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RELAZIONE TECNICA DEFINITIVA PRESENTATA ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI AOSTA DAL REPARTO INVESTIGAZIONI SCIENTIFICHE DEI CARABINIERI DI PARMA Avvertenza: Nel corso della relazione si troveranno rimandi ad alcune foto che il lettore, però, non troverà. Si tratta, infatti, di immagini molto crude di cui abbiamo preferto evitare la pubblicazione. 1. PREMESSA Preliminarmente, appare quanto mai opportuno tracciare una breve sintesi sulla determinazione della posizione dell'aggressore che, a nostro avviso, assume particolare rilevanza ai fini della ricostruzione della dinamica delittuosa. Come si ricorderà, essa si è fondata sullo studio scientifico delle tracce ematiche presenti sulla coperta- copriletto e di quelle localizzate nella camera da letto, teatro del tragico evento, vale a dire le macchie presenti attorno al letto (testiera e parete a essa retrostante) e quelle disposte sulla parete laterale provvista di finestra, sul soffitto, sulla porta di accesso alla camera e sull'armadio guardaroba. Per quanto riguarda le prime, quelle che imbrattavano la coperta-copriletto, dopo essere state sottoposte a un accurato esame morfo-dimensionale, secondo gli standard dettati dai più accreditati sistemi di analisi che vanno sotto il nome di Blood Pattern Analysis (in sigla BPA), esse sono state valutate anche sotto il profilo della loro distribuzione statistica. Seguendo questo approccio, è stato possibile rilevare 1 : 1 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pagg. 30 e 31: «L'analisi della distribuzione statistica relativa al numero di schizzi per dm2 in funzione delle loro dimensioni, relativamente alle macchie di sangue sulla coperta in esame, ha per- messo di stabilire quanto segue: - per i settori 85-89, corrispondenti alla parte alta della coperta, vale a dire quella posta in prossimità dei cuscini, una prevalenza di tracce ematiche mediamente piccole, di dimensioni di circa 0,5-1.5 mm; - per il settore 90, in particolare per il quadrante posto in basso a sinistra (90-BS), la presenza di una zona d'ombra (“void area”) cioè in una superficie non attinta dalle proiezioni di sangue, in quanto verosimilmente riparata da un oggetto oscurante; - per i settori 92-100, corrispondenti alla parte bassa della coperta, vale a dire quella posta ai piedi del letto, una prevalenza di tracce ematiche mediamente grandi, di dimensioni superiori a 1.5 mm circa, nonché una consistente diminuzione della loro densità (inferiore a 1 macchia/dm2); P articolarmente interessante risulta anche il calcolo relativo alla distribuzione statistica del numero di schizzi per dm2 in funzione dell'angolo d'impatto, che si rivela del medesimo tipo per tutti i settori della coperta, ossia indica con sistematicità una prevalenza di tracce ematiche strette e allungate, aventi mediamente un angolo d'impatto compreso tra 0° e 45°. Analizzando l'orientamento delle frecce rosse, relative agli schizzi maggiormente inclinati, si nota inoltre una direzione comune degli schizzi, tutti con andamento disposto dall'alto verso il basso. In particolare, poi, osservando la coperta dai piedi del letto si nota chiaramente come alcuni di essi sono diretti da destra verso sinistra, mentre la maggior parte è diretta da sinistra verso destra, il che suggerisce come probabile epicentro delle proiezioni, proprio l'area posta in corrispondenza del settore 90, in cui è stata riconosciuta una tipica zona d'ombra».

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RELAZIONE TECNICA DEFINITIVA PRESENTATA ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI AOSTA DAL REPARTO INVESTIGAZIONI

SCIENTIFICHE DEI CARABINIERI DI PARMA

Avvertenza: Nel corso della relazione si troveranno rimandi ad alcune foto che il lettore, però, non troverà. Si tratta, infatti, di immagini molto crude di cui abbiamo preferto evitare la pubblicazione. 1. PREMESSA Preliminarmente, appare quanto mai opportuno tracciare una breve sintesi sulla determinazione della posizione dell'aggressore che, a nostro avviso, assume particolare rilevanza ai fini della ricostruzione della dinamica delittuosa. Come si ricorderà, essa si è fondata sullo studio scientifico delle tracce ematiche presenti sulla coperta-copriletto e di quelle localizzate nella camera da letto, teatro del tragico evento, vale a dire le macchie presenti attorno al letto (testiera e parete a essa retrostante) e quelle disposte sulla parete laterale provvista di finestra, sul soffitto, sulla porta di accesso alla camera e sull'armadio guardaroba. Per quanto riguarda le prime, quelle che imbrattavano la coperta-copriletto, dopo essere state sottoposte a un accurato esame morfo-dimensionale, secondo gli standard dettati dai più accreditati sistemi di analisi che vanno sotto il nome di Blood Pattern Analysis (in sigla BPA), esse sono state valutate anche sotto il profilo della loro distribuzione statistica. Seguendo questo approccio, è stato possibile rilevare1: 1 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pagg. 30 e 31: «L'analisi della distribuzione statistica relativa al numero di schizzi per dm2 in funzione delle loro dimensioni, relativamente alle macchie di sangue sulla coperta in esame, ha per- messo di stabilire quanto segue: - per i settori 85-89, corrispondenti alla parte alta della coperta, vale a dire quella posta in prossimità dei

cuscini, una prevalenza di tracce ematiche mediamente piccole, di dimensioni di circa 0,5-1.5 mm; - per il settore 90, in particolare per il quadrante posto in basso a sinistra (90-BS), la presenza di una

zona d'ombra (“void area”) cioè in una superficie non attinta dalle proiezioni di sangue, in quanto verosimilmente riparata da un oggetto oscurante;

- per i settori 92-100, corrispondenti alla parte bassa della coperta, vale a dire quella posta ai piedi del letto, una prevalenza di tracce ematiche mediamente grandi, di dimensioni superiori a 1.5 mm circa, nonché una consistente diminuzione della loro densità (inferiore a 1 macchia/dm2);

P articolarmente interessante risulta anche il calcolo relativo alla distribuzione statistica del numero di schizzi per dm2 in funzione dell'angolo d'impatto, che si rivela del medesimo tipo per tutti i settori della coperta, ossia indica con sistematicità una prevalenza di tracce ematiche strette e allungate, aventi mediamente un angolo d'impatto compreso tra 0° e 45°. Analizzando l'orientamento delle frecce rosse, relative agli schizzi maggiormente inclinati, si nota inoltre una direzione comune degli schizzi, tutti con andamento disposto dall'alto verso il basso. In particolare, poi, osservando la coperta dai piedi del letto si nota chiaramente come alcuni di essi sono diretti da destra verso sinistra, mentre la maggior parte è diretta da sinistra verso destra, il che suggerisce come probabile epicentro delle proiezioni, proprio l'area posta in corrispondenza del settore 90, in cui è stata riconosciuta una tipica zona d'ombra».

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- una prevalenza di tracce ematiche mediamente piccole sulla parte alta della coperta;

- una zona d'ombra, cioè un'area completamente priva di tracce ematiche, presente in una parte della coperta da noi arbitrariamente classificata come settore 90;

- una prevalenza di tracce ematiche mediamente grandi sulla parte bassa della coperta; - una predominante disposizione degli schizzi con direzione dall'alto verso il basso e da sinistra

verso destra (per chi osserva la coperta dai piedi del letto). Per quanto riguarda le seconde, quelle che imbrattavano lo spazio (pareti e suppellettili) dell'intorno del letto, esse sono state esaminate in accordo alle tecniche dettate dal BPA e hanno permesso di individuare il probabile epicentro degli schizzi. Valutate in parallelo a quanto osservato per le prime, hanno poi consentito di formulare una prima verosimile ipotesi circa la posizione dell'aggressore2. Successivamente, ricorrendo a un ingegnoso ma altrettanto indispensabile sistema di grigliatura reso possibile dall'applicazione di un'apposita struttura costituita da speciali telai e fili equidistanti tra loro, disposti orizzontalmente e verticalmente nella stanza (foto), si è proceduto a una meticolosa registrazione dei parametri richiesti dall'approccio del BPA (rilevazione delle coordinate, dell'angolo d'impatto ecc.), allo scopo di calcolare la traiettoria degli schizzi di sangue e, da qui, il loro probabile punto d'origine3. Qui inserisci foto1 Seguendo questo approccio, certamente più analitico e sistematico rispetto a quanto era stato esperito nelle prime fasi dell'indagine tecnica, è stato possibile determinare con maggiore esattezza la posizione

2 2 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pag. 31: «Questi elementi, unitamente alla distribuzione degli schizzi sulle pareti e sul soffitto, suggeriscono che l'aggressore si trovasse sul letto, in ginocchio davanti alla vittima, brandendo con il braccio destro un oggetto di media pesantezza, provvisto di manico. Tale ricostruzione appare supportata dai seguenti riscontri aggettivi: - le proiezioni di sangue presenti sul soffitto, sulla testiera del letto e sulla parete a essa retrostante sono

assolutamente compatibili con l'azione di brandeggio di un arto superiore, che nella fattispecie deve essere necessariamente quello destro, poiché non esistono schizzi di sostanza ematica paralleli al bordo sinistro del letto, quello più vicino alla porta d'ingresso, ne sulla parete opposta, quella ove è situato il comò;

- la presenza di tracce ematiche sul lato opposto al precedente, quello relativo alla parete con finestra è compatibile con l'azione di armamento del braccio destro tesa a infliggere un colpo laterale, mentre quelle ritrovate sul termosifone, sulla tenda e sulle ante dell'armadio, sono interpretabili con un'azione di armamento del medesimo braccio dall’avanti all'indietro, alfine di infliggere dei colpi frontalmente;

la singolare presenza nel settore 87 della coperta - praticamente alla destra della zona d'ombra - di alcuni schizzi, diretti inequivocabilmente dal basso verso l'alto del letto, è compatibile con l'azione di armamento del braccio destro. Inoltre, la presenza di alcune tracce da gocciolamento attorno a tale area, si spiega con un momento di stasi dell'arto, quando lo stesso inverte l'oscillazione, consentendo all'oggetto contundente insanguinato di disperdere materiale ematico». 3 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pag. 8: «La visione d'insieme delle singole traiettorie analizzate, riportate sulla planimetria della camera da letto è particolarmente suggestiva: infatti, si noti come le tracce proiettate dalle ferite inferte al piccolo Samuele (praticamente quelle sulla parete - lato testiera del letto) convergano in prossimità del punto in cui giaceva la testa del bimbo; mentre le tracce sul soffitto, sull'armadio e sulla parete adiacente alla finestra, distaccatesi verosimilmente dall'arma del delitto durante il brandeggio (fenomeno ben noto in letteratura come: cast-off), indicano l'area entro la quale si muoveva il braccio che impugnava l'arma (simboleggiata con ovali di colore blu). Tale risultato analitico, se messo in relazione alla zona d'ombra presente sulla coperta-copriletto (settore 90 - vds. relazione nr. 303/24 IT 2002 datata 28/2/2002), evidenzia come l'area, da cui si sono distaccate le gocce che hanno prodotto le tracce di cast-off, si collochi proprio alla destra della zona d'ombra. Tutto ciò dimostra scientificamente che l'aggressore doveva trovarsi sul letto inginocchiato nella zona d'ombra corrispondente al settore 90 della coperta e brandiva l'arma del delitto con il braccio destro».

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dell'aggressore, potendola scandire nei suoi movimenti principali4. Ciò ha rappresentato un'integrazione armonica e coerente alle prime armonica e coerente alle prime ipotesi da noi tracciate, che smentisce le aprioristiche e alquanto arbitrarie conclusioni della difesa che, molto superficialmente, ha recentemente definito il nostro lavoro come “...il raffazzonato tentativo di adeguare le tesi alle risultanze delle indagini, dando conto in qualche modo di quanto già se-gnalato dai consulenti tecnici della difesa”5. D'altro canto, lo stesso Tribunale del Riesame, dopo aver considerato e vagliato le nostre ipotesi e quelle formulate dai CC.TT. (consulenti tecnici. NDR) della difesa, conclude decisamente a favore della nostra ricostruzione e a proposito della posizione dell'aggressore sentenzia che: “lo stesso dovesse trovarsi sul letto inginocchiato in corrispondenza della zona d'ombra della coperta (nella quale, appunto per tale ragione, non sono state rinvenute tracce ematiche), nell'atto di brandire l'arma del delitto con il braccio destro in un'area - c.d. area di brandeggio - posta nell'immediate adiacenze della stessa zona d'ombra; a ciò deve aggiungersi che le tracce di sangue presenti sulla porta della camera da letto, oltre che quelle posizionate sul soffitto, risultano compatibili - con ciò parzialmente aderendosi all'opposta tesi difensiva - con l'affermazione che almeno un colpo possa essere stato inferto dall'aggressore posto in piedi accanto al comodino e al lato sinistro del letti (sempre visto dal fondo)”6. Decisamente complementare alla posizione dell'aggressore deve considerarsi il problema del pigiama che, insieme agli zoccoli, affrontati più specificamente nel capitolo concernente gli accertamenti biomolecolari costituiscono i punti di riferimento di tutta la dinamica delittuosa, i cardini di una lettura chiara, logica e conseguente dell'aggressione al piccolo Samuele Anche in questo caso, per quanto riguarda il pigiama, servendosi d una breve sintesi, si ricorderà l'approccio analitico da noi seguito. Esso è consistito, dapprima, nello studio della tipologia degli schizzi presenti sulla casacca e sui pantaloni, in rapporto a quelli che imbrattavano la coperta-copriletto; si è voluto così adottare un metodo scientifico in grado di stabilire la posizione del pigiama al momento dell'aggressione, a prescindere dall'area del suo ritrovamento da parte della P.G. (Polizia Giudiziaria. NDR). Ricorrendo a una breve sperimentazione pratica, si è riusciti poi, già a conclusione dei primi accertamenti compendiati nella relazione del 28 febbraio 2002, a fornire una prima ipotesi sul ruolo ricoperto dal pigiama, il quale, valutate tutte le ipote si alternative, non poteva che essere stato indossato dall'aggressore7. 4 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pag. 8: «Altrettanto suggestive sono le tracce presenti sulla porta della camera da letto e alcune sul soffitto (vds. ad esempio i quadranti nn. 15, 24, 30 e 36), le quali non escludono che almeno un colpo possa essere stato inferto dall'aggressore posto in piedi accanto al comodino e al lato sinistro del letto (visto dal fondo). Presumibilmente tale dinamica può essere avvenuta nella fase iniziale dell'aggressione la quale, immediatamente dopo, si è sviluppata sul letto con le modalità summenzionate». 5 Cfr. da «Note aggiuntive nell'interesse di Annamaria Franzoni» dell'aw. prof. Carlo Taormina, depositate in data 27 settembre 2002, pag. 2. 6 6 Cfr. dalla Sentenza della Sezione del Riesame del Tribunale Ordinario di Torino de- positata il 4 ottobre 2002, pag. 23. 7 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pagg. 35 e 36: «Allo scopo di meglio comprendere la dinamica dell'evento delittuoso e confermare le ipotesi tracciate è stata infine simulata una scena criminis del tutto analoga a quella in esame, presso i laboratori di questo Reparto. A tal fine si è provveduto a ricostruire dettagliatamente l'ambiente, mediante: - un letto matrimoniale completo di materasso, lenzuola, cuscini e piumone; - un comodino; - la parete dietro la testiera del letto e quella laterale, nonché il soffitto. La vittima è stata simulata mediante un bambolotto, la cui testa è stata rifoderata di materiale spugnoso e imbevuta di sangue. L aggressore è stato vestito con la casacca del pigiama al rovescio e con la cucitura sulle spalle, mentre i pantaloni sono stati indossati correttamente. La posizione dell'autore materiale del delitto è stata, per tutta la durata dell'azione criminosa, in ginocchio sul letto e con il viso rivolto verso la testiera del letto. Larma del delitto è stata verosimilmente simulata con un martello da carpentiere. La serie di colpi inferii è stata effettuata con il braccio destro, cercando di riprodurre le proiezioni di sangue osservate realmente sulla scena criminis. Nonostante l'impossibilità, allo stato, di ricostruire con assoluta fedeltà la reale situazione omicidiaria, sono stati comunque confermati basilari elementi di riscontro.

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Nel nostro ultimo lavoro, depositato il 17 settembre, nel chiarire le modalità con cui si era pervenuti a quelle conclusioni, sono state aggiunte novità di rilievo che, basandosi sulla fortissima corrispondenza esistente (dimostrazione di identità propria) tra la cospicua macchia con ossicino presente sulla manica della casacca e quella altrettanto suggestiva presente sulla parte alta del lenzuolo, hanno fugato qualsivoglia dubbio residuo - se mai ce ne fossero ancora - conferendo alla tesi secondo cui il pigiama era necessariamente indossato dall'aggressore, piena valenza probabilistica. Nella stessa relazione si è riusciti anche a mettere in luce la complessiva genericità e quindi la totale inconsistenza delle affermazioni formulate dai CC.TT. della difesa, ispirate soltanto da aprioristiche convinzioni e non suffragate da alcuna seria, completa e riproducibile sperimentazione, semmai da subdoli tentativi di voler imporre solo le proprie convinzioni soggettive, ristrette, come tali, all'arroganza di un approccio penosamente empirico.

2. SPERIMENTAZIONE In questa relazione conclusiva intendiamo riferire circa l'ampia attività sperimentale da noi condotta, che abbiamo ritenuto indispensabile per comprendere, verificare e dimostrare la complessa dinamica dell'azione delittuosa. Dalla sua disamina, si potranno quindi capire le ragioni delle nostre affermazioni e la reale portata delle conclusioni cui siamo pervenuti, in rapporto alle sterili, superficiali ed empiriche considerazioni dei CC.TT. della difesa. Va da sé che essa è stata particolarmente imperniata sulla posizione dell'aggressore, sull'esame del pigiama, ivi compresi gli ulteriori accertamenti eseguiti sulla cospicua macchia con ossicino e, ovviamente, sulle analisi degli zoccoli che, come si è già detto, costituiscono i pezzi principali dello stesso puzzle omicidiario. La nostra sperimentazione si è fondata:

- sulla fedele ricostruzione del teatro delittuoso; - sulla puntuale applicazione delle linee guida decretate dalla comunità scientifica internazionale e

dalla più recente letteratura del settore8; - sull'ammissione di tutte le possibili ipotesi formulabili a priori, anche in virtù di quanto

suggerito e affermato dai CC.TT. della difesa; - sulla valutazione della riproducibilità dei dati ottenuti.

2.1 FASE PREPARATORIA

Essi consistono: - nella morfologia e nelle dimensioni estremamente ridotte (0.0-1.5 mm) delle macchie generatesi sulla

parte destra del pigiama; - nella formazione di sciami di schizzi di sangue proiettati dall'oggetto contundente sulla parete dietro la

testiera del letto e sul soffitto, conseguentemente ai colpi inferti frontalmente; - nella formazione di gruppi di macchie sia rotondeggianti, sia allungate sulla parete analoga a quella

provvista di finestra, conseguentemente ai colpi inferti di lato; Sperimentalmente, è stato possibile verificare anche la formazione di una zona d'ombra mediante un altro pigiama casualmente adagiato sulla superficie del letto durante la simulazione dell'azione criminosa, in questo caso, rimuovendo il pigiama dalla sua posizione, si apprezza chiaramente come la zona d'ombra si stagli rispetto alle proiezioni di sangue circostanti. E’ stato infine possibile confermare che, trascinando l'indumento da una parte all'altra del letto (terza ipotesi bis), si formano le tipiche tracce da strofinio denominate «wipe». Quanto descritto è riportato in una preliminare versione in video». 8 T. Bevel. Ross M. Gardner «Bloodstain Pattern Analysis» 1997 CRC press; S.H.James, W.G. Eckert «Interpretation of Bloodstain evidence at Crime Scenes» 1999, CRC press; A.Y. Wonder «Blood Dynamics» 2001 Academic Press.

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INDIVIDUAZIONE DI UN DISPOSITIVO SPERIMENTALE PER LA PROIEZIONE DEGLI SCHIZZI DI SANGUE

Sin da subito è emerso il problema di come poter realizzare un sistema che simulasse la produzione degli schizzi di sangue. Il problema, è consistito:

- nell'impossibilità di far ricorso ai complessi sistemi di tessuti e pompe, tipico degli esseri viventi (anche animali) e, come tali in grado di generare proiezioni simili a quelle osservate sulla scena criminis;

- nell'indisponibilità dell'arma del delitto; - nella necessità di individuare un sistema sperimentale, affidabile e riproducibile, capace di

ottenere l'imbrattamento ematico rilevato sul luogo del reato, sia sotto l'aspetto quantitativo, inteso come quantità complessiva di sangue proiettato sui diversi target, sia sotto l'aspetto qualitativo, inteso come distribuzione delle macchie sui diversi substrati (pareti, soffitto, coperta, pigiama), al fine di formulare ipotesi sulla sua genesi.

Un primo studio ha riguardato l'individuazione e la scelta dei materiali da utilizzare come substrati per la deposizione del sangue e per la sua successiva proiezione, in mancanza, come si diceva, dei tessuti e dei sistemi idraulici caratteristi ci dei viventi. Al riguardo, si è proceduto alla valutazione e alla sperimentazione di una vasta serie di materiali: vari tipi di legno, di metallo, di stoffa etc. Un secondo studio ha riguardato l'individuazione del mezzo da utilizzare per colpire, non essendo stata mai trovata l'arma del delitto. Questo secondo studio si è dimostrato più complesso del primo ed è consistito, a sua volta, nella risoluzione di due sotto problemi. 1. Il primo, teso a stabilire quale potesse essere stata l'arma del delitto, genericamente riconducibile a un oggetto provvisto di manico di media lunghezza Qui, la questione è stata affrontata dapprima attraverso un approfondito esame delle lesioni prodotte sulla vittima allo scopo di ricavare il pattern prodotto dal mezzo, in termini di caratteristiche dell'impronta e sue specifiche dimensionali. Quindi, si è provveduto a un'approfondita ricerca di mercato mirata all'individuazione del tipo di arnese che potesse soddisfare le caratteristiche di cui sopra. Infine, una volta individuata la tipologia del mezzo, si è ricorso a un'ulteriore sperimentazione tesa a verificare se l'oggetto individuato come probabile arma del delitto potesse soddisfare le peculiari caratteristiche delle ferite prodotte nella vittima, ricorrendo a simulazioni e confronti. 2. Il secondo, volto a determinare se l'oggetto individuato come possibile arma del delitto, fosse di per sé idoneo a riprodurre una medesima distribuzione di sangue come quella osservata sulla scena del reato o se era necessario ricorrere a più mezzi, in considerazione dei limiti sperimentali e tenendo conto de substrati utilizzati per le prove di sputtering. Tutta la sperimentazione è stata effettuata utilizzando sangue fresco di maiale - il più simile a quello dell'uomo - depositato con siringa e in quantità note sui diversi materiali prescelti, in modo da imbibire i target in condizioni controllate. Le prove sono state effettuate da personale ausiliario opportunamente protetto dai relativi dispositivi (tuta e calzari in tyvek, guanti in lattice, mascherina e occhiali), colpendo singolarmente o ripetutamente e in più serie i diversi substrati con i differenti oggetti prescelti per la sperimentazione, ed esaminando gli schizzi prodotti per mezzo di pareti/pavimenti provvisori di carta sostituiti a ogni ripresa. Tale approccio, ispirato al massimo rigore scientifico e alla più scrupolosa attenzione valutativa, ci ha consentito di registrare, per ciascun tentativo:

- la morfologia e le dimensioni delle singole macchie prodotte; - il numero degli schizzi; - le traiettorie;

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- la distanza minima e massima dal target. E’ stato così possibile osservare il pattern che di volta in volta si produceva e valutare progressivamente la qualità delle simulazioni effettuate, sia singolarmente, sia nella loro globalità. Al termine della sperimentazione che ha comportato centinaia di prove su numerosi substrati e vari utensili idonei a colpire, oltreché un periodo di tempo di circa due mesi, è stato possibile individuare un modello sperimentale affidabile e riproducibile, costituito da:

- una sagoma di legno di jelliston di forma rotondeggiante (simile a una testa umana) e circonferenza di circa 51 cm, sulla quale sono state applicate delle porzioni di una particolare moquette delle dimensioni di circa 2 x 2 cm, che sono state posizionate sulla testa di legno, più o meno all'altezza delle ferite riscontrate sulla vittima. Tale sagoma ha assunto nel nostro modello sperimentale la funzione della testa della vittima;

- un martello (in alto nella foto) con manico in metallo rivestito di gomma della lunghezza di 27 cm circa, munito di testa piatta a sezione circolare del peso di 0,5 kg circa. Esso ha assunto, nel nostro modello, la funzione di proiettare le tracce di sangue a partire dalla testa di legno rivestita di moquette, similmente a quanto era avvenuto nella vittima, a partire dalle ferite che progressivamente si venivano a produrre;

Qui va foto2

- un utensile da giardinaggio (in basso nella foto) con manico in legno della lunghezza di 28 cm circa provvisto di testa costituita da un lato da due punte a sezione triangolare e dall'altro lato da una punta a «cucchiaio», risultato il più corrispondente e compatibile con le ferite osservate sulla testa della vittima. Esso ha assunto, nel nostro modello, la funzione di proiettare gli schizzi di sangue a maggiore distanza, agendo in maniera complementare al martello, ma con lo scopo preciso di simulare l'arma del delitto che, a causa della cospicua quantità di sangue di cui era imbrattata, scaraventava sangue sul soffitto e su altri bersagli più lontani (pareti laterali, armadio-guardaroba etc.) a ogni movimento di riarmamento del braccio dell'aggressore (tipiche tracce così dette da cast-off) (ossia gli schizzi proiettati dall'arma del delitto nella scena dell'omicidio. NDR).

La produzione di schizzi di sangue, secondo pattern riproducibili, che fossero altrettanto compatibili a quelli osservati sulla scena del reato è stata ottenuta mediante serie ripetute di:

- colpi portati con il martello sui singoli frammenti di moquette preventivamente insanguinati, applicati alla testa di legno;

- movimenti effettuati con l'attrezzo da giardinaggio imbibito di sangue, avvicinato e allontanato più volte dalla testa, mediante ampi movimenti del braccio che lo impugnava.

RICOSTRUZIONE DELLA SCENA DEL REATO Un altro aspetto della fase preparatoria, propedeutica alla simulazione vera e propria, è consistito nella fedele ricostruzione della camera da letto dove fu commesso l'omicidio del piccolo Samuele Lorenzi, avendo cura di rispettare il più possibile la struttura, le dimensioni e i materiali di quella originaria. Per le pareti e il soffitto (foto) sono stati impiegati dei pannelli in legno listellare ricoperto con due strati di M.D.F., la cui superficie esterna è stata pretrattata industrialmente in modo da riprodurre un effetto a «buccia d'arancia» analogo a quello della baita di Montroz. Qui va foto 3

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Sulla parete della stanza retrostante la testiera del letto è stata praticata un'apertura rettangolare di 120 cm x 90 cm chiusa con del plexiglas trasparente, al fine di disporre di una prima finestra di ispezione da utilizzare anche per posizionare una delle telecamere utilizzate per documentare le attività. Per gli stessi motivi, anche la parete retrostante il comò - che nella scena del reato è risultata l'unica parete priva di schizzi - è stata realizzata interamente in plexiglas trasparente. Oltre quest'ultima, vista la maggiore ampiezza, è stata inoltre realizzata una piccola area che è servita come vano di regia (controllo delle luci, dei sistemi di videoripresa etc.), e come spazio per seguire le diverse fasi della sperimentazione, permettendo l'osservazione simultanea da parte di più persone. L'ingresso della stanza è stato realizzato mediante una porta perfettamente funzionante, identica a quella presente sulla scena del reato. La finestra e la porta finestra - rinunciando a vere e proprie aperture, del tutto inutili ai fini sperimentali - sono state appena delineate, ricostruendo però nel dettaglio le tende che le adornano. Il pavimento è stato rifinito con un rivestimento vinilico a rilievo, stabilizzato con fibra di vetro e rovescio in P.V.C, che riproduce il disegno del parquet originale. Si è provveduto quindi ad arredare la stanza con un letto completo di rete, materasso, cuscini etc., con gli armadi-guardaroba e con il comò, completandola infine con vari oggetti d'arredamento (abatjour, lampadario, portafotografie, centrini, quadro etc.) in modo da guarnirla il più fedelmente possibile a quella reale. Ciò fatto, si è quindi proceduto alla sperimentazione finale, vale a dire alla simulazione delle ipotesi ricostruttive da noi proposte e di quelle suggerite dai CC.TT. della difesa. Tale attività è stata però,necessariamente, receduta da un'attenta disamina del materiale video e fotografico prodotto in fase di sopralluogo e da un approfondito studio dei reperti a disposizione (lenzuola, cuscini, coperta-piumone, pigiama), con particolare riguardo alle zone imbrattate e a quelle pulite, indispensabili indicatori delle zone esposte agli schizzi e di quelle protette e, quindi, della loro possibile posizione originaria al momento del verificarsi dell'evento. Concluso lo studio e le conseguenti valutazioni, tutto il dispositivo, vale a dire la testa di legno, le lenzuola, i cuscini, il piumone-coperta sono stati attentamente posizionati, cercando di rimanere aderenti il più fedelmente possibile alle condizioni reali, fatte salve le inevitabili alterazioni che sono eventualmente intervenute in seguito all'intervento dei soccorsi, della P.G. etc., nell'immediatezza del fatto. Il pigiama, la coperta, le lenzuola e le federe, acquistati nuovi dal commercio e sempre sostituiti a ogni tornata sperimentale, sono stati tutti preventivamente lavati e asciugati, allo scopo di eliminare la patina che è generalmente presente sui tessuti nuovi («appretto»), la quale avrebbe potuto produrre un anomalo assorbimento del sangue, connesso a fenomeni di idrorepellenza.

2.2. VERIFICHE SUL TEMPO DI COAGULAZIONE DEL SANGUE Prima di accedere alle simulazioni vere e proprie abbiamo ritenuto opportuno procedere anche a una verifica dei tempi di coagulazione del sangue umano. Essa è stata condotta presso i laboratori di questo reparto, al fine di osservare la rapidità con cui le tracce ematiche si essiccano in condizioni ambientali su diversi materiali. Per tale scopo sono stati prelevati, grazie all'ausilio di un medico, idonei campioni di sangue donato su base volontaria. Un'opportuna quantità di sostanza ematica è stata depositata su un supporto sufficientemente duro (legno), in modo tale da colpirla con un martello a testa piatta e proiettare le tracce ematiche su alcuni target di differente natura disposti attorno all'epicentro degli schizzi. L'intera sequenza delle operazioni suddette si è svolta a una temperatura media di circa 20 °C, senza l'aggiunta di anticoagulanti e nel più breve tempo possibile, in modo tale da simulare il comportamento biologico della sostanza ematica fuoriuscita dalla vittima in seguito ai colpi inferti. Il tempo di essiccazione delle tracce ematiche è stato analizzato, utilizzando differenti superfici: tavola di noce (non trattata); tavola di iroko (non trattata); tavola di doussie (non trattata); tavola di abete

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verniciato a smalto; tessuto in cotone simile a quello del pigiama; tessuto in misto cotone analogo a quello della coperta-copriletto; vetro. L'esperimento è stato condotto, assegnando ciascuno dei suddetti target a un operatore che a intervalli di trenta secondi (clock) saggiava lo stato di coagulazione delle tracce. Tale operazione è stata eseguita semplicemente indossando guanti in lattice monouso e strofinando con un dito ogni volta una macchia di sangue presente sul target, fino a quando non è stato accertato il completo coagulamento (ossia l'assenza di wipe). I risultati ottenuti sono sintetizzati nella seguente tabella: Target Numero Intervallo di Clock (30 sec.) tempo Tavola di noce (non trattata) 5 2’30” Tavola di jroko (non trattata) 5 2’30” Tavola di doussie (non trattata) 5 2’30” Tavola di abete verniciato a smalto 4 2’ Tessuto in cotone simile a quello del pigiama 5 2’30” Tessuto in misto cotone analogo a quello della coperta 5 2’30” Vetro 5 2’30” 2.3. SPERIMENTAZIONE A (AGGRESSORE INGINOCCHIATO SUL LETTO IPOTESI PROPOSTA DAL R.I.S. PARMA) La sperimentazione è consistita nelle seguenti azioni principali, interpretate da personale ausiliario provvisto dei necessari dispositivi di sicurezza per la protezione individuale (DPI): QUI INSERIRE IN SEQUENZA FOTO 4, 5 E 6 QUI INSERIRE FOTO 7 5 scendere dal letto e uscire dalla stanza; 6 (opzionale) recarsi in bagno per lavarsi le mani e il volto e subito dopo rientrare in camera e sfilarsi il pigiama, lasciandolo sul letto. Tale azione è stata considerata utile per sperimentare un'eventuale ulteriore possibilità di imbrattamento del pigiama attraverso le mani ancora bagnate. Determinante ai fini della simulazione dell'ipotesi ricostruttiva da noi proposta è stata la collocazione dell'omicida sul letto. Essa è stata desunta dallo studio della zona d'ombra individuata nel settore 90 della coperta in reperto9 che è stata riprodotta tal quale sulla coperta/e utilizzata/e per la/e simulazione/i, costituendo in tal modo la posizione in cui è stato sistemato l'aggressore per gran parte dell'attività delittuosa sperimentale, in accordo a quanto riferito precedentemente10.

9 Cfr. nota 1, seconda alinea. 10 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pagg. 8 e 9: «Tutto ciò dimostra scientificamente che l'aggressore doveva trovarsi sul letto inginocchiato nella zona d'ombra corrispondente al settore 90 della coperta e brandiva l'arma del delitto con il braccio destro. Altrettanto suggestive sono le tracce presenti sulla porta della camera da letto e alcune sul soffitto (vds. ad esempio i quadranti nn. 15, 24, 30 e 36), le quali non escludono che almeno un colpo possa essere stato inferto doli'aggressore posto in piedi accanto al comodino e al lato sinistro del letto (visto dal fondo).

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Durante la/e simulazione/i, la porta della camera da letto è stata sempre lasciata aperta11 e all'aggressore è stato fatto indossare un pigiama costituito da pantaloni e giacca (quest'ultima indossata al rovescio, con le cucitu-re all'esterno e la scollatura rivolta sulla schiena12); egli calzava, inoltre, un paio di zoccoli marca «Fly Flot» (simili a quelli in reperto). Come già accennato, su ogni porzione di moquette applicata alla testa di legno sperimentale, sono state depositate quantità note di sangue di maiale, corrispondenti a circa 1 ml di sostanza ematica. L'aggressore, inginocchiato sul letto, nella posizione appena richiamata, ha colpito più volte con il braccio destro ciascuna porzione, fino a quando essa non cessava di proiettare macchie di sangue. La sequenza è stata ripetuta più volte, ricaricando le porzioni di moquette a ogni ripresa, fino a ottenere un soddisfacente pattern complessivo, intendendosi per esso, una distribuzione delle macchie di sangue sulle pareti, coperta, pigiama etc. armonica e coerente (compatibile) con quella osservata sul luogo del reato e sui reperti. In questa fase, l'aggressore ha colpito i target di moquette, utilizzando sempre il braccio destro e sempre lo stesso martello precedentemente selezionato. Le cosiddette tracce di cast-off (proiezione di schizzi di sangue più consistenti e a maggiore distanza), sono state invece riprodotte mediante l'utensile da giardino, bagnando l'oggetto in un bicchiere pieno di sangue posto accanto al dispositivo di simulazione della testa e brandendo l'arnese con il braccio destro dal basso verso l'alto e da sinistra verso destra. Anche in questo caso le varie sequenze sono state ripetute fino a proiettare un'adeguata quantità di sangue, tale da ottenere un pattern armonico e coerente a quello reale. Oltre allo studio della distribuzione delle tracce ematiche sulle pareti, sul sof-fitto, sul letto e sull'ambiente a esso circostante, la/e simulazione/i sono risul-tate preziose anche per l'esame del pattem di sangue originatesi sul pigiama (affrontato anche da un punto di vista quantitativo, misurando le aree della casacca e dei pantaloni rimaste attinte) e per la verifica sperimentale della c.d. zona d'ombra prodotta dalla sagoma dell'«aggressore» inginocchiato sul letto. Come già detto, al fine di ottenere la necessaria e indispensabile riproducibilità del dato sperimentale, le simulazioni sono state ripetute numerose volte, il che ha comportato, a ogni ripresa, il ripristino di tutte le condizioni iniziali e, quindi:

- la ripulitura di tutte le superfìci attinte dagli schizzi di sangue (pareti, soffitto, arredi etc.); - la sostituzione e/o il lavaggio della coperta, lenzuola, federe, pigiama etc.; - il posizionamento della coperta e del sistema di simulazione della testa, secondo i parametri già

ricordati;

Presumibilmente tale dinamica può essere avvenuta nella fase iniziale dell'aggressione la quale, immediatamente dopo, si è sviluppata sul letto con le modalità summenzionate». 11 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pag. 29: «Sono state prese in considerazione tutte le proiezioni di sostanza ematica distribuite nella camera da letto. Più precisamente: [...] Le tracce presenti sul lato esterno della porta della camera da letto, consistenti soltanto in quattro tracce ematiche, tutte dirette dall'alto verso il basso (foto n. 12)». Tutto dò indica che la porta della camera da letto doveva essere aperta durante l'aggressione (vds. planimetria del fascicolo delB.PA. allegato alla relazione del 17 settembre 2002). 12 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pag. 35: «Tutto quanto precede, conduce a un indispensabile e basilare aggiornamento sulla figura dell'aggressore che ha colpito la piccola vittima. Ella/egli: - doveva necessariamente trovarsi in ginocchio sul letto, di fronte alla vittima; - indossava la casacca del pigiama al rovescio e con la cucitura rivolta sulla schiena, mentre i pantaloni

erano infilati al dritto e con l'etichetta sul retro; - brandiva con il braccio destro un oggetto di media pesantezza, provvisto di manico, con il quale ha

inferto numerosi colpi alla vittima, sia frontalmente, sia lateralmente».

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- la sostituzione delle porzioni di moquette (target) deteriorate dall'uso; - l'acquisizione di sangue di maiale fresco, per gentile concessione dei macelli locali.

Al termine della sperimentazione, le cui fasi salienti sono state fotografate e videoriprese, è stato possibile ottenere ed elaborare differenti parametri, risultati poi di fondamentale importanza per la formulazione delle ipotesi interpretative conclusive. Si è osservato, in particolare, che alcuni fenomeni si sono ripetuti sistematicamente, mentre altri, si sono manifestati solo occasionalmente. FENOMENI CHE SI SONO RIPETUTI SISTEMATICAMENTE

- totale assenza di tracce di sangue sul tratto di parete retrostante il comò; - presenza di cospicui schizzi di sangue sulla testiera del letto e sulla parete a essa retrostante

(con uno sciame di macchie molto simile a quello osservato sulla scena criminis) e sul soffitto. Questi ultimi sono per posizione e andamento pienamente compatibili con quelli osservati sulla scena del reato; risultano. infatti, circoscritti al lampadario, in corrispondenza del lato sinistro rispetto alla posizione della vittima e disposti parallelamente al lato lungo del letto. Altri schizzi, meno caratterizzanti, sono presenti sulla parete con la «finestra», sull'armadio (a quattro ante), sulla porta e sulla coperta, la quale è globalmente imbrattata anche alle spalle delT«aggressore»13;

- presenza di una ristretta zona d'ombra nell'area in cui è collocato (inginocchiato) l'«aggressore»; - assenza di tracce da cosiddetto strofinio (wipe) sulla coperta e sul pigiama che trova peraltro

conferma sulla sperimentazione dei tempi di essiccamento del sangue, i quali hanno ampiamente dimostrato la possibilità che il sangue si essicchi subito dopo aver imbrattato i bersagli attinti;

- formazione di tracce sulla casacca e sui pantaloni del pigiama, principalmente distribuite sulla parte anteriore e sul fianco destro dell'«aggressore» con un pattern complessivo che risulta del tutto analogo a quello presente sul pigiama in reperto, suffragando ulteriormente l'ipotesi che il pigiama fosse indossato al momento dell'aggressione.

La sperimentazione ha altresì dimostrato che, similmente a quanto osservato sul pigiama in sequestro, non vi sono tracce trasferitesi sul lato diametralmente opposto dell'indumento a causa del corpo umano che ha impedito che le superfici potessero venire a contatto tra loro.

FENOMENI CHE SI SONO VERIFICATI SOLO OCCASIONALMENTE

- presenza di schizzi di sangue sulla parte frontale del comò, lateralmente alla porta di ingresso; - presenza di tracce sulla parete dietro la porta, in corrispondenza della parte più alta; - possibilità che uno o entrambi gli zoccoli si sfilino dai piedi dell'aggressore all'atto di salire sul

letto e cadano sul pavimento14.

13 La sperimentazione ha dimostrato che si producono delle tracce ematiche sulla coperta anche nella zona immediatamente retrostante l'aggressore. Tutto ciò valida il parere del Tribunale del Riesame allorquando, rigettando le ipotesi dei CC.TT. Torre-Robino, afferma che: «[...] non può validamente sostenersi che la presenza di una figura umana nell'area del piumone connotata dalla mancanza di tracce di sangue avrebbe dovuto comportare, come già anticipato, una zona d'ombra maggiore, tale cioè da investire anche la parte immediatamente retrostante del piumone (che invece risulta oggettivamente imbrattata) [...]» (Cfr. dalla Sentenza della Sezione del Riesame del Tribunale Ordinario di Torino depositata il 4 ottobre 2002,pag.24). 14 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pagg. 13 e 14: «Nel corso delle varie sperimentazioni effettuate si è anche ipotizzato che l'assassino potesse indossare gli zoccoli. Le prove effettuate hanno dimostrato che se l'aggressore è inginocchiato sul letto con indosso le suddette calzature, è possibile che alcune goccioline di sangue attingano la suola degli zoccoli, producendo delle tipiche tracce da impatto del tutto compatibili a quelle rinvenute sugli zoccoli sequestrati alla sig.ra FRANZONI». Per quanto concerne le altre situazioni verificatesi si rimanda a quanto descritto nel capitolo relativo agii accertamenti ematologici e biomolecolari.

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Anche per questa sperimentazione, analogamente a quanto fatto sulla scena del reato15, si è ricorsi successivamente anche all'applicazione della c.d. «grigliatura». Tutte le superfici attinte dagli schizzi sono state quindi fotografate nel generale e ogni settore del reticolato, contenente tracce ematiche, è stato opportunamente fotografato nel dettaglio, allo scopo di ricavare i dati utili al calcolo della distribuzione delle macchie e quindi alla determinazione del punto di origine, secondo quanto dettato dalle tecniche del Blood Pattern Analysis. I risultati ottenuti dall'ampia sperimentazione sono risultati assolutamente affidabili e riproducibili e si dimostrano pienamente compatibili con quanto osservato dall'analisi della scena criminis16, confermando quindi in pieno l'ipotesi da noi formulata circa la dinamica dei movimenti dell'aggressore, così come già riferito nella relazione del 17 settembre 2002 e cioè che l'aggressore doveva trovarsi sul letto inginocchiato nella zona d'ombra corrispondente al settore 90 della coperta e brandiva l'arma del delitto con il braccio destro. Non può escludersi che almeno un colpo possa essere stato inferto dall'aggressore posto in piedi accanto al comodino e al lato sinistro del letto (visto dal fondo). Presumibilmente tale dinamica può essere avvenuta nella fase iniziale del-l'aggressione la quale, immediatamente dopo, si è sviluppata sul letto con le modalità summenzionate. Assolutamente insignificanti sul punto sono le così dette «nuove macchie» rinvenute dalla difesa nel mese di agosto, per un totale di 32 tracce supposte ematiche ritrovate su varie aree, che di fatto si sono rivelate completamente estranee alla natura ematica. Soltanto sei di esse (di cui 5 sulla parte anteriore del comò e 1 sulla parete dietro la porta) sembrerebbero, infatti, appartenere a sangue umano e riferibili alla vittima (almeno per quanto è stato possibile conoscere dalle analisi eseguite dal perito incaricato dal G.I.P). Esse, peraltro, corrispondono a schizzi pienamente compatibili con la posizione dell'aggressore da noi proposta e riprodotta sperimentalmente (si conferma la totale assenza di schizzi sulla parete retrostante il comò, esclusiva della posizione suggerita dalla difesa) e si riferiscono a tracce da noi già valutate e considerate irrilevanti in sede di sopralluogo e per questi motivi non campionate come tanti altri schizzi presenti nella camera da letto.

15 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pag. 2: «Alfine di poter calcolare la posizione dell'aggressore mediante lo studio delle tracce ematiche presenti ali'interno della camera da letto dove è stato ucciso il piccolo Samuele LORENZI, è stato applicato all'interno uno speciale reticolato realizzato con appositi listelli di legno e con fili disposti orizzontalmente e verticalmente alla stessa distanza fra loro. In questo modo le superfici d'interesse investigativo sono state suddivise in quadranti, aventi ciascuno dimensioni pari a 20 cm x 20 cm, come rappresentato nelle fotografie sottostanti. Tali operazioni sono state effettuate alla presenza dei CC. TT. Della difesa prof. Carlo Torre e dr. Carlo Robino i quali, tranne alcune foto generali e particolari della scena del reato, si sono astenuti da qualsivoglia rilievo e/o misurazione. Tale approccio si è reso necessario, alfine di individuare le esatte coordinate degli schizzi di sangue all'intemo di ogni singolo quadrante, senza, ricorrere a particolari elaborazioni grafiche e/o all'impiego di appositi software, in tal modo è stato possibile applicare un metodo scientifico, descritto più avanti, che consentisse di calcolare la traiettoria percorsa da ogni singola goccia di sangue analizzata, tra tutte quelle rilevate. Questo studio ha permesso di dimostrare in modo analitico quanto già descritto qualitativamente nelle conclusioni preliminari in merito alle posizioni assunte dal- l'aggressore durante l'avene criminosa (vds. relazione 303-24 IT2002 del 28/2/2002, Capitolo n. 4; Paragrafo n. 5)». 16 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pag. 9: «Al fine di confermare quanto già dimostrato scientificamente in merito alla posizione dell'aggressore, sono stati effettuati molteplici esperimenti di laboratorio tesi a riprodurre il più fedelmente possibile la dinamica dell'azione delittuosa. Per tale scopo è stata utilizzata una testa di legno rivestita da uno strato di moquette imbevuta di sangue animale, fissata su un letto avente le stesse dimensioni di quello, dove è stato ucciso il piccolo Samuele LORENZI. Attraverso queste sperimentazioni - che saranno ampiamente documentate nella relazione conclusiva - è stato anche possibile dimostrare che la distribuzione delle tracce ematicbe che si formano attorno al punto in cui vengono inferti i colpi, è assai simile a quella in esame, purché l'aggressore venga posizionato sulla coperta, più o meno al centro del letto. Si confermano, altresì, le macchie poste alle spalle dell'aggressore inginocchiato davanti alla vittima, contrariamente a quanto sostenuto da Torre-Robino».

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2.4. SPERIMENTAZIONE B (AGGRESSORE IN PIEDI ACCANTO AL LATO SINISTRO DEL LETTO - IPOTESI PROPOSTA DAI CC.TT. DELLA DIFESA CARLO TORRE E CARLO ROBINO) Dando ovviamente per scontato che tale attività è stata effettuata in identiche condizioni di lavoro e con il medesimo dispositivo di simulazione, appare invece opportuno sottolineare che essa si è fondata sulla necessità di verifìcare sperimentalmente le varianti proposte dai CC.TT. della difesa, relativamente alla posizione dell'aggressore e al pigiama. La sperimentazione è consistita nelle seguenti azioni principali, interpretate da personale ausiliario provvisto dei necessari dispositivi di sicurezza per la protezione individuale (DPI): QUI INSERISCI FOTO 8 QUI INSERISCI FOTO 9 Anche in questa ipotesi, determinante ai fini ricostruttivi è risultata la posizione dell'aggressore che, come prospettato dai CC.TT. della difesa, è sempre rimasto di fianco al letto e non ha mai indossato il pigiama. Lo svolgimento dell'attività sperimentale è avvenuto, come già descritto per la sperimentazione «A», colpendo i vari target di moquette, imbibiti di sangue sempre con il braccio e con lo stesso martello. Anche le tracce c.d. di cast-off sono state riprodotte, brandendo con il braccio destro il medesimo arnese da giardinaggio. QUI INSERISCI FOTO 10, 11 E 12 Inoltre durante tutta l'aggressione sperimentale, l'operatore ha anche cercato di sbilanciarsi con il busto sopra il letto, al fine di tentare di riprodurre movimenti che fossero i più fedeli possibili a quelli suggeriti dai CC.TT. della difesa, seppur decisamente innaturali e forzati17. Più difficile è risultata invece la sperimentazione a carico del pigiama. Qui abbiamo dovuto fare i conti con la natura assai confusa e in parte contraddittoria delle spiegazioni fornite dai CC.TT. della difesa i quali hanno preteso di far passare come scientifica la tesi che un pigiama ammucchiato rientri in uno spazio (l'area di vuoto presente nel settore 90) pari a circa 1.600 cm2 (nessuna obiezione in merito) e possa quindi imbrattarsi come quello in reperto (illazione gratuita)18. Sul punto, non possiamo non far notare, ancora una volta (non ci stancheremo mai di dirlo) che essi sono stati poi costretti (con fine ma

17 Cfr. «Alcune considerazioni sulla morte di Samuele Lorenzi» dei CC.TT. Torre-Robino, depositata in data 11 marzo 2002, pag. 17: «Gli esperti delRIS considerano due ipotesi: che egli fosse sul letto o che fosse ortogonalmente al letto (e al bambino), optando per la prima. Non pare invece considerino quella più semplice e logica: che si trovasse alla destra del letto (dal lato cioè dove giaceva il bambino), rivolto però verso il cuscino, fronteggiando la vittima e incombendo su di lei. In quella posizione, e brandendo con la mano destra un oggetto dotato di «manico», poteva benissimo colpirne la testa a destra, a sinistra e alla fronte e proiettare con I'«arma» schizzi in qualsivoglia direzione [...]». 18 Cfr. «Ulteriori considerazioni sulla morte di Samuele Lorenzi» dei CC.TT. Torre-Robino, pag. 11 : «Nel nostro caso si giunge ad affermare che un pigiama ammucchiato non può stare su di un quadrato (il noto settore 90) misurante 60x60 centimetri. Chiunque disponga di un pigiama e di un quadrato di queste misure può personalmente sperimentare (sia pure con metodo, secondo il PM, non scientifico ne aggettivo, ma per il profano di certo convincente) l'assurdità dell'affermazione. Così come è assurdo negare questa possibilità e contemporaneamente concludere che lo stesso settore 90 era invece idoneo a "contenere" la persona dell'omicida, inginocchiata».

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altrettanto scorretto artifizio19) ad «armare» il pigiama e a doverlo disporre in posizione allungata su una superficie, quindi, ben più ampia dell'area di vuoto presente nel settore 90, per ottenere il pattern confrontabile con quello presente sul pigiama in sequestro. In mancanza della necessaria chiarezza, ma certi della indispensabile esigenza di sperimentare e verificare comunque, anche le tesi impossibili, abbiamo deciso di seguire due differenti approcci:

- nella prima ipotesi, abbiamo posizionato la casacca e i pantaloni del pigiama sulla coperta all'interno di un'area corrispondente a quella di vuoto presente nel settore 90 (pari a circa 1.600 cm2). In questo caso, per consentire ai due pezzi del pigiama di «rientrare» in un'area così ristretta, è stato necessario comprimerli in modo assai innaturale e artificioso;

- nella seconda ipotesi, abbiamo disposto la casacca e i pantaloni del pigiama in modo casuale sulla coperta, seguendo quindi pedissequamente l'empirica simulazione di imbrattamento fatta dai CC.TT. della difesa e banalmente rappresentato nei loro c.d. plastici. In questo caso, però, l'area occupata dal pigiama superava di gran lunga i circa 1.600 cm2 corrispondenti all'area di vuoto presente nel settore 90.

Al termine di ciascun esperimento è stata misurata la superficie della zona d'ombra della coperta e le aree del pigiama attinte dagli schizzi. Il successivo confronto ha permesso di stabilire, in entrambe le ipotesi sperimentali (pigiama compresso/pigiama disteso), una differenza in valore assoluto del 5% circa, tra le aree misurate rispetto alla zona di vuoto, dimostrando così un sostanziale accordo tra le dimensioni delle aree attinte (sul pigiama) e di quelle da esse schermate (sulla coperta). Giova qui ribadire che tale differenza percentuale si giustifica proprio nel fatto che pigiama e coperta non sono stati perfettamente distesi, altrimenti tale valore sarebbe stato nullo20. La doppia sperimentazione da noi condotta secondo le ipotesi di Torre-Robino ha, altresì, dimostrato che:

- nel primo tentativo (pigiama compresso in un'area corrispondente a circa 1.600 cm2) la somma delle aree attinte del pigiama è molto minore di quella misurata sul pigiama in reperto, confermando appieno quanto da noi preliminarmente delineato nella relazione tecnica del 28 febbraio 200221.

19 Cfr. «Alcune considerazioni sulla morte di Samuele Lorenzi» dei CC.TT. Torre-Robino depositata in data 11 marzo 2002, pag. 3: «[...] L'armatura è stata allestita soltanto per consentire all'osservatore di constatare agevolmente e senza scomporre il campione che tutte le aree macchiate sono esposte». 20 Ciò dimostra la fragilità di quanto affermato dai CC.TT. Torre-Robino nella loro relazione «Alcune considerazioni sulla morte di Samuele Lorenzi» depositata in data 11 marzo 2002, pag. 15: «E invece del tutto intuitivo che se il pigiama, come da noi proposto, giace irregolarmente spiegazzato e dunque presenta una successione di anse con incavi e superfici aggettanti, l'area esposta agli schivi risulta assai più vasta della sua base di appoggio (cfr. figura 2)». 21 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 28 febbraio 2002, pagg. 33 e 34: «Una ter- za ipotesi, apparentemente molto plausibile, è che sia la casacca, sia i pantaloni del pigiama fossero casualmente adagiati nella parte alta del letto, settori 85-89, quella ri sultata più compatibile, in base agli schizzi, con le macchie rilevate sul pigiama. Tale ipotesi sarebbe ulteriormente sostenuta dalla presenza di un frammento osseo sulla manica della casacca, che può essere spiegato soltanto con la vicinanza dello stesso indumento a quella parte del letto dov'è situata la pozza di sangue, in quanto è l'unico punto in cui sono presenti analoghi frammenti ossei provenienti dal cranio della vittima. Tale ipotesi, per essere credibile, implicherebbe, però, il soddisfacimento delle seguenti condizioni: a) la somma delle superfici della casacca e dei pantaloni del pigiama investite dagli schizzi di sangue,

dovrebbe necessariamente corrispondere alla superficie di altrettante zone d'ombra individuabili sulla coperta;

b) (…) In realtà, invece, le condizioni summenzionate non risultano affatto soddisfatte, in quanto: a1) la somma delle superfici della casacca e dei pantaloni del pigiama investite dagli schizzi, è risultata pari a circa 4.900 cm2 ed è di gran lunga maggiore, addirittura di circa il 40%, alla somma delle aree di vuoto (zone d'ombra) rilevate sulla coperta, che è invece risultata pari complessivamente a circa 3.'500 cm';

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- nel secondo tentativo (pigiama disteso sul letto in un'area maggiore di 1.600 cm2) l'area di vuoto prodotta dalla schermatura del pigiama è circa tre volte superiore a quella osservabile sulla coperta-copriletto in reperto (quella corrispondente all'area di vuoto presente nel settore 90).

QUI INSERISCI FOTO 13 Per quanto riguarda il pigiama, si è osservato inoltre che:

- esiste una generica compatibilità tra il pattern riprodotto sui pantaloni sperimentali e quelli in reperto, che si estende peraltro anche all'ipotesi da noi prospettata. In entrambi i casi, infatti, i pantaloni, sia che risultino indossati, sia che risultino distesi, si ritrovano esposti agli schizzi su un piano pressoché identico rispetto alla testa della vittima;

- esiste un sostanziale disaccordo tra il pattern riprodotto sulla casacca sperimentale e quella in reperto, nonostante i numerosi tentativi di esporre tutte le parti della casacca sperimentale, al fine di produrre un imbrattamento simile a quello presente nel pigiama in sequestro.

Con il pigiama disposto sul letto, compresso o disteso che sia, si osservano inoltre alcune tracce originatesi per assorbimento simultaneo sul lato diametralmente opposto dell'indumento a causa dell'assenza del corpo umano che avrebbe impedito che le superfici potessero venire a contatto tra loro. Anche in questo caso, al termine della sperimentazione, fotografata e videoripresa, sono stati osservati alcuni fenomeni che si sono ripetuti sistematicamente, mentre altri si sono manifestati solo occasionalmente. FENOMENI CHE SI SONO RIPETUTI SISTEMATICAMENTE

- rilevante presenza di tracce sul comò e sulla parete a esso retrostante; - presenza di cospicui schizzi di sangue sulla testiera del letto e sulla parete a essa retrostante

(con uno sciame di schizzi che risulta dissimile da quello osservato nella scena criminis e nella sperimentazione A). Anche sul soffitto vi sono notevoli differenze negli schizzi. Essi risultano infatti per posizione e anda-mento molto più obliqui rispetto a quelli osservati sul luogo del reato (con-fermati nella sperimentazione «A») e sono dislocati essenzialmente tra il lam-padario e il comò; caratteristica quest'ultima esclusiva della posizione dell’aggressore così come suggerito da Torre-Robino; altre tracce presenti sul soffitto in direzione opposta sono state ottenute soltanto attraverso una forzata e innaturale posizione dell'aggressore con il busto proteso sulla vittima. al fine di colpirla frontalmente: ulteriori schizzi, infine, si apprezzano sulla parete con la «finestra», sull'armadio (a quattro ante), sulla porta e sulla coperta senza esibire particolari difformità rispetto a quelli relativi alla sperimentazione A e alla scena criminis.

FENOMENI CHE SI SONO VERIFICATI SOLO OCCASIONALMENTE

- presenza di tracce sulla parete dietro la porta, in corrispondenza della parte più alta; - presenza di tracce sulla «porta finestra».

b1) [...]».

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2.5 CONFRONTO TRA: SPERIMENTAZIONE A (R.I.S. PARMA) / SPERIMENTAZIONE B (TORRE-ROBINO) / SCENA CRIMINIS Semiparete sinistra retrostante la testiera Scena Crimin i s - Tipica proiezione da cast-off inclinata da destra verso sinistra. Sperim. A - Si noti una distribuzione di tracce ematiche da cast-off a guisa di sciame, inclinata da destra verso sinistra. Il pat t ern è assai simile a quello della scena criminis. Sperim. B - In questo caso il pattern a sciame non è ben delineato dalla distribuzione di tracce ematiche sulla parete. Esso è notevolmente diverso da quello della scena criminis e dalla sperimentazione A. Semiparete destra retrostante la testiera Scena Crimin i s Sperim. A - Nessuna differenza significativa. Sperim. B - Nessuna differenza significativa. Soffitto Scena Crimin is - Tipica proiezione da cast-off diretta parallelamente alla lunghezza del letto sottostante, e inclinata verso la «finestra». Sperim. A - Si noti una distribuzione di tracce ematiche da cast-off a guisa di sciame, diretta parallelamente alla lunghezza del letto sottostante e inclinata verso la «finestra». Il pat t ern è assai simile a quello della scena criminis. Sperim. B - Differenti distribuzioni di tracce ematiche da cast-off a guisa di sciame. Due di esse sono dirette verso la parete retrostante il comò. Il loro pat t ern è notevolmente diverso da quello della scena criminis. (Soltanto in una posizione del tutto innaturale sono comparsi limitati schizzi in corrispondenza del lampadario). Parete finestra Scena Crimin i s Sperim. A - Nessuna differenza significativa. Sperim. B - Nessuna differenza significativa. Armadio Scena Crimin i s - Tracce ematiche sulle ante dell'armadio. Sperim. A - Tracce ematiche sulle ante dell'armadio. Alcune sono da cast-off e altre da proiezione. Sperim. B - Tracce ematiche sulle ante dell'armadio. La maggior parte sono da cast-off e una piccola quantità da proiezione. Parete comò Scena Crimin i s - Tracce ematiche sulla porta.

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Sperim. A - Tracce ematiche sulla porta e sulla parte anteriore del comò (verso destra). Il pattern è assai simile a quello della scena criminis. Sperim. B - Tracce ematiche sulla porta, sul comò e sulla parete a esso retrostante, nonché sull'armadio a due ante. Il pattern è molto diverso da quello della scena criminis e dalla sperimentazione A ed è caratterizzato da una cospicua presenza di schizzi sulla parete retrostante il comò. QUI INSERISCI FOTO 14 QUI INSERISCI INTERA PAGINA FOTO COLORI

3. GENESI DELLA COSPICUA MACCHIA CON L'OSSICINO SULLA MANICA DEL PIGIAMA Allo scopo di completare il percorso analitico già illustrato nella relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, si è proceduto ad analizzare ulteriormente le caratteristiche morfologiche e quelle dimensionali del frammento osseo adeso alla manica del pigiama e del «calco» presente sul lenzuolo-coprimaterasso22, allo scopo di confermare la suggestiva complementarità già dimostrata precedentemente. QUI INSERISCI FOTO 15 E 16 Sin da allora ci siamo posti il quesito relativo alla genesi della traccia esaminata, potendo segnalare, già a conclusione dei preliminari accertamenti, che esisteva un rapporto biunivoco tra la morfologia e alcune dimensioni delle due macchie analizzate. Ciò posto, al fine di meglio chiarire il nesso causale esistente tra il «calco» (quello presente sul lenzuolo-coprimaterasso) e il frammento osseo (quello presente sulla manica del pigiama), entrambi gli elementi 22 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002, pag. 12: «A suffragare in maniera determinante l'ipotesi che il pigiama fosse indossato dall'aggressore viene in ausilio lo studio che nel frattempo abbiamo effettuato circa la grossa macchia provvista di frammento osseo, presente in corrispondenza della manica del pi- giama. L’approccio impiegato in questo caso è consistito nell'esaminarne le caratteristiche morfologiche, alfine di verificare se essa potesse essersi prodotta per contatto con una superficie segnatamente imbrattata di materiale ematico, frammisto a sostanza nervosa e a scaglie ossee: in quanto tale, essa postulava infatti una possibile origine nell'area maggiormente caratterizzata da questo tipo di tracce, originatesi dalla vittima esposta ai violenti colpi dell'aggressore, poi sparpagliatesi nella zona alta del lenzuolo e del cuscino. Ebbene, tale ricerca ha dato esito positivo evidenziando in corrispondenza della zona alta del lenzuolo copri-materasso, la probabile area di origine della macchia presente sul pigiama. Si è quindi proceduto al calco e ai necessari confronti, corredati dei calcoli relativi ai punti/zone risultate contrassegnati. La relativa dimostrazione d'identità propria (di seguito illustrata attraverso la sovrapposizione generale per forma e posizione, oltre che dalla coincidenza di una serie di contrassegni individualizzanti), conferma il contatto della manica del pigiama esattamente in quel punto del lenzuolo copri-materasso vistosamente attinto da cospicue gocce di sangue (vds. foto n. 1 del fascicolo fotografico relativo alla dimostrazione d'identità). Supponendo l'aggressore sul letto come ampiamente già descritto e ulteriormente dimostrato nella presente relazione è intuitivo comprendere come il tutto sia stato prodotto dal braccio destro dell'aggressore che, durante una fase dell'azione delittuosa si è appoggiato inavvertitamente sulla materia cerebrale recante il citato frammento osseo, asportandolo con la manica del pigiama su cui è rimasto definitivamente attaccato. [...]».

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sono stati esaminati dettagliatamente nella loro struttura microscopica. A tal proposito è stato utilizzato un Microscopio Elettronico a Scansione Digitale a Pressione Variabile (S.E.M./vp marca Camscan MV2300). I suddetti campioni sono stati analizzati in condizioni di basso vuoto (circa 15Pa all'interno della camera) e le relative immagini sono state acquisite a differenti ingrandimenti (sino a 512x) tramite i rilevatori BSD e Lease, utilizzando una distanza di lavoro di circa 43 mm e inclinando opportunamente i campioni senza deformarne l'immagine (tilting). L'approccio analitico seguito è consistito in primis nell'esame generale del «calco» e del frammento osseo, al fine di confermare la loro compatibilita morfologica e dimensionale genericamente dimostrata dal loro aspetto geometrico (triangolare). A seguito delle misurazioni si è potuta constatare un'impercettibile differenza fra i due in quanto l'ossicino ha esibito una lunghezza di 5-6 mm circa relativamente ai due lati più lunghi e di 2,5 mm circa per quello più corto, mentre il «calco» è risultato leggermente più grande, esibendo una lunghezza di 6-7 mm circa, relativamente ai due lati più lunghi e 4 mm circa, per quello più corto (vds. foto nn. III e IV del fascicolo fotografico comparativo allegato). Tale piccola differenza dimensionale è spiegabile ricorrendo ai microspostamenti subiti dal frammentino osseo sul materiale organico ancora fresco presente nel «calco», considerando che l'ossicino, premuto sulla sostanza ematica frammista a quella nervosa e cerebrale, non poteva produrre uno stampo perfetto della sua forma, ma una depressione leggermente più ampia dovuta proprio a micromovimenti di fisiologico scivolamento. Quanto affermato, è chiaramente dimostrato dalla micro osservazione dei bordi del frammento osseo che, per comodità di riferimento, sono stati identificati con i numeri 1, 2 e 3, posti in comparazione con i rispettivi lati del «calco» in esame. Lo studio al S.E.M. ha infatti consentito di fissare almeno quattro posizioni dell'ossicino all'interno del «calco» determinate dalla corrispondenza dei caratteri generali e dimensionali (vds. foto nn. V-VIII del fascicolo fotografico comparativo allegato). In particolare, per quanto riguarda l'ultima posizione assunta dall'ossicino, sono state individuate almeno quattro regioni di confronto che, per comodità di trattazione, sono state denominate con le lettere A, B, C e D (vds. foto n. IX del fascicolo fotografico comparativo allegato). Esse esibiscono una serie di contrassegni che per le peculiarità di sede, dimensione e forma, possono essere considerati esclusivi e, quindi, indiscutibilmente identificativi. Tali contrassegni sono stati apprezzati, grazie alla differente scala di grigi dell'immagine acquisita al S.E.M./vp, la quale ha permesso di risaltare l'aspetto tridimensionale delle forme analizzate e la differente natura degli elementi chimici, data dal diverso numero atomico, dei metalli costituenti i due campioni. Tale approfondimento ha permesso di individuare contrassegni unici nel loro genere che, senza tema di smentita, rafforzano e convalidano il concetto d'identità propria già espresso a pag. 12 della relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002 (vds. foto nn. X-XIX del fascicolo fotografico comparativo allegato). In altre parole può affermarsi che solo quel frammentino osseo adeso alla cospicua macchia presente sul pigiama in sequestro, poteva essere in grado di produrre il «calco» come quello presente nella macchia evidenziata sul lenzuolo coprimaterasso, che ne costituisce l'area di provenienza e da cui si distaccò per pressione del braccio dell'aggressore sul letto. Questo studio, in armonia con quanto già precedentemente delineato. non fa che comprovare, in maniera univoca, che il pigiama era indossato dall'aggressore al momento dell'omicidio, come dimostrerebbe ulteriormente anche l'esame di tutti gli schizzi presenti sul reperto (casacca e pantaloni), nessuno dei quali si è trasferito sul lato diametralmente opposto dell'indumento a causa della presenza del corpo umano che ha impedito che le superfici potessero venire a contatto tra loro.

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Parte seconda

ACCERTAMENTI EMATOLOGICI E GENETICO FORENSI

1. PROCEDURE E METODI UTILIZZATI Ispezione dei reperti I reperti acquisiti in seguito ai due sopralluoghi effettuati da personale del R.I.S. di Parma unitamente a quelli recapitati da personale del Gruppo Carabinieri di Aosta, sono stati sottoposti a un esame macroscopico (di tipo visivo), al fine di individuare tracce biologiche evidenti. 4. RISULTATI ANALITICI SUGLI ZOCCOLI IN USO AD ANNAMARIA FRANZONI CORREDATI DALLE CONTRO DEDUZIONI DEI CC.TT. DELLA DIFESA In data 6 marzo 2002 il R.I.S. di Parma ha inviato i primi risultati preliminari sugli zoccoli meglio descritti nelle precedenti relazioni (reperto 21), di seguito brevemente riassunti:

- presenza di «tracce ematiche evidenti variamente disposte su entrambe le suole»; - presenza di «ulteriori tracce verosimilmente ematiche, presenti sia sulla scarpa sinistra» (vds. particolari),

«previa rimozione della tomaia di cuoio... e successiva analisi al microscopio binoculare»; - esito di una diagnosi generica per il sangue «che ha fornito esito positivo per tutte le tracce saggiate»; - esito di accertamenti biomolecolari preliminari che hanno consentito di attribuire le tracce

sopra citate «a sangue umano e si possono interpretare geneticamente come riconducibili alla vittima Samuele Lorenzi».

In data 22 marzo 2002 i CC.TT. della difesa hanno richiesto, mediante circostanziati quesiti, alcune specifiche circa le modalità di esecuzione della diagnosi generica (dislocazione dei saggi effettuati) e di estrazione e quantificazione del materiale genetico rilevato per i singoli prelievi. In data 26 marzo 2002 i CC.TT. del P.M hanno precisato quanto richiesto (dislocazione, modalità di esecuzione, protocolli applicati e risultati intermedi acquisiti). Nella successiva relazione prodotta dai CC.TT. della difesa sono state formulate una serie di considerazioni circa la sede, l'aspetto e la natura stessa delle tracce biologiche sugli zoccoli23. 23 Cfr. «Ulteriori considerazioni sulla morte di Samuele LORENZI» dei CC.TT. Torre-Robino in cui a pag. 16 si legge testualmente, che le tracce individuate sul plantare sinistro “hanno carattere microscopico e morfologia del tutto aspecifica” e ancora a pag. 23 “se qualcuno avesse calzato quegli zoccoli con piedi sporchi di sangue umido questo si sarebbe spalmato, diffuso per strisciamento”. A riguardo della reazione di Adler da noi utilizzata per la diagnosi generica di sangue affermano, a pag.16 e 17, che la stessa “ha dunque un significato puramente orientativo... che non consente certo di escludere a priori una natura diversa da quella ematica” e “si ricorda infine che il test non è comunque specie-specifico, reagendo positivamente anche con sangue non umano”. Affermano altresì, a pag. 17, circa la quantificazione del materiale genetico “che l'estrazione degli acidi nucleici dai reperti in esame abbia condotto all'isolamento di DNA genomico umano esiguo per quantità e parzialmente degradato” inoltre, interpretando gli elettroferogrammi inviati e sviscerando le variabili che li possono condizionare, riferiscono che “tutti questi fattori debbono essere presi nella dovuta considerazione ogni qualvolta ci si appresti a interpretare risultati delle analisi genetiche di microtracce; in questo caso a maggior ragione, trovandosi innanzi a una traccia biologica sicuramente mista, contenente materiale genetico riferibile quanto meno a due individui”. Definiscono inoltre fondamentale, a pag. 18 e 19, “stabilire se si tratti effettivamente di traccia mista e se

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In data 17 settembre 2002 i CC.TT. del P.M. hanno prodotto un'ulteriore dettagliata ed esaustiva relazione tecnica, comprendente anche le contro deduzioni tecniche a quanto espresso dai CC.TT. della difesa, che vengono di seguito brevemente riassunte e richiamate:

- circa la dislocazione e la morfologia delle microtracce presenti sull'area centrale del plantare sinistro degli zoccoli, hanno riferito che «è stato possibile apprezzare la presenza di microcoaguli di colore rosso bruno cromaicamente riferibili a materiale ematico». Nella fase sperimentale si è proceduto come segue «l'esame microscopico delle esigue tracce depositate sui plantari ha consentito di controllarne gli aspetti morfologico e cromatico allo scopo di ottenere e prescegliere, per le successive analisi genetiche, quelle che risultavano le più simili per consistenza e quantità alle microtracce presenti negli zoccoli della signora Franzoni». Da un accurato confronto tra le tracce sperimentali e non, si è dedotto che «è invece possibile apprezzare delle micro aree di colore rossastro adsorbite sulla matrice porosa dei plantari, del tutto paragonabili fra loro per forma, caratteristiche cromatiche e dimensioni» ;

- circa la riconducibilità a sangue del materiale rosso bruno osservato, è stato riportato che «la diagnosi generica del Combur test effettuata ripetutamente e in più punti, ha fornito sempre una significativa positività pur se debole in taluni casi» ;

- circa gli esiti delle fasi di purificazione del materiale genetico dai microgranuli rosso bruno osservati, è stato riferito che «la quantificazione del materiale genetico estratto, nonostante le elaborate fasi di purificazione e riunificazione, ha consentito comunque di apprezzare una seppur debole quantità di DNA riconducibile alla specie umana, rilevata sui prelievi effettuati sul plantare dello zoccolo sinistro». Il confronto tra le tracce sperimentali e non ha consentito di riferire che «l'intero processo estrattivo e di purificazione del materiale genetico a disposizione ha fornito, inoltre, degli esiti quantitativi decisamente sovrapponigli a quelli ottenuti dalle tracce estratte dagli zoccoli in sequestro (reperto 21)»;

- al fine di controllare i noti fattori globalmente responsabili di un processo di replicazione di frammenti di DNA, tecnicamente definiti come effetti-stocastici, «si è ritenuto opportuno seguire una strategia analitica mirata, nota come sequential multiplex amplification (SMA)... procedura basata sulla valutazone della riproducibilità degli accertamenti» e inoltre è stato ribadito che «è necessario valutare nell'insieme le sedici regioni del DNA amplificate, per giungere a una valutazone scientifica che sia davvero complessiva (vds. visione generale delle serie ripetute di amplificazione)» . L'articolato sviluppo che il citato

essa sia semplice (due individui contributori) o complessa (più di due individui contributori)”, e “valutare la presenza di possibili artefatti che possono ostacolare l'interpretazione del profilo misto” e “stabilire le proporzioni relative in cui i DNA contributori sono presenti nella commistione”. A tal proposito riferiscono che, considerando l'elettroferogramma prodotto nello specifico per quel che riguarda il locus CSFIPO, “occorre in pratica invocare lo sbilanciamento dei picchi allelici, riconoscere insomma che il profilo ha caratteristiche che lo rendono intrinsecamente di difficile interpretazione e dunque non idoneo a giustificare conclusioni perentorie”. Riportano ancora, a pag. 24, che “è, poi, impossibile stabilire in questo caso, sulla scorta delle immagini genetiche, nell'ipotesi che si tratti di commistione di sangue e altro materiale biologico, a chi, tra due soggetti, appartenga l'uno o l'altro; potendo l'altro materiale biologico essere rappresentato da sudore, muco, saliva o altri residui organici contenenti, in generale DNA”, sottolineando, inoltre che “l'indagine genetica non può in alcun modo consentire la datazione del materiale esaminato: quelle tracce possono aver raggiunto l'interno degli zoccoli da un giorno, da un mese o da dieci anni; e non necessariamente contemporaneamente” e, a pag. 21, che “essa non fornisce alcuna indicazione sull'epoca in cui le tracce, ora tipizzate, si depositarono effettivamente sul substrato”. A pag. 24 e 25, concludono infine che “le microtracce all'intemo degli zoccoli assumono, nella comprensione del caso, una valenza praticamente nulla già per l'ambiguità della loro natura. Anche per queste, inoltre, ammettendo che si tratti di sangue, e di sangue della vittima, è ben difficile spiegare come possono aver raggiunto quella parte (anteriore e remota) delle calzature nell'atto di calzarle con i piedi sporchi di sangue, in completa assenza di sbavature sulla restante superficie del plantare. Se di sangue, e di sangue di Samuele LORENZI si trattasse, sarebbe invece ben più logico (si tratterebbe di microscopiche crosticine) attribuirle ad accidentale contaminazione avvenuta durante e dopo il repertamento: si badi che gli zoccoli sono stati repertati, trasportati per molti chilometri e maneggiati quando il sangue (ci interessa soprattutto quello più abbondante, sulle suole) era secco e, come tale, friabile e atto a cedere, a seguito di urti e scuotimenti, minute particelle che facilmente possono aver raggiunto (immaginiamo ad esempio uno o tutti e due gli zoccoli posti in una scatola o in un sacchetto) qualsiasi parte della loro superficie e, soprattutto, quella interna, rimanendovi intrappolate in prossimità degli interstizi tra tomaia e plantare”.

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approccio ha comportato sia per le tracce reali che per quelle sperimentali, ha consentito di concludere che «il profilo estratto dalle tracce... deriva da una chiara ed evidentissima commistione di DNA proveniente dalla vittima e dalla signora Franzoni» e «gli assetti genici misti ottenuti sperimentalmente sono risultati complessivamente paragonabili a quelli ottenuti dallo zoccolo sinistro della signora Franzoni»;

- circa la riconducibilità del profilo genico complesso a questa o a quella fonte biologica è stato riferito che «è evidente la presenza di tutti gli alleli alle coppie descritte (Samuele Lorenzi/Annamaria Franzoni e sangue primogenito maschio/sudore madre donatrice), nei rispettivi assetti genici complessi rappresentati (reperto 21 e zoccoli sperimentali)» e ancora «contro il presupposto che il sangue sulla parte anteriore del plantare dello zoccolo sinistro sia riconducihile a Samuele Lorenzi, non sono emerse, allo stato, evidenze scientifiche di alcun tipo»;

- circa l'impossibilità di una datazione delle tracce biologiche dal profilo genetico, è stato riportato che «gli zoccoli sperimentali sono stati calzati per diversi giorni, solo durante alcune ore della giornata. Pur non essendo possibile immaginare delle riproduzioni sperimentali tali da attagliarsi alla tempistica d'uso del reperto 21 (zoccoli in sequestro) la mera sperimentazione condotta non si discosta di molto né morfologicamente, né cromaticamente, né per le quantità di materiale genetico estratto né, tantomeno, per gli assetti genici misti prodotti da quelli del caso reale»;

- si è concluso, infine, che, come già evidenziato, «il profilo estratto dalle tracce... deriva da una chiara ed evidentissima commistione di DNA proveniente dalla vittima e dalla signora Franzoni» e «gli assetti genici misti ottenuti sperimentalmente sono risultati complessivamente paragonabili a quelli ottenuti dallo zoccolo sinistro della signora Franzoni». La così detta revisione critica formulata dai CC.TT. della difesa, è stata accostata a «fantasiose ricostruzioni... assolutamente destituite di qualsiasi fondamento e soltanto tese all'esclusivo tentativo di vanificare un'importante risultanza emato-genetica».

Nelle successive relazioni prodotte dai CC.TT. della difesa, sono state formulate ulteriori contestazioni circa la natura stessa delle tracce ematiche sugli zoccoli, sulla loro datazione, sulle modalità di prelievo e sull'interpretabilità dei risultati genetici24. 24 Cfr. «Parere relativo alla Relazione tecnica integrativa concernente gli accertamenti sulle tracce ematiche (Bloodstain Pattem Analysis) datata 17 settembre 2002» dei CC.TT. Torre-Robino in cui a pag. 5 si legge testualmente, a riguardo della diagnosi generica di sangue da noi utilizzata, che “non è stato al contrario eseguito alcun test confermativo (specifico per la presenza di emoglobina umana o comunque di primate). Vi è dunque, innanzitutto fortissimo dubbio riguardo la natura delle tracce evidenziate”. In merito all'estrazione del DNA, a pag. 6, segnalano una nostra, ipotetica, incongruenza “è insomma probabile che, nella frase citata in precedenza, vi sia stata una qualche confusione, che ci è parso doveroso segnalare al fine di un futuro chiarimento”. Circa la sofferenza delle limitazioni riportate sul profilo ottenuto dal plantare dello zoccolo sinistro, riferiscono, a pag. 8, che “si presentava come dato singolo... (necessità di allestire controlli negativi e verificare la ripetibilità del risultato)”, “non era accompagnato dalla trattazione matematico-statistica che deve necessariamente corredare ogni dato genetico al fine di definirne l'effettivo peso probatorio” (concetto ripetutamente ribadito, sotto varie forme, almeno per tre volte) “mancava di qualsivoglia trattazione analitica...”, “definire approssimativamente il rapporto con cui il materiale genetico dei diversi contributori è presente nella commistione”, “determinare tutte le possibili combinazioni di genotipi desumibili dal profilo misto” e “comparare, infine, i profili così estrapolati con quelli ottenuti dai possibili contributori, ove disponibili”. Come nella precedente relazione ribadiscono ancora, a pag. 11 e 12, ritornando sullo stesso concetto con articolati e controversi ragionamenti, che “ammessa la presenza di materiale biologico misto nel fondo dello zoccolo sinistro, è assolutamente impossibile dimostrare che esso comprenda del sangue e che tale sangue appartenga a Samuele Lorenzi”. Insistono riportando che “segnaliamo, infine, per l'ennesima volta, che le indagini biomolecolari non consentono in alcun modo di datare le tracce biologiche, stabilendo quando si siano depositate su un substrato e, in caso di commistione, se esse vi siano giunte contestualmente o a distanza di giorni, mesi, etc.”. Inoltre arguiscono che “riportare, come fanno i CC.TT. del P.M., nelle loro prove sperimentali, che microcoaguli di sangue puntiformi osservati al microscopio assomiglino alle microtracce osservate sugli zoccoli è un dato puramente qualitativo, destituito di qualsivoglia valore concreto”. Circa le modalità di formazione delle tracce biologiche frammiste, ipotizzano diaboliche ricostruzioni, quali “ammettiamo però che vi sia davvero del sangue. Non potrebbe appartenere ad Annamaria Franzoni (infondo, nel tagliarsi le unghie dei piedi ad esempio, è ben possibile che minute tracce di sangue raggiungano l'interno di una

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In data 19 settembre 2002 il Tribunale Ordinario di Torino - Sezione del riesame e dell'appello, si è espresso in merito agli accertamenti biologici esperiti sugli zoccoli della signora Franzoni (reperto 21) e alle relative contro deduzioni difensive25. 4.1. DEDUZIONI FINALI SU QUANTO SINTETICAMENTE RIPORTATO O PIÙ ESTESAMENTE PRESENTE NEI RELATIVI ELABORATI PERITALI Circa le ultime contestazioni addotte dai CC.TT. della difesa, è possibile rispondere rispettivamente per ciascuno dei punti evidenziati, come segue:

- non vi era necessità di stabilire l'eventuale presenza di emoglobina umana o comunque di primati, in quanto la diagnosi di specie (umana e/o primati) è stata condotta direttamente sul materiale genetico estratto. Vi sono, inoltre, numerose metodiche biochimiche oltre che immunologiche per determinare la presenza di emoglobina umana (vds. HPLC). Dette analisi, unitamente a quella segnalata dai CC.TT. della difesa con dovizia bibliografica, non sono state prese in considerazione nel caso specifico, stante l'estrema esiguità dei microcoaguli osservabili solo mediante ausilio microscopico. Qualsiasi accertamento aggiuntivo, infatti, avrebbe contribuito a ridurre la già precaria consistenza delle microtracce in parole, con la possibilità di precludere i successivi e più significativi accertamenti genetici. Qualsiasi esperto di tracce biologiche forensi avrebbe ritenuto superflua ogni ulteriore caratterizzazione delle sorgenti biologiche presenti, optando per un accertamento identifìcativo e altamente sensibile qual è quello genetico (la stima dei residui cellulari basata sul materiale genetico estratto dalle microtracce, si aggirava, infatti, all'incirca su poche decine di cellule diploidi (si veda la relazione del 17/09/02);

- la probabile confusione segnalata dai CC.TT. della difesa nella frase al terzo capoverso dell'estrazione a pag. 22 (vds. relazione del 17/09/2002), è presto chiarita. Un'errata lettura di un «con» anziché di un «come», dipana tutte le perplessità e i dubbi paventati dagli esperti della difesa;

calzatura depositandovisi)?» oppure “ma se il materiale di Samuele Lorenzi presente al fondo degli zoccoli fosse ad esempio saliva - perché no? è noto a tutti che i bambini, giocando, sogliono mettere in bocca gli oggetti più svariati...». Infine, nella relazione “Alcune sintetiche considerazioni relative alle microtracce rinvenute all'interno degli zoccoli”, i CC.TT. della difesa ribadiscono ulteriormente le contestazioni appena addotte, sintetizzando che “gli esiti a cui è pervenuta sinora l'analisi scientifica condotta sulle tracce rinvenute negli zoccoli sono limitati, ambigui e nel complesso scarsamente utili al fine di precisare il reale significato probatorio delle stesse”. 25 «Sotto il profilo delle risultanze/attuali, i dubbi e le obiezioni insinuati dalla Difesa (riguardanti, peraltro, in parte, anche la stessa metodica d'analisi delle tracce ematiche repertate) non riescono a superare i dati acquisiti dagli investigatori e, quindi, a privare di rilevanza accusatoria il reperimento di tracce di sangue di Samuele sui suddetti zoccoli». «Inoltre, con riferimento alle svariate microtracce ematiche rinvenute in vari punti delle superfici interne delle tomaie dei due zoccoli... costituite essenzialmente da alonature con minutissimi residui apprezzabili solo microscopicamente..., non è risultata scientificamente dimostrata una diretta correlazione tra il DNA riconducibile a Samuele rinvenuto nelle suddette tracce e il sangue della giovanissima vittima» (concetto ulteriormente ribadito nei successivi periodi) e ancora «a essi vanno poi aggiunti gli esiti delle prove sperimentali indicate nella relazione del RI.S. del 17/09/2002» e infine «della riconducibilità di parte dei reperti rinvenuti all'interno degli zoccoli al sangue di Samuele (d'altronde non sono state prospettate spiegazioni alternative a quella d'indagine che, comunque, risulta fondata in termini di buona probabilità, stante i predetti dati circostanziali e gli esiti della menzionata sperimentazione), suggeriscono una valutazione prudente dell'elemento probatorio in esame, tanto da non potere concludere per una sua autonoma ed efficace portata indiziaria a carico della Franzoni».

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- le limitazioni cui i profili ottenuti dal plantare dello zoccolo sinistro soffrono, così come riportato dai CC.TT. della difesa, trovano le seguenti giustificazioni tecniche:

1. il dato definito «singolo» ovvero «necessità di allestire controlli negativi e verificare la ripetibilità del risultato»,

appaiono quanto mai vessatorie e ridondanti. I controlli negativi costituiscono parte integrante di quegli standard di qualità indispensabili per la corretta applicazione di tutti i processi analitici che coinvolgono tracce forensi, e pertanto, è tacita prassi sorvolare sui controlli di qualità utilizzati nella refertazione. Circa la ripetibilità, in particolare del processo di replicazione dei frammenti di DNA, appare quanto meno sconcertante che gli esperti della difesa si esprimano nel merito, quando tutta l'impostazione analitica sulle esigue tracce biologiche menzionate, è stata realizzata utilizzando un unico metro scientifico ovvero quello della ripetizione seriale dei risultati da acquisire (vds. approccio SMA meglio enucleato nella relazione del 17/09/02 come nelle relative referenze bibliografìche internazionali). A conferma di quanto sostenuto, basti un rapido colpo d'occhio all'ingente quantitativo di elettroferogrammi prodotti in allegato nella menzionata relazione;

2. circa l'indispensabilità di una trattazione matematico-statistica dei dati analitici sperimentali, possiamo riferire che:

- le relazioni fino a ora prodotte avevano un carattere «preliminare», come ampiamente ribadito in più punti delle stesse;

- il corredo statistico al dato analitico, certamente ne supporta la valenza, ma non si può confutare un esito sperimentale diretto di compatibilita e/o esclusione, comunque insito nel mero accertamento genetico. Appare quindi forviante il continuo richiamo alle carenze statistiche evidenziate dagli esperti della difesa; come andremo di seguito a dimostrare, la trattazione statistica ribadisce, in altri termini, le compatibilita già segnalate; al fine di valutare la valenza statistica del profilo misto estrapolato dal reperto 21-3 (vds. elettroferogramma classificato come IT, allegato alla relazione del 17/09/02, e relativo alla tamponatura effettuata sul plantare dello zoccolo sinistro), è stato applicato il calcolo del «rapporto di verosimiglianza (likelihood ratio LR)» (si veda l'articolo di B.S. Weir et al. Interpreting DNA Mixtures Journal of Forensic Science 1997; 42 (2): 213-222 e il testo di I.W. Evett e B.S. Weir Interpreting DNA Evidence - Statistical genetics for forensic scientists – 1998) tra l'ipotesi che Annamaria Franzoni e il figlio Samuele Lorenzi siano realmente all'origine del misto (ipotesi 1) contro l'ipotesi che Annamaria Franzoni e una terza persona abbiano originato lo stesso (ipotesi 2). Più alto sarà il rapporto di verosimiglianza, maggiore sarà la forza che supporta l'ipotesi al numeratore. Per la realizzazione del calcolo sono stati considerati i genotipi relativi a dieci regioni del DNA (loci TH01, D18S51, vWA, TPOX, CSFIPO, D16S539, D13S317, D5S818, D19S433 eD2S1338) utilizzando le frequenze alleliche italiane da noi pubblicate. Il valore del rapporto di verosimiglianza ottenuto è superiore a 10 milioni, in altre parole, è 10 milioni di volte più probabile osservare il profilo misto ottenuto se l'ipotesi 1 è vera (profilo misto originato da Annamaria Franzoni e dal figlio Samuele Lorenzi), piuttosto che osservare il profilo misto se l'ipotesi 2 è vera (profilo misto originato da Annamaria Franzoni e da una terza persona).

Come si può ben capire, l'altissimo valore del rapporto di verosimiglianza (LR superiore a 10 milioni) non fa altro che supportare le compatibilita genetiche riscontrate (vds. relazione del 17/09/02) attraverso gli accertamenti biomolecolari esperiti; 3. circa «la mancanza di una qualsivoglia trattazione analitica...» appare superfluo ogni particolare commento, atteso che i criteri utilizzati per l'interpretazione dei segnali elettroforetici oltre che essere stati chiaramente delineati, sono stati supportati con la stampa di numerosi pannelli riguardanti dettagli di dati analitici, oltre che da un'accurata scelta di referenze bibliografiche internazionali (vds. relazione del 17/09/02);

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4. un'ulteriore carenza individuata dai CC.TT. della difesa nelle risultanze trasmesse, è costituita dal fatto di non aver stabilito l'esatto «rapporto con cui il materiale genetico dei diversi contributori è presente nella commistione». Stante i numerosi segnali elettroforetici ottenuti dal plantare dello zoccolo sinistro, ripetuti anche con marginali variazioni sul protocollo di amplificazione, proprio perché l'assetto genotipico di DNA misto si presentava «complesso», non è stato ritenuto significativo determinare alcun tipo di rapporto; 5. tra le altre limitazioni evidenziate dai CC.TT. della difesa vi sono «determinare tutte le possibili combinazioni di genotipi desumibile dal profilo misto...» e ancora «comparare, infine, i profili così estrapolati con quelli ottenuti dai possibili contributori, ove disponibili». Nel merito si ribadisce quanto riportato al punto precedente oltre all'ultimo capoverso a pag. 24 della relazione del 17/09/02, che fa riferimento alle pubblicazioni n° 32 e 33 della successiva pag. 29;

- gli esperti della difesa richiamano ancora, ossessivamente, due punti precedentemente discussi, ovvero il primo che «ammessa la presenza di materiale biologico misto nel fondo dello zoccolo sinistro, è assolutamente impossibile dimostrare che esso comprenda del sangue e che tale sangue appartenga a Samuele Lorenzi» e il secondo che «segnaliamo, infine, per l'ennesima volta, che le indagini biomolecolari non consentono in alcun modo di datare le tracce biologiche, stabilendo quando si siano depositate su un substrato e, in caso di commistione, se esse vi siano giunte contestualmente o a distanza di giorni, mesi etc.». Dobbiamo necessariamente ricordare, per coerenza, che le analisi genetiche forensi hanno come preciso intento quello di consentire l'identificazione del possessore/i delle tracce biologiche analizzate, stante l'alto potere di discriminazione e la sensibilità che le contraddistingue. Il voler attribuire alle mere analisi genetiche altre potenzialità informative, quali la riconducibilità a questo o a quel fluido biologico come alla sua datazione, costituisce opera di confusione che certamente non giova nel tortuoso cammino verso la verità;

- inoltre gli esperti della difesa arguiscono che «riportare, come fanno i CC.TT. del P.M., nelle loro prove sperimentali, che microcoaguli di sangue puntiformi osservati al microscopio assomiglino alle microtracce osservate sugli zoccoli è un dato puramente qualitativo, destituito di qualsivoglia valore concreto». Ancora una volta rimaniamo sgomenti rispetto a simili affermazioni, tramite le quali diventa assai arduo non ritenere che non vi sia chiara e determinata volontà, tesa a stravolgere degli elementi scientifici di fatto, articolando le proprie tesi mediante artifizi e raggiri. Ogni accertamento scientifico ha per definizione un aspetto qualitativo e uno quantitativo. Il fatto che due tracce si assomiglino cromaticamente e per morfologia, è comunque un inconfutabile dato obiettivo, per cui risulta paradossale e incomprensibile destituirlo di qualsivoglia valore concreto.

- per giustificare la presenza di sangue negli zoccoli, gli esperti della difesa avevano ipotizzato, nella precedente relazione, una contaminazione da trasporto o da manipolazione dei reperti in sequestro. Stavolta ricorrono invece diabolicamente, a un'ipotetica e cruenta attività di pedicure, tramite la quale dei microcoaguli ematici si sarebbero spalmati sul plantare interno oppure, a un non meglio precisato gioco orale incautamente concesso a un bambino di tré anni, tramite il quale si sarebbero depositati sul medesimo plantare dei residui di saliva. Lo sforzo logico e comprensivo che ci chiedono gli esperti della difesa, appare quanto mai ardito, fatto salvo ogni migliore intendimento;

- la sintesi delle contestazioni addotte e cioè che «gli esiti a cui è pervenuta sin ora l'analisi scientifica condotta sulle tracce rinvenute negli zoccoli sono limitati, ambigui e nel complesso scarsamente utili al fine di precisare il reale significato probatorio delle stesse», ci lasciano sbigottiti e interdetti.

Per stabilire la concreta valenza probatoria delle tracce rinvenute sugli zoccoli, preferiamo ricorrere a quanto riportato dal Tribunale Ordinario di Torino - Sezione del riesame e dell'appello - nella sentenza del 19 settembre 2002. Se da un lato i Giudici giustamente evidenziano che, le nostre analisi non hanno suffragato direttamente la riconducibilità delle microtracce ematiche a Samuele Lorenzi, dall'altro chiariscono che «sotto il profilo delle risultanze fattuali, i dubbi e le obiezioni insinuate dalla difesa (...) non riescono a superare i dati acquisiti dagli investigatori e, quindi, a privare di rilevanza accusatore il reperimento di tracce di sangue di Samuele sui suddetti zoccoli». Inoltre aggiungono «d'altronde non sono state prospettate spiegazioni alternative a

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quella d'indagine che, comunque, risulta fondata in termini di buona probabilità, stante i predetti dati circostanziali e gli esiti della menzionata sperimentazione», suggerendo «una valutazone prudente dell'elemento probatorio in esame». Ci permettiamo, comunque, di segnalare che, pur non essendo stato possibile dimostrare direttamente una correlazione tra il sangue sugli zoccoli e la giovane vittima, è stata proposta una sperimentazione atta a riprodurre un'ipotesi investigativa, secondo la quale i fluidi biologici osservati erano da ricondurre al sudore di una madre e al sangue del proprio figlio. Tutti gli elementi sperimentali raccolti hanno trovato perfetta corrispondenza nei singoli passaggi analitici, con quelli degli zoccoli in sequestro. Si tratta, quindi, pur sempre di una dimostrazione scientifica, anche se indiretta e non solo di una mera ipotesi «fondata in termini di buona probabilità», che rimanendo in un mero ambito tecnico assume una solida e significativa valenza scientifica, dalla quale non si può prescindere. 4.2. ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULLE TRACCE EMATICHE DEGLI ZOCCOLI Gli accertamenti biomolecolari effettuati sulle microtracce ematiche pre-senti sul plantare dello zoccolo sinistro (reperti 21-3, 21-4, 21-5), hanno consentito di estrapolare un profilo genotipico di tipo misto in cui le com-ponenti alleliche principali osservate sono riconducibili complessivamen-te alla vittima, Samuele LORENZI, e ad Annamaria FRANZONI. Per quanto non siano disponibili evidenze scientifiche dirette, circa la riconducibilità del materiale genetico estratto, al sangue piuttosto che al sudore, è più che ragionevole supporre, all'interno del particolare contesto delittuoso e alla luce delle caratteristiche proprie delle microtracce individuate all'interno dello zoccolo sinistro (microcoaguli di colore rosso bruno cromaticamente riferibili a materiale ematico), che i residui ematici non possano che appartenere a Samuele LORENZI. Proprio per verificare tale ipotesi è stata proposta una sperimentazione atta a riprodurre un'ipotesi investigativa secondo la quale i fluidi biologici osservati erano da ricondurre al sudore di una madre e al sangue del proprio figlio. Tutti gli elementi sperimentali raccolti hanno trovato perfetta corrispondenza nei singoli passaggi analitici con quelli degli zoccoli in sequestro26. Gli accertamenti sinora globalmente esperiti confermano pertanto la possibilità che gli zoccoli dovevano trovarsi all'interno della camera da letto, al momento in cui è stata consumata l'azione

26 Cfr. relazione tecnica preliminare datata 17 settembre 2002 pag. 32: «Sono stati utilizzati zoccoli dello stesso tipo e modello di quelli in reperto, sottoposti a normali condizioni d'uso da parte di una volontaria, successivamente imbrattati con microquantità di sangue prelevato al figlio maschio primogenito, che sono state deposte con cura al loro interno. L'esame microscopico delle esigue tracce depositate sui plantari, ha consentito di controllarne gli aspetti morfologico e cromatico, allo scopo di ottenere e prescegliere, per le successive analisi genetiche, quelle che risultavano le più simili per consistenza e quantità alle microtracce presenti negli zoccoli della signora Franzoni. L’intero processo estrattivo e di purificazione del materiale genetico a disposizione ha fornito, inoltre, degli esiti quantitativi decisamente sovrapponibili a quelli ottenuti dalle tracce estratte dagli zoccoli in sequestro (reperto 21). Attraverso l'amplificazione seriale del DNA estratto dalla tamponatura e dalla raschiatura effettuate sul plantare dello zoccolo destro, alla stessa concentrazione e/o a diluizioni scalari (approccio SMA), in analogia a quanto praticato sulle tracce in reperto, è stato possibile ottenere un profilo genotipico di tipo misto, riconducibile a un soggetto di sesso maschile (maggioritario) e per la restante parte a un soggetto di sesso femminile, complessivamente attribuibile ai due volontari (madre-figlio) utilizzati per la sperimentazione, riconducibile alla commistione di DNA proveniente dal figlio maschio e dalla propria madre. Vi è una completa riconducibilità, infatti, alla donatrice madre (sudore) e al donatore figlio (sangue), dell'assetto genetico misto estrapolato dalla tamponatura e raschiatura sui plantari, con una costante presenza della componente ematica (alleli del donatore figlio), talvolta chiaramente predominante. Si può concludere affermando che gli assetti genici misti ottenuti sperimentalmente sono risultati complessivamente paragonabili a quelli ottenuti dallo zoccolo sinistro della signora Franzoni».

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delittuosa ed escludono, con decisione, che le tracce ematiche ritrovate nel plantare possano essersi prodotte per contaminazioni successive. Infatti, se immaginiamo che durante le operazioni di soccorso il/i piede/i della madre fosse/ro venuto/i a contatto casualmente con il pavimento sporco di sangue e, di conseguenza, avesse/ro poi sporcato l'interno degli zoccoli per trasferimento secondario, avremmo dovuto riscontrare la presenza di tracce ematiche anche sul/i calzino/i indossato/i dalla stessa. In realtà, gli accertamenti biologici condotti su entrambi i calzini, hanno consentito di estrapolare esclusivamente il profilo genotipico della madre. Decisive, nel supportare la tesi che gli zoccoli fossero all'interno della camera da letto durante l'aggressione, sono inoltre le due macchie da proiezione riscontrate sullo zoccolo sinistro non riconducibili certamente al calpestio di una superficie sporca di sangue, ma riferibili soltanto a schizzi di sangue provenienti dalla vittima o dall’arma del delitto. QUI INSERISCI FOTO 17, 18 E 19 In tale quadro appaiono verosimili le seguenti ipotesi interpretative:

1. Al momento dell'aggressione gli zoccoli (entrambi o almeno il sinistro) si trovavano sul pavimento della camera da letto. Quello sinistro, in particolare, doveva essere rovesciato con la suola rivolta verso l'alto, la quale durante l'azione delittuosa sarebbe stata attinta da una parte degli schizzi di sangue (l'aspetto morfologico di una microtraccia, in particolare, mostra la tipica forma da proiezione). Le microtracce ematiche presenti al suo interno sarebbero state prodotte dall'aggressore che, sporcatosi casualmente il piede sinistro mediante brevi contatti con la sostanza ematica, ha calzato successivamente lo zoccolo in parola. Il piede (o entrambi) può essersi sporcato nelle seguenti circostanze:

- quando l'«aggressore» era ancora inginocchiato sul letto e, quindi, era con la pianta del piede esposta agli schizzi;

- quando l'«aggressore» è sceso dal letto e ha appoggiato il piede sul pavimento sporco di sangue; - in entrambe le suddette fasi.

2. Al momento dell'aggressione gli zoccoli (entrambi o almeno quello sinistro) erano indossati

dall'aggressore» inginocchiato sul letto. La suola di quello sinistro, esposta agli schizzi, sarebbe stata attinta almeno da una goccia, la quale poi avrebbe prodotto la tipica traccia da proiezione osservata sulla suola in reperto. In tale quadro, le microtracce ematiche rinvenute sul plantare dello zoccolo sinistro si sarebbero originate nel momento in cui l'«aggressore», scendendo dal letto, avrebbe casualmente perso lo zoccolo nella concitazione degli eventi, toccato il pavimento sporco di sangue e poi calzato di nuovo lo stesso.

Entrambe le ipotesi risultano ulteriormente suffragate dalla sperimentazione effettuata per calcolare il tempo medio di essiccazione del sangue su vari supporti in normali condizioni ambientali, la quale ha consentito di stimare tale intervallo di tempo attorno ai 2'30" circa. Essa giustifica:

- la genesi della microtraccia da proiezione che, ormai coagulatasi, non avrebbe più mutato la sua morfologia;

- la formazione di esigue microtracce sul plantare dello zoccolo sinistro prodotte dalla commistione di sangue parzialmente o totalmente essiccate, «diluite» dal sudore dell'aggressore.

5. RIEPILOGO DEI RISULTATI BIOLOGICI ACQUISITI Gli accertamenti biomolecolari condotti sulle tracce prelevate dal personale del R.I.S. di Parma presso l'abitazione dei coniugi Lorenzi e sui reperti acquisiti dalla P.G., hanno consentito di ottenere:

A. Campioni biologici di confronto:

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- un profilo genotipico, estrapolato dal reperto 33 appartenente a Franzoni Annamaria (madre della vittima);

- un profilo genotipico, estrapolato dal reperto 34 appartenente a Lorenzi Stefano (padre della vittima);

- un profilo genotipico, estrapolato dal reperto 19-1 appartenente alla vittima Lorenzi Samuele.

Dalla comparazione allelica dei tre profili ottenuti è emersa una compatibilita biologica con l'ipotesi di parentela di 15 loci STR su 15 in esame, tra le caratteristiche genetiche relative al reperto 19-1 (materiale ematico prelevato dal cuscino dove è stata rinvenuta la vittima) con quelle ricavate dai reperti 33 e 34 (tamponi salivari appartenenti, rispettivamente, a Franzoni Annamaria e Lorenzi Stefano): gli alleli relativi alle suddette 15 regioni STR estrapolate dal reperto 19-1, sono per metà presenti nel profilo genotipico di Franzoni Annamaria (reperto 33) e per l'altra metà nel profilo genotipico di Lorenzi Stefano (reperto 34). La probabilità di parentela, che esprime in percentuale la probabilità che la vittima Lorenzi Samuele sia il vero figlio di Lorenzi Stefano e Franzoni Annamaria, è pari a 99,9999999999999727%. Dagli accertamenti genetici condotti e dal calcolo biostatistico emergono, pertanto, indicazioni decisive a favore dell'ipotesi di parentela; in altre parole è verosimile affermare che la vittima Lorenzi Samuele sia il figlio naturale di Lorenzi Stefano e Franzoni Annamaria.

B. Reperti Un unico profilo genotipico, estrapolato:

- dalle tracce ematiche prelevate dalla camera da letto matrimoniale (reperti alfa18, alfa18-1, alfa19, alfa22, alfa23, alfa23-2, alfa24, alfa29, alfa30, alfa32, alafa36, alafa38-39-40-41, alfa42, alfa47, alfa48, aalfa49 e aalfa61);

- dalle tracce ematiche presenti sul bordo del lavabo e sul water del bagno al piano interrato (reperti alfa55 e alfa57);

- dalla traccia ematica presente sul lavandino del bagno al pian terreno (reperto alfa60); - dalla traccia risultata positiva al test del luminol dislocata sulla ringhiera della rampa di scale che

conduce dalla zona giorno alla zona notte (reperto alfa62); - dalle tracce ematiche prelevate dalla P.G. dalla parete della prima rampa di scale, ubicata di

fronte alla camera da letto ove è stato perpetrato il delitto (reperto 6); - dalla microtraccia ematica prelevata dalla felpa giubbotto appartenente ad Annamaria Franzoni

classificata come reperto 14-4A; - dalla traccia evidenziata, mediante test del luminol, sul giubbotto appar- tenente ad Annamaria

Franzoni (reperto 14-7) e classificata come reperto 14-7A; - dalla traccia latente individuata, mediante test del luminol, localizzata sulla superficie esterna

della scarpa destra a livello della caviglia (reperto 14-8); - dalla traccia latente individuata, mediante test del luminol, localizzata sulla superficie esterna

dello zainetto appartenente ad Annamaria Franzoni (reperto 14-9) e classificata come reperto 14-9B;

- dalle tracce ematiche prelevate dal pigiama del piccolo Samuele (reperto 19-5), classificate come reperti 19-4/65-72;

- dalle tracce ematiche prelevate dai pantaloni del pigiama (reperto 20), classificate come reperti 20-1, 20-1bis, 22 bis, 20-4, 20-5 e 20-6;

- dalle tracce ematiche prelevate dalla casacca del pigiama (reperto 20), classificate come reperti 20-2 e 20-9-16;

- dalla traccia ematica prelevata a campione dalla suola dello zoccolo sinistro (reperto 21-1); - dalla traccia (reperto 23A) prelevata dall'asciugamani rinvenuto nel bagno attiguo alla camera da

letto matrimoniale; - dalle tracce ematiche prelevate dalla zona superiore del piumone (reperto 27), classificate come

reperti 27-19-64;

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- dalle microtracce ematiche presenti su un calzino (reperto 46), dislocate in corrispondenza della caviglia e classificate come reperto 46°.

Tale profilo, è risultato essere compatibile con quello estrapolato dal campione biologico di confronto (reperto 19-1) appartenente alla vittima Lorenzi Samuele. La probabilità statistica di compatibilita casuale è stata calcolata applicando la regola del prodotto alle frequenze genotipiche costituenti il profilo. Le frequenze genotipiche utilizzate per ciascun marcatore sono state ricavate da un campione della popolazione italiana di circa 3.375 individui, realizzato presso i laboratori del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche. La probabilità casuale di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico evidenziato dai suddetti reperti è di 2,58*10 -18, in altre parole circa un soggetto ogni 386 milioni di miliardi di individui scelti a caso nella popolazione di riferimento. Considerando che attualmente la popolazione mondiale si aggira sui sei miliardi di persone il profilo in parola può essere considerato, in effetti, unico. Sono stati inoltre estrapolati:

- Un profilo genotipico dalla traccia ematica presente sul quadro posizionato sulla rampa di scale che conduce dalla zona notte al garage (reperto a53). Tale profilo, è risultato essere compatibile con quello estrapolato dal campione biologico di confronto (reperto 34), appartenente a Lorenzi Stefano (padre della vittima).

- Un unico profilo genotipico dai prelievi effettuati su un paio di calze a livello dei talloni (reperti 14-3A e 14-3B) e dalle mutande in corrispondenza della zona pubica (reperto 14-6). Tale profilo, è risultato essere compatibile con quello estrapolato dal campione biologico di confronto (reperto 33), appartenente ad Annamaria Franzoni (madre della vittima).

- Un unico profilo genotipico riconducibile a un individuo ignoto di sesso maschile, dai prelievi effettuati su un calzino (reperti 18-5A1-A3) sequestrati alla signora Daniela Ferrod, interpretabile per parte dei marcatori genici testati;

- Un profilo genotipico riconducibile a un individuo ignoto di sesso femminile, da un prelievo effettuato a livello della manica sinistra (reperto 18-6A) del giubbotto sequestrato alla signora Daniela Ferrod.

- Un profilo genotipico di tipo misto dai tre prelievi (classificati come reperti 21-3, 21-4 e 21-5) effettuati sul plantare dello zoccolo sinistro appartenente alla signora Franzoni, in cui le componenti alleliche principali osservate sono riconducibili complessivamente alla vittima e ad Annamaria Franzoni (vds. relazione del 17/09/2002).

La tipizzazione del DNA estesa anche a tutti i reperti che hanno fornito esito negativo alla fase di quantificazione del DNA mediante Slot-Blot, non ha consentito di ottenere alcun profilo genotipico. La diagnosi di specie effettuata mediante immunodiffusione in gel di agar ha consentito di stabilire quanto segue:

- le tracce ematiche relative ai reperti 1, 2, 3A e 3B, 10 e 17 reperiate dalla P.G. (testati più volte con la sonda D17Z1 con esito negativo), sono riconducibili a sangue di gatto;

- le tracce ematiche presenti sulla zappa e sul badile (rispettivamente reperti 15A-D e 22A-B - testati più volte con la sonda D17Z1 con esito negativo), sono riconducibili a sangue di pollo;

- la traccia ematica repertata in prossimità della ciotola del gatto nel garage (a-U4-l - testata con la sonda D17Z1 con esito negativo), è riconducibile a sangue di gatto;

- a causa dell'estrema esiguità del materiale a disposizione relativamente ai reperti 4, 5 e 11, la diagnosi di specie è da ritenersi inconclusiva.

La diagnosi di specie, condotta mediante analisi delle caratteristiche strutturali sulla formazione pilifera rinvenuta sul reperto 3 A (classificata come reperto 3A-P), ha consentito di stabilire la sua riconducibilità alla specie animale (non umana), così come attestato dall'irregolarità della cuticola e dal valore dell'indice midollare (rapporto fra il diametro midollare e quello complessivo del pelo) superiore a O,50.

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6. CONCLUSIONI DEGLI ACCERTAMENTI BIOLOGICI Sui centoventicinque reperti in sequestro, sono stati complessivamente esperiti centonovantatré prelievi da sottoporre alle successive analisi genetiche. Si riferiscono i risultati ottenuti:

1. Settantasei di tali prelievi non sono risultati riconducibili alla specie umana e sono di seguito meglio specificati:

- ventinove prelievi effettuati in più parti del garage, comunque tipizzati, non hanno consentito di estrapolare alcun profilo genotipico. La diagnosi di specie ha, per contro, consentito di attribuire una traccia ematica (reperto aU4-l) ad un gatto. Considerati tali esiti, appare pertanto verosimile affermare, che le tracce ematiche dislocate nelle aree classificate come L6, L7, M5, N8, 09, PIO, PII, Q12, Q13, R14, R15 e T3 morfologicamente più che consistenti e stante gli esiti positivi delle diagnosi generiche, siano riconducibili a sangue di specie animale;

- analogamente, dai sei prelievi di tracce ematiche effettuati dalla P.G. al- l'esterno dell'abitazione dei coniugi Lorenzi (reperti 1, 2, 3A, 3B, 10 e 17) non è stato possibile estrapolare alcun profilo genotipico. Tali tracce, sono invece riconducibili a sangue di gatto così, come la formazione pilifera adesa al reperto 3A (classificata come reperto 3A-P) è riconducibile alla specie animale (non umana);

- dai sei prelievi di tracce ematiche dislocate in più punti della zappa e della vanga non è stato possibile estrapolare alcun profilo genotipico. Tali tracce, sono invece riconducibili a sangue di pollo;

- sette prelievi di tracce ematiche dislocate in più locali dell'abitazione; - ventotto prelievi di tracce evidenti/latenti sui vari reperti e indumenti in sequestro.

2. Dei rimanenti centodiciassette prelievi:

a) centodue sono riconducibili al profilo genotipico della vittima. In particolare: - i venti prelievi di tracce ematiche effettuate nella camera da letto matrimoniale; - i due prelievi di tracce ematiche effettuate nel bagno al piano interrato; - il prelievo della traccia ematica effettuata nel bagno al piano terreno; - la traccia evidenziata mediante test del luminoi dislocata sulla ringhiera della rampa di scale che

conduce dalla zona giorno alla zona notte; - le tracce ematiche prelevate dalla P.G. dalla parete della prima rampa di scale, ubicata di

fronte alla camera da letto ove è stato perpetrato il delitto; - la microtraccia ematica presente sul polsino destro della felpa appartenente ad Annamaria

Franzoni; - la traccia evidenziata mediante test del luminol dislocata a livello pettorale destro del giubbotto

appartenente ad Annamaria Franzoni; - la traccia evidenziata mediante test del luminol sulla superficie esterna della scarpa destra

appartenente ad Annamaria Franzoni; - la traccia evidenziata mediante test del luminol sulla superficie esterna dello zainetto

appartenente ad Annamaria Franzoni; - la traccia prelevata dal cuscino utilizzato per soccorrere la vittima; - gli otto prelievi di tracce ematiche effettuate a campione sul pigiama del piccolo Samuele; - i sei prelievi di tracce ematiche effettuate a campione sui pantaloni del pigiama; - i nove prelievi di tracce ematiche effettuate a campione sulla casacca del pigiama; - la traccia prelevata dall'asciugamani rinvenuto nel bagno attiguo alla camera da letto

matrimoniale; - la traccia prelevata dalla suola dello zoccolo sinistro appartenente ad Annamaria Franzoni; - i quarantasei prelievi a campione di tracce ematiche effettuate dalla zona superiore del

piumone;

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- il prelievo effettuato su un calzino.

b) Altri due prelievi sono riconducibili a Stefano Lorenzi. c) Altri quattro prelievi sono riconducibili ad Annamaria Franzoni. d) Tre prelievi sono riconducibili ad un individuo ignoto di sesso maschile (vds. calzino

sequestrato a Daniela Ferrod). e) Un prelievo è riconducibile ad un individuo ignoto di sesso femminile (vds. giubbotto

sequestrato a Daniela Ferrod). f) Tre prelievi effettuati sul plantare dello zoccolo sinistro appartenente alla signora

Franzoni, hanno consentito di estrapolare un profilo genotipico di tipo misto in cui le componenti alleliche principali osservate sono riconducibili complessivamente alla vittima e ad Annamaria Franzoni.

g) Infine, due prelievi effettuati sullo zoccolo destro, pur avendo fornito esito positivo alla fase di quantificazione del DNA, non hanno evidenziato profili genici scientificamente interpretabili.

Alla luce della considerevole mole di risultati esposti, si può concludere che il sangue della vittima è stato rinvenuto esclusivamente nella camera da letto ove giaceva il cadavere o in locali ad essa attigui come sugli indumenti di Annamaria Franzoni (felpa, giubbotto, scarpa, zainetto, sui pantaloni e sulla casacca del pigiama, sulla suola dello zoccolo sinistro). In tutte le altre aree o reperti da esse provenienti esplorate (garage, nel circondario della casa e nell'abitazione dei vicini), non è stato possibile individuare tracce biologiche riconducibili alla vittima. Stesso risultato negativo è stato ottenuto dalla minuziosa ricerca di residui ematici evidenti, sugli oggetti contundenti, o ritenuti tali, inviati.

CONSIDERAZIONI FINALI Gli accertamenti compendiati nella presente relazione ci sembrano davvero chiari, completi ed unitari. Abbiamo certamente percorso un cammino lungo ma la mole di esami, la loro delicatezza, la loro complessità esigevano il ricorso ad un approccio multidisciplinare che fosse ispirato alla prudenza, ed alla cautela, senza rinunciare al ricorso a tecniche anche sofisticate, purché note ed accreditate presso la comunità scientifica internazionale. Abbiamo lavorato con trasparenza, sia sulla scena del reato, sia in laboratorio, garantendo alle parti, soprattutto ai CC.TT. della difesa, il più ampio contraddittorio e l'indiscriminato accesso ai luoghi ed ai reperti. Agli assalti poco lucidi dei CC.TT. della difesa, alle loro affermazioni così gonfie di arroganti proclami, pari solo al peso delle incertezze su cui si fondavano, alle critiche talvolta gratuite e fuorvianti, spesso aprioristiche e contraddittorie, ma tutte ispirate da convinzioni soggettive, viziate da gravi carenze scientifiche, dovute alla mancanza di esperienza specifica e di una casistica significativa, abbiamo contrapposto una strategia analitica rigorosa ed esaustiva. Essa si è fondata sulla integrazione di diverse discipline scientifiche, tutte tese però all'acquisizione di dati concreti, affidabili e soprattutto riproducibili, suffragati da una ricca e puntuale verifica sperimentale, che si è concretizzata nella ricostruzione dei fenomeni e delle attività salienti. Questa relazione finale rappresenta pertanto il completamento di quanto riferito nelle nostre precedenti relazioni ed in assoluta assonanza con quanto la precedeva, integra, completa e rafforza le conclusioni a cui eravamo già pervenuti, seppur in maniera parziale o talvolta lievemente lacunosa. Essa è una ulteriore risposta ad una difesa che, molto subdolamente - e per giunta scorrettamente - ci aveva accusato di incompetenza, di versioni mutate nel tempo o addirittura stravolte rispetto alle prime versioni, senza accorgersi, essa stessa difesa, che l'incompetenza ed il pressappochismo, semmai, risiedevano proprio nel loro operato tecnico: basti pensare alle 32 nuove macchie di presumibile sangue che tanto avrebbero sconvolto l'indagine, fatto piena luce sulla dinamica e che di sangue non erano (se

Page 30: RELAZIONE TECNICA DEFINITIVA PRESENTATA ALLA … · DEI CARABINIERI DI PARMA Avvertenza: Nel corso della relazione si troveranno rimandi ad alcune foto che il lettore, però, non

non le poche presenti sul comò, da noi già valutate e scartate), come sembrerebbero concludere gli accertamenti peritali da ultimi disposti. Il quadro che ne deriva, come si diceva, è un quadro chiaro, coerente, univoco, che non può che condurre ad una sola ricostruzione in cui tutti gli elementi, qui rappresentati dalla natura e dalla disposizione delle tracce di sangue, dalla posizione dell'aggressore, dal pigiama e dagli zoccoli, costituiscono le tessere esclusive di un unico, particolarissimo mosaico investigativo. Esso vede la gran parte delle tracce di sangue della vittima concentrate nella camera da letto - fatti salvi fisiologici ritrovamenti nei bagni e nella scala che porta al piano superiore - ma esclude, aspetto assai rilevante, la presenza di sangue in corrispondenza di possibili vie di fuga dell'aggressore, quali il piano soggiorno, il garage, l'esterno della villetta. Altrettanto assenti risultano altre impronte ed orme estranee. In tale contesto ben si colloca un aggressore che l'abbondante simulazione ci dimostra entrare nella stanza - la cui porta rimarrà sempre aperta durante l'omicidio - sferrare (molto probabilmente) un primo colpo, stando eretto e di lato alla vittima, quindi salire sul letto. Egli/ella si disporrà in ginocchio di fronte al piccolo Samuele, e lo colpirà ripetutamente al capo con un oggetto provvisto di manico, verosimilmente corrispondente ad un utensile da giardino, come dimostrato dalla sperimentazione, in coerente armonia con le particolari ferite inferte alla vittima e con la sua presumibile impronta lasciata sul lenzuolo. In tutta l'azione delittuosa egli/ella indossa il pigiama della Sig.ra Franzoni: decisivo sul punto è risultato il tipo di imbrattamento osservato sulla coperta che esclude categoricamente la presenza di un pigiama ivi casualmente adagiato ed esibisce, invece, una zona pulita (il settore 90) che, per posizione e dimensioni, può spiegarsi solo con la presenza di un aggressore inginocchiato, come nettamente sostenuto anche dall'estesa sperimentazione effettuata. Altrettanto determinante è risultata, sul punto, la particolare disposizione degli schizzi di sangue sul pigiama e, soprattutto, la presenza su una delle due maniche della cospicua macchia con ossicino, che costituisce la prova inconfutabile del fatto che il pigiama fosse indossato dall'aggressore: essa si formò all'atto della pressione esercitata dall'aggressore sul lenzuolo attraverso la quale, parte del materiale cerebrale frammisto a sangue e scaglie ossee, si trasferì sul pigiama, come nettamente provato dalla perfetta complementarità esistente tra le due macchie (identità propria). Non meno importanti, anzi, assai suggestive e pienamente congruenti con quanto precede, risultano le tracce miste di verosimile sangue/sudore geneticamente attribuibili a Samuele-Annamaria trovate all'interno dello zoccolo sinistro. Esse, unitamente alle due microtracce di sangue prodottesi per proiezione e non per imbrattamento, chiariscono che i due zoccoli erano nella stanza del delitto al momento dell'aggressione. Per il Collegio dei Consulenti Tecnici del P.M. (Gap. inv.sc. Dott. Paolo FRATINI)