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iaVerità VENHKDI 26 MAGGIO 2017 17 SE LA VITA E UN PESO LINTERISTAGIOBGIOSERAFINI PROSPERI «Con la meditazione ho perso 60 chili Ero obeso nella testa non nella pancia» «Sono dimagrito senza seguire diete e continuo a non farle II cibo riempie un vuoto ulteriore, è l'anima che va nutrita» V di PATRIZIA FLODERREITTER Sul desktop del suo computer c'è una foto, a ri- cordargli come era io anni e 143 chili fa. In 24 me- si riuscì a perderne 60 senza diete, solo seguendo la medita- zione, e da allora Giorgio Sera- fini Prosperi aiuta chi è in so- vrappeso a riacquistare una vita normale. Romano, 49 an- ni, autore televisivo e di teatro, soggettista cinematografico, debutto nel mondo artistico a soli 9 anni interpretando la commedia Zio Mario al teatro Politecnico di Roma. In scena con lui e alla regia c'era uno zio vero, Mario Prosperi (fratello della mamma Giovanna), drammaturgo, regista, attore, sceneggiatore per la Rai dell'Odissea e dell'Eneide, au- tore di moltissime opere tea- trali. Il nonno, Giorgio Prospe- ri, per 40 anni critico teatrale del Tempo, era pure lui regista e sceneggiatore, lavorò per la tv, scrisse i testi di tanti film tra i quali Stazione Termini del 1953, per la regia di Vittorio De Sica (vi lavorò assieme ad altri autori come Cesare Zavattini) e Senso, del 1954, regia di Lu- chino Visconti (altri sceneg- giatori erano Suso Cecchi D'Amico, Giorgio Bassani, Tennessee Williams). Anche Giorgio lavora come soggettista cinematografico, televisivo e teatrale, vinse il premio internazionale Ennio Flaiano nel 1991 con la comme- 44 Sono inutili le restrizioni a tavola se non affrontiamo le nostre ansie e insicurezze dia La coscienza di Hamlet, e nuovamente nel 2001 con l'at- to unico La notte di Natale (e Marzia). Nonostante i molti successi professionali, però, «ero infelice, sempre», ricor- da. «Quello che avevo non mi bastava mai. Ho passato la pri- ma parte della mia vita a lotta- re contro il peso e contro il ci- bo. Poi, un giorno, ho compre- so che in realtà stavo lottando solo contro me stesso. E ho smesso di farlo. Senza nessu- na dieta 0 intervento chirurgi- co, ho perso i 60 chili del mio peso in eccesso e da anni oscil- lo tra gli 82 e gli 85». È iniziata così la «seconda vita» di Serafi- ni Prosperi, oggi impegnato ad aiutare chi soffre della sindro- me da alimentazione incon- trollata, spiegando sul sito di- magriremeglio.it e attraverso il libro Ho mangiato abbastanza (Sonzogno) come riuscirci. Lei ha scritto: «Perdere pe- so è alleggerirsi l'anima». «Fin da ragazzo sono stato costantemente in lotta con il peso, era una battaglia quoti- diana. Mi sembrava di uscirne vincitore, tornavo a mangiare in modo compulsivo ripren- dendo tutti i chili e il mio ma- lessere. Curavano il mio distur- bo alimentare con antidepres- sivi. A 40 anni ho detto basta, ho accettato di guardare in fac- cia la mia difficoltà con il cibo, per capire che cosa la innesca- va». Il suo successo contro l'obe- sità nasce da un paradosso: ha smesso di stare a dieta, «di combattere contro il cibo». «Il cibo è l'effetto, non la causa. Le restrizioni a tavola non servono se non affrontia- mo il nostro disagio, i problemi che si manifestano mangiando senza freno e accumulando peso. L'ho capito mentre ero in un centro ayurvedico in India, il medico che mi stava visitan- do chiese: "Come sta?". Gli ri- sposi che ero depresso. "È si- curo che sia depressione 0 la sua è sofferenza?", domandò ancora. Andai in crisi, comin- ciai a chiedermi perché non stavo bene con me stesso, co- minciai a frequentare i gruppi di Overeaters anonymous (as- sociazione dei Mangiatori com- pulsivi anonimi; offre ascolto e sostegno, ndr). Compresi che la mia era una malattia emotiva e che la cura era spirituale. Biso- gnava nutrire l'anima». Si spieghi meglio. «Abbandonare il peso in ec- cesso vuoi dire essere disponi- bili a una rivoluzione interiore che è alla base della trasforma- zione, dentro e fuori di noi. Il cibo va tolto, come la sostanza stupefacente per un tossicodi- pendente, poi il percorso di re- cupero ti aiuta a vivere senza considerare gli alimenti una stampella cui sorreggerti. Ho dovuto imparare a mangiare in modo normale tutti i giorni, senza eccessi 0 privazioni. È quello che ti salva la vita». Quanto ha impiegato a tro- vare un equilibrio alimentare e psicologico? «Il percorso non finisce mai, diciamo che ci sono voluti due anni per stabilizzarmi e per af- frontare questo interrogativo: tolto il cibo, con che cosa riem- pio il buco interiore? Ho impa- rato che bisogna cambiare stile di vita, non si può vivere in af- fanno, abusando dei nostri li- miti, reprimendo le emozioni». Guardando dentro di sé, che cosa non andava nel suo modo di vivere? «L'insicurezza di fondo, l'ansia eccessiva, il sentirmi sempre inadeguato, il non ascoltare il mio disagio. Pro- blemi che rifiutavo di ricono- scere né affrontavo, devi esse- re "sobrio" di cibo per poterlo fare. Nella normalità della mia famiglia altoborghese c'era poi un elemento di non stabili- tà. Mio padre era un alcolista. Signorile, ma sempre dipen- dente dall'alcol, per 25 anni. Sia mia madre, sia mia sorella hanno avuto problemi con il cibo, non così evidenti come la mia obesità». 160 chili quando li ha persi? «In quei due anni di inizio percorso, aiutandomi con lo yoga come meditazione attiva. Quando il corpo iniziò a stabi- lizzarsi, cominciai a lavorare IL PUNTO DI VISTA PER RITROVARE UN EQUILIBRIO mangiato abbastanza S'intitola Ho mangiato abbastanza (Sonzogno editore, 313 pagine, 17 eu- ro, 9,99 euro l'ebook) il li- bro che Giorgio Serafini Prosperi ha da poco pub- blicato su come ha perso 60 chili senza diete né in- terventi chirurgici ma con la meditazione, e sulla «ristrutturazione» inte- riore che gli ha permesso di ritrovare l'equilibrio. Il punto di svolta è stato ca- pire che non poteva risol- vere il problema della sua vita senza cambiare radi- calmente il punto di vista su di sé e sul mondo. RINATO Giorgio Serafini Prosperi davanti alla chiesa di San Francesco a Narni [Aroti Meloni] sulla mente, a elaborare le emozioni vive, affrontandole senza paura. Vanno trattate con gentilezza. Se mi rilasso davanti a un'emozione distur- bante, non elimino la sofferen- za ma posso evitare di ingigan- tirla. Prima non potevo farlo, mi rivedo nelle persone com- pulsive che vengono in studio, non riescono a fermarsi, a sta- re in silenzio mentale». A casa sua, frigo e dispensa sono vuoti per non cadere in tentazione? «No, il mio atteggiamento è contrario, non mi chiudo in un'altra paura. Non seguo die- te e mangio quello che mi pia- ce, evitando quello che fa male cioè tutti gli zuccheri raffinati, le farine bianche, le pietanze elaborate, troppo condite o cotte a lungo. Non sono vegano né vegetariano. Non c'è niente di più bello, per chi è un man- giatore compulsivo, di scopri- re, un giorno, di potersi sedere a tavola e assaporare una por- zione moderata di un cibo sa- no e soddisfacente senza più paura. È come rinascere». Insegna pratiche di medita- zione e di consapevolezza, che cosa ha imparato a fare? «Ho preso da due anni il di- ploma di Mindfulness counse- lor, tecnica che aiuta a ridurre lo stress attraverso la consape- volezza del respiro e che prati- co già da otto anni. Per sempli- ficare, concentrazione sulla respirazione e sul momento presente, senza divagazioni in pensieri su passato o futuro. La meditazione consapevole consente di rilassarsi, ritrova- re equilibrio, acquisire chia- rezza mentale e lucidità». Le chiedono aiuto in molti? «Ricevo un centinaio di email la settimana, certo non tutti diventano miei pazienti». Quante persone è riuscito a far dimagrire? «Almeno 50 in due anni. So- prattutto donne, il 70-80%. Chi si rivolge a me è in una fascia di età tra i 40 e i 50 anni. Tanti 44 È come rinascere: mangio ciò che mi piace senza paure In due anni ho aiutato 50 persone mollano, si scoraggiano, la percentuale di chi effettiva- mente si recupera è molto bas- sa, non arriva al 25%. Questa è una malattia dalla memoria corta, quando mi sento a posto con il peso penso di avere risol- to tutto, invece sono emotiva- mente più fragile». Solo obesi? «Seguo anche normopeso ma che da una vita combatto- no con la bilancia e con quello che mangiano». Come si assume la consape- volezza di dover reimparare a mangiare? «Concentrandosi sul cibo, spegnendo televisore e cellula- re, ascoltando le sensazioni che si provano mangiando. Poi ser- ve un piano alimentare e, se non ci sono problemi di salute, lascio che siano le persone a scegliere che cosa inserire e co- sa togliere nella loro alimenta- zione, così prendono coscienza di quanto ingeriscono. È già molto. Lavoriamo sulla medita- zione, sull'ascolto, sulla condi- visione dell'esperienza, del rapporto con il cibo. Suggerisco anche lo yoga e la psicoterapia. Come per tutte le dipendenze, anche per il mangiatore com- pulsivo il lavoro va fatto a più li- velli e con diversi professioni- sti. Stiamo parlando di una ri- strutturazione profonda». Perché il protagonista di Una perfetta geometria, suo romanzo giallo dello scorso anno, si chiama Adriano Pa- natta? «Ho dato questo nome alla figura inventata di un ex com- missario di polizia, ex obeso, perché Panatta era un mito. Bello, magro e vincente, la per- sona più lontana da me che po- tesse esistere». Le capita spesso di pensare a una bella scorpacciata? «Sì, quando mi assale l'an- sia. Mangerei pizza, dolci, sa- lumi, di tutto. La libertà che mi sono conquistato è di poter di- re di no. Posso essere gentile anche con questo impulso». © RIPRODUZIONE RISERVATA

SE LA VITA E UN PESO

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iaVerità VENHKDI26 MAGGIO 2017 17

• SE LA VITA E UN PESOLINTERISTAGIOBGIOSERAFINI PROSPERI

«Con la meditazioneho perso 60 chiliEro obeso nella testanon nella pancia»«Sono dimagrito senza seguire diete e continuo a non farleII cibo riempie un vuoto ulteriore, è l'anima che va nutrita»

V

di PATRIZIA FLODERREITTER

• Sul desktopdel suo computerc'è una foto, a ri-cordargli comeera io anni e 143chili fa. In 24 me-

si riuscì a perderne 60 senzadiete, solo seguendo la medita-zione, e da allora Giorgio Sera-fini Prosperi aiuta chi è in so-vrappeso a riacquistare unavita normale. Romano, 49 an-ni, autore televisivo e di teatro,soggettista cinematografico,debutto nel mondo artistico asoli 9 anni interpretando lacommedia Zio Mario al teatroPolitecnico di Roma. In scenacon lui e alla regia c'era uno ziovero, Mario Prosperi (fratellodella mamma Giovanna),drammaturgo, regista, attore,sceneggiatore per la Raidell'Odissea e dell'Eneide, au-tore di moltissime opere tea-trali. Il nonno, Giorgio Prospe-ri, per 40 anni critico teatraledel Tempo, era pure lui registae sceneggiatore, lavorò per latv, scrisse i testi di tanti filmtra i quali Stazione Termini del1953, per la regia di Vittorio DeSica (vi lavorò assieme ad altriautori come Cesare Zavattini)e Senso, del 1954, regia di Lu-chino Visconti (altri sceneg-giatori erano Suso CecchiD'Amico, Giorgio Bassani,Tennessee Williams).

Anche Giorgio lavora comesoggettista cinematografico,televisivo e teatrale, vinse ilpremio internazionale EnnioFlaiano nel 1991 con la comme-

44Sono inutilile restrizioni a tavolase non affrontiamole nostre ansiee insicurezze

dia La coscienza di Hamlet, enuovamente nel 2001 con l'at-to unico La notte di Natale (eMarzia). Nonostante i moltisuccessi professionali, però,«ero infelice, sempre», ricor-da. «Quello che avevo non mibastava mai. Ho passato la pri-ma parte della mia vita a lotta-re contro il peso e contro il ci-bo. Poi, un giorno, ho compre-so che in realtà stavo lottandosolo contro me stesso. E hosmesso di farlo. Senza nessu-

na dieta 0 intervento chirurgi-co, ho perso i 60 chili del miopeso in eccesso e da anni oscil-lo tra gli 82 e gli 85». È iniziatacosì la «seconda vita» di Serafi-ni Prosperi, oggi impegnato adaiutare chi soffre della sindro-me da alimentazione incon-trollata, spiegando sul sito di-magriremeglio.it e attraverso illibro Ho mangiato abbastanza(Sonzogno) come riuscirci.

Lei ha scritto: «Perdere pe-so è alleggerirsi l'anima».

«Fin da ragazzo sono statocostantemente in lotta con ilpeso, era una battaglia quoti-diana. Mi sembrava di uscirnevincitore, tornavo a mangiarein modo compulsivo ripren-dendo tutti i chili e il mio ma-lessere. Curavano il mio distur-bo alimentare con antidepres-sivi. A 40 anni ho detto basta,ho accettato di guardare in fac-cia la mia difficoltà con il cibo,per capire che cosa la innesca-va».

Il suo successo contro l'obe-sità nasce da un paradosso: hasmesso di stare a dieta, «dicombattere contro il cibo».

«Il cibo è l'effetto, non lacausa. Le restrizioni a tavolanon servono se non affrontia-mo il nostro disagio, i problemiche si manifestano mangiandosenza freno e accumulandopeso. L'ho capito mentre ero inun centro ayurvedico in India,il medico che mi stava visitan-do chiese: "Come sta?". Gli ri-sposi che ero depresso. "È si-curo che sia depressione 0 lasua è sofferenza?", domandòancora. Andai in crisi, comin-ciai a chiedermi perché nonstavo bene con me stesso, co-minciai a frequentare i gruppidi Overeaters anonymous (as-sociazione dei Mangiatori com-pulsivi anonimi; offre ascolto esostegno, ndr). Compresi che lamia era una malattia emotiva eche la cura era spirituale. Biso-gnava nutrire l'anima».

Si spieghi meglio.«Abbandonare il peso in ec-

cesso vuoi dire essere disponi-bili a una rivoluzione interioreche è alla base della trasforma-zione, dentro e fuori di noi. Ilcibo va tolto, come la sostanzastupefacente per un tossicodi-pendente, poi il percorso di re-cupero ti aiuta a vivere senzaconsiderare gli alimenti unastampella cui sorreggerti. Hodovuto imparare a mangiarein modo normale tutti i giorni,senza eccessi 0 privazioni. Èquello che ti salva la vita».

Quanto ha impiegato a tro-vare un equilibrio alimentaree psicologico?

«Il percorso non finisce mai,diciamo che ci sono voluti dueanni per stabilizzarmi e per af-frontare questo interrogativo:

tolto il cibo, con che cosa riem-pio il buco interiore? Ho impa-rato che bisogna cambiare stiledi vita, non si può vivere in af-fanno, abusando dei nostri li-miti, reprimendo le emozioni».

Guardando dentro di sé,che cosa non andava nel suomodo di vivere?

«L'insicurezza di fondo,l'ansia eccessiva, il sentirmisempre inadeguato, il nonascoltare il mio disagio. Pro-blemi che rifiutavo di ricono-scere né affrontavo, devi esse-re "sobrio" di cibo per poterlofare. Nella normalità della miafamiglia altoborghese c'erapoi un elemento di non stabili-tà. Mio padre era un alcolista.Signorile, ma sempre dipen-dente dall'alcol, per 25 anni.Sia mia madre, sia mia sorellahanno avuto problemi con ilcibo, non così evidenti come lamia obesità».

160 chili quando li ha persi?«In quei due anni di inizio

percorso, aiutandomi con loyoga come meditazione attiva.Quando il corpo iniziò a stabi-lizzarsi, cominciai a lavorare

IL PUNTO DI VISTAPER RITROVAREUN EQUILIBRIO

mangiatoabbastanza

• S'intitola Ho mangiatoabbastanza (Sonzognoeditore, 313 pagine, 17 eu-ro, 9,99 euro l'ebook) il li-bro che Giorgio SerafiniProsperi ha da poco pub-blicato su come ha perso60 chili senza diete né in-terventi chirurgici macon la meditazione, e sulla«ristrutturazione» inte-riore che gli ha permessodi ritrovare l'equilibrio. Ilpunto di svolta è stato ca-pire che non poteva risol-vere il problema della suavita senza cambiare radi-calmente il punto di vistasu di sé e sul mondo.

RINATO Giorgio Serafini Prosperi davanti alla chiesa di San Francesco a Narni [Aroti Meloni]

sulla mente, a elaborare leemozioni vive, affrontandolesenza paura. Vanno trattatecon gentilezza. Se mi rilassodavanti a un'emozione distur-bante, non elimino la sofferen-za ma posso evitare di ingigan-tirla. Prima non potevo farlo,mi rivedo nelle persone com-pulsive che vengono in studio,non riescono a fermarsi, a sta-re in silenzio mentale».

A casa sua, frigo e dispensasono vuoti per non cadere intentazione?

«No, il mio atteggiamento ècontrario, non mi chiudo inun'altra paura. Non seguo die-te e mangio quello che mi pia-ce, evitando quello che fa malecioè tutti gli zuccheri raffinati,le farine bianche, le pietanzeelaborate, troppo condite ocotte a lungo. Non sono veganoné vegetariano. Non c'è nientedi più bello, per chi è un man-giatore compulsivo, di scopri-re, un giorno, di potersi sederea tavola e assaporare una por-zione moderata di un cibo sa-no e soddisfacente senza piùpaura. È come rinascere».

Insegna pratiche di medita-zione e di consapevolezza, checosa ha imparato a fare?

«Ho preso da due anni il di-ploma di Mindfulness counse-lor, tecnica che aiuta a ridurrelo stress attraverso la consape-volezza del respiro e che prati-co già da otto anni. Per sempli-ficare, concentrazione sullarespirazione e sul momentopresente, senza divagazioni inpensieri su passato o futuro.La meditazione consapevole

consente di rilassarsi, ritrova-re equilibrio, acquisire chia-rezza mentale e lucidità».

Le chiedono aiuto in molti?«Ricevo un centinaio di

email la settimana, certo nontutti diventano miei pazienti».

Quante persone è riuscito afar dimagrire?

«Almeno 50 in due anni. So-prattutto donne, il 70-80%. Chisi rivolge a me è in una fascia dietà tra i 40 e i 50 anni. Tanti

44È come rinascere:mangio ciò chemi piace senza paureIn due anniho aiutato 50 persone

mollano, si scoraggiano, lapercentuale di chi effettiva-mente si recupera è molto bas-sa, non arriva al 25%. Questa èuna malattia dalla memoriacorta, quando mi sento a postocon il peso penso di avere risol-to tutto, invece sono emotiva-mente più fragile».

Solo obesi?«Seguo anche normopeso

ma che da una vita combatto-no con la bilancia e con quelloche mangiano».

Come si assume la consape-volezza di dover reimparare amangiare?

«Concentrandosi sul cibo,spegnendo televisore e cellula-re, ascoltando le sensazioni chesi provano mangiando. Poi ser-ve un piano alimentare e, senon ci sono problemi di salute,lascio che siano le persone ascegliere che cosa inserire e co-sa togliere nella loro alimenta-zione, così prendono coscienzadi quanto ingeriscono. È giàmolto. Lavoriamo sulla medita-zione, sull'ascolto, sulla condi-visione dell'esperienza, delrapporto con il cibo. Suggeriscoanche lo yoga e la psicoterapia.Come per tutte le dipendenze,anche per il mangiatore com-pulsivo il lavoro va fatto a più li-velli e con diversi professioni-sti. Stiamo parlando di una ri-strutturazione profonda».

Perché il protagonista diUna perfetta geometria, suoromanzo giallo dello scorsoanno, si chiama Adriano Pa-natta?

«Ho dato questo nome allafigura inventata di un ex com-missario di polizia, ex obeso,perché Panatta era un mito.Bello, magro e vincente, la per-sona più lontana da me che po-tesse esistere».

Le capita spesso di pensarea una bella scorpacciata?

«Sì, quando mi assale l'an-sia. Mangerei pizza, dolci, sa-lumi, di tutto. La libertà che misono conquistato è di poter di-re di no. Posso essere gentileanche con questo impulso».

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