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SOCI E AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ:
RAPPORTO DI LAVORO, CONTRIBUZIONE
OBBLIGATORIA, TASSAZIONE DEI COMPENSI
A cura del Centro Studi CGN: Dott. Stefano Carotti, Dott. Francesco Geria
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Sommario
PREMESSE .................................................................................................................................... 3
L’AMMINISTRATORE DI SOCIETÀ ................................................................................................ 3
Compenso ................................................................................................................................... 5
Redditi imponibili ......................................................................................................................... 5
Il trattamento di fine mandato ...................................................................................................... 7
Contribuzione obbligatoria e prestazioni ......................................................................................... 7
IL SOCIO DI SOCIETÀ ................................................................................................................... 8
Il socio nelle Società di persone .................................................................................................. 8
Il socio nelle Società di capitali .................................................................................................... 9
Redditi imponibili e contribuzione obbligatoria ........................................................................... 10
L’IMPRESA FAMILIARE (art. 230 bis e 230 ter C.C.) ................................................................... 11
L’impresa familiare .................................................................................................................... 11
SOCIO DI COOPERATIVE DI LAVORO ....................................................................................... 12
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PREMESSE
Il tema del rapporto e dei vincoli che gli amministratori e i soci hanno all’interno della Società,
assume particolare rilevanza allorquando l’attività dei soci e degli amministratori, in funzione della
carica sociale rivestita, può venire a cumularsi con un rapporto giuridico connesso (per attività
operative che possono essere svolte in attuazione dell’oggetto sociale proprio della Società
stessa) alla fattispecie del lavoro subordinato che si genera in capo al medesimo soggetto,
amministratore, socio amministratore o socio di Società, anche in relazione alle differenti forme
societarie.
L’AMMINISTRATORE DI SOCIETÀ
L’amministratore di Società, in via generale, è colui che svolge il compito tipico di gestire la Società
nell’attività di ordinaria e straordinaria amministrazione e che ha il potere di rappresentanza
esterna nei confronti dei terzi.
Riguardo questa attività dell’amministratore inerente la carica sociale, la disciplina regolante il
rapporto giuridico è «genericamente» riferibile alla tipologia della collaborazione coordinata e
continuativa – art.409 cpc e art. 50 D.P.R. n. 917/1986 - (attività di servizio a favore della Società,
di carattere individuale, continuativo e autonomo, nell’ambito delle indicazioni fornite dalla Società
stessa e dalle norme di legge), dal momento che l’amministratore si immedesima con la Società
stessa creando, in questo modo, un’identità di posizione, in quanto viene a mancare una concreta
dualità tra le due posizioni.
La problematica si evidenzia qualora l’amministratore svolga, oltre ai compiti connessi con la
funzione (partecipazione al CDA, alle delibere, alle decisioni strategiche), anche attività operativa
in azienda, venendosi così contemporaneamente a costituire in capo al medesimo soggetto anche
ulteriori rapporti di lavoro, individuabili nelle forme del rapporto di lavoro dipendente, autonomo o
parasubordinato.
In tema di cumulabilità in capo allo stesso soggetto di incarico di amministratore di società e di
lavoratore subordinato, sono stati definiti taluni profili specifici di ammissibilità, distinti in funzione
del ruolo amministrativo e dell’attività svolta: svolgimento di attività lavorativa diversa dalla carica
sociale; esercizio di potere direttivo sull’amministratore, con distinzione quindi tra organo gestorio
del rapporto di lavoro ed esecutore della prestazione; formazione di una volontà imprenditoriale
autonoma da quella dell’amministratore delegato e concreto assoggettamento al potere
disciplinare degli altri amministratori.
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Più in dettaglio, se il ruolo ricoperto è quello di Amministratore Unico, la giurisprudenza ha
affermato che non può configurarsi rapporto di lavoro subordinato in quanto non è in questo caso
possibile distinguere i soggetti tipici del rapporto di lavoro legati da vincolo di subordinazione,
anche se l’INAIL, con successive disposizioni amministrative definitivamente elaborate e rese note
nel mese di gennaio 2016, ha disposto l’obbligo dell’assoggettamento all’assicurazione anche
dell’amministratore unico di Società.
Nel caso di Consigliere di Amministrazione è necessario che non tutti i soggetti consiglieri siano
dipendenti e che sia configurabile un effettivo vincolo di subordinazione; inoltre, è stata sottolineata
la necessità di una gestione del rapporto di lavoro riconducibile alla volontà della Società distinta
da quella del singolo amministratore.
Nel caso di Amministratore Delegato, egli può essere anche contitolare di un rapporto di lavoro
subordinato se è soggetto al potere direttivo del Consiglio di Amministrazione (o di altri eventuali
a.d.), purché non sia unico soggetto dotato di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione e
sempreché la delega conferita non sia tale da far esercitare all’amministratore le funzioni di
amministratore unico.
La forma di rapporto di lavoro subordinato che ricorre più di frequente in caso di contemporanea
investitura sociale è quella attuata con conferimento di qualifica di dirigente, infatti quella dei
dirigenti costituisce la più “qualificata” delle quattro categorie legali (art. 2095, cod. civ.) - operai,
impiegati, quadri e dirigenti - di inquadramento dei lavoratori subordinati.
Situazione eccezionale è invece quella rappresentata dal caso in cui il rapporto di amministrazione
sia costituito in capo ad un soggetto appartenente ad un ordinamento professionale che contempli
espressamente l’attività di amministrazione di azienda tra le attività proprie della categoria
professionale. L’attività prestata non può riferirsi all’ambito della collaborazione coordinata e
continuativa. Casi rientranti in tale ipotesi si configurano allorquando l’ordinamento professionale di
appartenenza del soggetto comprende l’amministrazione o la gestione d’azienda tra le attività
tipiche della categoria; o l’incarico di amministratore è svolto presso una società con attività
connessa a quelle della professione abituale del Professionista.
Riassumendo, le procedure e gli adempimenti relativi all’amministratore di Società il cui rapporto
giuridico è riconducibile alla collaborazione coordinata e continuativa si evidenziano, innanzitutto,
nel fatto che il “rapporto di lavoro” non deve essere regolato da un contratto; inoltre non deve
essere effettuata la comunicazione telematica dell’UNILAV; l’amministratore sarà
obbligatoriamente iscritto alla Gestione separata (per la contribuzione INPS) ed all’INAIL (per
l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali); sarà inserito nel flusso UNIEMENS e
verrà registrato nel Libro Unico del Lavoro al percepimento del compenso.
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Compenso
L’attività svolta dall’amministratore per la Società si presume eseguita a titolo oneroso ed i
compensi ad egli spettanti sono stabiliti all’atto della nomina, dall’assemblea dei soci oppure dallo
statuto.
Nell’ipotesi di omessa indicazione nell’atto costitutivo, il diritto al compenso degli amministratori
delle società di capitali è implicitamente riconosciuto negli artt. 2364 e 2389 Codice Civile, nei quali
si prevede la sua determinazione nell’atto costitutivo, nonché dall’art. 2392 che, in ordine
all’adempimento dei loro doveri, richiama le norme del mandato (negozio che si presume oneroso -
Cassazione sent. 19.03.1991, n. 2895).
Anche la circostanza che non abbiano fatto seguito delibere formali dell’assemblea sociale non è
di ostacolo alla determinazione giudiziale del compenso, poiché l’art. 2389 Codice Civile non
preclude che, in mancanza di determinazione da parte dell’organo societario, sia il giudice a
determinare la misura degli emolumenti dovuti all’amministratore, in virtù dell’espletamento del
mandato, da presumersi oneroso (Tribunale di Milano, sent. 18.05.1995).
L’approvazione dei compensi corrisposti agli amministratori che sia contestuale all’approvazione
del bilancio è legittima solo se l’assemblea vi abbia provveduto in modo espresso e con apposita
discussione, non potendosi considerare implicita in quella di approvazione del bilancio, quando la
determinazione della misura dello stesso non sia stabilita nell’atto costitutivo o nello statuto.
Così come un possibile adeguamento o aumento del compenso, affinché possa considerarsi
ammissibile, deve sempre essere oggetto di delibera assembleare ai sensi dell’art. 2364 C.C.
La prestazione dell’amministratore può altresì essere svolta a titolo gratuito, ed anche in questo
caso la gratuità deve essere prevista nello statuto o comunque deve risultare da un’apposita
delibera dell’Assemblea confermata a sua volta dall’Amministratore. La rinuncia espressa e non
tacita al compenso assume infatti rilevanza ai fini contributivi e previdenziali, non risultando
nessuno dei predetti obblighi.
Redditi imponibili
La determinazione della base imponibile ai fini previdenziali ed assistenziali, nonché ai fini fiscali,
per i collaboratori segue i criteri stabiliti per la determinazione dell’imponibile contributivo per i
lavoratori dipendenti, in quanto compatibili. Pertanto, la base imponibile per il collaboratore è
costituita da tutte le somme e dai valori, a qualunque titolo percepito dai collaboratori, anche sotto
forma di erogazione liberale.
Il reddito dei collaboratori, infatti, è assimilato a quello da lavoro dipendente. A tal riguardo, vi sono
somme (compensi in denaro) e i valori (compensi in natura) percepiti dall’amministratore che, in
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deroga al principio generale, sono in tutto o in parte esclusi dal reddito imponibile (sia ai fini fiscali
che a quelli contributivi) e sono elencati tassativamente dalla Legge (art. 51, comma 2, D.P.R. n.
917/1986 e art. 12, L. n. 153/1969) - trasferte, trasferimento, trasporto, alloggio, vitto, generi
prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti, autovettura, azioni, prestiti, ecc..
Al compenso corrisposto agli amministratori sono applicabili le norme sul lavoro dipendente ex art.
50, co. 1, lett. c bis) TUIR: obbligo per il sostituto d’imposta all’applicazione delle ritenute con
imposizione a scaglioni di imposta e delle addizionali regionali e comunali; obbligo del conguaglio
fiscale; riconoscimento delle detrazione lavoro dipendente; riconoscimento del credito imposta
art. 1 D.L. 66/2014 (Bonus Renzi); rilascio della C.U.; elaborazione e consegna del prospetto paga
all’erogazione; validità del principio cassa “allargato”.
L’imposizione fiscale interviene, pertanto, all’atto dell’erogazione del compenso all’amministratore.
Sembra non poter esser applicabile il principio della tassazione separata in caso di corresponsione
di compensi agli amministratori riferiti a periodi arretrati.
I compensi dati agli amministratori per le prestazioni svolte nella società sono deducibili dal reddito
della società nell’esercizio in cui sono corrisposti, sempre che siano stati determinati con apposita
delibera assembleare o comunque previsti nello statuto.
Occorre tuttavia distinguere tra compensi in misura fissa che sono deducibili nell’esercizio in cui
sono corrisposti e compensi come da partecipazione agli utili che sono deducibili anche se non
imputati nel conto economico.
Ai fini della deducibilità dei compensi agli amministratori non è sufficiente che venga fornita la
prova della sua effettiva sussistenza, ma è necessario che sia dimostrata anche l’inerenza
all’attività imprenditoriale, intesa come «coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività
d’impresa». Sul punto l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, in sede di attività di controllo,
l’Amministrazione finanziaria può disconoscere totalmente o parzialmente la deducibilità dei
compensi agli amministratori in tutte le ipotesi in cui questi appaiano insoliti, sproporzionati ovvero
strumentali all’ottenimento di indebiti (Agenzia delle Entrate, risoluzione 31 dicembre 2012, n.
113/E).
L’Amministrazione finanziaria si è altresì espressa in ordine alla rinuncia dei compensi, affermando
che tutti i crediti ai quali il socio rinuncia vanno portati ad aumento del costo della partecipazione, i
quali, per la società, non costituiscono sopravvenienze attive, ma, come conseguenza per il socio-
amministratore, si presumono incassati giuridicamente, per cui, fiscalmente è come se li avesse
percepiti con conseguente assoggettamento a tassazione secondo le regole ordinarie.
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Il trattamento di fine mandato
Il Trattamento di fine mandato è una specifica indennità che l'impresa si impegna a corrispondere
all'amministratore a fine mandato con importo che deve essere stabilito da delibera Assembleare e
non riguarda gli Amministratori rientranti nell'ambito del lavoro autonomo.
In presenza di documentazione recante data certa che attribuisce all’Amministratore il diritto a
questa indennità, la Società erogante dovrà versare la contribuzione previdenziale alla Gestione
Separata, dovrà trattenere una ritenuta d’acconto del 20% (art. 17. c. 1, lett. c) - art. 25, c.1 ed art.
24, c.1. ultimo periodo DPR n. 600/73, nonché Circ. AdE n. 58/2001 e n. 67/2001) e dovrà
predisporre la C.U. (sezione dipendenti - TFR).
In caso di mancata presenza di documentazione avente data certa attestante il diritto all'indennità
con data anteriore all'inizio del rapporto di Amministratore, il TFM sarà assoggettato a tassazione
ordinaria e a contribuzione previdenziale alla Gestione Separata, dovrà essere predisposto
cedolino paga e LUL, dovrà essere riportato nella dichiarazione annuale dei redditi alla sezione
«redditi da lavoro dipendente» (quadro RC Unico PF o quadro C modello 730) e dovrà essere
predisposta la C.U. (sezione dipendenti – TFR).
Il TFM risultante da atto scritto è deducibile secondo il criterio della competenza attraverso
apposito accantonamento nel bilancio d'esercizio (nell’art. 105 c. 4 del T.U.I.R).
Il TFM non risultante da atto scritto è deducibile dal reddito d’impresa nell’esercizio in cui avviene il
pagamento (art. 95, c. 5 del T.U.I.R).
In caso di rinuncia al TFM da parte di “socio-amministratore” (non professionista), per la società
non si genera alcuna sopravvenienza imponibile in quanto trattasi di persona fisica non esercente
attività d’impresa e non rileva nemmeno se gli accantonamenti annuali sono stati o meno dedotti
per competenza dalla società; la società deve applicare la ritenuta d’acconto del 20% e l’importo è
tassato sul socio-amministratore come reddito assimilato al lavoro dipendente.
In caso invece di rinuncia al TFM da parte di un “amministratore non socio della società”, la
Società deve tassare come sopravvenienza imponibile la quota di accantonamenti dedotta in
passato per competenza e non deve essere applicata la ritenuta d’acconto del 20% poiché
l’amministratore non subisce alcuna tassazione.
Contribuzione obbligatoria e prestazioni
La contribuzione dovuta alla Gestione Separata INPS (34,23% destinato al fondo pensioni,
assicurazione di maternità, assegni familiari e degenza ospedaliera, 0,51 DIS-COLL per i
collaboratori privi di altra assicurazione obbligatoria, e 24% per i collaboratori titolari di pensione
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diretta, per i collaboratori iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria e titolari di pensione non
diretta) è ripartita per 1/3 a carico del collaboratore e 2/3 a carico del committente.
Nell’ambito delle principali prestazioni previdenziali ed assistenziali della gestione separata i
contributi versati alla Gestione separata INPS sono utili per la liquidazione di una pensione che si
ottiene con le modalità di calcolo del sistema contributivo: pensione di vecchiaia, pensione
anticipata, costituzione di rendita vitalizia, riscatto, contribuzione volontaria.
I collaboratori iscritti alla Gestione separata hanno diritto inoltre, secondo le specifiche disposizioni
vigenti in materia, all’assegno per il nucleo familiare, all’indennità di malattia per degenze
ospedaliere, all’indennità di malattia, all’indennità di maternità e all’indennità per congedo
parentale.
Con riguardo alle prestazioni INAIL spettanti ai collaboratori si applicano, in generale, gli istituti
giuridici previsti nel Testo Unico (DPR 1124/65) e i principi vigenti in tema di riconoscimento della
natura professionale dell’infortunio o della malattia.
Gli amministratori, i sindaci ed i revisori non hanno diritto alla indennità di disoccupazione (c.d.
DISCOLL), così come prevista per gli altri collaboratori coordinati e continuativi.
IL SOCIO DI SOCIETÀ
Il rapporto di lavoro del socio con la Società è legato dall’obbligo di eseguire i conferimenti
secondo quanto previsto dall’art. 2253 C.C. Essi possono consistere in conferimenti in denaro,
beni in natura o prestazioni d’opera o di servizi.
Il socio nelle Società di persone
Nelle società di persone, (società in nome collettivo ed in accomandita semplice) l’oggetto del
conferimento può essere costituito dalla prestazione di un’opera o di un servizio, e quindi di attività
lavorativa.
In questo caso la figura del socio viene a definirsi quale “socio d’opera”, che appunto presta la
propria opera a titolo di partecipazione societaria ed è titolare degli stessi poteri sociali degli altri
soci.
Risulta assai delicata, per il socio di società di persone (che di norma presta abitualmente la sua
attività a favore della Società anche con funzioni gestionali e di responsabilità), la compatibilità con
altre tipologie di rapporto (subordinato, parasubordinato o autonomo) relativamente ad attività di
tipo operativo (tecniche amministrative o commerciali) svolte nei confronti della Società stessa.
Nella pratica, può essere non agevole distinguere la prestazione del socio d’opera ed il rapporto di
lavoro subordinato. Per il primo, infatti, l’attività prestata è l’oggetto derivante dall’obbligo sociale.
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Ed in effetti, il rapporto di subordinazione è configurabile quando l’attività lavorativa è diversa da
quella che il socio è obbligato a rendere in virtù del rapporto sociale e quando ricorrano,
ovviamente, i requisiti della subordinazione, come il controllo gerarchico di altro socio con poteri di
supremazia.
Peraltro, il fatto che sussista una partecipazione del socio alle scelte societarie anche di una certa
importanza non esclude di per sé che possa configurarsi un rapporto di lavoro subordinato con la
società stessa (quando ne ricorrano concretamente le condizioni).
Il socio nelle Società di capitali
Nelle società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata e società in
accomandita per azioni), specialmente in quelle di medio grandi dimensioni, la distinzione della
personalità giuridica delle Società da quella dei singoli soci rende più agevole configurare lo
svolgimento di una prestazione di lavoro subordinato da parte di questi ultimi, laddove prestino
attività operativa nell’ambito societario.
In via generale, nell’attività prestata dal socio può identificarsi lavoro subordinato quando:
� l’attività in questione non è contemplata nell’atto costitutivo come prestazione accessoria;
� presenta i requisiti della subordinazione.
In particolare, secondo la giurisprudenza (cfr., tra le altre, Cass. 2 luglio 1999 n. 6827), il requisito
della subordinazione è dimostrato dal socio che intenda farne valere la sussistenza, in presenza di
un “vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore
di lavoro (Consiglio di Amministrazione, n.d.r.), il quale discende dall'emanazione di ordini specifici
oltre che dell'esercizio di un'assidua attività di vigilanza e di controllo dell'esecuzione delle
prestazioni lavorative”.
In tale prospettiva, la carica di socio di Società di capitali è compatibile con quella di lavoratore
subordinato, salvo il caso in cui il socio abbia di fatto assunto, nell'ambito della Società, l'effettiva
ed esclusiva titolarità dei poteri di gestione.
Il rapporto di subordinazione tra socio e Società di capitali è ammesso anche quando il socio sia
azionista di maggioranza, sempreché l’attività che svolge abbia le caratteristiche della
subordinazione ed è escluso invece nel caso del socio azionista unico e del “socio sovrano” che
partecipa al capitale sociale in misura tale da avere da solo la maggioranza richiesta per la validità
delle deliberazioni assembleari in sede ordinaria e straordinaria, in quanto questi non può essere
dipendente della Società quando di fatto ne abbia assunto l’effettiva ed esclusiva titolarità dei
poteri di gestione.
Nel dettaglio, gli elementi caratterizzanti il lavoro subordinato “tipico” sono:
− la subordinazione del prestatore di lavoro al poter direttivo, disciplinare e di controllo del
datore di lavoro;
− il lavoratore è soggetto al rispetto di un orario di lavoro fisso e predeterminato;
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− la retribuzione è predeterminata, così come le modalità di erogazione della stessa, e viene
definita dal CCNL;
− l’assenza del rischio sul risultato della prestazione;
− il lavoratore è inserito stabilmente nell’organizzazione aziendale (organigrammi e
funzionigrammi);
− la prestazione lavorativa viene svolta in modo continuativo.
Redditi imponibili e contribuzione obbligatoria
L’iscrizione delle Società commerciali alla Gestione commercianti INPS è obbligatoria per i soci
che partecipano con continuità e prevalenza al lavoro in azienda, organizzata e/o diretta
prevalentemente con il lavoro dei soci e dei loro familiari, anche senza dipendenti e/o collaboratori.
La base imponibile su cui calcolare i contribuiti è costituita dalla totalità dei redditi di impresa
prodotti nell’anno cui la contribuzione si riferisce, nel rispetto dei minimali e massimali di legge.
La base imponibile per i soci lavoratori di s.r.l. esercenti attività commerciali e di servizi, iscritti alle
Gestioni speciali, è costituita dalla parte del reddito di impresa della s.r.l. attribuita al socio in
funzione della quota di partecipazione agli utili.
Nel caso di coesistenza delle posizioni di amministratore di srl commerciale e di socio lavoratore,
un aspetto particolarmente dibattuto è relativo alla “questione” della doppia contribuzione dei soci
di srl.
L’INPS, in particolare, ha in più sedi affermato l’obbligatorietà della iscrizione e contribuzione alla
Gestione speciale commercianti, in relazione alla posizione di socio lavoratore e alla Gestione
separata, per l’attività di Amministratore, se compensata.
Pertanto il socio di s.r.l. commerciale che svolga attività nella Società stessa, in modo continuativo
e prevalente e ne sia anche amministratore, è obbligato al pagamento della doppia contribuzione.
In ultimo, va fatto rilevare che qualora il socio abbia instaurato (in quanto compatibile) un rapporto
di lavoro subordinato con la Società, contribuzione e tassazione saranno, ovviamente, quelle
riferite a tale ultima tipologia contrattuale.
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L’IMPRESA FAMILIARE (ART. 230 BIS E 230 TER C.C.)
L’impresa familiare
Impresa familiare è quella forma “societaria” in cui un soggetto, legato al titolare da un certo grado
di parentela o di affinità, presta la propria attività in via continuativa.
Il lavoro all’interno dell’impresa familiare, che deve essere regolare, costante e prevalente, anche
se non necessariamente a tempo pieno, manuale o intellettuale, si presume gratuito e non
ricollegabile ad un rapporto di lavoro, a meno che la parte che sostiene il contrario non provi in
modo rigoroso l’esistenza di un rapporto contraddistinto dalla subordinazione e dall’onerosità della
prestazione. Il lavoro non potrà comunque consistere unicamente nella gestione dell’impresa,
perché se così fosse, si avrebbe una società e non una collaborazione familiare.
Il familiare ha comunque diritto alla partecipazione agli utili dell’impresa (secondo la
predeterminazione delle quote di partecipazione), in proporzione alla qualità e quantità del lavoro
prestato che non si può parametrare alla retribuzione erogata per prestazioni di lavoro subordinato
in analoga attività.
Il familiare partecipante all’impresa ha inoltre diritto al mantenimento secondo la condizione
patrimoniale della famiglia, indipendentemente dalla qualità e dalla quantità del lavoro prestato e
dall’effettivo andamento dell’impresa: ciò significa che il diritto deve essere soddisfatto anche se
l’impresa è in perdita o non ha prodotto utili.
Le prestazioni di attività del coniuge, parente o affine nell’ambito dell’impresa familiare – se non
sussistono i requisiti del lavoro dipendente o della collaborazione coordinata e continuativa – sono
prive di tutela previdenziale per mancanza delle condizioni di assicurabilità nelle assicurazioni
obbligatorie (salvo che per le imprese commerciali ed artigiane).
Il coniuge, i parenti entro il 3° grado e gli affini entro il 2° grado che prestano, in via non
occasionale, attività lavorativa manuale o di sovrintendenza ad opere manuali altrui nell’ambito
dell’impresa familiare, devono essere assicurati contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, anche in assenza del requisito della subordinazione.
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SOCIO DI COOPERATIVE DI LAVORO
Il socio lavoratore è il soggetto che, con la propria adesione o successivamente all’instaurazione
del rapporto associativo, stabilisce con la Società un ulteriore rapporto di lavoro in forma
subordinata, autonoma o in qualsiasi altra forma (compresi i rapporti di collaborazione coordinata
non occasionale) con cui contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali.
Tra il socio lavoratore e la cooperativa si instaurano pertanto due rapporti giuridici: quello
associativo e quello ulteriore di lavoro (disciplinato dal Regolamento interno societario allegato
all’Atto costitutivo e allo Statuto).
Il rapporto di lavoro tra cooperativa e socio può avere, teoricamente, natura subordinata o
autonoma.
Dall’instaurazione dei rapporti di lavoro derivano, pertanto, i relativi effetti di natura fiscale e
previdenziale, nonché tutti gli altri effetti giuridici previsti dalla Legge, se e in quanto compatibili con
lo stato di socio lavoratore.
I rapporti associativo e di lavoro che legano il socio alla cooperativa sono inscindibili, pertanto,
nella maggior parte dei casi, le risoluzioni dell’uno comportano la cessazione dell’altro, secondo
specifiche modalità e procedure previste dalla Legge, dallo Statuto, dal Regolamento interno e
dalla Contrattazione Collettiva di comparto.
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