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Indice L’augurio del Vescovo Oltre i nostri confini La Diocesi di Vicenza in America Latina In Brasile oggi Parrocchia São J. Batista de Colina Azul Parrocchia di S. Chiara e S. Francesco Diocesi di Luziânia Cristalina Diocesi di Roraima Boa Vista - S. Rosa de Lima Ecuador La Diocesi di Vicenza in Africa La Diocesi di Vicenza in Cameroun Diocesi di Maroua-Mokolo Parrocchia di Tchéré-Tchakidjebè Parrocchia di Loulou Vicenza e il Progetto Thailandia Diocesi di Chiang Mai Missione di Chae-Hom Missione di Lamphun Il volto della Diocesi in missione Inserto realizzato da Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici Contributi di: don Flavio Marchesini, don Luigi Fontana, don Lino Dalla Pozza, don Carlo Tessari, don Bernardo Ave, don Damiano Meda, don Giampaolo Marta, don Maurizio Bolzon, don Leopoldo Rossi, don Piero Melotto In collaborazione con l’Ufficio missionario diocesano

Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

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Page 1: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

Indice

L’augurio del Vescovo

Oltre i nostri confini

La Diocesi di Vicenza in America Latina

In Brasile oggi

Parrocchia São J. Batista de Colina Azul

Parrocchia di S. Chiara e S. Francesco

Diocesi di Luziânia

Cristalina

Diocesi di Roraima

Boa Vista - S. Rosa de Lima

Ecuador

La Diocesi di Vicenza in Africa

La Diocesi di Vicenza in Cameroun

Diocesi di Maroua-Mokolo

Parrocchia di Tchéré-Tchakidjebè

Parrocchia di Loulou

Vicenza e il Progetto Thailandia

Diocesi di Chiang Mai

Missione di Chae-Hom

Missione di Lamphun

Il volto della Diocesi in missione

Inserto realizzato da Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici

Contributi di: don Flavio Marchesini, don Luigi Fontana, don Lino Dalla Pozza,don Carlo Tessari, don Bernardo Ave, don Damiano Meda, don Giampaolo Marta,

don Maurizio Bolzon, don Leopoldo Rossi, don Piero Melotto

In collaborazione con l’Ufficio missionario diocesano

Page 2: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

IIl mese di ottobre è tradizional-mente dedicato alla realtà missiona-ria con proposte interessanti diconoscenza, di riflessione e di pre-ghiera. Pur consapevoli che la mis-sione è parte integrante della vitacristiana ed ogni credente è chia-mato a realizzarla dove vive ed ope-ra, non possiamo dimenticare che lascelta missionaria, intesa comedisponibilità ad un servizio a Chie-se sorelle, presenti principalmentefuori Italia, ha sempre determinatoun certo fascino e suscitato positiviinterrogativi vocazionali nel popolodi Dio. La fede cristiana vissuta nelle

nostre comunità parrocchiali hainfluito certamente nella decisione,che ha spinto circa mille missionarivicentini (preti, religiosi, religiose elaici) ad andare ad annunciare ilSignore Gesù in molti Paesi delmondo. Dunque, la Chiesa vicentinaè presente, allarga i suoi confini aldi là del territorio storico che la con-nota, con una dilatazione della suatestimonianza di fede che raggiungefratelli e sorelle viventi in altri con-tinenti.Il presente fascicolo vuole ricorda-

re, in particolare, le missioni dovesono presenti presbiteri diocesani“fidei donum”, per sottolineare cheanch’esse, in un certo senso, sonoparte integrante della nostra Diocesie di esse dobbiamo interessarci e

per esse dobbiamo pregare.Spero che questo semplice stru-

mento aiuti i cristiani vicentini avivere con maggior consapevolezzala cattolicità della Chiesa, allargan-do senza paura i confini del lorocuore, aiutati dalla testimonianzadei preti diocesani “fidei donum” edi tutti gli altri missionari, di cui lanostra Comunità diocesana non puònon essere orgogliosa.

†† BBeenniiaammiinnoo PPiizzzziioollvveessccoovvoo ddii VViicceennzzaa

L’augurio del Vescovo

Ai cristiani vicentini dico:allargate il vostro cuore!

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Oltre i nostri confini

LL’’enciclica di Pio XII “Fideidonum” (1957) ricordava alle Chieseparticolari la necessità del loro impe-gno missionario anche fuori dei propriconfini e chiedeva alle Chiese più ric-che di clero di andare incontro congenerosità alle Chiese più povere,soprattutto in Africa e in America Lati-na. Sulla scia di quella riflessione e diquell’appello, approfonditi e rilanciatiqualche anno dopo dal Concilio Vati-cano II, la Chiesa di Vicenza - attra-verso la generosa disponibilità dei suoipreti - si è disposta ben presto a con-cretizzare tale servizio.La prima Chiesa sorella con cui iniziòlo scambio fu la Diocesi di Afogadosda Ingazeira, nel Nordest brasiliano: ilsuo Vescovo, presente al Concilio, chie-deva aiuto al Seminario per l’AmericaLatina voluto dai Vescovi italiani eaperto a Verona. Nacque una collaborazione durata piùdi 40 anni, e tuttora viva attraverso lapersona dell’attuale Vescovo di quellaDiocesi, il nostro dom Egidio Bisol. Manon fu che l’inizio di un vasto movi-mento di collaborazione che si aprìrapidamente ad altre Diocesi (Ipamerì,Luziânia, Goiânia e più recentementeRoraima) e ad altri Paesi (Colombia edEcuador) e nel quale si inserirono mol-ti preti diocesani (28 in tutto) e moltilaici che in questo spazio non è possi-bile ricordare ad uno ad uno. Non è mancata l’attenzione all’Africa,dove fin dal 1976 la Diocesi di Vicenzaha inviato preti e laici, prima nel suddel Cameroun, e poi tra le montagnedel Nord, a sostegno della giovanissimadiocesi di Maroua-Mokolo, terra di pri-ma evangelizzazione.Infine, quando le nostre Chiese del Nor-dest - dopo il primo grande Convegnodi Aquileia (1990) - decisero di aprireil proprio orizzonte e l’impegno mis-sionario all’Asia, ecco la nostra Dioce-

si mettere generosamente due sacer-doti fidei donum a disposizione del“Progetto Thailandia”, Diocesi diChiang Mai.Nel corso di tutti questi anni sono sta-te molte le parrocchie e le strutture for-mative diocesane di Chiese sorelle chehanno potuto godere del servizio com-petente e appassionato delle personeinviate dalla Chiesa vicentina. Questofascicolo racconta e descrive breve-mente le parrocchie e le situazionepastorali affidate oggi alla cura deinostri fidei donum vicentini. Pochi, rispetto ad un passato non trop-po lontano. Ma ancora, comunque, unsegno importante della volontà di aper-tura missionaria della nostra Chiesa,che custodisce nel cuore le parole dipapa Benedetto per la Giornata Mis-sionaria Mondiale del 2008: “Scarsitàdi clero e mancanza di vocazioni afflig-gono oggi varie Diocesi ed Istituti divita consacrata. Ma è importante riba-dire che, pur in presenza di crescentidifficoltà, il mandato di Cristo di evan-gelizzare tutte le genti resta una prio-rità, e che nessuna ragione può giusti-ficarne un rallentamento o una stasi”.

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La Diocesi di Vicenza in aiuto là dovevivono gli ultimi della terra (foto R.G.)

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Tutto è cominciatonel nordest del Brasile

La Diocesi di Vicenza in America Latina

La collaborazione della Dioce-si di Vicenza in America Lati-na attraverso i fidei donum

inizia nel 1966 con don Mario Costa-lunga, che arriva nella diocesi diAfogados da Ingazeira, nel nordestdel Brasile, su indicazione del semi-nario per l’America Latina, doveaveva compiuto la sua preparazione.

La Diocesi di Afogados da Inga-zeira si trova al centro della stato diPernambuco, nel nord-est del Bra-sile; si estende su undicimila kmq eha 355.000 abitanti; è segnata datempi prolungati di siccità, una del-le cause della sua notoria povertà.

A quell’epoca, tale Diocesi avevasoltanto 9 preti, guidati dal vescovo,dom Francisco Austregesilo. Finoal 2008 si sono avvicendati 8 fideidonum di Vicenza che, oltre allacura pastorale, si sono dedicati allaformazione dei laici impegnati neivari ambiti pastorali (le Comunitàecclesiali di base, la catechesi, laliturgia, la pastorale giovanile, la

scuola di formazione politica, conl’obiettivo di coniugare vita-fede, laParola che illumina la vita e la vitache illumina la Parola).

Nel 1968, anche su richiesta eproposta del card. Sebastiano Bag-gio, allora nunzio apostolico in Bra-sile, inizia la cooperazione con laDiocesi di Ipamerì, nello stato delGoiás, dove pure si succedono innumero significativo i fidei donumdi Vicenza. Quando dalla Diocesi diIpamerì, nasce la Diocesi di Luziâ-nia, due preti vicentini si mettono aservizio di quella Diocesi.

Gradualmente, alcuni si spostanonella vicina Arcidiocesi di Goiânia,capitale del Goiás, per assumerealcune zone pastorali in Aparecidadi Goiânia.

La presenza nella Diocesi di Ipa-merì si conclude definitivamentenel dicembre 2005, dopo quasi qua-rant’anni di collaborazione; conti-nua invece nella vasta periferia diAparecida de Goiânia, dove attual-

mente operano don Flavio Mar-chesini, don Luigi Fontana, donLino dalla Pozza e don Carlo Tes-sari.

Se è vero che in tutti questi anni,la parte più importante dell’impe-gno vicentino è stato orientato sulBrasile, non è mancata l’attenzionead altri due Paesi: la Colombia,dove dal 1969 al 2008 si sono avvi-cendati 9 fidei donum, e l’Ecuador,dove, dal 1985 al 2008, sono stati 8i fidei donum presenti.

Poiché dopo il ritiro da Ipamerì,anche i progetti di collaborazionecon Afogados, con l’Ecuador e laColombia si avviavano a conclusio-ne, al vescovo mons. Cesare Nosi-glia è apparso opportuno, nono-stante la minore disponibilità dipreti diocesani, accogliere l’appellodella Conferenza dei Vescovi brasi-liani per l’Amazzonia. È nato, così,il progetto di collaborazione con laDiocesi di Roraima, nell’estremonord dell’Amazzonia brasiliana,avviato nel 2008 da don EgidioBisol, insieme con un fidei donumdella Diocesi di Afogados da Inga-zeira, e con una comunità di suoreOrsoline di Vicenza. Don EgidioBisol, nominato vescovo di Afoga-dos alla fine del 2009, è stato sosti-tuito in Roraima da don Attilio San-tuliana.

Numero dei preti che si sonoavvicendati in America Latina,alcuni anche in periodi successi-vi di servizio: 28 in Brasile - 9 inColombia - 8 in Ecuador.

Assieme ai preti, hanno opera-to, in tempi diversi, molti laici,collaborando a vari progetti dievangelizzazione, di formazionee di promozione umana.

Page 5: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

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Aparecida di Goiânia, più cheuna città vera e propria, è unagglomerato di circa 250

bairros (quartieri, ndr), che si esten-dono su una superficie di 288 km²,con mezzo milione di abitanti.

Si trova al limite della grande cittàGoiânia che, con un milione e mezzodi abitanti è, dopo Brasilia, la piùpopolata del centro-ovest. Il tasso didisoccupazione è piuttosto basso, il 9per cento, e il tenore di vita discreto.L’economia si basa soprattutto sul-l’allevamento bovino, sulle industrietessili e calzaturiere e sulle industriefarmaceutiche.

Ad Aparecida, inizialmente, un pic-colo gruppo di ricchi proprietari ter-rieri aveva donato una parte dei pro-pri possedimenti alla Chiesa cattolicae alcuni padri venivano da lontano,cavalcando asini o muli, per assicu-rare una presenza religiosa, anche sesporadica. In seguito, col passare deltempo, lo Stato del Goiás ha incenti-vato l’insediamento di gruppi di emi-granti che venivano soprattutto dalnord-est del Brasile, attirati da unabuona terra, dai numerosi corsi d’ac-qua e dal clima.

La Chiesa cattolica ha continuatoad assistere la popolazione, soprat-tutto grazie all’arrivo di missionari

dall’Italia e dall’Irlanda. Parecchiecongregazioni femminili, anche stra-niere, operano oggi sul territorio.Sono inoltre molto attive e numerosele Chiese evangeliche che, grazie adaiuti economici anche esterni, si inse-diano facilmente e velocemente neibarrios di recente costruzione.

Aparecida è ancora molto carenteper quanto attiene alle infrastrutture:meno del 30% della “città” è asfalta-ta, e gode di servizi quali luce, acqua,rete fognaria. Nonostante la buonavolontà dei governanti, l’area sanita-ria è molto carente, le scuole nonsono sufficienti e gli studenti si alter-nano in tre turni giornalieri: mancanomaterne e asili nido. La disoccupa-zione è ancora piuttosto alta, dovutaanche alla scarsa preparazione cul-turale della popolazione. Vi è poi ilproblema della sicurezza: la polizia,pur facendo il proprio dovere, nonriesce a coprire il territorio. Il citta-dino si sente insicuro e continua-mente minacciato, soprattutto la sera.

A questo si aggiunge che il Goiás èuno dei corridoi preferenziali del traf-fico di droga proveniente dalla Boliviae che la violenza domestica è un pro-blema ben presente. Tuttavia, vi sonosegni di progresso, tra cui cinque“poli industriali”, che generano lavo-ro soprattutto per i giovani.

Aparecida: un insiemedi grattacieli e barrios

In Brasile, oggi

La Diocesi di Vicenza collaboraattualmente con la Diocesi diGoiânia, dove è presente con

4 preti in due parrocchie. Nella par-rocchia di São Joãn Batista de Coli-na Azul operano don Flavio Mar-chesini e don Luigi Fontana, coa-diuvati da don Lino Dalla Pozza, cheè anche direttore spirituale delSeminario diocesano. Nella parroc-chia di Santa Chiara e San France-sco opera don Carlo Tessari.

********************************

L’Arcidiocesi di Goiânia è stata crea-ta da papa Pio XII nel 1956. All’epo-ca, il Goiás costituiva un solo Stato,con l’attuale distretto federale e conil Tocantins (che, invece, dal 1988,fa Stato a sé).

Poiché il territorio è molto esteso,la Curia Romana lo ha riorganizzatoin tre Diocesi, che poi si sono mol-tiplicate. La piú importante è oggiquella di Goiânia, a cui ha dato gran-de impulso l’arcivescovo dom Fer-nando Gomes, a cui è succeduto,nel 2002, dom Washington Cruz, giáVescovo di São Luis de MontesBelos, passionista. Oggi è coadiuva-to da dom Waldemar Passini Dal-bello, suo ausiliare.

La Diocesi ha un’estensione di13.320 km², piú di due milioni difedeli, 110 parrocchie suddivise in 7vicariati.

Dom Washington Cruz

Aparecida di Goiânia: come tutte le grandi città brasiliane, ha unazona centrale moderna e, attorno, i barrios

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La parrocchia “São João Batistade Colina Azul” è costituitada 18 comunità, situate nella

bellissima regione ai piedi della “Ser-ra Galeão”, nel municipio di Apare-cida de Goiânia. Per quasi vent’anni,questo insieme di comunità, ciascu-na completa di consiglio parroc-chiale, consiglio economico e ufficipastorali, con celebrazioni settima-nali sovente presiedute dai ministrilaici, ha avuto il significativo nome di“Rete di comunità São José Opera-rio”.

Fino al 1993, tutta l’area pastora-le della Rete era competenza dellaparrocchia “Nossa Senhora Apare-cida”, che è la chiesa-madre di tuttala regione. Dal 1993 la regione, per lecelebrazioni e la vita comunitaria,potè contare sulla presenza stabile diun padre; la crescita continua portòil vescovo dom Washington a eleva-re, il 18 novembre 2007, la Rete aparrocchia, come dispone il Codicedi Diritto Canonico.

Il cammino della comunità della par-rocchia “São João Batista de Colina

Azul” cominciò, con date diverse, apartire dagli anni ‘90. Oggi alcunedi esse stanno per celebrare i 25anni di esistenza, altre sono piú

recenti. Alcune nacquero a partiredall’occupazione di alcuni terreni,altre mossero i primi passi con l’aiu-to dell’autorità pubblica. In genere, lecomunità sono formate da persone“immigrate”, provenienti da altreregioni di Goiânia e da altri Stati delBrasile.

Attualmente, nella parrocchia“São João Batista de Colina Azul”sono presenti tre padri vicentini:don Flavio Marchesini, don LuigiFontana e don Lino Dalla Pozza,direttore spirituale nel locale semi-nario interregionale. C’è anche il bra-siliano padre Carlos Antonio, chesta completando gli studi nell’Uni-versità cattolica di Goiânia.

A coadiuvare i padri sono trecomunità religiose: una di suoreOrsoline di San Carlo Borromeo diMilano, una delle suore del CuoreImmacolato di Maria e una terza disuore Salesiane.

Parrocchia São J. Batista de Colina Azul

Marcia della pace 2011. Sotto, alcune ragazze

La fede nel cuorelo sguardo alla realtà sociale

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Ciascuna comunità è organizzata conun consiglio pastorale, un consiglioeconomico, il gruppo delle catechi-ste, e varie pastorali: della famiglia,dei giovani, della liturgia, del “dizi-mo” (il contributo volontario mensi-le per la vita e le attività della comu-nità e della parrocchia). Esistono,poi, altre iniziative come i corsi dialfabetizzazione per adulti, il Cen-tro della salute (che prepara medi-cinali con le erbe), il Centro parroc-chiale, le cui sale permettono varieattività di formazione (per i giovani,per gli sposi, per i gruppi di canti, peri ministri), la Scuola materna dellesuore Orsoline e il Centro giovaniledelle suore Salesiane. Per tutta laChiesa brasiliana la formazione deigiovani e degli adulti è la priorità:bisogna che ciascuno sia capace di

testimoniare eannunciare il Van-gelo nelle situa-zioni in cui è chia-mato a vivere.

Proprio perl’assistenza, edu-cazione e forma-zione dei giovani,il contributo dellesorelle è preziosoe insostituibile,così come lo èquello dei coordi-natori e dei mini-stri laici.

Ogni comunità, aturno, si rende disponibile a pre-parare la celebrazione eucaristicadella domenica (anche senza ilsacerdote) e delle altre feste litur-giche, valorizzando i vari ministerilaicali. C’è anche un centro par-rocchiale, con alcune comode saleche permettono varie iniziative diformazione: per i giovani, per glisposi, per i gruppi di canti, per iministri...

«È una grande gioia per noipoter annunciare la prima ordina-zione presbiterale di Raffaele, ungiovane della parrocchia», dice donFlavio Marchesini.

I padri che operano in questaparrocchia, così come quelli che li

hanno preceduti (don GiovanniBee, don Gianni Bovolini, don TinoTurco, don Luca Trentin, don Atti-lio Santuliana), cercano di rispet-tare, appoggiare, incentivare, orien-tare e collaborare con i responsabilidelle comunità, apprezzandone lagenerosità e il senso di responsa-bilità.

L’obiettivo è il rafforzamento, daun lato, dello spirito di unione,affinché la parrocchia sia realmen-te “comunità di comunità” e, dal-l’altro, dello spirito missionario, alfine di essere sempre aperti allenuove e continue ondate migrato-rie, che arrivano con la speranzadi una vita migliore.

Parrocchia São J. Batista de Colina Azul

La chiesa-madre

Le comunità in Ameri-ca Latina sono i veripilastri della Chiesa; si ripropongono lascoperta della Paroladi Dio, in un contestodi impegno solidalecon gli oppressi

Page 8: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

La parrocchia di Santa Chiarae San Francesco, retta oggida don Carlo Tessari, che ha

ricevuto il “testimone” da don Giu-seppe Secondin, è situata alla peri-feria del comune di Aparecida deGoiânia.

Il Goiás è uno Stato ricco, a con-fronto di altri in Brasile: l’alleva-mento bovino, la coltivazione dellasoia e di altri prodotti agricoli, e losviluppo industriale garantiscono amolti un salario sicuro. Gli abitantidella parrocchia risentono di questasituazione di benessere: la maggio-ranza ha un lavoro, i giovani stu-diano.

Molti provengono da altri Statidel Brasile. Sono arrivati dieci, ven-t’anni fa; hanno faticato molto, gior-no e notte, in condizioni pesanti,sobbarcandosi due o tre ore diautobus per raggiungere il posto dilavoro. Le donne per lo più lavora-no in casa, confezionando vestitiper grandi marche. Ma, quando ilsalario è insufficiente - e succedespesso - devono cercare occupa-zione anche fuori per far quadrarea malapena l’economia domestica,magari in orari inconsueti, e la fami-glia finisce per pagarne il prezzopiù alto.

La parrocchia conta cinquanta-mila abitanti; fino a tre mesi fa, eracomposta da sette comunità, ades-so sono ridotte a cinque, perchédue sono passate a una parrocchiavicina, da poco costituita.

Ogni comunità funziona, nellapratica, come una parrocchia, conle sue messe festive, celebrazioni,catechesi dei ragazzi, adolescentie adulti. Il primo sabato di ognimese si tiene il Consiglio pastoraleparrocchiale, al quale seguono iConsigli di ogni comunità, la setti-mana seguente.

Il momento forte, che segna il

cammino della comunità, è l’As-semblea parrocchiale: vi partecipa-no tutti coloro che svolgono qual-che servizio pastorale nelle comu-nità e nella parrocchia, ed è, al tem-po stesso, la conclusione di un per-corso e la verifica del cammino svol-to e l’individuazione delle prioritàdel nuovo anno pastorale.

Il clima di questi momenti è mol-to buono, ricco di dialogo, collabo-razione, attenzione alle persone e aigruppi e, se l’atmosfera si riscaldaun po’, basta una piccola interru-zione con un canto o qualche passodi danza per ristabilire l’ambientefraterno.

Importante, in febbraio, è il pel-legrinaggio al santuario di Trindade(18 km), dove l’anno pastorale vie-ne affidato al “Divino Pai Eterno”(Divino Padre Eterno). La parte-cipazione è grande e sentita, utileanche a rafforzare l’unione all’in-terno delle comunità e nella par-rocchia.

LLEE SSFFIIDDEE DDAA NNOONN IIGGNNOORRAARREE.. «La gen-te venuta da lontano ha dimenti-cato le tradizioni culturali e reli-giose della terra di origine. La forzadella religiosità popolare ancorapresente in altre regioni, qui èandata perduta, e bisogna aiutare lepersone a riscoprire le radici dellafede, offrendo nuove motivazioni eapprofondendo i contenuti. Moltine avvertono l’esigenza, ma nonsanno cosa fare», spiegano i sacer-doti.

Per questo la catechesi è unadelle proposte più significative eurgenti. La prima attenzione riguar-da le catechiste, i genitori, le coppieper la preparazione del matrimo-nio comunitario, che risolve il pro-blema delle coppie non sposate econviventi da molti anni. Il testobase per le catechiste, che farannocatechesi agli adulti, con lo scopo diaiutarli a completare i sacramentidell’iniziazione cristiana, è il Cate-chismo della Chiesa cattolica.

L’assemblea parrocchialemomento forte della comunità

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Parrocchia di Santa Chiara e San Francesco

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Questo lavoro di formazione nonmira soltanto a recuperare il tempoperduto, ma è anche forse l’unicomodo per non soccombere ai vio-lenti attacchi delle sette, che stan-no proliferando in Brasile. Impor-tate all’epoca della dittatura mili-tare per contrastare la Chiesa cat-tolica, stanno crescendo a ritmiesponenziali, con le denominazionipiù disparate e fantasiose e congrande disponibilità di mezzi eco-nomici e mediatici.

«La loro aggressività e sistemati-cità di azione, unite all’ignoranzadei cattolici, ne facilitano la rapidadiffusione - spiega il parroco, donCarlo Tessari -. E poi per molti sonodiventate una professione, un mez-zo per sopravvivere. Se infattioccorrono molti anni per formareun prete cattolico, bastano invecepochi mesi per un pastore, della cuiortodossia nessuno si preoccupa:l’importante è che sappia racco-gliere molte offerte. La strategia è lasolita: anzitutto un lavoro capillareper demolire l’immagine della Chie-sa cattolica e poi promesse a 360gradi, dalla salute alla prosperitàeconomica e a continui esorcismiche mettono in soggezione i fedeli.Promesse che poi non possonoessere mantenute, e questo spiegain buona parte la forte migrazionedei fedeli dall’una all’altra di queste“chiese”, prima di scivolare nell’in-differenza.

In questo contesto i fedeli sem-pre di più chiedono formazione, e laparrocchia cerca di rispondere aquesta esigenza, pur disponendo distrutture ancora precarie e limitate,certamente insufficienti.

Le celebrazioni liturgiche sonovive e ben partecipate, preparatefin dal lunedì con i rappresentantidei gruppi liturgici delle comunità.«Lo sforzo di legare la Parola allavita fa emergere a volte fatti dolo-rosi, altre volte segni di grande spe-ranza che ci fanno toccare conmano che il Signore cammina connoi», continua don Tessari.

Nei mesi di settembre e ottobresi svolgono le ultime tre feste dellacomunità: Nossa Senhora das Gra-

ças (Nostra Signora delle Grazie,ndr), Santa Chiara e San Francescoe Nossa Senhora Aparecida. Lanovena che precede le feste èun’occasione propizia per sviluppa-re un tema biblico e per visitare lefamiglie. «La gente è sempre moltocontenta; approfitta della presen-za del sacerdote per farsi conosce-re, consigliarsi e anche per richiestedi aiuto».

Un’altra grande sfida, che lecomunità stanno affrontando, èquella che riguarda i giovani. «Ladroga prima li rovina, poi li uccide -riprende il parroco -. Costa pocoed è molto presente nelle scuole.Anche chi non ne fa uso, ma vede osa, viene tolto di mezzo. È cronacadi ogni giorno: chi non paga, muore.Chi conosce troppe cose, muore.Lo chiamano “bruciare un archi-vio”.

Le comunità fanno un grandesforzo per tenere uniti i giovani,per recuperare chi decide di farsicurare, per sostenere le famiglie.Per questo stiamo anche organiz-zando la pastorale familiare, per-ché le famiglie imparino a soste-nersi a vicenda nella comunità.

Rafforzare la famiglia è una prio-

rità che non può essere ignorata.La cultura delle telenovelas sta rive-lando tutta la sua efficacia neldemolire i valori, i personaggi dellospettacolo e dello sport sono i nuo-vi idoli, le chiese evangeliche si pre-sentano come una facile alternativaalle proposte esigenti della Chiesacattolica, i genitori si sentono soli eimpotenti di fronte ai problemi nuo-vi che devono affrontare.

In questo quadro di grandi e velo-ci cambiamenti, si percepisce ancordi più quanto sia importante l’ap-partenenza a una Chiesa che, pursegnata da contraddizioni e pecca-ti, ha radici solide e antiche, chericonducono a Cristo e che sonofecondate, anche oggi, dal sanguedei martiri.

Forse potremmo fare di più perfornire una formazione più solidae illuminante ai fedeli che quoti-dianamente si sentono messi indiscussione, non raramente anchedentro alla loro stessa famiglia. Met-tiamo a disposizione, come possia-mo, il dono della Parola, della pre-ghiera, dell’insegnamento dellaChiesa. E poi confidiamo nello Spi-rito Santo, primo e unico vero mis-sionario».

Parrocchia di Santa Chiara e San Francesco

Il santuario di Trindade con, in primo piano, la via Crucis permanente

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Cennidi storia

Diocesi di Luziânia

La Diocesi di Luziânia com-prende i seguenti comunidello Stato brasiliano di

Goiás: Luziânia, Santo Antônio doDescoberto, Cristalina, Padre Ber-nardo. È una sede della Chiesa cat-tolica suffraganea dell’Arcidiocesidi Brasilia, appartenente alla regio-ne ecclesiastica Centro-Ovest. Èstata eretta il 29 marzo 1989 con labolla Pastoralis Prudentia di papaGiovanni Paolo II, che ne ha rica-vato il territorio dalle Diocesi diAnápolis, Ipamerì e Uruaçu. Il ter-ritorio è suddiviso in 19 parrocchiee conta oltre 500mila battezzati. Lacittà di Luziânia è sede vescovile, edè retta dal vescovo monsignor Afon-so Fioreze. Vi si trova la cattedraledi Nostra Signora dell’Evangelizza-zione.

Don Bernardo Ave arriva nella par-rocchia di Cristalina - così chia-mata perché sorge al centro di unaregione famosa per le miniere dicristalli - il 15 gennaio 1992. All’ini-zio coadiuva l’altro missionariovicentino, don Giuseppe Borsato,qui presente dal 1974, ed è ospita-to nella casa parrocchiale di SãoSebastião.

A Cristalina all’epoca, le fami-glie erano circa 12mila; gente pro-fondamente religiosa, ricca di entu-siasmo e di gioia di vivere, affet-tuosa nei confronti di chi fa delbene, come appunto i missionari.

Nell’agosto del ‘93, a don Ber-nardo viene assegnata, con il ruo-lo di cappellano, la parrocchia diNossa Senhora Aparecida, sortadalla divisione in due di Cristalina

(l’altra parrocchia, quella origina-ria, è São Sebastião, ed è tuttoraretta da don Giuseppe Borsato,incardinato due anni fa nella Dio-cesi di Luziânia). Il primo obiettivoè la costruzione della nuova chiesa.Sorta sui resti di una cappella inti-tolata a Nossa Senhora Aparecida,la nuova parrocchiale mantiene ladedicazione alla patrona del Bra-sile.

Il 12 ottobre 1994 la chiesa,anche se non ancora terminata,viene benedetta dal vescovo diLuziânia, in contemporanea con laproclamazione a parroco di donBernardo e con la proclamazioneufficiale della nuova parrocchia.La chiesa è stata terminata nel1997 e dispone di circa 900 posti asedere.

La gioia di viveredella gente di Cristalina

Page 11: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

Con la costruzione della chiesa e perfar fronte alle necessità della par-rocchia nascente, contributi sonoarrivati dalle parrocchie vicentine,da parenti e amici italiani (che con-tinuano tuttora a sostenere eventualiprogetti), dalle Pontificie opere mis-sionarie e dalle famiglie del luogo.

Oltre alla costruzione della chiesa,fu ristrutturata anche una casa vici-na, si cominciò la formazione dellacomunità religiosa con il catechismoper bambini, adolescenti e adulti, siavviò l’assistenza alle famiglie, chemanifestavano necessità sia religioseche economiche, grazie anche all’aiu-to della Società di San Vincenzo dePaoli. Nel maggio del 1994 è statafondata l’Ame, “Associazione mammadella speranza”, con lo scopo di dareassistenza sociale alle famiglie e aibambini in situazioni difficili.

Sono stati organizzati due asili perun totale di 450 bambini, inoltre èstata costruita e gestita casa Betania,una casa famiglia per la prima acco-glienza di bambini orfani o bisognosi,nell’attesa che il giudice minoriledecida se reintegrarli nella loro fami-glia o darli in adozione. In parroc-chia è stato aperto un ambulatorio(Centro Vida) di assistenza pedia-trica e ginecologica, nonché un labo-ratorio fitoterapico, che produce far-maci che vengono distribuiti a circa2.000 famiglie.

Dal ‘95 al 2001 sono stati assistiticirca 40 malati di lebbra, quasi tuttisono stati recuperati, e la malattia èormai quasi scomparsa. La vicinanzadell’Italia continua a essere fonda-mentale per quanto riguarda i finan-

ziamenti per i progetti che si vanno arealizzare. Inoltre, dal 2000 al 2007,anche la cooperazione italiana, attra-verso l’Ambasciata, ha dato soste-gno economico.

Per incentivare lo sviluppo socio-economico di Cristalina, don Ber-nardo ha fatto parte per molti anni diorganismi laici: consigli municipaliper la salute, la sicurezza, l’assisten-za sociale, ed è stato direttore ammi-nistrativo dell’ospedale municipale.

Dopo quasi vent’anni di presenzain Cristalina, il mandato di don Ber-nardo sta per scadere. Il vescovo diLuziânia lo ha chiamato al serviziodi una nuova parrocchia e in aiutoalla direzione del nuovo seminariodiocesano.

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18mila abitanti in cittàe 8.000 nelle comunità rurali

Il territorio della parrocchia occupa2.800 kmq, su 6.350 del totale delmunicipio di Cristalina.La parrocchia è divisa in 7 settori, inognuno dei quali il sabato o ladomenica viene celebrata la messa,poi ci sono il catechismo settimana-le e l’assistenza sociale alle famigliepovere con l’aiuto dell’Ame. La chie-sa principale è Nossa Senhora Apa-recida-Lustosa; ci sono poi 6 cappel-le: S. Francisco, S. Luzia, S. Pedro,N.S. de Guadalupe, Centro comuni-tario S. Clara e Salão di casa Betania.Nel 1995 si è formato il consigliopastorale, che si riunisce mensil-mente. È diviso nelle seguentipastorali: bambini, giovani, famiglie,anziani e malati, liturgia, evangeliz-zazione e catechesi, comunicazione,accoglienza, decima (tesoreria).Sono state ristrutturate tre chiese ene sono state costruite 13: HenricoCortez - Nossa Senhora dea SaludeMarajo - Santa Luzia Lustoza - NossaSenhora Aparecida Serra Vehlia -São Francesco Ouro Fino - NossaSenhora de Abadia Mimoso - NossaSenhora Aparecida Vista Alegre -Santa Teresina e Nossa SenhoraAparecida - Tres Barras - Nossa Sen-hora Aparecida Jardin Planalto -Nossa Senhora de Guadalupe SulDois - Santa Luzia Prata - Nossa Sen-hora Tres Vezes Admiravel Buritisdas Gamelas - Sagrada Familia.Dal 1996 al 1999 hanno operato 4suore della carità di Santa GiovannaAntida. Dal 2000 sono presenti lesuore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori,di Vicenza, che aiutano nella pasto-rale e nell’assistenza sociale.

Cristalina

La parrocchiale di Cristalina

Regione ecclesiastica centro-ovest

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Diocesi di Roraima

Una diocesi grandequanto lo Stato

La Diocesi di Roraima, nel-l’estremo nord del Brasile, èretta dal vescovo dom Roque

Paloschi, brasiliano del sud che, pri-ma di essere chiamato al Servizio epi-scopale, era fidei donum in Mozam-bico per la sua diocesi d’origine.

La Diocesi di Roraima è una sededella Chiesa cattolica suffraganeadell’Arcidiocesi di Manaus. Il 15 ago-sto 1907 fu eretta l’abbazia territorialedi Nossa Senhora do Monserrate doRio de Janeiro, che ricevette comeproprio territorio anche quello dellemissioni benedettine del monasterodi Rio de Janeiro (i benedettini furo-no i primi ad evangelizzare i popoliindigeni che ancora oggi vivono nel-le terre del bacino del grande RioBranco), appartenute alla diocesi diAmazonas (oggi Arcidiocesi diManaus).

Il 21 aprile 1934 l’abbazia territo-riale di Nossa Senhora do Monser-rate do Rio de Janeiro fu soppressa ele missioni amazzoniche, che rien-travano nella sua giurisdizione, furo-no erette nell’amministrazione apo-stolica di Rio Branco, che il 30 agosto1944 fu elevata a prelatura territorialeda papa Pio XII; nel 1947 l’assistenzapastorale passò all’Istituto dei mis-

sionari della Consolata di Torino; il 16ottobre 1979 Roraima è stata elevataa diocesi, con la bolla Cum praela-turae di papa Giovanni Paolo II.

Il territorio della Diocesi di Rorai-ma coincide con quello dello Stato;ha una popolazione di circa 450milaabitanti (le previsioni parlano di800mila nel giro di 10 anni), dei qua-li circa 50mila indigeni, suddivisi in 9etnie, con lingue e culture differen-ti.

Oltre all’area indigena, ci sonoun’area di colonizzazione, in prossi-mità della foresta. Ai coloni sonostati dati alcuni appezzamenti di ter-ra. Sono arrivati in Roraima da nord-est, attirati dalle promesse, il piùdelle volte disattese, se non false,di grandi guadagni; in realtà, sonostati sfruttati dal potere economi-co, anche per il mercato del legna-me, ma l’attività di taglio delle fore-ste ha avuto come conseguenza ladevastazione dell’ambiente. Vivonoin condizioni assai precarie, in unisolamento terribile.

Poi c’è la gente del fiume: non sitratta di popoli indigeni, ma da que-sti hanno ereditato il rispetto perla natura. Sono i discendenti deiprimi colonizzatori e costituisconoun misto di varie culture. Vivono inpiccole comunità lungo i fiumi,soprattutto nella regione del bassoRio Branco. Qui la pastorale di zonarimane ancora un sogno a causa del-la mancanza di persone capaci diassumersi un lavoro così impegna-tivo.

Infine, l’area delle città, caratte-rizzate, soprattutto la capitale BoaVista, da periferie con grandi massedi disoccupati.

Sede vescovile è la città di BoaVista, dove si trova la cattedrale diCristo Redentore. Il primo prete dio-cesano locale è stato ordinato nelnovembre del 1988; è un indigeno.

Il vescovo dom Roque Paloschi

Nel 2008, la Diocesi di Vicen-za decise di aprire, in unionealla Diocesi di Afogados da

Ingazeira, con la quale concludevaquarant’anni di collaborazione, unanuova missione al servizio della Chie-sa in Roraima e precisamente nel-l’estrema periferia della città di BoaVista, sede vescovile.

Sceglieva così di rispondere all’ap-pello della Conferenza nazionale deiVescovi brasiliani, che chiedevanoaiuto a tutte le Chiese, perché sifacessero sensibili alle necessità del-le Chiese dell’Amazzonia.

Si legge in un documento deiVescovi dell’Amazzonia (La Chiesasi fa carne e pianta la sua tendain Amazzonia, 1997): “Rinnovia-mo il nostro appello alle altre Chieseregionali, perché vengano in aiutoalla Chiesa che è in Amazzonia, perle sue sfide pastorali, per la suaestensione e la sua importanza nelloscenario mondiale”.

È nato, così, il “Progetto Amaz-zonia”: una feconda collaborazionefraterna, che vede la presenza di duefidei donum (uno di Vicenza e unodi Afogados da Ingazeira), nell’areamissionaria S. Rosa da Lima, doveiniziano una presenza anche le suo-re Orsoline di Breganze.

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Attualmente ci sono tre preti dio-cesani, figli di famiglie di migranti,stabilitesi qui negli anni ‘80. Ci sonoanche 4 preti fidei donum: 2 ita-liani, di Piacenza, e 2 del Rio Grandedo Sul.

Tutti gli altri sacerdoti sono reli-giosi: 2 comboniani (servono unacittà dell’interno e le comunità indi-gene); un francescano (serve un’areadi periferia di Boa Vista con più di100mila abitanti, oltre a una comu-nità dell’interno, fino alla città diBomfim, ai confini con il Venezuela);un altro francescano coordina la Cpt(Pastorale della terra), con un man-dato temporaneo; 2 missionari dellaConsolata servono un’altra area del-la periferia di Boa Vista, con 14comunità. Le tre parrocchie del cen-tro sono affidate a due preti locali ea un prete fidei donum di Piacen-za.Tutti gli altri padri della Consola-ta, che qui sono la maggior parte,lavorano nelle aree indigene:un’équipe nell’area Normandia eSumuru, un’altra équipe nell’area diMaturuca e una terza nell’area delCatrimani, con il popolo Yanomami.Ci sono anche tre congregazionifemminili che lavorano in altre areeindigene.

Prima realtà pastorale della diocesi:gli IINNDDIIGGEENNII. Sono 13 etnie: Inga-ricò, Macuxi, Saparà, Taurepang,Xirixana, Wapixana, Wai Wai, Wai-miri-Atroari, Yanomami (nella foto),Sanomã, Mayongong e Ye’kuna. Gra-zie alla presenza missionaria alcunipopoli indigeni si sono inseriti nel-la comunità cristiana, ma sono sta-ti anche aiutati nell’organizzazionedelle loro comunità, appoggiandonelo sforzo per il riconoscimento lega-le delle loro terre e il riscatto dellaloro identità culturale.

L’impegno della Chiesa diocesanain questo senso non è stato senzasofferenze e persecuzioni, ma haanche visto risultati significativicome il riconoscimento legale dellariserva indigena “Raposa Serra doSol”, firmato dal presidente Lula il15 aprile 2005.

Seconda realtà pastorale della dio-

cesi: i MMIIGGRRAANNTTII. Arrivano da tut-ti gli stati della federazione, princi-palmente dal Maranhão e dallaregione amazzonica. Per questarealtà pastorale sarebbe necessa-ria una maggiore presenza missio-naria.

Il flusso migratorio non è statomai e non è attualmente spontaneocome nel resto del Paese; è finan-ziato e aumenta considerevolmentenei periodi che precedono le cam-pagne elettorali. Il progetto dimigrazione-colonizzazione finan-ziato va dal pagamento del viaggio,fino alla sistemazione nella nuovaterra. Ma il processo non si conclu-de così, perché, quando sorgono leprime difficoltà, le famiglie sonocostrette a emigrare verso la peri-feria della maggiore città dello Sta-to, Boa Vista.

Non c’è radicamento del migran-te nella terra, proprio perché non viè giunto di sua volontà, ma spintodalla propaganda e per fini eletto-rali. Un esempio molto vicino è ilrecente municipio di Rorainopolis,costituito da una migrazione piani-ficata. Attualmente conta più di18mila abitanti, in un territorio chene può contenere cinquemila, percui la previsione è che tutto l’ec-cedente migri verso la periferia diBoa Vista. Nonostante l’accresci-mento demografico delle periferie,

la città di Boa Vista non vive anco-ra il processo di “favelizzazione”tipico di tutte le grandi città brasi-liane, ma la situazione è al limite.

C’è una terza realtà pastorale, cheattiene al MMOONNDDOO UURRBBAANNOO, rispet-to alla quale la Diocesi sta attivandostrategie.

PPRRIINNCCIIPPAALLII CCAARREENNZZEE EE NNEECCEESSSSIITTÀÀ

1. la pastorale urbana non ancoraorganizzata nella città di Boa Vista2. la scarsa presenza pastorale nel-l’area geografica dove vive la mag-gioranza dei migranti3. la formazione delle comunità del-l’interno, in un ambiente sempreinstabile a causa del costante pro-cesso migratorio4. la formazione degli agenti dipastorale, in una situazione chesovraccarica le persone e crea, nel-lo stesso tempo, una certa sfiduciae demoralizzazione.Altre questioni da affrontare sono:la scarsità di personale per un’areache comprende tutto lo Stato; laformazione dei laici, sia in camporeligioso che etico-politico; il man-tenimento dei seminaristi; la fragi-lità degli organismi pastorali; l’as-senza di una pastorale dell’educa-zione e universitaria.

Diocesi di Roraima

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Parrocchie della città di Boa Vista: CatedralCristo Redentor - São Francisco das Chagase N.S. da Consolata - Area missionaria doCaranã - Area missionaria S. Rosa da Lima

Parrocchie dell’interno: Santo Isidoro (Muni-cipio de Alto Alegre) - N.S. de Fátima (Muni-cipio de Mucajaí) - São José Operário e N.S.do Livramento (Municipios de Caracaraí eIracema) - São João Batista e São Luiz(Municípios de São João da Baliza, SãoLuiz do Anauá e Caroebe) - N.S. de Nazaré(Municipio de Normandia) - Area missio-naria de Rorainopolis (Municipio de Rorai-nopolis) - Area missionaria do Cantá (Muni-cípio do Cantá)

Missioni indigene: Missão de Maturuca -Missão São Marcos e Amajarí - Missão Ser-ra da Lua - Missão da Raposa, Missão daBarata e Taiano, Missão Surumu, MissãoCatrimani e Missão do Xitei

Municipi senza una presenza parrocchiale:Amajarí - Bonfim - Caroebe - Iracema -Pacaraima - Uiramutã

Chiese sorelle: Diocesi de Santa Maria-RS -Diocesi italiane di Piacenza e Vicenza -Afogados da Ingazeira (Pernambuco) - Dio-cesi de Cachoeira do Sul-RS

Congregazioni maschili: Istituto missiona-rio della Consolata (Imc) - Congregazionefrancescana dei frati Minori e missionariComboniani

Congregazioni femminili: Missionarie del-

la Consolata (Mc) - Sorelle della Provvi-denza di GAP, Figlie della Carità di S. Vin-cenzo de Paoli - Serve dello Spirito Santo eAssociazione delle Sorelle Apostole di Cri-sto (Diocesana) - suore Orsoline Scm(Vicenza, Italia)

Clero diocesano: 7 preti diocesani - 11fidei donum prestati da altre Diocesi

Laici missionari: legati ai missionari dellaConsolata e alla Diocesi di Piacenza

Organismi: Centro di difesa dei diritti uma-ni (Cddh) - Consiglio diocesano di Evan-gelizzazione (Cde) - Coordinamento dio-cesano di Evangelizzazione (Code) - Con-siglio diocesano dei laici (Cdl) - Fondazioneeducativa culturale “José Allamano” (RadioFM Monte Roraima) - Consiglio economico- Consiglio presbiterale e Collegio dei con-sultori - Consiglio indigenista missionario(Cimi) - Pastorale indigenista (villaggi e cit-tà), Commissione pastorale della terra (Cpt)

Pastorali: Bambini - Salute - Giovani - Deci-ma -Catechesi - Battesimo - Carceraria -Vocazionale - Familiare

Servizi: CEBI - COMIDI - ECC - EJC - AEC

Movimenti: Apostolato della Preghiera -Legione di Maria - RCC - Focolarini

Diocesi di Roraima in pillole

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Boa Vista - S. Rosa de Lima

La pastorale di periferiaper non perdere i giovani

L’Area missionaria Santa Rosade Lima è stata creata il pri-mo marzo 2009, con decreto

dell’attuale vescovo, dom RoquePaloschi, e affidata all’assistenzapastorale di un’équipe formata dape. Egidio Bisol, pe. José AiltonCosta da Silva, fidei donum delladiocesi di Afogados da Ingazeira(Pernambuco), e con l’ausilio di suorFlora Peretto e suor Renata Gon-zato, delle Orsoline di Breganze-Vicenza (già presenti dal 2008),nonché della volontaria laica Mariado Carmo Silveira Novo.

Il 7 ottobre 2009, pe. Egidio Bisolè stato nominato da papa Benedet-to XVI, vescovo di Afogados da Inga-zeira, e a S. Rosa de Lima è statomandato a sostituirlo un altro fideidonum vicentino, pe. Attilio San-tuliana. Le due suore Orsoline pos-sono contare da un anno sull’aiuto diun’altra sorella, suor Antonia Storti.

L’Area missionaria S. Rosa deLima è un enorme quartiere peri-ferico, dove vivono 30mila personein economia di sussistenza (piccole

attività agricole o di artigianato).Appartiene alla Diocesi di Roraimaed è composta da 7 comunità costi-tuite: S. Rosa de Lima, Nossa Sen-hora de Fatima, S. Coraçaõ de Jesus,Nossa Senhora da luz, Nossa Sen-hora do Rosario, S. Lucas e S. Laza-ro. Altre comunità stanno sorgendonelle vicinanze.

Essendo un’area nuova, il lavoropastorale consiste soprattutto nel-l’animare e organizzare le comunitànel proprio interno, dando forza ecoinvolgendo i giovani, incentivandola corresponsabilità, attraverso lapastorale della “decima”, avendocome mete la costruzione e laristrutturazione degli ambienti pergli incontri di formazione e le cele-brazioni.

Al riguardo, sono in costruzioneavanzata le cappelle di S. Luca e S.Lazzaro. Poi ci sono attività di for-mazione per gli animatori, per i lea-der delle comunità, per i catechi-sti, i ministri e altri agenti di pasto-rale e, parallelamente, vengono pro-mossi incontri di catechesi. Da que-

st’anno, tre sabati al mese, la sera, sisvolgono gli incontri della scuola diTeologia per laici e vi partecipa unaquarantina di persone.

Si stanno strutturando e organiz-zando sempre meglio i consiglipastorali comunitari e di settore, sifanno incontri semestrali per il con-siglio di area e l’obiettivo è la rea-lizzazione di un’assemblea generalealla fine dell’anno. I padri, così comele suore, fanno spesso visita allefamiglie.

Altre iniziative, più specificata-mente di aggregazione, sono: “tom-bolate”, festine popolari, tornei dicalcio...

Le celebrazioni si presentanosempre piú partecipate e animate.Ai giovani vengono proposti momen-ti di spiritualità. Ancora, c’è unapastorale carceraria con visite set-timanali al presidio femminile (154giovani donne). I missionari, inol-tre, partecipano all’équipe diocesa-na di liturgia, al Servizio di anima-zione vocazionale e al Consiglio pre-sbiterale.

Don Egidio Bisol con i bambini; in basso a sinistra,la maloca, abitazione plurifamiliare, ancora oggiutilizzata dalla maggior parte delle popolazioni del-l’Amazzonia; qui, sotto, una cappella

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Boa Vista - S. Rosa de Lima

Le suore Orsolinea servizio del Regno

La Congregazione delle suoreOrsoline del Sacro Cuore diMaria, di Breganze, ha rispo-

sto positivamente all’appello dellaConferenza nazionale dei Vescovibrasiliani, che indicavano l’Amazzo-nia quale luogo urgente di missione.Dal dialogo tra la Superiora genera-le madre Samuela Sartorel e l’alloravescovo di Vicenza, monsignor Cesa-re Nosiglia, è iniziata l’esperienzadella nuova realtà missionaria, incollaborazione con le Diocesi di Afo-gados da Ingazeira e di Cachoeiro deItepemirm Espirito Santo.

«Quando siamo arrivate - raccontasuor Renata Gonzato -, avevamo lasensazione di perderci, anche per-ché il territorio è vasto e la popola-zione è un insieme di culture, linguee modi di vita differenti fra loro:Macuxi, Vaimiri, Atroaris, Yapixana,Ingaricó, Patamona, Ianomámi,Ribeirinhos..., inoltre c’è una nume-rosa presenza di gruppi evangelici,che confondono la fragile apparte-nenza religiosa. Ci domandavamoche cosa fare di fronte a tante gran-di sfide: multiculturalità, multilin-gue, multi religioni. Ci siamo messeal servizio del sacerdote diocesano,pe. Mario Castro, oberato dai variimpegni pastorali».

All’inizio, l’ambiente non era favo-revole; la gente era restìa ai contat-ti, ma, passo dopo passo, partendodai vicini di casa, le suore hannovisitato le varie famiglie, riuscendo acreare relazioni positive e di cono-scenza. «Abbiamo incontrato tantepersone che, nonostante la povertà,vivono con grande dignità. I lorovolti bruciati dal sole e segnati dal-la sofferenza, sono entrati nellanostra vita instaurando una fiduciareciproca. Un po’ alla volta ci hannoinsegnato e ci insegnano a cammi-nare in questa terra.

Quando, nel 2009, èpartita l’équipe, è statopiù facile fornire ade-guate risposte pastorali,poiché ciascuno avevaun compito preciso».

Don Egidio si occu-pava della costruzionedi cappelle nei variquartieri, per dare deipunti di riferimento aicattolici e, nello stessotempo, preparava ungruppo di adolescentialla prima Eucaristia. Don Ailton,artista, lavorava con i giovani e orga-nizzava le attività sportive, noi suo-re avevano due gruppi di catechesi,e suor Flora si occupava anche del-la pastorale vocazionale. Maria doCarmo insegnava alle ragazze e alledonne in carcere a ricamare e adipingere.

A ottobre 2009 don Egidio Bisolè stato nominato vescovo di Afoga-dos da Ingazeira e, poco dopo, Mariado Carmo ha terminato l’anno divolontariato. Con l’équipe ridotta,gli impegni pastorali di ciascunosono aumentati. Ma, ad aprile 2010,è arrivata suor Antonia Storti, cheha assunto il compito di accompa-gnare la pastorale vocazionale, e poidon Attilio Santuliana, provenienteda Goiânia. Così l’équipe ha potutoriprendere il cammino di conoscen-za, rispetto e aiuto reciproco, «sco-prendo un po’ alla volta il cuoregrande e la generosità del nuovopadre».

Tutti i mercoledì viene celebratala messa, alternativamente nellacappella dei padri e in quella dellesuore (in via Belo Horizonte); pos-sono parteciparvi anche i laici.

«I frutti che stiamo vedendo cisorprendono - riprende suor Rena-ta -; all’inizio del nostro camminoera impensabile che una comunità

andasse in un’altra per le celebra-zioni, o per partecipare alla festadel patrono, o al consiglio pastorale.Ora si spostano volentieri per par-tecipare alla vita delle altre comu-nità. Il progetto pastorale della Dio-cesi ha sempre parlato di “rete dicomunità”, ma fino a tre anni fa que-sta apertura sembrava impossibi-le».

Un altro impegno importante perle suore Orsoline è l’attenzione alladonna. Tutti i venerdì si recano nelcarcere femminile di Roraima, pervisitare queste donne ai margini del-la società, portare loro la Parola diDio, che rigenera e dona speranza epregare insieme. Ogni mese c’è lacelebrazione eucaristica, guidata dadon Attilio.

«Noi sorelle - conclude suorRenata - siamo profondamente rico-noscenti a Dio, perché ci ha per-messo di vivere questa missione,che ci entusiasma, ci apre la mente,il cuore e gli orizzonti, ci appassionaper il dono ricevuto da Dio nel bat-tesimo e nella consacrazione reli-giosa, ci fa sentire la forza e la graziadel Padre.

Camminare accanto alla nostragente in modo rispettoso e discreto,renderli protagonisti della propriastoria di evangelizzazione, è ciò chepiù ci rende serene».

Celebrazione in una delle cappelle

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Ecuador

Le Chiesesorelle

A Quito per colmare i “buchi” di fede

Il 7 ottobre 2009 don EgidioBisol è stato nominato Vescovodella Diocesi di Afogados da

Ingazeira, dove è stato ordinato il 9gennaio 2010, alla presenza deidue Vescovi delle Chiese sorelle.

Si rinnova così, in maniera deltutto nuova, attraverso la sua per-sona e il nuovo compito al quale èstato chiamato, il legame profondotra la Chiesa di Vicenza e la Chiesadi Afogados. E tutte e due insiemequeste Chiese rinnovano il loroimpegno di servizio e di solidarie-tà, da poco iniziato, con la Chiesasorella di Roraima, nell’Amazzoniabrasiliana.

A Quito, capitale dell’Ecuador, daoltre dieci anni (precisamente dal1999), opera don Aldo Brendolan,originario di Gambellara (Vicenza),classe 1939, fidei donum della Dio-cesi di Vicenza, prima, per tre anni,in servizio a Guayaquil (città sul-l’Oceano Pacifico, capoluogo dellaprovincia del Guayas e del Cantonedi Guayaquil). In tutto, quindici anniin terra equatoriana. «L’Ecuador -dice don Aldo - è diventato la miaseconda patria».

C’è anche una precedente breveesperienza missionaria in Colombia(Canalete, nel dipartimento di Cor-doba), terminata in maniera tragica(don Aldo fu colpito alla testa daignoti e rimase in coma tre giorni).

Quito è situata a circa 2.850 m. sullivello del mare, alle falde del vulca-no Pichincha, circondata da nume-rose montagne; gode di un clima pri-maverile. È una città ricca di storia,tanto che l’Unesco, nel 1978, l’hadichiarata patrimonio dell’umanità; èanche sede dell’Unione delle Nazio-ni sudamericane (Unasur).

I primi abitanti furono i Quitu, dacui il nome. Gli spagnoli arrivaronouna prima volta nel 1526, ma il gene-rale Inca Rumiñahui preferì distrug-gere la città, pur di non farla caderein mano ai conquistatori. Per questomotivo non ci sono resti Inca. Tut-tavia, il 24 agosto 1534, con la fon-dazione di Santiago de Quito, comin-cia la storia ispanica.

Con circa 2 milioni di abitanti,Quito è la seconda città (dopo Gua-yaquil) dell’Ecuador. Per l’enormeinfluenza, nel passato, dei frati Fran-cescani, nel tessuto della vita loca-le, la città in verità si chiama “S.Francesco di Quito”, ma, nella pra-tica, si dice solo “Quito”.

Dal punto di vista religioso, Quito

ha avuto una massiccia presenzacattolica; ne sono conferma i nume-rosi conventi e chiese. Attualmente,il tessuto sociale risente di una fortecrisi religiosa e la nuova Costituzio-ne, che ha introdotto la possibilitàdell’interruzione di gravidanza e l’in-troduzione del matrimonio omoses-suale, ne è l’esplicazione. C’è unapresenza piuttosto numerosa di set-te, tutte provenienti dagli Stati Uni-ti.

L’arcivescovo, mons. FaustoGabriel Travez Travez (un france-scano che ha ricevuto il pallio inRoma da papa Benedetto XVI il 29giugno 2011) è anche primate del-la Chiesa equatoriana. Quito ha duevescovi ausiliari, incaricati dei diver-si settori della diocesi.

L’ambito primario della missione didon Aldo è culturale-formativo; inparticolare egli insegna nella facoltàfrancescana di filosofia e teologiadei Francescani (collegata all’Uni-versità Pontificia dell’Antonianumin Roma), da dove escono i futurisacerdoti, secolari e religiosi.

Nella zona periferica della città,don Aldo ha avviato corsi serali diteologia per laici, con attenzione spe-ciale ai catechisti; coadiuva due par-rocchie nelle celebrazioni festive, edè impegnato nella pastorale giovani-le. Dai microfoni di Radio Maria eRadio Cattolica, porta la voce dellaDiocesi di Vicenza in tutto l’Ecuador.

Il vescovo dom Egidio Bisol

Afogados da Ingazeira,cattedrale

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La Diocesi di Vicenza in Africa

Il Cameroun è un Paese dell’Afri-ca centrale, le cui estremità van-no dall’Equatore alle porte del

Sahara. Fu scoperto da FernandoPoo nel XV secolo; fu chiamatocamarões, che in portoghese signi-fica gamberetti, pescati dai primiesploratori che vi posero piede. DalXVII secolo il Paese venne coloniz-zato dagli europei, attirati dal com-mercio degli schiavi e dall’avorio.Prima i tedeschi, poi, dopo la primaguerra mondiale, le forze alleateposero la colonia sotto mandato fran-cese, a eccezione di una piccola par-te, a ovest, affidata alla Gran Breta-gna.

Un movimento nazionale, orga-nizzato dall’Unione delle popolazio-ni del Cameroun (1948), ottennenel 1960 l’indipendenza del Came-roun francese e l’unione con la par-te britannica. Da allora è una repub-blica unita, al suo secondo presi-dente - Paul Biya -, che mantiene lostato nell’orbita francese. A diffe-renza di altri Paesi della fascia sub-sahariana tormentati da conflittiarmati, il Cameroun gode di una pro-lungata stabilità politica, frutto anchedella frammentazione etnica dellapopolazione, che permette al gover-no centrale un controllo più efficace.Stretto nella morsa degli interessidella Francia e degli Usa, il Came-roun oggi gioca la carta dell’alleanzacon la Cina.

LLAA RREEGGIIOONNEE MMOOFFUU

Si trova nell’estremo nord del Came-roun; è una regione montagnosa epiena di sassi, dove abitazioni, casedi terra e tetti di paglia, si confon-dono con le rocce. L’ambiente è affa-scinante e incantevole, sia nella sta-gione delle piogge (giugno-settem-bre), che nella stagione secca. Ma lavita è molto dura per i circa 60.000Mofu che vi abitano.

Il miglio è l’alimento quotidianoed è per questo considerato donosacro di Dio. Dal miglio e dalla suapianta si ricavano la polenta, la birra,il foraggio per le capre, la corda peri tetti di paglia, e viene utilizzatoanche come offerta agli antenati. Ilbilancio familiare si aggira sulle400/500mila delle vecchie lire all’an-no.

Durante la stagione delle pioggesi lavora sodo per mettere nel gra-naio miglio sufficiente alla soprav-vivenza durante la lunga stagionesecca. Ma a volte la pioggia tarda,oppure è scarsa, oppure arrivanole cavallette, e il raccolto quindinon è buono. Allora regnano lafame, la carestia, la paura e l’ango-scia. Alcuni emigrano in città, incerca di lavoro (dove trovano altremigliaia di disperati), oppure siindebitano, o si mettono a serviziodi padroni senza scrupoli, cheapprofittano della situazione.

Anche l’acqua è sacra. Andaread attingere acqua è il lavoro tipicodelle donne; con la giara di 20 litrifanno diversi chilometri al giorno;nei mesi più caldi passano giornateintere e, a volte anche la notte, perattendere il loro turno o per aspet-tare che l’acqua riemerga nel fondodel pozzo. Ma la quantità disponibilenella stagione secca non supera i 4litri per giorno e per persona.

Le abitazioni sono costruzioni di4-5 case fatte con sasso o mattoni diterra e tetto di paglia, raccolte acerchio, chiamate “saré”, destinate,una al capofamiglia, l’altra allamoglie e ai figli più piccoli, l’altraancora alla cucina e al granaio einfine alla stalla per le bestie.

LLAA SSTTRRUUTTTTUURRAA DDEELLLLAA CCOOMMUUNNIITTÀÀ CCRRIISSTTIIAANNAA

Il cristianesimo, agli inizi dell’evan-gelizzazione, trovò difficoltà nelleregioni Mofu. Ma, una volta rotto ilghiaccio, ha beneficiato di tutti gliaspetti positivi della tradizione: unsentire religioso profondo, un gran-de senso morale, una forte solida-rietà comunitaria, il carattere tenacee solido delle persone, forgiato dalladurezza delle montagne.

I Mofu sono molto aperti al cri-stianesimo, mentre si sono oppostiall’islamizzazione forzata, voluta dal-le autorità statali musulmane. Nel-l’Islam hanno sempre visto una for-za di oppressione e di dominazione,dal momento che era la religione deiFulbè, popolo invasore e oppressore,che aveva preso il potere con la for-za nelle città e si era appropriato ditutte le terre di pianura, non esitan-do a fare razzie di schiavi.

Per i cristiani Mofu, la fede inGesù Cristo è intimamente legataall’impegno sociale di promozioneumana e di sviluppo. Nella loro con-cezione di vita, la dimensione umanae religiosa sono tutt’uno, per cui uncristiano deve inevitabilmente impe-gnarsi per il benessere del villaggio,per la giustizia e la pace. Per questola comunità cristiana promuove: lascuola, l’alfabetizzazione, l’anima-zione rurale, la costituzione di coo-perative agricole, la costruzione digranai comuni, la realizzazione dipozzi, di briglie sui torrenti, piccoliprogetti di artigianato, la promozio-ne femminile con cooperative per imulini meccanici per il miglio, edu-cazione all’igiene, puericultura.

Un saré (abitazione tipica) ai piedi delle caratteristiche mon-tagne di sassi nell’estremo nord del Cameroun (foto R.G.)

Nel Paesedei gamberetti

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La Diocesi di Vicenza in Cameroun

1976: il vescovo di Sangmelima, mons. Pierre-Cèlestin Nku, chiede al vescovo di Vicenza, mons.Arnoldo Onisto, l'invio di preti diocesani vicentini.Arrivano don Francesco Ferro e don Luciano Rua-ro.

1977: don Angelo Tessari e don Francesco inizianoil loro lavoro nella missione di Akôn, parrocchia del-la Madonna del Rosario, che è anche la cattedraledella diocesi.

1978: don Luciano Ruaro sostituisce don Francescoe la responsabilità della missione passa in toto aipreti vicentini.

1980: arrivano don Giuseppe Pettenuzzo, donMariano Piazza e il laico Gianni Smiderle. Il 1 ° set-tembre entra in vigore la prima convenzione quin-quennale tra la diocesi di Vicenza e la diocesi diSangmelima, che scadrà il 31 agosto 1985.

1981: visita di mons. Onisto. Don Angelo rientra inItalia, seguito da don Luciano (che poi rientrerà nel-la diocesi di Sangmelima nell’estate del 1983 e viresterà come parroco in varie parrocchie fino al1996).

1982-1985: ad Akôn c’è don Lorenzo Bizzotto, chepoi viene sostituito da don Lorenzo Zaupa.

1984: la convenzione tra le due diocesi viene rin-novata fino al 31 agosto 1990.

1986-1987: in previsione della scadenza della con-venzione con la diocesi di Sangmelima, che siavvia verso l’autosufficienza, si prendono contat-ti con alcune diocesi dell’estremo nord, zone diprima evangelizzazione, e si firma un accordo conil vescovo di Maroua-Mokolo, mons. Jacques deBernon, per la missione di Durum (sui monti Man-dara), dove si recano don Giuseppe e il nuovo arri-vato don Ruggero Bravo. La nuova parrocchia èSaint Pierre.

1989: arrivano a Durum quattro suore della Divi-na Volontà di Bassano; sr. Cecilia, sr. Regina, sr.Mirta, sr. Laura; ai preti di Vicenza viene affidataanche la parrocchia limitrofa di Duvangar (era laparrocchia-madre), dove si stabilisce don Rugge-ro.

1990: arriva l'agronomo Nazzareno Sartore perun progetto di sviluppo globale.

1991: don Mariano e don Lorenzo vanno, il pri-

mo a Durum e il secondo a Duvangar, dove c’èanche una comunità di sei suore canadesi.

1992: Vittorio Maran sostituisce Sartore e donGiannantonio Allegri sostituisce don Mariano.

1993: suor Biancarosa, sr. Mirta e sr. Marisa, suoredella Divina Volontà, cominciano un nuovo servi-zio nella vicina diocesi di Yagua, e precisamentenella missione di Mindif.

1994: a Mindif arriva don Antonio Bergamo. Laparrocchia di Duvangar viene divisa e viene crea-ta la nuova parrocchia di Saint Marc a Tchéré-Tcha-kidjebè, affidata a don Lorenzo.

1996: don Giuseppe Pettenuzzo fonda a Morloy,vicino a Durum, il centro diocesano “Gerico” per laformazione di coppie di animatori agricoli.

1997: si susseguono l’inaugurazione da parte delvescovo Nonis del nuovo centro parrocchiale diTchéré-Tchakidjebè, la consacrazione della primachiesa nella parrocchia di Durum e della primachiesa di Duvangar, nonché l’ordinazione del pri-mo prete Mofu, l’abbè Daniel Denguez. A Tchéréarriva don Andrea Mazzon.

Servizio semestrale di don Luciano Bordignonper l’insegnamento nel Seminario interdiocesa-no di Maroua. Nel semestre ‘98-’99 vi ritorna condon Gianni Trabacchin.

1998: finisce l’impegno della diocesi di Vicenzanella parrocchia di Duvangar, che passa in mano aipreti locali. Don Ruggero conclude il suo servizioe rientra in Italia. Arriva al centro “Gerico” la fami-glia Gonella (Nicola, Teresa e figli). Arriva anche donDomenico Piccoli, per avviare a Meri (parrocchia diDuvangar), un’esperienza di “Piccola Fraternità”di Charles de Foucauld, con alcuni giovani.

1999: arrivano, a Durum don Bruno Zordan, e aTchéré-Tchakidjebè, don Francesco Cunial.

2004: arrivano don Damiano Meda e don Giam-paolo Marta.

2006: la nuova avventura si chiama Loulou. è undistretto parrocchiale che nel 2007 diventa par-rocchia S. Giuseppina Bakhita. Don Giuseppe Pet-tenuzzo è il primo parroco, coadiuvato da donMaurizio Bolzon, che poi nel 2009 lo sostituisce.

2011: arriva don Leopoldo Rossi, e si ristabilisce ilnumero di due preti per missione.

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La diocesi di Maroua-Mokolo si tro-va all’estremo nord del Cameroun,incuneata tra il Ciad e la Nigeria, laparte più povera e la più popolosa. Vivivono circa un milione e settecen-tomila persone, divise in più di unacinquantina di etnie, un tempo inconflitto tra loro, ma ora in fase diprogressivo mescolamento.

La Chiesa locale di Maroua-Moko-lo, nata ufficialmente come prefet-tura apostolica nel marzo 1968 ederetta a diocesi nel 1973, guarda allospirito del Concilio Vaticano II. Laparola d’ordine che ha guidato econtinua a sostenere l’impegno mis-sionario di questa Chiesa è mettrel’homme débout (mettere l’uomoin piedi). Lo sforzo è di dare dignitàa una popolazione che viene da unastoria di oppressione, curva sotto ilpeso di successive dominazioni: isla-mica, tedesca, francese.

Sono presenti religioni tradizio-nali monoteiste, legate al circoloagricolo e a numerosi tabù, ma cheoffrono comunque interessanti pun-ti d’approccio alla fede cristiana Ilcristianesimo, in versione cattolica eprotestante, riguarda un terzo dellapopolazione. I cattolici battezzatisono circa sessantamila, più nume-rosi sono i catecumeni e i simpatiz-zanti. I musulmani rappresentano

un terzo della popolazione. Le rela-zioni tra la Chiesa cattolica e l’Islamufficiale sono amicali. Tuttavia siassiste all’arrivo massiccio di musul-mani fondamentalisti, provenientidai Paesi Arabi.

La Chiesa cattolica conta 35 parroc-chie e sette distretti, retti questi ulti-mi da un amministratore laico e daun prete moderatore. In diocesi ope-rano una quarantina di preti dioce-sani e, fra questi, quattro vicentini aservizio di due parrocchie (Tchéré-Tchakidjebè e Loulou). Accanto aloro operano una trentina di religio-si e religiose, di diverse Congrega-zioni. Le suore della Divina Volontàcondividono la sfida della missioneall’interno del cammino della Chiesalocale con un loro Noviziato e la pre-senza in alcune attività di promo-zione umana. Un Seminario teolo-gico interdiocesano garantisce la for-mazione dei giovani preti locali.

Un trinomio interessante qualifical’impegno di evangelizzazione dellaChiesa diocesana: sviluppo, sanità,educazione.

Per quanto riguarda lo sviluppo, sideve tener presente che si opera inun ambiente piuttosto ostile: la sic-cità è endemica, le piogge sono sem-

pre meno abbondanti,la desertificazioneavanza, la popolazioneaumenta rapidamentee le terre disponibilisono sempre meno.L’impegno della dioce-si si svoge attraversotre centri di formazio-ne, tra cui il centroGerico.

Sul fronte della sani-tà, la diocesi è presen-te con un suo ospeda-le, una decina di centri

sanitari e più di duecentoventi comi-tati di sanità, sparsi sul territorio.

La diocesi, fin dall’inizio, ha inte-so sviluppare le strutture educative.Oggi conta due Collegi di scuolasecondaria e una trentina di scuoleprimarie. Il sistema educativo inte-gra l’aspetto teorico con quello pra-tico-sperimentale.

Uno degli obiettivi prioritari del-l’evangelizzazione è la formazione diresponsabili e animatori di comu-nità: servitori, catechisti, animato-ri di gruppo. Il prete esercita cer-tamente un ministero insostituibile,ma lo fa in stretta collaborazione ecorresponsabilità con diaconi, reli-giosi, religiose e laici.

L’attuale vescovo, mons. PhilippeStevens, individua tra le sfide daaffrontare, il fenomeno delle settedi cui alcune sono veramente anti-cristiane, il fondamentalismomusulmano che tende a vanificaregli sforzi verso un dialogo fraternocon i fedeli islamici, uno sviluppoche non tocca minimamente lafascia ampiamente maggioritariadei poveri.

Diocesi di Maroua-Mokolo

L’impegno missionario:mettere l’uomo in piedi

L’attuale vescovo di Maro-ua-Mokolo, mons. PhilippeStevens (foto R.G.)

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Nei quarant’anni di evange-lizzazione fra i Mofù, si sonostrutturate tre grandi

comunità: una a Douvangar (la mis-sione-madre), una a Durum e laterza a Tchakidjebè. Ognuna di que-ste parrocchie è organizzata in set-tori, guidati dai servitori e dal loroConsiglio. Ogni settore raggruppadiverse comunità di villaggio (o dibase).

Ogni comunità di base ha unConsiglio, formato dal responsabile,il catechista, il tesoriere, un respon-sabile giovani, un responsabileragazzi, la responsabile delle donne,della salute, dell’animazione rurale,dei malati e di altri servizi che lacomunità stessa ritiene opportunoavere.

La comunità di base ha comemomenti principali la preghiera ela catechesi durante la settimana. Ilsettore ha come momento forte laliturgia della domenica, per la qua-le si riuniscono tutte le piccolecomunità della stessa regione; ilservitore, eletto dalla comunità, gui-da la preghiera quando non c’è ilprete per la messa, presiede il Con-siglio del settore e organizza tutte leattività pastorali.

La parrocchia è costituita dal-l’insieme dei diversi settori, spes-so distanti tra loro, oppure di linguediverse, ma si ritrovano uniti per legrandi feste della Pasqua, della Pen-tecoste, dell’Assunta, del Natale,della Festa della Sacra Famiglia.Inoltre, la parrocchia fa unità nelConsiglio pastorale e nell’équipeapostolica (servitori, preti, suore).Il primo si riunisce 4 o 5 volte all’an-no; il secondo una volta al mese.

La missione di Tchéré-Tchakidiebèè un’emanazione della parrocchiadi Douvangar, nella quale l’annun-cio del Vangelo è arrivato verso lametà degli anni ‘50, grazie soprat-tutto all’opera del missionario obla-to Yves Tabar, deceduto nel 2003.

La missione è stata ufficialmen-te avviata nel 1994. L’apripista èstato don Lorenzo Zaupa che,essendo in servizio a Douvangar,dal 1992 ha iniziato a seguire i set-tori della futura missione, risie-dendo inizialmente a Tchakidjebè.

Nel 1997 è arrivato don AndreaMazzon, che ha sostituito donLorenzo rientrato nell’ottobre1998.

Nel gennaio 1999 è partito donFrancesco Cunial, che ha collabo-rato con don Andrea fino al rientrodi quest’ultimo, avvenuto nel 2003.Dal novembre 2004, introdotti da

don Francesco, rientrato nell’ago-sto 2005, collaborano due preti:don Damiano Meda e don Giam-paolo Marta.

Durante gli anni, la missione diTchéré ha ospitato altri preti vicen-tini, tra cui don Gianni Trabacchine don Luciano Bordignon, che han-no insegnato (don Luciano conti-nua a farlo) nel seminario inter-diocesano di Maroua.

Il centro geografico della missio-ne è a Tchéré, dove si trovano gliambienti formativi e gli atelier del-la parrocchia (saldatura, granaiocomunitario, falegnameria e muli-no elettrico), la residenza dei pre-ti e delle religiose della congrega-zione di “Notre Dame de Montre-al”, una famiglia religiosa di originecanadese, che da cinquant’anniopera in Cameroun.

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Grande la feconditàdi questa terra

Messa a Tchéré; nell’altra pagina, i catecumeni (foto R.G.)

Parrocchia di Tchéré-Tchakidjebè

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Parrocchia di Tchére-Tchakidjebè

FFIISSIIOONNOOMMIIAA DDEELLLLAA MMIISSSSIIOONNEE

La missione è articolata in cinquesettori molto diversi tra loro per con-sistenza e lingua, una sorta di gran-de unità pastorale (circa 35 chilo-metri di estensione).

1. TTCCHHAAKKIIDDJJEEBBÈÈ: è il “settore madre”,dal quale sono partiti i catechisti chehanno annunciato il vangelo neidiversi villaggi, e poi si sono rag-gruppati nei vari settori. Il respon-sabile si chiama Melzigew Gabriel,coordina i catechisti delle 8 comunitàdi base che compongono il settorepiù vasto della missione. L’etnia pre-valente sono i Mofu, il cosiddetto“popolo della montagna”.2. DDJJEEBBEE: il responsabile è WalamaEmmanuel, che segue un settorecomposto da 4 comunità di base.L’etnia prevalente sono i Mofu e iGuiziga.3. GGOODDOOLLAA: è il settore che si trovasulla strada asfaltata, l’unico asseche collega il nord con il sud delPaese. Risente della sua collocazionegeografica e il piccolo commercioprevale sulle attività agricole. Ilresponsabile è Yaya Cephas, cheaccompagna 5 comunità di base. L’et-nia prevalente sono i Guiziga.4. MMIIKKIIRRII: è il settore più piccolo.Conta 3 comunità di base, tuttesostenute da catechisti provenientida altri settori. Il responsabile èHaman Marc. L’etnia prevalente sonoi Mofù, ma anche i Molko.5. DDOOGGBBAA: è il settore più lontano dalcentro e di più recente costituzio-ne. L’etnia prevalente sono i Mada. Ilresponsabile è Barama Felix, che sioccupa di 4 piccole comunità di base.Qui, più che altrove, si tratta di unapresenza cristiana in mezzo a unambiente fortemente islamizzato.

LLAA PPAASSTTOORRAALLEE

Fin dall’inizio la fisionomia dellaparrocchia è stata improntata allostile missionario, ovvero si cerca di“andare verso”, più che far conver-gere le persone nel centro geogra-fico della missione. Ciò significa cheè il settore il luogo privilegiato per la

celebrazione del giorno del Signore,per le celebrazioni penitenziali, maanche per la formazione di preca-tecumeni e catecumeni. L’apparte-nenza a un’unica parrocchia è resavisibile da alcune celebrazioni euca-ristiche nell’area sacra di Tchéré(festa del raccolto, Palme, vegliapasquale e Pasqua di risurrezione).

Priorità pastorale è l’accompagna-mento delle 24 comunità ecclesialidi base, attraverso le quali passal’evangelizzazione della Chiesa afri-cana. Nelle Ceb la gente si ritrova

settimanalmente per leggere e com-mentare il vangelo della domenica,con l’aiuto di un catechista. È ancheil momento nel quale il responsabi-le della comunità affronta i proble-mi del villaggio.

Di particolare rilevanza è la forma-zione dei laici, senza i quali nonsarebbe possibile operare in un ter-ritorio così articolato e vasto. Il luo-go di riflessione e di programma-zione pastorale più importante peri missionari, non è il consiglio pasto-rale, che si ritrova 3-4 volte l’an-no, quanto piuttosto la riunionemensile con i responsabili dei set-

tori e le suore impegnate nellapastorale. Insieme vengono elabo-rate scelte il più possibile condivise,si verificano le iniziative e si pro-gramma il cammino della parroc-chia, in sintonia con il tema pasto-rale annuale della diocesi.

Fedeli all’impostazione della dio-cesi, l’annuncio del vangelo e lapromozione umana vanno di paripasso. Perciò sono nate moltepliciattività:a. la scuola, sia primaria che secon-daria, seguita da una suora. Gliiscritti alle elementari sono 476, dicui la metà sono ragazze. Imparanoa leggere e a scrivere nel rispettoreciproco delle differenti confes-sioni religiose. È stato anche avvia-to un progetto di accompagna-mento di studenti di scuola secon-daria (sono un centinaio, di cui unametà circa vive, in forma comuni-taria, a Meri e a Tokomberè, vicinoai rispettivi luoghi di formazione)per il conseguimento del diploma invista di uno sbocco lavorativo,peraltro sempre molto precario. b. L’altro ambito è l’acqua: con unastagione secca che dura otto mesi,è necessario costruire piccoledighe con pozzi e forage, cioè poz-zi meccanici chiusi, che garanti-scono una potabilità sicura, ma chehanno costi di costruzione e dimanutenzione elevati.c. C’è, poi, l’impegno sul fronte ali-mentare, attraverso gli otto granaicomunitari. L’iniziativa consente diacquistare dei sacchi di miglio, chevengono poi conservati nei magaz-zini per i tempi di carestia. Con lafarina di miglio fermentata si pro-duce anche l’alcol. L’alcolismo èuna vera piaga sociale che segnatrasversalmente tutti i settori e leetà. Per questo, in parrocchia si èformato un gruppo di mutuo aiuto.d. Sul fronte sanitario, la diocesisostiene un progetto, finanziato dal-la Comunità Europea, per la pre-venzione della diffusione dell’Aids.Inoltre, una persona segue a domi-cilio i malati e i figli delle personeinfette per accertarsi che prendanole medicine necessarie.

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DALL’INIZIO DELLA MISSIONE

Battesimi: 401N. attuale di catechisti: 36 Catecumeni candidati al battesimo: 80Membri del Consigliopastorale: 80

Page 23: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

Loulou nasce inizialmentecome settore pastorale dellaparrocchia di Salak, una par-

rocchia dai molti villaggi, che il par-roco riesce a visitare poche volteall’anno. Il 1998 è l’anno dell’indi-pendenza: il territorio viene eretto adistretto parrocchiale (distretto diZamala, dal nome del villaggio posi-zionato in zona centrale), e affidatoa un amministratore laico, Paul Blo-koumdi.

Nel 2006 la diocesi di Vicenzaaccoglie l’invito del vescovo PhilippeStevens di aprire una nuova missio-ne e fin da subito l’attenzione si con-centra appunto sul distretto diZamala. Don Giuseppe Pettenuzzo viarriva alla fine dello stesso anno,mentre don Maurizio Bolzon lo rag-giunge nel maggio successivo.

A luglio del 2007 il distretto par-rocchiale diventa parrocchia “S. Giu-seppina Bakhita” di Loulou e donPettenuzzo ne è il primo parroco.Un primo avvicendamento lo si hanel settembre del 2008, quandomons. Stevens chiede a don Mauriziodi assumere il ruolo di guida, cosìda liberare don Giuseppe per altriincarichi diocesani. Questi rientreràin Italia nel giugno del 2009. A finegennaio 2011, la diocesi di Vicenza sifa presente a Loulou con un nuovomissionario fidei donum, don Leo-poldo Rossi, così da ristabilire ilnumero di due preti per missione.

LLAA CCOONNFFIIGGUURRAAZZIIOONNEE DDEELLLLAA PPAARRRROOCCCCHHIIAA

La parrocchia si estende su un vastoterritorio di savana pianeggiante,caratterizzato da un piccolo altipianocentrale, dove svetta il bel picco diLoulou.

Qui vivono i Ghizigà-Lulù, anche sepresenze sempre più massicce diFulbé (popolazioni inizialmente

nomadi, ma oggi in gran parte seden-tarizzate) hanno ormai variegato lacomposizione dei villaggi.

Per otto mesi all’anno non cadeuna goccia di pioggia: la savana assu-me le tipiche tonalità giallo-ocra, chesolo da giugno a settembre lascianocampo al verde della vegetazione. Èquesto, infatti, il periodo delle piog-ge.

Le comunità cristiane - a volte for-mate da più villaggi - sono 26, rag-gruppate in 7 settori, sparpagliatesu tutta la superficie parrocchiale,quindi, spesso molto lontane l’unadall’altra (si pensi che da un capoall’altro della parrocchia ci sono 46km!). La mancanza di vere strade, ilfatto che la stagione piovosa “tagliafuori” interi settori dal contatto con lamissione, le distanze, la mancanzadi mezzi di locomozione (eccettoqualche bicicletta)… tutto questo fasì che niente sia facile da organizza-re: né trovare un posto agevole per lamessa, né impiantare una scuola o uncentro sanitario raggiungibile da tut-ti, né fare incontri di formazioneumana, sociale, sanitaria, cristiana…

La pastorale in questa missionenon può essere che itinerante e nonpuò che appoggiarsi sulla disponibi-lità dei cristiani stessi, ingaggiati

come guide di comunità, catechisti,animatori della promozione umana.

LLEE SSFFIIDDEE

È difficile cogliere l’ampiezza dellesfide che questa popolazione deveaffrontare. Innanzitutto la deserti-ficazione. Fino a non molti anni fal’ambiente contava di molte zoneboschive, che garantivano una plu-viometria più regolare, la presenzadi animali da cacciare, una certamitigazione dei venti.

Oggi sono rimasti pochi alberi.Ciò è dovuto, da un lato, al fattoche al vertiginoso aumento dellapopolazione è corrisposto un piùgrande bisogno di terre da coltivare(terre strappate alla vegetazioneautoctona); e, dall’altro, alla doman-da sempre più pressante di legna,unica fonte energetica disponibile inquesta regione.

Le conseguenze di questa spa-ventosa deforestazione sono sottogli occhi di tutti: piogge sempre piùscarse (e quindi raccolti semprepiù a rischio!), erosione dei terreni,impoverimento progressivo deicampi, sparizione di tutti i grandimammiferi africani, difficoltà areperire legna per cucinare.

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Parrocchia di Loulou

Loulou. Ragazze al pozzo; nelle foto dell’altra pagina: la scuola e donMaurizio Bolzon impegnato nelle confessioni (foto R.G.)

Ricchezza di voltie paesaggi

Page 24: Romina Gobbo, caposervizio La Voce dei Berici don Flavio

LL’’AABBBBAANNDDOONNOO DDEEII VVIILLLLAAGGGGII. Ormai nonsi contano più i giovani che, quasiinesorabilmente, lasciano le loroterre per andare a cercare lavoro (efortuna) nelle grandi città del sud odella costa. LL’’AALLCCOOLL.. In questi villaggi, l’alcol sichiama principalmente bil-bil, una“birra” che si ricava dalla fermen-tazione del miglio. È una vera pia-ga sociale. Dopo i 22/25 anni sonopochi i giovani che non abbianouna vera e propria dipendenza (chepoi dura tutta la vita), con conse-guenze nefaste: soldi “sprecati” perl’acquisto, miglio sottratto all’ali-mentazione quotidiana (è la basenutrizionale), calo dello spiritod’iniziativa, violenza in famiglia,tempo rubato al lavoro dei campi oad altre attività, cirrosi epatica mol-to diffusa, ecc.LL’’IISSOOLLAAMMEENNTTOO.. Il fatto che la par-rocchia non sia attraversata da nes-suna grande via di comunicazione,ma anzi, che in certi periodi del-l’anno sia addirittura isolata dalmondo (un torrente ne interrompel’accesso), ha fatto sì che questepopolazioni siano rimaste in buonaparte estranee a quel poco di svi-luppo che ha interessato questaprovincia camerunese.LL’’AANNAALLFFAABBEETTIISSMMOO.. Tutta la regionene è segnata. Ma in una zona di vil-laggi così sparsi, il problema è anco-ra più avvertito. Pochi maestri e

spesso mal formati, classi di 100-150 bambini, mancanza di quader-ni, libri, banchi…: il risultato è chedopo sei anni di elementari, quasinessuno sa esprimersi in francese(la lingua nazionale) e scriverequalche riga in modo corretto.

LLEE PPRROOSSPPEETTTTIIVVEE

A Loulou, fin da subito, il puntofermo è stato far crescere le comu-nità intorno alla Parola di Dio: èessa che deve indicare la rotta, chedeve animare la vita personale e di

comunità. Ecco allora dipanarsi ilgrande lavoro di formazione dicatechisti, responsabili, animato-ri… Ecco allora l’organizzazione,nei vari villaggi, delle Cev (Comu-nità ecclesiali viventi).

Il secondo grande obiettivo è lascolarizzazione, quasi come condi-zione previa per poter fare tutto ilresto. In questa prospettiva, oltread appoggiare in vari modi le pic-cole scuole pubbliche dislocate sulterritorio, dal settembre 2010 si èaperta una struttura elementaredella missione, che punta a dareun’educazione scolastica solida equalitativa. I risultati sono decisa-mente incoraggianti.

E infine, il terzo polo, quello del-la promozione umana, che qui sideclina in diverse modalità: dalleattività di promozione della don-na, allo scavo di pozzi, ai corsi dialfabetizzazione per adulti, all’in-tervento sanitario nei casi di epi-demia…

«La parrocchia non ha architet-tura o altra arte da vantare (siamoancora agli inizi! In un solo settore,finora, si è costruita una cappella)- racconta il parroco, don Mauri-zio Bolzon -. Qui la meraviglia èdata dai volti e dai paesaggi, lagrande ricchezza della terra deiGhizigà!».

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Parrocchia di Loulou

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Vicenza e il Progetto Thailandia

Nel 1990 le diocesi del Tri-veneto celebrarono adAquileia il loro primo gran-

de Convegno ecclesiale. In quel-l’occasione decisero di raccoglierel’insistente invito del Papa a pre-stare un’attenzione particolareall’Asia, ricca di culture e religioniplurisecolari. Ne è nato, dopo unlungo lavoro di ricerca e di rifles-sione, il progetto della MissioneTriveneta in Thailandia.

Avviato nel 1997, prevede unacollaborazione con la diocesi diChiang Mai, nel nord del Paese:una diocesi con 5 milioni di abi-tanti (35.000 cattolici), una ses-santina di sacerdoti, ma solo 21diocesani nativi; gli altri sono reli-giosi, anche italiani.

I primi a partire sono don PietroMelotto e don Gabriele Gastaldello,della diocesi di Vicenza, che arri-vano a Chiang Mai il 7 luglio 1997,accompagnati da mons. AntonioMattiazzo, vescovo di Padova, e dadon Ruggero Ruvoletto, alloradirettore del Centro missionario diPadova.

Dopo un periodo di studio dellalingua e di esperienza presso ilPime di Lanpang, dall’ottobre 1999si mettono a disposizione della dio-cesi di Chiang Mai, che affida lorola responsabilità del Centro diChaehom, già avviato dai missio-nari del Pime (Pontificio IstitutoMissioni Estere), e in particolaredal vicentino padre AlessandroBordignon.

Successivamente, anche in pre-visione dell’arrivo di altri preti fideidonum dal Triveneto, si fa stradala prospettiva - concordata tra ivescovi del Triveneto e il nuovovescovo di Chiang Mai - di dare ilvia a una nuova presenza missio-naria nella città e nella provincia diLamphun.

La Thailandia è uno stato indipen-dente, situato nel sud-est dell’Asia.La capitale è Khrung Thep (Cittàdegli angeli), ma è molto più cono-sciuta con il nome di Bangkok. IlPaese si estende su una superficiedi 517mila kmq, ovvero grandequanto la Francia. Confina, a estcon Laos e Cambogia, a nord e aovest con il Myanmar (Birmania), asud con la Malaysia. Ha una popo-lazione di 64.200.000 abitanti.

La Nazione è divisa in quattroaree geografiche, differenti fra loro:la Thailandia settentrionale è carat-terizzata da montagne ricoperte daforeste monsoniche e da ampie everdi vallate; la Thailandia centraleè una vasta e fertile pianura, sol-cata dal fiume Chao Phraya (dettoanche Mae Nam) e dai suoi affluen-ti; il nord-est (Isaan) è un altopianopovero d’acqua e afflitto da periodidi siccità, è la parte più povera edepressa del Paese; il sud è rico-perto da foreste di tipo pluviale.Sono i monsoni i principali arteficidel clima: il monsone sud-occiden-tale arriva tra maggio e luglio e durafino a novembre, causando la sta-gione delle piogge; segue una sta-gione secca e fresca fino a metàfebbraio; poi, fino all’arrivo del mon-sone, c’è la stagione calda.

Paese tradizionalmente agricolo,la Thailandia è il maggior esporta-tore di riso e produttore di gommaal mondo. Il sottosuolo è ricco di

risorse minerarie e l’industria mani-fatturiera è discretamente svilup-pata. Una delle fonti maggiori diguadagno per il Paese è il settoreturistico.

La Thailandia è un Paese a gran-dissima maggioranza buddhista(95%), con un 4% di musulmani(soprattutto al sud) e una presenzasignificativa al nord di appartenen-ti a religioni tradizionali (detticomunemente “animisti”). I cristia-ni cattolici sono soltanto lo 0,75%.

Il Regno di Thailandia è unamonarchia costituzionale, e ha ilsuo massimo rappresentante nellafigura di Bhumibol Adulyadej, nonosovrano della dinastia Chakri, salitoal trono nel 1946 con il titolo diRama IX. La Monarchia e il Bud-dhismo sono i cardini della societàthailandese e godono del massimorispetto e deferenza. Mancare dirispetto al re, oltre che indice dipoca educazione, è anche un reatopunito con pene molto severe. Que-sto vale anche per gli stranieri. SuaMaestà è estremamente popolaree benvoluto: praticamente in ognicasa thailandese c’è l’immagine del-la coppia reale. Non essendo maistata colonizzata, in Thailandia nonsi parlano le lingue occidentali, masoltanto il thai. Durante le guerrenell’Indocina, è servita come baseagli Usa e forse per questo è l’unicoPaese della penisola che è statorisparmiato dal comunismo.

Coltivazione di riso

La sfida dei cattoliciin terra buddista

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Diocesi di Chiang Mai

La Diocesi di Chiang Mai, cheoccupa da sola tutto il norddella Thailandia, è composta

da migliaia di villaggi sparsi nellepianure, nelle vallate e tra le fore-ste delle montagne. I villaggi sonorealtà abitative molto semplici(vanno da poche decine di fami-glie a qualche centinaio di abitan-ti) e a volte non sono stabili, per-ché legati a condizioni variabili(acqua, alimenti, vie di comunica-zione...). Sono formati da differentitribù, che vivono anche la difficol-tà dell’integrazione linguistica, poi-ché usano idiomi locali.

L’evangelizzazione ha dovutotener conto di questa situazione eha potuto entrare in contatto soloattraverso “mediatori”, che cono-scessero le lingue e condividesse-

ro lo spirito missionario. I media-tori sono catechisti e rappresen-tanti di villaggio. I primi, pur man-

tenendo unaloro vita fami-liare o profes-sionale, simettono adisposizionedella Chiesaper formarsi,svolgere neivillaggi l ’ac-c o m p a g n a -mento ordina-rio (l iturgiasettimanale,c a t e c h e s i ,discernimentosu quantoaccade nel vil-laggio loroassegnato), eassistere i lmiss ionar ionelle occasio-ni di visita; isecondi risie-dono nel vil-laggio stesso emantengono

le relazioni con le autorità civililocali, con le istituzioni del posto, esoprattutto osservano e riferisconociò che nel villaggio succede diimportante, su cui la comunità e lamissione devono intervenire.

I catechisti sono persone chehanno fatto una forte esperienza difede; alcuni di loro sono convertitidalle tradizioni animiste o dal bud-dismo; sono la vera forza di ogniparrocchia, che si impegna adappoggiarli nelle necessità opera-tive (trasporto, benzina, sussidivari...), a copertura dei “mancatiintroiti” del lavoro. La stessa Dio-cesi corrisponde loro, mensilmen-te, un contributo.

In Diocesi i cattolici sono circa4mila su una popolazione di600mila abitanti. La cattedrale èl’unica parrocchia della città. Ilvescovo è mons. Francis XavierVira Arpondratana, gesuita di ori-gini vietnamite.

La Chiesa cattolica ha potutoentrare in Thailandia grazieall’apertura di collegi e scuole,apprezzati da tutti (anche i figlidel re frequentano la scuola catto-lica, pur essendo buddisti).

L’evangelizzazione attraverso i mediatori

Villaggio

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Missione di Chae-Hom

La “Regina Pacis” puntasulla formazione dei giovani

La missione di Chae-Hom sitrova nella regione a norddella Diocesi di Chiang Mai,

incuneata fra il Myanmar, il Laos ela vicina Cina, in una zona monta-gnosa, chiamata il “Triangolo d’oro”,poiché è tra le regioni che produ-cono la maggior parte dell’oppiopresente sui mercati internazionali.La missione si estende su un terri-torio di 90 km di lunghezza e 70 dilarghezza, con una popolazione dicirca 70mila abitanti, in parte thai(Iannathai) di religione buddista,ma in maggioranza di altri gruppietnici, qui immigrati o rifugiati (dalLaos sono giunti i Hmong e gli Yaomentre dalla Birmania insieme aiKaren anche Lisu, Lahu e Akha),ognuno con la propria lingua, leproprie tradizioni, il proprio mododi vivere una religiosità “animista”,sparsi su una rete di oltre 350 vil-laggi, suddivisi in tre distretti(Chae-Hom, Muangpan e Wan-gnua), nella provincia di Lampang.

Fondata nel 1985 dai padri delPime e passata ai sacerdoti delleDiocesi del Triveneto nel 1997, lamissione vede, dapprima, don Pie-tro Melotto e don Gabriele Gastal-dello, accompagnati da mons. Anto-nio Mattiazzo e da don RuggeroRuvoletto, rispettivamente vesco-vo e direttore del Centro missiona-rio di Padova, poi, da giugno 1999,don Bruno Rossi e don Lorenzo Bia-sion della Diocesi di Padova, segui-ti a breve da don Giuseppe Berti,della Diocesi di Verona.

Ai preti si aggiungono anche duecongregazioni di suore missionarie:le Saveriane e le suore della Caritàdi S. Giovanna Antida Thouret. Dal1° maggio 2000, Chae-Hom è uffi-cialmente costituita come Missio-ne “Regina Pacis”; don Piero Melot-to vi lavora, nell’équipe del Trive-neto, fino al 2009.

Data l’estensione del territorio

di riferimento, è inevitabile per imissionari “correre” a cercare lepersone dove vivono, celebrare l’eu-caristia quando possibile, animare lapreghiera, incontrare i simpatiz-zanti e i catecumeni, sostenere iconvertiti. Una scelta precisa è sta-ta puntare sull’educazione deiragazzi e ragazze, realizzando cen-tri di formazione. Il più sviluppato èa Chae-Hom: funge da parrocchia (icattolici sono poco più di un miglia-io) e da luogo di ospitalità.

A fianco della casa dei sacerdoti,ci sono i locali per i ragazzi/e (refet-torio e cucina, dormitori, sale distudio, sale multifunzionali e bat-terie sanitarie), la cappella e unaserie di aree usufruibili per l’alleva-mento, la coltivazione e la ricrea-zione.

Attualmente accoglie esclusiva-mente ragazzi/e delle medie-supe-riori che frequentano la scuola pub-blica, distante circa 500 metri. Pro-vengono dalle famiglie povere deitanti villaggi e appartengono a diver-

se tribù etniche. Vivendo assieme, sicrea un processo di integrazione econoscenza reciproca.

La missione offre loro l’appren-dimento di un percorso educativo ereligioso e di un lavoro, grazie aun’équipe formata da un direttore equattro animatori, sotto il coordi-namento dei missionari. I ragazzicontribuiscono partecipando ailavori del centro: dalla manuten-zione all’allevamento, dalla coltiva-zione all’artigianato.

Per far fronte alle spese, fin dal-l’inizio, il centro ha puntato sullarisorsa del “sostegno a distanza”.

Il sostegno include le spese delmateriale scolastico, alimentazio-ne, manutenzione del Centro, luce,acqua, compenso mensile degli ani-matori, cuoco, tasse scolastiche,proposte formative… Altri quattrocentri simili, ma più piccoli, sonoattivi sul territorio, perché, spiega-no i sacerdoti, «i ragazzi stannomeglio vicino alle famiglie», doverientrano il sabato e la domenica.

Il Centro educativo di Chae-Hom. Nell’altra foto, don Piero Melot-to con alcune donne della comunità

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Missione di Lamphun

Là dove non si può prescinderedal dialogo interreligioso

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Nel 2000, quando ormai lamissione di Chae-Hom èconsolidata, si fa strada la

prospettiva - concordata tra i Vesco-vi del Triveneto e il nuovo vescovo diChiang Mai - di avviare una nuovapresenza missionaria nella città enella provincia di Lamphun (a 27km da Chiang Mai).

Poiché è l’unico distretto indu-striale di tutto il nord della Thailan-dia (vi sono ditte thailandesi chelavorano nella conservazione dellafrutta e nel settore alimentare ingenere, nonché ditte giapponesi,americane e francesi che produconocomponenti elettronici e lenti di pre-cisione), Lamphun è il punto di con-fluenza di molti giovani che arrivanodalle campagne e dai monti alla ricer-ca di un lavoro.

Lamphun è la più piccola delleotto province che compongono ladiocesi di Chiang Mai: conta pocopiù di 400mila abitanti, ha un’esten-sione di 4.500 km2, è lunga 136 km elarga 43. Non solo è la più piccola, maè anche la più antica di tutto il nord.Secondo la tradizione, Ariphunchai(così si chiamava) fu fatta costruirenel 657 dal monaco Wasuthep, chepoi invitò la principessa Ciamathewia governarla. Per molto tempo, il

regno di Ariphunchai fu centro dicultura e di diffusione del buddismoper tutta la regione, fino al declino, inseguito al sorgere della città diChiang Mai e del regno Lanna.

Il 31 marzo 2010, nella cattedraledi Chiang Mai, in occasione dellamessa crismale, il vescovo FrancisXavier Vira Arpondratana ha affida-to ufficialmente a don Piero Melottola cura pastorale dei fedeli della pro-vincia di Lamphun, unica, tra le ottodella diocesi, a non aver avuto fino adallora una presenza pastorale orga-nizzata. A maggio 2010, don Pierosi trasferisce stabilmente a Lamphun,dove viene presto affiancato dal vero-nese don Giuseppe Berti, anche luiproveniente da Chae-Hom.

In un primo momento le celebra-zioni si svolgono nella casa dei pretie vi partecipano alcuni membri del-le dieci famiglie cattoliche. “Stare lì”è già un servizio: la piccola comuni-tà teme, infatti, di essere abbando-nata. Quindi, è necessaria la fedeltàalla celebrazione dell’eucaristia,anche se a volte il numero dei pre-senti è minimo; inoltre, è indispen-sabile aiutarli a creare legami traloro, e renderli consapevoli che sonoloro la Chiesa locale, coinvolgendolinella visita agli ammalati, nelle pic-

cole decisioni, nella ricerca di unluogo dove poter collocare la chiesa,che tanto desiderano.

A fine giugno, la Diocesi affittauno stanzone al mercato municipale,che viene adibito a cappella: l’inter-no è accogliente, ma l’ambienteesterno non aiuta le celebrazioni. Incompenso, il mercato è un luogopubblico e conosciuto, e aumentanoi partecipanti alla messa, tanto che inalcune circostanze non c’è posto pertutti.

A dicembre, il vicario generale eparroco della cattedrale (di cui Lam-phun è una “cappella”) acquista unampio terreno vicino alla città vec-chia, nella zona degli uffici ammini-strativi; un salone viene adattato acappella e quel luogo diventa la par-rocchia.

Il primo Natale (2010) è forte-mente partecipato, sia nella prepa-razione, che nella celebrazione. Inol-tre, da quella festività, un gruppo(più di quaranta) di immigrati e rifu-giati birmani inizia a partecipareregolarmente e con grande devozio-ne a una messa dedicata specifica-mente a loro.

Il dialogo rappresenta la grandesfida, perché a Lamphun tutte lefamiglie cattoliche sono interreligio-se (il marito, la moglie o i figli sonobuddisti), per la situazione numericadella comunità cattolica (30 cattoli-ci residenti stabili su una popolazio-ne di 450mila abitanti), e perché èchiaro che Lamphun ha una forte,orgogliosa, religiosità buddista.

«Le prospettive sono promettenti- dicono i preti -, anche se richiedo-no pazienza, come quando si piantaun albero di tek (legno pregiatissimodi queste terre): si dice, infatti, chechi lo pianta non sarà colui che lopotrà abbattere per sfruttarne illegno, proprio perché richiede tantianni per crescere e diventare utiliz-zabile».

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DDa trentacinque anni la Chiesavicentina è impegnata in modo con-creto e costante nella realtà missio-naria, attraverso i preti “fideidonum”. Essi si aggiungono allemigliaia di sacerdoti, religiose e reli-giosi delle nostre terre che lungo idecenni hanno dedicato e, moltistanno ancora dedicando, la propriavita nell’opera di testimonianza e dievangelizzazione nei luoghi piùdiversi del mondo. La presenza deisacerdoti diocesani ha creato rela-zioni di reciprocità e crescita nellafede con altre Chiese sorelle, ha aiutato la nostra comunità eccle-siale ad aprirsi e a diventare più missionaria. L’andare di questi sacerdoti ha allaradice il medesimo mandato cheogni sacerdote diocesano riceve almomento della sua ordinazione. Vi èin questo senso un legame tutto par-ticolare con la Chiesa diocesana, chesi manifesta anche in terra di mis-sione. A partire da tale consapevo-lezza, abbiamo pensato che nonpotevamo concludere l’esperienzaeditoriale di “All’ombra del campa-nile”, dove abbiamo raccontato inquasi mille pagine la storia, l’arte ela vita delle 354 parrocchie dellanostra diocesi, senza presentareanche il volto della diocesi in missione.Ecco allora l’idea di questo inserto,che offriamo ai nostri lettori in con-tinuità ideale con i venticinque pre-cedenti che ci hanno accompagnati

per un intero anno. Il nostro setti-manale, spesso, ha dedicato e dedicaspazio e attenzione alle missioni ingenerale e a quelle con preti “fideidonum” in particolare. La presentepubblicazione permette di conoscerlimeglio e incontrare idealmente la loro esperienza. Nelle quarantapagine sono infatti presentate lemissioni in cui attualmente presta-no servizio i sacerdoti diocesani e nelle quali altri precedentemente si erano alternati: in Brasile e inEcuador, in Cameroun, in Thailan-dia. È, in questo senso, una visionecorale di una testimonianza checammina con le gambe di singolipreti e cresce con il cuore di tutta la diocesi.Seppur in sintesi,l’inserto permettedi farsi un’idea dei Paesi e dei con-testi dove i “nostri” attuali dodicisacerdoti missionari vivono e ope-rano. Possiamo renderci conto dicome si articola la vita pastorale di queste comunità e cogliere la ricchezza di fede e la speranza (oltre che i problemi) che anima le diverse diocesi. Le presentazioni sono il frutto dimateriale arrivato direttamente dal-le missioni, rielaborato dalla nostracaposervizio Romina Gobbo.L’auspicio è che la pubblicazioneserva a ciascuno di noi e alle nostrecomunità parrocchiali a sentircipiù uniti e in comunione con questeChiese sorelle e con i “nostri” presbi-teri che là svolgono il loro ministero.

Il volto della Diocesiin missione

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Direttore responsabile: Lauro Paoletto

Stampa: Cooperativa tipografica degli operai - VicenzaSettimanale di informazione della Diocesi di Vicenza