetti ad autorizzazione

integrata ambientale e

autorizzazioni rilasciate

P/R Numero Regione Regione 2005-2010 ☺ ↑

IND4 Numero di impianti

autorizzati alle emissioni in

atmosfera

R Numero Regione Regione 1989-2010 ☺ ↑

IND5 Emissioni in atmosfera da

attività industriali

P Tonnellate/

anno

Regione Regione 2004 - -

IND6 Stabilimenti a rischio di

incidente rilevante

D Numero Regione

Arpab

Italia

Regione

2005-2010 ☺ ↓

IND7 Quantità di sostanze

pericolose

P Tonnellate Regione

Arpab

Regione Attuale ☺ ↓

IND8 Incidenti I Numero ARPAB Regione 2005-2010 ☺ ↑

IND9 Verifi che ispettive R Numero ARPAB Regione 2005-2010 ↓

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Relativamente al numero di imprese registrate al 2011 la regione Basilicata conta 61.550

unità. La fi gura 1 mostra che la quota di imprese attive del settore agricolo e del commer-

cio assorbe il 54% del totale delle imprese; in particolare è il primo dei due a presentare

valori estremamente alti, soprattutto se confrontati con il corrispondente dato italiano

(31,3% contro il 13,7%), mentre il settore industriale si attesta intorno all’8%, poco sotto

le medie del meridione (8,3%) e del dato nazionale (10,1%). Nel 2011 si è constatata una

crescita adeguata nel numero di attività imprenditoriali (0,31%), superiore a quella regi-

strata sia nel Mezzogiorno (-0,05%) che in Italia (0,05%). Questo risultato viene raggiunto

non tanto a causa di un tasso di natalità che colloca la Basilicata in ultima posizione nella

relativa graduatoria, quanto a un livello di mortalità imprenditoriale inferiore a quello

medio nazionale. La Basilicata si segnala come una regione in cui è maggiore l’incidenza

delle imprese aventi come forma giuridica quella di ditta individuale (69,5). La densità

imprenditoriale (10,6 ogni 100 abitanti) è al di sopra del valore nazionale (10,2) e di quel-

lo del Mezzogiorno (9,73).

IND2. IMPRESE CERTIFICATE ISO 14001/EMAS

La norma UNI-EN-ISO 14001 è lo standard per la certifi cazione ambientale appartenen-

te alla famiglia delle norme UNI-ISO, ed è riconosciuta in tutto il mondo. Al contrario

della registrazione EMAS, che prevede la convalida da parte di un ente pubblico e una

comunicazione trasparente con l’esterno, essa è di natura privata ed è orientata solo al

FIGURA 1. IMPRESE ATTIVE PER ATTIVITÀ ECONOMICA (2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Infocamere (2011)

FIGURA 2. COMPOSIZIONE DEL VALORE AGGIUNTO PER SETTORE (2009)Fonte: nostra elaborazione su dati Istituto Tagliacarne, 2010, Movimprese

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miglioramento gestionale; la certifi cazione vera e propria viene rilasciata - da verifi cato-

ri ambientali accreditati - a seguito della rispondenza del sistema di gestione alle pre-

scrizioni della norma stessa. I benefi ci ambientali connessi alla ISO 14001 - ottenibili at-

traverso obiettivi gestionali e tecnologico/impiantistici - sono costituiti principalmente

dalla razionalizzazione dei consumi di materie prime ed energia, dalla riduzione delle

emissioni e dei rifi uti, dalla prevenzione degli impatti e dal conseguente miglioramento

dell’effi cienza ambientale complessiva. Questo indicatore, insieme a quello relativo al

numero di registrazioni EMAS, fornisce informazioni circa le risposte messe in atto dal

mondo produttivo e dalle organizzazioni in genere alle problematiche ambientali.

A febbraio 2013 nel panorama italiano, la Basilicata, con 206 aziende certifi cate UNI EN

ISO 14001, pari all’1,18% del totale nazionale, si attesta agli ultimi posti. Tuttavia, consi-

derando l’incidenza delle imprese certifi cate rispetto al totale dei siti produttivi, si rileva

che il posizionamento della Basilicata, con il 16,1% supera la media nazionale (12,8%) e

la colloca nei primi posti di una graduatoria virtuale (fi gura 3).

TABELLA 2. NUMERO DI IM-PRESE CERTIFICATE IN ITALIA (2013)Fonte: nostra elaborazione su dati Accredia (Ente di Accreditamento Italiano)

Regione Siti

Produttivi

UNI EN

9100

UNI EN

ISO 9001

UNI EN

9110

UNI EN

9120

UNI

EN ISO

14001

BS

OHSAS

18001

UNI CEI

ISO/IEC

27001

ISO/IEC

20000-1

Abruzzo 3.101 4 2.824 - - 446 236 4 -

Basilicata 1.283 1 1.161 - - 206 88 7 -

Calabria 3.052 - 2.854 - - 306 121 5 -

Campania 9.785 78 9.071 1 3 1.229 415 16 1

ESTERO 7.783 59 6.855 - 8 1.507 958 93 -

Emilia-Romagna 11.187 24 10.136 - 2 1.619 859 38 1

Friuli-Venezia

Giulia2.971 6 2.653 - - 403 258 9 -

Lazio 11.298 32 10.647 8 5 1.007 638 85 5

Liguria 3.222 8 2.905 - 3 509 274 14 1

Lombardia 25.911 77 24.203 1 8 2.716 1.459 91 3

Marche 3.402 3 3.037 1 - 535 318 6 -

Molise 649 - 577 - - 120 67 1 -

Piemonte 9.926 60 8.890 1 3 1.469 825 23 1

Prov. Aut. Bolzano 802 - 710 - - 145 68 - -

Prov.Aut. Trento 1.730 1 1.573 - - 215 126 2 -

Puglia 5.663 31 5.127 - - 782 290 22 2

Sardegna 2.356 - 2.201 - - 280 135 5 -

Sicilia 7.432 3 6.900 - - 748 279 7 1

Toscana 8.093 13 7.321 1 2 1.144 660 20 1

Umbria 2.342 15 2.143 - - 332 211 4 -

Valle d’Aosta 358 - 276 - - 101 60 1 -

Veneto 13.911 10 12.752 - - 1.555 961 36 1

ITALIA 136.257 425 124.816 13 34 17.374 9.306 489 17

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Il sistema di gestione ambientale EMAS fa riferimento al Regolamento CE 761/2001, adot-

tato dalla Comunità Europea nel 2001 nella versione attuale, come revisione del preceden-

te Regolamento CEE 1836/1993. Esso richiede l’attivazione del controllo gestionale degli

impatti sull’ambiente e prevede una serie di attività sistematiche di comunicazione con i

cittadini e con le amministrazioni locali. È intesa nel senso della trasparenza la redazione

della Dichiarazione Ambientale, un documento pubblico che, messo a disposizione degli

interlocutori esterni all’organizzazione, ne descrive prestazioni e obiettivi ambientali.

La fi gura 4 mostra che sono 29 le registrazioni EMAS in Basilicata rilevate da ISPRA al

2012. Il numero piuttosto esiguo rispecchia la tendenza nazionale con un numero di

adesioni molto inferiore a quello delle certifi cazioni ISO 14001; ciò è probabilmente

dovuto sia al maggiore impegno richiesto da EMAS, sia alla scarsa conoscenza di que-

sto strumento, potenziale fonte di un positivo ritorno d’immagine e, di conseguenza, di

FIGURA 3. INCIDENZA DELLE IMPRESE CERTIFICATE UNI EN ISO 14001.2004 SUL TOTALE (2011)Fonte: nostra elaborazione su dati Accredia (Ente di Accreditamento Italiano)

FIGURA 4. SITI REGISTRATI EMAS IN ITALIA (2012)Fonte: nostra elaborazione su dati ISPRA - Comitato Ecolabel Ecoaudit

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vantaggio competitivo. Interessante è anche soff ermarsi sul livello di mantenimento del

tempo delle registrazioni EMAS (2002-2010). Fino al 2007 si delinea che tutte le aziende

hanno mantenuto la registrazione; dal 2008 questo valore è peggiorato. Per il prossimo

futuro è ragionevole aspettarsi un’ulteriore rapida diff usione di tali certifi cazioni, sia sot-

to la spinta di programmi, incentivi e progetti messi a punto dalla regione1, sempre più

convinta che la diff usione dei sistemi di gestione ambientale possa meglio garantire la

tutela dell’ambiente sia a seguito di dinamiche di mercato che ad oggi vedono i paesi

extraeuropei (es. asiatici) sempre più orientati verso l’adozione di questi strumenti.

IND3. IMPIANTI SOGGETTI AD AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (AIA)

E AUTORIZZAZIONI RILASCIATE

L’indicatore defi nisce il numero di stabilimenti e di attività, presenti in Basilicata, rien-

tranti nel campo di applicazione della cosiddetta "direttiva IPPC"2. Le attività che rien-

trano nell’ambito di applicazione dell’IPPC sono soggette ad Autorizzazione Integrata

Ambientale (AIA). L’AIA è il provvedimento disciplinato dalla parte II del D. L.vo 152/2006

che autorizza l’esercizio di un impianto imponendo misure tali da evitare oppure ridurre

le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo per conseguire un livello elevato di protezio-

ne dell’ambiente nel suo complesso. L’Autorizzazione Integrata Ambientale sostituisce le

seguenti autorizzazioni:

Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profi li concernenti gli •

aspetti sanitari (Titolo I alla Parte V del D. L.vo 152/2006);

Autorizzazione allo scarico (Capo II del Titolo IV della Parte III del D. L.vo 152/2006);•

Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero rifi uti (art. 208 •

del D. L.vo 152/2006);

Autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (D. L.vo •

209/1999, art. 7)

Autorizzazione all’utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agri-•

coltura (D.L.vo 99/1992, art.9)

In Basilicata, in conformità al calendario delle scadenze per la presentazione delle do-

mande AIA per gli impianti esistenti, approvato dalla Regione Basilicata con D.G.R. n.

1603/2005, tra la fi ne del 2005 e il primo semestre dell’anno 2006 sono state presentate

44 istanze di AIA per impianti esistenti. Alla data del 31/12/2010 risultano presentate 9

istanze AIA per nuovi impianti e risultano, in totale, autorizzati 24 impianti esistenti, la cui

distribuzione sul territorio regionale è rappresentata in fi gura 5.

1 DGR n. 682 del 29.05.2012, "Iniziative di Certificazione Ambientale Territoriale che coinvolgono Enti pubblici e

Imprese".

2 La Direttiva 2008/1/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio definisce gli obblighi che le attività industriali ed

agricole ad elevato potenziale inquinante devono rispettare al fine di prevenire e ridurre le emissioni in atmosfera.

Impone una strategia per aumentare la prestazione ambientale dei complessi industriali: Integrated Pollution Preven-

tion and Control - IPPC.

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IND4. NUMERO DI IMPIANTI AUTORIZZATI ALLE EMISSIONI IN ATMOSFERA

L’indicatore mira a caratterizzare il potenziale impatto provocato dalle emissioni in at-

mosfera provenienti dalle diverse tipologie di attività produttive presenti nel territorio

regionale. Le informazioni relative alle imprese autorizzate derivano dai provvedimenti

regionali di autorizzazione alle emissioni in atmosfera in vigore alla data di aggiorna-

mento dell’indicatore. Dal 1989 al 2010 risultano autorizzati alle emissioni in atmosfera,

ex DPR n. 203/1988 (attualmente D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. titolo V) 372 impianti. Il gra-

fi co di fi gura 6 riporta il numero di ditte autorizzate per tipologia di attività. Il numero di

ditte in possesso di autorizzazione alle emissioni in atmosfera rifl ette il contesto produt-

tivo regionale con prevalenza di impianti per la produzione di conglomerati cementizi e

di impianti di lavorazione inerti. Consistente è la presenza di attività per la produzione di

componentistica per auto e di prodotti alimentari.

Decisamente alto è il numero di impianti autorizzati alle emissioni in atmosfera. Anche

in questo caso il trend è positivo perché l’uffi cio competente riesce ad evadere le nuove

istanze nei tempi previsti dalla normativa. Una fase saliente di tale lavoro sarà costituito

FIGURA 5. DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEGLI IMPIANTI AUTORIZZATI AIA (2012)Fonte: Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Uffi cio Compatibilità Ambientale

FIGURA 6. NUMERO DI IMPRESE AUTORIZZATE PER TIPOLOGIA DI ATTIVITÀ (1989-2010)Fonte: Regione Basilicata, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Uffi cio Compatibilità Ambientale

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dall’aggiornamento delle autorizzazioni rilasciate ai sensi del DPR n. 203/88, abrogato

dal D. Lgs. 152/2006 e s.m.i e previsto dall’art. 281 dello stesso decreto che consentirà

una valutazione più aderente alla realtà delle attività produttive tenendo conto delle

modifi che intervenute negli anni.

IND5. EMISSIONI IN ATMOSFERA DA ATTIVITÀ INDUSTRIALI

La fi nalità dell'indicatore è quella di monitorare nel tempo l’entità degli inquinanti emes-

si in base al contributo dei singoli macrosettori. Esso viene elaborato utilizzando l’in-

ventario delle emissioni della Regione Basilicata, costruito su dati del 2004, ed in fase di

aggiornamento. L’inventario di emissioni è una stima quantitativa di tali fl ussi di materia

dalle sorgenti all’atmosfera, inclusa la loro ripartizione territoriale, la loro evoluzione nel

tempo ed una caratterizzazione puntuale delle sorgenti più signifi cative.

In Basilicata, il contributo dell’industria alle emissioni regionali si presenta di un certo

rilievo per gli ossidi di zolfo e di azoto nonché per il monossido e il biossido di carbonio

ed il particolato. L’adozione di tecnologie più avanzate ed il conseguente aggiornamento

dei provvedimenti di autorizzazione alle emissioni in atmosfera dovrebbe comportare

una diminuzione del contributo dell’industria alle emissioni totali.

Emissions trading in Italia ed in Basilicata.

Nei Paesi dell’Unione Europea, un ruolo centrale nelle strategie di mitigazione (ossia di

prevenzione dei cambiamenti climatici attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra

e l’incremento degli assorbimenti di anidride carbonica) è stato assegnato all’attuazione

del sistema europeo di emissions trading, istituito in base alla Direttiva 2003/87/CE con la

defi nizione di un limite massimo alle emissioni di gas serra dagli impianti industriali che

ricadono nel campo di applicazione dalla direttiva. I permessi di emissione ammissibili

vengono assegnati a ciascun impianto attraverso il Piano Nazionale di Allocazione (PNA),

TABELLA 3. LIVELLI DI EMISSIO-NI IN ATMOSFERA DA ATTIVITÀ INDUSTRIALI (2004)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata (Inventario emissioni in atmosfera)

SOX

tonn/anno

COV

tonn/anno

NOX

tonn/anno

PM10

tonn/anno

CO

tonn/anno

CO2

Ktonn/anno

Benzene

tonn/anno

Combustione nell’industria 1076,49 98,09 1614,00 17,73 397,13 636,434 0,00

Processi produttivi 72,42 519,11 128,35 43,88 5542,58 447,758 1064,18

Contributo dell’industria

alle emissioni totali

1148,91 617,2 1742,35 61,61 5939,71 1084,192 1064,18

Totale emissioni della

Regione Basilicata

6.227,12 59.845,15 16.394,78 2.536,26 38.364,71 4.260,16 128.640,28

FIGURA 7. LIVELLI DI EMISSIO-NI IN ATMOSFERA DA ATTIVITÀ INDUSTRIALI IN TONNELLATE/ANNO (2004)Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata (Inventario emissioni in atmosfera)

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art. 8, comma 2 del D.Lgs 4 aprile 2006, n. 216 ed ogni permesso (European Allowances

Unit, EAUs) attribuisce il diritto a emettere una tonnellata di anidride carbonica in atmo-

sfera nel corso dell’anno di riferimento.

In Basilicata, allo stato attuale, dal Registro del Piano Nazionale di assegnazione delle

quote di emissione di CO2 risultano essere presenti sette imprese (holding) operanti in

Basilicata con le rispettive quote autorizzate (1.053.532 tCO2) con esclusione delle quote

della Cartiera di Avigliano in fase di defi nizione come di seguito riportato.

IND6. NUMERO E TIPOLOGIA DI STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTE

RILEVANTE

L’elemento che classifi ca uno stabilimento "a Rischio di Incidente Rilevante" è la deten-

zione di sostanze potenzialmente pericolose in quantità superiore a soglie defi nite. La

normativa defi nisce incidente rilevante "un evento quale un’emissione, un incendio o

un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verifi cano durante

l’attività di uno stabilimento e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o diff erito,

per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui

intervengano una o più sostanze pericolose"; per sostanze pericolose si intendono quel-

le elencate nell’Allegato I del Decreto Legislativo 334/1999 e s.m.i. In defi nitiva, i possibili

scenari di incidenti possono derivare da: sostanze infi ammabili (incendi, esplosioni), so-

stanze tossiche e nocive (dispersione in atmosfera). Il gestore dello stabilimento è tenuto

ad espletare una serie di adempimenti che possono riassumersi nella fi gura seguente:

TABELLA 4. QUOTE DI EMISSIO-NE DI CO2 2012Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata

RAGIONE SOCIALE

DEL GESTORE

N° AUTORIZZAZIONE DENOMINAZIONE QUOTE 2012

(t/CO2 )

SERENE SPA 773 Centrale di Cog. SERENE

di Melfi

86.509

EUGEA Mediterranea S.P.A. 1261 Stabilimento di Lavello 5.892

ENI S.p.a. 920 Cento oli Di Viggiano 276.266

FERRIERE NORD SPA 774 Siderpotenza 25.255

ITALCEMENTI S.P.A. 778 Cementeria Mt 448.015

ARTISSUE 1089 Cartiera di Avigliano

TECNOPARCO VALBASENTO 972 Centrale Termoelettrica 211.595

STABILIMENTI

Art. 8• RdS (Rapporto di Sicurezza)• Notifica

• Scheda informativa• Documento sulla politica di

prevenzione degli incidenti rilevanti• Sistema di Gestione della Sicurezza• Formazione

• PEI (Piano di Emergenza Interno)

Art. 6/7• Notifica• Scheda informativa per la popolazione

• Documento sulla politica di prevenzione degli incidenti rilevanti

• Sistema di Gestione della Sicurezza• Formazione• PEI (Piano di Emergenza Interno)

PREFETTO

P.E.E. – Piano di Emergenza Esterno

C.T.R. Istruttoria

FIGURA 8. ADEMPIMENTI DEGLI STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTEFonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Compatibilità Ambientale

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Gli stabilimenti di cui all’art. 8 del Decreto Legislativo 334/1999 e s.m.i. hanno l’obbli-

go di presentare una notifi ca alle Autorità competenti tra cui il Ministero dell’Ambiente

(MATTM), di redigere un rapporto di sicurezza e di adottare uno specifi co sistema di ge-

stione della sicurezza. Gli stabilimenti di cui agli articoli 6 e 7 hanno i medesimi obblighi

dei precedenti, ma non sono tenuti a redigere il rapporto di sicurezza. Il Piano di emergen-

za esterno (PEE) rappresenta la risposta organizzata dagli enti preposti al verifi carsi di un

evento incidentale negli stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti, a garanzia della prote-

zione della popolazione e dell’ambiente. Negli ultimi anni si è dato grande impulso alle at-

tività di redazione ed aggiornamento dei PEE, a fronte della procedura di infrazione aperta

dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia e di altri 11 membri dell’Unione Euro-

pea: entro dicembre 2010 sono state approvati dalle Prefetture di Potenza e Matera tutti i

PEE degli stabilimenti soggetti agli artt. 6, 7 e 8 del D.Lgs. n, 334/1999 e s.m.i. La Regione

Basilicata, e nello specifi co l’Uffi cio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Ambiente,

Territorio, Politiche della Sostenibilità, ha censito tutte le attività industriali ricadenti nel

campo di applicazione del D.Lgs. n. 334/1999 e s.m.i., fi no al 31 dicembre 2010. Si tratta di

cinque stabilimenti ricadenti in Art. 6 e sette in Art. 8 come rappresentato di seguito.

Il dato a disposizione per questo indicatore è il numero di stabilimenti, divisi per catego-

ria in funzione degli adempimenti stabiliti dalla normativa a cui sono soggetti.

L’attività di uno stabilimento permette di conoscere preventivamente il potenziale ri-

schio ad esso associato. In Basilicata si riscontra una prevalenza di depositi di gas di pe-

trolio liquefatti e di impianti di produzione di materie plastiche (Tabella 7).

TABELLA 5. IMPIANTI A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE IN BASILICATAFonte: Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Compatibilità Ambientale

*Le ditte Total Italia S.p.A. e Geogastock S.p.A. hanno ricevuto il NOF per l’installazione dei loro impianti, pertanto i dati corrispondenti non sono stati inseriti nelle tabelle successive.

STABILIMENTI ART.6

AZIENDA PROVINCIA

1 Gnosis Bioresearch srl MT

2 COM PASS S.p.A. PZ

3 Liquigas S.p.A. PZ

4 Mazzola gas srl PZ

5 Mythen S.p.A. MT

STABILIMENTI ART.8

AZIENDA PROVINCIA

1 Commer TGS S.p.A. PZ

2 Dow Italia srl MT

3 Eni S.p.A. PZ

4 Geogastock S.p.A. * MT

5 Incagal Sud srl PZ

6 S.I.P. srl MT

7 Total Italia S.p.A. * PZ

TABELLA 6. NUMERO DI STABILI-MENTI SOGGETTI AGLI ADEMPI-MENTI DI CUI AL D.LGS. 334/1999 E S.M.IFonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Compatibilità Ambientale

ART. 6/7 ART.8 Totale artt. 6/7 e 8

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La situazione delle industrie a rischio di incidente rilevante dovrebbe restare stazionaria

anche con l’attivazione delle due nuove aziende Total Italia S.p.A. e Geogastock S.p.A.

IND7. QUANTITATIVI DI SOSTANZE PERICOLOSE PRESENTI NEGLI STABILIMENTI

A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE (RIR)

L’indicatore permette di trarre considerazioni sulla mappa del rischio industriale in Basi-

licata. Esso consente infatti, di evidenziare i quantitativi e il tipo di sostanze o categorie

di sostanze (o preparati) pericolose più diff use negli stabilimenti a rischio di incidente

rilevante presenti sul territorio regionale. Vengono di seguito riportati i quantitativi com-

plessivi di sostanze pericolose presenti negli stabilimenti collocati sul territorio lucano.

Le soglie indicate nelle tabelle successive si riferiscono ai quantitativi detenuti all’interno

di uno stabilimento per la sua classifi cazione come RIR. Nella colonna "Quantità" sono

indicate le quantità totali dichiarate in tutti gli stabilimenti, anche se inferiori alla soglia.

E’ prevista una variazione di tale indicatore in seguito alla entrata in funzione delle azien-

de Total Italia S.p.A. e Geogastock S.p.A.

IND8. INCIDENTI AVVENUTI NEGLI ULTIMI 5 ANNI

Gli incidenti avvenuti danno un’indicazione sul livello di rischio a cui l’uomo e l’ambiente

sono sottoposti; altresì, sono un punto di partenza per individuare le criticità e mettere

in atto le misure di prevenzione e mitigazione degli stessi.

TABELLA 7. TIPOLOGIA DI ATTI-VITÀ A RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTEFonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Compatibilità Ambientale

Stabilimenti esistenti

Numero %

Deposito di gas liquefatti 3 30

Produzione e/o deposito gas tecnici 1 10

Trattamento di olio grezzo 1 10

Industria farmaceutica 1 10

Produzione di materie plastiche 3 30

Produzione di biodiesel 1 10

TABELLA 8. SOSTANZE PERICO-LOSE CLASSIFICATE NELL’AL-LEGATO I PARTE 1, D.LGS. 334/1999 E S.M.I.Fonte: Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Compatibilità Ambientale

Soglia artt. 6/7 (t) Soglia art. 8 (t) Quantità (t)

Acetilene 5 50 0

Gas liquefatti estremamente

infi ammabili e gas naturali

50 200 613,644

Idrogeno 5 50 2,301

Ossigeno 200 2.000 23

Prodotti petroliferi 2.500 25.000 76.730

TABELLA 9. SOSTANZE PERICO-LOSE CLASSIFICATE NELL’AL-LEGATO I - PARTE 2, D.LGS. 334/1999 E S.M.I.Fonte: Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Compatibilità Ambientale

Soglia artt. 6/7 (t) Soglia art. 8 (t) Quantità (t)

1. Molto tossiche 5 20 596

2. Tossiche 50 200 1.970,7

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Dall’esame della fi gura 9 si evince che il maggior numero di incidenti è avvenuto negli

stabilimenti sottoposti all’art. 6 del D.Lgs 334/99 e s.m.i. I quasi incidenti3, invece, sono

più frequenti negli stabilimenti in art. 8, mentre si è verifi cato un solo incidente durante

il trasporto delle sostanze pericolose. La presenza di incidenti in numero maggiore negli

stabilimenti di cui all’art. 6 del D.Lgs 334/99 e s.m.i. evidenzia che per tale categoria di

aziende andrebbero potenziati i sistemi di gestione della sicurezza.

IND9. VERIFICHE ISPETTIVE

Tra le diverse misure di vigilanza e controllo previste dal D.Lgs. n. 334/99 e s.m.i. assumo-

no particolare rilievo le verifi che ispettive sui sistemi di gestione della sicurezza. Queste

sono fi nalizzate ad accertare l’adeguatezza della politica di prevenzione degli incidenti

rilevanti posta in atto dal gestore e dei relativi sistemi di gestione della sicurezza, nella

considerazione che la presenza di un sistema ben strutturato concorre alla riduzione del-

la probabilità di accadimento degli incidenti rilevanti. Le verifi che ispettive sono dispo-

ste dal Ministero dell’Ambiente per gli stabilimenti di cui all’art. 8, mentre la Regione ha

competenza amministrativa nello svolgimento delle verifi che ispettive degli stabilimenti

di cui agli artt. 6 e 7.

Non ci sono verifi che ispettive avviate in Basilicata nel 2010, né sono mai state avviate

in Basilicata verifi che ispettive per quanto riguarda gli stabilimenti ricadenti nell’art.6;

analizzando il numero complessivo di ispezioni riferite agli anni precedenti per gli sta-

bilimenti di cui all’art. 8 si registra uno scoraggiante decremento delle stesse e di conse-

guenza un minore controllo del sistema predisposto dalle singole aziende per garantire

la sicurezza del territorio. Per quanto riguarda le verifi che di competenza regionale si

precisa che con l’art. 72 del D.Lgs 112/1998 (recante "Conferimento di funzioni e compiti

amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L.

59/1997) è stato disposto il trasferimento alle regioni delle competenze amministrative

relative alle industrie a rischio, nonché della competenza legislativa a disciplinare la ma-

teria con specifi che normative ai fi ni del raccordo tra i soggetti incaricati dell’istruttoria

e di garantire la sicurezza del territorio e della popolazione. Lo stesso art. 72 ha però

3 Per "Quasi Incidente" si intende un episodio anomalo e negativo che non ha determinato un vero e proprio in-

cidente con danni a persone, beni aziendali e ambientali, ma che avrebbe potuto facilmente provocare tali eventi,

evitati solo per circostanze favorevoli e/o casuali. Fonte, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro

(ISPESL).

FIGURA 9. NUMERO E QUALITÀ DEGLI INCIDENTI (2005-2010) NEGLI STABILIMENTI RIRFonte: Arpa Basilicata

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subordinato il trasferimento delle competenze amministrative all’adozione della nor-

mativa regionale, previa attivazione dell’Agenzia regionale di protezione dell’ambiente

(ARPA), ed alla stipula di un apposito accordo di programma tra Stato e Regione per la

verifi ca dei presupposti per lo svolgimento delle funzioni, nonché per le procedure di di-

chiarazione. In linea con tali disposizioni, l’art. 18 del D.Lgs. n. 334/99 e s.m.i. prevede che

la Regione disciplini, tra l’altro, in merito all’esercizio delle verifi che ispettive. Attualmen-

te la Regione Basilicata non ha ancora provveduto ad emanare apposita legge regionale

per disciplinare la materia, la cui operatività, per alcuni aspetti, è comunque subordinata

alla stipula dell’accordo di programma con lo Stato. L’accordo Stato-Regioni di cui all’art.

72 del D.Lgs. n. 112 del 1998 ad oggi non è stato stipulato, essendo il testo-base ancora

in discussione tra i rappresentanti dei Ministeri competenti e le Regioni, presso l’Uffi cio

per il federalismo amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Potenza, opere in costruzione. Ernesto Salinardi

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Costruzioni

Capitolo 4

Il settore delle costruzioni ha una evidente centralità nell’analisi della situazione econo-

mica, sociale ed ambientale di un territorio per il rapporto diretto che ha con il soddisfa-

cimento di un bisogno primario dell’uomo, la casa, di investimento immobiliare di una

molteplicità di soggetti (famiglie, imprese, agenzie immobiliari, fondi immobiliari, ecc.),

per la pressione esercitata sull’ambiente e l’impatto generato (consumo di suolo, emis-

sioni, rifi uti, consumo di energia, ecc.). Infatti, nel caso delle costruzioni, o nell’accezione

più ampia dell’abitare, le risorse "consumate" sono il territorio, i materiali per la sua rea-

lizzazione, le risorse energetiche necessarie per garantire il comfort termico e illumino-

tecnico e le risorse naturali quali, ad esempio, l’acqua o l’aria. Un edifi cio consuma risorse

ambientali nel momento in cui occupa uno spazio, non soltanto quello di pertinenza

dell’edifi cio, ma anche quello correlato alle infrastrutture che lo collegano al territorio,

immette nell’ambiente elementi inquinanti, dai fumi della combustione agli scarichi, e

genera un impatto acustico dovuto essenzialmente alle componenti impiantistiche uti-

lizzate per garantire il comfort. L’insieme delle costruzioni, il loro utilizzo, il modo in cui

nel tempo sono aggregate in un luogo e sono relazionate alla sua morfologia, i materiali,

le forme e le tecnologie con cui sono costruite, le tipologie, le infrastrutture di servizi, la

rete dei trasporti che ne agevolano la fruizione, costituiscono le specifi cità dei sistemi

insediativi antropici che caratterizzano un territorio, modellati ed organizzati in paesi e

città. Le città pur occupando solo il 2% della superfi cie del pianeta, sono responsabili

di circa l’80% delle emissioni di CO2, poiché, come dimostrano i dati 2009 della Popula-

tion Division del Department of Economic and Social Aff airs delle Nazioni Unite, oltre la

metà della popolazione umana vive in aree urbane: 3,4 miliardi di individui che potranno

arrivare a 6,3 miliardi nel 20501. Poiché destinato a soddisfare bisogni primari e diritti

inalienabili dell’uomo (abitare e lavorare) nonché bisogni sociali (servizi, spazi pubblici

e welfare in generale) che nel tempo cambiano, il settore delle costruzioni risente di una

domanda insediativa mutevole nella qualità e nella quantità che pone da tempo nuovi

paradigmi del concetto di sviluppo urbano più implosivo, cioè rivolto alla riqualifi cazione

1 VII Rapporto ISPRA 2010 - Qualità dell’ambiente urbano.

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e al rinnovamento della città esistente più che alla espansione insediativa. I documenti di

programmazione europei hanno da decenni attribuito alle città un ruolo trainante nella

costruzione della competitività e della coesione dell’Unione mentre recenti documenti

guardano alle città come oggetto delle sfi de che l’Europa dovrà aff rontare nei prossimi

anni, laddove si propone di implementare, con una specifi ca attenzione alle aree urbane,

la strategia "Europa 2020" approvata dal Consiglio UE, rimarcando tre temi principali:

sviluppo urbano ed edilizio sostenibile; riduzione del consumo di suolo e di energia; ri-

qualifi cazione urbana integrata; riqualifi cazione energetica degli edifi ci. Nel paragrafo

presente, il settore delle costruzioni e dell’ambiente urbano della Basilicata è indagato

come settore di specializzazione dell’economia regionale; in relazione alla pressione cre-

ata dall’off erta di nuove costruzioni ed in particolare di nuova edilizia pubblica; in rela-

zione all’impatto che determina sul consumo di suolo e sul paesaggio; in relazione alle ri-

sposte che la pubblica amministrazione mette in campo con la redazione degli strumenti

urbanistici locali e di area vasta.

COS1. VALORE AGGIUNTO DELLE COSTRUZIONI AL PIL

L’indicatore riferisce che in Basilicata l’industria delle costruzioni, che rappresenta un set-

tore fondamentale dell’economia, sia in termini di ricchezza prodotta che sotto il profi lo

occupazionale, ha risentito fortemente della crisi che dal 2008 ad oggi ha colpito l’econo-

mia nazionale. Se si analizzano i dati della struttura produttiva ed occupazionale, nonché

i dati relativi alla contabilità territoriale (valore aggiunto del settore al PIL) è evidente

come il settore, che al 2006 costituiva una forma di specializzazione dell’economia regio-

nale, è oggi caratterizzato da una pesante caduta.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORIFonte: Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Direzione Generale

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

COS1 Valore aggiunto del

settore al PIL

D % UNIONCAMERE IT

BAS

2000-2013 ↓

COS2 Numero delle imprese/

addetti

del settore

D numero UNIONCAMERE BAS 2000-2013 ↓

COS3 Permessi a costruire

per abitazioni

D n ISTAT IT

BAS

2005-2012 ↓

COS4 Volumi autorizzati per

nuove costruzioni e

ampliamenti

D m3/n UNIONCAMERE IT

BAS

2000-2013 ↓

COS5 Edilizia residenziale

pubblica

D/P m2/n ATER Matera e

Potenza

BAS 2000-2010 − −

COS6 Abitazioni e famiglie S n ISTAT ITA

BAS

2001-2008 − −

COS7 Consumi ed emissioni

del settore residenziale

P % REG BAS BAS 2008 ↓

COS8 Normative e strumenti R REG BAS BAS 2000-2012 ↓

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In Basilicata, il valore aggiunto realizzato dal settore nel 2006 rappresentava il 7,9% del-

la ricchezza complessiva prodotta dal sistema economico regionale, quota superiore di

3 punti percentuali alla media nazionale (4,9%) e di 2,4 punti percentuali nei confronti

della media delle regioni del mezzogiorno (5,5%). I dati recenti indicano una inversione

di valori rispetto al dato nazionale; infatti, il valore aggiunto regionale realizzato al 2012

dal settore è caratterizzato da una diminuzione percentuale maggiore (-5%) rispetto a

quella nazionale (-0,3%).

La fi gura, che mette a confronto la regione Basilicata con le altre regioni italiane per

quanto attiene l’incidenza percentuale del valore aggiunto delle costruzioni sul PIL re-

gionale, conferma l’importanza economica del settore per la Basilicata, seconda solo

alla Valle d’Aosta. Se fi no al 2006 la performance del settore è stata altamente positiva,

nei sei anni successivi si assiste ad una fase regressiva, in linea con la diffi cile situazione

congiunturale del paese. Il comparto delle costruzioni, però, ha mostrato una maggiore

capacità di tenuta rispetto ad altri settori industriali sebbene la componente residenzia-

le ha registrato una forte fl essione delle compravendite (tendenza confermata dai dati

dell’Agenzia del Territorio che evidenziano un crollo delle compravendite residenziali,

pari a -19,6% nei primi sei mesi del 2012).

COS2. NUMERO DELLE IMPRESE/ADDETTI DEL SETTORE

Il contributo delle costruzioni all’occupazione complessiva (misurata in termini di unità

di lavoro) è pari al 10,7%; quota che, in Italia, raggiunge il 7,7%, mentre nel Mezzogiorno

si attesta all’8,6%.

TABELLA 2. VALORE AGGIUNTO DELL’INDUSTRIA DELLE CO-STRUZIONI (2000-2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

2000 2006 2012

% su PIL % su PIL % su PIL

Basilicata 6,7 7,9 2,9

Italia 4,5 4,9 4,2

FIGURA 1. INCIDENZA % DEL VALORE AGGIUNTO DELLE COSTRUZIONI SUL PIL REGIONA-LE (ANNO 2006)Fonte: Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

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Alla fi ne del 2008, risultavano iscritte al Registro Imprese delle Camere di Commercio

lucane (in condizione di normale funzionamento) 6.693 imprese del settore delle costru-

zioni, che rappresentano il 19,0% della base imprenditoriale extra-agricola complessiva

della regione: una quota superiore sia alla media nazionale (pari al 18,3%) sia a quella

meridionale, che si attesta al 16,4%.

Il dato relativo al periodo 2008-2010 inverte tale dinamica positiva mostrando che il set-

tore è tra quelli che a livello di comparto industriale ha perso il numero più elevato di ad-

detti (-7,7%). In termini assoluti, nel triennio 2008-2010, la contrazione registrata nell’edi-

lizia è di quasi 1.500 addetti in meno2.

COS3. PERMESSI A COSTRUIRE PER ABITAZIONI

La diffi cile situazione in cui attualmente versa il comparto è testimoniata anche dall’an-

damento del numero dei permessi a costruire per abitazioni che secondo elaborazioni

2 Osservatorio economico della Basilicata - L'economia della Basilicata nel 2011.

FIGURA 2. ANDAMENTO DELLE IMPRESE DEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI - NUMERI INDICI 2000=100 (2000-2012)Fonte: nostra elaborazione su dati Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

FIGURA 3. INCIDENZA PER-CENTUALE DELLE IMPRESE DI COSTRUZIONE SUL TOTALE DEL-LE IMPRESE EXTRA-AGRICOLE (2000-2008)Fonte: Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

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sui dati ISTAT e ANCE presentano una variazione (in diminuizione) nel periodo 2005-2010

del 57,9% per l’Italia e del 50,5% per la Basilicata.

COS4. VOLUMI AUTORIZZATI PER COSTRUZIONE E AMPLIAMENTO DI FABBRICA-

TI RESIDENZIALI E NON

L’indicatore permette di valutare la quantità di volume autorizzato con il rilascio dei per-

messi a costruire, quale nuovo stock di fabbricati residenziali e non; non indica, pertanto,

i m3 di costruzioni esistenti ma solo i nuovi; essendo un dato legato alle informazioni ri-

levate tramite la collaborazione che i comuni forniscono ad Istat, si ritiene che vada letto

con una certa cautela. Nei dieci anni precedenti il 2006 la produzione del settore è stata

alimentata in modo pressoché costante, dal comparto abitativo, sia nella componen-

te della nuova edilizia sia degli interventi di riqualifi cazione, quest’ultimi sospinti anche

dalle misure di agevolazione fi scale. Nel 2006, in Basilicata, sono stati rilasciati permessi

di costruire per realizzare 575 nuovi fabbricati residenziali (cui corrispondono 2.521 abi-

tazioni), per 1 milione e 228 mila metri cubi di volume, ai quali si aggiungono i 78 mila

metri cubi concessi per gli ampliamenti di fabbricati preesistenti, per un totale, quindi, di

1 milione e 306 mila. Nel 2007 sono stati realizzati 3.571 nuove abitazioni, nel 2010 solo

232 nuovi fabbricati cui corrispondono 726 abitazioni e 380.353 metri cubi di volume. In

otto anni (2000-2007) sono stati autorizzate 14.482 nuove abitazioni. L’off erta, invece, di

nuova edilizia non residenziale (capannoni ed uffi ci) per il 2006 si attesta su 374 nuovi

fabbricati per 1 milione e 317 mila metri cubi di volume.

FIGURA 4. ABITAZIONI (NUOVE ED AMPLIAMENTI) IN ITALIA (1995-2012)Fonte: elaborazione Ance su dati Istat

TABELLA 3. ABITAZIONI (NUOVE E AMPLIAMENTI). PERMESSI A COSTRUIRE (2006-2010).Fonte: elaborazione Ance su dati Istat

Var.% rispetto all’anno precendente

2010 2006 2007 2008 2009 2010 Var.% 2010-2005

Italia 128.707 -5,2 -4,5 -22,3 -25,4 -19,8 -57,9

Italia meridionale ed insulare 39.358 -1 0,4 -13,6 -27,7 -15,3 -47,3

Basilicata 781 71,6 -34,9 -10,1 -48,8 -3,8 -50,5

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Se nella media dell’intero periodo 2000-2006, l’off erta abitativa (in termini di volumi) è

aumentata del 7,4%, a fronte di un incremento del 4,3% registrato in Italia, nel periodo

2007-2012 è nettamente scesa al di sotto dei valori del 2002.

Le costruzioni non residenziali destinate ad attività economiche, invece, hanno registra-

to un periodo di forte sviluppo tra il 1999 e il 2002, seguito da un triennio di crisi e da

una successiva ripresa nel 2006 e 2007. Il comparto delle opere pubbliche, infi ne, dopo il

pesante fermo sperimentato nella prima metà degli anni ’90, ha ripreso a crescere a par-

tire dal 1997, con due anni di anticipo rispetto agli altri settori. La fase espansiva, tuttavia,

si è interrotta nel 2004, scontando un forte ridimensionamento delle risorse pubbliche

destinate a nuovi investimenti infrastrutturali.

FIGURA 5. VOLUMI CONCES-SI PER LA COSTRUZIONE E L’AMPLIAMENTO DI FABBRICA-TI ESISTENTI (NUMERI INDICI 2000=100)Fonte: nostra elaborazione su dati Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

FIGURA 6. VOLUMI CONCES-SI PER LA COSTRUZIONE DI FABBRICATI NON RESIDENZIALI (NUMERI INDICI 2000=100)Fonte: nostra elaborazione su dati Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

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La Tabella 4 consente di esaminare più specifi catamente il dato relativo all’edilizia abitati-

va; si possono osservare tre aspetti, tra loro collegati, caratterizzanti l’andamento dell’of-

ferta abitativa nella regione: aumenta la dimensione media dei fabbricati residenziali

(dai 1.527 metri cubi per fabbricato nel 2000 ai 2.135 metri cubi del 2006); aumenta il

numero medio di abitazioni per singolo fabbricato, che è passato da 2,7 a 4,4 mentre si

riduce la superfi cie utile abitabile per abitazione (da 93,1 a 88,6 m2).

La fi gura 7 mostra, tuttavia, che la superfi cie utile abitabile delle abitazioni di Basilicata

resta più elevata della media italiana; questa situazione, rapportata al numero medio dei

componenti i nuclei familiari della Basilicata pari a 2,57, dà conto della realizzazione di

superfi ci abitative superiori allo standard previsto per persona.

COS 5. EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA

L’indicatore dà conto della superfi cie urbanizzata per realizzare interventi di edilizia resi-

denziale pubblica nella province di Potenza e Matera ed il relativo numero di abitazioni

economiche e popolari.

Basilicata Italia

Volume medio

fabbricato, m3

N. abitazioni

per fabbricato

Superfi cie media

per abitazione, m2

Volume medio

fabbricato, m3

N. abitazioni

per fabbricato

Superfi cie media per

abitazione, m2

2000 1.527 2,7 93,1 1.959 4,2 81,6

2001 1.375 2,6 96,1 2.012 4,3 80,0

2002 1.516 3,1 85,3 2.064 4,6 78,0

2003 1.611 3,0 97,3 2.101 4,7 76,5

2004 1.609 3,3 90,2 2.161 5,0 74,1

2005 1.521 2,8 95,7 2.183 5,2 73,5

2006 2.135 4,4 88,6 2.125 5,0 73,2

TABELLA 4. EVOLUZIONE DELL’OFFERTA DI EDILIZIA ABITATIVA IN BASILICATA ED IN ITALIA (2000-2006)Fonte: Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

FIGURA 7. ABITAZIONI PER CLAS-SE DI SUPERFICIE (IN M2) UTILE ABITABILE, VALORI % (2006)Fonte: Osservatorio Economico Regionale, Unioncamere Basilicata - Centro Studi

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E’ pertanto un indicatore di pressione ma nello stesso tempo è un indicatore di risposta

di politiche abitative alla diffi coltà di sostenere l’affi tto o l’acquisto di una abitazione so-

ciale nel libero mercato. I dati sono stati forniti dalle ATER competenti e si riferiscono al

periodo 2000-2010.

Si rileva che la superfi cie edifi cata rappresenta una ridottissima percentuale (0,1%) della

superfi cie urbanizzata descritta ed analizzata all’indicatore SUO1 riportato nel capitolo 12,

e che il numero di abitazioni di edilizia residenziale rivolta alle fasce più deboli realizzate

rappresentano il 5% della nuova off erta abitativa in Basilicata, percentuale bassa se si con-

sidera che le abitazioni al 2010 in regime di godimento "affi tto" rappresentano l’11,5%.

COS 6. ABITAZIONI E FAMIGLIE

L’indicatore, rapportando il numero di abitazioni con il numero delle famiglie, permet-

te di stimare il livello di soddisfacimento della domanda primaria di abitazione, sebbe-

ne calcolato in base a nostre interpolazioni statistiche. Il CRESME al 2010 indica in Italia

27.000 milioni di abitazioni e quasi 21 milioni di famiglie.

In Basilicata al 2001 a fronte di 212.918 famiglie registrate da ISTAT, esistono 275.599

abitazioni, mentre al 2008 a fronte di 226.657 famiglie, esistono 286.672 abitazioni; nel

2010 le famiglie sono 230. 607 e le abitazioni sono 287.998; al crescere del numero del-

le famiglie in dieci anni (2001-2010) del 8,31%, le abitazioni sono aumentate con una

percentuale inferiore pari a 4,14% ma comunque restano in quantità, in valore assoluto,

nettamente superiore al numero delle famiglie. Il dato sicuramente contiene il fenome-

no delle seconde case; al fi ne di poterlo adeguatamente utilizzare come indicatore per

programmare politiche della casa e di governo del territorio sostenibile, richiede ulteriori

disaggregazioni quali la tipologia di famiglie e il regime di proprietà delle abitazioni; in

tal modo sarebbe anche possibile leggere in modo più effi cace come le politiche del set-

tore rispondono al fabbisogno specifi co di housing sociale.

TABELLA 5. EDILIZIA RESIDEN-ZIALE PUBBLICA NELLA PRO-VINCIE DI POTENZA E MATERA (2010)Fonte: Ater Potenza e Ater Matera

POTENZA MATERA BASILICATA

Superfi cie (m2) 114.355 36.200 150.755

Abitazioni (numero) 598 128 726

FIGURA 8. ABITAZIONI E FAMI-GLIE (2010)Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

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COS 7. CONSUMI ED EMISSIONI DEL SETTORE RESIDENZIALE

L’indicatore consente di considerare la pressione ambientale derivante dai consumi elet-

trici (KWh) e termici (m3) del settore delle costruzioni ad uso domestico e derivante dalle

emissioni in atmosfera (SO2, SO

3, NO

X e CO

2) prodotte dagli impianti di riscaldamento.

Elaborando i dati TERNA3, in Basilicata al 2008 il consumo di energia elettrica del settore

domestico rappresenta il 18,3% del consumo totale, a fronte del consumo in Italia pari

al 22,4%; il consumo di gas naturale per uso domestico e riscaldamento, misurato non in

termini di volume di sostanza consumata ma in termini di percentuale del numero utenti

serviti, rappresenta il 93% degli utenti fi nali. In base ai dati ISPRA4 le emissioni di SO2+SO

3

del settore non sono signifi cative, quelle di NOX incidono del 3% sul totale; si tratta di

percentuali molto basse, tuttavia è da evidenziare che, non essendoci modalità com-

pensative o di assorbimento della sostanza, la su emissione è comunque da tenere sotto

controllo. L’aumento delle emissioni di CO2 è considerato tra le cause dell’innalzamento

della temperatura media superfi ciale globale dell’atmosfera e del cambiamento climati-

co; poiché l’utilizzo energetico degli edifi ci equivale a oltre il 40% di tutte le emissioni di

CO2 in Europa (l’Italia produce, in percentuale, il 17,5% delle emissioni europee) è impor-

tante valutare quanto apporta il settore residenziale in Basilicata alle emissioni di CO2.

In fi gura, secondo la media italiana, l’emissione di anidride carbonica pro capite per fami-

glia per il settore residenziale, corrisponde a 2,9 tonnellate di CO2; confrontando questo

dato con gli indicatori propri di ciascuna regione emerge un signifi cativo 1,2 tonnellate

di CO2 famiglia della regione Sicilia, seguita da Puglia (1,4), Campania (1,5); occupano in-

vece gli ultimi posti Valle d’Aosta con 12,6 tonnellate di CO2 famiglia, Molise (6,2), Umbria

(5,7) e Basilicata (5,6).

3 TERNA

4 ISPRA

FIGURA 9. EMISSIONI DI CO2 TO-TALI ALL’ANNO IMPUTABILI ALLE CASE* IN EUROPA (2001)* Tutte le cifre di CO

2 dell’indagine sono

state calcolate basandosi sull’utilizzo di olio combustibile come fonte energetica. Ciò vale per tutte le tabelle che fanno riferimento alle emissioni di CO

2 e alle

perdite energetiche. Per via delle diffi coltà nell’ottenere dati affi dabili sui tipi di case nei vari paesi, i calcoli a essi relativi si basano su un tipo di casa europea standard avente un’area di pareti esterne di 100 m2, tetti ricoprenti 125 m2 e una superfi cie coperta di 75 m2.

Fonte: nostra elaborazione su dati EURIMA (European Insulation Manifactures Association

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Le emissioni di CO2 attribuibili al settore residenziale rappresentano, invece, il 10% del

totale; i 49.738.336,20 t sul totale di 471.321.013,72 t pongono il settore al terzo posto in

assoluto per le emissioni di CO2 in Basilicata. Molta quota delle emissioni è attribuibile

alle perdite energetiche derivanti dallo scarso (o nullo) isolamento termico legato anche

alla vetustà ed allo stato di conservazione del parco edilizio regionale, come si può os-

servare in fi gura 11.

Alcune risposte a tale situazione, per contribuire al contenimento dei consumi energetici

e all’incremento dell’uso di energia da fonti rinnovabili, sono state date attraverso l’ema-

nazione di bandi della regione a partire dal 2002; con il bando del 2006 "Bando per la

concessione ed erogazione dei contributi a sostegno dell’innovazione tecnologica e del

contenimento dei consumi energetici", rivolto a soggetti pubblici e privati e caratteriz-

zato da una copertura fi nanziaria di 3.000.000,00 €, è stato conseguito il maggior rispar-

mio energetico e la maggiore riduzione di emissioni di CO2 (t/anno)5 come mostrano la

fi gura 12 e la tabella 6.

5 L. R. n. 1 del 19 gennaio 2010 - Norme in materia di energia e PIEAR D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 - parte seconda

- BUR 2 del 19 gennaio 2010.

FIGURA 10. EMISSIONI DI CO2 DEL SETTORE RESIDENZIALE IN ITALIA (T DI CO2 PER FAMIGLIA) (2006)Fonte: nostra elaborazione su dati Fondazione Impresa (IGE)

FIGURA 11. EDIFICI AD USO ABI-TATIVO PER EPOCA DI COSTRU-ZIONE IN BASILICATA, 2001Fonte: nostra elaborazione su dati ISTAT

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COS8. NORMATIVE E STRUMENTI

Le risposte messe in campo negli ultimi anni sono di diverse tipologie che, sinteticamen-

te, vengono individuate come normative e strumenti. La normativa di riferimento è la

L.R. n. 23/99 "Tutela, governo ed uso del territorio" che, innovando complessivamente

il sistema di pianifi cazione territoriale ed urbanistica, pone obiettivi di sviluppo sosteni-

bile nel governo unitario del territorio regionale. La legge regionale obbliga i comuni a

redigere nuovi strumenti urbanistici in un’ottica di contenimento di consumo di suolo,

di effi cienza e funzionalità dei sistemi insediativo e relazionale, nonché di restauro e ri-

qualifi cazione del territorio e di continuità delle reti vegetazionali che, diversamente dai

piani regolatori generali di vecchia generazione, sono regolamenti urbanistici tesi più

alla riqualifi cazione che alla nuova espansione urbana.

FIGURA 12. MISURE RISPARMIO ENERGETICOFonte: Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Energia

TABELLA 6. RISPARMIO ENERGE-TICO CONNESSO AI CONTRIBUTI REGIONALI EROGATI (1999-2007)Fonte: Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Energia

Anno Liquidazioni (n) Risparmio (GJ/anno) Risparmio cumulato

(GJ/anno)

1999 1525 93666 93666

2000 252 131825 225491

2001 17 8893 234384

2002 2429 215038 449422

2003 14 7324 456746

2004 140 73236 529982

2005 0 0 529982

2006 1465 301989 831971

2007 49 5389 837360

tot 5891 837360

Rif. consumi (residenziale 2001) GJ 7200000

Obiettivo CdP % 12,50

Obiettivo CdP GJ/anno 900000

Risultato raggiunto % 11,63

Risultato raggiunto GJ/anno 837360

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La fi gura 13 indica che i Comuni dotati di Regolamento urbanistico approvato rappre-

sentano il 27% del totale, una percentuale molto bassa che, se pur incrementata con la

percentuale dei Comuni che sono in fase di adozione dello strumento urbanistico (6%),

raggiunge complessivamente solo il 33% e rende manifesta, a distanza di oltre un decen-

nio dalla approvazione della legge urbanistica regionale, la diffi coltà di raggiungere gli

obiettivi posti dalla legge stessa e la scarsa attuazione dei principi di governo sostenibile

del territorio.

Strumento per una risposta più specifi ca è l’adesione della regione al Protocollo ITACA Na-

zionale 20116 per la valutazione della sostenibilità energetico e ambientale degli edifi ci.

Il protocollo elaborato sulla base della metodologia, sviluppata in ambito internazionale,

del Green Building Challenge (GBC) è un sistema di valutazione volontario della prestazio-

ne ambientale di un edifi cio rispetto a due macroaree di valutazione: il consumo di risorse

e il carico ambientale. A seguito dell’adesione con D.G.R. n. 724 del 15.05.2006, è stato

creato il software applicativo del "Sistema di valutazione energetico-ambientale degli edi-

fi ci residenziali"7. Il protocollo è stato utilizzato come riferimento in programmi di edilizia

sociale e nella defi nizione di incentivi previsti in norme regionali per l’edilizia. Ulteriore

strumento è la istituzione dell'Osservatorio Regionale dell'Edilizia e dei Lavori Pubblici.

Il protrarsi del particolare momento storico che vive il settore edile, sia sotto il profi lo

occupazionale, che produttivo ha indotto la Regione Basilicata, attraverso l’Assessorato

alle Infrastrutture, OO.PP. e Mobilità, ad avviare, già dall’aprile 2011, tavoli di confronto

sulla crisi in edilizia, partecipati dalle rappresentanze istituzionali, datoriali, sindacali e di

categoria.

Il tavolo di confronto permanente è confl uito nella istituzione dell’Osservatorio Regiona-

le dell’Edilizia e dei Lavori Pubblici (art. 39, L.R. 26 del 30/12/2011).

Tale organismo ha il compito di supportare le politiche regionali, mediante la costante

rilevazione ed interpretazione di alcuni signifi cativi andamenti settoriali e di fenomeni di

distorsione del mercato (ad es. il lavoro nero o il meccanismo di massimo ribasso nell’af-

fi damento degli appalti) nonché di favorire una funzione di promozione, di innovazione

6 Il protocollo ITACA nasce da un gruppo di lavoro interregionale per l’edilizia sostenibile dell’Istituto per l’inno-

vazione e la trasparenza degli appalti e della compatibilità ambientale, al quale la Regione Basilicata partecipa, in

collaborazione con IISBE Italia, il supporto scientifico di Itc-Cnr e l’Università Politecnica delle Marche. E’ stato appro-

vato nel 2007.

7 Il software è disponibile sul sito del Dipartimento Infrastrutture e Mobilità della Regione Basilicata, alla sezione

Edilizia.

FIGURA 13. SITUAZIONE DEGLI STRUMENTI URBANISTICI NEI COMUNI DELLA REGIONE BASI-LICATA (2011)[1] Per attività avviata si intende il caso in cui il Comune ha svolto o ha in corso attività di copianifi cazione, indipendente-mente dall’esito della conferenza di pianifi cazione. [2] In tale voce sono compresi i comuni che non hanno avviato nessuna attività di copianifi cazione

Fonte: nostra elaborazione su dati Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità - Uffi cio Urbanistica e Tutela del Paesaggio

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e di creazione di consenso verso linee programmatiche atte a rilanciare il settore. In

particolare, rispetto agli ambiti di competenza del Dipartimento Infrastrutture, OO.PP.

e Mobilità, si occupa di: politiche della casa e edilizia sociale; sistema delle infrastrutture

primarie e secondarie; politiche integrate di sicurezza del patrimonio pubblico e privato

esistente; politiche attive di difesa del suolo e prevenzione dei rischi; trasparenza, rego-

larità, economicità nella gestione dei contratti pubblici.

Con D.G.R. n. 570 del 24 maggio 2013 è stato approvato il disciplinare dell’Osservatorio

per defi nirne fi nalità, composizione, compiti e funzioni.

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Viggiano, Centro Olio. Ernesto Salinardi

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Petrolio

Capitolo 5

Gli idrocarburi sono i combustibili fossili più fl essibili e maggiormente usati. Dal petrolio

si ricava il 40% di tutta l’energia mondiale. Un quinto della produzione mondiale provie-

ne da soli 14 giacimenti scoperti oltre 40 anni fa. Il massimo dei ritrovamenti di idrocar-

buri è stato raggiunto a metà degli anni sessanta; da allora c’è stato un continuo declino

e dal 1985 si consuma più petrolio di quanto non se ne trovi di nuovo.

I prezzi crescenti del greggio stimolano gli investimenti per la ricerca di nuovi giacimenti

e il miglioramento delle tecniche di estrazione, ma stanno anche spingendo i paesi pro-

duttori e le compagnie petrolifere a sfruttare la coltivazione dei giacimenti per mantene-

re stabile e più a lungo possibile il livello di produzione.

A tutt’oggi il contributo della produzione nazionale di idrocarburi sul totale dei consumi

è pari al 10% per il gas e al 6% per l’olio ed è importante mantenere una quota di prodot-

to nazionale ai fi ni della sicurezza degli approvvigionamenti energetici. In questo con-

testo la Basilicata contribuisce con il giacimento della Val d’Agri al 75% della produzione

nazionale di greggio e si caratterizza come area di interesse strategico nel settore ener-

getico nazionale, in grado di contribuire in maniera rilevante alla ricchezza economica

del Paese. Tanto più se si tiene conto che la produzione di olio potrà essere incrementata

di circa il 13% rispetto all’attuale produzione annua qualora fossero realizzati i progetti

di sviluppo previsti.

In Basilicata le attività di ricerca e coltivazione interessano circa il 36% del territorio: sono

vigenti 21 concessioni di coltivazione, 11 permessi di ricerca e sono state presentate 17

nuove richieste di conferimento di permessi di ricerca.

Le suddette attività hanno un elevato impatto sull’ambiente. I principali rischi ambientali

sono legati alla perforazione dei pozzi, al trasporto degli idrocarburi ed al loro trattamen-

to nelle centrali. In particolare, l’attività di upstream1 produce oltre agli impatti tipici del-

le attività industriali anche impatti specifi ci quali la produzione di fanghi di perforazione,

di acque di strato e trattamento, e di emissioni atmosferiche prodotte dalla combustione

dei gas non utilizzati. Bisogna pertanto, valutare la compatibilità delle suddette attività

1 Upstream - processo operativo da cui trae origine l’attività di produzione di gas naturale, olio combustibile e

petrolio.

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in relazione alle aree in cui vengono localizzate, verifi care la sostenibilità delle estrazioni

in relazione all’intero contesto regionale.

Il modello di gestione ambientale, ispirato da una logica di sistema come quella fornita

dal modello DPSIR, rappresenta un primo tentativo di approccio metodologico riguar-

dante l’applicazione di nuove tecniche per la valutazione dello "stato di salute" dell’am-

biente nell’ambito di un’area sottoposta ad upstream.

PET1. TITOLI MINERARI VIGENTI - PERMESSI DI RICERCA E COLTIVAZIONE

DI IDROCARBURI

L’indicatore pone in evidenza l’impulso alla ricerca dato dalla possibile presenza di grandi

riserve di idrocarburi.

Il permesso di ricerca è un titolo esclusivo che consente lo svolgimento di attività consi-

stenti in rilievi geografi ci, geologici, geochimici e geofi sici (in prevalenza di tipo sismico a

rifl essione) e perforazioni di ricerca che, per il loro elevato costo, si eff ettuano solo quan-

do le ricerche geofi siche evidenziano possibili trappole di idrocarburi.

Un permesso di ricerca è rilasciato per una durata di 6 anni e può essere prorogato per

2 volte.

Per la necessità di seguire temi di carattere geo-giacimentologico e per l’entità dei rileva-

menti geofi sici, le dimensioni areali dei permessi sono sempre piuttosto grandi, dell’or-

dine di svariate centinaia di km2, hanno forma compatta e sono delimitati da archi di me-

ridiano e parallelo; inoltre, la normativa di settore prevede una riduzione della superfi cie

con l’avanzare delle conoscenze.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/

INDICE

DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

PET1 Titoli minerari

vigenti - permessi

D numero UNMIG,

Dipartimento

Ambiente

Regionale 1990-2013 ☺ ↑

PET2 Titoli minerari

vigenti

- concessioni

D/P numero UNMIG,

Dipartimento

Ambiente

Regionale 1960-2013 ☺ ↑

PET3 Sfruttamento

di risorse non

rinnovabili

D/P Smc

(gas), Ton

(greggio)

UNMIG,

Dipartimento

Ambiente

% della superfi cie

regionale occupata

da concessioni

produttive

1980-2013 ☺ ↑

PET4 Pozzi di ricerca e

coltivazione

P numero UNMIG,

Dipartimento

Ambiente

Regionale 1940-2013 ☺ ↑

PET5 Monitoraggi

ambientali

S/R matrici

ambientali

Arpab,

Dipartimento

Sanità, Società

Petrolifere

(L.R. 12/99)

Aree interessate

dalle attività

estrattive

2006-2013 ☺ ↑

PET6 Accordo Stato

Regione

R numero Regione Nazionale,

Regionale

1998- 2013 ↔

PET7 Protocolli

d’Intenti Regione/

Società - Accordi

sottoscritti

R numero Regione Regionale / Aree

interessate dalle

attività estrattive

dal 1998 ☺ ↑

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Gli undici permessi di ricerca vigenti in Basilicata sono ubicati prevalentemente a cavallo

delle province di Potenza e Matera ed occupano una superfi cie di circa 1.455 Km2, pari al

15% dell’intero territorio lucano.

TABELLA 2. PERMESSI DI RICER-CA DI IDROCARBURI LIQUIDI E GASSOSI VIGENTI IN BASILICATA Fonte: nostra elaborazione 2013

ID NOME DECORRENZA SCADENZA SOCIETÀ TITOLARE PROVINCIA AREA

(km2)

PV/1 Aliano 06.11.1998 06.11.2004 Total E&P Italia - Eni Matera - Potenza 154,56

PV/2 Fosso Valdienna 05.12.1996 05.12.2002 Esso Italiana - Total E&P

italia - Shell Italia E&P - Eni

Matera - Potenza 34,00

PV/4 Montalbano 08.09.2005 08.09.2011 Mediolgas Civita -

Cygam Energy Italia

Matera 165,04

PV/6 Serra San Bernardo 11.07.1994 23.02.2008 Medoilgas Italia - Eni -

Total E&P Italia

Matera Potenza 268,56

PV/7 Teana 23.09.1998 23.09.2004 Total E&P Italia - Eni Potenza 231,04

PV/8 Tempa Moliano 05.12.1996 05.12.2002 Esso Italiana - Total E&P

italia - Shell Italia E&P - Eni

Potenza 57,48

PV/9 Torrente la Vella 31.05.2006 31.05.2012 Edison - Medoilgas Italia Potenza -Matera 9,65

PV/10 Pizzo Sciabolone 05.10.2009 05.10.2015 Gas Plus Italiana Matera 96,22

PV/11 Monte Negro 06.10.2010 06.10.2016 Celtique Energie -

Apennine Energy

Matera 287,70

PV/12 Torrente Acquafredda 06.10.2010 06.10.2016 Aleanna Resources LLC Matera 66,24

PV/13 Torrente Alvo 21.10.2010 21.10.2016 Celtique Energie

Apennine Energy

Potenza 84,34

FIGURA 1. MAPPA DEI PERMESSI DI RICERCA VIGENTIFonte: nostra elaborazione su dati U.N.M.I.G. 2013

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I permessi di ricerca sono stati conferiti nel periodo compreso tra il 1992 e il 2010; le so-

cietà intestatarie dei titoli minerari sono multinazionali che operano anche nel settore

della produzione.

Solo in due dei suddetti permessi di ricerca sono stati perforati pozzi esplorativi mentre

7 permessi hanno il decorso temporale sospeso. La crisi della ricerca si può ascrivere in

parte a comportamenti degli operatori, in parte a vincoli di carattere ambientale che im-

pediscono le attività di ricerca, in parte a diffi coltà impreviste che possono risolversi solo

dopo la stipula di specifi ci accordi compensativi con amministrazioni regionali o locali.

Il valore dell’indicatore può variare nel tempo a seguito del rilascio di nuovi permessi;

infatti in Basilicata sono stati richiesti altri 17 nuovi permessi di ricerca, localizzati per la

maggior parte nella porzione nord occidentale della regione che occuperebbero una

superfi cie di circa 2.500 km2. Per questi nuovi permessi di ricerca le fasi del procedimen-

to amministrativo per il conferimento del titolo da parte del Ministero dello Sviluppo

Economico, d’intesa con la Regione sono diff erenti: due sono in fase pre CIRM (devono

essere esaminati dal Comitato Idrocarburi e Risorse Minerarie), 9 sono in fase di Valuta-

zione di Impatto Ambientale e per 6 dei predetti nuovi titoli (Grotte del Salice, Frusci, Sa-

triano di Lucania, Anzi, Masseria La Rocca, Palazzo San Gervasio) la Regione ha espresso

la mancata intesa.

PET2. TITOLI MINERARI VIGENTI - CONCESSIONI DI COLTIVAZIONE DI

IDROCARBURI

L’indicatore scelto è sia una determinante, in quanto le aree di concessione sono stret-

tamente legate all’attività estrattiva, sia un indicatore di pressione, in quanto nelle aree

vengono realizzati gli impianti e perforati i pozzi che consentono il prelievo delle risorse

non rinnovabili a cui conseguono impatti per perdita di suolo, alterazione del paesaggio

e produzione di fanghi di perforazione. Il valore dell’indicatore può variare in seguito alla

scoperta di nuovi giacimenti o per decadenza della concessione per esaurimento della

risorsa.

In Basilicata, attualmente sono vigenti 21 concessioni di coltivazione che coprono una

superfi cie di circa 2071 Km2 pari al 21% della superfi cie territoriale lucana.

L’area di concessione risulta sempre molto superiore a quella eff ettivamente occupata

dagli impianti (aree pozzo, centrali e impianti di trattamento). La superfi cie di una con-

cessione, compatta e delimitata da archi di meridiano e parallelo, non è in genere stretta-

mente legata al giacimento evidenziato dalle operazioni di ricerca in quanto in tale area

il concessionario può eff ettuare anche ulteriori ricerche (geofi sica e perforazioni) per in-

crementare le riserve già evidenziate. Naturalmente l’attività principale nella concessio-

ne è la coltivazione del giacimento, cioè la produzione, con l’obiettivo di massimizzarla.

La concessione, può essere rilasciata per venti anni e può essere però prorogata fi no ad

ulteriori dieci anni.

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TABELLA 3. CONCESSIONI DI COLTIVAZIONE DI IDROCARBURI LIQUIDI E GASSOSI VIGENTI IN BASILICATAFonte: nostra elaborazione 2013 (*) La superfi cie riportata è relativa alla sola porzione di concessione che ricade in Basilicata

ID NOME DECORRENZA SCADENZA SOCIETÀ PROVINCIA NOTE PRODUZIONE AREA

(km2)

C/1 Calciano 25.01.1982 25.01.2012 Eni Potenza -Matera Gas naturale 65,26

C/2 Candela 29.09.1972 31.05.2013 Eni - Edison Potenza -Foggia Istanza di

proroga

Gas naturale,

olio

1,66(*)

C/3 Colabella 16.05.1985 16.05.2015 Edison -

Gas della

Concordia

Potenza Istanza di

rinuncia

Gas naturale 54,45

C/4 Cugno le

Macine

04.05.1976 09.03.2005 Eni Matera Rinuncia

all’Istanza

di proroga

Gas naturale 77,12

C/5 Fonte

S.Damiano

18.07.1988 18.07.2018 Apennine

energy-

Matera Istanza di

estensione

Gas naturale 23,71

C/6 Garaguso 07.06.1969 07.06.2009 Edison - Gas

Plus Italiana

Matera Istanza di

proroga

Gas naturale 69,62

C/7 Gorgoglione 19.11.1999 14.07.2023 Total E&P Italia

Total E&P

Energia Italia -

Shell ItaliaE&P

Potenza, Matera Gas naturale,

olio

290,59

C/8 Il Salice 27.03.1988 27.03.2018 Gas Plus

Italiana

Matera Gas naturale 47,15

C/9 Masseria

Monaco

08.07.1986 08.07.2016 Edison - Eni Matera Gas naturale 35,93

C/11 Monte

Morrone

01.09.1977 01.09.2007 Gas Plus

Italiana

Matera Istanza di

proroga

Gas naturale 29,72

C/12 Monte

Verdese

28.06.92 28.06.2022 Medoilgas

Italia - Gas

Plus Italiana

- Petrorep

Italiana

Matera Gas naturale 60,02

C/13 Nova Siri

Scalo

25.05.1963 24.05.2003 Gas Plus

Italiana

Matera Istanza di

proroga

Gas naturale 7,5

C/14 Orsino 02.12.1984 02.12.2014 Gas Plus

Italiana

Potenza, Matera Istanza di

rinuncia

Gas naturale 144,89

C/15 Policoro 30.09.1990 30.09.2020 Gas Plus

Italiana

Matera

- Cosenza

Gas naturale 155,47 (*)

C/16 Recoleta 08.09.1999 08.09.2019 Gas plus

Italiana

Matera Gas naturale 44,62

C/17 San Teodoro 05.09.1989 05.09.2019 Medoilgas

Italia

Matera Gas naturale 59,25

C/18 Scanzano 13.12.91 13.12.2021 Meoilgas Italia Matera Gas naturale 70,79

C/19 Serra Pizzuta 04.05.1976 10.09.2001 Eni Matera Istanza di

proroga

Gas naturale,

olio

62,55

C/20 Tempa Rossa 04.04.1983 04.04.2013 Eni - Edison Matera Gas naturale 69,05

C/21 Val d’Agri 28.12.2005 28.10.2019 Eni -Shell Italia

E&P

Potenza Gas naturale,

olio

660,15

C/22 Masseria

Viorano

10.10.1989 10.10.2019 Gas Natural

Vendita Italia

Matera - Potenza Gas naturale 41,61

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FIGURA 2. MAPPA DELLE CON-CESSIONI DI COLTIVAZIONE DI IDROCARBURIFonte: nostra elaborazione giugno 2013

FIGURA 3. MAPPA DELLE CON-CESSIONI DI COLTIVAZIONE DI IDROCARBURI DISTINTE PER PRODUZIONEFonte: nostra elaborazione giugno 2013)

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Dalla fi gura 3 si evince che le concessioni da cui si estrae gas sono localizzate nella par-

te orientale della regione e lungo la fascia ionica. Si tratta di concessioni, conferite dal

1963 (Nova Siri Scalo) fi no al 1990 (Policoro), i cui giacimenti sono in fase di esaurimento.

Per alcune di queste concessioni è stata presentata istanza di proroga, per altre, inve-

ce, istanza di rinuncia; in particolare, la proroga è stata presentata per le concessioni di

Monte Morrone, Nova Siri scalo, Serra Pizzuta, Candela, Garaguso e Cugno le Macine. Per

quest’ultima concessione è stata accolta dall’ U.N.M.I.G. la richiesta di rinuncia alla proro-

ga ed attualmente il concessionario è stato nominato custode della miniera. Le istanze di

rinuncia sono invece relative ai titoli di Colabella, e Orsino.

Al naturale declino produttivo di antichi campi ormai maturi si contrappone l’interesse

per i giacimenti di gas marginali, utilizzabili per lo stoccaggio di gas; infatti alla Geoga-

stock è stata attribuita nel 2012 la concessione Cugno le Macine per lo stoccaggio rela-

tiva al giacimento di Grottole/Ferrandina: la stessa società Geogastock inoltre è titolare,

presso il Ministero dello Sviluppo Economico, della procedura per l’attribuzione della

Concessione di Stoccaggio Serra Pizzuta, ubicata in provincia di Matera, nel Comune di

Pisticci.

Le concessioni che sfruttano giacimenti ad olio sono tre: Serra Pizzuta, Val d’Agri e

Gorgoglione.

La concessione Serra Pizzuta conferita nel 1976, si estende per 62 km2 in provincia di

Matera ed è gestita dall’Eni. La concessione interessa il giacimento denominato Pisticci,

comprensivo di due reservoir ben distinti e non comunicanti: Pisticci gas (Terrigeno) e

Pisticci olio (Carbonatico). Il giacimento è stato scoperto nel 1960 dal sondaggio Pisticci

1 che ha messo in evidenza la mineralizzazione ad olio nei calcari cretacei e la mineraliz-

zazione a gas dei livelli sabbioso-argillosi del Pliocene e del Quaternario.

La concessione Val d’Agri conferita nel 2005, deriva dall’unifi cazione di quattro prece-

denti concessioni. Ha un’estensione di 660,15 km2 ed interessa un territorio di circa 30

comuni. La concessione, intestata alle società Eni S.p.A. e Shell Italia E&P, sfrutta il giaci-

mento ad olio più importante d’Italia. Tale giacimento scoperto nel 1987, e in produzione

dal 1993, si trova alla profondità media di 2.400 m s.l.m. (piano campagna da 600 a 1.300

m) e si estende arealmente per circa 300 km2. La roccia serbatoio è costituita da calcari

fratturati e lo spessore di roccia mineralizzata è di 800 m. L’olio è mediamente di buona

qualità con gradi API variabili da 15° a 45°.

La concessione Gorgoglione copre un’area di 290 km2 ed interessa la provincia di Poten-

za e Matera. Deriva dall’unifi cazione di tre precedenti concessioni avvenuta nel 1999. Il

titolo è assegnato alle società Total E&P Italia, Total E&P Energia Italia e Shell Italia E&P.

La concessione sfrutterà il giacimento petrolifero situato nell’alta valle del fi ume Sauro

scoperto nel 1989. La colonna d’olio verifi cata nel giacimento raggiunge la profondità di

circa 5.000 m. A regime l’impianto - tra i più evoluti nel settore petrolifero - avrà una ca-

pacità produttiva giornaliera di circa 50.000 barili di petrolio, 250.000 m³ di gas naturale,

267 tonnellate di GPL e 60 tonnellate di zolfo.

PET3. SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE NON RINNOVABILI

L’indicatore scelto è un determinante perché l’attività estrattiva, al pari di altre attività

industriali, è una causa generatrice ma è anche un indicatore di pressione per lo sfrutta-

mento di risorse non rinnovabili.

La quantifi cazione dell’indicatore è eff ettuata attraverso l’analisi della produzione di

idrocarburi. Nei grafi ci successivi sono riportate le produzioni complessive di gas e di

olio distinte per titolo minerario dal 1980 al 2012.

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Dalla fi gura 4 si evidenzia un incremento della produzione a partire dal 2002, dovuto

all’entrata in esercizio della concessione Val d’Agri a cui si può attribuire circa il 70% della

produzione totale

Nella fi gura 6 è riportata la produzione di olio e gas della Basilicata rispetto alla produ-

zione nazionale.

PET4. POZZI DI RICERCA E COLTIVAZIONE

L’indicatore è importante per valutazioni sui rischi ambientali legati alle attività di perfo-

razione, all’uso del suolo, alle bonifi che ed in generale per verifi care lo stato dei luoghi

dove sono presenti pozzi produttivi.

FIGURA 4. PRODUZIONE COM-PLESSIVA DI GAS DAL 1980 AL 2012Fonte: nostra elaborazione su dati U.N.M.I.G giugno 2013

FIGURA 5. PRODUZIONE COM-PLESSIVA DI OLIO DAL 1980 AL 2012Fonte: nostra elaborazione giugno 2013

FIGURA 6. PRODUZIONE DI OLIO E GAS DELL’ANNO 2012Fonte: nostra elaborazione su dati U.N.M.I.G giugno 2013

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Il valore dell’indicatore può variare in seguito alla realizzazione dei programmi di lavoro

di ciascuna concessione o per improduttività.

L’attività esplorativa svolta con le perforazioni dei pozzi è stata molto intensa nel passato.

Dall’analisi dei dati storici sui pozzi si desume che la ricerca di idrocarburi ha avuto inizio

nei primi anni del ‘900 nella Val d’Agri con lo studio delle manifestazioni superfi ciali di

olio e gas di Tramutola; successivamente, nel ventennio compreso tra il 1950 e il 1970,

l’attività esplorativa si è svolta nella Val Basento, dove furono rinvenuti da Agip impor-

tanti giacimenti di gas. In quest’area l’attività è stata intensa anche negli anni compresi

tra il 1971 e il 1990. Dal 1991 ad oggi, l’attenzione è stata soprattutto rivolta alla Val d’Agri

ed alla Val Camastra, con ancora una attività signifi cativa lungo la fascia ionica, dove si

svolge la coltivazione di idrocarburi gassosi.

FIGURA 7. POZZI PERFORATI IN BASILICATA DAL 1920 AL 2012Fonte: nostra elaborazione giugno 2013

FIGURA 8. MAPPA DEI POZZI PERFORATI IN BASILICATA DAL 1920 AL 2013Fonte: nostra elaborazione su dati U.N.M.I.G giugno 2013

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Nella fi gura 9 sono riportati, per ogni concessione, i pozzi produttivi. Si precisa che il ter-

mine produttivo indica la capacità del pozzo di produrre greggio e non l’eff ettivo stato

dello stesso, in quanto un pozzo può essere produttivo, ma non essere allacciato o non

produrre per scelte aziendali o per manutenzione, etc.

PET5. MONITORAGGI AMBIENTALI

L’attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, con impianti produttivi, infrastruttu-

re e reti tecnologiche, ha inevitabilmente un impatto sulle componenti ambientali e

naturali.

Gli studi e le analisi ambientali forniscono dati necessari per la prevenzione, evidenziano

dove intervenire per evitare costi maggiori e consentono di compiere scelte virtuose di

lungo periodo, in equilibrio tra l’utilizzo e la conservazione delle risorse naturali. In tal

senso essi rappresentano un indicatore oltre che di stato anche di risposta in quanto

forniscono un fondamentale supporto conoscitivo per il conseguimento degli obiettivi

di politica ambientale, nonché la verifi ca dell’effi cacia delle prescrizioni, dei limiti e dei

programmi di controllo.

Per garantire un controllo continuo sull’evoluzione dello stato ambientale sono state

svolte nell’area della Val d’Agri, interessata dalla coltivazione di idrocarburi, numerose

attività di monitoraggio e controllo dello stato di qualità delle matrici ambientali.

Secondo quanto previsto dalla L.R. n. 27 del 19 maggio 1997, l’ARPA Basilicata contribu-

isce alla conoscenza ambientale attraverso la conduzione delle reti di monitoraggio e il

FIGURA 9. MAPPA DEI POZZI PRODUTTIVIFonte: nostra elaborazione giugno 2013

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controllo delle fonti di pressione ambientale puntuali e diff use. In particolare, l’ARPAB

assicura il supporto tecnico nella valutazione di progetti e piani con rilevanza ambientale

attraverso verifi che documentali, raccolta e produzione di dati, emissione di relazioni e

pareri.

L’attività di monitoraggio dell’area della Val d’Agri è in continua crescita, sia in termini di

quantità di controlli che di matrici indagate e metodiche di indagine. Si sottolinea che a

seguito delle D.G.R. n. 313/2011 e 627/2011 relative alla VIA ed alla AIA sul "progetto di

ammodernamento e miglioramento performance produttive del centro olio Val d’Agri"

è stato sottoscritto nel 2011 tra l’ARPAB e l’ENI, un "Protocollo operativo per la verifi ca

dello stato della qualità ambientale della Val d’Agri" con l’obiettivo di ampliare le attività

di monitoraggio in corso. Nello specifi co sono state incrementate le misurazioni previste

per le seguenti matrici:

aria;•

rumore;•

acque superfi ciali e sotterranee;•

caratterizzazione suolo e sottosuolo e sedimenti.•

Le attività di monitoraggio previste dal protocollo, relativamente alle acque sotterranee,

acque superfi ciali e rumore hanno avuto inizio nel mese di giugno 2011.

Oltre alle attività di monitoraggio eff ettuate dall’ARPAB, occorre segnalare che dati sulle

matrici e sulla qualità ambientale delle aree interessate dall’attività estrattiva sono stati

raccolti mediante numerosi studi ed indagini svolte dagli istituti di ricerca (Università.

ENEA, CNR IMAA) e dalla società Metapontum Agrobios, nonchè dalle stesse società pe-

trolifere obbligate a ciò da specifi ci accordi attuativi e dalla L.R. n. 12 del 6 aprile 1999 sul-

le "Modalità d’informazione sull’estrazione petrolifera in Basilicata" che impone una serie

di azioni di diff usione dei dati ambientali, occupazionali, di produzione e sulle royalties.

La tendenza attuale, facilmente leggibile nelle prescrizioni riportate nei provvedimenti

autorizzativi delle attività di ricerca e coltivazione idrocarburi, nonché di stoccaggio di

gas naturale in unità geologiche profonde, è quella di realizzare un Sistema Integrato di

Monitoraggio Ambientale costituito da reti di monitoraggio della qualità delle matrici

ambientali e un centro di raccolta (Osservatorio Ambientale) che provvede all’elabora-

zione dei dati provenienti dalla rete di monitoraggio, alla loro archiviazione e diff usione.

Tale sistema integrato di monitoraggio e controllo consentirà di valutare lo stato dell’am-

biente in termini quantitativi, sia in relazione al numero dei parametri, indici e indicatori

signifi cativi per la defi nizione delle pressioni e degli impatti subiti dagli ecosistemi, sia

in termini di numero di eventi e situazioni anomale rilevate (fenomeni spia), tecniche o

formali (atti, prescrizioni, illeciti), che misurano l’effi cacia dei controlli.

PET6. ACCORDI STATO-REGIONE

In risposta alle attività di coltivazione di idrocarburi sono stati stipulati protocolli d’intesa,

sintetizzati nella tabella successiva, tra la Regione ed il Governo per conseguire nelle aree

interessate dall’estrazione di idrocarburi uno sviluppo economico e sociale duraturo, nel

rispetto delle tradizioni, delle vocazioni del territorio e della salvaguardia e valorizzazio-

ne del patrimonio naturale, paesaggistico, monumentale ed archeologico.

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PET7. PROTOCOLLI D’INTENTI REGIONE /SOCIETÀ - ACCORDI SOTTOSCRITTI

In risposta alle eventuali alterazioni del sistema ambientale generate dalle attività di up

stream e da quelle ad esse connesse sono stati stipulati protocolli d’intenti e accordi at-

tuativi tra la Regione Basilicata e le società petrolifere, fi nalizzati alla realizzazione di in-

terventi di compensazione ambientale ed alla individuazione di mezzi e tecniche che

rendano coerenti le azioni di sviluppo e di innovazione con i valori ambientali. In parti-

colare, la Regione richiede che siano utilizzate le migliori tecnologie disponibili per mini-

mizzare gli impatti e i fattori di rischio adottando livelli minimi di tollerabilità, inferiori a

quelli previsti dalla vigente normativa.

Nella tabella 5 sono sintetizzati gli accordi sottoscritti.

TABELLA 4. PROTOCOLLI D’INTE-SA GOVERNO/REGIONE

Protocolli d’Intesa Governo/Regione Oggetto dell’Intesa

7 ottobre 1998 - Presa d’atto della D.G.R. n.

2940 del 12 ottobre 1998

Piano di interventi che si ritengono determinanti

per accelerare lo sviluppo socio-economico delle

aree della Val d’Agri interessate all’estrazione di

idrocarburi.

10 novembre 1999 - D.C.R. n. 1226 Intesa

Istituzionale di programma tra Governo della

Repubblica Italiana e Regione Basilicata

Approvazione dello schema dell’Intesa e di tre

Accordi di Programma Quadro.

29 aprile 2011 - Sottoscrizione del

Memorandum di Intesa Stato Regione

Basilicata.

Intesa sottoscritta per promuovere

l'accelerazione dello sviluppo regionale

attraverso politiche aggiuntive di: sviluppo

industriale generatore di occupazione;

incremento della dotazione infrastrutturale;

investimenti in ricerca e innovazione connesse

alla ricerca e coltivazione delle fonti fossili in

Basilicata.

TABELLA 5. PROTOCOLLI D’IN-TENTI REGIONE - SOCIETÀ - AC-CORDI ATTUATIVI

Protocolli d’Intenti - Accordi

Attuativi

Oggetto Stato d’attuazione

18 novembre 1998 D.G.R. n. 3530 Approvazione schema di protocollo

di Intenti tra Regione Basilicata ed

Eni S.p.A

02 giugno 1999 D.G.R. n. 1263 Approvazione degli accordi

attuativi del protocollo d’Intesa:

Regione Basilicata - Eni S.p.A. del

18.11.1998. Progetti ed interventi di

compensazione ambientale

Sono stati realizzati 11 progetti, per ciascuna

annualità dal 1999 al 2009, così come previsto dal

protocollo d’intesa utilizzando le risorse a valere sui

programmi di sviluppo sostenibile e gestione del

sistema di monitoraggio ambientale. Il 27 febbraio

2012 è stato inaugurato

il Centro di Monitoraggio Ambientale della Basilicata,

con sede presso l’ARPAB

02 giugno 1999 D.G.R. n. 1264 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Programmi regionali per lo sviluppo

sostenibile

02 giugno 1999 D.G.R. n. 1265 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Sistema di monitoraggio ambientale

02 giugno 1999 D.G.R. n. 1266 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Gestione del sistema di monitoraggio

ambientale

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Protocolli d’Intenti - Accordi

Attuativi

Oggetto Stato d’attuazione

02 giugno 1999 D.G.R. n. 1267 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Metanizzazione regionale

La rete di metanizzazione è stata conclusa in numerosi

comuni della Val d’Agri

02 giugno 1999 D.G.R. n. 1268 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Osservatorio Ambientale

E’ stato inaugurato il 3 marzo 2011

22 gennaio 2001 D.G.R. n. 86 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Istituzione borse di studio

La Regione Basilicata nel 2003 ha stipulato

con l’Università degli Studi della Basilicata una

Convenzione, con la quale si impegna a corrispondere

per sei anni la somma di 258mila euro per ogni ciclo

formativo attivato

22 gennaio 2001 D.G.R. n. 87 Approvazione degli accordi attuativi

del protocollo d’Intesa: Regione

Basilicata - Eni S.p.A. del 18.11.1998.

Istituzione Fondazione E. Mattei

E’ stata istituita una sede che opera a Viggiano dal

2008

16 settembre 2006 D.G.R. n. 1363 Accordo Quadro tra Regione

Basilicata e Total Shell ed Esso. Presa

d’atto ed approvazione

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FOCUSOsservatorio Ambientale Val d’Agri

L’Osservatorio Ambientale della Regione Basilicata è stato previsto nell’ambito del Pro-

tocollo d’intenti - D.G.R. n. 3530 del 18 novembre 1998 - tra la Regione Basilicata e l’ENI

S.p.A. e defi nito con lo specifi co accordo attuativo di cui alla D.G.R. n. 1268 del 02 giugno

1999. Ha sede nel comune di Marsico Nuovo (Pz) e persegue i seguenti obiettivi generali:

monitoraggio ambientale; archiviazione e catalogazione dei dati ambientali secondo cri-

teri tematici e di priorità; promozione di campagne informative dirette ad assicurare il di-

ritto della cittadinanza ad una corretta e documentata informazione sulle problematiche

ambientali; studio e verifi ca della compatibilità di attività già in essere con riferimento

ai principi della conservazione della biodiversità; sorveglianza dello stato di salute della

popolazione. E’ una struttura costruita e gestita secondo parametri di qualità, effi cienza

e alta competenza, nonché area per la promozione e realizzazione di network territoriale

per la gestione ambientale del territorio.

La struttura gestionale è costituita da un organismo di coordinamento (Presidente e Co-

mitato di Rappresentanza Territoriale) che ha il compito di fornire indirizzi di carattere

generale per garantire il rapporto con le istituzioni, la comunità e indirizzi di carattere

specifi co per la programmazione delle attività, una struttura di consulenza tecnico-scien-

tifi ca (Comitato Tecnico-Scientifi co) ed una Sezione Operativa.

Nella tabella successiva sono riportati i principali eventi che hanno contraddistinto la

nascita dell’Osservatorio.

Nello start up, affi dato al Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità,

sono previste quattro linee di attività, descritte nella tabella successiva, i cui progetti po-

tranno svolgersi in collaborazione e sinergia con le istituzioni scientifi che, le strutture di

ricerca di base e applicata, gli enti di formazione operanti in Basilicata nei settori dell’am-

biente, della geologia, del monitoraggio ed energia.

TABELLA 6. OSSERVATORIO AM-BIENTALE DELLA VAL D’AGRI

Data Evento

18 novembre1998 La Regione Basilicata ed ENI sottoscrivono il Protocollo di Intenti

24 giugno 1999 La Regione Basilicata ed ENI sottoscrivono l’ Accordo attuativo dell’Osservatorio Ambientale

29 dicembre 2006 Presa d’atto del Comitato Paritetico della decisione di rimozione della condizione sospensiva

28 Giugno 2010 Approvazione della "Proposta relativa ad attività e struttura organizzativa dell’Osservatorio

Ambientale". - D.G.R.1062 del 28 giugno 2010

9 settembre 2010 Costituzione Gruppo di lavoro Dipartimento Ambiente/CNR/ENEA per la defi nizione del

Programma di start-up dell’Osservatorio. - D.D. n. 7502.2010/D.00955 del 09/08/2010

14 dicembre 2010 Il Comitato Paritetico Regione Basilicata-Eni/Shell/Esso approva, ai fi ni della coerenza fi nanziaria

con gli Accordi Attuativi, il Programma di Start-up dell’Osservatorio Ambientale

1 Marzo 2011 La Giunta Regionale delibera l’istituzione degli organi di gestione dell’Osservatorio Ambientale

della Val d’Agri ed approva le prime attività. - D.G.R. n. 272 del 1 marzo 2011

3 Marzo 2011 Inaugurazione sede Osservatorio Ambientale

4 Luglio 2011 Insediamento organi Osservatorio Ambientale

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L’ Osservatorio è in piena attività, ha già prodotto risultati e la sua fi nalità non è di "bre-

ve periodo", ma articolata su un più ampio arco temporale. L’Osservatorio, infatti, non

è un semplice laboratorio di analisi, ma una realtà ad elevato contenuto scientifi co che

deve studiare e sviluppare strutture, sistemi e servizi fi nalizzati ad una migliore gestione

e diff usione dell’informazione ambientale. Con questi obiettivi ci si è mossi mettendo

in campo una serie di attività che consentono di raccogliere dati e di valutare la qualità

ambientale della Val d’Agri.

Tra i progetti avviati si evidenzia l’accordo con l’Istituto di Metodologie per l’Analisi Am-

bientale del CNR di Tito che ha permesso l’avvio di studi sulla sismicità, sulle matrici

ambientali, sul controllo predittivo degli impatti ambientali; in tale ambito si sono svol-

ti incontri scientifi ci sulle tematiche di studio a cui hanno partecipato esperti di fama

internazionale.

In linea con le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifi co che raccomandano l’attiva-

zione di studi e collaborazioni per la valutazione dei rischi sulla salute è stato avviato il

programma di ricerca "Ambiente e salute" per valutare come e quando l’attività antropica

infl uisce sull’ambiente e sulla salute della popolazione residente.

Si tratta di un programma di ricerca che vede il coinvolgimento dell’Istituto Superiore di

Sanità (ISS), del Dipartimento Salute, del Dipartimento Ambiente della Regione Basilica-

ta, dell'ARPA Basilicata, dell'ASL.

La valutazione dei rischi per la salute in Val d’Agri si articolerà in tre fasi: prima di tutto

si identifi cheranno i fattori di rischio ambientale per la salute di origine antropica; poi

si procederà con la valutazione dell’esposizione umana e la caratterizzazione dei rischi

che possono conseguirne e infi ne si defi nirà un sistema di monitoraggio sanitario. Per

defi nire un profi lo di salute della popolazione l’analisi riguarderà le cause di decessi dei

TABELLA 7. LINEE DI ATTIVITÀ START UP OSSERVATORIO AM-BIENTALE DELLA VAL D’AGRI

Linee di attività Descrizione attività

Gestione del Sistema Informativo

ambientale

Progettazione, realizzazione e attivazione del

sistema informativo dei dati ambientali

Piattaforma di diff usione, divulgazione e

informazione ambientale al territorio

Reporting, elaborazione, scambio dati ed

informazioni del monitoraggio ambientale

Campagne di comunicazione, diff usione e

informazione territoriale

Progetti di Capacity Building

dell’Osservatorio Ambientale

Studio e monitoraggio permanente delle agro-

biodiversità della Val d’Agri;

Sistema integrato per lo studio della sismicità

locale e delle strutture sismogenetiche in Val d’Agri;

Sistema di early-warning per il monitoraggio in real

- time di infrastrutture critiche;

Realizzazione del Cockpit Ambientale per il

controllo predittivo degli impatti ambientali in Val

d’Agri (CAVA);

Studio integrato chimico-fi sico, geomineralogico,

idrogeofi sico e biologico per l’osservazioni delle

matrici ambientali per la tutela dell’ambiente e

della salute umana;

Sviluppo e implementazione di modelli per la

pianifi cazione energetica e la defi nizione di

strategie di mitigazione delle emissioni di gas serra

(PIANO CLIMA BASILICATA);

NEVA (Naso Elettronico Val d’Agri)

Realizzazione del network territoriale per

la gestione ambientale della Val d’Agri

EMAS territorio Val D’Agri

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residenti dal 2002 ad oggi e i casi e le cause di ricoveri ospedalieri. Un’alta soglia di at-

tenzione sarà applicata al monitoraggio della rete di oleodotti: verranno censite tutte

le installazioni di trasporto che attraversano l’area e saranno mappate le zone a più alta

vulnerabilità ambientale e sanitaria.

In parallelo, l’Osservatorio Ambientale della Val d’Agri ha avviato anche un progetto

per sviluppare prodotti relativi all’informazione ed alla partecipazione pubblica in ma-

teria ambientale. Sarà realizzato, con il contributo dell’Istituto di Economia e Politica

dell’Energia e dell’Ambiente dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, il progetto "Ge-

stione dell’Informazione Ambientale" che prevede la realizzazione di un catalogo unico di

informazioni ambientali riguardanti in particolare le attività estrattive, l’ individuazione

di strumenti e supporti di diff usione di informazione ambientale e l’elaborazione di un

piano di comunicazione ambientale: il tutto per costruire un processo partecipato di va-

lutazione e comunicazione del rischio ambientale della Val d’Agri.

È inoltre attivo il sito dell’Osservatorio (www.osservatoriovaldagri.it) che fornisce l’infor-

mazione indispensabile per la completa conoscenza dello stato dell'ambiente. Navigando

nelle varie sezioni si possono difatti trovare informazioni sia sulle attività di ricerca e colti-

vazione di idrocarburi, sia sulle azioni di monitoraggio in corso.

Come facilmente desumibile, si tratta di attività complesse e delicate che richiedono

competenze e approfondimenti e che sono destinate a svilupparsi in continuo.

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Potenza, terminal bus. Ernesto Salinardi

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Trasporti

Capitolo 6

Il settore della mobilità e dei trasporti genera una serie di costi sociali, economici e am-

bientali, determinati dai diversi tipi di impatto ambientale, dall’incidentalità stradale, dai

danni alla salute umana, nonché dalla perdita di produttività dovuta alla crescente con-

gestione del traffi co. La diffi coltà di raff rontare e conciliare i diversi tipi di costi e di bene-

fi ci generati dai trasporti, rende questo settore cruciale per lo sviluppo sostenibile.

L’Unione Europea, affi nché il sistema dei trasporti risponda alle esigenze economiche,

sociali e ambientali della società, minimizzandone le ripercussioni negative, prevede tre

obiettivi strategici: la sostenibilità, l’effi cienza e la sicurezza, obiettivi che si ritrovano an-

che a livello nazionale nelle “Linee guida per il piano generale della mobilità”1 e che si tra-

ducono nelle seguenti declinazioni: la riduzione dei consumi energetici e delle emissioni

di gas serra generate dal settore, la riduzione delle emissioni inquinanti, il riequilibrio tra

le diverse modalità dei trasporti, la riduzione del rumore, il miglioramento dell’effi cienza

dei servizi di trasporto pubblico, la riduzione delle emissioni medie di anidride carbonica

dalle autovetture nuove e il dimezzamento rispetto al 2000 del numero dei decessi do-

vuti a incidenti stradali entro il 2010.

Gli obiettivi al 2020 della politica comunitaria per il clima e l’energia prevedono la ridu-

zione del 13% delle emissioni generate dal settore trasporti, un contributo importante

considerato che il settore è, responsabile di circa il 40% delle emissioni di gas serra dei

settori non soggetti al sistema europeo di scambio delle emissioni (ETS). A tale obiettivo

corrispondono le seguenti azioni:

uno spostamento modale del trasporto di passeggeri e di merci verso le modalità •

più effi cienti dal punto di vista energetico, ossia il trasporto ferroviario e quello ma-

rittimo, nonché un miglior utilizzo della fl otta di trasporto stradale;

l’introduzione di approcci integrati per migliorare la qualità dell’aria;•

l’applicazione, nel breve periodo, di misure tecniche per ridurre alla fonte il rumore •

stradale e ferroviario, la revisione degli standard emissivi dei veicoli stradali e aerei,

1 Nell’ottobre 2007 il Ministero dei Trasporti ha approvato, per una mobilità efficiente, sicura, sostenibile, le Linee

Guida per il Piano Generale della Mobilità, con un orizzonte temporale di validità stabilito al 2020.

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la limitazione del rumore notturno dovuto alla rapida crescita del trasporto aereo,

nonché una migliore pianifi cazione della gestione del territorio e dei trasporti.

Nel periodo 1990-2008, in Italia si è registrato un imponente incremento della doman-

da di trasporto (+34,1% per i passeggeri e +23,2% per le merci, limitatamente ai vettori

nazionali), sostanzialmente in linea con la crescita del Prodotto Interno Lordo nazionale;

tale domanda viene soddisfatta in maniera crescente dal trasporto stradale.

Queste tendenze esercitano un’enorme pressione sulla rete stradale e sulla società nel

suo complesso, generando congestione, ritardi e altre esternalità negative che riducono

la competitività dell’intero sistema economico e ne aumentano la vulnerabilità dal pun-

to di vista energetico. Come conseguenza della crescita dei volumi di trasporto e della

quota modale spettante al trasporto stradale, a livello nazionale nel periodo 1990-2007

i consumi energetici totali del settore sono cresciuti del 25,8% (il 94,8% di tali consumi è

attribuibile al trasporto stradale), meno della crescita dei traffi ci grazie ai miglioramenti

conseguiti nell’effi cienza energetica dei veicoli e alla progressiva riduzione dei loro con-

sumi unitari.

Si è rilevato, negli ultimi anni, un notevole calo delle emissioni inquinanti prodotte dal

trasporto stradale, grazie ai miglioramenti tecnologici apportati ai veicoli; anche le emis-

sioni medie di anidride carbonica per km delle nuove autovetture sono diminuite negli

ultimi anni, ma il tasso di riduzione non è suffi ciente a raggiungere gli obiettivi stabiliti

in questo campo.

Affi nché la pianifi cazione del settore possa essere in grado di perseguire gli obiettivi di

tipo economico, ambientale, sociale e istituzionale, corrispondenti ai diversi aspetti della

sostenibilità del settore, è necessario che essa si fondi sull’utilizzo di indicatori misurabili,

che consentano anche il monitoraggio delle politiche dei trasporti nel corso della loro

attuazione.

TRA1. CARBURANTE PER AUTOTRAZIONE VENDUTO IN REGIONE BASILICATA

L’indicatore stima il consumo del carburante par autotrazione attraverso i dati delle ven-

dite dei prodotti petroliferi e rileva che attualmente per il settore dei trasporti i consumi

sono quasi tutti a carico dei prodotti petroliferi, ma lo scenario prospettato2 prevede una

2 Il Ministero delle Attività Produttive ha recentemente pubblicato una ricerca condotta sulle tipologie di consumo

delle risorse energetiche, dal titolo “Scenario tendenziale dei consumi e fabbisogno al 2020”.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE’

TREND

TRA 1 Quantitativo carburanti

per autotrazione

venduto

P Litri Agenzia

Dogane-

Basilicata

regionale 2008-2010 ☺ ↔

TRA 2 Qualità della fl otta

veicolare privata

D Numero

autoveicoli

circolanti

ACI Regionale 2005-2009 ☺ ↔

TRA 3 Incidentalità stradale P Numero ACI Regionale

Mezzogiorno

2008-2010 ↔

TRA 4 Utilizzo di mezzi

pubblici di trasporto

D % ISTAT Regionale 1995-2009 ☺ ↑

TRA 5 Età parco veicolare

trasporto pubblico

locale su gomma

D anni Province Regionale 2005-2009 ☺ ↑

TRA 6 Osservatorio regionale

sulla mobilità e Centro

di Monitoraggio

R Regione

Basilicata

2002-2012 ☺ ↑

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diminuzione dei consumi di tali prodotti entro il 2020 a favore sia dei biocarburanti che

del metano.

La serie storica 2001–2010 della vendita di carburanti nella regione Basilicata mostra una

progressiva crescita del gasolio con un incremento del 29,5% di contro, la benzina ha su-

bito un rallentamento del 21% così come il Gpl con un decremento del 35%.

D’altra parte, il focus sull’ultimo triennio 2008-2010 mostra che la vendita di carburanti

per autotrazione, mantiene la tendenza del suddetto trend rispetto all’utilizzo di benzina

e gasolio, il Gpl invece sembra cambiare rotta con un discreto incremento percentuale.

Nel dettaglio, tra il 2008 e il 2010 il calo delle vendite di benzina in Provincia di Potenza

e stato del 11,5% e del 7,5% in Provincia di Matera per un valore medio del 10,1% per

l’intera regione Basilicata, mentre la vendita di Gpl è aumentata a livello regionale del

19,4 %.

TRA2. FLOTTA VEICOLARE PRIVATA CONFORME A PARTICOLARI STANDARD DI

EMISSIONE3

L’indicatore riporta la consistenza del parco autovetture secondo l’età, suddivisa per

alimentazione. Lo scopo è di misurare la dimensione della fl otta veicolare privata, che

costituisce un importante driving factor per la domanda di trasporto stradale e per le

pressioni ambientali da essa determinate. L’indicatore misura quanta parte della fl otta

3 A partire dal 1991 la UE ha emanato direttive finalizzate a ridurre l’inquinamento ambientale prodotto dai veicoli.

Sulla base di tali normative sono state individuate le categorie di appartenenza dei veicoli; sono cinque a cui si asso-

cia la categoria Euro 0 per i veicoli più inquinanti, immatricolati prima del dicembre 1992.

FIGURA 1: TREND DELLA VEN-DITA DI CARBURANTI PER TIPO-LOGIA IN REGIONE BASILICATA IN MIGLIAIA DI TONNELLATE (2001-2010)Fonte: nostra elaborazione su dati ACI

Anno Provincia Benzina

Senza PB

Gasolio GPL

Litri

2008 POTENZA 71.756.854 141.524.283 9.430.898

2009 67.772.616 141.312.841 10.739.708

2010 63.515.901 140.853.257 11.883.704

2008 MATERA 33.915.864 67.433.285 4.184.224

2009 31.205.484 66.354.242 3.514.647

2010 31.365.164 72.356.155 4.375.468

TABELLA 2. VENDITA CARBU-RANTI NELLA REGIONE BASI-LICATA

FIGURA 2: VENDITA DEI CARBU-RANTI IN REGIONE BASILICATA (2008-2010)

Fonte: nostra elaborazione su dati dell’Agenzia delle Dogane di Basilicata

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veicolare risulta conforme agli standard di emissione più recenti e più stringenti, per i

nuovi veicoli.

Analizzando i dati nel periodo 2007-2009 si nota che il parco veicolare è cresciuto di circa

il 3%, le autovetture maggiormente inquinanti euro 0 si sono ridotte del 16% e quelle

euro 1 sono diminuite del 19%, da segnalare in ultimo che ad incidere maggiormente

sulla crescita del parco circolante sono le vetture Euro 4 con il 64% circa di incremento.

TRA3. INCIDENTALITA’ STRADALE

La sicurezza costituisce una componente fondamentale della politica comune dei tra-

sporti. Per quanto riguarda la sicurezza stradale, la politica regionale comprende aspetti

comportamentali, infrastrutturali e relativi ai veicoli; anche per le altre modalità di tra-

sporto esiste un ampio ventaglio di misure relativa alla sicurezza e alla comunicazione di

incidenti. Si riporta in Tabella 4 il numero di incidenti stradali avvenuti nell’ultimo trien-

nio, evidenziando il dato provinciale, nonché il numero di incidenti con feriti o morti.

Nel 2010 sono stati rilevati sulle strade lucane 1.147 incidenti, che hanno causato il

decesso di 48 persone e il ferimento di 2.015. Il trend nel triennio considerato risulta

2009 EURO 0 EURO 1 EURO 2 EURO 3 EURO 4 EURO 5 Non

identifi cato

TOTALE

BENZINA 52.561 22.570 49.630 24.291 23.898 508 211 173.669

BENZINA / GAS LIQUIDO 2.922 1.709 2.587 550 2.823 29 1 10.621

BENZINA / METANO 321 296 657 219 1.008 96 2.597

GASOLIO 11.934 10.363 35.404 49.837 48.841 1.290 9 157.678

Totale 67.738 34.938 88.278 74.897 76.570 1.923 221 344.565

2008 EURO 0 EURO 1 EURO 2 EURO 3 EURO 4 EURO 5 Non

identifi cato

TOTALE

BENZINA 57.660 25.437 52.261 23.896 20.556 205 180.015

BENZINA O GAS LIQUIDO 3.092 1.931 2.607 471 738 1 8.840

BENZINA O METANO 345 308 678 189 457 1.977

GASOLIO 12.526 11.524 36.811 48.958 39.813 9 149.641

Totale 73.623 39.200 92.357 73.514 61.564 0 215 340.473

2007 EURO 0 EURO 1 EURO 2 EURO 3 EURO 4 EURO 5 Non

identifi cato

TOTALE

BENZINA 63.280 28.115 53.116 23.613 16.523 149 184.796

BENZINA O GAS LIQUIDO 3.351 2.056 2.349 281 195 1 8.233

BENZINA O METANO 357 306 550 134 175 1.522

GASOLIO 13.242 12.827 37.814 47.463 29.710 6 141.062

Totale 80.230 43.304 93.829 71.491 46.603 0 156 335.613

TABELLA 3: AUTOVEICOLI CIRCOLANTI IN BASILICATA PER STANDARD DI EMISSIONE (2007-2009)Fonte: nostra elaborazione su dati ACI

2008 2009 2010

Incidenti Morti Feriti Incidenti Morti Feriti Incidenti Morti Feriti

Potenza 461 15 857 420 20 758 666 25 1.177

Matera 493 20 765 522 26 869 481 23 838

Basilicata 954 35 1.622 942 46 1.627 1.147 48 2.015

ITALIA 218.963 4.725 310.745 215.405 4.237 307.258 211.404 4.090 302.735

TABELLA 4: INCIDENTI STRADA-LI NELLA REGIONE BASILICATA (2008-2010)Fonte: nostra elaborazione su dati ACI

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negativo con un aumento della mortalità del 37% e del numero di feriti del 24%. Il con-

fronto nello stesso periodo con le regioni del Mezzogiorno (fi gura 3) mostra una tenden-

za verso l’aumento del numero di incidenti ad eccezione della Campania e della Sarde-

gna dove si registra un leggero calo.

TRA4. UTILIZZO DI MEZZI PUBBLICI DI TRASPORTO

L’indicatore rappresenta la domanda soddisfatta dell’utenza, ovvero il numero utenti di

mezzi pubblici sul totale delle persone che si sono spostate per motivi di lavoro e di

studio ed hanno usato mezzi di trasporto, considerando tutte le tipologie e modalità di

trasporto pubblico presenti sul territorio (treno, tram, bus, metropolitana, corriere esclusi

i pullman e le navette aziendali).

Sulla base dei dati defi nitivi del Censimento Popolazione 2001 sono stati ricalcolati i pesi

di riporto all’universo e pertanto, a partire dal 2001, i dati assoluti hanno subito una revi-

sione. Per gli altri anni è stata fatta una revisione generale dei dati di base che può aver

dato luogo a delle variazioni.

Lo scopo dell’indicatore è fornire una sintesi quantitativa della domanda soddisfatta,

cioè di come il trasporto pubblico riesca a soddisfare le esigenze di mobilità sul territorio

rispetto al trasporto privato. Il target di riferimento sono: occupati di 15 anni e più, stu-

denti fi no a 34 anni e scolari di scuola materna, che si sono spostate per motivi di lavoro,

università e scuola.

Dalla fi gura 4 che riporta l’andamento nel corso degli anni dal 1995 all’anno 2009, si

evince una fl essione della percentuale di utilizzazione del mezzo pubblico in Basilicata

FIGURA 3. NUMERO INCIDENTI STRADALI NEL MEZZOGIORNO (2008-2010)Fonte: nostra elaborazione su dati ACI

FIGURA 4. UTILIZZO DI MEZZI PUBBLICI DI TRASPORTO (1995-2009)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

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negli ultimi 15 anni pari all’1,26% in linea con il dato nazionale, pari al 1,27%. Per quanto

riguarda invece il periodo relativo all’ultimo decennio dal 1999 al 2009 il dato regionale

registra una fl essione più consistente del 6,17% a fronte del dato nazionale che si attesta

all’1,52%.

TRA5. ETÀ PARCO VEICOLARE – TRASPORTO PUBBLICO LOCALE SU GOMMA

L’indicatore evidenzia l’età media del parco veicolare pubblico su gomma, direttamen-

te collegata alla capacità di emissione in ambiente dei mezzi e quindi alla possibilità di

inquinamento degli stessi. Lo scopo è di fornire una sintesi quantitativa dello stato del

parco veicolare, ovvero di tutto il sistema del trasporto pubblico locale extraurbano, me-

diante le autolinee nelle due province di Potenza e di Matera.

Il numero, l’età media e i chilometri percorsi annualmente da parte di tutte le autolinee

circolanti sul territorio regionale rappresentano un’importante informazione per valuta-

re l’interazione tra l’attività dei trasporti e l’ambiente. Il dato mette in evidenza un valore

non eccessivamente elevato dell’età media, di poco superiore agli 11 anni, la Regione

Basilicata ha attivato in questi anni una politica tesa alla contribuzione alle ditte esercenti

servizi di TPL per favorire lo svecchiamento e la sostituzione degli autobus aventi anzia-

nità superiore ai 15 anni.

TRA6. OSSERVATORIO REGIONALE SULLA MOBILITA’ E CENTRO DI MONITORAG-

GIO DELLA SICUREZZA STRADALE

L’Osservatorio Regionale sulla Mobilità ed il Centro di Coordinamento e Monitoraggio

della sicurezza stradale rappresentano un’effi cace risposta della Regione Basilicata verso

obiettivi di sicurezza stradale.

FIGURA 5. ETÀ MEDIA DEL PARCO VEICOLARE (TRASPORTO PUBBLICO) LOCALE SU GOMMA E KM PERCORSI ANNUALMENTEFonte: nostra elaborazione su dati dell’Uffi cio Trasporti, Dipartimento Infrastrutture e Opere Pubbliche, Regione Basilicata

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La L.R. n. 22/1998 ha previsto l’istituzione di un Osservatorio Regionale sulla Mobilità nel

settore dei trasporti avente, tra l’altro, il compito di monitorare la mobilità regionale, le

reti di trasporto e le relative infrastrutture, la qualità ed il livello dei servizi, la sicurezza e

l’impatto del sistema dei trasporti sul territorio e sull’ambiente.

Inoltre, con la D.G.R. n. 340/2002 è stata formalizzata l’istituzione di un Centro Regionale

di Monitoraggio sulla Sicurezza Stradale e prevista la defi nizione di un Piano regionale di

Individuazione delle criticità in tema di Sicurezza Stradale nell’ambito delle attività di cui

al Piano Nazionale sulla Sicurezza Stradale ex L. 144/99, redatto dal Dipartimento compe-

tente ed approvato dal Consiglio Regionale con Deliberazione n. 761/2003.

Con la D.G.R. n. 2412 del 15 dicembre 2003 e successiva D.G.R. n. 959 del 5 luglio 2011 è

stato approvato, per un fi nanziamento di € 1.000.000,004, il progetto del Centro di Moni-

toraggio, che vede tra i suoi compiti:

il monitoraggio dell’andamento dell’incidentalità sul territorio coordinando le at-•

tività dell’ISTAT, Forze dell’Ordine (Polizia Stradale, Carabinieri, Polizie Municipali),

ANAS, etc.;

la defi nizione di indicatori dell’effi cacia delle politiche e dei programmi di migliora-•

mento della sicurezza stradale delle amministrazioni ed Enti Locali competenti;

il supporto alle scelte del governo locale in tema di sicurezza stradale;•

la divulgazione delle conoscenze prodotte e percorsi informativi e formativi sulla •

sicurezza stradale.

Per dare concreta attuazione al Centro, con D.G.R. n. 741 del 12 febbraio 2012 è stata

indetta la gara per l’affi damento del servizio di attivazione di un sistema integrato di

rilevazione degli incidenti stradali e georeferenziazione dei sinistri, nonché per l’attiva-

zione di un sistema informativo per l’impostazione del catasto stradale informatizzato

e per l’eff ettuazione di indagini e studi sulla mobilità. La gara è in fase di aggiudicazione

defi nitiva5.

4 L’importo di € 1 ML è comprensivo della quota di € 700.000 quale finanziamento del MIT ed € 300.000 quale

cofinanziamento regionale

5 L'aggiudicazione provvisoria è stata conclusa in data 21 maggio 2013.

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Matera, Cripta del Peccato Originale. Archivio APT Basilicata

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Turismo

Capitolo 7

L’ambiente ed il territorio costituiscono la risorsa principale per lo sviluppo delle attività

turistiche. Il peculiare rapporto che lega il turismo e l’ambiente necessita sia di un uso

responsabile delle risorse, del mantenimento delle tradizioni locali, del coinvolgimento

e la sensibilizzazione di tutti gli attori (turisti, residenti, operatori, politici), della promo-

zione di strumenti di qualità, sia di strategie di pianifi cazione e di governance, affi nché le

destinazioni siano in grado di adeguarsi alle opportunità di mercato, all’evoluzione delle

preferenze, senza perdere quella "diversità" che le rende uniche. A fronte dei benefi ci

economici apportati, molti sono gli impatti che il turismo può determinare sui territori:

contribuisce al riscaldamento globale a causa delle emissioni di gas serra prodotti dal

trasporto e dal soggiorno, ma ne subisce anche, inevitabilmente, le conseguenze sotto

forma di impatti diretti come, per esempio, i cambiamenti nella stagionalità dei fl ussi

turistici o i danni alle infrastrutture turistiche dovute a eventi estremi e sotto forma di

impatti indiretti come i consumi di acqua o il degrado delle risorse naturali. La scelta

di una destinazione o la durata di una vacanza sono strettamente legate alla variabilità

dell’ambiente, che si ripercuote soprattutto su quei segmenti di mercato basati sul turi-

smo naturale: mare, montagna, isole, zone costiere.

Ciò trova pieno riscontro in Basilicata che nell’immaginario collettivo è associata ad am-

biente incontaminato e risorse naturalistiche ben tutelate: le indagini condotte dall’APT

Basilicata (2007), dal Mosa (2006), dal CEI-Sistema (2001), attraverso l’analisi di 36 guide

internazionali e le interviste fatte a 14 giornalisti della stampa specializzata nel settore tu-

ristico, fanno emergere, infatti, l’immagine di una regione verde, dalla natura incontami-

nata e di grande richiamo. In realtà il turismo in Basilicata, non determina gravi pressioni

e carichi ambientali in generale, sebbene esistano aree a più densa concentrazione di

strutture quali il metapontino e la costa marateota o di fl ussi escursionistici come Matera.

L’ultimo decennio mostra, tuttavia, un incremento delle presenze tanto che il settore sta

raggiungendo la dimensione dell’industria, comportando impatti economici, sociali ed

ambientali di rilievo. I fattori di pressione sull’ambiente ascrivibili al settore turismo che

vengono approfonditi in questo capitolo sono: arrivi e presenze turistiche concentrati in

alcuni periodi dell’anno (stagionalizzazione); insistenza su determinati territori (località

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costiere e città d’arte - Matera) di strutture ricettive soprattutto extralberghiere; indice di

utilizzo dei posti letto rispetto alla media nazionale.

TUR1. CAPACITÀ RICETTIVA

L’indicatore pone in evidenza l’evoluzione quantitativa delle strutture ricettive e dei posti

letto nell’intera regione (nel dato non vengono comprese le seconde case). Nel territorio

lucano, al 2009, sono presenti 650 esercizi attrezzati per il turismo sia alberghi che eser-

cizi complementari e villaggi. La quota rilevante degli esercizi pari a 412 è rappresentata

dagli esercizi complementari (alloggi agrituristici, ostelli, case per ferie, case ed apparta-

menti dati in affi tto da privati). In fi gura 1 si mostra il trend del numero di esercizi per ti-

pologia della regione Basilicata: tra il 2007 ed il 2009 il numero di alberghi è cresciuto del

2,5%, le strutture extralberghiere attestano un incremento di oltre il 16%; di pari passo è

cresciuto il numero di posti letto.

TUR2. FLUSSI TURISTICI

L’indicatore sottolinea i fl ussi turistici registrati nelle strutture ricettive della Basilicata. Gli

arrivi vengono registrati al momento della obbligatoria registrazione ad inizio soggiorno

(check-in). Le presenze rappresentano il numero di notti trascorse consecutivamente dal

cliente nella stessa struttura ricettiva. Il dato analizzato è relativo agli anni tra il 1999 ed

2009 e si riferisce alla provenienza del turista (italiani, stranieri) con un focus sui comuni

più "ricettivi".

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

TUR1 OFFERTA

TURISTICA

D N APT

Basilicata

Nazionale

Regionale

1999-2009 ☺ ↑

TUR2 FLUSSI D N APT

Basilicata

Nazionale

Regionale

1999-2009 ☺ ↑

TUR3 INTENSITÀ

TURISTICA

P % APT

Basilicata

Istat

Regionale 1999-2009 ↔

TUR4 STAGIONALITÀ P % APT

Basilicata

Nazionale

Regionale

2009 ☺ −

TUR5 UTILIZZO D % Istat Nazionale

Regionale

2009 −

TUR6 CAPACITÀ DI

CARICO

P % APT

Basilicata

Nazionale

Regionale

2009 ☺ ↑

TUR7 PIOT R N/€ Regione

APT

Basilicata

Nazionale

Regionale

2011 − −

FIGURA 1. NUMERO DI ESERCIZI RICETTIVI PER TIPOLOGIA IN BASILICATA (1999-2009)

FIGURA 2: NUMERO DI POSTI LETTO PER TIPOLOGIA DI ESERCIZIO RICETTIVO (1999-2009)

Fonte: Apt Basilicata

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Il periodo considerato segna un incremento piuttosto costante di entrambe le variabili;

si rileva che, tanto per gli arrivi quanto per le presenze, la crescita è riferibile alle prove-

nienze italiane mentre gli arrivi stranieri dal 2005 hanno evidenziato una fl essione che

tuttavia risulta in linea con il dato del mezzogiorno e dell’Italia.

Interessante risulta, poi, la distribuzione delle presenze a livello comunale (fi gura 5) con

l’indiscusso successo del turismo balneare, (in particolare del metapontino.

TUR3. INTENSITÀ TURISTICA

Nel defi nire l’intensità turistica sono stati presi in considerazione quei parametri in grado

di monitorare il carico del turismo sul territorio, in particolare i fattori responsabili delle

pressioni e degli impatti esercitati sull’ambiente che si traducono nello sfruttamento del-

le risorse naturali, produzione dei rifi uti, inquinamento, ecc. Il "numero di posti letto per

abitante" quantifi ca la capacità ricettiva di una regione. Il rapporto "numero degli arrivi

per popolazione residente" rappresenta il peso del turismo sulla regione, mentre il rap-

porto "presenze per popolazione residente" off re l’idea dello sforzo sopportato dal terri-

torio e dalle sue strutture. Il "numero degli arrivi" e il "numero delle presenze", distribuiti

sul territorio e per mese, evidenziano le zone particolarmente "calde" e la stagionalità dei

fl ussi turistici. La "permanenza media turistica", data dal rapporto tra il numero delle notti

trascorse (presenze) e il numero dei clienti arrivati nella struttura ricettiva (arrivi), indica

le pressioni sull’ambiente associate alla sistemazione turistica quali, per esempio, consu-

mo idrico, smaltimento dei rifi uti, uso intensivo delle risorse naturali.

FIGURA 3. NUMERO DI ARRIVI, PER PROVENIENZA, IN BASILICA-TA (1999-2009)

FIGURA 4: NUMERO DI PRE-SENZE, PER PROVENIENZA, IN BASILICATA (1999-2009)

Fonte: Apt Basilicata

FIGURA 5. DISTRIBUZIONE PERCENTUALE DELLE PRESENZE TURISTICHE NEI COMUNI DELLA BASILICATA (2009)Fonte: nostra elaborazione su dati Apt Basilicata

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Le fi gure (6 e 7) mostrano che i trend della ricettività e della turisticità della regione Ba-

silicata nel decennio 1999-2009 sono certamente in crescita rispettivamente con un in-

cremento del 53% e del 38%, tuttavia nello specifi co l'ultimo triennio considerato mostra

un sostanziale appiattimento di entrambi gli incrementi dovuto al generale livellamento

della permanenza media.

TUR4. STAGIONALIZZAZIONE

L’indicatore evidenza il movimento turistico mensile e consente di misurare i periodi di

maggiore impatto del settore sul territorio. La fi gura 8 evidenzia il picco delle presenze

nel mese di agosto: il 74,2% di tali presenze si registra in soli 6 comuni della Basilicata; in

particolare, il comune di Bernalda (località balneare Metaponto) segna nel 2009 oltre il

25% delle presenze totali.

Le statistiche uffi ciali sulle presenze turistiche non rilevano un importante fenomeno tu-

ristico rilevante dal punto di vista della pressione di carico ambientale: le seconde case.

Per queste ultime il XVI Rapporto Mercury sul Turismo Italiano stima che per ogni turista

uffi ciale ne esistano 2 nelle seconde abitazioni, non soggette ad obblighi di rilevazioni

statistiche.

TUR5. UTILIZZAZIONE LORDA

L’indice di utilizzazione di una struttura alberghiera rappresenta la probabilità che ha il

generico posto letto di una struttura di essere occupato durante il periodo considerato,

valutando quale massimo teorico soltanto il movimento alberghiero in termini di rap-

porto tra presenze eff ettivamente conseguite e le sue potenzialità massime (che si otten-

gono moltiplicando i letti per i giorni del periodo considerato, anno/mese).

FIGURA 6. TREND DEL TASSO DI RICETTIVITÀ DELLA REGIONE BASILICATA (1999-2009)

FIGURA 7: TREND DEL TASSO DI TURISTICITÀ DELLA REGIONE BASILICATA (1999-2009)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat e Apt Basilicata

FIGURA 8. INDICE DI STAGIO-NALITÀ DEI FLUSSI TURISTICI IN BASILICATA (2009)Fonte: APT Basilicata

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In fi gura 9 si riporta l'indice per le regioni italiane nel 2009: l'indice di utilizzazione del-

la Basilicata è il più basso con il 16,3 al di sotto di 2,5 punti dalla Calabria e di 8,3 dalla

Puglia; rispetto al potenziale alberghiero esiste un margine di utilizzo che andrebbe so-

stenuto e la scelta della qualifi cazione ambientale delle strutture potrebbe essere una

opportunità non trascurabile sia in termini di marketing territoriale che di esternalità

positiva sull'ambiente.

TUR6. CAPACITÀ DI CARICO

La capacità di carico del sistema ricettivo lucano, in termini di permanenza media e quin-

di di pressione sul territorio al 2009 segna un 4,04, indice superiore al valore nazionale

(3,88).

FIGURA 9. INDICE DI UTILIZZA-ZIONE LORDA DELLE STRUT-TURE ALBERGHIERE IN ITALIA (2009)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

FIGURA 10. PERMANENZA ME-DIA DI TURISTI NEL MEZZO-GIORNO (2009)Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

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Il trend dell’indice segna un decremento dal 1999 al 2009 del 7% che in termini di im-

patto sul territorio rappresenta un dato "positivo", tuttavia se considerato nella direzione

dello sviluppo economico fa ravvisare un leggero calo.

TUR7. PIOT

Il Piano turistico regionale, approvato nel 2009, attraverso uno dei suoi strumenti attua-

tivi, il PIOT (Pacchetti Integrati di Off erta Turistica), rivolge grande attenzione alle attività

di turismo sostenibile ed in particolare alla possibilità di applicare i sistemi di gestio-

ne ambientale anche a tale comparto, nella convinzione che non è suffi ciente “dare una

mano di verde” al “prodotto turistico”, ma è necessario dotare le strutture di accoglienza

di strumenti che permettano di coniugare business con qualità ambientale, attraverso

il conseguimento di miglioramenti nell’effi cienza e nella professionalità degli operatori

del settore.

Attraverso lo strumento dei PIOT, infatti, negli undici bandi emanati dal 2011 al 2013, un

ruolo fondamentale è stato assicurato dai criteri di selezione dei progetti di investimen-

to candidati al fi nanziamento che privilegiano gli interventi di recupero e riqualifi cazio-

ne di immobili esistenti, dando anche grande rilievo all’utilizzo di tecnologie innovative

per il risparmio idrico ed energetico, all’adozione di sistemi di certifi cazione ambientale,

alla scelta di forme alternative di ricettività (ospitalità diff usa, borgo albergo, residenze

d’epoca ecc.), meno impattanti sotto il profi lo ambientale.

A conclusione delle procedure di selezione, è possibile evidenziare un primo bilancio

della nuova ricettività e dei nuovi servizi turistici da realizzare: nella quasi totalità dei

progetti selezionati ed ammessi a fi nanziamento, le caratteristiche di salvaguardia am-

bientale fi ssate dai bandi, sono state rispettate. Gli operatori turistici, anche grazie all’alto

valore premiante dei criteri stabiliti, hanno mostrato sensibilità alle tematiche ambientali

ed al valore di spendibilità sul mercato di strutture ecocompatibili anche in una ottica

di riutilizzo del patrimonio immobiliare dei centri storici e borghi rurali. Tale condizione

ha anche le strutture ricettive del turismo balneare, anch’esse infatti sono state interes-

sate da interventi di miglioramento energetico, contribuendo alla riduzione di impatto

nell’ambiente.

Gli interventi di infrastrutturazione pubblica attuativi dei PIOT sono stati ammessi a fi -

nanziamento in quanto interventi rispettosi della sostenibilità ambientale, paesaggistica

e culturale.

Le infrastrutture che si stanno realizzando, interessano soprattutto il riuso di contenito-

ri culturali, adeguatamente conservati e ristrutturati, con destinazioni d’uso compatibili

FIGURA 11. TREND DELLA PER-MANENZA MEDIA DI TURISTI IN BASILICATA (1999-2009)Fonte: nostra elaborazione su dati APT Basilicata

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con lo stato conservativo e con le esigenze attuali di valorizzazione delle attività cultu-

rali e lo sviluppo di nuova imprenditorialità legata a tali attività. Molti degli interventi

proposti e in corso di realizzazione riguardano anche lo sviluppo di sentieristica, per la

valorizzazione della montagna e dei Parchi nazionali e regionali e l’off erta di servizi per la

fruizione della risorsa natura.

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Componentiambientali

Relazione sullo Stato dell'Ambiente della Basilicata

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Invaso Pietra del Pertusillo. Ernesto Salinardi

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Acqua

Capitolo 8

"L’acqua, come risorsa naturale, è un bene pubblico indispensabile per la vita delle co-

munità viventi, da sottoporre a tutela e migliorare qualitativamente nell’interesse delle

collettività ed a garanzia delle generazioni future". Così riporta in apertura il Piano re-

gionale di tutela delle acque della regione Basilicata adottato con D.G.R. 21/11/20081.

A questo obiettivo, espresso sinteticamente, si ispira l’intensa attività che la regione sta

svolgendo da oltre dieci anni rispetto ad una risorsa che ha in elevata disponibilità, su-

periore alle esigenze della sua popolazione. Infatti, le fonti di approvvigionamento, sono

in grado di garantire una disponibilità di risorsa annua di circa 1.000.000 m3 tanto che,

secondo i dati raccolti a settembre 2009, il sistema, nel complesso, alimenta all’incirca 5

milioni di abitanti, diverse centinaia di aziende industriali, fra cui l’Ilva di Taranto, 100.000

ha di terreni coltivati.

Il dato è eff ettivamente elevato se si considera che il fabbisogno idrico della Basilicata è

stato stimato pari a 546 Mm3/anno2 suddiviso per i diversi comparti, precisamente, per

uso potabile circa 108 Mm3/anno; per uso irriguo circa 391 Mm3/anno; per uso industria-

le circa 47 Mm3/anno (dato che rappresenta una stima per difetto dei consumi e dei fab-

bisogni del comparto industriale).

La ricchezza della risorsa deriva dalle caratteristiche geografi che ed idrografi che della

regione mentre, il sistema di distribuzione costituito da una importante rete infrastrut-

turale al centro del sistema idrico primario dell’Italia meridionale, è in fase di migliora-

mento ed effi cientamento attraverso il ricorso ad un servizio gestito in house, secondo

un modello riconosciuto dagli organismi nazionali ed europei.

Il territorio della regione Basilicata occupa una superfi cie di 9.995 km2 ed è interessato da

una complessa e fi tta rete idrografi ca. Il sistema idrografi co, determinato dalla presenza

della catena appenninica che attraversa il territorio occidentale della regione, è incentra-

to sui cinque fi umi con foce nel mar Jonio (da est verso ovest Bradano, Basento, Cavone,

Agri e Sinni) i cui bacini si estendono su circa il 70% del territorio regionale. La restante

1 Il Piano regionale di tutela delle acque è pubblicato sul BUR di Basilicata n. 57 del 16/12/2008.

2 Fonti: Piano di Tutela delle Acque, INEA, Autorità di Bacino della Basilicata - Piano di Bacino - Stralcio del Bilancio

e del deflusso minimo vitale del 2006.

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porzione è invece interessata dal bacino in Destra del fi ume Ofanto, che sfocia nel mar

Adriatico, e dai bacini del fi ume Sele, Noce e Lao con foce nel mar Tirreno. Si tratta com-

plessivamente di nove bacini idrografi ci per un’estensione totale di 11.171,18 Km2.

Il sistema dei corpi idrici superfi ciali della Basilicata è costituito oltre che dai corsi d’acqua

naturali, da numerosi laghi artifi ciali determinati dalle importanti opere di sbarramento

che interessano tali fi umi.

Nell’ambito del territorio regionale sono attualmente presenti n.14 impianti classifi cati,

ai sensi delle vigenti normative, come grandi dighe dal Ministero delle Infrastrutture e

dei Trasporti.

Gli invasi tra loro interconnessi, le traverse, le reti di adduzione e distribuzione, gli im-

pianti di sollevamento e potabilizzazione, le opere di captazione da sorgenti e falde sono

inseriti in schemi idrici attraverso i quali si realizzano trasferimenti di risorse idriche tra

regioni. Tali schemi, realizzati tra gli anni ’50 e ’60 con l’obiettivo principale di sviluppare e

valorizzare l’agricoltura, furono poi ampliati mediante la costruzione di nuove infrastrut-

ture a servizio dei settori civili ed industriali.

Gli schemi idrici maggiori che interessano il territorio lucano sono: lo schema Sinni-Agri

lo Jonico-Sinni nella zona meridionale della Regione, lo schema Basento-Bradano-Ba-

sentello nella zona centrale e lo schema Ofanto nella parte settentrionale; essi hanno

carattere interregionale e soddisfano le esigenze idropotabili ed irrigue delle regioni li-

mitrofe Puglia in particolare e Calabria.

Sono presenti, inoltre, altri schemi idrici, a servizio principalmente degli usi potabili ed

irrigui di parti del territorio lucano, quali quelli dell’Alta Val d’Agri, del Noce, del Mercure

e del Frida, defi niti "minori" solo per il numero di opere di cui sono composti.

Alla complessità del sistema idrico regionale, sia per le caratteristiche tecniche delle

strutture e delle opere che lo caratterizzano sia perché esso comporta ingenti trasferi-

menti di risorse tra regioni con termini e realtà fi siche diff erenti, si accompagna anche

una forte frammentazione delle competenze pianifi catorie.

Hanno, infatti, competenze in materia di risorsa idrica e difesa del suolo sul territorio

della regione Basilicata:

la Conferenza interistituzionale idrica (ex Ambito Territoriale Ottimale di Basilicata);•

4 Autorità di Bacino a carattere interregionale (Autorità di Bacino del Fiume Sele; •

Autorità di Bacino della Basilicata; Autorità di Bacino della Puglia; Autorità di Bacino

del Lao) ai sensi della Legge n. 183/89;

14 Comunità Montane (L.R. n. 12/2008);•

3 Consorzi di Bonifi ca (Consorzio di Bonifi ca Bradano e Metaponto, Consorzio di Bo-•

nifi ca Alta Val d’Agri, Consorzio di Bonifi ca Vulture Alto Bradano).

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ACQ1. VOLUMI DI ACQUA EROGATI

Al 2009 i volumi medi annui di acqua erogati dai tre principali schemi idrici interregionali

sono pari a 640 Mm3/anno di cui quasi l’80% erogato dallo schema Jonico-Sinni nella

zona meridionale della regione. La tab. 2 indica che l’acqua erogata è utilizzata prevalen-

temente ad uso irriguo e potabile, oltre a mostrare i volumi ripartiti per Regioni. I volumi

idrici destinati ad uso potabile sono trasferiti per circa il 90% in Puglia. Ad oggi, il trasferi-

mento di risorsa idrica dalla Basilicata alla Puglia risulta regolato da un accordo, stipulato

nel 1999 tra le Regioni interessate e soggetto ad una revisione annua per la parte relativa

ai volumi destinati alle singole Regioni.

ACQ2. QUALITÀ DELLE ACQUE SUPERFICIALI3 (LIM IBE SECA)

La norma europea di riferimento sulle acque è la Direttiva 2000/60/CE del 23/10/2000,

che istituisce un quadro per l’azione comunitaria e rappresenta il riferimento fonda-

mentale per i suoi principi ed indirizzi in materia di acque. In esito alla Direttiva gli Stati

3 Le acque superficiali sono riportate nel Piano di Tutela delle acque distinte in corsi d’acqua di primo ordine (fiu-

mi), corsi d’acqua di ordine superiore al primo (torrenti e fiumarelle), laghi ed invasi, acque marino-costiere.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

ACQ1 Volumi medi di acqua

erogata

D Mm3 Autorità di Bacino

della Basilicata

BAS 2009 − −

ACQ2 Qualità acque

superfi ciali

(LIM IBE SECA)

S Classe LIM

Classe IBE

Classe SECA

ARPAB

Metapontum

Agrobios S.r.l.

BAS 2006-2010 ↔

ACQ3 Acque idonee alla vita

dei pesci

S Adimensionale Metapontum

Agrobios S.r.l

BAS 1999-2008 ☺ ↑

ACQ4 Sistema di

depurazione

R N Regione Basilicata

Acquedotto

Lucano

Bas 2012 ↑

ACQ5 Acque marino costiere

CAM - Classifi cazione

acque marino costiere

D Classe CAM Metapontum

Agrobios

Ministero

ambiente

Bas 2001-2009 ☺ ↑

ACQ6 Acque di Balneazione

Balneabilità UCF

IQB: indice di qualità

batteriologica

S % ARPAB Bas 2006-2012 ☺ ↑

ACQ7 Acque Sotterranee S Classe

SCAS

Metapontum

Agrobios S.r.l.

Bas 2012 ☺ ↑

ACQ8 Pianifi cazione- Progetti

e strumenti

R N Regione Basilicata BAS 2008-2012 ☺ ↑

TABELLA 2. I VOLUMI MEDI ANNUI EROGATI PER SCHEMA IDRICO, PER USO E RIPARTITI PER REGIONI, 2009Fonte: "La gestione della risorsa idrica in Basilicata", Autorità di Bacino della Basilicata, 2009

VOLUMI MEDI ANNUI

EROGATI PER SCHEMA

IDRICO

SCHEMA

JONICO - SINNI

SCHEMA

OFANTO

SCHEMA

BASENTO-BRADANO

500 Mm3/anno 115 Mm3/anno 25 Mm3/anno

VOLUMI MEDI ANNUI

EROGATI PER USO

POTABILE IRRIGUO INDUSTRIALE

270 Mm3/anno

(42,2%)

350 Mm3/anno

(54,7%)

20 Mm3/anno (3,1%)

VOLUMI MEDI ANNUI

RIPARTITI PER

REGIONE

BASILICATA PUGLIA CALABRIA

257 Mm3/anno

(40%)

373 Mm3/anno

(58%)

10 Mm3/anno (2%)

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membri sono chiamati a identifi care e analizzare i corpi idrici, classifi cati per bacino e

per distretto idrografi co di appartenenza. Sulla base di tali analisi le Regioni adottano

piani di gestione e programmi di misure adatti a ciascun corpo idrico. La Direttiva è stata

recepita in Italia con il D.Lgs. 152/06, in particolare con i contenuti della Parte III, al cui

interno sono disciplinate la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle ri-

sorse idriche. Al fi ne di fornire indicazioni specifi che per la trattazione di ciascuno degli

aspetti attuativi della Direttiva, sono stati emanati tre decreti ministeriali attuativi del

D.Lgs. 152/06:

il D.M. n. 131/2008 recante i criteri tecnici per la caratterizzazione e tipizzazione dei •

corpi idrici;

il D.M. n. 56/2009 relativo alle procedure per il monitoraggio e l’identifi cazione delle •

condizioni di riferimento per i corpi idrici, in cui si defi niscono i criteri tecnici per il

monitoraggio dei corpi idrici e per il controllo dello stato ecologico e chimico delle

acque superfi ciali nel bacino idrografi co, anche ai fi ni della predisposizione dei piani

di gestione e dei piani regionali di tutela delle acque;

il D.M. n. 260/2010 che riporta i criteri aggiornati per il monitoraggio e la classifi ca-•

zione dello stato di qualità dei corpi idrici superfi ciali e sotterranei. Il DM 260/2010

sostituisce integralmente l’allegato I alla parte III del D.Lgs. 152/06, modifi cando in

particolare il punto "Classifi cazione e presentazione dello stato ecologico", per ren-

derlo conforme agli obblighi comunitari, attraverso l’inserimento di criteri tecnici

per la classifi cazione dello stato dei corpi idrici.

TABELLA 3. SCHEMA DELLA CLASSIFICAZIONE DELLO STATO DELLE ACQUE IN BASE AL DLGS N. 152/2006 COME MODIFICA-TO DAL D.M. N. 260/2010.

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Il Piano di Gestione Acque dell’Appennino Meridionale approvato nella seduta del Con-

siglio dei Ministri del 10 aprile u.s. ad oggi costituisce il riferimento per la pianifi cazione

e la programmazione, a scala di Distretto, delle risorse idriche. Nel Piano le tematiche

inerenti la qualità e quantità delle acque, il monitoraggio, l’analisi delle pressioni e le mi-

sure di tutela da porre in essere sono aff rontate secondo i criteri di cui ai succitati decreti

attuativi del D.Lgs 152/2006.

Difatti per ciò che attiene le acque superfi ciali nel succitato Piano di Gestione sono state

individuate le idroecoregioni, i tipi all’interno delle idroecoregioni e i corpi idrici superfi -

ciali della Basilicata, sono stati individuati gli obiettivi di qualità sui corpi idrici caratteriz-

zati, raccolti in Schede per Unità Idrografi ca (Schede allegate al Piano di Gestione).

Il Piano regionale di Tutela delle Acque è in corso di aggiornamento ed adeguamento

normativo e recepirà anche i contenuti in materia del suddetto Piano di Gestione.

La classifi cazione dello stato di qualità complessivo dei corpi idrici avviene nel PRTA adot-

tato nel 2008 sulla base dello stato chimico e dello stato ecologico. Per la valutazione

dello stato ecologico è previsto il monitoraggio delle componenti biologiche (IBE) e dei

parametri chimici di base (LIM). Il LIM indica lo stato di qualità chimico-fi sico derivante

dalla concentrazione di 7 parametri rappresentativi di tale stato qualitativo e tiene conto

della concentrazione nelle acque dei principali parametri, denominati macrodescrittori,

per la caratterizzazione dello stato di inquinamento: nutrienti, sostanze organiche bio-

degradabili, ossigeno disciolto, inquinamento microbiologico. L’IBE fornisce una valuta-

zione sullo stato degli ecosistemi fl uviali, andando a valutare le "caratteristiche" della

popolazione di macroinvertebrati bentonici ritrovate nel corso d’acqua. In particolare,

i taxa considerati nella classifi cazione presentano diversi gradi di sensibilità all’inquina-

mento ed alla carenza di ossigeno, pertanto un corso d’acqua non inquinato è caratte-

rizzato dalla presenza di specie sensibili all’inquinamento ed alla carenza di ossigeno; in

quello inquinato invece riusciranno a vivere solo le specie più resistenti. L’IBE permette,

quindi, di esprimere un giudizio complementare al controllo fi sico e chimico: l’analisi

chimica non è infatti in grado di mettere in evidenza la presenza di uno scarico saltuario

poiché fornisce dei risultati istantanei, invece il macrobenthos vivendo costantemente

nel corso d’acqua, ha maggiore memoria storica. In sintesi, il metodo chimico è più sensi-

bile nell’evidenziare le diff erenze del carico inquinante, mentre il metodo biologico tiene

conto degli eff etti complessivi di tutti i fattori di stress ambientale.

La combinazione dell’IBE e del LIM determina l’indicatore SECA valutato attribuendo al

corso d’acqua la classe di qualità determinata dall’indicatore (IBE o LIM) caratterizzato dal

peggiore livello di qualità. Sono riportati di seguito i risultati dei campionamenti divisi

per corsi d’acqua e per stazione di campionamento. La classifi cazione cromatica e il giu-

dizio adottati seguono le indicazioni ISPRA (ex APAT)4. Le reti di monitoraggio sui corsi

d’acqua di I e II ordine sono defi nite nel Piano di Tutela delle Acque ed il monitoraggio

sulle aste principali è eff ettuato dall’ARPA Basilicata. La Regione Basilicata, nell’ambito

della programmazione 2000-2006, ha fi nanziato alla Metapontum Agrobios S.r.l. il "Pro-

getto della rete di controllo dei corpi idrici signifi cativi di ordine superiore al primo" in cui

è defi nito lo stato ecologico per i corsi d’acqua di ordine superiore al primo.

In considerazione della necessità di non perdere la continuità e la notevole quantità di

informazioni elaborate per il PRTA, nelle more dell’aggiornamento ed adeguamento nor-

mativo dei contenuti del Piano stesso, la classifi cazione delle acque superfi ciali di seguito

è stata elaborata dall’ARPAB con riferimento al calcolo degli indici LIM, IBE e SECA. I dati

si riferiscono all quinquennio 2006-2010. Per il periodo successivo la Regione e l’ARPAB

4 Si attribuiscono all’indice SECA i colori: azzurro, verde, giallo, arancio e rosso, corrispondenti rispettivamente alle

classi di qualità 1 (ottimo), 2 (buono), 3 (sufficiente), 4 (scarso) e 5 (pessimo).

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hanno strutturato un tavolo tecnico per la defi nizione di nuovi indici e indicatori confor-

mi agli aggiornamenti normativi e del PRTA.

INDICATORI LIM IBE SECA

Bacino Fiume Comune Località

Anno

TR

EN

D

Anno

TR

EN

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Anno

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RI

AG

RI

Montemurro Monte diga Pertusillo 2 2 2 2 2 ☺ 10 11 11 11 n.d ☺ 2 2 2 2 - ☺

S.ArcangeloMonte confl uen.

torrente Sauro2 2 2 2 2 ☺ n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. − - - - - - −

Bernalda Ponte SS. 106 Jonica 3 3 2 3 2 ☺ 6 n.d. 5 6 8 ☺ 3 - 4 3 2 ☺

BA

SE

NTO

BA

SE

NTO

Pignola Ponte Mallardo 2 2 2 2 2 ☺ 8 8 9 n.d. n.d. ☺ 2 2 2 - - ☺

PotenzaValle confl uenza

torrente Rio Freddo4 3 3 3 2 ☺ n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. − - - - - - −

Albano

Monte confl uenza

torrente Camastra -

Ponte del Principe

3 2 2 2 2 ☺ 7 n.d. 7 n.d. n.d. 3 - 3 - -

CA

MA

ST

RA

Trivigno Monte diga Camastra 2 2 2 2 2 ☺ n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. − - - - - - −

BA

SE

NTO Pisticci Zona Industriale 3 3 3 3 3 5 n.d. 5 6 8 ☺ 4 - 4 3 3

Bernalda Ponte SS. 106 Ionica 3 3 3 3 3 6 n.d. 5 5 6 3 - 4 4 3

BR

AD

AN

O

BR

AD

AN

O

IrsinaPunta Colonna (SS.

96)3 3 2 3 3 6 n.d. 7 7 8 ☺ 3 - 3 3 3

Matera C.da Lagarone 3 3 3 3 3 6 n.d. 7 7 8 ☺ 3 - 3 3 3

MateraMonte Invaso San

Giuliano 4 3 3 3 3 6 n.d. 4 2 5 4 - 4 5 4

Bernalda Ponte SS. 106 Jonica 4 3 3 3 3 6 n.d. 5 6 7 4 - 4 3 3

CA

VO

NE

CA

VO

NE Craco Loc. Triconigro 3 3 3 3 2 6 n.d. 6 6 8 ☺ 3 - 3 3 2 ☺

Pisticci Ponte SS. 106 Ionica 3 3 3 3 2 5 n.d. 5 6 8 ☺ 4 - 4 3 2 ☺

NO

CE

NO

CE

MarateaPonte Ferrovia

Litoranea 2 2 2 2 2 ☺ 8 7 7 n.d. n.d. 2 3 3 - -

OFA

NTO

OFA

NTO Melfi

Monte Traversa S.

Venere3 2 2 3 2 ☺ 10 n.d. 10 n.d. n.d. ☺ 3 - 2 - - ☺

Melfi Valle scarico acque

zona industriale3 2 2 3 2 ☺ n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. − - - - - -

OLI

VE

NTO

LavelloPonte strada Candela

Lavello3 2 2 3 2 ☺ n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. − - - - - -

SIN

NI

SIN

NI

Lauria Masseria Nicodemo 1 2 2 2 2 ☺ 10 11 11 n.d. n.d. ☺ 1 2 2 - - ☺Colobraro Località Paradicino 2 3 2 3 2 ☺ 7 n.d. 8 7 9 ☺ 3 - 2 3 2 ☺Rotondella Ponte SS. 106 Ionica 3 3 2 3 2 ☺ 7 n.d. 6 7 8 ☺ 3 - 3 3 2 ☺

TABELLA 4. STATO ECOLOGICO DEI CORSI D’ACQUA SIGNIFI-CATIVI DEL 1° ORDINE. ANNI 2006-2010.Fonte: A.R.P.A. Basilicata

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TABELLA 5. STATO ECOLOGICO DEI CORSI D’ACQUA SIGNIFICA-TIVI DI ORDINE SUPERIORE AL PRIMO. ANNI 2005-2008.Fonte: Metapontum Agrobios S.r.l. Regione Baslicata

Corpo Idrico LIM

2005-2006

IBE

2005-2006

SECA

2005-2006

LIM

2007-2008

IBE

2007-2008

SECA

2007-2008

Bacino del fi ume Agri

F. Maglia 320 11,25 2 260 11 2

T. Rifreddo 400 9 2 295 9 2

T. Sauro 360 8,75 2 240 8 2

T. Sauro 340 8,25 2 265 8 2

F.so di Scannamogliera 340 9 2 195 10 3

Bacino del fi ume Basento

T. Camastra 400 8 2 255 8 2

T. Camastra 400 10 2 310 11 2

T. Camastra 400 9 2 230 9 3

T. Inferno 320 10 2 225 9 3

Bacino del fi ume Bradano

T. Basentello 180 4,75 4 90 4 4

T. Basentello 165 4 4 85 4 4

T. Fiumicello 130 4,5 4 40 6 5

T. Fiumicello 50 2 5 40 2 5

T. Fiumicello 95 3,5 5 40 4 5

T. Gravina 120 6,5 3 60 7 4

T. Gravina 135 2,25 5 40 5 5

T. Gravina 130 5,5 4 45 6 5

Bacino del fi ume Ofanto

T. Olivento 190 7,75 3 100 7 4

T. Olivento 150 6 3 55 3 5

T. Olivento 200 8,75 3 150 7 3

Bacino del fi ume Sele

F. Bianco 300 8 2 210 8 3

F. Bianco 110 6 4 95 6 4

Bacino del fi ume Sinni

T. Cogliandrino 360 12,75 2 225 9 3

F.rella di S. Arcangelo 300 8 2 170 8 3

T. Serrapotamo 210 5,5 4 45 6 5

T. Serrapotamo 400 11,25 2 195 10 3

TABELLA 6. RIPARTIZIONE NEL-LE CLASSI DI STATO ECOLOGICO PER LE STAZIONI DI MONITO-RAGGIO DEI CORSI D’ACQUA DI ORDINE SUPERIORE AL PRIMO (2007-2008)Fonte: Metapontum Agrobios s.r.l. - Regione Baslicata

Classe Stato Ecologico Numero Stazioni di monitoraggio dei corpi idrici - corsi d’acqua di ordine superiore al primo

(annualità 2007-2008)

Agri Basento Bradano Ofanto Sele Sinni

Suffi ciente 1 2 1 1 3

Buono 4 2

Scarso 3 1 1

Pessimo 5 1 1

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2 >

ACQ3. ACQUE IDONEE ALLA VITA DEI PESCI

La designazione in acque dolci idonee alla vita della fauna acquatica viene eseguita attra-

verso la valutazione della conformità dei parametri di qualità con quelli imperativi previ-

sti dalla normativa5 (pH, BOD5, ammoniaca indissociata, ammoniaca totale, nitriti, cloro

residuo totale, zinco totale, rame disciolto, ossigeno disciolto e materie in sospensione).

Per verifi care l’idoneità di un corpo idrico alla fauna acquatica non esiste un vero e pro-

prio indicatore defi nito dalla normativa: le acque designate vengono infatti considerate

idonee quando il valore misurato di determinati parametri fi sico-chimici si mantiene al

di sotto di limiti tabellari di cui alla nota 5. L’analisi dei dati ottenuti dal monitoraggio ha

permesso di defi nire la verifi ca della conformità come mostrato in tabella 9 e 10.

5 Tabella 1/B dell’Allegato 2 alla parte III del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

FIGURA 2. UBICAZIONE DEI SITI DI INDAGINE PER LE ACQUE DOLCI CHE RICHIEDONO PRO-TEZIONE E MIGLIORAMENTO PER ESSERE IDONEE ALLA VITA DEI PESCIFonte: Piano di tutela delle acque

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Si evidenzia nel corso degli anni un progressivo miglioramento delle condizioni ambien-

tali per le specie ittiche, che ha consentito di attribuire, a partire dal 2006, un giudizio

di conformità positivo al 93% delle stazioni. Il dato Buona parte del reticolo idrografi co

oggetto di studio attraversa aree di rilevante valore naturalistico e quindi di elevato inte-

resse turistico come il parco del Pollino.

ACQ4. IMPIANTI DI DEPURAZIONE

Gli impianti di depurazione e più in generale gli scarichi localizzati di acque refl ue, sia

civili che industriali, costituiscono fattori che determinano le pressioni da fonte puntua-

le, agenti sullo stato qualitativo dei corpi idrici. Spesso gli scarichi hanno caratteristiche

qualitative non rispondenti agli standard normativi, per la scarsa effi cienza dei sistemi di

trattamento o per l’assenza di trattamenti adeguati (si pensi ad esempio, alla necessità di

adeguare i depuratori in area sensibile introducendo i trattamenti terziari di depurazione

dei refl ui in grado di ridurre la presenza dei nutrienti - azoto e fosforo - nei limiti norma-

tivi previsti). L’anomalia di detti affl uenti è dovuta sia alla presenza di scarichi di natura

non domestica che dovrebbero essere pretrattati sia al sistema misto fognario che, in

caso di precipitazioni, determina portate che i depuratori non sono in grado di trattare. Il

censimento aggiornato al 2012 degli impianti di depurazione regionale eff ettuato da

Denominazione

Corpo Idrico

Denominazione

Stazione

Denominazione

AREA_IDR

Classifi cazione

1999 - 2000

Classifi cazione

2003-2004

Classifi cazione

2005-2006

Classifi cazione

2007-2008

T. Peschiera Peschiera

sorgente

BACINO DEL

FIUME SINNI

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

T. S. GIOVANNI San Giovanni

sorgente

BACINO DEL

FIUME LAO

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

T. MERCURE Mercure

confi ne

BACINO DEL

FIUME LAO

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

T. S. GIOVANNI San Giovanni

confi ne

BACINO DEL

FIUME LAO

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ NON

CONFORMITÀ

NON

CONFORMITÀ

T. MERCURE Mercure

sorgente

BACINO DEL

FIUME LAO

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

T. Peschiera Peschiera

confl uenza

BACINO DEL

FIUME SINNI

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

T. FRIDO Frido

sorgente

BACINO DEL

FIUME SINNI

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

SINNI Sinni

sorgente

BACINO DEL

FIUME SINNI

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

DIGA DI

COGLIANDRINO

(MASSERIA

NICODEMO)

Cogliandrino

centro

BACINO DEL

FIUME SINNI

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

TABELLA 9. VERIFICA CON-FORMITÀ PER LE ACQUE DOLCI SALMONICOLE (1999-2008)Fonte: Metapontum Agrobios S.r.l. - Regione Baslicata

TABELLA 10. VERIFICA CONFOR-MITÀ PER LE ACQUE CIPRINICO-LE (1999-2008)Fonte: Metapontum Agrobios S.r.l. - Regione Baslicata

Denominazione

Corpo Idrico

Denominazione

Stazione

Denominazione

AREA_IDR

Classifi cazione

1999 - 2000

Classifi cazione

2003-2004

Classifi cazione

2005-2006

Classifi cazione

2007-2008

T. FRIDO Frido

Confl uenza

BACINO DEL

FIUME SINNI

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

Diga DI MONTE

COTUGNO

Monte Cotugno

Riva

BACINO DEL

FIUME SINNI

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

SINNI Sinni

Confl uenza

BACINO DEL

FIUME SINNI

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

LAGO DI

MONTICCHIO

Monticchio

Centro

BACINO DEL

FIUME OFANTO

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

LAGO DI

MONTICCHIO

Monticchio

Riva

BACINO DEL

FIUME OFANTO

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

DIGA DI MONTE

COTUGNO

Monte Cotugno

Centro

BACINO DEL

FIUME SINNI

NON

CONFORMITÀ

CONFORMITÀ CONFORMITÀ CONFORMITÀ

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4 >

Acquedotto Lucano S.p.A.6, conferma la presenza di impianti funzionanti per 88 comuni

dei 100 comuni della Provincia di Potenza e per 30 dei 31 comuni della Provincia di Mate-

ra. Dall’analisi dei dati emerge che gli impianti di depurazione gestiti da Acquedotto Lu-

cano S.P.A. sono 171. Vi sono altri impianti di depurazione, circa venti, a servizio di alcuni

comuni ed aree industriali, ancora non trasferiti in gestione ad Acquedotto Lucano e per

i quali è in corso di verifi ca l’eff ettiva funzionalità (Rivello, San Chirico Raparo, Viggianello,

Baragiano etc.).

Dal censimento emergono alcune criticità: molti degli impianti rilevati non servono la

totalità degli abitanti; in taluni casi sono sottodimensionati e a servizio di solo una parte

della popolazione. Molti impianti sono di piccole dimensioni e servono frazioni o contra-

de. La quasi totalità dei depuratori è sprovvista sia di campionatori automatici per il con-

trollo qualitativo del refl uo in ingresso ed in uscita, sia di misuratori per i volumi affl uenti

ed effl uenti. Non vi sono impianti che utilizzano la fi todepurazione. Nel settore fognario -

depurativo lo scenario si sta evolvendo in maniera consistente con notevoli investimenti

dedicati alla razionalizzazione e completamento delle reti di collettamento dei refl ui e al

potenziamento e ammodernamento del sistema degli impianti di depurazione.

Il potenziamento del sistema depurativo e la realizzazione e l’adeguamento degli impian-

ti di depurazione è oggetto dei lavori fi nanziati con l’Accordo di Programma Quadro "Tu-

tela delle Acque e Gestione Integrata delle Risorse Idriche" per i diversi Comuni regionali.

Inoltre, è in fase di progettazione l’adeguamento degli impianti di Genzano di Lucania,

Laurenzana e Ferrandina e di alcune aree rurali di Melfi che entreranno in esercizio nel

corso dei prossimi due anni. Per gli abitati di Acerenza, Pietragalla, Oppido Lucano e le

frazioni di Avigliano il refl uo sarà immesso nell’impianto consortile di Acerenza realizzato

dalla Provincia di Potenza nel 2009 e ancora non in esercizio per la mancanza di collettori

fognari la cui realizzazione è prevista con un fi nanziamento dell’Accordo di Programma

Quadro in tema di Risorse Idriche già appaltato ed in corso di realizzazione. Per gli im-

pianti di depurazione a servizio delle aree rurali dei comuni di Atella e Filiano e degli abi-

tati di Albano di Lucania, Aliano e Alianello sono in corso di programmazione i necessari

interventi.

La Comunità Montana del Melandro ha realizzato, con fondi di cui alla Legge n. 135/97,

l’impianto di depurazione per l’abitato di Sasso di Castalda che è in funzione da pochi

mesi. Con interventi a carico della tariff a sono stati attivati gli impianti di Metaponto,

San Basilio di Pisticci, Montalbano Jonico, Ruoti, Pomarico, Roccanova ed i consortili di

Senise, Noepoli e Rapone.

A seguito di una approfondita ricognizione eff ettuata nel 2011 dalla Regione Basilicata

di concerto con il MATTM, alla Regione sono stati assegnati 32.200.000 euro a valere sui

fondi dei Programmi Attuativi Regionali, destinati ad interventi necessari a risolvere il

precontenzioso con l’UE, EUPILOT 1976/11/ENVI, inerente la non conformità ai requisiti

posti dalla Direttiva n. 91/271/CEE dei sistemi di raccolta e trattamento delle acque refl ue

urbane.

Gli interventi ammessi a fi nanziamento con Delibera CIPE n. 60 del 30 Aprile 2012 aff ron-

tano le criticità ambientali connesse alla depurazione in aree ritenute strategiche.

6 Gestore Unico del Servizio Idrico regionale a partire dal 2002.

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Interessante è analizzare la localizzazione degli impianti di depurazione rispetto alle aree

sensibili7 perché gli scarichi di tali impianti devono rispettare limiti (di cui alla Tabella 2

dell’all. 5 del D.Lgs n. 152/06) di concentrazione massima di fosforo e azoto, in funzione

della potenzialità degli impianti in abitanti equivalenti.

7 La normativa introduce il criterio di "area sensibile" in relazione all’accadimento o al rischio potenziale di sviluppo

di processi eutrofici nei corpi idrici che causano una degradazione qualitativa della risorsa. Nel Piano di Tutela delle

Acque sono riportate quali aree sensibili: i laghi posti ad un’altitudine inferiore ad una quota di 1.000 m sul livello del

mare e aventi una superficie dello specchio liquido di almeno 0,3 km2, i laghi naturali e artificiali, le traverse e i punti

di prelievo delle fluenze libere, nonché i bacini drenanti da essi sottesi ricadenti nel territorio regionale.

INTERVENTO AGGLOMERATO

INTERESSATO

DALL’INTERVENTO

FINANZIAMENTO NOTE

Realizzazione del sistema

di trattamento terziario

per gli impianti di

depurazione ricadenti nelle

aree sensibili individuate

dal Piano di tutela della

Regione Basilicata.

Venosa, Senise, Irsina,

Grassano, Sarconi,

Cancellara, Ripacandida,

Palazzo San Gervasio

€ 4.300.000,00 L’intervento prevede per gli impianti, tutti in area

sensibile, l’adeguamento al trattamento terziario

dei refl ui ed altresì, per ciascun impianto, è prevista

la sostituzione e l’adeguamento dei macchinari e/o

della capacità di trattamento.

Realizzazione del sistema

di trattamento terziario agli

impianti di depurazione

ricadenti nelle aree

sensibili individuate

dal Piano di tutela della

Regione Basilicata. 4° lotto.

Realizzazione del nuovo

impianto di depurazione

e delle reti fognarie di

collettamento al nuovo

impianto dell’abitato di

Melfi .

Melfi € 5.000.000,00 Valutazioni inerenti l’eccessiva onerosità degli

interventi necessari per il consolidamento dell’area

in frana hanno dettato l’esigenza di delocalizzare

l’impianto esistente, prevedendo la realizzazione

di un nuovo impianto di depurazione, con una

potenzialità di 24.000 a.e. e dotato di sistema

terziario di trattamento dei refl ui, a valle dell’abitato,

sul versante sinistro del Torrente Melfi in un’area

pressoché pianeggiante e geologicamente stabile.

L’intervento richiede, altresì, la realizzazione del

sistema fognario di raccolta e collettamento dei

refl ui verso il nuovo depuratore.

Comune di Lavello -

Potenziamento della rete

fognaria e del depuratore

Lavello € 2.400.000,00 Il depuratore a servizio dell’abitato di Lavello ha una

potenzialità di trattamento di 7.000 a.e., a fronte

di un carico da trattare pari a 12.000 a.e..Pertanto

l’intervento prevede la realizzazione di una seconda

linea di trattamento per una capacità totale di

trattamento pari al 14.000 a.e.

Potenziamento dei

depuratori a servizio

dell’abitato di Matera

Matera - Lamione,

Matera -Sarra,

Matera - Pantano

€ 10.000.000,00 Pur avendo i tre depuratori esistenti una capacità

di trattamento adeguata, necessitano della

sostituzione e del potenziamento di parte delle

apparecchiature. Inoltre essendo l’agglomerato

in area sensibile ed in un’area della Regione a

più elevato rischio di inquinamento, l’intervento

prevede la realizzazione del trattamento terziario

dei refl ui.

Separazione acque bianche

e nere nei collettori a

servizio dei depuratori

dell’alta valle dell’Agri

Marsicovetere, Paterno,

Marsico Nuovo,

Tramutola, Sarconi

€ 4.500.000,00 La Regione Basilicata ha concluso la realizzazione dei

nuovi impianti di depurazione a servizio dell’area,

risulta invece necessario intervenire sul relativo

collettamento.

Realizzazione del

depuratore cittadino e

del relativo sistema di

collettamento del Comune

di Pisticci

Pisticci € 6.000.000,00 L’intervento prevede la realizzazione di un nuovo

impianto di depurazione a servizio del centro abitato

di Pisticci ed altresì la realizzazione del sistema

fognario di collettamento verso il depuratore.

TABELLA 11. INTERVENTI AMMESSI A FINANZIAMENTO DELIBERA CIPE N. 60/2012

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Nelle aree defi nite sensibili insistono 67 impianti di trattamento delle acque refl ue urba-

ne funzionanti gestiti da Acquedotto Lucano S.p.A.

La necessità di salvaguardare i corpi idrici dai fenomeni eutrofi ci impone l’adozione e lo

sviluppo di processi di trattamento delle acque refl ue che, accanto all’obiettivo iniziale di

rimuovere le sostanze organiche, i materiali sospesi ed i microrganismi potenzialmente pe-

ricolosi per la salute umana, risponda alla necessità di rimuovere effi cacemente i nutrienti,

azoto e fosforo, dai refl ui (trattamenti terziari di depurazione). In particolare, il concetto di

area sensibile, inteso come corpo idrico ricettore esposto al rischio di eutrofi zzazione, pone

l’esigenza di interventi di adeguamento degli impianti di depurazione esistenti, spesso ca-

ratterizzati unicamente da comparti di ossidazione biologica dei composti organici e non

dotati dei necessari trattamenti in grado di abbattere i nutrienti in eccesso.

La Tabella 12 evidenzia che sul territorio regionale gli impianti di depurazione ricadenti

in area sensibile con A.E. > di 10.000 sono in totale 4 (Melfi , Venosa, Senise, Tramutola).

Per tali impianti, affi nché possano essere rispettati i limiti di concentrazione di azoto e

fosforo, si rende urgente l’adeguamento ai sistemi terziari di depurazione. Il solo impian-

to di Tramutola, di cui si relazionarà in seguito è già dotato di trattamento terziario dei

refl ui. Rimane inteso che è comunque importante, a prescindere dai limiti fi ssati dalla

normativa, programmare i necessari adeguamenti tecnologici e strutturali su tutti i de-

puratori recapitanti in area sensibile, a tutela e protezione delle stesse. L’unico impianto

di depurazione in area sensibile con una potenzialità di progetto superiore ai 100.000

FIGURA 3. IMPIANTI DI DEPURAZIONE GESTITI DA ACQUEDOTTO LUCANO S.P.A. RI-PARTIZIONE PERCENTUALE NEL BACINO IDROGRAFICO DEGLI "IMPIANTI IN AREA SENSIBILE" E "IN AREA NON SENSIBILE"Fonte: Acquedotto Lucano s.p.a. - Regione Basilicata

TABELLA12. POTENZIALITÀ DI PROGETTO IMPIANTI DI DEPURAZIONE SUL TERRITORIO REGIONALEFonte: Acquedotto Lucano s.p.A - Regione Basilicata

BACINO POTENZIALITÀ IMPIANTI IN A.E. (ABITANTI EQUIVALENTI)

IMPIANTI IN AREE SENSIBILI IMPIANTI IN AREE NON SENSIBILI

A.E.

< 2.000

A.E.

2.000 - 10.000

A.E.

> 10.000

A.E.

> 100.000

A.E.

< 2.000

A.E.

2.000 - 10.000

A.E.

> 10.000

A.E.

> 100.000

AGRI 7 10 1 2 1

BASENTO 12 7 1 6 4 2

BRADANO 3 6 1 5 2

CAVONE 8 4 2

LAO 1 1 1

NOCE 12 2 2

OFANTO 4 4 2 4 7 1

SELE 12 13

SINNI 4 5 1 3 6 1

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A.E. è l’impianto di depurazione di Potenza, realizzato con fi nanziamento pubblico sta-

tale, strutturato e dimensionato in modo da trattare i liquami civili della città di Potenza

nonché i refl ui provenienti dalle case sparse di Potenza per 100.000 abitanti equivalenti,

i liquami industriali di Tito e di Potenza corrispondenti a 60.000 abitanti equivalenti, per

un totale complessivo di 160.000 A.E.. Il depuratore, i cui lavori di realizzazione si sono

conclusi nel 2006, è dotato di trattamento terziario dei refl ui e trattamento di disinfezio-

ne tramite processo di clorazione. In uscita dal bacino di disinfezione parte della portata

viene prelevata per essere destinata alle utenze industriali. Dette acque, prima del loro

riutilizzo a scopo industriale, vengono assoggettate ad un ulteriore trattamento di disin-

fezione, in apposito impianto ubicato nei pressi della vasca di sedimentazione, tramite

raggi UV, per ridurre la concentrazione dei coliformi totali. In Val d’Agri, a protezione del-

la Diga del Pertusillo, sono stati completati con i fondi strutturali del POR 2000-2006 e

sono in esercizio dal maggio 2011 quattro depuratori nei Comuni di Tramutola (impianto

comprensoriale dimensionato per 25.620 A.E. a servizio dei Comuni di Tramutola, Pater-

no, Viggiano, Marsico Nuovo e Marsico Vetere), Spinoso (2.550 A.E. - adeguamento di un

impianto esistente), Grumento Nova (2.376 A.E.) e Montemurro (2.200 A.E.), tutti dotati

di trattamento terziario dei refl ui.

ACQ5. ACQUE MARINO - COSTIERE (INDICE CAM)

La fi nalità dell’indice CAM è quella di fornire un giudizio sulla qualità delle acque intesa

anche come rischio igienico - sanitario basata su dati oceanografi ci di base, tenendo con-

to delle variabili: salinità, clorofi lla, trasparenza, silicati, ammoniaca, fosfati, nitrati, nitriti.

La classifi cazione tiene conto anche della trasparenza in quanto parametro dipendente

dalla biomassa fi toplanctonica, infatti se le acque mostrano una bassa trasparenza e una

bassa salinità sicuramente vi sono immissioni di acqua dolce con rischi igienico sanitari.

Le classi sono rappresentate da tre tipologie di colore: l’azzurro corrisponde ad acque

oligotrofi che e tendenzialmente imperturbate, il verde ad acque di media qualità, il cui

arricchimento non determina però squilibri ecologici e il giallo ad acque in cui ad una

più o meno marcata eutrofi zzazione si associano indizi di alterazione funzionale del si-

stema. Di seguito sono state riportate la classifi cazione secondo l’indice CAM delle acque

marino-costiere del mar Ionio e del mar Tirreno.

Page 130: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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Dalle elaborazioni si può notare come a partire dall’anno 2006 si osserva una più o meno

marcata eutrofi zzazione associata ad indizi di alterazione funzionale del sistema. I dati

di cui sopra sono inseriti nel sistema Si.Di.Mar, la banca dati del Sistema Difesa Mare fi -

nanziata dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Si tratta di

un sistema informativo in grado di fornire un panorama completo e coordinato sulla

condizione del territorio marino e costiero italiano, sia sulla base delle relative condizioni

ecologiche e sia in relazione alle attività antropiche, economiche ed industriali che inter-

vengono sulla fascia costiera emersa e sommersa. Grazie alla sua attività di raccolta dei

dati provenienti dalle reti di osservazioni regionali sull’ambiente marino, messi a disposi-

zione degli utenti via Internet, il Si.Di.Mar è a tutt’oggi l’unica banca dati che raccoglie a

livello nazionale i dati relativi all’ambiente marino.

ACQ6. ACQUE DI BALNEAZIONE

Con il termine "acque di balneazione" vengono indicate le acque dolci superfi ciali, cor-

renti o di lago e le acque marine nelle quali la balneazione è espressamente autorizzata

o non vietata. Negli ultimi anni, con l’evoluzione del quadro normativo comunitario e

nazionale, sono state introdotte profonde modifi che nelle modalità di monitoraggio e

defi nizione dell’idoneità delle acque destinate alla balneazione. In particolare8, sono sta-

ti ridefi niti i parametri di campionamento, la frequenza dei controlli e la metodologia di

valutazione e classifi cazione delle acque di balneazione.

Allo stato attuale il monitoraggio si svolge dal primo aprile al trenta settembre di ogni

anno, con frequenza di campionamento mensile e gli indicatori di riferimento sono due:

Enterococchi intestinali ed Escherichia coli.

Le coste della regione Basilicata si estendono per 61.5 km, di cui 60.57 km di costa adibi-

ta alla balneazione e 0.95 km di costa non adibita alla balneazione (Tabella 12). La costa

tirrenica è compresa in un tratto di circa 25 km tra Punta dei Crivi, poco più a nord di

Acquafredda, e la Spiaggia "d’a Gnola", a sud della Secca di Castrocucco, mentre la costa

ionica, lunga circa 37 km, da Metaponto a Nova Siri.

Le attività di campionamento e di analisi sono svolte dall’ARPAB e riguardano 60 punti

di campionamento di cui 19 ricadenti lungo la costa tirrenica e 41 su quella ionica. Par-

ticolare attenzione è stata rivolta alla localizzazione dei sessanta punti di monitoraggio,

la cui individuazione ha tenuto conto delle aree in cui si prevede il maggior affl usso di

8 Con l’emanazione del D.Lgs. 116 del 30 maggio 2008 recante "Attuazione della Direttiva 2006/7/CE relativa alla

gestione della qualità delle acque di balneazione e abrogazione della Direttiva 76/160/CEE" e del relativo decreto

attuativo D.M. 30 marzo 2010.

TABELLA 14. BALNEABILITÀ E CONTROLLO DI BALNEAZIONE DELLE COSTE LUCANE PER PROVINCIAFonti: ARPA Basilicata e Ministero della Salute (Rapporto acque di Balneazione 2012)

Lunghezza

totale costa

(km)

Costa non

adibita alla

balneazione per

inquinamento

(km)

Costa non

adibita alla

balneazione

per altri motivi

(km)

Costa parco

marino non

adibita alla

balneazione

(km)

Costa

adibita alla

balneazione

(km)

Costa non

balneabile per

inquinamento

per l’intera

stagione

balneare (km)

Costa non

balneabile per

inquinamento

per parte

della stagione

balneare (km)

Costa non

balneabile

per altri

motivi per

l’intera

stagione

balneare

(km)

Costa non

balneabile

per altri

motivi per

parte della

stagione

balneare

(km)

Costa

balneabile

per l’intera

stagione

balneare

(km)

Matera 36,93 0 0,5 0 36,43 0 0 0,5 0 36,43

Potenza 24,59 0 0,45 0 24,14 0 0 0,45 0 24,14

Totale

Regione

61,52 0 0,95 0 60,57 0 0 0,95 0 60,57

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bagnanti o il rischio più elevato di inquinamento in base al profi lo delle acque di bal-

neazione. La distribuzione spaziale dei punti di monitoraggio è stata inoltre realizzata

assicurando un controllo accurato delle acque costiere lucane che risultano tra le più

monitorate d’Italia (Tabella 13).

La rete di monitoraggio della costa lucana è stata aggiornata con D.G.R. n.404 del 5 aprile

2012 ai sensi del D.Lgs. 116/08 e del D.M. 30 marzo 2010.

Fino al 2009 la classifi cazione delle acque di balneazione veniva eff ettuata secondo

quanto previsto dal DPR 470/82 in attuazione della Direttiva 76/190/CEE sulla base di

tre indicatori: "Balneabilità", "Controllo di balneazione" e "Indice di qualità batteriologica

(IQB)".

TABELLA 15. DISTRIBUZIONE PUNTI DI PRELIEVO STAGIO-NE BALNEARE 2011- REGIONE BASILICATAFonte: Ministero della Salute, Conferenza stampa "Qualità acque di balneazione", 13 giugno 2012

Lunghezza totale

costa (km)

Aree di balneazione Km/punti

di prelievo

Regione Basilicata 61,5 60 1,0

Territorio Nazionale 7810,9 4902 1,4

FIGURA 4. RETE DI MONITO-RAGGIO DELLA COSTA TIRRE-NICA. AREA DI BALNEAZIONE COMUNE DI MARATEAFonte: Ministero della Salute e ARPAB

FIGURA 5. RETE DI MONITO-RAGGIO DELLA COSTA IONICA. AREE DI BALNEAZIONE DEI CO-MUNI DI BERNALDA, PISTICCI, SCANZANO IONICO, POLICORO, ROTONDELLA E NOVA SIRI

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L’Indicatore di balneabilità esprime il rapporto percentuale tra la lunghezza della costa

balneabile e la lunghezza della costa controllata.

Il Controllo di balneazione rappresenta il rapporto percentuale tra costa controllata e co-

sta totale.

L’Indice di qualità batteriologica (IQB) fornisce informazioni sulla possibile contaminazio-

ne di tipo fognario, dovuta all’impatto di scarichi urbani o foci fl uviali.

A partire dal 2010 la classifi cazione delle acque viene eff ettuata secondo quanto previsto

dal D.Lgs. 116/08 e dal Decreto del Ministero della Salute del 30 marzo 2010 che hanno

recepito la nuova Direttiva (2006/7/CE). In particolare il D.M. 30 marzo 2010 stabilisce:

I valori limite per il singolo campione.•

I metodi di analisi di riferimento.•

I criteri per determinare i divieti di balneazione.•

Le procedure di campionamento.•

I criteri per la descrizione dei profi li.•

Il report acque di balneazione con le informazioni che dovranno essere trasmesse, •

insieme ai risultati del monitoraggio al Ministero della Salute.

Rispetto a quanto previsto dal DPR 470/82, il nuovo programma di monitoraggio preve-

de la rilevazione mensile e non più bimensile di parametri microbiologici e ambientali

quali temperatura dell’aria, temperatura dell’acqua, vento (intensità e direzione), corren-

te superfi ciale, condizioni meteorologiche. Il succitato DM detta inoltre le modalità di

intervento in caso di proliferazioni algali nelle coste italiane introducendo delle "Linee

Guida per la gestione del rischio associato alle fi oriture di Ostreopsis ovata" e delle "Pro-

cedure per la gestione del rischio associato alle proliferazioni di cianobatteri".

In sostanza introduce parametri ambientali a discapito dei parametri chimico-fi sici previ-

sti dalla precedente normativa e pone particolare attenzione alla valutazione preventiva

dei rischi ricadenti sulle singole aree di balneazione con la redazione annuale dei "Profi li

delle acque di balneazione" di cui all’allegato E del D.M. 30 marzo 2010 di cui all’art.9

D.Lgs. 116/08.

La riduzione dei parametri da monitorare, oltre a semplifi care ed ottimizzare l’attività di

monitoraggio, permette di attenzionare con ulteriori indagini, quei punti che presenta-

no maggiori criticità per poter mettere in atto azioni correttive preventive, per un’attenta

valutazione dello stato ambientale in cui si trova il punto di campionamento.

La direttiva si pone l’obiettivo di correlare lo stato di qualità delle acque di balneazione

con le possibili fonti di contaminazione attraverso una gestione integrata della quali-

tà delle acque tale da permettere azioni volte a prevenire l’esposizione dei bagnanti in

acque inquinate, non solo attraverso il monitoraggio, ma anche attraverso misure di ge-

stione in grado di riconoscere e ridurre le possibili cause di inquinamento.

I campioni devono essere accompagnati da ispezioni di natura visiva per valutare la pre-

senza di residui bituminosi e rifi uti in genere. La conformità dei singoli campioni è de-

terminata dal rispetto dei valori limite. Il superamento di tali limiti determina il divieto di

balneazione e l’obbligo di prelevare campioni successivi, fi no al riscontro di un esito di

analisi favorevole, che consenta la riapertura del sito.

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Per la classifi cazione della qualità delle acque di balneazione si fa riferimento ai parame-

tri e ai limiti indicati in tabella 16:

Tali limiti sono stati fi ssati valutando la relazione tra la densità dei suddetti microrganismi

intestinali e le percentuali di patologie contratte durante l’attività di balneazione.

La valutazione della qualità delle acque di balneazione viene eff ettuata al termine di

ciascuna stagione balneare, sulla base della serie di dati relativi alla stagione balneare

in esame e alle tre stagioni balneari precedenti. Dall’analisi eff ettuata è possibile indivi-

duare quattro classi di qualità delle acque di balneazione: Eccellente, Buona, Suffi ciente,

Scarsa (Tabella 17).

Di concerto con il Ministero della Salute la classifi cazione dello stato di qualità delle ac-

que di balneazione, per il periodo 2006-2009, è stata eff ettuata considerando come valo-

re di riferimento dell’Escherichia coli quello disponibile relativo ai "coliformi fecali".

Per il periodo 2010-2013, essendo disponibile il dato relativo al parametro Escherichia

coli, sarà possibile eff ettuare la succitata classifi cazione in base agli aggiornamenti

normativi.

In questi anni di transizione, di concerto con il Ministero della Salute è stata comun-

que eff ettuata una prima valutazione della qualità delle acque di balneazione lucane

(Tab.18).

Tratto di costa Quadriennio

2006-2009

Quadriennio

2007-2010

Quadriennio

2008-2011

Quadriennio

2009-2012

Osservazioni

Costa jonica

Comune di Bernalda

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, in corrispondenza

delle foci dei fi umi Basento e Bradano

il giudizio di qualità è di livello "Buono"

mentre per la restante parte della costa è

di livello "Eccellente".

Parametri Corpo

idrico

Valore limite per un

singolo campione

(U/100ml)

Metodi di

riferimento

Legislazione di

riferimento

Enterococchi

intestinali

Acque

marine

200 ISO 7899-1> D. Lgs. 116/08

- DIRETTIVA 2006/7/CE

DEL 15/02/2006 -

G.U. N. 119 DEL 24/05/2010

SUPP. ORD. N. 97Escherichia

coli

Acque

marine

500 ISO 9308-3

TABELLA16. PARAMETRI E VA-LORI LIMITE PER UN SINGOLO CAMPIONEFonte: Ministero della Salute, Conferenza stampa "Qualità acque di balneazione", 13 giugno 2012

TABELLA17. CLASSI DI QUALITÀ ACQUE DI BALNEAZIONE Fonte: D.M. 30 marzo 2010

Parametri (UFC/100 ml) Classi di qualità

A B C D

Eccellente Buona Suffi ciente Scarsa

Enterococchi intestinali 100 (*) 200(*) 185 (**) >185(**)

Escherichia coli 250 (*) 500(*) 500 (**) >500(**)

(*) sulla base del 95° percentile, (**) sulla base del 90° percentile

TABELLA18. CLASSIFICA-ZIONE QUALITÀ ACQUE DI BALNEAZIONEFonte: Dati ed elaborazioni ARPAB

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Tratto di costa Quadriennio

2006-2009

Quadriennio

2007-2010

Quadriennio

2008-2011

Quadriennio

2009-2012

Osservazioni

Costa jonica

Comune di Pisticci

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, in corrispondenza della

foce del fi ume Basento, il giudizio di

qualità è di livello "Buono" mentre per

la restante parte della costa è di livello

"Eccellente".

Costa ionica

Comune di Scanzano

Jonico

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, in corrispondenza della

foce del fi ume Cavone il giudizio di

qualità è di livello "Buono" mentre per

la restante parte della costa è di livello

"Eccellente".

Costa jonica

Comune di Policoro

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, in corrispondenza della

foce delle idrovore e dei fi umi il giudizio

di qualità è di livello "Buono" mentre per

la restante parte della costa è di livello

"Eccellente".

Costa jonica

Comune di

Rotondella

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, anche se applicando

le valutazioni più restrittive del DM

470/82, in corrispondenza della foce delle

idrovore e dei fi umi il giudizio di qualità è

di livello "Buono" mentre per la restante

parte della costa è di livello "Eccellente".

Costa jonica

Comune di Nova Siri

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, in corrispondenza della

foce dell’idrovora il giudizio di qualità è

di livello "Buono" mentre per la restante

parte della costa è di livello "eccellente".

Costa tirrenica

Comune di Maratea

*** *** *** Con le valutazioni ai sensi del D.L.116/08

e s.m.i. il giudizio è "Eccellente".

Per il periodo precedente al 2010,

applicando le valutazioni più restrittive

del DPR 470/82, in corrispondenza della

foce del fi ume Noce ed in corrispondenza

della spiaggia di fi umicello il giudizio di

qualità è di livello "Buono" mentre per

la restante parte della costa è di livello

"Eccellente".

Legenda: qualità acque livello "buono" DPR 470/82;

*** qualità acque livello "eccellente" D. Lgs. 116/08 e DM 30 marzo 2010

Per il periodo 2006-2012 la costa balneabile lucana ha mostrato in generale una percen-

tuale di conformità del 100% ai valori obbligatori previsti dalla Direttiva europea 2006/7/

CE e i suoi decreti attuativi (Tabella19).

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Il Ministero della Salute e l’ARPA Basilicata pubblicano mensilmente i dati relativi alla qua-

lità delle acque di balneazione sia sul sito Ministeriale all’indirizzo di rete "http://www.

portaleacque.salute.gov.it/PortaleAcquePubblico/home.spring" che sul portale dell’AR-

PA Basilicata all’indirizzo di rete http://www.arpab.it/balneazione11/index.asp".

In conclusione i dati dei controlli sulle acque di balneazione attestano che nel periodo

2006-2012 la Basilicata mantiene sempre il 100% di costa balneabile controllata. I valori

assunti dagli indicatori relativi allo stato di qualità ambientale (IQB, enterococchi intesti-

nali, Escherichia coli) evidenziano una situazione stabile negli anni e complessivamente

soddisfacente. Alcuni punti di criticità si riscontrano sia sulla costa ionica che su quella

tirrenica in corrispondenza delle foci dei principali fi umi lucani. Fino al 2010 la foce del

fi ume Basento e lo sbocco dell’idrovora di Nova Siri hanno rappresentato le aree di non

eccellenza, anche se il giudizio complessivo è risultato comunque buono.

A parte i bacini naturali e artifi ciali ed i corsi d’acqua di ogni tipo che nel territorio regio-

nale sono dichiarati "non balneabili" (D.G.R. 1812 del 28 dicembre 2012), i restanti punti

monitorati rientrano largamente nei limiti previsti per legge e permettono di assegnare

nel periodo 2006-2012 complessivamente un giudizio tra l’eccellente e il buono al mare

lucano.

ACQ7. ACQUE SOTTERRANEE

Le risorse idriche sotterranee necessitano di protezione sia in termini qualitativi, tentan-

do di prevenire i possibili fenomeni di inquinamento che ne invalidano l’uso per il con-

sumo umano, sia in termini quantitativi, programmando una corretta gestione del patri-

monio idrico mirata principalmente ad evitare i fenomeni di depauperamento introdotti

dal sovrasfruttamento della risorsa. La gestione razionale della risorsa idrica sotterranea

non può dunque prescindere dalla conoscenza del sistema idrologico, dalla predisposi-

zione di strumenti e metodologie che consentano di costruire bilanci idrici, di mantenere

nei corsi d’acqua le portate necessarie ad aumentarne le capacità recettive e a recupera-

re caratteristiche biotiche accettabili.

Il D.Lgs. n. 30/09, in recepimento della Direttiva 2000/60/CE, defi nisce il percorso tecnico

per la caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei. Secondo il citato Decreto, l’individua-

zione e perimetrazione dei corpi idrici sotterranei avviene secondo uno schema che a

partire dalla caratterizzazione geologica ed idrogeologica porta all’individuazione degli

acquiferi e, sulla base di questi, a quella dei corpi idrici sotterranei. La regione Basilicata

ha ammesso a fi nanziamento nel 2011 lo studio di ricerca9 "Valutazione delle caratteri-

stiche e potenzialità degli acquiferi della Regione Basilicata" fi nalizzato alla defi nizione

delle caratteristiche qualitative e la valutazione delle potenzialità degli acquiferi mag-

giormente signifi cativi della Regione Basilicata.

Le campagne di indagine condotte nel triennio 2010-2013 hanno consentito di defi nire

lo Stato Chimico delle Acque Sotterranee e di determinare una classe di qualità per i cor-

pi idrici analizzati. L’individuazione e la defi nizione dei corpi idrici sotterranei regionali

9 D.G.R. n. 824 del 07/06/2011 condotto dalla Metapontum Agrobios S.r.l.

% Frequenza

monitoraggio non

conforme

% Conformi ai

valori imperativi

% Non conformi ai

valori imperativi

% Chiuse (in attesa

di essere risanate)

% Totale

Regione Basilicata 0,00 % 100,00% 0,00 % 0,00 % 100,00%

Territorio Nazionale 5,00 % 91,90% 0,40 % 2,70 % 100,00%

TABELLA19. CONFORMITÀ ACQUE DI BALNEAZIONE 2006-2012 - REGIONE BASILICATA Fonte: Ministero della Salute, Conferenza stampa "Qualità acque di balneazione", 13 giugno 2012

Page 137: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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signifi cativi sono state eff ettuate sulla base delle conoscenze idrogeologiche acquisite

nello studio condotto nell’ambito della convenzione tecnico scientifi ca DIFA - DAT - AR-

PAB. Da tale studio è derivata la redazione della carta dei corpi idrici signifi cativi per le

acque sotterranee. Nella fi gura 6 sono indicati, sulla carta dei corpi idrici signifi cativi per

le acque sotterranee i punti di misura sottoposti a controllo nell’ambito del progetto. Ad

ognuno di questi punti è associata una scheda anagrafi ca identifi cativa del punto e delle

condizioni al contorno.

Le idrostrutture interessate dallo studio sono: l’acquifero vulcanico del Monte Vulture, il

sistema idrogeologico dell’alta valle del Basento (Idrostruttura M. Pierfaone - M. Arioso),

la struttura carbonatica dei Monti di Muro Lucano, le idrostrutture carbonatiche dell’alta

valle del Fiume Agri, l’idrostruttura carbonatica dei Monti di Lauria, l’acquifero carbonati-

co del Monte Pollino (gruppo montuoso del Pollino), l’idrostruttura dei Monti di Maratea,

l’idrostruttura di Monte Alpi, l’idrostruttura di Monte Raparo. Le strutture idrogeologiche,

costituite da successioni che includono complessi calcarei, dolomitici e calcareo - silicei,

risultano signifi camente produttive per l’elevata potenzialità idrica, quindi sono sede di

acquiferi di importanza nazionale e regionale, in quanto soggette a trasferimenti di risor-

se idriche verso altre regioni (ad esempo M. Pollino). Altri acquiferi di importanza locale

sono allocati in idrostrutture costituite da successioni calcareo-marmose-argillose (ad

es. Monte Sirino), da successioni conglomeratiche e sabbiose (dell’area a nord-est della

Basilicata). Accanto a tali acquiferi, ne esistono altri sicuramente meno signifi cativi dal

punto di vista della potenzialità, ma che potrebbero costituire un’importante e strate-

gica risorsa idrica sotterranea da destinare a particolari momenti di penuria idrica. Ci si

riferisce in particolare agli acquiferi sabbioso-conglomeratici ricadenti nel territorio cen-

tro-orientale della Basilicata, con particolare riferimento a quelli ricadenti nelle porzioni

medie e basse dei bacini dei principali fi umi lucani (fi umi Bradano, Basento, Agri e Sinni);

agli acquiferi detritico alluvionali presenti nei fondovalle dei principali fi umi lucani e dei

bacini fl uvio-lacustri dei fi umi Noce e Mercure, alle idrostrutture carbonatiche ad oggi

non oggetto di studi ed indagini dettagliati tra le quali vale la pena evidenziare le dorsali

di Monte Paratiello e dei Monti di Brienza, i rilievi di Monte Raparo e Monte Alpi.

FIGURA 6. CARTA DEI CORPI IDRICI SOTTERRANEI SIGNIFI-CATIVI - UBICAZIONE DEI PUNTI DI MISURAFonte: "Valutazione delle caratteristiche e potenzialità degli acquiferi della Regione Basilicata" - Metapontum Agrobios S.r.l. - Regione Basilicata

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L’identifi cazione dei corpi idrici è stata eff ettuata secondo i criteri del D.Lgs. 30/2009 che

modifi ca il concetto di acquifero signifi cativo10 e prevede che il processo di identifi cazio-

ne dei corpi idrici sotterranei interessi ogni unità stratigrafi ca contenente una "quantità

signifi cativa" di acqua, ovvero da cui sia possibile prelevare in media più di 10 m3/giorno

o una quantità di acqua suffi ciente per 50 persone.

I campioni d’acqua raccolti per questo progetto sono acque "grezze" e consentono di

ottenere importanti dati relativi alla qualità peculiare del corpo idrico sotterraneo che

alimenta ciascuna sorgente. Alcune delle sorgenti campionate ed analizzate rappresen-

tano nuovi punti di campionamento rispetto alle conoscenze pregresse rappresentate

principalmente dalle analisi di potabilità.

L’analisi dei dati raccolti nel triennio 2010-2012 sui diversi acquiferi consente di eff et-

tuare importanti considerazioni sul chimismo delle acque e formulare alcune ipotesi

idrogeologiche.

Le analisi condotte hanno consentito di attribuire, attraverso le indagini eff ettuate sui

punti di misura, lo stato chimico ai corpi idrici sotterranei (SCAS). L’indice evidenzia le

zone sulle quali insiste una maggior criticità ambientale determinata dalla scarsa qualità

delle acque sotterranee. Quest’ultima può essere dovuta agli eff etti delle attività antro-

piche, ma anche a condizioni naturali, determinate principalmente dalle caratteristiche

idrogeologiche e idrodinamiche intrinseche dell’acquifero. L’analisi congiunta della di-

stribuzione sul territorio dei singoli inquinanti derivanti dalle attività antropiche, con la

distribuzione dei parametri chimici di origine naturale, permette di ottenere indicazioni

importanti sulla compromissione della qualità delle acque sotterranee e, quindi, sulla

possibilità di un loro utilizzo. La normativa italiana, così come quella comunitaria, defi ni-

sce lo stato ambientale di un corpo idrico sotterraneo in base allo stato quantitativo ed

a quello chimico.

L’indice SCAS veniva rappresentato, ai sensi dell’abrogato D.Lgs. 152/99, da 5 classi (1-2-3-

4-0) attribuite sulla base delle concentrazioni medie annue dei parametri di base secon-

do la tabella 20, allegato 1 del D.Lgs. 152/99 (conducibilità elettrica, cloruri, manganese,

ferro, nitrati, solfati, ione ammonio), valutando quella che determina sulla qualità le con-

dizioni peggiori. Nel 2009 è stato emanato il D.Lgs. 30 che, recependo per le acque sot-

terranee le Direttive europee 2000/60/CE e 2006/118/CE, integra il D.Lgs. 152/2006 e con-

testualmente modifi ca le classi di stato chimico riducendole a 2 rispetto le 5 del decreto

previgente. Le due nuove classi di stato chimico sono "buono" e "scarso" (Tabella 20).

La prima identifi ca le acque in cui le sostanze inquinanti o indesiderate hanno una con-

centrazione inferiore agli standard di qualità o ai valori soglia fi ssati a livello nazionale.

Questi ultimi possono essere rivisti dalle regioni per ciascun corpo idrico qualora la con-

centrazione di fondo naturale dovesse essere superiore al valore di soglia fi ssato. In altre

parole, nella classe "buono" rientrano tutte le acque sotterranee che non presentano

evidenze di impatto antropico e anche quelle in cui sono presenti sostanze indesiderate

o contaminanti ma di origine naturale. Al contrario, nella classe "scarso" rientrano tutte

le acque sotterranee che non possono essere classifi cate nello stato "buono" e nelle quali

risulta, quindi, evidente un impatto antropico sia per livelli di concentrazione dei conta-

minanti sia per le loro tendenze in aumento signifi cative e durature nel tempo.

10 Così come definito nell’Allegato 1 alla parte III del D.lgs. n. 152/2006.

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Nello specifi co il D.Lgs. n. 30/2009 prevede l’assegnazione dello stato chimico Buono se

si verifi ca il rispetto dei valori soglia per tutte le sostanze di cui all’Allegato 3 parte A del

decreto stesso in tutte le stazioni di monitoraggio. Nel caso si verifi chino dei superamen-

ti di soglia in un numero di siti che comunque non siano rappresentativi di più del 20%

dell’area totale e del volume totale del corpo idrico è ancora possibile assegnare lo stato

Buono se è stato verifi cato che tali superamenti non comportino un rischio ambienta-

le signifi cativo per il corpo idrico sotterraneo stesso tenedo conto della sua estensione

complessiva, né per le acque superfi ciali interconnesse o gli ecosistemi terrestri che da

queste dipendono, né comportino rischi di pregiudicare il consumo umano attuale o

previsto. Il superamento dei valori di soglia di questa tabella in qualsiasi stazione di mo-

nitoraggio è da considerarsi come indicazione di una condizione di rischio di mancato

raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale. La conformità al valore soglia è da

riferirsi alla media dei risultati di ciascuna stazione monitorata.

Ai sensi del D.Lgs. n. 30/2009 alle sorgenti analizzate è stato assegnato il giudizio di qua-

lità buono eccetto alla sorgente nel comune di Atella in località S.M. degli Angeli e nel

comune di Gallicchio in località Acquafredda a cui si è assegnato il giudizio Scarso per la

presenza di nitrati. I parametri addizionali analizzati sono risultati tutti sotto soglia, per

cui si può concludere che la qualità delle acque sotterranee è risultata buona11.

ACQ8. PIANIFICAZIONE E PROGETTI

Numerose sono le attività strategiche intraprese dalla regione tese a promuovere lo

sviluppo sostenibile del settore con interventi sia legislativi, pianifi catori ed operativi-

gestionali.

PIANIFICAZIONE

Sul fronte della pianifi cazione, la Giunta Regionale ha adottato il Piano di Tutela con prov-

vedimento n. 1888 del 21/11/2008 e lo ha sottoposto al parere degli Enti competenti.

Tenuto conto delle osservazioni pervenute, in particolare di quelle espresse dal Mini-

stero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio con nota prot. N. 09605/Qdv/DI/II del

06/05/2009, è necessario procedere alla revisione, all’adeguamento tecnico-normativo

ed alla successiva riadozione.

Il Piano adottato sarà pubblicato per garantire la dovuta partecipazione di tutti i por-

tatori di interesse e contemporaneamente sarà sottoposto alla Valutazione Ambientale

Strategica per la sua defi nitiva approvazione.

Il Piano di Gestione Acque dell’Appennino Meridionale, approvato dal Consiglio dei Mini-

stri del 10 aprile u.s., ad oggi costituisce il riferimento per la pianifi cazione e la program-

mazione, a scala di Distretto, delle risorse idriche.

11 L’attribuzione dello stato "buono" è stata effettuata analizzando le risultanze delle indagini analitiche effettuate

su ciascuna sorgente da cui si evidenzia che la composizione chimica del corpo idrico sotterraneo è tale che le con-

centrazioni di inquinanti non presentano effetti di intrusione salina e non sono tali da comportare un deterioramen-

to significativo della qualità ecologica o chimica di tali corpi nè da recare danni significativi agli ecosistemi terrestri

direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo.

Classi di qualità Giudizio di qualità

Buono La composizione chimica del corpo idrico sotterraneo è tale che le concentrazioni di inquinanti non

presentano eff etti di intrusione salina, non superano gli standard di qualità ambientale e i valori soglia

stabiliti e infi ne non sono tali da impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali stabiliti per le acque

superfi ciali connesse nè da comportare un deterioramento signifi cativo della qualità ecologica o chimica di

tali corpi nè da recare danni signifi cativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico

sotterraneo

Scarso Quando non sono verifi cate le condizioni di buono stato chimico del corpo idrico sotterraneo

TABELLA 20. CLASSIFICAZIONE DELLO STATO CHIMICO DEI CORPI IDRICI SOTTERRANEI - SCASFonte: D.Lgs. 30/2009 - Allegato 3

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L’approvazione del succitato Piano di gestione avvenuta nella seduta del Consiglio dei

Ministri del 10 aprile u.s. costituisce un’ulteriore conferma della condivisione ed attua-

zione di strategia di governo della risorsa idrica a scala di Distretto, nella cui direzione le

Regioni del Distretto hanno inteso muoversi già con la sottoscrizione nel 2011 del Docu-

mento Comune di Intenti e del relativo Addendum 2012.

In tale ottica ed in coerenza con quanto previsto dalla programmazione comunitaria è

necessario e propedeutico che tutte le azioni da attuarsi in materia di governo delle ri-

sorse idriche, nel rispetto delle competenze dei singoli Enti, siano coordinate e coerenti

con i contenuti e gli obiettivi del succitato Piano di Gestione.

La programmazione di settore riveste inoltre un ruolo fondamentale nella politica di co-

esione 2014-2020 che è fortemente orientata ai risultati e si articola tramite una analisi di

contesto, nella quale è fondamentale ricorrere alla pianifi cazione esistente e allo svilup-

po delle priorità regionali (Strategia Europa 2020).

Anche la Valutazione ex-ante riveste un ruolo centrale nella defi nizione dei programmi

e, a cascata, nella declinazione di ciascuno degli obiettivi tematici individuati dalla Com-

missione Europea.

Essa a ciascun livello dei Programmi Operativi deve dimostrare il nesso causale tra le varie

azioni, gli output e i risultati attesi in modo da costruire una visione condivisa degli obiet-

tivi del programma e del tipo di interventi necessari ai fi ni della loro realizzazione nell’am-

bito del partenariato. Diventa quindi fondamentale esaminare la pertinenza delle azioni

mirate alle esigenze dei singoli territori con i relativi strumenti di programmazione.

La Direttiva 2007/60/CE individua il quadro dell’azione comunitaria per la valutazione

e la gestione dei rischi di alluvione e per la predisposizione del Piano di Gestione del

rischio di alluvioni. Il D.Lgs. n. 49/2010 defi nisce il percorso di attuazione della disciplina

comunitaria attraverso le seguenti fasi:

valutazione preliminare del rischio di alluvioni entro il 22 settembre 2011 (art. 4);•

aggiornamento e realizzazione delle mappe della pericolosità e del rischio di allu-•

vioni entro il 22 giugno 2013 (art.6);

ultimazione e pubblicazione dei Piani di Gestione dei Rischi di alluvione entro il •

22/06/2015 (art.7);

successivi aggiornamenti (2018,2019,2021).•

Ad oggi sulla scorta delle decisioni assunte dai Tavoli Tecnici attivati nell’ambito del Di-

stretto idrografi co dell’Appennino Meridionale (DAM), del documento di indirizzo predi-

sposto dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del program-

ma di lavoro redatto per il DAM, le Autorità di Bacino nazionale, interregionali e regionali

operanti nel Distretto hanno completato le attività di predisposizione delle mappe della

pericolosità e del rischio di alluvioni, valorizzando i contenuti dei vigenti Piani Stralcio

dell’Assetto Idrogeologico, integrandoli laddove risultavano disponibili con le risultanze

di ulteriori studi conoscitivi sul sistema fi sico e sulle condizioni di pericolosità idraulica.

Nell’ambito del percorso della partecipazione pubblica sono stati svolti il I e il II Forum

di informazione e partecipazione pubblica del Piano di Gestione del Rischio di Alluvioni

indetti dall’Autorità di Bacino Liri Garigliano e Volturno e sono in corso di svolgimento i

forum regionali.

STRUMENTI DI GESTIONE

Innanzitutto si evidenzia che, rispetto ad un quadro legislativo nazionale frammentato,

la Regione Basilicata è stata tra le prime Regioni in Italia con la L.R. 63/199612 ad istituire

12 Legge Regionale n. 63 del 23 dicembre 1996 "Istituzione del Servizio Idrico Integrato, delimitazione dell’Uni-

co Ambito Territoriale Ottimale disciplina delle forme e dei modi di cooperazione fra gli Enti Locali" modificata ed

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un’unica Autorità d’Ambito sul territorio con un unico gestore del Servizio Idrico Inte-

grato individuato nella Società Acquedotto Lucano S.p.A., società per azioni a capitale

interamente pubblico,13 che, in data 1 luglio 2003, ha assunto la gestione dei servizi di

fognatura e depurazione in tutti i 131 Comuni della regione ed il servizio di acquedotto

in 67 dei Comuni regionali. In data 02 maggio 2004, a seguito dell’Accordo di Programma

tra Puglia e Basilicata, Acquedotto Lucano ha assunto la gestione del servizio di acque-

dotto anche nei rimanenti 64 Comuni regionali, subentrando nella gestione ad Acque-

dotto Pugliese S.p.A.

L’art. 2, comma 186-bis, della Legge 23 dicembre 2009, n. 191, come modifi cata dal d.l.

25 gennaio 2010, n. 2, convertito con modifi cazioni dalla legge 26 marzo 2010 n. 42 ha

abrogato gli articoli 148 e 200, riguardante le AATO, del Decreto Legislativo 3 aprile 2006,

n. 152 ed ha disposto la soppressione delle AATO.

La L.R. n.33/2010 che all’art. 26 modifi ca la L.R. n. 63 del 23.12.1996 "Istituzione del servi-

zio idrico integrato" ha individuato la Conferenza Interistituzionale quale organo suben-

trante nei rapporti giuridici in essere della sopprimenda AATO.

Alla data del 31/12/2012 le AATO sono state defi nitivamente soppresse per cui, nelle

more dell’espletamento delle procedure per la costituzione della Conferenza Interistitu-

zionale Idrica, al Commissario nominato con DPGR n. 9 del 18/01/2012 sono attribuite le

attività e le funzioni dirette a garantire la continuità amministrativa del S.I.I.

PROGETTI

Ulteriore azione strategica per promuovere lo sviluppo sostenibile del settore è il raff or-

zamento della dotazione infrastrutturale sia in termini di realizzazione di reti ed impianti

che in termini di modernizzazione delle infrastrutture.

Come illustrato nella descrizione dell’indicatore ACQ5 un programma di investimen-

ti nel settore depurativo per complessivi € 32.200.000, in base alle priorità evidenziate

congiuntamente da Gestore e Regione, è stato ammesso a fi nanziamento dal MATTM

nell’ambito dei fondi stanziati dallo Stato per il Piano per il Sud (Deliberazione CIPE n.

60/2012).

Sulla programmazione comunitaria PO FESR 2007-2013 l’asse VII "Energia e sviluppo so-

stenibile" comprende tra gli altri l’obiettivo Specifi co VII.2 "Garantire la gestione sosteni-

bile delle risorse idriche attraverso la razionalizzazione dei suoi diversi usi e standard di

servizi uniformi sul territorio" con una dotazione di € 48.863.068,26.

Nell’Obiettivo di cui sopra la linea di intervento VII.2.1.A., con una dotazione complessiva

di € 45.224.020,09, è fi nalizzata al completamento, potenziamento ed adeguamento del-

le infrastrutture di adduzione, collettamento e depurazione.

La Regione ha altresì candidato a fi nanziamento a valere sulle risorse premiali inerenti

l’obiettivo di servizio "Tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente in relazione al siste-

ma idrico integrato" e collegate all’avanzamento di due indicatori S.10 ("Percentuale di

acqua erogata sul totale dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione comunale") e S.11

("Quota di popolazione equivalente servita da impianti di depurazione") un programma

di investimenti nel settore idrico e fognario per ulteriori 18.000.000 di euro circa, destina-

ti in parte ad aumentare in Regione le percentuali di collettamento e depurazione delle

acque refl ue ed in parte alla costruzione ed all’ammodernamento delle reti di distribu-

zione della risorsa con l’obiettivo di riduzione delle perdite nelle reti idriche.

integrata con Legge Regionale n. 23 del 23 giugno 2003, ulteriormente modificata con la Legge Regionale n. 33 del

30/12/2010.

13 La gestione del Servizio Idrico Integrato è stata affidata ad Acquedotto Lucano S.p.A. con delibera di assemblea

della Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti delle Province n. 19 del 3 settembre 2002.

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ACCORDI

L’Accordo di Programma Quadro "Tutela e Gestione Integrata delle Risorse Idriche", sotto-

scritto a Roma in data 30/12/2002 e integrato dall’Addendum del 15/05/2003, ha ad og-

getto un programma pluriennale di interventi mirati alla tutela, alla riduzione dell’inqui-

namento e al ripristino della qualità dei corpi idrici superfi ciali e sotterranei nel rispetto

delle direttive comunitarie di settore.

Il 5 agosto 1999 la Regione Basilicata, la Regione Puglia e il Ministero dei Lavori Pubblici

(ora delle Infrastrutture e dei Trasporti) hanno sottoscritto un Accordo di Programma

(AdP) fi nalizzato a regolamentare la programmazione e la gestione condivisa delle risor-

se idriche tra le regioni interessate.

Finalità dell’Accordo è la gestione condivisa delle risorse idriche, messa in atto dalle due

Regioni, per garantire le erogazioni necessarie a soddisfare il fabbisogno idrico, anche

nei periodi di emergenza, avviando azioni di recupero e di risparmio della risorsa.

L’AdP anticipa e sperimenta alcuni elementi cardine della Direttiva Comunitaria 2000/60 e

rappresenta la prima forma in Italia di federalismo solidale per l’uso della risorsa idrica.

L’Accordo si fonda sul principio, aff ermato a livello nazionale e comunitario, secondo il

quale la politica di gestione e tutela della risorsa idrica deve necessariamente tener con-

to dello stretto legame esistente fra le acque e i bacini idrografi ci di riferimento.

L’AdP applica inoltre il principio della valutazione economica richiamato dalla Direttiva,

ai fi ni del recupero dei costi del servizio e delle risorse fi nanziarie per far fronte anche alle

problematiche ambientali connesse alla realizzazione dei sistemi infrastrutturali. Le Re-

gioni Puglia e Basilicata hanno determinato i costi di produzione dell’acqua all’ingrosso

e, mediante l’individuazione di procedure e metodi condivisi, hanno stabilito la tariff a del

servizio di approvvigionamento primario.

I proventi tariff ari vengono in parte utilizzati per interventi di manutenzione e riequili-

brio ambientale nei territori in cui ricadono le infrastrutture idriche primarie.

Il soggetto preposto al coordinamento ed alla gestione dell’AdP è l’Autorità di Governo,

costituita dai Presidenti delle Regioni Basilicata e Puglia, che la presiedono con turni a

cadenza annuale, e dal rappresentante del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

L’Autorità di Governo è supportata in tutte le attività, dalle Autorità di Bacino della Basi-

licata e della Puglia. Le funzioni dell’Autorità di Governo sono svolte, dal 2000 ad oggi,

da un Comitato di Coordinamento, presieduto dal Presidente della Regione Basilicata e

composto dall’Assessore alle OO.PP. della Regione Puglia delegato dal Presidente e dal

Provveditore alle Opere Pubbliche di Puglia e Basilicata.

Con lo specifi co obiettivo di migliorare lo stato ambientale dei corsi d’acqua, con partico-

lare riferimento a quanto rappresentato nell’indicatore ACQ2 per lo stato ecologico pes-

simo del T. Gravina, nel 2011 la regione ha promosso ed organizzato un Tavolo interre-

gionale con la Regione Puglia, le A.R.P.A. di Puglia e di Basilicata, la Provincia di Matera ed

Acquedotto Lucano S.p.A. per programmre ed avviare controlli, ciascuno per la propria

competenza, sui depuratori (Altamura, Gravina, Matera) che scaricano nei torrenti Iesce

e Gravina e sugli scarichi delle aziende zootecniche della zona.

Ha inoltre candidato a fi nanziamento sul Piano per il Sud un intervento, per un importo

di € 10.000.000,00 per il potenziamento ed adeguamento dei tre impianti di depurazione

a servizio della città di Matera (Sarra, Pantano, Lamione) che scaricano nei torrenti Iesce

e Gravina.

STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE

La gestione dei territori fl uviali implica l’integrazione tra politiche e strumenti di tu-

tela, il coordinamento di attori istituzionali e e necessita di processi partecipativi. In

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quest’ambito la Regione Basilicata è impegnata nella promozione ed attuazione sul terri-

torio dei Contratti di Fiume, strumenti della programmazione negoziata, di governce e di

gestione dei processi integrati per il recupero e la tutela dei bacini idrici14. Da menzionare

il Patto della Val d’Ofanto presentato a Melfi il 27 aprile 2009 che si propone di rilanciare il

modello di sviluppo endogeno della valle ofantina, fortemente legato alle sue peculiarità

territoriali, pur senza negare le potenzialità del modello esogeno, delle iniziative impren-

ditoriali di origine esterna localizzate prevalentemente nei nuclei di sviluppo industriali

dell’Alto e Medio Ofanto. Una esperienza analoga di riqualifi cazione partecipata è stata

sviluppata nel bacino idrografi co del fi ume Noce. In ultimo, con D.G.R. 640 del 22 maggio

2012 la Regione Basilicata ha aderito alla Carta Nazionale dei contratti di fi ume15.

14 Si inseriscono nel contesto normativo rappresentato dalla Direttiva Quadro 2000/60/CE, dalla Direttiva 2007/60

(relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvione) e dalla Direttiva Habitat 92/42/CE (creazione rete eco-

logica europea) che chiedono alla pubblica amministrazione di promuovere la governance delle acque e dei suoli

in modo partecipato, considerando irrinunciabile la qualità partecipativa dei processi da avviare per raggiungere in

modo efficace gli obiettivi di tutela dei territori fluviali.

15 La Carta Nazionale di Contratti di Fiume è stata elaborata a Milano nel 2010 da Regione Lombardia, Regione Pie-

monte, Autorità di Bacino del Fiume Po, Tavolo Nazionale dei contratti di fiume; è un documento teso ad incentivare

un processo di programmazione negoziata e partecipata volta al contenimento del degrado eco-paesaggistico e alla

riqualificazione dei territori dei bacini/sottobacini idrografici.

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FOCUSLo stato ambientale dei corpi idrici interessati dall’impatto delle attività estrattive1

Gli accordi tra Regione Basilicata ed ENI del 1998 prevedono l’attività di estrazione per

un periodo di sfruttamento di diversi anni. In considerazione quindi dei potenziali eff etti

sul contesto ambientale, la Regione Basilicata ha avviato studi e iniziative fi nalizzate sia

alla valutazione dell’impatto sull’ambiente di tali attività antropiche che sulla salute delle

popolazioni residenti nell’area.

L’approccio proposto dal Progetto consente di valutare il rischio di diff usione di sostanze

inquinanti sia nella fase di attività che defi niamo ordinaria (estrazione, trasporto e lavo-

razione del greggio) e sia nel caso di sversamento accidentale.

A partire dall’anno 2010, come previsto dalla Direttiva Acque 2000/60 e recepite dal decre-

to 260/2010, è stato avviato, in via sperimentale, il primo monitoraggio che defi nisce i crite-

ri tecnici per la classifi cazione dello stato di qualità dei corpi idrici superfi ciali introducendo

indicatori biologici quali i macrobenthos, le diatomee e macrofi te ed i contaminanti.

Le aree sottoposte a controllo sono quelle che rientrano negli obiettivi previsti dal Pro-

gramma Operativo Val D’Agri, ivi compreso l’area di competenza di Tempa Rossa e quindi

del costruendo Centro Oli Total. I comparti ambientali studiati sono le acque superfi ciali,

i sedimenti fl uviali, i suoli, le acque di falda, l’aria, i vegetali, gli alimenti. Lo studio dell’im-

patto su matrici quali suoli e acque superfi ciali e sedimenti è stato approfondito con lo

studio di matrici bersaglio quali acque sotterrane, vegetali, matrici alimentari.

Tutti i tematismi sono stati implementati in ambiente GIS per consentire, nel prosieguo

del progetto, il trattamento dei dati con tecniche geostatistiche.

In relazione alle acque superfi ciali, durante tale indagine sono stati monitorati i corsi del

fi ume Agri, Sauro, La Terra e di alcuni loro affl uenti.

Al fi ne di valutare una eventuale diff usione degli inquinanti anche alla matrice suolo è

stato eff ettuato un controllo delle aree comprese nelle concessioni Volturino (pozzi CF1,

CF3 e CF2x), Gorgoglione (pozzi Tempa Rossa) con prelievo di campioni intorno ai pozzi

petroliferi nel comprensorio dei comuni di Calvello, Laurenzana, Anzi ed Abriola oltre che

nelle aree limitrofe.

Anche la falda del comprensorio è stata indagata attraverso lo studio e il controllo di

circa settanta punti tra pozzi e piezometri in gran parte ubicati nell’intero comprensorio

oltre che nell’area industriale di Viggiano.

E’ stato avviato uno studio specifi co fi nalizzato alla valutazione dell’accumulo di even-

tuali idrocarburi o loro derivati nelle matrici vegetali autoctone. Le attività sono state

condotte per la ricerca di microinquinanti al di fuori delle centraline di biomonitoraggio,

prendendo in esame alcuni campioni rappresentativi della vegetazione naturale presen-

te nell’area in esame. I parametri ricercati sono rappresentati da IPA, PCB e metalli che in

seguito a deposito atmosferico possono entrare nel ciclo biologico delle piante.

Secondo quanto previsto da progetto è stato avviato, con il supporto ed in collaborazione

con i funzionari dell’ALSIA, il piano di campionamento delle matrici alimentari ad uso uma-

no e zootecnico prodotti nelle zone interessate dalla estrazione petrolifera della Val d’Agri.

1 Fonte: Progetto Val d’Agri. Studio finalizzato alla valutazione dell’impatto delle attività estrattive della Val d’Agri a

cura della Metapontum Agrobios.

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Al fi ne di valutare in maniera completa lo stato ecologico dei corsi d’acqua sono stati ap-

plicati una serie di indici quali l’indice biotico esteso IBE, l’Indice di Funzionalità Fluviale

I.F.F., l’Indice Diatomico e la determinazione delle Macrofi te.

L’Indice diatomico o EPI-D (Eutropication and/or Pollution Index - Diatom Based) è un indice

integrato ponderato di eutrofi zzazione e/o polluzione basato sulla sensibilità delle Dia-

tomee (alghe unicellulari che popolano sia le acque dolci che salate, con generi e specie

diverse a seconda delle caratteristiche geografi che, ideologiche e chimico - fi siche del

corpo idrico che le ospita) alle condizioni ambientali, soprattutto alla sostanza organica,

ai nutrienti ed ai sali mineralidisciolti in acqua, in particolare ai cloruri. L’indice esprime

pertanto un giudizio sulla qualità globale del corpo idrico, con riferimento al suo stato

trofi co ed ai fenomeni di polluzione organica e minerale.

L’Indice macrofi tico (Indice Biologique Macrophytique en Riviere IBMR) è una valutazione

di presenza/assenza e abbondanza di un certo numero di taxa "indicatori". L’indice con-

sente una valutazione dello stato ecologico delle acque in riferimento alla valutazione

del grado di scostamento della comunità osservata nel sito di monitoraggio rispetto alla

comunità di riferimento attesa in funzione della tipologia fl uviale.

Lo Stato Ecologico è stato dunque analizzato attraverso lo studio dell’Indice Diatomico,

l’Indice Macrofi tico e l’Indice Biologico Esteso. Di seguito sono stati riportati i giudizi di

qualità a confronto.

Torrente Rifreddo Va02 Va03

IBE EPI-D IBE EPI-D

2010 gennaio ‘10 - II II -

marzo ‘10 II I-II II -

luglio ‘10 - - - -

settembre ‘10 - - - -

dicembre ‘10 - II II -

Per il Torrente Rifreddo nella stazione della sorgente del torrente Rifreddo Va03 la buona

qualità delle acque è confermata dallo stesso risultato ottenuto con l’EPI-D e I.B.E., una

seconda classe per entrambe le indagini, nei campionamenti condotti negli anni 2009 e

2010.

Il giudizio di qualità espresso dal calcolo dell’Indice Biotico Esteso e dal calcolo dell’EPI-D,

nella stazione codifi cata come Va02, sulla confl uenza del torrente Rifreddo nella Diga del

Pertusillo è risultato per entrambe le tipologie di indagini intermedia tra buona ed eleva-

ta nei due anni di indagini condotte.

Torrente Casale Va06 Va05

IBE EPI-D IBE EPI-D IBMR

2010 gennaio ‘10 I II II II

marzo ‘10 I - II -

luglio ‘10 I II II II Trofi a

elevatasettembre ‘10 I I II II

dicembre ‘10 I II II II

Il Torrente Casale nella stazione individuata alla sorgente del torrente Casale, Va06, la va-

lutazione dell’Indice Biotico Esteso ha mostrato un qualità delle acque ottima, conferma-

ta da un numero di taxa elevato e da con una comunità abbastanza diversifi cata; la valu-

tazione dell’Indice Diatomico ha rivelato una buona qualità delle acque. Alla confl uenza

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del Casale nella Diga del Pertusillo, Va05, la valutazione dell’Indice Biotico Esteso ha mo-

strato una qualità delle acque ottima-buona, nell’anno 2009 e buona nell’anno 2010; la

valutazione dell’Indice Diatomico ha rivelato una buona qualità delle acque nel corso dei

due anni. L’indice macrofi tico ha rilevato una trofi a elevata nella stazione in esame.

Canale depuratore Va07

IBE EPI-D

2010 gennaio ‘10 III II

marzo ‘10 II -

luglio ‘10 II -

settembre ‘10 III II

dicembre ‘10 III II

Il Canale depuratore zona industriale nel punto Va07 mostra che le classi di qualità otte-

nute con la valutazione dell’Indice Biotico Esteso e dell’Indice Diatomico diff eriscono tra

loro, anche se di poco: la prima indagine ha rilevato un ambiente con moderati sintomi di

inquinamento (Classe II-III), la seconda indagine una qualità delle acque buona (Classe II).

Torrente Alli Va09 Va08

IBE EPI-D IBMR IBE EPI-D IBMR

2010 gennaio ‘10 I - - III II -

marzo ‘10 I - - I - -

luglio ‘10 I I Trofi a

media

I II Trofi a

elevatasettembre ‘10 I II II III

dicembre ‘10 I - - III II -

Il Torrente Alli nella stazione Va09, ubicata alla Sorgente del torrente Alli, evidenzia che

il risultato ottenuto con la metodica I.B.E. si diff erenzia con quello ottenuto con la me-

todica EPI-D: nel primo caso la qualità delle acque è risultata essere ottima (I Classe di

qualità) in tutti i campionamenti eseguiti negli anni 2009 e 2010. La qualità delle acque

è risultata buona secondo la metodica EPI-D: il lieve disturbo ambientale è rilevato dalla

comunità diatomica e non da quella dei macroinvertebrati. L’indice IBMR ha rilevato una

trofi a media. Alla confl uenza del torrente Alli nel fi ume Agri, Va08, e indagini sulla comu-

nità macrobentonica hanno rilevato in Giugno e Settembre 2009 una buona qualità delle

acque, in Gennaio 2010 un peggioramento (III Classe); una qualità ottima in primavera/

estate 2010 una buona qualità a settembre 2010 ed una mediocre qualità a Dicembre

IBE EPI-D IBMR

CLASSE di

Qualità (CQ)

Giudizio di qualità Colore classe

di qualità

CLASSE di

Qualità (CQ)

Colore classe

di qualità

CLASSE di

Qualità (CQ)

Giudizio di

qualità

Colore classe

di qualità

OTTIMA ( I) Ambiente non inquinato o comunque

non alterato in maniera sensibile

OTTIMA ( I) IBMR>14 trofi a molto lieve

BUONA (II) Ambiente con moderati sintomi di

inquinamento o alterazione

BUONA (II) 14≥IBMR>12 trofi a lieve

MEDIOCRE (III) Ambiente molto inquinato o

comunque alterato

MEDIOCRE (III) 12≥IBMR>10 trofi a media

SCADENTE (IV) Ambiente molto inquinato o

comunque molto alterato

SCADENTE (IV) 10≥IBMR>8 trofi a elevata

PESSIMA (V) Ambiente fortemente inquinato o

comunque fortemente alterato

PESSIMA (V) IBMR≤8 trofi a molto

elevata

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2010. Sia nell’anno 2009, che nel 2010, secondo la metodica EPI-D, la qualità è buona in

tutti i mesi di campionamento, ad esclusione dei campioni prelevati a Settembre 2009

e Settembre 2010, in cui la qualità è mediocre. L’indice macrofi tico applicato, ha rilevato

una trofi a elevata; Va08 è la stazione che presenta maggiore biodiversità, cioè un numero

maggiore di specie di alghe, briofi te, pteridofi te e fanerogame.

Fiume Agri Va11 Va10 Va19 Va04

IBE EPI-D IBE EPI-D IBE EPI-D IBE EPI-D IBMR

2010 gennaio ‘10 I I II I-II II II-III II II -

marzo ‘10 I - II - II - II - -

luglio ‘10 I - III II-III II - II - Trofi a

elevatasettembre ‘10 I - III III II II II II

dicembre ‘10 I - II II II II II II -

Il calcolo dell’Indice Biotico Esteso per il Fiume Agri, ha evidenziato, nei due anni di in-

dagini, un’ottima qualità (1 Classe) alla sorgente del Fiume Agri (Va11) che peggiora net-

tamente a mediocre (3 Classe) sotto Villa d’Agri, Va10 e migliora a buona (2 Classe) verso

la confl uenza nella Diga del Pertusillo (Va19 - area compresa tra Centro Oli e diga e Va04

- confl uenza in diga); l’indice diatomico ha rilevato una ottima qualità alla sorgente, una

Classe II-III (buona-mediocre) in Va10 e una qualità buona lungo il tratto del fi ume verso

l’immissione in Diga (Va19 e Va04).

Il calcolo dell’indice macrofi tico ha evidenziato una situazione di elevata trofi a nella sta-

zione di indagine Va04, Confl uenza del fi ume Agri nella Diga del Pertusillo.

Torrente Camastra Va12 Va13 Va21 Va15

IBE EPI-D IBE EPI-D IBE EPI-D IBMR IBE EPI-D

2010 gennaio ‘10 II II-III II - II - - III -

marzo ‘10 II II II II II II - II II

luglio ‘10 II I II II II I Trofi a

elevata

II I

settembre ‘10 II II II II II II II II

dicembre ‘10 II - II - II - - III -

L’applicazione dell’indice biotico esteso al Torrente Camastra ha rilevato una buona (II

Classe) qualità delle acque lungo tutto il tratto indagato del torrente Camastra, che è

andata peggiorando alla confl uenza, Va15, del Camastra in Basento raggiungendo un

giudizio mediocre. La metodica seguita per calcolare l’EPI-D ha attribuito una Classe II

lungo tutto il tratto del torrente Camastra; è tuttavia da segnalare un peggioramento

della qualità da buono a mediocre (dalla II Classe a III) , alla confl uenze Va12 e Va15, nei

mesi invernali. A luglio 2010 è stato registrato un miglioramento della qualità delle ac-

que (da buono ad ottimo), in Va15 e Va21. L’indice macrofi tico ha evidenziato una trofi a

elevata nella stazione Va21, confl uenza Camastra in Diga.

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Torrente Sauro Va18 Va20 Va16 Va17

IBE EPI-D IBE EPI-D IBE EPI-D IBE EPI-D

2010 gennaio ‘10 II I II III II I III I

marzo ‘10 II I II I-II II II III II-III

luglio ‘10 III II - - II II II I

settembre ‘10 II - - - - - II -

dicembre ‘10 II I II III II I III I

L’indice biotico esteso calcolato per il Torrente Sauro ha evidenziato una miglioramento

di qualità lungo il tratto indagato del Torrente Sauro, da mediocre, III Classe, (nei mesi

estivi), nell’area sotto Corleto P. (Va18) a buono (II Classe) nell’area industriale di Guardia

P. (Va16). Nella stazione Va17, confl uenza Sauro in Agri, la comunità diatomiche indica

una qualità buona nell’anno 2009 che diviene buona-mediocre in alcuni mesi dell’anno

2010. Il calcolo dell’EPI-D ha attribuito in generale una buona qualità tranne nel mese di

Marzo 2010, in cui il giudizio è stato buono-mediocre alla confl uenza del Sauro in Agri.

Gli studi eff ettuati hanno consentito l’attribuzione dello Stato Ambientale al Fiume Agri

e suoi affl uenti nell’area oggetto di studio per gli anni 2000-2010. La mappa di seguito ri-

portata rappresenta la defi nizione dello Stato Ambientale al 2010 dei corpi dirici oggetto

di studio secondo la classifi cazione che ulizza l’IBE, il LIM e i parametri addizionali.

FIGURA 1. STATO AMBIEN-TALE DEL FIUME AGRI E DEI SUOI AFFLUENTI, 2010 Fonte: Regione Basilicata

Page 150: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Potenza, viale del Basento. Antonio Bellotti

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Aria e Clima

Capitolo 9

Il quadro normativo relativo alla qualità dell’aria negli ultimi anni si è notevolmente evo-

luto non solo per l’introduzione di limiti e standard sempre più restrittivi, ma anche nel-

la defi nizione di un nuovo approccio di tipo sistemico ed integrato per il controllo, la

gestione ed il miglioramento della qualità dell’aria. Il nuovo assetto normativo prevede

che la valutazione della qualità dell’aria si sostanzi attraverso più strumenti conoscitivi

quali le reti di monitoraggio, gli inventari delle emissioni, la modellistica, etc. L’adozione

di politiche che incentivano l’uso di tecnologie più avanzate nei processi di combustio-

ne, il miglioramento delle caratteristiche dei combustibili, la razionalizzazione dei fl ussi

di traffi co, hanno consentito un miglioramento generalizzato della qualità dell’aria. Di

seguito sono illustrati i dati salienti inerenti la qualità dell’aria della regione Basilicata

considerando quattro macro-aree: zona urbana e suburbana di Potenza; Matera, Pisticci

e Ferrandina; Vulture-Melfese; Val d’Agri.

ARI1. RETE DI MONITORAGGIO

La rete regionale della qualità dell’aria dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambien-

tale della Basilicata (Arpab) è costituita da 11 centraline di diff erente classifi cazione e ti-

pologia, per sensoristica installata e caratteristiche dell’area di installazione. Le tabelle 2

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

ARI1 Rete di monitoraggio R Numero ARPAB Basilicata

Italia

2003-2011 ☺ ↑

ARI2 Anemologia dei siti di

rilevamento

S ARPAB Basilicata 2010 ☺ ↑

ARI3 Livello di inquinamento di

fondo [SO2, NO2, C6H6, CO,

O3 e PM10] e superamenti dei

limiti normativi [PM10 e O3]

P N ARPAB Basilicata

Italia

2005-2010 ☺ ↑

ARI4 Mappe delle piogge e delle

temperature

S ARPAB Basilicata 2006-2010 ↔

ARI5 Standardized precipitation

index

S N ARPAB Basilicata 2006-2010 ↔

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e 3 illustrano la sintesi delle principali caratteristiche, in termini di tipologia di stazione

(Tabella 2) e strumentazione installata (Tabella 3). I dati sono visualizzabili in tempo reale

presso il Centro di Acquisizione Regionale dell’Arpab. Nel 2003 sono state trasferite ad

Arpab, dalla Regione Basilicata le prime sette centraline per il monitoraggio della qualità

dell’aria ubicate nel comune di Potenza e nell’area del Vulture-Melfese. Successivamente,

precisamente nel 2006, ben altre cinque stazioni di monitoraggio, acquistate dalla Regio-

ne, integrano la rete di monitoraggio dell’Arpab. Le attività inerenti al monitoraggio della

qualità dell’aria sono volte a garantire il continuo ed effi ciente funzionamento della rete di

monitoraggio costituita da oltre 100 strumenti per la misura della qualità dell’aria e delle

variabili meteorologiche a scala locale, distribuite negli 11 siti regionali; la produzione di

dati validi da pubblicare per la diff usione dell’informazione quotidiana al pubblico ed il

trasferimento annuale agli enti competenti quali Regione, ISPRA, MATT; lo sviluppo di ap-

plicazioni modellistiche attraverso la modellistica diff usionale di inquinanti in atmosfera;

l’elaborazione di indicatori e di studi atti a valutare lo stato di qualità dell’aria.

TABELLA 2. TIPOLOGIA DI STA-ZIONI DI RILEVAMENTOFonte: ARPAB

Nome stazione Provincia Stato di

attività

Disponibilità

dati

Upgrade

strumenti

Coordinate

(WGS 84 - UTM33)

Tipologia di

Stazione

Ferrandina Matera Attiva 2006 627203 4482651 Rurale industriale

La Martella Matera Attiva 2006 630724 4505130Sub urbana

- Industriale

Pisticci Matera Attiva 2007 631358 4475577 Rurale industriale

Lavello Potenza Attiva 2008 566004 4544386 Rurale industriale

Lavello OLD PotenzaDisattivata e

disinstallata2004 566229 4544685 Rurale industriale

Melfi Potenza Attiva 2004 553833 4537990Sub urbana

- Industriale

San Nicola

di Melfi Potenza Attiva 2006 560730 4546385 Rurale industriale

San Nicola

di Melfi OLDPotenza

Disattivata e

disinstallata2004 560207 4544603 Rurale industriale

Potenza Viale

dell'UnicefPotenza Attiva 2004 567342 4497770 Rurale industriale

Potenza Viale

FirenzePotenza Attiva 2004 567231 4500121 Rurale industriale

Potenza San

Luca BrancaPotenza Attiva 2005 2006 573821 4499593

Sub urbana

- Industriale

Potenza C.da

RossellinoPotenza Attiva 2004 568643 4497504

Sub urbana

- Industriale

Viggiano Potenza Attiva 2006 2001 576870 4463010 Rurale industriale

Page 153: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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TABELLA 3. STRUMENTAZIONI APPLICATE ALLE STAZIONI DI RILEVAMENTO[1] Nella stazione di Viggiano, l’analizzatore di H

2S è stato istallato

ad Aprile 201

Fonte: Arpab

Sito Inquinanti misurati Sensori meteo

Ferrandina SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), Ozono, BTX

(Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili), CH4 (metano), NMHC (idrocarburi non metanici)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione ed intensità)

Lavello SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), Ozono, BTX

(Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione ed intensità)

Matera - La Martella SO2 (biossido di zolfo), NO2 (biossido di azoto), Ozono, BTX

(Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili), CH4 (metano), NMHC (idrocarburi non metanici)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione ed intensità)

Melfi SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), Ozono, CO

(Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili)

Temperatura, pioggia, umidità,

radiazione solare globale, vento

(direzione ed intensità)

Pisticci SO2 (biossido di zolfo), NO2 (biossido di azoto), Ozono, BTX

(Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili), CH4 (metano), NMHC (idrocarburi non metanici)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione ed intensità)

Potenza - V.le Unicef BTX (Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio),

PM10

(Polveri inalabili)

Potenza - V.le Firenze CO (Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili)

Potenza - Rossellino SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), CO (Monossido di

carbonio), PM10

(Polveri inalabili)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione ed intensità)

Potenza - San Luca

Branca

SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), Ozono, BTX

(Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili), CH4 (metano), NMHC (idrocarburi non metanici)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione e intensità)

San Nicola di Melfi SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), Ozono, CO

(Monossido di carbonio), PM10

(Polveri inalabili)

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione e intensità)

Viggiano SO2 (biossido di zolfo), NO

2 (biossido di azoto), Ozono, BTX

(Benzene, Toluene e Xylene), CO (Monossido di carbonio),

PM10

(Polveri inalabili), CH4 (metano), NMHC (idrocarburi non

metanici), H2S (solfuro di diidrogeno)[1]

Temperatura, pressione, pioggia,

umidità, radiazione solare globale,

vento (direzione e intensità)

FIGURA 1. STAZIONI DI RILE-VAMENTO PER LA QUALITÀ DELL’ARIA (2009)Fonte: Ispra

Page 154: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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Nello specifi co, l’attuale confi gurazione della rete di qualità dell’aria presente nel comu-

ne di Potenza comprende 4 centraline di misura, di cui 2 sono classifi cate come stazioni

da traffi co e 2 come industriali, ubicate in aree rispettivamente urbane e suburbane. La

fi gura 2 mostra la distribuzione delle stesse nell’ambito urbano: le 3 stazioni comprese

nel nucleo abitato di Potenza sono attive dalla nascita della rete ad opera della Regione

Basilicata, invece la stazione di San Luca Branca è operativa dal 2005.

La rete di monitoraggio della qualità dell’aria nella provincia di Matera è costituita da

tre centraline posizionate rispettivamente a Matera, nella zona La Martella in posizio-

ne Nord-Ovest rispetto al centro cittadino (centralina sub-urbana - industriale), a Sud-

Est della zona industriale di Ferrandina (centralina rurale - industriale), e all’interno della

zona industriale di Pisticci (centralina rurale - industriale).

Nella zona del Vulture sono presenti tre stazioni di monitoraggio rispettivamente po-

sizionate a nord-ovest del centro abitato di Lavello (denominata Lavello), a sud-ovest

di Melfi (Melfi ) e la terza a sud dell’aria industriale di San Nicola di Melfi (San Nicola).

FIGURA 2. DISLOCAZIONE DEI SITI DI MISURA NELL’AREA DI POTENZAFonte: Arpab

FIGURA 3. DISLOCAZIONE DEI SITI DI MISURA NELLE AREE IN-DUSTRIALI DI MATERA, PISTICCI E FERRANDINA.Fonte: Arpab

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La stazione di Melfi è classifi cata come suburbana-industriale, quella di Lavello urbana-

industriale, mentre San Nicola è una centralina di tipo rurale-industriale.

Le serie storiche dei dati validati partono dal 2004 con alcune interruzioni talora

consistenti:

2005 cabina di San Nicola di Melfi a causa del trasferimento della stazione in sito più •

idoneo e accessibile,

2007 cabina di Lavello in seguito a ripetuti atti di vandalismo che ne hanno determi-•

nato anche lo spostamento in altro sito urbano,

2009 cabina di Melfi per i danni generali alla strumentazione provocati da un •

fulmine.

In Val d’Agri il monitoraggio della qualità dell’aria viene eff ettuato mediante l’impiego di

cinque centraline fi sse, di cui una preesistente (denominata Viggiano - Zona Industriale

ed in funzione dal 2006) e quattro di nuova installazione (denominate Viggiano 1, Gru-

mento Nova, Masseria De Blasiis, Costa Molina Sud 1, installate il 16 novembre 2011 e

trasferite in proprietà all’ARPA Basilicata in data 4 settembre 2012), disposte nell’intorno

del Centro Olio Val d’Agri. Presso le centraline Viggiano 1, Grumento Nova, Masseria De

Blasiis e Costa Molina Sud 1 sono previsti:

l’acquisizione dei valori di concentrazione di: biossido di zolfo (SO• 2), ozono (O

3), mo-

nossido di carbonio (CO), monossido di azoto (NO), biossido di azoto (NO2), ossidi

di azoto (NOx), particolato atmosferico con diametro aerodinamico inferiore a 10

μm (PM10

), particolato atmosferico con diametro aerodinamico inferiore a 2,5 μm

(PM2.5

), idrogeno solforato (H2S), metano (CH

4), idrocarburi non metanici (NMHC -

Non-Methane-HydroCarbons), idrocarburi totali (THC - Total HydroCarbons), Com-

posti Organici Volatili (COV): benzene (C6H

6), toluene, etilbenzene, m,p,o-xileni

(BTEX); composti odorigeni solforati- mercaptani; misura della concentrazione del

Radon gas;

il campionamento e la successiva analisi, presso laboratori chimici certifi cati, degli •

Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e di tredici metalli pesanti (Al, As, Cd, Cr, Mn, Ni,

Pb, Fe, Cu, Zn, Tl, Sb e V);

FIGURA 4. DISLOCAZIONE DEI SITI DI MISURA NELL’AREA INDUSTRIALE DEL VULTURE - MELFESEFonte: Arpab

Page 156: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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l’acquisizione di parametri meteorologici quali temperatura, pressione, umidità rela-•

tiva, precipitazione, radiazione globale e netta, velocità e direzione del vento, com-

ponenti U V W, velocità sonica e temperatura sonica.

Presso la centralina Viggiano - Zona Industriale, invece, sono previste:

l’acquisizione dei valori di concentrazione di: biossido di zolfo (SO• 2), monossido di

carbonio (CO), biossido di azoto (NO2), particolato atmosferico con diametro aerodi-

namico inferiore a 10 μm (PM10

), idrogeno solforato (H2S), metano (CH

4), idrocarbu-

ri non metanici (NMHC - Non-Methane-HydroCarbons), Composti Organici Volatili

(COV): benzene (C6H

6), toluene e metaxilene e paraxilene, etil-benzene;

l’acquisizione di parametri meteorologici quali temperatura, pressione, umidità rela-•

tiva, precipitazione, radiazione globale, velocità e direzione del vento.

Da quanto illustrato, è evidente che le serie storiche dei dati hanno estensioni diff erenti

e che in alcune stazioni sono state apportate delle integrazioni alla strumentazione pre-

sente in relazione alle esigenze del monitoraggio. La rete è in continua implementazione

sia per soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa che per garantire la massima effi -

cienza della strumentazione installata.

Inoltre nei comuni interessati più strettamente dall’attività petrolifera (Viggiano e Gru-

mento Nova) si fa presente l’esistenza del documento "Adozione delle norme tecniche e

delle azioni per la tutela della qualità dell’aria nei Comuni di Viggiano e Grumento Nova"

del quale è stato preso atto con D.G.R. n.1640/2012 e che rappresenta uno strumento

operativo fi nalizzato a prevenire il rischio che il nuovo scenario di sviluppo possa pre-

giudicare la qualità dell’ambiente e la salute umana. Esso, prendendo come riferimento

le indicazioni riportate nell’Appendice IV del D.Lgs. 155/2010, è articolato in uno stu-

dio conoscitivo dell’area interessata, fi nalizzato alla ricognizione dello stato della qualità

dell’aria e delle fonti inquinanti presenti, ed in una sezione dedicata alla individuazione,

per gli inquinanti ritenuti più signifi cativi (biossido di zolfo e idrogeno solforato), di valori

soglia di intervento. In particolare, tali valori soglia sono stati ottenuti, con riferimento

al biossido di zolfo, attraverso una riduzione dei valori limite di qualità dell’aria previsti

dalla normativa nazionale (D.Lgs. 155/2010) e con riferimento all’idrogeno solforato, a

causa dell’assenza di riferimenti legislativi nazionale, operando una riduzione del valore

FIGURA 5. DISLOCAZIONE DEI SITI DI MISURA NELL’AREA INDU-STRIALE DI VIGGIANOFonte: Arpab

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limite defi nito dal DPR 322/1971 attualmente abrogato. Inoltre, al fi ne di dare attuazione

al principio di precauzione, citato nell’art. 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione

Europea fi nalizzato a garantire un alto livello di protezione dell’ambiente attraverso delle

azioni di carattere preventivo, al raggiungimento delle suddette soglie sono stati iden-

tifi cati quattro livelli di attenzione, in corrispondenza dei quali sono state previste una

serie di azioni preventive da mettere in atto a cura delle attività produttive che maggior-

mente contribuiscono a determinare il quadro emissivo. Nello specifi co il documento

sulle norme tecniche per la tutela della qualità dell’aria si basa su:

acquisizione delle informazioni tramite la nuova rete di monitoraggio della qualità •

dell’aria costituita dalle cinque centraline fi sse;

individuazione dei valori soglia (o soglie di intervento) operando, con riferimento •

agli inquinanti ritenuti più rappresentativi (H2S e SO

2), una riduzione del 20% dei

valori limite normativi;

defi nizione di 4 livelli di attenzione correlati al numero di superamenti dei valori •

soglia stabiliti;

individuazione delle azioni preventive che la Società ENI SpA dovrà intraprendere in •

funzione del livello di attenzione all’interno del quale si colloca.

Al fi ne di verifi care l’esito degli eff etti correlati alle azioni previste, l’A.R.P.A.B. attraverso

l’analisi dei dati di qualità dell’aria provenienti dalla nuova rete di monitoraggio installa-

ta, svolgerà una costante attività di monitoraggio. Qualora gli esiti dell’attività di monito-

raggio non risultino in linea con i risultati attesi, si provvederà ad intraprendere opportu-

ne azioni di miglioramento e correzione delle misure previste nel documento.

Lo studio conoscitivo sullo stato attuale della qualità dell’aria è stato eff ettuato analizzan-

do l’andamento storico dei dati A.R.P.A.B. relativi al periodo 2006 al 2011 ed acquisiti:

dall’unica centralina fi ssa di monitoraggio, ubicata in contrada Guardemauro nel •

Comune di Viggiano;

attraverso le campagne di monitoraggio eff ettuate con mezzo mobile.•

ARI2. ANEMOLOGIA DEI SITI DI RILEVAMENTO

Per un inquadramento completo dei siti di misura è importante poter valutare la capacità

di dispersione degli inquinanti rilasciati in atmosfera. Si presenta la rosa dei venti locale

con l’indicazione delle intensità e direzioni dei venti, utili ad individuare il carattere dei

venti dominanti dovuto alla morfologia e all’orografi a del terreno e determinare una di-

rezione preferenziale di dispersione e trasporto dei rilasci in atmosfera.

In particolare l’analisi anemologica della zona urbana e suburbana di Potenza mostra

che la direzione prevalente dei venti registrati a Rossellino è coerente, seppur di minor

intensità, con quella rilevata a San Luca Branca, benché presso il sito di Rossellino alcune

direzioni siano decisamente schermate in seguito all’incidenza dell’orografi a del territo-

rio, della presenza di una boscaglia a sud-est, e di strutture antropiche a nord-ovest della

centralina. Il confronto dei dati delle stazioni di Rossellino e San Luca Branca (fi gura 6)

con dati su base ventennale1 relativi all’intera area urbana (fi gura 7) dimostra una preva-

lenza dei venti dal quadrante di Sud-Ovest, in prima istanza, e Nord, in seconda istanza.

Tale evidenza anemometrica conferma che il sito di San Luca Branca è sottovento rispet-

to all’area industriale di Potenza.

1 Dall’analisi dei dati rilevati dall’Aeronautica, nel periodo 1980-2003, nel comune di Potenza, si è costruita una rosa

dei venti dell’anno tipo. La stazione era ubicata nel centro storico su uno dei fabbricati più alti, di conseguenza l’ane-

mologia derivante si può considerare rappresentativa di tutta l’area urbana. I dati sono tri-orari e risultano inesistenti

i dati notturni, pertanto le prevalenze risultanti sono riferibili a situazioni diurne, informazione essenziale in quanto

la componente turbolenta è essa stessa diurna.

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La provincia di Matera evidenzia una prevalenza dei venti a Pisticci da Sud/ Sud-Ovest,

mentre nelle stazioni di Matera e Ferrandina si registra prevalenza di venti da Nord-Est,

con una presenza su Matera anche di venti da Nord-Ovest e Sud Est (fi gura 8).

Nell’area del vulture la direzione del vento dominante in tutte e tre le stazioni è Ovest-

Sud Ovest, con un’occorrenza superiore da Ovest. Nella fi gura 9 è riportata la rosa dei

venti cumulativa degli anni 2004-2010 relativa alle stazioni di Lavello e Melfi .

FIGURA 6. ANEMOLOGIA NEI SITI DI ROSSELLINO E SAN LUCA BRANCAFonte: Arpab

FIGURA 7. ANEMOLOGIA DELLA CITTÀ DI POTENZA - DATI AERO-NAUTICA 1980-2003Fonte: Arpab

FIGURA 8. ANEMOLOGIA NEI SITI DI MATERA, PISTICCI E FERRANDINA.Fonte: Arpab

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La direzione di provenienza prevalente è chiaramente individuabile nel quadrante Nord

Ovest, a cui è possibile associare anche i venti di maggiori intensità. Focalizzando solo

sull’anno 2010, non risulta evidente alcuna direzione del vento prevalente. Manca la de-

scrizione relativa al sito della Val d’Agri che deve essere aggiornato sulla base dei dati

delle nuove centraline.

ARI3. LIVELLI DI INQUINAMENTO

Si può defi nire l’inquinamento atmosferico come la presenza nell’atmosfera terrestre,

che si propaga all’atmosfera degli ambienti confi nati, di tutti gli agenti fi sici, chimici e

biologici modifi canti le caratteristiche naturali atmosferiche potendo causare un eff et-

to dannoso su esseri viventi e ambiente. Questi agenti di solito non sono presenti nella

normale composizione dell’aria, oppure lo sono ad un livello di concentrazione inferiore.

L’analisi delle emissioni è un elemento chiave per stabilire le priorità ambientali, indivi-

duare gli obiettivi e le relative politiche da adottare anche a scala locale. In particolare in

questo lavoro, si è ritenuto di confrontare le serie storiche dei valori medi annui riferiti a

SO2, NO

2, C

6H

6, CO, O

3 e PM

10 così da fornire il quadro della qualità dell’aria regionale in

termini di livello di inquinamento di fondo a cui è costantemente esposta la popolazio-

ne. Inoltre, sono evidenziati i superamenti dei limiti normativi dal 2004 al 2010 del PM10

e

dell’O3, non essendo signifi cativi i superamenti degli altri inquinanti.

FIGURA 9. ANEMOLOGIA NEI SITI DI SAN NICOLA DI MELFI E LAVELLOFonte: Arpab

FIGURA 10. ANEMOLOGIA NEL SITO DI VIGGIANOFonte: Arpab

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AREA VASTA DI POTENZA

Nel seguito è illustrato l’andamento dei dati medio annui dei parametri monitorati nei

diff erenti siti dell’area di Potenza.

L’andamento del benzene (fi gura 13) è, nel corso degli anni, in lieve aumento nella sta-

zione di San Luca Branca, nella quale si registra peraltro che un aumento della concen-

trazione media di CO (fi gura 14). Non mancano però valori di picco nella stazione di Viale

dell’Unicef con occorrenze più frequenti in corrispondenza dell’avviamento di lavori di

infrastrutturazione del sistema di trasporto viario proprio in tale zona. Il sito di Viale Fi-

renze è rappresentativo di un’area di traffi co cittadino nel settore Nord di Potenza, infatti,

dalla lettura dei dati inerenti alla serie storica del monossido di carbonio (fi gura 14) risul-

tano valori più elevati presso tale stazione rispetto agli altri siti e direttamente correlabili

FIGURA 11. PM10 - STAZIONI DI MONITORAGGIO PER CLASSI DEL NUMERO GIORNI DI SUPE-RAMENTO DEL VALORE LIMITE GIORNALIERO (50 μG/M3 DA NON SUPERARE PIÙ DI 35 VOL-TE PER ANNO CIVILE) (2009)

FIGURA 12. O3 - STAZIONI DI MONITORAGGIO PER CLASSI DI GIORNI DI SUPERAMENTO DEL-LA SOGLIA DI INFORMAZIONE (180 μG/M3) E PER TIPOLOGIA DI STAZIONE (2009)

Fonte: Ispra

FIGURA 13. BENZENE - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2005-2010

FIGURA 14. CO - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 15. NO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

FIGURA 16. O3 - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

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alle ore di maggiore traffi co. I dati inerenti all’Ozono (fi gura 16) mostrano valori costanti

nel sito di Rossellino che si mostra rappresentativo dell’area suburbana con il corrispon-

dente numero di superamenti negli anni decrescente (fi gura 20).

Per quando riguarda l’SO2, i valori medio annui sono coerenti con quanto registrato in

altri siti industriali senza la presenza di attività correlabili al trattamento di materie prime

contenenti zolfo. I valori orari sono comunque molto bassi e prossimi al limite di rileva-

bilità degli strumenti, pertanto quest’inquinante non è signifi cativo per l’area suburbana

di Potenza. Relativamente al PM10

(fi gura 17, fi gura 19), i valori medio annui più elevati

si rilevano nella stazione urbana da traffi co di Viale Firenze, complessivamente le con-

centrazioni hanno un trend annuo in diminuzione così come pure il numero dei supe-

ramenti della media giornaliera che dal 2006 non varca più la soglia dei 35 superamenti

massimi in un anno.

PROVINCIA DI MATERA

Di seguito è rappresentato l’andamento dei dati medio annui dei parametri monitorati

nei diff erenti siti delle principali aree industriali della provincia di Matera (Matera-Pisticci-

Ferrandina).

FIGURA 17. PM10 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

FIGURA 18. SO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2005-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 19. NUMERO SUPERA-MENTI LIMITE GIORNALIERO PM10 2004-2010

FIGURA 20. SUPERAMENTI VALORE OBIETTIVO O3 2006-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 21. BENZENE - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2006-2010

FIGURA 22. CO - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

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Nella provincia di Matera il benzene è monitorato in tutte le stazioni della rete di monito-

raggio ed i valori di concentrazione, calcolati come media annuale, sono ben al di sotto

del limite previsto dalla normativa vigente, (valore limite pari a 5 μg/m3 media annuale

calcolata su anno civile). In fi gura 21 risulta evidente un andamento crescente negli anni

della concentrazione di benzene a Pisticci, meno marcato, invece, è l’aumento di tale

concentrazione nella stazione di La Martella-Matera; opposto trend dimostra il grafi co

relativo alla stazione di Ferrandina, dove negli ultimi due anni si è registrato una ridu-

zione del valore medio di concentrazione di benzene. Il Monossido di Carbonio ha valori

attestati intorno a 0,35 μg/m3 in tutte e tre le centraline in esame (fi gura 22) con valori

medi simili a quelle di altre stazioni suburbane e rurali. L’andamento delle concentrazioni

annue di Biossido di Azoto (fi gura 23) e di Ozono (fi gura 24), appare essere costante so-

prattutto negli ultimi anni presi in considerazione, mantenendo costanti anche le diff e-

renze tra le centraline. I valori più elevati per quanto riguarda la concentrazione di Ozono

si misurano nella zona industriale di Matera, dove anche il numero di superamenti del

valore obiettivo per la protezione della popolazione (fi gura 28) è superiore alle 40 volte

negli ultimi 3 anni.

I valori di biossido di Zolfo sono perfettamente coerenti con il resto della regione (fatta

eccezione per la Val d’Agri) e, con riferimento ai valori medi giornalieri e orari, i livelli

FIGURA 23. NO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

FIGURA 24. O3 - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 25. PM10 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

FIGURA 26. SO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2005-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 27. NUMERO SUPERA-MENTI LIMITE GIORNALIERO PM10 2004-2010

FIGURA 28. SUPERAMENTI VA-LORE OBIETTIVO O3 2006-2010

Fonte: Arpa Basilicata

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misurati sono nettamente inferiori a limiti imposti dalla normativa vigente. Le polveri

inalabili in termini di PM10

(fi gura 25), monitorate nelle stazioni di La Martella e Ferran-

dina, nel 2010 sono diminuite in tutto il territorio di Matera e i superamenti della media

giornaliera di 50 μg/m3, non hanno mai raggiunto, dal 2006 ad oggi, il limite di trentacin-

que volte in un anno civile (fi gura 27) mostrando piuttosto un trend decrescente.

VULTURE-MELFESE

Di seguito si riporta un quadro di sintesi relativo alla serie storica dei dati medio annui dei

parametri monitorati nei siti dell’area industriale del Vulture - Melfese.

FIGURA 29. BENZENE - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2005-2010

FIGURA 30. CO - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 31. NO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

FIGURA 32. O3 - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 33. PM10 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

FIGURA 34. SO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 35. NUMERO SUPERA-MENTI LIMITE GIORNALIERO PM10 2004-2010

FIGURA 36. SUPERAMENTI VA-LORE OBIETTIVO O3 2004-2010

Fonte: Arpa Basilicata

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L’andamento del Benzene, calcolato come media annuale, analizzato nella stazione di

Lavello vede una diminuzione netta negli ultimi due anni (fi gura 29) comunque sempre

inferiore al limite previsto dalla normativa vigente pari a 5 μg/m3 quale media calcolata

su anno civile. Il Monossido di Carbonio viene monitorato in continuo in tutte e tre le

centraline della zona del Vulture e mentre a San Nicola e Melfi il trend è pressoché co-

stante, a Lavello rispetto agli anni 2004-2006, c’è stato un decremento dal 2008 in cor-

rispondenza della riallocazione della cabina (fi gura 30). Dall’analisi dei dati di Biossido

di Azoto e Ozono, dall’anno 2004 al 2010 (fi gure 26 e 27), è evidente che l’andamento è

pressoché analogo nelle tre stazioni durante tutto il periodo, in particolare, a San Nicola

dal 2007 si notano valori costanti per entrambi gli inquinanti.

La concentrazione media annuale di Biossido di Zolfo mostrata (fi gura 34) nella zona del

Vulture è caratterizzata da valori che rispecchiano pienamente il trend regionale, fatta

eccezione per l’area della Val d’Agri. Il materiale particolato, PM10, evidenzia una pro-

gressiva diminuzione, negli anni, della concentrazione di polveri a Lavello, mentre a San

Nicola e a Melfi tale concentrazione è più costante nel tempo (fi gura 33). I superamenti

di PM10

del limite giornaliero di 50 μg/m3, valore da non superare più di trentacinque

volte per anno civile, si sono notevolmente ridotti negli ultimi tre anni in tutte e tre le sta-

zioni prese in esame; in particolare nel 2010 a San Nicola non ci sono stati superamenti,

mentre a Melfi e Lavello si sono registrati, rispettivamente 1 e 2 superamenti del limite

suddetto (fi gura 35). Relativamente all’Ozono, e in particolare al numero di superamenti

del valore obiettivo per la protezione della salute umana, pari a 120 μg/m3 da non su-

perare più di 25 volte per anno civile come media su 3 anni, questo ha negli anni un an-

damento crescente (fi gura 36), soprattutto nella stazione di San Nicola dove, nel 2008, è

stato registrato il numero di superamenti è stato pari a 86 volte in un anno.

VAL D’AGRI

Di seguito si riporta una disamina dei dati medio annui dei parametri monitorati nei siti

dell’area industriale della Val d’Agri. I dati utilizzati per eff ettuare la suddetta disamina

sono relativi alla sola centralina di monitoraggio denominata Viggiano zona industriale,

in funzione dal 2006.

Non sono state, invece, eseguite elaborazioni e valutazioni sulle acquisizioni delle altre

4 centraline, in quanto le stesse sono in funzione da novembre 2012 ed i dati acquisiti

sono sottoposti al processo di validazione di II livello solo dal 1 marzo 2013. E’ pertanto

del tutto evidente che l’arco temporale è insuffi ciente per sviluppare elaborazioni signifi -

cative e rigorose sul piano scientifi co. Poichè l’interesse per la qualità dell’aria in Val d’Agri

è rilevante, senza dubbio saranno sviluppate da parte della Regione Basilicata, dell’Arpa

e dell’ Osservatorio Ambientale delle Val d’agri analisi, raff ronti e rapporti sui parametri

monitorati appena sarà disponibile una serie signifi cativa di dati.

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I dati evidenziano il sostanziale rispetto dei limiti normativi per ogni inquinante monitorato:

per quasi tutti gli inquinanti, gli anni con valori di concentrazione medio annua più elevata

sono il 2007 e il 2008 con un decremento evidente nel 2009, ad eccezione di NO2 ed SO

2.

I dati di concentrazione delle medie annuali del benzene (fi gura 37), così come pure dei

composti metanici e non metanici pur se non riportati, mostrano un andamento non dif-

ferente dalle altre aree industriali. La particolarità dei trend rilevati in Val d’Agri è nei valori

medi orari che in alcune situazioni, in corrispondenza di condizioni micro-meteorologiche

che favoriscono la dispersione e ricaduta verso N-NE, mostrano dati sopra la media annua.

FIGURA 37. BENZENE - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2006-2010

FIGURA 38. CO - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2006-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 39. NO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2006-2010

FIGURA 40. O3 - (μG/M3) MEDIA ANNUALE 2006-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 41. PM10 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2006-2010

FIGURA 42. SO2 - (μG/M3) ME-DIA ANNUALE 2006-2010

Fonte: Arpa Basilicata

FIGURA 43. SO2 - (μG/M3) ME-DIA GIORNALIERA 2006-2010

FIGURA 44. NUMERO SUPERA-MENTI LIMITE GIORNALIERO PM10 2006-2010

Fonte: Arpa Basilicata

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Il trend della concentrazione delle medie annuali dell’anidride solforosa ha un andamen-

to crescente triplicando il valor medio annuale dal 2006 al 2010. Per meglio chiarire gli

aspetti di qualità dell’aria legati all’SO2, è stato riportato il grafi co della media giornaliera

misurata nel corso dell’anno 2010 (fi gura 42). I valori medi giornalieri raggiungono pic-

chi di concentrazione che sono circa 7 volte superiori al valor medio annuale registrato

nell’anno 2010. Ed è altresì evidente come i valori di concentrazione dell’anidride solfo-

rosa siano nettamente più alti dei valori misurati nelle altre aree industriali esaminate.

Per quanto riguarda l’Ozono (fi gure 39 e 44), il dato annuale rimane pressoché costante,

ma diminuisce il numero di superamenti in termini di valore obiettivo della protezione

della salute umana.

ARI4. MAPPE DELLE PIOGGE E DELLE TEMPERATURE

Per l’elaborazione delle mappe riveste particolare importanza la qualità del dato utiliz-

zato, la disponibilità di informazioni distribuite uniformemente sul territorio regionale

consente, tra l’altro, la spazializzazione delle grandezze misurate attraverso software ge-

ostatistici. In particolare, i dati utilizzati per la redazione delle mappe riportate di segui-

to provengono dalla rete idrometeorologica dell’Arpab, che consta di circa 50 stazioni

multi parametriche dotate di sensoristica varia: pluviometri, idrometri, termometri, igro-

metri, barometri, radiometri, anemometri, nivometri. La maggior parte di tali stazioni

trasferiscono i dati in tempo reale, in tal modo è possibile avere riscontro immediato

sull’attendibilità delle elaborazioni. I dati provenienti dalla rete confl uiscono in un data

base relazionale in cui sono archiviate informazioni che, per alcune stazioni, risalgono

anche al 1916. Prima dell’archiviazione tutti i dati vengono controllati e validati, anche

per mezzo della comparazione spaziale, eliminando eventuali errori legati alla periferica

di memorizzazione o alla mancanza di copertura radio durante il trasferimento del dato

in centrale. A monte delle elaborazioni è svolta un’approfondita analisi statistica spazio-

temporale dei dati grezzi di precipitazione e di temperatura a scala regionale e su base

mensile.

FIGURA 45. SUPERAMENTI VA-LORE OBIETTIVO O3 2006-2010Fonte: Arpa Basilicata

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Riferendosi alle temperature medie annuali, è possibile notare che l’anno 2009 (fi gura 2)

è stato caratterizzato da valori di almeno un grado superiori agli altri anni: questo però

non signifi ca che il 2009 sia stato più caldo, ma che, evidentemente, in alcune giornate

il termometro, sempre su valori medi, ha registrato temperature superiori. Infi ne, i livelli

termici indicano uno scarto medio, tra Potenza e Matera, di circa 10°C sui valori massimi,

che si riduce a 2÷3°C sui minimi notturni.

FIGURA 1. MAPPA DELLE PIOG-GE PER GLI ANNI 2006-2007-2009-2010

FIGURA 2. TEMPERATURE ME-DIE ANNUALI

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ARI5. STANDARDIZED PRECIPITATION INDEX (SPI)2

E’ un indicatore in grado di evidenziare eventuali severe anomalie nella distribuzione

spaziale e a diverse scale temporali delle piogge. In altre parole l’indicatore consente di

defi nire lo stato di siccità in una località, si basa unicamente sulle osservazioni pluviome-

triche ed ha lo scopo di misurare il defi cit di precipitazione per diverse scale temporali.

Proprio la sua capacità di cogliere l’insorgere dei fenomeni siccitosi secondo diff erenti

forme di aggregazione temporale (da 1 a 3 mesi per gli studi a breve termine, importanti

per i consuntivi stagionali relativi al settore economico primario, fi no a 48/72 mesi, per le

analisi di bilancio idrologico di lungo periodo, strategiche nella pianifi cazione e gestione

delle risorse idriche) e la sua capacità di monitorare spazialmente territori climatologi-

camente disomogenei, gli consente una notevole versatilità, molto apprezzata a livello

tecnico.

Dall’esame dell’indice su base annuale emerge la costante anomalia positiva della zona

del lagonegrese (classifi cata tra moderata ed estremamente umida) contrapposta al

resto della regione (classifi cata praticamente normale) con valori dell’indice SPI per lo

più compresi tra 1 e -1, nella media valle del Bradano, con minimi negativi (moderata-

mente siccitoso) nell’anno 2007 sul metapontino e nel 2009-2010 nelle aeree interne del

materano.

2 McKee et al., 1993; McKee et al., 1995. A differenza di altri indicatori, lo SPI è basato esclusivamente su dati di pre-

cipitazione e matematicamente coincide con la variabile standard Z della trasformata, ad uguale probabilità, della

distribuzione cumulata degli afflussi meteorici storici (Edwards and McKee, 1997) in una gaussiana standardizzata

(distribuzione normale con media zero e deviazione standard unitaria).

FIGURA 3. STANDARDIZED PRE-CIPITATION INDEX (SPI)

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FOCUSMonitoraggio aerobiologico

La qualità dell’aria può infl uenzare notevolmente lo stato di benessere delle persone,

non solo per la presenza di molecole inquinanti, ma anche a causa della presenza in essa

di alcune particelle di origine biologica (pollini, spore, acari, batteri, virus, alghe, ecc.).

L’aerobiologia è la scienza che studia le particelle viventi presenti in atmosfera, le fonti

che le producono, le modalità di trasporto nell’aria, gli eff etti sull’ambiente, sull’uomo,

su animali e piante, sui beni artistici e monumentali, sulle coltivazioni agricole e le derra-

te alimentari. L’aerobiologia si occupa in modo complementare alle ricerche chimiche e

fi siche, anche di problematiche derivanti dall’inquinamento atmosferico.

Le particelle biologiche atmosferiche che assumono maggiore importanza in relazione

alle patologie a carico della popolazione umana sono: granuli di polline, spore fungine,

actinomiceti, protozoi, prodotti di derivazione di artropodi, virus, batteri, alghe. Questi

materiali costituiscono il cosiddetto aerosol biologico, responsabile delle allergie respi-

ratorie e in particolare delle pollinosi.

Il monitoraggio aerobiologico di pollini e spore allergenici aerodispersi è fi nalizzato ad

evidenziare le variazioni quantitative e qualitative di tali particelle biologiche che si veri-

fi cano nel tempo. Fornisce le concentrazioni medie giornaliere in numero di pollini/spo-

re per metro cubo d’aria, applicando la metodica standard (UNI 11108:2004). Consente

di off rire un servizio di supporto innanzi tutto nella prevenzione e cura delle patologie

respiratorie di natura allergica, ma le ricadute di questa attività sono molteplici e riguar-

dano: il clima, l’agricoltura, la biodiversità, il biomonitoraggio dell’inquinamento e la tu-

tela dei beni artistici/culturali.

L’ARPAB, come molte altre Agenzie Regionali/Provinciali per l’Ambiente, eff ettua il mo-

nitoraggio in continuo dei pollini allergenici aerodispersi nella città di Potenza dal 2004.

Vengono monitorati, su tutto l’arco dell’anno, i pollini di 19 famiglie di piante e, dal 2005,

12 generi di spore fungine, rilevanti dal punto di vista allergenico e fi topatologico.

I dati vengono resi noti costantemente alla cittadinanza attraverso la pubblicazione di

bollettini settimanali sul sito istituzionale dell’Agenzia (www.arpab.it/aerobiologia), ma

anche attraverso altre forme: produzione di materiali informativi; articoli sui quotidiani

locali; interventi settimanali a Buongiorno Regione, trasmissione della TGR-RAI; Giornate

del Polline; formazione/informazione a studenti ed insegnanti. La conoscenza del calen-

dario di pollinazione costituisce, infatti, un valido strumento di prevenzione e supporto

per i pazienti allergici e i loro medici.

L’attività dell’ARPAB ha contribuito alla nascita di POLLnet, la rete nazionale di monito-

raggio aerobiologico istituzionale del Sistema delle Agenzie Ambientali, facente capo

all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ed inserita nel Si-

stema Informativo Nazionale Ambientale (SINAnet).

POLLINE DI CUPRESSACEE

I pollini di cupressacee sono responsabili del 20% delle pollinosi nell’Italia meridiona-

le (Ariano R., Bonifazi F., 2006). Nell’ultimo periodo considerato (2005-2010) in Basilica-

ta, l’andamento delle concentrazioni medie giornaliere, nell’arco dell’anno, dei pollini

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di Cupressaceae/Taxaceae1 (cipresso, tuja, libocedro, criptomeria, ginepro, tasso, ecc.),

espresse in numero di pollini per metro cubo d’aria (P/m3) risult decisamente in aumen-

to. Dall’andamento delle concentrazioni giornaliere del polline di cupressacee si evince

che il periodo in cui è forte la presenza di questi allergeni va dalla fi ne di dicembre ad

aprile, con punte massime tra fi ne gennaio e marzo. Le cupressacee rappresentano in

media la quota maggiore di pollini campionati, che è il 35%.

D’altronde il trend della percentuale rappresentata dal polline di Cupressaceae/Taxaceae

rispetto al totale dei pollini campionati ogni anno nell’aria è un’informazione rilevante

per quanto riguarda l’esposizione della popolazione a questi allergeni. Nel periodo con-

siderato il trend è positivo: la percentuale di cupressacee sul totale di pollini catturati è in

aumento: in media è il 35%. Tale aumento legittima a pensare che sia stato incrementato

il numero di nuove piante di cipresso, pratica da sconsigliare fortemente.

POLLINI DI GRAMINACEE

Quella delle Gramineae è una delle più grandi famiglie botaniche. Esse si trovano dap-

pertutto sul pianeta, a tutte le latitudini (praterie, savane, steppe, ecc.), soprattutto negli

spazi aperti, oltre a comprendere i cereali, coltivati da sempre dall’uomo a scopo ali-

mentare; nella regione mediterranea si trovano in tutti gli habitat (boschi, prati, ruderi,

prati incolti, bordi delle strade, ecc). Per fare qualche esempio, sono graminacee i ge-

neri: Poa, Bromus, Phleum, Agropyron, Cynodon, Dactylis, Lolium, Triticum, Avena, Hor-

deum, Secale, Zea, ecc. I pollini di graminacee sono responsabili del 40% delle pollinosi

nell’Italia meridionale (Ariano R., Bonifazi F., 2006), ma, nel mondo, sono al primo posto

in assoluto.

Dall’andamento delle concentrazioni giornaliere del polline di graminacee risulta che tale

polline è presente in concentrazione signifi cativa da marzo a settembre, con una presen-

za massiccia a maggio, giugno e parte di luglio. Il trend della percentuale rappresentata

dal polline di graminacee rispetto al totale dei pollini campionati ogni anno nell’aria, nel

periodo 2005-2010 è in lievissimo aumento: la percentuale in media è dell’11%.

1 I pollini delle due famiglie botaniche delle Cupressaceae e delle Taxaceae sono indistinguibili al microscopio e

quindi vengono contati insieme. Per semplicità si parla solo di Cupressaceae.

FIGURA 1. % DI CUPRESSACE-AE/TAXACEAE SUL TOTALE DEI POLLINI CAMPIONATI OGNI ANNO, ANNI 2005-2010Fonte: ARPAB

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POLLINI DI URTICACEE

I pollini di urticacee sono responsabili del 60% delle pollinosi nell’Italia meridionale (Aria-

no R., Bonifazi F., 2006). Dall’andamento delle concentrazioni giornaliere del polline di

urticacee risulta evidente che, pur essendo presente tutto l’anno, tale polline è si rileva in

concentrazione signifi cativa da marzo a settembre, con i valori massimi tra fi ne maggio

e metà luglio.

Il trend della percentuale rappresentata dal polline di urticacee rispetto al totale dei pol-

lini campionati ogni anno nell’aria è costante con una percentuale media dell’11%.

FIGURA 2. % DI GRAMINAE SUL TOTALE DEI POLLINI CAMPIO-NATI OGNI ANNO, ANNI 2005-2010Fonte: ARPAB

FIGURA 3. ANDAMENTO DELLE CONCENTRAZIONI MEDIE GIORNALIERE NELL’ARCO DELL’ANNO DEI POLLINI DI URTICACEAE (PARIETARIA, OR-TICA), ESPRESSE IN NUMERO DI POLLINI PER METRO CUBO D’ARIA (P/M3)(2005-2010)Fonte: Arpab

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POLLINE DI OLEACEE

I pollini di olivo sono responsabili del 25% delle pollinosi nell’Italia meridionale (Ariano

R., Bonifazi F., 2006).

Dall’andamento delle concentrazioni giornaliere del polline di oleacee si evince che le

concentrazioni più elevate di questi pollini si rilevano tra fi ne aprile e giugno. Anche il

trend della percentuale rappresentata dal polline di oleacee rispetto al totale dei pollini

campionati ogni anno nell’aria si può dire costante e la percentuale in media è del 5%.

POLLINE DI BETULACEE

I pollini di betulacee sono responsabili del 5% delle pollinosi nell’Italia meridionale (Aria-

no R., Bonifazi F., 2006). Dall’andamento delle concentrazioni giornaliere del polline di

betulacee si rileva che i valori più elevati di concentrazione si registrano tra fi ne febbraio

e marzo. ll trend della percentuale rappresentata dal polline di betulacee rispetto al to-

tale dei pollini campionati ogni anno nell’aria è costante con una percentuale in media

del 6 %.

FIGURA 4. % DI URTICACE-AE SUL TOTALE DEI POLLINI CAMPIONATI OGNI ANNO, ANNI 2005-2010Fonte: ARPAB

FIGURA 5. % DI OLEACEAE SUL TOTALE DEI POLLINI CAMPIO-NATI OGNI ANNO, ANNI 2005-2010Fonte: ARPAB

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FIGURA 6. % DI OLEACEAE SUL TOTALE DEI POLLINI CAMPIO-NATI OGNI ANNO, ANNI 2005-2010Fonte: ARPAB

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Pignola, Località Pantano area Ramsar. Vito Orlando

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Natura e biodiversità

Capitolo 10

La conservazione della biodiversità e la tutela della natura non sono solo un obbligo

morale nei confronti delle generazioni future, ma rappresentano, secondo la Convenzio-

ne sulla diversità biologica, stipulata durante la Conferenza di Rio del 1992, gli elementi

indispensabili per conseguire uno sviluppo sostenibile. Sebbene non siano ancora note

tutte le funzioni delle diverse specie nel bilancio naturale e i benefi ci da esse derivanti è

necessario applicare il principio di precauzione fi nalizzato alla conservazione delle spe-

cie e del loro patrimonio genetico; infatti, maggiore è la diversità genetica maggiore sarà

la capacità delle specie viventi di adattarsi ai cambiamenti climatici e di attivare risposte

di resilienza1 ai processi di degrado fi n qui attivati. La risposta europea a tali problemati-

che è stata la creazione di Rete Natura 20002, un processo obbligato di tutela e di valoriz-

zazione degli ambienti di pregio naturalistico negli stati membri avvenuto tramite la rea-

lizzazione di una rete ecologica europea, che include in tutta Europa oltre 25.000 siti per

la conservazione della biodiversità. In Italia, le Regioni coordinate dal Ministero dell’Am-

biente, hanno individuato 2.564 siti Natura 2000 pari al 20% dell’intero territorio naziona-

le3. Rete Natura 2000 in Basilicata è costituita da 50 SIC (Siti di Interesse Comunitario) e 17

ZPS (Zone di Protezione Speciale) che, associate alle aree protette - Parchi Nazionali, Par-

chi regionali e Riserve Regionali - consentono la tutela del 23,7% del territorio regionale.

Tale percentuale è legata all’elevato valore naturalistico, paesaggistico e ambientale del-

la Basilicata, grazie alla grande variabilità del suo territorio e alla complessità naturalistica

dovuta alla particolare posizione geografi ca e orografi ca: la dorsale appenninica e i 5

fi umi lucani costituiscono, infatti, corridoi naturali di connessione tra i diversi ambienti,

con habitat ben conservati e peculiari, come ad esempio quelli calanchivi. Da qualche

anno il Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, ha intrapreso una

serie di azioni strategiche dirette alla conoscenza del patrimonio naturalistico lucano e,

sucessivamente, mirate alla conservazione della natura e della biodiversità, concretizza-

tesi nella scelta di incrementare la superfi cie di aree protette regionali, nell’istituzione

1 Resilienza: la capacità di un ecosistema di ritornare in condizione di equilibrio a seguito di un disturbo.

2 Realizzata mediante l’attuazione delle direttive Habitat 92/43/CE e Uccelli 2009/147/CE.

3 Dati Ministero dell’Ambiente Tutela del Territorio e del Mare (anno 2010).

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di nuovi siti RN2000 e aree protette, nella mappatura del Sistema Ecologico Funzionale

Territoriale in cui si delinea la Rete Ecologica Regionale, nella realizzazione del Program-

ma Rete Natura 2000, nell’applicazione di idonee Misure di Tutela e Conservazione e di

Piani di Gestione.

Di seguito viene riportata la tabella sintetica degli indicatori ambientali riferiti al modello

DPSIR e scelti sulla base della rappresentatività su tutto il territorio regionale.

NAT1. SUPERFICIE TOTALE AREE NATURALI PROTETTE

La superfi cie delle aree protette in Basilicata, distinta nelle diverse tipologie, raggiunge

i 198.825 Ha pari al 19,9% dell’intera superfi cie regionale, percentuale di tutto rilievo

rispetto alla media italiana che si attesta al 10,42%. Una così vasta superfi cie protetta

è esempio concreto di politiche attente alla gestione contro la perdita di biodiversità,

causata da interventi antropici a piccola e larga scala. Infatti, il territorio lucano protetto

a vario titolo (Parchi nazionali, Parchi Regionali, Riserve, SIC e ZPS), pari al 23,7%, è co-

stituito sia da aree di rilevanti dimensioni (versante lucano del Parco del Pollino, 87.000

ha) che da territori di ridotta estensione (es.: Riserva Lago Laudemio, 25 ha) a tutelare

preziosi biotopi dalle importanti peculiarità ambientali. In termini di percentuale sul ter-

ritorio protetto (fi gura 2), il peso incisivo è quello dei parchi nazionali, seguiti dai parchi

regionali e dalle riserve. Come si evince dalla fi gura 1 la maggior parte della superfi cie

protetta in termini di parchi e riserve, riguarda il settore centro-meridionale della Basili-

cata per il peso rilevante che rivestono il Parco del Pollino e il Parco dell’ Appennino Luca-

no, Val d’Agri Lagonegrese. La recente istituzione di quest’ultimo, che funge da cerniera

tra il Parco del Pollino, il Parco del Cilento e il Parco di Gallipoli Cognato e delle Piccole

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORIFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

CODICE INDICATORE DPSIR UNITÀ

DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO TREND

NAT1 Superfi cie aree

naturali protette

R Ha Ministero Ambiente;

Dipartimento

Ambiente;

Regionale 1984-2012 ☺ ↑

NAT2 Strumenti di

pianifi cazione Parchi

R N Dipartimento

Ambiente

Regionale 2005-2012 ☺ ↑

NAT3 Siti Rete Natura 2000 R Num

Ha

Dipartimento

Ambiente; Ministero

Ambiente; UE

Regionale 1995- 2012 ☺ ↑

NAT4 Habitat di interesse

prioritario

S/I Num

Ha

Dipartimento

Ambiente

Regionale 1995- 2012 ☺ ↑

NAT5 Zone umide RAMSAR

e PMWI

R Num

Ha

Dipartimento

Ambiente; ARPAB;

MATTM;

Nazionale;

Regionale;

Internazionale

1984- 2012 ☺ −

NAT6 Rete Ecologica

Regionale

S/R Dipartimento

Ambiente

Regionale 2006- 2012 ☺ ↑

NAT7 Specie animali e

vegetali protette

R

Num

Check list Regionali;

Check list Nazionali;

IUCN;

DPGR 55/2005;

Dir. 92/43/UE;

Dir. 2009/147/UE

Europea;

Nazionale;

Regionale

2005- 2012 ☺ −

NAT8 Distribuzione lontra

su territorio regionale

S/I Num Dipartimento

Ambiente

Regionale 2008-2010 ☺ ↑

NAT9 Pressione attività

venatoria

I Num Piano Faunistico

Venatorio regionale;

Piani Faunistici

Provinciali

Regionale 2002 - 2013 ↓

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Dolomiti Lucane realizza, nel concreto, il concetto di conservazione e di fruizione soste-

nibile dei territori, basato sulla connessione tra aree ad elevato valore ambientale e sul

superamento della frammentazione da attuare mediante politiche di tutela e pianifi ca-

zione condivise tra l’Ente Regione e gli Enti Gestori. Se si analizza la percentuale di super-

fi cie territoriale protetta per provincia si può constatare un notevole divario tra le due: la

percentuale più ampia spetta al territorio della provincia di Potenza con Ha 190.261 (29%

del territorio provinciale), mentre la provincia di Matera si attesta sui Ha 40.480 (11,7%

del territorio provinciale). Tale divario, in parte colmato con l’istituzione della Riserva re-

gionale dei Calanchi di Montalbano Ionico, potrebbe essere risolto con l’istituzione del

Parco dei Calanchi per valorizzare un’area che presenta specie rare, habitat prioritari e

paesaggi suggestivi. L’istituzione di nuove aree protette e nuovi siti di interesse comuni-

tario, richiesti dall’Unione Europea ma anche fortemente auspicati dalle amministrazioni

locali, consapevoli dell’elevato valore ambientale dei loro territori, delineano la maggiore

sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti di queste tematiche, indirizzata ad avvia-

re buone pratiche ed attività sostenibili che consentano la salvaguardia di un patrimonio

naturalistico prezioso ed eterogeneo.

NAT2. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE DELLE AREE PROTETTE

Gran parte degli strumenti pianifi catori sono ancora in itinere in quanto vari fattori cri-

tici ne hanno rallentato l’attuazione. L'unico Parco ad essere dotato di uno strumento

di pianifi cazione, è il Parco delle Chiese Rupestri del Materano dal 2005, mentre per il

Parco di Gallipoli Cognato il piano è in fase di adozione. Il Parco Nazionale del Pollino,

a causa della complessità territoriale ed amministrativa, ha tardivamente dato impulso

FIGURA 1. CARTA DELLE AREE PROTETTE DELLA REGIONE BASILICATAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

FIGURA 2. TIPOLOGIE AREE PROTETTE. % SULL’INTERA SUPERFICIE TUTELATAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità

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alla redazione del piano del Parco che, allo stato attuale, è in corso di adozione presso le

due Regioni interessate: Basilicata e Calabria. Il Parco dell’ Appennino Lucano, Val d’Agri

Lagonegrese istituito nel 2008, ha da poco avviato le procedure per la stesura del piano

del Parco. Per le aree aff erenti a Rete Natura 2000 di Basilicata sono state redatte Misure

di Tutela e Conservazione (adottate con D.G.R. n. 951/2012 e D.G.R. n 30/2013) e Piani di

Gestione (in fase di revisione tecnico-amministrativa). Con gli strumenti di pianifi cazio-

ne si intende valorizzare tutte quelle aree nelle quali la secolare presenza dell’uomo e

delle sue attività tradizionali, principalmente legate all'agricoltura, permettono il man-

tenimento di un equilibrio tra attività antropiche e natura e rivolgere l’attenzione non

solo, alle aree particolarmente vocate dal punto di vista naturalistico ma anche ai settori

antropizzati, per radicare un approccio di conservazione e di sostenibilità più ampio, che

si basi sulla nuova concezione di Rete Ecologica di Basilicata.

NAT3. SITI RETE NATURA 2000

La Rete Natura 2000 è costituita da SIC (Siti di Interesse Comunitario, future ZSC (Zone

Speciali di Conservazione) e ZPS (Zone di Protezione Speciale), i primi legati alla direttiva

Habitat 92/43/CE ed i secondi alla direttiva Uccelli 2009/147/CE, istituiti con la fi nalità

principale di contrastare la perdita di biodiversità. Complessivamente, la Rete Natura in

Basilicata è composta da 50 SIC e 17 ZPS che occupano una superfi cie di 170.574 Ha, in

parte ricadente nei territori di Parchi Nazionali, Regionali e Riserve. La fi gura 3 mostra

la distribuzione dei siti in Basilicata indicando la valenza del territorio lucano di molte

specie ed ambienti di pregio; evidenzia, inoltre, una copertura piuttosto uniforme a li-

vello territoriale, interessando la provincia di Potenza dai suoi limiti settentrionali (Lago

del Rendina - Monte Vulture) a quelli più meridionali (Pollino - Costa di Maratea) e la

provincia di Matera dai siti del litorale jonico (tra i quali il prezioso Bosco planiziale di

Policoro) all’area delle Gravine di Matera, ai confi ni con la Puglia. Continuando a perse-

guire obiettivi di tutela del territorio ed attenendosi alle indicazioni dell’Unione Europea

di ampliare la superfi cie relativa a Rete Natura 2000, dal 2005 ad oggi sono stati istituiti

3 nuovi SIC e 3 nuove ZPS. Come si evince dalla tabella 2, sono stati individuati sia SIC

con superfi ci ragguardevoli (Monte Coccovello con 2.981 Ha) sia siti di piccola estensione

come il SIC/ZPS Valle del Tuorno-Bosco Luceto che, nei suoi 75,3 Ha racchiude ambienti

di notevole valore naturalistico, con vegetazione arborea ripariale, erbacea a megaforbie

(legata ai luoghi umidi) e cenosi di forra, i quali ospitano importanti specie di avifauna,

tanto da poter classifi care il sito anche come ZPS. Inoltre, con D.G.R. n. 86 del 29 genna-

io 2013, la regione Basilicata ha proposto 5 nuovi SIC (in questa fase denominati pSIC)

quali: IT9210125 Timpa dell’Orso-Serra del Prete, IT9210130 Bosco di Chiaromonte Piano

Iannace, IT9210135 Piano delle Mandre, IT9210146 Pozze di Serra Scorzillo, IT 9210175

Valle Nera-Serra di Lagoforano per una superfi cie complessiva di 4.295,52 ha. Per quanto

attiene la conservazione degli habitat all’interno dei SIC (fi gura 4) si può dire che, in ge-

nerale, risulti piuttosto favorevole, non rinvenendosi in nessun caso condizioni di degra-

do evidente. La migliore condizione ecologica è da attribuirsi alle praterie, seguite dalle

formazioni igrofi le; le formazioni forestali posseggono nella maggior parte dei casi - i ca-

ratteristiche strutturali ed ecologiche da ritenersi stabili e buone indicazioni provengono

anche per gli habitat arbustivi, come la macchia mediterranea e per le praterie rocciose,

in stato di conservazione soddisfacente nel 65% circa dei casi; la peggiore condizione è

quella degli habitat adunali, in stato non favorevole per oltre il 60% della superfi cie da

essi occupata.

Da sottolineare, inoltre, l’estensione a mare dei siti Natura 2000 presenti sia lungo la co-

sta ionica che lungo la costa tirrenica, in risposta alle richieste dell’Unione Europea per

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l’individuazione di siti marini: su tali siti è obbligatorio, secondo le normative europee e

nazionali, attivare concrete politiche di tutela e conservazione.

La Basilicata ha aff rontato il tema Rete Natura 2000 dotandosi di un Programma "Rete

Natura 2000 di Basilicata" articolato in 3 fasi operative:

Fase I: Analisi di campo con aggiornamento di dati e cartografi e•

Fase II: Redazione di Misure di Tutela e Conservazione•

Fase III: Redazione di Piani di Gestione •

Il Programma è stato realizzato dall’Uffi cio Tutela della Natura con il coinvolgimento di 15

Istituzioni Scientifi che (coordinate in una Cabina di Regia) di livello nazionale affi ancate

da 150 giovani professionisti (organizzati in gruppi interdisciplinari) botanici, forestali,

zoologi, geologi, ingegneri ambientali, agronomi, architetti con profi li professionali ido-

nei alla attuazione del programma, che hanno svolto rilievi di campagna e redatto dei

report di medio termine e defi nitivi sullo stato ambientale dei Siti 2000. L’adozione delle

MTC ha consentito al Ministero dell’Ambiente di mettere in atto la procedura di desi-

gnazione delle ZSC (Zone di Conservazione Speciale) di 20 Siti di interesse Comunitario

mediante l’emanazione di un D.M. da parte del Ministero la cui versione defi nitiva è in

corso di stesura. L’individuazione delle ZSC porterà la Basilicata ad essere la prima regio-

ne italiana compresa nella Regione Biogeografi ca Mediterranea ad aver adempiuto agli

obblighi derivanti dalla Direttiva Habitat in fatto di ZSC. Le strategie di conservazione

adottate per i siti comunitari dalla Regione Basilicata consentiranno una migliore gestio-

ne fi nalizzata alla tutela della biodiversità in essi contenuta, garantendo il perseguimen-

to degli obiettivi intrapresi con l’istituzione di Rete Natura 2000.

FIGURA 3. CARTA DEI SIC E DELLE ZPS DELLA REGIONE BASILICATAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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NAT4. HABITAT DI INTERESSE PRIORITARIO

Gli habitat prioritari, particolarmente vulnerabili a livello europeo, possono essere con-

siderati tra gli elementi di maggior rilievo di un territorio, essendo i punti cardine di Rete

Natura 2000. Tra le 61 tipologie di habitat individuate nei SIC lucani, 12 sono di habitat

prioritari rilevati nelle analisi di campo eff ettuate su 48 SIC indagati, numero di un certo

rilievo, considerato che in totale il manuale degli Habitat elenca 34 tipologie prioritarie

per l’intero territorio europeo e che la superfi cie della Basilicata ne rappresenta solo lo

0,023%.

Le tipologie di habitat prioritari lucani, anch'essi legati alla diversità ambientale della

regione, vanno da quelli costieri come l’habitat 1120 - Praterie marine di Posidonia, indi-

viduato lungo la costa tirrenica (consentendo l’estensione a mare dei tre siti costieri), a

quelli di fascia montana come l’habitat 9210 - Faggeti degli Appennini con Taxus ed Ilex.

FIGURA 4. CONDIZIONE ECOLO-GICA HABITAT LUCANI Verde = favorevoleGiallo = non adeguato

Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

TABELLA 2. SUPERFICIE SITI DI NUOVA ISTITUZIONEFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

Siti di interesse comunitario Tipologia Superfi cie (ha)

Lago del Rendina SIC/ZPS © 670,3

Monte Coccovello, Monte Crivo, Monte Crive SIC/ZPS © 2.981,1

Valle del Tuorno-Bosco Luceto SIC/ZPS © 75,3

Appennino Lucano, Monte Volturino ZPS 9.736,4

Appennino Lucano, Val d'Agri, Monte Sirino, Monte Raparo ZPS 36.546,7

Massiccio del Monte Pollino e Monte Alpi ZPS 88.052,4

TOTALE 138.062,2

TABELLA 3. ELENCO HABITAT PRIORITARI PRESENTI NEI SIC LUCANI Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

CODICE DENOMINAZIONE HABITAT PRIORITARIO

1120* Praterie di Posidonia (Posidonion oceanicae)

2250* Dune costiere con Juniperus spp.

3170* Stagni temporanei mediterranei

6210(*) Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia)

(*stupenda fi oritura di orchidee)

6220* Percorsi steppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea

8240 Pavimenti calcarei

91AA* Boschi orientali di quercia bianca

91E0* Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae)

9180* Foreste di versanti, ghiaioni e valloni del Tilio-Acerion

9510* Foreste sud-appenniniche di Abies alba

9210* Faggete degli Appennini con Taxus e Ilex

9220* Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggete con Abies nebrodensis

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Tra le peculiarità ambientali spicca l’habitat prioritario 6220 - Percorsi substeppici di gra-

minacee e piante annue, in aree calanchive (Foto 1) a cui aff eriscono cenosi rientranti

nella classe Lygeo-Stipetea e caratteristiche delle formazioni argillose presenti lungo il

settore materano del fi ume Basento. Specie guida della classe è Lygeum spartum, una

graminacea che svolge un ruolo fondamentale nel contenimento del suolo grazie al suo

apparato radicale fascicolato, capace di adattarsi ai continui movimenti edafi ci. Impor-

tante sottolineare come, anche per gli habitat prioritari, vi sia un risvolto applicativo della

condizione di tutela che conduce ad un uso sostenibile degli stessi, come si verifi ca per

le praterie dei Festuco-Brometalia (Habitat 6210*), presenti ad esempio nei SIC Bosco di

Rifreddo, Faggeta di Moliterno, Monti Foi, storicamente utilizzate come pascoli. In tali

cenosi, consentendo la fruizione pabulare agli animali presenti allo stato semi-brado,

si conterrà l'ingresso di specie arbustive ed arboree, permettendo alle specie erbacee

tipiche, ed in particolare alle orchidee, di svilupparsi. E’ da porre in evidenza lo stato di

conservazione degli habitat rilevati quasi tutti in una situazione favorevole.

In linea con le caratteristiche ambientali regionali, sono gli habitat forestali della fascia

montana (9210 e 9220) ad occupare superfi ci di maggior rilievo (fi gura 5), seguiti da

quelli prativi sopra citati (6210).

NAT5. ZONE UMIDE RAMSAR E PMWI

Le zone umide sono ambienti caratterizzati da una elevata diversità ecologica ma con-

traddistinti da una considerevole fragilità ambientale, tanto da contenere specie e ha-

bitat fortemente minacciati. A livello internazionale l’importanza delle Zone Umide è

sancita dalla Convenzione di Ramsar, che tutela tali biotopi essenziali alla vita di uccelli

che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso diversi Stati e Continenti

per raggiungere ad ogni stagione i diff erenti siti di nidifi cazione, sosta e svernamento. A

livello europeo la tutela è avvenuta con l'emanazione della direttiva Quadro sulle Acque

FIGURA 5. ESTENSIONE HABI-TAT PRIORITARI ALL’INTERNO DELLA RN2000 LUCANAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

FOTO 1. CALANCHI CON HABI-TAT 6220 IN BASILICATA

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che si integra con le direttive Habitat e Uccelli. In Basilicata le zone umide Ramsar sono

due: il Lago Pantano di Pignola, in provincia di Potenza e il Lago San Giuliano (Foto 2), in

Provincia di Matera, designato anche SIC.

I laghi di Pignola e San Giuliano sono aree molto importanti per l’avifauna, sia per le

specie stanziali che per quelle migratorie, in gran numero elencate nell’Allegato 1 della

Direttiva Uccelli 2009/147/CE, come la egretta garzetta (Foto 3) da cui la classifi cazione

anche come Zone di Protezione Speciale (ZPS). Inoltre, il Lago di Pignola risulta anche

Oasi WWF dal 1980 e centro CRAS per il recupero dei rapaci feriti. Il riconoscimento di

aree umide di livello internazionale e la ricchezza di ambienti umidi artifi ciali e naturali

nel territorio lucano di dimensioni variabili, dai piccoli stagni alle dighe artifi ciali di note-

voli dimensioni, ha spinto il Dipartimento Ambiente della Regione Basilicata a partecipa-

re ad un Tavolo nazionale fi nalizzato alla realizzazione di un inventario delle zone umide

(il Pan Mediterranean Wetland Inventory - PMWI) secondo la metodologia di MedWet e la

defi nizione di indicazioni per la loro tutela.

FIGURA 6. ZONE UMIDE RAMSAR E ZONE PMWI DELLA BASILICATA Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

FOTO 2. IL LAGO DI SAN GIULIANOAutore: Vito Orlando

FOTO 3. EGRETTA GARZETTA (GARZETTA)Autore: Vito Orlando

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NAT6. RETE ECOLOGICA REGIONALE

L’inserimento della Rete Ecologica nella pianifi cazione territoriale rappresenta uno stru-

mento effi cace sia dal punto di vista tecnico che amministrativo poiché permette di con-

trastare la frammentazione dei territori più fragili e degli ecosistemi più rari, di progettare

i maniera integrata il territorio mediante l'interazione tra attività dell'uomo e conserva-

zione dei sistemi naturali. La Rete Ecologica di Basilicata si delinea come una infrastrut-

tura di sostegno allo sviluppo compatibile e come off erta di beni e valori del territorio

ed ha diverse accezioni quali: a) sistema interconnesso di habitat; b) sistema di parchi

e riserve; c) sistema paesaggistico; d) scenario ecosistemico polivalente. Alla base della

tutela e della concretizzazione della rete ecologica di Basilicata (REB), vi è l'analisi appro-

fondita, sviluppata all'interno del lavoro Sistema Ecologico Funzionale Territoriale che ha

visto le seguenti fasi:

INDIVIDUAZIONE DI AMBITI TERRITORIALI OMOGENEI su base geopedologica, defi -•

niti Sistemi di Terre (es.: Alta Montagna, Pianure Alluvionali, Terrazzi Marini etc., fi gu-

ra 7) e delle Unità ambientali in essi rinvenibili (es.: formazioni montane, formazioni

mesofi le etc.);

IDENTIFICAZIONE DI UN SET DI MACROINDICATORI di sensibilità ecologica e di pres-•

sione antropica per la defi nizione della fragilità ecologica degli habitat (es. consumo

di habitat, grado di compattezza dell’habitat, isolamento etc.);

ANALISI DELLA FRAMMENTAZIONE per Sistemi di Terre, eseguita attraverso l’appli-•

cazione indici descrittivi e specifi ci, utilizzando software basati sui principi della Lan-

dscape Ecology.

La fase analitica sopra descritta si è poi esplicata nel Progetto Sperimentale della Rete

Ecologica di Basilicata, partito dall'elaborazione di numerose carte tematiche di base (es

Carte dei sistemi di terre, Carta della qualità ambientale intrinseca, Carta della rarità etc.)

e di cartografi a relativa alle dinamiche di trasformazione del territorio e alla sua qualità

ambientale a cui ha fatto seguito la defi nizione dello Schema di Rete Ecologica (fi gura 8)

così articolato:

IDENTIFICAZIONE DELLE AREE CENTRALI O NODI DELLA RETE ECOLOGICA (aree di •

persistenza forestale o pascolativa > 5 Ha);

CARATTERIZZAZIONE DELLE AREE CENTRALI O NODI;•

FIGURA 7. I SISTEMI DI TERRE DELLA REGIONE BASILICATAFonte: Fonte: A.A.V.V. (a cura di Regione Basilicata), 2009. Sistema Ecologico Funzionale Territoriale

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IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DELLE AREE CUSCINETTO (buff er);•

DEFINIZIONE DELLE DIRETTRICI DEI CORRIDOI ECOLOGICI (direttrice dei nodi costie-•

ri, dei corridoi fl uviali, dei nodi montani e collinari);

L’applicazione concreta sul territorio della Rete Ecologica di Basilicata potrà essere col-

legata alla futura redazione del Piano Paesaggistico, attingendo ai contenuti tecnici del

Sistema Ecologico Funzionale Territoriale e del Programma Rete Natura 2000. In fase di

redazione del piano, si dovrà approfondire la scala della Rete Ecologica attraverso il con-

fronto con le amministrazioni locali da considerarsi parte attiva di questo processo di

pianifi cazione, individuandole porzioni del loro territorio da inserire nella rete. Al fi ne di

raff orzare il concetto di "Rete" tra i parchi è stato fi nanziato, con il PO-FESR 2007-2013,

un progetto di azioni immateriali di valorizzazione dei 4 parchi ricadenti nel territorio

Lucano, denominato "Naturarte", per la cui attuazione è stato fi rmato un Protocollo d’in-

tesa tra i parchi e la Regione Basilicata. Le azioni previste nel progetto sono indirizzate a

creare una maggiore sinergia tra gli Enti Gestori in un’ottica di "Rete".

NAT7. SPECIE DI FLORA E FAUNA PROTETTE

Il livello di biodiversità della Basilicata è ben sintetizzato dall'elevato numero di specie

animali e vegetali riportati negli allegati delle Direttive: nel complesso si contano ben

282 entità relative all'Art. 4 Dir. Uccelli e all'All. 2 Dir. Habitat a cui si associano moltepli-

ci altri taxa protetti a vario titolo (fi gura 9). Particolare rilevanza assumono le 75 specie

dell’Allegato I della Direttiva Uccelli tra cui si rinviene il capovaccaio (Neophron percnop-

terus, Foto 4) che mantiene due coppie nidifi canti, il nibbio reale (Milvus milvus), presente

FIGURA 8. SCHEMA DI RETE ECOLOGICA REGIONALEFonte: A.A.V.V. (a cura di Regione Basilicata), 2009. Sistema Ecologico Funzionale Territoriale

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in Basilicata con l’80% della popolazione italiana, Ciconia nigra, riportata per ben 10 SIC

lucani, diverse specie di falco come il famoso falco grillaio (Falco naumanni), presente

come specie nidifi cante proprio nella città di Matera. I taxa dell’Allegato II della Dir. Ha-

bitat sono invece 36 di cui 6 prioritari, distribuiti tra diversi gruppi animali (fi gura10). Tra

questi spicca Canis lupus il cui areale si è allargato a tutta la catena Appenninica con un

numero stimato di individui che si aggira intorno alle 1000 unità.

In Basilicata, grazie ad interventi di wolf-howling condotti in più siti RN2000, la presenza

risulta diff usa e la condizione ecologica nel complesso favorevole. Tra le specie vegetali è

di rilievo la presenza di Himantoglossum adriaticum, orchidacea segnalata solo per il SIC

Faggeta di Moliterno e Stipa austroitalica, graminacea di praterie xeriche ben rappresen-

tata sul territorio lucano. Con il D.P.G.R. 55/2005, la Regione Basilicata ha individuato le

specie vegetali lucane a diverso grado di protezione. Il valore biogeografi co delle specie

vegetali protette lucane può defi nirsi in generale medio-alto: si pensi ad esempio ad

Achillea lucana, Campanula pollinensis, Dianthus vulturius (Foto 5), specie erbacee pre-

senti solo in Basilicata. Non sono da meno le specie forestali protette tra cui spiccano

Abies alba, Acer lobelii (ora Acer cappadocicum subsp. lobelii), Pinus leucodermis. Le inda-

gini di campo eff ettuate con il Programma Rete Natura 2000 inducono ad un aggiorna-

mento dell'elenco delle specie protette vulnerabili e rare che consentirà l'individuazione

di specie appartenenti ad habitat prioritari e di specie che necessitano una tutela me-

diante azioni pianifi cate negli idonei strumenti di gestione.

FIGURA 9. TIPOLOGIE SPECIE PROTETTE IN RN 2000 (N.)

FIGURA 10. NUMERO DI SPECIE ALL.II DIR. HABITAT E TAXA DI APPARTENENZA

Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

FOTO 4. NEOPHRON PERCNOPTERUSAutore: Vito Santarcangelo

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NAT8. DISTRIBUZIONE LONTRA SU TERRITORIO REGIONALE

La lontra (Lutra lutra) è specie di Allegato II della Direttiva Habitat a sottolineare l'impor-

tanza ecologica che tale specie riveste su tutto il territorio europeo.

In Italia la popolazione di Lutra lutra è stimata tra 220 e 260 individui4, concentrati per il

70% nei corsi d’acqua di Basilicata, Campania e Puglia con una densità incisiva all'inter-

no del territorio lucano (fi gura11). Altri nuclei minori sono presenti in Abruzzo, Calabria,

Molise, Lazio e Toscana. L’analisi della distribuzione della lontra in Basilicata permette di

comprendere il buono stato di salute dei corsi d'acqua lucani e degli ambienti ripariali,

fortemente legati ad attività quali il pascolo e l’agricoltura intensiva. E’, pertanto, un indi-

catore che contestualmente abbraccia elementi ecologici diversi: quello faunistico prio-

ritario a cui fanno seguito aspetti fl oristico-vegetazionali ed ambientali in senso lato.

4 Prigionic et al., 2005, distribution and sprainting activity of the otter (Lutra Lutra) in the Pollino National Park

(Southern Italy).

FOTO 5. DIANTHUS VULTURIUSAutore: Giovanna Potenza

FOTO 6. LUTRA LUTRAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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FIGURA 11. ECOLOGIA E DI-STRIBUZIONE DELLA LONTRA LUNGO ALCUNI CORSI D’ACQUA LUCANI. PIANO D’AZIONE NAZIONALE CONSERVAZIONE DELLA LONTRA, 2009Fonte: Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare

FIGURA 12. LOCALIZZAZIONE SITI MONITORAGGIO LONTRA IN BASILICATA 2013Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, DIpartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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L'attenzione alla presenza della lontra in Basilicata si è esplicata attraverso la collabora-

zione tra l'osservatorio regionale degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche del

Dipartimento Ambiente ed il laboratorio di genetica dell’ISPRA: la fi gura 12 mostra la di-

stribuzione dei siti monitorati. Il campionamento è stato eff ettuato in maniera piuttosto

uniforme su tutta la Regione Basilicata tramite raccolta di feci, rinvenimento di carcasse,

analisi delle impronte e dei segni del passaggio del mustelide. In seguito alle analisi ef-

fettuate da parte dell'Ispra, è stata accertata la presenza di 17 individui di lontra, diff usi

in maniera omogenea in tutto il territorio regionale, sebbene una presenza maggiore è

valutabile in 84 esemplari censiti al 2013. La necessità è di tutelare al meglio i corsi d'ac-

qua e gli ambienti strettamente ripariali, tenendo alta l'attenzione sui corridoi ecologici,

con l'obiettivo di ripristinarli per favorire gli spostamenti e lo scambio genetico all'interno

della popolazione lucana di lontra.

NAT9. PRESSIONE ATTIVITÀ VENATORIA

La legislazione regionale vigente stabilisce una modalità di rilascio degli accessi venatori

in grado di garantire una distribuzione dell'attività venatoria nei limiti fi ssati dal rapporto

tra territorio agro-silvo-pastorale e numero di cacciatori, tradotto nell'indice di densità

venatoria minima per ciascun ambito territoriale di caccia (ATC). I dati evidenziano una

forte pressione dovuta al numero di cacciatori presenti, operata in particolare da quelli

residenti fuori Regione.

FIGURA 13. ACCESSI VENATORI NELLE PROVINCE DI POTENZA E MATERAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

FIGURA 14. DISTRIBUZIONE CRONOLOGICA TESSERINI IN BASILICATAFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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Osservando il numero di tesserini rilasciati nelle due province (fi gura 12) e in complesso

sul territorio regionale (fi gura 13) è evidente come, per la provincia di Potenza, il nume-

ro di tesserini rilasciato ai cacciatori non residenti sia sempre maggiore, con un’acme di

20.000 permessi nel 2005-2006. La provincia di Matera mostra un andamento più rego-

lare con un trend nettamente crescente per quanto riguarda il numero dei permessi ai

cacciatori non residenti, con il valore più elevato che si attesta intorno ai 9.000 elementi.

Si fa rilevare che il sistema delle aree protette ha un eff etto di contenimento dell'attività

venatoria: nella zonizzazione regionale degli ATC emerge che quando negli stessi insi-

stono superfi ci protette, il numero di cacciatori residenti e non residenti è inferiore alla

media regionale. Da evidenziare la presenza dal 2006 dell'Osservatorio regionale degli

habitat naturali e delle popolazioni faunistiche, organismo tecnico di ricerca e di consu-

lenza in tema di conservazione e gestione del patrimonio faunistico e che nell'ambito

delle attività svolte, ha promosso e sta sviluppando, tramite idonea programmazione,

alcuni progetti specifi ci tra cui: la reintroduzione di specie autoctone quali il cervo ed il

capriolo italico, la conservazione di specie autoctone minacciate quali la lontra e la lepre

italica, il censimento degli uccelli acquatici in tutte le zone umide della regione.

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FOCUSMisure di tutela e di conservazione e piani di gestione

La redazione di adeguati strumenti gestionali e di conservazione, da condividere con i

territori interessati, rappresenta il primo tassello per garantire l'effi cacia della Rete Ecolo-

gica di Basilicata. In attuazione delle politiche di tutela contenute nelle Direttive comu-

nitarie Habitat (92/43/CE) e Uccelli (2009/147/CE), la Regione Basilicata ha elaborato un

modello di tutela da applicare su tutto il sistema dei siti Natura 2000, fondato su azio-

ni complementari e sinergiche coerenti con quanto previsto dalla Strategia Nazionale

per la Biodiversità, nonché dalle direttive citate per dare attuazione a Misure di Tutela e

Conservazione (M.T.C.) e Piani di Gestione (P.d.G.), elaborati mediante il Programma Rete

Natura 2000, in funzione della complessità ecologica e della gravità delle potenziali mi-

nacce presenti sui siti di RN2000

Gli obiettivi specifi ci degli strumenti gestionali sono stati individuati come segue:

mantenere e/o migliorare il livello di biodiversità di habitat e specie di interesse co-•

munitario per i quali il sito è stato designato;

tenere sotto controllo e limitare le attività che incidono sull'integrità ecologica •

dell'ecosistema;

armonizzare i piani e i progetti previsti per il territorio in esame;•

individuare e attivare i processi necessari per promuovere lo sviluppo di attività eco-•

nomiche compatibili con gli obiettivi di conservazione dell'area;

attivare meccanismi socio-politico-amministrativi in grado di garantire una gestio-•

ne attiva ed omogenea dei Siti Natura 2000;

individuare azioni di comunicazione per accrescere e diff ondere sensibilità e cono-•

scenze ambientali sui Siti.

MISURE DI TUTELA E CONSERVAZIONE

Le "Misure di Tutela e Conservazione" sono state redatte per 21 siti comunitari, raggru-

pati in ATO (Aree Territoriali Omogenee, fi gura 2 e Tabella 1) adottate dalla Giunta (D.G.R.

951/2012 e D.G.R. 30/2013) e caratterizzate da una fase analitica e da una fase proget-

tuale, così strutturate:

FASE ANALITICA:

analisi vegetazionale degli habitat con metodo fi tosociologico;•

valutazione del grado di conservazione degli habitat e delle specie;•

analisi dei range di distribuzione;•

analisi di impatti e minacce.•

FASE PROGETTUALE MISURE DISTINTE IN:

specifi che (da progettare ed applicare al territorio del sito comunitario);•

incidenti (da progettare ed applicare all’area territoriale omogenea);•

gestionali (da redigere per consentire una gestione coerente dei siti);•

amministrative e regolamentari (attinenti a leggi, regolamenti, decreti, delibera).•

Dai risultati ottenuti è stato possibile defi nire le Misure di Tutela e Conservazione per ha-

bitat e specie, che consentiranno al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio

e del Mare di dare piena attuazione al recepimento della direttiva Habitat mediante la

trasformazione dei SIC in ZSC (Zona Speciale di Conservazione). Tutto il processo è stato

reso possibile grazie alla consistente base conoscitiva messa a punto durante la fase di

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Monitoraggio eff ettuata sul campo che ha permesso di caratterizzare, in maniera appro-

fondita habitat (fi gura 2) e specie presenti nei SIC.

Le Misure di Tutela e Conservazione (M.T.C.) prevedono:

misure generali (valide su tutti i siti interessati da questo tipo di tutela);•

misure specifi che (adeguate alle caratteristiche del sito);•

elementi di monitoraggio (utili alla redazione di un piano di monitoraggio);•

misure di contiguità (da attivare sulle aree contigue al sito). •

Le M.T.C. sono state raggruppate anche in relazione a tematiche diverse:

attività antropiche ed impatti;•

acque interne;•

fauna (invertebrati, anfi bi e rettili, pesci, mammiferi, uccelli);•

foreste, fl ora e vegetazione;•

pascolo ed agricoltura;•

sensibilizzazione;•

marchi di qualità. •

Tale raggruppamento ha facilitato le modalità di individuazione degli strumenti fi nanzia-

ri utili al sostegno economico di misure e azioni dei piani da prevedere nella redazione

dei P.A.F. (Prioritized Action Framework), utilizzati dall’Unione Europea per la futura pro-

grammazione comunitaria.

FIGURA 1. CARTA DEGLI HABI-TAT DEL SITO MURGE DI SANT'ORONZIOFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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Le misure inserite in Tabella 1 descrivono in modo sintetico ed effi cace la tipologia di

misure proposte nei Siti: contrattuali, regolamentari e di monitoraggio.

Acquisto superfi ci contigue ad habitat vulnerabili.

Intensifi cazione dei controlli, da parte dell'Ente Gestore, previsti dalla normativa sugli scarichi di

attività recettive, industriali, commerciali e abitazioni diff use.

Intensifi cazione del controllo, da parte dell'Ente Gestore, del rispetto della normativa vigente

relativamente alle attività di estrazione e stoccaggio di sabbia e ghiaia in alveo ed alle aree in cui

viene eff ettuato il deposito di materiali inerti ottenuti dalla lavorazione di materiali di estrazione

ed eventuale rimozione/bonifi ca e ripristino ambientale.

Limitazione temporale del pascolo nelle aree con presenza di lepidotteri di interesse

conservazionistico.

Mitigazione dell’impatto della rete elettrica aerea mediante l’isolamento del conduttore elettrico

(utilizzo di guaine e materiali isolanti) e la segnalazione dei cavi (apposizione di boe e spirali

colorate).

FIGURA 2. ATO INTERESSATE DALLE MISURE DI TUTELA E CONSERVAZIONE

TABELLA 1. ELENCO DEI SIC INTERESSATI DA MISURE DI TUTELA E CONSERVAZIONE

A.T.O. SIC

1 Monte Vulture, Grotticelle di Monticchio, Monte Paratiello

2 Abetina di Ruoti, Abetina di Laurenzana, Monti Foi

3 Faggeta di Monte Pierfaone, Bosco di Rifreddo

4 Lago la Rotonda, Lago San. Giuliano e Timmari, Lago Pantano di Pignola

5 Murge di S. Oronzio e Faggeta di Moliterno

6 Bosco Cupolicchio

8 Bosco Pantano di Policoro e Costa Ionica Foce Sinni

9 Bosco Mangarrone, Valle del Noce

10 Bosco di Montepiano, Dolomiti di Pietrapertosa, Foresta Gallipoli Cognato

11 Gravine di Matera

TABELLA 2. ESEMPIO DI MISU-RE DI TUTELA SITO SPECIFI-CHE DEL SIC MURGE DI S. ORONZIO

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Monitoraggio dello stato di conservazione e della consistenza demografi ca di specie rare

collegate agli ambienti umidi del SIC.

Predisposizione carnai in aree nidifi cazione e transito del Capovaccaio.

Realizzazione di barriere e sottopassi ed installazione di segnaletica verticale per evitare

investimenti della fauna.

Regolamentazione della pesca con nasse e trappole.

Ripristino delle popolazioni di prede naturali dei grandi predatori.

Rispetto del regolamento relativo al taglio ed alla pulizia delle sponde fl uviali e torrentizie per il

mantenimento dei siti rifugio e del microclima circostante idoneo per le specie obiettivo.

Salvaguardia e monitoraggio della popolazione di Quercus trojana.

Studi genetici per valutazione grado integrità genetico di specie di interesse comunitario

soggette ad ibridazione.

Utilizzo di apposite sbarre per la tutela di cavità-rifugio di Chirotteri.

Piani di gestione

Sono stati interessate dalla fase di redazione dei "Piani di gestione" 6 Aree Territoriali

Omogenee per complessivi 27 siti comunitari (fi gura 3 e Tabella 3). L'obiettivo generale

del Piano di Gestione è quello di assicurare la conservazione degli habitat e delle specie

vegetali e animali di interesse comunitario, prioritari e non, garantendo con opportu-

ni interventi di gestione, il mantenimento e/o il ripristino degli equilibri ecologici che

li caratterizzano e che sottendono alla loro conservazione. I piani sono stati redatti i su

format predefi niti nell'ambito del Programma Rete Natura 2000.

FIGURA 3. ATO INTERESSATE DAI PIANI DI GESTIONEFonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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La struttura dei piani è articolata in quattro sezioni, le prime due analitico-conoscitive, le

successive inerenti la gestione propriamente detta:

1) FASE ANALITICA:

identifi cazione di ambiti omogenei in relazione al livello di informazioni esistenti;•

individuazione delle valenze naturalistiche, storiche e culturali;•

caratterizzazione degli eco-mosaici di riferimento;•

individuazione dei livelli di organizzazione ecologica coinvolti;•

individuazione di criticità e minacce.•

2) QUADRO CONOSCITIVO:

descrizione fi sica del sito;•

descrizione biologica del sito;•

descrizione agroforestale del sito (uso del suolo);•

descrizione socio - economica del sito; •

descrizione dei valori archeologici, architettonici e culturali presenti nel Sito Natura •

2000;

descrizione del Paesaggio.•

3) VALUTAZIONE DELLE ESIGENZE ECOLOGICHE DI HABITAT E SPECIE:

descrizione delle esigenze ecologiche delle specie e degli habitat di interesse comu-•

nitario presenti nel SIC, mediante schede descrittive specifi che;

individuazione e descrizione di indicatori suddivisi per specie e habitat, fi nalizzati •

alla valutazione dello stato di conservazione;

valutazione dell’infl uenza da parte di fattori biologici e socio - economici sugli indi-•

catori individuati.

4) OBIETTIVI E STRATEGIA GESTIONALE:

individuazione di obiettivi gestionali generali ai sensi della Direttiva 92/43/CEE e •

2009/147/CEE;

individuazione di obiettivi di dettaglio in coerenza con le esigenze ecologiche del •

Sito Natura 2000;

individuazione delle priorità d'intervento, supportate da valutazione di costi e stima •

dei tempi necessari per la realizzazione;

piano di comunicazione: progettazione delle azioni di comunicazione relative al sito •

oggetto del piano di gestione.

TABELLA 3. ELENCO DEI SIC PIANI DI GESTIONE (P.D.G.)Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

A.T.O. SIC

6 Valle Basento Grassano Scalo e Valle Basento Ferrandina Scalo

7 Acquafredda di Maratea, Isola di Santo Ianni e Costa Prospiciente,

Marina di Castrocucco, Monte Coccovello, Monte Crivo, Monte Crive

8 Costa Ionica Foce Agri, Costa Ionica Foce Basento, Costa Ionica Foce Bradano,

Costa Ionica Foce Cavone

12 Monte Caldarosa, Monte della Madonna di Viggiano, Monte Volturino,

Serra di Calvello

13 Lago Pertusillo, Monte Raparo, Monte Sirino

14 Bosco della Farneta, Bosco Magnano, Bosco Vaccarizzo, La Falconara,

Lago Duglia - Casino Toscano e Piana di San Francesco, Madonna del Pollino Loc.

Vacuarro, Monte Alpi - Malboschetto di Latronico, Monte La Spina-Monte Zaccana,

Serra di Crispo-Grande Porta del Pollino e Pietra Castello, Timpa delle Murge

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Nella composizione della "Struttura dei Piani di gestione" sono inserite, inoltre, la "Sche-

de degli interventi" (Tabella 4) che descrivono in modo sintetico ed effi cace tutti gli ele-

menti utili alla comprensione, attuazione e verifi ca degli interventi proposti nei Siti.

TABELLA 4. SCHEDA DEGLI INTERVENTI Fonte: Uffi cio Tutela della Natura, Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

DENOMINAZIONE DEL PIANO Denominazione del Piano di Gestione

CODICE SITI Codici del Sito Natura 2000 nei quali ricade l’azione

NOME AZIONE Nome dell’azione

CODICE AZIONE Numero progressivo che identifi ca univocamente l’azione

LOCALIZZAZIONE Localizzazione dell’azione

TIPO AZIONE Codice della tipologia di azione da adottare

DESCRIZIONE AZIONE Descrizione dell’azione

HABITAT INTERESSATI Habitat interessati dall’azione

SPECIE INTERESSATE Specie interessate dall’azione

COMUNI INTERESSATI Comuni interessati dall’azione

OBIETTIVI GENERALI Obiettivo generale perseguito

OBIETTIVI SPECIFICI Obiettivo specifi co che si intende raggiungere

NORME Elenco delle norme/regole di attuazione vigenti

BENEFICIARI Possibili benefi ciari

ALTRI SOGGETTI Soggetti con cui si deve raccordare il gestore dell’intervento

RELAZIONI Correlazioni ed integrazioni con altre azioni e/o iniziative

PIANIFICAZIONE Coerenza con strumenti di pianifi cazione esistente

COSTI Stima dei costi dell’intervento

FONTI DI FINANZIAMENTO Fonti di fi nanziamento attivabili o attivate

TEMPI DI REALIZZAZIONE Tempi di realizzazione

PERIODICITA’ Periodicità di realizzazione dell’intervento

PRIORITA’ Livello di priorità dell’intervento

INDICATORI Indicatori di monitoraggio dell’intervento

Page 197: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Pressioniambientali

Relazione sullo Stato dell'Ambiente della Basilicata

Page 198: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Raccolta imballaggi. Archivio Sxc

Page 199: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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Capitolo 11

Negli ultimi decenni la produzione e la gestione dei rifi uti ha assunto una importanza

rilevante nell’ambito delle politiche ambientali. Il miglioramento delle condizioni eco-

nomiche, lo sviluppo industriale e delle aree urbane, l’aumento dei consumi e la diver-

sifi cazione dei processi produttivi hanno generato nuove tipologie di rifi uti con eff etti

sempre più nocivi per l’ambiente. Attualmente, a livello comunitario è in vigore la Diret-

tiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la cui strategia fi ssa gli orienta-

menti e le misure volte a diminuire le pressioni sull’ambiente derivanti dalla produzione

e dalla gestione dei rifi uti. Gli assi principali della strategia riguardano la prevenzione e

la riduzione della produzione e nocività dei rifi uti attraverso la promozione di un rici-

claggio effi cace che trovano ampio spazio anche nella normativa nazionale e regiona-

le1. Oggi, alla base di una gestione ottimale del ciclo dei rifi uti, non può non esserci il

concetto di prevenzione e recupero di materia al fi ne di ridurre la quantità e la nocività

per l’ambiente dei rifi uti. Tale processo può avvenire minimizzando a monte la quantità

di materia e beni immessa al consumo e, a valle, riducendo le quantità destinate all’ab-

bandono in discarica senza uno sforzo di recupero. La prevenzione è ciò che nella fase

di progettazione di un bene non crea, o meglio, inibisce le condizioni/occasioni per la

sua trasformazione in rifi uto e ottimizzando l’uso dei materiali, ne minimizza l’impatto.

Più propriamente, per prevenzione si intende l’insieme delle azioni che contribuiscono

ad allungare la durata di vita dei beni e a ridurre le quantità di rifi uto determinate. Sono

azioni preventive quelle che riescono a mantenere un bene nella posizione di bene affi n-

ché diventi rifi uto il più tardi possibile, allungandone in questo modo la durata di vita (ad

esempio riparazioni, riusi, baratto o scambio di beni ancora funzionanti). Non vengono

considerate azioni di prevenzione quelle che riducono la quantità di rifi uto destinato a

incenerimento o smaltimento in discarica attraverso una più spinta raccolta diff erenziata

e conseguente riciclo con recupero di materia, che vengono invece considerate azioni

1 In Italia la normativa in materia di rifiuti è contenuta nel D.Lgs n.152 del 03/04/2006 - Norme in materia ambien-

tale. Gli art. 179 e 180 contengono i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti al fine della prevenzione e produzione

dei rifiuti. I principi e le finalità del D.Lgs 152/2006 devono essere recepiti dalla legislazione regionale e attualmente

la normativa di riferimento è la solo LR 6/2001 "Disciplina delle attività di gestione dei rifiuti e approvazione del re-

lativo piano".

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di minimizzazione e massimizzazione del recupero. È errato pensare che un sistema di

raccolta diff erenziata sia applicabile a priori in tutte le realtà in quanto ogni sistema ge-

stionale va necessariamente inquadrato nel contesto territoriale, regionale e locale, nel

quale andrebbe ad incidere. Per questa ragione, ancora oggi, un tema cruciale delle au-

torità locali rimane quello dell’introduzione del sistema di raccolta diff erenziata. In que-

sto capitolo, sono trattati i temi relativi alla gestione dei rifi uti speciali e non in Basilicata,

la loro produzione, il loro recupero e smaltimento. Si troveranno gli indicatori relativi ai

trend di raccolta diff erenziata, l’incenerimento, lo smaltimento in discarica seguendo le

priorità del D.Lgs. 152/2006.

RIF1. PRODUZIONE TOTALE DI RIFIUTI URBANI

L’indicatore fotografa il trend riguardante la produzione di rifi uti urbani sul territorio re-

gionale confrontati con quelli del mezzogiorno d’Italia. La produzione dei rifi uti in Basili-

cata non rappresenta un dato preoccupante per quanto riguarda la pressione ambienta-

le. Per ragioni di stili di vita e socioeconomiche il suo valore è stato sempre tra i più bassi

in Italia fi no ad attestarsi al 2011 intorno ai 380 kg/abitante all’anno.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

RIF1 Produzione totale di rifi uti

urbani

P t ISPRA

PROVINCE

BAS 1999-2011 ☺ ↑

RIF2 Percentuale di rifi uti urbani

smaltiti in discarica

P % ISPRA

PROVINCE

BAS 2002-2010 ↓

RIF3 Percentuale di raccolta

diff erenziata

R % ISPRA

PROVINCE

BAS 2000-2010 −

RIF4 Quantità di rifi uti urbani

avviati al trattamento

meccanico-biologico

R t ISPRA

PROVINCE

BAS 2003-2009 ↑

RIF5 Quantità di rifi uti

urbani avviati alla

termovalorizzazione

R t ISPRA

PROVINCE

BAS 2003-2010 ↓

RIF6 Discariche per rifi uti urbani P - R n REG BAS BAS 2011 −

RIF7 Produzione totale di rifi uti

speciali, suddivisi per

pericolosi e non pericolosi

P t ARPAB BAS 2004-2009 −

RIF8 Quantità di rifi uti speciali

smaltiti agli impianti

regionali, suddivisi per

pericolosi e non pericolosi

P t ARPAB BAS 2004-2008 −

RIF9 Illegalità nel ciclo dei rifi uti P n Osservatorio

Ambiente e

Legalità

BAS 2008-2010 ☺ ↑

RIF10 Piani e Progetti R n REG BAS BAS 2011 ↓

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Negli anni presi come riferimento, l’indicatore mostra un andamento oscillante, con un

netto aumento a partire dal 2002-2003. La produzione di rifi uti urbani subisce una dimi-

nuzione a partire dal 2008 e, anche se si registra una piccolissima risalita nel 2011, il con-

tributo regionale nell’ambito del contesto meridionale risulta davvero marginale.

RIF2. PERCENTUALE DI RIFIUTI URBANI SMALTITI IN DISCARICA

Di seguito si riportano alcuni dati riguardanti il conferimento in discarica di rifi uti urbani,

che rappresenta per la Regione il sistema maggiormente utilizzato per lo smaltimento

dei rifi uti. Dopo una diminuzione registrata a partire dal 2003, la quantità di rifi uti ur-

bani annualmente conferiti in discarica è aumentata costantemente, mantenendosi tra

il 2008 e il 2011 intorno a 180.000 tonnellate. Come si evince dalla fi gura 4 tale quantità

rappresenta l’80% dei rifi uti prodotti in Basilicata. Nella tabella 4, invece si legge la quan-

tità di rifi uti smaltita in discarica per abitante; il dato del 2010 di 315 Kg/ab si confronta

con quello meridionale di 330 Kg/ab.

FIGURA 1. PRODUZIONE DI RI-FIUTI URBANI IN BASILICATA

FIGURA 2. PRODUZIONE PRO-CAPITE DI RIFIUTI URBANI IN BASILICATAFonte: ISPRA-Province

FIGURA 3. PRODUZIONE RIFIUTI URBANI IN BASILICATA

FIGURA 4. PERCENTUALE DI RIFIUTI URBANI SMALTITI IN DISCARICA IN BASILICATAFonte: ISPRA-Province

Rifi uti urbani smaltiti in discarica kg/ab

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011

311,5 326,7 298,3 235,2 238,0 300,5 308,7 305,9 315 312

TABELLA 2. QUANTITÀ DI RIFIUTI URBANI SMALTITI IN DISCARICA PER ABITANTE (2002-2009)Fonte: ISPRA

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RIF3. PERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA

È un indicatore fondamentale che permette di valutare la quantità di rifi uti urbani raccol-

ti in modo diff erenziato e dunque avviati a recupero.

Solo nel 2009, la Basilicata sfi ora la quota del 10% di raccolta diff erenziata sul territorio

regionale. La raccolta diff erenziata dei rifi uti urbani è un aspetto fondamentale che ca-

ratterizza una buona fi liera gestionale dei rifi uti prodotti e, nonostante un forte impegno

regionale che negli ultimi anni punta a radicare defi nitivamente tale sistema, sono anco-

ra lontani gli obiettivi fi ssati dal D.Lgs. 152/2006 (Fig. 6). Come si evince dai dati riportati

nei grafi ci 5 e 6, la percentuale di diff erenziazione ha registrato un costante aumento dal

2000. Nel 2009, la Basilicata sfi ora la quota del 10% di raccolta diff erenziata sul territorio

regionale, mentre dai dati forniti, relativi all'anno 2011, si osserva un ulteriore, seppur

contenuto, aumento delle percentuali di raccolta diff erenziata. Precisamente, dai dati

provinciali risulta in provincia di Potenza una percentuale di raccolta diff erenziata pari

al 19,83% e in provincia di Matera un valore pari al 14,55%. Il dato generale, purtroppo,

denota ancora la necessità di un forte impegno della Regione Basilicata verso la diff e-

renziazione dei rifi uti urbani, aspetto fondamentale che caratterizza una buona fi liera

gestionale dei rifi uti prodotti.

RIF4. QUANTITÀ DI RIFIUTI URBANI AVVIATI AL TRATTAMENTO MECCANICO-

BIOLOGICO (TMB)

Per ridurre il volume e il peso di conferimento di una determinata quantità di rifi uti, altri-

menti destinati alla discarica, si ricorre ad un trattamento con sistemi meccanico biologi-

ci a doppio fl usso. Questo avviene, ad oggi, presso gli impianti di Venosa, Sant’Arcangelo,

Colobraro. La parte inorganica dei rifi uti viene separata attraverso sistemi meccanici au-

tomatizzati (vagliatura meccanica con fori da 60-80 mm) con conseguente separazione

di un fl usso umido (sottovaglio) ed uno secco (sopravaglio) con recupero di componenti

come carta, metalli, plastiche e vetro. Il sottovaglio, prevalentemente costituito da com-

ponente organica, viene avviato ad un processo di digestione aerobica che comporta

una biostabilizzazione accelerata. La frazione secca, invece, viene parzialmente avviata a

processi di termovalorizzazione. Aspetto importante è che tale processo di trattamento

permette una riduzione del volume di conferimento in discarica, del rifi uto indiff erenzia-

to in ingresso, di circa il 50%.

FIGURA 5. RIFIUTI URBANI OG-GETTO DI RACCOLTA DIFFEREN-ZIATA (T)

FIGURA 6. ANDAMENTO DELLA PERCENTUALE DI RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI URBANI IN RELAZIONE AGLI OBIETTIVI NORMATIVIFonte: ISPRA-Province

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La Tabella 3 mostra l’aumento delle quantità di rifi uto urbano avviata al TMB a partire dal

2006, con valori al di sopra di 90.000 tonnellate per l’anno 2008. Solo nel 2010 si registra

una notevole riduzione della quantità di rifi uti avviata al TMB pari al 73%.

RIF5. QUANTITÀ DI RIFIUTI URBANI AVVIATI ALLA TERMOVALORIZZAZIONE

Altra tecnica di trattamento dei rifi uti urbani che viene applicata in Basilicata è la ter-

movalorizzazione con un processo di distruzione termica dei rifi uti. Da tale processo è

possibile sfruttare il contenuto calorico dei rifi uti stessi per produrre energia elettrica. Si

distingue, pertanto, dai vecchi inceneritori che si limitavano alla sola termodistruzione

dei rifi uti senza produrre energia.

TABELLA 3. QUANTITÀ DI RIFIU-TI AVVIATI AL TRATTAMENTO MECCANICO-BIOLOGICO Fonte: ISPRA

Anno N. Impianti Potenzialità

autorizzata

(t/anno)

Totale imput

all’impianto

(t/anno)

Tipologia rifi uto trattato

(t/anno)

Rifi uti urbani

indiff erenziati

Altri rifi uti

2003 3 13.000 0 0 0

2004 3 13.000 5.795 5.795 0

2005 4 38.000 12.152 12.152 0

2006 4 39.000 28.640 28.640 0

2007 5 80.000 55.349 55.065 284

2008 5 87.000 92.210 92.210 00

2009 5 89.000 24.617 24617 00

TABELLA 4. QUANTITÀ DI RIFIUTI AVVIATI ALL’INCENERI-MENTO/TERMOVALORIZZAZIO-NE (2003-2010)Fonte: ISPRA

Quantità totale trattata (t)

Anno Rifi uti

Urbani

Frazione

secca (TMB)

Rifi uti sanitari CDR Altri rifi uti speciali Tot. rifi uti

trattati

Rifi uti

pericolosi

Non

pericolosi

Pericolosi Non

pericolosi

Pericolosi

2010 8998.90 17875.90 2681.30 24426.80 53982.90 24426.80

2009 5732 14526 3 539 2895 30746 54441 31285

2008 6318,4 9863,9 0,5 976,3 - 2547 20885 40590 21861

2007 22917 3875 1 822 - 3002 32581 63198 33403

2006 27391 - 1754 - 38565 67710 35914

2005 28677 - 2231 11 25309 56228 31592

2004 25000 - 2000 - 18000 45000 8000

2003 14190 - 266 - 20492 34948 9519

FIGURA 7. EVOLUZIONE TEMPORALE DELLE QUAN-TITÀ DI RIFIUTI AVVIA-TI ALL’INCENERIMENTO/TERMOVALORIZZAZIONEFonte: ISPRA

Page 204: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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Attualmente, sul territorio regionale è attivo un impianto per la termovalorizzazione dei

rifi uti gestito dalla EDF Fenice a Melfi . L’impianto è entrato in servizio nel 2000 ed è au-

torizzato a trattare 65.000 tonnellate di rifi uti ogni anno. Attraverso la distruzione termi-

ca dei rifi uti trattati, con un processo di cogenerazione, vengono prodotti circa 35.000

Mw/h di energia elettrica. Il contenimento delle emissioni in atmosfera, del rumore, degli

scarichi liquidi e dei residui solidi viene monitorato in continuo e trasmesso all’osservato-

rio ambientale della regione Basilicata e all’ARPAB.

RIF6. DISCARICHE PER RIFIUTI URBANI

Si riportano in tale sezione tutte le discariche localizzate sul territorio regionale.

Di seguito si riportano le capacità residue degli impianti dislocati sul territorio regionale

riferite a febbraio 2012 ed aggiornate al 2013 per la provincia di Matera.

FIGURA 8. DISTRIBUZIONE E STATO DELLE DISCARICHE IN REGIONE BASILICATA (2013)Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Prevenzione, Dipartimento Ambiente, Regine Basilicata

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Alla disponibilità impiantistica complessiva va aggiunto il volume della discarica di Lau-

ria per 45.000 m3 che, ad oggi, risulta fuori esercizio per problemi strutturali in corso di

soluzione.

RIF7. PRODUZIONE TOTALE DI RIFIUTI SPECIALI (PERICOLOSI E NON)2 - ARPA

BASILICATA

Di seguito vengono rappresentati i dati riguardanti la produzione di rifi uti speciali suddi-

visi tra pericolosi e non pericolosi. Il dato è fornito da ARPA Basilicata ed è accorpato per

le due province di Potenza e Matera per un arco temporale che va dal 2004 al 2009.

2 Per rifiuti speciali, ai sensi dell’art. 184 del D.Lgs. 152/06, e ss.mm.ii si intendono quei rifiuti provenienti dalla pro-

duzione primaria di beni e servizi, dalle attività dei comparti quali il commercio, nonché quelli derivanti dai processi

di disinquinamento come fanghi, percolati, materiali di bonifica ecc. Più precisamente, sono speciali:

i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;a)

i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo fer-b)

mo restando quanto disposto dall’articolo 186;

i rifiuti da lavorazioni industriali;c)

i rifiuti da lavorazioni artigianali;d)

i rifiuti da attività commerciali;e)

i rifiuti da attività di servizio;f )

i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi dalla potabilizzazione e da altri tratta-g)

menti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

i rifiuti da attività sanitarie;h)

i macchinari e le apparecchiature deteriorati e obsoleti;i)

i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;j)

il combustibile derivato da rifiuti.k)

TABELLA 5. CAPACITÀ RESIDUE AGLI IMPIANTI REGIONALI AL 30/09/2013Fonte: Dati trasmessi dalle Amministrazio-ni Provinciali alla Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente (Uffi cio Prevenzione). L’aggiornamento al marzo 2013 per la provincia di Matera fa riferimento a quanto riportato nella Determinazione n.1101 del 03/05/2013 della Provincia di Matera

IMPIANTO ATTIVO CAPACITÀ RESIDUA (mc) al

01/10/2011 01/02/2012 01/08/2012 01/10/2012 31/09/2013P

RO

VIN

CIA

DI

PO

TE

NZ

A

Potenza NO 0 0 0 -

Atella SI 1.400 2.000 900 0 95.000

Genzano di

Lucania

NO 0 0 0 -

Lauria SI 0 25.000 0 0 -

Moliterno NO 0 0 0 -

Sant’Arcangelo SI 3.500 7.300 9.200 5.000 130.000

Venosa SI 40.000 26.000 23.700 20000 20.000

PR

OV

INC

IA D

I M

AT

ER

A

Matera SI 31.000 35.500 30.000 25.000 11.000

Colobraro 3.500 11.000 0 -

Ferrandina NO -

Pisticci SI 15.300 3.000 3.475 500 8.000

Pomarico SI 4.500 Non disponibile 11.000 8.000 3.500

Salandra SI 13.000 10.000 7.500 6.000 5.000

San Mauro Forte NO -

Tricarico SI 23.500 23.000 19.500 18.000 10.000

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Le fi gure mostrano un aumento di produzione dei rifi uti speciali pericolosi e non. Questi

ultimi (fi gura 9) nel 2009 si attestano a 501.000 tonnellate (ISPRA 491.000), mentre i pe-

ricolosi a 52.000 tonnellate.

RIF8. RIFIUTI SPECIALI SMALTITI AGLI IMPIANTI REGIONALI, SUDDIVISI PER

PERICOLOSI E NON

L’indicatore quantifi ca in tonnellate l’entità dello smaltimento avvenuto in Regione Basi-

licata per quanto concerne i rifi uti speciali.

In Italia, nel 2008, i rifi uti speciali complessivamente gestiti ammontano a circa 143.000.000

di tonnellate di cui il 91,7% costituiti da rifi uti non pericolosi ed il restante 8,3% da rifi uti

pericolosi.

Nel mezzogiorno l’ammontare di rifi uti speciali gestiti è di 33.645.681 tonnellate, per la

Basilicata è di 1.035.534 tonnellate. Per la nostra regione vengono avviate a smaltimento

616.161 t mentre avviate a recupero 419.373 t.

RIF9. ILLEGALITÀ NEL CICLO DEI RIFIUTI

Dal 1997, la Regione Basilicata si è dotata di una struttura Osservatorio Ambiente e Lega-

lità (OAL), per monitorare e studiare i fenomeni di illegalità ambientale sul nostro territo-

rio. In questi anni, sono stati eff ettuati degli studi sulla base dei dati delle forze dell’ordine

e di altre fonti uffi ciali, che hanno permesso di avere un quadro sulla fenomenologia,

FIGURA 9. PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI

FIGURA 10. PRODUZIONE DI RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI (T)Fonte: ARPAB

TABELLA 6. RIFIUTI SPECIALI SMALTITI AGLI IMPIANTI PRE-SENTI SUL TERRITORIO REGIO-NALE (2004-2008)Nella quantità di Rifi uti Speciali smaltiti è compresa la quantità di rifi uti C&D (rifi uti che provengono dalle operazioni di costruzione e demolizione, codici CER17*Fonte: ARPAB

Quantità di rifi uti Speciali smaltiti agli impianti regionali, suddivisi per pericolosi e non pericolosi (tonnellate)

Anno Non pericolosi Pericolosi Basilicata

Potenza Matera Potenza Matera NP P Totale

2008 89.094,29 379.914,01 22.934,56 62.248,34 469.008,30 85.182,90 554.191,20

2007 137.751,01 360.253,78 36.603,88 53.320,11 498.004,79 89.923,99 587.928,78

2006 56.536,98 311.223,10 42.343,40 28.930,11 367.760,08 71.273,51 439.033,59

2005 164.809,43 440.012,12 36.854,91 19.789,13 604.821,55 56.644,04 661.465,59

2004 155.285,85 214.006,83 24.171,96 17.157,31 369.292,68 41.329,27 410.621,95

FIGURA 11. SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SPECIALI IN BASILICATAfi gura 12. rifi uti speciali avviati a recupero

Fonte: ARPAB

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che rappresentano un utile supporto decisionale all’attività politica ed amministrativa.

In questi rapporti è possibile comparare numeri e qualità degli episodi anche in rappor-

to alle altre regioni. Di seguito, si riportano i numeri sulle illegalità del ciclo illecito dei

rifi uti.

I dati relativi al 2010 registrano 83 infrazioni accertate (1,4% sul totale nazionale), 44 de-

nunce e 25 sequestri che, nella classifi ca nazionale prodotta da Legambiente3, colloca-

no la regione Basilicata al diciannovesimo posto. Negli anni 2008 e 2009, l’aumento del

numero di episodi isolati di gestione illegale non hanno evidenziato la presenza di una

criminalità organizzata interessata al settore dei rifi uti.

RIF10. PIANIFICAZIONE E PROGETTI

La Regione Basilicata ha messo al centro della propria attività istituzionale una serie di

azioni concrete, con l’individuazione di strumenti fi nanziari specifi ci, per l’ottimizzazio-

ne del ciclo di gestione dei rifi uti. A fronte delle due criticità fondamentali nell’attuale

sistema di gestione del ciclo dei rifi uti, individuabili nel defi cit impiantistico e nella bas-

sa percentuale di raccolta diff erenziata, sono previste due specifi che linee d’azione del

PO FESR 2007-2013 VII.3.1.A "Realizzazione di ecopunti e piattaforme ecologiche per la

raccolta diff erenziata delle diverse frazioni dei rifi uti urbani ed assimilabili, all’interno di

un sistema integrato di raccolta su base di ambito territoriale o di sub-ambito attuando

anche modelli integrati porta a porta" e VII3.1.B "Attuazione di sistemi integrati di tratta-

mento intermedio dei rifi uti", per una dotazione fi nanziaria totale pari a circa 20 Meuro.

Gli interventi ammessi a fi nanziamento sulla Linea d’intervento VII.3.1.A sono i progetti

di raccolta diff erenziata dei seguenti ambiti: Alto Bradano, Vulture Melfese, Sub Ambito

Fascia Jonica 1, Sub Ambito Fascia Jonica 2. Sulla Linea d’intervento VII.3.1.B rientrano, in-

3 Rapporto Ecomafia. Storie e numeri della criminalità ambientale, 2011, Edizioni Ambiente.

FIGURA 13. ILLEGALITÀ IN BASILICATA

FIGURA 14. ILLEGALITÀ BASILICATA-ITALIAFonte: Legambiente

TABELLA 7. LE ILLEGALITÀ NEL CICLO DEI RIFIUTI (2008-2010) Fonte: Legambiente Rapporti Ecomafi a

Anno Posizione a

livello nazionale

Infrazioni

Accertate

Denunce Arresti Sequestri

eff ettuati

Basilicata 2008 15 108 50 15 25

Basilicata 2009 13 155 114 0 46

Basilicata 2010 19 83 44 0 25

Italia 2008 3911 4591 137 2406

Italia 2009 5217 6249 207 2429

Italia 2010 5950 6266 149 2224

Italia meridionale 2008 0 0 0 0

Italia meridionale 2009 2086 2177 105 1180

Italia meridionale 2010 2081 2267 87 909

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vece, gli interventi di conversione delle piattaforme di trattamento meccanico-biologico

di Venosa, Sant’Arcangelo e Colobraro.

Sempre nell’ottica dell’incremento della raccolta diff erenziata e del recupero dei mate-

riali, la Regione Basilicata ha sottoscritto il 31 marzo 2011 uno specifi co accordo con il

MATTM e il CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) i cui obiettivi principali sono:

la promozione sul territorio regionale della raccolta diff erenziata dei rifi uti di imbal-•

laggio provenienti sia da superfi cie pubblica che da superfi cie privata;

il supporto tecnico nell’individuazione delle più adeguate modalità di raccolta in •

relazione alle caratteristiche specifi che delle diverse realtà territoriali lucane;

l’attuazione di analisi e studi per lo sviluppo di sistemi di recupero di materia nel ter-•

ritorio regionale al fi ne di promuovere il mercato dei materiali recuperati dai rifi uti

e i prodotti riciclati.

La sottoscrizione dell’accordo prevede il trasferimento di fondi ministeriali alla Regione

Basilicata pari a circa 6 Meuro e lo stanziamento da parte della Regione Basilicata a valere

sui fondi PO FESR 2007/2013 di una sponda di 2 Meuro da utilizzare per il fi nanziamento

di progetti per l’implementazione della raccolta diff erenziata sul territorio regionale.

Altro strumento importante che interviene nella programmazione di interventi legati

all’aumento della raccolta diff erenziata è rappresentato dal programma Obiettivi di Ser-

vizio 2007-2013. Questo mette a disposizione risorse fi nanziarie per l’attivazione di pro-

getti che migliorino la gestione diff erenziata dei rifi uti urbani. Per questo motivo le risor-

se previste nell’ambito dell’Accordo con il ministero sono state destinate ad un progetto

per l’implementazione della raccolta diff erenziata che coinvolge 10 comuni dell’area

metropolitana della città di Potenza; mentre le risorse derivanti da Obiettivi di Servizio

saranno destinate ad attivare un progetto analogo sull’area metropolitana della città di

Matera. Per entrambi i progetti, la Regione Basilicata ha lavorato con il supporto della

struttura di CONAI garantendo l’elaborazione di nuovi ed effi cienti piani industriali per la

raccolta diff erenziata e il recupero dei materiali da destinare ai vari consorzi di fi liera.

Ad oggi, conclusa la fase di condivisione preliminare con i comuni interessati, lo stato di

avanzamento dei progetti è il seguente:

Area metropolitana città di Potenza: il CONAI ha predisposto il nuovo piano indu-•

striale e la Regione Basilicata ha ammesso a fi nanziamento il progetto.

Area metropolitana città di Matera: il CONAI ha attivato l’importante fase di recupe-•

ro dati necessari alla predisposizione del nuovo piano industriale che plausibilmen-

te nei prossimi mesi sarà disponibile per una prima fase di analisi.

Ancora, la Regione Basilicata è chiamata a procedere con urgenza all’adeguamento

del vigente Piano Regionale di gestione dei rifi uti (PRGR) e all’aggiornamento della L.R.

6/2001 "Disciplina delle attività di gestione dei rifi uti ed approvazione del relativo piano"

per i seguenti motivi:

per recepire nel quadro legislativo regionale i principi, le fi nalità e gli obiettivi del •

D.Lgs. 152/2006;

per rispettare l’obbligo previsto dal D.Lgs. 152/2006 all’art.199 co.8, che impone alle •

Regioni di approvare o adeguare il Piano di Gestione dei Rifi uti entro il 31 dicembre

2013;

per raggiungere nell’ambito territoriale ottimale della percentuale di raccolta diff e-•

renziata dei rifi uti urbani pari almeno al 65% del rifi uto prodotto come previsto dal

D.Lgs. 152/2006, mentre il vigente Piano Regionale di gestione dei Rifi uti è tarato

per il raggiungimento della percentuale del 35%;

per allineare le scelte di piano all’intervenuta gerarchia nella gestione dei rifi uti san-•

cita dall’art.182, stimando il fabbisogno impiantistico connesso maggiormente alle

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attività di riutilizzo, riciclaggio e recupero piuttosto che al recupero energetico e allo

smaltimento fi nale, prevalenti nel piano vigente.

Nelle more dell’adeguamento del piano, per gestire la fase transitoria della gestione dei

rifi uti in una situazione caratterizzata da forti carenze impiantistiche, sono state emanate

le "Misure di salvaguardia ambientale in materia di gestione del ciclo dei rifi uti" di cui

all’art. 25 della L.R. 17/2011, che prevede la possibilità, previo accertamento di indispen-

sabilità da parte della Giunta Regionale, di realizzare ed ampliare impianti di stoccaggio

e/o trattamento e/o smaltimento anche in deroga ai vigenti strumenti di pianifi cazione.

Riguardo l’aggiornamento del PRGR si sottolinea che è stato avviato l’iter amministra-

tivo cha ha visto l’approvazione di una serie di atti fondamentali per il raggiungimento

dell’obiettivo:

con al D.G.R. n. 641 del 22/05/2012 sono stati approvati i primi indirizzi e criteri per •

l’aggiornamento del piano e sono state fornite alcune indicazioni per la redazione

di documenti preliminari;

con Determina Dirigenziale n. 7502/2012/D.00833 del 18/06/2012 del Dirigente Ge-•

nerale del Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità è stato isti-

tuito il Gruppo di lavoro per la redazione del nuovo Piano;

con la D.G.R. n. 1631 del 27/11/2012 è stato approvato il documento propedeutico •

di indirizzo ed il rapporto ambientale preliminare;

con la D.G.R. n. 678 del 07/06/2013 sono stati approvati documenti necessari per •

la pubblicazione della gara di appalto relativa ai servizi di acquisizione ed aggior-

namento dati sui rifi uti urbani e speciali, acquisizione ed attivazione SIT per il ciclo

rifi uti e redazione rapporto ambientale, piano di gestione dei rifi uti, piano bonifi che

e piano amianto.

Nell’ambito dei lavori di aggiornamento del Piano, inoltre, verrà costituito un apposito

Comitato di Sorveglianza con il compito di verifi care e monitorare tutte le varie fasi che

porteranno alla redazione del nuovo PRGR.

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Pisticci, particolare Calanchi. Anna Abate

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Consumo di suolo

Capitolo 12

La Commissione Europea considera il suolo una risorsa di interesse comune, anche se in

massima parte di proprietà privata; risorsa limitata e sostanzialmente non rinnovabile

visto che i tempi necessari alla sua formazione sono molto lunghi. E’ un sistema molto

dinamico che svolge numerose funzioni e fornisce servizi fondamentali per le attività

umane e la sopravvivenza degli ecosistemi1.

Il suolo ha, infatti, un ruolo cruciale nella produzione alimentare oltre che di materiali

rinnovabili come il legname; nel suolo vengono stoccate, fi ltrate e trasformate molte so-

stanze, tra cui l’acqua, i nutrienti e il carbonio del quale è il principale deposito del pia-

neta, garantisce la presenza di pool di biodiversità, è piattaforma per la maggior parte

delle attività umane. Con le comunicazioni COM 2006/231 sulla Strategia tematica per la

protezione del suolo e COM 2006/232 relativa alla Proposta di Direttiva del Parlamento

Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per la protezione del suolo, la Commis-

sione Europea ha dichiarato gravi le pressioni cui il suolo è sottoposto, determinate o

acuite dalle attività umane, che sono responsabili di processi di degrado che colpiscono

l’UE2. L’ultima Relazione sullo stato dell’ambiente europeo a cura dell’Agenzia europea

dell’ambiente (AEA, 2010b) considera l’impermeabilizzazione uno dei maggiori processi

di degrado del suolo con eff etti pesanti sui servizi ecosistemici essenziali nonché sulla

biodiversità. Tale processo, non reversibile, è strettamente legato all’incremento dell’oc-

cupazione del terreno, spesso defi nito anche consumo di suolo. Per consumo di suolo si

intende, infatti, il cambiamento prodotto sul suolo dall’espansione delle aree urbanizza-

te con la costruzione di edifi ci, strade ed altre infrastrutture che progressivamente porta-

no alla sigillatura - Soil Sealing - o impermeabilizzazione del suolo.

Nella UE fra il 1990 e il 2000, la quota rilevata di incremento di terreno occupato, era di

circa 1.000 km2 l’anno, con un aumento di aree di insediamento pari quasi al 6%. Dal

2000 al 2006, l’incremento della quota di terreno occupato è scesa a 920 km2 l’anno,

1 Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo

- Commissione Europea - Documento di lavoro dei servizi della Commissione Bruxelles, 15.5.2012.

2 La COM(2002) 179 indica otto principali processi di degrado del suolo: erosione, diminuzione della materia orga-

nica, contaminazione, salinizzazione, compattazione, diminuzione della biodiversità del suolo, impermeabilizzazio-

ne, inondazioni e smottamenti.

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mentre le aree di insediamento sono aumentate di un ulteriore 3%. Ciò equivale ad un

aumento di quasi il 9% fra il 1990 ed il 20063.

A livello nazionale, dove alcuni caratteri dei processi di urbanizzazione rendono il feno-

meno del consumo di suolo intenso, più complesso e rilevante che altrove, manca una

legge che preveda limiti o controllo del consumo di suolo, sull’esempio di esperienze

analoghe avviate in altri Paesi europei4, sebbene siano attivate diverse iniziative sull’ar-

gomento, sia legislative5 sia di monitoraggio6 del fenomeno, da parte di alcune Regioni e

di istituti di ricerca: l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA),

Legambiente attraverso l’Osservatorio Nazionale sui Consumi di Suolo, Istituto Naziona-

le di Urbanistica, Ambiente Italia.

Anche la regione Basilicata non è immune da questo fenomeno, sia per l’espansione

delle aree urbane, sia per le trasformazioni dell’ambiente prettamente rurale e sia per

i recenti fenomeni di uso delle terre agricole per la produzione di energia attraverso la

tecnologia del fotovoltaico a terra.

Il consumo di suolo in questo lavoro è valutato attraverso l’indicatore che misura in ter-

mini assoluti l’aumento della superfi cie artifi ciale nel periodo 1989-2008 calcolata in et-

tari, in termini relativi l’aumento annuo di superfi cie artifi ciale nel periodo 1989-2008

calcolata in ettari, in termini di incidenza percentuale sulla superfi ce territoriale.

SUO1. CONSUMO DI SUOLO

Per consumo di suolo si intende la occupazione del suolo per eff etto dell’aumento del-

le aree di insediamento nel tempo che può, su una parte maggiore o minore del suo-

lo occupato, provocarne l’impermeabilizzazione. Questa è defi nita come la copertura

permanente di parte del terreno e del relativo suolo con materiale impermeabile arti-

fi ciale, asfalto o calcestruzzo, per la costruzione degli insediamenti urbani (case, edifi ci

industriali e commerciali, infrastrutture per il trasporto ed altro). Cosicché nelle aree di

3 Allegato 2 - Occupazione e impermeabilizzazione del suolo nell’UE degli Orientamenti in materia di buone pra-

tiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo - Commissione Europea - Documento di

lavoro dei servizi della Commissione Bruxelles, 15.5.2012.

4 In alcuni paesi dell’UE, tra cui la Germania, sono fissati a livello statale limiti quantitativi all’occupazione di suolo;

in Italia il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato il D.D.L. "Valorizzazione aree agricole e contenimento

consumo di suolo" esaminato in sede di Conferenza Unificata Stato-Regione.

5 Vedasi L.R. 5/1995 della Regione Toscana che definisce il suolo risorsa essenziale e patrimonio della collettività;

L.R. 25/2011 della Regione Lombardia che definisce il suolo quale bene comune; in Basilicata è stata presentata, a

marzo 2013, una proposta di disegno di legge "Disposizioni concernenti norme per il contenimento del consumo del

suolo agricolo" di iniziativa del consigliere Ernesto Alfonso Navazio.

6 Vedasi le esperienze di osservatori regionali di Lombardia, Emilia Romagna, Marche, e appositi studi di Italia No-

stra, ISTAT, ISPRA, Legambiente, INU.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

SUO1 Consumo di suolo P Ha - % Regione EU- IT-BAS 1999-2009 ↓

SUO2 Consumo di suolo

Province e Comuni ad

alta tensione abitativa

P Ha - % Provincia

- Comune

BAS 2002-2009 ↓

SUO3 Cambiamento uso del

suolo

P % Regione BAS 1990-2000 ↓

SUO4 Pianifi cazione

Paesaggistica

R N Regione BAS 2008-2012 ↓

SUO 5 Osservatorio dei

paesaggi urbani

R N Regione BAS 2009-2012 ☺ ↑

SUO 6 Osservatorio dei mosaici

rurali

R N Regione BAS 2012-2013 ☺ ↑

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insediamento è davvero impermeabilizzata solo una parte, escludendo i giardini, parchi

urbani ed altri spazi verdi non coperti da materiale artifi ciale, secondo le specifi che tipo-

logie insediative. L’indicatore legge il fenomeno del consumo di suolo nel raff ronto tra

la situazione dell’ EU, Italia, Regione Basilicata, attraverso l’utilizzo di dati provenienti da

fonti diverse.

La fi gura 1 contiene l’analisi comparativa, secondo i dati LUCAS, tra le nazioni dell’UE

della quota di territorio con copertura artifi ciale che in Italia è stimata pari al 7,3% del

totale, contro il 4,3% della media UE23. L’Italia si colloca al quarto posto di questa classi-

fi ca dopo i Paesi Bassi (12,3%), il Belgio (9,8%), il Lussemburgo (7,4%), e immediatamente

sopra Germania e Regno Unito (6,8% e 6,7%, rispettivamente). L’incidenza della copertu-

ra artifi ciale è strettamente collegata alla densità demografi ca, che in Italia è pari a 204

abitanti per km2, contro un valore medio UE23 di circa 1207.

La fi gura 2 mostra la fotografi a della copertura artifi ciale scattata nel 2010 nelle regioni

italiane: la Lombardia risulta in testa con il 14% di superfi ci artifi ciali sul totale della sua

estensione, il Veneto con l’11%, la Campania con il 10,7%, il Lazio e l’Emilia Romagna con

il 9%, il Piemonte con il 7,7% e la Sicilia con il 7,6%8. In generale, la superfi cie artifi ciale

è più elevata nel Centro-Nord, mentre, nel Mezzogiorno, valori superiori alla media si

riscontrano solo in Campania, all’altro estremo, valori sotto il 2% si registrano in Molise,

Valle d’Aosta e Basilicata.

7 ISTAT- Le problematiche connesse al consumo del suolo - Audizione del Presidente dell’Istituto nazionale di stati-

stica Enrico Giovannini Commissione XIII "Territorio, Ambiente e Beni ambientali" del Senato della Repubblica -Roma,

2012.

8 Idem "L’estensione delle località abitate italiane, che rappresenta una sottostima dell’estensione delle aree urba-

nizzate (o impermeabilizzate), ammonta a poco più di 20 mila km2, pari al 6,7% della superficie totale nazionale: per

fornire un termine di paragone, il complesso delle località abitate italiane occupa una superficie superiore a quella

dell’intera regione Puglia".

FIGURA 1. INCIDENZA PERCEN-TUALE DELLA COPERTURA AR-TIFICIALE NEI PAESI UE (2009)Fonte: Eurostat, Indagine LUCAS

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In Basilicata la superfi cie artifi ciale (zone urbanizzate di tipo residenziale ed industriale

con copertura ascrivibile a continua) risulta al 2008 pari a 14.924 ettari, che rappresen-

tano l’1,5% della superfi cie territoriale (999.461 ettari); tale dato è nettamente lontano

dall’incidenza della copertura artifi ciale media in Italia (7,10%) e nelle singole Regioni.

Come si evince dalla fi gura 3, nel periodo 1989-2008 la superfi cie artifi ciale regionale ha

registrato un incremento del 55,40%, con un aumento annuo pari al 2.92%, percentuale

più elevata dell’incremento di 1,90% registrato nel precedente periodo 1989-1997 e di

poco inferiore all’incremento del 3,17% registrato negli ultimi undici anni (1998-2008).

Il dato relativo alla superfi cie artifi ciale pro-capite in Basilicata è pari, per l’anno 2008, a

250 m2/ab a fronte di un dato medio nazionale pari a 415 m2/ab e di un dato UE23 pari

120m2/ab; in merito a tale raff ronto si consideri che la quota ricavata, essendo stretta-

mente collegata alla densità demografi ca, è infl uenzata dalla bassa densità rilevabile in

Basilicata.

Se nel novero delle superfi ci artifi ciali comprendiamo anche le infrastrutture viarie prin-

cipali (misurate in ulteriori 8.528 ettari)9, la superfi cie artifi ciale complessiva, al 2008, ri-

sulta pari a 23.452 ettari, che rappresentano il 2,35% della superfi cie territoriale regiona-

le, la quota pro-capite sale a 397 m2/ab, portandosi a valori prossimi alla media nazionale

(415m2/ab).

L’analisi dei dati fa emergere comunque che, anche nel debole sistema insediativo che

caratterizza la Basilicata, regione storicamente caratterizzata da un contesto prevalen-

temente rurale ed a bassa densità di popolazione, il consumo di suolo aumenta con un

trend coerente con l’andamento nazionale; dinamiche di trasformazione che, oltre a de-

terminare la perdita, nella maggior parte dei casi, permanente e irreversibile di suolo fer-

tile, si rifl ette in fenomeni di frammentazione del territorio, riduzione della biodiversità,

alterazioni del ciclo idrogeologico e modifi cazioni microclimatiche10.

Una ulteriore osservazione va fatta con riguardo alla notevole off erta di terreni edifi cabili

prevista negli strumenti urbanistici vigenti e le attività di trasformazione in corso, oltre

alle quote di fotovoltaico previste nel PIEAR (359 MW) e alle richieste di impianti in istrut-

9 Autostrade, strade statali e provinciali, strade urbane di scorrimento, Ns elaborazione su dati Ministero dell’Am-

biente e della Tutela del Territorio e del Mare.

10 Le problematiche connesse al consumo del suolo - Commissione XIII "Territorio, Ambiente e Beni ambientali"

del Senato della Repubblica Roma, 18 gennaio 2012.

FIGURA 2. INCIDENZA PER-CENTUALE DELLA COPERTURA ARTIFICIALE IN ITALIA (2010)Fonte: Ambiente Italia Rapporto 2011

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toria (circa 540 MW) che può verosimilmente comportare un aumento della superfi cie

artifi ciale di circa un ulteriore 30% al 202011.

SUO2. CONSUMO DI SUOLO PER PROVINCE E COMUNI AD ALTA TENSIONE

ABITATIVA

La fi gura 4 fa apprezzare il valore in ettari di suolo fertile consumato nelle due Province

nel periodo 1989-2008; si può notare che l’attività di trasformazione del suolo è stata

maggiore nella provincia di Potenza.

L’analisi è proseguita sui comuni ad alta tensione abitativa, come defi niti con D.G.R. n.

322 del 25.02.2003: Avigliano, Lavello, Matera, Melfi , Nova Siri, Pignola, Policoro, Potenza,

Rapolla, Tito, Venosa. Trattasi di Comuni che in ragione di particolari fenomeni di frizione

e tensione abitativa, nonché di migrazione territoriale, legati ad esigenze di alloggi in

locazione, sono stati inseriti in apposito elenco CIPE e possono rappresentare un interes-

sante punto di osservazione del fenomeno, anche in considerazione del fatto che hanno

partecipato alla procedura di avviso pubblico per la realizzazione nella regione Basilicata

11 Riguardo agli strumenti urbanistici si precisa che la gran parte dei Comuni della regione è dotata di PRG sovradi-

mensionati in termini di aree di nuova espansione edilizia; per i dati del fotovoltaico si considera approssimativamen-

te l’equivalenza tra 1 MW e 1 HA; risultano non considerati i diffusi impianti di potenza inferiore al MW.

FIGURA 3. TREND DELLA SU-PERFICIE ARTIFICIALE DELLA REGIONE BASILICATA 1989-2008 Fonte: nostra elaborazione su dati Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

FIGURA 4. VARIAZIONE DELLA SUPERFICE URBANIZZATA A LI-VELLO PROVINCIALE IN ETTARIFonte: nostra elaborazione su dati Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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di "Programmi integrati di promozione di edilizia residenziale sociale e di riqualifi cazione

urbana.12

La fi gura 5 mostra che oltre Potenza e Matera, Melfi , Policoro e Tito sono i territori che

nel periodo 1994-2008 presentano un incremento più alto di consumo di suolo. Com-

plessivamente il consumo di suolo misurato nei Comuni ad alta tensione abitativa (ha

7.390) rappresenta il 49,5% del consumo totale regionale (ha 14.924) di cui all’indicatore

SUO1.

SUO3. CAMBIAMENTO DELL’USO DEL SUOLO

L’indicatore consente di valutare il rapporto tra la trasformazione del Land use ed il con-

sumo di suolo. Il lavoro inquadra quantitativamente e qualitativamente i fenomeni del

cambiamento dell’uso del suolo e del consumo di suolo, soff ermandosi sulla trasforma-

zione del sistema insediativo della Basilicata al fi ne di verifi care il mantenimento delle

caratteristiche del sistema insediativo regionale: sistema compatto, caratterizzato da as-

senza di forme di sprawl insediativo e nel quale il territorio urbano ed extraurbano sono

ancora chiaramente distinguibili.

Non disponendo di dati strutturati, è stata condotta un’analisi basata su rilevamenti car-

tografi ci e non statistici; precisamente, l’analisi riferita al cambiamento delle coperture

del suolo (land cover) è stata condotta attraverso il confronto della Carta dell’utilizza-

zione del suolo d’Italia in scala 1:200.000, realizzata da CNR e Touring Club Italiano nel

quadriennio 1956-60 e Corine Land Cover 2000, in scala 1:100.000, mentre l’analisi del

consumo di suolo è stata basata sull’interpretazione delle ortofoto riferite al periodo

1997-2008; per quest’ultime si è proceduto alla vettorializzazione delle superfi ci artifi -

ciali seguendo la nomenclatura Corine Land Cover, per l’anno 1997 utilizzando le foto

aeree in bianco e nero provenienti dal Geoportale Minambiente (risoluzione 1 metro) e

per l’anno 2008 le foto aeree a colori provenienti dal Geoportale della Regione Basilicata

(risoluzione 0,5 metri). Il confronto in ambiente GIS delle due cartografi e (carta uso suolo

1960 e 2000) ha richiesto la riclassifi cazione delle due cartografi e sulla base di una legen-

da comune semplifi cata, articolata in 4 unità cartografi che: Boschi e arbusteti - Praterie

- Aree agricole - Seminativi - Aree urbane.

12 Ai sensi della L.R. n. 25 del 7 agosto 2009, art. 4 è stato indetto avviso pubblico con D.G.R. n. 1612

del 28/9/2010; le proposte valutate interessano aree nuove per 102 ha circa complessivi.

FIGURA 5. VARIAZIONE DI SUPERFICIE URBANIZZATA NEI COMUNI AD ALTA TENSIONE ABITATIVA IN ETTARI, ANNO 1989/1997/2008Fonte: nostra elaborazione su dati Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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Le fi gure 6 e 7 rappresentano l’avvenuta transizione in 40 anni tra le 4 classi aggregate

di copertura del suolo e mostrano che in Basilicata l’incremento dei boschi ed arbusteti

è stato del 177,89% mentre le aree urbane sono aumentate del 373,14%, le aree agricole

del 7%, tutto ciò a svantaggio delle praterie che diminuiscono del 373%, con evidenti

rischi di diminuzione della biodiversità e dell’aumento di consumo di suolo. Questa con-

dizione di incremento del greening da un lato, e delle aree urbane dall’altro, pone alcune

problematiche che dovrebbero essere strategicamente aff rontate nella defi nizione delle

nuove politiche agricole e sviluppo rurale, forestali, urbanistiche, paesaggistiche e ter-

ritoriali in un’ottica di integrazione e di area vasta, al fi ne di preservare e migliorare gli

ecosistemi dipendenti dall’agricoltura, dalla forestazione, dallo sviluppo urbano.

FIGURA 6. VARIAZIONE NELLA COPERTURA DEL SUOLO, ANNI 1960/2000Fonte: nostra elaborazione su dati RISORSA s.r.l. - Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

FIGURA 7. VARIAZIONE NELLA COPERTURA DEL SUOLO IN ET-TARI, ANNI 1960/2000Fonte: nostra elaborazione su dati RISORSA s.r.l. - Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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SUO4. PIANIFICAZIONE PAESAGGISTICA

Una delle risposte alla questione del consumo di suolo è la pianifi cazione del territorio

con approccio integrato con l’obiettivo di gestire in modo più effi ciente e sostenibile le

risorse naturali, permettendo lo sviluppo delle attività economiche in modo equilibra-

to. Si inserisce in questa logica, per il raggiungimento di una migliore qualità paesag-

gistica del territorio regionale e per garantire unitarietà ed equilibrio alla politica terri-

toriale rispetto ai vari interessi da contemperare in un’ottica di sostenibilità, l’adozione

della D.G.R. n. 366 del 18 marzo 2008, modifi cata ed integrata con la D.G.R. n. 208 del 26

FIGURA 8. VARIAZIONE NELLA COPERTURA DEL SUOLO IN ETTARI, ANNI 1960/2000 PER AMBITI DI PAESAGGIOFonte: nostra elaborazione su dati Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

FIGURA 9. AMBITI DI PAESAG-GIO AI SENSI DELL'ART. 135 D.LGS. 42/2004 PER L'ELABO-RAZIONE DEL PPRFonte: Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

Ambiti paesaggistici

1 Il complesso vulcanico del Vulture

2 La montagna interna

3 La collina e i terrazzi del Bradano

4 L'altopiano della Murgia Materana

5 L'Alta Valle dell'Agri

6 La collina argillosa

7 La pianura e i terrazzi costieri

8 Il massiccio del Pollino

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febbraio 2013, con la quale è stato deliberato di redigere, in contestuale attuazione della

L.R. 23/1999 e del D.Lgs n. 42/2004, il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) quale unico

strumento di Tutela, Governo ed Uso del Territorio della Basilicata.

Tale strumento, reso obbligatorio per le Regioni dal D.Lgs n. 42/2004, rappresenta ben al

di là degli adempimenti agli obblighi nazionali, una operazione unica di grande prospet-

tiva, integrata e complessa che prefi gura il superamento della separazione fra politiche

territoriali, identifi candosi come processo "proattivo", fortemente connotato da metodi-

che partecipative e direttamente connesso ai quadri strategici della programmazione, i

cui assi prioritari si ravvisano su scala europea nella competitività e sostenibilità. In data

14 settembre 2011 la regione ha fi rmato il Protocollo di Intesa con il MIBAC e il MATTM

con l’impegno a garantire la corretta gestione del territorio, un’effi cace ed effi ciente tute-

la e valorizzazione dei caratteri paesaggistici, storici, culturali e naturalistico - ambientali,

attraverso la defi nizione delle modalità di elaborazione congiunta del PPR esteso all’inte-

ro territorio regionale in ottemperanza dell’ articolo 143, comma 2, del D.lgs. 42/2004.

Ad oggi, rispetto ai tempi riportati nell’Intesa, si registra un forte ritardo nella redazione

del PPR.

SUO5. OSSERVATORIO DEI PAESAGGI URBANI

Il consumo di suolo, l’impermeabilizzazione e lo sprawl urbano contribuiscono anche alla

perdita e al degrado del paesaggio, "elemento importante della qualità della vita delle

popolazioni (…), elemento chiave del benessere individuale e sociale"13, determinando

così un ulteriore impatto, quello sociale e sul benessere umano.

Se l’analisi cartografi ca del consumo di suolo ha consentito di misurarne l’entità come

riportata all’indicatore SUO1, l’analisi tramite sopralluoghi e uso della fotografi a da terra

svolta nel periodo 2010-2011 ha consentito di interpretare i processi evolutivi che carat-

terizzano le trasformazioni urbane. E’ stato questo l’obiettivo perseguito dall’Osservato-

rio virtuale dei paesaggi, una delle azioni più importanti del progetto PAYSMED.URBAN

Alta qualità del paesaggio come elemento chiave nella sostenibilità e competitività delle

aree urbane mediterranee14, Programma Med 2007-2013 al quale la Regione Basilica-

ta - Dipartimento Ambiente - Direzione Generale ha partecipato in qualità di partner. Il

lavoro svolto ha consentito la creazione di un Atlante delle trasformazioni dei paesaggi

urbani15 che rappresenta una effi cace risposta alla valutazione del fenomeno.

Emerge che il consumo di suolo si accompagna a trasformazioni della struttura generati-

va dei luoghi ovvero del paesaggio. Sinteticamente i fenomeni rilevati riguardano:

le relazioni all’interno della città dove si osservano fenomeni vistosi di abbandono •

del "centro" da parte di abitanti e attività, tendenza alla costruzione della città nuo-

va facendo ricorso a tipologie insediative a carattere diff usivo con la conseguenza

di provocare, da un lato, la crescita del degrado e della desertifi cazione, dall’altro, la

perdita di identità e di impoverimento semantico e simbolico degli spazi;

le relazioni tra aree urbane caratterizzate dalla polarizzazione di attività e popolazio-•

ne in poche città (es. il capoluogo) cui si accompagna, per conseguenza, uno specu-

lare abbandono e marginalità dei centri minori e di vasti territori extraurbani;

l’assenza di relazioni tra nuove tipologie edilizie e luoghi; costruite, infatti, utilizzan-•

do l’indice edifi catorio delle aree agricole e cresciute come per continue aggiunte,

13 Convenzione Europea sul Paesaggio, adottata dal consiglio d’Europa il 20 ottobre 2000 a Firenze, ratificata

dall’Italia nel 2006. Il trattato promuove la tutela, gestione e pianificazione dei paesaggi europei, oltre ad organizzare

la cooperazione europea in materia.

14 http://www.paysmed.net.

15 Atlante del Paesaggio urbano, a cura di Anna Abate, ESI Edizioni, Napoli, 2012.

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sono quasi sempre edifi cate senza alcun riferimento tipologico o costruttivo legato

alla tradizione ed all’immagine identitaria del luogo;

la disattenzione nelle aree rurali ai caratteri agrari storici, creando una commistione •

di segni costruiti spesso in stridente contrasto per forme, dimensioni e usi;

la indiff erenza alla continuità ecologica. •

Tutto ciò impone di rifl ettere sull’inadeguatezza delle regole che la pianifi cazione ha fat-

to valere sui processi di morfogenesi dei nuovi luoghi.

SUO6. OSSERVATORIO DEI MOSAICI RURALI

In relazione al fenomeno del cambiamento dell’uso del suolo di cui all’indicatore SUO3,

è in corso di svolgimento un progetto di analisi dei mosaici rurali della Basilicata, con

riferimento agli ambiti di paesaggio identifi cati a scala regionale: Complesso vulcani-

co del Vulture, Rilievi montani interni, Terrazzi del Bradano, Murgia materana, Alta Val

FOTO 1. ACERENZA (PZ)

FOTO 2. CASTEL LAGOPESOLE, AVIGLIANO (PZ)

Autore: Ernesto Salinardi

FOTO 3. MURO LUCANO (PZ)

FOTO 4. PIGNOLA (PZ)

Autore: Ernesto Salinardi

FOTO 5. TITO SCALO, TITO (PZ)Autore: Antonio Bellotti

FOTO 6. VILLA D’AGRI, MARSI-COVETERE (PZ)Autore: Ernesto Salinardi

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D’Agri, Collina argillosa, Pianura costiera, Massiccio del Pollino. L’analisi dei mosaici rurali

ha richiesto lo svolgimento delle seguenti attività:

caratterizzazione ambientale degli ambiti di paesaggio, con riferimento agli aspetti •

fi siografi ci e di uso attuale delle terre;

analisi delle dinamiche di uso delle terre negli ambiti di paesaggio nel periodo 1960-•

2000;

analisi tramite sopralluoghi e uso della fotografi a da terra svolta nel periodo 2012-•

2013;

predisposizione di una bozza di atlante aerofotografi co e fotografi co delle caratte-•

ristiche dei mosaici agroforestali di ciascun ambito, con evidenziazione di specifi ci

aspetti di valore e di criticità.

analisi preliminare dei rapporti tra gli ambiti di paesaggio ed il sistema ecologico-•

funzionale (rete ecologica regionale).

In ciascuno degli 8 ambiti di paesaggio identifi cati sono state osservate le specifi che

dinamiche di uso delle terre nell’ultimo quarantennio, con riferimenti ai fondamentali

processi di:

permanenza/intensivizzazione agricola;•

abbandono agricolo ed espansione delle superfi ci forestali e seminaturali;•

consumo di suolo legato allo sviluppo, urbano, produttivo, infrastrutturale;•

frammentazione dello spazio rurale negli ambiti periurbani.•

Sinteticamente i fenomeni rilevati riguardano:

l’espansione dei paesaggi forestali derivanti dal rimboschimento spontaneo e an-•

tropico di praterie;

l’assenza di cure colturali dei rimboschimenti di conifere realizzati a partire dagli •

anni cinquanta;

l’abbandono colturale di mosaici agroforestali (oliveti, vigneti, frutteti);•

l’inserimento di nuovi elementi antropici nei mosaici rurali (fotovolatico, eolico e •

minieolico);

l’estensione delle urbanizzazioni in aree rurali e la frammentazione per eff etto dello •

sprawl;

perdita della struttura periurbana storica caratterizzata dalla presenza di orti-giardini. •

FOTO 7. L'ALTA VAL D’AGRI -ESPANSIONE DEI PAESAGGI FORESTALI PRESSO IL CENTRO ABITATO DI MONTEMURRO (PZ)

FOTO 8. MASSICCIO DEL POLLINO - ASSENZA DI CURE COLTURALI IN RIMBOSCHIMEN-TI DI CONIFERE IN AGRO DI MOLITERNO (PZ)

Autori: Rosetta Fulco, Salvatore Digilio

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Passando dalla scala dell’intero territorio regionale a considerare i diversi ambiti di pa-

esaggio, risulta che i fenomeni rilevati non operano uniformemente; ciascun ambito,

infatti, è caratterizzato da una specifi ca combinazione di dinamiche di trasformazione,

che si muove lungo una traiettoria evolutiva propria. Ad esempio, nell’ambito “Il com-

plesso vulcanico del Vulture” l’espansione del bosco (+26%) è notevolmente più conte-

nuta rispetto alla media regionale, mentre nell’ambito “I rilievi montani interni” i nuovi

boschi, che derivano dal rimboschimento spontaneo o artifi ciale di praterie, aumentano

del +161%. Parallelamente, l’estensione delle urbanizzazioni in aree rurali e la frammen-

tazione per eff etto dello sprawl è più evidente negli ambiti soggetti a maggiori pressioni

di tipo turistico- insediative, quali la pianura costiera, l’entroterra di Maratea e l’alta Val

d’Agri.

FOTO 9. LA COLLINA ARGILLO-SA - ABBANDONO COLTURALE DEI MOSAICI AGROFORESTALI PRESSO L’ABITATO DI ALIANEL-LO (MT)Autore: Rosetta Fulco

FOTO 10. LA COLLINA ARGIL-LOSA - PRESENZA DI CIPRESSI SUPERSTITI DI VECCHI RIMBO-SCHIMENTI, ALIANO (MT)Autore: Ernesto Salinardi

FOTO 11A E 11B. IL COMPLESSO VULCANICO DEL VULTURE - L’INSERIMENTO DI NUOVI ELEMENTI ANTROPICI NEI MOSAICI RURALIAutore: Antonio Bellotti

FOTO 12. L’ALTA VAL D’AGRI - ESTENSIONE DELLE URBANIZ-ZAZIONI IN AREE RURALI E FRAMMENTAZIONE PER EFFET-TO DELLO SPRAWL IN LOCALITÀ ARENARA DI MARSICOVETERE (PZ)Autore: Antonio Bellotti

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FOTO 13. IL MASSICCIO DEL POLLINO - ESTENSIONE DELLE URBANIZZAZIONI IN AREE RU-RALI E FRAMMENTAZIONE PER EFFETTO DELLO SPRAWL A MARATEA (PZ)Autore: Anna Abate

FOTO 14. ALTA VAL'DAGRI - ESTENSIONE DELLE URBANIZ-ZAZIONI IN AREA RURALEAutore: Ernesto Salinardi

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FOCUSDesertifi cazione

La Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla Desertifi cazione (UNCCD1) si propone

di combattere la desertifi cazione, intesa come diminuzione o scomparsa della produtti-

vità e della complessità biologica del terreno, anche in termini economici (costo degli in-

terventi) e la siccità nelle zone aride, semi-aride e sub-umide. Nel mondo, sono oltre 100

le nazioni ad essere interessate da questo fenomeno che, per l’azione spesso congiunta

di cause antropiche e di cambiamenti climatici, risulta essere in continua espansione. Tra

queste nazioni si annoverano anche alcuni Stati del bacino del mediterraneo tra cui la

Grecia, la Spagna e l’Italia. Allo scopo di far interagire tra loro gli Stati coinvolti e di valu-

tare l’entità del fenomeno, con il Progetto DISMED (Desertifi cation Information System in

the MEDiterranean Region) è stata elaborata la mappa di sensibilità2 alla desertifi cazione

per tutto il bacino del mediterraneo alla scala 1: 1.000.000 (fi gura 1).

Da ulteriori analisi condotte a scala nazionale, secondo un approccio sviluppato dal CRA-

CMA3, emerge un quadro variabile tra le Regioni: circa il 70% della superfi cie della Sicilia

presenta un grado medio-alto di vulnerabilità ambientale alla desertifi cazione, cui se-

guono il Molise (58%), la Puglia (57%), la Basilicata (55%); Sardegna, Marche, Emilia Ro-

magna, Umbria, Abruzzo e Campania presentano una percentuale di territorio vulnerabi-

le compresa fra il 30% ed il 50%; Calabria, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia,

Veneto e Piemonte si attestano fra il 10 ed il 25% del territorio; Liguria, Valle d’Aosta e

Trentino Alto Adige hanno percentuali comprese fra il 2% e il 6% (fi gura 2).

1 United Nations Convention to Combat Desertification; la convenzione, strumento giuridicamente vincolante in ma-

teria di desertificazione, trae origine nel 1992 dalla Conferenza di Rio su Ambiente e sviluppo; è stata adottata il 17

giugno 1994 ed è entrata in vigore nel 1996; l’Italia ha ratificato nel 1997;

2 Per semplicità di lettura i termini "sensibilità", "vulnerabilità" e "rischio", in relazione al loro utilizzo riguardo la

tematica della desertificazione, sono qui considerati sinonimi.

3 CRA-CMA, Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura - Unità di ricerca per la Climatologia e la

Meteorologia applicata all’Agricoltura.

FIGURA 1. SENSIBILITÀ ALLA DESERTIFICAZIONE DEL BACINO DEL MEDITERRANEO, 2003Fonte: EEA - European Environment Agency

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Questi dati sono suff ragati da quanto riportato dall’Atlante nazionale delle aree a rischio

di desertifi cazione (CRA-INEA, Istituto Nazionale di Economia Agraria, 2007), per il qua-

le le aree a rischio in Italia coprono circa il 21,3% della superfi cie nazionale ed il 41,1%

di quella dell’area potenzialmente a rischio, che risulta concentrata nella parte centro-

meridionale della penisola.

La Basilicata, per la sua complessità, è stata già dalla metà degli anni ’90 oggetto di rifl es-

sioni e di specifi che analisi nei confronti del problema desertifi cazione, anche attraverso

la diretta partecipazione dell’Ente Regione4. La metodologia ESA (Environmantal Sensi-

tive Areas5), alla cui messa a punto ha contribuito il caso di studio del bacino del fi ume

Agri (e successivamente adottata come standard a livello internazionale), giunge all’indi-

viduazione delle "aree sensibili" attraverso l’analisi combinata di alcuni indici ambientali,

sociali ed economici.

Scopo principale della metodologia è fornire uno strumento di analisi dei processi di de-

sertifi cazione, sia in atto che potenziali, di individuare i fattori di rischio ed essere, quindi,

di supporto alla defi nizione delle possibili modalità di intervento (DSS, Decision Support

System6).

Nello specifi co la vulnerabilità ambientale alla desertifi cazione è vista come il risultato

delle interazioni di fattori elementari (strati o layers) relativi a suolo, clima, vegetazione e

aspetti socio-economici (fi gura 3) che, singolarmente e nel loro insieme, risultano colle-

gati a fenomeni di degrado ambientale o ad una gestione del territorio non sostenibile7.

4 Progetto DesertNet, Monitoraggio ed azioni di lotta alla desertificazione nella regione mediterranea europea,

2004; Progetto DesertLinks, Combating Desertification in Mediterranean Europe: Linking Science with Stakeholders,

2005; Progetto DesertNet 2 - P.I.C. Interreg III B MedOcc - Implementazione di una Piattaforma di Servizi per la lotta

contro la siccità e la desertificazione attraverso un sistema di azioni pilota nelle Regioni del Mediterraneo, 2008.

5 Progetto Europeo Medalus (MEditerranean Desertification And Land Use).

6 DSS o Decision Support System sono strumenti informatici che utilizzano dati e modelli matematici a supporto di

coloro che sono deputati a prendere decisioni (decision maker).

7 Gestione non sostenibile del territorio significa utilizzare le sue risorse con un’intensità di sfruttamento tale da

farle esaurire.

FIGURA 2. VULNERABILITÀ AM-BIENTALE, 2011Fonte: nostra elaborazione su dati ISPRA

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A titolo esemplifi cativo l’azione combinata di fattori elementari critici, quali la forte pen-

denza del terreno, l’elevata erodibilità del suolo, la limitata protezione esercitata dalla

vegetazione, le scarse precipitazioni concentrate in breve periodi dell’anno, la carenza

di politiche relative alla gestione del territorio, comporta un’elevata vulnerabilità alla

desertifi cazione.

L’interazione dei citati fattori elementari, opportunamente elaborati con l’attribuzione di

punteggi in grado di esprimere il peso esercitato da ciascun parametro ambientale nel

modifi care la condizione di equilibrio di un sistema ecologico, riuniti in classi o "qualità"8,

mediati ed opportunamente riclassifi cati viene, infi ne, sintetizzata dalla Carta della aree

sensibili al fenomeno della desertifi cazione (fi gura 4), con la zonizzazione compresa tra

la classe N, "non aff etta" e la classe C3, estremamente "critica"9.

8 Soil Quality SQI, (tessitura, litologia, pietrosità superficiale, drenaggio, pendenza, profondità), Climate quality

CQI (precipitazioni annuali, indice di aridità di Bagnouls e Gaussen, esposizione), Vegetation Quality VQI (protezione

dall’erosione, rischio incendio, resistenza alla siccità, copertura vegetale), Management Quality MQI (implementazio-

ne delle politiche gestionali, intensità di uso del suolo).

9 Sensibilità al rischio di desertificazione crescente secondo la sequenza: Non affette; Potenzialmente affette; Fragili

1; Fragili 2; Fragili 3; Critiche 1; Critiche 2; Critiche 3.

FIGURA 3. SCHEMA ESA, 2005Fonte: elaborazione di Ferrara A. da "Carta delle aree sensibili alla desertifi cazione e della Regione Basilicata", 2005

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Dall’analisi dei dati relativi alla variazione dell’ESA per gli anni 2004-2007 in Basilicata

(anni per i quali è possibile operare un confronto a scala regionale, fi gura 5) si assiste ad

una sostanziale riduzione del rischio di desertifi cazione, circostanza prevalentemente ri-

conducibile all’aggiornamento degli strati informativi di base operato con l’introduzione

della Carta Forestale Regionale e della Carta dei Suoli (2006).

Il 40% del territorio regionale, al 2007, è caratterizzato da condizioni a diff erente fragilità

(F 1, 2, 3, per complessivi 395.424 ettari) e circa il 9,5% presenta livelli di criticità più o

meno elevati (C 1, 2, 3, per complessivi 93.757 ettari).

Da evidenziare che le aree fragili e critiche sono localizzate prevalentemente nella zona

orientale della regione, al confi ne con le province di Foggia, Barletta-Andria-Trani, Bari

e Taranto, ove il territorio è, al contempo, interessato da fenomeni erosivi, da una certa

FIGURA 4. CARTA DELLA AREE SENSIBILI (ESA) AL FENOMENO DELLA DESERTIFICAZIONE DEL-LA REGIONE BASILICATA, 2007Fonte: elaborazione di Ferrara A. da "Carta delle aree sensibili alla desertifi cazione e della Regione Basilicata", 2005

FIGURA 5. VARIAZIONE PER-CENTUALE DELLE CLASSI ESA TRA IL 2004 (PROGETTO DESERTNET) E IL 2007 (PROGETTO DESERT-NET II), 2010Fonte: elaborazione di Mancino G. da "Analisi delle potenzialità applicative del metodo ESA", 2010.

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severità climatica accompagnata da limitata copertura vegetale e dallo sfruttamento ai

fi ni agricoli dei terreni. La parte del territorio regionale che ricade nelle aree attualmente

non interessate o potenzialmente sensibili usufruisce, invece, sia di una copertura ve-

getale che può essere defi nita "attiva" nella protezione del suolo (aree boscate), che di

politiche in grado di coniugare le esigenze gestionali a quelle di salvaguardia (parchi

nazionali e regionali, aree SIC e ZPS, riserve statali e regionali, piani di assestamento fore-

stale, piani forestali territoriali di indirizzo etc).

FOTO 1. CALANCHI A PISTICCI (MT)Autore: Ernesto Salinardi

FOTO 2. TORRENTE ALVARO, GALLICCHIO (PZ)Autore: Antonio Bellotti

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Bonifi che da amianto. Archivio iStock

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Contaminazione e bonifi ca del suolo

Capitolo 13

Il progressivo degrado del suolo può essere determinato da eventi accidentali o da at-

tività umane quali l’industria, l’agricoltura, l’urbanizzazione e il turismo. Nel corso degli

ultimi quarant’anni, l’incremento della produzione di rifi uti, l’utilizzo diff uso di sostanze

chimiche e di discariche inadeguate o abusive, la gestione impropria di sostanze perico-

lose, l’abbandono di siti industriali, militari e minerari, gli incidenti, sono stati tra le prin-

cipali fonti di contaminazione del suolo. Come i processi naturali di formazione del suolo

sono molto lenti, così il completo risanamento dei danni causati al suolo può richiedere

migliaia di anni se affi dato a processi di rigenerazione naturali. Gli interventi di bonifi ca

dei siti inquinati, in passato individuati come obblighi per garantire la tutela della salute

pubblica e delle risorse ambientali, sono oggi in continua evoluzione verso più ambiziosi

obiettivi di recupero, valorizzazione e sviluppo socio-economico del territorio. In questo

modo i costi delle azioni di risanamento spesso superiori al valore di mercato delle su-

perfi ci, possono trovare copertura all'interno di procedimenti in cui si conciliano interessi

economici, ambientali e sanitari.

Il successo del risanamento dei siti contaminati cosiddetti "brownfi elds"1, va riconosciuto

nella capacità di innescare trasformazioni urbane tali da produrre benefi ci complessivi,

anche in termini sociali ed economici, superiori ai costi di bonifi ca. Si pensi, ad esempio,

alla possibilità in caso di riuso dei brownfi elds, di preservare le aree vergini, "greenfi eld",

per un uso sostenibile a vantaggio delle future generazioni.

Attualmente questo approccio è quello più profi cuo di risultati, in quanto la dimensione

e il numero dei siti contaminati, non solo in Italia e in Basilicata, non sono confrontabili

con le risorse pubbliche disponibili. La dimensione del problema a scala europea è tale

da incidere sulle politiche economiche dei Paesi membri per diverse generazioni e persi-

no di infl uenzare la competitività delle imprese. Oggi nei Paesi membri dell’UE si trovano

circa tre milioni di siti potenzialmente contaminati. Le stime mostrano che più dell’8%

(circa 300.000 siti) sono contaminati e necessitano di interventi, ma questa percentuale

1 Il termine anglosassone (campi "bruni") indica superfici non più utilizzate per finalità produttive e per questo in

attesa di una nuova destinazione d’uso. Si tratta di aree degradate in ambito urbano o periurbano divenute derelitte

in seguito alla cessione di attività industriali.

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è in continua crescita per eff etto dell’avanzamento delle indagini di caratterizzazione

e monitoraggio ambientale. Il numero totale dei siti contaminati da bonifi care entro il

2025 è previsto essere pari al 50% dei siti attualmente ritenuti potenzialmente conta-

minati. La contaminazione riscontrata è riconducibile ad attività commerciali ed indu-

striali del passato e al trattamento e allo smaltimento di rifi uti. Nei siti commerciali ed

industriali le cause più frequenti di contaminazione del suolo e della falda sono i rilasci

da serbatoi e da tubazioni e gli incidenti; le industrie maggiormente responsabili della

contaminazione sono quelle metallurgiche, i poli chimici, le centrali termoelettriche e

le raffi nerie. Degni di nota sono poi anche le stazioni di servizio e le lavanderie a secco,

menzionati come le sorgenti di contaminazione più frequenti in Lussemburgo, Lettonia,

Italia, Austria e Belgio. Il 37% circa dei siti è contaminato da metalli pesanti, il 34% da oli

minerali, il 13% da idrocarburi policiclici aromatici, il 6% da BTEX, il 4% da fenoli e il 2,4%

da organici policlorurati2.

A fronte di tale quadro, dimostrativo di altissimi interessi economici, si osservano "no-

tevoli diversità tra i vari regimi nazionali riguardanti l’aspetto della contaminazione che

impongono obblighi molto diversi agli operatori economici, creando così una situazione

di disequilibrio in termini di costi fi ssi e una distorsione della concorrenza nel mercato

interno"3, il tutto in assenza di una norma comunitaria organica e specifi ca sulle boni-

fi che4, intervenuta nel settore con la Direttiva 2004/35/CE. In Italia5 la gestione dei siti

contaminati è avvenuta inizialmente con riferimento alle norme relative alla gestione

dei rifi uti, poi alle norme di protezione del suolo ed al rilascio nell’ambiente di sostanze

pericolose, comunque, secondo una normativa lacunosa, indeterminata e soprattutto

basata su un concetto di bonifi ca legato, sostanzialmente, alla rimozione di rifi uti tossici

presenti nei siti classifi cati come contaminati, prescindendo dal raggiungimento fi nale di

possibili standard di qualità connessi all’utilizzo previsto dell’area.

Proprio la defi nizione degli standard di qualità dei suoli6, che non è solo un problema

normativo, ma soprattutto di tipo scientifi co e tecnico-operativo, rende la gestione di

questo settore particolarmente complessa.

2 Progress in management of contaminated sites (CSI 015), EEA Report, agosto 2007

3 Vedasi Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per la protezione del

suolo e modifica la direttiva 2004/35/CE COM (2006) 232.

4 In materia vige la Direttiva 2004/35/CE che stabilisce i principi generali in materia di responsabilità ambientale,

con riferimento alla prevenzione e riparazione del danno ambientale. Essa introduce un regime di responsabilità

oggettiva, derogabile da parte dei singoli Stati membri, i quali possono diversamente stabilire che, ai fini della sussi-

stenza della responsabilità, debba essere provato l’elemento soggettivo dell’operatore (dolo o colpa). Su tutti gli altri

aspetti, la Direttiva individua dei requisiti minimi obbligatori, lasciando e demandando agli Stati membri la possibili-

tà e l’onere di stabilire condizioni più restrittive e requisiti minimi. Ciascun stato membro, pur nell'ambito di linee gui-

da comuni, ha elaborato discipline diverse per la bonifica dei siti contaminati, cosicchè tale eterogeneità introduce

forti distorsioni di mercato per le imprese e costi di risanamento ambientale molto diversi.

5 L’evoluzione normativa italiana , dal DLgs 22/97 e DM 471/99 al D Lgs 152/06, corrisponde ad una evoluzione del-

la definizione di "sito da bonificare", non più riferito a situazioni di mero abbandono di rifiuti (anche non producenti

l’inquinamento del suolo-sottosuolo e delle risorse idriche), ma riferito a situazioni in cui l’inquinamento del suolo

è associato, invece, alla presenza di sostanze in grado di indurre una tossicità potenziale nei confronti degli esseri

viventi (biocenosi), ovvero di modificare le caratteristiche proprie dell’ambiente abiotico.

6 La definizione di standard di qualità dei suoli per una data sostanza S è l’individuazione di un valore di concentra-

zione CS della sostanza in esame, che determina un rischio ritenuto accettabile per la salute umana, considerate le

possibili vie di esposizione e i percorsi di contaminazione delle diverse matrici ambientali. Estendendo il riferimento

ad un’accezione non solo sanitaria, ma ecologica, gli standard di qualità dei suoli rappresentano le concentrazioni

che non arrecano danni ai comparti ambientali connessi con il suolo.

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BON1. PIANO REGIONALE DI BONIFICA

L’indicatore riporta il bilancio delle risposte complessive alle contaminazioni pregresse,

contenute nel Piano Regionale di Bonifi ca (PRB) e a quelle di nuova generazione.

La Basilicata è infatti dotata di un Piano Regionale di Bonifi ca (PRB), approvato conte-

stualmente alla L.R. n. 6 del 2001. La ricognizione e classifi cazione dei siti in esso censiti

risale al 1997-1998 ed è stata sviluppata secondo i criteri del DM. 185 del 16/05/1989.

Tale pianifi cazione non può considerarsi conforme ai criteri sopraggiunti con l’emana-

zione del D.M. 471/99 e del D.Lgs. 152/06 e s.m.i., sebbene contenga un aggiornamento

relativo all’anno 1998. La verifi ca del conseguimento degli obiettivi di piano risulta di

fondamentale importanza per l’attuale valutazione dello stato dell’ambiente. Questa va-

lutazione non può ridursi alla superfi ciale constatazione dell’anacronismo esistente tra

i criteri di questo piano con quelli attuali sopraggiunti con il DM 471/99 e D.Lgs. 152/06.

La consistenza del piano di cui trattasi, infatti, è rimasta confermata fi no all’entrata in

vigore del D.Lgs. 205/2010 che stabilisce quale termine ultimo per l’adeguamento delle

norme regionali al D.Lgs. 152/06 il 12/12/2013. Indubbiamente l’elenco dei siti censiti

nel piano regionale non può ritenersi equivalente all’anagrafe dei siti da bonifi care. Tale

equivalenza è esclusa già dagli articoli 2 e 17 del D.M. 471/1999 e dagli articoli 240 e 251

del D.Lgs.152/2006 e sarebbe ancor più erronea rispetto alle attuali defi nizioni di sito

contaminato e di bonifi ca. In realtà lo stato attuale dell’ambiente, in merito alla conta-

minazione del territorio lucano, dipende dallo stato attuale dei siti censiti dal piano ef-

fettivamente destinati alla bonifi ca, dei siti contaminati o potenzialmente contaminati di

nuova generazione e dei siti inquinati di interesse nazionale. La valutazione dello stato

attuale dell’ambiente deve perciò svilupparsi come un bilancio complessivo delle con-

taminazioni pregresse, contenute nel PRB, delle contaminazioni di nuova generazione

rispetto agli interventi complessivamente posti in essere.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR SCALA INDICATORE UNITÀ

MISURA

FONTE STATO

ATTUALE

TREND

BON1 Piano regionale di bonifi ca R Numero siti n.ro puro Regione

Basilicata↑

BON2 Siti censiti P Numero siti n.ro puro EEA ↑

BON3 Densità Territoriale P Km2 siti/Km2 regione n.ro puro EEA ↑

BON4 Siti di interesse nazionale P Km2 siti/Km2 regione n.ro puro MATTM - ISPRA ☺ ↑

BON5 Contaminazione comparto

economico

D % EEA ↑

BON6 Persistenza contaminazione D % Regione

Basilicata↑

BON7 Pericolosità Contaminante P Indice di pericolosità

relativa

n.ro puro ☺ ↑

BON8 Contaminazione per matrice

ambientale

S % EEA ☺ ↑

BON9 Localizzazione I % Regione

Basilicata↑

BON10 Diff usione della

contaminazione

I Numero matrici % Regione

Basilicata☺ ↑

BON11 Bonifi che comparto

economico e territorio

R % EEA ↑

BON12 Programmazione Regionale R M€ Regione

Basilicata☺ ↑

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SITI CENSITI DAL PIANO REGIONALE DI BONIFICA

Il PRB riporta il censimento di 890 siti. Queste aree sono classifi cate in: siti marginali o

bonifi cati esclusi dal piano, siti di bassa rilevanza, siti di rilevanza media e siti di alta rile-

vanza. Tale classifi cazione deriva dall’applicazione dell’algoritmo defi nito nel PRB per la

valutazione delle priorità di intervento.

La fi gura 1 riporta lo stato dei siti contaminati in Basilicata così come individuato nella

L.R. n. 6/2001. I criteri di valutazione adottati dal piano non sono omogenei con gli in-

dicatori oggi utilizzabili. Tale disomogeneità non consente di valutare l’evoluzione della

situazione fi no allo stato attuale.

In particolare, si rileva che i siti classifi cati ad alta rilevanza facenti parte del programma

di emergenza del PRB sono 6. La tabella 2 ne riporta 5 considerati oggetto di interventi

immediati e il relativo stato di attuazione. Trattandosi di siti di proprietà delle P.A. le azio-

ni poste in essere sono state realizzate/fi nanziate dalla Regione.

FIGURA 1. CLASSIFICAZIONE DEI SITI CENSITI NEL PIANO REGIO-NALE DI BONIFICAFonte: Piano Regionale di Bonifi ca L.R. n. 6/2001

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Il sesto sito, corrispondente alla discarica di rifi uti solidi urbani di Maratea è riconosciuto

come regolarmente chiuso a seguito del cessato esercizio per aver colmato la volumetria

autorizzata.

Tra i siti classifi cati a bassa rilevanza ne risultano compresi 152 censiti come discariche

potenzialmente contaminate che sono rientrate nella proceduta di infrazione da parte

della Commissione Europea nei confronti della Repubblica Italiana, procedura archiviata

nella seduta del 30.09.2010, n. 2003/2077C (2003-2338), avendo riconosciuto, la maggior

quantità di tali siti, che trattasi di discariche regolarmente constite e gestite secondo le

norme previgenti.

I siti, invece, realmente oggetto di abbandono di rifi uti, ancora interessati dalla procedu-

ra di infrazione risultano solo 10 per i quali con D.G.R. n. 1730/2013 sono stati concessi

fi nanziamenti fi nalizzati alla rimozione dei rifi uti abbandonati e al ripristino; i relativi la-

vori per i 7 siti sono conclusi, mentre per 3 sono in corso. Per gli altri siti classifi cati a bassa

rilevanza sarà il nuovo PRB ad eseguirne il censimento. La procedura di affi damento per

la redazione del nuovo PRB è stata avviata con D.G.R. n. 678/2013.

Località Tipologia sito Azioni Riferimenti atti Indagini/stato

Ex Liquichimica, Tito Industria dismessa

con discarica aziendale

Sin D.M. 468/2001 Sito candidato alla rilevanza

nazionale,eff ettivamente riconosciuta

con D.M. Ambiente; oggetto di messa

in sicurezza e caratterizzazione;

allo stato attuale è in corso la

progettazione degli interventi di

bonifi ca e ripristino-riutilizzo ai fi ni

produttivi

San Vito, Matera Discarica rifi uti solidi

urbani

Caratterizzazione

D.M. 471/99

DGR 1476/2002 Sito oggetto di caratterizzazione ai

sensi del D.M. 471/99 risultato non

contaminato

Camastra

Piesco-Isca del Gallo,

Calvello

Discarica rifi uti solidi

urbani

Caratterizzazione

D.M. 471/99

DGR 1473/2002 Sito oggetto di caratterizzazione ai

sensi del D.M. 471/99 risultato non

contaminato

Pallareta, Potenza Discariche rifi uti solidi

urbani

Adeguamento

discariche

DGR 1289/2010 Sito oggetto di lavori di stabilizzazione

dei bacini; attualmente oggetto di

caratterizzazione ai sensi del D.Lgs.

152/06

Menavoli, Lauria Discarica rifi uti solidi

urbani

Caratterizzazione

DM 471/99

DGR 1733/2004 Sito oggetto di caratterizzazione ai

sensi del D.M. 471/99 risultato non

contaminato

TABELLA 2. PROGRAMMA DI EMERGENZA DEL PRB E STATO DI ATTUAZIONE, 2013Fonte: Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

FIGURA 2. SITI PRESENTI NEL PROGRAMMA DI MEDIO TER-MINE DEL PIANO DI BONIFICA DELLA BASILICATA ED OGGETTO DI PROCEDURA DI INFRAZIONE COMUNITARIA N. 2003/2077 (2013)Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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I pozzi petroliferi rappresentano la maggior parte del programma a medio termine del

PRB. Questa tipologia di siti comprende 108 aree, oggetto di attività petrolifere estrattive

attuali, attività esplorative e attività dismesse. Tutte queste postazioni petrolifere sono

sottoposte a procedimenti di caratterizzazione e bonifi ca ai sensi del D.Lgs. 152/06, ana-

logamente ad altri siti già censiti nel PRB. Dopo la pubblicazione del PBR, la società Eni

spa ha presentato 83 comunicazioni di situazioni di potenziale inquinamento relative ad

altrettanti siti di pozzi petroliferi. Previ accordi con gli enti territoriali interessati, è stata

approvata la proposta di Eni spa di programmazione della tempistica di caratterizzazio-

ne degli 83 siti sviluppata su sei anni, dando priorità a quelli con inquinamento attivo

e poi a quelli con inquinamento passivo ed, infi ne, a quelli senza alcuna evidenza di in-

quinamento. In particolare, nell’area della Val d’Agri risultano 17 postazioni petrolifere

di Eni spa oggetto di procedimento: due procedimenti sono stati chiusi nel territorio di

Viggiano (Monte Alpi ovest 1 e Monte Enoc 4, Monte Alpi 5 or); quattro sono in corso di

esecuzione (bonifi ca Costa Molina 2, Monte Alpi 3 dir, Monte Alpi-2, Monte Alpi 4x); in

nove sono in corsole attività di caratterizzazione e nei restanti due è in corso di defi nizio-

ne il piano di caratterizzazione.

BON2. NUMERO SITI CENSITI

Come evidenziato in BON1, l’elenco dei siti censiti nel PRB (890) non può ritenersi equiva-

lente all’anagrafe dei siti da bonifi care da redigere secondo l’attuale defi nizione di sito da

bonifi care; conseguentemente, l’indicatore prende in considerazione i soli siti censiti dal

PRB eff ettivamente destinati alla bonifi ca, i siti contaminati o potenzialmente contami-

nati di nuova generazione e i siti inquinati di interesse nazionale. I siti, sono attualmente

390 e rappresentano siti ricadenti, a qualsiasi titolo, in un procedimento di caratterizza-

zione e bonifi ca. Il conteggio non comprende i siti del Piano Regionale di Bonifi ca per

i quali non risultano in corso procedimenti. Gli unici siti inclusi, allo stato attuale, sono

i lotti del SIN dell’Area Industriale di Tito. In attesa dell’aggiornamento del PRB si rileva

una sostanziale diminuzione dei siti potenzialmente inquinati/contaminati, attestando

un miglioramento dello stato ambientale regionale. La fi gura 3 indica la distribuzione

dei siti per Comune.

FIGURA 3. NUMERO DI SITI PER COMUNEFonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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BON3. DENSITÀ TERRITORIALE

L'indicatore BON3 indica la quantità di territorio compromessa da processi di contamina-

zione potenziale o in atto. Questa valutazione viene eseguita calcolando il rapporto tra

la superfi cie dei siti oggetto di procedimento di caratterizzazione e bonifi ca e la super-

fi cie del territorio regionale. Anche in questo caso si escludono solo i siti eff ettivamente

bonifi cati, perciò, il risultato ottenuto può considerarsi conservativo. Tale impostazione

compensa in parte la scarsità dei dati disponibili, dipendenti dalla struttura delle infor-

mazioni sui siti contaminati. La superfi cie di un sito contaminato infatti, è determinabile

solo nella fase conclusiva del procedimento, allorquando siano disponibili i risultati della

caratterizzazione e della progettazione degli interventi.

I dati attualmente disponibili indicano che tale parametro è prevalentemente infl uenza-

to dalla dimensione dei SIN, aventi l’ordine di grandezza del chilometro quadro; mentre

nell’insieme la superfi cie di tutti gli altri siti diversi dai SIN è pari a 157.846 m2. I dati mo-

strano, ancora una volta, come la maggior parte dei siti contaminati o potenzialmente

tali rientra nei SIN.

Questo parametro riassume la frequenza sul territorio regionale di eventi di contamina-

zione in atto e potenziale. Risulta evidente che il 59% dei siti è concentrato nei comuni

di Tito, Ferrandina, Pisticci e Viggiano, ossia in corrispondenza delle principali aree indu-

striali della Regione. Si rileva la coerenza di tale dato anche rispetto alla perimetrazione

dei SIN, che in termini strategici comprendono sia l’area industriale di Tito che la Val Ba-

sento con i comuni di Ferrandina e Pisticci, come indicato dalla fi gura 4.

BON4. SITI DI INTERESSE NAZIONALE

La legislazione italiana riconosce quali Siti d’Interesse Nazionale (SIN) quelle aree in cui

l’inquinamento di suolo, sottosuolo, acque superfi ciali e sotterranee è talmente esteso

e grave da costituire un serio pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente natura-

le7. La gravità della contaminazione in queste zone, con rilevanti impatti ambientali, sa-

nitari e socio-economici, ha fatto sì che esse venissero prese in carico dallo Stato, con

stanziamento di fondi ad hoc per la loro messa in sicurezza e bonifi ca. La titolarità dei

7 Il D.M. Ambiente 18 settembre 2001, n. 468 (Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti

inquinati) descrive ed aggiorna quelli che sono i "Siti di Interesse Nazionale" (SIN) preventivamente definiti dalla

Legge n. 388/2000

FIGURA 4. RIPARTO PER AMBI-TO COMUNALE DEI SITI CENSITI POTENZIALMENTE CONTAMINA-TI, 2013Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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procedimenti dei SIN, infatti, è del Ministero dell’Ambiente, mentre le Autorità Locali

sono spesso coinvolte come soggetti attuatori degli interventi e come responsabili del-

lo sviluppo e salvaguardia dei territori interessati. I dibattiti e le polemiche ricorrenti in

merito ai SIN riguardano l’insuffi cienza dei fi nanziamenti e i lunghi tempi per la realizza-

zione della bonifi ca, necessaria per la restituzione agli usi legittimi. Tali discussioni sono

condivisibili solo in minima parte, dal momento che l’Italia è tra le prime nazioni europee

in quanto ad evoluzione giuridica e risorse fi nanziare destinate alla bonifi ca del territorio.

I dati EEA8 normalizzati per unità di PIL e di superfi cie, confermano la posizione italiana,

di rappresentata nella fi gura 5, ove si riporta la ricognizione dei fl ussi fi nanziari destinati

da ogni nazione alla bonifi ca nei vari settori di intervento. È vero, però, che tempi di spesa

dei fi nanziamenti assentiti registrano ritardi generali in tutta Italia. L’interpretazione di

tale evidenza non può prescindere dalla considerazione della complessità dei procedi-

menti di messa in sicurezza, caratterizzazione e bonifi ca, emergenti dalle nuove istanze e

modelli di tutela dell’ambiente provenienti dall’ordinamento comunitario.

La regione Basilicata ha due Siti di Interesse Nazionale: Valbasento e Tito, un numero

che la pone all’undicesimo posto tra le regioni italiane, come evidenziato nella fi gura 6

dove si rappresenta, per ciascuna regione, la superfi cie occupata dai siti inquinati di in-

teresse nazionale, espressa in percentuale, e il numero dei siti compresi nel Programma

Nazionale di Bonifi ca nei relativi aggiornamenti succedutisi nel tempo. Il dato nazionale

attuale indica un rapporto pari al 2,4% della superfi cie totale, distribuito in 57 siti conta-

minati. Tra le regioni aventi una superfi cie vincolata superiore alla percentuale nazionale

si annoverano: la Campania con il 17,9% e 6 siti contaminati; il Lazio con il 6,8% e 2 siti

contaminati; la Sardegna con il 6,5% e 3 siti contaminati; il Piemonte con il 4,2% e 6 siti

contaminati; la Basilicata con 0,36% e 2 siti.

8 EEA: European Environment Agency - Agenzia Europea dell’Ambiente

FIGURA 5. SPESA ANNUA NAZIO-NALE PER LA GESTIONE DEI SITI CONTAMINATI PER UNITÀ DI PIL

(2007)Fonte: European Environment Agency -Expenditure for contaminated sites remediation in selected countries as per mille of the Gross Domestic Product (GDP) - July 2007

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L’indicatore rappresenta il rapporto tra la superfi cie dei SIN ancora vincolata9 e la su-

perfi cie del territorio regionale (fi gura 7). Si rileva la quantità di territorio pesantemente

compromessa da stati di contaminazione, in genere derivanti da passate industrializza-

zioni, in contrapposizione alla programmazione degli interventi di risanamento, ripristi-

no e riutilizzo attraverso fi nanziamenti nazionali secondo lo strumento degli accordi di

programma.

L'indicatore BON4 rappresenta il rapporto tra la superfi cie dei SIN ancora vincolata e la

superfi cie del territorio regionale (fi gura 7). Si rileva la quantità di territorio pedantemen-

te compromessa da stati di contaminazione in genere derivanti da passate industrializ-

zazioni, in contrapposizione alla programmazione degli interventi di risanamento, ripri-

stino e riutilizzo attraverso fi nanziamenti nazionali secondo lo strumento degli accordi

di programma.

9 L’obbligo di bonifica è garantito da oneri reali e privilegi speciali immobiliari che ai sensi dell’art. 253 del D.Lgs.

152/06 devono riportarsi nel certificato di destinazione urbanistica come vincolo all’utilizzo dell’area soggetta a bo-

nifica. La certificazione di avvenuta bonifica rilasciata dalla Provincia, ai sensi dell’art. 248 comma 3 del D.lgs. 152/06,

costituisce titolo per la restituzione agli usi legittimi dell’area e lo svincolo delle garanzie finanziarie.

FIGURA 6. RAPPORTO TRA SUPERFICIE SIN E SUPERFICIE REGIONALE E RELATIVO NUME-RO IN ITALIA (2008)Fonte: Annuario ISPRA

FIGURA 7. EVOLUZIONE DEL RE-GIME DEI VINCOLI NEI DUE SINFonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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L’elaborazione dei dati dimostra che la superfi cie dei SIN è complessivamente diminuita

di 5 volte rispetto alla perimetrazione iniziale. Attualmente risulta ancora oggetto di vin-

colo il 0.062 % del territorio regionale.

BON5. CONTAMINAZIONE PER COMPARTO ECONOMICO

L’indicatore consente di riconoscere la provenianza della contaminazione rispetto al

comparto economico di appartenenza. In Basilicata il comparto che incide maggior-

mente è quello estrattivo e di prospezione di idrocarburi. Tale incidenza viene calcolata

tenendo conto dei lotti ricadenti a qualsiasi titolo nel procedimento di caratterizzazione.

Sono conteggiati i singoli lotti del SIN Val Basento e del SIN di Tito e tutti i lotti con proce-

dimento di caratterizzazione e bonifi ca. Lo scenario risultante può considerarsi estrema-

mente cautelativo, in quanto vengono esclusi dal conteggio solo i siti bonifi cati.

Risulta evidente che alla maggior parte dei siti sono associati interessi economici la cui

integrità fi nanziaria dipende dalla restituzione delle aree agli usi legittimi, in quanto

qualunque inadempimento comporterebbe profi cui interventi sostitutivi in danno della

proprietà.

I "siti orfani"10 rientrano per la maggior parte nei SIN, perciò le loro sorti ricadono nella

competenza del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare.

BON6. DURATA DELLA CONTAMINAZIONE

La durata della contaminazione misura il tempo intercorrente tra l’evento di contamina-

zione e l’avvenuta bonifi ca del sito. Il numero degli interventi di bonifi ca fi nora ultimati

in Basilicata è ancora troppo esiguo per stimare la durata della contaminazione. In attesa

dell’ultimazione dei procedimenti di caratterizzazione e bonifi ca, i siti potenzialmente

contaminati vengono classifi cati in:

siti a contaminazione storica - D.M. 471/99;•

siti a contaminazione pregressa - D.M. 471/99 al D.Lgs. 152/06;•

siti a contaminazione recente - D.Lgs. 152/06.•

10 Sono quei siti in cui non sono individuabili i soggetti obbligati all’esecuzione della caratterizzazione e bonifica.

In questi casi il costo degli interventi ricade sulla Pubblica Amministrazione da eseguirsi secondo un ordine di priorità

da stabilirsi in funzione del grado di pericolosità della contaminazione.

FIGURA 8. NUMERO DI SITI PER TIPOLOGIA DI APPARTENENZA E RELATIVA INCIDENZA PERCEN-TUALE, 2013Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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La fi gura 9 indica che la contaminazione pregressa è riferita ai lotti compresi nei siti inqui-

nati di interesse nazionale la cui titolarità ricade sul Ministero dell’Ambiente e della Tutela

del Territorio e del Mare che, dovendo approvare in Conferenza di Servizi gli atti istruttori

e decisori di tutti i SIN, è impegnato in procedure tecniche ed amministrative di partico-

lare complessità e di lunga durata. Tale contesto potrà trovare giovamento dall’attivazio-

ne di due Accordi di Programma di cui, uno è destinato al SIN Val Basento, già stipulato,

mentre l’altro è in via defi nizione.

BON7. PERICOLOSITÀ

La valutazione della pericolosità della contaminazione delle acque sotterranee e del suo-

lo viene eseguita utilizzando le rispettive CSC, Concentrazioni Soglia di Contaminazione,

stabilite dal D.Lgs. 152/06. La Tabella 2 di cui all’Allegato 5 del D.Lgs. 152/06 riporta le CSC

per le acque sotterranee in cui è possibile riconoscere le Diossine e i Furani come compo-

sti a maggiore pericolosità, in quanto il limite normativo corrisponde alla concentrazione

più bassa in assoluto nell’elenco dei composti. Analogamente può ritenersi per la matri-

ce suolo facendo riferimento alla Tabella 1 dell’Allegato 5. Per questi motivi la CSC per le

Diossine e i Furani, pari a 0,00001 g/litro per le acque e 0,00001 mg/kg per il suolo, si defi -

nisce come indice di pericolosità assoluta, in base al quale è possibile calcolare il livello di

pericolosità della contaminazione del suolo e delle acque sotterranee. I grafi ci seguenti,

di fi gura 10 e 11, riportano in scala logaritmica inversa la CSC stabilita per le Diossine e

i Furani come limite di pericolosità. L’elenco riportato sull’asse orizzontale comprende

tutti i contaminanti riscontrati nelle acque e nei suoli della Basilicata. Le rappresentazioni

grafi che11 consentono di riconoscere il livello di pericolosità come la distanza intercor-

rente tra il punto di pericolosità di ciascun composto e il limite orizzontale di pericolo.

11 Sebbene sia corretto correlare alle condizioni specifiche di ciascun sito la presenza dei composti,

i grafici rappresentano una valutazione semplificata dei livelli di pericolosità.

FIGURA 9. PERSISTENZA DEI SITI CONTAMINATI AL 2010Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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Si evince che per le acque sotterranee nessun punto di pericolosità interseca il limite.

Tra i contaminanti delle acque sotterranee presenti in Basilicata, fi no ad oggi, non sono

FIGURA 10. LIVELLI DI PERICO-LOSITÀ DELLA CONTAMINAZIO-NE DELLE ACQUE SOTTERRANEE CALCOLATI RISPETTO AL LIMITE PREVISTO PER LE DIOSSINE E FURANIFonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

FIGURA11. LIVELLI DI PERICO-LOSITÀ DELLA CONTAMINA-ZIONE DEL SUOLO CALCOLATI RISPETTO AL LIMITE PREVISTO PER LE DIOSSINE, FURANI E POLICOROBIFENILIFonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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presenti le Diossine ed i Furani mentre gli altri sono di svariati ordini di grandezza meno

pericolosi.

Il grafi co della pericolosità della contaminazione del suolo mostra che la contaminazione

da PCB raggiunge il limite di massimo pericolo, in quanto tali composti hanno una CSC

uguale a quella assunta come limite di pericolosità.

BON8. CONTAMINAZIONE DELLE MATRICI AMBIENTALI

La variazione dello stato di contaminazione ambientale dipende dalla varietà di conta-

minanti presenti nell’ambiente. La contaminazione del suolo e delle acque sotterranee è

espressa dalla percentuale di siti interessati da una determinata classe di contaminanti.

In questo modo è possibile correlare il numero e la tipologia di contaminanti con lo stato

del suolo e delle acque sotterranee. Quanto maggiore è il numero di classi di contami-

nanti e il numero di siti interessati, tanto maggiore sarà lo stato di contaminazione am-

bientale di ciascuna matrice ambientale considerata.

Il grafi co dimostra che la maggior parte dei siti caratterizzati presenta una contaminazio-

ne di metalli nelle acque sotterranee, mentre il suolo è prevalentemente contaminato da

composti policiclici aromatici. Si riconosce, inoltre, la bassa incidenza di composti cance-

rogeni nel suolo, riscontrata tre volte per i soli composti alifatici cancerogeni. L’associa-

zione di questo parametro al BON7 consente di valutare come i composti più pericolosi

presentano una bassa frequenza e superano le CSC in un numero ridotto di casi.

BON9. LOCALIZZAZIONE DELLA CONTAMINAZIONE

Questo indice esprime in termini percentuali la distribuzione dei siti nelle aree industria-

li, agricole, ed urbane, così da valutare la pericolosità dello stato di contaminazione in

funzione del diverso contesto territoriale, infl uenzando drasticamente le conseguenze

sanitarie ed ambientali.

FIGURA 12. FREQUENZA DI CONTAMINAZIONE DEL SUOLO E ACQUE SOTTERRANEE ESPRESSA COME NUMERO DI SUPERAMEN-TO PER CIASCUNA CLASSE DI CONTAMINANTE, 2013Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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I dati mostrano che il maggior numero di siti oggetto di procedimento si trova nelle aree

industriali e solo il 7% si trova in centri abitati.

BON10. DIFFUSIONE DELLO STATO DI CONTAMINAZIONE

L’impatto della contaminazione si valuta in base alla sua diff usione nell’ambiente calco-

lando il numero di siti in cui l’inquinante si ritrova sia nel suolo che nelle acque sotter-

ranee. La lettura combinata con BON7, relativo alla pericolosità della contaminazione,

consente di valutare la criticità dei siti secondo i criteri di BON10, in cui la maggiore dif-

fusione delle contaminazione è quella estesa ad entrambe le matrici, mentre il livello di

pericolosità si desume dall’indice di pericolosità relativo, secondo i criteri di BON7. In

base ai dati disponibili sulla caratterizzazione dei siti oggetto di procedimento si osserva

che in 68 casi la contaminazione ha interessato unicamente il suolo, in 69 solo le acque,

mentre in 9 siti lo stato di contaminazione interessa sia il suolo che le acque sotterranee

(Tabella 3).

Il numero complessivo non è particolarmente alto sebbene, nel suolo del sito 3 si eviden-

ziano ben 10 superamenti delle CSC, e nelle acque sotterrane del sito 2 se ne ritrovano

9; inoltre, in entrambi i casi alcuni dei contaminanti rilevati sono di tipo cancerogeno ed

altri hanno un indice di pericolosità relativo elevato. I grafi ci della fi gura 14 dimostrano,

però, che i contaminanti più frequenti sono le specie metalliche ed i solfati caratterizzati

da un basso indice di pericolosità relativo. Una minore criticità complessiva, rispetto al

FIGURA 13. LOCALIZZAZIONE DEI SITI OGGETTO DI PROCEDI-MENTO, 2013Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

TABELLA 3. SITI POTENZIAL-MENTE CONTAMINATI IN CUI LA CONTAMINAZIONE INTERESSA SIA IL SUOLO CHE LE ACQUE SOTTERRANEE, 2013Fonte: Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

Sito Denominazione sito Tipo sito Comune Località

1 Esso Italiana Punto vendita carburanti MATERA Radici Maria Anna

2 Shell Italia s.p.a. Punto vendita carburanti MATERA Via Lazazzera n.10

3 Esso Italiana Punto vendita carburanti POTENZA Viale Firenze

4 Alli 1 Postazione petrolifera VIGGIANO Località Case Rosse

5 S.BERNARDINO 1 Postazione petrolifera FERRANDINA S. Bernardino

6 ESSO ITALIANA ERL Postazione petrolifera MONTEMURRO Regina Elena

7 ENI SPA DIVISIONE AGIP Postazione petrolifera PISTICCI San Cataldo

8 ENI SPA DIVISIONE AGIP Postazione petrolifera PISTICCI Pantone

9 ENI SPA DIVISIONE AGIP Postazione petrolifera FERRANDINA Costa dell’Abate

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numero di contaminanti e alla rispettiva pericolosità relativa è riscontrabile negli altri 8

siti, ad esempio il sito i, le cui acque risultano contaminate solo da alluminio ed i suoli

solo da idrocarburi pesanti. Nell’insieme, i 9 siti complessivamente rappresentati, allo

stato attuale, devono riconoscersi solo potenzialmente contaminati in quanto per nes-

suno di essi si dispone dell’analisi di rischio sito specifi ca. Solo dopo la valutazione sito

specifi ca si potranno riconoscere gli obblighi di bonifi ca riconducili a quelle situazioni in

cui risultano superate le soglie di accettabilità.

L’affi dabilità di queste considerazioni è ancora limitata per eff etto del basso numero di

siti giunti a conclusione del procedimento di caratterizzazione, tuttavia possono indicare

una tendenza complessiva.

BON11. BONIFICHE PER COMPARTO ECONOMICO E DISTRIBUZIONE

TERRITORIALE

Questo indicatore viene calcolato come tasso percentuale degli interventi di bonifi ca

realizzati per comparto di appartenenza e deve leggersi in combinazione con lo stato di

avanzamento del procedimento di bonifi ca, in modo da quantifi care oggettivamente la

progressione delle azioni di risanamento in atto sul territorio.

FIGURA14. SITI POTENZIAL-MENTE CONTAMINATI PER EN-TRAMBE LE MATRICI AMBIEN-TALI, 2013Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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L’analisi dei dati dimostra il basso numero di interventi ultimati ai sensi del D.Lgs. 152/06

per tre siti, ma anche la presenza sul territorio regionale di 38 siti in fase di bonifi ca. In

fi gura 15 si riporta la distribuzione per ambito comunale dei 38 procedimenti di bonifi -

ca attualmente in corso, dove risulta evidente che la maggior parte dei procedimenti di

bonifi ca è ascrivibile al comparto delle estrazioni e prospezioni petrolifere ed al settore

di punti vendita carburanti.

BON12. PROGRAMMI REGIONALI DI BONIFICA

La principale azione di risposta allo stato di contaminazione ambientale è l’eff ettivo risa-

namento dei territori interessati. Nel periodo di osservazione, 2000-2011, la Regione ha

fi nanziato interventi di bonifi ca per un importo pari a € 8.231.448, contro € 6.801.090 di

fondi statali. Le fi gure di seguito riportate indicano le somme impegnate per le attività

di bonifi ca su tutto il territorio regionale, e quelle impegnate per i due SIN, Tito e Valba-

sento. La L.R. n. 27/2011 ha destinato risorse regionali aggiuntive al settore bonifi che

per un importo di 5 milioni di Euro oltre ad ulteriori 5 milioni come fondo di rotazione.

FIGURA15. SITI IN CORSO DI BONIFICA PER COMPARTO ECO-NOMICO, 2013Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

FIGURA16. DISTRIBUZIONE DELLE BONIFICHE SUL TERRI-TORIO REGIONALEFonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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Nell’immediato futuro potranno rendersi disponibili altre risorse statali provenienti dai

Fondi FAS, sulla base di specifi che proposte già presentate dalla Regione.

FIGURA17. SOMME IMPEGNATE PER ATTIVITÀ DI BONIFICA NEI SIN (2000-2008)Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

FIGURA 18. SOMME IMPEGNA-TE PER ATTIVITÀ DI BONIFICA IN BASILICATA (2000-2012), 2012Fonte: nostra elaborazione su dati dell’uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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FOCUSSIN Tito e Val Basento

I Siti di Interesse Nazionale (SIN) ricadenti in Regione Basilicata sono:

"Tito", dichiarato SIN con D.M. n. 468/01, in provincia di Potenza, limitato all’Area •

Industriale del Comune di Tito, come da perimetrazione del D.M. Ambiente dell’8

luglio 2002;

"Area industriale della Valbasento", dichiarato SIN con Legge 179/2002, in provincia •

di Matera, comprendente parte dei territori dei comuni di Ferrandina, Grottole, Mi-

glionico, Pisticci, Pomarico e Salandra, come da perimetrazione del D.M. Ambiente

del 26 febbraio 2003.

Per entrambi i SIN sono già stati eseguiti interventi di messa in sicurezza, indagini pre-

liminari e caratterizzazione, fi nanziati con risorse regionali per un importo complessivo

di € 4.638.626,40, (di cui € 510.000,00 per il sito di "Tito" ed € 4.128.626,40 per il sito "Val

Basento") e con risorse statali per un importo complessivo di € 3.263.012,99 (di cui €

2.913.012,99 per il sito "Tito" ed € 350.000,00 per il sito "Val Basento").

Il 20 Giugno 2013 è stato stipulato un Accordo di Programma Quadro fra il Ministero

dello Sviluppo Economico, il Ministero dell’Ambiente e la Regione Basilicata fi nalizzato a

promuovere la riconversione industriale, la reindustrializzazione e la riqualifi cazione eco-

nomica dei siti di interesse nazionale Tito e Val Basento mediante interventi di bonifi ca e

di ripristino ambientale che consentano e favoriscano lo sviluppo di attività produttive

ecosostenibili capaci di assicurare la valorizzazione delle forze lavorative dell’area.

Gli interventi previsti dall’Accordo sono in continuità con gli interventi già fi nanziati ed

eseguiti, che hanno consentito la defi nizione di un quadro conoscitivo dell’inquinamen-

to dei siti, necessario alla defi nizione dei successivi livelli di progettazione delle azioni di

ripristino ambientale.

La Regione Basilicata ha inteso destinare ingenti risorse per la riqualifi cazione di entram-

bi i SIN, inserendo i relativi interventi già nel Programma Operativo Regionale 2000-2006,

riconfermando tale scelta programmatica nel P.O. FESR 2007-2013 e soprattutto desti-

nando a tale fi nalità una notevole quota del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2007-

2013.

Infatti la copertura fi nanziaria degli interventi di cui al citato Accordo ammonta ad

€ 46.768.703,01 ed è assicurata dalle seguenti risorse:

FSC 2007/2013 ex delibere CIPE 87/2012 € 41.723.249,01a.

DM 28 novembre 2006, n. 308 € 2.272.727,00b.

PO FESR 2007 /2013 € 2.272.727,00c.

Decreto Direttoriale MATTM n. 232/QdV/ del 22.02.2004 € 500.000,00d.

Di seguito il dettaglio degli interventi fi nanziati con Delibera CIPE n. 87 del 3 agosto

2012.

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Il SIN Val Basento è stato perimetrato con Decreto Ministeriale del 26 febbraio 2003 e

comprende al suo interno l’area industriale di Ferrandina, Salandra e Pisticci, per un to-

tale di 67 aziende. La presenza del Fiume Basento ha reso necessario considerare nella

perimetrazione iniziale la base dei versanti di confi ne orografi co della valle in cui sono

presenti territori che, sebbene non industrializzati, potevano essere interessati da pro-

cessi di migrazione degli inquinanti mediati dai processi fl uviali e della rispettiva falda

di subalveo. Per questi motivi l’area inizialmente perimetrata era di 3.400 Ha ripartiti nei

comuni di Ferrandina, Grottole, Miglionico, Pisticci, Pomarico e Salandra.

ID INTERVENTI DI BONIFICA RISORSE REGIONALI

FSC 2007/2013

1 SIN Tito - Prosecuzione degli interventi di messa in sicurezza e bonifi ca delle acque di falda € 11.000.000,00

2 Sin Tito - Bonifi ca dell’area fl uviale inclusa nel SIN € 3.000.000,00

3 SIN Tito - messa in sicurezza e bonifi ca delle scorie siderurgiche € 3.295.181,98

4 SIN Tito - Messa in sicurezza permanente del bacino Fosfogessi € 6.000.000,00

TOTALE SIN TITO € 23.295.181,98

5 SIN Val Basento - Completamento dell’esecuzione della caratterizzazione dell’area ex pista Mattei € 1.717.914,77

6 SIN Val Basento - Completamento messa in sicurezza e bonifi ca acque di falda delle sole aree di competenza pubblica € 10.800.000,00

7 SIN Val Basento - Bonifi ca dei suoli delle aree pubbliche nonché di quelle agricole colpite da inquinamento indotto € 3.255.000,00

8 SIN val Basento - Completamento della caratterizzazione delle acque superfi ciali e sedimenti dell’asta fl uviale Basento e

completamento della progettazione degli interventi di MISE e bonifi ca delle acque superfi ciali e dei sedimenti dell’asta

fl uviale del fi ume Basento

€ 1.000.000,00

9 SIN Val Basento - Realizzazione messa in sicurezza e bonifi ca delle acque superfi ciali e sedimenti dell’asta fl uviale del

fi ume Basento

€ 3.000.000,00

10 SIN Val Basento - Progettazione e realizzazione interventi di messa in sicurezza e bonifi ca del sito ex Materit € 3.700.000,00

TOTALE SIN VAL BASENTO € 23.472.914,77

BASILICATA TOTALE FINANZIAMENTI € 46.768.096,75

FIGURA1. CONFRONTO TRA LE SUPERFICI ORIGINARIAMENTE RICADENTI NEL SIN VAL BASEN-TO E SUPERFICI SVINCOLATE ESENTI DA INQUINAMENTO DISTINTO PER AMBITO COMU-NALE, 2013Fonte: Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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Le azioni poste in essere hanno consentito di ottenere lo svincolo, con la restituzione agli

usi legittimi, del 92% del sito Val Basento, risultato esente da inquinamento, e di ricono-

scere l’esistenza di 44 centri di pericolo "hot spot1"con una superfi cie di circa 166 Ha.

Risultano vincolati solo i lotti industriali eff ettivamente industrializzati, mentre quelli in-

dustriali liberi, risultati esenti da inquinamento del suolo, a seguito delle procedure di

caratterizzazione svolte dalla Regione, sono stati restituiti agli usi legittimi. La caratteriz-

zazione di questi ultimi, fi nanziata e realizzata dalla Regione come aree di proprietà della

Pubblica Amministrazione, è avvenuta con i criteri previsti per le aree agricole e, laddove

risultati esenti da inquinamento dei suoli, ha reso disponibili per lo sviluppo industriale

aree già originariamente destinate a questo uso.

La caratterizzazione dell’intero sito può dirsi conclusa ed i risultati acquisiti dimostra-

no l’inquinamento delle acque sotterranee nel comprensorio di Ferrandina e Pisticci. Lo

svincolo delle aree è subordinato alla defi nizione dei valori di fondo naturale relativa-

mente ai composti Ferro, Manganese, Solfati, mentre gli interventi di bonifi ca sono inse-

riti nell’Accordo di Programma tra Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e

del Mare con la Regione Basilicata e i Comuni dell’area. Questo accordo, stipulato in data

21/12/2009, ha avuto una prima copertura fi nanziaria pari a 4,54 milioni di Euro garantita

in parti uguali dalla Regione Basilicata e dal MATTM. La progettazione esecutiva degli in-

terventi è attualmente in corso da parte del soggetto attuatore, già individuato di comu-

ne accordo tra le parti nella SOGESID. Il SIN di Tito è stato istituito con il D.M. Ambiente 8

luglio 2002 e D.M. n. 468/01. Il suo perimetro comprende l’area industriale di Tito, da cui

prende il nome, ed ha una estensione di circa 430 Ha, di cui 60 di proprietà pubblica sono

a loro volta distinti in 28 per la viabilità e 32 relativi al sito industriale dell’ex Liquichimi-

ca. Lo stato ambientale di questo SIN è in miglioramento. La Regione Basilicata in data

14/01/2004 ha ottenuto, a seguito delle attività di caratterizzazione, lo svincolo dei suoli

risultati non contaminati per una superfi cie di 90 ettari non interessata da insediamenti

produttivi. In data 16/10/2007 sono stati ultimati i primi interventi di messa in sicurezza

d’emergenza, impedendo l’abbandono di rifi uti nell’area ex Liquichimica, grazie all’in-

terdizione dei luoghi. Sono stati eliminati inoltre, tutti i rifi uti presenti nel soprassuolo e

1 Hot spot, punti del sito considerati focolai di contaminazione, dove la concentrazione di inquinante risulta parti-

colarmente elevata.

FIGURA 2. AREE AGRICOLE RISULTATE LOCALMENTE IN-QUINATE, 2013Fonte: Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale

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smaltiti 19.350 m2 di cemento amianto costituenti il manto di copertura dei capannoni

dell’ex Liquichimica, così come è evidente nelle seguenti ortofoto.

Questi interventi hanno anche consentito di eliminare i serbatoi di ammoniaca presenti

nell’area che, sebbene risultati vuoti e quindi innocui, rappresentavano lo stato di degra-

do dell’area. Altri aspetti emblematici di questo SIN sono: il cosiddetto "bacino gessi" o

vasca fosfogessi ed i cumuli di scorie. La precedente condizione del sito e l’insieme dei

resti del passato industriale contribuivano ad ipotizzare scenari apocalittici, in cui tro-

vavano posto anche ipotesi di smaltimento di residui radioattivi. Gli interventi del MISE

eseguiti hanno isolato le scorie di acciaieria grazie al loro trasferimento e risagomatura in

area più idonea, all’interno del sito stesso, ed evitato il contatto con il contesto ambienta-

le grazie ad un intervento di capping provvisorio. Recentemente (giugno 2013) rilevazio-

ni radiometriche eff ettuate dall'Arpab hanno evidenziato livelli di radioattività nei fosfo-

gessi tali da richiedere adempimenti di sorveglianza fi sica della radioprotezione con la

nomina di un esperto qualifi cato avvenuta a cura del consorzio ASI. La caratterizzazione

EVOLUZIONE DELLO STATO DEI LUOGHI EX LIQUICHIMICA

FOTO 1. PRIMA DEGLI INTER-VENTI DI MESSA IN SICUREZZA (1998)

FOTO 2. STATO ATTUALE (2011)

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del sito ex Liquichimica ha defi nitivamente dimostrato l’assenza di rifi uti radioattivi, la

sostanziale tenuta della vasca fosfogessi, data l’assenza di composti caratteristici nelle

acque di falda sottostanti, la presenza di suoli inquinati da idrocarburi pesanti e PCB in

corrispondenza di tre hot spot, già rimossi. Le acque di falda sono risultate principalmen-

te inquinate da tricloroetilene e metalli di origine estranea ai processi industriali svolti

nel sito. Per questo motivo il sito è dotato di una rete di monitoraggio delle acque sotter-

ranee, che è stata oggetto di interventi di adeguamento fi nalizzati a garantire la sicurez-

za ed evitare fenomeni di contaminazione ulteriori.

Ricadono al suo interno 95 aziende in parte ancora oggetto di caratterizzazione. La Da-

ramic in data 17/01/2005 ha avviato le procedure di caratterizzazione e bonifi ca per aver

determinato un grave stato di contaminazione dei suoli e delle acque sotterranee prin-

cipalmente da composti alifatici clorurati anche di tipo cancerogeno. Tale insediamen-

to può considerarsi in sicurezza grazie agli interventi del MISE, succedutesi nel tempo,

comprendenti interventi di sbarramento idraulico delle acque di falda, la rimozione dei

suoli inquinati e l’installazione di un sistema di estrazione vapori multifasico. La determi-

nazione dei valori di fondo nelle acque di falda di Ferro, Manganese e Alluminio, rappre-

senta una criticità attuale, ormai prossima alla risoluzione, che consentirà di orientare le

azioni future. In prospettiva, il destino di questo sito subirà una svolta rapida e radicale, in

quanto è imminente l’utilizzo di maggiori strumenti di trasformazione e ripristino. Que-

sto sito rientra nell'accordo di programma raff orzato sottoscritto nel giugno 2013 che

ha stanziato risorse suffi cienti a garantire la bonifi ca del sito per raggiungere non solo

obiettivi ambientali ottimali ma anche tempi compatibili per gli ulteriori investimenti per

la riconversione e lo sviluppo dell’area.

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FOCUSAmianto

Con l’entrata in vigore della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione

dell’impiego dell’amianto) e dei successivi Decreti di attuazione, che ha di fatto vieta-

to l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione di

amianto, molteplici sono state le attività intraprese dalla Regione Basilicata ai fi ni della

difesa dai pericoli derivanti dall’amianto. In particolare, sono stati realizzati, sul territorio

regionale interventi di bonifi ca di manufatti o siti di proprietà pubblica (fi nanziati ai sensi

della Legge Regionale n. 27/1999) e interventi di bonifi ca della viabilità interpoderale di

proprietà pubblica ricadente su affi oramenti di rocce contenenti amianto nell’area del

Pollino. I dati riepilogativi di seguito riportati, riguardano i soli interventi di bonifi ca da

amianto pubblici. È in fase di attivazione un Sistema Informativo Territoriale (SIT) che

permetterà di aggregare e gestire tutti i dati di settore, sia di pertinenza pubblica che

privata. Con la legge regionale 8 settembre 1999, n. 27 e successive modifi che ed inte-

grazioni "Concessione di fi nanziamenti regionali a sostegno degli interventi di bonifi ca

da amianto" in favore di soggetti pubblici che intendono bonifi care beni o siti di loro pro-

prietà, sono stati fi nanziati dal 1999 ad oggi, n. 110 progetti, per un importo complessivo

di € 8.296.462,12, che hanno interessato le seguenti tipologie di strutture:

prefabbricati insediati a seguito del sisma 23.11.1980, in percentuale pari al 45%;•

scuole, in percentuale pari al 13%;•

costruzioni varie (Consorzi, Ferrovie Appulo Lucane, ALSIA, ecc) in percentuale pari •

al 41,5%;

tubazioni in cemento amianto per il trasporto dell’acqua ad uso potabile o irriguo, •

in percentuale pari allo 0,5%.

Nel corso degli anni la tipologia di fi nanziamento utilizzata è così variata: gli interventi

realizzati negli anni 1999-2000 sono stati fi nanziati con fondi PO FESR, nel 2001 con fon-

di POR e dal 2002 a tutt’oggi dallo stanziamento di competenza iscritto sul cap. 19078

"Interventi di bonifi ca da amianto L.R. 27/1999 e di miglioramento ambientale" - Upb

0510.02 "Interventi di protezione e bonifi ca del territorio dall’inquinamento" del bilan-

cio di previsione annuale della Regione Basilicata, secondo il quadro riepilogativo che

segue:

Anno

riferimento

N.

progetti

fi nanziati

Importo

fi nanziato

Tonnellate

materiale

smaltito

m2 superfi cie

bonifi cata

Tipologia

fi nanzamento

1999-2000 31 € 2.486.014,30 489,12 65.627,00 Fondi PO FESR

2001 27 € 1.423.624,00 600,36 37.195,00 Fondi POR

2002 6 € 529.459,40 436,72 68.240,00 Fondi Regionali

2003 10 € 839.693,44 460,76 24.335,00 Fondi Regionali

2004 6 € 430.834,83 364,86 15.422,00 Fondi Regionali

2005 2 € 165.602,20 206,83 9.654,00 Fondi Regionali

2006 5 € 408.515,65 386,72 16.047,00 Fondi Regionali

2007 4 € 309.950,87 73,75 5.902,00 Fondi Regionali

TABELLA 1. PROGETTI DI BONI-FICA AMIANTO FINANZIATI AI SENSI DELLA L.R. N. 27/1999, 2011Fonte: Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

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Anno

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progetti

fi nanziati

Importo

fi nanziato

Tonnellate

materiale

smaltito

m2 superfi cie

bonifi cata

Tipologia

fi nanzamento

2008 5 € 627.174,32 235,18 17.018,06 Fondi Regionali

2009 7 € 593.158,28 80,72 1831.00 Fondi Regionali

2010 1 € 46.811,34 * * Fondi Regionali

2011 6 € 435.623,49 * * Fondi Regionali

110 € 8.296.462,12 3.335,02 261.271,06

* dato non disponibile a causa dei lavori non ultimati

In attuazione della legge nazionale 23 marzo 2001, n. 93 ed il relativo D.M. del 18 marzo

2003, n. 101 "Regolamento per la realizzazione di una mappatura delle zone del territorio

nazionale interessata dalla presenza di amianto", le attività svolte in relazione alla presen-

za di amianto di origine naturale nel territorio regionale hanno permesso di fi nanziare

n. 6 progetti di bonifi ca con messa in sicurezza della viabilità interpoderale di proprietà

pubblica ricadente su affi oramenti di rocce contenenti amianto nell’area del Pollino, per

un importo complessivo pari a € 4.668.037,24, una lunghezza di strade già bonifi cate pari

a 47,15 km e una conseguente superfi cie bonifi cata di 177.224,00 m2; il tutto secondo il

quadro riepilogativo seguente:

In riferimento al programma degli interventi di bonifi ca della viabilità interpoderale a ri-

schio amianto naturale, la percentuale dei lavori eseguiti in termini di superfi cie bonifi ca-

ta è pari al 73%. I progetti sono stati tutti fi nanziati nell’ambito della Mis. 1.3 azione D dei

fondi P.O.R. 2000/2006 ad esclusione del progetto presentato dal Comune di Castelluccio

Inferiore che è stato fi nanziato con fondi del bilancio 2011.

TABELLA 2. INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA VIABILITÀ INTERPODERALE A RISCHIO AMIANTO NATURALE, 2011Fonte: Uffi cio Prevenzione e Controllo Ambientale - Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

Comune Importo

fi nanziato

Lunghezza strada

bonifi cata (Km)

Superfi cie

bonifi cata (m2)

Lauria € 438.380,71 2,03 12.894,00

San Severino Lucano €1.660.507,60 22,16 78.998,00

Viggianello €1.677.086,93 14,91 53.275,00

Castelluccio Superiore € 458.562,00 7,15 21.687,00

Chiaromonte € 124.500,00 0,99 10.370,00

Castelluccio Inferiore € 309.000,00 0,00 0,00

€ 4.668.037,24 47,15 177.224,00

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FOCUSFenice

L’evento di contaminazione verifi catasi nel caso del termovalorizzatore Fenice di Melfi , la

cui tempistica è ancora oggi incerta ed oggetto di procedimenti giudiziari in corso, rap-

presenta un esempio di impatto indotto sull'ambiente dall'attività antropica.

Tra le conseguenze, infatti, di possibili pressioni dei termovalorizzatori sull’ambiente bi-

sogna considerare la potenziale contaminazione del suolo-sottosuolo e delle acque sot-

terranee. L’origine di questi eventuali eff etti, non è associata alle emissioni in atmosfera,

ma si ascrive alle acque refl ue di processo, che negli impianti come Fenice, derivano dai

sistemi di depurazione ad umido dei fumi, comunque attualmente riconosciuti come la

migliore tecnologia disponibile.

Tutta l’impiantistica dedicata alla gestione di questi refl ui, al pari di ogni altro impianto

industriale, rappresenta un potenziale rischio tecnologico. Nel caso di Fenice, le reti di

gestione di detti refl ui, vulnerate verosimilmente per scarsa manutenzione, sono state

una delle sorgenti primarie di contaminazione, che, però, non giustifi cavano l’esistenza

di composti organo-alogenati ritrovati nelle acque sotterrane del sito.

Le indagini chimiche svolte, infatti, hanno dimostrato la presenza di questi composti,

sicuramente neutralizzabili dal processo di combustione, nei rifi uti in ingresso allo stabi-

limento. Tale valutazione ha consentito di individuare come ulteriori sorgenti di contami-

nazione le vasche di contenimento dei rifi uti da trattare.

L’esistenza di composti organo-alogenati ritrovati nelle acque sotterrane del sito in quan-

tità superiore al valore soglia è stata segnalata dall’ARPA Basilicata, che, ai sensi del D.Lgs.

152/06 art. 244 ha comunicato il superamento delle concentrazioni soglia di contamina-

zione (CSC) nelle acque sotterranee di cui all’All. 5 Parte IV del medesimo decreto, rela-

tivamente ai seguenti composti: Nichel (57 volte il limite); Mercurio (100 volte il limite);

Tricloroetilene, Tetracloroetilene, Bromodiclorometano, Dibromoclorometano (da 1,5

volte a circa 4 il limite).

I dati di monitoraggio, succedutisi nel tempo, hanno indicato, a volte, un generale mi-

glioramento dello stato delle acque sotterranee, ma anche situazioni, limitate a pochi

punti e di breve durata, peggiori rispetto all’insieme dei dati disponibili, in cui sono stati

riscontrati occasionali superamenti di nuovi parametri e/o il peggioramento delle con-

centrazioni già registrate. Tale circostanza consente di asserire che le uniche valutazioni

attendibili sull’evoluzione dello stato del sito sono quelle espresse in funzione di ampi

periodi di monitoraggio, mentre risultano fuorvianti le analisi riferite a tempi restretti.

L’evoluzione del sistema non può, infatti, valutarsi semplicemente verifi cando la varia-

zione a breve/brevissimo termine del numero dei contaminanti e delle loro concentra-

zioni. L’aumento del numero dei contaminanti osservati in falda è un criterio fuorviante

di valutazione dello stato ambientale di un sito contaminato da sottoporre a interventi di

bonifi ca perché ignora due fondamentali aspetti responsabili dell’evoluzione dello sta-

to di contaminazione che sono: a) la trasformazione dei composti; b) la migrazione dei

composti.

Ad esempio, nel caso Fenice, il ritrovamento di cloruro di vinile, come contaminate del-

la falda recentemente misurato, (che, paradossalmente, indica iI miglioramento spon-

taneo dello stato del sito grazie alla attività di popolazioni batteriche) è dovuto alla

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trasformazione naturale del PCE in TCE ed i composti organo-cloroalogenati presenti in

falda sono oggetto di trasformazioni spontanee, anche di tipo biologico, pur determi-

nando l’aumento del numero degli inquinanti.

In quanto alla migrazione dei composti, è da sottolineare che i processi di trasporto pos-

sono infl uenzare, apparentemente, il numero degli inquinanti rispetto alle stazioni di

monitoraggio-osservazione. Nel caso dei metalli pesanti in falda la migrazione è forte-

mente infl uenzata da processi geochimici che possono ritardarne il processo dalle aree

prossime alla sorgente di dispersione verso altre porzioni del sito, come anche, lo stato di

ossidazione delle specie metalliche può subire variazioni indotte dallo stato geochimico

del sistema e dalle attività di messa in sicurezza di emergenza del sito (MISE).

Nel caso del procedimento di caratterizzazione e bonifi ca del sito di Fenice, gli Enti com-

petenti hanno messo in campo azioni sinergicamente convergenti verso la MISE, la sua

rigorosa caratterizzazione e bonifi ca.

La MISE delle acque sotterranee è stata realizzata inizialmente utilizzando i nove pozzi di

monitoraggio e realizzando una barriera idraulica di 57 pozzi ed un sistema di monito-

raggio integrativo. La MISE degli impianti è stata attuata realizzando i seguenti interventi

fi nalizzati ad eliminare/prevenire perdite:

impermeabilizzazione dei bacini di contenimento delle sezioni di depurazione fumi •

della linea forno a griglia e forno rotante (90 mq);

verifi ca e rifacimento degli elementi di impianto quali collettori e subcollettori della •

rete tecnologica, canali di raccolta stillicidi e vasche in calcestruzzo;

verifi ca di tutte le rete fognarie - tecnologiche (1400 m) e nere (923 m) mediante •

videoispezione, prove di tenuta e l’impiego di traccianti naturali;

risanamento dei tratti risultati non a tenuta della rete fognaria tecnologica (220 m) e •

nera (501 m), mediante relining;

rifacimento integrale di tratti di rete fognaria tecnologica (112 m) e nera (16 m);•

revisione degli innesti di tutti i punti di immissione nei collettori fognari.•

La caratterizzazione del sito si è conclusa con la Conferenza di Servizi del 31/03/2011

che ha espresso parere favorevole all’approvazione dei risultati analitici e dell’analisi di

rischio sanitario ed ambientale, ha richiesto indagini integrative per completare lo stato

conoscitivo del sito e ha fi ssato gli obbiettivi di bonifi ca ed il termine di presentazione

del relativo progetto (18/10/2011).

L’analisi di rischio ha dimostrato che la tossicità degli inquinanti e le possibili esposizioni

subite dall’uomo, sia per i composti cancerogeni che per quelli non cancerogeni, in rela-

zione alle condizioni del sito registrate in fase di caratterizzazione, causa livelli di rischio

conformi ai limiti normativi.

Il progetto di bonifi ca delle acque sotterranee non è tuttora compiutamente defi nito ed

è oggetto di controversia innanzi alla Magistratura Amministrativa, adita da Fenice Am-

biente srl. Malgrado la controversia, il soggetto obbligato non ha potuto sottrarsi all’ob-

bligo di completare la progettazione operativa degli interventi che comporta la formu-

lazione del modello idrogeologico di riferimento correlato allo stato di contaminazione

del sito, sperimentazioni di laboratorio e test pilota a scala reale.

L’obiettivo fi nale del procedimento resta la bonifi ca del sito e l’adeguamento con mo-

difi che impiantistiche, attualmente realizzate in parte, integrate con un sistema di mo-

nitoraggio che, attraverso una fase specifi ca di calibrazione del sito, possa impedire il

ripetersi di eventi di contaminazione.

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FOCUSITREC e monitoraggio

L’impianto ITREC è stato costruito nel periodo 1965 - 1970 dal CNEN (Comitato Nazionale

per l’Energia Nucleare), oggi ENEA. Tra il 1969 e il 1971, in seguito all’accordo tra il CNEN

e la statunitense USAEC (United States Atomic Energy Commission), sono stati trasferiti

nell’impianto 84 elementi di combustibile irraggiato uranio - torio, provenienti dal reat-

tore sperimentale Elk River (Minnesota), stoccati per anni in una piscina all’interno del

Centro Ricerca ENEA Trisaia di Rotondella. Nell’impianto ITREC sono state condotte ricer-

che sui processi di ritrattamento e riprocessamento del ciclo uranio - torio per verifi care

l’eventuale convenienza tecnico - economica rispetto al ciclo del combustibile uranio -

plutonio normalmente impiegato. Dal 1975 al 1978 sono stati riprocessati 20 elementi.

Nel 1987, a seguito del referendum sul nucleare, le attività sono state interrotte. Da allora

è stato garantito il mantenimento in sicurezza dell’impianto a tutela della popolazione

e dell’ambiente. A partire dal 2003, lo Stato ha affi dato la gestione del Centro di Ricerca

di Rotondella alla Sogin Spa, (Società di gestione di impianti nucleari, controllata dal Go-

verno) la cui missione è quella di smantellare l’impianto ITREC in piena compatibilità con

l’ambiente, adottando i più severi standard di sicurezza sul lavoro e di radioprotezione.

In seguito all’attività dell’impianto ITREC attualmente nel Centro di Ricerca Trisaia di Ro-

tondella sono presenti:

rifi uti solidi ad alta attività prodotti nel corso della campagna di prove nucleari. •

Fino al 1982 tali rifi uti sono stati immagazzinati in fusti petroliferi e collocati nel De-

posito Interrato (Fossa 7.1), dove sono stati immobilizzati con colata di cemento. Dal

1982 i rifi uti solidi ad alta attività sono custoditi in contenitori schermati ed imma-

gazzinati nelle strutture di deposito;

rifi uti solidi a bassa attività prodotti nel corso della campagna di prove pre-nucle-•

ari e nucleari e nel successivo periodo di mantenimento in sicurezza dell’impianto.

Tali rifi uti sono custoditi in fusti petroliferi nelle strutture di deposito. Sono in corso

attività di trattamento (supercompattazione e inglobamento in cemento in appositi

overpack);

rifi uti liquidi prodotti durante le prove nucleari dell’impianto. Sia i rifi uti liquidi a •

bassa attività che quelli ad alta attività sono stati cementati;

soluzione nitrica "prodotto fi nito". Ottenuta dalle operazioni di riprocessamento dei •

20 elementi. Attualmente è immagazzinata in un serbatoio ed è destinata ad essere

smaltita come rifi uto previa cementazione nell’Impianto di Cementazione del Pro-

dotto Finito (ICPF).

LA DISATTIVAZIONE DELL’IMPIANTO ITREC

La disattivazione dell’impianto ITREC prevede le seguenti attività:

rimozione e bonifi ca del Deposito Interrato;•

solidifi cazione della soluzione Prodotto Finito mediante l’impianto ICPF e realizza-•

zione del Deposito annesso all’impianto che sarà utilizzato per stoccare "tempora-

neamente" ed "esclusivamente" i manufatti prodotti dalla cementazione del Prodot-

to Finito, in attesa di essere poi trasferiti al Deposito Nazionale;

sistemazione del combustibile Elk River;•

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trattamento e condizionamento dei rifi uti solidi a bassa attività in contenitori idonei •

per il conferimento al deposito nazionale.

In data 22/07/2011, la Società Sogin ha presentato al Ministero dello Sviluppo Economi-

co ed alla Regione Basilicata, ai sensi dell’art. 55 del D. Lgs. n. 230/1995 (e s.m.i.), l’istanza

per l’autorizzazione alla disattivazione dell’impianto ITREC del Centro Trisaia di Rotondel-

la (MT). Considerato che l’art. 56 comma 1 del citato decreto legislativo prevede che la

Regione Basilicata formuli le proprie eventuali osservazioni, in data 11 ottobre 2011 con

deliberazione n. 1453, la Giunta regionale ha costituito un gruppo tecnico con qualifi cate

risorse interne ed esterne all’amministrazione regionale e con le necessarie competenze

tecniche e professionali per la valutazione tecnico-scientifi ca del progetto. Nella suddet-

ta deliberazione è stato stabilito che il progetto di disattivazione dell’impianto ITREC del

Centro Trisaia di Rotondella (MT) dovrà avere come obiettivo il raggiungimento di una

situazione fi nale stabile dal punto di vista tecnico e sociale, che protegga al contempo i

lavoratori, la popolazione e l’ambiente.

IL PROGETTO DI MONITORAGGIO

In attuazione del protocollo d’intesa per la promozione dell’epidemiologia ambientale

tra ARPAB e Regione Basilicata - Dipartimento Salute1sottoscritto nel 2008, è stato con-

dotto un progetto di indagine inerente l’impatto sanitario del Centro di Ricerca ENEA

- Trisaia di Rotondella attuato da un apposito gruppo di lavoro interno. L’indagine foca-

lizza l’interesse sull’Impianto ITREC identifi cato quale possibile fonte di inquinamento ra-

dioattivo, al fi ne di valutarne l’impatto sulla salute della popolazione residente in comuni

ad un raggio di 20 km. Nel presente documento vengono riportati sia gli aspetti relativi al

monitoraggio ambientale sia gli aspetti relativi alla morbilità per alcune malattie.

L’ARPAB ha avviato nel giugno 2005 la strutturazione dei laboratori del proprio Centro

Regionale di Radioattività ambientale (C.R.R.) presso la sede del Dipartimento Provincia-

le di Matera, per svolgere le attività di campionamento e analisi di matrici ambientali ed

alimentari fi nalizzate a monitorare l’andamento spaziale e temporale dei livelli di radio-

attività e inserire la Regione Basilicata nelle reti di monitoraggio regionale e nazionale.

Contestualmente alla strutturazione dei laboratori sono stati messi a punto i sistemi ana-

litici e le metodiche di analisi2 per l’avvio concreto, nel 2006, delle attività di analisi.

Per la zona interessata dall’impianto nucleare (ITREC) di Trisaia viene attuato annualmen-

te uno specifi co programma di monitoraggio (campionamento e analisi)3 con l’obiettivo

principale di costruire un archivio storico dei livelli di radioattività regionali, nonché della

zona intorno all’ITREC di Rotondella e di tenerne sotto controllo l’andamento spaziale e

temporale. Pertanto, i punti, le matrici e le frequenze di campionamento, nonché le tipo-

logie e le metodiche di analisi (di radioattività) sono scelti opportunamente ai fi ni della

valutazione della "dose effi cace" alla popolazione più esposta (gruppo critico della popo-

lazione), tenendo conto delle vie (critiche) di diff usione della radioattività fi no all’uomo

(dose esterna da irraggiamento, dose interna da inalazione, ingestione o contatto in caso

di contaminazione delle matrici ambientali quali suolo, aria, acqua).

La normativa vigente di riferimento fi ssa il limite di dose effi cace corrispondente alla

somma dei relativi contributi per esposizione esterna e per esposizione interna, nel perio-

do di riferimento (generalmente l’anno solare). Tale grandezza fi sica non è direttamente

1 Determinazione ARPAB n. 282 del 15 settembre 2008.

2 Alcune metodiche di analisi più complesse sono state implementate e testate nell’ambito di un progetto di ge-

mellaggio espletato con ARPA Piemonte e ARPA Emilia Romagna.

3 Nel corso dell’anno 2010 il programma di monitoraggio finalizzato alla Rete Locale è stato attuato sulla base di

quanto disposto dalla Direzione ARPAB con delibera n. 287 del 19/09/2008.

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misurabile, per cui è necessario individuare dei limiti derivati, correlati con il limite di

legge ed espressi in termini di grandezze misurate (quali il rateo di dose ambientale e

la concentrazione di radioattività). Il limite di dose effi cace (per la popolazione) è pari

a 1 mSv/anno; applicando il criterio di non rilevanza radiologica la corrispondente so-

glia di dose effi cace è un centesimo del limite suddetto e quindi pari a 10 μSv/anno. I

dati del monitoraggio sulla radioattività ambientale in Basilicata vengono trasmessi alla

Rete Nazionale RESORAD coordinata da ISPRA. Sono disponibili per la consultazione sul

sito http://www.arpab.it/radio/radio.asp i rapporti con i relativi dati di analisi e i limiti di

riferimento. La validità dei dati di analisi prodotti dall’ARPAB può essere confermata an-

che dall’esito positivo degli interconfronti analitici eff ettuati con ARPA Piemonte ed ARPA

Emilia Romagna. Il programma prevede il monitoraggio delle seguenti matrici.

Dose gamma ambientale. L’ARPAB dispone di due centraline fi sse di monitoraggio •

continuo e remoto della dose gamma ambientale installate nella zona circostante

l’ITREC di Trisaia, in due punti opportunamente individuati in relazione alle direzioni

prevalenti del vento rispetto al camino di emissione dell’impianto nucleare. I relativi

dati, acquisiti in continuo, vengono trasmessi, memorizzati ed elaborati presso la

sede del C.R.R. di Matera.

Aria. I campioni analizzati nell’anno di riferimento sono costituiti dal particolato at-•

mosferico (PM10) raccolto da un aspiratore d’aria in continuo installato presso la

sede del Dipartimento Provinciale di Matera dell’ARPAB. Sui fi ltri giornalieri vengono

eff ettuate analisi alfa e beta totali e sull’insieme di più fi ltri (relativi a 15-30 giorni)

sono eff ettuate analisi di spettrometria gamma per valutare i livelli di concentrazio-

ne di attività sul particolato atmosferico nei relativi periodi di raccolta.

Fallout. A partire dall’anno 2009 vengono eseguiti anche campionamenti e analisi •

del "fallout" (deposizione al suolo - totale), matrice considerata tra quelle più rappre-

sentative ai fi ni del monitoraggio regionale della radioattività ed inserita nella Rete

Nazionale coordinata dall’ISPRA (rete RESORAD). Il punto di prelievo è all’esterno

della sede del Dipartimento Provinciale ARPAB di Matera, in uno spazio scoperto e

lontano da edifi ci, ove vengono esposti n. 9 bidoni di plastica (non porosa) copren-

do una superfi cie di 1.56 mq. La raccolta è continua e il prelievo avviene in relazione

alla piovosità del periodo e comunque in modo tale da consentire l’analisi sul raccol-

to mensile, previo adeguato trattamento e concentrazione (tramite evaporazione)

dello stesso.

Terreno. Sono state campionate ed analizzate varie matrici di terreno, con distin-•

te fi nalità di valutazione. In molti casi si è trattato di specifi che indagini ambientali

fi nalizzate ad escludere - in zone circoscritte - la presenza di una contaminazione

superfi ciale del suolo, rispetto alla rilevanza radiologica; in altri casi trattasi di cam-

pionamenti periodici sempre negli stessi punti, individuati in siti indisturbati. Per le

analisi su campioni di terreno non superfi ciale - al di sotto di 5 cm - sono stati assunti

come valori di riferimento quelli rilevati su terreno campionato a diverse profondità

al fi ne di valutare l’andamento verticale del Cs-137 nel suolo.

Acqua, limo e sedimenti fl uviali. I campioni relativi alle matrici fl uviali analizzati sono •

stati prelevati sia lungo il corso del fi ume Sinni, a monte e a valle dell’ITREC, sia nel

fi ume Basento, in agro di Campomaggiore (PZ). L’acqua di fi ume, prelevata in quan-

tità di 20 litri per ciascun campione, viene fi ltrata attraverso specifi che resine - anio-

nica e cationica - che trattengono i radionuclidi di interesse - e che vengono sotto-

poste alle analisi di spettrometria gamma.

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Detrito Minerale Organico Sedimentabile (DMOS). Tale campione è costituito dal •

particolato in sospensione nelle acque superfi ciali che viene prelevato con oppor-

tuni sistemi di raccolta, immersi nell’acqua per circa quindici giorni. Sul materiale

intrappolato nei campionatori vengono eff ettuate analisi di spettrometria gamma,

previo trattamento di sedimentazione e separazione.

Acqua di mare. I campioni sono relativi a due ambienti marini: il Tirreno, località Ma-•

ratea e lo Jonio, nei pressi della zona di scarico dell’ITREC di Trisaia - Rotondella. Tali

campioni vengono evaporati fi no ad ottenere il sale (circa 40 g/litro), su cui vengono

eff ettuate le analisi di spettrometria gamma.

Poseidonia oceanica e sedimenti marini. I campionamenti delle matrici marine ven-•

gono eseguiti tramite sommozzatore nel mar Tirreno presso Maratea (PZ), vengono

prelevati anche campioni di poseidonia oceanica su cui vengono eff ettuate analisi

di spettrometria gamma. Tale matrice è tra quelle più rappresentative per monitora-

re lo stato di radioattività dell’ambiente marino.

Le matrici alimentari. Periodicamente vengono eff ettuate analisi di spettrometria •

gamma su matrici alimentari prelevate dalle ASL regionali, tipo latte, ortaggi, pesce,

grano. Nel corso dell’anno 2010 i campioni sono stati forniti al laboratorio del C.R.R. -

ARPAB soltanto dalla ex ASL n. 5 di Montalbano Jonico. I campioni alimentari vengo-

no analizzati "tal quali" per la spettrometria gamma. Su campioni compositi di latte

viene eff ettuato il trattamento radio-chimico di estrazione dello Sr-90 e, successiva-

mente, eseguite analisi con sistema di conteggio beta totale a basso fondo.

Risultati. In relazione alle matrici analizzate e ai periodi di prelievo risulta che i livelli •

di radioattività riscontrati rientrano nei range delle corrispondenti medie nazionali

e al di sotto dei livelli di NON rilevanza radiologica, attualmente derivati dalle valu-

tazioni tecniche eff ettuate dal C.R.R. - ARPAB, anche sulla base dei dati bibliografi ci

ad oggi disponibili4.

LO STATO DI SALUTE

L’analisi descrittiva della morbilità per alcune malattie dentro l’area oggetto di studio,

comparata con altre ripartizioni, è presentata col solo scopo di fornire una informazione

"grezza" sulla dimensione del fenomeno in analisi, per verifi carne una eventuale speci-

fi cità che necessiti di strumenti analitici ad hoc e di verifi che nei gruppi specifi ci. L’orga-

nizzazione e la realizzazione dell’indagine epidemiologica riguardante l’area in questio-

ne è stata articolata in diverse fasi: costituzione del gruppo di lavoro multidisciplinare;

individuazione dell’area e della popolazione da studiare; selezione dei metodi di studio;

elaborazione dei dati; interpretazione dei risultati; stesura della relazione fi nale.

L’area di studio riguarda il territorio ricadente nella provincia di Matera - ex ASL n. 5 - in

un raggio di 20 km dal Centro ENEA, in vicinanza del quale si svolgono intense attività di

lavoro e di vita. La delimitazione territoriale, defi nita in accordo con l’ARPAB, circoscrive

l’area che potrebbe aver maggiormente risentito di una eventuale dispersione ambien-

tale di radionuclidi.

Di seguito si riportano i comuni ricadenti nel distretto individuato come Area Trisaia: Co-

lobraro, Montalbano Jonico, Nova Siri, Policoro, Rotondella, San Giorgio Lucano, Tursi,

Scanzano Jonico, Valsinni.

4 Tutti i dati di monitoraggio effettuati, compresi i dati delle centraline di Matera città, possono essere consultati

presso il C.R.R. - ARPAB di Matera.

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La coorte di studio (popolazione residente in Basilicata - anni 2005/2007 che ha aff ron-

tato un primo ricovero per le specifi che patologie nel periodo individuato) è risultata

costituita complessivamente da 19.867 persone (8.340 maschi e 11.527 femmine), di cui

per patologia (numero riferito al totale dei casi osservati nel periodo 2005/2007):

Tumori: (esclusi i tumori benigni) - Area Trisaia n. 647; ex ASL 5 n. 1.063; Basilicata n. •

8.644.

Leucemie specifi cate e non - Area Trisaia n. 31; ex ASL 5 n.47; Basilicata n. 444. •

Linfomi - Area Trisaia n. 32; ex ASL 5 n.55; Basilicata n. 475.•

Patologie tiroidee (tutte) - Area Trisaia n. 204; ex ASL 5 n.358; Basilicata n.4.388.•

Tumori maligni della tiroide - Area Trisaia n. 40; ex ASL 5 n.58; Basilicata n. 301.•

Malformazioni congenite - Area Trisaia n. 222; ex ASL 5 n. 317; Basilicata n. 3.040.•

Aborti spontanei: Area Trisaia n. 226; ex ASL 5 n.352; Basilicata n. 2.575.•

L’accertamento dello stato di salute è stato seguito per l’intero arco temporale conside-

rando di ogni singolo soggetto solo il ricovero iniziale (caso incidente), eludendo ogni

successiva segnalazione di patologia specifi ca. L’incidenza osservata nella coorte - "Area

Trisaia" (triennio considerato) è stata comparata con la popolazione residente nel territo-

rio di competenza della ex ASL n. 5 e nella totalità dei residenti in Basilicata.

RISULTATI

La realizzazione dell’indagine sul campo è iniziata nel 2008, dopo la stipula del docu-

mento di collaborazione ARPAB/Settore di Epidemiologia Ambientale e Dipartimento

Salute della Regione/Uffi cio Politiche della Prevenzione/Osservatorio Epidemiologico

Regionale ed è stata ultimata nel settembre 2010. La descrizione dei risultati di seguito

esposta, relativa alla analisi eff ettuata, è orientata alla comprensione ed al confronto dei

dati, stratifi cati per territorio d’interesse: Area Trisaia vs territorio ex ASL n. 5 vs Regione.

La natura delle associazioni tra eccessi di condizioni patologiche ad eziologia multifat-

toriale come quelle in esame è di non facile interpretazione. Le osservazioni eff ettuate

riguardano sia specifi che patologie per esposizione a materiale radioattivo che per altri

gruppi di condizioni cliniche che derivano da molteplici e diverse cagioni.

Il sito analizzato, infatti, rivela una complessità di sorgenti inquinanti e una molteplice

natura delle esposizioni, subordinate alla presenza di altre condizioni di rischio (es. uso di

fertilizzanti, altri insediamenti produttivi locali ed extra-regionali limitrofi , etc.).

Per l’"Area Trisaia", relativamente ai tumori tutti - triennio 2005/2007 - tasso standardizza-

to per 100.000 abitanti - si è evidenziato un andamento diff erente tra i due generi:

Maschi - comparazione inferiore alla media regionale ma di qualche punto maggio-•

re rispetto dato medio espresso dal territorio della ex ASL 5;

Femmine - comparazione superiore al dato medio regionale e al dato medio espres-•

so dal territorio della ex ASL 5.

Di conseguenza, l’accostamento manifesta un dato totale dell’area d’interesse inferiore

alla media regionale ma superiore alla media espressa dal territorio dell’ex ASL 5.

Per quanto riguarda i tumori del sangue, le leucemie palesano un dato totale inferiore

alla media regionale e pressoché in linea con il valore espresso dalla ex ASL 5 con le se-

guenti diff erenze di genere:

Maschi - comparazione decisamente inferiore vs la Basilicata e pressoché in linea vs •

l’ex ASL 5;

Femmine - comparazione superiore di qualche punto rispetto alle due aree di •

confronto.

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I linfomi rappresentano un dato totale dell’Area Trisaia inferiore alla media regionale ma

perfettamente in linea vs l’ex ASL 5; si riportano le diff erenze di genere rilevate:

Maschi - comparazione decisamente inferiore vs la Basilicata ed in linea vs l’ex ASL 5;•

Femmine - comparazione al di sotto di qualche punto rispetto alle due aree di •

confronto.

Le malattie della tiroide nella loro totalità danno risultati inferiori rispetto a quelli espres-

si dall’ex ASL 5 e decisamente inferiori rispetto ai risultati medi regionali.

Tuttavia, i tumori maligni della tiroide mostrano un andamento contrapposto per entram-

bi i sessi, con un dato fi nale d’area superiore sia vs l’ex ASL 5 che vs la media regionale,

sebbene gli scostamenti più signifi cativi riguardino il confronto con la media regionale in

un contesto d’area dove risulta generalmente più elevato anche il dato della ex ASL 5.

Le malformazioni congenite rappresentano un rilevante problema di salute pubblica

avendo un grosso impatto sulla morbi/mortalità neonatale. Lo studio di queste condi-

zioni utilizza diversi strumenti, quali le schede di dimissione ospedaliera (SDO), per evi-

denziare valori riguardanti l’intera popolazione dell'area.

È da rimarcare, tuttavia, la possibilità di casi sfuggiti per minore gravità e/o per mancata

verifi ca/segnalazione di eventuali malformazioni congenite nei nati morti quali causa/

concausa di decesso.

Il tasso standardizzato riferito al triennio considerato rivela per l’ "Area Trisaia" un anda-

mento inferiore a quello medio regionale ma superiore a quello dell’ ex Asl 5. Le diff eren-

ze di genere sono di seguito specifi cate:

Maschi - comparazione decisamente inferiore vs la Basilicata, di qualche punto su-•

periore vs l’ex ASL 5;

Femmine - comparazione al di sopra del valore espresso sia dal dato medio regiona-•

le sia dal territorio della ex ASL 5.

Le rispondenze, a confronto "Area Trisaia - ex ASL n.5 - Regione", per sesso - triennio

2005/2007 - tassi grezzi e standardizzati - sono riportate nelle tabelle relative.

TABELLA 1. MORBOSITÀ PER TUMORI MALIGNI (TUTTI); PER LEUCEMIE SPECIFICATE E NON; PER LINFOMI; PER MALAT-TIE DELLA TIROIDE (TUTTE); PER TUMORI MALIGNI DELLA TIROIDE; PER MALFORMAZIONI (TUTTE) - TASSO GREZZO PER 100.000 ABITANTI - AREA TRI-SAIA VS EX ASL 5 E BASILICATA - MASCHIFonte: nostra elaborazione

Territorio Tumori

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Leucemie

specifi che

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Linfomi Malattie

della tiroide

(tutte)

Tumori

maligni

della tiroide

Malformazioni

congenite

(tutte)

MASCHI - TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 458,19 22,98 24,33 71,28 13,52 147,33

Ex ASL 5 480,67 23,53 24,37 71,43 11,76 136,97

Basilicata 556,48 32,69 32,47 113,86 7,89 209,99

TABELLA 2. MORBOSITÀ PER TUMORI MALIGNI (TUTTI); PER LEUCEMIE SPECIFICATE E NON; PER LINFOMI; PER MALAT-TIE DELLA TIROIDE (TUTTE); PER TUMORI MALIGNI DELLA TIROIDE; PER MALFORMAZIONI (TUTTE) - TASSO GREZZO PER 100.000 ABITANTI - AREA TRI-SAIA VS EX ASL 5 E BASILICATA - FEMMINEFonte: nostra elaborazione

Territorio Tumori

(tutti)

Leucemie

specifi che

e non

Linfomi Malattie

della tiroide

(tutte)

Tumori

maligni

della tiroide

Malformazioni

congenite

(tutte)

FEMMINE - TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 405,69 18,44 18,44 202,95 39,52 148,84

Ex ASL 5 398,25 15,41 21,09 221,43 35,69 124,91

Basilicata 416,23 17,42 21,05 373,9 25,57 132,61

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Gli aborti spontanei, comune complicanza della gestazione, hanno un rischio che si ag-

gira, normalmente, intorno al 15-20% delle gravidanze. Tra i fattori che in qualche ma-

niera possono infl uenzare/condizionare la gestazione, fi no a causarne un’interruzione

spontanea, si annovera principalmente l’età della madre, ma non trascurabile è anche

l’inquinamento ambientale. L’indicatore di abortività spontanea, utilizzato nello studio, è

il tasso grezzo di abortività spontanea, cioè il rapporto fra gli aborti eff ettuati da donne

in età feconda (15-49 anni) e la popolazione media femminile dell’anno in età feconda,

moltiplicato per 1.000. A seguire i rilievi d’area.

TABELLA 3. MORBOSITÀ PER TUMORI MALIGNI (TUTTI); PER LEUCEMIE SPECIFICATE E NON; PER LINFOMI; PER MALAT-TIE DELLA TIROIDE (TUTTE); PER TUMORI MALIGNI DELLA TIROIDE; PER MALFORMAZIONI (TUTTE) - TASSO GREZZO PER 100.000 ABITANTI - AREA TRI-SAIA VS EX ASL 5 E BASILICATA - TOTALEFonte: nostra elaborazione

Territorio Tumori

(tutti)

Leucemie

specifi che

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Linfomi Malattie

della tiroide

(tutte)

Tumori

maligni

della tiroide

Malformazioni

congenite

(tutte)

TOTALE - TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 431,60 20,68 21,35 137,98 26,68 148,09

Ex ASL 5 438,73 19,40 22,70 147,76 23,94 130,83

Basilicata 485,08 24,92 26,66 246,24 16,89 170,60

TABELLA 4. MORBOSITÀ PER TUMORI MALIGNI (TUTTI); PER LEUCEMIE SPECIFICATE E NON; PER LINFOMI; PER MALAT-TIE DELLA TIROIDE (TUTTE); PER TUMORI MALIGNI DELLA TIROIDE; PER MALFORMAZIONI (TUTTE) - TASSO STANDARDIZ-ZATO PER 100.000 ABITANTI - AREA TRISAIA VS EX ASL 5 E BASILICATA - MASCHI Fonte: nostra elaborazione

Territorio Tumori

(tutti)

Leucemie

specifi che

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Linfomi Malattie

della tiroide

(tutte)

Tumori

maligni

della tiroide

Malformazioni

congenite

(tutte)

MASCHI - TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 465,79 22,69 25,25 76,42 14,01 148,03

Ex ASL 5 459,55 21,82 24,01 74,53 12,38 136,39

Basilicata 528,45 30,44 31,18 115,56 8,09 212,88

TABELLA 5. MORBOSITÀ PER TUMORI MALIGNI (TUTTI); PER LEUCEMIE SPECIFICATE E NON; PER LINFOMI; PER MALAT-TIE DELLA TIROIDE (TUTTE); PER TUMORI MALIGNI DELLA TIROIDE; PER MALFORMAZIONI (TUTTE) - TASSO STANDARDIZ-ZATO PER 100.000 ABITANTI - AREA TRISAIA VS EX ASL 5 E BASILICATA - FEMMINEFonte: nostra elaborazione

Territorio Tumori

(tutti)

Leucemie

specifi che

e non

Linfomi Malattie

della tiroide

(tutte)

Tumori

maligni

della tiroide

Malformazioni

congenite

(tutte)

FEMMINE - TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 434,66 19,14 18,91 203,76 39,14 150,16

Ex ASL 5 405,27 15,29 21,02 222,07 35,59 127,52

Basilicata 413,28 16,93 21,16 379,1 25,74 133,03

TABELLA 6. MORBOSITÀ PER TUMORI MALIGNI (TUTTI); PER LEUCEMIE SPECIFICATE E NON; PER LINFOMI; PER MALAT-TIE DELLA TIROIDE (TUTTE); PER TUMORI MALIGNI DELLA TIROIDE; PER MALFORMAZIONI (TUTTE) - TASSO STANDARDIZ-ZATO PER 100.000 ABITANTI - AREA TRISAIA VS EX ASL 5 E BASILICATA - TOTALEFonte: nostra elaborazione

Territorio Tumori

(tutti)

Leucemie

specifi che

e non

Linfomi Malattie

della tiroide

(tutte)

Tumori

maligni

della tiroide

Malformazioni

congenite

(tutte)

TOTALE - TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 456,29 21,27 22,19 141,85 26,97 149,34

Ex ASL 5 436,78 18,71 22,62 150,13 24,29 132,16

Basilicata 474,15 23,86 26,23 249,96 17,12 172,02

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NOTA

Bisogna sottolineare che una indagine così condotta, (senza riferimenti ad altre condi-

zioni ambientali e di salute dei residenti) sicuramente non può essere esaustiva riguardo

all’associazione tra esposizione ed eff etti, non prendendo atto di altre condizioni perso-

nali e non (l’abitudine al fumo di sigaretta, l’esposizione al fumo passivo, l’esposizione ad

agenti chimici e fi sici sul luogo di lavoro, l’esposizione a contaminazioni ambientali o di

altra possibile origine (traffi co veicolare, pesticidi, etc.), la valutazione dell’esposizione

giornaliera agli aero-inquinanti, etc) che condizionano l’insorgere ed il perdurare di uno

stato patologico. Tuttavia questa analisi, sebbene solo esploratrice, potrebbe rappresen-

tare un iniziale impegno per una raccolta organica e sistematica volta a costruire un data-

base, punto di partenza e di riferimento per iniziative analoghe volte ad aff rontare in

modo scientifi camente rigoroso ed effi cace il tema ambiente/salute nei siti monitorati

per il rischio di inquinamento del territorio.

TABELLA 7. ABORTI SPONTANEI - TOTALE AREA TRISAIA VS EX ASL 5 E REGIONE BASILICATA - TRIENNIO 2005/2007Fonte: nostra elaborazione

Totale casi

Triennio 2005/2007

Tasso grezzo per 1.000 donne

in età fertile (15-49 anni)

TRIENNIO 2005/2007

Area Trisaia 226 5,96

ex ASL 5 352 5,93

Basilicata 2.575 5,98

Page 267: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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Costa Ionica, evento alluvionale. Archivio Autorità di Bacino di Basilicata

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Rischio idrogeologico

Capitolo 14

Il dissesto idrogeologico costituisce una delle problematiche ambientali più rilevanti del-

la Basilicata. Particolare criticità deriva dal fatto che i fenomeni di dissesto sono presenti

in quasi tutte le superfi ci limitrofe e interne ai centri urbani ubicati sui rilievi principali e

secondari dell’Appennino Lucano. E’ infatti da evidenziare che, nel corso degli ultimi cen-

to anni ben 19 dei 131 centri abitati della Basilicata sono stati oggetto di provvedimento

di trasferimento parziale o totale.

Le cause della fragilità del territorio lucano sono da ascrivere a molteplici fattori, sia di

origine naturale, quali le particolari caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idro-

geologiche e sismiche, sia di origine antropica, fra i quali assumono particolare rilievo gli

usi del suolo praticati nel territorio nel corso della storia. Vaste azioni di disboscamento e

dissodamento hanno interessato a più riprese i versanti montani e collinari, sulla spinta

delle esigenze della popolazione via via determinatesi nel corso dei secoli, innescando,

in un territorio dalle caratteristiche geologiche fragili, processi di erosione e di dissesto.

Negli ultimi decenni, alcuni interventi, di sistemazione e consolidamento sono stati at-

tuati sulla scorta delle risorse fi nanziarie sempre esigue rispetto all’entità e alla diff usione

dei fenomeni e che, di certo, non sono state suffi cienti a garantire la stabilità idrogeolo-

gica del territorio, evidenziando che le problematiche del dissesto necessitano oltre che

di interventi, anche di azioni di prevenzione e strumenti di pianifi cazione del territorio

caratterizzati da un approccio intersettoriale e riferiti ad ambiti territoriali unitari.

Sulla base di tali necessità la legge 183/891 ha introdotto un profondo processo di riordi-

no in materia di gestione e tutela territoriale e ambientale, basato sulla suddivisione del

territorio in bacini idrografi ci, dotati di Autorità di Governo (Autorità di bacino) aventi il

compito e le funzioni di svolgere attività conoscitiva, pianifi catoria e gestionale necessa-

ria al raggiungimento degli obiettivi di difesa del suolo e gestione razionale delle risorse

idriche. Il principale strumento per il perseguimento dei fi ni suddetti è rappresentato

1 La L. 183/89 è il principale atto normativo in materia di difesa del suolo, è fondato su una concezione maturata

a seguito di un dibattito disciplinare più che ventennale, secondo la quale politiche di difesa del suolo e di gestione

delle risorse idriche efficaci devono necessariamente riferirsi ad ambiti territoriali unitari (bacini idrografici), che supe-

rano le logiche di frammentazione amministrativa e di mancato coordinamento degli interventi.

Page 270: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

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dal Piano di Bacino2, che costituisce, secondo i contenuti della L. 183/89, un piano terri-

toriale di settore, con una duplice valenza, conoscitiva e pianifi catoria-programmatica a

cui corrispondono, quali fasi sequenziali ed interrelate, piani per sottobacini o per stralci

relativi a settori tematici.

In conseguenza degli eventi calamitosi verifi catisi nel decennio successivo alla L.183 (fra i

quali Sarno nel 1998, Soverato nel 2000), sono stati emanati una serie di decreti che han-

no introdotto l’obbligo di redazione, da parte delle Autorità di Bacino, del Piano Stralcio

per l’Assetto Idrogeologico (PAI), contenente la individuazione e perimetrazione delle aree

a rischio di frana e a rischio di alluvione da sottoporre a specifi che misure di salvaguardia

per la tutela delle popolazioni, dei beni economici, storici, ambientali.

A seguito dell’emanazione dei suddetti decreti anche la Basilicata è stata dotata di PAI,

tuttora vigenti, redatti dalle Autorità di Bacino territorialmente competenti.

RID1. RISCHIO FRANA. SUPERFICI A RISCHIO FRANA

I Piani Stralcio per l’Assetto Idrogeologico oltre a costituire fondamentale strumento per

la prevenzione dai rischi, rappresentano una importante fonte di dati conoscitivi, alla

quale ci si è riferiti per la elaborazione degli indicatori sintetici di seguito riportati.

2 Il Piano di Bacino come strumento di natura conoscitiva delinea un quadro di informazioni, opportunamente

raccolte ed organizzate da cui emergono le criticità ambientali, le situazioni di emergenza territoriale e settoriale, le

problematiche legate alla componente antropica; come strumento programmatico il Piano ha contenuti molteplici

e complessi, fra i quali la definizione di linee strategiche di intervento, di programmi di intervento basati sulle prio-

rità, di vincoli e prescrizioni ai fini della conservazione del suolo e della prevenzione da effetti dannosi derivanti da

interventi antropici.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE DISPR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

RID1 Superfi ci a rischio

di frana

S km2 Autorità di Bacino Regione 2010 −

RID2 Suddivisione delle

superfi ci per classe

di rischio

S km2 Autorità di Bacino Regione 2010 −

RID3 Rischio idraulico S km2 Autorità di Bacino Regione 2010 ↔

RID4 Organizzazione

istituzionale

R km2 Autorità di Bacino Regione 2012 ☺ ↑

RID5 Pianifi cazione di

Bacino

R N° piani

vigenti e

in itinere

Autorità di Bacino Regione 2001-2011 ☺ ↑

RID6 Attività di Polizia

Idraulica

R N° di

sezioni

Autorità di Bacino Territorio di

competenza

dell’AdB

Basilicata

2003-2008 ☺ −

RID7 Interventi attuati R euro Regione Regione 2003-2011 ☺ ↑

FIGURA 1. SUPERFICI A RISCHIO IDROGEOLOGICO (KM2), 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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Le due fi gure mettono a confronto l’estensione delle superfi ci a rischio da frana presenti

nella regione, nelle province di Potenza e di Matera, nonché il rapporto percentuale fra

superfi ci a rischio di frana e superfi ci territoriali.

Dal raff ronto emerge che la provincia di Potenza è caratterizzata da un valore percen-

tuale di aree a rischio superiore a quello regionale e, più che doppio rispetto a quello

della provincia di Matera ove, al contrario, sono presenti estensioni di superfi ci a rischio

idraulico più consistenti.

RID2. SUPERFICI A RISCHIO FRANA PER CLASSI DI RISCHIO

Come previsto dalla normativa in materia di difesa del suolo, i Piani Stralcio per l’Assetto

Idrogeologico classifi cano le aree a rischio di frana secondo quattro categorie: rischio

moderato (R1), rischio medio (R2), rischio elevato (R3) e rischio molto elevato (R4).

Le fi gure 3, 4 e 5 evidenziano che nel territorio regionale complessivamente le superfi ci

a rischio elevato e molto elevato rappresentano all’incirca il 60% del totale delle superfi ci

a rischio, facendo emergere la rilevanza della problematica.

L’indicatore mette a confronto le superfi ci a rischio suddivise per classi presenti nelle due

province. Si evidenzia che mentre nella provincia di Matera il rischio è quasi equamente

diviso tra le quattro classi, nella provincia di Potenza c’è una prevalenza di fenomeni a

rischio elevato, molto elevato e medio.

FIGURA 2. RAPPORTO PER-CENTUALE FRA LE SUPERFICI A RISCHIO IDROGEOLOGICO E SUPERFICI TERRITORIALI, 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 3. ESTENSIONE DELLE SUPERFICI A RI-SCHIO DA FRANA (KM2), 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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RID3. RISCHIO IDRAULICO

Parallelamente alle aree a rischio di frana i Piani Stralcio per l’Assetto Idrogeologico indi-

viduano le fasce di pertinenza fl uviale che sono interessate da rischio di alluvione. Esse

sono state suddivise per tempi di ritorno, ossia secondo la frequenza con la quale posso-

no essere alluvionate a seguito di fenomeni di piena: alta frequenza di inondazione (tr 30

FIGURA 4. VALORI PER-CENTUALI PER CLASSE DI RISCHIO, 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 5. ESTENSIO-NE DELLE SUPERFICI A RISCHIO SUDDIVISE PER CLASSI DI RISCHIO NELLE PROVINCE DI MATERA E POTENZA (KM2), 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 6. RISCHIO DI FRANA. STRALCIO DELLE AREE LIMI-TROFE AD UN CENTRO URBANO, TRATTO DAL PIANO PER L’AS-SETTO IDROGEOLOGICOFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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anni), moderata frequenza di inondazione (tr 200 anni), bassa frequenza di inondazione

(tr 500 anni).

In condizioni di rischio si trovano alcune parti di insediamenti produttivi e tratti di infra-

strutture viarie di fondovalle realizzati negli scorsi decenni in aree dalla morfologia favo-

revole ricadenti, tuttavia, all’interno delle fasce di pertinenza fl uviale.

Dal punto di vista ambientale le fasce e i fi umi lungo i quali si sviluppano, rivestono una

particolare importanza. Esse infatti svolgono una funzione di interconnessione tra aree

naturalistiche di rilievo, fra le quali due parchi nazionali (Pollino e Val D’Agri) e la aree

protette SIC e ZPS, costituendo i corridoi ecologici all’interno di una rete di importanza

primaria per la conservazione della biodiversità (vedi capitolo sulle aree protette).

FIGURA 7. LE FASCE DI PERTI-NENZA FLUVIALE ATTRAVER-SANO E CONNETTONO LE AREE PROTETTEFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 8. ESTENSIONE DELLE SUPERFICI A RISCHIO IDRAU-LICO NELLA REGIONE E NELLE DUE PROVINCE (KM2), 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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Le fi gure 8, 9 e 10 mettono a confronto le estensioni delle superfi ci a rischio idraulico

presenti nella regione, nelle province di Potenza e di Matera, nonché il rapporto percen-

tuale fra superfi ci a rischio e superfi ci territoriali.

Dal raff ronto emerge che esse ricadono prevalentemente nella provincia di Matera, at-

traversata dalla maggior parte dei corsi medi e inferiori dei fi umi (Bradano, Basento, Ca-

vone, Agri e Sinni).

La fi gura 11 evidenzia che i fi umi Bradano e Basento rappresentano i corsi d’acqua lungo

le cui sponde si sviluppano complessivamente più del 50% del totale delle aree allu-

vionabili della regione, seguiti da Agri, Sinni, Cavone e infi ne Noce, quest’ultimo avente

preminente carattere torrentizio.

Proprio le aree lungo i corsi medi e inferiori di Bradano e Basento nel mese di marzo 2011

sono state interessate da intensi eventi alluvionali che hanno provocato seri danni alle

attività agricole, agli insediamenti residenziali e produttivi, alle strutture turistiche e alle

infrastrutture (v. Focus 2).

FIGURA 9. VALORI PERCENTUA-LI RISPETTO ALLE SUPERFICI TERRITORIALI, 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 10. SUDDIVISIONE DEL-LE SUPERFICI A RISCHIO PER TEMPI DI RITORNO (KM2), 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 11. ESTENSIONE DELLE SUPERFICI A RISCHIO IDRAU-LICO SUDDIVISE PER BACINI IDROGRAFICI (KM2), 2010Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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RID4. ORGANIZZAZIONE ISTITUZIONALE

A seguito della L.183/89 la gestione della problematica della difesa del suolo è esercitata

da quattro Autorità di Bacino. L’AdB della Basilicata, con competenze sui bacini idrogra-

fi ci dei fi umi Bradano, Basento, Cavone, Agri, Sinni e Noce (di cui il Bradano e il Noce

parzialmente compresi nella Basilicata, gli altri totalmente), per una superfi cie di circa

7.644 km2 pari al 77% dell’intera regione; l’AdB della Puglia con competenze sul bacino

del fi ume Ofanto, per una superfi cie di circa 1.336 pari al 13% della regione; l’AdB Nazio-

nale del Sele con competenze sul bacino del fi ume Sele per una superfi cie di 834 km2

pari all’8% e infi ne in minima parte l’AdB della Calabria con competenze sul bacino del

Lao, per soli 174 km2.

A seguito dei decreti emanati alla fi ne degli anni ’90 in conseguenza di eventi calamitosi,

ciascuna delle AdB ha redatto il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI) per la par-

te di territorio di propria competenza.

I quattro Piani, approvati ed entrati in vigore negli anni 2001-2005, pur nell’ambito di

inevitabili diff ormità metodologiche, individuano, perimetrano e classifi cano sia le aree

a rischio di frana presenti lungo i versanti, sia le aree a rischio di alluvione lungo i corsi

d’acqua.

L’ACQUSIZIONE E L’AGGIORNAMENTO CONTINUO DEI DATI

L’acquisizione e l’aggiornamento continuo dei dati sono fra le azioni importanti che Re-

gione e Autorità di Bacino svolgono al fi ne di una conoscenza sempre più dettagliata e

omogeneamente estesa a tutto il territorio.

Ad esempio nel 2009 l’Autorità di Bacino della Basilicata ha acquisito le ortofoto a colori

ed il rilievo altimetrico di dettaglio, ottenuto mediante tecniche di laser scanning, delle

parti terminali dei corsi d’acqua principali e dell’intero tratto lucano della costa jonica,

che hanno consentito di perimetrare con maggiore precisione le aree inondabili relative

ad alcuni corsi d’acqua e di comprenderle nel Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico

(PAI).

Fra le iniziative più recenti si cita quella relativa all’acquisizione di un modello digitale del

terreno di precisione e di ortofoto a curve di livello lungo alcuni tratti della rete idrografi ca

minore, per la quale nell’agosto 2011 sono state avviate le procedure di gara.

Tali dati consentiranno di determinare le aree inondabili anche in riferimento a corsi d’ac-

qua secondari ricadenti nei bacini idrografi ci del Bradano, Basento, Cavone, Agri, Sinni

FIGURA 12. SUDDIVISIONE DEL-LA REGIONE SECONDO LE AUTO-RITÀ DI BACINO COMPETENTIFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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e Noce, estendendo, pertanto, le norme per la prevenzione dal rischio già vigenti per i

fi umi principali.

RID5. PIANIFICAZIONE DI BACINO

Gli strumenti della pianifi cazione di bacino sono i principali strumenti conoscitivi, nor-

mativi e tecnico-operativi mediante i quali vengono pianifi cate le norme d’uso fi nalizza-

te alla tutela dell’assetto idraulico e idrogeologico.

Come riportato nei paragrafi precedenti ciascuna delle quattro Autorità di Bacino con

competenza sul territorio regionale ha elaborato il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeolo-

gico avente la fi nalità di individuare e perimetrare le aree a rischio di frana e a rischio di

alluvione da sottoporre a specifi che misure di salvaguardia per la tutela delle popolazio-

ni, dei beni economici, storici, ambientali.

I PAI sono stati redatti tra il 2001 e il 2005 e sono stati nel corso degli anni aggiornati e

integrati più volte sulla base di nuove indagini, studi e approfondimenti, al fi ne di tener

conto delle evoluzioni del territorio e acquisire nuovi elementi conoscitivi.

Ai PAI si aggiungono: il Piano Stralcio per la determinazione del Bilancio Idrico e del De-

fl usso Minimo Vitale redatto dall’AdB della Basilicata nell’anno 2005, e il Piano di Gestione

del Distretto Idrografi co dell’Appennino Meridionale redatto con il coordinamento dell’AdB

Nazionale ricadente nel Distretto ai sensi del D.Lgs. 152/2006.

A partire dal mese di luglio 2010 le Autorità di Bacino regionali e interregionali comprese

all’interno del Distretto Idrografi co dell’Appennino Meridionale hanno concordemente

avviato le attività per la redazione del Piano di gestione delle alluvioni, in attuazione del

D.Lgs. 49/2010 e della Direttiva Europea 2007/603.

RID6. ATTIVITÀ DI POLIZIA IDRAULICA

Un importante contributo alla conoscenza delle condizioni di rischio caratterizzanti il

sistema idrografi co è fornito dall’Attività di Polizia Idraulica e di Controllo del Territorio (P.I.),

che l’Autorità di Bacino ha avviato a partire dall’anno 2003.

3 Nel mese di giugno 2013 è stata completata la elaborazione delle mappe della pericolosità e del rischio di alluvio-

ni da parte delle Autorità di Bacino di livello regionale, interregionale e nazionale comprese nel Distretto Idrografico

dell'Appennino Meridionale.

L'ultimazione delle mappe costituisce il completamento di una delle fasi del percorso di attuazione della Direttiva

Europea 2007/60 sul rischio alluvioni, recepita in Italia con D.Lgs.49/2010, a cui dovrà seguire, entro giugno 2015,

l'approvazione del Piano di gestione dei rischi di alluvioni.

TABELLA 2. STATO DELLA PIA-NIFICAZIONE DI BACINO

Autorità di Bacino

della Basilicata

Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico Approvato con Delibera del Comitato

Istituzionale n.26 del 5/12/2001

Autorità di Bacino

della Basilicata

Piano Stralcio del Bilancio Idrico

e del Defl usso Minimo Vitale

Approvato con Delibera del Comitato del

17/10/2005

Autorità di Bacino

della Puglia

Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico Approvato con Delibera del Comitato

Istituzionale n.39 del 0/11/2005

Autorità di Bacino

Interregionale del fi ume Sele

Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico Approvato con Delibera del Comitato

Istituzionale n.31 del 29/10/2001

Autorità di Bacino

della Calabria

Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico Approvato con Delibera del Consiglio

Regionale n.115 del 28/12/2001

Distretto Idrografi co

Meridionale

Piano di Gestione del Distretto Idrografi co

dell’Appennino Meridionale

Approvato con Delibera del Comitato

Istituzionale dell’AdB Liri Garigliano Volturno

con i rappresentanti delle Regioni

G.U. n.55 dell’8/3/2010

Distretto Idrografi co

Meridionale

Piano di Gestione delle alluvioni ai sensi del

D.Lgs. 49/2010

In corso di redazione

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L’attività di P.I., introdotta dalla Legge n. 365/2000, consiste in un’attività straordinaria

di sorveglianza e ricognizione lungo i corsi d’acqua e le relative pertinenze nonchè nel-

le aree demaniali, attraverso sopralluoghi fi nalizzati a rilevare le situazioni che possono

determinare maggiore pericolo, incombente e potenziale per le persone e le cose, ed a

identifi care gli interventi più urgenti da realizzare.

Tale attività, svolta annualmente, ha consentito, nel corso degli anni, di acquisire un pa-

trimonio di dati utili e importanti ai fi ni della conoscenza del reticolo fl uviale e della va-

lutazione del rischio.

I sopralluoghi e le ricognizioni sono mirati ad individuare:

le opere e/o gli insediamenti presenti in alveo e nelle relative pertinenze;•

i restringimenti nelle sezioni di defl usso prodotti dagli attraversamenti o da altre •

opere esistenti;

le situazioni di impedimento al regolare defl usso delle acque;•

le situazioni di dissesto, in atto o potenziale, delle sponde e degli argini;•

l’effi cienza e/o la funzionalità delle opere idrauliche esistenti nonché il loro stato di •

conservazione;

qualsiasi altro elemento che possa dar luogo a situazioni di allarme.•

Gli esiti dei rilevamenti vengono pubblicati in un dossier sia su supporto cartaceo che in

formato digitale e trasmesso agli Enti competenti in merito alla manutenzione dei corsi

d’acqua e delle opere con essi interagenti.

ESEMPI DI SEZIONI RILEVATE DURANTE LE ATTIVITÀ DI P.I. NEL BACINO DEL FIUME SINNI

FOTO 1. BRIGLIA DISTRUTTA PRIVA DI FUNZIONALITÀ

FOTO 2. PONTE CON PILA IN ALVEO CON FORTE EROSIONE

Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 13. SEZIONI RILEVA-TE LUNGO I CORSI D’ACQUA ATTRAVERSO L’ATTIVITÀ DI POLIZIA IDRAULICAFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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La fi gura 13 evidenzia le sezioni rilevate lungo i corsi d’acqua attraverso i sei cicli di atti-

vità di Polizia Idraulica, svolti annualmente tra il 2003 e il 2008.

Si nota come per ogni annualità il numero di sezioni conosciute aumenta essendo co-

stituito dalla somma delle sezioni rilevate in quella annualità e quelle rilevate negli anni

precedenti.

RID7. INTERVENTI ATTUATI4

Seppure le risorse fi nanziarie disponibili non sono commisurate alla diff usione e gravità

delle criticità, alcuni programmi di interventi di consolidamento, sistemazione e recupe-

ro di aree interessate da rischio idrogeologico sono stati realizzati nel corso degli anni.

Si pensi all’Accordo di Programma Quadro sulla Difesa del Suolo sottoscritto nel 2003 tra il

Ministero dell’Economia e delle Finanze, il Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio

e la Regione Basilicata, fi nalizzato alla realizzazione di interventi di consolidamento e di

difesa dal rischio idrogeologico, per un importo complessivo di 25 milioni di euro.

Gli interventi sono stati suddivisi secondo quattro tipologie:

consolidamento versanti dei centri abitati ed aree limitrofe, 1. attraverso la bonifi ca dei

movimenti franosi e la loro stabilizzazione per la messa in sicurezza dei centri abi-

tati e delle infrastrutture soggette a rischio;

sistemazione e bonifi ca idraulica, ripristino dell’offi ciosità dei corsi d’acqua,2. fi nalizza-

ta alla stabilizzazione dell’assetto degli alvei fl uviali attraverso la rimozione degli

ostacoli al defl usso delle piene ricorrenti, alla rinaturalizzazione e protezione delle

sponde dissestate ed in erosione, al ripristino delle sezioni d’alveo ed alla manu-

tenzione delle reti scolanti;

mitigazione del dissesto idrogeologico e del rischio idraulico del territorio,3. attraverso

interventi di sistemazione idraulico-forestale e di ripristino delle funzionalità del

reticolo idrografi co;

difesa della costa, 4. attraverso interventi di ripristino, ripascimento e stabilizzazione

del litorale ionico lucano, nonché opere di protezione e difesa del fi ume Noce in

prossimità del litorale tirrenico lucano.

4 Il presente capitolo è stato redatto sulla base dei dati conoscitivi disponibili al mese di maggio 2011. Informazio-

ni sulle attività/interventi in itinere e programmati potranno essere acquisite presso la Struttura Tecnica Operativa

dell’AdB e/o presso gli Uffici Regionali Competenti.

FIGURA 14. INTERVENTI AT-TUATI MEDIANTE L’ACCORDO DI PROGRAMMA PER LA DIFESA DEL SUOLO, IMPORTI PER TIPOLOGIAFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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Dalle fi gure 14 e 15 si evince che circa l’80% delle risorse dell’AQP sono state spese per

l’attuazione di interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico e consolidamento di

versanti limitrofi ai centri abitati, che mettono a rischio la popolazione presente.

Nel mese di dicembre 2010 è stato approvato l’Accordo di Programma per il fi nanziamento

di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico, sottoscritto dal-

la Regione Basilicata e il Ministero dell’Ambiente.

Il Programma comprende fi nanziamenti per 27 Meuro, e fa riferimento a risorse del POR

Basilicata 2007-2013 e risorse statali derivanti dalla L.191/2009 (Legge fi nanziaria 2010).

Gli interventi compresi nel programma, in corso di attuazione, sono 85 e riguardano: il

consolidamento di aree urbane, la sistemazione idraulica di corsi d’acqua, la mitigazione

degli eff etti delle mareggiate sulla costa jonica.

Essi sono rivolti prioritariamente alla salvaguardia della vita umana attraverso la riduzio-

ne del rischio idraulico, di frana e di difesa della costa, mediante la realizzazione di nuove

opere e con azioni di manutenzione ordinaria e straordinaria.

LA PROGRAMMAZIONE DEI FONDI COMUNITARI

Nell’ambito della programmazione per l’utilizzo dei fondi comunitari, la Regione Basilica-

ta ha previsto alcune misure tese al ripristino di equilibri naturali per la difesa dal rischio

idrogeologico.

Fra queste si cita la misura fi nalizzata al primo imboschimento di superfi ci non agricole,

prevista dal Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, per la quale nel mese di agosto

2011 è stato pubblicato il primo bando.

Le risorse fi nanziare ammontano a € 1.749.835,00 e sono destinate a sostenere il recupe-

ro di terreni non agricoli (non coltivati e abbandonati) e la prevenzione di fenomeni di

dissesto e degrado, attraverso azioni di imboschimento con specie idonee alla ricostitu-

zione di habitat naturali tipici dell’area.

FIGURA 15. PERCENTUALE DEGLI IMPORTI SPESI PER TIPO-LOGIA DI INTERVENTOFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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FOCUSIl Programma integrato di interventi per la valorizzazione del bacino idrografi co del fi ume Noce1

Nell’anno 2008 l’AdB della Basilicata, il Gruppo di Azione Locale Alba e la Comunità Mon-

tana del Lagonegrese hanno redatto il Programma integrato fi nalizzato alla tutela e valo-

rizzazione del bacino idrografi co del fi ume Noce. Tale Programma, promosso dal Gal Allba,

ha rappresentato una importante esperienza di collaborazione fra enti e soggetti diversi,

e ha trattato le problematiche della difesa del suolo e del rischio idrogeologico in un'otti-

ca multidisciplinare e integrata con numerose altre tematiche che incidono nel governo

del territorio.

L’area interessata, coincidente con il bacino idrografi co del fi ume Noce, di estensione

complessiva di 420 km2, presenta caratteri naturalistici di particolare importanza ed è

inserita in un contesto territoriale nel quale sono state istituite, negli ultimi decenni, mol-

teplici aree protette, fra le quali tre Parchi Nazionali (Pollino, Cilento, Val d’Agri).

Il Programma Integrato è formulato attraverso il ricorso alla metodologia della Swot

Analysis e del Logical Framework Approach.

Sono state individuate le risorse del territorio gli elementi di criticità e i punti di debolez-

za, le opportunità da cogliere, gli obiettivi generali e specifi ci, le strategie, gli interventi

e le azioni per tutelare, da una parte, gli aspetti naturali e ambientali dell’ambito fl uviale,

ricostruire l’identità storica del territorio, mitigare e contenere le situazioni di criticità

causate dai fattori fi sici e antropici (dissesti idrogeologici, usi del suolo non appropriati,

inquinamento, sprawl). Mentre per favorire, dall’altra, lo sviluppo locale, valorizzando le

caratteristiche ambientali, storiche e culturali delle comunità presenti, sia a fi ni turistici

che ricreativi, e proponendo rinnovate opportunità di reddito da concretizzare con atti-

vità a basso impatto e ben integrate con il territorio.

Strumento fondamentale per la costruzione del programma integrato è stata una in-

tensa e articolata attività di ascolto e di partecipazione degli attori del territorio: sog-

getti pubblici (amministrazioni locali) e privati (imprenditori nei settori dell’agricoltura,

dell’artigianato, della ristorazione, della ospitalità; ed anche associazioni culturali, spor-

tive, ricreative).

Fra le azioni proposte nel programma vi sono: la rinaturalizzazione e il recupero di aree

compromesse dell’ambito fl uviale, la programmazione di forme di turismo eco-compa-

tibile, la costruzione della rete delle greenways, la creazione di laboratori di ricerca socio-

ambientale, l’animazione territoriale, la istituzione di organismi permanenti di confronto

fra gli attori locali, il monitoraggio ambientale.

Un primo passo concreto è stato rappresentato dalla sottoscrizione, da parte delle ammi-

nistrazioni comunali interessate, del "Manifesto per il fi ume", documento di impegno col-

lettivo nei confronti del fi ume, sottoscritto anche da 1.000 cittadini della Valle del Noce,

che potrebbe essere propedeutico all’avvio di un percorso verso un contratto di fi ume.

Il Programma Integrato di Interventi, presentato nell’ambito dell’iniziativa dell’Istituto

Nazionale di Urbanistica "Urbanopromo" nel mese di novembre 2009, ha ricevuto il "Pre-

1 Il Programma è stato pubblicato nella collana dei “Quaderni dell’AdB”, n.5, gennaio 2009, consultabile sul sito

www.adb.basilicata.it

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mio Urbanistica" in quanto caratterizzato da un "equilibrio degli interessi" conseguito

grazie alla partecipazione e il coinvolgimento degli attori locali.

FIGURA 1. BACINO DEL FIUME NOCE. A) INQUADRAMENTO TERRITORIALE, B) CARATTERI DEMOGRAFICI E VIABILITÀFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FIGURA 2. SISTEMA DELLE AREE PROTETTE, CARATTE-RI MORFOLOGICI E RISCHIO IDROGEOLOGICOFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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FIGURA 3. SCHEMA RIEPI-LOGATIVO DELLE AZIONI PREVISTE DAL PROGRAMMA INTEGRATOFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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FOCUSEventi alluvionali

GLI EVENTI ALLUVIONALI DEL MESE DI MARZO 2011

In data 01/03/2011 si sono verifi cati intensi eventi alluvionali, che hanno interessato am-

pie aree della Basilicata ed in particolare i tratti medi e bassi dei fi umi Basento e Bradano,

nonché alcune zone ricadenti nei bacini del Cavone, dell’Agri e del Sinni.

I sopralluoghi sulle aree colpite eff ettuate da parte degli enti competenti, nell’ambito del

COM Centro Operativo Misto istituito il 4 marzo con il compito di coordinare i Servizi di

Emergenza, hanno portato al censimento di circa 300 criticità e dissesti, documentate e

catalogate in un dossier.

Esempi di dissesti causati dall’alluvione di marzo 2011, tratti dal dossier realizzato a se-

guito dei sopralluoghi.

FIGURA 1. UBICAZIONE DEI DISSESTI RILEVATI A SEGUITO DEGLI EVENTI ALLUVIONALIFonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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Gli eventi del marzo scorso, tuttavia, non costituiscono un episodio isolato. Negli ulti-

mi decenni a causa delle note variazioni climatiche estreme, il territorio della Basilicata

è stato interessato dall’alternarsi di periodi siccitosi, caratterizzati da accentuate crisi di

approvvigionamento idrico, e di periodi particolarmente piovosi che sovente hanno ge-

nerano alluvioni, crisi degli assetti dei versanti, straripamenti ed esondazioni dei corsi

d’acqua, particolarmente rilevanti in corrispondenza delle foci fl uviali.

Inoltre, in concomitanza dei più recenti e intensi fenomeni piovosi di lunga durata si

sono verifi cate, lungo la costa jonica lucana, violente mareggiate che hanno accentuato

i processi erosivi dell’arenile, evidenziando il già noto problema dell’arretramento delle

coste in Basilicata che ha assunto carattere emergenziale.

Nell’anno 2009, l’Autorità di Bacino della Basilicata e il Dipartimento Ambiente della Re-

gione Basilicata hanno avviato una serie di attività volte a fronteggiare la problematica,

fra le quali la più importante è la elaborazione e approvazione della legge regionale n.39

del 13 novembre 2009, di Disciplina delle funzioni di in materia di difesa della costa, che in-

dividua una strategia per la gestione e la difesa delle aree costiere lucane, in recepimento

degli indirizzi comunitari in materia di coste.

Secondo quanto previsto dalla legge regionale sono state intraprese varie iniziative, fra

le quali la istituzione dell’Osservatorio Regionale delle aree costiere (2010), e le attività di

elaborazione del Piano regionale delle coste.

FOTO 1. FIUME CAVONE. ESONDAZIONE DI UN FOSSO CON ALLAGAMENTO DI UN SOTTOPASSO DELLA SS 106 COSTIERA JONICA

FOTO 2. FIUME BRADANO: DANNI ALLE INFRASTRUT-TURE VIARIE E TRASPORTO DI MATERIALI AGRICOLI IN PROSSIMITÀ DI SVINCOLO DELLA S.S. 106

Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

FOTO 3 E 4. DANNI ALLE STRUTTURE BALNEARI Fonte: Autorità di Bacino della Regione Basilicata

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Marsicovetere, Contrada Raia di Marangelo. Ernesto Salinardi

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Attività estrattive

Capitolo 15

La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 22.09.2006 propone

misure destinate a proteggere il suolo ed a preservare la sua capacità di svolgere una

pluralità di funzioni. La strategia prevede l’approntamento di un quadro legislativo che

consenta, in modo sostenibile, l’utilizzo e la protezione dei suoli, l’integrazione di questa

protezione nelle politiche nazionali e comunitarie, il raff orzamento della base conosciti-

va ed una maggiore sensibilizzazione delle popolazioni.

La proposta di direttiva assume il ruolo di elemento fondamentale nella strategia che do-

vrebbe consentire, agli Stati membri, di attuare misure adatte alle diff erenti e specifi che

realtà locali al fi ne di individuare i problemi, prevenire il degrado del suolo e ripristinare i

suoli inquinati o degradati. In quest’ottica deve, quindi, essere collocata l’attività di estra-

zione mineraria. L’attività estrattiva che viene svolta nelle cave è infatti connessa allo

sviluppo economico della società con l’impiego delle risorse occorrenti per soddisfare le

richieste delle materie prime sia nel settore della realizzazione delle opere civili che nella

fi liera industriale. Occorre tenere presente che, trattandosi di giacimenti minerari non

rinnovabili, nell’esercizio dell’attività estrattiva, si deve garantire lo sfruttamento ottima-

le della risorsa coniugandola con la sicurezza, il paesaggio, la compatibilità ambientale, il

vincolo idrogeologico, la tutela dei beni archeologici, etc.

Con il termine "cava" si intende il luogo ove si eff ettuano lavori di escavazione per l’estra-

zione di materiali inerti e la loro successiva lavorazione e commercializzazione a fi ni di

lucro da parte della ditta esercente. La vigente normativa mineraria1, considera con il

termine cava la lavorazione estrattiva per la ricerca e la coltivazione di sostanze minerali,

industrialmente utilizzabili. Questa defi nizione prescinde dal fatto che i lavori minerari

vengano condotti a giorno (in superfi cie) o in sotterraneo e pertanto, giuridicamente,

possono trovarsi cave coltivate in sotterraneo e miniere coltivate a giorno.

La Regione Basilicata, a seguito del trasferimento delle competenze, si è celermente

dotata della normativa di cui alla L.R. n.12/1979 successivamente integrata e modifi ca-

ta al fi ne di renderla rispondente alle nuove normative di settore. Il territorio regionale

1 Disposto del R.D. n.1443/1927 successivamente modificato con L. 7.11.1941 n.1360.

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presenta un variegato numero di giacimenti minerari per le varie tipologie di litotipi di

interesse industriale che di interesse per opere civili, ma risulta anche gravato da tutta

una serie di vincoli dovuta all’esistenza dei parchi nazionali, regionali, siti di interesse

comunitario (SIC), zone a protezione speciale (ZPS), vincolo paesaggistico ambientale ed

altri. Pertanto per il rilascio dell’autorizzazione regionale ad eff ettuare lavori di coltivazio-

ne mineraria è necessario acquisire i dovuti pareri e nulla osta favorevoli da parte degli

Enti ed Uffi ci preposti a termini di legge.

CAV1. CAVE AUTORIZZATE

In Italia le cave attive superano il numero di 5.700, alle quali vanno sommate le dismesse,

nel numero di oltre 13.000 (fi g.1).

L’attuale normativa regionale per il rilascio dell’autorizzazione prevede la predisposizio-

ne, da parte del richiedente, della documentazione amministrativa e tecnica in confor-

mità di quanto disposto dalla vigente normativa. Esaurita la fase istruttoria la richiesta

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI, 2012Fonte: Uffi cio Geologico, Dip. Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, Regione Basilicata

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

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CAV1 Numero e stato delle

cave

P Numero Regione

Basilicata

Regione

Basilicata

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CAV2 Produzione mineraria P Mm3 Regione

Basilicata

Regione

Basilicata

2010-2012 ↔

FIGURA 1. DISTRIBUZIONE DEL-LE CAVE ATTIVE SUL TERRITO-RIO NAZIONALE, 2011Fonte: Legambiente, Rapporto Cave

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formulata dalla ditta viene esaminata nel Comitato regionale per le attività estrattive che

rilascia il proprio parere favorevole e/o sfavorevole e successivamente l’Uffi cio Geologico

e Attività Estrattive predispone il relativo provvedimento da sottoporre all’approvazione

della Giunta Regionale. Questa procedura si applica ove la richiesta formulata sia stata

sottoposta a procedura di screening. Nel caso si proceda con la fase di valutazione di im-

patto ambientale (VIA) si acquisisce il parere da parte del Comitato tecnico regionale per

l’ambiente ed è l’Uffi cio Compatibilità Ambientale a predisporre il relativo provvedimen-

to da sottoporre all’approvazione della Giunta Regionale.

La Giunta Regionale di Basilicata, a seguito del trasferimento dallo Stato alle Regioni del-

le competenze in materia di cave e torbiere, ha autorizzato2 214 attività estrattive. Di

queste 59 risultano attualmente in attività, con provvedimento di autorizzazione in corso

di vigenza; 33 risultano cessate, con relativo provvedimento di presa d’atto di ultimazio-

ne dei lavori di coltivazione mineraria e ripristino ambientale e 122 risultano formalmen-

te non attive, per sopraggiunta scadenza del provvedimento di autorizzazione.

Agli inizi del 2005, col bilancio di un ventennio di gestione tecnica ed amministrativa, è

stato possibile varare una Legge Regionale di riforma della materia che, senza stravolger-

ne le fi nalità, in grado di recepire alcune sensibilità e sollecitazioni, soprattutto in ordine

alla sostenibilità ambientale dell’attività estrattiva. Pertanto è stata emanata la Legge

Regionale n. 19 del 25 febbraio 2005 - "Modifi che ed integrazioni alla legge regionale 27

marzo 1979, n. 12", a cui hanno fatto seguito una serie di deliberazioni attuative che sono

andate a disciplinare:

la composizione del Comitato Regionale per le Attività Estrattive - D.G.R. n. 977 del •

22.04.2005 - con le modifi che opportune per rendere l’organismo più aderente alle

mutate necessità ed esigenze dell’amministrazione da una parte, del settore estrat-

tivo dall’altra, nonchè della società civile;

le modalità di presentazione delle istanze connesse alla disciplina della coltivazione •

delle cave - D.G.R. n. 1720 del 08.08.2005 - con una articolata defi nizione del proce-

dimento di autorizzazione, della forma e del contenuto dell’istanza, della documen-

tazione amministrativa e degli allegati progettuali;

le modalità di costituzione del deposito cauzionale - D.G.R. n. 2206 del 04.11.2005 - •

con una nuova regolamentazione per la garanzia della corretta esecuzione dei lavori

2 Ai sensi della Legge Regionale n. 12 del 27 marzo 1979.

FIGURA 2. SITUAZIONE DELLE CAVE AL 2012Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Geologico, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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di coltivazione mineraria e della completa realizzazione dei lavori di sistemazione

fi nale.

I suddetti provvedimenti legislativi e normativi di riordino della materia hanno reso più

effi caci gli strumenti di governo e di controllo del settore, sia per quanto riguarda le mo-

dalità di conduzione delle attività stesse, che per quanto riguarda il rispetto degli ob-

blighi di sistemazione fi nale e ripristino ambientale delle aree interessate. L’obbligo im-

posto di ottemperare ad alcuni adempimenti preliminari all’avvio dell’attività estrattiva

rende più effi cace l’azione di orientamento e di controllo. È necessario, prima di iniziare

o riprendere l’attività di cava (in caso di proroga o rinnovo di autorizzazione precedente

alla legge regionale n. 19/2005 di riordino della materia) che la Ditta eff ettui la delimi-

tazione georeferenziata dell’area di cava e che realizzi o adegui la recinzione secondo le

norme vigenti. Questa misura consente, anche attraverso i moderni strumenti di teleri-

levamento e di aerofotogrammetria, di monitorare e verifi care il rispetto dei limiti areali

entro cui devono essere eff ettuati i lavori di coltivazione mineraria.

Inoltre, è fatto obbligo ai soggetti autorizzati di garantire la corretta esecuzione dei lavo-

ri di coltivazione mineraria e la completa realizzazione dei lavori di sistemazione fi nale,

attraverso un deposito cauzionale commisurato al costo eff ettivo di realizzazione del-

le opere previste. Questa ulteriore misura rende più effi cace l’azione di controllo che si

esercita per imporre modalità di coltivazione che consentano il progressivo e consecuti-

vo avanzamento dei lavori di sistemazione fi nale rispetto ai lavori di coltivazione minera-

ria. La pressione sul settore per ottenere modalità di coltivazione orientate alla progres-

siva e defi nitiva sistemazione fi nale, comincia a dare qualche buon risultato anche sulle

"cave storiche" della regione3.

Tracciando una ipotetica linea di separazione tra lo stato dell’attività estrattiva prima e

dopo l’entrata in vigore delle norme contenute nella legge regionale n.19/2005 di rior-

dino della materia, risulta che dall’inizio degli anni ‘80 a tutto il febbraio 2005 sono state

autorizzate 139 attività estrattive di cui:

54 risultavano in attività, con provvedimento di autorizzazione in corso di vigenza;•

28 risultavano cessate, con relativo provvedimento di ultimazione dei lavori di colti-•

vazione mineraria e ripristino ambientale;

57 risultavano formalmente non attive, per sopraggiunta scadenza del provvedi-•

mento di autorizzazione.

Proiettate ad oggi, le suddette 139 attività estrattive risultano:

9 in attività, con vecchio provvedimento di autorizzazione tutt’ora in corso di •

vigenza;

3 Cave attivate diverso tempo prima che la competenza fosse trasferita dallo Stato alle Regioni e che sono state

ereditate in condizioni di impatto sull’ambiente piuttosto gravose.

FIGURA 3. SITUAZIONE DELLE CAVE DAGLI ANNI ’80 AL 2005, 2012Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Geologico, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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5 in attività con rinnovo del provvedimento di autorizzazione giunto a scadenza;•

28 cessate, con presa d’atto di ultimazione dei lavori di coltivazione mineraria e ri-•

pristino ambientale;

97 formalmente non attive, per sopraggiunta scadenza senza rinnovo del provvedi-•

mento di autorizzazione.

Dall’entrata in vigore della legge regionale n. 19/2005 a tutt’oggi sono state autorizzate

80 attività estrattive; di queste 50 risultano attualmente in attività, con provvedimento di

autorizzazione in corso di vigenza, 5 risultano cessate, con presa d’atto di ultimazione dei

lavori di coltivazione mineraria e ripristino ambientale e 25 risultano formalmente non

attive per sopraggiunta scadenza del provvedimento di autorizzazione.

Non deve ingannare il dato delle attività estrattive autorizzate dopo l’entrata in vigore

della legge regionale n. 19/2005 in quanto la gran parte delle autorizzazioni rilasciate,

nell’ordine di 65 sul totale di 80, riguardano provvedimenti di rinnovo o proroga di atti-

vità precedenti. Il numero di autorizzazioni per nuove attività estrattive, dopo l’entrata in

vigore della legge regionale n. 19/2005, risulta pari a 15.

CAV2. PRODUZIONE MINERARIA

I volumi estratti nel 2010, a livello nazionale, hanno superato i 150 Mm3 complessivi, con

90 Mm3 di sabbia e ghiaia, 41,7 Mm3 di calcare, 12 Mm3 di pietre ornamentali e, in misura

minore, argilla e torba (Legambiente, Rapporto Cave 2011).

La carta regionale riportata in fi gura 6 evidenzia la distribuzione territoriale delle cave

attive nell’anno 2012. Su 59 cave attive il numero degli addetti è pari a 290 (fi gura 7), con

il 70% da attribuire al settore civile ed il restante 30% al settore industriale, mentre la pro-

FIGURA 4. SITUAZIONE DELLE CAVE DAL 2005 AL 2012. Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Geologico, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

FIGURA 5. RIPARTIZIONE DELLE CAVE IN ITALIA PER GRUPPI DI MATERIALI ESTRATTI, 2011Fonte: Legambiente, Rapporto Cave

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duzione totale di materiale è di poco superiore ai 2,5 Mm3 (fi gura 8), con il 53 % destinato

al settore civile ed il restante 47% al settore industriale.

FIGURA 6. DISTRIBUZIONE DELLE CAVE SUL TERRITORIO REGIONALE, 2012Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Geologico, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

FIGURA 7. DISTRIBUZIONE DE-GLI ADDETTI AL SETTORE NEL TERRITORIO REGIONALE, 2012 Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Geologico, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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Con il medesimo criterio, la sintesi dei volumi estratti è rappresentata in fi gura 8.

L’attività estrattiva in Basilicata, come già accennato, si distingue anche per la diff erente

destinazione d’uso della produzione, che può avere sbocchi sia nel settore civile che nel

settore industriale. I prodotti delle cave nel settore civile sono fondamentali per la realiz-

zazione delle opere in cemento armato, costruzioni, strade, porti ed altro, mentre nel set-

tore industriale, si ha la produzione di argilla, calcare, dolomia, pozzolana e silice, materie

prime per la produzione di laterizi, del cemento, della calce, del vetro, di concimi etc..

Da evidenziare che la produzione delle pietre ornamentali, seppur esigua sul totale

dell’estratto regionale (circa 34.600 m3), possiede un elevato valore economico. Infatti le

cave di pietra ornamentale esplicano un ruolo fondamentale per la produzione dei ma-

teriali occorrenti per cordoli e pavimentazioni di piazze, marciapiedi, viali, realizzazione

di camini, scale, portali, soglie per porte e fi nestre, pietra per rivestimento di muri, etc.

Nei centri urbani sono visibili le testimonianze culturali e storiche ove alla pietra locale,

opportunamente lavorata, plasmata e modellata dagli scalpellini, viene demandata la

rappresentazione delle vicende della comunità. Inoltre la pietra ornamentale viene im-

piegata per la salvaguardia degli edifi ci dei centri storici e delle opere di edilizia storico

monumentale rappresentativi della identità culturale delle nostre comunità.

FIGURA 8. DISTRIBUZIONE DEI VOLUMI ESTRATTI SUL TERRI-TORIO REGIONALE, 2012Fonte: nostra elaborazione su dati Uffi cio Geologico, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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Strumenti di sostenibilità

Relazione sullo Stato dell'Ambiente della Basilicata

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Il cielo di Intra, incontro ad Aliano. Margherita Sarli

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Educazione per lo sviluppo sostenibile

Capitolo 16

L’attività di sensibilizzazione e di partecipazione della comunità è fondamentale per lo

sviluppo di politiche ambientali sostenibili nei vari settori; la conoscenza, infatti, è pre-

messa per l’assunzione di scelte e comportamenti, singoli e collettivi, più responsabili

tanto che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il Decennio dell’Edu-

cazione allo Sviluppo Sostenibile (DESS) per il periodo 2005-2014, affi dando all’UNESCO

il compito di coordinarne e promuoverne le attività.

Nella Strategia Unece1 l’educazione, oltre ad essere un diritto umano, è un pre-requisito

per raggiungere lo sviluppo sostenibile, non è volta a fornire risposte puntuali a proble-

mi specifi ci, quanto piuttosto a stimolare il pensiero critico, il senso d’incertezza e del

limite riferito agli eff etti del nostro agire quotidiano, indurre il senso di collettività e re-

sponsabilità nei confronti del mondo in cui viviamo. In attuazione delle strategie interna-

zionali e nazionali2 la regione Basilicata ha approvato nel 2010 il Programma pluriennale

strategico EPOS (per l’Educazione e la PrOmozione della Sostenibilità Ambientale)3, con-

tenente obiettivi, strategie, idee progetto, strumenti operativi e fi nanziari per la educa-

zione e promozione della sostenibilità ambientale. Il Programma è sviluppato secondo

i nuovi principi ordinatori dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile, che si sintetizzano

nei seguenti tre paradigmi:

l’Educazione è per tutta la vita (come processo di scambio e di interazioni perma-•

nente - life long learning - che coinvolge tutti i cittadini nelle varie fasi della vita

umana);

l’Educazione riguarda ogni aspetto della quotidianità (processo permanente di ap-•

prendimento sociale - social learning - che aspira a implementare trasformazioni

culturali)

1 La Strategia Unece per l’educazione per lo sviluppo sostenibile è’ stata approvata dai Ministri dell’ambiente e

dell’istruzione dei Paesi dell’area UNECE, di cui l’Europa fa parte, ,nel corso della conferenza di Vilnius svoltasi a mag-

gio 2005.

2 “Nuovo Quadro programmatico Stato-Regioni e Province Autonome per l’educazione all’ambiente e alla soste-

nibilità” 2007-2009.

3 Il programma EPOS è stato approvato con DGR n. 2014 del 30/11/2010; è reso disponibile sul sito www.eposba-

silicata.it ed è contenuto nell’apposita pubblicazione edita il 2012.

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l’Educazione è rivolta alla sostenibilità del vivere (legata alla crescita consapevole e •

a stili di vita virtuosi e rispettosi dell’ambiente).

Tra le priorità del Programma strategico EPOS rientra il raff orzamento e l’ampliamento

della Rete dei Centri e degli Osservatori di educazione ambientale per la sostenibilità (RE-

DUS), intesi come agenzie territoriali che svolgono sul territorio, per conto della regione,

l’attività di educazione, assicurando un servizio che non potrebbe svolgere direttamen-

te. Nata nel 2002, la REDUS ha visto nel tempo rallentare la sua attività; di qui la necessità

di rivitalizzarla e renderla operante nell’ottica di dimensione sistemica e di rete. Attual-

mente la rete è cresciuta nel numero e nella qualità delle prestazioni; si compone di asso-

ciazioni Onlus, cooperative e società chiamati “nodi” variamente distribuiti sul territorio

regionale, operanti con una propria specifi cità nel campo dell’educazione ambientale e

dello sviluppo sostenibile4 attraverso diverse tipologie di funzioni: proposte educative,

formazione, animazione e progettazione territoriale, informazione e comunicazione.

La struttura organizzativa è composta da un Centro Regionale di Coordinamento, atte-

stato presso la Direzione Generale del Dipartimento Ambiente, Territorio, Politiche della

Sostenibilità, da un Responsabile del sistema, da un Laboratorio nel quale, oltre alla pre-

senza dei Centri e degli Osservatori, è presente la direzione scolastica regionale e l’Arpa

Basilicata.

4 La REDUS opera secondo un “Sistema di Indicatori di qualità per la Regione Basilicata (S.I.QUAB)”, adottato con

DGR n. n.223 del 21/2/2006), ed un disciplinare, approvato con DGR n 489 del 3/4/2006 e inegrato con DGR 2014

del 30/11/2010.

PROGRAMMA STRATEGICO 2010-2013

PER L’EDUCAZIONE E LA PROMOZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

Regione BasilicataDipartimento Ambiente, Territorio,Politiche della SostenibilitàDirezione Generalevia Vincenzo Verrastro, 585100 - Potenza

FIGURA 1. EPOS. PROGRAMMA STRATEGICO 2010-2013PER L’EDUCAZIONE E LA PROMO-ZIONE DELLA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE.

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EDU1. CONSISTENZA DELLA REDUS

La REDUS risulta costituita da 29 Centri (CEAS) e 6 Osservatori (OAS) accreditati come

“nodi”, a seguito di specifi co procedimento amministrativo, e da 74 Amici della Rete ri-

conosciuti come sostenitori della rete stessa, rappresentati da associazioni, scuole, enti

locali, parchi regionali e nazionali. I centri e gli osservatori rappresentano una struttura

integrata ed inscindibile rispetto ad un ente locale di riferimento che, in rete, accompa-

gna i cittadini (bambini, adolescenti, adulti, anziani, tecnici, famiglie, amministratori) in

percorsi di conoscenza, informazione, animazione e aff ezione verso l'ambiente, il terri-

torio ed il paesaggio. Questa missione e condotta attraverso un processo di educazione

formale, informale ed emozionale, attuato sul campo, facendo anche leva sul vissuto dei

singoli, usufruendo degli strumenti semplici ed armoniosi che la natura continua a con-

cedere. In tal senso, la REDUS rappresenta una vera e propria rete culturale al servizio

dell’ambiente.

TABELLA 1. QUADRO SINOTTICO DEGLI INDICATORI

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

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EDU1 Consistenza rete

REDUS

R n Dipartimento

ambiente

regionale 2011-2013 ☺ ↑

EDU2 Progetti e Spesa R N. interventi

e Euro

Dipartimento

ambiente

regionale 2011-2013 ☺ ↑

EDU3 Comunicazione e

partecipazione

R N. di

partecipanti

Dipartimento

ambiente

regionale 2011-2013 ☺ ↑

FIGURA 2. DIFFUSIONE GEO-GRAFICA DELLA REDUS (PER L’ELENCO DEI CEAS SI RIMANDA A WWW.EPOSBASILICATA.IT / LA RETE DI EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ DELLA REGIONE BASILICATA)

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EDU2. PROGETTI E SPESA

Le numerose iniziative attuate nel periodo 2011-2013 aff eriscono a diverse tipologie,

individuate in relazione ai bisogni espressi dalla comunità e considerando quattro assi

d’intervento: Proposta educativa, Formazione, Animazione e progettazione territoriale,

Informazione e Comunicazione.

La spesa a sostegno delle iniziative, in generale, è cresciuta; in particolare l’asse anima-

zione e progettazione territoriale ha assorbito nell’ultimo biennio la metà della spesa

impegnata.

A partire dal 2011, la Regione ha erogato a favore della REDUS contributi in conto capi-

tale o forfettari ed ha emanato una serie di bandi pubblici prevedendo la composizione

di un partenariato misto, formato da CEAS ed OAS, con la possibilità dell’ ulteriore coin-

volgimento degli Amici della Rete o altri stakeholders del territorio, al fi ne di incentivare

le sinergie della REDUS. I bandi emanati hanno considerato le tematiche scelte dall’ ONU

ed UNESCO quali le foreste5, l’acqua6 e l’alimentazione7.

Un primo bando dal titolo • "Costruire una società sostenibile" sul tema foreste ha fi -

nanziato cinque progetti per un impegno di € 125.000,00 (Laboratorio Foreste Terri-

torio; Madre Foresta; Madea; Luoghi e comunità sostenibili; Living Forests). Ciascu-

no di essi si è concentrato su un aspetto specifi co: l’attivazione di un laboratorio in

foresta, campagne informative sul meccanismo di stoccaggio carbonio e protezio-

ne dell’erosione del terreno, studio dell’operato del Premio Nobel per la pace 2004

Wangari Maathai e ancora campi di volontariato internazionali e corsi per tecnici e

professionisti.

Il bando • "A…come acqua" per un impegno fi nanziario di € 60.000,00 ha consenti-

to la realizzazione di due progetti: L’Albero dell’Acqua e Terre d’Acqua a cui hanno

partecipato anche Acquedotto Lucano e Atoo idrica - Autorità d’ambito Territoriale

Ottimale Attraverso la realizzazione di percorsi educativi nelle scuole, campagne di

sensibilizzazione, workshop e concorsi di idee, il tema è stato declinato nei suoi vari

aspetti, quali: acqua e gestione, acqua ecosistemi e territorio, acqua salute e po-

vertà, acqua e diversità culturale, acqua e stili di vita, acqua e rifi uti. I risultati sono

confl uiti in una mostra itinerante realizzata a Potenza, Matera e presso l’Ente Parco

dell’Appennino Lucano Val D’Agri - Lagonegrese.

"Accrescere la fruibilità delle risorse naturali"• è il titolo del terzo bando che ha previsto

un impegno di spesa di € 300.000 per un totale di dieci progetti. Obiettivo del ban-

do è stato quello di aumentare l’accessibilità dei luoghi in una logica di armonioso

rapporto dell’uomo con l’ambiente, incentivando, in questo modo, la promozione di

un turismo sostenibile. Dei dieci progetti solo due sono attualmente in essere (Piede

Lento e Semasos), mentre sono in fase di attivazione gli altri. Il bando capitalizzava

inoltre, gli ottimi risultati raggiunti con la realizzazione del progetto “E…state nei

parchi”, promosso dal MATTM. L’iniziativa, realizzata dalla rete REDUS, nel mese di

agosto 2011, ha consentito a quasi quattrocento bambini di frequentare le strutture

dei centri ed avvicinarsi alla natura delle aree protette della regione.

Grazie al bando • "Un viaggio per conoscere", teso a valorizzare l’ambiente come ele-

mento imprescindibile per il benessere umano e a favorire forme di turismo soste-

nibile ed educativo, sono stati coinvolti direttamente gli alunni nella fruizione del

5 L’ ONU ha proclamato il 2011 “Anno internazionale delle foreste” per sostenere l’impegno di favorire la gestione e

lo sviluppo sostenibile delle foreste di tutto il mondo e la diffusione della consapevolezza del ruolo capitale che esse

svolgono per lo sviluppo sostenibile globale e a livello socio-culturale.

6 La sesta edizione della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile UNESCO 2011 è stata dedicata all’ ac-

qua, fonte primaria di vita del nostro pianeta.

7 La settima edizione della Settimana di Educazione allo Sviluppo Sostenibile UNESCO 2011 è stata dedicata a “Ma-

dre Terra: alimentazione, agricoltura ed ecosistema”.

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territorio regionale, per diff ondere la conoscenza delle specifi cità culturali, ambien-

tali, storiche ed economiche. Rivolto alle scuole secondarie di secondo grado l’impe-

gno di spesa è stato di € 50.000,00.

Sei progetti sul tema dell’alimentazione, per un fi nanziamento totale di € 29.400,00 •

(Matera Green Food Energy, Bioalimenta il domani, La montagna lucana e le sue tra-

dizioni alimentari e popolari, La fi liera agroalimentare, Sapere i saperi - proposto in

due scuole) hanno animato la settimana 19/25 novembre 2012 dedicata dall’Unesco

all’alimentazione.

Nel 2012 sono stati emanati ulteriori quattro bandi rivolti ai Parchi, agli OAS e •

CEAS, alle scuole elementari e medie di Basilicata per un importo complessivo di

€ 305.000,00. I relativi progetti candidati sono in corso di valutazione.

EDU3: COMUNICAZIONE E PARTECIPAZIONE

Il programma Epos al capitolo 5 riconosce nella comunicazione una questione strategica

e uno strumento imprescindibile per la realizzazione di un progetto complesso di edu-

cazione ambientale, radicato anzitutto nella capacità di trasferire e consolidare una con-

divisione collettiva della responsabilità anche individuale verso il futuro delle generazioni

successive. In attuazione a quanto indicato nel programma, è stato approvato un proget-

to operativo dal titolo “Comunicare Epos” che, mediante l’attivazione di un portale web

dinamico www.eposbasilicata.it ha messo in campo un lavoro bidirezionale e sincroni-

co, favorendo sia lo scambio di informazioni ed esperienze tra gli stakeholders interni

alla Rete (C.E.A.S. - O.A.S.), sia la relazione con gli stakeholders esterni (cittadini, stampa,

istituzioni, parchi). La vetrina virtuale, che ad un anno e mezzo dalla sua attivazione ha

FIGURA 3. IL PORTALE DEL SITO

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raggiunto la soglia delle 10.000 visite, ripropone la descrizione del programma EPOS,

del sistema I.N.F.E.A. e della REDUS, ma riserva molto spazio alle iniziative che vengono

realizzate sul territorio, attraverso un box dedicato alle news e spazi dedicati ai progetti,

raccontati in itinere, oltre che a tematiche di competenza del Dipartimento Ambiente.

Un’ulteriore azione comunicativa per la promozione della Rete, affi nché essa possa essere

catalizzatrice di economie sul territorio, è stata la pubblicazione di un catalogo dei CEAS,

che racconta ogni centro attraverso una scheda descrittiva delle peculiarità e delle pro-

poste educative più signifi cative. La pubblicazione “La Rete di educazione alla sostenibilità

della Regione Basilicata” è stata distribuita ai dirigenti scolastici degli istituti lucani perché

possano cogliere le opportunità di formazione formale e non formale proposte dai CEAS e

dare ai propri studenti l’opportunità di conoscere in maniera consapevole il territorio della

Basilicata e la sua complessità. Infi ne, è stata realizzato un quaderno di viaggio “Scopri la

Basilicata. I tanti segreti della Terra dei due mari” rivolto ai bambini per facilitare la cono-

scenza del territorio regionale e stimolare processi di identifi cazione. Organizzato in quat-

tro sezioni, attraverso un linguaggio appropriato, il quaderno accompagna gradualmen-

te i bambini alla scoperta della ricchezza del patrimonio storico-culturale-paesaggistico

della regione e li invita al viaggio nei parchi. “Scopri la Basilicata” è entrata a far parte della

rosa dei testi dell’edizione 2013 del Festival della Letteratura di Viaggio, tenutosi a Roma

dal 26 al 29 settembre; è in distribuzione nelle scuole tramite i parchi.

FIGURA 4. SCOPRI LA BASILI-CATA. I TANTI SEGRETI DELLA TERRA DEI DUE MARI

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FOCUSContabilità ambientale

Il progetto "Contambiente" prevede la realizzazione di un sistema sperimentale di conta-

bilità ambientale della regione Basilicata e delle provincie di Matera e Potenza. La conta-

bilità ambientale è un sistema che identifi ca, quantifi ca, organizza, gestisce e comunica

informazioni e dati ambientali, espressi attraverso indicatori fi sici e monetari. Tale pro-

cesso attribuisce importanza alla variabile "ambiente", considerata al pari della variabile

economica all’interno delle politiche di un’organizzazione, sia essa pubblica o privata; la

procedura nasce, quindi, dalla necessità di riformare i sistemi di defi nizione e controllo

delle strategie pubbliche con procedimenti adeguati a misurare la sostenibilità dello svi-

luppo del territorio, ossia capaci di internalizzare la variabile ambientale nelle decisioni

di politica economica.

Attraverso la realizzazione del bilancio ambientale, ciascuna delle tre amministrazioni

coinvolte, espliciterà le ricadute delle sue politiche sul territorio e potrà dimostrare cosa

essa "fa per il bene dell’ambiente", "come lo fa" e "con quale impegno di spesa". Finaliz-

zata a costruire una base conoscitiva di supporto e orientamento a tutti i processi deci-

sionali degli enti, la contabilità ambientale va al di là della semplice attività di reporting:

quest’ultima è utilizzata per avere dei feedback - positivi o negativi - da parte degli stake-

holder interni ed esterni all’ente per ridefi nire in maniera condivisa politiche, piani e pro-

grammi. Come delineato nella D.G.R. n. 671/2011, per la Regione Basilicata è importante

adottare un iter decisionale trasparente, deliberare gli impegni sulla base degli interessi

della collettività, ossia di concerto con i soggetti portatori di interessi e, infi ne, adottare

un sistema di pianifi cazione e controllo della effi cacia delle azioni. Il progetto consta di 3

macro fasi, articolate in attività, come di seguito specifi cate.

FIGURA 2. IL PROCESSO DI DEFINIZIONE DI UN SISTEMA DI CONTABILITÀ AMBIENTALE, 2012Fonte: Direzione Generale, Dipartimento Ambiente, Regione Basilicata

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FASE 1. ANALISI E METODI: INQUADRAMENTO TERRITORIALE, AMBIENTALE ED •

ISTITUZIONALE. L’attività è riferita all’analisi di contesto del territorio interessato

dal processo (la Regione Basilicata con le specifi cità delle due Provincie) da cui

emergano le peculiarità sociali, economiche ed ambientali. L’analisi è altresì riferita

alle competenze e funzioni degli enti rispetto alle politiche territoriali ed ambienta-

li e sarà rappresentata nella forma del report.

FASE 2. SISTEMA DI CONTABILIZZAZIONE. Tale sistema è la struttura di rendiconta-•

zione, ciò che l’ente si propone di realizzare per qualifi care il proprio intervento sulle

tematiche ambientali. La struttura si ottiene incrociando le competenze attribuite

all’ente dalle normative vigenti con i parametri di sostenibilità della valutazione am-

bientale strategica, utilizzata dall’Unione Europea per valutare le ricadute ambienta-

li di politiche, piani, programmi, progetti. Nell’ottica della intersettorialità, il sistema

di rendiconto si rivolge anche alle politiche che, pur non essendo tradizionalmente

considerate ambientali, hanno tuttavia ricadute ambientali rilevanti, come le politi-

che energetiche, quelle dei trasporti e quelle legate alla pianifi cazione territoriale,

etc.

FASE 3. STESURA DEL BILANCIO AMBIENTALE (PREVENTIVO O CONSUNTIVO), AP-•

PROVAZIONE E PUBBLICAZIONE. Il documento di bilancio ambientale è lo strumen-

to con il quale saranno sintetizzate e comunicate le informazioni più importanti ela-

borate a partire dagli indicatori (fi sici e monetari); trattandosi di un documento, che

come il bilancio ordinario, è destinato a un pubblico di tecnici ma anche di cittadini,

ne è prevista una redazione diversifi cata, ognuna delle quali adattata alle esigenze

del target.

COMUNICAZIONE

L’attività di comunicazione e divulgazione rappresenta un’attività trasversale ed integra-

tiva di tutto il processo per promuovere e diff ondere verso l’esterno e l’interno le attività

messe in campo, il percorso ed i risultati.

TEMPISTICA E STATO DELL’ARTE DEL PROGETTO

Per la strutturazione del sistema sperimentale di contabilità ambientale e la defi nizione

del bilancio ambientale è stato considerato un percorso progettuale di 20 mesi, in modo

da garantire il supporto ai tre Enti nei due momenti di bilancio preventivo e consuntivo.

Nel mese di settembre 2012 è stato sottoscritto il contratto tra la Regione Basilicata e

l’assistenza tecnica che ha sancito l’avvio del progetto; dopo alcuni incontri con i tecnici

degli Enti, a maggio 2013, sono stati presentati i primi risultati dell’analisi di contesto con

l’individuazione del set di indicatori e delle fonti, cui fare riferimento nel prosieguo delle

attività.

PROGETTO LIFE+ "B.R.A.V.E." BETTER REGULATION AIMED AT VALORISING EMAS

Il progetto B.R.A.V.E. è fi nalizzato a sviluppare soluzioni per il miglioramento della nor-

mativa ambientale e per la semplifi cazione degli obblighi a carico delle organizzazioni

che hanno ottenuto la registrazione EMAS (Regolamento n. 1221/2009/CE) o altre for-

me di certifi cazione ambientale che, analogamente all’EMAS, prevedono un forte im-

pegno a valutare, gestire correttamente e migliorare nel tempo le proprie prestazioni

ambientali.

Il progetto si pone come ambizioso obiettivo l’approvazione, da parte degli organi isti-

tuzionali competenti, di norme e regolamenti che favoriscano le organizzazioni registra-

te EMAS (o dotate di altra certifi cazione ambientale) riducendo gli oneri, i controlli, le

ispezioni, ma anche introducendo agevolazioni fi scali a loro benefi cio. BRAVE si inserisce

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in un fi lone normativo in cui le istituzioni comunitarie sono da tempo fortemente impe-

gnate; la Commissione Europea, ad esempio, ha fatto della cosiddetta "Better regulation"

in materia ambientale, e della conseguente "Regulatory relief", due bandiere del proprio

piano d’azione per supportare la conformità legislativa da parte delle PMI europee.

Di durata pluriennale, il progetto è fi nanziato dalla Direzione Generale Ambiente della

Commissione Europea, attraverso il fondo "Life Plus" e dalle Regioni Lombardia e Basi-

licata. Partner di progetto sono: la Scuola Sant’Anna di Pisa, l’ARPA della Regione Lom-

bardia, Confi ndustria Genova, il centro IEFE dell’Università Bocconi, Ambiente Italia Srl

e due enti spagnoli, la Camera di Commercio della Regione di Valencia e lo IAT, l’Istituto

Andaluso per le Tecnologie.

Sono stati organizzati gruppi di lavoro a livello regionale, nazionale e comunitario aperti

alla partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, degli enti locali, delle imprese e

delle associazioni di categoria che voglio realmente impegnarsi in un processo di miglio-

ramento della normativa ambientale esistente.

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Paesaggio. Archivio iStock

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La valutazione ambientale

Capitolo 17

La Valutazione Ambientale Strategica (VAS), formalmente introdotta all’interno dell’Unio-

ne Europea con la Direttiva 2001/42/CE (Direttiva VAS) entrata in vigore il 21 luglio 2001,

è uno strumento per l’integrazione delle considerazioni ambientali nell’elaborazione,

adozione ed approvazione di piani e programmi (p/p) che possono avere signifi cativi

eff etti sull’ambiente. In particolare, l’art. 1 recita: "La presente direttiva ha l’obiettivo di

garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di

considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al

fi ne di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva,

venga eff ettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono

avere eff etti signifi cativi sull’ambiente." La VAS deve garantire che gli eff etti sull’ambiente

dell’attuazione delle previsioni di piani e programmi siano presi in considerazione duran-

te l’elaborazione di p/p e prima della loro adozione ed approvazione. Inoltre, per valutare

correttamente gli eff etti derivanti dall’attuazione dei p/p, viene stabilita la necessità di

dotare lo strumento di un piano di monitoraggio che, sulla base di indicatori ambientali,

possa contribuire a verifi care, in corso d’opera, la bontà delle scelte pianifi catorie adotta-

te. Nel corso dell’elaborazione del piano/programma e del rapporto ambientale è neces-

sario defi nire: gli obiettivi di sostenibilità del piano/programma, i contenuti del monito-

raggio, gli indicatori e i relativi metodi di calcolo, gli strumenti di supporto, il ruolo della

partecipazione dei soggetti con competenze ambientali e del pubblico, l’identifi cazione

dei ruoli e delle responsabilità, la quantifi cazione e l’allocazione di risorse adeguate allo

svolgimento delle attività del monitoraggio, la defi nizione delle modalità di comunica-

zione delle relazioni periodiche sul monitoraggio, i meccanismi di ri-orientamento del

piano/programma in caso di eff etti negativi imprevisti. Gli stati membri avrebbero do-

vuto recepire la Direttiva entro il 21 luglio del 2004. L’Italia non ha rispettato tale ter-

mine ed ha recepito la Direttiva con la parte seconda del D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152,

entrata in vigore il 31 luglio 2007, successivamente modifi cato dapprima con il Decreto

Legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008 e successivamente con il Decreto Legislativo n. 128

del 29 giugno 2010 "Modifi che ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,

recante norme in materia ambientale". Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (e s.m.i)

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prevedeva che le regioni adeguassero il proprio ordinamento alla nuova disposizione

nazionale sulla VAS entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore. Al momento, la Regione

Basilicata non si è dotata di una propria norma, pertanto trovano diretta applicazione le

disposizioni di cui all’art. 35 del succitato decreto: "In mancanza di norme vigenti regionali

trovano diretta applicazione le norme di cui al presente decreto". In ultima analisi, la VAS ha

introdotto un’interessante innovazione, riconducibile al momento di applicazione della

valutazione stessa, che "deve essere eff ettuata durante la fase preparatoria del piano o

del programma anteriormente alla sua adozione o all’avvio della relativa procedura le-

gislativa" è quindi una procedura che accompagna l’iter pianifi catorio. La VAS non è da

intendersi come un procedimento autonomo, ma rappresenta un passaggio integrato

nell’attività di pianifi cazione così come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato che,

con la sentenza 133/2011, ha defi nito la VAS "un parere che rifl ette la verifi ca di sosteni-

bilità della pianifi cazione". E’ necessario, tuttavia, accrescere la cultura della valutazione,

soprattutto in termini di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini nel processo va-

lutativo. E’ indispensabile inoltre la realizzazione di sistemi di monitoraggio coerenti con

quanto stabilito dalla normativa sulla VAS, che consentano di valutare gli eff etti di un pia-

no o programma e di riorientarlo ove necessario. A tal riguardo l’ISPRA sta coordinando

un Gruppo di Lavoro Interagenziale "Monitoraggio piani VAS" al quale partecipa anche

l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale di Basilicata (ARPAB), fi nalizzato a svi-

luppare linee di indirizzo per l’implementazione delle attività di monitoraggio nell’ottica

di armonizzare le modalità operative adottate nei diversi ambiti normativi regionali.

IN BASILICATA

La Regione Basilicata ha inteso interpretare il suddetto disposto normativo (art. 35) indi-

viduando quale Autorità Competente l’Uffi cio Compatibilità Ambientale del Dipartimen-

to Ambiente, Territorio, Politiche della Sostenibilità, il cui compito è quello dell’adozione

del provvedimento di verifi ca di assoggettabilità e/o l’elaborazione del parere motivato

(nel caso di valutazione di piani e programmi) sulla base di un rapporto ambientale re-

datto dal soggetto proponente il p/p. L’intero procedimento si sviluppa attraverso l’in-

dividuazione e la consultazione dei soggetti competenti in materia ambientale ai quali

viene trasmesso il rapporto ambientale per acquisirne il parere; tra questi soggetti parti-

colare rilevanza assume l’ARPAB che, oltre al suddetto parere, opera, di concerto con l’Au-

torità Competente e Procedente, al monitoraggio ambientale per assicurare il controllo

degli impatti signifi cativi sull’ambiente derivanti dall’attuazione del piano/programma,

così da poter individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti ed adottare

le opportune misure correttive. Il percorso aff rontato dalla VAS nel tempo non è stato

certo dei più facili; l’iter procedurale, infatti, ha dovuto aff rontare una serie di ostacoli

determinati da una pianifi cazione territoriale poco abituata ad accettare vincoli di natura

ambientale, avendo come obiettivo prioritario soprattutto esigenze di tipo produttivo-

occupazionale.

Oggi, la forte spinta impressa dai principi cardini dello sviluppo sostenibile e dai suoi

metodi e strumenti applicativi sta portando le amministrazioni pubbliche ad adottare

sempre maggiormente la VAS per garantire la compatibilità ambientale di p/p nelle ac-

cezioni "naturalistico-ecosistemica" e "paesaggistico-culturale".

VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE

La Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) è una procedura tecnico-amministrativa

di verifi ca della compatibilità ambientale di un’opera, fi nalizzata all’individuazione, de-

scrizione e quantifi cazione degli eff etti di un progetto sulle componenti ambientali allo

scopo di proteggere la qualità della vita, di mantenere integra la capacità riproduttiva

degli ecosistemi, di salvaguardare la molteplicità delle specie, di promuovere l’uso delle

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risorse rinnovabili. La Valutazione di Impatto Ambientale è stata introdotta in Europa

dalla Direttiva 85/337/CEE, aggiornata dalle Direttive 97/11/CE e 2003/35/CE. L’oggetto

della Valutazione di Impatto Ambientale descritto dall’art. 3 della Direttiva n. 85/377/

CEE; la V.I.A. individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particola-

re…gli eff etti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori: l’uomo, la fauna, la fl ora, il

suolo, l’aria, il clima e il paesaggio, i beni materiali, il patrimonio culturale e l’interazione tra

i suddetti fattori. L’art. 3 citato evidenzia l’unitarietà del complesso ecologico; da tale uni-

tarietà deriva che il parametro della V.I.A. non è solo il rispetto delle discipline di settore,

dei piani e degli standard, ma la valutazione degli eff etti globali di un intervento secon-

do metodi tecnico-scientifi ci di indagine. Le fi nalità della disciplina della V.I.A. è quella di

conciliare le esigenze dello sviluppo economico produttivo con quelle della salvaguardia

del patrimonio ambientale, attraverso una scelta di compromesso che pregiudichi nella

minor misura possibile il secondo in favore del primo. La Direttiva 97/11/CE, concernente

la Valutazione dell’Impatto Ambientale di determinati progetti pubblici e privati, aggior-

na ed integra la Direttiva del 1985. La procedura di Valutazione di Impatto Ambientale

introdotta in Italia, dalla Legge 8 luglio 1986, n. 349 che istituiva il Ministero dell’Ambien-

te, dal D.P.C.M. n. 377 del 10 agosto 1988 (e s.m.i.) e dal D.P.R. 12 aprile 1996 riguardanti la

regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale statali e regionali, è stata

modifi cata con il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 - Parte II che è stata sostituita dal D.Lgs. 16

gennaio 2008 n. 4 e più recentemente aggiornata dal D.lgs. 29 giugno 2010, n. 128.

IN BASILICATA

La Regione Basilicata non ha ancora provveduto ad emanare una legge regionale di re-

cepimento del D.Lgs. 152/2006 (e s.m.i.) e pertanto restano valide le disposizioni di cui

all’art. 35 del citato decreto.

In conformità con la Direttiva 85/337/CEE, la Regione ha emanato la L.R. n. 47/1994 che

è stata modifi cata ed aggiornata con la L.R. n. 3/1996, entrambe abrogate dalla L.R. n. 47

del 14 dicembre 1998 (modifi cata parzialmente dalla L.R. 9 del 26 aprile 2007 e dalla L.R.

n. 1 del 19 gennaio 2010), che disciplina la procedura di Valutazione di Impatto Ambien-

tale dei soggetti pubblici e privati, riguardanti i lavori di costruzione, impianti, opere, in-

terventi che possono avere rilevante incidenza sull’ambiente, basata su una valutazione

preventiva consistente nel giudizio da esprimersi sulle opere e sugli interventi proposti

in relazione alle modifi cazioni ed ai processi di trasformazione che la loro realizzazio-

ne potrebbe determinare, direttamente o indirettamente, a breve o a lungo termine,

temporaneamente, positivamente o negativamente, nell’ambiente. L’impatto di opere

sull’ambiente rappresenta uno dei principali oggetti di attenzione da parte dell’opinio-

ne pubblica e delle istituzioni locali e centrali. La procedura V.I.A. instaura un confron-

to tra decisori fi nali, proponenti e popolazione interessata, consentendo una decisione

partecipata.

La V.I.A. va intesa come processo di partecipazione dei cittadini; la pubblicità, l’infor-

mazione e la partecipazione del pubblico e delle istituzioni coinvolte, sono momenti di

conoscenza della complessità ambientale e sociale, che consente ai soggetti sociali di

controllare la coerenza e l’effi cacia dell’operato delle autorità competenti nonché di ar-

ricchire lo stesso processo decisionale con le proprie osservazioni. La V.I.A. è un insieme

di procedure alle quali devono essere sottoposti determinati progetti, al fi ne di preveder-

ne e stimarne l’impatto ambientale, di identifi carne e valutarne le possibili alternative,

compresa la non realizzazione degli stessi, verifi care la compatibilità di un’opera con le

programmazioni generali e di settore ed infi ne di individuare le misure per minimizzare

o eliminare gli impatti negativi. Essa mira a defi nire, in fase di progettazione, un qua-

dro preciso della situazione in modo da ottenere un risultato il più possibile condiviso

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e contemporaneamente consentire la scelta di un’opera ad impatto minimo. Per il suo

approccio complessivo rappresenta quindi uno strumento di qualifi cazione e di sup-

porto al processo decisionale. Nella procedura di Valutazione di Impatto Ambientale si

distinguono: la fase di valutazione (V.I.A.), fi nalizzata all’analisi dello Studio di Impatto

Ambientale ed alla successiva espressione del Giudizio di Compatibilità Ambientale, la

fase di Screening o Verifi ca di Assoggettabilità alla V.I.A., riguardante l’attivazione di un

meccanismo di valutazione delle caratteristiche del progetto, delle sue dimensioni, della

sua localizzazione, attraverso il quale verifi care se le opere progettate possono indurre

ad un impatto ambientale signifi cativo.

Il risultato di tale verifi ca è la decisione, da parte della autorità competente, di sottoporre

o meno il progetto alla fase di valutazione ambientale. Preliminarmente alla fase di V.I.A.,

il proponente ha la facoltà di sottoporre il progetto alla fase di Scoping, con l’ obiettivo

di identifi care, attraverso una consultazione tra proponente ed autorità competente, le

informazioni che devono essere particolarmente approfondite nello Studio di Impatto

Ambientale. La Regione Basilicata, ai sensi dell’art. 19 della L.R. n. 47 del 14 dicembre

1998 e dell’art. 29 del D.Lgs. 152/2006 (e s.m.i.), per l’attività di controllo sulla realizza-

zione delle opere sottoposte a procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, si avva-

le dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale di Basilicata (A.R.P.A.B.). I tecnici

dell’ A.R.P.A.B hanno svolto negli anni visite di cantiere volte a verifi care la realizzazione

del progetto così come approvato e giudicato compatibile con l’ambiente. Gli esiti di tali

sopralluoghi sono stati verbalizzati ed inviati all’Uffi cio Compatibilità Ambientale della

Regione Basilicata ed ai Sindaci dei comuni territorialmente interessati.

VALUTAZIONE DI INCIDENZA AMBIENTALE

La valutazione d’incidenza è il procedimento di carattere preventivo al quale è necessa-

rio sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze signifi cative su un

sito o proposto sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri

piani e progetti tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso. Tale proce-

dura è stata introdotta dall’articolo 6, comma 3, della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" con

lo scopo di salvaguardare l’integrità dei siti attraverso l’esame delle interferenze di piani

e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per

cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l’equilibrio ambientale.

La valutazione di incidenza, se correttamente realizzata ed interpretata, costituisce lo

strumento per garantire, dal punto di vista procedurale e sostanziale, il raggiungimento

di un rapporto equilibrato tra la conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie

e l’uso sostenibile del territorio.

È bene sottolineare che la valutazione d’incidenza si applica sia agli interventi che ricado-

no all’interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo), sia a quelli che pur

sviluppandosi all’esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione

dei valori naturali tutelati nel sito.

La valutazione d’incidenza rappresenta uno strumento di prevenzione che analizza gli

eff etti di interventi che, seppur localizzati, vanno collocati in un contesto ecologico di-

namico. Ciò in considerazione delle correlazioni esistenti tra i vari siti e del contributo

che portano alla coerenza complessiva e alla funzionalità della rete Natura 2000, sia a

livello nazionale che comunitario. Pertanto, la valutazione d’incidenza si qualifi ca come

strumento di salvaguardia, che si cala nel particolare contesto di ciascun sito, ma che lo

inquadra nella funzionalità dell’intera rete.

Per l’interpretazione dei termini e dei concetti di seguito utilizzati in relazione alla valu-

tazione di incidenza, si fa riferimento a quanto precisato dalla Direzione Generale (DG)

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Ambiente della Commissione Europea nel documento tecnico "Guida all’interpretazione

dell’art. 6 della Direttiva Habitat.

In ambito nazionale, la valutazione d’incidenza viene disciplinata dall’art. 6 del DPR

120/2003 (G.U. n. 124 del 30 maggio 2003) che ha sostituito l’art.5 del DPR 357/1997 che

trasferiva nella normativa italiana i paragrafi 3 e 4 della direttiva "Habitat". Il DPR 357/97

è stato, infatti, oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione Euro-

peaed è stato quindi modifi cato ed integrato con il DPR 120/2003.

L’art. 6 della direttiva Habitat introduce, per le aree che costituiscono la Rete Natura 2000,

la valutazione d’incidenza, ovvero una particolare procedura di valutazione preventiva,

riferita agli habitat e alle specie per i quali i siti in questione sono stati individuati e non a

particolari categorie di opere come nel caso della VIA. La valutazione d’incidenza rappre-

senta uno strumento di prevenzione che analizza gli eff etti di interventi che, seppur lo-

calizzati, vanno collocati in un contesto ecologico dinamico. Ciò in considerazione delle

correlazioni esistenti tra i vari siti e del contributo che portano alla coerenza complessiva

e alla funzionalità della rete Natura 2000, sia a livello nazionale che comunitario.

In base all’art. 6 del nuovo DPR 120/2003, comma 1, nella pianifi cazione e programma-

zione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei propo-

sti siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione. Si tratta di un

principio di carattere generale tendente ad evitare che vengano approvati strumenti di

gestione territoriale in confl itto con le esigenze di conservazione degli habitat e delle

specie di interesse comunitario. Il comma 2 dello stesso art. 6 stabilisce che, vanno sot-

toposti a valutazione di incidenza tutti i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi com-

presi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti.

Sono altresì da sottoporre a valutazione di incidenza (comma 3), tutti gli interventi non

direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione sod-

disfacente delle specie e degli habitat presenti in un sito Natura 2000, ma che possono

avere incidenze signifi cative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri

interventi.

CODICE INDICATORE/INDICE DPSIR UNITÀ DI

MISURA

FONTE COPERTURA

SPAZIALE

COPERTURA

TEMPORALE

STATO

ATTUALE

TREND

VAL1 Numero procedure VAS/

Numero di piani per Tipologie

sottoposti a VAS

R N REGIONE

ARPAB

BAS 2008-2010 ↑

VAL2 Numero per anno e tipologia di

piani non assoggettabili a VAS

R N/% REGIONE

ARPAB

BAS 2009-2011 ↑

VAL3 SCREENING

Numero progetti per anno

e Numero di progetti per

provincia

R N REGIONE

ARPAB

BAS 2004-2010 ↑

VAL4 SCREENING

Percentuale progetti per settore

R % REGIONE

ARPAB

BAS 2004-2010 ↑

VAL5 VIA

Numero progetti per anno e per

provincia

R N REGIONE

ARPAB

BAS 2004-2010 ↔

VAL6 VIA

Percentuale progetti per settore

R % REGIONE

ARPAB

BAS 2004-2010 ↑

VAL7 VIA/SCREENING

Sopralluoghi eff ettuati per anno

R N REGIONE?

ARPAB

BAS 2004-2010 ☺ ↑

VAL8 VAL DI INCIDENZA

TABELLA 2. QUADRO SINOTTICO INDICATORI

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VAL1. NUMERO PROCEDURE VAS

Il numero di istanze attivate presso l’Uffi cio regionale Compatibilità Ambientale, per il

periodo 2008-2010 (fi gura 3), dopo un avvio stentato ha manifestato un incoraggiante

aumento che lascia intendere come la VAS possa diventare, in breve tempo, un punto

fondamentale nella programmazione territoriale regionale. Le procedure di VAS attivate

sono relative a diverse tipologie di Piani. La fi gura 4 mostra che la maggiore percentuale

di Piani, per i quali si richiede il parere di compatibilità ambientale, è rappresentata dai

Regolamenti Urbanistici comunali con oltre il 50% delle istanze attivate; seguono, con

percentuali quasi identiche, le varianti urbanistiche ed i piani attuativi/operativi, sempre

di valenza comunale. La quasi totalità delle istanze è relativa a verifi ca di assoggettabilità,

mentre risultano ancora molto limitate le procedure di VAS ordinaria che hanno riguarda-

to, soprattutto, piani regionali quali: il Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale,

il Piano di Forestazione Regionale, il Programma Attuativo Regionale - Fondo per le Aree

Sottoutilizzate 2007-2013, il Piano regionale di utilizzo delle aree demaniali marittime.

FIGURA 3. NUMERO PROCEDURE VAS (2008-2010)Fonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

FIGURA 4. NUMERO DI PIANI PER TIPOLOGIE SOTTOPOSTI A VAS (2008-2010)Fonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

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VAL2. NUMERO DI PIANI PER ANNO E TIPOLOGIA

L’indicatore evidenzia il numero di piani che hanno ottenuto il parere favorevole di non

assoggettabilità alla procedura della Valutazione Ambientale Strategica, relativamente al

periodo 2009-2011, rilevando nel triennio un incremento maggiore al 100%.

In termini di percentuale della tipologia di piani che hanno ottenuto il parere favorevole

di non assoggettabilità alla procedura della Valutazione Ambientale Strategica, distin-

guendo le tipologie (fi gura 6) di Regolamenti Urbanistici Comunali, Varianti Urbanistiche

e Piani Attuativi, si nota che la maggior parte si riferisce ai regolamenti urbanistici con il

64%.

FIGURA 5. NUMERO DI PIANI PER ANNO POSTI A VAS (2008-2010)Fonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

FIGURA 6. PERCENTUALE DI PIANI POSTI A VASFonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

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VAL3. SCREENING - NUMERO PROGETTI PER ANNO E NUMERO PROGETTI

PER PROVINCIA

L’indicatore proposto riporta in fi gura 7 il numero di progetti che hanno ottenuto l’esclu-

sione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale per anno nell’intervallo tem-

porale 2004-2010.

I progetti che hanno ottenuto l’esclusione dalla procedura di valutazione di impatto am-

bientale per provincia, nel periodo considerato, sono in numero maggiore nella provin-

cia di Potenza.

VAL4. SCREENING PERCENTUALE PROGETTI PER SETTORE

L’indicatore proposto riporta la percentuale di progetti che hanno ottenuto l’esclusione

dalla procedura di valutazione di impatto ambientale per un intervallo di tempo pari a

sette anni e compreso tra il 2004 e il 2010 per i seguenti settori: infrastrutture, energia,

attività estrattiva, gestione rifi uti, sistemazione del suolo, idrocarburi, strutture turistiche,

stabilimenti produttivi, agricoltura.

FIGURA 7. NUMERO DI PROGET-TI PER ANNO (2004-2010)Fonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

FIGURA 8. NUMERO DI PROGET-TI PER PROVINCIAFonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

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Ad incidere maggiormente sul totale è il settore delle infrastrutture con il 26% seguito da

quello energetico e delle estrazioni (16%).

VAL5. VIA NUMERO PROGETTI PER ANNO E PER PROVINCIA

L’indicatore proposto riporta in fi gura 10 il numero di progetti che hanno ottenuto il giu-

dizio di compatibilità ambientale per anno nel periodo compreso tra il 2004 e il 2010.

L’indicatore proposto riporta il numero di progetti per provincia che hanno ottenuto il

giudizio di compatibilità ambientale nell’intervallo di tempo 2004 - 2010.

FIGURA 9. PERCENTUALE DI PROGETTI PER SETTOREFonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

FIGURA 10. NUMERO PROGETTI POSTI A VIA (2004-2010)Fonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

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VAL6. VIA PERCENTUALE PROGETTI PER SETTORE

L’indicatore proposto riporta la percentuale di progetti che hanno ottenuto il giudizio

di compatibilità ambientale per un intervallo di tempo pari a sette anni e compreso tra

il 2004 e il 2010 per i seguenti settori: infrastrutture, energia, attività estrattiva, gestio-

ne rifi uti, sistemazione del suolo, idrocarburi, strutture turistiche, stabilimenti produttivi,

agricoltura.

VAL7. VIA/SCREENING SOPRALLUOGHI EFFETTUATI PER ANNO (CONTROLLI)

L’indicatore proposto riporta il numero di sopralluoghi eff ettuati per la verifi ca del rispet-

to delle indicazioni e prescrizioni dei progetti che hanno ottenuto il giudizio di compati-

bilità ambientale o l’esclusione dalla procedura di valutazione di impatto ambientale.

FIGURA 11. NUMERO PROGETTI POSTI A VIA PER PROVINCIAFonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

FIGURA 12. PERCENTUALE DI PROGETTI POSTI A VIA PER SETTOREFonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

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VAL8. VALUTAZIONE DI INCIDENZA

L’obiettivo principale della valutazione è la previsione e la stima degli eff etti ambientali

di piani e progetti, al fi ne di proporre azioni mitigatrici. Il monitoraggio, in linea generale,

è fi nalizzato alla verifi ca degli eff etti stimati nel corso della realizzazione dell’opera e assi-

cura il controllo sugli impatti ambientali signifi cativi sull’ambiente provocati dalle opere

approvate, anche, al fi ne di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e

di consentire all’autorità competente di essere in grado di adottare le opportune misure

correttive. Il monitoraggio assume anche un ruolo di sorveglianza del rispetto delle pre-

scrizioni o raccomandazioni e consente l’implementazione delle buone pratiche.

FIGURA 13. NUMERO SCREENING PER ANNO (2004-2010)Fonte: Uffi cio Compatibilità Ambientale, Regione Basilicata; ARPAB

Page 320: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata
Page 321: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

Web

www.lupt.unina.it

www.tria.unina.it

Le Regioni di TRIA

Collana di studi territoriali della Rivista Internazionale

di Cultura Urbanistica “TRIA” fondata da Mario Coletta

Università degli Studi di Napoli Federico II

Centro Interdipartimentale di Ricerca L.U.P.T.

Edizioni Scientifi che Italiane

Direttore Scientifi co

Guglielmo Trupiano

Direttore Editoriale

Raff aele Paciello

Responsabile amministrativo Centro L.U.P.T.

Maria Scognamiglio

Coordinamento redazionale

Centro L.U.P.T.

Via Toledo, 402 - Napoli

Page 322: Relazione sullo stato dell'ambiente della Regione Basilicata

VIGGIANO, Donato; AA.VV.

Relazione sullo stato dell'Ambiente della Regione Basilicata

Collana: Le Regioni di TRIA

Napoli: Edizioni Scientifi che Italiane, 2012

pp. 320; 28 cm

ISBN 978-88-495-2759-9

_______________________________________________

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SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18

dicembre 2000.

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Via delle Erbe, 2 - 20121 Milano - Tel. e Fax 02-809506; E-mail: [email protected]

Stampato in Italia / Printed in Italy su carta riciclata nel mese di novembre 2013

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ISBN 978-88-495-2759-9