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(Allegato 1) (*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005. L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005. SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE IN ITALIA ENTE 1) Ente proponente il progetto: Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile 2) Codice di accreditamento: 3) Albo e classe di iscrizione: CARATTERISTICHE PROGETTO 4) Titolo del progetto: RESINA - Rafforzamento della resilienza a fronte di catastrofi naturali e antropiche: metodologie per il rischio idrogeologico e ambientale. 5) Settore ed area di intervento del progetto con relativa codifica (vedi allegato 3): Settore: B (Protezione civile) Aree di intervento: 02 Interventi emergenze ambientali; 04 Ricerca e monitoraggio zone a rischio 6) Descrizione dell’area di intervento e del contesto territoriale entro il quale si realizza il progetto con riferimento a situazioni definite, rappresentate mediante indicatori misurabili; identificazione dei destinatari e dei beneficiari del progetto: 6.1 INTRODUZIONE Il Quadro di Riferimento di Sendai per la Riduzione del Rischio di Catastrofi 2015 - 2030 (QRS), adottato a Sendai, in Giappone, il 18 marzo 2015 in occasione della Terza Conferenza mondiale delle Nazioni Unite è il risultato delle consultazioni delle parti interessate avviate nel marzo 2012 e dei negoziati intergovernativi sostenuti dall'Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio di Catastrofi (UNISDR) dal luglio 2014 al marzo 2015. 2 NZ02284 Nazionale

SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN...Una gestione integrata di riduzione dei rischi deve pertanto contenere tutte le componenti del ciclo dell’emergenza (fig.1). Documento

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Page 1: SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN...Una gestione integrata di riduzione dei rischi deve pertanto contenere tutte le componenti del ciclo dell’emergenza (fig.1). Documento

(Allegato 1)

(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN SERVIZIO CIVILE IN ITALIA

ENTE

1) Ente proponente il progetto:

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile

2) Codice di accreditamento:

3) Albo e classe di iscrizione:

CARATTERISTICHE PROGETTO

4) Titolo del progetto:

RESINA - Rafforzamento della resilienza a fronte di catastrofi naturali e antropiche:

metodologie per il rischio idrogeologico e ambientale.

5) Settore ed area di intervento del progetto con relativa codifica (vedi allegato 3):

Settore: B (Protezione civile)

Aree di intervento: 02 Interventi emergenze ambientali; 04 – Ricerca e monitoraggio

zone a rischio

6) Descrizione dell’area di intervento e del contesto territoriale entro il quale si realizza

il progetto con riferimento a situazioni definite, rappresentate mediante indicatori

misurabili; identificazione dei destinatari e dei beneficiari del progetto:

6.1 INTRODUZIONE

Il Quadro di Riferimento di Sendai per la Riduzione del Rischio di Catastrofi 2015 -

2030 (QRS), adottato a Sendai, in Giappone, il 18 marzo 2015 in occasione della

Terza Conferenza mondiale delle Nazioni Unite è il risultato delle consultazioni

delle parti interessate avviate nel marzo 2012 e dei negoziati intergovernativi

sostenuti dall'Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio di Catastrofi

(UNISDR) dal luglio 2014 al marzo 2015.

2

NZ02284

Nazionale

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Il QRS è lo strumento che succede allo Quadro d’Azione di Hyogo (HFA - Hyogo

Framework for Action) 2005 - 2015: “Costruire la resilienza delle nazioni e delle

comunità alle catastrofi”.

Rispetto allo HFA, il QRS introduce numerose innovazioni, soprattutto per ciò che

riguarda un'enfasi maggiore sulla fase di preparazione all’emergenza e di

prevenzione del rischio in contrapposizione alla sola gestione delle emergenze e

nell’aumento della resilienza, anche tramite il coinvolgimento dell’insieme delle

organizzazioni e istituzioni nazionali.

Inoltre, la finalità della riduzione del rischio di catastrofi è stata significativamente

ampliata per focalizzarsi sui rischi sia naturali che antropici, e ai correlati rischi e

pericoli di natura ambientale, tecnologica e biologica. La resilienza degli aspetti

sanitari è fortemente promossa in ogni ambito.

Il QRS si focalizza anche sui seguente aspetti:

la necessità di migliorare la comprensione del rischio di catastrofi in tutte le

sue dimensioni di esposizione, vulnerabilità e caratteristiche di pericolosità;

il rafforzamento e delle responsabilità della governance del rischio di

catastrofi;

la preparazione a "ricostruire meglio" (“Building Back Better”);

il rafforzamento della cooperazione e delle partnership internazionali.

Pertanto, il presente progetto fa riferimento a quanto stabilito a livello globale con il

QRS, in particolare mirando a individuare metodologie utili a livello locale per il

rafforzamento della resilienza nei settori del rischio idrogeologico e ambientale.

Il progetto nasce dalla necessità e dalla consapevolezza progressivamente maturata

nel corso degli ultimi anni all’interno dell’Ufficio II del Dipartimento della

Protezione Civile di disporre strumenti e metodologie utili per la gestione delle

diverse fasi del ciclo dell’emergenza. Da un lato, il progetto intende affrontare le

problematiche legate alla fase di “preparedness” attraverso una più sistematica e

organizzata conoscenza degli eventi idrogeologici verificatesi sul territorio

nazionale a partire al 2005, al fine di poter notevolmente migliorare le capacità di

previsione e sorveglianza degli eventi futuri. Da un altro lato, il progetto intende

puntare all’analisi delle fasi di risposta (“response”) e superamento delle

conseguenze ambientali dell’emergenza (“recovery”), con particolare attenzione alla

gestione dei rifiuti prodotti in conseguenza di calamità naturali (Disaster Waste

Management - DWM), e con l’obiettivo principale di individuare strumenti per la

valutazione della capacità di resilienza locale nell’ambito del DWM.

Di seguito, dopo una breve descrizione del progetto verrà analizzato in dettaglio il

contesto settoriale e territoriale entro cui il progetto stesso è collocato.

Successivamente verrà svolta un’analisi SWOT, utilizzata usualmente per il

supporto alle decisioni, che permetterà di evidenziare i punti di forza (Strength) e le

debolezze (Weakness), al fine di far emergere le opportunità (Opportunities) e le

minacce (Threats) che caratterizzano il contesto di riferimento.

6.2 FINALITÀ DEL PROGETTO

Il presente progetto persegue due finalità distinte, ma significativamente integrate

tra loro, che consistono:

A. nell’analisi delle fasi che contraddistinguono il processo di valutazione di un

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L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

evento di tipo idrogeologico e idraulico nella fase di “preparedness”:

previsione meteorologica, analisi idrologica, aspetti idraulici e

caratterizzazione degli impatti sul territorio. Tali informazioni devono essere

sistematizzate affinché si possano valutare adeguatamente la tipologia e la

frequenza dei fenomeni che impattano sul territorio, al fine di ottenere

strumenti più completi per lo studio delle condizioni di rischio residuo, degli

scenari in atto e della loro possibile evoluzione.

B. partendo anche dalle risultanze del progetto ING-REST, nell’analisi delle

fasi di risposta (“response”) e superamento delle conseguenze ambientali

dell’emergenza (“recovery”), specialmente in materia di gestione dei rifiuti

prodotti in conseguenza di calamità naturali (Disaster Waste Management -

DWM). Partendo dai prodotti di ING-REST in materia di rischio ambientale,

il progetto sarà finalizzato all’analisi di casi di studio a livello nazionale, best

practice internazionali e ad un confronto peer-to-peer. A partire da tali

analisi, saranno individuate anche linee guida per specifiche componenti del

DWM. Prendendo spunto dalle metodologie di Post Disaster Needs

Assessments (PDNA) sviluppate a livello internazionale, saranno valutate le

potenziali azioni di implementazione del PDNA al contesto nazionale e

individuate possibili strategie di “Build Back Better” (BBB) e “Build Back

Greener” (BBG).

Per ciascuno degli aspetti previsti saranno impegnate le risorse interne con

particolare specializzazione sugli argomenti trattati che supporteranno le attività di

sviluppo e produzione realizzate dai volontari in servizio civile.

L’obiettivo del progetto verrà perseguito attraverso un’analisi dei dati disponibili,

delle metodologie e dei sistemi di scambio di informazioni esistenti, anche in base a

quanto disposto dalla normativa di settore, e attraverso l’eventuale l’analisi dei

rapporti di evento e degli studi monografici sul dissesto idrogeologico in Italia.

6.3 INQUADRAMENTO ISTITUZIONALE

In Italia la Protezione Civile, a differenza di altri Paesi, anche europei, non è

esclusivamente la “macchina per il soccorso”, che interviene solo dopo un evento

calamitoso ma è, soprattutto, un “sistema”, presente a tutti i livelli sul territorio, che

ha una visione completa del problema che va dalla previsione e prevenzione

(“preparedness”) degli eventi, alla gestione delle operazioni di soccorso

(“response”) ed al superamento dell’emergenza (“recovery”), ossia l’attuazione,

coordinata con gli organi istituzionali competenti, delle iniziative - necessarie e non

rinviabili - volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di

vita. Una gestione integrata di riduzione dei rischi deve pertanto contenere tutte le

componenti del ciclo dell’emergenza (fig.1).

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Figura 1. Il ciclo dell’emergenza

Tutte le attività sopra descritte, vengono poste in essere da parte delle diverse

componenti del Sistema Nazionale di Protezione Civile per tutte le tipologie di

rischio presenti sul territorio nazionale, quali ad esempio:

rischio idrogeologico

rischio vulcanico

rischio sismico

rischio incendi boschivi

Il Servizio Nazionale della Protezione Civile è organizzato istituzionalmente su

quattro livelli di competenza e responsabilità. Il primo livello è quello comunale: il

Sindaco è la prima autorità di Protezione Civile, la più vicina al cittadino, ed ha la

responsabilità di affrontare, con le risorse e gli uomini di cui dispone, i primi

momenti di difficoltà in caso di emergenza. Se il Comune non riesce a risolvere

l’emergenza, intervengono il livello provinciale, gli Uffici territoriali di Governo,

cioè le Prefetture, e quindi quello regionale, che attivano in favore delle aree colpite

da calamità tutto il potenziale di intervento di cui dispongono.

Nel caso delle catastrofi più gravi, interviene il livello nazionale: la responsabilità

dell’intervento viene assunta in tal caso direttamente dal Presidente del Consiglio

dei Ministri, che opera tramite il Dipartimento della Protezione Civile.

La Protezione Civile, a ciascun livello, impiega per le diverse esigenze tutte le

risorse delle strutture locali e centrali: Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine, Forze

Armate, Corpo Forestale dello Stato, Croce Rossa, Organizzazioni di volontariato,

Servizio Sanitario Nazionale, Corpo Nazionale Soccorso Alpino, Istituzioni di

Ricerca (Centri di Competenza ed Università), Enti pubblici nazionali e territoriali

ed ogni altra istituzione e organizzazione pubblica e privata presente sul territorio

nazionale.

A vent’anni dall’istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile, la legge

n. 225 del 24 febbraio 1992 è stata integrata e modificata con la legge n. 100 del 12

luglio 2012 di conversione del decreto legge n. 59 del 15 maggio 2012.

Tale legge ribadisce il ruolo che il Dipartimento svolge nella promozione e nel

coordinamento delle attività del Servizio Nazionale. Ridefinisce alcuni ambiti di

attività, in particolare previsione e prevenzione, e introduce cambiamenti che

rendono più incisivi gli interventi di gestione dell’emergenza. Il provvedimento

riafferma, inoltre, che la gestione dei grandi eventi non rientra più nelle competenze

Mitigation

Disaster

Preparedness

RecoveryResponse

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

della protezione civile.

La legislazione vigente prevede di conseguire gli obiettivi istituzionali della

protezione civile attraverso un complesso sistema di pianificazione e di

programmazione che si articola su più livelli. In particolare, le funzioni di indirizzo

e programmazione sono ripartite tra lo Stato e le Regioni, secondo il combinato

disposto del d.lgs. n. 112/1998 e del d.l. n. 343/2001; gli atti tipici del sistema di

previsione e prevenzione sono l’indirizzo, il programma ed il piano.

Per ciò che concerne le fonti normative che disciplinano i Programmi di previsione e

prevenzione, l’art. 108 del d.lgs. n. 112/1998 modifica in senso evolutivo l’originale

disposto normativo della L. 225/1992, conferendo alle Regioni le funzioni relative

alla predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione, sulla base degli

indirizzi nazionali; a sua volta, il medesimo articolo del d.lgs. n. 112/1998

attribuisce alle Province ed ai Comuni l’attuazione, nei rispettivi ambiti territoriali

di pertinenza, delle attività di Previsione e Prevenzione stabilite dai programmi e

piani regionali. Allo Stato, pertanto, spettano gli indirizzi per la predisposizione e

l’attuazione dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie

ipotesi di rischio. La funzione di indirizzo è attribuita al Presidente del Consiglio dei

Ministri, che può avvalersi del Dipartimento della protezione civile; tuttavia, in

conformità con il nuovo assetto normativo e costituzionale, gli atti d’indirizzo

devono essere adottati d’intesa con le regioni e gli enti locali, nell’ambito degli

idonei “luoghi di concertazione” ad oggi previsti (Conferenza Stato-regioni,

Conferenza unificata, etc.).

La legge 100/2012 introduce in questo ambito un’importante novità nell’affermare

che i piani e i programmi di gestione, tutela e risanamento del territorio devono

essere coordinati con i piani di emergenza di protezione civile, con particolare

riferimento ai piani di emergenza comunali e ai piani regionali di protezione civile.

La modifica di questo comma ribalta la precedente impostazione che prevedeva che

fossero le attività di protezione civile a doversi armonizzare con i programmi

territoriali.

I Programmi Regionali di previsione e prevenzione dei rischi sono, se ben

strutturati, validi strumenti di analisi del rischio che, prendendo inizio dallo studio

delle cause degli eventi calamitosi e della vulnerabilità del territorio, indicano gli

strumenti per individuare e mettere in atto tutte le misure utili per evitare o ridurre al

minimo i danni che da questi possono venire alle persone, ai beni, agli insediamenti

ed all’ambiente.

I Programmi di previsione e prevenzione sono la necessaria base informativa per la

predisposizione dei Piani di emergenza a diversa scala territoriale (Provinciale,

Comunale) ed alle attività di informazione alla popolazione. Infatti proprio sulla

base delle fragilità del sistema fisico e/o delle carenze esistenti sul territorio

individuate nell’ambito dell’attività di programmazione, i Piani di emergenza

precisano l’insieme delle procedure operative di intervento da attuarsi nel caso si

verifichi l’evento stesso contemplato in un apposito scenario. In altre parole la

programmazione è propedeutica alle attività di pianificazione, e ne costituisce il

fondamentale presupposto.

L’attività di gestione delle emergenze e la conseguente attività di supporto agli

organi istituzionali competenti per le iniziative - necessarie e non rinviabili - volte a

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L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita sui territori colpiti

da catastrofi, viene svolta prevalentemente a livello nazionale dalla Presidenza del

Consiglio dei Ministri, con il supporto del Dipartimento della Protezione civile,

attraverso due strumenti fondamentali:

la dichiarazione dello stato di emergenza,

le ordinanze in deroga.

Lo stato di emergenza viene dichiarato a seguito di calamità naturali, catastrofi o

altri eventi che per intensità ed estensione devono essere fronteggiati con mezzi e

poteri straordinari.

In Italia gli eventi calamitosi sono classificati, ai fini dell'attività di protezione

civile, in tre diversi tipi. Per ogni evento, in base ad estensione, intensità e capacità

di risposta di protezione civile, si individuano i competenti livelli di protezione

civile che devono assumere la direzione e il coordinamento degli interventi: tipo a

(livello comunale), tipo b (provinciale e regionale) e tipo c (nazionale). La legge

100/2012 apporta integrazioni alla precedente definizione, precisando che si tratta di

“calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo che in ragione della loro

intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiati

con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di

tempo”.

Lo stato di emergenza può essere dichiarato anche “nell’imminenza” e non solo “al

verificarsi” di calamità naturali oppure connesse all'attività dell'uomo che per

intensità ed estensione devono essere fronteggiate con immediatezza di intervento e

con mezzi e poteri straordinari. Lo stato di emergenza viene deliberato dal Consiglio

dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega,

di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del

Consiglio dei Ministri, Segretario del Consiglio. La richiesta può giungere anche dal

Presidente della Regione interessata, di cui comunque va acquisita l’intesa. Viene

definita la durata e l’estensione territoriale dello stato di emergenza. La durata non

può, di regola, superare i 90 giorni e può essere prorogata, di regola, per un massimo

di 60 giorni, con ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri.

In relazione all’emergenza, viene individuata anche “l’amministrazione pubblica

competente in via ordinaria” che coordina gli interventi conseguenti l’evento allo

scadere dello stato di emergenza.

Agli interventi si provvede anche con ordinanze in deroga alle disposizioni di legge,

ma nei limiti e secondo i criteri indicati con la dichiarazione dello stato di

emergenza e nel rispetto dell’ordinamento giuridico.

Le ordinanze sono emanate dal Capo del Dipartimento della Protezione Civile, se

non è diversamente stabilito con la deliberazione dello stato di emergenza da parte

del Consiglio dei Ministri. L’attuazione delle ordinanze è curata, in ogni caso, dal

Capo del Dipartimento. Prima, le ordinanze venivano emanate dal Presidente del

Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato. L’emanazione richiede

l’acquisizione preventiva dell’intesa delle regioni territorialmente interessate.

Le ordinanze dispongono relativamente a:

servizi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall’evento;

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messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati e dei beni culturali

gravemente danneggiati o che costituiscono una minaccia per l’incolumità

pubblica e privata;

ripristino delle infrastrutture e delle reti indispensabili per la continuità delle

attività economiche e produttive e per la ripresa delle normali condizioni di

vita;

interventi volti a evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o

cose.

Questi provvedimenti possono essere adottati anche in deroga alle disposizioni

vigenti, purché in conformità con l’ordinamento giuridico, sempre che le norme

derogate siano indicate e le ragioni della deroga siano motivate.

Anche in caso di calamità naturali o gravi eventi all’estero il Dipartimento della

Protezione civile può definire i provvedimenti, a firma del Presidente del Consiglio

dei Ministri, per la dichiarazione dello stato di emergenza e per far fronte alle

calamità (art. 4 della legge n. 152 del 2005).

Questi strumenti permettono da una parte una chiara individuazione dei soggetti

direttamente responsabili della gestione delle attività previste per il superamento

delle situazioni emergenziali, il Commissario delegato e i soggetti attuatori, e

dall’altra prevedono il conferimento di poteri straordinari allo stesso Commissario

delegato per la realizzazione delle attività previste.

Normativa di riferimento ai fini del progetto:

Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 “istituzione del Servizio Nazionale della

Protezione Civile”

Legge n. 401/2001

Decreto-legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito dalla legge n. 100 del 12

luglio 2012 “disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile”

Decreto-legge n. 93/2013, convertito con modifiche dalla legge n.119/2013

con disposizioni in tema di protezione civile

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2008

concernente “Indirizzi operativi per la gestione delle emergenze” che ha

disciplinato all’art. 3 le prime attivazioni in caso di evento di cui all’art. 2,

comma 1, lettera c) della legge 225/1992

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2008

“Organizzazione e funzionamento di SISTEMA presso la sala Situazioni

Italia del Dipartimento della Protezione Civile”

D. Lgs. 152/2006 “Norme in materia ambientale”

6.4 CONTESTO TERRITORIALE

Nell'ambito dei rischi che caratterizzano il nostro paese, uno di quelli che comporta

un maggior impatto socio-economico è il rischio geologico-idraulico; con questo

termine si fa riferimento al rischio derivante dal verificarsi di eventi meteorici

estremi che inducono a tipologie di dissesto tra loro strettamente interconnesse,

quali frane ed esondazioni

Le dimensioni del fenomeno vengono rese chiaramente da una panoramica di alcuni

degli eventi che hanno interessato l'area italiana: 5.400 alluvioni e 11.000 frane

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negli ultimi 80 anni, 70.000 persone coinvolte e 30.000 miliardi di danni negli

ultimi 20 anni.

In conseguenza dell'alto impatto causato da tali fenomeni e, soprattutto, in seguito ai

tragici eventi di Sarno (1998) il Ministero dell'Ambiente e gli Enti istituzionalmente

competenti in quegli anni (Anpa, Dipartimento dei Servizi tecnici nazionali e

Dipartimento della Protezione civile) hanno dato avvio a un'analisi conoscitiva delle

condizioni di rischio su tutto il territorio nazionale con lo scopo di giungere ad una

sua mitigazione attraverso una politica congiunta di previsione e prevenzione.

Tale studio ha portato all'individuazione e perimetrazione, attraverso una

metodologia qualitativa, dei comuni suddivisi per le varie regioni con diverso

"livello di attenzione per il rischio idrogeologico" (molto elevato, elevato, medio,

basso, non classificabile).

L’aggiornamento effettuato Ispra nel 2015 e pubblicato nel Rapporto: “Dissesto

idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori” mostra i seguenti risultati

rappresentati in figura 2: i comuni interessati da aree a pericolosità da frana elevata

P3 e molto elevata P4 (PAI) e/o pericolosità idraulica media P2 (D.Lgs. 49/2010)

sono 7.145 pari all’88,3% dei comuni italiani: di questi 1640 hanno nel loro

territorio solo aree a pericolosità da frana P3 e P4, 1607 solo aree a pericolosità

idraulica P2, mentre 3.898 hanno nel loro territorio sia aree a pericolosità da frana

P3 e P4 che aree a pericolosità idraulica P2.

La superficie delle aree classificate a pericolosità da frana P3 e P4 (PAI) e idraulica

P2 (D.Lgs. 49/2010) in Italia ammonta complessivamente a 47.747 km2 pari al

15,8% del territorio nazionale.

Se prendiamo in considerazione il numero di comuni, sette Regioni (Valle D'Aosta,

Liguria, Emilia- Romagna, Toscana, Marche, Molise e Basilicata) hanno il 100% di

comuni interessati da aree a pericolosità da frana P3 e P4 e idraulica P2; a queste si

aggiungono la Calabria, la Provincia di Trento, l'Abruzzo, il Piemonte, la Sicilia, la

Campania e la Puglia con una percentuale di comuni interessati maggiore del 90%.

Se consideriamo la superficie complessiva classificata a pericolosità da frana P3 e

P4 e idraulica P2, espressa in percentuale rispetto al territorio regionale, la Valle

d’Aosta e l'Emilia-Romagna presentano valori maggiori del 60%, la Campania, la

Toscana e la Provincia di Trento valori compresi tra il 20 e il 25% e sei regioni tra il

10 e il 20% (Molise, Liguria, Abruzzo, Lombardia, Piemonte e Veneto).

51 province hanno il 100% dei comuni interessati da aree a pericolosità da frana P3

e P4 e idraulica P2. Le province di Ferrara, Ravenna e Aosta presentano le

percentuali più elevate di superficie complessivamente classificata a pericolosità da

frana P3 e P4 e idraulica P2.

Per quanto riguarda la popolazione a rischio frane in Italia, risulta che 482.956

abitanti sono residenti in aree a pericolosità molto elevata P4 PAI; 741.045 abitanti

residenti in aree a pericolosità elevata P3; 1.577.553 abitanti in aree a pericolosità

media P2; 2.128.278 abitanti in aree a pericolosità moderata P1 e 694.570 abitanti in

aree di attenzione. Se consideriamo le 2 classi a maggiore pericolosità (P3+P4) la

popolazione a rischio ammonta a 1.224.001 abitanti, pari al 2,1% del totale.

Invece, la popolazione residente esposta a rischio alluvioni in Italia è pari a:

1.915.236 abitanti (3,2%) nello scenario di pericolosità idraulica elevata P3 (tempo

di ritorno fra 20 e 50 anni); 5.922.922 abitanti (10%) nello scenario di pericolosità

media P2 (tempo di ritorno fra 100 e 200 anni) e 9.039.990 abitanti (15,2%) nello

scenario P1 (scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi).

Preso atto dell'alto livello di rischio che caratterizza gran parte del territorio italiano,

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

si è provveduto ad un aggiornamento della normativa vigente in materia di difesa

del suolo, accompagnato da un nuovo impulso della ricerca scientifica nei confronti

di tali problematiche. Lo studio di queste ultime, oltre ad avere un indubbio

interesse scientifico, riveste particolare importanza poiché costituisce un

indispensabile supporto alle Amministrazioni competenti nella definizione delle

metodologie di studio del rischio geologico-idraulico, nell'individuazione e

perimetrazione delle aree a rischio, nella sperimentazione di nuovi sistemi di

controllo e di intervento per la salvaguardia dei soggetti a rischio (popolazione,

centri abitati, infrastrutture).

Le ricerche svolte fino a oggi hanno messo in luce la complessità, nel nostro paese,

dell'analisi del rischio geologico-idraulico, diretta conseguenza dell'estrema

eterogeneità degli assetti geologico-strutturali, idrogeologici e geologico-tecnici e di

un'ampia gamma di condizioni microclimatiche differenti anche in aree limitrofe o

apparentemente simili. Se a tutto questo si somma il fatto che la penisola italiana,

essendo geologicamente "giovane", è ancora soggetta a intensi processi

morfogenetici che ne modellano in modo sostanziale il paesaggio, si comprende

come i fenomeni di dissesto legati al rischio geologico-idraulico possano

manifestarsi, in relazione alle molteplici combinazioni di tutte le variabili in gioco,

secondo diverse modalità; sono perciò riscontrabili evidenti diversità dei suddetti

fenomeni, soprattutto legate alle differenti entità dei volumi coinvolti, alla velocità

del movimento, ai numerosi contesti territoriali in cui si possono verificare (area di

fondovalle, pedemontana o di versante) e alle numerose tipologie (ad esempio crolli,

scivolamenti, colate, debris e mud flow). Per una efficace valutazione del rischio

associato a un determinato evento atteso per una certa porzione di territorio diventa

allora indispensabile la conoscenza di tutti i fattori sopra indicati e, quindi, un

approfondito studio dello stesso e dei fenomeni naturali che lo caratterizzano.

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Figura 2: rappresentazione delle aree a pericolosità da frana (molto elevata P4, elevata P3, media P2,

moderata P1 e aree di attenzione AA) e delle aree a pericolosità idraulica (elevata P3, media P2 e

bassa P1) sul territorio nazionale (Fonte ISPRA, 2015).

6.5 INQUADRAMENTO SETTORIALE

Il progetto e i relativi prodotti attesi si inquadrano nelle attività di competenza del

Dipartimento della Protezione Civile e in particolare delle attività di analisi e

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

valutazione tecnica che l’Ufficio III svolge nei diversi momenti della gestione di

eventi di particolare significatività che possono determinare, o determinano, criticità

di carattere idrogeologico e ambientale.

La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2008 “Indirizzi

operativi per la gestione delle emergenze” è finalizzata ad assicurare

l’ottimizzazione della capacità di allertamento attivazione e intervento del Servizio

nazionale di protezione civile.

Tali procedure operative disciplinano la gestione del flusso delle informazioni tra i

diversi soggetti coinvolti, l'attivazione e il coordinamento delle componenti del

Servizio nazionale di protezione civile, la descrizione del modello organizzativo per

la gestione dell'emergenza con l'indicazione degli interventi prioritari da disporre a

livello nazionale per supportare ed integrare adeguatamente la risposta locale di

protezione civile.

La puntuale attuazione, da parte delle diverse componenti e strutture operative del

Servizio nazionale della protezione civile, degli indirizzi in essa definiti, garantisce

il necessario coordinamento operativo nell'attività di gestione dell'emergenza, che

costituisce il presupposto indispensabile per assicurare l'efficacia dell'azione del

sistema di protezione civile.

Di fronte alla previsione ovvero al preannunciarsi, al manifestarsi e all'evolversi di

un evento che possa costituire elemento di pericolosità per la popolazione, il

territorio ed i beni, al fine di ridurre al minimo i tempi necessari per la valutazione

della situazione e quindi per l'intervento, è necessario disporre, in tempo reale, delle

informazioni relative alle caratteristiche del fenomeno ed alla capacità del sistema

locale di fronteggiare l'emergenza.

Inoltre, per assicurare l'impiego razionale e coordinato delle risorse, è indispensabile

che le componenti e le strutture operative di protezione civile garantiscano

l'immediato e continuo reciproco scambio delle informazioni, sia a livello

territoriale che centrale, avviando, in particolare, un rapido flusso di comunicazione

con il Dipartimento della Protezione Civile non limitando, quindi, le segnalazioni

esclusivamente alle proprie strutture di riferimento a livello nazionale, fermo

restando il sistema di comando e controllo interno di ciascuna delle componenti e

strutture sopra richiamate.

Infatti a supporto ed integrazione della risposta locale, qualora gli eventi, in

funzione dell’intensità e dell’estensione richiedano l’impiego di risorse aggiuntive

potranno essere attivati ulteriori livelli di coordinamento fino a quello nazionale

come nei casi previsti dall’art. 2 comma 1, lett. c) della L. n. 225/92 e smi.

Nell’ambito dell’attività di previsione dei rischi, istituzionalmente affidata al

sistema della protezione civile come disposto dalla L. 225/1992 e così come

modificata dalla legge 100/2012, sono stati disposti appositi centri dedicati alla

previsione e al monitoraggio degli eventi sul territorio. La Direttiva emanata dal

Presidente del Consiglio dei Ministri il 27 febbraio 2004 detta gli indirizzi operativi

per la gestione organizzativa e funzionale di tale sistema di allertamento; definisce i

soggetti istituzionali e gli organi territoriali coinvolti nelle attività di previsione e

prevenzione del rischio e di gestione dell’emergenza; stabilisce gli strumenti e le

modalità con cui le informazioni relative all’insorgenza ed evoluzione del rischio

idrogeologico ed idraulico devono essere raccolte, analizzate e rese disponibili alle

autorità coinvolte.

Oltre ai Centri Funzionali, con la delega alle Regioni delle competenze in materia di

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

protezione civile, a seguito della L. 401/2001 e con la successiva riforma del Titolo

V della Costituzione, sono sorti numerosi strumenti pianificatori (Piani di

Emergenza, Programmi regionali, …..) che vanno a dettagliare l’attività realizzata

dalle Amministrazioni locali sul territorio in tema di prevenzione e previsione dei

rischi naturali ed antropici.

È importante sottolineare, proprio a fronte della capillare ma talvolta frammentaria

organizzazione sul territorio del Sistema di Protezione civile, l’assoluta necessità di

una condivisione e di un coordinamento delle iniziative tra tutti i livelli coinvolti.

Il sistema d’allertamento costituisce uno dei principali metodi non strutturali per la

mitigazione del rischio idrogeologico-idraulico: esso è finalizzato a prevedere, ove

possibile, gli eventi potenzialmente catastrofici con un anticipo sufficiente a porre in

atto tutte quelle misure di protezione civile con le quali si può limitare l’impatto

economico dell’evento in termini di danni e, soprattutto, contenerne l’impatto

sociale in termini di salvaguardia della vita umana. L’importanza di avere, a livello

nazionale, un adeguato sistema di allertamento per la mitigazione del rischio

idrogeologico-idraulico è stata di recente sottolineata a livello europeo e mondiale.

Nell’anno 2007, infatti, è stata emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio la

Direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni,

recepita in Italia con il D.Lgs.49/2010, in cui, tra le altre cose, viene stabilito che i

piani di gestione del rischio alluvione “riguardano tutti gli aspetti della gestione del

rischio di alluvioni, e in particolare la prevenzione, la protezione e la preparazione,

comprese le previsioni di alluvioni, dei piani di gestione e dei sistemi di

allertamento…”. Da questo punto di vista, l’Italia è riconosciuta a livello

internazionale come uno dei paesi all’avanguardia, essendosi dotata già da diversi

anni di un sistema di allertamento nazionale che nel tempo ha continuato a

potenziarsi e a migliorarsi sia da un punto di vista procedurale che da un punto di

vista tecnico-scientifico. Il Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-

idrogeologico e idraulico, nelle sue componenti statale e regionale, secondo quando

stabilito dalla legge 100/2012, è costituito dagli strumenti, i metodi e le modalità

stabiliti per sviluppare e acquisire la conoscenza, le informazioni e le valutazioni, in

tempo reale, che riguardano il preannuncio, l’insorgenza e l’evoluzione dei rischi

conseguenti agli eventi definiti dall’art. 2 della legge n. 225/1992. Finalità del

sistema è allertare e attivare il Servizio Nazionale della Protezione Civile ai diversi

livelli territoriali. Il governo e la gestione del Sistema di allerta nazionale sono

assicurati da:

Dipartimento della Protezione Civile e Regioni, attraverso la Rete dei Centri

funzionali;

Servizio meteorologico nazionale distribuito – Smnd, che deve essere

realizzato entro sei mesi dal 14 luglio 2012, data di entrata in vigore della

legge, con i compiti che verranno stabiliti da un decreto del Presidente della

Repubblica;

Reti strumentali di monitoraggio e di sorveglianza;

Presidi territoriali;

Centri di competenza;

Ogni altro soggetto chiamato a concorrere funzionalmente e operativamente

a queste reti.

Sulla base dei livelli di rischio, ogni Regione determina le procedure e le modalità di

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allertamento del proprio sistema di protezione civile ai diversi livelli di competenza

territoriale. La rete dei Centri Funzionali è costituita da un Centro Funzionale

Centrale (CFC) presso il Dipartimento della Protezione Civile e dai Centri

Funzionali Decentrati (CFD) presso le Regioni; di questi ultimi, ad oggi non hanno

raggiunto l’autonomia per la parte riguardante le previsioni meteorologiche (13

CFD su un totale di 21) è stata dichiarata attiva (Tab. 1).

Centri Funzionali Decentrati

COMPLETAMENTE AUTONOMI

Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria,

Lombardia, P.A.Trento, P.A.Bolzano,

Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia

Romagna, Toscana, Marche, Campania

e Sardegna

Centri Funzionali Decentrati

PARZIALMENTE AUTONOMI

Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise,

Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.

Tab.1: Regioni con Centri Funzionali Decentrati autonomi, e non autonomi

relativamente alle previsione meteorologiche.

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Il sistema di allertamento prevede che l’attività dei Centri Funzionali, si sviluppi

attraverso due fasi: una fase previsionale e una fase di monitoraggio e sorveglianza

in tempo reale degli eventi e di valutazione dei conseguenti effetti sul territorio. La

fase previsionale è costituita dalla valutazione della situazione attesa, nonché dei

relativi effetti che tale situazione può determinare sull’integrità della vita, dei beni,

degli insediamenti e dell’ambiente, e porta alla comunicazione di prefigurati scenari

di rischio alle Autorità competenti per le allerte e per la gestione delle emergenze in

attuazione dei Piani di Protezione Civile Provinciali e Comunali. La fase di

monitoraggio e sorveglianza ha lo scopo, tramite la raccolta, concentrazione e

condivisione dei dati rilevati, per le varie finalità, dalle diverse tipologie di sensori

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nonché tramite le notizie non strumentali reperite localmente, di rendere disponibili

informazioni e/o previsioni a brevissimo termine che consentono sia di confermare

gli scenari previsti, che di aggiornarli a seguito dell’evoluzione dell’evento in atto,

potendo questo manifestarsi con dinamiche diverse da quelle prefigurate. A tal fine,

le attività di monitoraggio e sorveglianza sono integrate dalle attività di vigilanza

non strumentale sul territorio attraverso presidi territoriali tecnici. Tale

fondamentale attività comporta l’attivazione della valutazione a livello locale sulle

criticità legate all’evento in corso, e, se l’evento è appena trascorso, l’individuazione

e la valutazione delle eventuali criticità residue, intendendo con questo termine le

situazioni che possono determinare un rischio per le persone e per le infrastrutture.

Tali informazioni devono essere raccolte e convogliate verso i superiori livelli di

coordinamento affinché si possa dimensionare adeguatamente le risorse necessarie

per contrastare i fenomeni e mitigare le condizioni di rischio residuo, e verso i centri

tecnici per una opportuna valutazione degli scenari in atto.

Per quanto attiene all’attività di prevenzione non strutturale, che rientra nella

responsabilità del Servizio nazionale della protezione civile, i programmi Regionali

di Previsione e Prevenzione sono strumenti molto importanti, in quanto sintetizzano

gli esiti di attività di ricognizione e di conoscenza del territorio individuano le aree

interessate dalle diverse tipologie di rischio, valutano le caratteristiche tecniche delle

opere di difesa esistenti, individuano gli elementi a rischio e l’attività di

monitoraggio da porre in essere, individuano le opere e definiscono le azioni, anche

di natura regolamentare, atte a mitigare gli effetti del danno atteso, identificando per

ogni rischio la probabilità di ricorrenza, la probabile intensità del fenomeno,

l’estensione areale e i precursori di evento.

In tale ambito si rende altresì necessario sviluppare metodologie di supporto alla

promozione di una “cultura del rischio” attraverso anche l’utilizzo di strumenti

tecnologici in parte già realizzati e da migliorare quali realtà già presenti a livello

regionale quali piattaforme di interscambio di dati/informazioni tra centro e

territorio anche attraverso anche un uso oculato delle tecnologie (es: “app”, social

network, radio, TV, podcast, ecc…).

A livello centrale il coordinamento e la direzione unitaria delle attività in

emergenza sono assicurati dal Comitato Operativo della protezione civile che

stabilisce gli interventi delle Amministrazioni e degli Enti interessati al soccorso

come previsto dall’art. 10 della L. 225/92 e s.m.i. e dall’art. 5 comma 3- ter del DL

343/01 convertito con modificazioni dalla L. n. 401/01. E’ inoltre previsto, qualora

si rendesse necessario, l’istituzione in loco di una struttura di coordinamento

nazionale per la gestione dell’emergenza, il coordinamento e la direzione unitaria

saranno garantiti dalla Direzione di Comando e Controllo (DI.COMA.C.). La

DICOMAC è strutturata per funzioni di supporto cui concorrono rappresentanti di

tutte le Amministrazioni e degli Enti interessati dalla gestione dell’emergenza, per

quanto di competenza e che permettono lo scambio di dati e di informazioni

rilevanti ai fini dell’esercizio delle rispettive funzioni istituzionali. Le funzioni di

supporto per quanto di rispettiva competenza e in forma coordinata interagiscono tra

loro per il soddisfacimento delle esigenze operative e si rapportano con le analoghe

Funzioni dei Centri di coordinamento attivati sul territorio. Per assicurare l’efficacia

dell’azione di ciascuna Funzione di supporto/Componente in situazione di

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emergenza risulta fondamentale programma/identificare le attività necessarie e gli

strumenti ritenuti idonei a garantire l’attività della Funzione e a mantenere efficienti

le dotazioni tecnologiche. Per quanto riguarda le attività tecniche da porre in essere

nella fase di immediato post-evento si richiama come, nel rispetto dei contenuti

normativi dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, al verificarsi di eventi di

cui all’art. 2, comma 1, lettera c), le amministrazioni regionali interessate dagli

eventi inviano al Dipartimento della Protezione Civile una istanza di dichiarazione

dello stato di emergenza dalla quale devono essere evidenziate “le informazioni

necessarie per la verifica dei presupposti, ed in particolare l’indicazione dalla quale

emergono, con l’analiticità consentita dalla situazione contingente, tutti gli elementi

di fatto utili per le valutazioni”. Detti elementi si rendono necessari per portare a

conclusione l’istruttoria tecnico - amministrativa, all’esito della quale il

Dipartimento formula al Presidente del Consiglio dei Ministri la propria proposta in

merito alla dichiarazione dello stato di emergenza, fornendo in particolare una

descrizione dell'evento, gli esiti degli eventuali sopralluoghi effettuati e un'analisi

complessiva degli elementi prospettati dalla Regione nella sua richiesta, nonché, per

quanto possibile in relazione ai tempi disponibili ed ai livelli di approfondimento

conseguibili, l'individuazione delle priorità inerenti agli interventi da realizzare. Nel

richiamare il contenuto normativo del novellato art. 5, comma 2 della citata legge n.

225/1992, già nelle primissime fasi successive ad un evento calamitoso è necessario

acquisire informazioni in ordine alle esigenze di:

organizzazione ed effettuazione dei servizi di soccorso e di assistenza alla

popolazione interessata dall'evento;

ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti

strategiche, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili;

realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio

residuo strettamente connesso all'evento, entro i limiti delle risorse

finanziarie disponibili e comunque finalizzate prioritariamente alla tutela

della pubblica e privata incolumità;

ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle

infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle

attività economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio edilizio,

da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra

ordinanza;

avvio dell'attuazione delle prime misure per far fronte alle esigenze urgenti

di cui alla lettera d), entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili e

secondo le direttive dettate con delibera del Consiglio dei ministri, sentita la

Regione interessata.

In tale contesto, la gestione delle problematiche ambientali occupa una posizione

sicuramente di rilievo, sia riguardo le emergenze di natura strettamente ambientale,

sia come emergenza correlata ad un evento primario di origine naturale. Rispetto al

modello organizzativo emergenziale sopra richiamato, è prevista, nell’ambito della

funzione Rischi indotti, la componente di tutela ambientale cosi come definito anche

nella Direttiva inerente il “Programma nazionale di soccorso per il rischio sismico”.

La Funzione deve garantire il coordinamento delle attività volte alla salvaguardia

dell’ambiente e alla tutela della salute della popolazione, con particolare riguardo

alle problematiche connesse alla gestione di specifici flussi di rifiuti, anche

pericolosi, ed a situazioni di criticità delle matrici ambientali, come quelle relative

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alla funzionalità degli impianti di depurazione delle acque reflue. Svolge la propria

attività (D.Lgs. 152/06 e s.m.i. e relativi Regolamenti attuativi, alle Leggi regionali

ed alle Delibere di Giunte regionali) integrandola con gli interventi effettuati dagli

Enti ordinariamente competenti. Elabora procedure straordinarie condivise per la

definizione delle modalità di conferimento e delle possibili destinazioni di recupero

e/o smaltimento delle diverse tipologie di rifiuti generati dall’evento, anche non

contemplati dalla normativa in materia per situazioni emergenziali (es.: derrate

alimentari avariate, rifiuti ingombranti prodotti a seguito dell'evento sismico),

nonché la definizione progettuale di sistemi di raccolta differenziata all'interno dei

campi di accoglienza. Individua soluzioni tecniche per la gestione delle macerie, dei

rifiuti liquidi e dei reflui, prodotti nei campi di accoglienza, e per la gestione delle

terre e rocce da scavo derivanti da attività connesse al superamento dell’emergenza.

L’analisi delle scelte tecnico-operative adottate, anche a livello regionale, nella

gestione di eventi calamitosi che ad oggi sono stati affrontati dal Servizio della

protezione civile, ha evidenziato la necessità di definire procedure condivise con gli

Enti competenti in materia ambientale, nonché soluzioni tecnico-operative, con

specifico riferimento alla gestione dei rischi ambientali indotti, tali da garantire una

risposta efficiente, efficace, razionale e tempestiva per la tutela della salute della

popolazione e dell’ambiente. Tali strumenti dovrebbero costituire un sistema di

riferimento per le Regioni e gli enti locali già a partire dalla fase di pianificazione, al

fine di poter essere attivati efficacemente nella fase di gestione dell’emergenza.

Inoltre, l'assenza di indicazioni precise sulle corrette modalità di gestione e

valutazione degli effetti ambientali indotti da un evento calamitoso, potrebbe

generare conseguenze non prevedibili in termini di responsabilità dei decisori e

danni sul territorio nonché sulla salute delle popolazioni coinvolte. Al contrario

un’attenta e coordinata pianificazione consentirebbe di conseguire vantaggi anche in

termini di risparmio economico di risorse. Gli Enti coinvolti nella gestione di tale

eventi saranno sicuramente agevolati nei loro compiti istituzionali nel caso in cui sia

stato definito uno specifico piano di intervento nel quale vengono specificate le

informazioni necessarie alla valutazione dell’impatto ambientale in relazione alle

diverse matrici aria, acqua, suolo, le specifiche responsabilità, nonché le azioni

concordate e condivise per garantire l’operatività della funzione stessa.

Le questioni connesse alla gestione delle problematiche ambientali in contesti

emergenziali sono da tempo campo di studio e analisi scientifica anche a livello

internazionale, specialmente per ciò che riguarda la definizione di modelli di

maturità delle organizzazioni, di “capacity building” organizzativa e di capacità di

ripresa del contesto produttivo e sociale, anche in termini di sostenibilità ambientale.

Ad esempio, è ormai acclarato il valore della pianificazione del DWM per la

sostenibilità ecologica ed economica delle aree colpite da eventi calamitosi, che

contribuisce al più generale obiettivo di migliorare la resilienza socio economica. I

concetti di “Building Back Better” e “Building Back Greener” (UNDP) rispondono

a tale logica e possono essere applicati anche allo specifico settore della gestione dei

rifiuti derivanti da disastri naturali. In tal modo, la fase di “recovery” del ciclo

dell’emergenza può impattare efficacemente sia sull’attività di “capacity gap

analysis”, sia sulla definizione e sul miglioramento del quadro di riferimento delle

componenti del DWM.

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6.6 ANALISI SWOT DEL CONTESTO NAZIONALE SULLA RIDUZIONE

DEI RISCHI IDROGEOLOGICI E SULLA PIANIFICAZIONE E

GESTIONE DELLE EMERGENZE

Punti di forza (Strength)

Ruolo di indirizzo e coordinamento del Dipartimento a seguito di evento di

tipo c) di cui all’art. 2 della L. n.225/92.

Diffusa condivisione tecnica in merito all’opportunità di utilizzo di

piattaforme di popolamento dati omogenee e “dinamiche” rispetto

all’evoluzione normativa e regolamentare

Adeguato sviluppo dei modelli meteorologici, idrologici e idraulici, a

supporto dell’attività di previsione e valutazione del rischio idraulico

Supporto tecnico e operativo da parte dei Centri di Competenza esperti in

materia di rischio idrogeologico e idraulico;

Sistema di Allertamento nazionale consolidato per il settore meteo e idro

(Sistema di Bollettini ed avvisi di criticità di livello nazionale, normati dalla

Direttiva del PCM del 2004);

Esistenza di Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e Piano di gestione per il

rischio alluvioni (PGRA) per l’intero territorio nazionale e adeguamento alla

Direttiva 2007/60/CE;

Esistenza di banche dati nazionali sul rischio idrogeologico e idraulico

realizzate da MATTM, Centri di Competenza, Autorità di Distretto e

Regioni;

Eccellente competenza tecnica e conoscenza delle dinamiche relazionali,

anche tra differenti organizzazioni, connesse alla gestione delle

problematiche ambientali in emergenza, anche a seguito dell’attivazione

della Funzione dedicata in ambito DICOMAC.

Debolezze (Weakness)

Istituzioni e cittadinanza poco sensibili ai rischi idrogeologici e, in

particolare, più a seguito di grandi catastrofi che nelle attività di

prevenzione;

Necessità di stanziamento di fondi molto elevati per la riduzione concreta dei

rischi idrogeologici;

Metodi e indirizzi per la pianificazione per l'emergenza dei rischi

idrogeologici scarsamente applicati dalle Amministrazioni locali;

Necessità di indirizzo e coordinamento nella definizione e descrizione degli

eventi meteorologici, idrogeologi e idraulici ai vari livelli istituzionali;

Assenza degli aspetti ambientali nell’ambito della analisi del rischio residuo;

Scarsa considerazione degli aspetti ambientali nell’ambito degli indirizzi

operativi per la pianificazione di protezione civile;

Opportunità (Opportunities)

Miglioramento della conoscenza delle direttive regionali sul sistema di

allertamento e sui presidi territoriali per i rischi idrogeologici ed idraulici;

Contributo al miglioramento della risposta del Dipartimento della protezione

civile in caso di emergenza indotta da eventi di natura idrogeologica;

Organizzazione e condivisione delle informazioni a più livelli in maniera

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omogenea;

Miglioramento e standardizzazione delle procedure di valutazione del rischio

residuo di natura idrogeologica e idraulica, anche in funzione della

pianificazione nazionale di protezione civile.

Efficientare il sistema di allertamento nella sua articolazione, più efficace

per le autorità locali di Protezione Civile e per i cittadini e supporto alla

promozione di una “cultura del rischio” attraverso strumenti tecnologici

realizzati a livello locale e potenzialmente da migliorare;

Definire un percorso di “capacity building” a livello locale sullo specifico

tema del rischio ambientale;

Individuare “best practices” per la sostenibilità ambientale e socio

economica nella fase di recovery;

Minacce (Threats)

Problematiche relative alla necessità di aggiornamento degli eventi in

funzione della loro frequenza;

Scarso ritorno immediato nelle politiche di mitigazione dei rischi;

Difficoltà nello scambio di informazioni, a causa di differenti linguaggi,

procedure e preparazione, tra la componente tecnico - scientifica e la

componente più prettamente operativa del SNPC.

Difficoltà nello scambio di informazioni a causa di assenza di procedure e

punti di contatto;

Difficoltà di avviare processi di tipo partecipativo omogenei a scala

nazionale;

6.7 IL CONTESTO OPERATIVO

Il presente progetto verrà sviluppato e realizzato all’interno del Dipartimento della

Protezione civile.

Il Dipartimento della Protezione civile è articolato, a seguito del Decreto del

Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 10 agosto 2016,

in 8 Uffici di livello generale, articolati complessivamente in 37 Servizi.

Nell’ambito di tale riorganizzazione è stato istituito l’Ufficio II - Attività tecnico -

scientifiche per la previsione e la prevenzione dei rischi, con le seguenti

competenze:

coordina l’azione del Dipartimento volta alla promozione delle attività di

natura tecnico - scientifica finalizzate alla previsione e prevenzione delle

diverse tipologie di rischi e alla definizione dei relativi scenari;

assicura l’unitario indirizzo alle attività ed alla valutazione dei contributi

progettuali dei Centri di Competenza e ai rapporti con la comunità scientifica

e con gli Enti di ricerca;

coordina la partecipazione del Dipartimento al sistema di allertamento

nazionale e all’integrazione delle reti di monitoraggio strumentale del

territorio e cura il presidio del Centro Funzionale Centrale;

supporta l’attività della Commissione nazionale per la previsione e la

prevenzione dei grandi rischi e del Servizio Meteorologico Nazionale

Distribuito;

cura la partecipazione del Dipartimento al processo di formazione della

legislazione tecnica nei diversi settori di rischio;

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

coordina le attività tecnico - scientifiche per le valutazioni multirischio,

incluso il rischio tsunami.

Ai fini del presente progetto, i Servizi dell’Ufficio III coinvolti saranno i seguenti:

Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

Servizio rischi ambientali, tecnologici e incendi boschivi

6.7 DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO

I destinatari del progetto saranno sia i tecnici del Dipartimento della Protezione

Civile che gli operatori di protezione civile regionali, provinciali e comunali

impegnati nelle attività di previsione e prevenzione dei rischi idrogeologici e

gestione delle emergenze. Inoltre il progetto risulta di prioritario interesse per le

Amministrazioni centrali ed EE.LL. (Presidenza del Consiglio dei Ministri, con

particolare riferimento alla Struttura di Missione di contrasto al Rischio

Idrogeologico – MEF – Ministero dell’Ambiente, Regioni – Province – Comuni),

Agenzie Regionali per l’Ambiente, Istituti di ricerca (es. ISPRA, ISTAT, IGAG,

ecc.), Associazioni di categoria

Conseguentemente ai risultati che saranno raggiunti e alle iniziative di indirizzo e

coordinamento che potranno essere sviluppate, i beneficiari del progetto saranno

non solo gli operatori di settore, ma anche gli studiosi nonché tutti i cittadini esposti

ai rischi trattati dal progetto stesso.

6.8 INNOVATIVITÀ DEL PROGETTO

Il presente progetto si presenta, nel vasto panorama del Sistema Nazionale di

protezione civile, come un progetto del tutto innovativo rispetto alle esigenze

riscontrate nella gestione ordinaria delle attività di monitoraggio degli eventi e nella

gestione delle emergenze di natura idrogeologica, anche in relazione agli altri

soggetti istituzionali con i quali il livello nazionale deve necessariamente dialogare.

La tempestività ed organizzazione nella valutazione del quadro sinottico degli effetti

di un evento in atto, nell’individuazione delle criticità residue e nel corretto

trasferimento dell’informazione tecnica tra i soggetti coinvolti è cruciale e

necessaria nell’attuale sistema di protezione civile.

Non esiste, infatti, ad oggi, alcun prodotto analogo o simile a quello che ci si

propone sviluppare con questo progetto.

7) Obiettivi del progetto:

7.1 PREMESSA

Il progetto si inserisce in un più ampio programma di attività e azioni nel settore

della conoscenza e della riduzione dei rischi idrogeologici e nella pianificazione e

gestione delle emergenze.

Il progetto, descritto compiutamente nel seguito, nasce dall’intento di disporre di

una più sistematica e organizzata conoscenza degli eventi idrogeologici verificatesi

sul territorio nazionale a partire al 2005, al fine di poter notevolmente migliorare le

capacità di previsione e sorveglianza degli eventi futuri, anche in base

all’aggiornamento degli scenari di evento.

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

7.2 OBIETTIVI GENERALI Sulla base degli effetti evidenziati in relazione al contesto di riferimento, sono stati

individuati i seguenti obiettivi generali:

Miglioramento dell’organizzazione e della conoscenza e analisi degli eventi

idrogeologici e idraulici significativi (almeno tutti quelli per i quali è stato

richiesto lo stato di emergenza e che hanno avuto impatto sul territorio) che,

a partire dal 2005 fino al periodo di svolgimento del progetto, hanno

interessato il territorio nazionale, per migliorare le capacità di previsione,

valutazione e monitoraggio degli eventi futuri.

Miglioramento delle procedure mirate alla valutazione del rischio residuo per

eventi di tipo idrogeologico e idraulico mediante l’analisi comparata degli

aspetti meteorologico, pluviometrico, idrometrico e degli effetti al suolo.

Individuazione, a seguito di attenta analisi degli impatti ambientali

conseguenti ad un evento calamitoso, degli indirizzi necessari per

l’attivazione delle giuste risorse in modo sinergico, adottando linguaggi e

procedure unificate tra le diverse autorità competenti in materia coinvolte

nella gestione dell’emergenza. Dette elaborazioni saranno opportunamente

organizzate in specifici prodotti per la condivisione verso tutti i soggetti

interessati nella programmazione e gestione delle attività conseguenti ad

eventi emergenziali con interessamento della componente ambientale.

7.3 OBIETTIVI SPECIFICI

In relazione alla definizione degli obiettivi generali sopra definiti, si è ritenuto utile

strutturare il progetto in 2 distinti moduli, i cui obiettivi specifici sono descritti di

seguito.

Modulo 1 - eventi meteo - idro Gli obiettivi specifici legati a questo modulo consistono in:

nell’analisi delle principali forzanti meteorologiche che possono essere

presentate per la caratterizzazione dell’“evento”: mese o stagione dell’anno,

tipo di circolazione prevalente a grande scala sull’Italia, analisi della

configurazione barica e diagnosi dei soggetti meteorologici presenti nella

situazione responsabile dell’evento, ed eventualmente il tipo di situazione

meteorologica a piccola scala sulla zona dell’evento.

nella caratterizzazione dell’evento dal punto di vista idrologico attraverso

l’individuazione dell’areale interessato a diversi livelli territoriali e la

relativa distribuzione dei quantitativi di pioggia, i valori delle precipitazioni

cumulate per vari intervalli di tempo e i relativi tempi di ritorno, le

condizioni iniziali di umidità del suolo, le temperature, etc.

nella caratterizzazione dell’evento dal punto di vista idraulico attraverso

l’analisi dei valori idrometrici osservati nelle stazioni di misura significative

e i relativi valori di portata misurati o ricavati da modelli, l’individuazione

dei tempi di ritorno, dei tempi di trasferimento della portata di piena tra

stazioni di misura significative, la rilevazione delle criticità idrauliche

verificatisi durante l’evento (insufficienza degli attraversamenti, criticità di

opere idrauliche quali arginature, invasi artificiali, bonifiche, etc.).

nella caratterizzazione dell’evento in base agli effetti prodotti in funzione

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L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

della diversa tipologia di fenomeni: frane, sprofondamenti (sinkholes),

allagamenti (fenomeni di alluvionamento non dovuti a correnti idriche),

inondazioni (fenomeni di alluvionamento dovuti a correnti idriche),

mareggiate o altro da specificare. Saranno studiati gli effetti sul territorio

tenendo conto di quanto previsto nell’ambito dell’attuazione della Direttiva

2007/60/CE per la parte relativa ai piani di gestione.

Modulo 2 - gestione degli aspetti ambientali

Gli obiettivi specifici legati a questo modulo consistono in:

nell’analisi e sviluppo dei prodotti del progetto ING-REST (parte

ambientale)

nell’analisi di casi di studio a livello nazionale

nell’analisi di casi di studio e best practice internazionali e confronto peer-to-

peer

nell’individuazione di linee guida per specifiche componenti del DWM

nella valutazione delle potenziali azioni di implementazione delle

metodologie PDNA al contesto nazionale

nell’individuazione di strategie di “Build Back Better” (BBB) e “Build Back

Greener” (BBG)

7.4 RISULTATI ATTESI ED INDICATORI

I risultati attesi, rispetto agli obiettivi generali e specifici e ai moduli sopra

richiamati sono fondamentalmente riconducibili allo sviluppo ed al miglioramento

delle attività tecnico - amministrative connesse alle diverse fasi della gestione

emergenziale e della resilienza delle organizzazioni che concorrono a vario titolo al

Servizio della Protezione Civile. Il raggiungimento di tali obiettivi, pertanto,

permette l’ottimizzazione delle procedure di presidio osservativo, di gestione

dell’emergenza e del post emergenza, con conseguente beneficio sui cittadini colpiti,

anche attraverso la riduzione dei tempi di intervento, una maggiore efficacia delle

attività per la ripresa delle normali condizioni socio - economiche, sia per la

componente idrogeologica che per quella ambientale.

Indicatore generale del raggiungimento degli obiettivi del progetto sarà la

realizzazione di prodotti fruibili dagli operatori del Servizio di protezione civile sia a

livello nazionale, sia a livello locale.

Indicatori specifici per i singoli settori di attività saranno i seguenti.

Modulo 1:

Numero di relazioni tecniche istruttorie ai fini della richieste inoltrate a

questo Dipartimento, ai sensi dell’art. 5, comma 1 della Legge 225/1992,

della dichiarazione dello stato di emergenza;

Numero di rapporti di evento prodotti dal Centro Funzionale Centrale

analizzati;

Numero di rapporti di evento dei Centri Funzionali Decentrati raccolti ed

analizzati;

Numero degli studi monografici realizzati dai Centri di Competenza e altri

soggetti istituzionali sugli effetti prodotti da eventi idrogeologici e idraulici

critici;

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Numero di eventi di natura idrogeologica censiti a partire dal gennaio 2005 -

a seguito di attivazione degli stati di configurazione S1, S2 e S3 presso il

CFC;

Numero di informazioni introdotte nel data-base di eventi idrogeologici

classificati per stati di configurazione – dal gennaio 2005 ad oggi;

Numero dei Piani di Gestione redatti dalle Autorità di Distretto e dalle

Regioni, ai fini degli adempimenti per la Direttiva 2007/60/CE e per il D.lgs

49/2010, raccolti ed analizzati;

Numero di documenti redatti a livello regionale sulle procedure e

l’organizzazione dei presidi idrogeologici e idraulici.

Numero di schede tecniche di valutazione del rischio residuo verificate

nell’ambito della pianificazione nazionale;

Numero di schede tecniche di valutazione del rischio residuo verificate sia in

negli scenari esercitativi che in caso di emergenza di natura idrogeologica.

Modulo 2:

Numero di proposte integrative rispetto ai prodotti del progetto ING-REST

(parte ambientale)

Numero di casi di studio analizzati e descritti a livello nazionale

Numero di casi di studio analizzati e descritti a livello internazionale

Numero di best practice individuate a livello internazionale

Numero di indirizzi operativi individuate e delineate per specifiche

componenti del DWM

Numero di azioni delle metodologie PDNA implementabili a livello

nazionale

Numero di strategie di “Build Back Better” (BBB) e “Build Back Greener”

(BBG) individuate e delineate

8) Descrizione del progetto e tipologia dell’intervento che definisca in modo puntuale le

attività previste dal progetto con particolare riferimento a quelle dei volontari in

servizio civile nazionale, nonché le risorse umane dal punto di vista sia qualitativo

che quantitativo:

PREMESSA:

Il presente progetto è finalizzato al potenziamento delle attività di previsione,

monitoraggio, valutazione e analisi, per gli aspetti idrogeologici e idraulici, nonché

delle attività di gestione dell’emergenza, per ciò che concerne gli aspetti ambientali,

sull’intero territorio nazionale. Il progetto è ideato per rispondere sia ad attività

tecnico-amministrative specifiche, sia ai compiti di coordinamento e indirizzo del

Dipartimento nei confronti delle Regioni e delle Istituzioni coinvolte nelle diverse

attività sopra descritte.

8.1 Complesso delle attività previste per il raggiungimento degli obiettivi

Il progetto sarà articolato sviluppando i due moduli precedentemente descritti,

attraverso fasi temporalmente consequenziali. Ogni modulo di attuazione prevede, al

suo interno, un’articolazione in azioni specifiche e caratteristiche del tematismo

sviluppato, da realizzare al fine del raggiungimento degli obiettivi specifici di cui al

punto 7.3, come riportato nei seguenti piani di attuazione.

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L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione

Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Piano di attuazione 1: meteo - idro

Fase 1 - Criteri: Definizione dei criteri per la caratterizzazione dei parametri

legati ai singoli tematismi (aspetto meteorologico, idrologico, idraulico o effetti

al suolo).

Fase 2 - Identificazione campione da analizzare: Scelta degli eventi significativi

per la successiva analisi.

Fase 3 - Raccolta: Raccolta sistematica dei dati significati per l’analisi degli

eventi idrogeologici e idraulici critici.

Fase 4 - Analisi: Analisi comparata e classificazione dei parametri caratteristici

dell’evento.

Fase 5 - Test: Selezione e test di operabilità in fase di evento.

Fase 6 - Manuale d’uso: Redazione della relativa sezione di manuale d’uso, con

esempi applicativi e formazione per gli operatori.

Fase 7 - Informatizzazione: Strutturazione del sistema informativo

Piano di attuazione 2: ambientale

Fase 1 - Analisi ING-REST: analisi e sviluppo dei prodotti del progetto ING-

REST (parte ambientale) e report di proposte integrative.

Fase 2 - Case studies nazionali: analisi di casi di studio a livello nazionale e

report sui singoli casi di studio

Fase 3 - Confronto peer-to-peer: analisi di casi di studio e best practice

internazionali e confronto peer-to-peer con report sui singoli casi di studio e sulle

best practice individuate

Fase 4 - Indicazioni operative: individuazione di indicazioni operative per

specifiche componenti del DWM con report di analisi e prima impostazione di

possibili linee guida

Fase 5 - PDNA: valutazione delle potenziali azioni di implementazione delle

metodologie PDNA al contesto nazionale

Fase 6 - BBB e BBG: individuazione di strategie di “Build Back Better” (BBB) e

“Build Back Greener” (BBG)

ATTIVITÀ MESI

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Formazione e inserimento nell’Ufficio

Piano di attuazione 1

Fase 1 - Definizione dei criteri per la

caratterizzazione dei parametri legati ai

singoli tematismi

Fase 2 - Scelta degli eventi significativi

per la successiva analisi.

Fase 3 - Raccolta sistematica dei dati

significati per l’analisi degli eventi

idrogeologici e idraulici critici.

Fase 4 - Analisi comparata e

classificazione dei parametri

caratteristici dell’evento.

Fase 5 - Selezione e test di operabilità

in fase di evento.

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Fase 6 - Redazione della relativa

sezione di manuale d’uso, con esempi

applicativi e formazione per gli

operatori.

Fase 7 - Strutturazione sistema

informativo

Piano di attuazione 2

Fase 1 - Analisi e sviluppo dei prodotti

del progetto ING-REST (parte

ambientale) e report di proposte

integrative

Fase 2 - Analisi di casi di studio a

livello nazionale e report sui singoli

casi di studio

Fase 3 - Analisi di casi di studio e best

practice internazionali e confronto

peer-to-peer con report sui singoli casi

di studio e sulle best practice

individuate

Fase 4 - Individuazione di indicazioni

operative per specifiche componenti

del DWM con report di analisi e prima

impostazione di possibili linee guida

Fase 5 - Valutazione delle potenziali

azioni di implementazione delle

metodologie PDNA al contesto

nazionale

Fase 6 - Individuazione di strategie di

“Build Back Better” (BBB) e “Build

Back Greener” (BBG)

8.2 Risorse umane complessive necessarie per l’espletamento delle attività previste,

con la specifica delle professionalità impegnate e la loro attinenza con le predette

attività

N. Ruolo

Profilo

all’interno del

progetto

Tipologia di

contratto

7 geologi Specialista esperto di

settore scientifico tecnico

Supporto

tecnico Dipendenti Dpc

5 ingegneri Specialista esperto di

settore scientifico tecnico

Supporto

tecnico Dipendenti Dpc

5 fisici Specialista esperto di

settore scientifico tecnico

Supporto

tecnico Dipendente Dpc

1 chimico Specialista esperto di

settore scientifico tecnico

Supporto

tecnico Dipendente Dpc

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Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

8.3 Ruolo ed attività previste per i volontari nell’ambito del progetto

Nella fase iniziale di avvio al servizio dei volontari il Dipartimento intende dedicare

4 settimane per l’accoglienza e la preparazione dei volontari all’inserimento

all’interno della struttura e dei servizi del Dipartimento.

La fase di accoglienza prevede quattro principali momenti:

a) Acquisizione di informazioni e conoscenze sul Dipartimento.

I volontari attraverso la formazione acquisiranno le informazioni di base per

poter operare all’interno dell’ente.

b) Incontro con i referenti del progetto.

I volontari prenderanno contatto con i referenti e i responsabili dell’Ufficio o

Servizio in cui svolgeranno la loro attività e acquisiranno i primi elementi

informativi sul progetto.

c) Costituzione dei gruppi di lavoro.

I volontari verranno organizzati sul piano lavorativo nell’ente attraverso la

definizione di turni e orari di lavoro, di compiti e ruoli.

d) Avvio al servizio.

I volontari prenderanno possesso delle postazioni di lavoro e si inseriranno

nell’ambiente operativo e di lavoro in cui svolgeranno il loro servizio a

contatto con il personale del Dipartimento.

Ogni volontario sarà quindi impegnato, svolgendo le seguenti attività previste dal

progetto affiancando funzionari dei Servizi Centro Funzionale Centrale – Settore Idro

e Meteo e Rischio Idrogeologico, Idraulico, Idrico, Marittimo e Costiero e Rischio

Ambientale, Tecnologico e Incendi di Interfaccia.

I volontari, nel loro percorso, saranno costantemente supportati dai funzionari

dell’Ufficio Rischi Idrogeologici e Antropici con approfondimenti specifici

attraverso seminari interni specifici con illustrazione di best practice e case histories

e con l’organizzazione incontri con esperti dei Centri di Competenza e con i partners

tecnici che sostengono il progetto.

Piano di attuazione 1: meteo - idro

Per lo sviluppo del primo modulo è previsto il coinvolgimento di 4 volontari

prevalentemente nell’elaborazione e sintesi dei prodotti realizzati dal Centro

Funzionale Centrale.

I volontari supporteranno comunque i funzionari impegnati nel progetto in tutte le

fasi che costituiscono questo piano di attuazione.

Piano di attuazione 2: ambientale

Per il secondo modulo, che coinvolgerà 2 volontari, particolare attenzione sarà

dedicata all’analisi di linee guida, indirizzi operativi e normativa specifica su rischi

ambientali e antropici redatti a livello nazionale e internazionale.

I due volontari supporteranno comunque i funzionari impegnati nel progetto in tutte

le fasi che costituiscono questo piano di attuazione.

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9) Numero dei volontari da impiegare nel progetto:

10) Numero posti con vitto e alloggio:

11) Numero posti senza vitto e alloggio:

12) Numero posti con solo vitto:

13) Numero ore di servizio settimanali dei volontari, ovvero monte ore annuo:

14) Giorni di servizio a settimana dei volontari (minimo 5, massimo 6) :

15) Eventuali particolari obblighi dei volontari durante il periodo di servizio:

Flessibilità di orario, disponibilità alla presenza nei giorni festivi in caso di

emergenza.

I volontari potranno essere inoltre coinvolti, sulla base delle attività previste, in

attività fuori sede su tutto il territorio nazionale presso le strutture che aderiranno

alle iniziative, per un totale di massimo 30 giorni.

6

0

6

0

1400

5

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conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

16) Sede/i di attuazione del progetto, Operatori Locali di Progetto e Responsabili Locali di Ente Accreditato:

N. Sede di attuazione

del progetto Comune Indirizzo

Cod.

ident.

sede

N. vol.

per

sede

Nominativi degli Operatori Locali di Progetto

Cognome e nome Data di

nascita C.F.

1

Servizio Rischio

Idraulico,

Idrogeologico,

Idrico Marittimo e

Costiero

ROMA VIA

VITORCHIANO, 4 1684 4

Francesco Leone

Emilio Iannarelli

Bice Oddo

Tatiana Capone

11.02.1968

02.08.1960

14.04.1970

15.11.1977

LNEFNC68B11H501T

NNRMLE60M02Z614T

DDOBCI70D54H490V

CPNTTN77S55H501E

2 Servizio Rischi

Ambientali, ROMA

VIA

VITORCHIANO, 4 20106 2

Francesca Lucignano

Roberto Pizzi

09.07.1971

09.08.1972

LCGFNC71L49H501L

PZZRRT72M09E335Y

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17) Eventuali attività di promozione e sensibilizzazione del servizio civile nazionale:

Il progetto verrà pubblicizzato mediante l’attivazione di più reti comunicative sia in

ambito istituzionale che in ambito più strettamente giornalistico.

Nella prima fase saranno attivate, a livello nazionale, tutte le Organizzazioni di

volontariato di protezione civile iscritte all’elenco centrale (44 organizzazioni) e

le università e corsi di laurea potenzialmente interessati dal progetto. A livello

regionale saranno informati tutti gli uffici di protezione civile delle Regioni e

della Province Autonome di Trento e Bolzano. A livello locale sarà interessata la

rete degli Informagiovani e di altri luoghi di aggregazione giovanile, come ad

esempio i gruppi di protezione civile (2.500 in tutta Italia) e il mondo dello

scoutismo.

Inoltre, il progetto verrà pubblicizzato sui siti web di protezione civile, a partire dal

sito internet del Dipartimento della Protezione Civile

www.protezionecivile.gov.it.

In aggiunta potranno essere realizzati manifesti e depliant per una campagna

informativa presso le facoltà universitarie, gli Informagiovani e altri luoghi di

aggregazione giovanile.

Verranno poi redatti comunicati e articoli da pubblicare su giornali e riviste

specializzate del mondo giovanile e del volontariato oltre che su quotidiani locali e

nazionali. Personale del Dipartimento potrà intervenire su reti radiofoniche quali

Isoradio per promuovere i progetti.

Il progetto sarà infine pubblicizzato con inserti redazionali su quotidiani free press.

Ore di lavoro da sviluppare:

Produzione materiale informativo e di comunicazione;

Attivazione reti istituzionali e del volontariato;

Diffusione del materiale;

Organizzazione di una campagna informativa.

Totale: 25 ore

18) Criteri e modalità di selezione dei volontari:

a) Metodologia e tecniche utilizzate.

Reclutamento. L’approccio sarà quello di raggiungere il maggior numero di

candidati possibili e di improntare il procedimento di selezione degli stessi alla

massima trasparenza. Pertanto sarà data grande visibilità ai progetti approvati e

inseriti nei bandi sul sito internet del Dipartimento della Protezione civile, con banner

scorrevoli sulla Home page ed attrezzato un apposito Helpdesk per aiutare i candidati

a presentare nel modo più completo possibile le domande per la selezione. Le date di

convocazione e le località di svolgimento delle prove di preselezione relative alla

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lingua straniera (per i soli progetti all’estero e per quelli in Italia ove richiesta) e per i

colloqui saranno rese note ai candidati mediante il sito internet del Dipartimento, e

comunicate per posta ad ogni singolo candidato. Le esclusioni dalle selezioni, per

qualsiasi motivo e in qualsiasi momento del procedimento di selezione, saranno

comunicate a mezzo telegramma ai singoli candidati. Le graduatorie finali saranno

affisse nei luoghi di espletamento delle prove e pubblicate sul sito internet del

Dipartimento.

Selezione. La selezione dei candidati avverrà per titoli, test e colloqui. A tal fine è

stata predisposta una scala di valutazione in 100°, di cui:

40 punti attribuibili in base ai titoli posseduti;

10 punti attribuibili in base ai risultati di un test di natura psicologica;

50 punti attribuibili in base ai risultati di un colloquio.

I 40 punti attribuibili in base ai titoli posseduti sono ripartiti al loro volta in: 20 punti

attribuibili in base alle esperienze lavorative e di volontariato possedute, e 20 punti

attribuibili sulla base dei titoli di studio e di formazione prodotti.

b) Strumenti utilizzati (in caso di impiego di test o di traccia di interviste - colloqui

allegare i relativi elaborati)

Reclutamento.

Sito internet del Dipartimento, Helpdesk e comunicazioni scritte inviate a mezzo

posta.

Selezione.

I criteri per la selezione dei candidati sono riportati nell’allegato al presente sistema,

al quale si rimanda per gli opportuni approfondimenti tecnici. In questa sede preme

illustrare la logica che sottende i criteri di selezione prescelti ed effettuare alcune

precisazioni. Occorre sottolineare che è scelto uno strumento di selezione veloce e

allo stesso tempo capace di dare un quadro preciso dei singoli candidati sotto il

profilo comportamentale, delle conoscenze e delle esperienze. Inoltre è stata scelta

una scala in 100° al fine di facilitare i calcoli e dare la maggiore trasparenza alle

graduatorie.

Valutazione titoli.

Nella valutazione dei titoli è stato riconosciuto maggior valore ai titoli di studio

posseduti rispetto alle esperienze maturate, in quanto le attività previste dal progetto

rientrano in un ambito specificatamente tecnico. Nell’ambito delle esperienze sono

comunque state valorizzate maggiormente quelle attinenti alle aree di intervento dei

progetti e quelle effettuate presso enti o strutture di protezione civile. Lo stesso

criterio è stato utilizzato per quanto riguarda la valutazione dei titoli di studio.

Test attitudinale. Il test attitudinale consiste nell’organizzazione di un gioco di ruolo nell’ambito del

quale è possibile osservare il comportamento dei candidati in diverse situazioni

(eventi improvvisi, situazioni di stress, fenomeni complessi, attività ripetitive, ecc). Il

test sarà organizzato e condotto da un psicologo iscritto all’albo dei psicologi ed

esperto nell’analisi comportamentale.

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Colloquio. Il colloquio verterà sulle seguenti materie:

1. Servizio civile nazionale;

2. Protezione civile;

3. Progetto prescelto e area/aree di intervento prevista/e.

c) Variabili che si intendono misurare e relativi indicatori:

1.il background dei candidati mediante la valorizzazione delle esperienze lavorative

e di volontariato degli stessi;

2.il livello delle conoscenze possedute tramite la valutazione dei titoli di studio e

delle altre esperienze formative;

3.la capacità di relazionarsi con gli altri, di lavorare in équipe, di esprimersi e di

porsi come leader in particolari situazioni (leadership situazionale) mediante test;

4.livello delle conoscenze relative al Servizio civile nazionale, alla Protezione

civile, all’area di intervento prevista dal progetto, al progetto per il quale è stata

inoltrata la domanda di selezione, da accertare mediante colloquio.

d) Indicazioni delle soglie minime di accesso previste dal sistema.

1. Punteggio minimo di 30/60 nelle prove orali (colloquio + test psico-attitudinale).

2. Superamento della prova orale in lingua straniera europea per i progetti all’estero

o per i progetti in Italia, ove prevista. La predetta prova ha un carattere

preselettivo, il mancato superamento non permette di accedere alle selezioni vere

e proprie.

Per il resto non esistono soglie minime di accesso, in quanto i candidati saranno

collocati nella graduatoria in relazione al punteggio conseguito e dichiarati idonei

selezionati in base ai posti previsti dal progetto.

Indicazioni delle soglie minime di accesso previste dal sistema.

Punteggio minimo di 30/60 nelle prove orali (colloquio + test psico-attitudinale).

SCHEDA DI VALUTAZIONE

CRITERI DI SELEZIONE

Punteggio max 100 punti

Valutazione titoli di studio ed esperienze

maturati* Punteggio max 40

ESPERIENZE MATURATE Punteggio max 15

A

Precedenti esperienze lavorative, di tirocinio

(extra percorso di studi) o volontariato nelle aree

di intervento del progetto (la durata di diverse

esperienze può essere cumulata; non verranno

valutate esperienze al di sotto dei 3 mesi)

Max 7

(1 punto per ogni 3 mesi

fino a un max di 7 punti)

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

B

Esperienze di volontariato in associazioni

operanti nel settore di protezione civile e iscritte

nell’elenco nazionale (la durata di diverse

esperienze può essere cumulata; non verranno

valutate esperienze al di sotto dei 6 mesi;

verranno valutate solamente le esperienze fatte

successivamente al compimento del 18° anno di

età.)

Max 5

(1 punto per ogni 6 mesi

fino a un massimo di 5

punti)

C

Corsi di specializzazione o formazione attinente

al progetto (extra percorso di studi) con esame

finale o certificazione di superamento del corso

con profitto (esclusi corsi di lingua straniera e

informatica valutati ai punti E e F)

Max 3

(1 punto per ogni titolo

fino a un max di 3 punti)

TITOLO DI STUDIO

(si valuta solo il titolo di studio superiore)

Punteggio max 25

D

Titolo di laurea specialistica o vecchio

ordinamento attinente al progetto.

19

Titolo di laurea triennale attinente al progetto. 16

Titolo di laurea specialistica o vecchio

ordinamento non attinente al progetto.

12

Titolo di laurea triennale non attinente al

progetto.

10

Diploma di scuola superiore. 8

E

Conoscenza della lingua straniera certificata. 3 (1 punto per ogni

corso certificato di

lingua diversa per un

max di 3 punti)

F

Conoscenza informatica certificata. 3 (1 punto per ogni

corso certificato per un

max di 3 punti)

*In sede di presentazione della domanda i titoli valutabili possono essere

dichiarati sotto forma di autocertificazione. I soli candidati idonei selezionati da

avviare al servizio dovranno produrre, su richiesta del Dipartimento, idonea

documentazione relativa ai titoli dichiarati prima dell’approvazione definitiva

della graduatoria da parte dell’UNSC.

Test psico-attitudinale Punteggio max 10 punti

Gioco di ruolo

Colloquio

Punteggio max 50 punti Servizio civile nazionale

Sistema nazionale di protezione civile

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Dipartimento nazionale della protezione civile

Progetto prescelto e area/aree di intervento prevista/e

------------------

TOTALE

(MAX 100 PUNTI)

19) Ricorso a sistemi di selezione verificati in sede di accreditamento (eventuale indicazione

dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):

NO

20) Piano di monitoraggio interno per la valutazione dell’andamento delle attività del progetto:

In proprio.

a) Metodologia e strumenti utilizzati.

Dalla combinazione delle disposizioni dell’articolo 6, comma 6, del decreto

legislativo 5 aprile 2002, n.77 e successive modificazioni ed integrazioni, della

Circolare del 17 giugno 2009 relativa alle norme sull’accreditamento degli enti di

servizio civile nazionale e del "Prontuario contenente le caratteristiche e le modalità

per la redazione e la presentazione dei progetti di Servizio Civile Nazionale da

realizzare in Italia e all'estero, nonché i criteri per la selezione e l'approvazione degli

stessi", approvato con DM del 30 maggio 2014, risulta che il monitoraggio dei

progetti di servizio civile nazionale deve essere incentrato sulla verifica

dell’attuazione degli stessi. Pertanto qualsiasi metodologia si adotti, questa non può

che partire dalla struttura dei progetti di servizio civile nazionale ed in particolare

dalla scheda dell’elaborato progettuale allegata al citato “Prontuario”.

I progetti di servizio civile nazionale sono ripartiti in tre dimensioni:

1. caratteristiche del progetto, che comprende gli obiettivi e la attività

rivolte verso l’esterno;

2. caratteristiche organizzative che comprendono le risorse necessarie

alla realizzazione del progetto;

3. caratteristiche delle conoscenze acquisibili che comprendono tutti i

tipi di vantaggi derivanti ai giovani dalla partecipazione alla

realizzazione dei progetti di servizio civile nazionale.

Il monitoraggio di questo tipo di progetto per risultare esaustivo deve considerare

come proprio oggetto sia la dimensione descritta al precedente punto 1), sia quella

descritta al precedente punto 3).

La dimensione di cui al precedente punto 2) rappresenta, invece, la cartina di

tornasole delle altre due sia in termini di efficienza, che in termini di efficacia. Essa

rappresenta quindi l’elemento decisivo in relazione alla fattibilità ed al successo del

progetto. Inoltre, per capire il perché di un insuccesso e dove si collocano i punti

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

critici che lo hanno determinato, non basta analizzare la dimensione organizzativa

secondo la dicotomia esiste/non esiste quella determinata risorsa, ma necessita di

andare ad analizzare la congruità delle risorse investite rispetto agli obiettivi fissati

sia sotto l’aspetto quantitativo, che qualitativo. Solo l’accurata analisi di questi

fattori è capace di evidenziare gli errori di progettazione, di attività o di stima quali-

quantitativa dei fattori coinvolti nel progetto.

Rispetto a quanto innanzi argomentato ne deriva che il monitoraggio dei progetti di

servizio civile nazionale ha come oggetto la realizzazione degli stessi così come

sono stati approvati dall’Ufficio nazionale per il servizio civile.

A tal fine necessita verificare:

1. il raggiungimento degli obiettivi fissati, visti come risultati attesi;

2. l’esecuzione delle attività previste mirate al raggiungimento degli

obiettivi fissati;

3. l’effettuazione della formazione generale e specifica e la fruizione da

parte dei volontari degli altri benefit previsti dai singoli progetti, visti

nella dimensione della crescita culturale e sociale dei volontari, nonché

nell’ottica della spendibilità all’esterno dei benefit e delle conoscenze

acquisite;

4. il livello di soddisfazione dei volontari rispetto al complesso del progetto

(clima organizzativo, attività, conoscenze acquisite);

5. il livello di soddisfazione dei fruitori finali del progetto.

Per effettuare le predette verifiche necessita di coinvolgere nel piano di rilevazione

tutte le figure coinvolte nella realizzazione dei progetti ai vari livelli di

responsabilità, utilizzando strumenti diversi di rilevazione a seconda di cosa si vuole

misurare e tarando gli stessi in modo differente rispetto agli interlocutori e alla loro

entità. Pertanto:

1. per verificare il raggiungimento degli obiettivi fissati, visti come risultati

attesi saranno coinvolti nella rilevazione i RLEA, il Responsabile del

servizio civile nazionale dell’ente con due interviste semestrali, gli OLP

con interviste quadrimestrali ed i volontari impegnati nella realizzazione

dei singoli progetti con un questionario da somministrare ogni quattro

mesi;

2. l’esecuzione delle attività previste mirate al raggiungimento degli

obiettivi fissati; RLEA, con due interviste semestrali, gli OLP con

interviste quadrimestrali ed i volontari impegnati nella realizzazione dei

singoli progetti con un questionario da somministrare ogni quattro mesi;

3. l’effettuazione della formazione generale e specifica ed altri benefit

previsti dai singoli progetti visti nella dimensione della crescita culturale

e sociale dei volontari, nonché nell’ottica della spendibilità all’esterno

dei benefit e delle conoscenze acquisite con interviste ai formatori e

questionari ai volontari. Per gli aspetti di carattere qualitativo del

monitoraggio sulla formazione si rimanda al sistema di formazione;

4. il livello di soddisfazione dei volontari rispetto al complesso del progetto

(clima organizzativo, attività, conoscenze acquisite) con un questionario

ai volontari da somministrare a fine servizio;

b) Variabili ed indicatori utilizzati per la misurazione dell’efficienza e

dell’efficacia delle attività previste dal progetto.

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

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Considerato l’elevato numero di aree di intervento nelle quali è possibile prevedere

interventi di Servizio civile nazionale, non è possibile individuare a priori le

variabili da misurare ed i relativi indicatori per tutte le predette aree, senza

considerare che ogni progetto, anche appartenente alla stessa area, può prevedere

interventi di natura diversa anche sulla stessa realtà osservata. E’ possibile tuttavia

adottare un criterio metodologico, in verità già inserito nel “Prontuario”,

concernente l’adozione delle stesse variabili e degli stessi indicatori per le voci 6),

7) e 8) della scheda progetti per l’Italia (lo stesso criterio vale per i progetti

all’estero relativamente alle voci 7), 8) e 9) in modo che i dati iniziali (situazione di

partenza) e quelli finali (situazione di arrivo) siano confrontabili, ed individuare per

le macroaree più comuni i seguenti indicatori:

a) per i progetti aventi ad oggetto l’assistenza alle persone: numero dei

fruitori;

b) per i progetti aventi ad oggetto l’informazione su materie comunque

rientranti nelle finalità dell’art.1 della legge n. 64/2001: numero di

clienti o di contatti registrati nel corso della vigenza del progetto;

c) per progetti aventi ad oggetto protezione civile (ad esclusione

dell’assistenza alle popolazioni colpite da catastrofi e calamità

naturali) e monitoraggio ed interventi ambientali: numero degli

interventi previsti e se del caso area sorvegliata o monitorata;

d) per progetti aventi ad oggetto interventi nell’ambito dei settori

patrimonio artistico e culturale ed educazione e promozione culturale,

a seconda della natura dei progetti potranno essere utilizzati

indicatori riferiti al numero degli interventi, oppure al numero dei

fruitori finali. E’ possibile riferire la stessa situazione anche per i

progetti all’estero.

Per quanto concerne gli indicatori di efficienza, definita quale rapporto tra risorse

impegnate e risultati che si vogliono raggiungere e loro livello di congruità e di

economicità, vale quanto innanzi argomentato in merito alla relazione esistente tra la

dimensione organizzativa del progetto e le restanti due. Pertanto saranno messi in

relazione il valore numerario delle risorse impiegate con il valore dei risultati

ottenuti con la realizzazione dei progetti.

Per la misurazione dell’efficacia, definita come il rapporto tra la situazione di

partenza e quella ipotizzata al termine dello svolgimento del progetto, vale quanto

innanzi detto in relazione all’utilizzo delle stesse variabili e degli stessi indicatori

nella descrizione della voci fondamentali del progetto.

I livelli di soddisfazione dei volontari e dei fruitori finali rappresentano più delle

percezioni, delle opinioni, nelle quali giocano un ruolo rilevante le interferenze

soggettive (livello di istruzione, esperienze vissute, percezione della realtà, modelli

culturali, ecc.), che l’oggettività dei fenomeni registrati, ma non per questo sono

meno importanti, in quanto sono questi ultimi ad esprimere il giudizio difficilmente

controvertibile sul successo o meno dei singoli progetti e sul Servizio civile

nazionale in generale.

c) Tempistica e numero delle rilevazioni.

1. Monitoraggio obiettivi ed attività: Responsabile del servizio civile

nazionale dell’ente (per i soli obiettivi), RLEA e OLP: due interviste con

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

cadenza semestrale. Volontari: somministrazione di due questionari con

cadenza semestrale. I questionari e le interviste saranno calibrati sui singoli

progetti e conterranno le rilevazioni sia degli obiettivi, che delle attività.

2. Monitoraggio della formazione generale e specifica ed altri benefit:

Formatori: 2 interviste di cui una al 6° mese e una al 10° mese. Volontari:

somministrazione di tre questionari di cui uno al termine della formazione

generale, uno all’8° mese e l’ultimo al 12° mese.

3. Rilevazione del livello di soddisfazione dei volontari: un questionario al

12° mese.

d) Tecniche statistiche di elaborazione dei dati rilevati con particolare riferimento

agli indicatori individuati alla precedente lett.b) ed alla misura degli

scostamenti delle attività rilevate da quelle previste dal progetto.

Distribuzioni di frequenze, semplici e cumulate con relative rappresentazioni

grafiche, tabelle di contingenza, tassi di incremento/decremento, media, moda e

mediana, indici di base 100 e indici costruiti in relazione alle attività del progetto,

range, patty analisys, chi quadro, scostamenti semplici, scarto quadratico medio,

media mobile, rette di regressione lineare, indici di correlazione multipla e parziale.

Le tecniche statistiche innanzi elencate non saranno utilizzate tutte per tutti i

progetti, ma si sceglieranno le tecniche di trattamento ritenute più opportune, in

grado cioè di evidenziare con maggiore chiarezza i risultati delle rilevazioni, le loro

implicazioni, tenendo conto della natura dei dati rilevati.

21) Ricorso a sistemi di monitoraggio verificati in sede di accreditamento (eventuale

indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):

NO

22) Eventuali requisiti richiesti ai candidati per la partecipazione al progetto oltre quelli

richiesti dalla legge 6 marzo 2001, n. 64:

Non sono richiesti specifici requisiti per la partecipazione al progetto ma il progetto

si rivolge particolarmente a studenti, laureandi o laureati in Attività di Protezione

Civile, Geologia, Ingegneria (Ambiente e Territorio, Civile), Pianificazione

Territoriale, Fisica, Informatica o Ingegneria Informatica, Scienze Ambientali,

Scienze Naturali, Scienze Forestali e periti informatici.

23) Eventuali risorse finanziarie aggiuntive destinate in modo specifico alla realizzazione del

progetto:

Per la realizzazione del progetto il Dipartimento della Protezione Civile mette a

disposizione delle risorse finanziarie distribuite secondo il seguente piano di spesa:

Piano di finanziamento

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Voce di spesa Unità Costo

Unitario Giorni/Uomo

Costo

Totale

Sussidi didattici 6,00 20,00

120,00

Materiale di consumo 6,00 50,00

300,00

Missioni sul campo 6,00 150,00 10,00 9.000,00

Pubblicizzazione e

promozione progetto 200,00 1,00

200,00

TOTALE 9.620,00

24) Eventuali reti a sostegno del progetto (copromotori e/o partners):

Camilab (Laboratorio di Cartografia Ambientale e Modellistica Idraulica): tale

Istituto, che collabora in convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile in

qualità di Centro di Competenza per tutte le attività relative allo sviluppo di

strumenti e di metodologie per il monitoraggio del territorio italiano, collaborerà

come partner tecnico-scientifico partecipando alle attività necessarie al

raggiungimento degli obiettivi.

Fondazione C.I.M.A. (Centro Italiano di Monitoraggio Ambientale): tale

Istituto, che collabora in convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile in

qualità di Centro di Competenza per tutte le attività relative allo sviluppo di

strumenti e di metodologie per il monitoraggio del territorio italiano, collaborerà

come partner tecnico-scientifico partecipando alle attività necessarie al

raggiungimento degli obiettivi.

CNR - IRPI (Centro Nazionale per le Ricerche – Istituto per la Ricerca e la

Protezione Idrogeologica): tale Istituto, che collabora in convenzione con il

Dipartimento della Protezione Civile in qualità di Centro di Competenza per tutte le

attività relative allo sviluppo delle conoscenza dei tematismi inerenti i rischi

idrogeologici presenti sull’intero territorio italiano, collaborerà come partner

tecnico-scientifico partecipando alle attività necessarie al raggiungimento degli

obiettivi.

CNR-IGAG (Centro Nazionale per le Ricerche – Istituto di Geologia

Ambientale e Geoingegneria): tale Istituto, che collabora in convenzione con il

Dipartimento della Protezione Civile in qualità di Centro di Competenza per tutte le

attività relative allo sviluppo delle conoscenza dei tematismi inerenti i rischi geologi

presenti suul’intero territorio nazionale, collaborerà come partner tecnico-scientifico

partecipando alle attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi.

DST-UNIFI (Dipartimento Scienze della Terra – Università di Firenze): tale

Istituto, che collabora in convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile in

qualità di Centro di Competenza per tutte le attività relative allo sviluppo delle

conoscenza dei tematismi inerenti il rischio da frana insistente sull’intero territorio

italiano e sulla valutazione del rischio residuo in condizioni di emergenza,

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

collaborerà come partner tecnico-scientifico partecipando alle attività necessarie al

raggiungimento degli obiettivi.

ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale): tale

Istituto, che collabora in convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile in

qualità di Centro di Competenza per tutte le attività relative allo sviluppo delle

conoscenza dei tematismi inerenti il monitoraggio e la sorveglianza in campo

ambientale sull’intero territorio italiano, collaborerà come partner tecnico-scientifico

partecipando alle attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi.

UNDP - United Nations Development Programme: il Programma per lo Sviluppo

delle Nazioni Unite lavora tra l’altro per integrare i temi della riduzione dei rischi e

del cambiamento climatico, puntando a costruire e migliorare la resilienza

specialmente nei paesi in via di sviluppo. UNDP opera con organizzazioni nazionali

e locali anche nel settore della valutazione post emergenza tramite l’applicazione

delle tecniche di Post-Disaster Needs Assessment (PDNA), focalizzando

l’attenzione non solo alla ripresa delle preesistenti condizioni socio - economiche,

ma al miglioramento delle capacità di affrontare i rischi attraverso metodologie di

“Building Back Better”.

Gruppo Sogin Spa: Sogin è la società di Stato responsabile del decommissioning

degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi compresi quelli

prodotti dalle attività industriali, di ricerca e di medicina nucleare. Inoltre, tramite la

propria controllata Nucleco Spa, si occupa progettazione e gestione di bonifiche di

siti inquinati, interventi di messa in sicurezza, decontaminazione e trattamento dei

rifiuti per smaltimento e recupero, analisi di rischio sanitario e ambientale.

25) Risorse tecniche e strumentali necessarie per l’attuazione del progetto:

Gli uffici del Dipartimento saranno attrezzati per accogliere i volontari in servizio

con postazioni internet, scrivanie, fax, telefono, sala riunioni per ogni sede di

realizzazione del progetto.

Inoltre, ogni operatore locale di progetto agevolerà l’inserimento dei volontari

attraverso la predisposizione di spazi di lavoro nei propri uffici, preparando o

mettendo a disposizione materiale documentario dell’ufficio, materiale di cancelleria,

modulistica necessaria, programmi informatici.

L’attività di supporto al monitoraggio e alla valutazione delle criticità in tempo reale

viene svolta utilizzando l’attrezzatura hardware e software presente presso il Centro

Funzionale Centrale (reti in telemisura di sensori al suolo, radar meteorologici,

satelliti, …). Per le altre attività previste, i volontari avranno la possibilità di

utilizzare un sito internet ad accesso limitato in cui potranno trovare

Bollettini/Avvisi, Rapporti di Evento, link a sistemi di monitoraggio e previsioni

regionali. Inoltre, verrà messo a disposizione l’archivio cartaceo dei Rapporti

d’Evento del Centro Funzionale Centrale e la banca dati eventi-interventi del DPC,

nonché accesso al SIGED (Sistema Integrato di Gestione Documentale) in

consultazione per il reperimento di eventuale documentazione specifica dell’Ufficio.

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L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

L’attività di supporto al monitoraggio e alla valutazione delle criticità sul territorio

viene svolta utilizzando l’attrezzatura hardware e software presente presso la Sala

Situazione Italia.

Per le attività legate al rischio idrogeologico il Dipartimento della Protezione civile

darà accesso all’archivio dei Programmi di Previsione e prevenzione, indispensabile

per il progetto, e fruirà delle risorse hardware e software del Dipartimento (accesso

ad Internet ed alla rete locale, accesso alle banche dati, etc.).

CARATTERISTICHE DELLE CONOSCENZE ACQUISIBILI

26) Eventuali crediti formativi riconosciuti:

Nessuno

27) Eventuali tirocini riconosciuti :

Nessuno

28) Competenze e professionalità acquisibili dai volontari durante l’espletamento del servizio,

certificabili e validi ai fini del curriculum vitae:

L’affiancamento ai funzionari esperti in servizio presso il Centro Funzionale

Centrale, permetterà ai volontari di capire il complesso meccanismo del sistema di

allertamento nazionale partecipando in prima persona al monitoraggio e alla

valutazione delle criticità sul territorio in tempo reale durante eventi estremi. In

questo modo, essi acquisiranno le competenze necessarie per analizzare e capire i

diversi contenuti delle direttive nazionali e regionali e daranno il proprio contributo

nel miglioramento dell’impostazione di tali documenti, che verranno messi a

disposizione su un sito del Centro Funzionale ad accesso limitato.

La partecipazione al progetto presso il Servizio Centro Funzionale Centrale consente

inoltre l’acquisizione di attestati e professionalità:

attestato di partecipazione ad attività specifiche del Centro Funzionale

relative al Rischio Idrogeologico e Idraulico, quali, ad esempio,

esercitazioni di protezione civile;

attestato di partecipazione a un corso di formazione sull’utilizzo del

sistema Dewetra, piattaforma di condivisione di modelli e reti informative

e validazione di prodotti pre-operativi;

attestato di partecipazione a corsi e workshop.

I volontari acquisiranno inoltre competenze nel settore documentale della protezione

civile, venendo direttamente a contatto sia con la legislazione ordinaria e

straordinaria di settore, sia con gli strumenti pianificatori elaborati e redatti sia a

livello centrale che a livello locale.

Verranno inoltre acquisite competenze di archiviazione e gestione documentale a

livello informatico, oltre che di utilizzo dei programmi di gestione documentale

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attualmente attivi presso il Dipartimento della Protezione civile.

I volontari lavoreranno sarà posto in affiancamento funzionari del Servizio Rischio

Rischio Idrogeologico, qualificati in valutazione del rischio idrogeologico. Si tratta

di un’attività multidisciplinare di particolare complessità, che richiede l’integrazione

e l’interpretazione di dati e informazioni riguardanti l’assetto fisico del territorio con

conoscenze inerenti il quadro normativo, i soggetti istituzionalmente competenti, i

vincoli di settore, etc.

Le competenze e le professionalità acquisite dai volontari saranno certificate dal

Dipartimento della Protezione Civile quale soggetto proponente il progetto.

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Formazione generale dei volontari

29) Sede di realizzazione:

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento della Protezione civile

Via Ulpiano, 11

00193 Roma

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento della Protezione civile

Via Vitorchiano, 4

00189 Roma

Eventuali partecipazioni a convegni, seminari, conferenze ecc., anche organizzate

dal Dipartimento della Protezione civile, con sede all’interno del comune di Roma

dai contenuti attinenti ai moduli formativi previsti dalla formazione generale

potranno essere utilizzati come approfondimento ai temi formativi.

30) Modalità di attuazione:

In proprio.

Potranno essere coinvolti esperti formatori di altri enti di servizio civile o di

associazioni di volontariato, o ancora di organizzazioni umanitarie per lo

svolgimento di alcuni moduli.

1) Risorse tecniche impiegate:

Per la realizzazione delle attività di formazione, il Dipartimento dispone di una

struttura interna che si occupa della gestione delle sale, delle attrezzature e del

personale impiegato.

In particolare, all’interno del Dipartimento sono a disposizione diversi spazi,

dislocati su entrambe le sedi, presso le quali è possibile realizzare le giornate di

formazione, quali:

1 auditorium da circa 100 posti

2 sale riunioni da circa 30 posti ognuna

2 salette per la formazione da circa 20 posti ognuna

Relativamente alle attrezzature, ogni sala è dotata di apposita strumentazione tecnica

(computer con masterizzatore audio e video, proiettore video, impianto di

registrazione); il Dipartimento mette inoltre a disposizione sia dei formatori (interni

ed esterni) che dei partecipanti il materiale audio e video ed eventuale materiale

cartaceo necessario per la trattazione di specifiche tematiche.

Al termine del periodo di formazione, per ciascun volontario viene realizzato un cd

multimediale al cui interno viene raccolto tutto il materiale utilizzato durante le

giornate di formazione (leggi, dispense, foto e filmati, presentazioni, ecc..): in

questo modo ogni volontario ha a disposizione uno strumento di formazione che gli

permette di approfondire in maniera costante le tematiche trattate.

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

2) Progetto formativo dei volontari costituito dai seguenti elementi obbligatori:

Metodologia.

Lezioni frontali tenute dai formatori del Dipartimento ed integrate da interventi di

esperti di volta in volta individuati e dinamiche non formali incentrate sulle

esperienze (learning by doing). In questo campo il Dipartimento ha sviluppato negli

anni un percorso didattico-pedagogico, basato su dinamiche di gruppo ed individuali

volte al problem setting e al problem solving, all’integrazione multiculturale e alla

formazione di competenze strategiche (role playing, giochi, esercizi, riflessioni

meta cognitive, tecniche della relazione interpersonale e della mediazione,

simulazione in laboratorio assistite anche da strumenti audiovisivi ed informatici e

case study).

Contenuti.

Per i contenuti della formazione il Dipartimento recepisce integralmente tutti i

moduli formativi previsti dall’allegato alle linee guida della formazione approvate

con la determina del Direttore generale dell’Ufficio nazionale per il servizio civile

del 19 luglio 2013.

Numero verifiche previste e relativi strumenti utilizzati anche per la

misurazione dei livelli di apprendimento raggiunti.

Per quanto concerne il monitoraggio della formazione dei volontari il Dipartimento

si atterrà a tutte le disposizioni emanate in merito dall’Ufficio nazionale per il

servizio civile con la circolare 24 maggio 2007, prot. UNSC/21346/II.5 concernente:

“Monitoraggio sulla formazione generale dei volontari in servizio civile nazionale”.

Nel corso dei 12 mesi del progetto saranno effettuate:

1. tre verifiche mediante somministrazioni di questionari strutturati mirati a

rilevare il livello di ritenzione delle conoscenze somministrate durante il corso di

formazione. Una prima verifica sarà effettuata al termine del corso di

formazione in modo da misurare il livello di apprendimento. Una seconda

verifica sarà effettuata alla fine dell’8° mese del progetto. Questa sarà mirata

non solo a valutare quanto “rimasto” del corso in termini cognitivi, ma

soprattutto a scoprire se l’azione della formazione non formale sia riuscita a

ricondurre le azioni concrete svolte dai volontari per la realizzazione del

progetto al concetto di difesa civile della Patria. L’ultima verifica sarà effettuata

al 12° mese ed avrà lo scopo di una valutazione complessiva dell’esperienza

formativa effettuata lungo tutto il periodo del servizio con particolare

riferimento alla relazione tra le concrete attività svolte per la realizzazione del

progetto e la difesa civile della Patria con azioni non armate e non violente

intesa come conservazione e preservazione della Comunità nazionale e di come

ciò in scala minore si applichi alla tenuta dei legami e della coesione delle

comunità locali di fronte alle profonde trasformazioni imposte dal processo di

globalizzazione;

1. incontri con i formatori e le altre figure coinvolte nella realizzazione del

progetto al 6° e al 10° mese per identificare il senso delle attività concrete

svolte nell’ambito dei progetti in relazione ai contenuti della formazione

Page 43: SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN...Una gestione integrata di riduzione dei rischi deve pertanto contenere tutte le componenti del ciclo dell’emergenza (fig.1). Documento

(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

erogata.

31) Ricorso a sistemi di formazione verificati in sede di accreditamento ed eventuale

indicazione dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio:

NO

32) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:

Lezioni frontali tenute dai formatori del Dipartimento ed integrate da interventi di

esperti individuati e dinamiche non formali incentrate sulle esperienze (learning by

doing). In questo campo il Dipartimento ha sviluppato negli anni un percorso

didattico-pedagogico, basato su dinamiche di gruppo ed individuali volte al

problem setting e al problem solving, all’integrazione multiculturale e alla

formazione di competenze strategiche (role playing, giochi, esercizi, riflessioni

meta cognitive, tecniche della relazione interpersonale e della mediazione,

simulazione in laboratorio assistite anche da strumenti audiovisivi ed informatici e

case study).

33) Contenuti della formazione:

Per i contenuti della formazione il Dipartimento recepisce integralmente tutti i

moduli formativi previsti dall’allegato alle linee guida della formazione approvate

con il decreto del Capo del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile

Nazionale del 19 luglio 2013.

In particolare la formazione generale dei volontari verterà sui seguenti argomenti,

ciascuno componente un modulo formativo:

L’identità del gruppo in formazione e patto formativo

Dall’obiezione di coscienza al servizio civile nazionale

Il dovere di difesa della patria – difesa civile non armata e non violenta

La normativa vigente e la carta di impegno etico

La formazione civica

Le forme di cittadinanza

La protezione civile

La rappresentanza dei volontari nel servizio civile

Presentazione dell’ente

Il lavoro per progetti

L’organizzazione del servizio civile e le sue figure

Disciplina dei rapporti tra enti e volontari del servizio civile nazionale

Comunicazione interpersonale e gestione dei conflitti

34) Durata:

41 ore da completare entro il 180° giorno dall’avvio del progetto.

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Formazione specifica (relativa al singolo progetto) dei volontari

35) Sede di realizzazione:

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento della Protezione Civile

Via Ulpiano, 11

00193 Roma

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento della Protezione Civile

Via Vitorchiano, 4

00189 Roma

Presidenza del Consiglio dei Ministri

Dipartimento della Protezione Civile

Archivio – Via Affile 142

00131 Roma

Eventuali partecipazioni a convegni, seminari, conferenze ecc., anche organizzate

dal Dipartimento della Protezione Civile, con sede all’interno o all’esterno del

comune di Roma o fuori dai contenuti attinenti ai moduli formativi previsti dalla

formazione specifica potranno essere utilizzati come approfondimento ai temi

formativi.

36) Modalità di attuazione:

La formazione sarà effettuata presso il Dipartimento, utilizzando formatori, tecnici

ed esperti dell’Ente.

Le attività si svolgeranno attraverso lezioni frontali (in aula), riunioni di briefing su

programmi e progetti, durante esercitazioni sul campo, in missioni esterne.

37) Nominativo/i e dati anagrafici del/i formatore/i:

1. ing. Mario Barbani; Civitavecchia – 18.02.1973

2. ing. Paola Bertuccioli; Roma – 20.10.1961

3. dott.ssa Emanuela Campione; Roma – 03.04.1971

4. ing. Tatiana Capone; Roma – 15.11.1977

5. ing. Cinzia Conte; Potenza – 20.11.1970

6. geol. Angelo Corazza; Cervignano del Friuli (UD) – 03.09.1958

7. ing. Valeria Cristi; Roma – 18.06.1977

8. dott. Luca Delli Passeri; Roma – 22.01.1971

9. geol. Andrea Duro; Catania – 28.03.1969

10. geol. Francesco Leone; Roma – 11.02.1968

11. dott.ssa Francesca Lucignano; Roma - 09.07.1971

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

12. geol. Bice Oddo; Rogliano (CS) – 14.04.1971

13. geol. Roberto Pizzi; Isernia – 09.08.1972

14. dott.ssa Silvia Puca; Roma – 11.04.1973

15. geol. Paolo Putrino; Catania – 12.04.1969

16. dott. Filippo Thiery ; Roma – 02.06.1970

17. dott. Alexander Toniazzo; Thiene (VI) – 01.07.1968

18. geol. Giovanni Valgimigli; Roma – 24.04.1970

19. dott. Gianfranco Vulpiani; Popoli (PE) – 08.05.1974

38) Competenze specifiche del/i formatore/i:

1. ing. Mario Barbani – Laureato in Ingegneria Ambiente e Territorio. Funzionario

esperto presso il Centro Funzionale Centrale;

2. ing. Paola Bertuccioli – Laureata in Ingegneria Civile. Funzionario esperto presso

il Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

3. dott. Emanuela Campione – Laureata in Fisica. Funzionario esperto presso il

Centro Funzionale Centrale;

4. ing. Tatiana Capone – Laureata in Ingegneria Civile. Funzionario esperto presso il

Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

5. ing. Cinzia Conte – Laureata in Ingegneria Civile. Funzionario esperto presso il

Centro Funzionale Centrale;

6. geol. Angelo Corazza – Laureato in Scienze Geologiche. Funzionario esperto

presso il Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

7. ing. Valeria Cristi – Laureata in Ingegneria Ambiente e Territorio. Funzionario

esperto presso il Servizio rischi ambientali, tecnologici e incendi boschivi;

8. dott. Luca Delli Passeri – Laureato in Fisica. Funzionario esperto presso il Centro

Funzionale Centrale;

9. geol. Andrea Duro – Laureato in Scienze Geologiche. Funzionario esperto presso

il Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

10. geol. Francesco Leone – Laureato in Scienze Geologiche. Funzionario esperto

presso il Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero.

11. dott.ssa Francesca Lucignano - Laureata in Chimica. Funzionario esperto presso

il Servizio rischi ambientali, tecnologici e incendi boschivi;

12. geol. Bice Oddo - Laureata in Scienze Geologiche. Funzionario esperto presso il

Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

13. geol. Roberto Pizzi - Laureato in Scienze Geologiche. Funzionario esperto

presso il Servizio rischi ambientali, tecnologici e incendi boschivi.

14. dott. Silvia Puca – Laureata in Matematica. Funzionario esperto presso il Centro

Funzionale Centrale;

15. geol. Paolo Putrino – Laureato in Scienze Geologiche. Funzionario esperto

presso il Servizio rischio idraulico, idrogeologico, idrico e costiero;

16. dott. Filippo Thiery – Laureato in Fisica. Funzionario esperto presso il Centro

Funzionale Centrale;

17. dott. Alexander Toniazzo – Laureato in Fisica. Funzionario esperto presso il

Centro Funzionale Centrale;

18. geol. Giovanni Valgimigli – Laureato in Scienze Geologiche. Funzionario

esperto presso il Centro Funzionale Centrale;

19. dott. Gianfranco Vulpiani – Laureato in Fisica. Funzionario esperto presso il

Centro Funzionale Centrale.

Page 46: SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN...Una gestione integrata di riduzione dei rischi deve pertanto contenere tutte le componenti del ciclo dell’emergenza (fig.1). Documento

(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

39) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:

La formazione specifica si svolge, oltre che in aula, in situazioni di apprendimento

sul campo in cui i volontari si misurano concretamente con la realtà dei problemi e

della organizzazione del lavoro. La metodologia didattica in questo caso si fonda per

lo più su una dimensione pratica caratterizzata dalla analisi e dalla interpretazione di

esperienze, di fenomeni osservati e di eventi.

I contenuti della formazione vengono trattati utilizzando le seguenti tecniche:

- lezione frontale in aula;

- studi di caso;

- esercitazioni problem-solving;

- simulazioni;

- lavoro di gruppo;

- role-play.

Gli argomenti delle lezioni sono accompagnati da sussidi e dispense didattici con la

sintesi dei temi trattati, anche su supporti informatici come DVD e CD.

40) Contenuti della formazione:

La formazione specifica riguarderà nel dettaglio le seguenti tematiche funzionali alla

realizzazione del progetto.

Modulo Istituzionale

o Il sistema nazionale di protezione civile (normativa di riferimento, i

livelli operativi, la ripartizione delle competenze, la gestione delle

emergenze, struttura del Dipartimento della Protezione Civile, le risorse a

disposizione del sistema);

o Il Dipartimento della Protezione Civile (la sua organizzazione, le attività,

le procedure, gli output comunicativi);

o La protezione civile nella dimensione internazionale (cooperazione,

assistenza umanitaria, ecc.).

Modulo Formazione Sociale

o Il ruolo dei cittadini nelle emergenze nazionali e internazionali (storia e

caratteristiche);

o Il volontariato di protezione civile (storia e caratteristiche);

o Aspetti psicosociali legati alle emergenze;

o Formazione e informazione sui rischi connessi all’impiego dei volontari

in progetti di servizio civile.

Modulo Formazione Tecnica

o Rischio sismico;

o Pericolosità sismica;

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

o Memoria storica sul rischio sismico;

o Prevenzione sismica;

o Vulnerabilità sismica;

o Il rischio maremoto – fenomeno e cause;

o Il rischio alluvione;

o I sistemi di allertamento;

o La prevenzione dal rischio alluvione;

o La pianificazione di emergenza.

o Quadro di governance della riduzione del rischio da catastrofi

derivante dal Sendai Framework for Action

o Le competenze del Dipartimento della Protezione Civile nei diversi

settori di rischio

o Elementi di governance del rischio idrogeologico nel panorama

nazionale ed internazionale

o Introduzione alle attività tecniche e di valutazione nelle diverse fasi

del ciclo dell’emergenza

o Quadro normativo nazionale ed europeo di gestione del rischio

idrogeologico e idraulico

o Quadro normativo nazionale ed europeo di gestione del rischio

ambientale

41) Durata:

71 ore (70% delle ore entro 90 giorni dall’avvio del progetto e il restante 30% entro

i 270 giorni dall’avvio del progetto).

La scelta di una tempistica più lunga per la formazione specifica è giustificata dal

fatto che i volontari saranno coinvolti in attività formative specifiche che seguiranno

le varie fasi del progetto e che, quindi, non potranno esaurirsi completamente entro i

primi tre mesi dall’avvio del servizio.

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(*) Documento informatico sottoscritto con firma digitale ai sensi del D.Lgs 82/2005.

L’originale informatico è stato predisposto e conservato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione Civile in conformità alle regole tecniche di cui all’art. 71 del D.Lgs 82/2005.

Altri elementi della formazione

42) Modalità di monitoraggio del piano di formazione (generale e specifica) predisposto:

Per quanto concerne il monitoraggio della formazione dei volontari il Dipartimento

si atterrà a tutte le disposizioni emanate in merito dall’Ufficio per il servizio civile

nazionale con la circolare 28 gennaio 2014, concernente: “Monitoraggio sulla

formazione generale dei volontari in servizio civile nazionale”.

Nel corso dei 12 mesi del progetto saranno effettuate due verifiche mediante

somministrazioni di questionari strutturati mirati a rilevare il livello delle

conoscenze acquisite durante il corso di formazione. Una prima verifica sarà

effettuata al termine del corso di formazione in modo da misurare il livello di

apprendimento. Una seconda verifica sarà effettuata alla fine del 12° mese del

progetto. Questa sarà mirata non solo a valutare quanto “rimasto” del corso in

termini cognitivi, ma soprattutto a scoprire se l’azione della formazione non formale

sia riuscita a ricondurre le azioni concrete svolte dai volontari per la realizzazione

del progetto al concetto di difesa civile della Patria. L’ultima verifica avrà inoltre lo

scopo di una valutazione complessiva dell’esperienza formativa, con particolare

riferimento alla relazione tra le concrete attività svolte per la realizzazione del

progetto e la difesa civile della Patria intesa come conservazione e preservazione

della Comunità nazionale e di come ciò in scala minore si applichi alla tenuta dei

legami e della coesione delle comunità locali di fronte alle profonde trasformazioni

imposte dal processo di globalizzazione.

Infine, il piano di monitoraggio interno per la valutazione dell’andamento del

progetto (p.to 20 della scheda progetto) prevede anche una verifica

dell’effettuazione della formazione generale e specifica finalizzata alla crescita

culturale e sociale dei volontari, nonché nell’ottica della spendibilità all’esterno dei

delle conoscenze acquisite.

Roma, 12 ottobre 2016

Il Responsabile legale dell’ente

IL CAPO DEL DIPARTIMENTO

Fabrizio Curcio (*)