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ROMA, 30 marzo 1938 RITROVARE ETTORE MAJORANA Questo fu il comando che il Duce affidò al capo della polizia fascista Bocchini.

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ROMA, 30 marzo 1938

RITROVARE ETTORE MAJORANA

Questo fu il comando che il Duce affidò al capo della polizia fascista Bocchini.

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Mi trovo in un posto bellissimo,

tranquillissimo e segretissimo, che per

evidenti motivi di sicurezza personale,

richiesto, espressamente, dall’interessato,

non posso assolutamente rivelare. È un

incontro importante, lungamente cercato

e faticosamente preparato, con una

personalità di prim’ordine della comunità

scientifica internazionale, un docente

universitario, rigoroso e preparato, un

uomo “d’altri tempi”, timido e riservato:

Ettore Majorana.

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Professor Majorana, ci parli delle sue origini..

Sono nato a Catania nel 1906 e provengo da una famiglia di studiosi. Il mio illustre nonno paterno, Salvatore Majorana, è stato deputato nelle file della sinistra, due volte ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel primo e terzo governo Depretis e senatore nel 1879. Mio padre si è laureato a diciannove anni in Ingegneria e in Scienze fisiche e matematiche. I miei quattro zii, non sono stati da meno: Giuseppe, giurista, rettore e deputato; Angelo, statista; Quirino, fisico; Dante, giurista e rettore universitario. I miei fratelli, invece, sono: Rosina; Salvatore, dottore in legge e studioso di filosofia; Luciano, ingegnere civile, specializzato in costruzioni aeronautiche; Maria, diplomata a pieni voti in pianoforte al Conservatorio di Santa Cecilia».

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Cosa ci racconta della sua infanzia?

Sin da bambino avevo una gran passione per la matematica. A cinque anni calcolavo a mente quanto carbone avrebbe bruciato una nave per compiere un certo viaggio. A

sette mi laureai campione provinciale di scacchi. A nove anni, restando nascosto

sotto il tavolo del salotto, stupivo lo zio Quirino, docente di fisica, gridandogli il

risultato delle estrazioni di radici cubiche che calcolavo a memoria.

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E dei suoi studi?

Dopo aver terminato le elementari ed il successivo ginnasio, completato in soli quattro anni, presso il collegio dei Gesuiti in Roma e dopo aver frequentato il terzo liceo classico presso l’istituto statale “Torquato Tasso”, nella sessione estiva del 1923, ho conseguito la maturità classica. Terminati gli studi liceali mi iscrissi, alla facoltà d’Ingegneria, fra i miei compagni di studi c’erano, oltre a mio fratello Luciano, Emilio Segrè ed Enrico Volterra. E fu proprio l’amico Emilio Segrè che mi convinse a passare alla facoltà di Fisica ed a frequentare l’istituto di Fisica Teorica di via Panisperna, a Roma. Fu un periodo particolarmente proficuo e felice per me: studiavo e lavoravo…pane e fisica! Il 6 luglio 1929, finalmente, mi laureai con 110/110 e lode, discutendo una tesi sulla meccanica dei nuclei radioattivi; il mio relatore fu il prof. Enrico Fermi».

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Che ricordi ha dell’istituto di Fisica a Roma?

«Ah, che bei ricordi…i famosi ragazzi di via Panisperna! Il gruppo, nato per interessamento di Orso Mario Corbino, con a capo Enrico Fermi, era formato da me, Emilio Segrè, Franco Rasetti, Edoardo Amaldi, ed in seguito Bruno Pontecorvo e il chimico Oscar D’Agostino. In poco tempo siamo riusciti a trasformare l’istituto in un moderno centro di ricerca. Peccato che il governo d’allora, a parole, ci prometteva mare e monti, ma, nella realtà, ci elargiva pochi aiuti economici. Un vero peccato per il nostro lavoro e per la ricerca scientifica in Italia. Le nostre ricerche riguardavano, inizialmente, la spettroscopia atomica e molecolare, quindi si orientarono verso lo studio sperimentale del nucleo atomico: attraverso il bombardamento di varie sostanze mediante neutroni, ottenuti irradiando il berillio con particelle alfa emesse dal radon, che è un gas fortemente radioattivo.

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Siamo riusciti, addirittura, a rendere artificialmente radioattivi

numerosi elementi stabili. Il mio lavoro, invece, era

essenzialmente teorico, mirava alla comprensione della struttura

del nucleo atomico e delle forze che vi agivano. I miei sforzi

d’allora diedero vita alla fondamentale teoria del “decadimento

beta” ed alla cosiddetta, “Forza Majorana”.

Inoltre, in quel periodo mi interessavo anche di studi sulla

spettroscopia e molti altri argomenti che spaziavano dalla fisica

terrestre, all’ingegneria elettrica, alla termodinamica, allo studio di

alcune reazioni nucleari non molto diverse da quelle che sono alla

base della futura bomba atomica. Quanto lavoro…e quanti

sacrifici!».

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Professor Majorana, cosa ne pensa della recente

scoperta dei neutrini che potrebbero essere più

veloci della luce?

Si rimette in discussione la teoria della relatività di

Einstein che dava la luce come la velocità massima?

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«Molti anni fa elaborai una mia teoria sulle particelle elementari nella quale ipotizzavo che, in particolari condizioni, queste potessero assumere una massa ‘immaginaria’. Una insolita proprietà in grado però di liberare le particelle dai limiti imposti dall’equazione della Relatività e permettergli di viaggiare più veloci della luce. E, adesso, dopo aver appreso i risultati ottenuti dai ricercatori del CERN di Ginevra, con l’esperimento “Opera”, mi sembra, quasi, che siano in sintonia con la mia vecchia ipotesi. E’ chiaro che l’esperimento va verificato per avere validità scientifica, e, per la verità, le prime verifiche non sembrano confermare l’ipotesi dei neutrini più veloci della luce.

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La sincronizzazione dei “cronometri” atomici è infatti il vero ed enorme problema dell’esperimento e nel caso del CERN le anomalie riscontrate sono due e riguardano entrambe tale sincronizzazione. La prima anomalia riguarda un orologio atomico non esattamente calibrato, anche se in realtà l’errore andrebbe a favore dell'esperimento, perché se la taratura fosse stata esatta avrebbe misurato una velocità dei neutrini ancora maggiore. La seconda anomalia riguarda una connessione non perfetta fra il cavo a fibra ottica che collega il ricevitore Gps usato per verificare la scansione temporale del percorso dei neutrini e una scheda elettronica all’interno di un computer. Questa anomalia potrebbe aver alterato il flusso dei dati, rendendo meno esatte le statistiche su cui, in ultima analisi, si basano i risultati presi come definitivi. Tuttavia, non è chiara la portata dell’anomalia e neppure se essa fosse in atto mentre venivano effettuate le misure quindi l’esperimento e la sua riuscita sono tutti da dimostrare.

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D’altronde, i neutrini potrebbero diventare ‘tachionici’, cioè

viaggiare oltre la velocità della luce se costretti ad attraversare un

materiale molto denso. E questo è proprio il caso di quello che è

avvenuto nell’esperimento italo-svizzero, dove i neutrini, lanciati

da Ginevra, hanno percorso tutti gli oltre 730 Km nel sottosuolo.

Del resto, già nel 1932, con Fermi, avevamo ipotizzato la

presenza di queste minuscole e sconosciute particelle atomiche,

confermate, nel 1956, da esperimenti eseguiti al reattore a

fissione».

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Professore, secondo lei, quale relazione può

esistere tra la scienza e la religione?

«La scienza, come la religione, aiuta l’uomo a dare risposte alle eterne domande: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. La scienza, come la religione, ricerca unicamente la verità, si compiace della verità, cresce nella verità. La scienza, come la religione, rifugge dal domino e dall’arroganza della ricchezza e del potere. La scienza mira, esclusivamente, a decifrare i lineamenti oscuri della natura, a esplorare, con occhi attenti, gli incanti dell’universo, a parlare con il linguaggio della ragione; in una parola, punta al cuore della ricerca e della verità. Come la religione!

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E lo scienziato, come il sacerdote, cerca solo la verità,

crede nella “sacralità” della verità. Forse, caro amico,

scienza e religione, a mio modo di vedere, sono più vicini

di quanto ci hanno fatto credere secoli di oscurantismo e

di fondamentalismo religioso, di liturgie e di falsità! Sono

solo gli uomini a fare la differenza. Gli uomini “ammantati

di sacro” e di fanatismo. Gli uomini con la loro sete di

dominio e di onnipotenza!».

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Professor Majorana, mi consenta un’ultima domanda. Possiamo rivelare,

anche solo ai suoi amici, il luogo segreto nel quale lei si è rifugiato, ormai, da tanti anni e, soprattutto,

perché ha abbandonato il suo mondo?

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«Cara giornalista, lei è molto curiosa! Ma mi è simpatica! Le dico,

solamente, che non è tanto importante dove si va, quanto quello

che si lascia e per il quale si è tanto lottato e sofferto. Le dico,

parodiando le parole di Romeo, mentre lasciava la sua amata

Verona, nell’immortale opera di Shakespeare, “Romeo e Giulietta”:

“Non esiste mondo fuori delle “mura” della fisica; non c’è che

purgatorio, supplizio, l’inferno stesso. Essere esiliato da qui, vuol

dire essere esiliato dal mondo, e l’esilio dal mondo è la morte”.

Capisce, mio caro amico! La morte…solo la morte!».

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La cronaca della scomparsa di Majorana rappresenta il momento più indecifrabile di una

vita piena di enigmi, irta di contraddizioni. Niente di lui è stato più trovato. Tutte le ipotesi formulate all'epoca della scomparsa sono ancor oggi drammaticamente valide. Ucciso? Suicida? Esule volontario? Rapito? Smemorato? Attratto

dall'intima quiete di un convento? Le ultime ore di Ettore Majorana sono state

accuratamente ricostruite, nei limiti del possibile, dai fratelli, dai cugini, dalla Questura di Napoli,

dalla Capitaneria di Porto, dal Servizio Segreto.

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Il 25 marzo 1938, Majorana riscosse tutti gli stipendi che non aveva mai ritirato da quando aveva ottenuto la cattedra, e s'imbarcò sul postale diretto a Palermo.Scese all'albergo « Sole » e, su carta intestata dell'albergo, scrisse al professor Carrelli, suo affettuoso amico nonché direttore della Facoltà di Fisica a Napoli, una lettera drammatica:

...« Caro Antonio, ho deciso di togliermi la vita. L'ho deciso perché non sento un'autentica necessità di stare al mondo e credo che il mondo farà benissimo a meno di me. Sono molto stanco. Tu che mi conosci, puoi comprendere che la mia delusione non è quella di una ragazza ibseniana. Il problema è molto più arduo e profondo ».

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Imbucò la lettera al mattino. La sera ebbe un ripensamento e telegrafò allo stesso Carrelli:

« Annullo notizia che ti ho dato. Scriverò ancora ».Invece non scrisse più. In giornata si era recato all'Università per chiedere del suo amico Emilio

Segrè, che però era assente. La sera Ettore Majorana ripartì da Palermo col

postale diretto a Napoli. A bordo s'incontrò con il noto matematico palermitano professor Vittorio Strazzeri, col quale scambiò qualche frase: L'indomani mattina Ettore fu scorto da due camerieri di bordo in procinto

di sbarcare. Non aveva bagaglio, solo una piccola borsa da viaggio.

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Enrico Fermi interessò direttamente Mussolini, sollecitando con una lettera « le più febbrili ricerche dello scomparso ».

Caro Mussolini, (…) Non esito a dichiarare che, fra tutti gli studiosi italiani e stranieri, Majorana è quello che per profondità

d’ingegno mi ha maggiormente colpito. Egli ha al massimo grado quel raro

complesso di attitudini che formano il fisico teorico di gran classe.

Enrico Fermi

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Sul dossier relativo al « caso Majorana » Mussolini scrisse di suo pugno a matita rossa:

« Voglio che si trovi ». Ma Majorana non fu trovato. Sono gli ultimi elementi che l'indagine sulla

scomparsa, interrotta tre mesi più tardi, riuscirà a raccogliere.

Ma la famiglia Majorana non si arrende, promette un cospicuo premio di trentamila lire a chi darà notizie su Ettore, assume investigatori privati e fa pubblicare la sua foto sulla « Domenica del

Corriere » con una descrizione somatica.

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Forse la soluzione dell'enigma Majorana sta in questa frase pronunciata da Enrico Fermi:

« Se Ettore, con la sua intelligenza, avesse deciso di scomparire o di far scomparire il

suo cadavere, ci sarebbe certamente riuscito ».

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Opere principali:

Reazione pseudopolare fra atomi d'idrogeno, in rendiconti d. Lincei, gennaio 1931;

Sulla formazione dello jone molecolare di elio, in Nuovo Cimento, gennaio 1931;

Teoria relativistica di particelle con momento intrinseco arbitrario, ibid.,dicembre 1932;

Atomi orientati in campo magnetico variabile,ibid., febbraio 1932;Sulla teoria dei nuclei,Roma 1933;

Teoria simmetrica dell'elettrone e del positrone,in Nuovo Cimento , aprile 1937.