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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
Disney compra Fox. Nasce il più grande polo dell’intrattenimento Ufficializzata l’acquisizione, tutta la parte portante di 21st Century Fox finisce dritta nelle mani di Disney Ora Topolino è pronto a sfidare i giganti dello streaming02
MLOL, la biblioteca pubblica digitale che in pochi conoscono
Trump abolisce la neutralità della Rete Che succede ora? 03
31
Nokia Steel HRSmart a metà
Smartphone: valore e prezzo vanno d’accordo. Parola di utente.DDAY.it ha realizzato in questo finale d’anno una prova comparativa di smartphone, e più precisamente della funzione fotografica, che non ha precedenti: il suo nome è MasterClick e ha messo a confronto gli 11 top di gamma dei principali produttori con una lunga sequenza di scatti di valutazione realizzati in Israele a parità di scenari e condizioni. La prova, configurata con cin-que tappe ad eliminazione, si basa – anche questo un fatto notevole - solo sui voti del pubblico che, sin dalla prima puntata, ha avuto modo di votare scatto per scatto l’immagine preferita tra quelle in gara.
Ma quello che rende MasterClick unica è che per realizzare questa comparativa a voto popolare è stata scritta un’applicazione che non rivela al lettore-votante la paternità di ogni scatto: le foto, da votare “alla cieca”, vengono mischiate ad ogni caricamento ed eventuali successive votazioni dal medesimo browser vengono trascurate dal sistema. Questo per “sterilizzare” i risultati dall’effetto di eventuali pre-giudizi nei confronti di que-sto o quel marchio e tagliare le polarizzazioni dei “fanboy” e degli “hater”: si vota solo l’immagine che piace di più agli utenti.
In ognuna delle quattro puntate eliminato-rie, dal pool di 11 telefoni sono usciti dalla gara due modelli, gli ultimi nella classifica di tappa. Sono così arrivati in finale i tre smar-tphone che il pubblico ha giudicato migliori: si tratta, in ordine alfabetico, dell’Apple iPhone X, del Google Pixel 2 XL e del Sam-sung Galaxy Note 8. Nel momento in cui scriviamo sono in corso le votazioni della finale e la classifica parziale sta mostrano un incredibile equilibrio tra i modelli in gara, che si spartiscono i voti quasi equamente.
Tra due giorni verranno chiuse le votazioni e avremo un vincitore della prima edizione di MasterClick: stiamo seguendo ora dopo ora l’evolversi della classifica con curiosità e la giusta dose di “thrilling”. Ma, in attesa di festeggiare lo smartphone vincitore, una prima conclusione ce la portiamo a casa: ad arrivare in finale, pur con un voto alla cieca e con 4 selezioni successive sono, guarda caso, i tre telefoni più costosi del pool. Per molti, i prezzi degli smartphone sono esagerati rispetto alla tecnologia che c’è all’interno. Ma una cosa possiamo dire, a questo punto: che se un modello costa di più dei motivi ci sono; e insieme a questi motivi arrivano anche le prestazioni, evidentemente tangibili da tutti gli utenti. Certamente è vero che con uno smartphone da 199 euro faccio chiamate voce valide; è altrettanto vero che con uno da 299 euro mando velocemente messaggi via WhatsApp; ma probabilmente, come abbiamo dimostrato, non è affatto vero che tutti gli smartphone facciano fotografie uguali. E questo al di là delle (odiose) fazioni pro o contro questo o quel marchio.
Gli smartphone di oggi, soprattutto i top di gamma, sono concentrati di tecnologia incredibili: se avessimo potuto mettere ai voti anche gli altri aspetti del funzionamento degli apparecchi, avremmo probabilmente avuto risultati simili, con i prodotti più cari in testa. Il prezzo può essere considerato alto o commisurato alla tecnologia; ma MasterClick dimostra, in un mercato maturo e competitivo come quello degli smartphone, che il prezzo è un buon indicatore della qualità del prodotto. Non lo diciamo noi, ma le preferenze degli utenti. E detto questo… vinca il migliore!
Gianfranco GIARDINA
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B&W PX, il silenzio che suona bene
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Nuova Fiesta, la Ford più hi-tech di sempre
COMPARATIVA A VOTO POPOLARE SENZA PRECEDENTI
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MasterClick: in finale iPhone X, Pixel 2 XL e Note 8Una sfida tra 11 smartphone in cui i lettori di DDay.it hanno votato le foto migliori Siamo arrivati alla finale, chi vincerà?
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Energica sarà il fornitore unico della Moto-e Sul Campionato Mondiale di moto elettriche sventola il Tricolore: dal 2019 l’italianissima Energica fornirà le moto
Netflix, ecco come nasce un contenuto Dolby Vision 10 16
torna al sommario 2
MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017 MERCATO Ufficializzata l’acquisizione dell’impero cinematografico di Murdoch da parte di Disney
Disney ha comprato Fox. Simpson, Sky, Hulu e gli Studios venduti per 54 miliardi di dollari Disney crea il più grosso polo mondiale dell’intrattenimento. Il pagamento avverrà in azioni
di Roberto PEZZALI
D isney ha comprato parte dell’impe-ro televisivo di Rupert Murdochm, è ufficiale. Restano nelle mani del magnate australiano e degli azionisti Fox
Broadcasting, Fox News, Fox Business e
Big Ten Network, ma tutta la parte por-
tante di 21st Century Fox finisce dritta in
orbita Disney. Il prezzo, ancora da arro-
tondare, è stato fissato a 52.4 miliardi di
dollari da pagare in azioni e include i film
e gli studi televisivi, la rete di intratteni-
mento via cavo e tutte le partecipazioni
di Fox a livello internazionale. Tra queste
ci sono Hulu, il network di streaming, e
Sky, inclusa la nostra Sky Italia (Fox de-
teneva il 39% di Sky). A casa di Topolino
finiscono anche brand importanti della
famiglia Fox: X-Men, Avatar e I Simpson
vanno ad arricchire il già ricchissimo pa-
niere Disney, e oltre a questi non vanno
dimenticati National Geographic e FX
Network. Disney potrà ora riunire la fami-
glia Marvel sotto un unico tetto: X-Men,
Fantastic Four e Deadpool diventeranno
presto protagonisti di nuove storie ed av-
venture. Interessante anche la questione
streaming: Hulu, piattaforma che ha 12
milioni di utenti registrati e da poco ha ini-
ziato anche le trasmissioni “Live” era fino
ad oggi sotto il controllo di tre aziende,
tutte con una quota paritaria, Comcast,
Disney e Fox. Con l’acquisizione di Fox
Disney diventa azionista di maggioranza
di Hulu e la piattaforma potrebbe avere
un ruolo fondamentale nel nuovo sistema
di streaming che Disney sta creando per
competere con Netflix e Amazon Prime
Video. A capo di Disney rimarrà Bob Iger
per ancora qualche anno: doveva ritirarsi
a breve, ma tra le condizioni per finaliz-
zare l’accordo c’è anche la permanenza
dell’attuale CEO fino a 2021.
ENTERTAINMENT Il canale 210 di Tivùsat si riaccenderà con Meraviglie - La penisola dei tesori
Alberto Angela riaccende il canale RAI 4K Un viaggio lungo lo stivale per visitare i più bei luoghi artistici e paesaggistici del nostro Paese Il programma sarà trasmesso anche nella normale versione HD sul digitale terrestre su Rai 1 HD
di R. F.
S arà ancora una volta Alberto Angela a fornire contenuti in Ultra HD a chi già possiede un televisore aggiornato a questa tecno-
logia. L’appuntamento è sul canale 210
di Tivùsat con Meraviglie - La peniso-
la dei tesori, un programma in quattro
puntate girato interamente in qualità
4K. Protagonista del nuovo program-
ma culturale sarà l’Italia intera con le
sue eccellenze artistiche e naturalisti-
che. Il programma è in quattro puntate,
ognuna delle quali sarà dedicata a tre
diverse realtà del Paese, una ciascuna
per nord, centro e sud. In ogni episodio
incontreremo un personaggio storico
legato a quel luogo, interpretato da
un attore, e non mancheranno ospiti
importanti sempre legati ai diversi luo-
ghi. Tra i molti ospiti sono annunciati
lo scrittore Andrea Camilleri, l’attrice
Monica Bellucci e il cantautore Paolo
Conte.
Ogni puntata avrà una durata di circa
due ore e verrà trasmessa in prima se-
rata su Rai 1 HD in alta definizione, per
vedere la massima qualità 4K Ultra HD
invece sarà necessario accedere al
canale 210 di Rai 4K sulla piattaforma
satellitare Tivùsat.
Dopo la prima puntata, in onda giove-
dì 4 gennaio 2018, il programma pas-
serà al mercoledì nelle date del 10, 17
e 24 gennaio.
Le Olimpiadi invernali 2018 tornano in chiaro sulla RaiConcluso l’accordo con Discovery per la trasmissione in chiaro delle Olimpiadi invernali. La Rai potrà trasmettere 100 ore in diretta e in chiaro della manifestazione di Roberto FAGGIANO
Si è concluso l’accordo tra Rai e Discovery per la trasmissione in diretta e in chiaro di una buona parte delle gare della prossima Olimpiade invernale, che si ter-rà a PyeongChang, in Corea del Sud dal 9 al 25 febbraio 2018. I diritti per tutte le prossime Olim-piadi fino al 2020 sono stati ac-quistati da Discovery per i suoi due canali di Eurosport, visibili però solo a pagamento sulle piattaforme di Sky e Mediaset Premium, oppure sull’app Euro-sport Player. La Rai trasmette-rà in diretta circa 100 ore della manifestazione, si punterà sulle gare di sci alpino, sci nordico, pattinaggio artistico e di velocità, bob e slittino, dove si spera nella conquista di qualche medaglia azzurra. Ma ci sarà sul ghiaccio anche la squadra di curling, che ha da poco conquistato la quali-ficazione. Non ancora precisata la programmazione e la rete am-miraglia per la trasmissione delle gare. Con questo accordo la Rai torna a trasmettere le Olimpiadi dopo un lungo periodo di otto anni a favore di Sky. Il consiglio di amministrazione Rai ha pure approvato lo schema di intesa che dovrebbe portare alla Rai anche le future Olimpiadi estive di Tokyo del 2020.
http://www.dday.it/redazione/25097/disney-compra-fox-ufficiale-sky-hulu-http://www.dday.it/redazione/25097/disney-compra-fox-ufficiale-sky-hulu-http://www.dday.it/redazione/25135/alberto-angela-riaccende-rai-4k-con-meraviglie-la-penisola-dei-tesorihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-raihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-raihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-raihttp://www.dday.it/redazione/25104/le-olimpiadi-invernali-2018-tornano-in-chiaro-sulla-rai
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017 MERCATO Negli USA si potrà variare la velocità della connessione in base ai clienti e ai servizi
USA, Trump abolisce la neutralità della rete Gioiscono le telco, il mondo dell’hi-tech promette una battaglia senza esclusione di colpi
di Emanuele VILLA
D all’altra parte dell’Atlantico arri-va l’ennesima spallata dell’am-ministrazione Trump a quanto fatto da Barack Obama. La FCC (Fe-
deral Communications Commissions)
ha abolito le norme volute dall’ammi-
nistrazione precedente in materia di
neutralità della rete, quelle che – in
buona sostanza – difendono il princi-
pio democratico di un Internet a “una
sola velocità”, uguale per tutti i citta-
dini indipendentemente dal proprio
Internet Provider: una rete neutrale
è quella che non favorisce nessuno,
che non permette agli ISP di apporre
blocchi arbitrari (eccezion fatta per le
prescrizioni di legge e dei giudici) né
accessi prioritari a certi servizi o rallen-
tamenti. In una rete “non neutrale” e in
assenza di normativa specifica, le tel-
co potrebbero variare la qualità della
connessione internet dei propri clienti
a seconda del sito o del servizio cui
accedono: per dire, un ISP potrebbe
favorire la visione di film su Netflix e
sfavorire Amazon Prime a seconda dei
propri accordi interni. Potrebbe oscu-
rare Facebook, ci potrebbe essere
quello che non permette ai suoi clienti
l’uso del protocollo p2p, l’accesso a
certi siti/social network e via dicen-
do: è una visione estrema, certo, ma il
concetto è quello.
Gli schieramenti sono netti e ben de-
finiti: da un lato ci sono le telco, tra
cui le potentissime AT&T, Verizon e
T Mobile, dall’altra i colossi della tec-
nologia, Google e Facebook in prima
linea, che proprio sul web libero e
aperto hanno costrui-
to le proprie fortune
negli Stati Uniti e in
buona parte del mon-
do. Nonostante gli
operatori stiano già
rassicurando i propri
clienti che non ap-
porranno nessuna
limitazione e che l’ac-
cesso a Internet re-
sterà quello di prima,
la contesa si sposta ora nelle aule dei
tribunali: sono infatti diversi gli Stati e i
colossi del web pronti a dara battaglia
a questa decisione che contrasta con
i principi generali della democrazia a
stelle e strisce. Costi quel che costi.
In ogni caso, l’ipotesi che vengano
apposte limitazioni alla libera fruizione
di Internet è remota, quanto meno in
tempi brevi, tanto più che un regime
di forte concorrenza tra ISP potrebbe
equilibrare naturalmente l’assenza di
norme sulla net neutrality. Da questa
parte dell’Oceano disponiamo di nor-
me comunitarie sulla neutralità della
rete (Regolamento UE 2015/2120 en-
trato in vigore il 30 aprile 2016), che
nonostante siano oggetto di forte cri-
tica per le eccezioni che permettono,
esse sanciscono in modo inequivo-
cabile il principio della net neutrality,
reso ulteriormente chiaro – pur non
trattandosi di un testo normativo – dal-
la Dichiarazione dei Diritti in Internet
approvata in Italia nel luglio del 2015;
all’interno della stessa, infatti, si parla
di neutralità della rete come “diritto”
degli individui a inviare e ricevere
dati senza discriminazioni o restrizioni
relative al contenuto, al mittente o al
destinatario.
Resta il fatto che la decisione della
FCC americana, qualora resti integra
dopo la battaglia legale che ci appre-
stiamo a vivere, non può che generare
ripercussioni in ogni parte del mondo:
intanto è un precedente molto perico-
loso che potrebbe facilmente “conta-
giare” diverse altre aree, e in più po-
trebbe condizionare negativamente
lo sviluppo dell’economia digitale, per
la quale gli USA sono un riferimento
mondiale. Staremo a vedere: i prossimi
mesi saranno determinanti.
Tidal a rischio Ha liquidità per sopravvivere sei mesiPochi utenti e problemi finanziari mettono in difficoltà Tidal di Matteo SERVADIO
Tidal è un servizio di streaming mu-sicale hi-fi e lossless che sta acqui-stando una certa popolarità anche dalle nostre parti. Tuttavia, stando ad un report della testata norvege-se Dagens Næringsliv, la piattafor-ma acquistata due anni fa da Jay-Z starebbe incontrando gravi difficol-tà finanziarie. Sono pari a 368 mi-lioni in corone norvegesi le perdite del servizio al lordo delle tasse nel 2016, pari 44 milioni di dollari. La società, che non ha rilasciato alcun commento a Dagens Næringsliv, si aspetta ora di raggiungere la redditività nel corso del 2018 e af-ferma di aver “ricevuto commenti negativi” sulla propria realtà sin dall’inizio e di “non aver fatto altro che crescere come azienda anno dopo anno.” Dichiarazioni che si scontrano con i dubbi già espressi in passato da DN riguardo i dati sul numero di iscritti diffusi da Tidal.A settembre 2015 Jay-Z scrisse in un tweet che la piattaforma aveva raggiunto il milione di iscritti, ma la testata affermò che si trattava di 350.000, basandosi sui pagamen-ti alle etichette discografiche. Sei mesi dopo gli iscritti avrebbero rag-giunto i 3 milioni, ma il sito norve-gese sosteneva fossero 850.000, 1.2 milioni nei report interni di Tidal. Dati infinitamente più bassi di quelli messi in mostra da Spotify (60 mi-lioni di utenti premium). Il grosso punto di domanda che pende ora sulla piattaforma di Jay-Z riguarda la situazione finanziaria, nono-stante l’entrata in campo di Sprint - l’operatore statunitense - come investitore a gennaio 2017 con un pacchetto azionario del 33 %.
http://www.dday.it/redazione/25105/usa-trump-abolisce-la-neutralita-della-rete-che-succede-orahttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesihttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesihttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesihttp://www.dday.it/redazione/25080/tidal-a-rischio-ha-liquidita-sufficienti-per-sopravvivere-sei-mesi
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
di Gaetano MERO
Ted Sarandos, direttore capo della sezione contenuti di Netflix, ha fi-nalmente sciolto ogni dubbio sul destino di House of Cards dopo lo scandalo che ha investito Kevin Spa-cey, protagonista e co-produttore della serie.
Pare che sia stato raggiunto finalmente
un accordo tra i vertici del program-
ma per riprendere la produzione nel
mese di gennaio, di quello che sarà
l’ultimo capitolo di House of Cards.
Secondo quanto riportato da Variety, gli episodi della sesta stagione saran-
no però solo 8, contro i 13 previsti, e
non vedranno tra i protagonisti Frank
ENTERTAINMENT Raggiunto un accordo tra i produttori della popolare serie tv House of Cards
House of Cards ripartirà a gennaio senza SpaceyLa storia si concentrerà sul personaggio di Claire Underwood, moglie di Frank (Kevin Spacey)
Underwood (Kevin
Spacey). La storia si
concentrerà infatti
sul personaggio di
Claire Underwood,
moglie di Frank, in-
terpretata da Robin
Wright, come spe-
rato dai fan della
serie dopo le prime
notizie sull’esclu-
sione di Spacey. Le
pesanti accuse di
molestie arrivate dall’attore Anthony
Rapp nei confronti di Spacey, risalenti
a quando Rapp aveva appena 14 anni,
avevano portato Netflix e il proprio
partner Media Rights Capital il mese
scorso a decidere di interrompere la produzione della sesta stagione in corso d’opera, per esaminare l’intera situazione prima di continuare con le
riprese.
di Roberto FAGGIANO
Come tutti sappiamo i prossimi Mondiali di calcio 2018 in Russia non vedranno in campo la nostra Nazionale; questo ha ridotto conside-
revolmente il valore dei possibili ricavi
pubblicitari per la trasmissione in TV
in chiaro, i cui diritti per l’Italia devono
essere ancora assegnati. L’avvenimen-
to comunque avrà sempre un grande
numero di spettatori e quindi rimane
la sorpresa nel constatare lo scarso
interesse della Rai verso l’acquisizione
dei diritti. Secondo quanto riportato da
Prima Comunicazione, la redazione di Rai Sport sarebbe in agitazione proprio
verso la dirigenza Rai, che rischia di ve-
dersi sfuggire l’avvenimento a favore di
Mediaset. Secondo alcune indiscrezio-
ni l’offerta attuale di Mediaset sarebbe
di circa 20 milioni di euro superiore a
quella della Rai e l’azienda sarebbe
poco propensa a rilanciare adeguata-
mente per i diritti. Il motivo del risparmio
sarebbero i diritti in chiaro della Cham-
pions League della prossima stagione,
per la partita in chiaro di ogni turno: nel
2018/19 il torneo vedrà quattro squadre
italiane protagoniste e quindi un po-
tenziale aumento di audience e ricavi
pubblicitari. Quindi, per avere maggio-
MERCATO Mediaset in vantaggio nella corsa ai diritti per la trasmissione in chiaro dei Mondiali
I Mondiali di calcio 2018 verso MediasetLa Rai potrebbe rinunciare al rilancio per puntare ai diritti della prossima Champions
ri risorse nelle trattative del prossimo
anno, si potrebbe sacrificare il torneo
russo senza la nazionale in campo.
La stessa sorte potrebbero seguire le
gare di Formula 1 del prossimo anno,
vicenda in questo caso ulteriormente
complicata dalla volontà di Sky di ridur-
re i Gran Premi visibili in diretta e in chia-
ro. Sembra anzi che Sky possa seguire
direttamente la scelta già svolta per i
Moto GP: in mancanza di offerte econo-
miche adeguate Sky potrebbe trasmet-
tere la Formula 1 su Tv8 in chiaro e in
differita, salvo le poche gare residue da
trasmettere in diretta. La formula ha già
portato ottimi ascolti per le moto e mi-
nimi costi di produzione per i commenti
da studio, mentre il commento gara è lo
stesso dei canali Sky a pagamento.
In mancanza di segnali da parte del-
la dirigenza, la redazione di Rai Sport
sarebbe già pronta a due giornate di
sciopero in occasione delle due ultime
giornate dell’anno di Serie A, il 23 e il
30 dicembre. Il povero telespettatore
italiano quindi dovrà doppiamente sof-
frire: non solo non vedrà in campo gli
eroi nazionali, ma quasi certamente non
vedrà nemmeno le partite in 4K HDR,
sperando di vederle almeno in HD. Di-
scorso ancora peggiore per la Formula
1, dove l’alternativa alla costosa visione
in 4K o HD su Sky sarà il modesto stan-
dard definition di TV8.
TIM prepara un accordo con Mediaset per la Serie A e la ChampionsTIM vuole mettere a disposizione dei clienti nuovi contenuti lineari, film, serie TV ed eventi sportivi di Emanuele VILLA
Il CdA di TIM ha delineato il Piano Industriale 2018-2020. La decisio-ne più interessante è senza dubbio il via libera a un nuovo (potenziale) accordo con Mediaset per l’acqui-sto di contenuti da proporre sul-la rete fissa e mobile. Il CdA TIM punta a un nuovo accordo con Mediaset che vada a coprire buo-na parte dell’offerta dell’emittente televisivo: parliamo di contenuti della TV lineare (leggasi, canali free), serie TV, film e news, tutti da convogliare su TimVision, sul piat-to, secondo le ultime indiscrezioni, ci sarebbero circa 400 milioni di euro da investire in contenuti nel-l’arco di 5 o 6 anni, mentre si parla di generico “2018” come data di potenziale chiusura dell’accordo sui canali lineari e on demand. A livello formale l’acquisto dei conte-nuti dovrebbe avvenire direttamen-te da TIM e non attraverso la joint venture Timvision. Il CdA avrebbe inoltre autorizzato i dirigenti TIM a negoziare l’acquisto dei diritti di Premium sulle partite del girone di ritorno della Serie A e sulla partite rimanenti della Champions League, prima che - dal 2018/19 in poi - pas-sino sotto il controllo di Sky. Occorre comunque fare i conti con Mediaset, alle prese con il conten-zioso con Vivendi che, a sua volta, è il primo azionista Telecom con il 24% delle quote: tutto ciò renderà le trattative quanto mai complesse, ma TIM ci vuole provare.
http://www.dday.it/redazione/24645/netflix-chiude-house-of-cards-reazione-allaccusa-di-molestie-per-kevin-spaceyhttp://www.dday.it/redazione/24645/netflix-chiude-house-of-cards-reazione-allaccusa-di-molestie-per-kevin-spaceyhttp://www.dday.it/redazione/24645/netflix-chiude-house-of-cards-reazione-allaccusa-di-molestie-per-kevin-spaceyhttp://variety.com/2017/digital/news/house-of-cards-season-6-production-2018-kevin-spacey-1202629619/http://www.dday.it/redazione/24997/house-of-cards-riparte-a-gennaio-ma-kevin-spacey-non-cehttp://www.dday.it/redazione/24654/house-of-cards-avra-uno-spin-offhttp://www.dday.it/redazione/24654/house-of-cards-avra-uno-spin-offhttp://www.dday.it/redazione/24654/house-of-cards-avra-uno-spin-offhttp://www.primaonline.it/2017/12/08/264348/mondiale-a-rischio-per-la-rai-che-punta-sulla-champions-raisport-chiede-chiarezza-e-prepara-lo-sciopero/http://www.dday.it/redazione/25038/i-mondiali-di-calcio-2018-verso-mediaset-rai-preferisce-la-championshttp://www.dday.it/redazione/25005/tim-prepara-un-accordo-con-mediaset-per-la-serie-a-e-la-champions-leaguehttp://www.dday.it/redazione/25005/tim-prepara-un-accordo-con-mediaset-per-la-serie-a-e-la-champions-leaguehttp://www.dday.it/redazione/25005/tim-prepara-un-accordo-con-mediaset-per-la-serie-a-e-la-champions-leaguehttp://www.dday.it/redazione/25005/tim-prepara-un-accordo-con-mediaset-per-la-serie-a-e-la-champions-leaguehttp://www.dday.it/redazione/25005/tim-prepara-un-accordo-con-mediaset-per-la-serie-a-e-la-champions-league
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
di Gianfranco GIARDINA
Avevamo lasciato Sony qualche mese fa in preda al dubbio su quale fosse il proprio TV top di gam-ma: l’OLED A1 o il sofisticato Full LED Z90. Ora, con la stagione più importante dell’anno oramai inoltra-
ta, dovrebbe esserci qualche certezza in più.
“Ma sì, l’OLED A1 è il top di gamma di Sony – ci con-
fessa Stéphane Labrousse, amministratore delegato
di Sony Italia -. Non lo dico io ce lo ha detto il consu-
matore, con risultati di vendita incredibili. Sulla carta
noi abbiamo due top di gamma paralleli, l’A1 e lo ZD9,
ma sarebbe sbagliato non riconoscere che i numeri di
vendita ci dicono che il nostro top di gamma è l’A1. Se
mi si chiede qual è il modello più tecnologico, beh.. la
risposta potrebbe essere diversa”.
DDAY.it: La scommessa di un OLED visibilmente più costoso di altri modelli che montano lo stesso pan-nello era azzardata…Stéphane Labrousse: “Di scommesse, in realtà, ne abbiamo impostate tre a livello europeo, tre obiettivi
sui quali non possiamo sbagliare. Il primo è il Progetto
OLED: abbiamo per quest’anno fiscale giapponese (da
aprile fino a marzo 2018, ndr) obiettivi ambiziosi in tutta
Europa, che si traducono in 11 mila pezzi per l’Italia…”
DDAY.it: Il secondo obiettivo qual è?Labrousse: “Riguarda il digital imaging: diventare nel minor tempo possibile i numeri uno a volume nel mer-
cato delle fotocamere Full Frame.”
DDAY.it: Una sfida non da poco, contro i colossi delle reflex…Labrousse: “In Italia siamo un po’ indietro, l’obiettivo per quest’anno è di diventare il numero due…”
DDAY.it: E il terzo progetto?Labrousse: “Vogliamo consolidare la leadership nelle cuffie a livello europeo (Labrousse ci dice ‘off -the-re-
cord’ l’impressionante obiettivo a cifra tonda, chieden-
doci di non divulgarlo, ndr) . In Italia siamo già leader
di mercato sia a valore che a volume. Dobbiamo però
esprimerci meglio nella fascia più premium”.
DDAY.it: Non è facile presidiare tutto il mercato con lo stesso brand dalle cuffie da 10 euro fino a quelle noise canceling da oltre 300…Labrousse: “No, ed è per questo che dobbiamo miglio-rare la nostra presenza sul mercato della fascia alta. I
prodotti ci sono.”
DDAY.it: Torniamo al mercato TV: come sta andando?Labrousse: “Malino, dopo un settembre che sembrava promettente, ottobre e novembre sono stati pessimi,
con punte settimanali del -20% rispetto allo scorso
anno. Mi chiedo se si tratti di una specie di effetto di
attesa da Black Friday, ma fino a metà novembre è an-
data male. E l’uscita della nazionale dai Mondiali non
ci aiuterà certo…”
MERCATO Abbiamo incontrato Stéphane Labrousse, amministratore delegato di Sony Italia, per parlare della ricetta vincente di Sony
Intervista a Labrousse (Sony): “L’OLED è sempre più importante: spero in nuovi modelli al CES” Sony conferma le ottime performance: riesce a crescere a doppia cifra in un mercato che invece è in contrazione Abbiamo cercato di conoscere gli obiettivi della società, che sono ambiziosi ma ufficialmente non si possono dire
DDAY.it: Sony?Labrousse: “In questo scenario preoccupante, noi co-munque riusciamo a crescere in valore, siamo allineati
al mercato in volumi, con un prezzo medio che è più
del doppio di quello del mercato: noi siamo a 850 euro
contro una media di mercato di 407 euro.”
DDAY.it: Effetto OLED A1?Labrousse: “Sicuramente sì. Ma anche sugli LCD di fa-scia media stiamo andando meglio del mercato.”
DDAY.it: Se l’autunno parte così, l’anno rischia di es-sere compromesso. Il mercato del TV non ha bisogno di essere destagionalizzato?Labrousse: “I primi colpevoli siamo noi operatori: quando facciamo le previsioni, siamo molto cauti nei
mesi di bassa stagionalità e questo porta anche ad
avere minore pressione da parte dei produttori e quin-
di minore promozionalità. Poi finisce che tutta la spinta
promozionale la mettiamo adesso, tutti insieme. Anco-
ra più quest’anno che non ci sono stati eventi forti nel
periodo estivo, come Olimpiadi e Mondiali: sapendolo,
i produttori hanno concentrato tutto sull’ultimo trime-
stre dell’anno solare”.
DDAY.it: Guardando i dati di vendita, si osserva a una costante concentrazione su pochi brand…Labrousse: “È una tendenza generalizzata che però in Italia è ancora più spiccata che altrove: il mercato si
sta concentrando oramai su tre marchi (Samsung e LG,
oltre a Sony, ndr)”.
DDAY.it: Soprattutto in Italia?Labrousse: “Sì, in altri Paesi, anche vicini a noi come la Francia, i marchi coreani non hanno le quote che
hanno da noi, soprattutto a valore. Samsung è molto
forte, LG sta facendo un grande lavoro e noi anche: gli
altri restano compressi da queste crescite.”
DDAY.it: Il 4K prende piede, almeno a livello di tele-visori?Labrousse: “Direi di sì, un terzo dei TV venduti sono
4K, che però corrispondono a due terzi del valore…”
DDAY.it: Se guardiamo le vendite per segmento, sembrerebbe che la gamma media stia soffrendo molto: o si acquista un entry level oppure si va su TV più importanti…Labrousse: “Decisamente. E l’anno prossimo sarà una tendenza ancora più marcata. Sulla fascia bassa si
andrà ancora più in tensione promozionale, con gran-
di schermi a prezzi molto allettanti. L’OLED scenderà
ancora un po’, andando a premere proprio sulla gam-
ma media. E quindi la fascia tra 800 e 1400 euro farà
sempre più fatica.”
DDAY.it: Parliamo di OLED: come sta andando?Labrousse: “Molto bene. Se guardiamo il segmento dei TV, sia LCD che OLED, dei 55”, stiamo crescendo
in maniera rilevante, molto più del mercato che invece
fa fatica…”
DDAY.it: Ma come è possibile, addirittura con picchi del 100% di crescita rispetto all’anno scorso?Labrousse: “In settimana 42 abbiamo riposizionato i prezzi dell’OLED e abbiamo attivato ulteriori attività
sul mercato e la risposta è stata immediata. La stes-
sa cosa sta accadendo nel segmento dei 60 pollici e
oltre.”
DDAY.it: OK, ma Sony cosa rappresenta oggi nel mer-cato degli OLED?Labrousse: “Se volessimo vedere i dati del 2017, da inizio anno, abbiamo una quota a pezzi di oltre l’8% e
a valore del 13,5%, ma si tratta di un dato che a regime
sarà ben più alto, visto che i nostri OLED sono arrivati a
luglio. Nelle ultime settimane, dopo aver riposizionato i
prezzi sia del 55 che del 65”, a valore rappresentiamo
una market share tra il 25 e il 30%, pur mantenendo un
prezzo medio più altro del mercato, il che dimostra la
forza del brand Sony.”
segue a pagina 06
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
DDAY.it: Sono numeri importanti che non possono essere sostenuti con una serie sola, la A1…Labrousse: “Assolutamente no. Io spero che la mia azienda espanda la propria gamma di prodotti OLED.
Il prossimo futuro ce lo dirà: già a Las Vegas a gen-
naio dovremmo saperne di più.”
DDAY.it: È lecito quindi aspettarsi la presentazione di nuovi OLED Sony al CES?Labrousse: “In passato abbiamo sempre fatto così: nella prima stagione di una nuova tecnologia abbia-
mo sempre presentato un modello ‘top’, sia come de-
sign e tecnologia. Se il prodotto di esprime in un certo
modo – ed è il caso dell’A1 che è un grande successo
– solitamente l’anno successivo arrivano altri modelli
a completamento della gamma. Questa deve essere
la nostra strategia: spero di essere ascoltato.”
DDAY.it: L’A1 ha un design sicuramente molto par-ticolare, ma in molti cercano un TV che abbia un layout più convenzionale…Labrousse: “L’A1 è unico in tutte le sue caratteristiche. Sicuramente aggiungere nuovi modelli ci potrà dare
un’ulteriore spinta.”
DDAY.it: Il successo dell’A1 riguarda soprattutto il 65”: nelle ultime settimane quasi un OLED su due venduti era Sony, con share tra il 40 e il 45%...Labrousse: “È vero, ma è più facile che un marchio come Sony, che ha un prezzo più alto del principale
concorrente OLED, riesca a fare meglio sul modello
più costoso. Ma io sono in realtà molto fiero del no-
stro 18-20% a valore sui 55”: ben più difficile ottenere
questo risultato con la concorrenza che su questo
formato fa grandi promozioni di prezzo.”
DDAY.it: Se il prezzo degli OLED dovesse limarsi verso il basso, come molti sperano, come si farà a garantire la coabitazione in gamma con alcuni LCD di prezzo medio-alto?Labrousse: “Il mercato non si può fare di solo OLED. L’LCD ha comunque le sue qualità, se non altro su
polliciaggi diversi, visto che non comprano solo 55
e 65 pollici. E comunque la tecnologia non si ferma
mai e introdurrà nuovi valori, come abbiamo fatto con
l’acoustic surface, il che sosterrà comunque i prezzi
dei prodotti più innovativi, creando una continuità di
gamma.”
DDAY.it: Parliamo del 2018 senza l’Italia ai Mondiali: cosa accadrà al mercato dei TV?Labrousse: “Oggi, e anche l’anno prossimo, l’OLED, per prezzo, per le limitate disponibilità di prodotto e
anche per le dimensioni schermo non può soddisfare
che una piccola porzione del mercato. C’è comunque
una necessità di continuare a raccontare gli LCD e
le loro qualità, che per noi rappresentano comunque
l’80% delle nostre vendite.”
DDAY.it: Quali sono a suo avviso i punti di forza del-l’LCD?Labrousse: “Beh, sul fronte della luminosità l’LCD continua ad essere decisamente superiore all’OLED.
Ma anche i vecchi ‘limiti’ come l’angolo di visione,
sono largamente superati dai nuovi modelli, e anche
su questo punto avremo delle novità l’anno prossimo.
Siamo stati bravi a dire che OLED è qualcosa di nuo-
vo, ma dire che OLED batte LCD è ancora tutto da
vedere: oramai siamo arrivati a una stabilità e una
maturità degli LCD incredibile, a un prezzo oramai
decisamente accessibile. Quando vendo un TV da
55” 4K a 1000 euro, che un prezzo irraggiungibile da
un OLED, è ovviamente giusto e necessario dare al
consumatore tutte le spiegazioni del caso, offrire alta
qualità, design impeccabile, angolo di visione alto e
neri profondi, lo stesso ambiente smart dell’OLED. In-
somma, c’è ancora molto da dire sull’LCD e sarebbe
un guaio se perdessimo l’abitudine a raccontarlo solo
perché ora c’è l’OLED.”
DDAY.it: Parliamo di switch off alla vigilia dell’ap-provazione della Finanziaria e dei relativi impegni 2020-2022: qual è il suo punto di vista?Labrousse: “Non lo so, io rimango molto pragmatico. Noi come fornitori dobbiamo essere pronti a comuni-
care correttamente non appena avremo tutte le con-
ferme del caso…”
DDAY.it: Ma non sta mancando un po’ di coordina-mento, sul mercato. I consumatori ne parlano per-ché oramai la legge sta per essere approvata, ma forse c’è stata un po’ di carenza di comunicazione…Labrousse: “Io non vedo nessuna comunicazione, ed è una cosa abbastanza assurda. Io mi sarei aspettato
delle attività da parte della autorità, perché l’impatto
sul consumatore non è banale. Noi faremo la nostra
parte, spiegando ai consumatori che, se non vorrà
tornare al decoder, dovrà acquistare un nuovo TV e
che quelli di oggi sono già perfettamente pronti. Ma
chiedere agli utenti uno sforzo simile non è una cosa
banale: ora, messa così, sembra una cosa che sbuca
dal nulla, ma andava spiegata prima. Per il momento
è una cosa che è rimasta circoscritta tra gli opera-
tori.”
DDAY.it: Se poi il mercato flette naturalmente, al momento dello switch off c’è il rischio che i TV da adeguare siano ancora più del previsto... Quanti TV si sono venduti nel 2017?Labrousse: “Noi speriamo di poter confermare i dati di previsione, che si attestano comunque in ribasso
rispetto allo scorso anno, attorno a 4,1-4,2 milioni di
pezzi. Certamente di questo passo, non ci sarà un ri-
cambio totale per il 2022. Ma la cosa peggiore, a mio
avviso, è che noi stiamo proponendo TV con poten-
zialità inespresse come il 4K con un digitale terrestre
che non ha neppure tutto in HD…”
DDAY.it: Beh, se per quello, per vedere Sky in HD si pagano 6 euro al mese…Labrousse: “Non ha senso. Anche perché così indi-rettamente dai ragione a tutti i servizi di streaming
che non aspettano nessuno e ti portano a casa via
Internet sia il Full HD che il 4K a un costo ragionevole.
In questo momento, il rischio è che passi al consuma-
tore il messaggio che il digitale terrestre alla fine non
serve più, perché tanto non ti offre quello che arriva
via Internet, in termini di qualità e risoluzione. Non è
una cosa bella.”
DDAY.it: In questa ritorno alla crescita di Sony nel mercato TV, i prossimi cinque punti percentuali di quota a chi pensa di sottrarli?Labrousse: “Direi un paio di punti agli ‘altri’, ovverosia quelli che hanno quote inferiori alla nostra. Il resto va
preso per forza ai coreani, direi metà da Samsung,
sugli LCD, e metà da LG, sugli OLED.”
DDAY.it: Veniamo al digital imaging: avete seria-mente l’ambizione di diventare primi sulle full frame solo con le mirrorless?Labrousse: “In Italia siamo un po’ indietro perché le mirrorless hanno tardato ad affermarsi, anche se
stiamo crescendo velocemente, ma in altri Paesi in
Europa l’obiettivo è già stato raggiunto. Negli ultimi
mesi oltre un terzo del mercato delle fotocamere a
ottiche intercambiabili sono state mirrorless. Il nostro
obiettivo per l’Italia era arrivare almeno al 25% delle
Full Frame, target che abbiano toccato con mano:
grazie anche al successo della A9, siamo arrivati a
superare nelle Full Frame il nostro obiettivo e a oc-
cupare sia a luglio che a settembre il secondo posto
del mercato. Adesso con la A7rIII in gamma possiamo
solo fare meglio. Siamo molto soddisfatti di questo
risultato, perché per arrivare fino a qui ci sono voluti
dieci anni.”
MRCATO
Intervista a Stéphane Labrousse (Sony)segue Da pagina 05
segue a pagina 07
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
DDAY.it: OK, ma la prima posizione che vorreste raggiungere dista ancora più di 10 punti percentuali: come pensate di recuperarli?Labrousse: “Con la qualità dei prodotti e con la scelta dei giusti canali. Per esempio, noi abbiamo deciso di
scommettere, soprattutto per le macchine di fascia
alta, anche sui negozi specializzati, che in molti da-
vano per morti. Invece questi negozi sono tornati a
crescere sulle mirrorless e anzi è il canale che cresce
di più e che vende circa il 50% degli apparecchi.”
DDAY.it: Nelle cuffie, invece, che è il terzo obiettivo, siete già numero uno…Labrousse: “Sì, con una quota intorno al 21,5% a pezzi e al 17% a valore. Ma, come si evince anche dal fatto
che siamo più forti a pezzi che a valore, dobbiamo
migliorare sui segmenti a prezzo più alto. Abbiamo
identificato tre segmenti sui quali vogliamo migliora-
re molto le nostre quote. Il primo è quello che cuffie
Bluetooth da più di 250 euro, generalmente a can-
cellazione di rumore: qui stiamo già crescendo con
la prima 1000X e ora con i tre nuovi modelli della
serie più importante per noi, un segmento sul quale
continueremo ad innovare. Un secondo mercato im-
portante è quello delle cuffie sportive, nel quale ab-
biamo raddoppiato la nostra quota nell’ultimo anno e
nel quale cresceremo ancora. Dove invece dobbiamo
impegnarci per fare meglio è il mercato Bluetooth in
generale, che ricomprende anche i modelli entry level
e gli auricolari di derivazione più telefonica: volevamo
crescere anche qui ma per il momento abbiamo accu-
sato l’aggressività di alcuni concorrenti.”
DDAY.it: Ma Sony Italia, tutta intera, come va?Labrousse: “Bene, in crescita abbastanza importante,
a doppia cifra. Per essere onesti si tratta di una cre-
scita che almeno parzialmente sconta il fatto che nel
primo semestre dell’anno scorso abbiamo vissuto la
crisi di Kumamoto (il terremoto che a metà aprile 2016
ha devastato la zona in cui sorge la fabbrica di senso-
ri di Sony, bloccando per mesi la produzione e portan-
do all’azzeramento delle scorte di fotocamere, ndr).
E pensare che stiamo crescendo bene in un mercato
in contrazione. Se il mercato recuperasse un po’ di
smalto, potremmo davvero realizzare dei risultati sto-
rici. Ogni tanto mi piacerebbe essere in Germania…”
DDAY.it: Perché in Germania le cose vanno bene?Labrousse: “Sì, è un’isola felice in Europa. Gli altri Paesi soffrono un po’ tutti degli stessi nostri mali, per
motivi diversi, chi per il mercato, chi per la Brexit, chi
perché ha fatto lo switch off l’anno scorso. In Germa-
nia, il mercato cresce, il prezzo medio cresce, i con-
sumatori sono contenti. Vorrei che fosse così anche
da noi.”
MRCATO
Intervista a Stephane Labrousse (Sony)segue Da pagina 06
MERCATO È uscito il rapporto di ITMedia Consulting che delinea il quadro presente e futuro del panorama televisivo italiano
TV italiana: Pay TV avanti tutta. Internet e Sky protagonisti Nel 2017 la Pay TV ha fruttato più introiti della pubblicità, ma nei prossimi anni le internet TV sono destinate ad affermarsi
di Matteo SERVADIO
L a TV italiana è sull’orlo di un gran-de processo di cambiamento che di qui ai prossimi anni potrebbe non solo riportarne i ricavi ai livelli
pre-crisi, ma che causerà un profondo
mutamento delle forze in gioco e delle
modalità di fruizione predominanti. È
fondamentalmente questo il messag-
gio che ci viene restituito dal nuovo rapporto di ITMedia Consulting sullo stato del mercato televisivo italiano di
oggi e dei prossimi due anni.
A spiccare è soprattutto il sorpasso dei
ricavi della Pay TV su quelli pubblicitari,
che vengono scavalcati dopo anni in
cui le due voci sono state sostanzial-
mente testa a testa. È un +2,6% di ricavi
per la TV a pagamento contro il +0,7%
dell’antagonista nel 2017 che diventa
significativo soprattutto perché darà il
via ad un trend analogo nel prossimo
futuro. Nel 2017 i ricavi da Pay hanno
infatti raggiunto il 40% del totale e al-
meno fino al 2019 questa modalità con-
tinuerà a battere una crescita media
del 4,6% (un tasso medio di 2,7% per
la pubblicità), generando il 41% delle
risorse complessive, contro il 39% della
pubblicità.
Sono numeri che emergono al di sopra
di una situazione generale del mercato
televisivo nostrano comunque negati-
va rispetto al biennio precedente, che
aveva visto un +5,4% nel 2016. Di con-
tro il 2017 chiuderà con un -1,1% in cui
cala, più che Pay TV e pubblicità, che
insieme fanno segnare +1,6% di ricavi,
il canone Rai che è diminuito da 100 a
90 euro in bolletta e con esso la quota
dell’extra gettito a favore dell’emitten-
te pubblica. Tutto questo contribuirà a
rendere il 2017 un anno di assestamen-
to, nonché di transizione fra la ripresa
dei due anni passati e la nuova crescita
che il mercato TV italiano conoscerà
nel prossimo biennio. Secondo ITMe-
dia Consulting infatti entro il 2019 il
settore arriverà a valere 8,4 miliardi di
euro (sono 8,1 nel 2017), con un +3%
medio l’anno e “avvicinandosi così ai
livelli pre crisi del 2010.”
In particolare Augusto Preta, direttore
generale ITMedia Consulting, ha di-
chiarato quanto segue: “questo è un
anno di assestamento che però por-
terà il settore a crescere ancora. Sarà
comunque una crescita selettiva, non
riguarderà tutti indistintamente.”
L’affermazione delle Internet TV e il dominio di SkyDi qui al 2019 quindi il mercato TV ita-
liano muterà non poco per arrivare a
costruire le basi di un nuovo ordine fu-
turo in cui cambiano le modalità di frui-
zione degli spettatori e la spartizione
delle risorse. È vero, ad oggi la piatta-
forma principale di consumo televisivo
resta il digitale terrestre e nel rapporto
di ITMedia sarà così anche per i pros-
simi due anni, ma la quota è destinata
a diminuire dal 61% attuale al 55% del
2019, e parliamo di utenti che guardano
la TV su una determinata piattaforma
in modo prioritario rispetto alle altre.
Stabile il satellite che avrà un picco di
incremento dal 30 al 31%, mentre salta
fuori di prepotenza la broadband TV
che aumenterà dal 9% al 14%.
Se poi si va ad osservare lo stato delle
TV a pagamento in termini di utenza,
si scopre che già oggi le internet TV si
trovano alla pari con la Pay sul digitale
terrestre (Mediaset Premium); entrambe
con una quota del 25%. Se Sky (50%)
resta e resterà la forza predominante in
questo senso, nel 2019 le piattaforme
in streaming sorpasseranno e allun-
gheranno sulla Pay TV terrestre con un
34% degli utenti contro il 20%.
Questo importante dato, unito al calo
del satellitare fino al 46%, ci restituisce
un segmento internet TV che arriverà
ad affermarsi in modo più deciso sul
nostro mercato televisivo.
Un mercato che resterà saldamente
nelle mani di Sky che, secondo il report
di ITMedia, aumenterà la sua fetta di
mercato dal 32% al 34% entro il 2019,
mentre Rai e Mediaset dovrebbero po-
sizionarsi sotto con il 28%.
Si delinea così nel complesso un qua-
dro di interessante spostamento delle
forze in gioco. Quantomeno una prima
fase di redistribuzione degli equilibri
nel nostro panorama televisivo, che fi-
nisce inevitabilmente per muoversi ver-
so una crescita di quelle nuove moda-
lità di fruizione spesso più flessibili per
gli utenti-spettatori, sempre più padro-
ni delle proprie scelte nella visione di
contenuti televisivi e cinematografici.
http://www.dday.it/redazione/25060/presente-e-futuro-della-tv-italiana-pay-tv-avanti-tutta-internet-tv-e-sky-protagonistihttp://www.itmedia-consulting.com/it/documenti/comunicati/148-2017/1173-il-mercato-televisivo-in-italia-2017-2019-il-rapporto-itmedia-consulting-su-italia-oggi.htmlhttp://www.itmedia-consulting.com/it/documenti/comunicati/148-2017/1173-il-mercato-televisivo-in-italia-2017-2019-il-rapporto-itmedia-consulting-su-italia-oggi.html
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
di Gianfranco GIARDINA
H uawei cerca di impostare una strategia europea di negozi monomarca partendo dall’Italia (la na-zione, fuori dalla Cina, in cui è più forte) e da Mila-no in particolare, all’interno dello Shopping District del
quartiere CityLife. Infatti ha aperto da qualche giorno
il primo negozio Huawei in Italia (ed anche in Europa);
anzi, come lo chiama l’azienda, il primo “Experience
Store”. “Experience” proprio perché tutto è improntato,
oltre che alla possibilità di acquisto dei prodotti (che è
posta in secondo piano) alla vera e propria sperimen-
tazione. Un negozio cosiddetto “flagship” perché di
assoluto riferimento per il brand. In Cina non mancano
i negozi Huawei (ce ne sono molte centinaia) ma nes-
suno ha un format così inconsueto ed esperienziale,
almeno per le abitudini della Cina che è separata dagli
hipster della Silicon Valley da un intero oceano. Il ne-
gozio è molto elegante e denso di tecnologie, anche
se ben integrate in un ambiente chiaro e piacevole:
a partire da tutta la parete di fondo, costituita da un
gigantesco LEDwall che arreda e crea scenari sem-
pre mutevoli. Molto belli anche i tavoli, con un display
per caratteristiche e prezzo e con tutta la cavetteria
integrata nel vetro.
Dal caffè alla risoluzione dei problemi il passo è breveMa al di là della bella situazione espositiva, sono validi
i servizi che il negozio offre: innanzitutto la possibilità
di usufruire gratuitamente della consulenza di un tec-
nico, con appuntamento da fissare in negozio o co-
modamente da Web; appuntamenti con un’impronta
tutta italiana: si parte con un caffè (se lo si desidera,
ovviamente) servito in tazza personalizzata Huawei,
con grafiche con il classico “petalo” del logo del
marchio. La consulenza offerta va dal supporto nella
scelta di acquisto, all’assistenza alla configurazione
e installazione software, all’ottimizzazione delle pre-
stazioni fino alla temutissima (da molti utenti) corretta
MERCATO Huawei in scia ad Apple: sposa Milano e apre allo Shopping District di CityLife (nella zona della vecchia Fiera)
Huawei ha aperto a Milano l’Experience Store È il primo negozio monomarca in tutta Europa Punti di forza i corsi gratuiti di tutti i tipi e la consulenza su appuntamento. Come in Apple Store, ma più “caldo” e vivo
configurazione degli account di posta.
Gli esperti in negozio sono riconoscibili non solo dalla
classica maglietta ma anche dal pannello digitale di
presentazione dello staff al lavoro in quel momento,
che è posizionato all’ingresso del negozio.
Volendo ci si può preparare anche da casa: sul sito
del negozio, ci sono tutti i collaboratori con tanto di
nome e incarico.
Serigirafare lo smartphone in 10 minutiC’è poi anche la possibilità di vestire il proprio prodot-
to Huawei (anche non comperato in questo store) con
una classica custodia serigrafata in maniera persona-
lizzata, o, in maniera più originale, con una stampa
direttamente sulla scocca posteriore di smartphone
o tablet.
La decorazione può essere scelta da una libreria o
caricata direttamente dal device, con l’aggiunta di
eventuali scritte da impostare direttamente da un
grande touch screen; il disegno può essere ulterior-
mente impreziosito con un layer trasparente in rilievo
per dare un tocco in più, rendere la superficie “tattile”
e migliorare anche il grip della presa.
I costi della decorazione (in negozio si chiamano “ta-
too”) sono decisamente abbordabili per una stampa
di tipo così professionale: 10 euro sulla cover e 30
euro sul device. Per la stampa ci vogliono 10 minuti e
viene effettuata direttamente in negozio.
Una creazione di Isabella Lazzini, ex AppleIl punto forte però sono i corsi gratuiti, dal tema molto
vario, sempre prenotabili in negozio o online, con un
fitto calendario che tocca praticamente tutti i giorni
della settimana. Il negozio, peraltro, non fa giorno
di riposo ed è aperto praticamente sempre dalle
9 alle 21. A progettare, coordinare e ideare questo
nuovo format, Isabella Lazzini, nominata recentemen-
te Retail Director CBG Huawei Italia e proveniente
I tavoli in vetro sui quali sono appoggiati i prodotti nascondono in maniera perfetta i cavi di alimenta-zione e dei display di identificazione del prodotto e del prezzo.
Per realizzare la cover o la personalizzazione dello smartphone si procede in autonomia scegliendo tuti gli elementi grafici su un grande touch screen.
segue a pagina 09
http://www.dday.it/redazione/25088/huawei-experience-store-negozio-milano-citylifehttp://www.dday.it/redazione/25088/huawei-experience-store-negozio-milano-citylife
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
– guarda caso – da Apple, dove curava i rapporti con
il canale distributivo: “C’è un bel clima in azienda, ho
potuto lavorare liberamente – ci ha raccontato – nel
creare un nuovo format che non c’è da nessuna altra
parte del Mondo”. Il contrasto con il “dirigismo” cen-
tralista di Apple è evidente. “Il risultato è però piaciu-
to molto anche alla Casa Madre – continua Lazzini -:
dalla Cina sono venuti molti top manager a vedere
le soluzioni che abbiamo adottato e le hanno trovate
molto promettenti”.
Nei corsi (anche no-tech) il punto di forzaNon c’è dubbio che nell’Experience Store di Huawei
ci siano elementi che sono stati ispirati dall’Apple
Store, come per esempio la possibilità di fissare gli
appuntamenti di consulenza tecnica con gli addetti
specializzati e la possibilità di sperimentare e toccare
con mano pressoché tutta la gamma. Ma è stato fatto
un grande sforzo per andare oltre, malgrado gli spa-
zi, almeno per ora, siano decisamente più contenuti
del classico Apple Store: innanzitutto il panorama dei
corsi è molto più ampio; in alcuni casi verrebbe anche
da dire troppo, visto che si fatica a capire il nesso tra
i prodotti Huawei e i corsi di lingua cinese, inglese
e russa. Ma sicuramente, molti corsi che potremmo
definire “laterali”, sono invece molto sinergici perché
legati non tanto a risolvere i “grattacapi” che ogni
tanto la tecnologia pone ma all’utilizzo applicato dei
prodotti: istituire le sessioni di corsa e allenamen-
to, che si tengono tra i vialetti di CityLife 7 giorni al
mese, è veramente il modo migliore per far conosce-
re la Band 2 Pro; i corsi di fotografia, di disegno, di
produzione musicale sono interessanti non solo per
i “geek”, che tendono a vedere la tecnologia come
fine, ma anche per gli un pubblico più variegato, che
vive l’hi-tech semplicemente come un mezzo per col-
tivare le proprie passioni “tradizionali”. Non mancano
alcuni dettaglio che definiremmo “tecno radical chic”
che finiscono per rendere la situazione un po’ troppo
barocca, ipercomunicativa. Come per esempio lo zer-
bino di ingresso che recupera energia al passaggio
dei clienti grazie alla forza del calpestio: curioso ma
decisamente effimero, dato che dubitiamo che l’ener-
gia recuperata in un anno arrivi al chilovattora.
L’unico vero limite, piuttosto, ci pare lo spazio, che non
garantisce grandi margini di crescita: se i corsi gratuiti,
come riteniamo, dovessero avere successo, inevita-
bilmente le attese per uno slot libero diventerebbero
lunghe, visto che i gruppi di discenti sono di circa 10
persone. A quel punto uno spostamento in uno spazio
più generoso diventerebbe una necessità, ma vorreb-
be anche dire che il format ha colto nel segno.
Gli appassionati del marchio di passaggio da Milano o
anche solo i curiosi e gli amanti della tecnologia, non
dovrebbero farsi scappare un giro da questo Expe-
rience Store di Huawei. Con la speranza che il format
venga presto replicato in altre città, in modo da poter
accontentare il maggior numero di utenti anche lonta-
no dalla Madonnina.
MRCATO
Huawei apre a Milano l’Experience Storesegue Da pagina 08
MERCATO Ci aspettiamo diversi milioni di euro nelle casse dell’Erario italiano ma le cose potrebbero andare diversamente
Facebook, addio Irlanda: pagherà le tasse dove genera ricaviC’è attesa per conoscere il comportamento degli altri big del web, ora sotto i riflettori a causa della decisione di Facebook
di Alessandro CUCCA
Tutto è confermato da un comuni-cato stampa ufficiale rilasciato da Facebook sul suo sito web. La svolta sta nella decisione di Facebook
di passare velocemente a strutture
di vendita locali in quei Paesi dove è
presente un ufficio che vende e dà
supporto agli inserzionisti del posto.
Quindi, quando il passaggio sarà com-
pletato entro la prima metà del 2019,
i ricavi pubblicitari realizzati dai team
locali di Facebook (Italia compresa)
non saranno più contabilizzati esclu-
sivamente a Dublino, ma dalla società
presente in quel paese, e lì pagate le
relative tasse.
Dave Wehner, direttore finanziario Fa-
cebook, dichiara che questa decisione
va incontro alle richieste di maggiore
visibilità da parte dei governi locali, sta
di fatto che arriva con un utile tempi-
smo, all’indomani delle dichiarazioni
di Margrethe Vestager, Commissaria
europea alla concorrenza. La Vestager,
in un suo intervento fatto proprio alla
Bocconi di Milano, chiedeva la rapida
introduzione del country-by-country
reporting, ovvero una normativa che
obbligasse le multinazionali a pubbli-
care quante tasse pagano in ciascun
Paese.
Un altro stimolo potrebbe essere arri-
vato anche dal recente accordo che ha
visto Apple cedere al pagamento di 13
miliardi di dollari al governo di Dubli-
no. Gli uffici da “convertire” nel mondo
sono circa 30, e il passaggio inizierà
presto nei primi mesi del 2018 per con-
cludersi entro metà 2019. Anche l’Italia
sarà ovviamente coinvolta e per noi il
passaggio si dovrebbe concludere en-
tro l’estate del 2018. Da quel momento
i ricavi contabilizzati nel nostro Paese
saranno dunque soggetti alla nostra fi-
scalità, e dopo il necessario tempo per
organizzarsi e adeguarsi alle nostre
leggi, potrebbero iniziare a fluire nelle
casse del nostro erario diversi milioni
di euro che fino a ieri erano destinati
al governo Irlandese. Il nostro ministe-
ro dell’economia si è dichiarato ovvia-
mente soddisfatto e ritiene che “si tratti
di un cambiamento importante che va
nella direzione giusta: assicurare che i
redditi siano dichiarati e tassati dove
vengono prodotti’’. Ai nostri politici va
riconosciuto il merito di aver portato
all’attenzione dell’Europa questo argo-
mento già diverso tempo fa, in sede di
G20 e G7 passati, quando venne fatta
non poca pressione perché venissero
prese opportune decisioni in merito.
Parlando di numeri si stima che a fronte
di circa 7,5 milioni di servizi venduti in
Italia nel 2015, Facebook abbia versa-
to da noi poco più di 200 mila euro di
tasse. Con il nuovo sistema Facebook
pagherà le tasse in Italia per i servizi
qui venduti, ma trattandosi di tasse ba-
sate sugli utili, rischiamo di non vedere
i arrivare i versamenti sperati.
Gli esperti temono che Facebook pos-
sa applicare il metodo del transfer pri-
cing in modo da fare aumentare i costi
dei prodotti italiani riducendo gli utili,
da cui le tasse. Tutto è ancora da vede-
re quindi, per capire come si organiz-
zeranno gli attori in campo; parimenti
c’è attesa per conoscere le mosse
degli altri big del web ora che il faro è
stato puntato.
Lo zerbino a recupero di energia: carino ma forse troppo “propagandistico”...
http://www.dday.it/redazione/25081/facebook-addio-irlanda-paghera-le-tasse-dove-genera-ricavi-anche-in-italiahttps://newsroom.fb.com/news/2017/12/moving-to-a-local-selling-model/https://newsroom.fb.com/news/2017/12/moving-to-a-local-selling-model/
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MAGAZINEn.169 / 1718 DICEMBRE 2017
di Roberto PEZZALI
Quando si guarda lil TV non esiste il rosso che pia-ce di più o piace di meno. Esiste un rosso, ed è il rosso che il regista e il direttore della fotografia hanno pensato per una determinata scena. Per rendere
possibile tutto questo c’è una figura professionale che,
partendo da un filmato registrato da una videocamera,
deve ricreare lo stesso rosso per ogni scena, una figu-
ra professionale chiamata colorist. Netflix ci ha portato
dietro le quinte di una produzione in Dolby Vision per
capire quali sono i passaggi necessari per portare sulla
piattaforma di streaming contenuti HDR certificati da
Dolby. Abbiamo visto, in tempo reale, come funziona
quel processo denominato “grading” e come vengono
creati i contenuti a dinamica estesa che finiscono sulla
piattaforma di streaming partendo dai vari master.
Dell’HDR abbiamo già parlato tanto, ma sostanzialmen-
te tutto si potrebbe riassumere nell’immagine a qui
sotto. Il concetto è semplice: i televisori e tutto il flusso
di lavorazione di un contenuto video sono stati fino ad
oggi un collo di bottiglia. La videocamera, infatti, ha ri-
preso molto di più ma parte del contenuto registrato
sul master viene perso in fase di lavorazione proprio
per rendere quei contenuti visibili su TV che hanno una
dinamica meno ampia.
La prima cosa da considerare è che non esiste una vi-
deocamera o una ripresa in HDR: oggi quasi tutti i film
girati in digitale vengono realizzati con videocamere
che dispongono di una gamma dinamica elevatissima
(oltre 16 stop di dinamica) e ogni master diventa quin-
di un ottimo materiale di partenza per creare un vero
master dinamica estesa. Perché l’HDR è questo: un
sistema studiato per fare in modo che la dinamica di
una scena catturata dalla videocamera, elevatissima,
sia fruibile anche su un televisore. Fino ad oggi questa
dinamica veniva compressa proprio perché i TV non
erano in grado di visualizzare tutti i dettagli, ora con i
TV HDR cambia la musica.
Con un segnale di tipo HDR un colorist si diverte molto
ENTERTAINMENT Abbiamo seguito un colorist durante una sezione di grading dei contenuti Dolby Vision destinati a Netflix
Netflix dietro le quinte: scopriamo come nasce un contenuto realizzato in HDR Dolby VisionNetflix ci ha portato dietro le quinte di una produzione in Dolby Vision, ecco come vengono realizzati i master dei contenuti
di più: se prima doveva preoccuparsi a cosa “togliere”
ora ha un enorme spazio di manovra, può giocare con
livelli e luminosità sapendo che il contenuto finirà su un
televisore capace di mostrare le scene come lui stesso
le vede davanti al suo monitor di riferimento.
Fino ad oggi, ci spiegano i responsabili di Dolby e Net-
flix, tutti i master per lo streaming e per l’home video
sono stati realizzati ipotizzando come schermo un te-
levisore capace al massimo di gestire 100 nits, ovvero
100 candele al metro quadro. Questa è infatti la lumi-
nosità tipica di un TV non HDR, un limite che il colorist
deve tenere bene in considerazione: tutti gli elementi
della scena con un livello di luminosità superiore devo-
no essere portati ad un livello più basso altrimenti per
evitare zone scure prive di dettaglio o zone luminose
totalmente bruciate. Con l’HDR cambia tutto: non è più
necessario abbassare i livelli perché il TV riesce a mo-
strare chiaramente dettagli oltre i 100 nits. Davanti ad
una fiamma intensa, o ad una forte luce, l’occhio riesce
anche a percepire differenze e sfumature anche se la
luminosità tocca i 500 o gli 800 nits. Quando si parla
di luminosità non ci riferiamo solo al bianco ma a tutti
i colori: luci LED o neon stile “Las Vegas”, alcuni livelli
di rosso e certe tinte fino ad oggi non potevano essere
usate dai colorist perché i TV non erano in grado di
visualizzarle. Ora si può e a giocare con questi “nuovi”
colori è il colorist.
Davanti alla sua console, e con una serie di clip di riferi-
mento, il colorist di Dolby al servizio di Netflix ci mostra
come cambia con poche impostazioni una scena. De-
cide quasi tutto lui, ha una traccia da seguire decisa dal
direttore della fotografia e dal regista ma per la mag-
gior parte delle scene ha una piena libertà. Decide lui
quanto spingere in determinate scene, come rendere
un tramonto o quanto far brillare un fuoco, e con i con-
trolli a disposizione può davvero fare magia. La dina-
mica e le informazioni presenti nel master di partenza
sono talmente tanti che addirittura si può trasformare
una scena girata in pian luce in una sequenza notturna,
facendo risaltare le luci e mantenendo tutti i dettagli
nelle ombre.
Master a 1000 nits, a 4000 nits e a 10000 nits: cosa vuol dire?Il colorist, seduto di fronte alla sua una console, ci rac-
conta i vari passaggi di intervento sulla scena e con il
mouse ci mostra il “suo” potere immenso: basta variare
un selettore per spingere il segnale a livelli di luminosità
elevatissima, cambiando radicalmente l’impatto di una
luce. Quanto devono abbagliare i fari di una automobile
o il sole ci chiede? Vorremmo rispondere di alzare al
massimo, perché il sole deve abbagliare, ma sappiamo
che è una domanda tranello. Ogni modifica fatta al se-
gnale è subordinata ovviamente al controllo: il risultato
di ogni intervento viene visualizzato su un monitor di
riferimento che, oltre ad essere perfettamente calibra-
to, deve essere in grado di rappresentare esattamen-
te il segnale che il colorist sta gestendo in tutta la sua
dinamica. Questo vuol dire che volendo si potrebbe
spingere l’intensità del sole a 10.000 nits, un livello di lu-
minosità elevatissimo, ma se prende questa decisione
il colorist deve poter vedere a schermo cosa succede
all’intera scena quando spinge la luminosità così in alto.
Oggi purtroppo non può farlo, perché il miglior referen-
ce monitor per il grading di contenuti HDR è il Dolby
Pulsar, un mostro da 4000 nits che non è nemmeno in
vendita. Il Pulsar viene dato da Dolby solo ad una serie
In questa scena l’HDR riesce a spingere le luci senza però toccare il livello di nero che resta molto basso.
segue a pagina 11
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di studi di Hollywood specializzati nella color correction
e nel mastering di contenuti HDR, e senza un monitor
di questo tipo non è possibile masterizzare contenuti
HDR a 4000 nits, figuriamoci andare oltre. Si deve te-
nere un livello di riferimento più basso, ed è quello che
fanno un po’ tutti.
Nella sessione alla quale abbiamo assistito il colorist ha
usato monitor Sony OLED BVM X 300, schermi 4K da
30” di incredibile qualità dotati di una luminosità di pic-
co di 1000 nits. I monitor OLED Sony sono i reference
display più diffusi al mondo per il grading HDR e que-
sto vuole dire che il 90% dei contenuti video HDR che
vediamo su Netflix è stato masterizzato tenendo come
riferimento 1000 nits. Questo non rappresenta un pro-
blema, perché come non esistono monitor professio-
nali capaci di arrivare a certi livelli di luminosità non
esistono neppure televisori consumer capaci di rag-
giungere determinate prestazioni. Anzi, nel campo dei
TV, come dei fanno notare i tecnici, c’è pure un proble-
ma legato ai consumi: secondo le regolamentazioni eu-
ropee e americane un TV a seconda della dimensione
dello schermo deve rispettare certi livelli di consumo e
l’HDR, che richiede un aumento di luminosità, ha come
diretta conseguenza anche un aumento dei consumi. I
produttori per rispettare le normative hanno integrato
nei TV un circuito denominato Automatic Brightness
Limiting (ABL) che gestisce il rapporto tra consumo e
luminosità di picco che un TV può generare. Un televi-
sore Samsung HDR, che ha una luminosità di picco che
tocca i 1000 nits, può arrivare a tale livello solo su una
finestra molto piccola: se la stessa luminosità venisse
richiesta a tutto il pannello, una schermata totalmen-
te bianca a 1000 nits, il sistema Automatic Brightness
Limiting (ABL) interverrebbe abbassando la luminosità
globale. Il colorist deve quindi tener conto anche del
possibile intervento dell’ABL: non può esagerare nelle
scene con la luminosità perché l’intervento del circuito,
con relativo taglio della luminosità, renderebbe vano
il suo lavoro. Questo è il motivo principale per cui non
esistono film HDR con scene super luminose, ma solo
film dove alcuni dettagli della scena raggiungono lumi-
nosità elevate: esagerando con la luce il TV limitereb-
be la luminosità.
Il master Dolby Vision Prima l’HDR, poi la versione standardNetflix, da sempre pioniere nel campo delle nuove
tecnologie, ha subito abbracciato ogni formato HDR
incluso il Dolby Vision. I formati HDR come sappiamo
sono tre: l’HDR10, l’HLG e il Dolby Vision, ma Netflix
gestisce solo HDR10 e Dolby Vision perché l’HLG è de-
dicato alle trasmissioni Live che non sono parte della
piattaforma. La scelta di Netflix di appoggiare entrambi
i formati è dovuta principalmente ai vantaggi che il Dol-
by Vision ha rispetto all’HDR10, ovvero la possibilità di
gestire con uno stesso segnali diversi livelli di “qualità”,
anche se è improprio chiamarla così.
Per realizzare una serie TV in Dolby Vision gli studi
che lavorano per Netflix partono e lavorano esclusi-
vamente sulla versione HDR. Prima viene realizzata la
versione a dinamica estesa, poi basta premere un tasto
per far partire una analisi della scena automatica dove
tramite un algoritmo il software provvede a generare
in autonomia la versione a dinamica standard, pensata
per TV con spazio colore ridotto (Rec.709) e 100 nits
di luminosità.
Il sistema di grading a disposizione del colorist preve-
de una console di gestione, un processore Dolby che
funziona in modo simile al chip che Dolby inserisce nei
TV predisposti, un monitor di riferimento per l’HDR e un
monitor di riferimento per il segnale non HDR. Il colorist
lavora esclusivamente sul segnale HDR e può farlo a
diversi livelli: può decidere di lavorare a 400 nits, poi
a 600 nits e infine a 1000 nits, stabilendo per ogni li-
vello una serie di parametri che vengono memorizzati
nei metadati. Alla lavorazione dei vari livelli HDR segue
l’analisi del contenuto con esportazione della versione
a dinamica standard: anche se il target è l’HDR, la ver-
sione a dinamica standard deve comunque soddisfare
perché sarà quella che poi viene vista dal numero mag-
gior di persone. A volte questo processo, che è fatto in
automatico dal software, non porta il risultato sperato:
in questo caso il colorist torna a lavorare sulla versione
HDR delle scene che non lo hanno soddisfatto al fine di
trovare un buon bilanciamento che possa andare bene
per entrambe le modalità di visualizzazione.
A processo completato il master, insieme ai metadati
necessari per il Dolby Vision, vengono dati a Netflix
che li carica sulla piattaforma. A seconda del tipo di
contenuto e dell’azienda che ha fatto il grading del film
o della serie TV potrebbero esserci più livelli di Dol-
by Vision sfruttabili. Lo studio, a seconda del budget
o della difficoltà, può infatti decidere di quanti livelli
di master HDR realizzare. Qualcuno potrebbe fornire
i metadati “magici” a 100 nits e a 2000 nits, prendendo
gli estremi, qualcun altro potrebbe decidere di fornire
anche una versione intermedia a 600 nits e una a 1000
nits. Più versioni ci sono è meglio è, perché il TV cer-
tificato Dolby Vision usa come riferimento quella più
vicina alla luminosità per la quale è stato certificato.
Un TV OLED LG, con Dolby Vision, ha una luminosità
di picco di 750 nits: con una serie TV Netflix maste-
rizzata a 2000 nits e a 100 nits il TV LG prenderebbe
i metadati del master a 100 nits come riferimento, ma
se ci fossero disponibili anche quelli a 600 nits e quelli
a 1000 nits diventerebbero loro il riferimento offrendo
una esperienza di visione più precisa ed appagante.
Questa possibilità di scalare di qualità a seconda del
TV è la caratteristica del Dolby Vision che più piace a
Netflix; l’utente, purtroppo, non ha modo di sapere in
che modo e a che livelli sono stati realizzati i master dei
vari contenuti, ma chi ha una buona TV e un occhio al-
lenato non ci metterà molto ad accorgersi di quali sono
i film o le serie con una resa HDR migliore e più coinvol-
gente. I dirigenti di Dolby e Netflix (qui l’intervista che
abbiamo fatto) sono consapevoli che come ci sono sul
mercato ottimi TV HDR ci sono anche modesti TV HDR,
ma credono che grazie alla flessibilità del Dolby Vision
sia possibile offrire una immagine migliore anche su
un TV che ha una luminosità di picco non troppo alta.
Non sarà mai una visione perfetta, ma il peggior HDR
è comunque meglio di un contenuto non HDR. Netflix,
proprio perché ormai la maggior parte delle produzio-
ni sono girate in digitale con videocamere a dinamica
estesa (Sony, RED, Arri), proporrà quasi tutte le nuove
uscite in HDR. Un buon motivo per aggiornare il TV.
La stessa immagine in SDR e HDR su due monitor di riferimento Sony.
ENTERTAINMENT
Come nasce un contenuto Dolby Visionsegue Da pagina 10
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D olby Atmos e Dolby Vision sono le due tecnologie più promettenti in ambito audio video per i conte-nuti di prossima generazione. Netflix le adotta en-trambe, forte di una partnership con Dolby che dura da
anni e che diventerà ancora più forte nei prossimi anni.
Abbiamo intervistato Richard Smith, Senior Product Ma-
nager, Partner Ecosystem di Netflix e Mathias Bendull,
Vice President, Consumer Entertainment Group di Dol-
by. Ecco i passi salienti.
DDay.it: Ci avete fatto ascoltare una clip in Dolby At-mos e il risultato era ovviamente di altissimo livello. Come pensate di portare questa esperienza nelle case? Se contiamo i diffusori in questa stanza ce ne sono almeno sette, più un subwoofer probabilmente nascosto da qualche parte. Ma in casa...Mathias Bendull - Dolby: “Siamo partiti come Dolby con il surround e poi con il Dolby Digital 5.1, che richiedeva
comunque cinque diffusori. Non sappiamo qual è la si-
tuazione in Italia, ma se guardiamo agli Strati Uniti pos-
siamo dire che almeno il 10% delle persone ha in casa
un sistema 5.1. L’Atmos non è stato pensato per avvici-
nare più persone all’audio multicanale, ma per offrire a
chi ha già in casa un impianto home cinema un sistema
che potesse migliorare ulteriormente i contenuti che
sono abituati ad ascoltare. Chi vuole audio di qualità
passa all’Atmos, chi non ha un sistema multicanale pro-
babilmente non lo comprerà mai, neppure per ascoltare
l’Atmos. Ci sono però le soundbar, noi crediamo molto in
questo tipo di dispositivo. Sono facili da installare, com-
patibili con piccoli ambienti e appartamenti e possono
garantire un audio di gran lunga superiore a quello di
un TV. Se guardiamo a quello che sta succedendo al
mercato dei TV con gli OLED, sempre più sottili, vedia-
mo un futuro roseo per le soundbar: i TV da appendere
al muro saranno privi di diffusori integrati, servirà una
soundbar esterna. Le TV, con i loro nuovi form factor,
stanno cambiando il mercato dell’audio.”
DDay.it: E’ un peccato però. Abbiamo vissuto negli scorsi anni un periodo d’oro per l’home cinema, dove in ogni negozio si dimostrava audio multicanale. Oggi nessuno lo propone più, eppure ci sono molti conte-nuti che meriterebbero un trattamento degno.Mathias Bendull - Dolby: “E’ vero, ma se guardiamo al
ENTERTAINMENT Due executive di Netflix e Dolby ci spiegano come vogliono convincere gli utenti a provare nuovi formati audio-video
Netflix: “Avevamo pensato di produrre un TV ma alla fine abbiamo deciso di scartare l’idea”Dalla Netflix TV al Dolby Vision sui TV Samsung, ne abbiamo parlato con Richard Smith (Netflix) e Mathias Bendull (Dolby)
mercato dell’audio la crescita delle soundbar è stata
drammaticamente più alta del declino dell’home cine-
ma. Per la qualità audio è comunque un miglioramen-
to”.
DDay.it: L’HDR10 è gratis, il Dolby Vision si paga. Sam-sung, che è leader di mercato, non vi segue in questa avventura. Mathias Bendull - Dolby: “In realtà stiamo parlando con Samsung per convincerli a portare sui loro TV il Dolby
Vision. Non ci sono ragioni tecniche per non averlo, è
solo una questione strategica: Samsung ha fatto questa
scelta e ci dobbiamo adeguare. Il fatto che promuovano
l’HDR10 Plus come alternativa al Dolby Vision lo vedia-
mo come un incentivo per lavorare duro e migliorare.
Siamo convinti che è difficile per i consumatori capire
che differenza c’è tra un formato e l’altro, ma dal nostro
punto di vista è uno stimolo”.
DDay.it: Però partite svantaggiati: uno si chiama HDR e richiama l’HDR, il vostro si chiama Dolby Vision, e senza conoscerlo nessuno direbbe che si tratta di un formato HDR. Netflix cosa pensa di questo doppio for-mato?Richard Smith - Netflix: “Come azienda di streaming vi-deo rispettiamo la competizione ma siamo consapevoli
che ci troviamo davanti a discussioni tecniche non facili
da capire, soprattutto per un consumatore. Crediamo
tuttavia di essere stati bravi a evitare una sorta di guer-
ra tra standard: non guardiamo al modello di TV o allo
standard ma forniamo a ciascun consumatore la miglior
resa possibile. Se un abbonato ha un TV Samsung gli
forniamo un ottimo HDR, il migliore che può trovare, se
ha un TV LG anche. Sarebbe meglio evitare questa con-
fusione andando verso uno standard unico, ma noi non
possiamo fare di più di quello che facciamo oggi: sem-
plificare la vita agli utenti supportando ogni formato”.
DDay.it: Non avete mai pensato di creare un TV o una soundbar firmati Netflix?Richard Smith - Netflix: “Ci abbiamo pensato molto tempo fa ma poi abbiamo scelto di non farlo. Avremmo il
vantaggio di poter realizzare il TV perfetto per la nostra
piattaforma ma ci sarebbero anche due controindica-
zioni. Per prima cosa non sappiamo se la gente sarebbe
interessata ad acquistare un TV Netflix o una soundbar
Netflix, e inoltre non saremmo più partner di Samsung,
LG e dei vari produttori ma loro competitor. Al momento
ci troviamo bene in questo ruolo di partner: forse non è
la situazione perfetta. ma per ora ci va bene così”.
DDay.it: L’HDR è una grande tecnologia ma per goder-ne al meglio serve un TV di qualità. La vostra certifi-cazione “Raccomended Netflix TV” non considera la qualità.Richard Smith - Netflix: “E’ vero. Infatti quando abbia-mo deciso di puntare su 4K e HDR abbiamo pensato
di puntare solo sui TV top di gamma perché eravamo
convinti che solo con certi TV si potesse percepire la
vera differenza tra un contenuto HDR e un contenuto
standard. Poi i nostri partner ci han detto che non era
una scelta troppo ragionevole perché il mercato è stra-
tificato, e non sempre si deve dare il messaggio che se
non si compra il prodotto più costoso non si ottiene il
meglio. Bisogna comunque invogliare ad acquistare
un TV più evoluto anche coloro che non hanno budget
infinito”.
DDay.it: Però dovete far capire ai consumatori che ma-gari quello che stanno guardando non è un vero Dolby Vision e quello che stanno ascoltando non è un vero Dolby Atmos.Mathias Bendull - Dolby: “Siamo convinti che un TV Dolby Vision anche di fascia bassa sia comunque me-
glio di un TV non Dolby Vision. Come una soundbar At-
mos è meglio di una soundbar normale”.
Richard Smith - Netflix: “Se non si mostrano tecnologie che impressionano nessuno avrà voglia di investire per
comprare un prodotto migliore. Ma crediamo che oggi,
con la rotazione dei prodotti e le nuove tecnologie, se il
TV non impressiona lo farà il prossimo modello. Perché
se per acquistare un TV HDR da 1000 nits ora servono
tanti soldi, tra un anno i TV da 1000 nits saranno pro-
babilmente i modelli di fascia media. Tra due anni gli
entry level”.
http://www.dday.it/redazione/25039/netflix-avevamo-pensato-di-produrre-un-tv-ma-poi-abbiamo-scattato-lideahttp://www.dday.it/redazione/25039/netflix-avevamo-pensato-di-produrre-un-tv-ma-poi-abbiamo-scattato-lidea
www.audiogamma.it
P5 Wireless.Abbiamo eliminatoil cavo ma il suonoè rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilitàsenza compromessi con 17 ore diautonomia e ricarica veloce perperformance allo stato dell'arte. Lasolita qualità e cura nei materiali diBowers & Wilkins adesso senza filigrazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
133_bw_P5w_pgp_ddy.qxp:- 19-09-2016 14:13 Pagina 1
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di Roberto PEZZALI
U n film a due facce, che potrebbe essere definito un capolavoro o l’ennesimo schiaffo a una Saga che ha fatto battere tanti cuori nel corso degli anni. Questo è Star Wars gli Ultimi Jedi, nei cinema da
qualche giorno in tutta Italia e attesissimo da milioni di
persone. Due facce, e due recensioni. Una vista con
gli occhi da appassionati della Saga, da chi ha visto e
rivisto i primi tre episodi centinaia di volte, da chi ha
sofferto di fronte a quell’inutile personaggio dal nome
di Jar Jar Binks e ha quasi abbandonato la sala quando
durante Episodio 7 Kylo Ren si è tolto la maschera rive-
lando una espressione da pesce lesso. Una vista con
gli occhi di chi guarda al cinema moderno, riconosce il
fatto che si tratta di un film Disney e che alla fine un film
deve soprattutto divertire.
Chi ama la trilogia uscirà dal cinema delusoAll’appassionato della Saga il nuovo Star Wars – Gli
Ultimi Jedi non può piacere. Qualche sequenza go-
dibile c’è, non manca qualche ricordo che riporta ai
vecchi fasti del passato, ma sono troppi gli elementi
che appaiono fuori posto. Il materiale su cui lavorare
c’è, ma sembra quasi che Rian Johnson, sulla sedia del
regista, sia stato costretto con una spada laser puntata
alla gola a far combaciare tantissimi elementi che era
impossibile tenere insieme. Dovevano esserci le vere
battaglia di Star Wars, perché ogni film della Saga che
si rispetti ha una battaglia memorabile, e il film parte
proprio con una grandissima battaglia. Peccato che poi
tenda un po’ a perdersi: non è difficile vedere all’inter-
no di Episodio 8 il finale del Ritorno dello Jedi stirato
temporalmente per farlo durare più di due ore, con tre
storie parallele che si annodano in un finale che riesce
comunque, e senza neppure esagerare con gli effetti
speciali, a tenere incollati allo schermo.
Il tema portante del nuovo episodio è “ricorda il passa-
to e poi uccidilo”, ed è proprio Kylo Ren a dirlo Rey in
uno dei momenti più delicati del film: “Uccidere il pas-
sato è l’unico modo per diventare ciò che devi”. Il regi-
sta cerca prima di conquistare il vecchio appassionato
facendogli assaporare quello che ha amato dei vecchi
episodi, ma poi allo stesso tempo gli fa anche capire
che non potrà mai più riavere quello che Star Wars è
stato, è tempo di cambiare. Le scene con Rey e Luke
ENTERTAINMENT L’ultimo episodio di Star Wars mette in pista diverse novità ma taglia anche qualche filo con il passato
Star Wars - Gli Ultimi Jedi, la nostra recensione L’appassionato lo detesterà, ma è un buon filmIl secondo capitolo della nuova trilogia è sicuramente meglio del precedente episodio. Ma ai puristi della Saga non piacerà
Skywalker ricordano molto Luke e Yoda su Dagobah,
quelle di Finn e della new entry Rose Tico rievocano
Han Solo e Leila sul pianeta Endor, e di ricordi e legami
con la prima Trilogia ce ne sarebbero ancora tanti. Dif-
ficile entrare nei dettagli senza cadere nello spoiler, ma
chi guarderà il nuovo film Disney non farà fatica a tro-
varci elementi di Episodio 1 (la scena finale lascia capi-
re di cosa parlerà il prossimo capitolo) e di Episodio 5.
Negli Ultimi Jedi c’è tanto della vecchia saga, ma quel-
lo che gli utenti si aspettavano erano idee nuove che
non andassero a snaturare quella che è l’anima di Star
Wars. Rogue One ci è riuscito, ma aveva la fortuna di
essere un film libero da vincoli, Gli Ultimi Jedi fa decisa-
mente più fatica. Se ci sono aspetti che convincono, ce
ne s