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Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in Legge 27-02-2004 n. 46) art. 1, comma 2 e 3 – CB-NO/TORINO MARIA AUSILIATRICE RIVISTA DELLA BASILICA DI TORINO-VALDOCCO m a g g i o - g i u g n o 314 # LO SGUARDO DI MARIA 1,70 Euro IT ISSN 2283-320X è ANCHE SU DI TE 32 DON ÁNGEL: è IL NOSTRO DECIMO RETTOR MAGGIORE 12 I GESTI E LA PREGHIER A DI PAPA FR ANCESCO 44 MASSIMO GILETTI: «CONSERVO LE NOCCIOLINE DI DON BOSCO»

Rivista Maria Ausiliatrice 3/14

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# lo sguardo di Maria

1,70 euro it

ISSN 2283-320x

è anche su di te

32 Don Ángel:è il nostro decimorettor maggiore

12 I gestI e la preghIeradi PaPa Francesco

44 MassIMo gIlettI:«conservo le nocciolinedi don Bosco»

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Il sAluto Del RettoRe 1 Come l’ausiliatriCe il nostro “sì” a Dio

A tutto cAmpo 4 maria Casa per Dio e per l’umanità

chIesA vIvA 7 la preghiera Di gesù8 Con Karol Wojtyla la valanga Dei santi10 l’arte DiffiCile Di sCegliere12 papa franCesCo e la preghiera

In cAmmIno con mARIA 14 raCChiuso in un DrammatiCo “sì” il mistero

Dell’inCarnazione

leggIAmo I vAngelI 16 Con gli oCChi Della feDe

AccoglIAmocI 18 moDelli familiari e strategie sospette

gIovAnI In cAmmIno 20 pasqua! un “Cuore nuovo”

AmIcI DI DIo 22 il nome Di gesù è luCe. la vera storia Di

fra BernarDino

mARIA neI secolI 24 Commiato Di Cristo Dalla maDre

mAmme sulle oRme DI mARIA 26 la vita? è Come un viaggio

lA pARolA quI e oRA 28 io sono Con voi

Don bosco oggI 30 Don BosCo e la sinDone,

«i miraColi Continuano»

sommario

Direzione:Livio Demarie (Coordinamento)

Mario Scudu (Archivio e Sito internet)

Luca Desserafino (Diffusione e Amministrazione)

Direttore responsabile: Sergio Giordani

Registrazione: Tribunale di Torino n. 2954 del 21-4-v80

Progetto Grafico: at Studio Grafico – Torino

Stampa: Higraf – Mappano (TO)

Corrispondenza: Rivista Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 10152 TorinoCentralino 011.52.24.822 Diffusione 011.52.24.203 Fax [email protected] http://rivista.ausiliatrice.net

Abbonamento: Ccp n. 21059100 intestato a: Santuario Maria Ausiliatrice Via Maria Ausiliatrice 32 – 10152 Torino

Per Bonifici: BancoPosta n. 21059100 IBAN: IT15J076 0101 0000 0002 1059 100

PayPal: [email protected]

Collaboratori: Federica Bello, Lorenzo Bortolin, Ottavio Davico, Giancarlo Isoardi, Marina Lomunno, Luca Mazzardis, Lara Reale, Carlo Tagliani

Foto di copertina: Marco Vergnano – LightTime Studio

Archivio Rivista: www.donbosco-torino.it

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FotoFOTOLIA: Absolut (11); J¸rgen F‰lchle (16); NadinaS (17); Yuri Ar-curs (19); Emmi (28); Sil007 (31); FLICKR: Tango (15); DEPOSIPHO-TOS: Nejron (18); Jonathanrich (20); Lifeonwhite (21); Dorian2013 (26); Tono Balaguer (27); Feferoni (52); _ella_ (52); Alexander V. Chelmodeev (53); Wavebreakmedia (53); Ron Chapple Stock (54); PHOTOXPRESS: Daniel Fuhr (10); SYNC-STUDIO: ALTRI: Archivio FMA Roma (4-5); ImageBank (6, 32-33, 38-39); Cristian Gennari (8); Agen-zia Romano Siciliani/S (12); Luigi Zonta (34-35); Archivio RMA (40); Romano Borrelli (41, 56-57); Eddy Mady (48-49); Archivio SGS (60)

31 i Cavoli, o amati giovani...32 Da Don pasCual a Don Ángel34 paraDiso, solo e sempre paraDiso36 l’aDma saluto al nuovo

rettor maggiore38 Ci attenDono anni molto Belli40 al servizio Della Chiesa

Di Don BosCo e Di Dio42 Da mihi animas Caetera tolle

espeRIenze 44 l’immagine Dell’ausiliatriCe

e le noCCioline regali Di Don BosCo46 un sogno nel nome Di margherita48 una sCuola iraChena a valDoCCo50 fiori rossi al martinetto 70 anni Dopo52 gesù è il senso Della nostra vita

sfIDe eDucAtIve 54 l’iDeologia “genDer” Ci interpella56 suor luCia: quanDo un Biglietto

CamBia la vita

Abbonamento annuo: ............................................... E 13,00Amico .................................................. E 20,00 Sostenitore ......................................... E 50,00 Europa ................................................. E 15,00 Extraeuropei ....................................... E 18,00 Un numero .......................................... E 3,00

58 nel quartiere torinese Di san salvario la Chiesa aperta per la moviDa

sempRe con noI 60 Don ersilio: amiCo, paDre, poeta

posteR il Cuore Del monDo

poster

rivista.ausiliatrice

RivMaAus

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chIesA vIvA

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Si possono contare sulle dita di una mano gli uomini e le donne che non sono afflitti da problemi. Sono pochissimi, infatti, coloro che possono affermare – senza paura di essere smentiti – che l’unico problema che li assilla sia... la totale assenza di problemi! Tutti gli altri – e sono circa sei miliardi sparsi in ogni angolo del mondo – si trovano ogni giorno a doverne affrontare almeno uno... Per farlo nel migliore dei modi esiste una ricetta infallibile: ragionare, avere il coraggio di mettersi in gioco e superare la paura di sbagliare.

l’arte difficile di scegliereAccade a volte di trovarsi di fronte a tante strade e di dover decidere quale percorrere.Attenzione, equilibrio e fiducia si rivelano validi alleati per imboccare il cammino migliore...

Il futuRo è sempRe un’IpotesIEsistono difficoltà oggettive che rendono qualunque scelta simile a un salto nel buio. Ed è necessa-rio tenerne conto.È importante, innanzi tutto, ricor-dare che è impossibile conosce-re il futuro. Si può immaginarlo, tentare di prevederlo affidandosi magari alle statistiche e al calcolo delle probabilità, ma è un dato di fatto che prendere una decisione significa accettare di andare in-contro all’incertezza e all’assenza d’informazioni certe e verificabili.

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LA PAROLA QUI E ORA 33

Suor Eusebia e il pane dei poveri

Patria e della Chiesa.

durante la guerra civile spagnola.

cate da Giovanni Paolo II.

zione dei Fioretti

gradi per trenta minuti.

www.ssfrebaudengo.ittel. 011 [email protected]

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Chi oggi si trova a fare i salti mor-tali per pagare le rate del mutuo dell’abitazione acquistata quindici anni fa, per esempio, non poteva sapere che nel 2008 il mondo sa-rebbe stato travolto da una crisi di cui forse solo ora si comincia a intravedere la fine.Un altro aspetto che va tenuto presente è che, non di rado, la re-ale complessità di un problema si manifesta mano a mano che lo si affronta. Un po’ come quando si decide di “dare una rinfrescata” alla casa pensando sia sufficien-te una mano di bianco e una si-stemata agli infissi e ci si ritrova, all’improvviso, a fare i conti con l’impianto elettrico e quello idrau-lico...Di fronte all’incertezza del futuro e

all’impossibilità di prevedere tutte le ramificazioni di un problema è raccomandabile approfondire le motivazioni che rendono prefe-ribile una soluzione piuttosto che un’altra e informarsi quanto ba-sta. Facendo attenzione, però, a non rimandare la scelta all’infini-to come quel tale che, dopo aver consultato cento imprese edili, duecento geometri e trecento ar-chitetti per risistemare la propria abitazione, dopo dieci anni la vide crollare miseramente...

vInceRe lA pAuRA DI sbAglIAReAccanto alle difficoltà oggetti-ve convivono quelle soggettive, non di rado più nascoste e insi-diose. A cominciare dalla neces-sità di chiarire a se stessi quale problema s’intenda risolvere af-frontando una determinata scel-ta. Chi sceglie di ristrutturare lo chalet a Cervinia, per esempio, dovrebbe sapere con certezza se lo fa per conservare un bene di famiglia, o per metterlo in ven-dita a un prezzo più alto, o per avere una base confortevole per la villeggiatura... Se pensa, infatti, di investire tempo e denaro per risolvere una volta per tutte il pro-blema delle vacanze e poi, come ogni anno, trascorre le ferie cul-landosi tra le onde e gli scogli di Pantelleria, si affanna per risolvere un problema che, in realtà, non è “quel” problema.Anche l’incapacità di modifica-re il punto di vista e l’“allergia” a qualsiasi novità possono rivelar-

si zavorre pesanti: chi agisce in un determinato modo perché «si è sempre fatto così» impedisce a se stesso di sperimentare solu-zioni alternative che potrebbero rivelarsi decisamente convenienti ed economiche. Come chi diffida delle email perché una lettera si è sempre spedita utilizzando carta da lettera, busta, penna e franco-bollo...La “trappola” più grande – però – è la paura di sbagliare, non accet-tare la possibilità che una scelta possa rivelarsi errata. Per questo è necessario imparare a volersi bene e, dopo aver valutato con onestà e coscienza tutte le alter-native possibili, avere il coraggio di dirsi: «Alla luce di quello che so e che sento scelgo di agire in questo modo. E se sbaglio... pa-zienza!».Nel prossimo numero esamine-remo alcuni metodi che possono aiutare a far emergere le motiva-zioni profonde di una scelta e a renderla più consapevole.

Ezio RisattiPreside della SSF Rebaudengo

[email protected]

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leggIAmo I vAngelI

lA RIceRcA AppAssIonAtA Del RIsoRtoMaddalena, giunta per prima al sepolcro, corre ad avvisare i discepoli. Il suo è un messaggio che stordisce: «Hanno portato via il Signore e non sap-piamo dove l’abbiano posto». È però quanto basta per accendere il desiderio di Pietro e dell’«altro di-scepolo», altrove nominato come “l’amato”, forse colui che scrive.La fretta dei due che si mettono a correre ci fa ben capire quale fosse il loro amore ed attacca-mento a Gesù. Pietro precede e l’«altro discepolo» segue: non è la descrizione di una gara, ma della situazione esistenziale di due uomini che girano le spalle ad uno stato di tristezza infinita e corrono insieme verso il luogo in cui tutte le loro speranze

si concentrano. Giovanni scrive magistralmente di questa corsa come di un’azione prolungata così da aumentare la nostra suspence. La scena è at-traversata dal serrato susseguirsi di azioni: Pietro parte per primo, ma l’«altro discepolo» lo precede; inaspettatamente però non entra nella tomba, ma abbassata la testa le dà solo uno sguardo!

veDeRe e non cApIReA questo punto saremmo desiderosi di arrivare alla conclusione desiderata e di leggere subito: «vide che il corpo non c’era»! L’Evangelista invece ci fa attendere: è affascinato molto di più dal valore del sepolcro vuoto come luogo dell’azione potente di Dio e come segno della gloria del Figlio. In que-sto mistero egli ci attrae, facendoci comprendere che per entrarvi ci vogliono però calma e ... fede! Bisogna lasciarsi sfidare da questa provocazione. Entrato nel sepolcro, Pietro osserva con attenzio-ne gli arredi funebri: essi sono stati lasciati ordi-natamente, il sudario poi è addirittura ripiegato e posto in un luogo a parte. Il corpo non può essere

Con gli occhi della fedeAlla fine del suo racconto Giovanni scrive della Maddalena, di Pietro e dell’«altro discepolo», di Tommaso, e ancora di Pietro. Persone che incontrano a vario titolo Gesù Risorto e cominciano un nuovo “cammino di fede”. Storie esemplari. Occasioni di confronto.

© eugenè Burnand, i discepoli corrono al sepolcro, 1898

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stato trafugato! Si apre per l’Apostolo l’enigma di fronte al quale però è ancora abbastanza chiuso. Vede molto, ma non capisce perché non è dispo-sto a far credito all’azione di Dio. Rimane bloccato. Avrà bisogno di più tempo per credere. Tuttavia non viene squalificato dal Signore, che avrà la pa-zienza di attenderlo.

l’AttesA fRuttuosAPerché non era entrato nella tomba l’«altro disce-polo», quello arrivato per primo? A costui che di più ama viene fatto il dono del saper attendere per poter vincere la curiosità e concentrarsi sull’essen-ziale. Egli aspetta ed intanto continua intensamente a cercare dentro di sé. L’Evangelista ha iniziato a vedere dentro la tomba ed avviene in lui quello che Gregorio di Nissa dice molto bene della ricerca di Dio: «Dio riempie, non sazia ed aumenta la sete perché tu lo possa cercare ancora». Confrontia-moci con lui che desidera vedere, nel senso di in-teriorizzare pienamente la realtà straordinaria che il primo sguardo gli ha rivelato. Impariamo da lui

a vincere la fretta e a lasciarci conquistare gradual-mente dalla fede non con i nostri tempi, ma con quelli che il Signore sa essere i migliori per noi. Alla fine anche per l’«altro discepolo» viene il tempo di entrare nel sepolcro: ora egli può guardare più a lungo, la testa sempre chinata, cioè nell’atteggia-mento dell’umiltà di chi sa di essere piccolo davanti alla meraviglia di Dio. Dopo i momenti esemplari della sua attesa, di costui ci viene detto che «vide e credette». Vedere nella fede: ecco quello che gli capita. Ha la forza di non bruciare un momento del tutto prezioso e unico. Vede nella fede, crede, perché ha il coraggio di attendere e in quell’atte-sa si fida, fa credito alle Parole che da Gesù aveva ascoltato, si protende verso di lui. Nelle cose di Dio attendere non squalifica, al contrario fortifica interiormente e conduce ad una forma di fede più matura, ad una accoglienza più piena.

Marco [email protected]

l’evangelista ha iniziato a vedere dentro la tomba ma entra dopo pietro. impariamo da lui a vincere la fretta e a lasciarci conquistare gradualmente dalla fede non con i nostri tempi, ma con quelli che il signore sa essere i migliori per noi.

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AccoglIAmocI

In queste ultime settimane si è riacceso il dibattito sulla cosiddetta “famiglia lunga”, dove figli già adul-ti – sulla trentina e oltre – continuano a convivere con i genitori. Una scelta spesso condizionata da difficoltà obiettive, come la casa o il lavoro, ma altrettanto frequentemente legata a motivazioni più vaghe e – diciamolo con franchezza – meno onorevoli. Anche al termine degli studi infatti, con un buona occupazione e magari un pied-à-terre a disposizione “per sentirsi più liberi”, troppi ultra-trentenni rimangono comunque in famiglia perché più comodo e meno impegnativo. Il guscio rassi-curante della casa paterna permette di dilazionare a tempo indeterminato la decisione di costruirsi una famiglia propria. Manca il coraggio di assu-mere nuove responsabilità. Fa difetto la coerenza di rinunciare alle tranquille e disimpegnate abitu-dini da single tardo-adolescenti per operare una scelta di maturità.

un sottofonDo DI tensIonI e InteRRogAtIvIMa è davvero così serena e rassicurante l’esistenza in queste “famiglie lunghe”? Alcune ricerche sotto-lineano come i rapporti tra i genitori e figli nell’ul-tima fase dell’adolescenza – proprio quella che va allungandosi a dismisura – siano sempre più dif-ficili. Nella sostanza, se non nella forma. Problemi delicati come l’affettività e la sessualità dei ragazzi restano ai margini della vita familiare. Non se ne parla affatto. Tensioni e interrogativi latitano in sot-tofondo ad inasprire implicitamente rapporti già complicati, perché protratti con modalità scombi-

nate e fuori tempo massimo. Molto spesso, osser-vandole soltanto la superficie, si potrebbe essere ingannati dalla calma sorprendente di dinamiche familiari tanto piatte da apparire cadaveriche. Non ci sono conflitti, né contrasti reali, e neppure si in-nescano dibattiti sui temi che contano. Troppi ge-nitori di figli ultra trentenni, vivono in una difficile condizione di conflitto e di incertezza. Da un lato sono tentati di considerare favorevolmente una prospettiva che li vede ancora genitori al centro della scena domestica, con la presenza rassicuran-te dei figli intorno a loro. Dall’altra avvertono più o meno distintamente che quel momento di stasi fa-miliare racchiude in sé una serie di pericoli esiziali.

quAlI peRIcolIIl primo è quello dell’implosione. Come tutte le realtà sociali, anche la famiglia deve percorrere in modo dinamico le fasi previste dall’alternanza na-turale delle generazioni. Bloccare in modo artifi-cioso i passaggi inevitabili della vita, che l’antro-pologia ha assunto in sé e codificato in ruoli ben

modellifamiliarie strategiesospette

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definiti, significa introdurre una deriva che porta inevitabilmente all’atrofia e allo svuotamento ide-ale. Figli che non diventeranno mai genitori e ge-nitori che non diventeranno mai nonni finiscono non solo per isterilire la famiglia ma anche per ne-crotizzare la più decisiva delle dinamiche sociali: il rinnovamento generazionale. Non è colpa soltanto delle avverse condizioni economiche, del lavoro che non c’è, della casa che ha costi inavvicinabili. I genitori per primi devono sentire la responsabilità di accelerare un rinnovamento che troppo spesso non esigono per inerzia, egoismo, desiderio di non accentuare i contrasti. Il desiderio di crescere e di far crescere deve nascere da dentro, dal cuore. E deve porsi il grande traguardo di costruire il futuro, tornando a donare quell’amore che gratuitamente abbiamo ricevuto.Obiettivo importante, ma tutt’altro che agevole da raggiungere. Anche perché troppo spesso la fami-glia può contare solo sulle proprie forze. Messa ai margini dal dibattito culturale, risulta quasi sempre ignorata anche dalle iniziative politiche.

esIste unA polItIcA sullA fAmIglIA?Le attenzioni che si concentrano in questi mesi sui nuovi modelli familiari – dalla “famiglia lunga” alla famiglia di fatto, dalle ricomposizioni più variegate ai nuclei in cui si intrecciano esperienze di genere e presenze LGBTQ – lasciano spazio a qualche dub-bio. Invece di dedicare tanti sforzi e tante energie

per legittimare questi modelli familiari alternativi, non sarebbe più opportuno e meno dispendio-so impegnarsi realmente per aiutare, con politiche davvero efficaci, la famiglia normale, quella fon-data sul matrimonio tra uomo e donna? L’unico modello che prepara davvero il futuro di tutti. E agevolare quindi, con interventi sul fronte della casa, del lavoro e del fisco, la formazione di nuovi nuclei familiari? La domanda è forse “politicamente scorretta” ma analisi e ricerche qualificate – e sono ormai numerose – sembrano andare in una sola direzione. Non potranno essere i “nuovi” modelli familiari la terapia vincente di una società sempre più disgregata e impoverita dentro. Il gran pol-verone sollevato per esempio sul riconoscimento delle unioni omosessuali – meno del 3 per cento della popolazione – rischia di mettere in secondo piano il dramma autentico di una società al cre-puscolo, in cui è crollato il numero di matrimoni e in cui nascono sempre meno bambini. I diritti di tutti sono importanti per costruire il futuro. Ma se non prepariamo il futuro non ci saranno diritti per nessuno.

Luciano Moia, caporedattoreNoi genitori&figli – Avvenire

[email protected]

troppo spesso la famiglia può contare solo sulle proprie forze. messa ai margini dal dibattito culturale, risulta quasi sempre ignorata anche dalle iniziative politiche.

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Don bosco oggI

«Non potete immaginare la pro-fonda gioia che ho provato quan-do la sera dello scorso 30 genna-io ho accompagnato, insieme a mons. Cesare Nosiglia, arcivesco-vo di Torino, e a numerosi salesiani e giovani, l’urna di don Bosco per le strade di Torino nel suo ritorno a Valdocco, dove lo stavano aspet-tando i giovani che riempivano la basilica e cantavano Don Bosco ri-torna. Il ritorno a casa di don Bo-sco, dopo aver visitato i suoi figli dove si trovavano in tutto il mon-do, mi ha spinto a scrivervi questa lettera. Di nuovo a Valdocco, don Bosco vuole giungere a tutti i gio-vani, soprattutto ai più bisognosi, attraverso ognuno di noi, chiamati a rappresentarlo».

l’ultImo messAggIo A toRIno DI Don pAscuAlNel messaggio – ultimo del suo rettorato (2002-2014) – don Pa-scual Chàvez Villanueva, IX suc-cessore di don Bosco, rammenta che il suo ultimo pellegrinaggio a Maria Ausiliatrice, è avvenuto due mesi prima in compagnia dell’ur-na di don Bosco, che aveva fatto tappa nel Duomo di San Giovanni Battista, e a fianco di mons. Ce-sare Nosiglia, successore di que-gli arcivescovi che sedevano sulla cattedra di san Massimo ai tem-pi del “padre e maestro della gio-ventù”.Quando nacque, il 16 agosto 1815, la cattedra era vacante da

Don Bosco continuaun anno e lo rimane per altri tre; Colombano Chiaveroti (1818-1831); Luigi dei marchesi Fransoni (1832-1862); cinque anni di sede vacante (1862-1867); Alessandro Ottaviano Ricardi dei Conti di Ne-tro(1867-1870); Lorenzo Gastaldi (1871-1883); cardinale GaetanoA-limonda (1883-1891).

Don pAscuAl e lA cIttà DI toRInoAlla vigilia del voto con il qua-le il XXVII Capitolo Generale dei Salesiani ha eletto – il 25 marzo 20014, solennità dell’Annuncia-zione del Signore – don Ángel Fernández Artime Rettor Mag-giore e X successore di don Bo-sco, don Pascual confida che aver

Da don Pascual a don Ángel.

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rappresentato don Bosco per due mandati «mi ha spinto a identi-ficarmi ogni giorno di più con il nostro padre, con la sua preoc-cupazione per la Congregazione, con la sua passione per i giovani. Mi sento più orgoglioso di essere salesiano, non solo perché ho per padre il nostro santo fondatore, ma anche perché ho voi come fratelli».Un particolare vincolo lega don Pascual a Torino e a don Bosco. Il 31 gennaio 2003, festa di san Giovanni Bosco, il sindaco Ser-gio Chiamparino lo accolse: era la prima volta che un Rettor Mag-giore entrava a Palazzo Civico. Il sindaco Chiamparino disse una semplice verità: «Torino è legata a don Bosco e anche chi non è salesiano ha un ricordo positivo di lui». E don Pascual rispose con un’altra semplice verità: «Conti-nuiamo a credere nella gioventù».Da don Pascual a don Ángel la storia continua e ritorna sempre al punto di partenza, don Giovan-ni Bosco. L’elenco dei suoi suc-cessori mostra come da Torino la Famiglia Salesiana sia arrivata in tutto il mondo: 1) don Miche-le Rua (1837-1910), nato a Torino (parrocchia san Gioachino), beato dal 28 ottobre 1972, Rettor Mag-giore 1888-1910; 2) don Paolo Albera (1845-1921), nato a None (Torino), 1910-1921; 3) don Filip-po Rinaldi (1856-1931), Lu Mon-ferrato, provincia di Alessandria e diocesi di Casale Monferrato, be-ato 29 aprile 1990, 1922- 1931; 4) don Pietro Ricaldone (1870-1951),

Mirabello, provincia di Alessan-dria e diocesi di Casale Monfer-rato, 1932-1951; 5) don Renato Ziggiotti (1892-1983), Campo-doro, provincia di Padova e dio-cesi di Vicenza, 1952-1965, primo emerito perché muore nel 1983; 6) don Luigi Ricceri (1901-1989), Mineo (Catania), 1965-1977; 7) don Egidio Viganò (1920-1995), Sondrio, 1977-1995 (3 manda-ti); 8) don Juan Edmundo Vecchi (1931-2002), Viedma in Argenti-na, 1996-2002, morto il 23 gen-naio 2002 allo scadere del man-dato; 9) don Pascual Chàvez Vil-lanueva (1947-vivente), Real de Catorce (Messico), 2002-2014 (confermato nel 2008); 10) don Ángel Fernández Artime, nato il 21 agosto 1960 a Gozón-Luanco (Spagna), eletto il 25 marzo 2014.

l’elezIone DI Don Ángel A nuovo RettoR mAggIoReDon Pascual Chávez, Presidente dell’Assemblea, chiamato vicino a sé don Ángel, così si è espres-so il 25 marzo: «Carissimo don Ángel, Dio attraverso i confratel-li ti ha chiamato oggi per esse-re il successore di don Bosco. Tu sei chiamato non a conformarti o configurarti con il Rettor Mag-giore, né con don Vecchi, né con don Viganó. Tu sei il successore di don Bosco, non di don Chávez. Dunque, a nome dell’assemblea capitolare ti domando se accetti».Con animo commosso, don Án-gel ha preso la parola in lingua spagnola: «Mi abbandono nel Si-gnore e chiediamo a don Bosco e a Maria Ausiliatrice che ci accom-pagni e mi accompagni, nella fra-ternità dei salesiani e con la Con-gregazione, e con fede accetto».Immediatamente dopo il nuovo Rettor Maggiore ha cominciato a ricevere l’abbraccio di ogni Capi-tolare.Un abbraccio anche nostro, a don Pascual e a don Ángel.

Pier Giuseppe [email protected]

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Don bosco oggI

Per i suoi 98 anni, il 3 febbraio scorso ha ricevuto anche gli auguri del IX successore di don Bosco don Pascual Chàvez e quelli del Sindaco di Torino, Piero Fassino. Pochi possono vantare quest’età e questi riconoscimenti per «una vita al lavoro e di lavoro, a Torino e per Torino». Eppure lui, Giuseppe – ma per tutti, Tonino – Torre continua a ripetere che sino a quando le forze glielo consentono, lui è “in servizio”.Nato a Villafalletto, a circa 20 km da Cuneo, ha iniziato a lavorare in campagna, svolgendo «quei lavoretti che i bambini possono fare, pur non aven-do le potenzialità fisiche di un uomo». Poi, i tanti spostamenti con la famiglia, o da solo. E dopo ancora, l’incontro dei Salesiani, prima di vederne le opere “all’opera”, gli spostamenti a Fossano, Sa-luzzo e a Torino. L’idea di Giuseppe era quella di partire in missione, in Brasile, a Rionegro. Il caso ha voluto diversamente: arrivato a Trieste in treno per imbarcarsi verso il Brasile, una congiuntivite

lo ferma. Torna a Torino, riprova a partire per la missione e di nuovo un altro no. Così, dedica tutti i suoi anni al servizio nella Basilica di Maria Au-siliatrice. E quando la guerra incombe e le sirene suonano, lui preferisce rifugiarsi all’interno della Basilica. Dopo, tra i tanti ricordi, il viaggio a Roma, per sei giorni, nel furgone contenente l’urna di don Bosco da esporre per l’inaugurazione della chiesa di don Bosco, nella capitale. «Urna esposta poi an-che nella basilica di San Pietro, insieme a quella di san Pio X». E ancora, una “mole” di rapporti umani con l’intero quartiere.

sullA cupolA, con unA scAlA peR cAmbIARe le lAmpADIneDalla sua stanza all’ultimo piano, osserva la cupola della Basilica e ricorda come effettuava il cambio delle lampadine, poste sulla corona della statua della Madonna. Giuseppe arrivava fin lassù con una semplice scala, tenuta da un altro operaio:

Al servizio della Chiesa, di don Bosco e di Dio

Il blogger Romano Borrelli ha incontrato Giuseppe Torre, 98 anni, da sempre a Valdocco, che continua a dare il suo contributo nella basilica di Maria Ausiliatrice. Gli auguri anche del Rettor Maggiore e del Sindaco di Torino.

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«Tempi in cui la sicurezza non imponeva regole. Qualcuno doveva farlo e io lo facevo». Pensa, ri-pensa, conta mentalmente tutte quelle lampadine cambiate. Da una finestra, osserva il luogo dove ora, e per undici mesi l’anno, si trova il carro dove, ogni 24 maggio, la statua della Madonna esce dalla Basilica per la processione nel quartiere. I ricordi vanno all’enorme lavoro per l’addobbo, la compo-sizione del carro, la distribuzione dei fiori...Una storia lunghissima, la sua. Scritta nello stesso identico posto. A Valdocco ha trascorso e trascorre una vita dedicata al servizio della Chiesa, di don Bosco e di Dio. Una vita spesa nel lavoro, al servi-zio degli altri, del prossimo, in continuo dialogo, a sinistra, destra, centro. Senza collocazione. Perché il prossimo con cui entrava ed entra in relazione non ha mai avuto né colore, né etichetta, né col-locazione politica.

un uomo che contInuA A non stARe mAI feRmo Col sorriso sulle labbra, che mai gli è mancato, davanti all’urna di don Bosco, pare chiedere di po-ter cambiare “parte”. Confida: «Ora, avendo meno forze e più tempo, mi piacerebbe recitare la parte di Maria, dopo tanti anni di Marta». E cita alcuni versetti del Vangelo di Luca: «Marta invece era tut-ta presa dai molti servizi. Pertanto fattasi avanti, le disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di

cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta» (10,40-42).In ogni caso, nonostante tutto, tutte le mattine, Giuseppe, continua a dare il suo contributo in sa-crestia e altrove. Per questo, dunque, sono più che meritati gli auguri di quanti in un modo o nell’altro hanno avuto la fortuna di incontrarlo e di chi, pur non incontrandolo, ne ha sentito parlare. E poi, gli auguri anche di quanti verranno e che dovranno custodire il suo lavoro, ben visibile in ogni angolo di questa “cittadella” della fede che è la basilica di Maria Ausiliatrice.

Romano [email protected]

Al servizio della Chiesa, di don Bosco e di Dio

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espeRIenze

Massimo Giletti è un uomo del suo tempo che prova ancora nostalgia per le radici, rimaste in un minuscolo paese del biellese, Ponzone. Una terra dove tutto parla del suo bisnonno Anselmo, indu-striale tessile che seppe puntare al profitto senza dimenticare l’uomo, e di suo nonno Oreste, che proseguì nella tradizione: formazione degli operai, una buona organizzazione del lavoro e un valo-re aggiunto, la persona. «Tra le opere benefiche costruite dalla mia famiglia nella seconda metà dell’Ottocento – racconta Massimo – ci fu l’asilo: furono chiamate prima le suore del Cottolengo e poi le Figlie di Maria Ausiliatrice. Per ringrazia-

re i miei bisnonni benefattori, don Bosco regalò loro un’immagine dell’Ausiliatrice con una pre-ghiera scritta a mano. La conservo nel mio uffi-cio a Roma». In casa Giletti i ricordi legati al Santo non mancano: «Mia nonna mi raccontava che sua mamma le parlava spesso delle frequenti visite di quel minuto prete astigiano in famiglia. In parti-colare mi piace rivelare un piccolo “segreto”: don Bosco regalò ai miei bisnonni come segno di gra-titudine un barattolo di noccioline che è stato tra-mandato come una vera e propria reliquia fino a me. Le noccioline sono ancora intatte».

l’immagine dell’Ausiliatricee le noccioline

regali di don bosco

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Il lAvoRoUomo di fede, Massimo ha “conosciuto” don Bo-sco anche prima della sua fortunata carriera tele-visiva, quando era vice caporeparto nell’azienda di famiglia: «L’unico modo di vivere una fabbrica è lavorare gomito a gomito con gli operai – racconta -. E parlando con loro, vedendo come nasce una grande impresa ho capito che don Bosco aveva ca-pito tutto: la formazione professionale è la chiave del progresso. E il suo insegnamento oggi serve alla classe imprenditoriale illuminata per andare oltre, a riformulare quel fare degli “onesti cittadini e buoni cristiani” in relazione alle sfide del mo-mento per cui lo scopo è quello di un inserimento autentico nella società con fedeltà ai valori umani e cristiani integrando fede e vita».

lA tvDal 1989 la tv. Contraddicendo spesso un luogo comune del giornalismo secondo il quale il bene non fa notizia. E allora spazio agli eroi della quo-tidianità che offrono messaggi di fiducia dando forma a quel welfare di comunità che resiste anche alla crisi. «Mi piace la positività e vorrei diffonder-la in ogni luogo. Tempo fa proposi di portare gli ospiti dentro a un carcere, per raccontare i detenuti e alle guardie, che spesso sono detenute anche

loro, che cosa succede fuori. Vorrei una tv con più coraggio e nuove idee. Purtroppo però vedo solo tanta paura, eppure le buone notizie ci sono». In-somma, ci occupiamo troppo delle vite sbagliate: bisogna ascoltare di più la foresta che cresce, e non soltanto l’albero che cade.

lA mAmmAMamma Giuliana è una figura centrale nella vita di Massimo. È lei che lo ha avviato insieme ai suoi due fratelli al volontariato. «I primi ricordi risalgo-no a cinque anni o sei anni, quando vedevo mia madre e mia nonna partire verso Lourdes con i treni dell’Unitalsi. Avevo dieci anni quando iniziai anch’io questa esperienza. È iniziato tutto come un gioco: anche se non capivo, mi rendevo in qualche modo conto che potevo fare qualcosa per gli al-tri. Così quando abitavo a Torino il mercoledì sera era dedicato all’assistenza dei malati al Cottolengo. Sono esperienze che segnano la vita». Volontaria-to che si può praticare anche nel lavoro quotidia-no: «Mi piace ricordare l’aiuto dato ai salesiani nel 2008 con il Concerto per i ragazzi di strada di Raiu-no. Ci abbiamo creduto tutti e insieme raccoglien-do fondi per sostenere le attività della Fondazione Don Bosco nel Mondo. In particolare mi emoziona pensare al progetto di accoglienza Foyer-Lakay ad Haiti: trecento ragazzi stanno crescendo “onesti cittadini e buoni cristiani” con l’aiuto di padre At-tilio Stra che li ha coinvolti in un ciclo formativo di tre anni».

Andrea Caglierisgiornalista Rai

Segretario Ordine Giornalisti [email protected]

«mi piace ricordare l’aiuto dato ai salesiani nel 2008 con il Concerto per i ragazzi di strada di raiuno. Ci abbiamo creduto tutti e insieme raccogliendo fondi per sostenere le attività della fondazione Don Bosco nel mondo»

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un pRoblemA sottovAlutAtoUltimamente, in alcune scuole materne di Bologna, senza aver consultato i genitori, si è cominciato ad introdurre in campo educativo alcune istanze portate avanti dall’ideologia di genere. Anche il co-mune di Torino ha preparato delle schede che pro-pongono, a riguardo della sessualità umana, prin-cipi in perfetta sintonia con le istanze gender. Du-rante questi ultimi giorni due qualificati interventi, da parte del presidente della Conferenza Episco-pale Italiana cardinal Bagnasco e dell’arcivescovo di Torino monsignor Nosiglia, testimoniano che la problematica è sbarcata ufficialmente anche in Ita-lia. Purtroppo con un deprecabile ritardo. Il mondo giovanile, attraverso i social network, è da alcuni anni che, in perfetta solitudine ed in mezzo alla

più totale indifferenza degli adulti e degli educa-tori, si confronta con questa subdola e devastante ideologia impregnata di soggettivismo esistenziale e di nichilismo etico. Su alcuni quotidiani italiani sono comparsi alcuni articoli al riguardo; peccato che siano sensibili più alla cronaca che all’appro-fondimento del tema. Finalmente sembra giunto il momento in cui anche le autorità civili, educati-ve e religiose prendono coscienza del problema. L’importante è che, seguendo una ben consolida-ta abitudine italiana, tutto non finisca nella solita “caciara” ideologica.

I teRmInI Del DIbAttItoLa sfida lanciata a tutti coloro a cui sta a cuore l’e-ducazione non la si può lasciare cadere nel nulla.

sfIDe eDucAtIve

l’ideologia genderci interpella

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Essa, infatti, in questi ultimi decenni, ha portato un attacco mortale al modo di concepire l’uomo e la donna. Supportata da interessi e scopi tutt’altro che trasparenti e disinteressati, sta minando non solo l’identità sessuale, ma anche cerca di scalza-re il concetto stesso di famiglia umana. Si tratta di un’autentica provocazione culturale che coinvolge la scienza e l’etica. Propone una visione antropo-logica in grado di rivoluzionare tradizioni, sociali-tà e relazioni uomo-donna. Si sta tentando di far passare come normali e scontati affermazioni e comportamenti che tali non sono affatto. Dietro alla propaganda gender c’è una ben orchestrata ideologia rivolta non tanto a scalzare l’etica cat-tolica, considerata solo un’anticaglia del passato, quanto piuttosto ad imporre una visione di vita che marginalizza l’importanza della famiglia e rigetta la differenziazione sessuale stabilita dalla natura.

AlcunI InteRRogAtIvIMi voglio soffermare ad analizzare brevemente due affermazioni cardine della visione gender: il problema dell’omosessualità e quello dell’identità sessuale. Innanzitutto è fondamentale distingue-re tra persona omosessuale e omosessualità. La prima è un valore, la seconda è un problema. A riguardo delle persone omosessuali vale quanto detto da papa Francesco: «Chi sono io per giudi-care?». Mi onoro di annoverare tra i miei più cari amici alcuni di loro. La loro intelligenza, sensibilità e trasparenza mi hanno sempre insegnato il ri-spetto. L’omosessualità, anche per la scienza, pre-senta invece molti aspetti oscuri e dibattuti. Se, per esempio, prendiamo il famosissimo Comprehensive Textbook of Psychiatry, alla domanda se l’omoses-sualità comporti o no uno squilibrio sessuale non dà una risposta univoca. Nell’edizione del 1967 vede in essa uno squilibrio; nella seconda edizione del 1975 sfuma questo giudizio; nella terza edizio-ne in essa non vede alcun problema di nessuna specie; nella quarta edizione del 1985 e nella quinta del 1989 sostiene la tesi che essa non è altro che la conseguenza di uno sviluppo psico-sociale im-perfetto. Un’inchiesta fatta tra gli psichiatri ame-

ricani nel 1977 rivela che in quell’anno il 69% di loro pensa che tale orientamento sessuale sia il frutto di un adattamento patologico e non una variazione normale.È il problema dell’identità sessuale che maggior-mente mi interpella come educatore. Il sostenere che il sesso sia una libera scelta culturale comple-tamente staccata dalla fisiologia mi lascia molto perplesso e mi fa sorgere alcuni interrogativi. È possibile sentirmi veramente donna in un corpo perfettamente maschile? Mi sembra la pretesa di uno che ha un’altezza di due metri e che pretenda di essere considerato nano. Le ghiandole sessuali, il sistema endocrino, il cervello, la psicologia non giocano nessun ruolo nel definire l’appartenenza sessuale di un individuo? La natura, che nella cul-tura moderna viene, in altri campi, quasi idolatra-ta, non conta proprio nulla nella determinazione sessuale? In nome di che cosa le differenziazioni fisiologiche vengono azzerate? La scienza, prima ancora della fede, che cosa ci dice veramente sul tema? Prima di trasformare il confronto culturale in un ring, forse è quanto mai urgente un serio impegno di studio ed approfondimento persona-le da parte di tutti. Gli schiamazzi moralistici e le gazzarre ideologiche di certo non aiutano a trovare quelle risposte che i giovani si aspettano da parte di genitori, educatori, politici e religiosi.

Ermete [email protected]

Omossessualità contro corrente. Vivere secondo la Chiesa e essere felici. Philippe AriñoEffatà 2014pagine 80, euro 8,00

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