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Parrocchia San Paolo apostolo Azione Cattolica Italiana Associazione "Lui Rosaria" Seconda tappa: Seguire Gesù, in casa C Spirito di Dio, fa' della tua Chiesa un roveto che arde di amore per gli ultimi. T Alimentane il fuoco col tuo olio, perché l'olio brucia anche. C Dà alla tua Chiesa tenerezza e coraggio. Lacrime e sorrisi. T Rendila spiaggia dolcissima per chi è solo e triste e povero. C Disperdi la cenere dei suoi peccati. Fa' un rogo delle sue cupidigie. T E quando, delusa dei suoi amanti, tornerà stanca e pentita a te, coperta di fango e di polvere dopo tanto camminare, credile se ti chiede perdono. C Non la rimproverare. Ma ungi teneramente le membra di questa sposa di Cristo con le fragranze del tuo profumo e con l'olio di letizia. T E poi introducila, divenuta bellissima senza macchie e senza rughe, all'incontro con lui perché possa guardarlo negli occhi senza arrossire, e possa dirgli finalmente: Sposo mio. f4h4 A4 U ff o. G Gesù entra nella casa dove vive, a Cafarnao. Ha appena attraversato la città con i suoi discepoli e tanto ha ascoltato i loro discorsi litigiosi. La casa è il luogo intimo e riservato in cui Gesù forma i discepoli, accompagnandoli a rileggere i loro vissuti, a riflettere sulla loro mentalità e mostrando cosa conta veramente per chi vuole seguirlo. La vera grandezza per i discepoli di Gesù è farsi piccoli e non essere potenti, è servire e non farsi servire. Questo vive Gesù in prima persona e questo chiede a chi vuole essere suo discepolo La confessione di Pietro che proclamava Gesù quale Messia (Mc 8,29) rappresenta nel vangelo secondo Marco una svolta nel tempo della predicazione di Gesù. A partire da quell'evento, Gesù cerca di raggiungere Gerusalemme discendendo dalle pendici dell'Hermon e passando per Cafarnao in Galilea. Da qui in avanti il catecumeno è invitato ad aprirsi al modo della salvezza che Dio ha pensato e che Gesù sta realizzando, una salvezza che si realizza non nell'innalzamento di se stessi, ma nell'abbassarsi in fiducioso abbandono al progetto di salvezza. Non "faccio io", ma «assecondo con tutto me stesso, senza riserve, a quanto Dio dispone per me». Questo pone al centro due atteggiamenti altrettanto indispensabili: discernimento e fiducia. Questa è l'unica salita di Gesù verso la città santa testimoniata da Marco, e quindi dagli altri sinottici, (mentre Giovanni ne riporta tre) di una salita durante la quale Gesù intensifica l'insegnamento rivolto ai suoi discepoli, alla sua comunità itinerante, continuando ad annunciare loro la necessità della sua passione e morte. Il primo annuncio Gesù lo fece all'inizio del viaggio, a Cesarea di Filippo, subito dopo la confessione di Pietro che vedeva nell'uomo Gesù il Messia tanto atteso, come detto sopra: «MC 8,3 1 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo». Da notare che l'annuncio è accolto con un netto rifiuto, che arriva al rimprovero che Pietro fa a Gesù. Rifiuto che più volte Pietro farà. All'invito di pregare con Gesù nel giardino dei Getsemani, Pietro si addormenterà. Questo atteggiamento di rifiuto di accettare Gesù come Lui si stava manifestando, arriverà al suo culmine con il rinnegamento di Gesù: «14.71b Non conosco quest'uomo di cui parlate». Poco dopo, al capitolo nove, ecco il secondo annuncio che Gesù fa eche anch'esso verrà accolto con un rifiuto Esso preci de immediatamente la pericope oggetto della nostra lettura e meditazione. mc 930Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 3t lnsegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Seconda tappa: Seguire Gesù, in casa - Diocesi di Fano ...E imparare ad essere pieni di affetto per colui che attirerebbe su di sé solo un giudizio negativo, di disprezzo, da allontanare

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Page 1: Seconda tappa: Seguire Gesù, in casa - Diocesi di Fano ...E imparare ad essere pieni di affetto per colui che attirerebbe su di sé solo un giudizio negativo, di disprezzo, da allontanare

Parrocchia San Paolo apostolo Azione Cattolica Italiana Associazione "Lui Rosaria"

Seconda tappa: Seguire Gesù, in casa

C Spirito di Dio, fa' della tua Chiesa un roveto che arde di amore per gli ultimi. T Alimentane il fuoco col tuo olio, perché l'olio brucia anche. C Dà alla tua Chiesa tenerezza e coraggio. Lacrime e sorrisi. T Rendila spiaggia dolcissima per chi è solo e triste e povero. C Disperdi la cenere dei suoi peccati. Fa' un rogo delle sue cupidigie. T E quando, delusa dei suoi amanti, tornerà stanca e pentita a te, coperta di fango e di polvere dopo tanto camminare, credile se ti chiede perdono. C Non la rimproverare. Ma ungi teneramente le membra di questa sposa di Cristo con le fragranze del tuo profumo e con l'olio di letizia. T E poi introducila, divenuta bellissima senza macchie e senza rughe, all'incontro con lui perché possa guardarlo negli occhi senza arrossire, e possa dirgli finalmente: Sposo mio.

f4h4 A4 Uff o. G Gesù entra nella casa dove vive, a Cafarnao. Ha appena attraversato la città con i suoi discepoli e tanto ha ascoltato i loro discorsi litigiosi. La casa è il luogo intimo e riservato in cui Gesù forma i discepoli, accompagnandoli a rileggere i loro vissuti, a riflettere sulla loro mentalità e mostrando cosa conta veramente per chi vuole seguirlo. La vera grandezza per i discepoli di Gesù è farsi piccoli e non essere potenti, è servire e non farsi servire. Questo vive Gesù in prima persona e questo chiede a chi vuole essere suo discepolo

La confessione di Pietro che proclamava Gesù quale Messia (Mc 8,29) rappresenta nel vangelo secondo Marco una svolta nel tempo della predicazione di Gesù. A partire da quell'evento, Gesù cerca di raggiungere Gerusalemme discendendo dalle pendici dell'Hermon e passando per Cafarnao in Galilea. Da qui in avanti il catecumeno è invitato ad aprirsi al modo della salvezza che Dio ha pensato e che Gesù sta realizzando, una salvezza che si realizza non nell'innalzamento di se stessi, ma nell'abbassarsi in fiducioso abbandono al progetto di salvezza. Non "faccio io", ma «assecondo con tutto me stesso, senza riserve, a quanto Dio dispone per me». Questo pone al centro due atteggiamenti altrettanto indispensabili: discernimento e fiducia. Questa è l'unica salita di Gesù verso la città santa testimoniata da Marco, e quindi dagli altri sinottici, (mentre Giovanni ne riporta tre) di una salita durante la quale Gesù intensifica l'insegnamento rivolto ai suoi discepoli, alla sua comunità itinerante, continuando ad annunciare loro la necessità della sua passione e morte. Il primo annuncio Gesù lo fece all'inizio del viaggio, a Cesarea di Filippo, subito dopo la confessione di Pietro che vedeva nell'uomo Gesù il Messia tanto atteso, come detto sopra:

«MC 8,3 1 E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell'uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. 32 Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo».

Da notare che l'annuncio è accolto con un netto rifiuto, che arriva al rimprovero che Pietro fa a Gesù. Rifiuto che più volte Pietro farà. All'invito di pregare con Gesù nel giardino dei Getsemani, Pietro si addormenterà. Questo atteggiamento di rifiuto di accettare Gesù come Lui si stava manifestando, arriverà al suo culmine con il rinnegamento di Gesù: «14.71b Non conosco quest'uomo di cui parlate». Poco dopo, al capitolo nove, ecco il secondo annuncio che Gesù fa eche anch'esso verrà accolto con un rifiuto Esso preci de immediatamente la pericope oggetto della nostra lettura e meditazione.

mc 930Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 3t lnsegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

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9,33 Giunsero a Cafarnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 3'5 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, Io pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

11 Cos4eio & «sit Al capitolo 10 e quindi a seguire la nostra pericope, ecco il terzo annuncio:

«MC 10,33 Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: '3 «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, 34lo derideranno, gli sputeranno addosso, loflagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà».

Sia nel secondo annuncio che nel terzo, rispetto al primo, c'è l'aggiunta «sarà consegnato» (paradidomi), verbo forte che indica un essere dato in balla, in potere di qualcuno. Così avverrà, e Gesù sarà sempre un soggetto passivo ditale azione: consegnato da Giuda ai sacerdoti (cf. Mc 14,10), dai sacerdoti a Pilato (cf. Mc 15,1), consegnato da Pilato perché fosse crocifisso (cf. Mc 15,15). Il passivo usato negli annunci della passione e la medesima necessità espressa in tutti e tre i casi indica tuttavia che, sebbene questa consegna avvenga per mano di uomini responsabili delle loro azioni, essa però non accade come un semplice accidente ("a Gesù è andata male..."), bensì secondo ciò che è conforme alla volontà di Dio. Ovvero, che un giusto non si vendichi, non si sottragga a ciò che gli uomini vogliono e possono fare nella loro malvagità: rigettare, odiare, perseguitare, mettere a morte chi è giusto, perché gli ingiusti non lo sopportano (cf. Sap 1,16-2,20). Necessità umana, dunque, innanzitutto: in un mondo di ingiusti, il giusto non può che- patire- ed essere cundannato. E stato 2 sempre così, in ogni tempo e luogo, e ancora oggi è così... Dio non vuole la morte di Gesù, ma la sua volontà è che il giusto resti tale, fino a essere consegnato alla morte, continuando ad "amare fino alla fine" (cf. Gv 13, 1). Il giusto mai e poi mai consegna un altro alla morte ma, piuttosto di compiere il male, si lascia consegnare: ecco la necessità divina della passione di Gesù. Nel terzo annuncio, il rifiuto sembra sciogliersi nell'accettazione del calice che Gesù berrà e del battesimo nel quale egli sarà battezzato, ma in vista di guadagnare una posizione di prestigio nel futuro Regno. E', cioè, accettare la passione, accettare la sofferenza, accettare il rifiuto, purché questo porti un vantaggio. E un rifiuto, ma più sopraffino, perché il gesto di accettazione e condivisione della passione di Cristo, maschera un atteggiamento egoista, come Gesù spiegherà a tutti i Dodici. (Mc 10,35-45)

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Essa viene sintetizzata così, dalla Bibbia nella recente traduzione a cura della C.E.I.: Servire con umiltà e carità. Ricordiamolo: qui tutti i discepoli si rifiutano di comprendere le parole di Gesù e, chiusi nella loro cecità, neppure lo interrogano. Come quei cristiani di oggi che vivono di una religiosità che resta in superficie, che va avanti per inerzia, per consuetudine, perché si è fatto sempre così, che non penetra dentro il cuore per aprirlo alle provocazioni che la Parola, anche oggi, insieme allo Spirito Santo, opera in noi. Ma ecco che, giunti nella loro casa di Cafarnao, Gesù e i suoi sostano per riposarsi. E la casa di Gesù. C'è bisogno di una sosta e la sosta è nella casa di Gesù, il luogo più adatto per riprendere quanto avviene «lungo la strada», cioè laddove si è più immersi nella umanità, così come essa è e si manifesta: fragile, contradditoria, sempre, specie se confrontata con la Parola che Gesù, ugualmente «lungo la strada», offre a chi cammina dietro a Lui. Ripeto: c'è bisogno di una sosta, che per noi, discepoli di Cristo di oggi, è la sosta della Domenica. Da vivere in intimità con Gesù, nella casa di Gesù, che oggi è la Chiesa, intesa come comunità di peccatori perdonati che si raduna intorno a Gesù, presente, con il suo Spirito (lo ha garantito lui), e che si manifesta a noi con la sua Parola e con il suo dono Eucaristico. In quell'intimità Gesù domanda loro: "Di che cosa stavate discutendo per la strada?". La risposta è un silenzio pieno di vergogna. I discepoli, infatti, sanno di che cosa hanno parlato, sanno che in quella discussione vi era stato in loro un desiderio e un atteggiamento peccaminoso: ognuno era stato tentato - e forse lo aveva anche espresso a parole - di aspirare e di pensarsi al primo posto nella comunità. Avevano rivaleggiato gli uni con gli altri, avanzando pretese di riconoscimento e di amore. Sempre, anche nella Chiesa c'è qualcuno che sgomita per farsi notare ed affermarsi. Non solo tra preti, anche tra i laici.

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In quella strada, che contrasto tra la Parola che Gesù offre e nella quale cerca di educare i suoi discepoli sulla volontà divina del dono totale di sé e l'atteggiamento dei discepoli, che respinta quella parola come incomprensibile ed inaccettabile, si ripiegano su loro stessi, rivelando una umanità esattamente al contrario della Parola, che è l'affermazione di se stessi. Gesù allora li chiama a sé, chiama soprattutto i Dodici, quelli che dovranno essere i primi responsabili della Chiesa, e compie un gesto. Prende un piccolo (paidion), un povero, uno che non conta nulla, lo mette al centro, e abbracciandolo teneramente, afferma: "Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato". Un bambino, un piccolo, un povero, un escluso è posto in mezzo al cerchio di un'assemblea di primi, di uomini destinati ad avere il primo posto nella comunità, per insegnare loro che se uno vuole il primo posto, quello di chi governa, deve farsi ultimo e servo di tutti. E imparare ad essere pieni di affetto per colui che attirerebbe su di sé solo un giudizio negativo, di disprezzo, da allontanare o anche più semplicemente e più spesso da ignorare. Abbracciare non solo scegliendolo, ma ponendolo al centro di sé stessi, in atteggiamento di totale affetto per chi non conta nulla, per chi può solo chiedere tanto e darti niente. Questo è l'Amore di Dio, che Gesù incarnerà fino al dono totale di sé, dato ad un'umanità che sa solo prendere e nulla donare. Ecco perché in tutti e tre annunci della sua passione, gli evangelisti (i sinottici), presentano immediatamente il rifiuto dei discepoli ad accoglierlo. Ebbene, Gesù presenta un collegamento tra il piccolo accolto, se stesso e Dio Padre: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Gesù si identifica con il piccolo. E quindi lo incontro nel piccolo, in chi vive in periferia, anche della stessa Chiesa. Perché Lui si è fatto ultimo, ha accettato di stare in periferia.

Stiamo attenti alla radicalità espressa da Gesù nel vangelo secondo Marco. Se c'è qualcuno che pensa di poter giungere al primo posto della comunità, allora per lui è semplice: si faccia ultimo, servo di tutti, e si troverà (dopo) a essere al primo posto della comunità. Non ci sono qui dei primi designati ai quali Gesù chiede di farsi ultimi, servi, come condizione necessaria per poter essere primi, ma egli traccia il cammino opposto: chi si fa ultimo e servo di tutti si troverà ad avere il primo posto, a essere il primo dei fratelli. L'essere ultimi non è conseguenza dell'esser stati chiamati a servire (i primi), ma è la premessa per poter essere servitori (primi). Sì, un giorno nella Chiesa si dovrà scegliere chi deve stare al primo posto, chi deve governare: si tratterà solo di riconoscere come primo colui che serve tutti, colui che sa anche stare all'ultimo posto. Gesù confermerà e anzi amplierà questo stesso annuncio poco più avanti, come reazione al terzo annuncio: "Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; - ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servo, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti" (Mc 10,42-44).

E invece sappiamo cosa accadrà in ogni comunità cristiana: si sceglierà il più brillante, il più visibile, quello che s'impone da sé, magari il più munito intellettualmente e il più forte, addirittura il prepotente, lo si acclamerà primo e poi gli si faranno gli auguri di essere ultimo e servo di tutti. Povera storia delle comunità cristiane, chiese o monasteri... Non a caso gli stessi vangeli successivi prenderanno atto che le cose stanno così, e allora Luca dovrà esprimere in altro modo le parole di Gesù: "Chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve" (Lc 22,26). Ma se la parola di Gesù fosse realizzata secondo il tenore del vangelo più antico, allora saremmo sempre fedeli al pensiero e alla volontà di Gesù! Se è vero, che come i primi discepoli, ognuno coltiva dentro di sé il desiderio di essere «il più grande», e perciò si contende con gli altri il primato. La cosa è comprensibilissima, perché ognuno vuole realizzarsi come persona, anche davanti a Dio. Però si prende la strada sbagliata, quella che ci induce ad affermarci a spese di altri, perché se io spingo per arrivare primo, ci sarà sempre qualcuno che sarà costretto a essere ultimo. Quindi, l'errore del discepolo, come di ogni uomo di sempre, non è quello di voler «essere il primo», cioè di realizzarsi nel dono di sé, ma quello di pensare che questa realizzazione consista in una autoaffermazione a spese degli altri, che comporta prestigio, dominio e possesso. Chi accoglie la responsabilità di guidare altri fratelli (certamente, il parroco, il vescovo, ma anche il presidente di un'associazione, come quello dell'Azione Cattolica, delle Acli, fino ad arrivare a quella dei genitori, nella sua famiglia), corre sempre questo rischio, che è quello di portare avanti una propria idea e cercare di realizzarla spingendo gli altri ad accoglierla, senza aggiunte, senza critiche. Nel ribaltamento che Gesù porta, chi guida altri fratelli, deve essere ultimo, per esempio, a proporre la propria idea, cercandola di combinarla con quella portata dagli altri. Imparando ad abbracciare l'altro In definitiva, il riferimento è Gesù stesso che si è fatto l'ultimo degli ultimi, fino a condividere e a fare sue le conseguenze dei nostri peccati. E per questo che Dio lo ha esalterà, facendolo il più grandi di tutti, resuscitandolo dai morti e ponendolo come il Signore, a capo di tutti i fratelli guadagnati con il suo sangue. La realizzazione di se stessi, passa attraverso quell'abbassamento che ha fatto Gesù, perché ci rende come lui, che deve diventare l'obiettivo di ogni discepolo, il desiderio fondamentale della propria esistenza. E sperimentare,

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morendo (intanto, al nostro orgoglio), abbassandoci, la forza dello Spirito che ci solleva, ci prende per mano, sperimentando così la forza divina dentro di noi. E questo il senso del versetto 37. Al termine di questo brano evangelico soprattutto chi è pastore nella comunità, ovvero ha responsabilità verso i propri fratelli, si domandi se, tenendo il primo posto, essendo chi presiede, il più grande, sa anche tenere l'ultimo posto e sa essere servo dei fratelli e delle sorelle, senza sogni o tentativi di potere, senza ricerca di successo per sé, senza organizzare il consenso attorno a sé e senza essere prepotente con gli altri. Da questo dipende la verità del suo servizio, che potrà svolgere più o meno bene, ma senza desiderio di potere sugli altri o, peggio ancora, di strumentalizzare gli altri. Nessuno può essere "pastore buono" come Gesù (Gv 10,11.14), e le colpe dei pastori della chiesa possono essere molte: ma ciò che minaccia il servizio è il non essere servi degli altri, il fare da padrone sugli altri. Ora la sequela a Gesù comincia ad assumere contorni precisi: portare la croce significa rinunciare sempre e comunque all'affermazione di se stessi a discapito degli altri, ma realizzarsi accogliendo l'altro. Così come egli è. Senza volerlo cambiare. Così si cala nella realtà più quotidiana e gioiosa, l'annuncio del Vangelo: Dio si è fatto uno di noi, e si mostra a noi col volto del nostro fratello. Come il discepolo non si deve anteporre al Maestro, ma si realizza stando dietro di lui (8,33. 35), così si realizza non anteponendosi agli altri, che ne sono l'immagine viva di Gesù, il Maestro, ma stando dietro di loro, come ultimi.

- Intimità con i fratelli, con Gesù. La stessa etimologia indica «chi» ho permesso di entrare dentro di me, di averlo fatto entrare nella mia vita, al punto che non ha più bisogno di dire: "permesso?" e davanti al quale mi mostro come sono, senza difese, perché so che lui mi ama e mi prende come sono. Quali nomi assume, per me, quel «chi»? Dò spazio e tempo perché questa intimità si arricchisca? E il «tentatore» quali forme assume? Cosa faccio quando mi accorgo che ho perso quell'intimità?

- Così disse papa Francesco: «La creatura umana sembra oggi trovarsi in uno speciale passaggio della propria storia che incrocia, in un contesto inedito, le antiche e sempre nuove domande sul senso della vita umana, sulla sua origine e sul suo destino. Il tratto emblematico di quest&passaggio può essere riconosciuto sinteticamente nel rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell'uomo - in quanto specie e in quanto individuo - rispetto alla realtà. C'è chi parla persino di egolatria, ossia di un vero e proprio culto dell'io, sul cui altare si sacrifica ogni cosa, compresi gli affetti più cari. Questa prospettiva non è innocua: essa plasma un soggetto che si guarda continuamente allo specchio, sino a diventare incapace di rivolgere gli occhi verso gli altri e il mondo. La diffusione di questo atteggiamento ha conseguenze gravissime per tutti gli affetti e i legami della vita». Cosa mi suscitano queste parole? Sono consapevole di questo pericolo? (Giovedì, 5 ottobre 2017)

- -Chi--senoper-me -"i-miei pccoli?G'- sa posso fare-perché-essi diventino intimi a mei-eoncreta-ein-tutta ' onestà, cosa posso fare? -

-P4 «Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create».

«Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio, con il tuo sangue, uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e hai fatto di loro, per il nostro Dio, un regno e sacerdoti, e regneranno sopra la terra».

«L'Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione».

«A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». T Amen