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RISING TALENT AWARDS LEBANON
MAISON&OBJET PARIS
SETTEMBRE 2018
- 2 -
I RISING TALENT AWARDS
NELL’EDIZIONE DI
SETTEMBRE 2018 SARANNO
DEDICATI AL LIBANO
Forti del successo delle passate edizioni, i Rising
Talent Awards sono ormai un appuntamento di
spicco nel settore del design internazionale.
Organizzati ogni anno da MAISON&OBJET sono
la prova del ruolo predominante che il salone
intende giocare nella promozione di nuovi
designer, offrendo loro la chance di mostrare ad
un pubblico di professionisti di ogni paese i loro
lavori.
Dopo il Regno Unito e l’Italia, in questa prossima
edizione che avrà luogo a Parigi al Parc des
Expositions di Villepinte dal 7 all’11 settembre
2018 sarà il Libano ad occupare il posto d’onore.
Un luogo «ponte» tra Occidente e Oriente che
conferma la volontà del Salone di spingere
sempre più lontano le frontiere della creatività,
invitando un paese in piena effervescenza
artistica a cui si affianca il patronato di Rabih
Kayrouz, la cui Maison di couture fa risplendere
lo stile libanese nel mondo da numerosi anni.
Le opere dei Rising Talents libanesi saranno
presenti anche nella cornice della Paris Design
Week, presso la Gallery S. Bensimon, in una
mostra della Joy Mardini Gallery, esperta della
scena libanese.
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UNA GIURIA DI SETTE MEMBRI
Sono sette le personalità invitate a comporre la
giuria di selezione, scelte tra gli attori che
attualmente animano la rinascita del design
libanese. Da Parigi, Aline Asmar d’Amman si è
recentemente distinta con la sua agenzia Culture
in Architecture, supervisionando la
ristrutturazione dell'Hôtel de Crillon.
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E ancora Hala Mubarak, che conosce molto bene
la scena del design locale per aver inaugurato la
prima Beirut Design Fair lo scorso anno, dove
Joy Mardini gestisce la sua galleria.
Marc Baroud è un designer esperto, noto per
aver tra l'altro creato e diretto il dipartimento di
design all'Accademia delle Belle Arti Libanese,
proprio come Cherine Magrabi ha fondato la
piattaforma House of Today. Infine, Maria Ziadeh
e Nadine Fares Kahil,caporedattrice della rivista
Curve.
Le ragioni della design mania che oggi investe il
Libano sono forse da cercare nel fatto che il design
come pratica è arrivato tardi, con il ritorno in patria
intorno al 1997 di figure come Nada Debs, Karen
Chekerdjian o Karim Chaya. Spesso poliglotta e
formatasi all'estero, questa prima generazione di
designer si è messa in luce in un contesto molto
specifico proprio del Libano, da sempre crocevia di
lingue e religioni. Come riassume il giurato Marc
Baroud: «La caratteristica essenziale del design
libanese è la molteplicità delle sue influenze. Qui
non c'è nessuna dominante culturale, nessun
patrimonio industriale, e quindi nessuna "ideologia"
funzionale, formale o di altro genere. Il che crea uno
spazio di libertà piuttosto interessante.»
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« La caratteristica essenziale del
design libanese è la molteplicità
delle sue influenze. »
UN PATRIMONIO DI MULTICULTURALITÀ
ARTIGIANALE
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I SEI GIOVANI DESIGNER
SELEZIONATI
Senza il peso di una tradizione industriale, i
designer hanno potuto contare su un immenso
patrimonio di tecniche artigianali, di cui Hala
Mubarak ci vanta i talenti: «Le conoscenze
ancestrali che non si sono mai perse, unite ai
concept contemporanei, collocano i creatori
libanesi in prima fila sul palcoscenico globale.
L'estetica raffinata, le linee pulite e la ricerca di
materiali nobili sono oggi le linee guida di questo
design che inizia a farsi riconoscere per la sua
identità».
Carlo Massoud, Marc Dibeh, Carla Baz,
Anastasia Nysten, Studio Caramel e Paola Sakr:
ecco i nomi di coloro che incarnano il
rinnovamento del design in Libano, selezionati
dai membri della giuria dei Rising Talent Awards.
Una nuova generazione che ha seguito l'esempio
dei suoi predecessori combinando le loro
esperienze internazionali con metodi di
produzione locali, espressione di unicità.
Sostenuto da una rete di gallerie e fiere molto
attive, il loro audace spirito di iniziativa è
sottolineato da Cherine Magrabi: «Questa nuova
generazione ha il tratto comune dell’ottimismo.
Mentre una certa negatività regna sul Libano e
c’è una certa difficoltà a rompere l'impasse, i
giovani designer esprimono una forma di felicità
nei loro pezzi e condividono questo ottimismo
che nasce da Beirut per rompere i cliché che il
resto del mondo ha consolidato».
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Uno spirito spesso gioioso e risolutamente
contemporaneo, ispirato all'eleganza della
tradizione che non è sfuggita a Nadine Fares
Kahil e Maria Ziadeh: «Prestano maggiore
attenzione a come presentare il loro lavoro, ma
crediamo che l'eredità del passato persista
tuttora».
Con questo entusiasmo i sei designer continuano
a dare energia al paesaggio creativo, portando
nel mondo dell’arredo una nuova interpretazione,
ognuno a suo modo. E la giurata Joy Mardini
conferma: «Che si tratti di artigianato,
lavorazione dei materiali o innovazione tecnica, è
chiaro che il design libanese non è statico». Al
contrario, tutti gli specialisti concordano nel
riconoscere un autentico slancio creativo che
pervade il paese dopo gli orrori della guerra.
Aline Asmar d’Amman insiste su questo punto:
«C’è in Libano un'urgenza di vivere e celebrare la
vita quotidiana, una certa cultura del piacere e
dell'oggetto come narrazione».
« C’è in Libano un'urgenza di
vivere e celebrare la vita
quotidiana, una certa cultura
del piacere e dell' oggetto come
narrazione ».
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Karl Chucri e Rami Boushdid si sono incontrati
mentre studiavano interior design sui banchi
dell'Accademia Libanese di Belle Arti di Beirut.
Due master più tardi, allo IED di Madrid per Karl
e al Politecnico di Milano per Rami, si ritrovarono
in Libano per fondare insieme Studio Caramel
nel 2016. Le loro rispettive esperienze in studi di
architettura hanno lasciato una traccia nel loro
approccio all’arredo, spesso progettato in stretta
relazione con il suo contesto senza negare una
forte presenza nello spazio.
STUDIO
CARAMEL
'Prologue’
bar cabinet
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La ‘boîte à musique’ Mirage, così come la loro
poltrona Indolente, emanano un'atmosfera
impregnata di ispirazioni anni '50 e del loro
immaginario dove lo spirito del retrò si fonde con
riferimenti storici. Uno stile evocativo che ha
permesso loro di essere notati dalla rivista
Wallpaper per il carrello bar in stile retro modern
realizzato per Baron, il ristorante firmato FaR
architects.
M&O : Cosa vi ispira in modo particolare degli anni '50?
SC : Non amiamo solo i mobili notevoli di quel decennio, ma
anche lo spirito del tempo, i riferimenti ai mezzi di trasporto,
alla cultura visiva, alla tipografia e a molte conquiste storiche. È
un lavoro pieno di ispirazioni. Attraverso i dettagli e i materiali
audaci, il duo Studio Caramel si incontra per formare
combinazioni innovative e insolite.
M&O : Perché avete scelto l'Europa per completare la vostra
formazione?
RB : Io volevo immergermi in un luogo in cui il design facesse
parte della mia vita quotidiana, che fosse architettura, cultura o
qualsiasi altro aspetto del mio ambiente. Il Libano sta
cambiando giorno dopo giorno nel campo del design, ma sentivo
che non era abbastanza per il mio progetto formativo. Volevo
massimizzare il mio apprendimento in un campo che sarebbe
diventato parte integrante della mia vita e sono convinto che
l'Europa mi abbia dato molto in questo modo.
KC : Mi sembrava che fosse nell'ordine naturale delle cose.
Proveniente da una solida formazione in Libano con un’ottima
base nella tecnica e nel rigore del lavoro, ho voluto immergermi
in una forma più varia di insegnamento per completare il mio
background accademico. Questa formazione europea è stata
orientata con maggiore importanza sugli aspetti più generali e
programmatici del design di interni, non concepito come una
disciplina di lusso riservata solo a una minoranza.
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STUDIO
CARAMEL
MA IS ON& OB JE T : Come funziona il vostro lavoro in tandem?
S T UDIO CA RA ME L : Ci consente di utilizzare i nostri punti di
forza individuali per ottenere il risultato desiderato, imparando
continuamente l’uno dall’altro. Lavorare insieme ci ha portati a
prevedere le reciproche reazioni e opinioni su un'idea prima
ancora di condividerla. Il fatto di essere costantemente aperti al
dibattito tra noi su molti argomenti e idee ci conduce infine a un
risultato che rispecchia al meglio le nostre rispettive visioni.
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« Attraverso i dettagli e i materiali audaci, il duo Studio
Caramel si incontra per formare combinazioni innovative e
insolite.»
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Ufficialmente, Paola Sakr è una designer,
almeno questo è quanto riporta il suo attestato in
Product Design rilasciato nel 2016
dall’Accademia Libanese di Belle Arti. In realtà il
suo universo espressivo investe un campo molto
più ampio, che va dalla fotografia all'arte. Una
multidisciplinarietà che le consente di soddisfare
il suo carattere curioso e attratto
dall’innovazione, alla base di tutti i suoi progetti.
Ogni progetto ha la sua storia: i vasi
Impermanence evocano i cilindri di cemento
trovati un giorno nei pressi di un cantiere, mentre
la gamma di oggetti Morning Rituals ricicla fondi
di caffè e vecchi giornali per ridare loro uno
scopo.
PAOLA
SAKR
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Impermanence
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In questo senso, il suo lavoro simboleggia la
vocazione originale del progetto, ovvero la
ricerca di una soluzione ad un problema
particolare, ma anche - come ci dice lei stessa - il
portare avanti una "collaborazione con il mondo”.
Da Beirut a Dubai, le diverse design week hanno
già messo in evidenza con successo le sue
sperimentazioni.
PAOLA SAKR
MAISON&OBJET : Pratichi il design, ma anche arte e
fotografia. In che modo questi tre mondi si affiancano nel tuo
lavoro?
PAOLA SAKR : Fanno tutti parte di me. Non mi definirei
un’artista perché è una parola importante, che non merito ancora.
Senza dubbio c'è un momento comune a livello di intuizione che
mi guida durante il processo di creazione. Quando i tre terreni si
ritrovano in un unico progetto, allora è l'ideale: il design porta
ricerca e pragmatismo nei dettagli tecnici, mentre l'arte si
manifesta nel modo di raccontare una storia o nel rappresentare
un’emozione, e alla fine arriva l'immagine con l'espressione
visiva.
M&O : Quale momento chiave ha influito maggiormente nella
tua carriera fino ad ora?
PS : Direi che il primo è stato quando ho creato la mia
collezione Morning Rituals nel 2016 perché credo davvero che il
futuro avrà uno sviluppo sostenibile, ma mi sono resa conto che
avevo solo toccato la punta di un iceberg. Mi ha aperto gli occhi
sul ruolo che noi abbiamo, in quanto creatori, di rendere le cose
più facili per le persone e per l'ambiente. La sperimentazione sui
materiali ci offre un enorme potenziale, che potrebbe essere
utilizzato anche nel settore del lusso.
M&O : Cosa significa per te essere nominata tra i Rising
Talents?
PS : È un grande risultato personale che mi farà sicuramente
crescere come designer. Quando mi sono diplomata due anni fa,
sono stata immediatamente ispirata dalla creazione, ma non
avrei mai immaginato di ricevere l'onore di questa nomina,
soprattutto per fare qualcosa che amo.
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« La sperimentazione sui materiali ci offre un enorme
potenziale, che potrebbe essere utilizzato anche nel settore del
lusso.»
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PAOLA SAKR
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Franco-libanese, Carla Baz si è formata
dapprima presso l’ESAG Penninghen a Parigi,
ottenendo poi nel 2010 il diploma dell’ECAL di
Losanna dove grazie al Master in Product Design
per l’Industria del Lusso ha potuto avere i primi
approcci con designer del calibro di Fernando
Campana e Ronan Bouroullec. A Londra
un’esperienza presso lo studio di Zaha Hadid ha
completato il suo apprendistato convincendola a
fare il suo debutto personale.
CARLA BAZ
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Borgia
Candelabra
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Un'iniziativa coronata dal successo quando nel
2013 la Fondation Boghossian le conferisce il
suo Design Prize, colpiti dalle linee eleganti dei
suoi mobili - evocazione del suo passaggio nel
mondo della moda da Burberry e Vivienne
Westwood. La panca per Hay, fatta a mano in
massello di noce con seduta impagliata secondo
i metodi tradizionali è un buon esempio del
ricorso alla migliore sapienza artigianale libanese
che enfatizza il valore dei materiali di grande
pregio. Più recentemente, il brand Bonadea ha
prodotto il suo candelabro Borgia in ottone
massiccio, spazzolato e lucidato a mano.
MAISON&OBJET : A tuo avviso, cosa c’è di peculiare
nell’artigianato libanese?
CARLA BAZ : Gli artigiani rappresentano il cuore della nostra
cultura, probabilmente perché in Medio Oriente le lavorazioni
elaborate sono una tradizione storicamente attestata. Che si tratti
di vetro soffiato, di vasellame, di legno, di tessuto o di ricami, gli
artigiani libanesi sono stati capaci di farsi stimare per la qualità
dei loro prodotti nei migliori porti del Mediterraneo. Nel
ventesimo secolo questa polivalenza si è dispiegata in una
proliferazione di talenti. Oggi noi abbiamo ancora accesso ad
artigiani la cui incredibile esperienza nella lavorazione deriva
dalle generazioni precedenti.
M&O : Tra i designer che hai incontrato, ce n’è uno che ti ha
segnata in modo particolare?
CB : La mia esperienza con Zaha Hadid è stata la più stimolante
perché mi ha costretta ad uscire dalla mia comfort zone ed
allargare le mie prospettive e la mia comprensione della realtà.
Ma anche il tempo trascorso all'ECAL è stato tempo ben speso,
che ancora oggi mi da qualcosa: lavorare con importanti designer
su progetti per la produzione industriale è stata una vera sfida
perché ha rappresentato un effettivo confronto con il mondo del
lavoro, e un ambito preciso per modulare la nostra creatività. Ho
apprezzato molto la mia esperienza formativa in questa scuola e
soprattutto la vicinanza con Pierre Charpin, per il quale nutro
una stima profonda.
M&O : Fino a che punto le tue origini francesi si fanno sentire?
CB : Io sono di fatto un puro prodotto dell’educazione francese.
C’è un gusto francese che mi influenza molto e ogni mio
approccio è basato sulla possibilità di connettere l’artigianato
libanese e le arti decorative. Io mi sento molto legata alle
tecniche artigianali, ma il prodotto finito e la sua estetica
rimangono parte integrante del processo creativo.
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CARLA BAZ
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« Oggi noi abbiamo ancora accesso ad artigiani la cui
incredibile esperienza nella lavorazione deriva dalle
generazioni precedenti.»
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Nata ad Ottawa in Canada da padre finlandese e
madre libanese, Anastasia Nysten è cresciuta tra
Finlandia, Francia e Libano. Qui si è laureata in
Disegno Industriale presso l'Accademia Libanese
di Belle Arti, facendo i suoi primi passi
nell’apprendistato con Karen Chekerdjian. Dopo
tre anni a Londra, dove la designer ha lavorato
con Michael Anastassiades, ha fondato il suo
studio nel 2015. Con un piede a Beirut e l'altro a
Dubai, Anastasia Nysten coltiva il suo
multiculturalismo in progetti di arredo e di
decorazione.
ANASTASIA NYSTEN
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Bookcase
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Il suo primo progetto di ristorante vedrà presto la
luce a Helsinki, mentre la sua poltrona Troll le ha
procurato un Talent Award alla prima Beirut
Design Fair nel 2017, combinando il senso del
comfort scandinavo con un'estetica audace. Un
tratto comune a tutte le sue creazioni che
spingono sempre la ricerca formale oltre i
classici, usando materiali naturali.
ANASTASIA
NYSTEN MAISON&OBJET : Come descriveresti il tuo lavoro?
ANASTASIA NYSTEN : Storie di tutti i giorni, momenti di
osservazione, pensieri combinati insieme. Un esperimento su
volumi, trame e abitudini. Il mio obiettivo è trovare ciò che ci fa
sentire bene.
M&O : A livello professionale, cosa hai imparato da tutti i paesi
che hai attraversato?
AN : Ho cambiato paese fin dalla più tenera età e crescere tra
diverse culture mi è sempre sembrato normale: alla fine, forse
solo ora sto scrivendo i miei personali riferimenti di
appartenenza. In effetti, penso molto ai comportamenti e alle
abitudini culturali che ho accumulato: creare oggetti è anche un
riflesso di questi comportamenti e un modo di ricordare i
bisogni e le storie del mondo di oggi.
M&O : Quali sono le tue aspettative per il tuo appuntamento con
i Rising Talents?
AN : Sono molto entusiasta di partecipare a questa avventura!
Questo appuntamento metterà certamente in luce noi designer e
il Libano. Da giovane designer, sono felice di poter presentare il
mio lavoro a Parigi e spero di essere in grado di farne un
trampolino di lancio per nuove avventure.
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« Sono molto entusiasta di partecipare a questa avventura!
Questo appuntamento metterà certamente in luce noi
designer e il Libano. »
ANASTASIA
NYSTEN
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Diplomato all’École Nationale Supérieure di
Parigi Val De Seine, Marc Dibeh ha scelto di
ritornare a Beirut per un Master in Product
Design dell’Accademia Libanese di Belle Arti. Ha
aperto il suo studio nel 2009, dopo un’esperienza
triennale con Marc Baroud, con il quale prosegue
la collaborazione, in particolare sulla collezione
Wires che è stata presentata al pubblico di
Design Miami nel 2013. Già ospitato da gallerie
come Bensimon a Parigi o Seeds a Londra, il
suo lavoro gioca sottilmente sul concetto di
rappresentazione, come nella gamma dei cinque
specchi Please, Don’t Tell Mom concepiti per l’Art
Factum Gallery dopo averne rotto per errore uno.
MARC
DIBEH
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Camille Cake
Stand
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Più recentemente, la mostra Jungle Protocol
organizzata nell’ambito della biennale House of
Today gli ha suggerito un sistema di ombrelloni
parasole molto scenografici in vimini chiamati
Somewhere Under The Leaves, ad evocare un
angolo di pace in mezzo alla giungla. Tutte idee
che Marc Dibeh trasforma in oggetti stilizzati.
M&O : Raccontaci come le fiere sono state significative nel
percorso della tua carriera.
MD : Dal momento che vivo a Beirut, la scena libanese è il mio
territorio d’elezione ma è anche un mercato piccolo, per cui
andare a esporre nelle fiere internazionali mi ha spinto a lasciare
la mia comfort zone e a pensare in modo diverso, più in grande,
di fronte a sconosciuti, un nuovo pubblico non ancora
conquistato, con lingua e usi completamente diversi. Questo
scambio permette a un narratore di osservare e di analizzare le
dinamiche del pubblico e di imparare qualcosa per individuare
una propria individualità più definita e acquisire un linguaggio
più universale per raccontarsi.
M&O : Perché lo storytelling è così importante per te?
MD : Si tratta di un esercizio che mi appassiona. Bill Clinton
una volta ha detto: «Tut t i hanno una storia da raccontare, ma
quasi nessuno è capace di raccontarla». Ecco, io sono capace.
Dietro a ogni storia ci sono delle persone, dei luoghi e dei
ricordi, e altrettanti universi che si dischiudono per ogni oggetto.
Io racconto molte sfaccettature della mia vita nei miei oggetti,
che sia una situazione in cui mi sono trovato o uno dei miei tratti
caratteriali, come la mia goffaggine. Penso che l'autoironia a
volte dia un vantaggio al mio approccio: sono realista, so che
probabilmente non salverò il mondo, e allora mi piace cercare di
farlo sorridere.
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MARC DIBEH
MAISON&OBJET : Cosa ti ha lasciato la collaborazione con
Marc Baroud?
MARC DIBEH : Può succedere che due teste dure trovino un
terreno d’intesa, e quando succede il processo creativo è magico.
Io e Baroud abbiamo modi di lavorare molto diversi: io ho
bisogno di raccontare una storia, magari semplicissima, e da
quella far nascere un prodotto. Lui invece ha bisogno di
dominare o inventare una materia, vedere un sistema come
punto di partenza. E quindi, essendoci tra noi rispetto reciproco,
l’unione fa la forza.
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« Dietro a ogni storia ci sono delle persone, dei luoghi e dei
ricordi, e altrettanti universi che si dischiudono per ogni
oggetto. »
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Dopo avere terminato la sua formazione presso
l’Accademia Libanese di Belle Arti e l’ECAL di
Losanna, Carlo Massoud si è trasferito a New
York per il suo apprendistato. Il suo primo
incarico è stato quello di supervisionare l’arredo
su misura per i progetti residenziali di alta
gamma dello studio Nasser Nakib Architect.
Debutta con un progetto personale nel 2014,
quando presenta «Dolls» in collaborazione con la
galleria Carwan, un’installazione non troppo
velata sulla questione del chador.
CARLO
MASSOUD
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Mar
Mikhayel
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Un approccio plastico che caratterizza l’insieme
dei suoi progetti, a metà strada tra il design
funzionale e l’installazione artistica, spesso con
una riflessione sociale e politica. Allo stesso
modo gli idoli della fertilità africana sono tra le
fonti di ispirazione di The Autopsy Project, la
serie di sedute immaginate con la sorella Mary-
Linn Massoud, la fonderia Otto du Plessis ed il
sudafricano Andile Dyalvane di Imiso
ceramiche. Altre opere, come Boule Capture, lo
hanno condotto ad esplorare nuove modalità di
utilizzo della lamiera metallica.
CARLO MASSOUD
MAISON&OBJET : In che modo la tua esperienza di architetto ti
influenza come designer?
CARLO MASSOUD : Ho capito l’importanza di questo tipo di
formazione solo in un tempo successivo, poiché essa ha avuto
impatti su due aree molto diverse. La prima è quella cartesiana:
obbedisce a linee precise, che siano rette o curve, e mi impone
una direzione indicandomi la prevalenza della materia. Mi
arricchisce di dettagli suggeriti dai grandi maestri
dell’architettura ma anche di immagini, oggetti della vita
quotidiana ed esempi di ergonomia. La seconda area è più libera,
seppure confinante con la prima, si è liberata dai vincoli
lasciando spazio a un tipo di immaginazione più forte. La ricerca
si trasforma in materia/sorpresa/scoperta e la forma si libera. E’
nell’oscillazione tra queste due aree che il mio design prende
vita.
M&O : Cosa ti colpisce nel format dell’installazione?
GP : In un paese come il nostro, in cui l’industria quasi non
esiste, il design vive grazie a piccole edizioni prodotte da
artigiani locali, vendute nelle gallerie o con il passaparola. Il
design è esclusivo, unico e costoso. Si tratta di un approccio
completamente avulso rispetto a quello industriale, e nella sua
specificità ci permette di lasciare ampi spazi alla nostra
immaginazione e alla nostra interpretazione personale
dell’oggetto. La vita del prodotto si evolve, e si fa scultura.
L’oggetto assume desiderabilità.
M&O : Il design può davvero mettersi al servizio di un intento
sociale o politico? Come?
GP : Portando emozioni legate a un contesto politico o sociale, il
design diventa impegnato. Nel mio caso, io approccio temi come
la religione, i diritti delle donne o ancora la distruzione del
patrimonio locale e traduco queste idee per mezzo di oggetti o
installazioni che mi permettono di lanciare interrogativi al
pubblico su questa materia.
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« In un paese come il nostro, in cui l’industria quasi
non esiste, il design vive grazie a piccole edizioni
prodotte da artigiani locali, vendute nelle gallerie o con
il passaparola. »
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Ringraziamo:
Rabih Kayrouz
Aline Asmar d’Amman, Marc Baroud, Nadine
Fares Kahil, Cherine Magrabi, Joy Mardini,
Hala Moubarak, Guillaume Taslé d’Héliand
Maria Ziadeh
20 > 23 SEPT2018
In partnership con
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UX
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UX
115 000 M2
3 000 MARCHI
90 000 VISITATORI
50% INTERNAZIONALI
65% BUYERS
45% SPECIFIERS
Dal 1995, MAISON&OBJET è l’appuntamento
internazionale dei professionisti dell’art de vivre,
dell'arredamento e del design. Riunisce quasi 3.000
marchi e oltre 90.000 visitatori unici, di cui il 50%
internazionali.
Creatore di incontri e rivelatore di talenti, il salone
offre due volte all'anno nuove fonti d’ispirazione,
decodificando le tendenze di oggi e di domani. È
quindi un catalizzatore per lo sviluppo e la crescita
dei marchi.
Lanciata nel settembre 2016, la piattaforma
digitale MOM (MAISON&OBJET AND MORE)
riunisce le ultime novità e i prodotti di marchi,
produttori, artigiani, progettisti e designer. Fonte
inesauribile d’ispirazione quotidiana, permette ai
visitatori di avere un contatto diretto con migliaia
di brand per tutto l'anno.
Trovate tutti i comunicati stampa su
www.maison-objet.com
sezione presse
Password per scaricare le immagini:
VIRTUOUS
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