Slavoj Žižek · Un mondo di proteste

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Traduzione italiana ad opera di Internazionale dell'articolo "Trouble in Paradise: The Global Protest" apparso sulla "London Review of Books" il 18 Luglio 2013.

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    Un mondo d

    In uno dei suoi primi scritti, Karl Marx sosteneva che la situazione in Germania era tale per cui i pro-blemi particolari potevano essere risolti solo ricorrendo a una solu-zione universale : una rivoluzione

    globale. Questa, in sintesi, la diferenza tra un periodo riformista e uno rivoluziona-rio: in un periodo riformista, la rivoluzione globale rimane un sogno che nel migliore dei casi ci sostiene nel tentativo di introdur-re dei cambiamenti a livello locale, mentre la situazione rivoluzionaria si crea quando appare chiaro che certi problemi particolari possono essere risolti solo con un cambia-mento radicale e globale. In questo senso puramente formale, il 1990 stato un anno rivoluzionario: era ormai evidente che le riforme parziali avviate negli stati comuni-sti non sarebbero state suicienti, che per risolvere problemi anche parziali (come la carenza di riserve alimentari) era necessa-ria una rottura totale con il passato.

    In quale situazione ci troviamo oggi? I problemi e le proteste degli ultimi anni sono il segno di una crisi globale che si sta gra-dualmente ma inesorabilmente avvicinan-do o sono solo ostacoli minori che possono essere arginati, se non risolti, con interven-ti speciici? La cosa pi notevole che le proteste stanno esplodendo non solo, e ne-anche principalmente, nei punti deboli del sistema, ma in paesi inora considerati in una situazione invidiabile. Che ci siano pro-blemi allinferno comprensibile: sappia-mo bene perch protestano i greci e gli spa-gnoli. Ma in paradiso, in paesi ricchi o alme-no in rapido sviluppo come la Turchia, la Svezia e il Brasile, perch protestano? Con il

    senno di poi, ci rendiamo conto che il primo tumulto in paradiso stata la rivoluzione di Khomeini in Iran, un paese uicialmente ricco e in via di modernizzazione, e il princi-pale alleato delloccidente nella regione. Forse, allora, c qualcosa che non funziona nella nostra idea di paradiso.

    Prima dellattuale ondata di proteste, la Turchia andava a gonie vele, era un model-lo di economia liberale combinata con un islamismo moderato e dal volto umano. Era pronta a entrare in Europa, in contrasto con la pi europea Grecia intrappolata nel pantano ideologico e destinata allautodi-struzione economica. Cerano alcuni se-gnali preoccupanti qui e l (la negazione del genocidio armeno, larresto di centinaia di giornalisti, la questione irrisolta dei curdi, lappello a costruire una grande Turchia che avrebbe riportato in vita il glorioso impero ottomano, loccasionale imposizione di leg-gi religiose), ma erano considerati piccoli difetti che non potevano deturpare limma-gine complessiva del paese.

    Poi accaduto limprevedibile: sono scoppiate le proteste di piazza Taksim. Tut-ti sappiamo che il progetto di trasformare il parco ai bordi della piazza in un centro com-merciale non mai stato il vero motivo delle manifestazioni, che sotto la supericie si nascondeva un disagio molto pi profon-do. Lo stesso discorso vale per le proteste scoppiate in Brasile a met giugno: a scate-narle stato un irrisorio aumento del prez-zo dei trasporti pubblici, ma sono continua-te lo stesso dopo che laumento stato revo-cato. Anche in questo caso, il malcontento esploso in un paese che, almeno secondo i mezzi dinformazione, era in pieno boom

    Slavoj iek, London Review of Books, Regno Unito Foto di Johann Rousselot

    Dal Cairo a Istanbul, da So Paulo a New Delhi, da Atene a Soia. Le mobilitazioni che negli ultimi mesi hanno iniammato le piazze di tutto il pianeta sono linizio di una rivoluzione globale?

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    economico e aveva grande iducia nel futu-ro. A rendere tutto pi incomprensibile c il fatto che le proteste sono state appoggiate dalla stessa presidente Dilma Rousseff. Quindi qual il vero obiettivo di queste pro-teste contro la corruzione e lineicienza dei servizi pubblici?

    importante sottolineare che le prote-ste in Turchia non sono state semplicemen-te una rivolta della societ civile laica con-tro il governo islamista autoritario appog-giato dalla maggioranza silenziosa musul-mana: a complicare il quadro cera una vena anticapitalista (contro la privatizzazione di uno spazio pubblico). Ed proprio questo a rendere il caso della Turchia cos interes-sante e di pi vasta portata: i manifestanti hanno intuito che il libero mercato e il fon-damentalismo religioso non sono pi in-compatibili tra loro, che possono andare a braccetto. un chiaro segno del fatto che leterno matrimonio tra democrazia e ca-pitalismo sulla via del divorzio.

    In questi casi bisognerebbe evitare di cercare lunico vero obiettivo delle pro-teste, qualcosa a cui ridurre il malessere generale (contro il capitalismo globale, contro il fondamentalismo religioso, per le libert civili e la democrazia). Quella che prova la maggioranza dei manifestanti una vaga sensazione di disagio e malcon-tento che uniica una serie di rivendicazio-ni particolari. Ancora una volta, si confer-ma la validit di una frase di Hegel: I mi-steri degli egizi erano misteri anche per gli egizi. La diicolt di interpretare le prote-ste non solo di tipo epistemologico. Il ten-tativo dei giornalisti e degli analisti di capi-re i veri motivi che le hanno originate an-che di tipo ontologico, riguarda le proteste in s. Anche quelli che manifestano non sanno bene qual il loro vero obiettivo: stanno protestando contro lamministra-zione corrotta della citt? Contro un gover-no islamista autoritario? Contro la privatiz-zazione degli spazi pubblici? La risposta aperta, dipender dal risultato degli avve-nimenti in corso.

    SfaccettatureLo stesso discorso vale per la dimensione geograica delle proteste. Nel 2011, quando le proteste sono cominciate in Europa e in Medio Oriente, molti commentatori insi-stevano nel dire che non bisognava vederle come espressione dello stesso movimento globale, che ognuna nasceva da una situa-zione specifica. In Egitto i manifestanti chiedevano cose che il movimento Occupy metteva in discussione: libert e democra-zia. Perino nellambito dei paesi musulma-

    dei servizi (sanit, istruzione, cultura) e una gestione sempre pi autoritaria del potere politico. in questo contesto che vanno vi-ste le proteste dei greci contro lo strapotere della inanza internazionale e contro lo sta-to clientelare corrotto, ineiciente, e sem-pre meno in grado di garantire i servizi so-ciali fondamentali. in questo contesto che vanno viste le proteste dei turchi contro la commercializzazione degli spazi pubblici e lautoritarismo religioso; degli egiziani con-tro un regime dispotico e corrotto appog-giato dalle grandi potenze occidentali; degli iraniani contro un fondamentalismo reli-gioso corrotto e ineiciente, e cos via. Ci che unisce tutte queste proteste che nes-suna pu essere ridotta a un unico tema, tutte ne coniugano almeno due: uno di ca-rattere economico (dal rigetto della corru-zione e dellineicienza al vero e proprio anticapitalismo) e uno di carattere politico-ideologico (dalla richiesta di democrazia a quella di andare oltre la democrazia multi-partitica tradizionale). Lo stesso vale per Occupy Wall street. Dietro la profusione di afermazioni (spesso confuse), il movimen-to dava voce a due istanze fondamentali: il malcontento nei confronti del capitalismo come sistema (il sistema in s, non particola-ri episodi di corruzione) e la presa di co-scienza che lattuale forma di democrazia rappresentativa non suiciente a combat-tere gli eccessi del capitalismo, e quindi la democrazia devessere reinventata.

    Questo naturalmente non signiica che, poich il vero motivo alla base delle prote-ste il capitalismo globale, lunica soluzio-ne sia buttarlo via. La via pragmatica di af-frontare i problemi particolari e rimandare la trasformazione radicale una falsa alter-nativa, perch non tiene conto del fatto che il capitalismo globale per sua natura inco-erente: negli Stati Uniti il libero mercato coesiste con le sovvenzioni del governo agli agricoltori, lesportazione della democrazia con lappoggio al regime saudita. Proprio questa incoerenza lascia spazio allinter-vento politico: dato che lincoerenza ne-cessaria, che il sistema capitalistico globale deve violare le sue stesse regole (libero mercato, competizione, democrazia), insi-stere sulla coerenza, vale a dire sui princpi del sistema stesso, in momenti strategici in cui il sistema non pu permettersi di rispet-tare i suoi stessi princpi, signiica fare pres-sione sullintero sistema. Larte della politi-ca consiste nel fare particolari richieste che, pur essendo del tutto realistiche, costitu-iscono un attacco al cuore dellideologia egemonica e implicano un cambiamento pi radicale. Queste richieste, anche se

    ni cerano diferenze cruciali: la primavera araba egiziana era diretta contro un regime autoritario iloccidentale corrotto, la rivolu-zione verde iraniana contro lislamismo autoritario. Come facile capire, questa speciicit delle proteste fa il gioco dei di-fensori dello status quo: non c una minac-cia per lordine globale in s, ma solo una serie di problemi locali.

    A questo punto, per, sarebbe opportu-no riprendere il vecchio concetto marxista di totalit, e nello speciico della totalit del capitalismo globale. Il capitalismo globale un fenomeno complesso che inluisce in modo diverso su paesi diversi, ma ci che unisce queste proteste che sono tutte rea-zioni a sfaccettature diverse della globaliz-zazione capitalista. La tendenza generale del capitalismo globale di oggi verso unulteriore espansione dellimpero del mercato, combinata con la progressiva chiusura degli spazi pubblici, la riduzione

    Grecia Nel maggio del 2010 ad Atene si svolge la prima di una lunga serie di manifestazioni contro le politiche di austerit.India Nellaprile del 2011 milioni di persone scendono in piazza contro la corruzione. Nel dicembre del 2012 c unondata di proteste contro la violenza sulle donne. Spagna Nel maggio del 2011 il movimento degli indignados occupa Puerta del Sol a Madrid.Cile Nel luglio del 2011 gli studenti protestano per chiedere la riforma dellistruzione.Stati Uniti Nel settembre del 2011 nasce a New York il movimento Occupy Wall street, che si allarga a centinaia di citt in tutto il mondo.Russia Tra la ine del 2011 e il maggio del 2012 decine di migliaia di persone manifestano a Mosca per denunciare brogli e contestare la rielezione di Vladimir Putin. Romania Nel gennaio del 2012 ci sono manifestazioni contro la riforma della sanit. Turchia Un sit-in il 28 maggio 2013 per salvare il parco Gezi, a Istanbul, si trasforma in una protesta nazionale contro il governo.Brasile A So Paulo l11 giugno 2013 una mobilitazione contro laumento del prezzo dei trasporti pubblici si trasforma in una protesta nazionale contro gli sprechi del governo.Bulgaria Dopo le proteste che nel febbraio del 2013 fanno cadere il governo di Boiko Borisov, a giugno nuove manifestazioni denunciano la corruzione della classe dirigente e chiedono pi democrazia.Egitto Milioni di persone scendono in piazza il 30 giugno per chiedere le dimissioni del presidente Mohamed Morsi, che viene deposto dallesercito tre giorni dopo.

    Da sapere Cittadini contro