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Roma, 9 gennaio 2017 Egr. Presidente, egregi Onorevoli, la Proposta di Legge sulla quale siamo chiamati ad esporre le nostre osservazioni, prevede la profonda revisione della legge quadro 394/91. Una revisione che, così come proposta nella lettura uscita dal Senato, rappresenta un vero e proprio stravolgimento delle fondamenta culturali e sociali sulle quali nel 1991 è stata licenziata una norma fondamentale, posta come un caposaldo a tutela di una parte del martoriato e sovrasfruttato territorio del nostro Paese. Una legge la cui applicazione è stata e continua ad essere, fortemente osteggiata in particolare da una categoria ben precisa di cittadini: i cacciatori. Sono questi, infatti, gli unici soggetti a subire una pur limitata contrazione dell’attività loro concessa dallo Stato. Tutte le categorie di cittadini che traggono profitto economico dalle attività svolte all’interno dei Parchi non hanno mai contrastato, con la stessa enfasi dei cacciatori, l’applicazione di norme maggiormente restrittive allo sfruttamento delle risorse dei territori ricadenti all’interno delle aree protette del nostro Paese. Ne è evidente testimonianza quanto sta accadendo in questi giorni al Parco Regionale dei Colli Euganei in Provincia di Padova. Ebbene, con il pretesto dei danni all’agricoltura apportati dai cinghiali, la Giunta Regionale, in evidente difficoltà nei confronti di Sergio Berlato, noto Consigliere Regionale rappresentante dei cacciatori, non è stata in grado di bloccare un emendamento alla legge regionale di stabilità che prevede la contrazione del territorio del Parco dei Colli Euganei sottoposto a tutela. Una posizione che ha scatenato lo sdegno non solo degli animalisti, ma anche e soprattutto delle categorie produttive che nel territorio del Parco hanno costruito e sviluppato le loro attività imprenditoriali, nonché dai Sindaci della maggior parte dei Comuni ricompresi nel territorio del Parco. L’analisi delle modifiche alla Legge 394/91 introdotte con la PdL 4144, evidenzia come anche a livello nazionale si voglia procedere nella medesima direzione: riconoscere ai cacciatori, consolidandolo, il ruolo di esecutori materiali di piani gestionali che, ancora una volta, mettono il piombo dei fucili calibro 12 al centro di ogni attività promossa a tal fine.

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Roma, 9 gennaio 2017

Egr. Presidente, egregi Onorevoli,

la Proposta di Legge sulla quale siamo chiamati ad esporre le nostre

osservazioni, prevede la profonda revisione della legge quadro 394/91. Una

revisione che, così come proposta nella lettura uscita dal Senato, rappresenta

un vero e proprio stravolgimento delle fondamenta culturali e sociali sulle

quali nel 1991 è stata licenziata una norma fondamentale, posta come un

caposaldo a tutela di una parte del martoriato e sovrasfruttato territorio del

nostro Paese.

Una legge la cui applicazione è stata e continua ad essere, fortemente

osteggiata in particolare da una categoria ben precisa di cittadini: i cacciatori.

Sono questi, infatti, gli unici soggetti a subire una pur limitata contrazione

dell’attività loro concessa dallo Stato. Tutte le categorie di cittadini che

traggono profitto economico dalle attività svolte all’interno dei Parchi non

hanno mai contrastato, con la stessa enfasi dei cacciatori, l’applicazione di

norme maggiormente restrittive allo sfruttamento delle risorse dei territori

ricadenti all’interno delle aree protette del nostro Paese.

Ne è evidente testimonianza quanto sta accadendo in questi giorni al Parco

Regionale dei Colli Euganei in Provincia di Padova. Ebbene, con il pretesto dei

danni all’agricoltura apportati dai cinghiali, la Giunta Regionale, in evidente

difficoltà nei confronti di Sergio Berlato, noto Consigliere Regionale

rappresentante dei cacciatori, non è stata in grado di bloccare un

emendamento alla legge regionale di stabilità che prevede la contrazione del

territorio del Parco dei Colli Euganei sottoposto a tutela. Una posizione che ha

scatenato lo sdegno non solo degli animalisti, ma anche e soprattutto delle

categorie produttive che nel territorio del Parco hanno costruito e sviluppato le

loro attività imprenditoriali, nonché dai Sindaci della maggior parte dei

Comuni ricompresi nel territorio del Parco.

L’analisi delle modifiche alla Legge 394/91 introdotte con la PdL 4144,

evidenzia come anche a livello nazionale si voglia procedere nella medesima

direzione: riconoscere ai cacciatori, consolidandolo, il ruolo di esecutori

materiali di piani gestionali che, ancora una volta, mettono il piombo dei fucili

calibro 12 al centro di ogni attività promossa a tal fine.

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Nonostante sia da anni chiaramente dimostrata l’inefficacia del metodo

venatorio applicato alla prevenzione dei danni all’agricoltura, si insiste nella

stessa direzione aprendo nuovi territori ai cacciatori, alla loro invasività ed al

disturbo indotto dalle loro doppiette nei confronti delle specie no-target.

Quindi allo stravolgimento della funzionalità stessa delle aree sottoposte a

tutela, perché dove entrano i fucili gli equilibri faunistici vengono

irrimediabilmente compromessi. Anche se i cacciatori saranno protetti dalla

foglia di fico costituita dall’autorizzazione loro rilasciata dall’Ente gestore del

Parco.

E’ estremamente preoccupante dover prendere atto che all’art. 5 della PdL in

esame sia previsto il coinvolgimento degli Ambiti Territoriali di Caccia, al

punto da rendere obbligatoria la loro consultazione in tema di

regolamentazione dell’attività venatoria all’interno delle aree contigue al

Parco. Evidentemente non è superfluo ricordare che gli ATC non hanno alcuna

competenza nella programmazione dell’attività venatoria, incombenza che

ricade in capo esclusivamente alla Regione che ne dispone tramite la

pubblicazione del calendario venatorio ai sensi della L.157/92. ATC che,

ancora una volta appare non superfluo precisarlo, nel loro organo direttivo

sono costituiti per il 30% da cacciatori, per un altro 30% da cacciatori travestiti

da agricoltori e per un 20% da cacciatori travestiti da ambientalisti, come nel

caso di Ekoclub, associazione di tutela ambientale promanazione di

Federcaccia. E come se tutto ciò non bastasse, grazie alle modifiche proposte

con la PdL in esame, viene completamente rivista la possibilità di accesso dei

cacciatori alle aree contigue. Non saranno più solamente i cacciatori residenti

nelle aree contigue a poter sparare al loro interno, in quanto la concessione

sarà ampliata ai cacciatori aventi il diritto di accesso all’ATC nel quale le aree

contigue sono costituite. Sembra poca cosa, ma se prendiamo atto del fatto che

buona parte delle Regioni ha istituito il cosiddetto “nomadismo venatorio”,

capiamo come la nuova previsione consentirà a tutti i cacciatori residenti in

una determinata Regione, di entrare a sparare nelle aree contigue. Si

determinerà così una pressione venatoria fuori controllo, proprio al confine

con le aree protette che saranno così ridotte al miserrimo ruolo di vere e

proprie ZRC, Zone di Ripopolamento e Cattura nelle quali gli animali si

riproducono perché vietate alla caccia, ma dalle quali gli animali si irradiano

nelle zone circostanti ad esclusivo beneficio dei soliti cacciatori.

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E’ ora di cambiare passo! Dopo decenni di politiche fallimentari, i cacciatori

non possono continuare ad essere individuati quali risolutori del problema che

essi stessi hanno causato. Da sempre i cacciatori sono considerati l’unico

riferimento per contenere i danni prodotti dagli animali selvatici all’agricoltura

ed i risultati sono sotto gli occhi di ognuno di noi. Nonostante la crescita

esponenziale delle uccisioni, nonostante gli ungulati possano essere uccisi

lungo tutto l’arco dell’anno, i danni sono in costante crescita, causati nella

stragrande maggioranza da animali di interesse venatorio, compresi fagiani e

lepri, protagonisti loro malgrado di ripetute campagne di immissione sul

territorio.

Vi è un macroscopico conflitto d’interessi che rende surreale poter pensare che

i cacciatori risolvano il problema da loro stessi creato. E le fondamenta di tale

conflitto sono ben note a tutti gli uffici caccia e pesca regionali. A titolo di

esempio riporto l’esperienza della Regione Emilia Romagna, impegnata in

prima fila assieme alla Toscana, allo scopo di valorizzare la cosiddetta “risorsa

selvaggina” con l’obiettivo di costituire una filiera virtuosa che dovrebbe

contribuire a limitare i danni indotti all’agricoltura. Ebbene, nonostante

l’impegno profuso da anni da amministratori ed uffici tecnici, malgrado le

innumerevoli disposizioni normative ed amministrative in tema di caccia e di

gestione sanitaria degli animali uccisi, nonostante le decine di centri di sosta

costruiti con il denaro dei contribuenti, la filiera non riesce ad avviarsi. Il

motivo è molto semplice: ogni cinghiale avviato alla filiera istituzionale rende

al cacciatore al massimo 3€ per ogni chilo di peso “pulito”, ovvero privato di

ossa, pelle, ecc. Invece, i cinghiali venduti illegalmente direttamente ad

agriturismo e ristoranti, fruttano allo stesso cacciatore fino ad 8€ al chilo per

ogni animale esclusivamente eviscerato. Fatti due conti, significa che per ogni

singolo cinghiale ucciso, avviato al mercato illegale, un cacciatore può

guadagnare fino a 600€ contro i circa 100€ che guadagnerebbe dalla filiera

legale! Orbene, per quale motivo quel cacciatore dovrebbe quindi risolvere un

“problema” per lui tanto remunerativo? Ovviamente non lo farà mai ed anzi si

premurerà perché i danni imputati ai soliti cinghiali, si mantengano al di sopra

di una certa soglia, così da garantire il suo salvifico intervento.

Dobbiamo comunque prendere atto che lo stesso ISPRA ci informa che i

cacciatori sono destinati ad una veloce estinzione. Non fosse altro che per

questa evidenza è necessario impegnarsi rapidamente, seriamente ed

approfonditamente sul capitolo del controllo della fertilità, l’unica metodologia

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che può portare ad una soluzione concreta e soprattutto incruenta del

problema attribuito alla presenza degli animali selvatici. E non è solamente

assegnando dei fondi economici all’ISPRA che si può pensare di giungere a tale

obiettivo. E’ necessario un cambio di mentalità che per primo investa il

Ministero dell’Ambiente, dove vi lavorano Direttori Generali terrorizzati dalla

sola idea che il controllo della fertilità possa dimostrare la sua efficacia, e per

questo impegnati a boicottare ogni iniziativa in tal senso.

Solo sottraendo al piombo dei fucili calibro 12 la gestione degli animali

selvatici, solo avviando progetti innovativi di controllo della fertilità, come già

sta accadendo negli USA ed in Spagna, potremo sperare di risolvere il

problema dei danni correlati alla presenza di fauna selvatica dentro e fuori dai

parchi. Ogni altra ipotesi continuerà a rappresentare la non-soluzione così

come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi, ad esclusivo beneficio dell’illegalità,

per il dispendio di risorse pubbliche e per un massacro senza fine di animali,

ancora una volta vittime innocenti di scelte dissennate operate da noi umani.

Per i motivi sopra esposti, sottoponiamo alla vostra attenzione i seguenti

emendamenti.

EMENDAMENTI ALLA PROPOSTA DI LEGGE C.4144

Art.5, comma 1, lettera a), punto 4) dopo le parole “g) e h)” inserire “, per

quanto riguarda la lettera a), le deroghe possono ricomprendere

esclusivamente azioni gestionali così come disposto dall’articolo 11.1”.

Motivo: nei parchi, essendo per definizione delle aree protette, non è

accettabile derogare al divieto di uccidere o disturbare le specie animali ivi

presenti.

Art.5, comma 1, lettera b), punto 7), 2-bis, il secondo periodo è sostituito con il

seguente: “Nelle aree contigue, il regolamento del parco prevede il divieto di

caccia e di pesca. Sono inoltre previste misure di disciplina delle attività

estrattive e per la tutela dell'ambiente, ove necessarie per assicurare la

conservazione dei valori dell'area protetta.”

Motivo: trovandoci in aree contigue al parco è fondamentale la presenza di

misure di mitigazione delle attività più impattanti sulle aree del parco, in

particolare nei confronti della fauna selvatica che nel parco trova

un’importante area di sostentamento, rifugio e riproduzione, ma che non può

ridurre il territorio del parco stesso al ruolo equivalente a quello di una Zona di

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Ripopolamento e Cattura dalla quale si irradia la fauna selvatica ad esclusiva

disposizione dei cacciatori.

Art.5, comma 1, lettera b), punto 7), 2-bis le parole da “In ragione…” a

“…legislazione venatoria.” sono soppresse.

Motivo: soppressione funzionale alle modifiche apportate con il precedente

emendamento.

Art.5, comma 1, lettera f), primo periodo le parole “ove necessarie per” sono

sostituite da “ai fini di”; stesso periodo la parola “eventuali” è soppressa; stesso

periodo le parole da “dell’attività venatoria…” a “…della pesca” sono soppresse.

Motivo: trovandoci in aree contigue al parco è fondamentale la presenza di

misure di mitigazione delle attività più impattanti sulle aree del parco, in

particolare nei confronti della fauna selvatica che nel parco può trovare

un’importante area di sostentamento, rifugio e riproduzione, ma che non può

ridurre il territorio del parco al ruolo di una Zona di Ripopolamento e Cattura

dalla quale si irradia la fauna selvatica ad esclusiva disposizione dei cacciatori.

Art.5, comma 1, lettera f), secondo periodo le parole da “può essere

esercitata…” a “…specie di animali.” sono sostituite da “è vietata.”

Motivo: Vedere quanto già esposto al punto precedente sopra.

Art.8, comma 1 il periodo che comincia con “1-decies” è soppresso.

Motivo: all’interno dei parchi sono previsti esclusivamente interventi

gestionali ecologici e non letali.

Art.9, comma 1, punto 1) le parole “con l’esclusione dei ratti” sono soppresse;

alla fine del primo periodo sono aggiunte le parole “e sono attuati

esclusivamente mediante il ricorso a metodi non cruenti e non letali.”.

Motivo: all’interno dei parchi e delle aree contigue sono previsti

esclusivamente interventi gestionali ecologici e non letali..

Art.9, comma 1, punto 2) dopo le parole “sono finalizzati all’eradicazione o al

contenimento” sono inserite le parole “non letali”.

Motivo: è un metodo prioritario d’intervento previsto dallo stesso regolamento

UE richiamato.

Art.9, comma 1, punto 3) le parole “sia di cattura che di abbattimento” sono

soppresse.

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Motivo: all’interno dei parchi e delle aree contigue sono previsti

esclusivamente interventi gestionali ecologici e non letali.

Art.9, comma 1, punto 6) il punto è soppresso.

Motivo: in armonia con le modifiche proposte più sopra.

Art.9, comma 1, punto 7) le parole da “ricavato…” a “…gestione” sono

soppresse; dopo le parole “non cruenti” sono inserite le parole “e non letali”.

Motivo: in armonia con le modifiche proposte più sopra.

Distinti saluti

Massimo Vitturi

Area Animali Selvatici