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LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICO FONDAZIONE ARTEMIO FRANCHI in collaborazione con la FACOLTÀ DI ECONOMIA UNIVERSITA’DEGLI STUDI DI FIRENZE IL BUSINESS DELLE SOCIETA’ DI CALCIO: UN’ANALISI COMPARATA. Tesi di laurea di: PAOLO STAFFIERI Relatore: chiarissimo prof. FABRIZIO DI LAZZARO Correlatore: chiarissimo prof. GIOVANNI FIORI L.U.I.S.S. LIBERA UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI GUIDO CARLI FACOLTÀ DI ECONOMIA CATTEDRA DI METODOLOGIE E DETERMINAZIONI QUANTITATIVE D’AZIENDA Anno accademico 2003-2004

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LEGA ITALIANA CALCIO PROFESSIONISTICOFONDAZIONE ARTEMIO FRANCHI

in collaborazione con la

FACOLTÀ DI ECONOMIAUNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

IL BUSINESS DELLE SOCIETA’ DI CALCIO:UN’ANALISI COMPARATA.

Tesi di laurea di:

PAOLO STAFFIERI

Relatore: chiarissimo prof. FABRIZIO DI LAZZAROCorrelatore: chiarissimo prof. GIOVANNI FIORI

L.U.I.S.S.LIBERA UNIVERSITÀ INTERNAZIONALE DEGLI STUDI SOCIALI

GUIDO CARLI

FACOLTÀ DI ECONOMIACATTEDRA DI METODOLOGIE E

DETERMINAZIONI QUANTITATIVE D’AZIENDA

Anno accademico 2003-2004

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PRESENTAZIONE

di Francesco Franchi

Saluto con orgoglio ed immenso piacere l’ottava edizione del “Premio diLaurea” che la Lega Pro con il suo Presidente Mario Macalli, la Facoltà diEconomia dell’Università di Firenze e la Fondazione Artemio Franchi hannovoluto dedicare ad Artemio Franchi, per ricordare e tenere viva la memoria diquesto grande dirigente sportivo internazionale che tanto ha dato allo sviluppodel moderno giuoco del calcio.

Anche in questa edizione la Commissione Esaminatrice, che approfittodell’occasione per ringraziare ancora una volta, ha avuto modo di valutare ungran numero di Tesi, di grande qualità e spessore scientifico e vogliopersonalmente congratularmi con tutti i partecipanti e principalmente i finalistiper l’eccellenza dei loro studi e dei loro elaborati che saranno tutti custoditipresso la nostra biblioteca a disposizione di tutti gli interessati; un plausoparticolare vada al secondo classificato il dr. Stefano Rispoli.

Ricorre il venticinquesimo anno della scomparsa di Artemio Franchi e, diconcerto con tutti i partecipanti all’organizzazione del “Premio di laurea”,abbiamo deciso di pubblicare oltre alla Tesi vincitrice del Dott. Paolo Staffierianche la tesi del Dott. De Rose che ha discusso una tesi proprio sulla figura el’esperienza di Artemio Franchi Dirigente di Calcio Internazionale.

Mi congratulo ancora con tutti i partecipanti con l’augurio che trovino lapossibilità di esprimere le loro grandi qualità nel mondo della cultura e dello sport.

Il Presidente della Fondazione Artemio FranchiFrancesco Franchi

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PRESENTAZIONE

di Mario Macalli

Rivolgo un sincero e sentito ringraziamento al Comitato Scientifico delPremio di Laurea per il prezioso lavoro di selezione e valutazione delle tesi chepervengono ad ogni edizione che vede impegnata la Lega Italiana CalcioProfessionistico insieme alla Fondazione Artemio Franchi ed insieme allaFacoltà di Economia dell’Università degli Studi di Firenze.

Anche per questa edizione pubblichiamo la tesi prima classificata che prendein esame degli importanti aspetti legati alla gestione delle Società sportive e checi ricorda la crescente complessità dei problemi che caratterizzano il mondodello sport.

Sono inoltre particolarmente lieto che il Comitato Scientifico proprionell’anno del Venticinquennale della scomparsa abbia individuato anche unatesi che, ricordando la figura di Franchi come grande dirigente sportivo neapprofondisce le scelte e l’attività che lo hanno reso nel suo genere unico edindimenticabile per tutti noi.

Mario MacalliPresidente Lega Italiana Calcio Professionistico

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Si conclude l'ottava edizione del Premio di Laurea Artemio Franchi con lapubblicazione della tesi prima classificata che ha avuto un giudizio positivounanime da parte della Commissione esaminatrice; si tratta di un lavoro diampio respiro, con una solida base ricostruttiva ed argomentativa non priva dispunti originali; essa dimostra ancora una volta la bontà della scelta fatta nellontano 1994 allorquando la Fondazione Artemio Franchi in sinergia con laLega Calcio di Serie C e la Facoltà di Economia di Firenze decise di sollecitarel'attenzione del mondo delle scienze economiche e giuridiche sui problemi e letematiche dello Sport.

Nel corso delle sue edizioni, questo Premio di laurea, unico in Italia, ha datoai docenti ed agli studenti, l'occasione e l'opportunità di affrontare ed anche discoprire gli aspetti più singolari e più attuali delle relazioni sportive; anche inoccasione di questa ottava edizione, indipendentemente dalla tesi vincitrice,sono stati presentati ottimi lavori, sui sistemi retributivi incentivanti, sullaquotazione in borsa, sui diritti televisivi, sulla crisi finanziaria del settore calcio,sul businnes delle società calcistiche, sui rapporti di collaborazione sportiva.

Il mondo delle relazioni sportive costituisce un crogiuolo permanente diproblemi e le relative tematiche, non solo economiche e giuridiche, meritano diessere tenute sotto costante monitoraggio.

E' con soddisfazione che la Facoltà di Economia dell'Università di Firenzepresenta il lavoro del dr. Paolo Staffieri, confermando il prestigio dell'iniziativache, assieme al Corso di perfezionamento in diritto ed economia dello Sportgestito dalla stessa Facoltà, ha contribuito e contribuisce ad accrescerel'interesse e le conoscenze nell'ambito delle relazioni sportive.

Il Direttore del Dipartimento di Diritto dell'EconomiaProf. Maurizio D'Ettore

Università degli Studi di FirenzeDipartimento di Diritto dell’Economia

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PREFAZIONE

Quando tre anni fa, era il mese di maggio del 2005, inviai la mia tesi per par-tecipare all’VIII edizione del Premio Artemio Franchi, lo feci senza particolariaspettative, di corsa, all’ultimo momento disponibile.

Ero convinto, questo sì, che il prodotto finale fosse decisamente buono. Ci ave-vo messo il massimo impegno negli ultimi mesi della mia vita universitaria: ri-cerche su tutti i canali disponibili (internet, biblioteche, basi dati, librerie, edicolee chi più ne ha più ne metta), giornate a selezionare il materiale migliore e ore dilabor limae per ottenere quello che, speravo all’epoca, potesse essere un primopasso nel mondo del management sportivo.

Tuttavia, seppure il prodotto si fosse evoluto esattamente nella direzioneche avevo in mente – un “manualetto” per l’aspirante manager di calcio – leg-gendo e rileggendo il testo, le tesi e le osservazioni che esponevo mi sembra-vano così semplici, così palesi, che non pensavo potessero suscitare il massimointeresse della Commissione.

È chiaro che, fortunatamente, mi sbagliavo.La possibilità di pubblicare il lavoro, offertami dalla Lega Calcio Serie C e dal-

la Fondazione Artemio Franchi va, evidentemente, oltre ogni mia aspettativa ini-ziale e conferma che, purtroppo, nonostante la semplicità delle cose il mondo delpallone rotola ancora nel verso sbagliato.

È evidente che una tesi redatta nel – calcisticamente parlando – lontano 2005potrebbe apparire al lettore già superata. Tuttavia, al di là di alcuni numeri relati-vi al contesto di riferimento e di alcuni avvenimenti verificatisi nell’ultimo trien-nio, all’epoca imprevedibili, il nucleo centrale della trattazione – il modello dibusiness delle società di calcio – risulta ad oggi ancora attuale.

D’accordo con la Commissione si è provveduto pertanto, ai fini della pub-blicazione, ad una integrazione dell’opera più che ad un aggiornamento dellastessa, attraverso:

• l’inserimento, nel corso della trattazione, di brevi approfondimenti che rap-presentino i diversi argomenti as of giugno 2008;

• la redazione di un appendice che tratti le principali evoluzioni manifestate-si negli ultimi tre anni nel mondo del business calcistico.

Tale metodologia, pur ricollocando l’opera in un contesto a noi più prossimo,consente a mio parere di raggiungere un duplice vantaggio:

• mantenere inalterata la struttura della trattazione, evitando di deconte-stualizzarla rispetto al periodo storico (calcistico) in cui la stessa è stataredatta;

• permettere al lettore, ed allo scrivente, di verificare quali tesi sono statesmentite o, piuttosto, confermate dai fatti successivi.

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Nella speranza che il risultato finale sia facilmente apprezzabile dal lettore, colgol’occasione per ringraziare ancora una volta la Commissione del Premio di LaureaArtemio Franchi che, con pazienza e perizia, anche in questa edizione ha valutato ap-profonditamente i numerosi elaborati sottoposti alla sua attenzione.

Condividendo la “convinzione che l’attività professionale o volontaristica cheassicura il necessario sostegno allo sport ha sempre più bisogno di un supportodi analisi e di studio dei problemi esistenti per individuare soluzioni adeguate1”spero di contribuire anche io, seppur con una zolla ed un mattone, alla costruzio-ne di un campo da gioco dove sport, spettacolo e business possano esprimere il lo-ro meglio, attraverso un corale gioco di squadra.

1 www.Lega-Calcio-Serie-C, sezione Premio Artemio Franchi.

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO IORGANIZZAZIONE, SVILUPPO ECONOMICO ED EVOLUZIONEGIURIDICA DEL CALCIO IN EUROPA

1.1. L’industria del calcio1.1.1. Il settore calcio1.1.2. Caratteristiche del prodotto calcio1.1.3. Il modello manageriale1.2. Organizzazione del settore calcistico a livello nazionale ed internazionale1.2.1. Le Federazioni1.2.2. Le Leghe1.2.3. Gli organi di controllo1.3. Evoluzione giuridica del settore calcistico1.3.1. Cenni storici1.3.2. Da Associazioni a Società di Capitali1.3.3. La legge n. 91/1981 sul professionismo1.3.4. La “Sentenza Bosman” e la legge 586/19961.4. Il mercato calcistico Europeo1.4.1. Le conseguenze della “sentenza Bosman”1.4.2. La situazione attuale1.4.3. La crescita del ricavi1.4.4. Salari e stipendi1.4.5. I risultati operativi1.4.6. Le licenze U.E.F.A.

CAPITOLO IIIL BILANCIO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE

2.1. Il bilancio delle società professionistiche2.1.1. Le N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne della Federcalcio)2.1.2. Il bilancio di esercizio2.1.3. La composizione del Bilancio2.2. Le voci di stato Patrimoniale2.2.1. Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori2.2.2. Costi vivaio2.2.3. Compartecipazioni ex art. 102-bis N.O.I.F.2.2.4. Crediti e debiti verso società calcistiche2.3. Le voci di Conto Economico2.3.1. Cessione temporanea del diritto alle prestazioni sportive2.3.2. Valore della produzione e ricavi tipici

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2.3.3. Plusvalenze e minusvalenze da cessione dei diritti alle prestazioni sportive2.3.4. Premi collettivi per obiettivi specifici2.4. L’equilibrio finanziario2.4.1. Prospetto R/I2.4.2. Prospetto P/A2.4.3. Prospetto P/D2.4.4. Altri indicatori di efficienza2.5. La prassi contabile europea

CAPITOLO IIILE SOCIETÀ CALCISTICHE E LA QUOTAZIONE IN BORSA

3.1. Le opportunità derivanti dalla quotazione in borsa3.2. I fattori di rischio connessi alla quotazione3.2.1. Rischi connessi all’alea sportiva3.2.2. Rischi connessi al mantenimento del livello tecnico3.2.3. Rischio di retrocessione3.2.4. Andamento economico e finanziario3.2.5. I contratti rilevanti3.2.6. Verifiche fiscali e procedimenti giudiziari e sportivi3.2.7. Rischi connessi alla possibile espansione dell’attività3.2.8. Conflitti di interessi3.2.9. Indebitamento delle società calcistiche professionistiche:

rischio di iscrizione3.2.10.Rischi connessi all’applicazione delle normative nazionali

e internazionali in tema di trasferimenti internazionali di giocatori3.2.11.Rischi di inadempimento contrattuale e di cambio

nei trasferimenti internazionali dei calciatori3.2.12.Rischi connessi all’evoluzione del mercato dei diritti televisivi,

telefonici e Internet3.3. L’esperienza Europea3.3.1. L’Inghilterra, paese-guida3.3.2. La Danimarca, second mover3.3.3. La Francia e la Spagna3.3.4. L’Italia3.3.5. La situazione negli altri paesi europei

CAPITOLO IVIL BUSINESS DELLE SOCIETÀ DI CALCIO

4.1. Il modello di business delle società calcistiche4.1.1. Il circolo virtuoso delle società di calcio4.1.2. Il vantaggio competitivo nel football4.1.3. La scelta del modello di business4.1.4. I ricavi nei club professionistici, uno sguardo d’insieme

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4.2. I diritti di trasmissione delle partite4.2.1. Storia dei diritti televisivi in Italia4.2.2. La Gran Bretagna4.2.3. Il digitale terrestre e il problema della contrattazione dei diritti televisivi4.2.4. La Spagna4.2.5. La Francia4.2.6. La “sesta” lega europea: la Champions4.3. Le sponsorizzazioni4.3.1. Peculiarità dell’attività di sponsoring4.3.2. Tendenze del mercato delle sponsorizzazioni4.3.3. Calcio italiano e sponsor4.3.4. La situazione europea4.3.5. Prospettive future4.4. Il merchandising4.4.1. Lo sviluppo del settore4.4.2. La situazione Italiana4.4.3. Merchandising e sviluppo del marchio4.4.4. Real Madrid: marchio è immagine4.4.5. “Salento 12”: la forza del territorio4.5. Lo stadio4.5.1. Le entrate al botteghino4.5.2. Il “British stadium business model”4.5.3. La situazione in Italia

CAPITOLO VANALISI DEI CASI: MANCHESTER UNITED E JUVENTUS F.C.

5.1. Una sfida dentro e fuori dal campo5.2. Il Manchester United5.2.1. Mantenimento dei successi sul campo5.2.2. Potenziamento del brand e sviluppo dei media5.2.3. Da tifosi a clienti5.2.4. Massimizzazione dei ricavi da stadio5.2.5. Un modello di business sostenibile?5.3. La Juventus F.C.5.3.1. Mantenimento dell’eccellente livello tecnico della squadra5.3.2. Potenziamento del brand e strategie commerciali collegate5.3.3. Diversificazione delle fonti di ricavo5.3.4. La strada verso il successo

CONCLUSIONI

APPENDICE6.1 Introduzione6.2. Evoluzione del contesto di riferimento

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6.2.1. Calciopoli6.2.2. Indagine dell’Antitrust sul calcio professionistico6.2.3. Rapporto indipendente sullo sport in Europa6.2.4. Cambiamenti negli assetti proprietari6.3. Diritti televisivi e stadio, motori della crescita6.3.1. Diritti Televisivi6.3.2. Stadio di proprietà6.4. Case studies6.4.1. Manchester United6.4.2. Juventus F.C.6.5. Conclusioni

BIBLIOGRAFIA

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INTRODUZIONE

“There was a time when they played purely for the love of the game”

Fino a qualche anno fa poteva sembrare piuttosto strano proporre una tesi dilaurea in economia che trattasse, solo ed esplicitamente, dell’economia collegataalle società calcistiche o, in generale, allo sport. Ancora oggi, in realtà, gli aspettifinanziari ed economici legati all’attività sportiva sono considerati da molti consufficienza, come se fossero intrinsecamente secondari rispetto agli aspetti atleti-ci e sociali, che al contrario sono posti al centro delle preoccupazioni primarie dichi fa o organizza sport professionistico. Nonostante nel linguaggio utilizzato daimanager e dagli economisti aziendali, lo sport agonistico venga comunemente uti-lizzato come metafora della competizione a livello economico, ricorrendo spessoall’uso dei termini strategia, tattica, risorse, competenze specifiche e genericheetc, tuttavia si fa ancora fatica ad inquadrare lo sport professionistico come un set-tore economico degno di autonoma e specifica considerazione. Ciò appare piut-tosto strano se si ricordano alcune stime recenti sul giro d’affari attivato dallosport: secondo una ricerca Deloitte & Touche del 2003 esso corrisponde a circa31,5 miliardi di euro, pari al 2,4 per cento del PIL, con un impiego di 500.000 ad-detti diretti e indiretti. Ma come spesso è accaduto nella storia dell’umanità, le ri-voluzioni, che fossero industriali, politiche o di pensiero, si sono realizzatesoltanto come risposta a particolari sfide, secondo il meccanismo del “challenge& response”. Nel caso dello sport professionistico italiano, e soprattutto del set-tore calcistico che, nel bene e nel male, ne rappresenta la punta più avanzata, citroviamo in questi anni di fronte ad una grandissima sfida: uscire dal baratro diuna crisi di cui non si riesce a vedere il fondo. Già qualche anno addietro WalterVeltroni, allora vicepresidente del Consiglio, dichiarava in un’intervista2: “Le so-cietà [calcistiche] devono fare un passo di qualità, entrare in una logica diversa,non aspettare che i soldi arrivino solo dal botteghino e dagli sponsor. Deve in-somma formarsi una cultura d’impresa: né più né meno di una normale aziendaindustriale. Perché il calcio, come tutto lo sport, potrà essere un elemento trai-nante per l’economia mondiale con forte capacità d’espansione anche in campooccupazionale.” Era il 1996. Ma ancora oggi aspettiamo che le società calcistichecompiano questo passo.

Il presente lavoro si inserisce nel filone di una serie di studi sulle caratteristi-che strutturali, sui comportamenti degli attori organizzativi e sulle performanceeconomiche del settore dello sport professionistico, che recentemente hanno ini-ziato a fare timidamente capolino nella letteratura economica. Lungi da noi l’i-dea di esaurire nell’ambito della presente trattazione tutti gli argomenti correlatial business in cui le società di calcio si trovano ad operare, il lavoro ci sembra pe-rò un ottimo punto di partenza per l’approfondimento di taluni argomenti. In par-ticolare, si è deciso di partire da una doverosa descrizione della storia che ha

2 L’intervista in questione è stata pubblicata su Il Sole 24 Ore del 16 settembre 1996.

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caratterizzato l’industria in questione e che ne ha determinato il presente quadroorganizzativo e regolamentare, in quanto non è possibile, in generale, analizzareil business e le performance di una impresa estraendola dal contesto in cui essasi trova ad operare.

Si è passati quindi alla trattazione delle peculiarità del bilancio delle societàcalcistiche, che riflettono le specificità dell’attività svolta, ormai una attività di en-tertainment a 360 gradi, dei fattori utilizzati, gli atleti, e del prodotto offerto, rap-presentato dalla partita di calcio.

Una breve parte dell’opera è stata riservata alla esposizione dei rischi e delleopportunità derivanti dalla quotazione delle società calcistiche nella Borsa Valo-ri, soprattutto per mettere in evidenza la particolarità dell’esperienza italiana ri-spetto a quelle di altri paesi.

Infine, attraverso un’esposizione degli argomenti in cui costante è la compa-razione della situazione del nostro Paese con le altre realtà calcistiche e sportivepiù progredite, siamo giunti ad analizzare più approfonditamente i modelli di bu-siness fino ad ora implementati.

Appoggiandoci agli studi più recenti in materia, si è cercato di illustrare le di-verse componenti del turnover delle imprese calcistiche, mettendo in evidenzatendenze, rischi e opportunità per il prossimo futuro. Nonostante i riferimenti a ca-si pratici, siano esse esperienze passate o realtà attuali, non manchino durante tut-to lo svolgimento del lavoro, si è comunque pensato di concludere l’operafocalizzando l’attenzione su due società in particolare, Manchester United e Ju-ventus, come summa degli spunti offerti nel corso della trattazione.

Le domande che ci hanno spinto alla redazione della presente tesi, e che rap-presentano il filo conduttore di tutto quanto è stato scritto, sono: è quello delle so-cietà di calcio un business profittevole? E, se la risposta è affermativa, è possibileindividuare un modello di sviluppo di tale business? E quale è questo modello?Perché, oggi, la profittabilità del business in cui opera è l’unica possibilità che ilmondo del pallone ha di sopravvivere.

E perchè, se è vero che “c’era una volta il calcio dei sentimenti, dei sogni an-cora possibili, dei numeri di maglia che raccontavano l’uomo prima del giocato-re: il portiere era il numero uno in tutto, nella freddezza e nella pazzia, il numeroquattro era il mediano dalle gambe storte e dalla mutria severa, il numero settevolava sulle ali della sua solitudine, il numero dieci era il fine dicitore, l’esteta avolte incompreso”, se quello era il tempo di “un pallone eroico e romantico, con icampioni che nascevano all’oratorio e morivano in osteria. Un pallone, come in-segnava Jean-Paul Sartre, ‹‹metafora della vita›› o, per dirla con Mario Bene-detti, ‹‹un’anestesia››”, seppure “col passare degli anni e delle emozioni, il calcioè diventato uno sport-spettacolo amato in tutto il mondo, passione popolare dal-l’Italia al Brasile, dal Giappone al Polo Nord3.”, questo “nuovo” calcio a noi an-cora oggi emoziona, e vogliamo che continui ad emozionarci.

3 Darwin Pastorin, nella prefazione al libro di G. Falsanini e E.F. Giangreco, Le società di calcio del 2000, dal marketing alla

quotazione in borsa, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2001.

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CAPITOLO I

ORGANIZZAZIONE, SVILUPPO ECONOMICO ED EVOLUZIONEGIURIDICA DEL CALCIO IN EUROPA

1.1. L’industria del calcio

“In una società sempre più terziarizzata e nella quale il tempo libero ha pro-gressivamente conquistato spazi prima destinati al lavoro, l’attività di chi of-fre svago, divertimento e, più in generale, benessere sociale ha ormai assuntoun ‹‹peso›› economico di rilevanza assoluta”4.

È indubbia oggigiorno l’esistenza di una vera e propria industria sportiva,la cui incidenza sulla economia del paese è misurabile in termini di numero diaddetti, fatturato, valore aggiunto, così come per qualsiasi altro settore indu-striale. All’interno di tale industria sportiva, in posizione sicuramente premi-nente, si colloca il settore calcio.

1.1.1. Il settore calcio

Più precisamente, seguendo l’impostazione di Piantoni5, si colloca a pienotitolo tra gli sport ad alta intensità di business, essendo caratterizzato da:

• un elevato livello di penetrazione presso il pubblico, garantito dalla diffu-sione di massa della pratica sportiva;

• una elevata capacità di generare flussi finanziari, sia intersettoriali (estesianche a settori non sportivi) sia intrasettoriali (limitati al semplice contestosportivo in esame).E i numeri a nostra disposizione non fanno che confermare tali connotati del

pianeta calcio: il mondo del pallone genera un giro d’affari stagionale di 6 mi-liardi di euro solo nel nostro paese6. Ha un mercato enorme, che si è consolida-to in un secolo di sfide appassionanti e nell’ultimo decennio di bombardamentomediatico.

Secondo una ricerca F.I.F.A. condotta presso le 207 federazioni nazionaliche la compongono, già nel 2000 erano 240 milioni i praticanti che giocavanoregolarmente a calcio in 305.000 club, capaci di mettere in campo ben1.540.000 formazioni7.

4 R. Prodi in Sport e Business.5 G. Piantoni, Lo sport tra agonismo, business e spettacolo, Brossura, Etas, 1999.6 C. Condina, Campionato anno zero, in Tuttofondi S&P, Anno II n.11, settembre 2004.7 FIFA, Big Count, Summer 2000.

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In Italia si interessano al calcio in 44milioni, mentre 31 milioni sono i tifosie 14 milioni gli spettatori. Nella stagio-ne 2003 i ricavi della Serie A sono sta-ti 1,16 miliardi di euro, provenientisoprattutto da diritti televisivi (646 mi-lioni, il 55,6%), biglietti e abbonamen-ti (210 milioni, 18,1%) e sponsor (161milioni, il 13,4%)8.

L’Italia è l’unico paese europeo in cuisi stampano 3 quotidiani sportivi, che de-dicano quasi il 70% del loro spazio alcalcio e sono letti da circa 5,9 milioni di persone, ma la televisione, e non solo quel-la a pagamento, rimane il canale privilegiato anche come strumento di informazione:con 2000 ore, il calcio occupa il 41% dello spazio dedicato allo sport dalla Tv.

1.1.2. Caratteristiche del prodotto calcio

Ogni settore industriale ha caratteristiche peculiari che lo differenziano daglialtri. Il caso dello sport, e in particolare del settore del Pallone è, se possibile, an-cora più particolare.

Possiamo individuare le caratteristiche economiche tipiche del prodotto calcio9:• La passione e il senso di appartenenza, il consenso diffuso.

È su questo patrimonio unico e inestimabile che il settore ha storicamentecostruito le sue fortune. Questo spiega anche perché un’industria, che è sta-ta caratterizzata da performances economico-finanziarie decisamente nonottimali, è sopravvissuta senza essere dilaniata da lotte intestine tra i suoninumerosi stakeholders (giocatori, spettatori, azionisti, amministratori loca-li, sponsor e dirigenti) e trovando sempre qualcuno (presidente, soci, indu-striali, enti locali, CONI, Stato) disposto a garantirne la sopravvivenzaanche contro le più elementari leggi dell’economia.

• La connotazione sociale che può assumere il consumo.Nel caso delle politiche di prezzo negli stadi o della trasmissione televi-siva per particolari incontri, tale caratteristica è stata anche riconosciutain atti ufficiali come, ad esempio, l’incentivazione fiscale per biglietti piùpopolari, la pronuncia delle Autorità Europee sul preminente interessepubblico che riveste la trasmissione non criptata di alcuni eventi10, o le

8 C. Condina, vd. sopra.9 Cfr. G. Basile, G. Brunelli, M. Cazzulo, Le società di calcio professionistiche, Buffetti Editore, Roma, 1997.10 Direttiva dell’Unione Europea 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, Televisione senza frontiere (TSF). In sintesi“La direttiva mira a garantire la libera circolazione dei servizi di telediffusione nell’ambito del mercato interno, tutelando nel

contempo alcuni obiettivi importanti di interesse pubblico, come la diversità culturale, il diritto di risposta, la tutela dei

consumatori e la protezione dei minori. Essa ha del pari lo scopo di promuovere la distribuzione e la produzione dei

programmi televisivi europei riservandogli segnatamente una quota maggioritaria nel quadro dei programmi delle varie reti

televisive”.

Serie ADa uno studio più recente di Stage Up, laSerie A sembra in netta recessione rispetto al2003: dagli sponsor 150 milioni di euro, dallabiglietteria 120 milioni, dal merchandising 160e solo dai diritti tv 480 milioni.Ma, secondo Deloitte, «La serie A è prontaad aumentare del 31,6% le sue entrate» perscavalcare di nuovo Liga e Bundesliga.

F.Velluzzi, I tedeschi ci hanno superato,La Gazzetta dello Sport, 5 settembre 2006Le entrate della A cresceranno del 31%,La Gazzetta dello Sport, 22 agosto 2007

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ordinanze che hanno imposto la trasmissione in diretta di alcuni incontriper motivi di ordine pubblico.

• La caratteristica di produzione congiunta che assume la sua fornitura.Nella messa in scena di uno spettacolo sportivo, essere di gran lunga ilmigliore sulla piazza, ovvero agire in regime di monopolio, non garanti-sce i migliori risultati: “una società di calcio, a differenza di una norma-le impresa, non può svilupparsi e prosperare da sola. Tra questa speciedi società non c’è possibilità né di sostituzione né di concorrenza, ma c’ècomplementarietà di prodotti”11. Questo aspetto sposta l’attenzione sulla questione relativa all’opportunità omeno di tenere in vita, nel nostro paese, meccanismi di redistribuzione del-le risorse a tutela della sopravvivenza, nel calcio professionistico, di squa-dre di città minori dal punto di vista sociale, economico e produttivo. Il principio della mutualità12 va inteso in senso più generale della semplicedifesa del calcio di provincia. Esso vale a garanzia del mantenimento, inqualsiasi tipo di competizione sportiva, dell’equità competitiva e dell’in-certezza del risultato, in assenza del quale nessun tipo di spettacolo potreb-be continuare ad attirare l’attenzione del pubblico.

• L’atipicità dei meccanismi concorrenziali.Le società di calcio competono tra di loro per vincere partite, ma sono, altempo stesso, parte integrante della medesima industria, che si sta svi-luppando in contrapposizione ad altre forme di intrattenimento, non solosportivo. In alcuni casi, e molte significative esperienze straniere ne sono dimostrazio-ne evidente, la percezione di questa situazione ha già determinato la nascita disolidi meccanismi di cooperazione all’interno delle singole leghe o federa-zioni sportive, che convivono con il rafforzamento della concorrenza sul cam-po13 che è comunque molto segmentata visto che per i vari obiettivi diclassifica competono solo pochi club.

• L’incertezza e l’indeterminatezza del risultato sportivo,che anche in virtù della progressiva accentuazione di alcuni automatismi dicarattere meritocratico (l’assegnazione di particolari risorse sulla base deipiazzamenti ottenuti in campionato) condizionano pesantemente il risultato

11 Cfr. P. L. Marzola, L’industria del calcio, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990.12 L’ultima proposta, quella presentata dal presidente della Fiorentina Diego Della Valle, prevede il passaggio della mutualitàinterna alla Serie A dal 18 al 30% già nella stagione in corso. Ciò significa che la società in trasferta potrebbe ricevere il 30% deiricavi di una partita, compresi quelli provenienti dai diritti Tv. Questo per lo meno in un’ottica di breve periodo, data l’impossibilitàdi provvedere immediatamente ad una ridefinizione dei contratti delle singole squadre con Sky Tv che andranno in scadenza nel2007. Sul punto cfr. D. Cencioni, Il piano di Della Valle contro Galliani, in Economy, anno 3 n.6, 10 febbraio 2005.13 Esempi sono la costituzione della Premier League inglese, la cui mission è “gestire, migliorare continuamente ed essere

considerati come la migliore competizione calcistica del mondo, dentro e fuori dal campo di gioco. Aumentare l’interesse per

le nostre competizioni, promuovere l’accessibilità alle partite dal vivo ed assicurarsi che l’esposizione mediatica sia utilizzata

in modo da ottenere ottimi risultati. Generare un valore commerciale crescente, usando i ricavi risultanti per accrescere

ulteriormente le nostre competizioni e rafforzare il futuro di lungo periodo della FA Premier League e dei suoi Club” e la NBAdel basket americano, la quale si occupa, tra le altre cose, di gestire i diritti televisivi del campionato nonché il merchandising

ufficiale di tutte le franchigie associate. Sull’opportunità di rafforzare tali organismi vd. P. Bottelli, Lega Calcio guarda al

modello NBA per fare marketing sul campionato, in Il Sole 24 Ore, 8 aprile 2001.

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economico di fine anno14. Ciò rendetroppo numerosi gli elementi tipiciche sfuggono ad una reale capacità diprevisione da parte del managementdelle società. Pertanto, sta diventandoun’esigenza primaria di tutti i clubcalcistici professionistici quella diprogrammare la propria attività in mo-do da dipendere sempre meno dai ri-sultati conseguiti sul campo.

Tuttavia le società calcistiche nonsi limitano ad operare nel settore delcalcio professionistico in senso stret-to (vendita di biglietti e abbonamentiper assistere alle partite della primasquadra nell’ambito delle varie com-petizioni), ma sono attive anche nei settori dei diritti televisivi, collegati alleprestazioni del club, e delle attività promo-pubblicitarie e commerciali a carat-tere sportivo15.

1.1.3. Il modello manageriale

Nonostante le grandi potenzialità di sviluppo e di redditività del settore, il mon-do del calcio non naviga in buone acque ormai da alcuni anni. Ciò è riconducibi-le soprattutto al modello manageriale di riferimento, che ha dominato per moltianni e che ancora oggi si può riscontrare in realtà importanti, fondato sul cardinedel “presidente-mecenate”16.

Egli è tipicamente un imprenditore di successo, il quale investe nella squadraspinto dalla passione oppure al fine di ottenere un ritorno in termini di immagineo di pubblicità. L’approccio al business è in questo caso puramente soggettivo, enormalmente poco spazio o nessuno viene lasciato a figure manageriali effettiva-mente competenti.

Effetto MondialeUn anno fa L’Italia vinceva la Coppa delMondo di calcio. Gli economisti di Abn-Amro stimavano che l’economia neavrebbe beneficiato con un incremento delPIL pari allo 0,7%. La crescita economicadell’anno post mondiale è statainaspettatamente elevata, e la differenza traprevisioni e risultati è proprio intorno al0,7 punti percentuali. Coincidenza? In ognicaso, l’impatto della Coppa sull’economiaha più senso per il Paese ospitante(costruzione di stadi, spettatori, flussituristici), che per il Paese vincente.

F. Galimberti, Effetto PIL, a un anno dalla vittoria mondiale: Italia-Germania 1-1, Il Sole 24 Ore, 9luglio 2007

14 Da uno studio di Deloitte & Touche, Rapporto sul calcio italiano – stagione 2000/2001 – analisi economica e finanziaria,risulta che in caso di promozione, i ricavi crescono in media del 110%, gli altri costi di gestione del 41% mentre la totalità deicosti gestionali (costo del lavoro + ammortamenti + altri costi) aumenta del 55%; le plusvalenze nette da cessione dei calciatoridiminuiscono del 28%; in caso di retrocessione invece i ricavi diminuiscono del 45%, gli altri costi di gestione del 10%, mentrele plusvalenze nette da cessione dei calciatori aumentano del 78%; raddoppiano gli altri proventi netti, che hanno comunqueun peso relativo molto basso. 15 Un esempio di attività “collaterale” sviluppata dai club in un periodo piuttosto recente è quella dei canali tematici, chetrasmettano programmi di cui la società e i giocatori siano esclusivi protagonisti. In Europa i primi canali tematici furono quellidi Manchester United, Olympique Marsiglia e Real Madrid. L’Italia ha visto nascere, con un leggero ritardo, tre canali in menodi un anno: il primo è stato Milan Channel (dicembre 1999), poi Inter e Roma (settembre 2000). Tutti e tre i canali tematicidelle squadre italiane sono visibili in pay-Tv, attraverso la sottoscrizione di un abbonamento specifico, diverso da quellogenerale (come per esempio SportSky), il cui costo varia, per la stagione 2003/04, tra i 5 e gli 8 euro mensili.16 Sul punto vd. A. Traversi, I guai delle società calcistiche, in Summa, gennaio 2005 e disponibile su www.consrag.it eG. Marasà, Società sportive e società di diritto speciale, in Riv. Soc., 1982, numero 3, ed in Riv. Dir. Sport., 1984.

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Questo si traduce in obiettivi imposti dall’alto che spesso non scaturiscono daalcuna pianificazione strategica, ma sono espressione diretta di interessi persona-li del presidente. La scarsa considerazione per le componenti aziendali si rifletteanche sulla struttura organizzativa la quale, sia per realtà di modeste dimensionisia per club di primaria importanza, si limita a prevedere le aree strettamente ne-cessarie alla gestione tecnico-sportiva, mentre le responsabilità chiave in materiaamministrativa, di marketing e finanza ricadono direttamente sul presidente o supersone prive di professionalità specifiche.

1.2. Organizzazione del settore calcistico a livello nazionale ed internazionale

Le funzioni di coordinare, indirizzare e controllare il movimento sportivonazionale sono proprie del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.).Presente già dal 1914 sebbene sotto altra forma legale, è costituito in quella at-tuale con la legge 426/42, in ottemperanza a quanto stabilito dal ComitatoOlimpico Internazionale (C.I.O.), dal quale è riconosciuto, e secondo gli indi-rizzi dallo stesso forniti. Il C.O.N.I. è sottoposto a vigilanza governativa, at-traverso apposito ufficio istituito presso la Presidenza del Consiglio deiMinistri. Dispone di organi centrali e periferici e riconosce una ed una sola fe-derazione per ciascuno sport. Il C.O.N.I., in deroga alle comuni disposizioni ci-vilistiche sui comitati, è dotato di personalità giuridica. È finanziatoprevalentemente dai proventi derivanti dai concorsi a pronostico relativi al gio-co del calcio, nonché da fondi pubblici, donazioni private, da sottoscrizioni deimembri delle federazioni sportive e dai ricavi generati dagli eventi sportivi.

1.2.1. Le Federazioni

Le federazioni sono organi interni del C.O.N.I. per l’esercizio delle attivitàsportive ricadenti nell’ambito di rispettiva competenza. In particolare la Fe-dercalcio, associazione riconosciuta di diritto privato con sede in Roma, per-segue il fine di praticare il gioco del calcio in Italia. Essa opera seguendo anchele direttive e i criteri della F.I.F.A. e della U.E.F.A., enti che perseguono l’or-ganizzazione di tornei internazionali, per nazioni e per club, e il controllo e co-ordinamento delle varie federazioni calcistiche nazionali, rispettivamente suscala mondiale e europea17.

L’una e l’altra, analogamente a quanto accade per la F.I.G.C. con il C.O.N.I.,sono federazioni sottoposte alle direttive del Comitato Olimpico Internazionale.

17 Art. 2 dello Statuto F.I.G.C.: “PRINCIPI FONDAMENTALI. 5. la F.I.G.C. svolge le proprie funzioni in armonia con le

deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e

di gestione. La F.I.G.C. intrattiene rapporti di leale collaborazione con le autorità pubbliche e coopera con esse ai programmi

di promozione e sostegno del giuoco del calcio, salvaguardando la propria autonomia.”

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In particolare compete allaF.I.F.A.18 promuovere e sviluppare ilgioco del calcio a livello mondiale edettarne i regolamenti sportivi. LaU.E.F.A.19, invece, si occupa in viaprincipale dell’assunzione di provve-dimenti per lo sviluppo del calcio euro-peo, oltre la organizzazione dellecompetizioni di cui già si è detto. LaF.I.G.C., nello svolgimento delle pro-prie funzioni di carattere pubblicistico,emana le N.O.I.F.20, che regolano l’or-ganizzazione interna della stessa e del-le società sportive affiliate e checontengono inoltre le norme in tema diordinamento dei campionati e delle gare, tesseramento, disciplina dei calciatori,controlli sulla gestione economico-finanziaria delle società professionistiche edelle Leghe, rapporti con le Leghe e tra società e calciatori.

1.2.2. Le Leghe

All’interno delle federazioni operano poi le Leghe, le quali godono di autono-mia organizzativa e amministrativa per il perseguimento di scopi ad esse deman-dati. La diversa attribuzione di competenze riflette i diversi livelli in cui èsuddiviso il gioco del calcio in Italia:

• le società che disputano i campionati nazionali di Serie A e B si associanonella Lega Nazionale Professionisti;

• le società che disputano i campionati nazionali di Serie C1 e C2 si associa-no nella Lega Professionisti di Serie C;

• le società che disputano tutti gli altri campionati (Interregionale, Regionale,Divisione Calcio Femminile, Divisione Calcio a 5) si associano nella LegaNazionale Dilettanti.

Sono pertanto considerati “professionisti” soltanto i giocatori di Serie A, B,C1 e C2. Oltre ai compiti esecutivi demandati dalla F.I.G.C., tra le principalifunzioni delle Leghe vanno ricordate la rappresentanza delle società affiliatenei loro rapporti con la F.I.G.C. e con i terzi21, nonché nella stipula di contrat-ti e accordi di lavoro. È infine attribuzione propria delle Leghe l’organizzazio-ne dell’attività agonistica. Le società inoltre sono tenute ad inviare alla Lega ipropri bilanci ed i dati relativi alla contabilità societaria, nonché a comunicare

18 La Fédération Internationale de Football Association ha sede a Zurigo, Svizzera, dove fu fondata il 21 Maggio 1904.Associa 207 federazioni di calcio nazionali costituendo la più grande organizzazione calcistica del mondo.19 La Union of European Football Associations, con sede a Nyon, Ginevra, Svizzera, fu fondata il 15 Giugno 1954 e associale federazioni di calcio europee.20 Norme Organizzative Interne della Federcalcio, ne tratteremo più approfonditamente nel corso del secondo capitolo,precisamente nel paragrafo 2.1.1.21 Nel primo caso si fa riferimento in particolare ad ammende e squalifiche, nel secondo ha una importanza preminente ildiscorso legato ai diritti televisivi e d’immagine, di cui si parlerà più avanti.

I numeri della FIFAPur essendo un’associazione senza scopo dilucro, la FIFA nel 2006 ha incassato 912 mlndi franchi svizzeri, nel 2005 erano 874 mln.L’utile ha raggiunto i 303 mln di franchisvizzeri (188 mln di euro) contro i 214 mlndel 2005 (+37,6%) e i 158 del 2004.La Coppa del Mondo 2006 ha generato ricaviper 2.858 mln di franchi (1.660 mln di dirittitv) e spese per 881 mln. Sono stati versati332 mln alle 32 squadre finaliste, 1 milioneciascuna più un premio per il risultato (alvincitore, l’Italia, 24,5 mln).

G. Dragoni, FIFA, il bilancio record di Blatter,

Il Sole 24 Ore, 29 maggio 2007

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tutti gli emolumenti a qualunque titolo erogati ai propri giocatori. La Lega co-ordina il trasferimento dei giocatori, garantendo il versamento dei prezzi concor-dati per la cessione e svolgendo anche l’attività di “camera di compensazione”relativamente al pagamento degli stessi.

1.2.3. Gli organi di controllo

Un altro organo proprio costituito dalla F.I.G.C., ai sensi dell’art. 78 delN.O.I.F., è la CO.VI.SO.C. (Commissione di Vigilanza sulle Società di calcio pro-fessionistiche). Essa esercita le proprie funzioni secondo un regolamento internoapprovato dalla F.I.G.C., la quale assicura alla Commissione anche i mezzi e il per-sonale necessari per operare, attraverso una segreteria e un gruppo di ispettori conspecifiche competenze professionali.

A norma dell’art. 12, comma 1, della Legge 23 Marzo 1981 n.9122, allaCO.VI.SO.C. spettano poteri di controllo, esercitati sulla gestione economico-finanziaria delle società per garantire il regolare svolgimento dei campionatisportivi, nonché poteri propositivi, attraverso pareri e proposte indirizzati allaF.I.G.C., ai fini di individuare gli indirizzi e i criteri per l’esercizio dei poterispettanti alla stessa. Dal punto di vista contabile, le società di calcio professio-nistiche italiane sono obbligate a tenere la contabilità secondo i criteri dispostidalla F.I.G.C. e, dal punto di vista finanziario, sono obbligate al raggiungi-mento del corretto rapporto tra ricavi e indebitamento, rappresentante l’equili-brio gestionale, che non deve essere inferiore a tre23. Questo parametrocostituisce la condizione essenziale per l’iscrizione ai campionati e per il ver-samento dei contributi federali alla società. Attraverso l’art. 90-bis delleN.O.I.F. è stata istituita la CO.A.VI.SO.C., la quale ha il compito di esprimereparere motivato alla F.I.G.C. sui reclami proposti dalle società contro i prov-vedimenti di non ammissione ai campionati e quelli della CO.VI.SO.C. relati-vi al mancato rispetto del rapporto ricavi/indebitamento ed all’ammissione alleoperazioni di acquisizione del diritto alle prestazioni dei calciatori. La norma-tiva della F.I.G.C. prevede anche un sistema sanzionatorio, rappresentato dalCodice di Giustizia Sportiva, volto a reprimere l’inosservanza delle disposi-zioni federali. Tale codice contiene la definizione di illecito sportivo e ammi-nistrativo, indica i diritti e i doveri delle società affiliate in materia ditesseramenti e cessioni, sancisce la responsabilità delle società, a volte ancheoggettiva, sia per il fatto dei propri tesserati e dirigenti, sia per i fatti violenticompiuti dai propri sostenitori, e determina le sanzioni per le violazioni.

22 Modificato dalla legge 18 novembre 1996, n.586 e successivamente il 17 marzo 2003 per rendere più severi i controllieconomici-finanziari sulla gestione della società e per l’iscrizione delle squadre ai campionati 2004/2005.23 Art. 85, 3° comma delle Norme Organizzative Interne della Federcalcio. A proposito si veda il paragrafo 2.4.1. delpresente lavoro.

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1.3. Evoluzione giuridica del settore calcistico

Durante la storia più che centenaria di questo sport i club si sono trovati adagire in un contesto ambientale in continua trasformazione e le istituzioni han-no dovuto più volte intervenire modificando il quadro normativo di riferimen-to. È possibile riassumere in alcuni momenti salienti il passaggio dalcalcio-gioco al calcio-business.

1.3.1. Cenni storici

Il calcio moderno nasce nell’Inghilterra di metà Ottocento, praticato dagli stu-denti delle public school e delle università. La prima società calcistica, lo Shef-field Club, è fondata nel 1855. Soltanto alcuni anni più tardi, precisamente il 23Ottobre del 1863, viene costituita l’English Football Association24. Il gioco delcalcio si diffonde velocemente, prima in Inghilterra (nel 1882 si contavano già unmigliaio di società) quindi nel resto d’Europa.

In Italia le prime società calcistiche nascono nell’ultimo decennio del 1800.Nel 1898 nasce la “Federazione Italiana de Football” che organizza il primocampionato nazionale disputato in un’unica giornata a Torino. È però il 15 Mar-zo del 1898 che viene costituita la Federazione Italiana Giuoco Calcio, l’attua-le F.I.G.C., come “l’associazione che riunisce le società, le associazioni e glialtri organismi affiliati che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcioin Italia”25.

Inizialmente le società di calcio nacquero come piccoli club di praticanti, percui la fattispecie giuridica generalmente adottata era l’associazione non ricono-sciuta, regolamentata dagli art. 36, 37 e 38 del Codice Civile. Tali norme preve-dono che essa non possegga personalità giuridica e che gli associati costituiscano,attraverso l’apporto di beni e contributi, un “fondo comune” di cui gli stessi nonpossono chiedere la divisione né pretendere la quota di recesso finché esista l’as-sociazione stessa. Questo fondo ha la funzione di garanzia per i terzi, anche se gliassociati rimangono comunque responsabili26.

La regolamentazione dettata per le associazioni non riconosciute consentegrande libertà contrattuale per gli associati, i quali si riuniscono per il raggiungi-mento di uno scopo ideale comune, come quello della pratica sportiva.

Tuttavia la fattispecie giuridica in questione pone non poche problematichelegate all’amministrazione e alla mancanza di precise forme di controllo dellagestione.

Queste problematiche si mostrarono in tutta la loro evidenza durante gli anni’60, per effetto della crescente importanza economica e finanziaria dell’attività

24 U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymansky, Il business nel calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 200425 Art. 1 dello Statuto della F.I.G.C.26 L’art. 38, al primo comma, recita : “Per obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono

far valere i loro diritti sul fondo comune”. Il comma secondo, dello stesso articolo: “Delle obbligazioni stesse rispondono

anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.

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calcistica, la quale cominciava ad evidenziare le sue enormi potenzialità in termi-ni di flussi di capitali e movimenti di interessi provenienti da diversi settori.

Gli effetti economici immediati furono27:• la vecchia “associazione sportiva” si trovò nell’impossibilità di far fronte al-

le spese crescenti con il semplice contributo dei propri associati e, pertanto,cominciò a rivolgersi al mercato, assumendo caratteri sempre più imprendi-toriali. Ogni club offriva al pubblico un servizio, lo spettacolo sportivo, con-tro il pagamento di un prezzo commisurato alla qualità dell’offerta eall’entità della domanda;

• la figura del praticante-associato scomparve e lasciò il posto alla figura del-l’atleta professionista (per il riconoscimento e la disciplina giuridici si do-vrà aspettare però il 1981), che non faceva parte dell’associazione, maprestava la sua opera a favore della stessa contro il pagamento di un com-penso proporzionale al livello qualitativo delle prestazioni rese;

• nascono le prime S.p.A. calcistiche28, nonostante l’esistenza dell’art. 25 delregolamento del C.O.N.I.29.

1.3.2. Da Associazioni a Società di Capitali

Un’accelerazione al processo di trasformazione fu data da due provvedimentidella F.I.G.C. presi nel corso del 196630. Per ovviare alla situazione economico-gesionale criticamente deficitaria fu stabilito:

• lo scioglimento delle vecchie associazioni militanti nei campionati profes-sionistici (Serie A e Serie B)31;

• la contestuale rinascita delle stesse come società commerciali dotate di per-sonalità giuridica;

• la obbligatorietà dell’esistenza della personalità giuridica per l’iscrizione alcampionato 1966-1967.

Tale delibera non ebbe seguito così come fu prospettata, per effetto dell’in-tervento della Corte di Cassazione. Lo scioglimento diretto di un ente privatoè infatti una sanzione eccezionale e come tale deve fondarsi su una specificadisposizione di legge.

Provvidero comunque i club al raggiungimento dello scopo. Essi delibera-rono lo scioglimento delle associazioni nelle rispettive assemblee e la costitu-zione di nuove società di capitali da parte dei membri degli organismi che eranostati sciolti.

27 Cfr. M. Braghero, S. Perfumo, F. Ravano, Per sport e per business. È tutto parte del gioco, Franco Angeli, Milano, 1999.28 Cfr. M.T. Cirenei, Società di calcio e fallimento, in Riv. Dir. Comm., n. 2/1973, che cita gli esempi della S.p.A. Torino,costituita nel 1959, della S.p.A. Modena Football Club, costituita nel 1962, e della S.p.A. Calcio Napoli, costituita nel 1964.29 “Le società e le associazioni sportive non devono avere scopo di lucro”.30 Si fa riferimento al comunicato ufficiale n. 51 del 21 dicembre 1966 della F.I.G.C.31 Con delibera del 16 settembre 1966 il Consiglio Direttivo Federale stabilì di sciogliere i Consigli direttivi delle associazionicalcistiche e di nominare un Commissario Straordinario per ciascuna di esse con i pieni poteri gestionali, allo scopo diprocedere alla liquidazione delle stesse ed alla loro costituzione in Società per Azioni.

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28

In questo modo si realizzò anche lo scopo di immettere nel sistema denarofresco, attraverso le sottoscrizioni di capitale delle nuove società. Fu redattodalla Federazione anche uno “statuto-tipo”32, che doveva servire a salvaguar-dare i fini sociali delle società calcistiche, configurando un tipo di S.p.A. ano-malo, perché detto statuto conteneva ancora “l’obbligatoria assenza di fini dilucro, sotto qualsiasi forma”33.

Il conseguimento di eventuali utili (lucro oggettivo) doveva essere necessa-riamente destinato al potenziamento dell’attuazione delle finalità sportive, dicui veniva sempre riaffermata la centralità.

Le finalità perseguite con la legge del 196634 evidentemente non furono rag-giunte, se il bilancio complessivo delle squadre di serie A e B passò da un pas-sivo 18 miliardi di lire nel 1972 a uno di ben 86 miliardi nel 1980.

1.3.3. La legge n. 91/1981 sul professionismo

Ma il primo tentativo di regolamentazione dello sport professionistico in Ita-lia si ha nel 1981, con la legge n. 91 del 23 marzo35.

Di particolare rilevanza fu l’abolizione del cosiddetto “vincolo sportivo”36,istituto secondo il quale la società sportiva era titolare del “diritto di utilizzazioneesclusiva delle prestazioni di ciascun suo giocatore”, con il potere quindi di im-pedirne il trasferimento se richiesto da un’altra società.

All’art. 3 della legge in parola si stabilisce inoltre che “la prestazione a titolooneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato” per lacui stipula è richiesta la forma scritta sotto pena di nullità, ed è anche prevista lapossibilità di apporre un termine risolutivo, non superiore a cinque anni, dalla da-ta di inizio del rapporto.

È ammessa anche la cessione del contratto, prima della scadenza, da una so-cietà sportiva ad un’altra con il consenso del giocatore professionista e nel rispet-to delle norme imposte dalle Federazioni sportive nazionali.

Viene introdotto poi un “premio di addestramento e formazione tecnica” chele società che stipulano il primo contratto con l’atleta professionista devono cor-rispondere in favore della società o associazione sportiva presso la quale egli hasvolto la sua ultima attività dilettantistica o giovanile.

Inoltre la legge, come quella del 1966, riconosce sì all’impresa sportiva il lu-cro oggettivo, cioè la possibilità di creare utili, ma non il lucro soggettivo e cioèla possibilità di dividerli tra i soci.

32 Delibera del 16 dicembre 1966.33 Art. 3, primo comma dello “statuto-tipo”.34 Tra queste ricordiamo: definire le responsabilità dei rappresentanti legali, imporre il rispetto di direttive omogenee di gestionee rispettare le disposizioni in materia societaria e fiscale, ma soprattutto sanare le posizioni di debito delle associazioni35 La legge è pubblicata in Gazz. Uff. n. 86 del 27 marzo 1981.36 L’art. 16 “Abolizione del vincolo sportivo” al primo comma recita: “Le limitazioni alla libertà contrattuale dell’atleta

professionista, individuate come «vincolo sportivo» nel vigente ordinamento sportivo, saranno gradualmente eliminate entro

cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, secondo modalità e parametri stabiliti dalle federazioni sportive

nazionali e approvati dal CONI, in relazione all’età degli atleti, alla durata ed al contenuto patrimoniale del rapporto con le

società”.

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In pratica, in base ad una apposita clausola dell’atto costitutivo, gli utili even-tualmente conseguiti dovevano essere reinvestiti interamente nella società per ilperseguimento di finalità connesse con l’attività sportiva37.

La legge imponeva anche che, nel caso di scioglimento della società, il sociopotesse ottenere solo il rimborso del valore nominale delle azioni e delle quotepossedute, mentre l’eventuale residuo attivo fosse devoluto al C.O.N.I.38.

1.3.4. La “Sentenza Bosman” e la legge 586/1996

Ulteriore spinta alla trasformazione dell’industria calcistica venne da una sen-tenza emessa dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, il 15 Dicembre1995, la cosiddetta “Sentenza Bosman”39.

Questa sentenza liberalizzava nella pratica i trasferimenti di atleti professioni-sti comunitari tra i paesi membri, aboliva ogni limitazione numerica relativa al-l’impiego di giocatori “stranieri” imposta dalle Federazioni nazionali esopprimeva la necessità del versamento dell’indennità di preparazione e promo-zione al club che cedeva il giocatore comunitario.

Inoltre, essa spinse il parlamento italiano ad intervenire, visto che l’indennitàdi preparazione era prevista dall’articolo 6 della legge numero 91/1981, con ilD.L. 17 Maggio del 1996, n. 272.

Questo provvedimento aboliva tale “articolo 6” e permetteva inoltre alle so-cietà sportive di iscrivere nell’attivo patrimoniale, in un apposito conto, un im-porto pari al valore delle indennità di preparazione e promozione maturate (ecertificate dalla F.I.G.C.) alla data del 30 Giugno 1996, per poi procedere al loroammortamento entro 3 anni, permettendo così alle società di “diluire” le minu-svalenze, a volte ingenti, derivanti da questo abbattimento dei parametri40.

Veniva altresì eliminato l’obbligo di reinvestimento degli utili per le societàprofessionistiche41, con un solo limite: una quota pari al 10% del risultato di eser-cizio doveva essere devoluto a scuole di formazione sportiva.

37 Art. 10, comma 2 della legge 23 Marzo 1981, n. 91.38 Art. 13, comma 2 leg. cit.39 I fatti in sintesi: la Federazione calcistica belga aveva impedito il trasferimento di J.M.Bosman dal Liegi FC al club transalpinodel Dunkerque. Il Liegi decise di ridurre lo stipendio al giocatore a un milione di lire al mese ed egli avversò tale decisionericorrendo al foro competente di Liegi. Questo ritenne fondate le sue ragioni, anche in merito all’indennità di trasferimento in casodi accordo del giocatore con un altro club. Dopo alterne vicende la Corte d’Appello di Liegi si rivolse alla Corte di Giustizia delleComunità Europee per verificare la compatibilità dei regolamenti calcistici nazionali ed internazionali, in materia di indennità ditrasferimento con il Trattato dell’Unione, sia sotto il profilo della normativa antitrust che sotto quello della libera circolazione deilavoratori. La Corte di Giustizia verificò l’incompatibilità con gli articoli 48, 85 e 86 del Trattato. In particolare l’art. 48 “osta ad

un’indennità di trasferimento, formazione e promozione; osta al limite di schierare un certo numero di giocatori stranieri in campo

(principio della libera circolazione dei cittadini comunitari); non può essere fatto valere con riguardo a sanzioni giuridiche già

definite, mentre va fatta eccezione per coloro che, prima del 15/12/1995 abbiano intentato azioni giudiziarie o esperito rimedi

equivalenti.” Il 22 Dicembre 1998 la Federazione belga riconoscerà a Bosman un risarcimento di circa 16 milioni di franchi (770 milioni di lire).40 Cfr. N. Forte, I bilanci delle società sportive dopo la sentenza Bosman, in Riv. Dir. Sport., 1997.41 Su questo punto cfr. G. Millozza, Le società sportive: un problema sempre aperto, in Le società, 1985, il quale si domandava“perché l’utile ricavato dall’attività in parola debba essere visto con sospetto e quindi proibito, se percepito dai soci che rischiano

capitali considerevolissimi, e vengono invece giudicate lecite e conformi ai tempi le retribuzioni favolose di certi atleti”.

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Da allora le società di calcio divennero società di capitali in tutto e per tut-to, ponendo fine a “quell’elemento di anomalia causale rispetto al sistema co-dicistico”42, consistente nella previsione di una società di capitali senza finalitàlucrative soggettive. Assenza che era stata avvertita come “anacronistica e bi-gotta”43 già dal suo sorgere nel lontano 1966: “un tentativo farisaico di aval-lare un’immagine del finanziatore dell’attività, cioè dell’azionista dellesocietà sportive, assai simile a quella di un mecenate, interessato ai successidella propria squadra e del tutto alieno da (biechi) interessi economici”44.

Il decreto del 20 Settembre 1996 n.485 introdusse una ulteriore novità: la pos-sibilità di ricorrere all’azionariato popolare45: l’art.10 infatti non considerava“sollecitazione al pubblico risparmio” il collocamento di azioni per importi uni-tari non superiori a 10 milioni di lire.

Infine con la legge 18 Novembre 1996 n. 586, che convertiva il decreto in pa-rola, oltre a determinare l’allargamento dell’oggetto sociale delle compagini cal-cistiche, dovendo l’atto costitutivo “prevedere che la società possa svolgereesclusivamente attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali”46, si in-trodusse l’obbligo del Collegio Sindacale per tutte le società sportive professioni-stiche, anche quelle costituitesi in forma di S.r.l., derogando così alle disposizionidell’allora articolo 2488 del Codice Civile47.

Con questa disposizione le società diventarono libere di gestirsi senza vincoli,internalizzando i controlli e acquisendo notevole autonomia, e fu lasciata allaCO.VI.SO.C. la sola verifica dell’equilibrio finanziario allo scopo di “garantire ilregolare svolgimento dei campionati”.

Il percorso appena descritto che ha portato dalle associazioni sportive sorte peril solo fine della pratica del gioco, alle società di capitali inserite nel più ampio set-tore dell’entertainment è riassunto dalla tabella che segue.

42 Cfr. G. Marasà, Le società senza scopo di lucro, Giuffrè, Milano, 1984.43 Così G. Millozza, Le società sportive: un problema sempre aperto, in Le società, 1985, n.391.44 Ancora G. Marasà, Società sportive e società di diritto speciale, in Riv. Soc., n. 3/1982, ed in Riv. Dir. Sport., 1984.45 È uno dei modelli societari che è tornato in voga nel periodo di crisi del mondo del calcio. Il concetto del tifoso-azionistaè legato all’idea che la squadra di calcio, per quanto Società per Azioni, sia sempre una realtà legata al territorio che,soprattutto nei club minori, può sempre contare su un bacino di spettatori-tifosi-clienti. Cfr. V.Carlini, Il pallone è in crisi, ma

l’UEFA può dare un calcio ai problemi, in Tuttofondi S&P, anno 2 n. 6, Marzo 2004.46 Il testo originario dell’art. 4, 1° comma, lett. B del decreto in parola prevedeva tout court la soppressione del 2° commadell’art. 10, L. 91/1981.47 “La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è inferiore a duecento milioni di lire o se è

stabilita nell’atto costitutivo”. Oggi tale articolo, in seguito alla riforma del diritto societario, sulla base del d.lgs. n. 6/2003, èsostituito dal 2477 : “Controllo legale dei conti. L’atto costitutivo può prevedere, determinandone competenze e poteri, la

nomina di un collegio sindacale o di un revisore. La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale sociale non è

inferiore a quello stabilito per le società per azioni.”

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Fig. n. 1.1: L’evoluzione dei club calcistici.

L’ultimo intervento legislativo rilevante in materia è rappresentato dal D.L. n.282/2002, convertito nella legge 21 Febbraio del 2003, n. 27 con il quale sono statedettate “disposizioni in materia di bilanci delle società sportive professionistiche”48.Ma di esso si darà conto, qualora si rivelasse necessario, nel prosieguo della trattazio-ne, non avendo avuto particolare incidenza sull’evoluzione della struttura giuridica eorganizzativa dei club professionistici, di cui qui si voleva trattare.

1.4. Il mercato calcistico Europeo

Abbiamo avuto modo di vedere che il 1996 è stato un anno di svolta per tuttele società di calcio professionistiche che militavano nei campionati Europei. Ciòa causa della sentenza della Corte di Giustizia Europea datata 15 Dicembre 1995,la ormai famosa “sentenza Bosman”49.

Orientamento delclub al mercato

Social Oriented No Profit Oriented Business Oriented

Dimensioneeconomicadel settore

Limitata Progressivamentemaggiori

Estesa ed integrata conaltri settori di mercato

Interessi economicida tutelare

Poco rilevanti Progressivamentemaggiore

Indispensabile un controllopubblico ed un’adeguatatutela dei terzi

1960-1981 1981-1996 1996-2000

Norme di riferimento Statuto delleFederazioni Sportive

23 Marzo 1981, n. 81 18 Novembre 1996, n. 586

Forma del club Associazione S.p.A. o S.r.l. - atipica S.p.A. o S.r.l.

Scopo del club Sportivo & Ludico Non lucrativo: gli utilivanno reinvestiti per ilperseguimentodell’attività sportiva (art.10)

Divisione degli utili:il 10% degli utili vadestinato ad unaformazione tecnicosportiva (art. 4, b-bis)

Organizzazione delclub

Inesistente:Mecenatismo puro

Elementare: gestioneorientata al risultatosportivo

Complessa: struttura amatrice; necessità diintegrare e conciliare losport col business

Fonte: Braghero, Perfumo, Ravano

48 Art. 3. “Proroga delle disposizioni in materia di affrancamento di riserve e disposizioni in materia di bilanci delle società

sportive professionistiche”. Art. 1-bis: “Dopo l’articolo 18 della legge 23 marzo 1981, n. 91, è aggiunto il seguente: «Art. 18-

bis. (Disposizioni in materia di bilanci). – 1. Le società sportive previste dalla presente legge possono iscrivere in apposito

conto nel primo bilancio da approvare successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione tra le

componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, con il consenso del collegio sindacale, l’ammontare delle

svalutazioni dei diritti pluriennali delle prestazioni sportive degli sportivi professionisti, determinato sulla base di un’apposita

perizia giurata.

2. Le società che si avvalgono della facoltà di cui al comma 1 devono procedere, ai fini civilistici e

fiscali, all’ammortamento della svalutazione iscritta in dieci rate annuali di pari importo»”. 49 Cfr. paragrafo 1.3.4 di questo capitolo.

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1.4.1. Le conseguenze della “sentenza Bosman”

L’eliminazione dell’indennità coincise con un momento di fortissima espan-sione del calcio, dovuto in grandissima parte alla trasformazione dello spettacolocalcistico in format televisivo.

La liberalizzazione del mercato del lavoro per i calciatori ha modificato pe-santemente il rapporto di forza tra gli attori del sistema (società, calciatori e tec-nici) a favore dei prestatori d’opera. I protagonisti dello spettacolo offerto sulterreno di gioco sono gli atleti e i club, al fine di offrire al pubblico lo spettacolopiù attraente e di conseguenza strappare agli sponsor e alle pay-Tv contratti più lu-crosi, devono assicurarsi i giocatori migliori. Questi ultimi sono così in grado dicomandare una sorta di asta tra i club, che si risolve a favore di chi propone l’of-ferta più vantaggiosa.

La necessità per i club di grandi e anche di medie dimensioni di partecipare apiù competizioni contemporaneamente spinge ad allargare progressivamente la“rosa” dei giocatori sotto contratto. Infine l’aumento del costo dei giocatori e l’al-largamento della rosa obbligano i club a nuove fonti di entrata.

1.4.2. La situazione attuale

“Più di 10 miliardi di euro di fatturato in Europa, un tasso di crescita com-plessivo nei mercati più forti superiore al 20%. Singoli club con quasi 50 milionidi appassionati sparsi per il mondo. Ascolti televisivi per EURO 2004 superioridel 26% rispetto all’edizione precedente.

E nonostante questi brillanti risultati, l’intera industria del Pallone è stata in-capace di raggiungere una redditività sostenibile”50.

Lo spunto da cui si sviluppa uno studio di A.T. Kearney sulle strategie vincen-ti per il calcio, inquadra in maniera per-fetta la situazione attuale dell’industriacalcistica nel Vecchio Continente.

Nell’ultimo rapporto annuale sul cal-cio europeo redatto dallo Sports Busi-ness Group della società di consulenzaDeloitte & Touche, che fa riferimento al-la stagione 2002/200351, la Premier Lea-gue Inglese rimane davanti alle altreleghe per ricavi e utili. Il tasso di cresci-ta è stato del 10%, superiore a quello de-gli altri campionati, e il fatturato èpassato da 1,7 miliardi di euro a 1,79.

La situazione EuropeaLa Germania, come dimostra lo studiocondotto da Stage Up,ha saputo capitalizzaree monetizzare l’organizzazione del Mondiale2006, e oggi è distanziata soltanto dal riccocampionato inglese nella classifica dei ricavi.La Bundesliga ha raggiunto un miliardo e 350milioni, secondo solo ai 2 miliardi degli inglesiL’Italia arriva ad un totale di un miliardo e 200milioni, solo cento milioni in più degli spagnolidella Liga.

F.Velluzzi, I tedeschi ci hanno superato,La Gazzetta dello Sport, 5 settembre 2006

50 A.T. Kearney, Playing for profits, winning strategies for football in Europe and around the globe, 2004.51 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.

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I ricavi medi per club sono di 89 milioni di euro contro i 65 milioni delle squa-dre di Serie A. La Serie A mantiene il secondo posto per ricavi, precedendo di po-co la Bundesliga. Il nostro campionato ha ripreso a crescere dopo la battutad’arresto del 2001/2002, realizzando un fatturato totale pari a 1,16 miliardi di eu-ro, mentre il campionato tedesco si è fermato a 1,1.

La Liga Spagnola si piazza solo al 4° posto con 847 milioni di euro di fattura-to, seguita dal campionato Francese con 689 milioni di euro.

1.4.3. La crescita dei ricavi

Apartire dagli ultimi anni ‘90 il calcio ha sperimentato incredibili livelli di cre-scita, che sono rimasti sostenuti per un periodo di circa sei anni, così che i clubcompresero, e capitalizzarono, il loro effettivo valore finanziario.

Nelle ultime tre stagioni alcune Leghe hanno continuato a crescere in manierasostenuta, altre invece hanno rallentato.

Fig. n. 1.2: Crescita del Fatturato nelle 5 maggiori leghe Europee.

Ns. elaborazione da dati Deloitte & Touche

Per contestualizzare la crescita del mercato e la leadership del campionato In-glese, ci basta considerare due dati:

• la Premier League ha un fatturato superiore rispetto a quelli di Francia e Ger-mania presi congiuntamente nella stagione 2002/2003;

• il suo fatturato è maggiore del 54% rispetto a quello della Serie A Italiana,quando nella stagione 1999/2000 era superiore solo del 12%.

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In Francia ed Italia gli elevati livelli di crescita raggiunti nell’ultimo lustro de-gli anni ’90, soprattutto grazie ai contratti di cessione dei diritti televisivi stipula-ti in quegli anni, sono stati seguiti da un periodo di consolidamento.

Nella stagione 1999/2000 il fatturato in entrambi i paesi crebbe del 50%, mail tasso di crescita è diminuito drasticamente nel 2000/2001 scendendo al 9% inItalia e al 6% in Francia. Nel 2000/2001 i ricavi sono stati praticamente staticimentre hanno ricominciato a crescere nell’ultima stagione. L’andamento dellacrescita in questi due paesi, particolarmente dipendente dagli introiti derivantidai diritti televisivi, dimostra l’importanza della diversificazione e massimizza-zione delle fonti di ricavo.

Fig. n. 1.3: Il mercato calcistico Europeo.

Ns. elaborazione da dati Deloitte & Touche

Caratteristica saliente del calcioEuropeo, presente già in passato maacuitasi dopo la sentenza Bosman, è lacrescente polarizzazione fra grandi epiccole squadre. È un fenomeno al cen-tro del dibattito anche in Italia, il cuicampionato in effetti guadagna il pri-mo posto in Europa anche secondo ilrapporto Deloitte & Touche.Le prime 5squadre di Serie A52 nel 2002/2003hanno realizzato il 70% dei ricavi tota-li, contro il 60% in Spagna e il 46% inInghilterra, nonostante questa veda

La crescita continuaIl mercato europeo del calcio cresce del 9%e raggiunge i 12,6 miliardi di Euro.Secondo lostudio di Deloitte tra le 5 grandi d’ Europa lesocietà della Premier League ingleserimangono in testa in termini di ricavi (2miliardi di euro) e profitti (200 milioni). Perl’Italia nel 2006-07 ci si aspetta unadiminuzione dei ricavi fino a 1,2 miliardi dieuro: sotto Inghilterra, ma anche Germania eSpagna (1,3 miliardi).Fatturato Italia quarto d’Europa, La Gazzetta dello

Sport, 31 maggio 2007

52 Juventus, Milan, Inter, Lazio e Roma.

Page 33: Staffieri - Il bsns delle società di calcio

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Manchester United, Arsenal e Chelsea tra i club più ricchi d’Europa53. Le cinquemaggiori leghe europee realizzano un fatturato totale di 5,6 miliardi di euro, conun tasso di crescita del 7% circa, ma se si includono anche gli altri campionati e laU.E.F.A. il totale sale a 10,3 miliardi di euro54.

1.4.4. Salari e stipendi

Molteplici studi55 hanno dimostrato che esiste una certa relazione tra il livellodi salari e stipendi di un club rispetto ai suoi competitori ed i risultati sportivi rag-giunti, funzione delle performance dei giocatori ingaggiati.

Per questo il principale problema che si pone in ogni club è quello di bilancia-re il desiderio di avere la migliore squadra possibile e la necessità di mantenere unlivello di spesa sostenibile nel lungo periodo, in relazione ai ricavi.

La principale causa del dissesto finanziario di club italiani ed esteri negli ulti-mi anni è stato proprio il divaricarsi della forbice tra fatturato e spese per salari estipendi. Questi ultimi sono cresciuti a ritmi incompatibili con un equilibrio fi-nanziario di lungo periodo.

Fig. n. 1.4: Salari e stipendi nelle 5 maggiori Leghe Europee.

Ns. elaborazione da Deloitte & Touche

53 Nella speciale classifica redatta nel Marzo 2004 da Deloitte & Touche, la Deloitte Football Richlist, il Manchester Unitedoccupa la prima piazza, l’Arsenal la settima, il Liverpool l’ottava posizione, il Newcastle United la nona e il Chelsea occupail decimo posto.54 Andrebbero inseriti i valori di tutte le “serie” in cui si dividono le leghe europee, i ricavi delle federazioni nazionali, dellaU.E.F.A. Champions League ecc.55 Cfr. Lucifora e Simmons (2003), Forrest e Simmons (2000), Carmichael, Forrest e Simmons (1999). Sul punto vd. ancheU. Lago, A. Baroncelli, S. Szymanski, Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004.

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Mentre i ricavi sono quasi triplicatirispetto alla stagione 1995/1996, le spe-se per salari e stipendi sono quasi qua-druplicate nello stesso periodo. Nel2001/2002 il rapporto tra salari e stipen-di e ricavi aveva raggiunto cifre record intre dei quattro campionati di cui si hannodati attendibili, l’eccezione era la Ger-mania dove il rapporto si era sempre at-testato attorno al 50%.

Una inversione di tendenza si è avu-ta nell’ultima stagione, in cui anche l’I-talia, precedentemente in testa a questaspeciale classifica con un ratio del 90% per l’effetto combinato della stazionarietà deiricavi e della crescita dei salari, è scesa al 76%. La Germania rimane quella con il rap-porto più basso (45%).

Fig. n. 1.5: Rapporto Salari e stipendi / Ricavi

1995/96 1996/97 1997/98 1998/99 99/2000 2000/01 2001/02 2002/03

Inghilterra 50% 47% 52% 58% 61% 61% 62% n.d.

Italia 57% 58% 64% 72% 62% 75% 90% 76%

Spagna 53% 44% 53% 56% n.d n.d n.d n.d

Germania 46% 46% 51% 51% 54% 50% 49% 45%

Francia 58% 61% 69% 69% 53% 64% 69% n.d.

Fonte: Deloitte & Touche

In Francia la situazione per i clubè ancora peggiore, poiché devono af-frontare un doppio problema: non so-lo hanno un livello di ricavi più bassocon cui pagare giocatori e membridello staff, ma scontano anche un re-gime fiscale penalizzante, che li ob-bliga a pagare salari lordi più elevatiper permettere ai giocatori di incassa-re cifre simili a quelle percepite dailoro colleghi negli altri paesi.

Questo in parte spiega anche ilperché della diaspora dei migliori ta-lenti francesi dalla Première Divi-

Bundesliga sempre al topSecondo uno studio di Deloitte, l’indicatoredi efficienza costituito dall’ammontare deglistipendi rapportato al giro d’ affari, passa inEuropa dal 60% al 65%; solo la Bundesligarimane ad un livello più basso (pari al 50%,risultato straordinario). In Inghilterra, la spesain salari è aumentata del 13%, piùdell’l’incremento dei ricavi (11%).Fatturato Italia quarto d’ Europa, La Gazzetta delloSport, 31 maggio 2007Record Revenues fuel Premier League clubs’ on pitchsuccess, www.sportbusiness.com, 29 maggio2008

Fisco«Noi italiane versiamo il 4,25% di Irap chealtrove non esiste. In Spagna a parità di lordo, ilgiocatore prende il 50% in più, in Inghilterra il20% che noi diamo allo Stato. Chiaro che sulmercato quei club sono più competitivi». èquanto afferma Galliani circa lo svantaggiocompetitivo delle società Italiane in terminifiscali. Anche se nel «Libro Bianco» siriafferma il principio di un’Iva ridotta sullosport, rischia di cadere nel vuoto lalamentela dei club italiani. Ma, come diceFigel «le aliquote le scelgono gli Stati».A. Capone, Italiane, lo stadio costa caro In Europa

siamo meno ricchi, La Gazzetta dello Sport, 15

febbraio 2008

F. Licari, Libro bianco dell’Ue Fifa e Uefa scontente,

La Gazzetta dello Sport, 9 giugno 2007

Page 35: Staffieri - Il bsns delle società di calcio

37

sion56. Negli ultimi due anni in diversi paesi d’Europa sono state intraprese ini-ziative volte ad affrontare il problema della crescita incontrollata dei costi. IlG-14, il gruppo che riunisce i maggiori club europei, ha raggiunto un accordodi auto-regolamentazione che fissa il limite del 70% come rapporto tra il mon-te salari e i ricavi57. In Italia, dove il problema è più grave che negli altri pae-si, da qualcuno è stata avanzata la possibilità di introdurre un sistema disalary-cap per tutti i club58.

1.4.5. I risultati operativi

Per quanto riguarda i risultati operativi la Premier League si conferma il cam-pionato più virtuoso con un utile complessivo di 179 milioni di euro, seguita dal-la Bundesliga con 115 milioni. In rosso, oltre alla nostra Serie A, 381 milioni diperdite, anche il campionato Francese59.

Fig. n. 1.6: Profitti e perdite nelle 5 maggiori leghe Europee

Ns. elaborazione da dati Deloitte & Touche

56 A proposito vd. Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.57 Di Cesare, Il G-14 per una volta fa autocritica “È urgente un tetto agli stipendi”, in La Gazzetta dello Sport, mercoledì 23maggio 2001.58 La Lega Calcio ha emanato le nuove regole che disciplinano il trattamento economico di calciatori e allenatori, con lafinalità di contenere i costi. Le società potranno corrispondere ai propri atleti e allenatori compensi lordi il cui ammontarerapportato al valore della produzione non superi il 60%. Cfr. www.calcioinborsa.com 59 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.

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È evidente dal grafico la radicaledifferenza rispetto alla voce “salari estipendi”, che mostrava per tutte le Le-ghe andamenti costantemente crescen-ti. Germania e Inghilterra continuano afar registrare profitti, la Bundesligaraggiungendo il livello record della suastoria e la Premier League il miglior ri-sultato degli ultimi 5 anni. Dalla sta-gione 95/96 ad oggi le due leghe più virtuose hanno realizzato profitti operativicomplessivi per, rispettivamente, 984 milioni di euro (123 milioni in media a sta-gione) e 448 milioni di euro (64 milioni a stagione).

In netto contrasto, la Première Division Francese e la nostra Serie A soffronoperdite ingenti, anche se entrambe mostrano una riduzione delle stesse nell’ulti-mo anno. La redditività dei campionati Inglese e Tedesco è dovuta a fattori diver-si: nella Premier League il forte orientamento commerciale dei club ha assicuratoche essi incrementassero tutte le fonti di ricavo, quelle da botteghino come quel-le televisive e commerciali; la Bundesliga invece è disciplinata in modo da tene-re i costi sotto controllo, così che la posizione finanziaria dei club rimanga solida.

Punto di forza della Premier League rimangono gli incassi allo stadio nel giornodella partita. Gli Inglesi realizzano in questo modo oltre 540 milioni di euro60, piùdel doppio di qualsiasi altra Lega, anche di quella tedesca nonostante l’affluenza me-dia degli spettatori sia praticamente identica. Ciò è dovuto non solo al più elevatocosto dei biglietti, ma anche ai ricavi addizionali dovuti ai servizi offerti all’internodegli stadi che, nella maggior parte dei casi, sono di proprietà dei club.

L’andamento delle entrate allo stadio vede la Bundesliga in leggerissimo van-taggio sulla Premier League, entrambe con una media di 35 mila spettatori a par-tita. La Serie A si piazza solo al quarto posto, con una media di poco più di 25 milaspettatori a partita, preceduta anche dalla Liga che riesce a portare in media 29 mi-la spettatori per match.

Il dato italiano è confortante se comparato con l’emorragia di presenza deglianni precedenti; da notare che l’aumento del 13% degli incassi al botteghino, è so-prattutto dovuto all’aumento dei prezzi dei biglietti. In effetti a farla da padronesono sempre gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, che rappre-sentano il 55% dei ricavi dei club appartenenti al nostro campionato.

Sorpasso TedescoIl profitto operativo della Bundesliga nel2006/07 pari a 168 mln di sterline supera perla prima volta quello della Premier League (96mln di sterline), anche se la posizionepotrebbe cambiare di nuovo nel 2007/08.Record Revenues fuel Premier League clubs’ on pitch

success, www.sportbusiness.com, 29 maggio 2008

60 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.

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1.4.6. Le licenze U.E.F.A.

Una via d’uscita alla situazione di grave crisi che si è verificata in questi ulti-mi anni in Europa come in Italia, è stata imboccata dalla U.E.F.A. La Federazio-ne e i suoi membri hanno a lungo lavorato per la creazione di un “sistema dilicenze” per i club che vogliono partecipare ai tornei continentali61. Ad oggi nonbasterà quindi ad una società aver conseguito il titolo sportivo nel rispettivo cam-pionato di appartenenza, ma per partecipare agli incontri europei dovranno ancheessere in possesso di questa specie di “bollino di qualità”62.

Le licenze, applicate contemporaneamente nelle 52 Federazioni nazionali del-l’U.E.F.A.63, hanno come finalità non tanto la restrizione o limitazione della par-tecipazione alle varie competizioni, quanto la crescita dell’intero movimento.

Il manuale dell’U.E.F.A. individua cinque macro-categorie, ognuna della qua-li contente criteri ai quali le società devono adeguarsi per l’ottenimento della li-cenza: sportivi, infrastrutturali, organizzativi e relativi al personale, legali,economico-finanziari. Inoltre sono introdotte anche indicazioni facoltative, nonobbligatorie, definite “di buona prassi” e funzionali al miglioramento degli stan-dard organizzativi e gestionali, sia qualitativi sia quantitativi e a prescindere dal-la partecipazione a gare internazionali.

I parametri sono classificati in quattro categorie:• Criteri “A”, obblighi: sono vincolanti per tutte le società di Serie A(ad esem-

pio l’obbligo di omologazione dello stadio). Il mancato rispetto anche di unosolo di tali criteri comporta la mancata concessione della licenza;

• Criteri “B”, obblighi: cogenti per tutte le società di Serie A; tuttavia, rispet-to ai criteri “A”, i destinatari hanno a disposizione diverse alternative persoddisfarli (il responsabile della sicurezza può essere un dipendente, un con-sulente o una società esterna);

• Criteri “C”, obblighi: anche questi sono obbligatori con la differenza, rispettoai precedenti, che il loro mancato rispetto non comporta il diniego della licen-za, ma una sanzione nel caso in cui le società non adempiano dopo aver rice-vuto un richiamo ufficiale dalla Lega Nazionale Professionisti;

• Criteri “D”, “buona prassi”: tali criteri fungono come mere raccomandazio-ni e, conseguentemente, non rivestono carattere vincolante.

L’equilibrio economico-finanziario rappresenta per l’U.E.F.A. una condizioneessenziale al fine di garantire la continuità aziendale e consentire all’intero siste-ma calcistico di crescere nel tempo. Il rispetto di queste regole è ritenuto funzio-nale al perseguimento di obiettivi rilevanti: migliorare le condizionieconomico-finanziarie delle società, incrementarne la trasparenza e la credibilitàsalvaguardando gli interessi dei creditori; garantire il regolare svolgimento e la

61 Il “Manuale del sistema delle licenze ai club” è stato approvato nel Marzo 2002, è disponibile nella versione italiana apartire dal Settembre 2003.62 M. Grassoni, La F.I.G.C. vuole adottare il passaporto europeo, Il Sole 24 Ore Sport, Anno 4 n.21, 28 novembre – 11dicembre 2004.63 L’introduzione simultanea si è avuta con la stagione 2004-2005.

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continuità delle competizioni nazionali ed internazionali, con eliminazione del ri-schio che indebiti vantaggi sul campo sportivo possano essere ottenuti medianteil mancato rispetto degli impegni contratti.

Gli adempimenti che erano richiesti per la stagione sportiva iniziata sono iseguenti:

• assoggettamento dell’ultimo bilancio d’esercizio precedente alla richiesta diconcessione della licenza a revisione contabile da parte di apposita societàiscritta allo speciale albo Consob;

• predisposizione di una situazione economico-patrimoniale, non soggetta arevisione contabile, per il periodo 1 luglio – 31 dicembre dell’esercizio incorso al momento della richiesta;

• prova dell’assenza, nell’ultimo esercizio chiuso, di debiti scaduti derivantidal trasferimento di calciatori e/o verso tutte le categorie di dipendenti, in-clusi gli oneri sociali e previdenziali, nonché nei confronti di consorelle oaltri soggetti riconosciuti dalle competenti istituzioni sportive.

Tuttavia, a partire dalla stagione sportiva 2005-06, entrerà in vigore la secon-da fase: ulteriori e più rigidi requisiti economico-finanziari saranno richiesti aiclub, che dovranno anche adottare nuovi sistemi di budgeting e controllo, oltre al-l’ottimizzazione dei processi informativi.

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CAPITOLO II

IL BILANCIO DELLE SOCIETA’ CALCISTICHE

2.1. Il bilancio delle società professionistiche

Per quanto riguarda le forme, i vin-coli ed i principi economici che dovreb-bero essere applicati nella redazione delbilancio, le società di calcio non si diffe-renziano rispetto alle altre società com-merciali. Tuttavia esse si presentanocome soggetti sui generis rispetto al“prodotto” commercializzato ed ai “fat-tori” della produzione utilizzati. Il “pro-dotto” spettacolo ed i calciatori “fattori” della produzione, rendono queste societàoggetto di osservazione sia per i classici stakeholder utilizzatori del bilancio di eser-cizio, sia per un gruppo più o meno ampio di soggetti, interessati sì al versante eco-nomico del fenomeno, ma soprattutto nell’ottica di possibili successi sportivi; agliocchi di questi il club si presenta come un simbolo che va difeso, anche se è necessa-rio sacrificare risorse economiche64. L’esigenza di assicurare una gestione aziendalecorretta ed una informazione trasparente ed esaustiva ai terzi sui fatti della società, haspinto gli organi federali ad imporre alle società affiliate una serie di adempimenti evincoli che dovrebbero tranquillizzare gli stakeholder almeno sulla carta.

2.1.1. Le N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne della Federcalcio)

Le N.O.I.F. sono una serie di norme che dettano la disciplina dei soggetti e del-le funzioni del mondo del calcio. Ai fini della nostra trattazione sono interessantiquelle del Titolo VI dedicato ai “controlli sulla gestione economico-finanziariadelle Leghe e delle Società professionistiche”. Gli artt. 85 e 86 delle N.O.I.F. pre-vedono i seguenti adempimenti:

• il bilancio di esercizio annuale;• la relazione semestrale;• l’informativa continua alla CO.VI.SO.C.;• il prospetto R/I con indicazione del rapporto ricavi/indebitamento;• il prospetto P/A con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/at-

tivo patrimoniale;• il prospetto P/D con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/di-

ritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori.In questa sede ci limiteremo ad esporre la composizione del bilancio di eserci-

zio, riservandoci di trattare più avanti gli altri adempimenti nell’ambito dell’ana-lisi economico-finanziaria delle società.

Calcio e economia“Per il calcio ci vogliono autorità indipendenti eautorevoli, più regole chiare e governance,come nell’economia” così AlessandroProfumo, AD di Unicredit.G. Dragoni, FIFA, il bilancio da record di Blatter,

Il Sole 24 Ore 29 maggio 2007

64 Così F. Melidoni e G.M. Committeri, Il bilancio delle società di calcio, IPSOA, Cesano Boscone (MI), 2004.

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2.1.2. Il bilancio di esercizio

Le società di calcio sono tenute a redigere, alla fine dell’esercizio, che nor-malmente viene chiuso al 30 giugno di ogni anno65, un bilancio predisposto sullabase di un Piano dei Conti unificato, predisposto dalla F.I.G.C. Essa è per leggepreposta anche ad effettuare controlli sul piano strettamente contabile, attraversola CO.VI.SO.C. Le società, entro 15 giorni dall’approvazione da parte dell’as-semblea dei soci, o entro i 15 giorni successivi alla scadenza del termine di ap-provazione stabilito nello statuto, devono far pervenire alla CO.VI.SO.C.:

• copia del bilancio di esercizio approvato;• relazione sulla gestione;• relazione del collegio sindacale;• relazione contenente il giudizio di una società di revisione iscritta all’albo

CO.N.SO.B. (questo obbligo non sussiste per le società neopromosse dal-la Serie B);

• il verbale di approvazione del bilancio;• la dichiarazione di conformità all’originale della documentazione

trasmessa, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal soggettoresponsabile del controllo contabile66.

Il rendiconto delle società di calcio, come quello di ogni altra società di capi-tali, è composto dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota In-tegrativa e deve essere, come già visto, accompagnato dalla Relazione sullaGestione redatta dagli Amministratori67. È chiaro che, data la peculiarità del set-tore sportivo e di quello calcistico in particolare, il legislatore ha ammesso dellederoghe rispetto alla normativa applicabile alle società “normali”.

È per questo motivo che accanto al piano dei conti unificato, la F.I.G.C. ha re-datto un documento che raccoglie alcune “raccomandazioni contabili”, principibasilari per il corretto trattamento contabile di alcune operazioni che sono carat-teristiche delle società calcistiche. Sono procedure cui occorre conformarsi peruna corretta contabilizzazione e rappresentazione in bilancio di alcune voci tipi-che del settore, sia riferite al patrimonio che al conto economico.

La funzione di queste “raccomandazioni” è quella di interpretare tecnicamentele norme generali fissate dalla legge in materia di bilancio, nonché di integrarle qua-lora si presentino lacunose nella loro applicazione al settore in esame68.

65 La chiusura dell’esercizio sociale in concomitanza con il termine della stagione agonistica è certamente utile per rendere ildocumento significativo, anche se è destinata ad essere abbandonata da molti club per poter applicare l’istituto innovativo del“consolidato fiscale” nell’ambito del gruppo di appartenenza.66 Questa figura è stata resa obbligatoria per le società di calcio, dal paragrafo 5.2.4. del Manuale per l’ottenimento della

licenza U.E.F.A., di cui si è parlato nell’ultimo paragrafo del capitolo precedente, 1.4.6.67 Art. 2423 Cod. Civ. “Redazione del Bilancio. Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato

patrimoniale dal conto economico e dalla nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare

in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.”68 Si veda a proposito Il bilancio di esercizio e il nuovo statuto tipo delle società calcistiche. Documento per l’attuazione delle

disposizioni contenute nel D.Lgs. 9 aprile 1991, n.127 per le società calcistiche. A cura della Commissione adeguamento pianodei conti e struttura del bilancio alla IV e VII Direttiva C.E.E. nominata dal Consiglio Federale, Roma, 1993.

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2.1.3. La composizione del Bilancio

Anche nelle società di calcio, naturalmente, il bilancio è composto dai tre do-cumenti fondamentali rappresentati dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Econo-mico e dalla Nota Integrativa.

Lo Stato Patrimoniale informa sull’aspetto quantitativo e qualitativo degli in-vestimenti in essere ad una certa data, nonché sulle correlate fonti di finanzia-mento, al fine di rappresentare la struttura tecnica e finanziaria dell’impresa. Loschema di Stato Patrimoniale predisposto dalla F.I.G.C. risulta indubbiamente do-tato di elevata analiticità; sono evidenziati i valori del totale delle Attività, dellePassività e del Patrimonio Netto. Più chiaramente poi sono individuati gli aggre-gati delle Immobilizzazioni e dell’Attivo Circolante.

La suddivisione delle classi si ispira al doppio principio della destinazione del-l’investimento e del grado di liquidità; in questo modo il lettore, pur trovandosi difronte ad aggregati non immediatamente interpretabili può comunque ottenere in-formazioni che in passato avrebbe difficilmente ricavato.

Il doppio principio ispiratore è abbandonato però nel passivo; con la conse-guenza che è necessario ricorrere ad una specifica rielaborazione dello Stato Pa-trimoniale per ottenere una separata indicazione del passivo a breve dacontrapporre all’attivo circolante.

Il Conto Economico è predisposto in forma scalare, per cui si giunge a deter-minare il risultato finale d’esercizio attraverso la rappresentazione di diversi ri-sultati intermedi.

La Nota Integrativa è parte integrante del bilancio e contiene informazionicomplementari, la cui finalità è quella di chiarire al meglio i valori iscritti nelle va-rie voci di bilancio.

È particolarmente importante l’attenzione dedicata ai criteri di valutazione. Traessi infatti troviamo anche i principi seguiti nel trattamento della voce più tipicadello Stato Patrimoniale dei club di calcio: i “Diritti Pluriennali alle Prestazionidei Calciatori”.

Altre informazioni rilevanti che si possono incontrare nella Nota Integrativasono quelle relative alle immobilizzazioni materiali e al loro trattamento contabi-le, visto il crescente interesse verso gli impianti ed i centri sportivi di proprietà.Inoltre, nella sezione della Nota Integrativa dedicata ai conti d’ordine, si raccol-gono informazioni riguardanti sia eventuali garanzie concesse a titolo di fideius-sioni o prestate a terzi, sia opzioni concesse o acquistate in relazione a operazionidi trasferimento temporaneo dei diritti alle prestazioni dei calciatori.

2.2. Le voci di stato Patrimoniale

L’utilizzo del Piano dei Conti Unificato, così come è stato elaborato dallaF.I.G.C., comporta anche la previsione di una autorizzazione specifica per l’inse-rimento di nuovi conti o per la modifica di quelli esistenti. Le difformità rispettoai comuni schemi di bilancio trovano la loro giustificazione giuridica nel-

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l’art.2423-ter commi 3 e 469: le raccomandazioni contabili della F.I.G.C. fannoproprio riferimento alla “natura dell’attività esercitata”. Ci limiteremo ad esporrele voci difformi, presentando in ciascun caso lo schema patrimoniale con l’indi-cazione in grassetto della posta in esame.

2.2.1. Diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori

Rappresentano l’elemento di gran lunga più importante nel complesso de-gli assets presenti nei bilanci delle società di calcio. Alla loro corretta contabi-lizzazione è dedicata la “raccomandazione contabile n.1”.

In essa vengono in primo luogo ricordate le modalità con le quali un clubpuò acquisire il diritto alle prestazioni sportive dei suoi giocatori:

• accordo diretto con il calciatore (libero);• accordo diretto con il calciatore (proveniente dal vivaio di altra società);• accordo con altra società per la “cessione” del contratto in essere con il

calciatore (consenziente).La differenza principale tra le tre modalità sopra ricordate, è che soltanto nel

primo caso la società non dovrà iscrivere alcuna voce all’attivo dello stato pa-trimoniale.

L’operazione in tal caso si risolve nella fissazione del compenso del calciato-re, che annualmente graverà sul conto economico della società acquirente. Neglialtri due casi, invece, si configura una operazione di cessione del contratto.

Essa produce due effetti distinti:• la società acquirente subentra nel rapporto contrattuale con il calciatore,

obbligandosi a pagare il prezzo convenuto alla società cedente come cor-rispettivo della “preferenza accordatale nell’entrare in rapporto con ilcalciatore”;

• la società acquirente stipula un nuovo contratto con il calciatore, nascen-do così il diritto della stessa alle prestazioni sportive dell’atleta.

Conseguenza di tale procedimento è che il costo sostenuto per subentrarenel rapporto con il calciatore riveste un’utilità pluriennale, la cui durata coin-ciderà con quella del nuovo rapporto che è stato instaurato con il giocatore70.

La rilevazione contabile segue i connotati civilistici dell’operazione e perquesto i suoi effetti saranno iscritti a bilancio nell’esercizio in cui ricade la da-ta di efficacia del contratto, che coincide con la stipula dello stesso.

69 “Devono essere aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli

2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata.”70 È interessante ricordare che i contratti nazionali e, con qualche differenza, i contratti esteri non producono effetti giuridicifino al deposito nella sede federale e al rilascio del visto di esecutività.

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Nel bilancio di esercizio, alla voce B.I.8 - Diritti pluriennali alle prestazionisportive dei calciatori, nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazio-ni immateriali71, saranno pertanto iscritti non solo i diritti relativi ai calciatori chehanno concorso alla formazione del reddito nel corso dell’ultima stagione sporti-va (a cui di solito si riferisce il bilancio), ma anche quelli acquistati entro la finedell’esercizio, ma le cui prestazione sportive saranno utilizzate soltanto dalla sta-gione sportiva successiva.

STATO PATRIMONIALE

ATTIVO

B) IMMOBILIZZAZIONI

I - Immobilizzazioni immateriali1) Costi di impianto e di ampliamento2) Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità3) Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno4) Concessioni, licenze, marchi e diritti simili5) Avviamento6) Immobilizzazioni in corso e acconti7) Capitalizzazioni costi vivaio8) Diritti pluriennali alle prestazioni calciatori9) Altre immobilizzazioniTotale

Dalla stagione in cui è avvenuto il tesseramento del calciatore decorrerà la pro-cedura di ammortamento del diritto72.

Il piano di ammortamento può naturalmente subire delle modifiche. Ciò si ve-rifica, ovviamente, qualora il valore netto contabile del diritto non fosse espressi-vo (perché maggiore) di un reale valore economico dello stesso, rendendosinecessario operare un maggiore ammortamento oppure una svalutazione del di-ritto stesso, nonché qualora si verifichino cambiamenti nel rapporto contrattualecon il calciatore, tipicamente: prolungamento del contratto o risoluzione antici-pata. Nel primo caso il nuovo piano di ammortamento dovrà avere come riferi-mento temporale la nuova scadenza contrattuale ed assumere come valore quellonetto contabile alla data del prolungamento.

71 Dello stesso avviso G. Fiori, in La valutazione dei diritti pluriennali alle prestazioni degli sportivi professionisti: una

possibile metodologia, in Rivista Italiana di Ragioneria ed Economia Aziendale, 2003, pp. 314 ss., secondo cui “il vincolo che

lega l’atleta alla società può esser inteso come diritto immateriale atipico, una sorta di bene che attribuisce il diritto

all’utilizzo delle prestazioni per un determinato periodo e che viene ceduto da una società all’altra in caso di trasferimento

dell’atleta. La pattuizione in sede di cessione dei contratti non ancora scaduti, di un corrispettivo a fronte del trasferimento

del diritto, ne autorizza l’iscrizione in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali, in capo all’acquirente, per un importo pari

al corrispettivo pattuito. Quest’ultimo misura, evidentemente, il costo di acquisizione del diritto stesso. Tale costo,

naturalmente, deve essere ammortizzato nel periodo di durata residua del contratto”.72 Viene raccomandata a proposito l’adozione di un metodo di ripartizione dell’onere in quote costanti per l’intera durata delcontratto che vincola il calciatore alla società, che non può essere superiore a 5 anni.

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Esempio

Costo Originario: € 200.000

Durata Contratto: 5 anni

Quota annuale di ammortamento: (200.000/5) € 40.000

Alla fine del IV anno la durata viene prorogata di altri 4 anni

Valore netto contabile alla data del prolungamento: (200.000-(40.000*4)) € 40.000

Nuovo piano di ammortamento,

quota annuale: (40.000/5) € 8.000

Per quanto riguarda il caso di alienazione del diritto in questione è necessario pro-cedere alla rilevazione dell’ammortamento pro-rata per il periodo di disponibilitànell’esercizio, mentre dovrà imputarsi a conto economico la eventuale differenza trail prezzo a cui è avvenuta la cessione ed il valore contabile residuo. Tale differenzagenererà una plusvalenza, se positiva, o una minusvalenza, se negativa.

Qualora invece il diritto che viene ceduto si riferisce ad un giocatore che a suotempo fu acquisito senza pagamento di alcun corrispettivo, allora la società ce-dente dovrà rilevare oltre al credito anche un provento di pari importo. Nella Rac-comandazione tale provento è qualificato come “sopravvenienza attiva dicarattere straordinario”73.

2.2.2. Costi vivaio

I costi del vivaio per le società di calcio sono equiparati ai costi di ricerca e svi-luppo che sono sostenuti dalle imprese industriali. In questa posta sono ricompre-se non solo le somme eventualmente corrisposte per l’ingaggio di giovanicalciatori (premi di formazione e preparazione), ma anche tutte le spese connessealla gestione stessa del vivaio. Rientrano quindi tra i costi del vivaio quelli relati-vi alle spese di vitto, alloggio, locomozione, rimborsi spese e compensi al perso-nale tecnico, le spese sanitarie e quelle assicurative.

Vista l’assimilazione di tali costi a quelli di ricerca è necessario che venganorispettate le specifiche prescrizioni previste nel codice civile:

• il necessario consenso del Collegio Sindacale per la loro iscrizione;• l’ammortamento in un periodo non superiore a cinque anni;• il vincolo nella distribuzione dei dividendi74.

73 Se tale qualificazione debba essere mantenuta o se invece, data l’importanza acquisita nei bilanci di talune squadre, lecomponenti in parola dovrebbero essere considerate come parte della gestione ordinaria, è un argomento che meriterebbeun’analisi più approfondita, che esula però dalle finalità di questa trattazione. Sul punto cfr. F. Melidoni e G.M. Committeri,Il bilancio delle società di calcio, IPSOA, Cesano Boscone (MI), 2004.74 Art. 2426, n. 5: “i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennalepossono essere iscritti nell’attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro unperiodo non superiore ai cinque anni. Fino a che l’ammortamento non è completato possono essere distribuiti dividendi solo

se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei conosti non ammortizzati.”

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STATO PATRIMONIALE

ATTIVO

B) IMMOBILIZZAZIONI

I - Immobilizzazioni immateriali1) Costi di impianto e di ampliamento2) Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità3) Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno4) Concessioni, licenze, marchi e diritti simili5) Avviamento6) Immobilizzazioni in corso e acconti7) Capitalizzazioni costi vivaio8) Diritti pluriennali alle prestazioni calciatori9) Altre immobilizzazioniTotale

Per quanto riguarda la procedura da adottare per la capitalizzazione dei co-sti del vivaio, la Raccomandazione contabile n. 2 precisa che questa deve avve-nire per via indiretta, passando quindi per il conto economico. In essotroveranno allocazione i costi, nelle rispettive voci di pertinenza, ed i ricavi, nel-la voce A.4 – Capitalizzazione costi del vivaio del valore della produzione.

CONTO ECONOMICO

A) VALORE DELLA PRODUZIONE

1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni2) Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti3) Variazioni dei lavori in corso su ordinazione4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni

a) Capitalizzazione costi vivaio5) Altri ricavi e proventi

- altri ricavi e proventi- contributi in conto esercizio

Totale

2.2.3. Compartecipazioni ex art. 102-bis N.O.I.F.

Non è affatto raro tra le società di calcio stipulare contratti comunemente de-finiti di “comproprietà”. Più precisamente si parla di accordi di compartecipazio-ne: situazioni contrattuali in forza delle quali una società, che abbia acquisito ildiritto alle prestazioni sportive di un calciatore per mezzo di un apposito contrat-to, stipula un accordo con la società cedente prevedendo un “diritto di partecipa-zione” di questa, in misura paritaria, agli effetti derivanti dalla successivarisoluzione dell’accordo con il calciatore.

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Con un contratto di compartecipazione la società che ha ceduto il diritto (ac-quistando la compartecipazione) vanta interessi di natura patrimoniale sul calcia-tore, ma non può disporre delle sue prestazioni, che sono state cedute.

Quello che ci interessa far notare in questa sede è che la classificazione con-tabile di questo particolare diritto diverge rispetto a quella che è invece riserva-ta ai veri e propri “diritti alle prestazioni sportive dei calciatori”. Si configura inquesto caso, per la società che acquista la compartecipazione, una attività fi-nanziaria da iscrivere tra le immobilizzazioni finanziarie con la denominazioneB.III.1.c. – Partecipazioni ex art. 102-bis N.O.I.F.

STATO PATRIMONIALE

ATTIVO

B) IMMOBILIZZAZIONI

III - Immobilizzazioni finanziarie1) Partecipazioni in

a) imprese controllateb) imprese collegatec) altre imprese- Partecipazioni ex art. 102-bis Noif

2) Crediti - con separata indicazione, per ciascuna voce di crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio successivo

a) verso imprese controllateb) verso imprese collegatec) verso controllantid) verso altri

3) Altri titoli4) Azioni proprie (valore nominale ….)Totale

Per la società che invece acquista i diritti alle prestazioni sportive del cal-ciatore, e quindi cede la compartecipazione, l’operazione genera una passivitàfinanziaria, la quale dovrà essere iscritta tra i debiti alla voce D.14 – Debiti perpartecipazioni ex art. 102-bis N.O.I.F.

STATO PATRIMONIALE

PASSIVO

D) DEBITI - CON SEPARATA INDICAZIONE DEGLI IMPORTI ESIGIBILI

ENTRO L’ESERCIZIO SUCCESSIVO

1) Obbligazioni ordinarie

2) Obbligazioni convertibili…

14) Debiti per partecipazioni ex art. 102-bis Noif

Totale

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49

Tale accordo ha durata annuale e può essere rinnovato una sola volta, con ilconsenso del calciatore. Può essere risolto alternativamente in modo consen-suale tra le società prima della scadenza del termine stabilito, oppure tramite ilricorso “alle buste”.

Attraverso la risoluzione della compartecipazione la titolarità del diritto alleprestazioni sportive del calciatore può:

• rimanere in capo alla società già titolare del diritto;• tornare alla società che aveva ceduto tale diritto.Occorre poi ulteriormente distinguere i casi in cui il corrispettivo per la riso-

luzione del contratto sia inferiore oppure superiore rispetto al prezzo corrispostooriginariamente per la compartecipazione.

Si possono verificare allora diverse ipotesi, che sono perfettamente riassuntenelle seguenti tabelle:

Caso A – Il diritto rimane alla società che ha ceduto la compartecipazione

Il corrispettivo dellarisoluzione è maggiore delprezzo della originariacessione

Il corrispettivo dellarisoluzione è inferiore delprezzo della originariacessione

Società che ha ceduto lacompartecipazione

Incrementa il valore del dirittopluriennale alle prestazioni delcalciatore per il maggioreimporto della risoluzionerispetto al valore dellapartecipazione.Storna il debito per lacompartecipazione ed iscrive il(maggiore) debito sorto per larisoluzione.

Storna il debito per lacompartecipazione ed iscrive il(minore) debito sorto per larisoluzione.Rileva un provento pari alladifferenza tra il debitooriginario da partecipazione edil prezzo fissato per larisoluzione dell’accordo.

Società che ha acquistatola compartecipazione

Rileva un provento dapartecipazione, di naturafinanziaria, pari al maggioreimporto della risoluzionerispetto al valore dellapartecipzione.Storna il credito per lacompartecipazione ed iscrive il(maggiore) credito sorto per larisoluzione.

Storna il credito per lacompartecipazione ed iscrive il(minor) credito sorto per larisoluzione.Rileva un onere dapartecipazione pari alladifferenza tra il creditooriginario da partecipazione edil prezzo fissato per larisoluzione dell’accordo.

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Caso B – Il diritto torna alla società che ha acquistato la compartecipazione

Fonte: Il bilancio delle società di calcio

La Raccomandazione contabile n. 3 aggiunge infine che la nota integrativadeve fornire informazioni analitiche su debiti e crediti generati da accordi dicompartecipazione e sugli effetti economici che derivino dalla risoluzione de-gli accordi stessi.

2.2.4. Crediti e debiti verso società calcistiche

Alla corretta contabilizzazione dei crediti e dei debiti, ma solo di quelli ver-so le società calcistiche per la vendita dei diritti alle prestazioni sportive deicalciatori, sono dedicate le Raccomandazioni contabili n. 7 e n. 8. Per tutte lealtre tipologie di credito e di debito infatti rimangono applicabili le ordinarienorme di legge ed i Principi contabili rispettivamente n. 15 e n. 19 emanati dalCNDC e dal CNR. Nel caso dei crediti si chiarisce che nel conto dell’attivo pa-trimoniale C.II.5 – Altri crediti trovano posto i crediti per fatture emesse, maanche quelli per fatture da emettere, che la prassi del settore classificava come“crediti verso clienti”. Una precisazione obbligata dato che la Federazione so-

Il corrispettivo dellarisoluzione è maggiore delprezzo della originariacessione

Il corrispettivo dellarisoluzione è inferiore delprezzo della originariacessione

Società che ha ceduto lacompartecipazione

Storna il valore netto contabiledel diritto alle prestazionisportive del calciatore ediscrive un provento finanziariopari alla differenza tra il debitoda compartecipazione ed ilcredito sorto con larisoluzione.Storna il debito per lacompartecipazione ed iscrive ilcredito sorto per larisoluzione.

Storna il valore netto contabiledel diritto alle prestazionisportive del calciatore ediscrive un provento o un onerefinanziario pari alla differenzatra il valore netto contabile edil corrispettivo per larisoluzione.Storna il debito per lacompartecipazione ed iscrive ilcredito sorto per larisoluzione.

Società che ha acquistatola compartecipazione

Storna il credito percompartecipazione portandoload incremento del diritto alleprestazioni sportive delcalciatore, rilevando unulteriore aumento del dirittoper una importo pari alcorrispettivo pagato.Rileva il debito sorto per larisoluzione.

Riclassifica il valore dellacompartecipazione tra i dirittialle prestazioni sportive deicalciatori, rilevando unulteriore aumento del dirittoper un importo pari alcorrispettivo pagato.Effettua una svalutazione deldiritto per adeguarne il valorea quello di mercato (pari aldoppio del corrispettivo dellarisoluzione).Rileva il debito sorto per larisoluzione.

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stiene che la compravendita dei calciatori non è assolutamente rientrante nel-l’attività caratteristica delle società calcistiche75.

STATO PATRIMONIALE

ATTIVO

C) ATTIVO CIRCOLANTE

II - Crediti - con separata indicazione, per ciascuna voce di crediti, degli importiesigibili entro l’esercizio successivo

1) Verso clienti2) Verso imprese controllate3) Verso imprese collegate4) Verso controllanti5) Verso altri

a) verso società calcisticheTotale

Il regolamento finanziario delle somme pattuite in sede di cessione dei dirittialle prestazioni sportive tra società nazionali avviene attraverso la “stanza di com-pensazione” della Lega, che contabilmente trova espressione nel conto “Legac/trasferimenti”. Per questi crediti è ragionevole far coincidere le previsioni di in-casso con le scadenze contrattualmente previste. Per i crediti vantati nei confron-ti di società estere occorre invece valutare correttamente la loro esigibilità, aprescindere da quelle che sono le pattuizioni contrattuali76.

Per quello che riguarda i debiti, invece, essi sono ricompresi nel passivo dellostato patrimoniale alla voce D.15 – Debiti verso società calcistiche, con l’indica-zione separata di quelli esigibili oltre l’esercizio successivo.

75 Cfr. F. Melidoni e G.M. Committeri, Il bilancio nelle società di calcio, IPSOA, Milano, 2004.76 Infine si raccomanda alle società calcistiche di fornire nella nota integrativa dettagliate informazioni riguardo ammontarisignificativi di crediti e debiti in valuta estera, nonché, per quelli esigibili oltre l’esercizio successivo, anche l’eventuale tassodi interesse e le relative scadenze.

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STATO PATRIMONIALE

PASSIVO

D) DEBITI - CON SEPARATA INDICAZIONE DEGLI IMPORTI ESIGIBILI

ENTRO L’ESERCIZIO SUCCESSIVO

1) Obbligazioni ordinarie

2) Obbligazioni convertibili

3) Debiti verso banche

4) Debiti verso altri finanziatori

5) Acconti

6) Debiti verso fornitori

7) Debiti rappresentati da titoli di credito

8) Debiti verso imprese collegate

9) Debiti verso imprese controllate

10) Debiti verso controllanti

11) Debiti tributari

12) Debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale

13) Altri debiti

14) Debiti per partecipazioni ex art. 102-bis Noif

15) Debiti verso società calcistiche

Totale

Con osservazioni simmetriche a quelle fatte per i crediti, non è ritenuta corret-ta la prassi invalsa nel settore di contabilizzare, sotto la voce in parola, soltanto idebiti per fatture da ricevere, iscrivendo al contrario tra i “debiti verso fornitori”le somme dovute a fronte di fatture ricevute.

Come per i crediti si richiede di prestare particolare attenzione alla valutazio-ne della concreta esigibilità dei debiti, più che alla loro scadenza giuridica, so-prattutto per le operazioni poste in essere con società straniere.

2.3. Le voci di Conto Economico

La necessità di inserire nuove voci contabili, o modificare alcune di quelli esi-stenti, si presenta anche nella redazione del Conto Economico. Ciò è dovuto sen-z’altro alla peculiarità dell’attività svolta dalle società calcistiche e dal particolareprodotto che esse offrono ai clienti. Determinate categorie di ricavi e costi, tipicidelle società in esame, saranno analizzate di seguito.

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2.3.1. Cessione temporanea del diritto alle prestazioni sportive

La cessione temporanea del diritto alle prestazioni sportive di un calciatore èuna fattispecie espressamente prevista dall’art. 103 delle N.O.I.F.

Un accordo di cessione temporanea determina due conseguenze fondamentaliper la società cedente:

• continua ad ammortizzare il costo dell’acquisizione del diritto, rimanendocomunque titolare dello stesso;

• iscrive tra i ricavi il corrispettivo che gli viene riconosciuto dalla societàcessionaria.

Il ricavo sarà imputato a Conto Economico tra il valore della produzione,precisamente alla voce A.5.a – Ricavi da cessione temporanea di calciatori.

CONTO ECONOMICO

A) VALORE DELLA PRODUZIONE

1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni2) Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,

semilavorati e finiti3) Variazioni dei lavori in corso su ordinazione4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni5) Altri ricavi e proventi

- altri ricavi e proventia) Ricavi da cessione temporanea di calciatori

- contributi in conto esercizioTotale

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Simmetricamente, la società cessionaria rileva un costo della gestione ordina-ria, che sarà iscritto nel Conto Economico tra i costi della produzione, alla voceB.8 – Spese per godimento di beni di terzi.

CONTO ECONOMICO

B) COSTI DELLA PRODUZIONE

6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

7) Per servizi

8) Per godimento di beni di terzi

9) Per il personale

a) salari e stipendi

b) oneri sociali

c) trattamento di fine rapporto

d) trattamento di quiescenza e simili

e) altri costi

10) Ammortamenti e svalutazione

a) ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali

b) ammortamenti delle immobilizzazioni materiali

c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni

d) svalutazione dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle

disponibilità liquide

11) Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiare, di consumo e merci

12) Accantonamenti per rischi

13) Altri accantonamenti

14) Oneri diversi di gestione

Totale

Come per la compartecipazione ex art. 102-bis Noif, anche per il caso di ces-sione temporanea è prevista una durata limitata ad una sola stagione con possibi-lità di rinnovo per la successiva77.

La Raccomandazione contabile n. 4, che si occupa della cessione tempora-nea, aggiunge che i costi ed i ricavi derivanti da tali accordi, nonché l’eventualeesistenza di particolari clausole contrattuali quali opzioni, contro opzioni e pre-mi di valorizzazione, devono essere distintamente indicati in Nota Integrativa.

77 È frequente l’introduzione di clausole di “opzione” per l’acquisto definitivo a favore della società cessionaria, nonché laprevisione di una “contro opzione” a favore della società cedente.Altra prassi tipica degli accordi di “prestito”, come vengono definiti comunemente, è rappresentata dalla pattuizione di unpremio di valorizzazione a favore della società cessionaria, determinato previamente o determinabile successivamente.Trattandosi di un provento per la società cessionaria, e di un onere per la società cedente, comunque di competenzadell’esercizio in cui ha effetto la cessione temporanea, sarà necessario provvedere alla imputazione degli stessi al ContoEconomico dell’esercizio, anche se la regolazione finanziaria avverrà poi nella stagione successiva.

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2.3.2. Valore della produzione e ricavi tipici

Alla voce “ricavi delle vendite e delle prestazioni” le società calcistiche iscri-vono quelli derivanti dalla vendita di abbonamenti, vendita di biglietti per l’ac-cesso degli spettatori allo stadio per le partite giocate in casa, nonché le quote deiricavi delle partite disputate fuori casa78.

In quest’ultimo caso la Raccomandazione contabile ricorda che la quota diricavi da rendere alla squadra ospite, rappresenta per la squadra ospitante uncosto che deve essere iscritto alla voce B.14 – Oneri diversi di gestione, nelConto Economico.

CONTO ECONOMICO

B) COSTI DELLA PRODUZIONE

6) Per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci

7) Per servizi

8) Per godimento di beni di terzi

9) Per il personale

10) Ammortamenti e svalutazione

11) Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiare, di consumo

e merci

12) Accantonamenti per rischi

13) Altri accantonamenti

14 ) Oneri diversi di gestione

Totale

Per quanto riguarda invece i ricavi da contratti di sponsorizzazione, da cessio-ne di diritti televisivi e di immagine, dalla pubblicità, si ricorda nella Raccoman-dazione che il relativo contratto è il titolo giuridico che consente la lorocontabilizzazione nel Conto Economico.

Nella pratica le voci del Conto Economico movimentate da queste tipologiedi ricavi sono la A.1 – Ricavi delle vendite e delle prestazioni per la vendita diabbonamenti e biglietti e la voce A.5 – Altri ricavi e proventi per i ricavi deri-vanti da contratti di pubblicità, di sponsorizzazione, di cessione dei diritti tele-visivi e di immagine.

78 Attualmente le società che giocano in trasferta ricevono dal club ospitante il 18% dei ricavi derivanti dalla partita. Una delleproposte vorrebbe portare questa percentuale al 30 fin dalla stagione corrente, compresi i ricavi derivanti dalle Tv. Cfr. D.Cencioni, Il piano di Della Valle contro Galliani, in Economy, anno 3 n.6, 10 febbraio 2005.

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CONTO ECONOMICO

A) VALORE DELLA PRODUZIONE

1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni

2) Variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,

semilavorati e finiti

3) Variazioni dei lavori in corso su ordinazione

4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni

5) Altri ricavi e proventi

- altri ricavi e proventi

- contributi in conto esercizio

Totale

In entrambi i casi gli importi vanno contabilizzati al netto dell’IVA79, la cuiquota a debito deve essere invece iscritta alla voce D.11 – Debiti tributari, nelloStato Patrimoniale.

STATO PATRIMONIALE

PASSIVO

D) DEBITI - CON SEPARATA INDICAZIONE DEGLI IMPORTI ESIGIBILI

ENTRO L’ESERCIZIO SUCCESSIVO

1) Obbligazioni ordinarie

2) Obbligazioni convertibili

3) Debiti verso banche

4) Debiti verso altri finanziatori

5) Acconti

6) Debiti verso fornitori

7) Debiti rappresentati da titoli di credito

8) Debiti verso imprese collegate

9) Debiti verso imprese controllate

10) Debiti verso controllanti

11) Debiti tributari

12) Debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale

13) Altri debiti

14) Debiti per partecipazioni ex art. 102-bis Noif

15) Debiti verso società calcistiche

Totale

79 Dal 1° Gennaio 2000 i proventi dell’attività spettacolistica sono assoggettati al regime IVA ordinario, per cui non è piùnecessario applicare gli accorgimenti previsti dalla Raccomandazione per tener conto dell’applicazione del regime IVA forfetario.

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Le Raccomandazioni contabili si occupano anche di illustrare i metodi daseguire per una corretta imputazione dei ricavi all’esercizio di competenza. Sidistingue tra i ricavi da abbonamento e i ricavi derivanti dai contratti di spon-sorizzazione.

Nel primo caso si procede ad una distinzione, necessaria, tra abbonamentiannuali e pluriennali:

• abbonamenti annuali. Viene contabilizzato l’importo totale del corrispetti-vo, da iscriversi tra il valore della produzione alla voce A.1 – Ricavi dellevendite e delle prestazioni. Qualora la campagna abbonamenti per la sta-gione successiva inizi prima della fine dell’esercizio è necessario rilevare ildebito verso gli abbonati e l’incremento di liquidità generato dalla venditadegli abbonamenti. In tal modo si dà rilevanza ai soli effetti finanziari, neu-tralizzando quelli economici che si rinviano all’esercizio successivo;

• abbonamenti pluriennali. È necessario procedere alla rilevazione di un ri-sconto passivo per la parte che non è di competenza dell’esercizio in cor-so. Si seguono gli stessi principi esposti al punto precedente nel caso incui la campagna abbonamenti inizi prima della fine dell’esercizio.

La seconda categoria di ricavi sotto osservazione è quella derivante dai contrattidi sponsorizzazione. Possono verificarsi casi diversi:

• contratto per un anno a corrispettivo fisso. L’intero ammontare del corri-spettivo viene imputato al Conto Economico dell’esercizio di competenza;

• contratto per un anno a corrispettivo variabile condizionato al raggiungi-mento di determinati risultati sportivi. Durante l’esercizio sono imputatia conto economico i corrispettivi, fatturati o incassati, per la parte fissa.La quota variabile invece deve essere contabilizzata nell’esercizio, indi-pendentemente dal fatto che sia stata emessa la fattura o incassata la som-ma, soltanto se al termine dell’esercizio la squadra ha effettivamenteraggiunto i risultati sportivi previsti nel contratto;

• contratto per più anni a corrispettivo fisso annuale. Durante l’esercizio,quanto è stato fatturato o incassato sarà contabilizzato come provento. Altermine si procederà ad una valutazione sulla congruità di quanto è statoimputato rispetto alla quota effettivamente di competenza. Allora, sarà ri-levato un risconto passivo (con rettifica dei ricavi) nel caso che sia statofatturato o incassato più della quota annuale, oppure un credito per fattu-re da emettere (con conseguente incremento dei ricavi) se durante l’eser-cizio è stato fatturato meno di quanto dovuto secondo il criterio dellacompetenza economica;

• Contratto per più anni a corrispettivo fisso complessivo. Il rapporto tra ilcorrispettivo complessivo stabilito nel contratto e la durata della sponso-rizzazione determina la quota annuale, e quindi il provento di competenza.Al termine dell’esercizio sarà necessario quindi procedere agli adegua-menti già esposti al punto precedente;

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• Contratto per più anni a corrispettivo variabile (annuale o complessivo)legato al raggiungimento di determinati risultati sportivi. Nella contabi-lizzazione è necessario attenersi alle regole esposte ai punti precedenti.

Come sempre la Raccomandazione richiede che vengano fornite dettaglia-te informazioni in Nota Integrativa80.

2.3.3. Plusvalenze e minusvalenze da cessione dei dirittialle prestazioni sportive

In base alle regole stabilite dalla F.I.G.C. il diritto alle prestazioni di un calcia-tore professionista configura, per la società acquirente, “una posta patrimonialeattiva a carattere pluriennale e di natura immateriale”.

Naturalmente, come abbiamo già visto, il prezzo pagato dalla società acqui-rente a quella cedente deve essere iscritto nello stato patrimoniale tra le immobi-lizzazioni immateriali, utilizzando la specifica voce B.I.8 – Diritti pluriennali alleprestazioni dei calciatori. Avendo già esaminato la modalità di ammortamento diquesto specifico asset, passiamo ad esaminare il momento in cui, a seguito di unaoperazione di “compravendita” di calciatori, emergano componenti positive o ne-gative di reddito.

Al momento della cessione del diritto alle prestazioni sportive del calciatore,la società cedente deve confrontare il corrispettivo ottenuto dalla società acqui-rente con il costo non ammortizzato del diritto. Qualora la differenza sia positivadeve essere contabilizzata una plusvalenza; qualora, al contrario, la differenza sianegativa, deve essere contabilizzata una minusvalenza.

Secondo le indicazioni della F.I.G.C. contenute nella Raccomandazione Conta-bile n.1, la “compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori rientra nelleprestazioni di gestione straordinaria”, essendo l’oggetto economico-tecnico dellesocietà di calcio costituito “dalla formazione, dalla preparazione e dalla gestionedi squadre di calcio, dall’organizzazione di tornei, gare e manifestazioni calcisti-che nel rispetto delle norme e delle direttive fissate dalla F.I.G.C.”.

80 In particolare, i ricavi delle vendite e delle prestazioni devono essere suddivisi nelle singole componenti: ricavi derivantidalla vendita di abbonamenti e ricavi derivanti dalla vendita di biglietti (compresa la quota ricevuta dalla squadra ospitante).Deve essere altresì specificata la competizione sportiva cui si fa riferimento. Per quanto concerne gli altri ricavi e proventi, ènecessario che vengano suddivisi sulla base della natura del provento e che siano fornite “le informazioni relative agli estremi

dei contratti più significativi ed ogni altro fatto di rilievo la cui conoscenza sia necessaria per la corretta e completa

interpretazione del dato di bilancio”.

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Seguendo tale impostazione, a nostro parere non del tutto condivisibile81,plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione dei diritti alle prestazionidei calciatori vanno iscritti a Conto Economico, rispettivamente alle voci E.20– Proventi ed E.21 - Oneri.

CONTO ECONOMICO

E) Proventi ed oneri straordinari

20) Proventi

- plusvalenze da alienazioni

- altri proventi straordinari

21) Oneri

- minusvalenze relative a esercizi precedenti

- altri oneri straordinari

Totale delle partite straordinarie (20 - 21)

2.3.4. Premi collettivi per obiettivi specifici

Una Raccomandazione contabile, la n. 14, è dedicata al trattamento contabiledei premi da destinarsi a calciatori professionisti ed allenatori in seguito al conse-guimento di determinati obiettivi sportivi82. Rappresentando un onere per la socie-tà, vanno iscritti a Conto Economico nell’esercizio in cui il riconoscimento è maturato,indipendentemente dal fatto che il premio sia stato effettivamente corrisposto entro lachiusura di detto esercizio.

2.4. L’equilibrio finanziario

È stato fatto riferimento più volte, nel corso della trattazione, alla Leggen.91/1981, la prima che ha regolamentato lo sport professionistico nel nostro Pae-se. All’art. 12 la legge prevede che le società di calcio siano sottoposte, al fine diverificarne l’equilibrio finanziario, ai controlli ed ai conseguenti provvedimentistabiliti dalle Federazioni sportive. Tutto ciò allo scopo di garantire il regolaresvolgimento dei campionati. In attuazione di questi principi, le N.O.I.F. stabili-scono che alla CO.VI.SO.C. sia attribuita la funzione di controllo sull’equilibrioeconomico-finanziario delle società del calcio professionistico. Inoltre a questoorgano è attribuito anche il potere di proporre inchieste e procedimenti discipli-nari nell’ambito della sua attività83.

81 “Non sembra potersi negare facilmente che le plusvalenze generate dalla cessione dei calciatori abbiano i requisiti

necessari per essere annoverate tra le componenti ordinarie del conto economico e non, invece, come avviene attualmente,

tra quelle di natura straordinaria”, così F. Melidoni e G.M. Committeri, in Il bilancio delle società di calcio, IPSOA, Milano,2004. Sostengono questa tesi anche P. Fava, Cessione del contratto di prestazione calcistica e disciplina IRAP, in Il Fisco,n.47/2000 e A. Tadini, La “cessione dei calciatori” e la disciplina IRAP – Un’altra opinione, in Il Fisco n.3/2001.82 Cfr. G. Martinelli, Nel calcio i premi sono tutti collettivi, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n.15, 6 – 19 settembre 2002.83 Art. 80: “Attività di controllo. Allo scopo di garantire lo svolgimento dei campionati, così come previsto dall’articolo 12,comma 1, della legge 23 marzo 1981, n.91, modificato dalla legge 18 novembre 1996, n.586, alla CO.VI.SO.C. è attribuitauna funzione di controllo sull’equilibrio economico-finanziario delle società di calcio professionistiche.Nell’ambito della sua attività la CO.VI.SO.C. può proporre l’attivazione di inchieste e procedimenti disciplinari.”

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Per permettere alla CO.VI.SO.C. di svolgere le proprie funzioni, gli art. 85 e86 delle N.O.I.F. stabiliscono una serie di adempimenti a carico delle società pro-fessionistiche, già elencati precedentemente, ma che qui ricordiamo:

• prospetto R/I con indicazione del rapporto ricavi/indebitamento;• prospetto P/A con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/atti-

vo patrimoniale;• prospetto P/D con indicazione del rapporto patrimonio netto contabile/di-

ritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori.

2.4.1. Prospetto R/I

Entro quarantacinque giorni dalla fine di ciascun trimestre dell’esercizio ognisocietà di calcio professionistica deve far pervenire alla CO.VI.SO.C. il prospet-to R/I con l’indicazione del rapporto tra ricavi ed indebitamento riferito a ciascu-na scadenza.

I ricavi presenti nel prospetto R/I sono i seguenti:• incassi lordi da gare, compresi gli abbonamenti e i proventi da sponsorizza-

zioni;• sponsorizzazioni e proventi vari, derivanti dalle convenzioni con Enti e so-

cietà radio-televisive e altri ricavi relativi ad operazioni di pubblicità e con-cessioni varie (siti internet, testate giornalistiche, etc.);

• plusvalenze da negoziazione dei diritti alle prestazioni dei calciatori, inden-nità di preparazione e promozione, proventi da compartecipazioni ex art.102-bis delle N.O.I.F. Queste voci devono essere inserite al netto di:• minusvalenze da cessione dei diritti pluriennali alle prestazioni

dei calciatori;• oneri da compartecipazione ex art 102-bis delle N.O.I.F.

• ricavi da cessione temporanea di calciatori, derivanti dalla cessione tempo-ranea del diritto alle prestazioni di calciatori al netto delle perdite sopporta-te per lo stesso titolo.

Per quanto riguarda il denominatore di questo rapporto, l’indebitamento, ènecessario considerare tutti i debiti e gli impegni verso terzi di qualsiasi natu-ra, fatta eccezione per debiti infruttiferi e postergati verso soci e per debiti dacompartecipazioni ex art. 102-bis fino ad un ammontare corrispondente al va-lore delle stesse iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale. I debiti nei con-fronti dell’Erario sono indicati al netto degli eventuali crediti compensabilientro l’anno successivo alla data dell’insorgenza. I debiti vanno poi ridotti perun importo corrispondente alle attività finanziarie con scadenza non superiorea dodici mesi, risultanti dalla contabilità sociale alle voci “Disponibilità liqui-de” e “Altri titoli”. Per i rapporti di debito e credito derivanti dalle operazionidi trasferimento dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori si applicauna normativa speciale. Questi rapporti infatti, tra società italiane, sono gestitidalla Lega attraverso il sistema della “stanza di compensazione”. I saldi finan-ziari delle operazioni di trasferimento saranno quindi compresi nell’indebita-

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mento, se passivi, oppure saranno por-tati a riduzione dello stesso, se attivi.Alla riduzione dell’indebita-mentonon concorrono i crediti derivanti dal-le operazioni di trasferi-mento dei di-ritti con società estere, salvo chericorrano particolari condizioni84. Ilrapporto tra i ricavi e l’indebitamento,così calcolato, deve risultare non infe-riore a 3. Questo rap-presenta uno deiparametri che i club devono rispettareper essere ammessi al campionato85.Qualora il rapporto fosse inferiore atre, la compagine societaria dovrebbeintervenire subito a copertura di tale“eccesso di indebi-tamento”. È inte-ressante osservare la composizionedell’indebitamento: le voci maggiorisono rappresentate dai debiti nei con-fronti dell’Erario e degli Enti Previ-denziali per il mancato versamentodelle ritenute fiscali e dei contributi,oltre che dai debiti che rappresentanogli emolumenti da versare a calciatorie altri dipendenti86.

Debiti fiscali754.417.480 euro di debiti al 28 novembre2007 e 102 società su 193 complessiveassoggettate a procedure esecutive in sededi riscossione (sequestri, pignoramenti evia dicendo).Il debito in gran parte è concentrato sullesocietà di serie A, che accumulano debiti per376.115.315,27 euro.I dati sono riferiti ai periodi d’imposta dal2001 al 2005 Andando a vedere più da vicinosi vede che dei 376,115 milioni di euro dovutidalla serie A, la stragrande maggioranza èdovuta da società fallite o in fase diriorganizzazione. E così se il Parma AC Spadeve 81.521.825,93, il Parma FC Spa nondeve nulla. La SS Calcio Napoli Spa deve47.430.552,43 euro, mentre la più “giovane”Napoli Soccer Spa nulla più deve. E analoghisono i casi di Fiorentina e Torino per lesquadre che giocano in A. Una situazioneperaltro che non riguarda solo la seriemaggiore, ma anche club dei campionati di Be C. Contando infatti le squadre che si sono“trasformate”, quelle fallite e quelle uscite dalcircuito professionistico, si arriva a 66 clubche in tutto totalizzano debiti con l’Erario per512 milioni di euro.A. Crescione, Il fisco batte cassa con il mondo del

calcio: debiti per 754 milioni, Il Sole 24 Ore, 7

dicembre 2007

84 I crediti devono risultare iscritti nei bilanci certificati oppure, qualora le società non abbiano l’obbligo della certificazione,la certezza ed esigibilità dei crediti deve essere certificata da una società di revisione iscritta nell’Albo speciale ex art. 161D.Lgs. del 24 Febbraio 1998, n.58.85 Questo rapporto non è molto usato nella valutazione delle aziende non calcistiche, poiché mette a confronto dati che non sonotra di loro collegati direttamente. Cfr. F. Melidoni e G.M. Committeri, Il bilancio delle società di calcio, IPSOA, Milano, 2004.86 Questa voce d’altra parte rappresenterebbe una anomalia, dato che il regolamento della Lega Nazionale Professionisti,all’art. 4, richiede per l’iscrizione ai campionati di aver adempiuto ogni obbligazione nei confronti dei propri tesserati entro il30 giungo. Adempimento che, nel caso dei calciatori, si manifesta con il rilascio da parte di questi di una dichiarazione“liberatoria” davanti ad un pubblico ufficiale o un notaio. “Tecnicamente” sarebbe quindi impossibile presentare debiti versocalciatori e iscriversi comunque al campionato.

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2.4.2. Prospetto P/A

Anche il rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale dovrà essereinviato alla CO.VI.SO.C. entro 45 giorni dall’approvazione del bilancio e della re-lazione semestrale.

Il patrimonio netto è dato dalla sommatoria delle voci che fanno riferimento alpatrimonio netto contabile, includendo anche eventuali finanziamenti dei soci po-stergati e sottraendo i crediti verso i soci per decimi da versare.

L’attivo patrimoniale invece si calcola come somma delle voci relative a im-mobilizzazioni, attivo circolante, ratei e risconti.

È stata recentemente stabilità la misura minima per questo rapporto:• 0,10 per le società che hanno usufruito delle possibilità concesse dalla Leg-

ge 21 febbraio 2003, n. 27 (la c.d. Legge “spalma ammortamenti”);• 0,08 per tutte le altre società.Per procedere all’analisi di questo rapporto è opportuno riclassificare lo sta-

to patrimoniale secondo la logica della liquidità dell’attivo, e dell’esigibilità delpassivo.

ATTIVO PASSIVO

Liquidità Passività correnti

Crediti Passività consolidate

Rimanenze

Immobilizzazioni Patrimonio Netto

Una volta riclassificato in questo modo lo stato patrimoniale, risulta evidenteche il rapporto P/A non è altro che il classico “grado di indipendenza finanziaria”.

Una elevata incidenza del patrimonio proprio tra le fonti di finanziamento as-sicura autonomia finanziaria all’impresa e rappresenta uno dei presupposti per ot-tenere credito, dato che è interpretato come un segnale di responsabilizzazionedella proprietà nelle scelte gestionali87.

Normalmente, nel mondo del calcio, escludendo le società che sono quotatenei mercati azionari, i presidenti hanno spesso assunto responsabilità tanto opera-tive, quanto finanziarie88. Il capitale preso a prestito da terzi d’altra parte consen-te di allargare le risorse disponibili e, in presenza di leva finanziaria, di migliorarela redditività del capitale proprio.

87 I finanziatori attribuiscono una fondamentale importanza a questo indice qualora debbano decidere se accordare o menoprestiti alla società.88 Vd. capitolo I, paragrafo 1.1.3.

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2.4.3. Prospetto P/D

È utile anche in questo caso ricorrere alla riclassificazione dello stato patrimo-niale, utilizzando gli stessi criteri precedentemente illustrati.

ATTIVO PASSIVO

Liquidità Passività correnti

Crediti Passività consolidate

Rimanenze

Immobilizzazioni Patrimonio Netto

In questo prospetto, che mette in relazione il patrimonio netto contabile con idiritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori, al numeratore troviamo il patri-monio netto contabile così come risulta dai dati contabili alla voce patrimonio net-to, comprendendo anche i finanziamenti postergati dei soci e sottraendo, invece,i crediti verso i soci stessi.

Per quanto riguarda il denominatore del rapporto in esame, i diritti plurienna-li alle prestazioni dei calciatori sono quelli che risultano dalle scritture contabili alnetto degli ammortamenti del periodo.

Si è stabilito che la misura di questo indice deve essere 0,25. Esso rappresenta il“grado di autocopertura delle immobilizzazioni”, cioè indica la capacità dell’azien-da calcistica di autofinanziare le immobilizzazioni tecniche, che sono appunto in que-sto caso rappresentate dagli investimenti nel “parco giocatori”.

Tutti i prospetti fin qui analizzati devono essere sottoscritti sia dal legale rap-presentante la società sia dal soggetto che è incaricato del controllo contabile. Èprevisto infine che a questi prospetti sia allegata una dichiarazione in cui i due sog-getti di cui sopra, attestino la veridicità delle informazioni trasmesse allaCO.VI.SO.C., nonché la regolare tenuta della contabilità e la corrispondenza deidati che sono contenuti nei prospetti con le risultanze delle scritture contabili.

2.4.4. Altri indicatori di efficienza

L’analisi di bilancio ha l’obiettivo fondamentale di evidenziare ed analizzarela situazione di equilibrio aziendale, attraverso indici sintetici ed espressivi dellecaratteristiche fondamentali della gestione89. Perché questi indici abbiano effica-cia informativa, è necessario effettuare comparazioni, con serie storiche ovverocon altre aziende concorrenti90. Nel caso delle società di calcio il campo di appli-cabilità dell’analisi di bilancio si restringe però a causa della particolarità dell’at-tività sociale e per le sue ripercussioni gestionali ed amministrative.

89 “Sono estremamente delicate le valutazioni del bilancio d’esercizio o meglio della scelta dei criteri più idonei per eseguirle.

Da sempre la dottrina economico-aziendale ha collegato tale problema a quello dei limiti informativi del bilancio d’esercizio.”C. Bianchi, Scritti in materia di Bilancio d’Esercizio, Kappa, 1989.90 È ciò che sostiene Onida in Economia d’Azienda, UTET, Torino, 1986. Giova qui ricordare che nel calcolo degli indici lasignificatività degli stessi dipende dalla riclassificazione dei bilanci, e rimane pertanto condizionata dall’attendibilità di questi ultimi.

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I ricavi principali della gestione caratteristica delle società di calcio sono rap-presentati da alcune voci tipiche:

• ricavi da gare;• ricavi di natura commerciale, come gli accordi di sponsorizzazione delle

maglie, dei luoghi (sala stampa, campi di allenamento, stadio) o dei media(giornale o sito internet della società);

• ricavi dalla cessione dei diritti televisivi, radiofonici e di internet;• ricavi derivanti dall’attività di compravendita dei calciatori che, tuttavia, in

base alle Raccomandazioni della F.I.G.C. sono qualificati come componen-ti di natura straordinaria (plusvalenze e minusvalenze).

I costi principali della gestione caratteristica sono invece rappresentati da quel-li relativi ai calciatori, e possiamo distinguerli in due macro classi:

• emolumenti a tesserati (calciatori e tecnici);• ammortamenti dei diritti alle prestazioni dei calciatori.Altra caratteristica propria della gestione delle società di calcio è rappresen-

tata dal continuo sostegno finanziario dei soci, i quali sono tenuti spesso ad in-tervenire per coprire le perdite, in modo da permettere il rispetto dell’obbligodel parametro federale R/I91(che deve essere uguale a 3) nonché delle norme delCodice Civile92.

Un primo indicatore che può essere utile nell’analisi dei bilanci delle societàdi calcio è il seguente:

AMMORTAMENTO DIRITTI ALLE PRESTAZIONI DEI CALCIATORI

COSTI TOTALI

Questo indice consente di rappresentare il livello di incidenza degli ammorta-menti dei diritti alle prestazioni dei calciatori sui costi totali. Considerata l’eleva-ta intensità del lavoro nelle società di calcio, è adatto per indicare il livello dirigidità dell’investimento.

Se aggiungiamo al numeratore gli emolumenti ai calciatori e ai tecnici, che rap-presentano l’altro componente di costo maggiormente rilevante, possiamo giun-gere ad una diversa analisi.

AMMORTAMENTO DPC + EMOLUMENTI AI TESSERATI

COSTI TOTALI

Quest’altro indice consente di osservare l’incidenza del costo del “capitaleumano” nelle società di in esame.

Un indicatore che è necessario conoscere quando si effettua l’analisi di una so-cietà, indipendentemente dal settore in cui la stessa opera, è il risultato operativo. Sicalcola, dopo aver opportunamente riclassificato il bilancio, dalla differenza tra i ri-

91 Vedi paragrafo 2.4.1.92 Si fa riferimento alle situazioni previste dagli artt. 2446 “Riduzione del capitale per perdite” e 2447 “Riduzione del capitale

sociale al di sotto del minimo legale” del Codice Civile.

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cavi ed i costi della gestione caratteristica. Nel caso specifico delle società calcistichesarebbe opportuno inserire in questo indicatore anche le plusvalenze e le minusva-lenze derivanti dalle operazioni di “calciomercato”, che d’altra parte vengono inclu-se anche nel rapporto Ricavi/Indebitamento. Il risultato operativo ci permette poi dicalcolare il ROS93.

Altri indici utili per lo studio dell’equilibrio economico sono quelli di econo-micità, che si ottengono mettendo in relazione componenti negativi e positivi direddito:

RICAVI DA INCASSI + RICAVI GESTIONE COMMERCIALE + RICAVI DA DIRITTI Tv + PLUSVALENZE

EMOLUMENTI PERSONALE SPORTIVO + AMMORTAMENTI D.P.C. + MINUSVALENZE

In questo modo osserviamo il rapporto tra ricavi e costi della gestione caratte-ristica, includendo nella definizione anche le plusvalenze e le minusvalenze. L’al-tro modo di vedere questo rapporto è invece quello di “depurarlo” dellecomponenti che la F.I.G.C. definisce “straordinarie”.

Risulta utile anche misurare l’incidenza di tali componenti straordinarie in re-lazione al totale degli altri ricavi o in relazione al risultato operativo lordo94:

PLUSVALENZE - MINUSVALENZE

RICAVI DA INCASSI + RICAVI GESTIONE COMMERCIALE + RICAVI DA DIRITTI Tv

PLUSVALENZE - MINUSVALENZE

RISULTATO OPERATIVO LORDO

Un indice particolare, certo utilizzabile solo nell’ambito delle società sportive,è il seguente:

INCASSI DERIVANTI DALLE PARTITE

NUMERO DI SPETTATORI

93 Il R.O.S. (Return on Sales) si ottiene come rapporto tra risultato operative e ricavi netti della gestione caratteristica:rappresenta la capacità di remunerazione propria dei ricavi tipici. 94 È un indicatore costituito dai ricavi della gestione caratteristica escluse le plusvalenze e le minusvalenze, comparati con icosti di gestione.

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Esso contempla elementi quantitativioltre che economici, ed è anche com-parabile a livello internazionale. Dastudi di settore95 emerge chiaro il da-to che le società italiane, nonostantedispongano di stadi mediamente piùgrandi delle loro concorrenti estere,riescono a realizzare ricavi medi an-nui per spettatore di gran lunga infe-riori. Questo deriva soprattutto dalla differente utilizzazione dello stadio, chele società con un indice maggiore intendono non solo come “contenitore” del-l’evento sportivo, ma come centro polifunzionale che integra le varie attivitàludiche a quelle connesse con la quotidianità del tifoso utilizzatore96.

2.5. La prassi contabile europea

Se in Italia è stato necessario un intervento legislativo per ottenere la tra-sformazione delle vecchie associazioni sportive in società commerciali, inGran Bretagna invece, già dalla fine dell’800, si è assistito ad un volontario eprogressivo passaggio delle società da “private social club” a “Limited Com-pany” allo scopo di raccogliere mezzi finanziari e limitare la responsabilità pa-trimoniale degli aderenti.

Per quanto riguarda l’aspetto più strettamente attinente al bilancio, la voceprincipale per i club inglesi è rappresentata dai compensi di trasferimento. Laprassi largamente diffusa è quella dell’imputazione di questi costi a Conto Eco-nomico. Tale prassi è vantaggiosa sotto diversi punti di vista: è molto pruden-te, non implica assolutamente soggettività, è semplice da capire e illustrare.

L’impossibilità di iscrivere consistenti attività nello Stato Patrimoniale, e ilforte appesantimento del Conto Profitti e Perdite ha acceso però un dibattitosulla possibilità di diluire l’enorme impatto delle spese di trasferimento, capi-talizzandole e riconoscendo ad esse la natura di investimento. Altri club inve-ce di iscrivere il costo dell’intera squadra al valore corrente di mercato nellarelazione di bilancio o in Nota Integrativa, pongono quest’ultimo direttamentenell’attivo di Stato Patrimoniale, nell’intento di fornire una “fair view”. Alla fi-ne di ciascun esercizio poi, si procede ad una rivalutazione o ad una svaluta-zione del valore della rosa, ma le variazioni sono imputate in una appositariserva di rivalutazione, piuttosto che a Conto Economico97.

Ricavi per spettatoreNella stagione 2005/06 i club dellaPremiership raggiungevano 51 euro perspettatore di media, contro i 33 euro inSpagna, i 24 euro in Germania, i 22 euro inItalia e i 16 euro in Francia.Deloitte, Football Money League The Reign in

Spain, Febbraio 2007

95 Deloitte & Touche Annual Review of Football Finance, varie edizioni.96 “Nel nostro Paese più della metà del fatturato del calcio dipende da un unico cliente: la televisione […] bisogna che gli

spettatori tornino a riempire le gradinate. Inoltre, lo stadio deve “vivere” sette giorni su sette e non una volta ogni due

settimane. In Gran Bretagna, negli ultimi dieci anni, su questo fronte sono stati investiti ben 1,2 miliardi di sterline” spiegaA. Marchesi, responsabile per l’Italia dell’area sport di Deloitte.97 Nel caso delle svalutazioni, in applicazione del principio della prudenza, esse vanno a rettificare direttamente in bilanciole voci cui fanno riferimento.

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Altri club infine ammortizzano i diritti alle prestazioni secondo una base “net-ta” che risulta pari alla differenza tra costo storico e plausibile valore di cessionesecondo le sole quotazioni di mercato. Negli ultimi due casi analizzati il ROE ri-sulta molto più elevato.

Per quanto riguarda invece la contabilizzazione dei compensi contrattuali nonesiste una prassi dominante. È possibile imputare i pagamenti a Conto Economi-co tutti nell’anno del trasferimento, secondo il principio di cassa o sulla base del-le obbligazioni pecuniarie nascenti dal contratto. Gli ultimi due criterideterminano una rappresentazione degli utili più vicina al cash flow98.

Infine è opportuno parlare della valutazione dei terreni di gioco e degli im-pianti di proprietà. Come già detto, tutte le società di Premier League presenta-no nell’attivo dello Stato Patrimoniale uno stadio di proprietà, e ciò permette difornire una certa consistenza patrimoniale a quelle società che imputano a Con-to Economico i costi di trasferimento e le cui attività principali non risultano dal-lo Stato Patrimoniale. Naturalmente è negata la possibilità di ammortizzare iterreni, in quanto non soggetti a deperimento, mentre è concessa per impianti ecostruzioni99. Una limitazione riguarda i dividendi, che possono essere distribuitiin misura non superiore al 15% del capitale sociale.

Se oltrepassiamo la Manica e concentriamo la nostra attenzione sui clubFrancesi, notiamo che i diritti alle prestazioni dei calciatori vengono ammortiz-zati e capitalizzati secondo i metodi utilizzati nel nostro Paese, anche se la Fe-derazione Francese suggerisce di iscrivere a Conto Economico l’intero costo diacquisizione. Non si procede alla patrimonializzazione dei costi del vivaio, ed èprevista la facoltà di creare un fondo rischi nel caso di scostamento rilevante trail valore di mercato di un calciatore ed il valore residuo di bilancio ammortiz-zato. In Spagna i diritti alle prestazioni dei calciatori sono capitalizzati e am-mortizzati nel modo a noi usuale; le spese per il vivaio sono imputabili solo aConto Economico dell’esercizio nel quale sono sostenute; è previsto un fondorischi per lo scostamento tra i valori correnti dei calciatori dal costo contabileammortizzato.

Per quanto riguarda la distribuzione dei dividendi, è prevista la costituzione diuna riserva obbligatoria, pari alla metà della media dei costi degli ultimi tre eser-cizi. Infine il calcio tedesco, rivoluzionato nella normativa nel 1998, vede accan-to alla presenza dei Klub con fini ideali la possibilità di costituire società dicapitali, soggette alla medesima discipline delle altre imprese tedesche. Impor-tante è l’assenza di qualsiasi limitazione alla distribuzione degli utili.

La contabilizzazione dei valori in bilancio è del tutto simile alla normativa ita-liana, tranne per ciò che riguarda i costi relativi alla gestione del settore giovani-le, che vanno imputati al Conto Economico dell’esercizio in cui le spese sono statesostenute, senza la possibilità di alcun tipo di capitalizzazione.

98 La “base cassa” e la “base utili” coincidono qualora la società onori con tempestività gli impegni assunti.99 Nella realtà solo una minoranza procede all’ammortamento delle costruzioni: alle prese con il problema di non gravareeccessivamente il Conto Economico, gli amministratori di queste società sostengono che il deperimento non è rilevante vistele continue opere di manutenzione.

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CAPITOLO III

LE SOCIETÀ CALCISTICHE E LA QUOTAZIONE IN BORSA

3.1. Le opportunità derivanti dalla quotazione in borsa

Lo scopo principale che qualsiasi società si prefigge, nel momento in cui deci-de di intraprendere la strada della quotazione in Borsa, è quello di ricercare fontidi finanziamento alternative a quelle classiche.

Se si considera l’andamento crescente dei costi di gestione e il conseguentecostante aumento del fabbisogno finanziario, che hanno caratterizzato i club ita-liani lungo tutto l’arco della loro storia, ma soprattutto negli ultimi anni, l’op-portunità di reperire risorse finanziarie fresche rappresenta senza dubbio unincentivo alla quotazione.

La quotazione in borsa infatti ha dalla sua parte un vantaggio fondamentalerispetto alle altre forme di finanziamento: il collocamento di parte del capitale sulmercato consente la raccolta di nuove fonti e, vista la disciplina giuridica relati-va allo status di azionista, a fronte di queste nuove fonti, non è dovuto nessunrimborso100.

La società che decide di quotarsi, pertanto, vende sul mercato una quota delproprio capitale, in relazione al suo fabbisogno finanziario, e tale per cui i rapportidi tra i vecchi azionisti rimangano praticamente invariati. In questo modo la so-cietà si trova nelle proprie casse fondi pronti ad essere utilizzati per la realizza-zione dei piani di investimento previsti dal management della società, ad un costorelativamente basso, fatta eccezione per le spese, certo non irrisorie, necessarie al-la prima quotazione101.

Rastrellare denaro è spesso una ragione importante perché una società decidadi quotarsi sul mercato, ma altri fattori possono determinare tale scelta: per esem-pio, il desiderio di una parte degli azionisti privati di avere “un’opzione di usci-ta”. Potrebbe infatti accadere che i possessori di titoli di una società non quotatasi trovino di fronte dei problemi nel momento in cui abbiano la volontà di con-vertire parte, o tutto, il proprio pacchetto azionario.

Ciò può verificarsi per le lungaggini della negoziazione, come per la concretadifficoltà di trovare un soggetto privato disposto ad effettuare un investimento inuna società di calcio.

Attraverso il meccanismo della quotazione, poi, si sfrutta la passione dei ti-fosi102 coinvolgendoli direttamente nella vita economica della società, la qua-

100 Se non in via di residual claimant.101 In realtà finora in Italia poche società hanno dimostrato di credere nei benefici derivanti dalla quotazione in Borsa,preferendo ricorre ad altre operazioni per coprire le necessità di liquidità nel breve periodo. La modalità più utilizzata è lacartolarizzazione dei proventi commerciali. Esempio tipico è quello del Parma, il quale realizzò la prima securitization italianadi crediti derivanti da diritti televisivi e da contratti di sponsorizzazione. Cfr. M. Longo, Il Parma punta sulla securitization,Il Sole 24 Ore, 23 aprile 2002.102 “Be a fun, buy a stock”, era il motto prescelto dai club Inglesi che cavalcavano l’onda della quotazione in borsa. InInghilterra i tifosi-azionisti sono organizzati in modo da far sentire in maniera forte la propria voce nelle situazioni critichedella vita la società.

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le trae beneficio dai risparmi dei propri sostenitori. Il club può in questo modo rac-cogliere piuttosto facilmente le risorse necessarie al sostegno della propria cre-scita e rafforzare contemporaneamente la struttura patrimoniale. Il minor costo deimezzi finanziari così raccolti consente anche di allentare la dipendenza dal siste-ma creditizio.

La quotazione inoltre crea intorno alla società un senso di appartenenza impor-tante per lo sfruttamento delle politiche di marketing, con la possibilità di coinvolge-re maggiormente nel processo di fidelizzazione i piccoli azionisti-tifosi103.

Altro vantaggio derivante dalla quotazione, sicuramente di importanza non se-condaria, è la possibilità per la società di migliorare la visibilità propria e del suobrand, creando in questo modo nuove opportunità di business non solo nell’am-bito calcistico, ma anche e soprattutto in business diversificati, nonchè la possibi-lità di migliorare il proprio standing creditizio, motivando il management edattraendo manager sempre più qualificati.

Il collocamento delle azioni sul mercato apre anche la strada a premi ai gio-catori sotto forma di stock options. È una modalità che negli ultimi tempi nonha riscosso molto successo, data la rigidità da parte dei giocatori e dei loro pro-curatori ad accettare remunerazioni sotto questa forma104, nonché l’alta per-centuale di atleti che cambiano società ogni anno. Riteniamo che rappresenticomunque una indubbia opportunità per una migliore gestione del costo dei cal-ciatori.

La quotazione in Borsa rappresenta una indiscussa occasione, per i club che laintraprendono, ma anche per tutto il resto del sistema calcio, di rivedere la propriapolitica economico-calcistica, svincolandola dai risultati sportivi e coniugandolacon un approccio molto più commerciale105. Ciò determinerebbe l’abbandono de-finitivo del modello imperniato sul “presidente-mecenate”, e un’organizzazionedecisamente più “aziendale” del club nonché, elemento non da poco, una mag-giore trasparenza nella gestione delle società in esame.

3.2. I fattori di rischio connessi alla quotazione

Alle opportunità derivanti dalla quotazione, naturalmente, fanno da contralta-re una serie di rischi che possono incidere, in maniera differente, sull’andamentoborsistico dei titoli delle società calcistiche.

È possibile suddividere tali fattori di rischio in tre grandi macrocategorie:• Rischi idiosincratici• Rischi del settore• Rischi del mercatoAll’interno di queste macrocategorie si individuano poi le diverse “voci” di ri-

schio, come risulta evidente dalla tabella.

103 Cfr. D. Cencioni, Calcio europeo in Borsa: -42% in un anno, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n.12, 20 giugno – 5 luglio 2002.104 Cfr. PKF Accountants and Business Advisors, Financing football – the new reality, 2003 e Financing Football – fit for

business?, 2004.105 Cfr. G. Falsanini e E.F. Giangreco, Le società di calcio del 2000, dal marketing alla quotazione in borsa, Rubbettino, 2001.

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Fig. n. 3.1: Fattori di rischio per le società di calcio.

RISCHI IDIOSINCRATICI1) Rischi connessi all’alea sportiva (risultati sul campo di gioco)2) Rischi connessi all’indisponibilità di calciatori (mantenimento del livello tecnico)3) Rischio di retrocessione4) Andamento economico e finanziario5) Rapporti con le parti correlate6) Presenza di prestiti obbligazionari7) Contratti rilevanti8) Rischi connessi alla tutela dei marchi9) Verifiche fiscali e procedimenti giudiziari e sportivi10) Rischi connessi alla possibile espansione dell’attività11) Conflitti di interessiRISCHI DEL SETTORE12) Indebitamento delle società di calcio professionistiche, rischio d’iscrizione13) Rischi connessi all’applicazione delle normative FIFA, UEFA e FIGC in tema

di trasferimenti di giocatori14) Rischi di inadempimento contrattuale e di cambio

nei trasferimenti internazionali dei calciatori15) Rischi connessi al regime normativo del settore16) Rischi connessi all’evoluzione del mercato dei diritti televisivi,

telefonici e Internet17) Rischi derivanti dall’attuale situazione politica internazionaleRISCHI DI MERCATO18) Fattori influenzanti la macroeconomia

3.2.1. Rischi connessi all’alea sportiva

Per quanto riguarda le società quota-te rilevano solo gli incontri della primasquadra, ma di questa sono importantisia il risultato ottenuto in ogni singolomatch106, sia l’effetto di tale risultato aifini del passaggio del turno o per la qua-lificazione ad una Coppa Europea perl’anno successivo. In pratica tale effettosi ricollega alla redditività delle societàsportiva e alla sua capacità di creare va-lore, le quali possono essere influenzatedai risultati ottenuti sul campo dalla pri-ma squadra, sia nelle competizioni na-

106 Esso determina la componente bet dell’andamento del titolo.

L’effetto ChampionsUno studio commissionato da MasterCard alprofessor Simon Chadwik, Direttore delCentro Internazionale di Business dello Sportdell’Università di Conventry, mostra che ledue squadre inglesi, Manchester United eChelsea, potrebbero aver guadagnato più di30 mln di sterline durante il cammino versola finale di Mosca e la vittoria del trofeopotrebbe portare ad un ricavo complessivodi 115 mln di sterline.Champions League winner to claim £85m,says Mastercard, www.sportbusiness.com, 21maggio 2008

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zionali che in quelle internazionali cui partecipa. Tra le voci di ricavo delle società inesame, quelle più strettamente correlate ai risultati nelle competizioni sono rappre-sentate, essenzialmente, dai ricavi da gare e dai diritti televisivi107 derivanti dalla par-tecipazione alle competizioni internazionali, oltre che dagli eventuali premicorrisposti dalle Federazioni organizzatrici in base all’esito del match.

È ragionevole pensare, perciò, che se la squadra in futuro non riuscisse a parteci-pare al massimo campionato, o alle competizioni internazionali cui attualmente par-tecipa, oppure raggiungesse risultati nettamente inferiori a quelli degli ultimi anni, irisultati economici della società ne risulterebbero negativamente influenzati108.

Per quanto riguarda invece i costi di gestione, i risultati sportivi possono in-fluenzare soltanto la componente rappresentata dai premi109 a favore di calciato-ri e tecnici per il raggiungimento di obiettivi predeterminati contrattualmente.

3.2.2. Rischi connessi al mantenimento del livello tecnico

I cambiamenti nello staff tecnico o nei componenti della squadra hanno natural-mente una influenza determinante sul corso dei titoli delle società di calcio. E non cisi riferisce solo ai nuovi arrivi, ma anche alle partenze e agli infortuni.

Nonostante negli anni passati i tre club italiani quotati abbiano saputo mante-nere uno standard di risultati sportivi mediamente elevato, già nell’ultimo perio-do si sono verificate, per alcuni di essi, situazioni poco prevedibili, come lamancata integrazione all’interno della prima squadra di giocatori ritenuti dalle so-cietà di elevato valore tecnico, o l’indisponibilità di alcuni calciatori per infortu-ni subiti nell’ambito, ma anche fuori, dell’attività sportiva, o per squalifichecomminate dagli organi della giustizia sportiva o di quella ordinaria, o ancora, nelcaso di giocatori stranieri, la convocazione degli stessi nelle rispettive squadre na-zionali.

I rischi patrimoniali ed economici collegati al verificarsi di uno degli eventisuddetti, possono, e solitamente accade, essere oggigiorno agevolmente copertiattraverso la stipula di polizze assicurative110. Il fenomeno si sta lentamente al-

107 Per i primi, fa eccezione la quota derivante dagli abbonamenti, la quale è normalmente indipendente da tali risultati.Per i diritti televisivi, se ci riferiamo ai tre Club italiani quotati, la dipendenza da questi è evidente, dato che i ricavi generatidagli stessi coprono oltre il 55% del fatturato.108 Il Leeds United ne è un perfetto esempio. Dopo essere arrivato negli ultimi anni ‘90 a competere stabilmente per il titolo,il management decise di investire pesantemente nell’acquisto di giocatori, confidando di coprire tale investimento con i ricaviderivanti dalla partecipazione alla Champions League. Quando la squadra fallì consecutivamente la qualificazione allamassima competizione continentale per gli anni 2001 e 2002, la società fu costretta a vendere i migliori giocatori, giungendoal fallimento, nonchè alla retrocessione nella serie inferiore.109 Art 93, 1° comma delle N.O.I.F. “Contratti tra società e tesserati […] Sono consentiti […] premi collettivi per obbiettivi

specifici in numero non superiore a due per società e per ciascuna competizione agonistica, riferiti a qualificazioni o a

classificazioni finali. I premi nell’ambito di ciascuna competizione non sono cumulabili. Sono altresì consentiti premiindividuali ad esclusione dei premi partita, purché risultanti da accordi stipulati con calciatori e allenatori contestualmente

alla stipula del contratto economico ovvero da accordi integrativi depositati perentoriamente entro il 31 dicembre di ciascuna

stagione sportiva.”. A proposito cfr. par. 2.3.4.110 Tra queste sono da annoverare quelle contro il rischio di invalidità permanente (totale o parziale) e di invaliditàtemporanea, ma anche quelle stipulate a copertura della mancata vittoria dello scudetto o del “sinistro” rappresentato dallaretrocessione in una serie inferiore. Alcune società sono riuscite a trarre effettivi benefici dal trasferimento del rischio-vittoriae del rischio-indisponibilità sulla compagnia assicuratrice, chiudendo il bilancio in pareggio, se non addirittura in attivo, graziea tale previdente lungimiranza.

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largando anche alle categorie inferiori e agli altri sport. Le compagnie assicurati-ve maggiormente impegnate in questo settore sostengono che la situazione è soloallo stadio primordiale, e che l’incidenza di queste polizze è destinata a crescererapidamente visto che “l’universo assicurativo nel mondo dello sport è diventatouna componente fondamentale”111.

Oltre alla possibilità di ricorrere alle polizze, una strategia di lungo termine chepuò costituire una copertura al rischio connesso al mantenimento del livello tec-nico, è rappresentata dalla istituzione e dal mantenimento di vivai e squadre mi-nori di eccellente qualità, da quali attingere “campioncini” e giocatori che,conoscendosi, siano anche già fortemente amalgamati112.

3.2.3. Rischio di retrocessione

Questa tipologia di rischio tende adessere un’ipotesi del tipo worst case ri-spetto ai fattori di rischio analizzati neiprecedenti paragrafi, dato che non con-sidera solo la mancata qualificazionead una coppa, ma la retrocessione nudae cruda in una serie inferiore.

L’eventualità prospettata non si èmai verificata in Italia per le societàquotate, ma nella realtà britannica èaccaduto. Una promozione o unaretrocessione hanno determinatorispettivamente un considerevoleincremento o una altrettanto conside-revole decremento nel corso dei tito-li della società in questione.

In realtà il verificarsi dell’evento “retrocessione” determina ripercussioni ne-gative sull’andamento delle azioni più forti di quelle positive determinate da unapromozione113.

Retrocessioni e promozioniIl primo caso in Italia è quello della Juventus.Le vicende di Calciopoli hanno determinatoun impatto notevole sui ricavi della societàtorinese:più di 100 milioni di euro in meno inuna sola stagione (Cfr. par. 6.4.2.)Relativamente alla promozione, invece, unarecente analisi di Deloitte ha stimato inalmeno 60 mln di sterline l’incremento diricavi generato da una promozione inPremier League per una squadra di LeagueOne (30 mln dai diritti tv, 5 mln da nuoviaccordi di sponsorship e merchandising, e i24 mln nelle due stagioni successive, anchenel caso di retrocessione immediata).Premier League promotion worth 60£,

www.sportbusiness.com, 02 maggio 2008

111 Edoardo Ceola, responsabile della divisione Sport Recreation & Entertaiment di Aon, secondo gruppo assicurativo almondo nel settore dopo Marsh, in M. S. Patriarca, Marsh, obiettivo calcio, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n.3, 17 febbraio –2 marzo 2003.112 In Italia un caso esemplare è quello del club bergamasco dell’Atalanta, che si colloca al 6° posto in campo europeo, dietrosocietà del calibro di Real Madrid e Barcellona, per numero di talenti del vivaio “promossi” in prima squadra. Da sempre fioreall’occhiello della società è il settore giovanile, che le consente di condurre campionati discreti da “squadra saliscendi” traserie A e B e inoltre le permette di monetizzare l’impegno profuso nella istruzione dei giovani calciatori attraverso la cessionedegli stessi a squadre di maggior blasone. Il Real Madrid, non ha mai fatto segreto della sua strategia di costruire una squadra vincente composta da “Zidanes y Pavones” :Jorge Valdano, direttore sportivo delle merengues, affermava che “per ogni Zidane acquistato ci deve essere un Pavon da lanciare”.Il Barcellona, come l’Athletic Bilbao, rappresentano infine un caso particolarissimo in cui i giovani del vivaio servono adidentificare le squadre con territori e culture che vogliono distinguersi dal resto del Paese.113 Nel caso di retrocessione il mercato assume con certezza che la squadra è retrocessa e basta, mentre nel caso dipromozione non saprà se otterrà almeno un discreto piazzamento, per cui sottostima generalmente il valore delle azioni.

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3.2.4. Andamento economico e finanziario

Si fa riferimento, come per ogni altra comune azienda, al risultato di esercizio ealle variazione delle diverse sue componenti. Si effettuano valutazioni circa la stabi-lità e le prospettive dello stesso, si procede ad analizzare la solidità e l’equilibrio pa-trimoniale114. Naturalmente il primo indicatore cui far riferimento rimane il ROE115.Oltre al risultato netto, rappresentano voci interessanti per gli azionisti, o gli aspiran-ti tali, il fatturato totale, i costi totali e, più analiticamente, gli stipendi ai tesserati, ilMOL, gli ammortamenti dei diritti alle prestazioni sportive e il valore di queste iscrit-to all’attivo, il reddito operativo, nonché il saldo delle plusvalenze nette, il rapportotra debt/equity e la sua dinamica e l’attivo circolante. Come è facile notare sono tut-te quelle voci che “fanno” il bilancio di una società di calcio. La valutazione è effet-tuata su base economica, sotto i vincoli patrimoniale e finanziario. Occorre in questasede notare che è assai dubbia l’esistenza di operatori che puntino soltanto alla red-ditività di lungo periodo sulla base delle analisi di bilancio, a differenza di quello chepuò accadere per le altre società, e che quindi decidano di assumere posizioni con unorizzonte temporale distanziato.

Le analisi non possono essere condotte in maniera tradizionale e non si può in nes-sun modo tralasciare la capacità tecnica della squadra. Se per esempio i titoli della squa-dra in esame avessero subito un’impennata speculativa legata a qualche tipo di vittoria,pur in presenza di miglioramento delle voci di bilancio potremmo osservare andamentinegativi o relativamente peggiori dovuti allo smobilizzo di posizioni sul titolo: si veri-fica nella pratica lo “scoppio” della mini-bolla dovuta alla componente bet.

3.2.5. I contratti rilevanti

I contratti rilevanti riguardano principalmente:• l’utilizzo dello stadio;• gli accordi importanti di sponsorizzazione, licensing e merchandising116;• le intese per i diritti televisivi.Per il mercato, in un’ottica previsiva, è essenziale porre l’attenzione su:• i possibili impatti sulle quotazioni117;• la data di scadenza del contratto118.

114 È necessario dire che l’analisi di bilancio viene svolta in maniera piuttosto sommaria dagli operatori, soprattutto permancanza di tempo, per cui oltre al dividend yeld, essi si interessano a notizie di una certa criticità che possono riguardare unao più voci di bilancio. Per esempio la loro attenzione cadrà su un rilevante aumento della voce sponsorizzazioni, mentre nonsaranno stimolati, per esempio, da un incremento delle partite straordinarie, ovviamente se contenute, perché non saranno intal caso determinanti per l’utile o la perdita finale.115 R.O.E. (Return on Equity): ritorno sul capitale proprio. Rappresenta la capacità dell’azienda di remunerare il capitale di rischio.116 Nel caso della S.S. Lazio per esempio, dalla stagione 94/95 a quella 97/98, per tutto l’abbigliamento sportivo sponsor

tecnico ufficiale è stata la Umbro Italia S.r.l., facente parte del gruppo inglese Umbro. Già nel prospetto informativo della S.S.Lazio si leggeva che “per lo sponsor tecnico la Società ritiene di poter negoziare alla scadenza degli attuali contratti

condizioni migliori legate al proprio piano di sviluppo.” I fatti hanno poi dato ragione allo staff dirigenziale della societàromana: la S.S. Lazio sottoscrive infatti, nell’estate del 1998, un contratto di fornitura tecnica con la Puma di 40 miliardi inquattro anni, cifra assolutamente lontana dai 2,6 miliardi incassati dalla Umbro per la stagione 97/98.117 Per esempio è necessario valutare se e quanto le condizioni economiche dell’accordo determineranno un miglioramentoper l’azienda calcistica.118 Dal punto di vista dell’andamento del titolo è ragionevole aspettarsi una maggiore volatilità in prossimità dellascadenza dell’accordo.

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Per quanto riguarda l’utilizzo dello stadio, esso rappresenta una componenteimportantissima nella determinazione di questa tipologia di rischio, soprattuttoper le società italiane. La necessità di ricorrere a contratti di locazione, data l’as-senza cronica di impianti di proprietà, e la lentezza della burocrazia determinanouna pericolosa impossibilità nel controllo e nella previsione dell’evoluzione di ta-le variabile d’investimento. Il mercato reagisce pertanto a fronte di notizie certedi investimenti in impianti, ma in Italia casi del genere non si sono verificati e so-no rilevanti a tal proposito i rinnovi, valutando l’impatto del singolo piano.

3.2.6. Verifiche fiscali e procedimenti giudiziari e sportivi

Non è raro che le società calcistichesiano sottoposte a verifiche fiscali119;ad accertamenti che possono avere adoggetto il versamento delle ritenute diacconto operate su alcuni redditi da la-voro dipendente; a verifiche nei con-fronti del Presidente del Consiglio diAmministrazione, dei suoi membri edei soggetti collegati, che siano diretta-mente o indirettamente azionisti di ri-levanza120, in ambito e civile e penale.È possibile che vengano sollevate azio-ni o protesti volte al recupero creditinell’ambito dello svolgimento dell’at-tività commerciale. Non sono stati rarii casi di falso in bilancio.

Per quello che riguarda invecel’ambito sportivo, i processi più fre-quenti riguardano le controversie chesorgono in merito alla titolarità e alladisponibilità dei diritti alle prestazionidei calciatori, o riguardo alla regolarità dei trasferimenti e alla puntualità dei pa-gamenti, nonché le contestazioni per uso di sostanze dopanti121, e quelle relativea squalifiche e sanzioni disciplinari in tutti i casi previsti dalle N.O.I.F. e dalle nor-mative F.I.F.A. e U.E.F.A.

Controlli FiscaliL’11 maggio 2006 è stato sottoscritto un pro-tocollo d’intesa tra Entrate e Federazione Ita-liana Giuoco Calcio con il quale è statostabilito che la Federazione invierà al Fisco en-tro il 30 aprile di ogni anno la copia delle di-chiarazioni presentate dalle società di calcio.L’Agenzia delle entrate,poi,entro il 30 giugno,provvederà a fornire alla Federazione i dati ri-chiesti. L’accordo è valido per un anno e si in-tende tacitamente prorogato di anno in anno,a meno che le parti non manifestino la volon-tà di recedere. In pratica le Entrate certifiche-ranno la corrispondenza dei dati tra ledichiarazioni presentate alla Federazione dallesocietà calcistiche professionistiche,deposita-te presso la Federazione per l’iscrizione alcampionato e quelle che le stesse società pre-sentano all’Amministrazione finanziaria ai finidelle imposte sui redditi,dell’Irap e dell’Iva.N.Co., Il Fisco certificherà le squadre di calcio prima

dell’iscrizione al campionato, Il Sole 24 Ore, 11

maggio 2006

119 Nel 2001 l’Agenzia delle Entrate ha notificato processi aventi ad oggetto diverse contestazioni in materia di imposte suiredditi ed IVA. Tra le società interessate, numerose hanno costituito un fondo per “oneri tributari futuri” che esse ritengonocongruo anche in relazione alle eventuali sanzioni che dovessero esser loro comminate in seguito alla verifica fiscale.120 Ci si riferisce alle partecipazioni detenute nella società in oggetto, e in quelle eventualmente da questa controllate, dagliAmministratori e dai Sindaci della società stessa nonché da altri soggetti di cui all’art.79 della delibera CONSOB 11971 del14 maggio 1999 e successive modifiche.121 È di questi giorni la sentenza di secondo grado della procura di Torino per il processo in cui è implicata la Juventus F.C.,sentenza che ha confermato la condanna di primo grado per il medico sociale. Per l’amministratore della società era già statadisposta l’assoluzione.

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Nella maggior parte dei casi, eventuali sconfitte in aula non determinano il sor-gere di passività ragguardevoli, ma “la Società non può escludere che sul valoredelle proprie azioni non possa incidere un eventuale esito negativo dei suddettiprocedimenti e l’attenzione dei mezzi di comunicazione su tali argomenti”122.

3.2.7. Rischi connessi alla possibile espansione dell’attività

Una direttrice strategica lungo la quale si stanno muovendo la maggior partedelle società calcistiche è rappresentata dall’implementazione di progetti che con-sentano la diversificazione delle fonti di ricavo e lo sviluppo ulteriore del brandaziendale. L’acquisizione dello stadio o l’instaurazione di diritti reali sullo stesso,la realizzazione di nuovi centri sportivi per la prima squadra e per le giovanili, lacreazione di catene di vendita di prodotti ufficiali, l’acquisizione del controllo disocietà “strategiche” determinano un’espansione dell’attività della società in set-tori collaterali e connessi al core business nei settori dell’entertainment, del tem-po libero e commerciale.

Tramite la realizzazione di questi progetti si punta a svincolare il più possibilei risultati economici dall’andamento della squadra sul campo di gioco, per cui ilmercato dovrebbe rispondere con minore volatilità sistematica dei titoli.

3.2.8. Conflitti di interessi

Riguardo a questo aspetto particolare è necessario ricordare sia i comuniconflitti di interesse da parte di azionisti per il voto in assemblea123, per i qua-li adeguata tutela e trasparenza è predisposta dalla disciplina civilistica e le-gislativa124 sulle ordinarie società quotate, sia una particolare figura di socio“potenzialmente” pericoloso in certi momenti per la società. Oltre alle fatti-specie degli artt. 16-bis, ter e quater delle N.O.I.F.125, si delinea un quadro deltutto nuovo, ancora per nulla toccato dalla normativa del settore. È una tipolo-gia di socio che si è sviluppata con la crisi del settore calcio e con l’incremen-to vertiginoso degli stipendi negli ultimi anni. Si tratta di quel personaletesserato, principalmente giocatori di prima squadra e allenatori, che hannocomprato o ricevuto quote azionarie sotto forma di stock options, e che non ri-entrano nei casi previsti dagli articoli sopra citati delle N.O.I.F. in quanto nonsono detentori del controllo o di qualunque percentuale di capitale azionario dialtre società.

Il problema del conflitto di interessi non è nuovo per il caso italiano, ma co-munque è stato sollevato per la prima volta nell’autunno del 2002 dal settimana-

122 Così nei prospetti informativi dei tre club italiani quotati nella borsa valori: Lazio, Roma e Juventus.123 Tra di essi si annoverano sempre di più le banche, come per esempio Capitalia per le due società romane, detentrici dicapitale sia a titolo proprio che di terzi.124 Cfr. art. 2373 cod. civ. “Conflitto di interessi”.125 Cfr. artt. 16-bis “Partecipazioni societarie”, 16-ter “Partecipazioni in società di calcio con azioni quotate in borsa” e 16-quater “Partecipazioni societarie in conflitto di interessi”.

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le tedesco Kicker126, che in questo modo ha reso anche il pubblico cosciente del-l’esistenza di questo fenomeno.

D’altra parte la posizione dei calciatori, eventualmente titolari di azioni, rispettoalle prestazioni sportive appare francamente insospettabile, in quanto il valore deipropri ingaggi risulta normalmente di gran lunga superiore al valore delle azionieventualmente in loro possesso. Il problema si pone piuttosto rispetto alla necessitàdi un’assoluta trasparenza in merito ai rapporti tra giocatori e club.

3.2.9. Indebitamento delle società calcistiche professionistiche:rischio di iscrizione

Come già visto durante la trattazione, le società calcistiche professionistichesono tenute al mantenimento di un rapporto tra ricavi ed indebitamento non infe-riore a 3 per ottenere l’iscrizione ai campionati di pertinenza127.

Nel caso che questo parametro non venisse rispettato entro il 31 marzo di ogniesercizio, il rapporto dovrebbe essere ripristinato entro il successivo mese di lu-glio mediante un aumento dei mezzi propri da destinare a riduzione dell’indebita-mento, o mediante l’assunzione di finanziamenti infruttiferi e postergati, o ilrilascio di garanzie da parte di soci e di terzi, ovvero attraverso saldi attivi deri-vanti dall’attività di compravendita dei diritti alle prestazioni sportive dei calcia-tori. Solo in quest’ultimo modo, cioè tramite operazioni di “calciomercato”finanziate con mezzi propri ed eventuali cessioni, le società rientranti nella cosid-detta “fascia 2”128 possono liberamente effettuare operazioni di acquisizione deidiritti alle prestazioni sportive dei calciatori.

È facile constatare che gli effetti di un eventuale mancata iscrizione al cam-pionato sarebbero catastrofici: sarebbe come impedire ad una comune industria diesercitare il proprio core business per un anno. Come troviamo scritto nei prospet-ti informativi, in generale “non è possibile prevedere se in futuro il rapporto tra i ri-cavi e l’indebitamento risulterà uguale o superiore al predetto parametro (R/I=3) ese per l’eventuale ripristino saranno necessari interventi finanziari da parte degliazionisti” e se questi verranno mai implementati.

126 Il caso in parola riguarda l’attaccante dell’Hannover Fredi Bobic, i quale sarebbe in possesso di azioni del BorussiaDortmund in virtù della propria militanza in questo club dal 1999 al 2001. Lo statuto della Bundesliga dispone, all’art. 13comma 2, che i giocatori assicurino di non disporre direttamente ed indirettamente di partecipazioni azionarie alle societàappartenenti alla Lega, tranne della propria società di appartenenza e previa preventiva comunicazione. Bobic avrebbeacquistato i titoli in occasione della quotazione in borsa del Borussia Dortumund nell’Ottobre 2000, e non le avrebbe né ceduteal momento del trasferimento all’Hannover, né fatto menzione con società e Lega. In virtù di tale inadempienza le squadre chehanno incontrato l’Hannover di Bobic potrebbero sollevare riserve, legate però ad una mera violazione di un regolamentopiuttosto che al sospetto di prestazioni di Bobic vincolate alla quotazione dei titoli del Borussia Dortmund.127 Cfr. art. 85 “Informativa periodica alla CO.VI.SO.C.”, n° III delle N.O.I.F.128 Si tratta delle società con un rapporto ricavi/indebitamento compreso tra 2,1 e 3. La “fascia 3” comprende invece quellesocietà con un rapporto R/I minore di 2,1 mentre la “fascia 1” naturalmente, è composta da quelle società con un rapportosuperiore a 3.

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3.2.10. Rischi connessi all’applicazione delle normative nazionalie internazionali in tema di trasferimenti internazionali di giocatori

Questo rischio è riportato da tutti i prospetti informativi stampati dopo il luglio2001129. Si basa sulla semplice considerazione che il costo e le modalità del tra-sferimento internazionale di giocatori possono subire non poche modifiche a se-guito di cambiamenti della normativa calcistica in merito. Inoltre ogniFederazione nazionale ha una certa autonomia in ambito di recepimento, soprat-tutto per ciò che concerne il settore domestico. Nei prospetti si legge che le modi-ficazioni della normativa sono “imprevedibili” e “non conoscibili”.

3.2.11. Rischi di inadempimento contrattuale e di cambionei trasferimenti internazionali dei calciatori

Questa tipologia di rischio è chiaramente connessa con la precedente. Si è giàdetto del ruolo svolto dalla Lega nei trasferimenti di calciatori in ambito naziona-le, attraverso la camera di compensazione. A livello internazionale non è previstoun analogo meccanismo, e l’attività di compravendita dei diritti alle prestazionidei calciatori avviene tramite accordi diretti tra le società interessate.

Le precedenti considerazioni fanno sì che, in caso di cessioni di calciatori a so-cietà straniere ed in mancanza di specifiche forme di garanzia, quali fideiussioni ban-carie o altro, la società resti potenzialmente esposta al rischio di mancato o ritardatopagamento del corrispettivo. In aggiunta, nei casi in cui gli acquisti e le cessioni deidiritti alle prestazioni sportive dei calciatori siano effettuate in valute diverse dal-l’Euro, la società è esposta potenzialmente ad un rischio di cambio.

3.2.12. Rischi connessi all’evoluzione del mercatodei diritti televisivi, telefonici e Internet

Negli ultimi anni la tendenza all’aggregazione e all’integrazione degli opera-tori attivi sul mercato dei diritti televisivi, telefonici e Internet ha determinato unindebolimento della posizione contrattuale di una gran parte delle società130.

Questo nonostante il mercato dei media abbia assistito, e continui ad assistere,ad un processo di segmentazione e specializzazione in operatori free Tv, pay-per-view, pay-Tv sia via etere che via satellitare, e adesso anche digitale, nonché allanascita di canali tematici e alla creazione e sviluppo di operatori per la trasmis-sione di immagini via web e via telefonia mobile, determinando un ampliamento,di fatto, dei clienti potenzialmente interessati all’acquisizione dei diritti d’imma-gine delle società calcistiche.

129 Il 5 dello stesso mese furono adottate le nuove “Regole F.I.F.A. in tema di status e trasferimento di giocatori”,successivamente comunicata con la circolare 769 del 24 agosto 2001.130 Gli ultimi anni fanno storia: la fusione delle due concorrenti piattaforme satellitari Tele+ e Stream ha determinato lanascita della nuova Sky Tv. La contemporanea scadenza dei contratti per i diritti televisivi di molte delle squadre di Serie A eB ha portato con se la rinegoziazione di tali contratti a cifre inferiori a quelle precedenti, per la posizione di fatto monopolisticaassunta da Sky Tv in seguito al naufragio della piattaforma alternativa Giococalcio.

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3.3. L’esperienza Europea

Ad oggi in Europa sono 52 i club quotati in Borsa, e disputano campionati in11 paesi diversi: Inghilterra, Scozia, Italia, Germania, Olanda, Danimarca, Porto-gallo, Svizzera, Turchia, Svezia e Austria.

La maggior parte di queste società, ventisette, sono del Regno Unito. La loro pre-senza è suddivisa nei tre mercati presenti sulla piazza di Londra: Main, Aim e Ofex.Si tratta di club di Premier League131 e First Division132, ma anche militanti in serieinferiori equivalenti alla nostra Serie C133. Per quanto riguarda invece gli altri clubeuropei, essi militano tutti nelle massime divisioni dei campionati di pertinenza134.

Questi club hanno optato per la quotazione sul mercato domestico, soprattuttoper godere dei vantaggi informativi e di maggiore visibilità, rimanendo comun-que ferma la possibilità di essere presenti su altre Borse.

3.3.1. L’Inghilterra, paese-guida

Il primo club inglese, nonché il primo in Europa, a collocare proprie azioni sulmercato mobiliare fu il Tottenham Hotspur135, compiendo un passo all’epoca rivolu-zionario: era il 1983. La società puntò a diversificare le proprie attività: merchandi-sing, linee d’abbigliamento, software per biglietterie elettroniche, etc.

Dopo sette anni il club si trovava sull’orlo del fallimento, perché gran parte del-le attività collaterali si rivelò deficitaria. Grazie all’ingresso nella società del ma-gnate del computer Amstrad Sugar, le cose migliorarono.

Il Manchester United è arrivato in Borsa solo nel 1991, ma la diffusione di mas-sa del fenomeno è collocabile nel biennio 1996/1997, quando già il numero deiclub quotati sui listini era salito a 12.

Le date non sono casuali: evento di importanza rilevante nella trasformazionedel calcio inglese è rappresentato dal disastro di Hillsborough del 15 aprile1989136. L’inchiesta che vi fece seguito si concluse con la stesura di un rapporto,il Rapporto Taylor del 1990137, sullo stato del calcio britannico.

Le conseguenze del rapporto furono:• l’imposizione a tutti i club delle prime due serie inglesi (con l’eccezione dei

club di 1° divisione) e della Premier Division scozzese di dotare gli stadi diposti a sedere a partire dalla stagione calcistica 1994/95;

131 Manchester United, Newcastle, Leeds, Tottenham, Sunderland, Aston Villa, Leicester, e Southampton nel Main, Chealseanell’Aim e Bradford City all’Ofex.132 Sheffield United al Main, Manchester City all’Ofex.133 Milwall, quotato al Main.134 Tra i più importanti ricordiamo: Juventus, Lazio, Roma, Borussia Dortmund, Ajax, Aberdeen, Celtic, Heart of Midlothian,Rangers, Aalborg, Kontrakfodbold, Akademisk, Brodbyernes, Parken Sport, Sif Fodbold, Galatasaray, Porto, Sporting Lisboa.135 Il Tottenham è stato anche la prima società calcistica ad essere proprietà di una plc. Sul significato di public limited company

e sul metodo usato per registrare una società come plc, si vedano gli artt. 25, 27 4° comma e 43 ss. del Companies Act del 1985.136 Quel giorno 96 tifosi del Liverpool persero la vita soffocati e schiacciati contro le barriere della gradinata di “Leppings

Lane End”, all’inizio della semifinale di Coppa d’Inghilterra che la loro squadra giocava contro il Nottingham Forrest.137 Taylor era il giudice che condusse l’inchiesta. Egli non limitò il suo raggio di azione alla sola sicurezza negli impianti peril gioco del calcio, ma affrontò diversi aspetti del calcio inglese, comprese le sfide originate dai match, le caratteristiche delterreno, la comunicazione tra i tifosi e l’arbitro, i media, il fenomeno hooligans e persino il comportamento dei calciatori.

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• il verificarsi di un forte calo degli spettatori, spaventati dal dilagare del fe-nomeno hooligans, con le conseguenti ricadute di carattere economico suibilanci dei club, per quello che riguarda gli incassi ai botteghini138.

Proprio la prima delle situazioni sopra esposte comportava un enorme costo,stimato in circa 750 milioni di sterline139, cui i club fecero fronte in diversi mo-di: alcuni ricorsero a risorse finanziarie proprie, altri chiesero aiuto al FootballTrust140, altri infine scelsero di rastrellare i capitali necessari per l’intervento diammodernamento degli impianti attraverso il collocamento dei propri titoli suilistini londinesi. Nel periodo del boom del collocamento delle società calcisticheinglesi, alcune situazioni favorevoli spinsero in alto le quotazioni dei titoli: l’ac-quisto da parte di BSkyB dei diritti Tv dei campionati per 743 milioni di sterline,la prospettiva della pay-per-view, l’aumento consistente delle presenze agli sta-di, etc. Tutto ciò contributi ad attirare l’interesse degli investitori che comincia-rono a considerare il mercato dei club calcistici come un mercato potenzialmentemolto redditivo. Le buone performance dell’inizio del 1997 non furono mante-nute successivamente da tutti i club quotati. Se in principio la maggior parte del-le matricole ebbe un grande successo ciò fu dovuto soprattutto ad unasopravvalutazione delle società che avevano proceduto alla quotazione nell’an-no del boom141.

A determinare la successiva discesa dei titoli inglesi furono fondamentalmen-te tre cause:

• l’aumento vertiginoso dei costi, dovuto allo sviluppo degli impianti, ma anchesoprattutto all’acquisto di giocatori e all’incremento sostenuto dei salari;

• la crescente conflittualità del management, sempre diviso fra la distribuzio-ne di un dividendo agli azionisti e il reinvestimento nel potenziamento del-la squadra, per raggiungere importanti risultati sportivi e conseguentementenuovi possibili introiti;

• l’eccessiva volatilità dei titoli causata dalla troppa dipendenza dai risul-tati del campo.

Lo sgonfiarsi della “bolla” inglese, non scoraggiò affatto l’ingresso in borsa del-le altre società calcistiche europee, anche se già dal 1998 si sosteneva che “i graviproblemi emersi in Inghilterra si verificheranno anche nel calcio continentale”142:alta volatilità delle quotazioni, non solidità degli asset sottostanti, staticità delle fon-ti di ricavo, soprattutto televisive, rispetto ai costi lievitanti.

138 Già prima del disastro di Hillsborough, nella stagione 1984/1985, su un totale complessivo di 17,8 milioni di spettatori durantele partite di campionato vi furono 7.000 arresti. Al contrario, nella stagione 1994/1995, stagione in cui l’ammodernamento degliimpianti doveva essere completato, gli arresti erano diminuiti del 50% e le presenze allo stadio aumentate del 23%.139 G. Falsanini e E.F Giangreco, Le società di calcio del 2000, dal marketing alla quotazione in borsa, Rubbettino, SoveriaMannelli (CZ), 2001.140 Il Football Trust fu creato nel 1975 per finanziare lo sviluppo dello sport in Gran Bretagna. Finanziato per l’85% dallecompagnie che si occupano di scommesse, in seguito al rapporto Taylor vide crescere notevolmente la sua importanzaconsentendo la costruzione ex novo di 7 stadi.141 Riscossero anche molto successo alcuni fondi di investimento, specializzati unicamente in club di calcio e società sportivein genere, come il Football Fund della Singer e il Momentum Premier Sport Fund, fondo offshore gestito per conto della Bancadelle Bermuda in Lussemburgo.142 V. Lannevere, analista del settore “tempo libero” della Salomon Smith Barney, in G.C. Cavallotti, A Londra il boom si è

già sgonfiato, in La Gazzetta dello Sport, 21 aprile 1998.

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3.3.2. La Danimarca, second mover

A quattro anni dall’esordio del Tottenham Hotspur, nel 1987, un secondo clubeuropeo decide di intraprendere la strada della quotazione. È il Brondby, squadradi Copenaghen.

Per quanto riguarda questo mercato ciò che va evidenziato è la innovatività: i da-nesi hanno realizzato fondi altamente speculativi che impiegano le loro risorse sulleperformance dei giocatori, in modi diversi, e nell’acquisto di talenti143.

L’esempio del Brondby è poi stato seguito da altre società danesi, per cui oggisul listino di Copenaghen sono quotate anche Silkeborg IF, FC Kobenhaven, Aka-demisk BK, Aalborg BK e Aarhus GF144. Il problema fondamentale per queste so-cietà e per i fondi di investimenti nati nella penisola, è rappresentato dalla lorovisibilità Europea, che risulta ancora piuttosto scarsa.

3.3.3. La Francia e la Spagna

In Francia, al momento, non esistono piani concreti per la quotazione in borsa.Ciò è dovuto in primo luogo ai vincoli legislativi che regolano la quotazione inborsa e che disciplinano lo status giuridico dei club francesi.

Dal 1984 è prescritta per legge la forma organizzativa della società commer-ciale, per cui è stata progettata la trasformazione della società di calcio da Socié-té économie mixte sportive locale in Société à objet sportif, e inoltre la legge sullosport del 1992, che regola l’attuale regime societario dei club professionistici, nonconsente il conseguimento dello scopo di lucro.

È una situazione simile a quella che vigeva in Italia prima della riforma del1996, ma che sembra ancora più grave perché determina un freno agli effetti chele vittorie recenti nei campionati Mondiali ed Europei avrebbero potuto avere sul-l’intero movimento calcistico francese.

È di quest’anno la emissione di uno Statement of Objection da parte della Com-missione Europea nei confronti della Francia per contestare la legittimità della leg-ge che vieta alle squadre di calcio la quotazione in Borsa. La “dichiarazione diopposizione”, o lettera di contestazione, è l’inizio della fase formale di una pro-cedura da parte della D.g. Concorrenza. Da due anni molte squadre di calcio fran-cesi tentano senza successo l’ingresso alla Bourse de Paris. Otto di esse hannodeciso di rivolgersi a Bruxelles per vedersi riconoscere un diritto senza il quale, èla loro tesi, si vedono limitate nella raccolta di capitali necessari per poter com-petere in Europa. Il divieto di ricorrere al mercato sarebbe una discriminate, per-ciò una lesione del principio di concorrenza.

In Spagna invece le società calcistiche sono state trasformate in società di ca-pitali con un regio decreto del 1991. Tuttavia, per quanto concerne l’ingresso in

143 Un esempio è il Midtiylland, modesta società della Danimarca, che rileva piccoli campioni, soprattutto africani, per poirivenderli una volta formati. Le cessioni di norma avvengono ad un prezzo quintuplo rispetto all’acquisto. Il Midtiyllandgarantisce il 25% delle future vendite ai finanziatori.144 L’ultimo a quotarsi è stato l’Aalborg BK nel 1998.

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Borsa, i club devono comunque avere i bilanci degli ultimi tre esercizi in utile.145

Ma questa non è l’unica limitazione: vige un divieto di trattazione del pacchet-to-quote nelle società in esame non superiore al 25%146 e l’obbligo della pub-blicazione dei cambiamenti nella struttura delle partecipazioni con scadenzasemestrale147. Uno dei problemi fondamentali per le società spagnole è rappre-sentato dal forte indebitamento, cosa che ne impedisce la quotazione, nonostantepossano contare su di un vasto seguito di tifosi altamente fidelizzati e su proprie-tà terriere e immobiliari spesso collocate in aree comunali pregiate148.

3.3.4. L’Italia

È già stato detto più volte che in Italia, per i club che disputano campionati pro-fessionistici, è obbligatoria la veste giuridica della società di capitali. Perciò l’o-stacolo maggiore che si presentava alle società italiane, anteriormente alla riformadei mercati, era dato dalla necessità che i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi pre-sentassero un utile di gestione149. Sul punto tuttavia intervenne la Consob stessa,esprimendo un orientamento positivo circa l’ammissione alla quotazione di titolidi società calcistiche150. In tale occasione la Commissione precisò che il Reg. del1989 consente di derogare al requisito della redditività quando “si tratti di socie-tà o enti in cui siano intervenuti, nel periodo considerato, fatti gestionali che ab-biano mutato in modo stabile e rilevante l’andamento economico e la situazionefinanziaria di tali soggetti” 151. Su questa base pertanto, non era più necessario chei bilanci degli ultimi tre esercizi della società presentassero, tutti, risultati econo-mici in utile, sia a livello di gestione ordinaria che di gestione complessiva. Si ri-chiedeva però che i relativi assetti organizzativi e patrimoniali fossero tali daassicurare stabili ricavi nel tempo, capaci di attenuare l’aleatorietà delle entrate le-gate ai risultati sportivi.

La prima ad accettare la sfida della Borsa è stata la S.S. Lazio, quotatasi il 6maggio del 1998, nell’entusiasmo generale. Poco più di due anni dopo, era il 19maggio del 2000, toccò all’A.S. Roma comparire anch’essa sul segmento ordi-nario dell’MTA.

145 Legge del 30 dicembre 1998.146 Si cerca di evitare un influsso eccessivo da parte di un solo investitore sul club.147 Nel predisporre la normativa di riferimento, il Governo spagnolo ha previsto anche la possibilità per le società stranieredi investire nel calcio iberico. Nessun soggetto individuale potrà però possedere più del 5% di ogni club, né potrà diversificarel’investimento su squadre diverse.148 Esempio ne è il Real Madrid: il giorno 7 maggio 2001, il presidente della Comunità autonoma di Madrid, il sindaco diMadrid e il presidente del Real Madrid hanno sottoscritto un accordo per lo sviluppo urbanistico dell’area situata tra il Paseo dela Castellana e il distretto di Fuencarral El Pardo, ai sensi del quale le parti in causa si impegnavano e si obbligavano adeffettuare tutti i passi necessari per modificare la qualifica urbanistica dei circa 120 ettari di terreno in cui si trova attualmentela Ciudad Deportiva del Real Madrid, cosicché 30.000 metri quadrati di terreno, considerati precedentemente impianti sportiviprivati, vengono trasformati in terziario generico, ossia con la qualifica di industrie, stabilimenti commerciali, hotel, etc.A distanza di due anni, gran parte di quei terreni è stata venduta facendo così realizzare al Real un enorme attivo che gli haconsentito di far fronte a importanti scadenze debitorie nonché a modernizzare il Santiago Bernabeu.149 Art. 6, comma 2, Reg. Consob approvato con Delibera Consob del 24 maggio 1989, n. 4088.150 Cfr. Boll.Consob n.11/1997, comunicazione n.DIS/97011804 del 24 novembre 1997 e Consob Informa, n.47 del 9dicembre 1997.151 Si fa riferimento ai fatti del 1996. Cfr. capitolo I, paragrafo 3.4.

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La Juventus invece, nonostante gli accadimenti a tutti noti dell’11 Settembre2001, si presentò comunque sul segmento STAR il 20 dicembre dello stesso an-no. Anche in Italia, insomma, come accadde in Inghilterra, l’ingresso delle socie-tà nel listino è coinciso con la possibilità di sfruttare in termini economici ladefinizione dei nuovi contratti relativi alla cessione dei diritti televisivi.

L’andamento dei titoli non è stato dei migliori. Ancora molto volatili perl’eccessiva dipendenza della quotazione dai risultati sportivi, le azioni dei treclub della penisola hanno scontato anche il generale andamento negativo deimercati negli ultimi anni e la diminuita fiducia degli investitori nel compartodei titoli calcistici.

A giugno 2004, rispetto ai prezzi di primo collocamento per Lazio, Roma e Ju-ventus si sono registrate perdite, al netto dell’andamento dell’indice di Borsa, pa-ri rispettivamente a -157,6%, -90,3% e -68,1%. Anche la Juventus, l’unica squadrache ha segnato un utile nei sette anni precedenti, ha chiuso il bilancio 2003-2004(l’esercizio si conclude il 30 giugno) in rosso. “Gli introiti dei nostri club sono an-cora molto legati ai biglietti e ai diritti Tv, che peraltro si sono ridimensionati ri-spetto alle attese di qualche anno fa”152, mentre è necessario moltiplicare ediversificare le fonti di ricavo, e per realizzare questo obiettivo un nodo fonda-mentale da sciogliere rimane la proprietà degli stadi.

3.3.5. La situazione negli altri paesi europei

L’esempio Inglese non è stato seguito soltanto in Danimarca e in Italia, ma èpossibile trovare club quotati in molti dei paesi che compongono il Vecchio Con-tinente. Nella penisola scandinava, nonostante il quadro giuridico rimanga pocochiaro sulla possibilità della quotazione di società calcistiche, ancora troppo im-pigliate nella precedente prassi giuridica di associazione con fini ideali, non man-ca il caso dell’Aik Solna.

In Portogallo sono due i club attualmente quotati, il Porto campione d’Europae lo Sporting Lisboa153, ma anche il Benfica, altro club della capitale lusitana, ave-va progettato la quotazione. I club portoghesi sono andati meglio rispetto ai titolidel resto d’Europa in contesti difficili154, e a nostro parere presentano due indub-bi vantaggi: l’elevata cultura calcistica e la forte fidelizzazione dei tifosi, nonchéla presenza di stadi di proprietà155, in contesti cittadini centrali, che permettono diperseguire una efficace diversificazione dei ricavi.

Altro club quotato è l’Ajax di Amsterdam, che per l’occasione ha dovuto tra-sformarsi in società anonima. La squadra dei lancieri può contare su un brand ri-conosciuto a livello internazionale, una grande tradizione, un impianto di giocoche rappresenta un punto di riferimento nel settore e un florido settore giovanile.

152 Christian Oddono, responsabile degli investimenti di Actinvest Group, in A. Ronchetti, I limiti di Juventus, Lazio e Roma.

Stadio, merchandising e utili: Manchester – squadre italiane 3-0, in Il Sole 24 Ore, 28 giugno 2004.153 Le azioni dei due club sono iniziate a passare di mano rispettivamente il 1° e il 2 giugno del 1998.154 I. Della Valle, In borsa vince il Portoghese, in Il Sole 24 Ore, 7 dicembre 2002.155 L’Alvalade, stadio dello Sporting Lisboa, ne è un perfetto esempio con il centro commerciale Alvalaxia costruito al suo interno.

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La Turchia rappresenta una realtà emergente, fatto dimostrato dal terzo postoraggiunto ai mondiali di Korea e Giappone. Il Galatasaray Instanbul si è quotatonel gennaio del 2001 e vede il suo capitale partecipato anche da investitori ameri-cani. In definitiva, le esperienze dei diversi paesi, seppur con talune differenze,suggeriscono che la quotazione in borsa è più idonea ai club di grandi dimensioniche possono disporre di:

• un nome forte e ben conosciuto, per lo meno a livello nazionale, perché lospettacolo offerto dalla squadra sia “bancabile” a livello televisivo;

• un elevato numero medio di spettatori, almeno 30.000 per partita;• un elevato numero di abbonati, che migliorano la qualità dei ricavi ovvero

la loro prevedibilità, rendendo l’investimento meno rischioso;• un “nucleo duro” di tifosi, che seguano la squadra anche quando i risultati

non siano dei migliori e quando la stessa non stia lottando per la vittoria dialcun trofeo.

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CAPITOLO IV

IL BUSINESS DELLE SOCIETÀ DI CALCIO

4.1. Il modello di business delle società calcistiche

“Le squadre sono aziende. La cosa più vicina al calcio è una major che pro-duce film. La partita è una pellicola che dura 90 minuti. Lo stadio è la sala ci-nematografica. Lo sfruttamento Tv è pressoché analogo a quello di un film.Attorno al film vanno poi create attività collaterali: i miei modelli di sviluppo so-no la Warner e la Walt Disney. In quel senso io sviluppo il Milan. Quando ac-quistammo la società nell’86, la biglietteria rappresentava il 90 per cento delfatturato. Oggi il mix è 60 per cento diritti Tv, 25 per cento sponsorizzazioni e at-tività commerciali, 15 per cento biglietteria. L’85 per cento va conquistato comein qualunque altra azienda”156.

Questa la descrizione che Adriano Galliani ha dato recentemente del calciomoderno. C’è da riconoscere che, effettivamente, il primo presidente a portare unaorganizzazione aziendale all’interno delle società sportive, e in particolare dellesocietà di calcio, fu proprio l’ormai ex-presidente dell’A.C. Milan Silvio Berlu-sconi. Anche se ancora oggi la squadra in questione appare molto poco profit-oriented, e continua ad avere successo grazie soprattutto alle frequenti iniezionidi danaro fresco da parte della presidenza, tuttavia la “teoria” espressa dall’attua-le presidente della Lega Calcio non è affatto sbagliata.

La diversificazione dei ricavi e la ricerca della minore dipendenza possibile dairisultati sportivi rimane l’unica possibilità per le società che partecipano al gran-de circo del calcio professionistico di rimanere sulla cresta dell’onda.

Da questo punto di vista il modello di riferimento è sicuramente il ManchesterUnited, come vedremo più avantiquando ci occuperemo dello studio deicasi. In Italia, l’unica società che ha perlo meno le potenzialità per concorrerecon i Red Devils è la Juventus F.C., edanche ad essa dedicheremo una tratta-zione separata.

La calzante analogia tra le societàcalcistiche e le major cinematografi-che, espressa da Galliani e riportataprecedentemente, apre la strada perulteriori analisi. Come le major si tro-vano nella necessità di ingaggiare imigliori attori ed i migliori registi, alfine di realizzare prodotti di qualità ed

Attrarre tifosiSecondo una recente ricerca diSport+Markt il Barcelona è la società conpiù tifosi al mondo (50,3 mln) seguita dalReal Madrid (45,9 mln) e dal ManchesterUnited (32,8 mln).Tuttavia, il dato sorprendente è quello delChelsea che ha incrementato la propriafan-base di oltre 5 volte, questo “mostrachiaramente” dice Hartmut Zastrow,Executive Director di S+M “che mercatodinamico è il calcio. Si può ottenere molto inpoco tempo”Top Spanish clubs most popolar in Europe,

www.sportbusiness.com, 27 febbraio 2008

156 G. Liguori, A. Smargiasse, Calcio e Neocalcio. Geopolitica e prospettive del football in Italia, Manifestolibri, Roma, 2003.

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attrarre il maggior numero di spettatori possibile, così le società di calcio cer-cano di strappare i migliori giocatori e i migliori tecnici alle società rivali, al fi-ne di ottenere spettacolo e, se possibile, successi sul campo che attraggano nuoviclienti-tifosi.

Già è stato detto come diversi studi hanno dimostrato una certa correlazionetra risorse impiegate e successi ottenuti157, tuttavia non è raro nel mondo del cal-cio osservare club che ottengono risultati sportivi nettamente superiori alla lorodotazione di risorse. È indubbio che, se effettivamente una società avesse risorse il-limitate, essa potrebbe acquistare i migliori talenti sul mercato senza badare a speseper assemblare la migliore squadra possibile e cercare di primeggiare in tutte le com-petizioni cui prende parte. Ad oggi però, dato che il vincolo di bilancio è imposto dal-la Lega, le società possono spendere solo in proporzione ai ricavi che riescono agenerare158. Questi sono in larga parte una funzione del loro bacino di utenza, ma di-pendono naturalmente anche dalla loro performance sportiva. Se da una parte infat-ti la domanda del pubblico è relativamente anelastica al prezzo159, altra parte deiricavi è invece piuttosto elastica rispetto alle prestazioni sportive: soltanto le squadreche vincono riescono ad ottenere prezzi più alti e contratti di sponsorizzazione o dicessione dei diritti televisivi più elevati.

4.1.1. Il circolo virtuoso delle società di calcio

Come già è stato ripetuto più volte nei precedenti capitoli, negli anni recenti c’èstata una crescita esponenziale delle somme versate dalle Tv per l’acquisto dei di-ritti televisivi. Questo ha spinto, e allo stesso tempo ha permesso alle società di cal-cio, soprattutto quelle di grandi dimensioni, di investire massicciamente perrinforzare la squadra. Il fine ultimo di questi club era quello di innescare un “cir-colo virtuoso” che può essere rappresentato con la figura n. 4.1.

Per dare il via ad un circuito del genere sono però necessarie ingenti risorseeconomiche, ed è per questo motivo che tale circuito in particolare è riferibile so-lo ai grandi club. La grande euforia scatenata dalla forte espansione dei ricavi do-vuta alla definitiva trasformazione del calcio in fenomeno televisivo ha spintomolti club, specialmente in Italia, a scontare i contratti con le pay-Tv in modo daanticipare i ricavi futuri per impegnarli immediatamente nel rafforzamento dellasquadra. I risultati sportivi, qualora effettivamente giungano, si trasformano poiin ricavi soltanto quando concorrano altre condizioni, cioè quando la società dis-pone di un vasto pubblico potenziale ed inoltre è in grado di sfruttare tutte le op-portunità commerciali disponibili.

157Cfr. capitolo I del presente lavoro, paragrafo 1.4.4. 158 La Lega ha deliberato che a partire dalla stagione 2004-2005, i club che supereranno il rapporto 60:100 tra costi e ricaviavranno una penalizzazione di 5 punti in campionato. La proprietà può evitare la penalizzazione soltanto ripianando subito ilbilancio. A partire dalla stagione 2003-2004, il rapporto doveva comunque mantenersi entro il limite di 80:100, anche se nonerano state previste penalizzazioni.159Perché, e questo è vero specialmente per alcune squadre, “in fondo l’entusiasmo e la sofferenza dei tifosi sono assai poco

legati alla bellezza della partita che si sta giocando” e “l’assenza di risultati, e peggio ancora la mancanza di prospettive

concrete di rilancio, non riescono a cancellare legami che traggono origine nella storia e nella cultura di una comunità”. CosìG. Liguori e A. Smargiasse in Calcio e Neocalcio. Geopolitica e prospettive del football in Italia, Manifestolibri, Roma, 2003.

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Figura n. 4.1: Circolo virtuoso tra risultati sportivi ed economici (grandi club)160.

Nel caso italiano i ricavi generati sono ancora inferiori a quelli potenzialmen-te generabili, soprattutto per effetto dell’arretratezza nello sfruttamento dello sta-dio e del proprio brand attraverso il merchandising, rispetto per esempio aicompetitors inglesi, i quali invece riescono a monetizzare pienamente i loro suc-cessi sportivi e la loro immagine.

È facile comprendere che una situazione come quella descritta, di “corsaagli armamenti”161 da parte della maggior parte delle squadre, che anticipanoricavi futuri per costruire squadre ipoteticamente vincenti, può portare facil-mente a “circoli viziosi”, come quelli attivati da qualche anno nel sistema-cal-cio italiano.

Piuttosto diversa è l’attività delle cosiddette “provinciali” rispetto alle gran-di, da un punto di vista economico-finanziario. Dati gli obiettivi diversi che sitrovano a perseguire società come, per esempio, Juventus e Reggina, non c’èdubbio che la definizione di “successo” sportivo sia profondamente differentenei due casi.

Se per i grandi club i risultati sportivi sono definibili in termini di vittorie nel-le diverse competizioni cui partecipano (Campionato, Champions League, Cop-pa UEFA, etc.), per le provinciali invece questi risultati si esprimono in termini dianni di permanenza in A, “salvezze” raggiunte, e promozioni dalla serie cadetta.

160 Il diagramma è tratto da U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymanski, Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari,

Egea, Milano, 2004.161 Cfr. U. Lago A. Baroncelli S. Szymanski, Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004.

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Come si può notare dalla figura n. 4.2, il circolo virtuoso, nel caso delle “pro-vinciali”, inizia con la selezione di giovani di talento, ormai acquistabili su un mer-cato effettivamente globale, a prezzi competitivi. È poi necessario affidare lasquadra così assemblata ad un tecnico che abbia le competenze giuste per faremergere il talento di questi giocatori; infine, se tutto va per il verso giusto, il clubriesce ad ottenere il risultato sportivo che si era prefissato.

Qualora i risultati siano stati raggiunti, molto probabilmente il club potrà otte-nere maggiori risorse, derivanti principalmente da sponsor, televisioni e botte-ghino, ed anche sostanziose plusvalenze attraverso la cessione dei giocatori chemeglio si sono disimpegnati nella stagione.162 I nuovi mezzi a disposizione dellasocietà possono essere utilizzati in parte per far ripartire il ciclo, con la selezionedi nuovi talenti, e in parte per remunerare finalmente gli azionisti.

Figura n. 4.2: Circolo virtuoso tra risultati sportivi ed economici (piccoli club)163.

162 Il Perugia, negli anni della permanenza in Serie A, valorizzava, sotto la guida di abili tecnici come Mazzone e Cosmi,giocatori provenienti da serie inferiori italiane (Liverani e Pieri, provenienti dai dilettanti, furono ceduti a suon di miliardia Lazio e Udinese) e da campionati esteri (Nakata e Obodo per esempio). Il Chievo, sotto la guida del trio Campedelli -Sartori - Delneri, procedeva alla vendita di due “pezzi pregiati” l’anno (Eriberto e Corini, Marazzina e Legrottaglie, Perrottae Barone) da sostituire con giocatori da valorizzare. L’Udinese, grazie ad una rete di osservatori capillare a livello mondiale,costruisce da anni formazioni che competono per le Coppe Europee, spendendo poco e vendendo poi i giocatori esplosi nelcorso del campionato al miglior offerente.163 Il diagramma è tratto da U. Lago, A. Baroncelli, S. Szymanski, Il business del calcio. Successi sportivi e rovesci finanziari,

Egea, Milano, 2004.

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4.1.2. Il vantaggio competitivo nel football

L’attivazione di uno dei circuiti sopra descritti non può tralasciare la predispo-sizione di una strategia atta a raggiungere gli obiettivi prefissati. Tale strategia de-ve tenere conto di quelle che sono le competenze della società nel suo complesso,per identificare quali permettano il raggiungimento di un vantaggio competitivorispetto ai competitors164. Soltanto una corretta identificazione dei propri punti diforza e di debolezza, nonché dei vantaggi competitivi già acquisiti o acquisibili,permetterà al club di definire il giusto percorso per raggiungere successi sportivied economico-finanziari.

Tra le fonti di vantaggio competitivo più importanti nel settore calcio trovia-mo il “vantaggio di localizzazione”. Esso può essere definito, in senso lato, comeuna competenza distintiva, una specie di “fonte naturale” di vantaggio competiti-vo derivante dall’ubicazione geografica165.

Tuttavia, se è vero che i club che rappresentano luoghi distanti dalle princi-pali aree metropolitane difficilmente riescono ad attrarre un elevato numero di ti-fosi, condizione che risulta necessaria se si vuole competere con i club dellegrandi città, d’altra parte l’esperienza dimostra che per questi non è la sola ubi-cazione geografica che determina il successo. Se la localizzazione rappresentauna competenza a volte necessaria, ma sicuramente non sufficiente, esistono pe-rò altre caratteristiche che rendono le performance di una società calcistica su-periori a quelle di altre. L’abilità per esempio di Juventus e Milan di primeggiarein Italia ed in Europa negli ultimi 15 anni non può essere spiegata solo facendoriferimento alle risorse finanziare e alla localizzazione geografica, altrimenti nonsi spiegherebbe il perché dei continui insuccessi sportivi di un club di uguale bla-sone come l’Internazionale.

Le competenze che consentono di ottenere un vantaggio competitivo che siadifendibile nel lungo periodo, sono quelle più difficilmente imitabili. Tra queste,per esempio, organizzazione e reputazione, asset intangibili che devono essere ne-cessariamente accumulati e sviluppati all’interno dell’impresa.

La reputazione, in particolare, è una capacità distintiva che il prodotto o la mar-ca guadagnano per effetto dalla posizione conquistata sul mercato. La si può pen-sare come l’esperienza positiva che i consumatori hanno sperimentato delprodotto stesso o della marca, per cui nella pratica sostituisce l’esperienza direttanel trasmettere, al consumatore che sta valutando l’acquisto da effettuare, la fidu-cia sulla bontà dello stesso166. Questa fonte di vantaggio competitivo è senza dub-bio una delle più difficili da imitare. Essa infatti, a differenza delle risorse

164 Sull’argomento si veda anche The basis for competitive advantage in football, semptember 1999 e A.A. Barajas Alonso,Visión estratégica del negocio del fútbol, la opinión de los presidentes de los clubes de fútbol ingleses que cotizan en bolsa, 2002.165 L’esistenza di un vantaggio nella localizzazione geografica è un argomento che è mutuabile, seppur con le dovutedifferenze, dagli studi di strategia aziendale. Gli attori economici che hanno la propria base in certe aree possono trarre unvantaggio dalla loro posizione territoriale: Cfr. Porter.166 Generalmente si dice che la reputazione rappresenta una capacità distintiva in quanto consente ad un’impresa di vendereun prodotto simile a quello dei concorrenti ad un prezzo più elevato, comprensivo di quello che viene chiamato normalmentepremium price.

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strategiche, non può essere acquistata sul mercato, ma deve essere sviluppata in-ternamente, in un arco di tempo piuttosto lungo. La reputazione della Juventus,per esempio, deriva dalla sua storia ultracentenaria e dalla sua tradizione di suc-cessi, e non potrà essere di certo imitata in un breve periodo di tempo. Oggi essaconsente alla Vecchia Signora di spuntare contratti migliori con sponsor e televi-sioni, di attrarre più facilmente i migliori giocatori ed i migliori tecnici, ed anchedi riscuotere consensi significativamente maggiori, per un dato livello di perfor-mance sul campo, rispetto a qualsiasi altro club rivale.

La struttura organizzativa, intesa come fonte di vantaggio competitivo, èquell’insieme di rapporti non solo economici, ma soprattutto sociali, che l’im-presa intrattiene con altre imprese o con i clienti. Si tratta di rapporti spessomolto più ricchi dei meri rapporti economici, perché includono anche la fidu-cia, l’esperienza personale, la simpatia. Essendo basata su rapporti personali,non può essere facilmente imitata e rappresenta quindi una competenza distin-tiva importantissima.

Essa consente a volte di generare profitti più elevati dei costi che assorbe,ma per tale risultato è innanzitutto necessario che sia radicata nell’impresa nelsuo complesso e non attribuita a singoli individui, i quali altrimenti avrebberola possibilità di spuntare remunerazioni più alte vendendo sul mercato tali lo-ro abilità specifiche. Nel caso del calcio, non si può non pensare al Milan. Nel-la seconda metà degli anni ’80 una struttura organizzativa straordinaria, e unicanel panorama italiano di quegli anni, ha permesso alla società milanese di co-struire una lunga serie di successi. Nel contesto britannico una cosa simile puòessere detta per il Liverpool.

L’organizzazione talvolta è associata ai manager, altre volte ai giocatori, altre an-cora a variabili intangibili167, alcune volte infine alla sua struttura societaria vera epropria ed alle relazioni istituzionali che la stessa è riuscita a costruire. Tuttavia, ri-petiamo, è l’insieme di tutte le possibili spiegazioni sopra esposte che determina unaeccezionale fonte di vantaggio competitivo.

4.1.3. La scelta del modello di business

Specificato quali sono le capacità e le competenze che possono determinare un“salto di qualità” nelle performance delle società calcistiche, passiamo a vederecome le stesse dovrebbero operare per raggiungere gli obiettivi economico-finan-ziari prefissati.

Il calcio è show business, e tutti i club, da quelli più blasonati alle cosiddetteprovinciali, si trovano di fronte alla necessità di creare, mettere in scena e com-mercializzare tale spettacolo.

Abbiamo già esposto precedentemente due schemi in cui si rappresentavanosommariamente dei processi “virtuosi” per il raggiungimento di successi.

167 Nel caso del club rossonero si fa riferimento alle straordinarie capacità e competenze di comunicazione e marketing, mentrenel caso della società inglese importantissima dal punto di vista della struttura organizzativa fu la forte relazione squadra-tifosi.

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Poco più avanti ne proponiamo un altro (fig. n. 4.3.) molto più dettagliato.Esso mette in evidenza come creare lo spettacolo calcistico significhi non so-

lo ingaggiare ed allenare giocatori perché si esprimano al livello richiesto, ma an-che, tra le altre attività, reclutare managers e personale di supporto per il team.

I club poi si occupano di “mettere in scena” lo spettacolo, preparando un“teatro” ove procedere alla “rappresentazione” (costruendo lo stadio per esem-pio), organizzando e promuovendo gli incontri e finalmente gestendo la follache accorre per lo show.

Ultima fase del processo, le società commercializzano lo spettacolo, ottimiz-zando i ricavi, ecco il punto più importante della nostra trattazione, provenienti datutte le possibili fonti: entrate dai botteghini, catering, corporate hospitality, spon-sorship, diritti Tv e merchandising.

Ogni club, nel disimpegnare tali attività, segue un metodo differente, in corri-spondenza al suo stadio di sviluppo, ma tutti possono ridurre la propria esposi-zione ai rischi, sia dentro che fuori il campo di gioco, seguendo il modello dibusiness appropriato.

Fig. n. 4.3: Modello di business di un club calcistico.

Fonte: AT Kearney

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Secondo uno studio recente168, a nostro parere piuttosto convincente, è possi-bile individuare 5 stadi di sviluppo per le società di calcio:

• Squadra – vivaio;• Contendente nazionale;• Stella nazionale;• Contendente europeo;• Marchio internazionale consolidato.

Fig. n. 4.4: Stadi di sviluppo di un club calcistico.

Fonte: AT Kearney

Il primo, il terzo ed il quinto possono considerarsi dei modelli di business so-stenibili, per cui un club può rimanere in ognuno di questi stadi per un lungo pe-riodo se i ricavi bilanciano i costi e mostrano un profitto appropriato169.

Gli altri due stadi invece sono visti come “di transizione”. Questo perché i co-sti e i ricavi solitamente non rimangono equilibrati, dato che i club devono inve-stire pesantemente in giocatori e infrastrutture dedicate al business per spostarsialla categoria successiva.

In questi scenari intermedi possono verificarsi due situazioni: se il club ri-esce ad generare sufficienti ricavi, sia attraverso finanziamenti esterni sosteni-bili, sia attraverso una crescita organica, allora probabilmente riuscirà a saliresullo scalino successivo.

168 Cfr. A.T. Kearney, Playing for profits, winning strategies for football in Europe and around the globe, 2004.169 Il club norvegese del Rosenborg, una stella nazionale di grande successo, ha realizzato di non avere il potere economicoper raggiungere il livello successivo. Di conseguenza il club si preoccupa di mettere sotto contratto i migliori giocatori delcampionato Norvegese, qualificandosi costantemente alle competizioni europee, e li rivende poi ai club europei più ricchi.Queste vendite possono essere effettivamente molto lucrative: il Rosenborg ha ceduto John Carew al Valencia per una cifrarecord di 9,4 milioni di euro nel 2000.

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Caso più frequente, sfortunatamente, lo smisurato investimento affrontato nonpuò essere sostenuto, o il finanziatore è troppo impaziente di raggiungere il succes-so, o il club non raggiunge l’attesa crescita dei ricavi. Allora la squadra arretrerà allostato precedente, se non ad uno ancora più in basso nella gerarchia170.

4.1.4. I ricavi nei club professionistici, uno sguardo d’insieme

Si è parlato del modello di business che una società calcistica può adottare edel circolo virtuoso, sportivo ed economico-finanziario, che essa può mettere inmoto attraverso la corretta scelta e la giusta implementazione di detto modello, mafino ad ora non ci si è affatto soffermati sul risultato finale che le società puntanoad ottenere attraverso questi sforzi: i ricavi.

È già stato detto come negli ultimi anni il fatturato delle società di calcio, cheprendono parte ai principali campionati continentali, sia cresciuto esponenzial-mente171. Ma come le società calcistiche hanno generato tali ricavi?

Recentemente l’abilità dei club calcistici di diversificare i propri profili diricavo è stato probabilmente il loro più grande successo, soprattutto se si guar-da all’esperienza britannica, ma essa sarà soprattutto un fattore critico per il lo-ro successo futuro172.

Senza andare troppo indietro nel tempo, ancora cinque anni fa gli incassi deri-vanti dal giorno della partita (in primo luogo i biglietti e gli abbonamenti) rappre-sentavano il flusso di ricavi più ingente per la maggioranza dei club cheappartengono alle maggiori leghe europee, mentre i diritti di broadcasting deter-minavano “solo” un flusso compreso tra un quarto ed un terzo del fatturato totale.Di certo i tempi sono cambiati: per i maggiori campionati europei, considerati nelcomplesso, i diritti Tv rappresentano oggi la fonte più importante di ricavo. Neicampionati di paesi più piccoli, dove il mercato televisivo è meno sviluppato e lu-crativo, gli incassi da botteghino e i ricavi derivanti da accordi di sponsorship con-tinuano ad avere una importanza maggiore173.

170 Il Leeds United rappresenta un esempio palese di questa situazione. Partito dalle stesse basi del Manchester United, conun gruppo di giovani giocatori di talento, il club divenne un contendente nazionale negli ultimi anni ’90. Il management decisedi investire pesantemente in giocatori piuttosto che nello sviluppo del business, determinando un aumento delle passivitàvertiginoso negli anni compresi tra il 1999 e il 2002. Il club si aspettava di rientrare negli investimenti attraverso laqualificazione costante alla Champions League, ma quando ciò non si verificò per due anni consecutivi, nelle stagioni 2001 e2002, il club non aveva abbastanza riserve finanziarie e fu costretto a vendere i giocatori migliori, giungendo quasi allabancarotta e retrocedendo nella serie inferiore.171 Cfr. Capitolo I, paragrafo 1.4.3. del presente lavoro.172 Cfr. Deloitte & Touche Annual Review of football finance, august 2004.173 La grandezza numerica del potenziale pubblico di spettatori-consumatori è fondamentale, infatti, per il recupero degliinvestimenti di produzione e/o acquisto dei programmi, determinando un tetto al numero dei canali che il mercato puòsostenere. In generale quindi, nei paesi più piccoli, con campionati di importanza minore, prevale ancora la televisionepubblica finanziata per la maggior parte dal canone. Nello sport, i denari versati dalle pay-Tv non incidono sui bilanci dellesocietà professionistiche, ad eccezione della Grecia dove il fallimento di Alpha Digital mise in crisi il maggiore campionatodi calcio ellenico. Sul punto vd. D. Cencioni e P. Piani, Sui mercati piccoli vince la tv pubblica, Il Sole 24 Ore Sport, anno 4n.4, 21 febbraio – 6 marzo 2003.

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Il grafico n. 4.5. mostra in modo chiaro la composizione attuale dei ricavi, inpercentuale ed in valore assoluto, per quattro delle cinque leghe europee più im-portanti. Le informazioni sulla Liga spagnola non sono disponibili.

Fig. n. 4.5: Breakdown dei ricavi delle maggiori leghe Europee stagione 2001/2002 (dati inmilioni di euro).

NB: In inghilterra sponsor e ricavi commerciali sono considerati congiuntamente nella seconda categoria.

Ns. elaborazione su dati Deloitte & Touche

Dal grafico risulta netta la distanza che separa il calcio inglese dal resto del cal-cio continentale. Nonostante la crescita non indifferente dei ricavi derivanti dallavendita dei diritti di broadcasting174, essi rappresentano “soltanto” il 42% dei ri-cavi totali della Premier League. Questo perché il calcio britannico ha sviluppatouna forte diversificazione dei ricavi, mantenendo la prima posizione per media dispettatori allo stadio175 e continuando a fare leva sugli incassi addizionali deri-vanti sia dall’uso degli impianti nei giorni diversi da quelli delle partite, sia da al-tre operazioni commerciali diversificate. Di seguito analizzeremo singolarmente levoci di ricavo più importanti per i club professionistici, cercando di comparare leesperienze provenienti dai diversi campionati di calcio e, se del caso, di altri sport eprovando a determinare le probabili evoluzioni future.

174 L’ultimo accordo con BSkyB e ITV ha determinato un aumento del 32% di questa particolare fonte di introito che, da sola,adesso è superiore al fatturato totale della Premier League nel 1995/96, e superiore all’intero fatturato della Premiere DivisionFrancese nel 2001/2002.175 Cfr. cap. I, par. 1.4.5. del presente lavoro.

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4.2. I diritti di trasmissione delle partite

Le fortune e i problemi del calcio moderno possono essere senza dubbio ri-condotti alla sua definitiva affermazione come format televisivo e quindi alla tra-sformazione dello stesso in show-business.

Fino agli inizi degli anni ’90 le entrate dei diritti televisivi, allora solamen-te in chiaro, erano aumentate in modo costante ma lento, ed erano rimaste unavoce secondaria tra i ricavi delle società di calcio. L’introduzione della pay-Tve successivamente della pay-per-view, in Italia rispettivamente nella stagione1993-94 e 1996-97, determinarono una impennata nei ricavi derivanti dallacessione dei diritti televisivi, trasformandoli nella posta più importante per iclub professionistici.

4.2.1. Storia dei diritti televisivi in Italia

Nel nostro Paese, se per i campionati che vanno dal 1993 al 1999 fu la LegaCalcio ad occuparsi della negoziazione dei diritti, sia per le trasmissioni in chia-ro176 che per quelle criptate177, nel corso del campionato successivo si verificaro-no alcuni fatti che determinarono una trasformazione sostanziale del rapporto tracalcio e televisione ed anche degli equilibri interni allo stesso sistema-calcio.

Il D.L. n.15, emanato il 30 gennaio 1999178, sancì la titolarità dei diritti televi-sivi per le trasmissioni criptate in capo alle singole società di Serie A e di Serie B.Poco tempo dopo, un intervento dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed ilMercato179 indusse la Lega Calcio a modificare il proprio regolamento, stabilen-do che a partire dalla stagione 1999-2000 i diritti televisivi criptati ed esteri rela-tivi alle partite dei campionati di calcio di Serie A e B venissero contrattatidirettamente ed individualmente dalle singole società anziché dalla Lega, la qua-le avrebbe continuato a negoziare i diritti in chiaro per conto delle squadre parte-cipanti ai campionati di Serie A e B.

A questi interventi legislativi si sommò l’entrata in scena della neonata piatta-

176 Per diritti televisivi “in chiaro” si intendono i diritti di trasmissione via etere, la cui ricezione non necessita dell’utilizzodi apparecchi decodificanti e non è soggetta al pagamento di un canone di abbonamento ad un network privato. I diritti ditrasmissione criptati riguardano invece la trasmissione via etere, via cavo, oppure via satellite, di segnali analogici o digitali,che possono essere decriptati o decodificati attraverso un apposito apparecchio, il decoder, che l’utente deve acquistare onoleggiare.177 Le entrate derivanti dalla cessione dei diritti televisivi aumentarono, in quel periodo, dai 180 miliardi di lire delcampionato 1993-94 ai 447 miliardi del campionato 1998-99.178 La “legge Veltroni” stabiliva: “È fatto divieto, a chiunque, riacquisire, sotto qualsiasi forma e titolo, direttamente oindirettamente, anche attraverso soggetti controllati e collegati, più del 60% dei diritti di trasmissione in esclusiva in formacodificata di eventi sportivi del campionato di calcio di serie A o, comunque, del torneo o campionato di maggior valore chesi svolge o viene organizzato in Italia. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinano la presenza di un soloacquirente, il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata nonsuperiore a tre anni. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita l’Autorità per le garanzie nellecomunicazioni, può derogare al limite del 60% di cui al secondo periodo del presente comma o stabilirne altri, tenuto contodelle condizioni generali del mercato, della complessiva titolarità degli altri diritti sportivi, della durata dei relativi contratti,della necessità di assicurare l’effettiva concorrenzialità dello stesso mercato, evitando distorsioni con effetti pregiudizievoliper la contrattazione dei predetti diritti di trasmissione relativi a eventi considerati di minor valore commerciale. L’Autoritàdeve comunque pronunciarsi entro 60 giorni in caso di superamento del predetto limite”.179 Provvedimenti n.6869 del 10 febbraio 1999 e n. 7340 del 1° luglio 1999, Proc. N. 1362 – Vendita diritti televisivi.

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forma digitale Stream, la quale puntò in maniera decisa sul calcio per farsi stradanel mercato. Risultato di questa situazione fu il deciso lievitare delle entrate deri-vanti dalla cessione dei diritti criptati180, le quali nel giro di una sola stagione pas-sarono da 447 miliardi a 1.000 miliardi, più del doppio. La crescita rimase positivaanche nella stagione successiva181, quando tali ricavi giunsero a rappresentare il54% del turnover complessivo delle società calcistiche, contro il 16,2% rappre-sentato dai ricavi da gare.

Fig. n. 4.6: Il mercato dei diritti televisivi in Italia (Dati in milioni di euro).

Ns. elaborazione su dati Deloitte & Touche

Negli ultimissimi anni però si è registrata una leggera inversione di tenden-za. Il numero di abbonati inferiore alle previsioni ed i bilanci in rosso delle pay-Tv hanno determinato una sostanziale riduzione degli importi dei contrattitelevisivi per le successive stagioni, che scendono ad una cifra vicina ai 340 mi-lioni di euro. Il mercato italiano non è stato infatti fertile come altrove per lepiattaforme digitali: la penetrazione della Tv satellitare in Italia è solamente del12,7%, contro il 64,4 in Germania, il 48,1 in Gran Bretagna, il 39,2 in Franciae il 30,4 in Spagna. Ma a questo insuccesso ha contribuito l’ingegno italico, at-traverso lo sviluppo di un sistema di pirateria che ha pesantemente danneggia-to i due operatori.

Da stime realizzate nel dicembre 2001 risulta infatti che la penetrazione reale

180 Cfr. A. Padovese, Diritti troppo cari mettono in crisi il business, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n.15, 1-14 settembre 2001.181Le pay-Tv sborsarono nella stagione successiva oltre 1.000 miliardi (550 milioni di euro).

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era di molto superiore a quella ufficiale, come illustrato dal seguente grafico.

Figura n. 4.7: Penetrazione della Tv digitale in Europa (Dicembre 2001).

Anche nel resto d’Europa i ricavi derivanti dai diritti televisivi sono aumenta-ti in maniera vertiginosa, come si vedrà più avanti, per lo meno in quei paesi in cuila pay-Tv e la pay-per-view hanno avuto la possibilità di svilupparsi.

Per analizzare più approfonditamente il mercato dei diritti di broadcasting deicampionati più importanti d’Europa, partiremo da quello che rappresenta il punto diriferimento nel campo del business associato al gioco del calcio: l’Inghilterra.

4.2.2. La Gran Bretagna

La Gran Bretagna è senza dubbio il regno del magnate Rupert Murdoch, checon la sua BSkyB monopolizza nella pratica il sistema della pay-Tv, soprattuttodopo il crack di ITV Digital182. Il conseguente ridimensionamento dei diritti rela-tivi alla Football League, potrebbe far risentire i suoi effetti negativi per diversianni, mentre l’accordo della Premier League inglese con BSkyB sembra soddi-sfacente per entrambi. I ricavi derivanti dalla cessione dei diritti di trasmissionetelevisiva sono aumentati moltissimo soprattutto negli ultimi anni, come si puònotare dal grafico.

182 Cfr. D. Cencioni, Gran Bretagna, il regno di Murdoch, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 4 n. 2, 24 gennaio – 6 febbraio 2003.183 Dati della ricerca Sport Media Monitor di StageUp.com.

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Fig. n. 4.8: Costo dei diritti Tv in Inghilterra dal 1996 al 2003 (Dati in milioni di euro).

Fonte: Sport Media Monitor – StageUp.com

Tale aumento vertiginoso è sicuramente giustificato dai “gusti” del pubblicoinglese, notoriamente calciofilo. Se nel 1998 il calcio occupava il 16,82% del pa-linsesto televisivo britannico contro il 15,34% di tre anni prima183, è anche veroche le emittenti britanniche non corrono il rischio di “saturare” la programmazio-ne con il football ma sono invece ricche di offerta sportiva grazie ad un ampio ar-co di discipline.

Fig. n. 4.9.: La Premier League in Tv (Dati in milioni di euro).

Fonte: Sport Media Monitor – StageUp.com

Tipo di

trasmissione

Descrizione Evento Canale Costo Venditore

In chiaro Highlights del sabato sera e delladomenica più alcune rubriche

ITV 278(2001/2002-2003/2004)

Premier League

Pay-Tv Posticipi domenica e lunedì in diretta

per complessive 66 partite annue

BSkyB 1721,5

(2001/2002-2003/2004)

Premier League

Pay-per-view Limitato a 40 dirette annuali BSkyB 243

(2001/2002-2003/2004)

Premier League

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Come si può notare dalla tabella precedente, in Inghilterra le Tv devono con-trattare direttamente con la Premier League, la quale detiene i diritti Tv in chiaroe criptati di tutte le società che vi partecipano. Un sistema pertanto profondamen-te diverso rispetto a quello che vige nel nostro Paese dove, come già ricordato pre-cedentemente, i contratti con le piattaforme televisive vengono negoziatiindividualmente.

In Inghilterra, invece, la contrattazione collettiva dei diritti fa sì che i relativiintroiti debbano essere solo successivamente suddivisi tra i club, e tale divisioneavviene sulla base di un criterio che è possibile definire “misto”184. Il totale dei di-ritti contrattati dalla Premier League viene suddiviso in tre parti: la prima, pari al47% del totale, viene ripartita equamente tra le venti società che partecipano almaggiore campionato inglese; la seconda parte, corrispondente al 26,5% degli in-troiti, è suddivisa utilizzando come driver l’affluenza allo stadio; infine il rima-nente 26,5% viene attribuito alle società sulla base dei risultati ottenuti e quindisulla base della classifica finale.

Un sistema del genere determina una situazione in cui le prime quattro squadre sidividono il 26,7% degli introiti, le tre successive il 17% e le altre piccole il 55%, net-tamente diversa rispetto a quella italiana, come appare evidente dai grafici seguenti.

Fig. n. 4.10: Ripartizione diritti Tv Premier League 2001/2002.

Ns. elaborazione su dati Deloitte & Touche

184 Normalmente si distingue tra “criterio aziendale” e “criterio sportivo”. Il primo è quello in vigore nel nostro sistema,in cui la quota dei diritti spettante a ogni club è direttamente correlata a quanti abbonamenti/telespettatori che possonoessere portati dal club stesso. Il secondo invece è applicato dalla UEFA per la gestione dei diritti derivanti dallaChampions League: gli introiti complessivi sono suddivisi in due segmenti, il primo destinato ad essere ripartito in partiuguali fra tutti i club come gettone di partecipazione, il secondo sulla base del risultato del campo, cioè remunerandomaggiormente chi vince rispetto a chi perde.

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Fig. n. 4.11: Ripartizione diritti Tv Serie A 2002/2003.

Ns. elaborazione su dati Centro Studi Lega Calcio

4.2.3. Il digitale terrestree il problema della contrattazione dei diritti televisivi

Il tema della contrattazione e della ripartizione dei diritti televisivi è un argo-mento attualissimo e di grande importanza in Italia, ancora di più ora che sta pren-dendo piede la nuova tecnologia legata al digitale terrestre. In base alla legislazionevigente185 entro la fine del 2006 tale tecnologia diventerà lo standard di trasmissio-ne per tutti i canali televisivi. Per quanto ci riguarda ciò determina scenari del tuttonuovi, e di fatto l’abbattimento del monopolio di Sky sulla trasmissione delle parti-te del campionato di calcio italiano. Mediaset e La7 hanno già provveduto a mette-re sotto contratto alcune delle squadre della Serie A186 e hanno dato il via allatrasmissione, in pay-per-view, delle relative partite di campionato.

A nostro avviso il digitale rappresenta per il calcio italiano una rivoluzione,e una possibilità di incrementare ulteriormente le proprie entrate. Se è vero cheSky potrebbe, nel breve termine, utilizzare il fantasma del digitale per rinno-vare i contratti delle squadre in scadenza a cifre minori, nel medio-lungo pe-riodo la competizione sui diritti televisivi non può che portare ad un livello diricavi più elevato. Ci sembra perfetto a proposito l’intervento di Piersilvio Ber-

185 Si fa riferimento alla legge 3 maggio 2004, n.112: Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e

della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonchè delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione,la cosiddetta “Legge Gasparri”.186 Atalanta, Inter, Juventus, Livorno, Messina, Milan, Roma e Sampdoria hanno ceduto i propri diritti a Mediaset. La7 si èaccordata con Bologna, Brescia, Cagliari, Chievo, Fiorentina, Lecce, Palermo, Parma e Reggina. Il costo dell’acquisizione daparte di Mediaset dei diritti per la trasmissione delle partite della Juventus e delle due milanesi via digitale terrestre, cavo eADSL è stato di 86 milioni di euro.

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lusconi, in una recente intervista: “Prima eravamo in regime di monopolio,quindi era Sky da sola a poter fare il prezzo. Non è più così. Se il digitale ter-restre a medio-lungo termine non andrà bene il peggio che può succedere è tor-nare alla situazione di oggi. Se dovesse funzionare, il campionato in direttainvece di 3 milioni di possibili viewers, che sono quelli abbonati al satellite,potrà contare sugli altri 26 milioni di tifosi: le squadre, quindi, avranno unmaggiore bacino sia come pubblicità sia come aziende in competizione tra lo-ro per l’acquisizione dei diritti. Dove sta il problema?”187.

In effetti il problema reale connes-so ai diritti televisivi rimane non la lo-ro entità, quanto la loro distribuzione.Il recente rinnovo dei contratti, e lastipula dei nuovi per il digitale terre-stre, rende difficile attuare da subitola proposta di tornare alla contratta-zione collettiva188.

Il grafico seguente mostra quantoavrebbero ottenuto i club di Serie A in questa stagione, nel caso fosse stato appli-cato un simile modello.

Fig. n. 4.12 : Simulazione su diritti Tv stagione 2004/2005 (milioni di euro).

Fonte: La Gazzetta Sportiva 16 gennaio 2005

187 Il testo dell’intervista è ripreso da G. Mancini, “Niente rischi, copriremo noi”, in La gazzetta Sportiva, Domenica 16Gennaio 2005.188Ad avanzarla è stato Luigi Corioni, presidente del Brescia. La proposta prevede la ripartizione, sulla scia del modelloinglese, del 50% degli introiti in parti uguali, del 25 in base al bacino d’utenza e del restante 25% in base alla classifica finale.

Riforma dei diritti Tv“Ora comincia un nuovo calcio” Ilcommento del ministro Melandri al vialibera definitivo del Consiglio deiMinistri. (Cfr. par. 6.2. e 6.3.)N. Co., Sì alla riforma dei diritti tv nel calcio,

Il Sole 24 Ore, 21 dicembre 2007

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4.2.4. La Spagna

Spostandoci in Spagna, essa rappresenta, forse è un fatto sconosciuto ai più, ilmercato televisivo europeo con la maggior quota di investimento pubblicitario de-stinato alla Tv, pari al 57%, contro il 51% dell’Italia, il 45% della Gran Bretagna,il 36% della Germania e il 35% della Francia. Anche in Spagna il calcio è eviden-temente il primo sport a livello di ascolti, e l’offerta di sport in Tv vede una nettapredominanza degli eventi calcistici189.

L’evoluzione della situazione spagnola è stata simile a quella del nostro paese.

Fig. n. 4.13: Costo dei diritti Tv in Spagna dal 1996 al 2003. (milioni di euro)

Fonte: Sport Media Monitor – StageUp.com

Anche in Spagna, negli anni ‘90, le società della Liga de futbol profesional ave-vano stipulato collettivamente un contratto per la cessione dei diritti fino al ’98con Audiovisual che a sua volta poi li aveva rivenduti ai network televisivi190. Nel1996 le Tv regionaliste realizzarono un consorzio, Forta, spacchettando a piaci-mento il prodotto calcio.

Dal 1997 poi la nuova legge sul diritto di cronaca ha fatto sì che chiunque po-tesse entrare liberamente con una telecamera dentro uno stadio riprendendo emandando in onda tre minuti di sintesi, così da rendere inutilizzabili i diritti rela-tivi agli highlights.

Da questo punto in poi ogni società ha cominciato a vendere i propri diritti sin-golarmente attraverso Audiovisual. Tutte le società hanno firmato un contratto dal1998 al 2003 con il broker Tv, che poi ha provveduto a girarli alle varie emittenti191.Il quadro generale è riassumibile nello schema successivamente riportato.

189 Cfr. D. Cencioni e P. Piani, Spagna, forte calo degli abbonati pay, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n.22, 13-26 dicembre 2002.190 Sui diritti televisivi in Spagna vedi anche J. Garcìa Villar e P. Rodriguez Guerrero, in Tv revenues in Spanish football, old

solutions, new problems, 2002.191 Barcellona e Real Madrid nel 2001 hanno provveduto alla cessione dei diritti criptati di campionato e Coppa del Re dal2004 al 2008 rispettivamente a Canal Plus e a Via Digital.

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Fig. n. 4.14.: La programmazione della Liga in Tv.

Fonte: Sport Media Monitor – StageUp.com

4.2.5. La Francia

Dopo la fusione tra Stream e Tele+ nella nuova società Sky Italia di Murdoch, laFrancia rimane l’unica realtà Europea con due piattaforme televisive a pagamento:Canal+, la più anziana pay-Tv europea, e Tps. Il successo della pay-Tv può esserespiegato grazie ai 23 milioni di francesi, pari al 39,2% della popolazione naziona-le192, che hanno accesso alla pay-Tv fra satellite, cavo e tecnologia digitale terrestre.Anche qui come negli altri paesi analizzati, dal punto di vista dell’offerta sportivatelevisiva si nota la predominanza degli eventi calcistici. Nel 2001 il Pallone occu-pava il 32% del palinsesto, in forte aumento rispetto alla media del 21,7% nel trien-nio 1992-1995193. Il calcio è il primo sport anche a livello di ascolti, soprattuttograzie all’effetto trainante prodotto dalla Nazionale negli ultimi anni.

Fig. n. 4.15: Costo dei diritti Tv in Francia dal 1996 al 2003 (Dati in milioni di euro).

Fonte: Sport Media Monitor – StageUp.com

Evento Note Canale Durata Venditore

In chiaro

Anticipo sabato in diretta

(esclusiva di tutto il campionato

del Barcellona fino al 2003 su Tv3)

con prima scelta del match

Forta 1998/1999-2002/2003 Singoli Club

Pay-Tv Posticipo della domenica in diretta Canal+ 1998/1999-2002/2003 Singoli Club

Pay-per-view Partite domenicali Cs, via

Digital

1998/1999-2002/2003 Singoli Club

192 Cfr. D. Cencioni e P. Piani, La Francia è l’unica con due pay-tv, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 20, 15-28 Novembre 2002.193 Dati della ricerca Sport Media Monitor di StageUp.com.

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Alla fine della stagione 2003-2004 si è provveduto a rinnovare i contratti televi-sivi in scadenza, e Canal+ ha pagato la somma record di 1,8 miliardi di euro per i di-ritti di trasmissione in esclusiva del campionato francese di League 1, a partire dal2005 per tre stagioni. Il gruppo Vivendi, cui fa capo Canal+, ha nell’occasione affer-mato che “oggi più di prima, il gruppo Canal+ consolida la propria posizione comeleader incontrastato della pay-Tv in Francia, attraverso il rafforzamento dei suoi duepunti di forza: sport e film”194. L’obiettivo finale della lega, realizzato, era quello diaumentare o perlomeno mantenere sullo stesso livello gli introiti, mentre da parte del-le Tv ci si lamentava dell’alto prezzo rispetto ad un evento che non è certamente al-l’altezza degli altri campionati europei.

4.2.6. La “sesta” lega europea: la Champions

Oltre a quelli che sono i campionati “tradizionali” c’è da considerare ormai unaulteriore competizione nel panorama europeo, visto il peso economico che essa haraggiunto: la Champions League. Se mettiamo infatti a confronto i dati relativi al-l’affluenza allo stadio e le stime circa gli introiti derivanti dai diritti televisivi,quanto affermato precedentemente risulta piuttosto evidente.

Fig. n. 4.16: I sei maggiori “campionati” europei.

In particolare, la gestione dei diritti della UEFA Champions League segue uncriterio sportivo. Essi vengono negoziati direttamente dalla UEFA195, la qualeprovvede poi a distribuire una parte degli introiti ai club. Questi ricevono sia unaquota fissa per la partecipazione alle diverse fasi della competizione, sia delle quo-te variabili dipendenti dai successi ottenuti sul campo.

Il successo di pubblico riscosso dalla maggiore manifestazione continentaleper club ha portato all’idea, più volte riproposta, di una Superlega europea, sul mo-dello dell’NBA americana, che riunisca le migliori squadre del continente, le qua-li dovrebbero in tal modo abbandonare le proprie competizioni nazionali peraderire a questo super-campionato europeo.

194 D. Smith, Canal+ in record soccer deal, sportbusiness.com, 14 dicembre 2004.195 Per quanto riguarda la fase a gironi e quelle successive. Ai club rimane comunque la negoziazione dei diritti relativi allatrasmissione degli incontri di qualificazione.

Paese Campionato Affluenza Media(2001/2002)

Ricavi domestici dadiritti di Tv stimati

(2001/2002) milioni di €

Italia Serie A 25.945 2 515 2

Inghilterra FA Premier League 34.324 4 640 1

Spagna Liga 21.737 6 n.d. -

Francia Premiere Division 23.245 5 260 5

Germania Bundesliga 31.047 3 300 4

UEFA UEFA Champions League 34.361 1 420 3

Fonte: Deloitte & Touche

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Su tale opportunità riteniamo non sia il caso di dilungarsi in questa sede, macrediamo opportuno soltanto far notare come una tale prospettiva faccia gola alletelevisioni, le quali si troverebbero a poter concorrere per la trasmissione di unnuovo evento, con un bacino di pubblico immenso e nella prospettiva di un mer-cato televisivo che conterà ancora per alcuni anni sull’analogico, ma che vede af-fermarsi realtà diverse come il digitale, il satellitare, lo streaming attraversointernet e la videofonia, quindi con possibilità di sfruttamento dei contenuti pro-dotti pressoché illimitate.

4.3. Le sponsorizzazioni

Come in un passato, non troppo remoto, la attività di gestione delle società cal-cistiche tendeva a configurarsi come una sorta di mecenatismo moderno, così an-che l’attività di sponsorizzazione in principio sembrava del tutto coincidente conla filantropia.

Fino a circa trent’anni fa, infatti, le attività di sponsorizzazione erano prevalente-mente al servizio dei vertici aziendali, i quali con esse guadagnavano entrature socialio politiche. In altri casi invece la sponsorizzazione era definita come “il business del-la moglie del presidente”196, perché organizzato in senso del tutto filantropico, e diconseguenza gestito dai familiari con le modalità tipiche delle erogazioni liberali.

Oggi il mercato europeo delle sponsorizzazioni sportive è cresciuto fino al-l’incredibile cifra di 20.000 miliardi del vecchio conio superando così il livelloraggiunto dagli sport professionistici americani, che si attestano sui 9,6 miliardidi dollari197. Nel recente passato è stato aperto un dibattito sulla compatibilità diobiettivi filantropici e obiettivi finanziari all’interno delle aziende, coniando ad-dirittura un termine nuovo e discutibile, quello di “filantropia strategica”, per in-dicare una combinazione dei due tipi.

Una cosa è ormai senza dubbio: i consumatori finali sono influenzati, e molto, dal-le attività filantropiche delle aziende. Studi diversi indicano che circa il 40%198 deiconsumatori americani utilizza come criterio per la scelta tra prodotti di aziende di-verse la conduzione o meno di attività filantropiche o di patrocinio o di sponsoring.

4.3.1. Peculiarità dell’attività di sponsoring

Oggi è possibile però tracciare una netta linea di demarcazione tra filantropiae attività di sponsorizzazione, la quale è attuata con lo scopo di cogliere obiettivicommerciali, e distinguere quest’ultima anche dalla pubblicità.

La pubblicità infatti è la comunicazione diretta, di un prodotto o di una marca,attraverso un mezzo acquistato per quello scopo. La sponsorizzazione invece è unmezzo più sofisticato, meno smaccatamente orientato alla vendita, che comunica unazienda, o il suo prodotto, in combinazione con una squadra, un atleta o un evento.

196 Così N. Tomesani, Molto più che filantropia, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 1, 19 gennaio – 1 febbraio 2002.197 I dati sono estrapolati da vari articoli pubblicati sul sito www.calcioinborsa.com.198 N. Tomesani, Molto più che filantropia, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 1, 19 gennaio – 1 febbraio 2002.

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In questo modo si ottiene una conseguenza ulteriore rispetto alla comunica-zione: lo sponsor viene associato automaticamente allo spirito e ai caratteri dellosponsee, in modo da rendere il messaggio commerciale più credibile e memora-bile agli occhi del pubblico.

I vantaggi differenziali offerti dalla sponsorizzazione rispetto alla pubblicitàclassica non sono pochi:

• accesso ad audience dal vivo;• audience riflessa sui media in caso di eventi rilevanti;• possibilità di effettuare vendita o distribuzione di omaggi sul luogo della gara;• opportunità per lo sponsor di intrattenere i clienti.La possibilità di segmentare il pubblico inoltre consente anche di valutare pre-

cisamente i ritorni della sponsorizzazione in termini di reach199 e di awarness200

acquisita attraverso il messaggio, nonché la predisposizione e la motivazione al-l’acquisto e il comportamento di acquisto e di consumo.

La sponsorizzazione rappresenta un tipo di comunicazione solitamente ben ac-cetta al pubblico, perché da questo ritenuta innocua e a volte utile e altruistica, per-mettendo lo svolgimento di attività sportive e culturali. Infine, il calo medio diefficienza dei media classici e la necessità delle aziende di attivare flussi di co-municazione bidirezionali con il pubblico, hanno spinto a puntare decisamente suquesta leva di comunicazione, l’unica che dal 1996 al 2002 è cresciuta ad un tas-so medio superiore al 10%, contro il 5% della pubblicità e il 4% delle promozio-ni. E nel 2001 le sponsorizzazioni rappresentavano già il 13,4 per cento delturnover complessivo contro il 16,2 dei ricavi da gare201.

4.3.2. Tendenze del mercato delle sponsorizzazioni

Il trend di investimenti in sponsorizzazioni, anche se ha leggermente rallenta-to, continua ad essere crescente, e “lo sport continua a rappresentare il veicolopreferito per comunicare e affermare il proprio brand”202. La spesa dedicata allesponsorizzazioni è infatti assorbita per oltre due terzi dallo sport.

Fig. n. 4.17:Valore delle sponsorizzazioni per settore d’investimento nel 2002.

Fonte: Il Sole 24 Ore Sport

199 Con questo termine si intendono il numero e le caratteristiche degli individui effettivamente raggiunti dal messaggio.200 Rappresenta la notorietà spontanea e/o sollecitata dell’accoppiamento sponsorizzativo.201 Dati Deloitte & Touche per Lega Calcio, 2002.202 Terzo rapporto Forces (consorzio tra Censis servizi e Acciari consulting) sulle sponsorizzazioni.

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Dati più recenti confermano il primato dello sport, come veicolo comunica-zionale, anche se l’attenzione si va spostando verso l’utilità sociale, un compartoche nell’ultimo anno è cresciuto del 4%. Nel complesso il mercato delle sponso-rizzazioni in Italia gode di ottima salute: raggiungerà i 1.656 milioni di euro, conuna crescita del 2% rispetto al 2004203. La stima prevede quindi il secondo annoconsecutivo positivo dopo i cali del 2002 e del 2003.

Fig. n. 4.18: Il mercato delle sponsorizzazioni in Italia (dati in milioni di euro).

Fonte: Indagine Predittiva di StageUp

Naturalmente, il calcio fa la parte del leone204 nell’attrazione degli investi-menti sponsorizzativi dedicati allo sport, che diventa una attività prioritarianella realizzazione del business calcistico. “[…] la corporate community, affa-mata di calcio per trarre da quest’ultimo la spinta necessaria al raggiungi-mento dei propri obiettivi di business, divenuti difficilmente raggiungibiliattraverso lo sfruttamento di strategie e di media classici […] è certamente iltarget prioritario per il favorevole rapporto tra numero di clienti e potenzialedi investimento dei medesimi.[…]Definito dunque il mondo Corporate comecore target del business delle società calcistiche, le attività di marketing sa-ranno concentrate sulla realizzazione […] di pacchetti di sponsorizzazione ta-rati sulle esigenze dell’impresa.”205

203 I dati sono tratti dall’indagine predittiva realizzata da StageUp.com “Il futuro della sponsorizzazione”, 2004.204 Secondo le stime di StageUp.com gli investimenti degli sponsor in Serie A per la stagione che 2004/05 sono pari a quasi111 milioni, contro i poco meno di 105 spesi nella scorsa stagione. Un dato però che non deve ingannare, visto che ilcampionato sarà disputato da due squadre in più rispetto al passato. Da quest’anno le squadre potranno alternare sulla magliadiversi main sponsor, che avranno a disposizione una superficie maggiore. Ci sarà inoltre la possibilità di aggiungere un altromarchio sulla stessa casacca. Nessuno per ora ha sfruttato questa opportunità che potrebbe essere utile soprattutto per lepiccole squadre, mentre difficilmente i grandi sponsor accetteranno marchi “concorrenti”. Cfr. E. Sgambato, Serie A, 111

milioni dagli sponsor, in Il Sole 24 Ore, 6 settembre 2004.205 Così Romy Gai, Direttore Commerciale di Juventus F.C. in Marketing, l’asso che fa vincere lo scudetto dei ricavi,Tuttofondi S&P, anno 2 n.11, settembre 2004.

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4.3.3. Calcio italiano e sponsor

Nel calcio italiano è solo nel 1981 che la Federcalcio si preoccupa di redigereun documento contenente tutte le regole per le sponsorizzazioni, la cui presenzasulle divise dei club italiani era garantita soltanto con il ricorso a ingegnosi aggi-ramenti del divieto fino ad allora vigente206. Al marchio dello sponsor furono dap-prima riservati 100 cm2, oltre ai 12 riservati al fornitore tecnico; successivamente200. Per molto tempo il fenomeno si sviluppò solamente attorno allo sponsor prin-cipale, quindi il logo aziendale dalle magliette cominciò ad essere apposto anchesui biglietti, sui cartelloni retrointervista e sul materiale pubblicitario prodotto dal-la società. Ad oggi è possibile ed utile suddividere gli sponsor in diverse tipolo-gie, e ordinarle per esempio secondo l’importanza che hanno per i club: lo sponsorufficiale, che è la società il cui nome o il cui logo appare sulle maglie della squa-dra, è il più importante insieme con lo sponsor tecnico, che fornisce gli articolisportivi al team, dal pallone alle divise. Poi vi sono gli sponsor istituzionali e i for-nitori ufficiali, imprese che utilizzano il marchio della società a scopo promozio-nale e pubblicitario; infine a questi soggetti vanno aggiunti tutti quelli cheutilizzano il marchio del club per le attività di merchandising.

Fig. n. 4.19.:Tipologie di sponsor.

TIPOLOGIE DI SPONSOR

MAIN SPONSOR Compare sulle maglie e sui capi d’abbigliamento ufficiali;non è raro che ve ne sia uno per ogni competizionesportiva cui il club partecipa.

SPONSOR SECONDARI Appaiono sui cartelloni retrointervista, all’interno dellostadio, sui biglietti e sul materiale pubblicitario.

SPONSOR TECNICO Fornisce alla società l’abbigliamento e il materiale per la messa in scena dello spettacolo calcistico .

MEDIA PARTNER È il partner commerciale a cui si cedono i diritti per latrasmissione delle partite. La società può decidere di affidarsi a un diverso partner per ogni canale mediatico.

PARTNER COMMERCIALI Altri sponsor che appaiono nello stadio e sul materialepubblicitario, come gli sponsor secondari, e che normal-mente sono legati a specifici settori merceologici

FORNITORI TECNICI Forniscono materiali, prodotti e servizi alla società,in modo non direttamente correlato all’attività sportiva

LICENZIATARI Acquistano dalla società calcistica la possibilità di com-mercializzare prodotti con il marchio e i colori sociali del club.

(sponsor ufficiale)

206 L’alba delle sponsorizzazioni sportive è collocabile negli anni ’50 con un tiepido avvicinamento tra il mondo calcistico equello industriale. La mancanza di norme specifiche, permise ad alcune società di legare il proprio nome a quello di alcuneaziende; nacquero così le società Lanerossi-Vicenza, Simmenthal-Monza, Ozo Petroli-Mantova, Modena-Zenith, Sarom-Ravenna e Talmone-Torino. Nella stagione 1959/60, tuttavia, arrivò il divieto della Federcalcio per tali abbinamenti. Furonodue i fatti decisivi per la caduta del divieto, e protagoniste furono Udinese e Perugia: nel 1978 la società friulana pose suicalzoncini il marchio “Sanson”, aggirando così il divieto federale che faceva riferimento espresso solamente alle maglie. LaFedercalcio multò la società per 10 milioni, una cifra di certo inferiore a quella ricevuta dallo sponsor. Il Perugia fu piùinnovativo e, data la possibilità di apporre sulle maglie, per uno spazio massimo di 12 cm2, il nome dello sponsor tecnico,vendette tale spazio alla Ponte (industria alimentare) che appositamente creò una propria fittizia linea d’abbigliamento, laPonte sportwear, grazie ad un contratto di licenza stipulato con una ditta perugina produttrice d’abbigliamento.

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Le entrate derivanti dagli sponsor sonopertanto in costante aumento: se nel1997/98 erano stati fatturati oltre 70milioni di euro per la Serie A nel suocomplesso, nel 2000/2001 l’importoera più che raddoppiato raggiungendola cifra di 153 milioni di euro, con untasso di crescita che approssimava il30%. Sono le squadre italiane, subitodopo quelle tedesche, a ricavare i mag-giori introiti dalle sponsorizzazioni.

Il potere contrattuale di ciascunasquadra è commisurato a due variabilifondamentali: la tifoseria e il bacino diutenza, riferendoci in particolare allamassa di persone che possono conoscere il marchio dell’azienda sponsor seguen-do l’attività sportiva del team. Le squadre più sponsorizzate sono quindi quelleche hanno tradizionalmente una tifoseria numerosa (Napoli, Fiorentina, Bari), oquelle che pur essendo rappresentanti di piazze non grandi hanno ottenuto recen-temente risultati tali da moltiplicare la visibilità dei marchi ad esse legati (Parmae, più recentemente, Chievo Verona207), oppure, naturalmente, quelle squadre cheuniscono un numero elevato di tifosi a successi recenti (Juventus, Milan, Roma,Lazio, Inter).

4.3.4. La situazione europea

La situazione continentale, per quanto riguarda il mercato delle sponsorizza-zioni legate al calcio, è fotografata in maniera corretta da uno studio recente con-dotto dal magazine tedesco Sport+Markt208.

Il sondaggio è stato condotto su un totale di 114 club, appartenenti ai campio-nati di Germania, Italia, Inghilterra, Spagna, Francia e Olanda e prende in consi-derazione soltanto gli sponsor principali, tralasciando quindi gli sponsor tecnici eminori209.

207 Secondo la rilevazione Sponsor Value condotta da StageUp e Tns Abacus nel 2002, la marcia compiuta dal piccolo Chievonel grande calcio ha determinato una notorietà del marchio Paluani, di proprietà dell’azienda che controlla il club,significativamente superiore rispetto a quella di altri abbinamenti che hanno avuto copertura mediatica maggiore. Ciò si spiegaattraverso l’imprinting mentale della sponsorizzazione, ottenibile solamente grazie al trasporto emotivo, vero valore aggiuntodelle partnership di successo.208 Il sondaggio European Jersey Report è stato realizzato relativamente agli sponsor ufficiali per la stagione 2004/2005.209 È una precisazione dovuta, visti i recenti contratti concessi dai marchi “tecnici”. Basti pensare al legame Nike-Juventus,della durata di 12 anni a partire dal 2003, che porterà complessivamente nelle casse bianconere almeno 157,3 milioni di eurocome minimo garantito, oltre a 29,4 milioni connessi alla fornitura dei prodotti e a parte dei profitti connessi a fatturato eutile derivante dalla vendita nel mondo dei prodotti targati Juventus.

Crescita del compartoLa vittoria della nazionale italiana ai mondialidel 2006 ha dato lo sprint al comparto dellesponsorizzazioni sportive. «La crescita in seimesi è stata dell’1,5% — spiega GiovanniPalazzi vicepresidente di StageUp, società diconsulenza specializzata nel business dellosport — circa 16 milioni in più disponsorizzazioni raccolte fino a dicembre 2006,su un mercato che in Italia valecomplessivamente 1,67 miliardi.A questo si aggiunga la raccolta dellesponsorizzazioni per la Nazionale, che stannoandando molto bene».L. Di Pillo, Chi vince moltiplica il business,

Il Sole 24 Ore, 27 aprile 2007

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Fig. n. 4.20: Gli sponsor sulle maglie dei club europei (dati in milioni di euro).

CLUB

La Bundesliga precede la Serie A e la Premier League complessivamente; alivello dei singoli club però, come si evince dalle tabelle in basso, la Juventusnell’ultimo anno ha detronizzato il Bayern Monaco, appropriandosi della pri-ma piazza. Sull’ammontare complessivo degli investimenti effettuati daglisponsor, il campionato tedesco si aggiudica il 26,8%, in leggera flessione ri-spetto all’anno passato (27,7%); l’Italia ottiene il 20,5%, come la scorsa sta-gione, e l’Inghilterra si colloca al terzo gradino con il 18,4% (19,6%). Stabilela quota del campionato Olandese, la incrementano invece sia la Francia(14,3%; +1,2), sia la Spagna (10,7; +0,9).

Fig. n. 4.21: Ammontare complessivo per jersey-sponsor nei campionati europei (dati in milioni di euro).

CAMPIONATI

1 Juventus F.C. 18,5 Sky + Tamoil 2 Bayern Monaco 13,5 T-Mobile3 Real Madrid 14 Siemens Mobile4 Manchester United 13 Vodafone5 Olimpique Lyonnais 12 Renault Tracks + LG6 Borussia Dortmund 10 E.on7 Chelsea 9,7 Fly Emirates8 Bayer Leverkusen 9,5 Rwe9 A.C. Milan 9 Opel

10 F.C. Inter 8 Pirelli

1 Germania 88,652 Italia 67,813 Inghilterra 60,874 Francia 47,305 Spagna 35,406 Olanda 30,76

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Fig. n. 4.22: Mercato europeo dei jersey-sponsor.

Fonte: Nostre elaborazioni su dati European Jersey Report 2004/2005

Il paese iberico rappresenta in questo campo una realtà molto particolare, se sipensa che alcuni club come Barcellona e Athletic de Bilbao hanno scelto di non“inquinare” la maglia, considerata sacra, con loghi commerciali210.

La forza dei club tedeschi emerge anche da un altro dato particolare: 11 su 18 diessi incassano dagli sponsor una cifra superiore alla media europea che è di 2,9 mi-lioni. In Italia le società sopra la media sono solo sette, in Inghilterra il numero scen-de a sei, in Francia cinque, in Spagna e Olanda, fanalini di coda, solo 3.

Fig. n. 4.23:Valore delle sponsorizzazioni sulle maglie rispetto alla media europea.Massimi campionati europei 2003/2004.

Fonte: Ns. Elaborazione da dati Sport+Markt

210 In realtà il Barcellona ha già avviato i primi passi alla ricerca di uno sponsor da apporre sulle camisetas blaugrana.Sembra che stia vagliando l’offerta della compagnia di scommesse betandwin.com. Questa porterebbe nelle casse del clubcatalano da un minimo di 13 milioni di euro ad un massimo di 17 milioni, in relazione ai risultati ottenuti sul campo,collocandola al secondo posto tra le maggiori sponsorizzazioni, alle spalle della Juventus. Cfr. D. Smith, Barca consider Bet

and Win, www.sportbusiness.com, 29 ottobre 2004.

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Il mercato tedesco risulta più appe-tibile per la maggiore percezione dellosponsor da parte di quel pubblico: lagente ricorda di più i nomi e i marchi le-gati al calcio rispetto ai tifosi italiani e aquelli degli altri paesi europei, mentre inItalia è lo sponsor tecnico ad avere mag-giore percezione e riconoscimento. C’èda considerare inoltre l’enorme gap trapiccole e grandi squadre, in termini diritorno di immagine, che si ha in Italia,in Spagna e in Olanda. In Germania in-vece la “risonanza” prodotta dallesquadre è più equilibrata, e di conse-guenza vi è una più equa distribuzionedegli investimenti degli sponsor chepermette a più club di superare la sogliamedia europea.

Infine, come giustamente affermaRomy Gai: “la differenza fondamentaletra Italia e Germania è di carattere de-mografico ed economico. Il mercato te-desco è più vasto e più ricco rispetto a quello italiano e poi le squadreprofessionistiche in Italia sono più del doppio rispetto a quelle tedesche e di conse-guenza i potenziali ricavi derivanti da sponsor vengono divisi tra più club”211.

In serie A un grande club riesce ad incassare 11,25 volte di più di un piccoloclub, mentre in Germania il rapporto è di “soli” 4,21 a 1212; in Spagna addirittura,l’accordo tra Siemens Mobile e Real Madrid cannibalizza il 40% del mercato ibe-rico con i suoi 14 miliardi, mentre il Valencia, campione in carica della Liga, puòcontare solo su 3,7 miliardi offerti dal suo jersey-sponsor, Toyota. Lo studio mo-strava, l’anno passato, che nonostante il periodo di crisi che stava attraversandol’economia europea, il prodotto calcio comunque resisteva: “gli investimenti pub-blicitari di tipo classico quest’anno [l’anno scorso] hanno subito un calo stimatotra il 10 e il 30%. Il calcio ha risentito della crisi in tono decisamente minore”213.

Nella stagione in corso invece l’ammontare complessivo delle sponsorizza-zioni ha raggiunto la cifra di 330,8 milioni di euro, 10 milioni in più dell’anno pas-sato. Se poi ci si concentra sui 5 contratti più importanti, si può notare che il lorovalore è addirittura quasi raddoppiato in sole quattro stagioni, passando da 37 a 71milioni di euro, dimostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno,

Jersey SponsorshipSecondo Sport+Markt il valore complessivocorrisposto ai club delle maggiori 6 legheeuropee ha raggiunto in questa stagione405,3 milioni di euro, in aumento del 10,6%rispetto ai 366,3 milioni di euro della stagionescorsa. In particolare, in Inghilterra per lastagione 2007-08 sono stati corrisposti 97,5mln di euro, in Germania 95,5 mln, in Italia71,8 mln, in Francia 51,0 mln, in Spagna 50,2mln e in Olanda 39,5 mln. I club più valorizzatisono Manchester United (AIG – 20,8 mln);Bayern Monaco (T-Home – 20,0 mln); RealMadrid (Bwin – 15,0 mln); Chelsea (Samsung– 14,5 mln); AC Milan (Bwin – 12,0 mln) eShalke (Gazprom – 12,0 mln).Il gap tra grandi e piccoli club è estremizzatoin Spagna: Energie Cottbus, con un ricavo dajersey sponsorship pari a 1,7 mln, sarebbe inottava posizione.Football shirt sponsorship increase again say

Sport+Markt, www.sportbusiness.com, 15

novembre 2007

211 M. Dibrogni, Sponsor sulla maglia, in Bundesliga i ricavi più alti, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 4 n. 19, 31 ottobre – 13novembre 2003.212 Una grande in Italia ha un incasso medio di 9 milioni di euro, mentre una piccola raccoglie mediamente solo 800.000 euro.In Bundesliga la differenza è meno marcata, visto che le grandi arrivano a 9,7 milioni di media, poco più delle italiane, mentrele piccole prendono quasi il triplo delle nostre: 2,3 milioni.213 Sport+Markt, European Jersey Report, ed. 2003/2004.

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che il calcio è tuttora considerato come un efficacissimo veicolo pubblicitario. Laricerca ha mostrato anche, nell’ambito degli sponsor, l’uscita di scena di compa-gnie di telecomunicazione a favore di quelle che offrono servizi finanziari. Il mer-cato delle telecomunicazioni oggi sponsorizza 12 squadre, rispetto alle 19 di dueanni fa, mentre i servizi finanziari appaiono sulle maglie di 29 club, in aumentorispetto ai 23 del 2002214.

4.3.5. Prospettive future

Ma il mercato delle sponsorizzazioni si è evoluto nel tempo, e nel mondo delcalcio le imprese non si concentrano soltanto sui team, ma anche su altri compar-ti dello sponsoring, come l’abbinamento a testimonial, il naming di impianti e lasponsorizzazione di eventi.

In particolare, il 2005 rappresenterà, secondo ultime analisi215, l’anno dello stori-co sorpasso degli investimenti su eventi sportivi rispetto a quelli sui team. Per la pri-ma volta infatti i primi supereranno, nel corso della stagione post-olimpica, i secondi.Gli investimenti in sponsorizzazione di impianti, al contrario, non decolleranno.

Fig. n. 4.24: Dimensione dei segmenti di mercato in Italia (Dati in milioni di euro).

Fonte: Indagine predittiva di StageUp

214 Per lo studio di un caso in particolare, si consiglia la lettura di P. Rosson, Football Shirt Sponsorships, SEGA Europe and

Arsenal F.C., Marzo 2001.215 Terza edizione dell’analisi predittiva di StageUp “Il futuro della sponsorizzazione”.

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L’incremento del 2% che si era registrato nel passaggio dal 2003 al 2004 lascia-va presagire una spinta verso il cosiddetto “naming di impianto”, che è molto uti-lizzato dagli investitori d’oltreoceano,ma che invece resterà stabile; come an-che non subirà scossoni la fetta di mer-cato che utilizza gli atleti cometestimonial. Tuttavia proprio quello delnaming di impianto è un comparto da te-nere d’occhio per i prossimi anni. Già laJuventus, forte dell’accordo di lunghis-simo periodo con Nike per la fornituratecnica, aveva pensato di farla entrarenello sviluppo del nuovo Delle Alpi. InInghilterra è dell’ottobre 2004 l’annun-cio dell’accordo tra l’Arsenal e la com-pagnia aerea Fly Emirates, attualesponsor del Chelsea, per la maxi-spon-sorizzazione che porterà nelle casse deiGunners qualcosa come 100 milioni disterline, poco meno di 145 milioni di eu-ro. La compagnia araba darà il proprionome al nuovo stadio da 60.000 postiper un periodo di 15 anni, a partire dallastagione 2006/2007, oltre ad apporre ilproprio marchio sulle magliette da gio-co dei campioni di Inghilterra. Se ancheil direttore marketing del Real Madrid,considerato l’uomo responsabile dellasvolta commerciale delle merengues ne-gli ultimi anni, ha affermato “Non sa-rebbe uno scandalo se un giorno il club accettasse di vendere i diritti per il nome delBernabeu”216, c’è da scommettere sulle potenzialità di sviluppo di questo settore.Per quanto riguarda invece il comparto dei testimonial, sono spesso i diritti di im-magine legati ai giocatori a determinare tensioni e rotture nelle trattative tra calcia-tori e club per la negoziazione dei contratti. Si parla naturalmente di calciatori diprimo livello in grado di generare, attraverso l’utilizzo della propria immagine daparte degli sponsor, somme di gran lunga più elevate dei già faraonici stipendi strap-pati ai club. Per citare un caso recente, il talento inglese Wayne Rooney, classe 1985,recentemente passato dall’Everton al Manchester United217, è già entrato a far par-te della famiglia di atleti Nike. La celebre multinazionale di abbigliamento sportivo

216 Intervento ad una conferenza sul marketing sportivo all’università di San Pablo Ceu a Madrid, tenutasi il 1° dicembre2004, riportato da D. Smith, Madrid could rename Bernabeu, sportbusiness.com, 2 dicembre 2004.217 Il costo del trasferimento è stato di 34,5 milioni di euro, cui si aggiungeranno fino a 10,2 milioni di euro in relazione alrendimento del giocatore e ai risultati della squadra dei Red Devils.

Naming Rights: numeriIn Europa, i ricavi da naming right su baseannua risultano ad oggi essere i seguenti:Bayern Monaco (Allianz Arena) – 6,0 mlneuro;Amburgo (Nord Bank Arena) – 4,3 mlneuro; Hannover (Awd Arena) – 2,0 mln euro;Eintracht Frankfurt (Commerzbank Arean) –3,0 mln euro;Arsenal FC (Emirates Stadium)– 4,0 mln euro; Bolton (Reebok Stadium) –0,5 mln euro; FC Koln (Rhein EnergieStadion) – 2,1 mln euro; Borussia Dortmund(Signal Iduna Park – 4,0 mln euro); Shalke 04(Veltins Arena) – 3,0 mln euro; PSV (PhilipsStadion) – 1,2 mln euro.A. Sanges, Salernitana: progetto naming right per lo

stadio Arechi?, www.salernonotizie.it

Naming Rights“Se avessimo intitolato il nuovo stadio a

Herbert Chapman o persino a Arsene Wenger,sarebbe stato musica per le orecchie dei tifosi.Ma le cose sono cambiate nel football e noiabbiamo ricevuto un’offerta magnifica, la piùricca nella storia del calcio inglese. Dobbiamoandare avanti.”Peter Hill-Wood, presidente dell’Arsenal,

ottobre 2004

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gli ha garantito un pluriennale per 7,5 milioni di euro, da aggiungere agli altri 2,5milioni di euro incassati ogni anno da Coca-Cola, Ford, Pringles e Mastercard218.Non stupisce allora perchè i club cerchino di inserire nei contratti con i propri cam-pioni, non solo la titolarità delle prestazioni sportive, ma anche l’utilizzo dell’im-magine dell’atleta. L’indotto generato da campioni di questo calibro è davveroconsiderevole, se si pensa che i due gol del Boy Wonder alla Svizzera, nell’ultimaedizione degli Europei, hanno avuto in patria uno share del 70% (17 milioni di con-tatti) e le vendite di birra nei supermercati sono raddoppiate a 46 milioni di litri.

Per quanto riguarda la sponsorizzazione di eventi, un appuntamento calcisticoche ormai potrebbe costituire un case history per l’argomento è il Trofeo Birra Mo-retti. Esso, è quello che emerge da una ricerca di Tns Abacus, si colloca al terzo po-sto per notorietà tra gli eventi calcistici italiani dietro al Campionato e alla CoppaItalia, pur essendo un torneo estivo di nessuna rilevanza agonistica219. La “Birra delbaffo” concentra tutta la sua strategia di sponsorizzazione sulla realizzazione di que-sto evento estivo, strategia che risulta vincente, visto il seguito e la visibilità che ognianno riscuote il torneo e i conseguenti risultati di notorietà del brand. Heineken, pro-prietaria del marchio, valuta che sia senz’altro più vantaggioso creare un evento piut-tosto che essere title sponsor di una squadra anche di alto livello, questo perchél’appuntamento può essere sfruttato anche come base per campagne pubblicitarietradizionali, per azioni di co-marketing e come contenitore di sponsor tecnici. E cer-to i numeri danno ragione al marchio olandese: nell’edizione del 2002 l’evento hacatalizzato l’attenzione di 4.218.000 spettatori, per uno share medio di 23,95%. Al-lo stadio San Nicola di Bari erano presenti 55 mila spettatori, oltre a 110 giornalistiper più di 50 testate nazionali e internazionali tra televisioni, radio, agenzie di stam-pa, testate on line e carta stampata e 40 fotografi a bordo campo. L’evento è stato se-guito in oltre 100 Paesi nel mondo.

4.4. Il merchandising

Lo sport in generale, il calcio soprattutto, è probabilmente il maggiore creatore diicone sfruttabili commercialmente. Precedentemente è stato fatto l’esempio di WayneRooney, il diciottenne che ha catalizzato l’attenzione di molte aziende che investonosul calcio. Ma non sono soltanto i giocatori, e gli sponsor ad essi collegati, a guada-gnare da questa situazione. Anche le società, seppure in Italia il fenomeno risulti piut-tosto recente, possono sfruttare questa caratteristica dello sport per allargareulteriormente lo spettro delle fonti di ricavo, nell’ottica più volte rimarcata durante latrattazione, di una diversificazione degli introiti che consenta la minore dipendenzapossibile del risultato economico dai risultati sportivi. Il futuro dello sport-businessnon può prescindere perciò dal merchandising, quell’insieme di abbigliamento, gad-get e oggettistica personalizzati con il marchio della squadra del cuore che rappresen-ta il mercato al consumo di tutti i club di vertice220.

218 Stime di sportbusiness.com riportate da E.M. Corno, Il teenager che vale più di Beckham, Economy.219 Se il Campionato di Serie A è noto all’81,8% degli interessati, e la Coppa Italia al 78,8%, il trofeo Birra Moretti precedeil più anziano Trofeo Luigi Berlusconi con una notorietà del 43,2% contro il 38,8%.220 A proposito vd. N. Tomesani, Il tifo sta bene su tutto, Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n.9, 12 – 25 maggio 2001.

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4.4.1. Lo sviluppo del settore

Il trend di crescita è segnato. Cappellini, maglie, tute, bandiere e anche posa-te, bicchieri, pigiami e lenzuola nel 2001 fruttavano negli Stati Uniti221, 15 milamiliardi di lire; in Italia allora questo mercato era ancora agli inizi e fatturava “sol-tanto” 120 miliardi222.

In Inghilterra nel periodo 1990-1994 la vendita di magliette ufficiali era cre-sciuta del 78%. In Germania, il Bayern Monaco, nei due mesi successivi al tra-sferimento di Klinsmann, ha venduto 150.000 maglie con il suo nome ad un prezzodi 45 sterline l’una. Sempre maggiore importanza assumono i contratti di sponso-rizzazione tecnica, che spesso incorporano la cessione delle royalties allo sponsorstesso223.

Dal 1998 al 2003 il business di maglie ed oggettistica, per i club della Serie Aè triplicato, ma rimane comunque marginale nei bilanci224.

Fig. n. 4.25: Ricavi commerciali in Serie A 1998-2002 (Dati in milioni di euro).

Ns. Elaborazione su dati Deloitte & Touche

221 La via maestra di questo settore è formata dalle Leghe statunitensi: la NFL (National Football League) ha un giro d’affariannuo, per il solo merchandising, di 3,3 miliardi di dollari; la NBA segue con 3,1 miliardi di dollari; la NHL (National HockeyLeague) fattura 1 miliardo di dollari e i College circa 2,5 miliardi. I dati sono di Sport Management.222 N. Tomesani, Il tifo sta bene su tutto, Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 9, 12 – 25 maggio 2002.223 L’accordo da 190 milioni di euro in 12 anni tra Nike e Juventus è l’ultimo esempio, dopo quelli tra l’azienda americanacon Barcellona e Manchester United. 224 Secondo Deloitte & Touche la Serie A ricavava nel 1998 da questa voce 9,251 milioni di euro, mentre nella stagione 2001-2002 la stessa è salita a 23,086, più di tre volte tanto.

I ricavi commerciali30/06/1998 30/06/1999 30/06/2000 30/06/2001 30/06/2002

Sponsorizzazioni 70,606 99,255 125,664 153,915 152,223

Pubblicità 13,781 18,922 23,6 35,143 36,922

Merchandising e royalties 9,251 10,654 11,724 16,595 23,086

Altre attività commerciali 6,378 7,347 9,998 11,247 13,424

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Le società calcistiche italiane infatti sono ancora lontane dal livello raggiuntodal leader europeo del comparto: il Manchester United225. I Red Devils già nel2001 avevano distribuito 750 mila repliche delle proprie maglie da gioco, con ri-cavi derivanti dal merchandising pari a 70 miliardi del vecchio conio, contro i 120realizzati dall’intera Serie A226.

Le potenzialità del mercato, soprattutto nel calcio, sono elevatissime: da unaparte l’attaccamento dei tifosi alla squadra del cuore ha un immediato risvolto intermini di apprezzamento della “marca” che è collegata alla società, dall’altra lapopolarità di questo particolare sport, misurata in termini di spettatori dal vivo edi audience televisiva, incide significativamente in termini di riconoscimento del-la marca da parte del pubblico, cioè in termini di visibilità.

4.4.2. La situazione Italiana

La via italiana al merchandising è basata sul licensing, ossia sugli accordi di li-cenza227. Tali contratti prevedono la concessione in licenza del marchio del club aaziende terze che siano interessate alla produzione di oggetti a fronte della corre-sponsione da parte del licenziatario di una percentuale dei ricavi, talvolta con unminimo garantito a favore della società sportiva.

È un modello che negli anni passati si contrapponeva a quello inglese, con in te-sta il Manchester United, che commercializzavano il merchandising attraverso so-cietà specializzate controllate interamente. Questo metodo permette di avere unelevato controllo sulla qualità dei prodotti e sull’uso del marchio a fronte però dicomplesse e costose situazioni organizzative.

La linea inglese ha prevalso per lungo tempo, per lo meno come idea di bestpractice; ma oggi, dopo l’annuncio del febbraio del 2001 da parte del ManchesterUnited di conversione al licensing, soprattutto a causa dei minori costi di gestione,la via italiana è diventata la più praticata d’Europa.

All’avanguardia, quindi, ma solo teoricamente. In realtà le potenzialità del cal-cio come mezzo di comunicazione e come fenomeno commerciale erano state com-prese già più di 25 anni fa. Allora la Lega Nazionale Professionisti suggerì allesquadre di ridefinire il proprio marchio, emblema o logotipo e di registrarlo per ga-rantirsene l’uso esclusivo228.

La prima a muoversi in tale direzione fu la Roma, che registrò la Lupa in 12settori merceologici diversi e stipulò successivamente una serie di contratti di ces-sione dei marchi sociali; poi anche le altre grandi seguirono l’esempio: la Juven-tus registrò la “zebra”, il Milan il “diavolo” e l’Inter il “biscione”, ma a questoprimo, importante passo non seguì l’implementazione di strategie commerciali.

225 A. Ronchetti, Stadio, Merchandising e utili: Manchester – squadre italiane 3-0, in Il Sole 24 Ore, 28 giugno 2004.226 N. Tomesani, Il tifo sta bene su tutto, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 9, 12-25 maggio 2001.227 Sul licensing cfr. P. Bottelli, Il merchandising innovativo fa lievitare i profitti del Milan, in Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2001e Roma, 10 miliardi dai gadget in giallorosso, in Il Sole 24 Ore, 4 marzo 2001.228 Circolare 31 luglio 1979.

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Come più volte accennato, i ricavi da merchandising sono rimasti per lungotempo di consistenza piuttosto esigua, basti pensare che la Serie A nel 1996/97 in-cassava da questa fonte complessivamente 10 miliardi, mentre il Manchester Uni-ted, negli ultimi 3 anni, ha generato un flusso di ricavi pari a 150 miliardi229.

Fig. n. 4.26: Ricavi del merchandising in Italia e Europa - 2001 (Miliardi di lire).

Fonte: Il Sole 24 Ore Sport

Ad oggi si nota una maggiore attenzione a questa fonte di introito, soprattuttoda parte dei grandi club, sulla base della condivisibile opinione che “si tratta di unavoce che ha espresso soltanto il 30-40% delle proprie potenzialità”230.

Se per i piccoli club lo sviluppo del merchandising ha ancora poco rilievo, e sipreferisce svilupparlo “in proprio”, com’è dimostrato dalla scelta del Bologna di“azzerare” le licenze, per i grandi club invece si tratta di un business internaziona-le che oltre a generare ricavi gioca un ruolo importantissimo nell’implementazio-ne del brand aziendale. Il mercato italiano è però complesso e presenta numerosedifficoltà. La prima è quella della contraffazione e dell’abusivismo, una piaga piùsentita che all’estero, sia per la complessa struttura legislativa italiana sia per la rei-terata disapplicazione delle leggi esistenti231.

Aquesto problema segue la difficoltà di accordo con la grande distribuzione or-ganizzata, che solitamente non trova nel merchandising i requisiti standard richie-sti in termini di profondità di gamma e di controllo dei prezzi.

229 Dati estrapolati da articoli pubblicati su www.calcioinborsa.com.230 Romy Gai, in M. Marani, Merchandising senza gol, Il Sole 24 Ore, 20 ottobre 2003.231 Gli amministratori del Milan affermano che oltre il 50% del loro mercato sia coperto da falsi; all’Inter (13 miliardi di ricavida merchandising nel 1999) sostengono che nella stagione 98/99 sono stati acquistati oggetti nerazzurri non originali per unasettantina di miliardi; lo studio legale della S.S. Lazio (2,5 miliardi per royalties nel 1999) stima che i 4/5 dei suoi tifosiacquistino oggetti contraffatti per un ammontare di circa 10 miliardi. Due recenti sentenze dei tribunali di Mantova e Cremonasono indicative: gli amministratori di Milan e Juventus, le società italiane che per prime tentano di imitare i colleghi inglesinello sfruttamento del merchandising, con le loro azioni legali fanno valere il principio secondo il quale devono essere tutelaticome marchio anche i colori sociali.

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Infine non si può non citare la maggiore difficoltà da parte del tifoso italiano atrasformare in acquisti di abbigliamento la sua passione sportiva. Alla radice di ta-le diversità sta la maggiore cura degli italiani per il look e la maggiore ricerca del-la qualità dei prodotti rispetto all’estero232. D’altra parte l’Italia presenta dellepotenzialità assenti in altri paesi. Per esempio ha acquisito una buona importanzail merchandising alimentare, quasi sconosciuto all’estero e che a permesso al Mi-lan di vendere un milione di pandorini Battistero.

4.4.3. Merchandising e sviluppo del marchio

Il merchandising non va inteso però solo come fonte di introito pura e sempli-ce, ma deve essere utilizzato dai club calcistici anche come strumento comunica-tivo per accrescere la propria brand image e conseguentemente i ricavi,supportando l’attività dei licenziatari.

Oltre alla già citata protezione del marchio, le società possono e devono svilup-pare i propri canali distributivi (punti vendita diretti o in franchising), la vendita percorrispondenza ed Internet, al fine di aumentare i margini di profitto ed avere un con-tatto diretto con la clientela-tifoseria; una politica di contenimento dei prezzi233, al fi-ne di invogliare la gente alla prova e di combattere il mercato di contrabbando;un’attività di comunicazione diretta, magari attraverso dei testimonial, al fine di crea-re nella gente una cultura del merchandising minimizzando la diffidenza.

Tutte queste attività rientrano in una più ampia e complessa strategia di“brand building”, e sono tese a fare in modo che il tifoso-consumatore riconoscadei valori aggiunti unici, nel confronto con prodotti concorrenti, e difficilmenteemulabili dagli altri club. Investire nel proprio marchio significa ideare ed im-plementare strategie di gestione e commercializzazione del brand. Attività delgenere devono basarsi però su una effettiva conoscenza delle potenzialità delmarchio stesso, cioè del suo valore sul mercato. Soltanto conoscendo tale valoreè possibile ottenere il massimo dalle negoziazioni relative ai diritti televisivi, al-le sponsorizzazioni, agli accordi di licensing, etc.234

232 N. Tomesani, Il tifo sta bene su tutto, Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 9, 12 – 25 maggio 2001.233 Nel 1999 i club appartenenti ai campionati Inglese e Scozzese furono presi di mira dall’l’OFT (Office for Fair Trade,l’Autorità garante della concorrenza in UK). Dopo due anni di ricerche, l’Ufficio ha accertato che il prezzo al pubblico dellemagliette di calcio veniva mantenuto artificilamente alto dai produttori attraverso accordi lesivi della concorrenza con idettaglianti. I produttori hanno dovuto quindi cessare questa pratica commerciale a danno dei tifosi di calcio e lasciare aidettaglianti la possibilità vendere le magliette al prezzo preferito, anche con forti sconti.Il provvedimento ha previsto a carico dei produttori l’obbligo di includere una clausola di “libertà di sconto” in tutti i lorocontratti di vendita futuri ed inviare una lettera che esplicita la fine di questa procedura anti-concorrenziale ai clienti che eranogià sotto contratto. Inoltre a partire da allora l’OFT può imporre multe fino al 10% del fatturato nel caso tali procedure difissaggio dei prezzi dovessero accadere nuovamente. Da Torn off a strip: Football kit prices to fall after clubs berated for

supporting price fixing, 6 agosto 1999, pubblicato sul sito www.calcioinborsa.com 234 I metodi di valutazione si possono raggruppare in due categorie: metodi di valutazione basati sul costo, e metodi finanziarie reddituali. I primi determinano il valore del marchio sulla base degli investimenti effettuati in passato dalla società per losviluppo del brand. Nel caso specifico delle società sportive, i brand sono stati creati principalmente sui campi di gioco e sonosostenuti dalla reputazione piuttosto che da oggetti pubblicitari-promozionali o, in ogni caso, da investimenti specifici, la cuirilevazione appare in ogni caso fuorviante. I metodi finanziari e reddituali invece, appaiono più appropriati, in quanto realizzanodelle proiezioni sui cash flow o sui ricavi generati dal marchio, in particolare sono da segnalare il metodo del premium price equello delle royalities. In questo caso i problemi riguardano la determinazione di queste due ultime grandezze. A proposito cfr.M. Braghero, S. Perfumo, F. Ravano, Per sport e per business: è tutto parte del gioco, FrancoAngeli, Milano, 1999.

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Future Brand, società specializzata appunto in creazione, valorizzazione e va-lutazione commerciale dei marchi di impresa, ha stilato nel 2002 una classifica deimarchi sportivi relativamente al valore degli stessi.

Fig. n. 4.27: Valore marchi sportivi europei (Dati in miliardi di lire).

Fonte: www.futurebrand.com

Su scala mondiale primeggiavano i Dallas Cowboys, squadra di football ame-ricano, con un marchio dal valore commerciale di 570 miliardi di lire, mentre nel-la classifica riservata alle compagini europee spiccava, come ormai da copione, lasquadra inglese del Manchester United.

La classifica appariva quanto meno strana: come si spiega la mancanza del Mi-lan, società che ha dominato in Europa e in Italia, che ha vinto tournèe e trofei in-ternazionali? Perché il “grande Milan” scompare dai vertici europei e finisce sottosquadre di più modesto blasone, come gli scozzesi del Glasgow Rangers? E an-cora, il Manchester è effetivamente una squadra affermata in campo ed in borsa,ma non ci si capacita di come possa valere più di 2 volte la Juventus, più di 3 vol-te il Barcellona e più di 5 volte la Roma.

Altra anomalia lampante è la distanza minima che separa Ferrari, McLaren eWilliams. Sono tutte scuderie dalla storia vittoriosa, ma 20 miliardi di vecchie li-re di differenza fra le Rosse e le Frecce d’argento sono sicuramente un’inezia.

Il problema, naturalmente, risiedeva nella metodologia utilizzata235. Appare necessario ribadire che le società di calcio e quelle sportive in generale

non si possono valutare come un’impresa qualunque. È per questo motivo che la stes-sa società ha provveduto a pubblicare, nel 2004, una nuova classifica riferendosi aisoli marchi calcistici, cercando questa volta di calibrare meglio la valutazione sulle

235 Il sito Futurebrand.com spiega che i parametri usati si ricollegano ai dati finanziari storici e stime future degli stessi, allareputazione del marchio e alla sua posizione competitiva.

Valore dei Marchi Sportivi - 2002

1 Manchester Utd 540

2 Real Madrid 320

3 Bayern Monaco 310

4 Ferrari (solo F1) 230

5 McLaren Mercedes 220

6 Juventus 210

7 Liverpool 177

8 Barcellona 177

9 Arsenal 170

10 Williams BMW 165

11 Inter 160

12 Rangers 110

13 Roma 100

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peculiarità delle aziende in esame236. Per valutare le società sportive appare impre-scindibile recarsi allo stadio e osservare la realtà: l’atmosfera, l’organizzazione ela passione dei suoi tifosi237.

Da questa rivisitazione dell’analisi deriva una classifica che appare più corret-ta, anche se non riteniamo vi sia la presunzione di rappresentare in maniera per-fetta i divari esistenti tra i marchi delle squadre elencate.

Fig. n. 4.28:Valore dei marchi calcistici in Europa secondo Future Brand(Dati in milioni di euro).

Fonte:The most valuable football brands in Europe

236 Tra gli aspetti tipici presi in considerazione: il numero di tifosi, che determina il bacino dei potenziali clienti della società;le aspettative circa i redditi generati dallo sfruttamento dello stadio nei giorni in cui si giocano le partite; parametri finanziaricome reddito prodotto e fatturato; la capacità di attrarre nuovi tifosi; la presenza di giocatori simbolo, un aspetto strettamentecollegato con il merchandsing e con l’esportazione del marchio sui mercati esteri; infine, naturalmente, la performancesportiva, cioè la capacità di ottenere risultati importanti che diano visibilità e prestigio (non soltanto le coppe europee, maanche le amichevoli internazionali di rilievo).237 A proposito di brand equity e sua valorizzazione cfr. N. Tomesani, La vittoria non è tutto, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2n. 6, 31 marzo – 13 aprile 2001.

Valore dei Marchi calcistici in Europa - 2004

1 Manchester United ING 288

2 Real Madrid SPA 278

3 Milan ITA 197

4 Bayern Monaco GER 149

5 Barcellona SPA 141

6 Juventus ITA 131

7 Arsenal ING 111

8 Inter ITA 97

9 Borussia Dortmund GER 85

10 Liverpool ING 84

11 Chelsea ING 80

12 Roma ITA 60

13 Newcastle ING 52

14 Schalke 04 GER 47

15 Bayer Leverkusen GER 40

16 Ajax OLA 36

17 Valencia SPA 32

18 Leeds ING 31

19 Lazio ITA 30

20 Paris Saint Germain FRA 27

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È utile proporre di seguito i valori dei marchi di alcune imprese globali, percompararli a quelli precedenti.

Fig. n. 4.29:Valore di alcuni marchi commerciali (Dati in milioni di euro).

Fonte: Interbrands

Ma lo sviluppo del brand non si limita certo al merchandising. Esso rappresenta,sicuramente, una leva strategica importantissima e allo stesso tempo anche un driverper misurare l’efficacia delle strategie di brand building intraprese. Ma ulteriori atti-vità di sviluppo devono essere realizzate, attraverso la televisione, la radio, internet,efficaci canali di divulgazione a costi anche contenuti238. Seguendo l’esempio delManchester United239, che aveva colto le opportunità già anni fa, i grandi club stan-no puntando oggi ad “internazionalizzarsi”, per giungere alla costruzione di quelloche viene chiamato “stadio virtuale”. Con questo termine si intende un luogo idealedi incontro tra tifosi e club che va oltre i confini nazionali per coinvolgere i fan di tut-to il mondo. Caratteristiche dello stadio virtuale sono la capienza illimitata ed il fat-to di presentare una varietà elevata di servizi per i tifosi-clienti che servano a farlisentire parte del gioco nonostante la lontananza e l’impossibilità a recarsi allo sta-dio240. Attraverso l’interazione tra tifosi e club241, infine, si instaura una preziosatriangolazione che coinvolge gli sponsor spingendoli ad investire sulle società242.

VALORE MARCHI COMMERCIALI

Coca-cola 175

Microsoft 120

IBM 90

General Electric 70

Ford 69

Disney 67

Intel 60

McDonalds 55

AT&T 50

Marlboro 45

238 La NBA, per esempio, può contare sui propri studi televisivi per la produzione di programmi sportivi; il Chelsea haattuato il progetto “Chelsea Village Television”; in Italia Milan, Roma e Inter hanno creato un canale satellitare proprio.Tutte queste operazioni hanno il fine di controllare i diritti televisivi e, di conseguenza, la propria immagine. Ancora, i sitiinternet di molte società inglesi, accanto alle informazioni sportive, alle curiosità e ai vari forum o chat line per i tifosi,offrono anche notizie sugli investimenti futuri, sulle strategie aziendali, sulla situazione finanziaria, nonché la possibilitàdi acquistare i prodotti della squadra direttamente via internet.239 I Red Devils vantano 40 milioni di tifosi nel mondo, di cui solo 5 in Gran Bretagna. Cfr. C. Spiga, Stadi sempre più

virtuali, Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 1, 19 gennaio – 1 febbraio 2002.240 “La diffusione delle pay-Tv sposta inoltre in maniera indefinita i confini nei quali si disputa l’evento-partita: oggi

potenzialmente ciascun incontro viene giocato in diretta in ogni angolo della terra, con il pubblico presente allo stadio ridotto

quasi a fattore meramente coreografico.” Così G. Liguori e A. Smargiasse, Calcio e Neocalcio. Geopolitica e prospettive del

football in Italia, Manifestolibri, Roma, 2003.241 In questo campo il Milan è una delle società italiane più all’avanguardia. È stata una delle prime a sfruttare la propria famaall’estero per avvicinare i fan oltre confine attraverso le tournée, nonché organizzando junior camp all’estero per avvicinare igiovani tifosi milanisti stranierei facendoli entrare in contatto diretto con la loro squadra del cuore.242 Così C. Spiga, art.cit.

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Da quanto fin qui esposto emergono alcuni obiettivi che le società calcistiche do-vrebbero ricercare nell’immediato futuro, per potenziare la funzione commerciale:

• screening dei licenziatari: è neces-sario analizzare e selezionare il par-co delle aziende a cui concedere lalicenza di produzione, per ottenereun miglioramento degli standardqualitativi del prodotto ed una co-stante ottimizzazione del servizioglobale fornito243;

• distribuzione: l’ottimizzazionedella rete distributiva del mer-chandising ufficiale è una prioritàimprorogabile. Oltre ai canali tra-dizionali quali la grande distribu-zione organizzata (GDO), ilcatalogo ufficiale ed i punti vendi-ta, bisogna puntare anche e soprat-tutto su quelli innovativi, comel’e-commerce244;

• definizione dei prodotti: per ridurrela standardizzazione in atto, che hadeterminato prodotti sempre più si-mili, per le principali società diven-ta indispensabile studiare in modosempre più approfondito i prodottida “licenzare”, individuando quellieffettivamente richiesti da tifosi esimpatizzanti. Soprattutto in unmercato difficile come quello italia-no occorre avvalersi di ricerche dimercato che permettano di centrare i gusti e le preferenze degli utenti massi-mizzando i valori espressi dal marchio245;

243 Ad oggi si punta su un’accurata selezione dell’offerta: “All’Inter abbiamo ridotto la varietà dei gadget - spiega Jefferson Slack, di-rettore di Inter Active - in modo da selezionare meglio i prodotti da immettere sul mercato”: dalle 90 aziende del passato si è scesi alle at-tuali 60, all’incirca lo stesso numero di Milan e Juventus. Cfr. M. Marani, Merchandising senza gol, in Il Sole 24 Ore, 20 ottobre 2003.244 Il mercato ondine del merchandising è passato dai 186 milioni di dollari del 2000 ai 1.100 milioni di dollari del 2002. IlMilan, sempre all’avanguardia nelle politiche di marketing, ha introdotto le aste e i gruppi d’acquisto, una ulteriore opportunità“per non obbligarli (i tifosi) a ricorrere alle contraffazioni”, come afferma Adriano Galliani. Cfr. E. Sgambato, Internet ultimafrontiera del merchandising, in Il Sole 24 Ore Sport anno 2 n. 9, 12 – 25 maggio 2001.245 Il Milan è all’avanguardia sotto questo punto di vista. Per legare a doppio filo le 50 aziende sponsor-partner e i tifosi ha pun-tato su servizi ad alto valore aggiunto. Esempio è Milancom, abbonamento alla telefonia fissa realizzato con Lombardiacom grazieal quale i tifosi rossoneri pagano per le chiamate da casa il 20% in meno delle tariffe Telecom e vincono 3mila lire di “traffico” ognivolta che la squadra vince in campionato. Oppure la polizza Ras casa Milan, con un taglio del 20% sul premio-base. “Il gadget tra-dizionale lo vendevamo fin dall’87 nel primo Milan Point, in pieno centro. Ora creiamo opportunità di business per le aziende part-ner fornendo servizi ad alto valore aggiunto ai tifosi, nell’ambito di un articolato progetto che spazia dall’ampliamento dellecategorie merceologiche, appunto come Milancom e Ras, allo sviluppo in settori trainanti come le nuove tecnologie, con Cd-rom,Minidisc e videogame, e il food, con cioccolato, caramelle, biscotti e brioche, passando per la diversificazione dei canali distribu-tivi. É un business importante: il fatturato del merchandising rossonero vale circa 100 miliardi di lire, il che si traduce nei conti delMilan in un utile netto che al 30 giugno prossimo in questa attività supererà i 10 miliardi”, così Laura Masi, direttore marketing delclub milanese. In P. Bottelli, Il merchandising innovativo fa lievitare i profitti del Milan, Il Sole 24 Ore, 11 marzo 2001.

Il valore della vittoriaÈ difficile quantificare il valore di unoscudetto. «Possiamo dire però — aggiungePalazzi — che l’effetto sulla crescita del valorepatrimoniale del marchio è valutato intorno al20%». Incremento non immediato. «Spessoin questi casi accade che nel breve periodo lavittoria significhi paradossalmente problemi dibilancio per i premi erogati ai giocatori, a voltetali da compromettere il risultato economicodella società. E talvolta gli azionisti dovrebberoaugurarsi di arrivare secondi». Nel medioperiodo invece il marchio diventa piùattrattivo e redditizio nel negoziare diritti tv,contratti di sponsorizzazioni. Ma le cifrecambiano se a vincere è un outsider. Nelcaso del Palermo Calcio, due anni fal’esordio in serie A ha fatto crescere ricavi emarchio. «Una promozione che ci ha cambiatola vita — spiega Rinaldo Sagramola a.d. delPalermo Calcio — Il valore del nostro businessè quasi triplicato, siamo passati dai 20milioni dieuro dell’ultima stagione in serie B ai 44 milionidella prima di A fino ai 54 milioni della stagione2005 2006». Quasi raddoppiata anche laraccolta pubblicitaria (tra sponsor epubblicità a fondo campo) che sale a 7milioni con la serie A dai 4 milioni.L. Di Pillo, Chi vince moltiplica il business, Il Sole 24Ore, 27 aprile 2007

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• Brand identity: attraverso il merchandising è possibile conoscere ed avva-lorare l’identità del marchio, edu-cando il consumatore ad una cultura “del-l’autentico” in senso positivo, ossia a ricer-care la qualità, l’affidabilità delvalore inteso come rap-porto qualità/prezzo. Il poter disporre di un marchioforte deve essere sinonimo di garan-zia per il consumatore finale, inducen-dolo nell’acquisto di determinati prodotti o servizi246;

• Brand positioning: un ulteriore obiettivo che può essere rag-giunto attra-verso un’adeguata politica di merchandising è il posizionamento o, se delcaso, il riposizionamento del marchio, in modo da permettere alla società diraggiungere diversi target di mercato.

4.4.4. Real Madrid: marchio è immagine

Il successo nelle politiche di mer-chandising si può raggiungere in mo-di differenti, e anche e soprattuttopartendo da situazioni completamen-te diverse.

La strategia seguita dal club dellemerengues, sotto la guida dell’ultimopresidente, ha puntato sull’acquistodi campioni affermati, a prezzi “ga-lattici”, in un momento in cui il restodei club europei non aveva possibili-tà di spendere.

Gli investimenti in superstar sonobasati sul ritorno di immagine che igiocatori possono assicurare247.

L’ultimo acquisto davvero impor-tante è stato quello del giocatore, exManchester United, David Beckham.Al momento della sua presentazione aseguito dell’acquisto da parte delReal Madrid, il presidente FlorentinoPerez, proprio parlando in relazionealle potenzialità connesse al mer-chandising, aveva detto: “sarebbe ca-

L’azienda BeckhamSecondo Tim Leiweke «Beckham è di fattoun’azienda. Ho trattato con la “19”, la società chegestisce David fuori da Londra, e con la Creative ArtistAgency, un’agenzia di Los Angeles che lavora con lestar di Hollywood». Sembra un affare moltomediatico e poco tecnico. «So che molti lo dannoper finito come calciatore. Niente di più falso. David èun vincente, non scenderebbe in campo se nonsapesse di poter dare ancora molto. Lo ha appenadimostrato nel Real Madrid. È ancora uno dei miglioricalciatori al mondo, il migliore su calci da fermo ecross. Poi è chiaro che pesa pure l’aspetto mediatico.Beckham è lo sportivo più famoso del mondo e ora iGalaxy sono famosi grazie a lui. Abbiamo già inprogramma ricchissime tournée in Asia ed Europa». Siparla di un affare da 250 milioni di dollari. «Le cifresono più o meno quelle e l’ingaggio come calciatoreinfluisce in minima parte (27,5 milioni di dollari in 5anni, ndr). David sarà come un partner commercialee guadagnerà una percentuale su ogni nostra entrata,perché in gran parte sarà lui a generarla. Beckham èun affare, tanto che siamo già rientrati nelle spese solocon cartellonistica nello stadio, abbonamenti (7milasolo all’annuncio della firma)»L. Taidelli, Il boss dei Galaxy è senza limiti «Cheaffare Beckham. E ora Zidane», La Gazzetta dello

Sport, 12 aprile 2007

246 “Osare oltre il calcio tradizionale scommettendo sull’entertainment a tutto tondo: quindi abbiamo sviluppato unapproccio nuovo al mercato verso le aziende, attraverso progetti specifici e sinergie; il pubblico, con l’elaborazione in corsodi un data base per conoscere i tifosi e di un’operazione di customer care; i media, diversificando la comunicazione eampliando l’audience dallo sport al costume e all’economia; e i calciatori, tramite la tutela, la gestione dell’immagine e losviluppo dell’attività come testimonial” è il pensiero di Laura Masi, direttore marketing del Milan. In P. Bottelli, art.cit.247 “La strategia è stata contestata da alcuni “ortodossi” del calcio. Per esempio quando abbiamo acquistato Zidane, qualcuno ha

detto che era un’esagerazione pagare tanto denaro - circa 75 milioni di euro - per un solo giocatore. Ma noi vogliamo i migliori

campioni del mondo, per formare - assieme ai giocatori che provengono dal vivaio - un mix di identità e qualità”. Il presidenteFlorentino Perez sulla strategia del Real Madrid, in M. Coricelli, Il modello Real Madrid è un esempio, Il Sole 24 Ore, 28 gennaio 2004.

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pace di far vendere anche i rossetti”248. Effettivamente l’effetto-Beckham sullevendite delle camisetas blancas non si è fatto attendere: un milione di pezzi ven-duti nei primi cinque mesi, ad un prezzo di 78 euro l’una. Sommano 78 milioni dieuro incassati dal Real: oltre il doppio di quanto ha pagato al Manchester Unitedper l’acquisto del cartellino del centro-campista, ovviamente non tutti sono pro-fitti, ma le cifre rendono bene l’idea del giro d’affari generato.

Da quattro anni il management del Real Madrid ogni estate regala un “galactico”ai tifosi del Bernabeu: nel 2000 arrivò Figo dal Barcellona, poi Zidane dalla Juven-tus, Ronaldo dall’Inter e, appunto, Beckham dal Manchester United. L’acquisto diquesti campioni affermati oltre a portare benefici sul campo249, ne ha portati anchenelle casse del club. Il primo anno Figo fece vendere 400.000 maglie numero 10; ilfrancese lo ha battuto di 80.000 unità con il suo numero 5; Ronaldo li aveva sbara-gliati, toccando quota 1 milione con l’11, più degli altri due messi insieme. Ma il bra-siliano ci ha messo 12 mesi, Beckham solo cinque, con ancora margini dimiglioramento250.

Grazie alla nuova politica adottata dal presidente Perez, e al consolidamento ul-teriore di un marchio251 che è già mito, oggi il Real Madrid è riuscito a ripianare leperdite252 e a portare i ricavi ad un livello nettamente superiore rispetto ai costi. Ilfatturato nella stagione 2002-2003 ha raggiunto i 192,6 milioni (+26% rispetto al2001-02), con un utile prima delle imposte di 9,3 milioni.

Le previsioni per il 2003-2004 indicano un fatturato del club (che ha in tutto83.339 soci) pari a 232,6 milioni con un utile prima delle imposte di 58,8 milioni. Ilmarketing sportivo contribuirà per 80 milioni ai ricavi del club per il 2003-2004; lavendita dei diritti Tv per circa 70 milioni, e gli altri incassi per circa 60 milioni.

L’investimento per il nuovo stadio Santiago Bernabeu è di 120 milioni dieuro, mentre altri 100 milioni riguarderanno la prima fase di costruzione dellanuova città sportiva del Real Madrid253.

248 Lo “Spice Boy”, stella del Real Madrid e della nazionale inglese, incassa dalle sponsorizzazioni ogni anno circa 28 milionidi euro, in aggiunta ai 6,4 di ingaggio che percepisce dal Real Madrid. F. Rossi in Signore e signori scende in campo il football

style, in Tuttofondi S&P, anno II n. 11, settembre 2004.249 Almeno è stato così fino 2002/03, quando da campioni europei in carica, le merengues, si sono fermate in semifinaledi Champions League, mentre hanno vinto la Liga e la Coppa del Rey. L’anno scorso sono riusciti a centrare laqualificazione ai preliminari di Champions League, ma il quarto posto è stato considerato un fallimento, che ha portatoall’esonero del tecnico Queiroz.250 Del resto il buon giorno si vede dal mattino: il 2 luglio, giorno della presentazione del capitano della nazionale inglese, ilReal ha venduto 8.000 magliette di Beckham in quattro ore. Ronaldo si era fermato a 2.000, Zidane a 300. Sono passati solodue anni, ma le differenze sono incredibili; merito dell’appeal dei giocatori, certamente, ma anche dell’organizzazione dellasquadra Madrilena: paradossale infatti il primo giorno di Figo, con zero magliette vendute perché non erano disponibili a causadi un disguido tra il distributore e il corriere. Per chiarire meglio l’impatto commerciale provocato da Beckham, basti pensare che se in cinque mesi lui ha fatto vendere1.000.000 di capi, tutti i suoi compagni messi insieme hanno totalizzato la cifra di 700.000 unità nei primi undici mesi del2003 (Ronaldo, Zidane, Figo, Roberto Carlos, Raul e Casillas, la classifica di gradimento). Cfr. F. M. Ricci, Un milione di

Beckham in giro, in La Gazzetta dello Sport, Novembre 2003.251 “La cosa più importante è il marchio, è un po’quello che accade con la Disney. Il nostro obbligo è continuare a diffonderci

a livello internazionale: vorremmo che il nome del Real Madrid arrivasse in tutto il mondo. Siamo stati in Asia, in America,

e andremo in Sud Africa. Ci sono centinaia di milioni di persone che hanno nel cuore la nostra squadra”. Così FlorentinoPerez sulla strategia del Real Madrid, in M.Coricelli, Il modello Real Madrid è un esempio, Il Sole 24 Ore, 28 gennaio 2004.252 È opportuno ricordare che non sono ancora chiuse le polemiche sulle operazioni immobiliari del club madridista. Vd.Nota 148.253 M. Coricelli, Il modello Real Madrid è un esempio, Il Sole 24 Ore, 28 gennaio 2004.

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4.4.5. “Salento 12”: la forza del territorio

È strettamente italiano l’altro caso di successo che ci accingiamo a riporta-re. Più precisamente, perché in questa situazione risulta necessario ricordarlo,è un fenomeno pugliese, salentino per la precisione.

Non bastasse l’ottimo campionato che la squadra giallorosa sta conducen-do nella massima divisione italiana, la società della famiglia Semeraro può go-dere di un successo ulteriore rispetto al gioco spumeggiante offerto dai suoitalenti. Grazie a L.C.M. (Lecce Calcio Merchandising), società di proprietà delclub salentino, il marchio “Salento 12” è diffuso oramai in tutto il mondo e haconquistato una fetta di mercato davvero inattesa. Nell’unico negozio, in piaz-za Mazzini a Lecce, e nei pochi corner allestiti in provincia e allo stadio Viadel Mare, negli ultimi tre campionati sono stati venduti quasi 100.000 artico-li254. La storia di questo successo è piuttosto particolare: dopo che il presiden-te Rico Semeraro aveva ritirato il numero 12, solitamente destinato al secondoportiere, per dedicarlo alla tifoseria, la maglia “Salento 12” sembra essere di-ventato il modo più naturale per dimostrare l’orgoglio di appartenere ad un ter-ritorio che si identifica, ormai, con la squadra di calcio255.

In questo progetto “il protagonista è il tifoso e questo logo risulta semprepiù il simbolo del binomio squadra-territorio, grazie al quale il Lecce può con-tinuare a sperare di sopravvivere in Serie A, fra tanti colossi economici”, e seci riuscirà sarà anche merito della linea Salento 12 e della Lecce Calcio Mer-chandising, che nella passata stagione ha fatturato circa 600.000 euro.

C’è infine da sottolineare che il successo della linea d’abbigliamento ha ri-svolti positivi anche sul marchio Lecce, sempre più visibile anche fuori dai con-fini italiani: “cerchiamo di soddisfare le richieste che ci arrivano non solo daSvizzera, Germania, Francia e Austria, ma anche da America e Giappone”spiega Francesco Puteo, responsabile del punto vendita. Insomma il Lecce, ilSalento e il numero 12 fanno moda, e impensieriscono i grandi club non solosul campo, ma anche nella conquista dei nuovi mercati256.

254 33.000 t-shirt al prezzo medio di 20 euro l’una, 8.500 felpe a 39 euro al pezzo e altra oggettistica di vario tipo. Cfr. G.Calvi, Salento ha fatto 12, inchiesta condotta per Sportweek, settimanale de La Gazzetta dello Sport.255 “Nato quasi per gioco tre anni fa, da un’idea del settore marketing del Lecce, Salento 12 è oggi un marchio di successo.

Abbiamo puntato soprattutto sui giovani, privilegiando quindi un certo segmento di produzione. Il target va dai 6 ai 35 anni,

per un merchandising che ormai si può considerare turistico, visto che tanta gente in visita a Lecce è attratta dalla novità

delle nostre t-shirt e felpe, acquistate per esempio in estate da tanti salentini residenti all’estero, decisi a esibire le proprie

origini.” Lo dice Claudio Fenucci, amministratore delegato del Lecce e amministratore unico di L.C.M., in G. Calvi, Salento

ha fatto 12, inchiesta condotta per Sportweek, settimanale de La Gazzetta dello Sport.256 Altro club che ha optato per una strategia simile è l’Udinese, la quale ha deciso di inserire il proprio sito www.udinese.it comesezione di www.madeinfriuli.com. La scelta di collegarsi al proprio territorio di riferimento appare più che evidente e in questomodo le 50 e più offerte del merchandising bianconero possono raggiungere in Rete, con tutti i prodotti tipici della regione, ifriulani in Italia e nel mondo. “La nostra squadra deve rappresentare il modello del Friuli di successo, un modello fatto di mercati

e mente aperta” è il pensiero espresso in più occasioni dalla famiglia Pozzo, titolare del pacchetto di maggioranza del club diUdine. Cfr. E. Sgambato, Internet ultima frontiera del merchandising, in Il Sole 24 Ore Sport anno 2 n. 9, 12 – 25 maggio 2001.

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4.5. Lo stadio

Il capitolo stadio costituisce per i club italiani probabilmente la fonte di ricavicon più grandi potenzialità di crescita257. Se infatti nel campionato inglese i rica-vi da stadio superano il 30% del totale, in Italia si arriva soltanto al 16%258.

Non è certo un caso se Juventus, Milan e Inter si sono mosse nella direzionedella gestione in proprio dell’impianto. Certo lo stadio di proprietà non rappre-senta di per sé una fonte di guadagno, essendo necessarie alcune condizioni siaa livello di domanda esterna sia a livello di capacità gestionali, oltre alle diffi-coltà di finanziamento259 e soprattutto a causa della mancanza quasi totale inItalia di sfruttamento di attività collaterali a quella sportiva260.

4.5.1. Le entrate al botteghino

Se gli incassi relativi al matchday rimangono una posta piuttosto importanteper i club di piccole dimensioni, rappresentano invece una percentuale piuttostoscarsa dei ricavi dei club maggiori. In Italia infatti, con il passare del tempo, l’im-portanza di queste entrate è andata progressivamente riducendosi, giungendo, co-me detto in precedenza, a rappresentare soltanto il 16% dei ricavi totali.

In Inghilterra i ricavi generati dall’affluenza del pubblico allo stadio rappresenta-no una percentuale del 28%, ma con un incasso superiore di 307 milioni di euro, cioèrealizzando il 161% dei ricavi da botteghino di tutta la Serie A261.

Questo sorprendente risultato si spiega attraverso due fattori: • un prezzo medio dei biglietti più elevato;• una maggiore affluenza media allo stadio.Sotto il primo punto di vista, in Italia, dal dopoguerra fino alla stagione 1983/84,

fatta eccezione per il campionato 1972/73, il calcio cercava di contenere l’aumentodel costo dei biglietti, la cui percentuale di crescita era costantemente inferiore al-l’inflazione. In quell’anno invece si ebbe un’improvvisa inversione di tendenza cheaumentò drasticamente il ritmo di crescita del costo medio di un biglietto, fino agliultimi anni, nei quali questo trend galoppante si è assestato262, anche per via della mi-nor incidenza che questi andavano assumendo nelle entrate societarie.

257 Così anche P. Bricco, Sete di stadi per il business dello sport, in Il Sole 24 Ore, 27 novembre 2000 e M. Marani, Stadi

privati, sogno proibito, in Il Sole 24 Ore, 20 gennaio 2003.258 Cfr. S. Salis, Lo stadio, una miniera per il calcio, in Il Sole 24 Ore, 19 febbraio 2002.259 Da questo punto di vista una grossa spinta potrebbe essere data nel caso che il nostro paese si aggiudicasse la sede per gliEuropei del 2012, rendendosi necessario a questo punto una completa ristrutturazione degli stadi da impiegare per la competizione.260 Un esempio emblematico dello sfruttamento degli stadi in Inghilterra ci viene fornito dal Leicester, come riferisce PierreLanfranchi, docente presso l’università della medesima cittadina e storico del calcio: “A Leicester si celebrano matrimoni allo

stadio molto ambiti dai tifosi. Una città bruttina come Leicester e con una squadra modesta ha aperto in un anno 5 ristoranti

vicino allo stadio in cui si può mangiare con la maglietta della squadra addosso”. Tratto da M. Benvenuto, La tribù del gadget,in Calcio 2000, dicembre 1998.261 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.262 Soffermandoci sui biglietti più a buon mercato, se nel 1977 un biglietto in curva all’Olimpico di Roma costava 2.200 lire,cinque anni dopo costava 5.000 e dieci anni dopo, nell’87, 10.000. Nel 1992 si arrivò ad un prezzo di 25.000 lire. Nel campio-nato in corso i biglietti di curva si aggirano intorno ai 20 euro (quasi 39.000 lire), con un tasso di crescita media annua che si èattestata intorno al 67%.

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Tra i maggiori campionati europei, è in quello inglese che si assiste, negliultimi anni, all’aumento maggiore dei prezzi dei biglietti263. In particolare è in-teressante notare come l’Italia sia il paese dove si spende di più per andare al-lo stadio per quanto riguarda la fascia massima di prezzo.

Nella fascia più bassa, invece, è l’Inghilterra che pratica i prezzi maggiori,rendendo minima la differenziazione dei prezzi tra fascia minima e massima.

Questo accade anche perché in Inghilterra tutti i posti sono a sedere e gli sta-di sono strutturati in maniera tale che si possa assistere comodamente all’e-vento calcistico da ogni settore.

Fig. n. 4.30: Composizione dei ricavi in Serie A e Premier League.

Fonte: Deloitte & Touche

Per quanto riguarda invece l’affluenza dei tifosi allo stadio, è in atto un testa atesta tra la Premier League e la Bundesliga, che quest’anno ha visto il sorpassodella seconda dopo alcuni anni di primato del campionato inglese, ma le differen-ze sono minime264.

L’Italia invece si piazza solo al quarto posto, dietro anche alla Liga spagnola.La serie A ha perso spettatori allo stadio, in percentuale l’11% dal 1990 al 2000.

263 Nel 1992/93 per vedere una grande come l’Arsenal occorrevano dalle 16.500 alle 45.000 lire (5-15 sterline), mentre peruna squadra media, come il Blackburn Rovers, i prezzi variavano tra le 14.000 e le 25.000. Attualmente il costo medio perl’acquisto dei biglietti più economici si aggira intorno ai 35 euro, pari a quasi 70.000 lire. In pratica i prezzi sono quintuplicatiin poco più di dieci anni.264 Hanno entrambi una media che si aggira intorno alle 35.000 presenze a partita. Cfr. paragrafo 1.4.5. del capitolo I.

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Fig. n. 4.31: Presenze medie allo stadio nelle 5 maggiori leghe europee.

Fonte: Deloitte & Touche

Questo è probabilmente dovuto piùal problema della violenza negli stadi,che non all’introduzione delle pay-Tv,presenti d’altra parte anche negli altripaesi considerati265. Inoltre, mentre ol-tremanica il fenomeno hooligans è sta-to effettivamente sconfitto, in Italia,invece, sono ancora molti i passi dacompiere per garantire la sicurezza ne-gli stadi266. Se invece ci soffermiamosull’’indice di riem-pimento degli sta-di, possiamo notare come la PremierLeague inglese si collochi al primo po-sto, con un indice superiore al 90%, se-guita da una sempre più sorprendente

265 C’è da aggiungere che in Italia il numero di abbonati alla pay-Tv è inferiore rispetto agli altri paesi europei. Vedi fig. 4.7.inserita nel paragrafo 4.2.1.266 C’è da dire che qualche piccolo passo avanti ultimamente è stato fatto. Il decreto legge “Disposizioni urgenti per

contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive” è stato pubblicato sulla Gazz. Uff. 21 agosto 2001,e gli strumenti per combattere la violenza negli stadi appaiono in linea con analoghi provvedimenti adottati dagli altri Paesidell’Unione Europea. Secondo il Rapporto 2004 dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive il fenomeno è,seppur ancora grave, in diminuzione. Tuttavia, da un’analisi più attenta del dato, risulta che la diminuzione degli episodi diviolenza è legata soprattutto alle Serie C e ai tornei minori, con una sostanziale stabilità del numero di feriti in Serie A e B.Cfr. M. Grassoni, Istituiti i reati da stadio, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n.15, 1-14 settembre 2001 e E. Sgambato, Meno

feriti sugli spalti ma solo nelle serie minori, in Il Sole 24 Ore, 20 settembre 2004.

Presenze allo stadio1) Bundesliga 40.572; 2) Premier League:34.141; 3) Liga spagnola: 29.700;4) Serie A:23.420.In Italia la grande fuga sembra essere finita.Un milione e ottocentomila presenze in piùrispetto al 2006-’07. L’aveva previstoAntonio Matarrese, presidente della LegaCalcio: “Con il ritorno di Juventus, Napoli eGenoa nella massima serie potremo avere duemilioni di spettatori in più”. Si è invertito iltrend negativo del passato: 8.900.000presenze complessive (nel 2006-07 eranostate 7.127.304).F. Bianchi, Stadi, la grande fuga è finita. 1.800.000

spettatori in più, www.repubblica.it, 31 maggio 2008

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Ligue Premiere (73%), che sopravanza leggermente il campionato spagnolo (72%)e quello tedesco (71%). Rimane molto distanziata la Serie Aitaliana, che riesce a rag-giungere soltanto un indice del 58%267.

Quest’ultima cifra fotografa perfettamente il sovradimensionamento (oltre40.000 posti la capienza media della Serie A2003/04) e la carenza strutturale dei no-stri stadi rispetto a quelli esteri, dove gli impianti sono studiati e realizzati, quasi sem-pre, esclusivamente per il calcio.

Fig. n. 4.32: Indici di riempimento degli stadi europei

Fonte: elaborazione Centro Studi Figc

Infine giova soffermarci sulla diversa natura delle due tipologie di entrate dalbotteghino. A parte la variabile determinante “prezzo”, gli abbonamenti sono nor-malmente influenzati dalle aspettative in una buona stagione della squadra, es-sendo sottoscritti prima dell’inizio del campionato. Essi possono essere allorafunzione di una campagna acquisti “faraonica” o dei risultati centrati nei test ami-chevoli del calcio estivo. La vendita dei biglietti singoli, invece, è funzione del-l’andamento della squadra nel breve periodo, dal prestigio degli avversari, perfinodalle condizioni meteorologiche e ambientali, quindi da fattori più instabili, me-no controllabili e poco prevedibili. Si può verificare, quindi, che una società im-plementi una politica particolare riguardo alla campagna abbonamenti, oppureriguardo la vendita dei biglietti. Non di rado ci sono proposte dirette ai giovani,alle donne, agli anziani o alle famiglie268, con l’offerta di prezzi vantaggiosi cheinducano i tifosi a divenire spettatori.

GERMANIA 65,4% 69,1% 71,9% 77,2% 75,0% 70,7% 71,8%

INGHILTERRA 77,9% 84,7% 84,4% 90,0% 92,1% 90,8% 93,6%

ITALIA 56,5% 57,1% 59,2% 62,3% 65,5% 58,3% 58,0%

SPAGNA 60,2% 59,3% 59,3% 58,3% 59,4% 64,8% 72,6%

FRANCIA 49,4% 51,7% 50,8% 55,2% 65,7% 74,8% 73,2%

1994

1995

1995

1996

1996

1997

1997

1998

1998

1999

1999

2000

2000

2001

STAGIONE

267 La migliore delle italiane era la Reggina, con un indice di riempimento del 86,9%, mentre le altre migliori italiane sonoAtalanta e Roma con una affluenza media pari al 70% della capienza dello stadio. Non si hanno dati certi per affermarlo, maquest’anno probabilmente la migliore società italiana sarà il Palermo: quando i rosanero giocano in casa, alla Favorita, risultapraticamente impossibile trovare i biglietti, visto che i posti sono tutti stati venduti in abbonamento.268 Laura Masi, direttore marketing del Milan, sostiene che “sono le donne e la nuova frontiera, il nuovo terreno di conquista

per i grandi club, la presenza delle donne allo stadio è in costante crescita e noi stiamo mettendo a punto tutta una serie di

progetti per favorirla. Gli effetti benefici in termini non solo economici, ma soprattutto in termini di sicurezza, di tranquillità

allo stadio” e prosegue “stiamo trasformando lo stadio (anche se è un processo lento perché non possiamo chiudere l’impianto

per dei mesi per fare tutti i lavori), in modo che sia sempre di più adatto (con servizi e opportunità varie) ad accogliere le

famiglie piuttosto che il singolo tifoso”. Cfr. G.U., Il Milan punta tutto su donne e famiglia, in Il Sole 24 Ore, 3 marzo 2003.La Juventus invece ha creato un apposito settore, all’interno del Delle Alpi, denominato “Settore famiglia”. Sono 1500 postinel secondo anello ovest al costo di 350 euro per abbonamento, un terzo rispetto alla zona attigua non riservata ai nuclei. Allafamiglia guarda pure la Roma (che presenta anche la non comune formula delle tessere vitalizie): coniugi o conviventi con unfiglio nato dopo il 1988 hanno diritto a una particolare riduzione di prezzo, sino a toccare il 50% per quanto riguarda le curve.A proposto vd. M. Marani, In curva con mamma e papà, in Il Sole 24 Ore, 21 luglio 2003.

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4.5.2. Il “British stadium business model”

“Ma i club e gli stadi inglesi sono unici? E può qualcun altro emulare il lorosuccesso? Le risposte sono no alla prima domanda, sì alla seconda. Naturalmen-te, questo successo non è stato raggiunto senza la decisione strategica di investi-re ammontari ingenti di denaro. Questa decisione è figlia della tragedia (comeHillsborough) e della necessità (il rapporto Taylor), ma chiunque rievochi l’at-mosfera del giorno della partita negli stadi del calcio Inglese degli anni ’80 sa-prà che se l’Inghilterra ha potuto investire, acquisire la proprietà ed estrarrevalore allora possono farlo anche l’Italia e la Germania”269.

È questo l’incipit della sezione dedicata allo “sviluppo degli stadi” dell’AnnualReview of football finance redatto da Deloitte.

Se ne parla da tempo ormai, ma sta diventando effettivamente una necessi-tà per i nostri club. Stretti nella morsa della crisi, i club dovranno definitiva-mente trasformare gli impianti che ospitano le partite in asset per i propribilanci, soprattutto nel prossimo futuro in cui diverranno “orfani” dell’unicavoce attiva dello stato patrimoniale, dopo le nuove regole sui trasferimenti in-ternazionali dei calciatori270.

Gli stadi inglesi generano ricavi non soltanto durante le partite, con i servizibar e con quelli catering destinati alle aziende alle quali vengono riservate zonechiuse nelle tribune271, ma anche durante la settimana, con al loro interno centricommerciali, supermarket, hotel, gallerie d’arte, internet bar, palestre, cinema eaddirittura night club dati in gestione a terzi.

Sono visitati da decine di migliaia di tifosi, in cerca di emozioni che solo itrofei e i ricordi delle squadre più prestigiose possono suscitare272. È il model-lo dell’impianto “polifunzionale”, che da centro di costo per la società che vigioca si trasforma in uno dei più efficienti centri di ricavo, organizzato secon-do gli strumenti tipici del co-marketing, al fine di potenziare tutte le attivitàconnesse allo sport.

Uno studio realizzato da StageUp.com mette in evidenza come si presentinoalcuni elementi minimi di natura strutturale ed ambientale in tutti i casi di mag-gior successo in Europa. Secondo questa analisi273 l’investimento medio per la co-struzione dell’impianto ammonterebbe a 150 milioni di euro, che a regimedovrebbero generare un giro d’affari annuo stimato in 10-20 milioni. I ricavi so-no legati, direttamente e indirettamente, per più del 50% alle manifestazioni spor-tive e per il 40% a spettacoli e concerti.

269 Deloitte & Touche Annual Review of football finance, july 2003.270 Così P. Bricco in Stadio a tempo pieno, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n.6, 31 marzo – 13 aprile 2001.271 Nell’Amsterdam Arena non solo possono assistere all’evento sportivo 52 mila persone, ma le aziende e gli sponsor sonodi casa: lo stadio dispone di 3 ristoranti e 8 sky room dove gli sponsor possono ricevere i propri ospiti. L’Arena ha ospitatoanche grandi concerti come quelli di Eros Ramazzotti e Michael Jackson, inoltre è in progetto la realizzazione di un cinemamultisala, un teatro e due torri per appartamenti alle cui basi ci sarà un centro commerciale. Cfr. R. Tofano, Una palestra sui

binari, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n.11, 6 – 21 luglio 2002.272 Sono 100 mila l’anno a visitare l’Amsterdam Arena, e 40 mila anche a San Siro, ma senza alcun tipo di promozione ad

hoc. Nella NBA e nella NFL sono capaci di garantire il 25% dei ricavi delle società di vertice.273 Il contenuto dello studio è riportato da E. Sgambato, Con 150 milioni parte il business, in Il Sole 24 Ore, 18 ottobre 2004.

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I casi esaminati da StageUp.com possono poi contare su un bacino di utenza dialmeno 500 mila abitanti e su un brand molto forte. Tuttavia, come spiega Gio-vanni Palazzi, presidente dell’azienda che ha condotto l’indagine, “questo nonvuol dire che non sia possibile ipotizzare casi più piccoli, solo che, rispetto allebest practices europee, aumenterebbe il rischio dell’investimento.”

Altro elemento importante: la capienza media dello stadio. Essa si aggira in-torno ai 40-50 mila posti, con 10-12 mila parcheggi, per le squadre più importan-ti, mentre scende fino a 25-30 mila per le altre.

Gli abbonati, generalmente, rappresentano il 70% del pubblico. Spesso nel pro-getto vengono previste cubature aggiuntive collegate allo stadio, in modo da ge-nerare un business immobiliare parallelo274.

Nella proprietà e nella gestione dello stadio, infine, sono coinvolti enti locali,realtà economiche di rilievo e anche i tifosi, attraverso società miste, simili a quel-le che gestiscono gli aeroporti.

In ambito europeo, la Premier League incassa allo stadio quanto i club italia-ni, francesi e tedeschi messi insieme275.

Il capofila è il Manchester United: nel 2001 l’Old Trafford, nonostante i RedDevils non abbiano vinto nulla, ha fatto segnare il primato di presenze medie mon-diale. Ed è in testa anche nelle classifiche degli indici di riempimento.

La casa dello United è una fantastica industria.Un museo-store, tre punti vendita per i gadget, un ristorante, una sala poliva-

lente per mille persone, box esclusivi per circa 4 mila posti: a pieno regime lo sta-dio di Manchester, che è anche uno dei più sicuri d’Europa, fattura circa 10 milionidi euro e ogni anno segna un aumento di presenze.

Tutti gli introiti finiscono nelle casse della società, di gran lunga la più riccadel mondo276. Di questo caso parleremo più approfonditamente in sede di analisidel business della società inglese.

4.5.3. La situazione in Italia

Rispetto ai principali competitor europei l’Italia è in netto ritardo: nelle SerieA e B nessun club è proprietario dello stadio in cui gioca, mentre nella PremierLeague sono 20, nella Liga sono 7, nella Bundesliga solo 2. In serie A 14 societàsi occupano della gestione dell’impianto, anche se in meno della metà dei casi laconvenzione è ultradecennale.

Qualcosa in realtà si sta muovendo. La Juventus ha iniziato la ristrutturazionedel Delle Alpi, dopo aver ottenuto dal comune di Torino il diritto di superficie per

274 È il caso per esempio dell’Arsenal Emirates Stadium che, con una spesa di 510 milioni di euro, andrà a sostituire nel girodi un paio di anno lo storico Highbury. Cfr. D. Smith, Gunners announce Emirates stadium, su www.sportbusiness.com, 5ottobre 2004. A proposito Rod Sheard, Chairman di HOK Sport, ha detto: “Non stiamo provando a costruire lo stadio più

grande del mondo, o quello più costoso. Quello che ci proponiamo di fare è di costruire lo stadio più bello del mondo” inGreen Outcome, Panstadia, n. 7 anno 3. 275 La maggior parte dei club Inglesi che sono presenti nella Rich List redatta da Deloitte realizzano dal giorno della partita unricavo annuale per spettatore medio compreso tra 900 e 1.000 euro (il Manchester arriva 1.500 euro). La maggior parte dei clubitaliani è in un range di 500 – 550 euro per spettatore (la Roma arriva a 750 euro). Cfr. The Deloitte football richlist, marzo 2004. 276 Cfr. S. Salis, Lo stadio, una miniera per il calcio, in Il Sole 24 Ore, 12 settembre 2002.

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99 anni al costo di 24 milioni di euro. Ma del progetto della squadra bianconeraparleremo più avanti. Il Torino ha ottenuto un analogo diritto di superficie per ilmitico Comunale: “toglieremo la pista di atletica e scenderemo a 25 mila posti”– dice il presidente Attilio Romero - “il nostro impegno è coniugare la tradizionedi questo stadio con l’esperienza anglosassone”277.

Il più grande degli impianti sportivi italiani, con 85.700 posti, è lo Stadio di SanSiro. Se il presidente dell’Inter Massimo Moratti ha più volte espresso la volontàdi spostarsi altrove, è anche perché esso rappresenta un costo elevatissimo: i dueclub milanesi devono sborsare oltre 6,5 milioni di euro fino al 2030. Per non par-lare delle spese di manutenzione: 2 milioni di euro le spese ordinarie e 3 milionidi euro l’anno quelle straordinarie278.

Nonostante questo, Milan ed Inter si sono riuniti in consorzio per la ristruttu-razione dell’impianto. Jeff Slack, amministratore delegato di InterActive, il brac-cio commerciale della società di Massimo Moratti spiega che “La scorsa stagionel’Inter ha incassato allo stadio, compresa la quota abbonamenti, quasi 18 milio-ni di euro: ma San Siro rappresenta appena un quarto del fatturato totale. In treanni, anche a causa della difficile situazione del mercato televisivo, dobbiamoporci come obiettivo un’incidenza del 50 per cento. È difficile, ma con la ristrut-turazione siamo solo al primo gradino: i lavori, in realtà, finiranno per coinvol-gere tutti i settori, così da aumentare i servizi per i fan”279.

L’Olimpico si trova da anni in una situazione di stand-by. L’idea del presiden-te Sensi e dell’ex-presidente laziale Cragnotti era in realtà l’acquisto dell’impian-to da 80 mila posti.

Oggi la situazione è un po’ cambiata ed anche le trattative per una concessio-ne ultradecennale si sono arenate. Il progetto di gestione prevedeva il rilancio del-l’intera area, con parcheggi, fermate della metropolitana e attività commerciali edi entertainment.

L’impegno economico, valutabile secondo i responsabili in 500 milioni di eu-ro, si concentra più sull’esterno che non sull’interno dove la capienza verrebbeleggermente ridotta per ampliare la zona dei box e la pista rimarrebbe al suo po-

277 L’impianto, inaugurato nel 1933 e in corso di restaurazione, sarà accompagnato da negozi, fitness-center, con una “piazzaGranata” che nascerà davanti all’ingresso principale e che conterrà un hotel già progettato. Cfr. M. Marani, Grandi stadi, è ora

di aprire i cantieri privati, Il Sole 24 Ore Sport, anno 4 n. 3, 7 – 20 febbraio 2003.278 “Certi costi sono inevitabili per uno stadio il cui primo anello risale al 1926” – fa notare Paolo Belotti, direttore delconsorzio San Siro 2000 – “è una macchina pesante da muovere, ma tra due anni avremo un impianto all’altezza”. Dopoil museo e la sala executive che contiene un migliaio di persone, con vista sul campo, sono arrivati ristoranti, bar, saleconvegni e ospitalità per gli sponsor. Ai 15 palchi inaugurati nel 2002 nella zona rossa (100mila euro, con servizio dicatering personalizzato e cinque posti auto assegnati nel parcheggio sotterraneo) si sono aggiunti da settembre 2003 i 13della zona arancione (75mila euro, anche qui con catering). Ma l’hospitality si estende al resto della tribuna: con 600 euroin più rispetto al normale costo, l’Inter inserisce il pranzo all’interno dell’ippodromo e un parcheggio ogni duesottoscrizioni. Cfr. M. Marani, Grandi stadi, è ora di aprire i cantieri privati, Il Sole 24 Ore Sport, anno 4 n.3, 7 – 20febbraio 2003 e lo stesso autore in In curva con mamma e papà, Il Sole 24 Ore, 21 luglio 2003.279 La società nerazzurra affitta agli sponsor tutti i palchi e ben 14 suite, destinati all’ospitalità ad alto valore aggiunto: per iprimi, i prezzi variano tra 30mila e 40mila euro a stagione più Iva, per le seconde tra 80mila e 100mila euro. “Abbiamo uno

stadio favoloso” - dice ancora Slack - “a 5 chilometri dal centro della città, con due squadre che complessivamente ricevono

3 milioni di spettatori a stagione: se riuscissimo a organizzare bene la ristorazione, così come i servizi di baby-sitter e altro,

e ogni tifoso spendesse 2 euro per mangiare un gelato o bere una bibita, i conti sarebbero presto fatti. Invece qui dentro è

vietato vendere, ad esempio, birre e maglie ufficiali delle due squadre, che però si possono acquistare sulle bancarelle fuori

dai cancelli”. Cfr. P. Bottelli, Palchi e suite cambiano volto a San Siro, in Il Sole 24 Ore, 15 settembre 2002.

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sto per fare dell’Olimpico un impianto da grandi eventi, in gradi di ospitare fino a20 milioni di utenti l’anno280. AVenezia sarà la società che si occupa della gestionedel Casinò a finanziare la costruzione del nuovo stadio nell’ambito di un proget-to che vede il rilancio di una intera zona urbana281.

Se, infatti, nuovo Casinò e stadio si insedieranno ad un chilometro dall’aero-porto, nella zona della vecchia aerostazione dovrebbero sorgere alberghi, sale con-gressuali e una darsena, e nel mezzo passeranno sia l’alta capacità ferroviaria siala nuova metropolitana regionale di superficie.

Da qui si progetta di far partire la futura metropolitana sublagunare. I postisaranno circa 25mila, tutti coperti; il costo stimato è di 30 milioni282. I par-cheggi saranno condivisi con il Casinò e ci sarà anche un albergo per alloggia-re le squadre ospiti.

Il sindaco Paolo Costa spiega le strategie: “Puntiamo sulla vicinanza dell’ae-roporto e della nuova rete ferroviaria veloce per fare di questo impianto una se-de di grandi appuntamenti sportivi internazionali e vogliamo agire in fretta. Si stalavorando al progetto definitivo da appaltare e per costruire l’opera dovrebbe ba-stare poco più di un anno”.

Ad oggi, l’unico stadio privato risulta essere il “Giglio” di Reggio Emilia. Con una capienza di 29.900 posti, di cui 17.300 coperti, per un investimen-

to complessivo di 28 miliardi di lire nel 1994, esso non è mai riuscito a decol-lare come era nei progetti iniziali della Reggiana, che nel frattempo è retrocessadalla Serie A alla C1.

Ostacoli burocratici si sono frapposti allo sviluppo dell’area, non distante dal-l’ingresso autostradale, e la variante utile alla costruzione di un’unità polifunziona-le è arrivata solo nel 1999. Addirittura soltanto alla fine del 2002 risale il pianoparticolareggiato dal quale la società TuttoGiglio è partita per i nuovi lavori.

Il progetto prevede la costruzione, nell’ordine, di un cinema multisala, unmegastore sportivo, ristoranti, un centro di medicina sportiva, oltre a una seriedi parcheggi. L’investimento, per un’area complessiva di 25 mila metri quadri,raggiungerà i 30 milioni di euro283.

280 “Uno stadio improduttivo è condannato alla morte e a pesare sui cittadini di Roma” è il pensiero di Enrico Bendoni,consulente della società Stadio Olimpico (i due club romani sono proprietari ciascuno del 25% delle quote). Cfr. M. Marani,Olimpico ideale per grandi eventi, in Il Sole 24 Ore, 20 gennaio 2003. 281 In Inghilterra con gli stessi propositi si è dato il via alla ricostruzione dello stadio di Wembley, il più grande campo di calcio almondo. 757 milioni di sterline per la realizzazione, inserita in un più ampio progetto che con 1,5 miliardi di sterline porterà alla ri-qualificazione una area povera della capitale che si estende su 17 ettari di superficie. Attorno al campo di calcio nascerà infatti un nuo-vo quartiere dotato di un hotel a cinque stelle, un complesso cinematografico multisala e tutta un’area di grandi magazzini con al cuoreun supermercato di generi sportivi. Quintain, la società immobiliare che segue l’opera, sostiene che l’effetto trascinamento sull’inte-ro borgo di Wembley è già cominciato. Sarà un’opera faraonica, con 688 posti di ristoro, 2.000 toilette, uno spazio medio di due me-tri quadri per posto a sedere, un tetto alto 52 metri sopra il campo di gioco, una circonferenza di un chilometro e, soprattutto, in virtùdell’arco, un tetto parzialmente mobile. Cfr. M. Nadia, Wembley scommette sui record, in Il Sole 24 Ore, 17 luglio 2004.282 Il nuovo impianto sportivo ha un progettista d’eccezione, l’australiano Lawrence Nield, uno specialista che ha realizzatol’Olimpico di Sidney e alcuni degli spazi per Atene 2004. Nield ha riproposto l’impianto rettangolare di piazza San Marco conlargo spazio a vetro, cemento ed acciaio, prevedendo i servizi su una torre che richiama il campanile. Cfr. C. Pasqualetto,Venezia, stadio nuovo con i fondi del casinò, in Il Sole 24 Ore, 3 aprile 2004.283 “Si attuerà il piano iniziale di autofinanziamento dell’impianto, uno stadio confortevole è un potente veicolo contro la

violenza” spiega Daniela Gozzi, direttrice generale di Reggiana Calcio. Cfr. M. Marani, Il Giglio resta un esempio unico, IlSole 24 Ore, 20 gennaio 2003.

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Come illustrato la corsa all’adeguamento degli stadi è una realtà che staprendendo piede anche in provincia284.

È come se l’identificazione della squadra di calcio con il territorio e la co-munità che rappresenta prendesse forma e consistenza, in una gara a chi rea-lizza l’opera migliore: “gli stadi di calcio oggi sono quello che i castelli eranonel Medioevo: giganti architettonici che dominano la comunità, cittadelle diorgoglio e potere locale”.

284 A Terni il comune e il club hanno costituito ex novo una Società di trasformazione urbana (Stu) per realizzare la “Città del-lo sport e del tempo libero”, con investimenti per almeno 54 milioni di euro in 5 anni. Il Perugia ha ottenuto la gestione dello sta-dio Renato Curi per 40 anni, con la possibilità di promuovere un progetto di ampliamento che renda fruibile la struttura anche ingiorni diversi da quelli riservati alle partite. Cfr. G. Mastellarini, “Stu”, trasformazione urbana per lo sport, in Il Sole 24 OreSport, anno 4 n. 19, 31 ottobre – 13 novembre 2003.

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CAPITOLO V

ANALISI DEI CASI: MANCHESTER UNITED E JUVENTUS F.C.

5.1. Una sfida dentro e fuori dal campo

Non è capitato raramente, negli ultimi anni, di assistere ad una sfida di Cham-pions League tra i Red Devils e la Vecchia Signora. Due società gloriose che nei tem-pi recenti hanno quasi monopolizzato i campionati dei rispettivi Paesi.

Ma la sfida tra Manchester United e Juventus si è ormai spostata soprattuttofuori dal campo, dove il club inglese continua a rappresentare per gli addetti ai la-vori il benchmark per le società di calcio, mentre quello bianconero aspira, nean-che tanto velatamente, a soffiargli il ruolo di primo attore285.

Nella speciale classifica redatta dal football team di Deloitte & Touche il Man-chester United ha sempre occupato il primo posto tra i club calcistici più ricchi286;la Juventus invece è balzata sul podio nella stagione 2000/2001, e da allora è sal-damente in seconda posizione. Le linee strategiche su cui le due squadre hanno fo-calizzato la propria attenzione sono pressoché le stesse: gestione aziendalistica dellasocietà, sviluppo ed internazionalizzazione del brand, diversificazione delle fonti diricavo. Come è evidente da quanto sopra esposto a proposito della speciale classi-fica di Deloitte, mentre il Manchester United è ormai da tempo in una fase di con-solidamento delle proprie strategie, la Juventus invece ha di recente cominciatoad implementarle con successo, in una ricorsa a marce forzate per colmare il gapcon la società rivale. Certo il timing delle scelte, ed anche i risultati ottenuti dalledue società, non si possono ricondurre soltanto alle scelte del management ed al-la loro efficacia, essendo necessario collocarle negli intorni di riferimento, chepresentano non poche differenze287.

5.2 Il Manchester United

Nella stagione 2002/2003 il club allenato da Alex Ferguson ha generato ricaviper 251,4 milioni di euro288, cioè 33 milioni in più della rivale squadra torinese epiù di ogni altra squadra sportiva americana. Il Manchester United è stato nel2002/2003 campione d’Inghilterra per la nona volta in 11 anni. Le prolungate pre-senze in Champions League, FA Cup e Football League Cup hanno portato i Dia-

285 Vedi P. Bottelli, Manchester-Juventus, doppia sfida, in Il Sole 24 Ore, 19 febbraio 2003.286 Il primo Deloitte football richlist è stato redatto nella stagione 1996/97. Come precisato nello studio, per la determinazionedella “ricchezza” dei club si fa riferimento al turnover generato dalle operazioni relative al business calcistico, consideratodagli autori la migliore misura di valutazione, pubblicamente disponibile, della forza finanziaria dei club. Tutto ciò nellaconvinzione che, se la società ha ingenti ricavi, e li gestisce bene, la società diventerà ricca. Cfr. The Deloitte Football Richlist, march 2004.287 La performance di una azienda dipende non soltanto dalle scelte della stessa, ma in parte anche dalle condizioni generaledel settore in cui l’impresa opera. Per spiegare i diversi livelli di performance industriale, si utilizza di norma l’analisi disettore, e così anche per il Calcio.Cfr. U. Lago, A.Baroncelli, S. Szymanski, Il business del calcio, successi sportivi e rovesci finanziari, Egea, Milano, 2004.288 C’è da notare in questo caso che il rialzo della moneta europea nei confronti della sterlina, durante il periodo coperto dallastagione calcistica, ha fatto sì che l’aumento percentuale dei ricavi in sterline (18%) risultasse minore in euro (10%).

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voli Rossi ad esibirsi 33 volte, 6 in più dell’anno precedente, di fronte ai 67.700 del-l’Old Trafford. I circa 3 milioni di ricavi generati per ogni match rendono compren-sibile il netto vantaggio della squadra di Ferguson nei confronti dei propri rivali, perquanto riguarda gli incassi del matchday.

Il tempio del Manchester ha inoltre ospitato la finale 2002/2003 della ChampionsLeague, il massimo torneo continentale per club, spingendo il totale dei ricavi deri-vanti dai giorni-partita a 101,4 milioni di euro289.

In ordine di importanza, seguono i ricavi derivanti dalla cessione dei dirittidi broadcasting, che rappresentano il 33% del fatturato totale, cioè 83,6 milio-ni di euro290.

Un contributo importante al fatturato della società inglese è dato dalla parteci-pazione alla Champions League: nonostante la squadra sia stata eliminata ai quar-ti di finale, i ricavi totali generati dalla presenza nella competizione, considerandoincassi al botteghino, diritti Tv e sponsorizzazioni, sommano 40 milioni di euro.L’accordo di sponsorizzazione con Nike, che nel giro di 13 anni porterà nelle cas-se del club 435 milioni di euro, iniziato nella stagione passata, ha contribuito ai66,4 milioni di euro di ricavi derivanti dal commerciale291.

Il contratto di sponsorizzazione con Vodafone in scadenza nella stagione in cor-so, che ha portato nelle casse del club 43 milioni di euro a partire dal 2000/2001, èstato rinnovato fino al 2007/2008 per una somma pari a 52 milioni di euro.

Fig. n. 5.1: Breakdown dei ricavi del Manchester United.

Fonte: Deloitte & Touche

289 I club che nella Richlist di Deloitte si trovano al di sotto della quattordicesima posizione hanno un turnover totale inferiorea questa somma: 15.Tottenham Hotspur (95,6 milioni); 16.Leeds United (92 milioni) ; 17.SS Lazio (88,9 milioni); 18.Celtic(87 milioni); 19.Olympique Lyonnais (84,3 milioni); 20.Valencia (80,5 milioni).290 Il Manchester percepisce per la cessione dei diritti di trasmissione una somma che è inferiore soltanto ai club italiani diMilan, Inter e Juventus, ma è necessario ricordare che in Inghilterra i diritti televisivi sono venduti collettivamente dallaPremier League, mentre in Italia sono negoziati individualmente dai club. Sul punto cfr. paragrafo 4.2.2. del capitolo IV.291 L’accordo stabilisce anche che Nike si occupi di tutte le operazioni di merchandising del Manchester United, attraversola sua controllata Manchester United Mechandising Limited. Nike e Manchester hanno beneficiato così entrambe della venditadi 2,5 milioni di repliche delle maglie da gioco nell’anno in esame, con il 40% di tali vendite effettuate fuori dal Regno Unito.

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Infine un occhio ai costi. Nonostante il club abbia una delle rose più forti almondo, il rapporto tra salari e stipendi e ricavi è al di sotto dell’obiettivo del 50%,fermandosi al 46%. Questo controllo dei costi permette di assicurare la profitta-bilità della società. Nel periodo in esame i profitti operativi erano di 71,9 milionidi euro, ed il club ha realizzato un profitto pre-tasse pari a 56,5 milioni, contri-buendo ad un cash-flow di 39,7 milioni di euro durante l’anno.

Le linee guida della strategia della società sono espressamente:• mantenere i successi sul campo;• trattare i tifosi come clienti;• fare leva sul brand globale che contraddistingue la società;• sviluppare i diritti relativi ai contenuti mediatici;• massimizzare l’uso dell’Old Trafford.Tali obiettivi sono stati delineati al fine di “condurre ad una consistenza e

ad una crescita dei ricavi non direttamente dipendente dalle performance del-la squadra”292.

5.2.1. Mantenimento dei successi sul campo

In un ottica di medio-lungo periodo, mantenere una rosa competitiva che diaseguito negli anni ai successi ottenuti fino ad oggi, rappresenta una necessità. Ilturnover complessivo delle società calcistiche, in tutte le sue componenti, è forte-mente influenzato dalle performance della squadra.

I successi nelle competizioni nazionali ed internazionali infatti:• determinano un maggior interesse intorno alla squadra e quindi una mag-

giore richiesta di biglietti e abbonamenti;• garantiscono una maggiore presenza sui media, avvicinando quindi i tifosi

al business collegato agli stessi;• costituiscono forti fondamenta per le relazioni con i partner commerciali ed

incrementano il valore che essi attribuiscono al club.Per questo motivo il Manchester United ha provveduto, soprattutto nell’anno

passato, ad una forte ristrutturazione della squadra293, che ha portato all’acquisi-zione di giocatori giovani e di talento i quali “rafforzeranno le opzioni di gioconelle prossime stagioni”: Anche gli acquisti seguono un aprogrammazione di me-dio-lungo termine294, essendo correlati alle disponibilità finanziarie della societàe dovendosi necessariamente accompagnare a cessioni di altri atleti295.

292 Cfr. Manchester United PLC Annual Report 2004, disponibile sul sito www.manutd.com.293 Sono stati acquistati Cristiano Ronaldo nell’agosto 2003, Louis Saha nel gennaio 2004 e Gabriel Heinze, Liam Miller eAlan Smith tra maggio e luglio dello stesso anno. Hanno invece lasciato il club Fabien Barthez, Juan Sebastian Veron, LukeChadwick, Diego Forlan e Nicky Butt.294 Si legge nell’Annual Report 2004 dei Diavoli Rossi a proposito dell’ultimo acquisto effettuato, quello di Wayne Rooney:“I nostri piani erano quelli di acquistare il giocatore nell’estate del 2005, ma l’offerta del Newcastle United e il conseguente

interesse dell’Everton a cederlo, ci hanno obbligato ad accelerare i nostri piani o rischiavamo di perderlo. Come risultato

abbiamo adesso speso il budget per gli acquisti della prossima estate salvo che non vengano ceduti giocatori per realizzare

risorse da reinvestire”. 295 Un esempio clamoroso in passato è stata la cessione di Beckham, che a portato 25 milioni di sterline nelle casse del club,permettendo l’acquisto del giovane portoghese Cristiano Ronaldo. Cfr. L. Marchetti, Gli asset in campo del Manchester

United, Il Sole 24 Ore, 29 settembre 2003.

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Il board si occupa di monitorare costantemente l’età media della prima squadraper prevenire la necessità di procedere a faraoniche campagne di acquisto in futu-ro. Il management si occupa di determinare in anticipo, ogni anno finanziario, ilbudget netto destinato all’acquisizione di nuovi giocatori296.

In questo modo, per “assemblare” la squadra, ci si muove all’interno delle capa-cità del business di generare cash-flow, senza ricorrere a debiti di lungo termine.

Da anni, inoltre, la società di Manchester si preoccupa di mantenere i salari e glistipendi ad un livello compatibile con la sostenibilità del business. Come già vistodurante l’analisi della situazione europea, nel capitolo I, questa voce di costo è sta-ta la causa principale del dissesto finanziario di vari club, italiani ed europei.

Fig. n. 5.2: Costo del personale

Fonte: Manchester United PLC Annual Report 2004

L’obiettivo dichiarato da parte degli amministratori del club inglese, e fino adoggi sempre raggiunto, è quello di mantenere il totale dei costi dello staff al di sot-to del 50% dei ricavi297.

5.2.2. Potenziamento del brand e sviluppo dei media

Grande parte della fortuna commerciale dei Red Devils è dovuta all’elevatissi-mo appeal che ha saputo conquistare nei confronti degli sponsor, grazie a vincentiscelte strategiche che hanno reso il marchio riconoscibile a livello mondiale. IlManchester United è ormai riconosciuto globalmente non solo come una squadradi calcio, ma come una complessa organizzazione sportiva e mediatica298.

Già il restyling del logo societario attuato intorno al 1999, se da una parte ap-portava soltanto sottili modifiche al marchio in sé, dall’altra testimoniava un cam-biamento significativo della mentalità: da club di calcio a marchio globale.

296 Tale previsione è fatta sulla base delle condizioni generali del mercato, delle aspettative circa le performance economico-finanziarie della società e dell’opinione di Sir Alex Ferguson sullo stato attuale della rosa a sua disposizione.297 Tale obiettivo è perseguito anche attraverso l’innesto in prima squadra di promettenti giovani del vivaio, da far maturaresotto l’egida dell’esperto tecnico inglese. Come affermava Peter Kenyon, amministratore delegato del club, “Il nostro obiettivo

rimane infatti non solo quello di acquisire calciatori, ma di sviluppare nuove promesse in casa nostra”. Cfr. M. Nadia, IlManchester vola sulle ali dei tifosi, Il Sole 24 Ore, 3 aprile 2001.298 Così Louise Taylor, Manchester United, case study, disponibile su www.dimensiondata.com.

2004 2003

£ ‘000 £ ‘000

Salari e Stipendi 61.456 64.691

Bonus 4.966 4.990

Sicurezza sociale 8.425 7.867

Altri costi pensione 2.027 1.969

76.874 79.517

Percentuale sui Ricavi Totali 45% 46%

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Fig. n. 5.3: Il marchio del Manchester United prima e dopo il restyling.

Gli oltre 75 milioni di fan di Giggs e compagni sparsi per il mondo rappresen-tano un patrimonio inestimabile, che ha garantito alla società inglese partnershipcommerciali importanti sia dal punto di vista finanziario che mediatico. Il rinno-vo del precedente accordo con Vodafone ha portato anche alla cessione, a favoredella compagnia telefonica, dei diritti di immagine di Ruud Van Nisterlooy e diCristiano Ronaldo.

Se da una parte rappresenta evidentemente un vantaggio per lo sponsor, poter uti-lizzare l’immagine di campioni tanto affermati per pubblicizzare i propri servizi ditelefonia mobile, dall’altro il Manchester United vede aumentare in maniera espo-nenziale l’esposizione dei propri campioni e, naturalmente, del proprio marchio.

Analogo discorso potrebbe essere fatto per l’accordo con Nike, che ha deter-minato il definitivo abbandono da parte del Manchester del merchandising in pro-prio a favore del licensing299.

Il matrimonio tra questi due marchi di valore internazionale ha fatto sì che laManchester United Merchandising Limited, società al 100% Nike, sia già riusci-ta a superare il compenso minimo garantito al club per i primi due anni, avendovenduto 3,8 milioni di magliette-replica in soli 22 mesi300.

Per attrarre ulteriori partnership la società ha provveduto ad installare su 3 dei 4lati del campo i primi tabelloni pubblicitari digitali in Inghilterra. Tali innovativi dis-positivi pubblicitari, uniti al pubblico da sold-out che gremisce gli spalti dell’OldTrafford, dovrebbero servire ad incrementare il valore corrente dei diritti di sponso-rizzazione e condurre ad un ulteriore accrescimento del valore di tali diritti in futuro.

Per accrescere il contatto con i tifosi d’oltremanica il club ha avviato anche unaserie di iniziative, quali il lancio delle Soccer Schools a Disneyland Paris e HongKong o la Manchester United Premier Cup, una competizione mondiale riservata a

299 Cfr. D. Cencioni, E il Manchester Utd licenzia 48 persone della divisione merchandising, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2n. 11, 9 – 22 giugno 2001, e N. Tomesani, Il tifo sta bene su tutto, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 9, 15 – 25 maggio 2001.300 I dati sono tratti dall’Annual Report 2004.

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ragazzi sotto i 15 anni, culminata con la finale che si è giocata all’Old Trafford du-rante i tre giorni della Vodafone Cup. Ma il club si sta spingendo molto oltre, pun-tando sui mercati emergenti ed affamati di calcio: Estremo Oriente e Nordamerica301.

Strettamente connesso con il potenziamento del brand è l’altro obiettivo dichia-rato dal management del Manchester United: lo sviluppo dei diritti relativi alla tra-smissione sui media. Un marchio forte permette di strappare contratti di cessione piùvantaggiosi, e a sua volta un’accorta politica di esposizione su tutte le piattaforme me-diatiche non può far altro che favorire la notorietà e la reputazione del brand.

Anche da questo punto di vista il Manchester United è una società all’avan-guardia: se è vero che la maggior parte dei ricavi collegabili a questa tipologia de-rivano dalla cessione dei diritti negoziati direttamente dalla Premier League edalla UEFA, a seconda delle competizioni, tuttavia la società non ha tralasciato diimplementare il business relativo alle nuove tecnologie.

I new media digitali infatti “consentono di essere editori del proprio evento edi entrare in contatto con l’utente finale”302 e se per il consumatore finale noncambierà molto il modo di utilizzo, si modificherà invece la metodologia di ac-cesso per chi è proprietario dei diritti di diffusione dell’evento e le barriere d’ac-cesso alla diffusione saranno praticamente abbattute.

Fonte: Manchester United Annual Report 2004

301 A Singapore, a Kuala Lumpur, a Città del Capo sono stati aperti negozi monomarca di merchandising. Pechino invece èstata la prima città dove si è esportato il Red Cafe, presente da anni all’interno dell’Old Trafford. L’ultimo colpo di marketing,in ordine di tempo, è l’accordo siglato con i New York Yankees. Esso prevede la vendita di magliette e gadgets dello Unitednei negozi degli Yankees in USA e viceversa, con lo scopo di far breccia nel mercato USA del merchandising sportivorafforzando al contempo il marchio dei Red Devils. Il tour estivo negli USA, con cui il Manchester United ha visitato quattrocittà americane (Seattle, Los Angeles, New York and Philadelphia) e si è esibito di fronte a 270,000 tifosi, è stataun’opportunità per sviluppare la base di tifosi presente in America e di lavorare più strettamente con i propri partner: Nike,Pepsi and Budweiser. Cfr. A. Merli, Calcio, il Manchester fa scuola, Il Sole 24 Ore, 28 agosto 2002.302 Rodolfo Hecht Lucari e Marco Borgarelli, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Media Partners, in P.Bottelli, Verso l’integrazione con i “new media”, in Il Sole 24 Ore Sport anno 2 n. 3, 17 febbraio – 2 marzo 2001.

Ricavi derivanti dai media (mln di £)

1 22,7 Diritti Tv Premier League (dirette/merito)

2 20,0 Champions League

3 11,1 Diritti Tv Premier League (quota fissa)

4 3,7 Partite di coppa nazionale

5 2,7 Oltremare (FAPL)

6 2,5 MUI

7 0,8 Radio Regno Unito

Ricavi Totali derivanti dai media

(mln di £)

(2003 - 56,2)

62,5

Percentuale sui ricavi totali

(2003 - 32%)

37%

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I due siti interattivi dei Diavoli Rossi, in Inglese e Mandarino, realizzati in part-nership con il main sponsor Vodafone303, registrano elevati livelli di interesse daparte dei tifosi. I ricavi derivanti dai siti sono diversificati e provengono da spon-sorizzazioni, e-commerce, scommesse e servizi on-demand.

A luglio 2004 tali ricavi erano arrivati alla soglia di 1,5 milioni di sterline.

Fonte: Manchester United Annual Report 2004

Come se tutto ciò non bastasse, il Manchester United è l’unico club nellaPremier League ad avere un canale televisivo in onda per sette giorni alla set-timana: MUTv304. Gli abbonamenti a questo servizio, attraverso BSkyB, han-no raggiunto una media annuale di 95.000.

La società prevede di riorganizzare tutte queste attività sotto una unica unità ope-rativa nel prossimo futuro, che sarà chiamata con tutta probabilità MU Media, che so-vrintenda al business relativo alla creazione dei contenuti e alla distribuzione deglistessi attraverso tutte le piattaforme.

5.2.3. Da tifosi a clienti

Un’altra linea strategica importantissima, che ha determinato il successocommerciale del Manchester United, è stato il rapporto instaurato dalla societàcon i propri tifosi, sia quelli che assistono regolarmente allo stadio alle partitedella squadra, sia quelli che da tutto il mondo le visionano attraverso la Tv305.

“Con oltre 50 milioni di tifosi sparsi per il mondo, è uno dei nostri obiettivi in viadi sviluppo quello di riuscire a conoscerli meglio. Se riusciamo a costruire relazionipiù forti con i nostri supporter, con una visione di ciò che a loro piace o non piace, edei loro interessi più vari, possiamo impattare meglio le loro richieste”306.

Gli sforzi del club per soddisfare i tifosi si basano su un database di Custo-mer Relationship Management (CRM) che contiene ormai più di due milioni emezzo di nominativi307.

303 Con la compagnia telefonica è stata realizzata una joint venture, chiamata MU Mobile, per portare ai tifosi dello Unitedservizi potenziati di telefonia mobile per gli apparecchi di terza generazione.304 Il canale tematico è stato realizzato in joint venture con BSkyB e Granada, fondata da questi due partner dopo uninvestimento iniziale della società di 1 milione di sterline.305 Sull’importanza della trasformazione del tifoso in cliente vero e proprio si veda F. Biffi e N.Tomesani, Tifoso cliente

speciale, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 6, 30 marzo – 12 aprile 2002.306 David Gill, Group Managing Director del Manchester United.307 Il grandissimo numero di informazioni ha permesso la segmentazione dei tifosi in gruppi con cui la società comunicaregolarmente e a cui offre soltanto prodotti in linea con le loro aspirazioni e i loro bisogni. A proposito del CRM e delle pos-sibilità connesse ad una efficace gestione del database tifosi si veda G. Palazzi, Più fedeli grazie al Pc, in Il Sole 24 OreSport, anno 3 n. 6, 30 marzo – 12 aprile 2002 e M. Dibrogni, Database sfruttabili a fini commerciali, in Il Sole 24 Ore Sport,anno 5 n. 4, 27 febbraio – 11 marzo 2004.

Statistiche del sito manutd.com 2004 2003

Pagine visitate in media ogni mese 13 milioni 14,9 milioni

Unique visitors 1,2 milioni 1 milioni

Tempo medio di visita al sito (min) 6,16 8,43

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“Il gruppo più grande è rappresentato da quei tifosi con cui il Club ha sololimitati rapporti commerciali. All’altro estremo troviamo invece molti tifosi lea-li che, a quanto ci dicono le nostre ricerche, vogliono comprare tutti i servizi cheil Manchester United può offrire”308.

In questo modo si spiega per esempio il grande successo del comparto fi-nanza del Manchester United. MU Finance offre ai propri tifosi la migliore se-lezione dei prodotti finanziari di alcuni tra i migliori gestori, con l’opportunitàdi potenziarli con vantaggi particolari studiati per i clienti-tifosi del Manche-ster United.

Per dare l’idea dei risultati raggiunti da queste iniziative, basti dire che il nu-mero totale di prodotti venduti ai clienti ha raggiunto la cifra di 118.000 nel-l’ultimo anno finanziario, rappresentando una transazione totale di 236 milionidi sterline, sulle quali il club riceve una commissione.

Le nuove carte di credito, che sono state distribuite all’estero, hanno rag-giunto quota 32.000, mentre all’interno del Regno Unito sono oggi 60.000 i pos-sessori della carta distribuita da MU Finance.

Fonte: Manchester United Annual Report 2004

I prodotti relativi a prestiti e ipoteche hanno raggiunto un volume di 84 mi-lioni di sterline, con 750 tifosi che vi hanno fatto ricorso, e il nuovo conto cor-rente è stato utilizzato da 3.500 persone al momento del rinnovo dei loroabbonamenti all’Old Trafford309. Nell’ottica della fidelizzazione dei tifosi edella diversificazione dei ricavi rientrano anche le licenze concesse per l’aper-tura di due nuovi One United Cafés a Beijing e Chengdu in Cina, e l’attività delRed Cinema di Saldford, vicino all’Old Trafford, che continua a registrare l’au-mento di presenze al Lowry Centre.

308 Manchester United Annual Report 2004.309 Questo prodotto in particolare da ai tifosi 5 mesi di credito senza interessi per il rinnovo del loro abbonamento stagionale.

Ricavi commerciali (mln di £)

1 20,8 Nike

2 9,0 Vodafone

3 5,5 Sponsor “Platinum”

4 3,5 Catering non-matchday

5 3,2 Altri ricavi commericiali

6 2,2 MU Finance

7 1,1 Sponsor della FA Premier League

Ricavi Commerciali Totali (mln di £)

(2003 - 46,2)

45,3

Percentuale sui ricavi totali

(2003 - 27%)

27%

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5.2.4. Massimizzazione dei ricavi da stadio

Si è già detto in precedenza del modello inglese di progettazione e sfrutta-mento dello stadio. Anche da questo punto di vista il Manchester United fa scuo-la, continuando ad implementare strategie volte a “potenziare il valore el’esperienza di visitare l’Old Trafford durante il giorno della partita, ed anchenei giorni in cui non ci sono eventi in programma”. Gli ultimi interventi a questoproposito sono rappresentati dalla creazione di 48 chioschi e 19 suites intorno al-lo stadio, o l’introduzione dei punti di vendita elettronici310.

Per quanto riguarda lo sfruttamento totale dello stadio, il board dei Diavoli Rossicerca di assicurarsi ogni anno la possibilità di ospitare eventi sportivi di rilevanza in-ternazionale.

Per i prossimi due anni per esempio, alcuni incontri di qualificazione dellanazionale inglese alla Coppa del Mondo, quattro per la precisione, saranno gio-cati nel tempio del Manchester. Ciò rappresenta, evidentemente, un’occasionedi guadagno non solo nel giorno dell’evento, ma anche dal punto di vista del-l’immagine e della reputazione dell’Old Trafford stesso.

Per quanto riguarda l’utilizzo dello stadio più strettamente connesso allepartite della squadra, nell’ultimo anno si è registrato un “virtuale” sold out pertutte le partite della stagione, con 1,68 milioni di presenze distribuite lungo tut-to l’arco della stagione311.

Fonte: Manchester United Annual Report 2004

310 In particolare gli EPOS (Electronic Point of Sale), che sono stati realizzati con un investimento di 700.000 sterline,rappresentano non soltanto un vantaggio per i clienti, aumentando la velocità del servizio, ma anche per la società. Essa puòin questo modo migliorare i controlli interni relativi ai flussi di denaro alle quantità che passano attraverso queste attrezzature,sia relativamente ai clienti sia relativamente ai prodotti venduti.311 Manchester United Annual Report 2004.

Ricavi derivanti dal giorno partita (mln di £)

1 28,5 Abbonamenti (incl. Executive)

2 12,2 Partite di campionato (incl. Hospitality)

3 4,9 Coppe Europee

4 4,8 Altri (incl.Tour)

5 4,1 Catering

6 3,6 Coppe Nazionali

7 3,1 Membership e viaggi

Ricavi Totali derivanti

dal giorno partita (mln di £)

(2003 - 70,6)

61,2

Percentuale sui ricavi totali

(2003 - 41%)

36%

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La politica dei prezzi312 e della qualità del servizio portata avanti dal club hadeterminato una domanda di biglietti di molto al di sopra della capacità dell’im-pianto, con una media di richieste insoddisfatte pari a 12.500 unità313. L’elevatadomanda ha determinato la decisione di provvedere ad un espansione ulterioredello stadio che aggiunga 7.900 posti, portando la capacità totale a circa 76.000persone. Il costo del progetto sarà di 45 milioni di sterline, ma produrrà ricavi ad-dizionali di circa 5 milioni l’anno314. Inoltre l’espansione dello stadio, negli an-goli nord-est e nord-ovest, crea ulteriori possibilità, come per esempio quella diospitare eventi e conferenze di tutte le dimensioni, dai matrimoni privati a grandiconferenze societarie fino a 1.000 persone. Se si fa riferimento alla stagione2003/2004, per esempio, l’Old Trafford ha ospitato 775 eventi.

Proprio sull’organizzazione e l’ospitalità di eventi, nonché sulle ulterioriiniziative per l’offerta di cibo, servizi e facilitazioni la società spera di basare inuovi flussi di ricavo per l’impianto da oggi a tre o cinque anni. Infine, altrafonte di introito non indifferente è rappresentata dal Museo e dal Tour ad essocollegato. Entrambi sono riusciti ad attrarre 235.000 visitatori, tra pubblico ge-nerico e visitatori di conferenze ed eventi.

5.2.5. Un modello di business sostenibile?

Negli ultimi due anni il titolo del Manchester United ha messo a segno unrialzo del 100% alla Borsa di Londra. Dal 1991, anno di quotazione, il valoredel titolo è aumentato di circa 15 volte315. I Red Devils posseggono lo stadiodove giocano, e da esso generano profitti sette giorni su sette attraverso varieattività. La società è capofila di un impero molto profittevole, con iniziative chespaziano dal merchandising ai canali televisivi, dai servizi web a quelli finan-ziari, con un fulcro chiaro e definito attorno a cui tutte queste attività sono im-plementate: il brand. Il Manchester rimane il benchmark per le società dicalcio. Lo è senza dubbio per i grandi club, ma anche, a nostro parere, per le so-cietà di più piccole dimensioni. Il Manchester United non è sempre stata lasquadra vincente degli ultimi 12 anni. È partita da un nucleo di giovani gioca-tori cresciuti nel proprio vivaio per giungere, attraverso una corretta gestione“on and off the pitch” in tutti gli stadi del suo sviluppo, non solo ad essere ri-conosciuta come squadra di livello internazionale, ma a rappresentare di fattoun punto di riferimento per i club di tutto il mondo.

312 La strategia di estendere la scala dei prezzi dei biglietti ha fatto si che nel 2003/2004 l’ingresso per un adulto variasse daun minimo di 20£ ad un massimo di 28£. Il management ha intenzione di continuare su questa strada.313 Il picco è stato raggiunto in occasione della gara con i Rangers del Novembre 2003. In quell’occasione 29.000 tifosirimasero a bocca asciutta e non potettero assistere al match.314Il Trafford Borough Council ha dato il placet al progetto, che dovrebbe essere completato per la stagione 2006/2007. D.Smith, United stadium boost, sportbusiness.com, 4 febbraio 2005.315 Cfr. A. Ronchetti, Stadio, merchandising e utili: Manchester – squadre italiane 3-0, in Il Sole 24 Ore, 28 giugno 2004.

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Fig. n. 5.4: Lo sviluppo del Manchester United nel panorama calcistico europeo.

Fonte: AT Kearney

Il successo di questo club è da ricondurre alla capacità del management di bi-lanciare successi finanziari e sportivi. I profitti che le performance sportive gene-ravano furono infatti appropriatamente investiti per migliorare ed espandere lostadio e per sviluppare il brand, in modo da generare un business diversificato,profittevole e sostenibile negli anni316, come dimostrato dai risultati raggiunti.

Fig. n. 5.5: Ricavi del gruppo (in milioni di sterline).

316 Cfr. A.T. Kearney, Playing for profits, winning strategies for football in Europe and around the globe, 2004.

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Fig. n. 5.6: Profitti operativi del gruppo (in milioni di sterline).

Fig. n. 5.7: Scomposizione dei ricavi

Fonte: Manchester United Annual Report 2004.

5.3. La Juventus F.C.

Nell’ultima Deloitte Football Richlist, quella pubblicata nel marzo dello scor-so anno, la società torinese manteneva ben salda, per il terzo anno consecutivo, laseconda posizione alle spalle del Manchester United. La Vecchia Signora può van-tare 14 milioni di tifosi in Italia, cioè il 44% di tutti i tifosi di calcio italiani, 25 mi-lioni in Europa e 60 milioni tra Cina e Giappone317.

I ricavi della stagione 2002/2003 erano aumentati del 23% rispetto alla sta-gione precedente, soprattutto grazie alla vittoria dello scudetto e alla parteci-pazione alla finale di Champions League, poi persa contro il Milan all’OldTrafford di Manchester. Come già più volte ricordato, le società italiane prov-vedono a negoziare la cessione dei diritti televisivi relativi al campionato inmaniera individuale, per cui la Juventus nel 2002/2003 aveva generato ricaviprovenienti da questa fonte per 65 milioni di euro. Sommati ai 32 milioni di eu-ro provenienti dalla Champions League318, si comprende come mai la Juven-tus rappresenti il club della Richlist con il più alto ammontare di introitiderivanti dai media.

317 I dati sono tratti da Juventus F.C. Analyst presentation, disponibile sul sito del club bianconero.318 Nell’anno in esame il contratto stipulato dalla UEFA prevedeva ricavi per 703 milioni di euro. Secondo il sistema previstodalla Federazione, ogni gara viene ricompensata con dei “gettoni” prestabiliti: 680 mila euro per la vittoria, 510 mila per ilpareggio, 340 mila per la sconfitta. Alle singole gare vanno aggiunti i soldi che vengono distribuiti in premio dalla Federazioneeuropea man mano che si procede nella competizione. E così, per essere approdate a Manchester, Juventus e Milan hannoottenuto da Ginevra 4 milioni di euro. Cfr. S. Salis, Chi ha già vinto la coppa dei milioni, in Il Sole 24 Ore, 27 maggio 2003.

1 Media 37%

2 Giorno-partita 26%

3 Commerciale 27%

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I ricavi commerciali invece sono stati in quell’anno pari a 79 milioni di euro, cioèil 36% della torta complessiva. Per quella stagione sulle magliette bianconere si al-ternavano Fastweb e Tamoil, posizionando la Juventus al secondo posto per valoredella jersey-sponsorship alle spalle del Bayern Monaco. Inoltre la società ha iniziatoproprio nel 2002/2003 il rapporto di sponsorizzazione tecnica con Nike. Adestare unacerta preoccupazione è la terza voce che compone i ricavi. Soltanto il 10% del tur-nover complessivo, cioè 22,6 milioni di euro, derivava dallo stadio Delle Alpi. Il da-to, già di per sé allarmante, è sconvolgente se comparato ai rivali del ManchesterUnited, che dalla stessa fonte ricavavano più di quattro volte lo stesso importo.

Fig. n. 5.8: Breakdown dei ricavi della Juventus, stagione 2002/2003.

Fonte: Deloitte & Touche

Il management è da tempo corso ai ripari, provvedendo nel 2003 a siglare unaccordo con il comune di Torino per la concessione del diritto di superficie, per 99anni, sul luogo dove sorge il Delle Alpi e progettandone una ristrutturazione sulmodello inglese319.

È iniziata anche la costruzione di un nuovo centro, commerciale e di intratte-nimento, nella località di Vinovo, che si chiamerà Mondo Juve.

Nel caso della Juventus, la mission aziendale, consistente in “eccellenti risul-tati sportivi ed incremento della redditività e del valore per gli azionisti”, è per-seguita attraverso l’implementazioni di alcune linee strategiche tra lorostrettamente collegate:

• mantenimento di una squadra di livello tecnico eccellente;• accrescimento del valore del brand;• studio e realizzazione di progetti di diversificazione dei ricavi.Come già la Juventus si proponeva al momento della quotazione in borsa, es-

sa vuole caratterizzarsi come una media company, inserita nella più grande indu-stria dell’intrattenimento, pronta a “cogliere le opportunità di crescita chederiveranno dalla trasformazione in entertainment and leisure group, coerente-mente alla propria strategia di sviluppo”320.

319 Già nel 2002 Guraudo affermava: “Prevediamo di firmare l’atto di acquisto della superficie dello stadio il prossimo 31

ottobre e di iniziare i lavori il prossimo maggio 2003. A grandi linee riteniamo che il numero dei posti sarà ridotto dagli attuali69mila circa a 32-38 mila. Al momento ad ogni modo non esiste ancora un progetto esecutivo”. Cfr. V. D. G., La Juve vuoleuno stadio tutto suo, in Il Sole 24 Ore, 1 ottobre 2002.320 Obiettivi e strategie della Juventus F.C. S.p.A., disponibili sul sito www.juventus.com.

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5.3.1. Mantenimento dell’eccellente livello tecnico della squadra

Anche in questo caso vale il discorso fatto per il Manchester United321. Dato cheil turnover complessivo delle società calcistiche, in tutte le sue componenti, è forte-mente influenzato dalle performance della squadra, la società si pone come obietti-vo non soltanto un attenta gestione del parco giocatori di cui dispone, ma anche unaefficace e tempestiva programmazione delle campagne acquisti future.

Grande attenzione è stata riservata negli ultimi anni al settore giovanile322, conl’obiettivo di garantire il costante inserimento di giovani calciatori di talento in pri-ma squadra a costi contenuti.

La ricerca di campioni in erba è affidata in toto agli osservatori, in Italia almenouno in ogni regione, e molti di più in Piemonte, ma anche all’estero, mentre non ci siavvale di “società satellite”323.

Il successo del settore giovanile bianconero è dimostrato dai risultati ottenutisul campo dalle formazioni torinesi. Solo per fare un esempio, la Juventus ha vin-to per tre anni consecutivi, dal 2003 al 2005, avvenimento unico nella storia del-la manifestazione, la “Coppa Carnevale”324. Tuttavia manca ancora da parte dellasocietà bianconera, il “coraggio”, o a volte la pazienza, di puntare decisamente sugiocatori provenienti dal vivaio come ha fatto il Manchester United durante tuttoil ciclo Ferguson325.

Nella stagione 1982-1983, 8 giocatori dei 19 della rosa della Juventus, cioè il 42%,provenivano dai vivai della squadra bianconera, e il più famoso era l’attuale dirigen-te Roberto Bettega.

Nel 2002-2003 nessuno dei 26 membri della rosa torinese proveniva dallegiovanili. Piuttosto la Vecchia Signora preferisce aspettare a distanza gli uomi-ni che rappresentano il futuro del calcio azzurro, come Miccoli, Maresca, Chiel-lini, Palladino e via dicendo. Salta però facilmente agli occhi come nessuno diquesti sia stato forgiato a Torino, quanto piuttosto sia stato opzionato o acqui-stato da altri club ancora in giovane età.

321 Vedi paragrafo 5.2.1.322 Nel 2004 sono stati investiti 5 milioni di euro nel settore giovanile. Esso può contare su 21 squadre (4 prendono parte acampionati nazionali, 5 a campionati regionali e 12 a campionati di livello locale), 391 giocatori e 69 persone tra allenatori ecomponenti dello staff tecnico. Molti giovani giocatori di proprietà della Juventus sono inoltre ceduti in prestito a squadrepartecipanti ad altri campionati professionistici per “farsi le ossa”.323 “L’unico accordo è quello con la Cabrini Equipe per le scuole calcio” spiega Pietro Leonardi, responsabile del settoregiovanile bianconero. La società del campione del mondo è l’unica che può organizzare scuole calcio con il marchio Punto

Juve. Esse ottengono, al fronte del pagamento annuale di una certa somma e del rispetto di alcune condizioni in termini dinumero di bambini e di anni di esperienza, anche stage didattici organizzati per gli allenatori e i dirigenti, cinque volte l’anno,presso le sedi delle società, a cui si aggiunge un meeting nazionale a Torino. Cfr. M. Piagnani, Da società satellite e scuole i

campioni di domani, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 3, 16 febbraio – 1 marzo 2002.324 Il torneo di Viareggio non è solo la più importante rassegna giovanile del mondo, ma anche una vetrina autorevole versol’esterno, che attira l’attenzione di operatori di mercato, direttori sportivi e procuratori.325 In realtà questo è un problema di tutto il sistema calcistico italiano, ragion per cui sono state fatte molte proposte dai verticiolimpici e federali a favore dell’imposizione di un numero obbligato di “prodotti del vivaio” da inserire nella rosa di primasquadra. Vent’anni fa 58 giocatori delle 8 principali squadre italiane militavano nello stesso club in cui erano natiprofessionalmente. Oggi, a parità di formazioni, gli elementi sono solo 26, meno della metà. Cfr. M. Marani, Pochi campioni

dai vivai, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 4 n. 4, 21 febbraio – 6 marzo 2003 e G. Martinelli, Meno extracomunitari, piùattenzione ai vivai, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 13, 4 – 19 luglio 2002.

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In realtà è stato l’arrivo alla corte bianconera del nuovo allenatore che haportato nell’ultimo anno ad una netta inversione di rotta. Capello ha preferitopuntare decisamente sull’acquisto di campioni affermati326, anche a costo disacrificare giovani di sicuro avvenire327.

L’aggiustamento della società verso un rapporto tra salari e stipendi e rica-vi più sostenibile nel lungo periodo continua, ma è ancora decisamente supe-riore al ratio costantemente ottenuto dal Manchester United, che rappresentaanche qui, secondo noi, la “stella polare”.

Fig. n. 5.9: Costo del personale

Se la Juventus è in corsa per raggiungere e superare in competitività i DiavoliRossi, gli ultimi ingaggi rendono meno ottimistiche le nostre previsioni, per lo me-no sotto il punto di vista del controllo dei costi328.

326 L’arrivo di Don Fabio ha portato al compimento di una campagna acquisti in controtendenza rispetto a quelle passate,quando gli acquisti di campioni come Buffon e Nedved furono finanziati con la cessione di superstar come Zidane e F. Inzaghi.Quest’anno invece il tecnico ha dapprima convinto i dirigenti bianconeri a rinnovare il contratto del franco-argentinoTrezeguet, sul piede di partenza a causa delle sue richieste, fino ad allora considerate troppo esose, quindi ha ottenuto gliacquisti di Emerson, dalla Roma (28 milioni di euro, 16 dei quali coperti con il gioiellino Brighi), Cannavaro (cedendo incambio all’Inter il promettente portiere Carini, titolare della nazionale Celeste, per un valore di 10 milioni di euro) e del suo“pallino” Ibrahimovic (16 milioni di euro).327 Le cessioni di Miccoli, Chiellini, Maresca alla Fiorentina (di cui poi sono state acquistate le comproprietà) e di Di Vaioal Valencia F.C. non hanno neanche consentito di ottenere un pareggio tra investimenti e cessioni, registrando così un saldonegativo che approssima i 44 milioni di euro.328 Si legge infatti nella Relazione trimestrale al 31 dicembre 2004: “Le spese per il personale sono aumentate principalmente

per effetto dei nuovi contratti stipulati con i calciatori acquisiti nel corso della prima fase della Campagna Trasferimenti

2004/2005 e con il nuovo staff tecnico”.

2003/2004 2002/2003

€ ‘000 € ‘000

Salari e Stipendi 113.704 128.222

Oneri sociali 2.817 2.900

T. F. R. 474 571

Altri costi 89 -

117.084 131.693

Percentuale sui Ricavi Totali 56% 61%

Fonte: Juventus F.C. Bilancio al 30/06/2004

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Fig. n. 5.10: Costo del personale

Fonte: Juventus F.C. Relazione trimestrale al 31/12/2004

5.3.2. Potenziamento del brand e strategie commerciali collegate

“L’accrescimento del valore del proprio brand nella prospettiva di conferma-re e accrescere la caratterizzazione della Juventus Football Club S.p.A. come te-stimonial nel mondo delle imprese, per estendere ulteriormente la propria attivitàcommerciale anche attraverso l’ampliamento del bacino di tifosi in paesi che han-no mostrato un recente interesse per il mondo del calcio”329 è il secondo obietti-vo individuato dal club torinese.

Su questo fronte in effetti la società è stata attivissima, e il restyling del brandaziendale operato nel 2004 è soltanto un punto di passaggio di una strategia più am-pia e di lungo termine. Il club infatti continua a promuovere il marchio Juventus nelmondo, per esempio attraverso la partecipazione della squadra a tornei e manife-stazioni sportive nei paesi più affamati di calcio, come Nord America, Africa edEstremo Oriente, o attraverso il coordinamento della gestione del marchio conl’immagine della squadra e dei calciatori.

Rientra in questa logica anche la stipula di partnership e contratti di sponsors-hip con società titolari di marchi rinomati a livello internazionale, al fine di valo-rizzare reciprocamente i rispettivi segni distintivi.

329 Gli obiettivi e le strategie del club sono disponibili sul sito della società.

I semestre I semestre

2004/2005 2003/2004

€ ‘000 € ‘000

Salari e Stipendi 62.281 59.283

Oneri sociali 1.295 1.177

T. F. R. 264 214

Altri costi 3 87

63.843 60.761

Variazione percentuale + 5,07%

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Fig. 5.11: Il marchio della Juventus prima e dopo il restyling.

Per quanto riguarda il nuovo logotipo della società degli Agnelli, esso rappre-senta un passo importante nel rafforzamento dell’immagine commerciale del club,rimanendo fermi ovviamente i caratteri essenziali che hanno contraddistinto 107anni di storia: il bianco e il nero, i riferimenti al nome della squadra e alla città diTorino330. I vantaggi derivanti dalla forza propria del marchio Juventus sonosoprattutto legati al business to business. La società vanta intorno alle 60 part-nership con aziende che operano nei settori più disparati, e che utilizzano laenorme forza mediatica del club bianconero per espandere il proprio nome. Lastrategia della Juve per lo sviluppo delle relazioni di partnership, e non sem-plicemente sponsorship, come ricordano da Torino, si basa su due capisaldi:“l’esclusiva merceologica” e il “numero chiuso”, due principi che sono ormaiapplicati in tutte le società di vertice331.

Nel primo caso si garantisce al partner il non abbinamento con marchi ad essoconcorrenti332, nel secondo si riduce l’affollamento dei marchi, assicurando alpartner un certo grado di visibilità. In osservanza di questa strategia, la Juventusha un numero di inserzionisti molto più basso rispetto alla media della Serie A. Ciònon impedisce alla Vecchia Signora di lavorare con un elevato numero di partner,grazie alle ben 70 diverse possibilità di comunicazione e promozione, personaliz-zate e flessibili, che la società offre loro nelle sue tre aree commerciali brand ex-posure, pubbliche relazioni e brand image.

La società bianconera è anche quella che incassa di più dai media per i diritti ditrasmissione delle partite: ha un accordo con Sky Tv di 91,6 milioni di euro fino al-

330“Abbiamo considerato - spiega Manfredi Rocca, business director di Interbrand, società che ha seguito il progetto direstyling del brand Juventus - le preferenze grafiche dei tifosi e le esigenze di posizionamento del management: il nuovo logo

codifica infatti i valori di tradizione, eccellenza e passione che, secondo l’analisi strategica effettuata da Interbrand,

rappresentano per milioni di persone il marchio Juventus nel suo complesso”. Cfr. L.Veronese, Marchio globale per la

Juventus, in Il Sole 24 Ore, 24 giugno 2004.331 Cfr. E. Sgambato, Sponsor a numero chiuso, in Il Sole 24 Ore, 2 dicembre 2002.332 Ciò serve ad evitare conflittualità, concedendo appunto un utilizzo esclusivo del marchio Juve nella categoriamerceologica di appartenenza.

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la stagione 2006/2007, per la trasmissione in pay-Tv e pay-per-view, a cui si ag-giunge il recente contratto stipulato con Mediaset per i diritti sul digitale terrestre,via cavo e via ADSL, per un importo pari a 56 milioni di euro fino alla stessa sta-gione. A questo si aggiungono i soldi ricevuti da Sky Tv e Tamoil, che si alternanocome jersey-sponsor rispettivamente per le partite di campionato e per quelle diCoppa dei Campioni, Supercoppa e Coppa Italia, e che le assicurano quest’anno ilprimato in Europa con un introito di 18,5 milioni di euro.

Ns. Elaborazioni sui dati Juventus F.C.

Tra i vari accordi stipulati merita particolare attenzione quello di sponso-rizzazione tecnica con Nike. La partnership è iniziata nel 2003 e avrà una du-rata di 12 anni. Un accordo quindi di lungo periodo, come quello raggiuntodalla stessa multinazionale con i Red Devils, che frutterà un minimo garantitodi 187 milioni di euro333. Nell’ambito dell’accordo con la multinazionale ame-ricana di abbigliamento sportivo, è stata anche costituita una società, 100% Ni-ke, la Juventus Merchandising S.r.l., che impiega 22 persone e “gestisce esviluppa a livello nazionale ed internazionale l’attività di licensing e merchandi-sing e la distribuzione di prodotti e servizi caratterizzati dal brand Juventus”334.

333 A questo minimo si aggiungono le royalties comprese tra il 10 e il 14% dei ricavi netti derivanti dalla vendita di prodotti conil marchio Juventus, e il 50% dei profitti netti derivanti dalla vendita di servizi con marchio Juventus e dalle operazioni retail.Tratto dal sito www.juventus.com, nella sezione relativa a Juventus Merchandising S.r.l. Il consiglio di amministrazione èformato dai dirigenti bianconeri Roberto Bettega, Antonio Giraudo e Romy Gai e dai dirigenti Nike Ian Todd, Vice–PresidentGlobal Sports Marketing, Matthew Cook, General Manager Nike Italy, Davide Cardarelli, Financial Director Nike Italy, PaoloParmeggiani, General Manager Juventus Merchandising.334 Tratto dal sito www.juventus.com, nella sezione relativa a Juventus Merchandising S.r.l.

Il consiglio di amministrazione è formato dai dirigenti bianconeri Roberto Bettega, Antonio Giraudo e Romy Gai e daidirigenti Nike Ian Todd, Vice–President Global Sports Marketing, Matthew Cook, General Manager Nike Italy, DavideCardarelli, Financial Director Nike Italy, Paolo Parmeggiani, General Manager Juventus Merchandising.

Ricavi dai Media (mln di euro)

1 85,0 Proventi radiotelevisivi

2 3,5 Percentuale proventi Tv da squadra ospitante

3 6,7 Diritti Telefonici

4 14,9 Proventi U.E.F.A. Champions League

Ricavi derivanti dai media

(mln di euro)

(2002/2003 - 122,4)

110,1

Percentuale sui ricavi totali

(2002/2003 - 56%)

53%

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Ns. Elaborazione su dati Juventus F.C.

Tra le principali iniziative attivate in partnership con Nike rientrano gli JuventusStores335, il sito-web Juvestore.com336 ed il progetto Juventus Soccer Schools. Vistoil grande successo riscosso dal nuovo sito del club, la società bianconera aveva pen-sato anche di sfruttare le opportunità derivanti dall’information technology attraver-so un sito dedicato agli sponsor e ai partner, in ottica business to business.

Juventus Soccer Schools è un’iniziativa nata nel 2004 che si rivolge al mondodei giovani calciatori e delle scuole calcio. Il progetto ha l’obiettivo di “consenti-re agli appassionati di muovere i primi passi nel mondo dello sport e del calcioseguendo il c.d. ‹‹metodo Juventus››”.

335 Nel settembre 2003 sono stati inaugurati in contemporanea i primi Juventus Store: a Torino e a Tokyo (frequentato da 2000persone, in media, nei giorni di gara). Negli stores si possono trovare tutti i prodotti ufficiali Juventus, dalle maglie ai gadgets.Nell’agosto 2004 è stata la volta del punto vendita di Palermo, e quindi, il 13 novembre 2004, è stato aperto quellodell’aeroporto torinese di Caselle, primo store di un club europeo in una location così strategica. Sono stati infine inaugurati4 Juventus Corner (spazi commerciali destinati ad un solo club all’interno di negozio di articoli sportivi) a Sorrento, Catania,Roma e Milano. Durante la stagione agonistica, sono attivi inoltre 11 Juventus Shop all’interno dello Stadio delle Alpi chesvolgono la normale attività di vendita durante le partite. 336 Juvestore.com è stato il primo sito di e-commerce tra i club italiani. Nei primi 9 mesi di vita esso aveva già prodotto ottimirisultati: 2 miliardi di fatturato con 3.000 maglie vendute in ogni parte del mondo, “una persino a 500 chilometri dal Circolo

Polare Artico” come fa notare orgogliosamente Romy Gai. Cfr. E. Sgambato, Internet ultima frontiera del merchandising, inIl Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 9, 12 – 25 maggio 2001.

Sponsorizzazioni e proventi vari (mln di euro)1 32,6 Sponsor ufficiale e tecnico2 17,8 Altre sponsorizzazioni e altri contratti commerciali3 1,1 Pubblicità4 2,4 Diritti d’immagine calciatori e allenatore5 0,4 Proventi vari

Ricavi da sponsorizzazioni e commerciale

(mln di euro)

(2002/2003 - 55,0)

54,2

Percentuale sui ricavi totali

(2002/2003 - 25%)

26,0%

Statistiche del sito juventus.com 2004Pagine visitate in media ogni mese 15 milioniUnique visitors 1 milioneProvenienza contatti Italia 58%

Estero 42%

Statistiche del sito juvestore.com 2004Untenti registrati oltre 25.000Visitatori 750.000Provenienza ordini Italia 46%

Europa 26%Resto del Mondo 28%

Fonte: Juventus F.C. Bilancio al 30 giugno 2004

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Grande attenzione è rivolta non solo agli aspetti professionali, ma anche allecomponenti formative e di intrattenimento: “É un investimento che avrà ricadutenon solo economiche sulla nostra società di calcio, ma anche su un certo modo diconcepire la tifoseria e il gioco del calcio stesso […] è necessario cambiare pia-no piano il modo di concepire tutto ciò che ruota intorno al gioco del pallone, dal-l’utilizzo degli stadi alla tifoseria. E noi cominciamo con le scuole di calcio in tuttoil mondo”337. Le iniziative attivate sono: Juventus University, destinata ad allena-tori qualificati, Juventus Academy, per società affiliate in Italia e all’estero, e Ju-ventus Camp, per lo sport e il divertimento estivo dei bambini.

L’attenzione alla base tifosi è una componente imprescindibile della strategiadella società torinese, in quanto rappresenta una ricchezza ineguagliabile. Cometale necessita però di essere coltivata e conosciuta al fine di fornire ai fan servizie prodotti sempre più aderenti ai loro desideri e alle loro aspettative338.

È da ricordare anche, e rientra comunque nelle strategie volte alla costruzione e alconsolidamento della reputazione societaria, che la Juventus da sempre è protagoni-sta di iniziative di solidarietà sociale339. Filo conduttore dei progetti avviati negli ul-timi anni sono la solidarietà e l’integrazione. In particolare:

• “Fatti e Progetti per i Giovani”, articolato programma finalizzato a miglio-rare le condizioni di vita e di studio di molti giovani340.

• Il “Centro di accoglienza” intitolato alla memoria di Edoardo Agnelli341.• L’appoggio ed il sostegno, da diversi anni, alle attività della Fondazione Pie-

montese per la Ricerca sul Cancro342.Nell’esercizio 2003/2004 è stata lanciata l’iniziativa “Crescere insieme al San-

t’Anna” rivolta alla raccolta dei fondi necessari per la ristrutturazione del repartodi Neonatologia Ospedaliera dell’Ospedale Sant’Anna di Torino.

5.3.3. Diversificazione delle fonti di ricavo

“Lo studio e realizzazione di progetti di diversificazione dei ricavi, con parti-colare attenzione a fonti di reddito maggiormente stabili e costanti, anche attra-verso investimenti in attività collaterali e connesse al proprio core business neisettori dell’intrattenimento, del tempo libero e commerciale, valorizzando quindi

337 Romy Gai, direttore commerciale e marketing della Juventus, intervistato da P. Po., in La Juve allenerà i suoi giovani

tifosi, Il Sole 24 Ore, 26 aprile 2004.338 Sul sito di e-commerce della Juventus è possibile acquistare non solo la collezione tecnica attuale, ma si possono ancheordinare caffè e profumi, per attirare più consumatrici. Infatti le juventine sono il 36% per cento dei tifosi, una particolaritàche la società bianconera vorrebbe sfruttare.339 La Juventus ha conquistato, per tre anni consecutivi, lo “Scudetto della Solidarietà” assegnato dal settimanale VITA non

profit magazine alla società che maggiormente si sia distinta nel campo della solidarietà per programmazione, generosità eprogetti strutturati.340 Due gli obiettivi perseguiti: la solidarietà, attraverso la realizzazione, a fianco delle Missioni Don Bosco, di un Centrodi Accoglienza per extracomunitari minorenni; la formazione, e infatti in collaborazione con la Facoltà di Economiadell’Università di Torino, la Juventus ha definito un percorso di formazione per indirizzare i giovani allo studio delmanagement dello sport, unire le competenze di docenti e professionisti del settore e favorire ricerche sulla gestione delleorganizzazioni sportive. Sono state anche istituite 10 borse di studio alla memoria di Giovanni Alberto Agnelli.341 In collaborazione con l’Associazione Gruppi di Volontariato Vincenziano, creato per ospitare mamme in difficoltà.342 Attraverso il finanziamento di un servizio di trasporto privato che collega direttamente la città di Torino con la sededell’Istituto per la ricerca e la cura del cancro di Candiolo.

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l’attività svolta dalla Squadra nel corso della settimana e non solo in occasionedelle manifestazioni sportive ufficiali” rappresenta il terzo obiettivo che il mana-gement della società torinese si è prefisso.

Si tratta soprattutto di investimenti che diano “consistenza” all’attivo dello sta-to patrimoniale, fino ad oggi troppo intangible perché rappresentato quasi esclu-sivamente dai diritti alle prestazioni sportive dei calciatori343. La Juventus ha datempo messo in cantiere due opere principali:

• La ristrutturazione dello stadio Delle Alpi;• La costruzione di “Mondo Juve”;Dell’opportunità per le squadre italiane di provvedere alla costruzione in pro-

prio dello stadio, o all’acquisizione della gestione per lunghi periodi di tempo si ègià parlato in precedenza344. Il 15 luglio 2003, la Juventus ha firmato con il Co-mune di Torino l’atto notarile di acquisizione del diritto di superficie sullo StadioDelle Alpi e sulle aree adiacenti per 99 anni e rinnovabile alla scadenza.

Grazie a questo accordo la società potrà provvedere alla ristrutturazione dellostadio. Ciò consentirà non solo una migliore visibilità del gioco ed una più ade-guata accoglienza, ma anche finalmente lo sviluppo, all’interno dell’impiantostesso, di attività commerciali connesse a quelle sportivo/calcistiche. Ma il pro-getto non si limita a questo: la società ha ottenuto anche il diritto di realizzare al-l’esterno altre attrezzature di varia natura345.

Dal punto di vista architettonico il nuovo stadio si ispirerà al St. James Park diNewcastle, e avrà una struttura semplice, comoda e sicura346. Disposto su dueanelli, il nuovo stadio vedrà diminuire i posti dagli attuali 69 mila a 32 - 38 milaunità347, con una copertura leggera per proteggere gli spettatori dalla pioggia. Il“catino”, nell’ipotesi più costosa, potrebbe sfiorare i 70 milioni di euro d’investi-mento, coinvolgendo un’area complessiva di 45 mila metri quadrati. Da centro dicosto qual era, l’esoso canone di affitto era di 900 mila euro l’anno per Juve e To-rino, cui si aggiungeva il concorso al 50% nelle spese straordinarie, lo stadio di-venterà finalmente una fonte di ricavo per la Juventus.

I progetti ci sono, bisognerà ora vedere se saranno adeguati a rivitalizzare unafonte di ricavo che, come emerge dai dati a nostra disposizione, sembra quasi com-pletamente inaridita348.

343 Per una trattazione più approfondita della posta patrimoniale in parola si rimanda al paragrafo 2.2.1. del presente lavoro.344 In particolare si vedano i paragrafi 4.5.2. e 4.5.3.345 Il club potrà realizzare attività commerciali per 20.000 mq di Superficie Lorda di Pavimento, di cui 17.000 mq disuperficie netta di vendita; potrà costruire una multisala cinematografica (5.000 mq di SLP) e collocare gli uffici destinati allasede sociale (5.000 mq).346 L’esatto contrario di quanto è successo fino ad oggi con l’impianto nato per il Mondiali del 1990 e costato più del doppiodel preventivo iniziale. Costruito dall’Acqua Marcia e passato poi in gestione alla Publigest (dal 2000 competeva poi alComune), il Delle Alpi è sempre risultato un teatro freddo e inanimato, anche per colpa della pista di atletica impostadall’allora grand commis dell’atletica leggera e piemontese doc Primo Nebiolo.347 L’Amministratore delegato della Juventus, Giraudo, ha dichiarato che i vertici della società hanno ipotizzato di ridurre ilnumero di posti in seguito a un’indagine di mercato svolta. All’epoca il numero di abbonamenti medi della Juventus era infattidi 34mila unità. Cfr. V. D. G. in La Juve vuole uno stadio suo, in Il Sole 24 Ore, 1 ottobre 2002.348 È stata creata addirittura una nuova business unit nell’area commerciale, BU Stadio, che si occuperà esclusivamente dellosviluppo, della gestione commerciale e del marketing del progetto Nuovo Stadio.

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Ns. Elaborazione da dati Juventus F.C.

E tra le possibilità che uno stadio di proprietà offre, c’è quello di vendere i di-ritti sul nome dello stesso349. Da subito la Juventus ha selezionato WMGE350,agenzia americana specializzata nella ricerca di partner per la titolazione di im-pianti sportivi, leader mondiale nel suo settore, per gestire il processo globale diricerca dello sponsor per il nuovo stadio.

Per questo esso “sarà concepito non solo per rispondere al meglio alle esi-genze dello spettacolo calcistico, ma anche per diventare un efficace strumento dimarketing a disposizione del nuovo partner che sceglierà di accostare il propriobrand a quello plurititolato della Società bianconera”351.

Infine il progetto Mondo Juve. Dal mese di marzo 2001 la Juventus FootballClub S.p.A. ha acquisito il controllo della Campi di Vinovo S.p.A., società pro-prietaria di un’area a sud di Torino situata nei Comuni di Nichelino e Vinovo.

Su circa 150.000 mq dell’area sorgerà il nuovo Centro Sportivo della socie-tà bianconera, destinato a divenire sede di preparazione ed allenamento di tut-te le squadre della Società, dalla Prima Squadra alla Scuola Calcio, nonchédegli impianti e strutture collaterali e di carattere sportivo e medico-sanita-

349 A proposito dei naming rights vedi il paragrafo 4.3.5.350 Envision, una divisione di WMG, è l’agenzia di naming rights più importante al mondo, ed ha assicurato più di unmiliardo di dollari in sponsorizzazioni per squadre professionistiche e per progetti di sport ed entertainment. Recentemente,Envision ha negoziato i naming rights e la sponsorizzazione della maglia per l’Arsenal nell’accordo con Emirates Airlines. Lasocietà ha anche negoziato un record di 187 milioni di dollari per l’Atlanta Philips Arena, ed ha rappresentato i PhiladelfiaPhillies nel nominare il Citizens Bank Park, una filiale della Royal Bank of Scotland. Envision ha rappresentato molti dei piùgrandi accordi di sponsorizzazione per gli stadi e per le squadre più note al mondo, tra cui Il Toyota Center, casa degli HoustonRockets, lo Staples Center, stadio dei Los Angeles Lakers, il Savvis Center di St. Louis, il Kodak Theatre di Los Angeles ei Gaylord Entertainment Centers di Nashville.351 Comunicato stampa 22 ottobre 2004, Junventus con Wasserman Media Group Envision per i naming rights del nuovo

stadio, disponibile sul sito ufficiale della società torinese.

Ricavi da gare (mln di euro)

1 5,13 Gare Campionato

2 3,05 Gare di coppa

3 2,26 Altre Gare

4 6,71 Abbonamenti stagionali

5 0,47 Mini abbonamenti (3 gare)

Ricavi da gare (mln di euro)

(2002/2003 - 22,5)

17,6

Percentuale sui ricavi totali

(2002/2003 - 10%)

8%

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rio352. Nell’ambito del progetto è previsto lo sviluppo anche di infrastrutturededicate all’intrattenimento, al tempo libero e al commerciale353 che sfrutte-ranno la costante presenza della squadra nel corso della settimana e il collega-mento con il brand Juventus.

5.3.4. La strada verso il successo

La svolta organizzativa della Juventus, che ha introdotto il club all’ultimo ci-clo di successi e all’affermazione definitiva come marchio internazionale conso-lidato è da collocarsi a metà degli anni Novanta, e può essere associata ad un nome:Umberto Agnelli.

Il fratello dell’avvocato prese in mano le redini della società, deciso a cam-biarne la direzione gestionale. La riorganizzazione portò alla costituzione della“triade”: Antonio Giraudo, ex manager FIAT, al controllo dei conti, Roberto Bot-tega a rappresentare la continuità dello “stile Juve” e Luciano Moggi, da tutti con-siderato l’uomo più influente del calcio italiano, responsabile dell’area tecnica. Inaggiunta, un team guidato da Romy Gai cominciò ad occuparsi dell’area com-merciale, che necessitava di un grande sviluppo. L’obiettivo unico, e affatto na-scosto, era quello di tornare a primeggiare.

I risultati ottenuti sul campo sono sotto gli occhi di tutti, e da un punto di vistaeconomico-finanziario la Juventus rappresenta, comunque, la seconda potenzacalcistica mondiale, alle spalle del Manchester United. Ma c’è la possibilità di rag-giungere e superare i rivali inglesi? A nostro parere questa possibilità c’è senz’al-tro, e la strada intrapresa è quella giusta.

Ha fatto particolare scalpore l’ultimo bilancio bianconero, chiuso con un ros-so vicino ai 20 milioni euro. A nostro modo di vedere ciò non rappresenta affattoun problema. In una società come la Juventus in cui, nonostante gli sforzi profusie i progetti intrapresi, i ricavi soffrono ancora oggi la volatilità che gli viene con-ferita dai risultati sul campo, una perdita di tale entità a noi sembra un segnale po-sitivo piuttosto che negativo. Infatti, in un momento di congiuntura sfavorevole,con un mercato dei calciatori stagnante, l’uscita prematura dalla Champions nel-la passata stagione, il “misero” terzo posto dell’ultimo anno della seconda era Lip-pi e gli importanti investimenti attivati per realizzare una effettiva ed efficacediversificazione dei ricavi, un’altra squadra avrebbe realizzato un risultato moltopeggiore di quello del club bianconero.

Le prospettive per il futuro sono, a nostro parere, rosee. L’attenzione al setto-re giovanile e i progetti relativi allo stadio e a Mondo Juve rappresentano l’orien-tamento al futuro che permea la strategia della Juventus.

352 Ciò permetterà chiaramente una gestione più efficiente dell’intera attività sportiva, oltre al contenimento dei costi relativigrazie allo sfruttamento delle economie di scala.353 Sul sito della Juventus si legge che l’area destinata a tale progetto è di circa 85 mila metri quadrati di S.L.P.

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Se già i ricavi realizzati sono così elevati, se è stata intrapresa una effettiva po-litica volta alla riduzione dei costi, se ci sono possibilità di incrementare ancoragli introiti per ammontari considerevoli, il club torinese rappresenta senza dubbioun rivale pericolosissimo da cui il Manchester United dovrà guardarsi bene, nelprossimo futuro, per il primato dentro e fuori dal campo.

Fig. n. 5.12: Ricavi della Società (in milioni di euro).

Fig. n. 5.13: Profitti operativi della società (in milioni di euro).

Fig. n. 5.14: Struttura dei ricavi della società.

Fonte: Juventus F.C. Bilancio al 31/06/2004

1 Diritti Radio/Tv, telefonici

e proventi UEFA Champions League 52,9%

2 Sponsor e commerciali 25,8%

3 Altri ricavi 12,8%

4 Ricavi da gare 8,5%

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CONCLUSIONI

“Nello sport si ritrovano tutti gli aspetti del reale: l’estetica (poiché lo sportsi osserva), la tecnica (perché lo sport si apprende), il commercio (poiché sivende bene e fa vendere altrettanto bene), la politica (lo sport è l’esaltazionedel luogo, della città, e nello stesso tempo è anche il superamento delle fron-tiere), la medicina (lo sport implica l’esercizio del corpo), il diritto (senza l’u-niversalità delle regole la competizione non è più possibile), la religione (losport vi trova le sue origini, ma si presenta anche – almeno si dice – come unareligione dei tempi moderni).”

Bernard Jeu, Le sport, la mort, la violence.

All’inizio del nostro lavoro ci eravamo proposti di rispondere a delle doman-de piuttosto chiare: è quello delle società di calcio un business profittevole? E, sela risposta è affermativa, è possibile individuare un modello di sviluppo di tale bu-siness? E quale è questo modello?

Mentre per la prima delle tre siamo certi di poter dare una risposta affermati-va, sulla scorta di non pochi esempi di successo riscontrati nella pratica, per le al-tre due non esiste a nostro parere una risposta univoca.

Quello di cui ci si è resi conto attraverso i continui raffronti con le esperienzeestere, e che speriamo di aver comunicato anche a chi legge, è che effettivamente“nello sport si ritrovano tutti gli aspetti del reale”, ma non solo. Per quanto ci ri-guarda, il mondo dello sport e quello del calcio in particolare, vista la complessi-tà dallo stesso raggiunto, rispecchiano in pieno, al loro interno, le caratteristichedell’ambiente in cui sono collocati.

Come negare che il futbòl bailado, che caratterizza il gioco di tutte le nazionalibrasiliane da quando il calcio è calcio, sia il riflesso dell’approccio alla vita del po-polo sudamericano, tutto samba e saudade? E come si spiega l’enorme giro d’affa-ri, costantemente in attivo, generato da coloro che il football lo hanno inventato, senon con la cultura orientata all’efficienza, alla sana competizione e al profitto chehanno fatto dell’Inghilterra la patria delle dottrine economiche capitaliste? E il fe-nomeno ultrà italiano, neanche lontanamente paragonabile al tifo nel resto del mon-do, non è forse la rappresentazione del tipico orgoglio italico, quasi religioso eossessivo e troppo spesso represso, per le nostre radici più profonde? Ciò che si vo-leva far notare attraverso questa digressione è che la crisi manifestatasi recentementenel sistema calcio italiano è una crisi strettamente collegata all’ambiente che lo cir-conda. Il sogno di poter ottenere qualcosa di grande senza troppi sforzi, aggirandole regole e prendendo scorciatoie, non è forse un leit-motiv che si ripete da un bel po’di tempo nel Belpaese?

A scanso di ulteriori equivoci vogliamo affermare con decisione che il bu-siness delle società di calcio, preso di per sé, è un business altamente profitte-vole. La Premiership Inglese né è la prova: 1.790 milioni euro di fatturatonell’ultima stagione sportiva, con un profitto operativo complessivo pari a 179milioni di euro, il 10%.

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Nel caso particolare dell’Italia c’è però bisogno di alcuni correttivi, prima peruscire dalla crisi che attanaglia la maggior parte dei nostri club e poi per costruireun business con una profittabilità sostenibile nel lungo periodo. Il primo cambia-mento, non saremo certo i primi né gli ultimi a dirlo, ma ne siamo convinti oggipiù che mai, deve avvenire a livello di mentalità e cultura calcistica, e più specifi-camente sportiva.

Tale cambiamento, perché si esca da una situazione ambigua come quella odier-na, deve permeare tutte le componenti del sistema calcio, e necessita perciò non so-lo della buona volontà degli operatori del settore, ma anche di interventi strutturalidei Governi e delle Federazioni354.

“La coesistenza del modello fondato sulle protezioni politiche o sui presidenti-paperone” infatti “inficia le virtù possibili del modello che punta a capitalizzare lapassione dei propri tifosi, trasformandola in energia positiva, anche economica” 355

ed è, quindi, deleteria per il sistema calcio nel suo complesso.Detto questo, il business delle società di calcio che decideranno di aderire al

secondo dei paradigmi sopra delineati, cioè ad un modello solo ed unicamente pro-fit-oriented, a nostro parere non può prescindere, per la sua sostenibilità nel lun-go periodo, da due fondamentali componenti:

• L’attenzione al settore giovanile, il cosiddetto vivaio;• Lo stadio di proprietà.Sono caratteristiche comuni emerse in maniera evidente dai due casi, rela-

tivi a Manchester United e Juventus, che abbiamo analizzato nell’ultima partedella nostra tesi. E su queste basi, a nostro parere, si possono costruire model-li di business calcistico di successo, tanto per le piccole quanto per le grandisquadre.

La creazione di un vivaio forte, che funzioni effettivamente da fucina di cam-pioni, o comunque di buoni giocatori, da inserire stabilmente in prima squadra,determina una serie di vantaggi non indifferenti e di diversa natura:

• L’inserimento di giocatori delle giovanili in prima squadra permette dicapitalizzare effettivamente gli investimenti fatti negli anni precedenti,visto che il costo di acquisto vero e proprio risulta nullo o decisamenteinferiore a quello che si sarebbe pagato sul mercato per lo stesso calcia-tore, già formato;

• Per le piccole squadre, la creazione di rose con una certa percentuale digiocatori provenienti dalle zone limitrofe non può che determinare unaespansione della base-tifosi e un maggiore attaccamento della stessa allasquadra. Attraverso le “bandiere”, i giocatori simbolo, essa diviene infat-ti ancora maggiormente rappresentativa dell’orgoglio di essere nati o vis-

354 In particolare in questi anni la Lega Calcio ha fatto non poche pressioni sui Governi per l’emanazione di leggi su alcuniargomenti specifici: violenza negli stadi, fisco, privatizzazione degli stadi, lotta ai falsi. Fino ad oggi gli interventi dell’Esecutivoe del Parlamento in realtà non sono mancati, ma si sono rivelati solo legati alle contingenze e mai si sono avuti, come d’altrondeè costume italiano, provvedimenti coraggiosi volti a ristrutturare l’intero sistema calcio. Sul punto cfr. P. Bottelli, La lega chiede

al Parlamento leggi su violenza, fisco, impianti e truffe, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 5, 17 – 30 marzo 2001.355 G. Falsanini, E. F. Giangreco, Le società di calcio del 2000, dal marketing alla quotazione in borsa, Rubbettino, SoveriaMannelli (CZ), 2001.

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suti in quel particolare territorio. Infine qualora i campioncini venganoceduti a società maggiori, ciò rappresenta anche una fonte di introito nonindifferente356;

• Per le grandi squadre357, oltre ai vantaggi economici derivanti dai mino-ri costi di acquisizione, vi sono quelli collegati al contenimento della vo-ce salari e stipendi358, cioè di quella che ha causato effettivamente ildissesto del sistema calcio italiano, arrivando a rappresentare, in una so-la stagione, il 125% del fatturato totale generato dai club di Serie A. Ol-tre a questo, anche nella prospettiva di una Superlega Europea359 cheriunisca i migliori club del Vecchio Continente (soprattutto in termini dibacino di tifosi e forza economica), avere una squadra con uno “zoccoloduro” rappresentato da giocatori italiani non può che rafforzare l’ammi-razione dei tifosi, italiani ma anche esteri, per una squadra che esporti an-che calcisticamente il Made in Italy e l’Italian Style, che tutto il mondoda sempre ci invidia.

Il secondo punto fondamentale è rappresentato dalla questione-stadio. L’I-talia ha in questi anni, con la candidatura a paese ospitante per gli Europei del2012, la possibilità di dare una forte spinta all’apertura dei cantieri privati. Og-gi che il core-business delle società di calcio, sicuramente di quelle medio-grandi, ma a nostro parere anche e soprattutto di quelle piccole, non deve piùessere rappresentato dallo spettacolo calcistico, ma piuttosto dall’attività dientertaiment a tutto tondo, lo stadio di proprietà diventa una necessità impel-lente. Non si vogliono ripetere qui le cose espresse sul tema durante la tratta-zione360, ma si vogliono dare alcuni numeri per focalizzare ulteriormente ladimensione del fenomeno. Il Manchester United realizza il 36% dei suoi 169 mi-lioni di sterline di ricavi, cioè circa 61 milioni di sterline (al cambio attuale piùo meno 88 milioni di euro) dal giorno partita.

356 In realtà la FIFA, attraverso il nuovo sistema dei trasferimenti, ha puntato a ridurre di un quarto il valore di mercato degliatleti. Fino ad oggi, inoltre, non sono mancati i danni alle piccole società, che si vedevano “scippare” da quelle maggiori imigliori talenti alla soglia dell’età in cui gli era permesso firmare un contratto da professionista. La sola Atalanta ha subito perquesto motivo perdite a bilancio non inferiori a 30 miliardi di vecchie lire. Con il nuovo sistema dei trasferimenti è statoprevisto il blocco totale per gli under 18, con qualche eccezione strettamente disciplinata. A proposito cfr. M. Grassani, Ilcalcio cambia strada, Il Sole 24 Ore Sport, anno 2 n. 8, 26 aprile – 11 maggio 2001 e M. Nachira, Atalanta, il vivaio rende,Il Sole 24 Ore Sport, anno 3 n. 17, 4 – 17 ottobre 2002.357 In Italia le grandi società difficilmente puntano sui prodotti del vivaio. Tuttavia l’esperienza europea ci dimostra che èpossibile: il Real Madrid ha 7 giocatori ex giovanili in rosa (e sono nomi di primo piano come Raul, Portillo, Casillas, Guti,Pavon), a cui si aggiungono altri 32 giocatori usciti dalla cantera madridista e che adesso giocano in altre squadre della Liga.Il Barcellona ha 10 elementi in prima squadra provenienti dal vivaio (e anche qui si tratta di nomi importanti come Xavi,Puyol, Oleguer) e l’Athletic Bilbao addirittura 15. Per questi ultimi due club la catalanità nel primo caso o l’essere baschi, nelsecondo, è motivo di distinzione ed orgoglio. Cfr. M Marani, Vivai, l’esempio estero, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 4 n. 10, 16- 29 maggio 2003.358 Sul punto cfr. anche l’opinione del presidente del settore giovanile e scolastico della FIGC, Antonio Papponetti, inun’intervista riportata da S. Massetti, Uno su 4mila andrà in A, in Il Sole 24 Ore Sport, anno 5 n. 8, giugno 2004.359 Il progetto parte dalla considerazione che mai come negli ultimi anni le prime tre squadre hanno totalizzato tanti punti incampionato. Ciò sarebbe espressione di un campionato sempre meno bilanciato. Dal punto di vista economico aziendalel’introduzione di una Super Lega Europea porterebbe maggiori ricavi ai grandi club, derivanti dalla cessione a livello mondialedei diritti Tv, dal merchandising, dallo stadio, e avvantaggerebbe anche i piccoli club, non più costretti a spese folli per cercaredi essere competitivi con i grandi. A proposito si vede U. Lago, Con la Superlega benefici per grandi e piccoli club, in Il Sole24 Ore Sport, anno 5 n. 5, 12 marzo – 8 aprile 2004.360 Vd. il paragrafo 4.5. e l’analisi dei casi ai paragrafi 5.2.4. e 5.3.3.

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La Juventus realizza l’8,5% del suo turnover complessivo (208,2 milioni dieuro), cioè circa 17 milioni di euro, attraverso gli incassi al botteghino. In que-sto secondo caso, stiamo parlando di una società che registra il tutto esaurito for-se soltanto nelle partite di cartello, che non ha attività commerciali collateraliall’interno dello stadio che possano incrementare gli introiti nel giorno partita,che sostiene dei costi elevati per il mantenimento di un impianto che ha caratte-ristiche evidentemente differenti rispetto a quelle ottimali. Eppure, se solo ilclub avesse realizzato poco meno della metà dei ricavi ottenuti dal ManchesterUnited, e tra aumento dei ricavi e risparmio dei costi la quota di 35 milioni dieuro non ci sembra poi inarrivabile, l’ultimo bilancio della società torineseavrebbe assunto tutto un altro colore.

Concludendo, il problema delle società di calcio non risiede certo nella neces-sità di danaro, perché i ricavi della serie A e del resto delle maggiori leghe Euro-pee, seppure in flessione, continuano ad essere elevatissimi.

Il problema fondamentale, dicevamo, non sono i ricavi, ma è piuttosto “to ma-nage them well”361. Piuttosto l’attenzione deve concentrarsi sul consolidare lefonti tradizionali, sponsorship, biglietteria, diritti televisivi e merchandising, e sulcercarne di nuove operando attraverso una forte diversificazione. Questo non per-ché vi sia la necessità di aumentare ulteriormente gli introiti, opportunità che co-munque ad oggi si presenta e va colta, ma per svincolare il più possibilel’andamento del fatturato dalle performance sportive della squadra, visto che “ilcalcio è un gioco, sottomesso agli dei del fato, che disprezza apertamente la logi-ca” e l’impatto della fortuna, o della sfortuna, può essere decisivo.

Aproposito, ogni tifoso di calcio ricorda l’incredibile vittoria del Manchester Uni-ted contro il Bayern di Monaco nella finale di Champions League del 1999. Lo Uni-ted segnò due goal nei minuti di recupero e vinse 2-1. L’esito della partita fece sì chepochi ricordassero che il Bayern aveva dominato la partita quasi fino alla fine. Ma ilsecondo posto comporta premi finanziari limitati e “nel brevissimo periodo in cui igiocatori dello United segnarono quei due famosi goal, il club aumentò i suoi ricavitotali per l’anno di quasi il 20%, grazie ai premi in denaro, le vendite del merchan-dising, i ricavi da diritti Tv e gli accordi di sponsorizzazione.”362

361 The Deloitte Football Richlist, March 2004.362 A.T. Kearney, Playing for profits, winning strategies for football in Europe and around the globe, 2004.

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APPENDICE

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3 anni dopo…

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6.1 Introduzione

Non è nostra intenzione riassumere, nelle poche pagine che seguiranno, tuttigli accadimenti verificatisi nel mondo del calcio dal 2005 ad oggi.

Non sarebbe sufficiente un’altra tesi, infatti, per trattare in maniera adeguatatutti i fatti che questo lasso temporale ha ospitato, e soprattutto, non sarebbe co-erente con lo scopo della trattazione.

Molto più semplicemente, il nostro proposito è di rappresentare, in maniera piùapprofondita rispetto a quanto già fatto attraverso i flash inseriti nel corpo della trat-tazione, alcuni particolari avvenimenti o questioni che hanno avuto, o potranno ave-re, un impatto notevole sul modello di business calcistico esemplificato.

Pertanto, questa breve appendice si comporrà di tre brevi sezioni.Nella prima, cercheremo di delineare alcune novità che si sono verificate nel

contesto di riferimento: ci riferiamo a “Calciopoli”, all’indagine dell’Antitrustsul calcio professionistico, al Rapporto Indipendente sullo Sport in Europa rea-lizzato dall’Unione Europea, nonché ai cambiamenti nella proprietà delle societàdi calcio, già realizzati o in tuttora in corso al momento della stesura.

In secondo luogo, l’approfondimento verterà sulle due fonti di ricavo che ri-vestono importanza predominante nel turnover derivante dal business calcistico:i diritti televisivi e lo stadio di proprietà. Infine, verrà effettuata una breve “revi-sione” dei casi aziendali (Manchester United e Juventus F.C.) presentati in sede di“prima stesura”, al fine di ri-contestualizzare i relativi modelli di business alla lu-ce delle recenti novità.

A valle di questo breve excursus trarremo, infine, delle conclusioni, che a noipiacerebbe definire “comparative”: a tre anni di distanza, infatti, l’occasione èghiotta: il modello è (ancora) valido, ovvero è già stato confutato?

6.2. Evoluzione del contesto di riferimento

Nell’arco dei tre anni che separano la redazione della tesi dalla presente pub-blicazione, il contesto in cui si trovano ad operare le società di calcio in Italia, maanche nel resto d’Europa e del mondo, ha subito notevoli scossoni.

È impossibile tralasciare, infatti, quanto accaduto in quell’estate del 2006 nelperiodo immediatamente precedente il glorioso trionfo degli azzurri nel Mondia-le Tedesco, nonché i seguenti interventi di Istituzioni tutt’altro che sportive, qua-li l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (Antitrust) Italiana e laCommissione Europea.

Questi ultimi interventi a dimostrazione ulteriore, se mai ce ne fosse stato bi-sogno, degli interessi che il calcio catalizza, a livello economico, sociale e cultu-rale oltre che sportivo363.

363 “Molto semplicemente, il calcio è uno strumento troppo utile alla comprensione del mondo perché se ne possa fare a

meno. […] Oggi il calcio è tanto importante quanto lo era quando ho iniziato il viaggio che è diventato questo libro, ma

adesso è significativo in maniera diversa.” Simon Kuper, in Calcio e potere, Isbn Edizioni, Milano, 2008.

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6.2.1. Calciopoli

“Il massacro massmediatico e di giustizia sportiva della Juve è una drammadell’intera storia italiana, perché travolge simboli ed emozioni possenti. Non è ro-betta di poco conto l’umiliazione del popolo juventino, i dieci milioni e passa diitaliani cui una bella mattina è stato sparato nel muso che la loro squadra eraun’organizzazione a delinquere. […] un segmento della storia civile del nostroPaese, anzi della sua storia incivile”364.

Giampiero Mughini

Quello che è accaduto nella “maledetta estate del 2006”365 alla Juventus, non-ché alle altre squadre coinvolte in quello che è stato definito lo scandalo più gra-ve nella storia del calcio mondiale, è stato qualcosa di inaspettato e di dirompente,ed ha determinato conseguenze pesantissime sul contesto in cui le società di cal-cio italiane si trovavano ad operare.

Non rientra nelle nostre intenzioni raccontare in maniera approfondita i pas-saggi della vicenda giudiziaria che ancora oggi, a due anni di distanza, divide gliosservatori. C’è chi parla di persecuzione giudiziaria, chi di processo farsa366 conpene modestissime, chi ancora sostiene che quanto è emerso dal processo è qual-cosa di inaudito nella storia del calcio mondiale367. Sul tema rimandiamo piutto-sto a trattazioni specifiche che a nostro modesto parere ben rappresentano losvolgimento dei fatti368.

Per quanto ci riguarda, Calciopoli è stato utile come “stress test” per il mo-dello di business da noi rappresentato nella trattazione, soprattutto per il fatto che

364 G. Mughini, in Juve Il sogno che continua, Mondadori, Milano, 2008.365 M. Pasta, M. Sironi in Juventus, il processo farsa. Inchiesta verità su Calciopoli, Guerini e Associati, Milano, 2007366 “L’inchiesta di quest’estate ha fallito nel momento in cui ha abbandonato il progetto di riforma del sistema,

addentrandosi nelle storie personali e nelle questioni degli arbitri. Il vero obiettivo doveva essere la riorganizzazione del

mondo del calcio, a partire dalle società” così l’economista Marco Vitale in un intervista di D. Barzaghi, Marco

Vitale:”Finisce l’epoca della Lega padrona”, Il Sole 24 Ore, 6 gennaio 2007.367 “Quello delle partite truccate è però tutt’altro che un fenomeno recente. Ecco di seguito alcuni esempi. [1915] Il

Manchester United, in pericolo di retrocessione, sconfigge il Liverpool per 2 a 0. Il risultato è in realtà frutto di un

accordo tra i giocatori delle due squadre, messo in piedi allo scopo di approfittare di una scommessa illecita e

guadagnare così una sommetta da mettere da parte prima dello scoppio della guerra. [1971] Il presidente dell’Herta

Berlino, già retrocesso per tentata corruzione di calciatori avversari, lancia una crociata per provare quanto la

corruzione e l’abitudine di truccare le partite riguardino tutta la Bundesliga. Alla fine risultano implicati almeno i due

terzi dei club, e cinquanta tra giocatori, allenatori e presidenti vengono radiati a vita. [1994] L’anno dopo aver

conquistato la Champions League, il Marsiglia rimane coinvolto in uno scandalo di corruzione e partite truccate, e viene

retrocesso. [1996] I risultati ridicoli dell’ultima giornata del campionato polacco comportano la penalizzazione sia del

Legia Warsaw che dell’LKS Lodz, già colpevoli di avere truccato degli incontri tre anni prima. [2000] Si scopre che il

presidente dell’AS Roma ha regalato un orologio Rolex del valore di 20.000 dollari a ciascun arbitro della Serie A. [2002]

In Romania viene fuori che per una decina d’anni una dozzina di squadre hanno dato vita a una specie di cartello,

assicurando delle vittorie interne a quante fra di esse si fossero trovate a rischio retrocessione. In Grecia dei nastri fatti

ascoltare durante uno show radiofonico rivelano un giro di partite truccate in cui sono coinvolti arbitri, presidenti e

dirigenti, senza che però alcun provvedimento venga preso. [2004-2006] Investigazioni e processi riguardanti partite

truccate hanno luogo in Italia, Portogallo, Grecia, Repubblica Ceca, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia, Russia e Germania.

[2005] In Brasile l’Escabdalo do Apito vede l’arbitro FIFA Edilson Pereira de Carvalho responsabile di almeno undici

incontri (successivamente rigiocati) truccati per conto di un’organizzazione di scommesse clandestine.” Cfr. C. Brazier, Calcio,Apogeo, Milano 2007.368 Per esempio M. Pasta, M. Sironi op.cit.

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una delle società da noi selezionata per lo studio dei casi, portata come esempiodi modello virtuoso, è appunto quella Juventus che ha subito la maggiore pena-lizzazione da parte dei Giudici Sportivi369.

Più avanti, quando riprenderemo i business case, ci soffermeremo sugli ef-fetti economici che la società torinese ha subito a seguito delle sentenze, perverificare:

• gli impatti che il materializzarsi di rischi idiosincratici, come il rischio di re-trocessione o quello derivante da verifiche fiscali e procedimenti giudiziari esportivi370, hanno determinato su una società, per di più quotata;

• la capacità della società di far fronte, sulla base del modello di business adot-tato, ad un evento imprevisto di tale portata.

Oltre a questo, è utile soffermarsi brevemente sui fatti di Calciopoli in quantoessi hanno evidenziato, in maniera più palese, quello che negli ultimi anni inizia-va già a manifestarsi: l’inadeguatezza della giustizia sportiva rispetto al sistemadel calcio professionistico moderno.

La sommarietà del processo, giustificata dalla necessità di emettere la senten-za “senza sospendere i campionati per la durata media di una causa ordinaria(anni), si scontra con una realtà complessa dove convivono gli investimenti deipiccoli risparmiatori in club quotati, i contratti con sponsor e tv, gli anticipi sucrediti scontati presso le banche, e magari i pedinamenti illegali di giocatori e ar-bitri371” e risulta, a due anni di distanza, evidente.

A tal proposito ci pare utile citare da una parte, quanto espresso da un giuristaestraneo alla vicenda circa lo svolgimento del processo: “È inconcepibile che nonci sia la minima garanzia per chi deve difendersi. La Juventus, in quanto so-cietà per azioni, se avesse voluto impugnare le sentenze di fronte a un giudiceordinario probabilmente avrebbe avuto ottime chance di vittoria e, di riflesso,avrebbe fatto crollare questo sistema. Da uomo di diritto se mi fosse stata sot-toposta la sentenza di calciopoli in sede di Corte Costituzionale l’avrei defini-ta del tutto sbagliata”372; dall’altra riportare quanto esternato da alcuni deigiudici della Corte Federale circa il criterio utilizzato per l’elaborazione dellesentenze:“abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo, abbiamoascoltato la gente comune e provato a metterci sulla lunghezza d’onda”373 non-ché riguardo la sentenza stessa: “Non c’erano prove. Andrebbe forse letta be-

369 Le sentenze del 15 luglio erano le seguenti: Lazio e Fiorentina in B, rispettivamente con 7 e 12 punti di penalità; Milanin A con 15 punti di penalità e, in forza di una penalizzazione di 44 punti per la stagione appena conclusa, privato del dirittodi partecipazione alla Champions League; Juve in B con 30 punti di penalizzazione, revoca dello scudetto conquistato nel2005, non assegnazione di quello vinto da poche settimane e ottantamila euro di multa. Il 26 luglio la Corte Federale riducesensibilmente le pene di tutti ad eccezione di quelle previste per la Juventus: Milan in Serie A con 8 punti di penalizzazioneper la stagione 2006/07; per effetto della riduzione della pena (30 punti di penalizzazione per la stagione appena conclusa), lasquadra, retrocessa al quarto posto, potrà partecipare alla Champions League; Fiorentina e Lazio in Serie A con penalizzazione,rispettivamente, di 19 e 11 punti; Carraro: commutazione della squalifica in una semplice multa, arbitri: tutti assolti (il solo deSantis viene condannato, per partite che non riguardano la Juventus); Juventus: Serie B con 17 punti di penalizzazione.370 Cfr. nella trattazione il par 3.2. e più specificamente il punto 3.2.3. e 3.2.6.371 G.Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo. Il pallone da Rocco ad Abramovich, Il Saggiatore, Milano, 2007.372 Il prof. Antonio Baldassarre, ex presidente della Corte Costituzionale, in un intervista rilasciata a Tuttosport, il 4 ottobre 2006.373 Citazione del giudice Mario Serio, così riportata in M. Pasta, M. Sironi in Juventus, il processo farsa. Inchiesta verità su

Calciopoli, Guerini e Associati, Milano, 2007.

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ne e riconsiderata tutta la sentenza. Pur non essendoci prove di vicende chepossano motivare la violazione dell’articolo 6 (illecito sportivo n.d.r.), tutta-via c’erano avvenimenti che non ci hanno lasciato tranquilli374. A ben vedere,quindi, appare necessario che le federazioni investano maggiormente negli or-gani della giustizia, restituendo serietà ed indipendenza ai procedimenti spor-tivi375. Il calcio, infatti, possiede una forza mediatica dirompente che richiedeun’altrettanto poderoso sistema di garanzie376 e l’eco di avvenimenti comequelli raccontati straripa gli argini dello sport e influenza non solo l’econo-mia377, ma anche la società.

Dal punto di vista economico, in particolare, la Serie A ha subito una riduzio-ne dei ricavi pari a 259 milioni di euro nella stagione 2006/2007378, quella imme-diatamente successiva a Calciopoli.

Gli abbonamenti agli stadi hanno accusato un calo del 17,5% rispetto al Cam-pionato precedente, gli spettatori paganti, già nelle prime 13 giornate, erano di-minuiti del 10% e il valore dei contratti Pay Tv della Serie A era sceso del 14,8%a fronte dell’incremento del 52% di quelli di Serie B379.

374 Intervista rilasciata dall’ex presidente della Corte Federale Piero Sandulli il 23 ottobre 2006 al giornalista sportivo FabioRavezzani sull’emittente Antenna 3, riportata dal M. Pasta e M. Sironi, op. cit.375 Sul punto cfr. G.Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo. Il pallone da Rocco ad Abramovich, Il Saggiatore, Milano, 2007376 “Per il calcio ci vogliono autorità indipendenti e autorevoli, più regole chiare e governance, come nell’economia”cosìAlessandro Profumo, AD di Unicredit. G. Dragoni, FIFA, il bilancio da record di Blatter, Il Sole 24 Ore, 29 maggio 2007377 Fonte: News 24, 31/05/2007, disponibile su www.ilsole24ore.com. 378Circa l’influenza del calcio sulla società si sono espressi in situazioni diverse più autori: “Avviene che nel gran baccano

mass mediatico fatto di titoli a effetto e di brani di conversazioni scandalose acciuffate nelle intercettazioni, ci si mettano di

mezzo professionisti della politica ad amplificare il tutto e a dargli una legittimazione di verità. Avviene che le dichiarazioni

di chi presiede al bene della società italiana si impastino alle urla risentite dei bar dello sport frequentati dai tifosi delle

squadre che la Juve ha messo in ginocchio nei decenni. Tra tutti i dirigenti politici della sinistra che si metteranno a chiedere

a gran voce ‘un calcio pulito’ spiccherà per ostentazione e ambizione di sé il ministro dello Sport, Giovanna Melandri, una

midinette che di calcio conosce quanto io di dialetti vietnamiti, ma che è abbastanza furba per capire quanto sia immensa in

Italia la vetrina e l’audience offerta dal Football” G. Mughini, in in Juve Il sogno che continua, Mondadori, Milano, 2008;ma anche C. Brazier: “Non appena è apparsa evidente la capacità del calcio di calamitare le passioni collettive, i politici di

ogni colore e orientamento hanno cercato in ogni modo di imbrigliarla e di piegarla ai propri fini. I pochi che non lo hanno

fatto, come Mao ai tempi della Rivoluzione culturale, o l’ayatollah Khomeini durante la prima fase della teocrazia iraniana,

hanno invece tentato di annullarla” in Calcio, Apogeo, Milano 2007 e A.Piccinini nell’introduzione al libro di S. Kuper “Nei

due capitoli aggiunti per questa edizione italiana, infine, Kuper si sofferma su due nuovi filoni del rapporto tra calcio, politica,

società: la passione per il football in tutta l’area del Medio Oriente, incendiata dal fondamentalismo islamico (secondo una

mezza legenda, Osama era un tifoso dell’Arsenal) e la voracità con la quale le tendenze del neopopulsimo politico (da

Berlusconi e ‘Forza Italia’, all’ex premier tailandese Thaksin Shinawatra attuale proprietario del Manchester City) cercano

di volgere a proprio favore i successi ottenuti nel calcio.” In Calcio e potere, Isbn Edizioni, Milano, 2008.379 I dati sono quelli forniti da Mediaset in un atto di citazione contro la Lega Calcio depositato al tribunale di Milano nelmese di gennaio 2007, con la richiesta di ridurre il prezzo dei diritti in chiaro del campionato di Serie A dopo lo scandaloCalciopoli. Mediaset riteneva che le retrocessioni e le penalizzazioni irrogate dal giudice sportivo avessero determinato laperdita di interesse del pubblico verso la Serie A. Ciò naturalmente si traduceva in una corrispondente riduzione del valore dimercato dei diritti acquisiti. Mediaset cita Lega Calcio: il valore dei diritti tv va rivisto¸ Il Sole 24Ore, 24 gennaio 2007.

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6.2.2. Indagine dell’Antitrust sul calcio professionistico

Contemporaneamente all’inchiesta di Calciopoli ed alla collegata vicenda giu-diziaria che ha coinvolto la GEA World380, anche l’Autorità Garante per la Con-correnza ha avviato un indagine sul calcio professionistico, che si è concretizzatain un documento con un “significato notevolissimo: riporta il discorso della ri-forma del mondo del pallone nella giusta ottica, quella dei problemi finanziari,societari e di gestione, per troppo tempo trascurati381”.

Il documento focalizza tre problemi in particolare:• la gestione delle risorse;• il peso delle Leghe nell’ambito federale;• il ruolo dei procuratori.Relativamente al primo punto l’Autorità, attraverso simulazioni effettuate sul-

la base dei sistemi di vendita adottati in altri Paesi europei, mette in luce come ilregime di vendita e ripartizione dei diritti televisivi esistente in Italia abbia ac-centuato gli squilibri economici, e conseguentemente sportivi382, tra i club mag-giori e quelli minori383. La vendita centralizzata dei diritti dovrebbe essereconsiderata, chiariva l’Autorità, come un’opportunità e non come un obbligo dilegge. Vedremo più avanti che, comunque, il Governo Italiano ha successivamen-te sposato le tesi dell’Antitrust legiferando in tal senso.

Sul secondo punto, invece, l’Autorità puntava il dito contro le Leghe, sogget-ti non adatti a svolgere il compito della redistribuzione delle risorse: “All’internodelle Leghe, possono verificarsi conflitti di interesse, ad esempio in capo a socie-tà i cui rappresentanti siedono negli organi delle Leghe e che, in ragione di taliincarichi, potrebbero trovarsi nella condizione di influenzare a loro vantaggio lescelte sulla ripartizione dei proventi dei diritti televisivi”. Al fine di evitare talidistorsioni, l’Autorità suggeriva che la ripartizione delle risorse fosse attribuita adun “soggetto terzo”, o quantomeno ad un organismo indipendente, che rispondaalla Federcalcio. Oltre a tali aspetti economici, l’Autorità sottolinea il peso ec-cessivo delle Leghe nella composizione ed elezione degli organi federali: “per-chè la Federazione sia posta in condizione di rappresentare effettivamente tuttigli attori del mondo del calcio, è necessario che la stessa sia effettivamente (e

380 GEA World era una potente agenzia sportiva italiana con interessi prevalenti nel calcio. Nata nel 2001 dalla fusione tra laGeneral Athletic, società fondata da Andrea Cagnotti e Francesca Tanzi (che ne detenevano ciascuno il 20%, mentre un altro20% apparteneva a Chiara Geronzi e il restante 40% era di Romafides, fiduciaria del gruppo Capitalia), e la FootballManagement di Alessandro Moggi e Franco Zagaglia. Ciascuna delle due società possedeva il 45% della GEA, mentre ilrestante 10% era di proprietà di Riccardo Calleri, figlio dell’ex presidente di Lazio e Torino.381 Così Marco Vitale in un’intervista di D. Barzaghi, Marco Vitale:”Finisce l’epoca della Lega padrona”, Il Sole 24Ore, 6 gennaio 2007.382 Sul punto si è espressa una ricerca dell’Università Bocconi di Milano, secondo la quale i dati relativi alle classifiche neidiversi campionati europei mostrano che la Serie A presenta un livellamento verso il basso: la lotta per lo scudetto è diventataesclusiva di pochi club in grado di competere con successo anche in Europa, mentre il livello medio delle squadre italiane èpiù basso rispetto a quello europeo (come testimonia anche il fatto che nessun team italiano abbia vinto la coppa UEFA negliultimi otto anni). Cfr. M.Do., Ricerca Bocconi: “Nel calcio meno equilibrio che in Europa”, Il Sole 24 Ore, 22 novembre 2007383 “L’attuale sistema, prevedendo che le società debbano versare ai fini mutualistici il 19% dei loro proventi totali, non

realizza appieno le tipiche esigenze solidaristiche che connotano il fenomeno sportivo se confrontato con i meccanismi

adottati in ambito europeo.”. Comunicato stampa del 5 gennaio 2007, n.55 relativo alla chiusura dell’Indagine conoscitiva sulsettore del Calcio professionistico. Sul punto cfr. anche il par. 4.2.3. della presente trattazione.

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non solo formalmente) sovraordinata ai singoli club ed alle loro associazionie, quindi, è altresì necessario che, nell’ambito dei suoi organi, sia garantitapari dignità a tutte le componenti del settore”.

L’aumento di importanza delle Leghe nelle Federazioni, ma anche rispettoalle Federazioni non è un fenomeno puramente italiano, anzi. È di questi gior-ni la proposta della Premier League Inglese di giocare una giornata aggiuntivadella Premiership fuori dall’Inghilterra, come opportunità commerciale per au-mentare gli introiti stagionali e la visibilità del prodotto in mercati calcistici conelevati margini di crescita384. Non sono tardate le reazioni della UEFA e dellefederazioni dei paesi che, potenzialmente, avrebbero dovuto ospitare le partiteoverseas del campionato inglese385.

Infine l’Antitrust punta la propria attenzione sul mondo dei procuratori, riba-dendo la proibizione, per gli agenti dei calciatori, di effettuare operazioni con sog-getti vincolati da legami di parentela. Inoltre, dovrebbe essere espressamenteesclusa la possibilità, per un agente, di rappresentare allenatore e calciatori ap-partenenti alla stessa squadra. Tuttavia, risulta a noi piuttosto difficile ipotizzarela perfetta applicazione di tale principio, a meno di una netta “specializzazione”degli agenti stessi. Considerato, infatti, il frequente trasferimento dei giocatori edegli allenatori tra le diverse squadre, aumentano notevolmente le possibilità di“incrocio” tra professionisti assistiti dallo stesso agente.

L’analisi dell’Antitrust, a ben vedere, rappresenta situazioni ben note nelmondo del calcio e, piuttosto che fornire nuovi strumenti per migliorare il si-stema, sembra intenda “ricordare che il calcio in Italia è anche un compartoeconomico da 5 miliardi di fatturato all’anno e che non è possibile ragionarvisolo con occhi da tifoso”386

384 Le touneè internazionali delle maggiori squadre calcistiche sono ormai una consuetudine. Cfr. Juventus announces tour

details; Chelsea to play in Russia this summer, articoli del 21 e 16 aprile 2008, disponibili su www.sportbusiness.com e L.Vinciguerra, Il Parma Calcio sbarca in Cina, Il Sole 24 Ore, 24 gennaio 2008.385 Cfr. Frank Lowy, Presidente della FFA (Football Federation of Australia): “The bottom line is, FFA rejects the notion of another

country playing a round of their domestic competition in Australia and intruding on the development of the A-League and the game

in Australia” in Australia Rules out Premier League Plans, www.sportbusiness.com, 14 febbraio 2008; Bin Hammam, Presidentedell’Asian Football Confederation: “It is my belief that is not a good idea to organise domestic leagues in other territories other

than their own. If this principle is accepted, then the FA Premier League must accept reciprocal arrangements within their own

territory” in AFC slams Premier League proposal, www.sportbusiness.com, 13 febbraio 2008; Sunil Gulati, della US SoccerFederation: “We’ve been reluctant to have official games played in the US. We understand it’s a global sport but it’s about nurturing

the home game”, in US warns against Premier league overseas expansion, www.sportbusiness.com, 12 febbraio 2008; SeppBlatter, Presidente FIFA: “It definitly does not fit in with the notion of Corporate Social Responsibility which is adopted at the 2007

FIFA Congress. Everyone needs to assume their own responsabilities. Those who think that they are the best – i.e. the Premier

League – should first and foremost demonstrate their social responsibility to others” in Blatter slams PL expansion plans,www.sportbusiness.com, 15 febbraio 2008; sul punto vd. anche FIFA to rule on Premier League plans, 11 febbraio 2008; Premier

League delays meeting with FIFA, 27 febbraio 2008; German and Spanish leagues back 39 match’ plan, 10 aprile 2008; Blatter

slams PL expansion plans, 15 febbraio 2008 disponibili su www.sportbusiness.com.386 Marco Vitale in un intervista di D. Barzaghi, Marco Vitale:”Finisce l’epoca della Lega padrona”, Il Sole 24 Ore, 6gennaio 2007.

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6.2.3. Rapporto indipendente sullo sport in Europa

Merita almeno un cenno l’iniziativa dell’Unione Europea avviata nel 2006con la creazione di una Commissione Indipendente dello Sport Europeo, segui-ta nel 2007 da un Rapporto ufficiale con precise proposte di modifica al sistemasportivo europeo, riconoscendo allo sport un ruolo importante dal punto di vi-sta sociale ed economico. L’obiettivo perseguito è quello di fornire un orienta-mento strategico, in linea con la normativa UE, che migliori la visibilità dellosport all’interno dell’Unione Europea. A tale proposito, il Commissario europeoper l’istruzione, la formazione, la cultura e la gioventù, Jan Figel, ha dichiaratoche “l’attuazione del Libro bianco può contribuire a preparare la strada versouna futura azione di sostegno dell’UE nel settore dello sport, poiché il recenteConsiglio europeo ha riaperto la possibilità di includere nel trattato una dispo-sizione sullo sport”.

Il prodotto finale è frutto di consultazioni che negli ultimi due anni hanno impe-gnato non solo le organizzazioni sportive, i comitati olimpici e le federazioni sporti-ve, ma anche gli Stati membri e i cittadini, tramite una consultazione on line partitalo scorso febbraio. Nella relazione viene esemplificato tuttavia un modello europeodi sport “profondamente radicato nella società civile”, in cui i club professionisticidovrebbero essere concretamente collegati alle proprie radici sportive.

È il modello che in questi anni riscuote sempre più consensi, per lo meno ver-bali; un modello opposto a quello che si è affermato negli ultimi anni, come purobusiness collegato all’entertainment. L’attenzione è posta, ancora una volta, sul-la ricerca di un “equilibrio concorrenziale” attraverso l’introduzione di tetti sala-riali387 e di una più equa distribuzione da parte della UEFA dei ricavi derivantidalla Champions League.

L’avversità rispetto ad iniziative del genere da parte dei club più grandi è pa-lese, ed al di là di prese di posizione verbali388, non vi sono ad oggi segnali cheportino a credere che la UEFA o l’Unione Europea siano effettivamente intenzio-nate a prendere decisioni che modifichino lo status quo389.

Lo stesso presidente dell’UEFA, Michel Platini, ha affermato che “Il Parla-mento Ue s’è già espresso nel Rapporto Belet nel marzo del 2007. In questo rap-porto si fa accenno alla dichiarazione del Consiglio Europeo di Nizza del 2000.Tale dichiarazione emanava dagli organi più rappresentativi della volontà demo-

387 Sul punto si è espressa anche l’ex Ministro dello Sport G. Melandri “Siamo all’opera per riformare gli sport professionistici

ed in questa cornice il calcio italiano ed europeo possono trovare un nuovo equilibrio adottando modelli come il ‘Salary Cap’della

NBA […] un limite all’interno del quale ogni società mantiene la propria totale autonomia. Anche in Europa e in Italia bisogna

andare in questa direzione”. Fonte: articolo de La Stampa, riportato da www.goal.com. Cfr. anche M. Do., Civiltà Cattolica:

“Fissare un tetto agli stipendi dei calciatori”, in Il Sole 24 Ore, 18 febbraio 2008 e il paragrafo 1.4.4. della presente trattazione.388 “I valori difesi dal calcio sono un potente fattore di integrazione sociale e di educazione civica. La lotta contro la

violenza, contro il razzismo e le discriminazioni, la lotta contro il doping a favore del fair play, collocano il nostro sport

all’avanguardia degli sforzi per creare una coscienza europea radiosa. Tuttavia c’è una grave minaccia per il calcio europeo:

la nefasta onnipresenza del denaro. Nel nostro mondo l’obiettivo principale è sempre stato vincere trofei. Oggi, per la prima

volta, corriamo il rischio di avventurarci in un’era in cui soltanto il profitto finanziario consente di misurare i successi

sportivi” Così Michel Platini, presidente UEFA, in una lettera inviata ai Capi di Stato e di Governo Europei, La Gazzetta delloSport, 19 settembre 2007.389 Sul punto cfr. C. Brazier, Calcio, Apogeo, Milano 2007.

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cratica europea ed è rimasta lettera morta. Non è stata neanche ripresa nel pococonvincente Libro Bianco prodotto dalla Commissione a luglio”.

Non è stata infatti riconosciuta allo sport la più volte invocata “specificità”,e recentemente il Parlamento Europeo si è opposto alla proposta della FIFA cir-ca la reintroduzione del limite di giocatori stranieri da schierare in campo390,che a nostro parere potrebbe rappresentare un decisivo supporto ai vivai na-zionali391 nonché un ostacolo allo sradicamento di giocatori giovanissimi daipaesi più poveri392.

6.2.4. Cambiamenti negli assetti proprietari

“Durante la trattativa di rilevazione acquistammo la Weetabix per incremen-tare gli utili. Potremmo dire che chiunque mangiasse Weetabix stesse risarcendoil nostro acquisto. Si tratta solo di affari. Lo stesso vale per il Liverpool: gli in-troiti provengono da ogni fonte possibile, e vengono spesi in ogni modo possibi-le. E se alla fine rimangono dei soldi, allora c’è profitto”.

Tom Hicks, proprietario del Liverpool FC393

Negli ultimi anni si è verificato, soprattutto in Inghilterra, un consistente au-mento dell’interesse di alcuni investitori rispetto alle società calcistiche, con con-seguenti takeover anche di elevato profilo.

Dopo che il sesto club d’oltremanica394 nel novembre 2006 fu acquisito da pro-prietari stranieri, il CEO della Premier League, Richard Scudamore, ebbe a nota-re che la Premiership ha “un approccio cosmopolita ai giocatori ed un approcciocosmopolita alla proprietà”395.

Sulla base delle informazioni disponibili, riassunte nella tabella 1, in tutti i ca-si, tranne che per il Manchester United acquistato da Malcolm Glazer, in tali ac-quisizioni il prezzo pagato per i club è stato inferiore ai 200 milioni di euro, e gliaccordi più recenti sono stati raggiunti sulla base di valori di acquisto tra 1,5 e 2

390 European Parliament votes against player quotas, www.sportbusiness.com, 9 maggio 2008.391 “Sia il CONI, che la UEFA, che la FIFA, che le federazioni nazionali stanno spingendo affinché nelle grandi squadre cisia spazio per i giovani e per i calciatori cresciuti nei vivai. Ho fiducia e speranza in un ricambio, anche se oggi l’età mediadei calciatori si è alzata, la carriera dura molto di più e, dato che la posta in gioco è sempre molto alta, le società puntanopiù sul sicuro, specie nei casi di una partita ad eliminazione diretta in Champions League, dove non puoi permettertiesperimenti.” Così Giancarlo Abete, presidente FIGC in M.Donadio, Abete (Figc): “ il calcio italiano ha fatto tesoro dei suoierrori”, Il Sole 24 Ore, 19 febbraio 2008.392 “Un’inchiesta dell’Observer ha rivelato che un gruppo di affaristi libanesi di stanza ad Abidjan, la capitale della Costad’Avorio, un tempo dediti al contrabbando di diamanti e di legname, hanno rivolto la loro attenzione al calcio, aprendo intutto il paese una serie di scuole calcio illegali, con lo scopo di appaltare i migliori talenti a uno dei ricchi club del MedioOriente o dell’Europa. […] Mom Emmanuel, uno dei primi calciatori africani a giocare in Europa, ha affermato che almenoil 90% dei trasferimenti all’estero dei giocatori dell’Africa occidentale avviene illegalmente, e che molti di questi, alla fine,si ritrovano a far parte del mucchio sempre più consistente di rifiuti calcisitici. […] La direttrice della sezione ivoriana diSave the Children, Heather Kerr, afferma che nel paese lo sfruttamento dei giovani calciatori è una piaga in aumento […]Sepp Blatter, presidente della FIFA, nel 2006 ha dichiarato: «I principali club europei si comportano sempre più spesso daneocolonialisti, che non si preoccupano di tradizioni e culture, ma si dedicano allo stupro sociale ed economico»” DanMcDougall, Il prezzo del bel gioco è una nuova tratta degli schiavi africani, The Observer, 20 giugno 2007.393 La citazione è riportata in C. Brazier, Calcio, Apogeo, Milano 2007.394 West Ham United, e precedentemente Fulham, Chelsea, Manchester United, Portsmuth, Aston Villa. Nel 2007 all’elencosi è aggiunto anche il Liverpool.395 Deloitte, Football Money League, The reign in Spain, Febbraio 2007.

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volte il turnover annuale del club. Il prezzo pagato per l’acquisto dei Red Devilsè stato invece significativamente più alto e rappresenta circa 4,5 volte il turnovergenerato dalla squadra di Manchester, o 15 volte il profitto operativo396

Tabella 6.1: Club della Premiership con proprietari non Inglesi

Tale ondata di interesse si verifica nel momento in cui il calcio inglese ha pro-babilmente raggiunto le sue performance finanziarie migliori. In Inghilterra, cosìcome in altri paesi, i ricavi generati dall’industria del pallone sono pronti ad au-mentare ancora, soprattutto grazie alla spinta dei nuovi accordi di vendita dei di-ritti televisivi.

Per quanto riguarda poi la maggior parte dei grandi club europei, esclusi quel-li italiani, essi hanno dimostrato la capacità di incrementare stabilmente i ricaviderivanti dal giorno partita e quelli più spiccatamente commerciali, oltre a regi-strare negli ultimi anni una riduzione dei costi per i salari pagati ai calciatori. Que-sta situazione apre a nuove prospettive di profittabilità nel medio lungo periodoche, coniugate con l’immensa esposizione in termini di immagine derivante dallaproprietà di un club calcistico397, rende tali investimenti appetibili per investitoriin cerca di nuove opportunità398.

Ma perchè in Inghilterra? La Premiership era, e rimane ancora oggi, la piùgrande e la più profittevole delle maggiori leghe calcistiche mondiali. Nel

396 Deloitte, Football Money League, The reign in Spain, Febbraio 2007397 Nonché la possibilità di utilizzare le società di calcio come schermo per altre attività poco pulite: “L’idea del riciclaggio

di denaro è di immettere denaro sporco in un’attività e trarne una somma ridotta ma pulita. Questa gente è lieta di perdere

qualcosa per strada. I mercati finanziari sono uno dei metodi utilizzati e questo è ben noto. Perché non un club di calcio?

Ogni volta che qualcuno è disposto a investire un sacco di denaro, bisogna chiedersi da dove viene.” Nick Leeson, inun’intervista al quotidiano inglese The Guardian, riportata in. G.Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo. Il pallone da

Rocco ad Abramovich, Il Saggiatore, Milano, 2007.398 Recentemente il DIC (Dubai Investment Capital), ha effettuato un offerta da 400 milioni di sterline per l’acquisto del Li-verpool, rifiutata dai proprietari Tom Hicks e Gorge Gillett. Cfr. Hicks and Gillett close to financial deal, Hicks to block Liver-

pool takeover e DIC £400m bid for Liverpool rejected pubblicati su www.sportbusiness.com rispettivamente il 25 gennaio, il 29febbraio ed il 5 marzo 2008. Anche in Francia qualcosa si muove: il magnate americano Tom Barrack, ha acquisito di recente ilParis Saint Germain per 41 milioni di euro da Canal Plus. Un’operazione conclusa di concerto con la banca d’affari Morgan Stan-ley, associata a Butler Capital Partners. “È l’affare del momento, che dimostra come nel cuore dell’Europa calcistica stia pren-dendo piede una nuova generazione di imprenditori che arrivano da lontano” C. Laudisa, L’ Europa piace agli americani. EParigi scopre Barrack, La Gazzetta dello Sport, 13 aprile 2006.

Fonte: Deloitte Football Money League, February 2007

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2005/2006 i ricavi generati dalle società inglesi erano intorno ai 2 miliardi di eu-ro, ed “i ricavi complessivi dei club della Premiership dovrebbero crescere signi-ficativamente nella stagione 2007/08 quando il nuovo accordo per la cessione deidiritti televisivi dovrebbe aumentare i ricavi annuali ad oltre 2,5 miliardi di euro(+25% n.d.r.). A condizione che i club riescano a tenere sotto controllo i salari, laprofittabilità della lega sembrerebbe incrementare ulteriormente. La maggioran-za dei club della Premiership già genera profitti operativi399.

Altro vantaggio competitivo dei club inglesi, che accresce l’attrattività deglistessi nei confronti degli investitori, è rappresentato dagli stadi di proprietà.

La capacità di generare ricavi commerciali e da matchday è nettamente superiorenei club che si sono dotati per tempo di questo asset400 e rappresenta per l’investito-re una garanzia nell’ottenimento di un turnover più diversificato e meno collegato adun’unica fonte di ricavo. Inoltre, è importante sottolineare che il contesto legale e lacultura degli affari Inglese rende i club più aperti a cambiamenti di proprietà rispettoad altri paesi europei, agevolando la capacità di raggiungere l’accordo401.

Parallelamente a questi takeover, più vicini al mondo del business che dello sport,un’altro interessante elemento di novità nell’assetto proprietario dei club calcistici èrappresentato dalle crescenti iniziative dei tifosi volte a “lottare contro l’espansionedel calcio business e presevare la specificità del modello sportivo europeo”402. Se-condo Andy Smith, sociologo, “i tifosi si sentono spossessati e hanno l’impressioneche il club non abbia più bisogno di loro” ed hanno deciso, pertanto, di rimboccarsile maniche. Già all’epoca dell’acquisto del Manchester United da parte del ma-gnate americano Malcom Glazer, 3.000 tifosi si “ribellarono” e fondarono il loroclub: il FC United of Manchester403. Visionarono 900 giocatori e ne selezionaro-no 17 per rappresentare il club nella prima stagione.

Dopo esser saliti di campionato due volte, la squadra gioca oggi quello che inItalia è il campionato dilettanti. Il club si fonda, tra gli altri, sui seguenti principi;

• dirigenti eletti democraticamente dai tifosi;• mantenimento dei prezzi d’entrata bassi;• impegno dei dirigenti affinché la commercializzazione ad oltranza non sia

l’unico motore della politica aziendale.

399 Deloitte, Football Money League The reign in Spain, Febbraio 2007. Nel mese di febbraio 2008 l’Arsenal ha dichiarato unacrescita dei profitti, relativamente al semestre di riferimento, del 54%. Da 12,6 milioni di sterline dell’anno precedente, a 20milioni di sterline ante-imposte. Cfr. Arsenal and Chelsea announce half-year result, www.sportbusiness.com, 22 febbraio 2008400 In Inghilterra la maggior parte degli stadi sono di proprietà dei club, che hanno investito importi significativi negli impiantie nelle attrezzature ad essi associate (circa 3 miliardi di euro dalla stagione 1992/93). In Italia, per esempio, non è stato così ei club scontano una elevatissima dipendenza dai ricavi rivenienti dai diritti televisivi. Inter, Milan, Roma e Juventus devono il60% dei loro ricavi ai diritti televisivi e meno del 20% agli incassi derivanti dal giorno partita. Cfr. Deloitte, op. cit.401 Il tentativo di acquisto dell’A.S. Roma da parte del gruppo Moscovita NAFTA nel 2004 ne è un esempio. Al grido di “LaRoma ai Romani” si movimentarono l’allora Sindaco di Roma Walter Veltroni, Capitalia, infine Berlusconi che ottiene daVladimir Putin in persona la garanzia che “i suoi connazionali non disturberanno gli equilibri del calcio italiano”. Cfr.G.Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo. Il pallone da Rocco ad Abramovich, Il Saggiatore, Milano, 2007.402 Così Vincent Lebrou, Il futuro del calcio? Partecipativo 8 febbraio 2008, ww.cafebabel.com.403 Iniziativa simile, ma con obiettivi differenti, è stata intrapresa dai tifosi del Liverpool. Hanno recentemente inauguratol’associazione Share Liverpool FC, con l’obiettivo di rilevare la società dai due proprietari americani, Tom Hicks e GorgeGillett. A tale scopo hanno avviato una sottoscrizione e l’hanno proposta a 100.000 tifosi per riunire la “modica” cifra di 650milioni di euro. Cfr. Group proposes Liverpool FC fans “buy-out”, www.sportbusiness.com, 31 gennaio 2008.

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Il club ha già definito come linee strategiche per il futuro la costruzione di un nuo-vo stadio e la costituzione di una squadra femminile. Inoltre, mentre le marche so-vraffollano le maglie degli atleti di tutte le serie, il club rifiuta di applicare qualsiasilogo alla sua divisa.

Ancora più particolare, se vogliamo, l’iniziativa avviata da Will Brooks, ex gior-nalista sportivo, attraverso il sito myfootballclub.co.uk. I 27.000 membri hanno ac-quistato un club, l’Ebbsfeet United, militante nella quinta divisione inglese, dopoaver riunito 850 mila euro.

Il denaro dei tifosi sarà usato per ripagare i debiti e per acquistare nuovi talenti,mentre tutti gli utili saranno reinvestiti nella squadra. Ogni socio avrà il diritto di vo-tate online su tutte le decisioni importanti, dall’acquisto di nuovi giocatori alla scel-ta della squadra per una partita404.

Iniziative simili sono state riprese poi in Francia, attraverso il sito cmonclubde-foot.fr405, ed in Germania, klub-der-fans.de.

6.3. Diritti televisivi e stadio, motori della crescita

Nel corso della trattazione406 sono state identificate le principali tipologiedi ricavo che compongono il business calcistico e che, sviluppate adeguata-mente, permettono di diversificare il turnover delle società e garantire la pro-fittabilità nel lungo periodo. Se consideriamo le 20 squadre più ricche delpanorama calcistico internazionale407, i ricavi complessivi sono aumentati da1,2 miliardi di euro a 3,7 miliardi dalla stagione 1996/1997 alla stagione2006/2007, ad un tasso di crescita medio annuale del 12%. Questi club rappre-sentano il 30% del totale dei ricavi del mercato calcistico europeo e conferma-no la grande capacità del business calcistico di creare ricavi. All’interno diquesta speciale classifica, a ben vedere, la Top 10 è rimasta costante negli ulti-mi quattro anni408, aumentando il divario rispetto alle altre squadre da 1,4 mi-lioni di euro a 48,3 milioni di euro dal 2002/03 al 2005/06.

Ciò evidenzia come la partecipazione alla Champions League stia diven-tando un requisito minimo per raggiungere la Top 10, ed in molti mercati rap-presenti addirittura un requisito essenziale per entrate nella Top 20409.

Questo è dovuto ai ricavi che essa genera in termini di diritti televisivi ematchday, oltre che a tutte le possibilità derivanti dallo sfruttamento del mar-chio, che usufruisce di visibilità ed esposizione elevatissime grazie alla parte-

404 Cfr. N. Degli Innocenti, Sul Tamigi la squadra di calcio con 26 mila proprietari on line, Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2008.405 “Abbiamo sempre ammirato lo spirito dei socios spagnoli, che sono parte fondamentale nella vita dei club di calcio. Vo-

gliamo che i tifosi possano conoscere e influenzare quello che succede. Non devono essere solo spettatori” Clément Meunier,uno dei tre fondatori del progetto. Cfr. Vincent Lebrou, Il futuro del calcio? Partecipativo, 8 febbraio 2008, www.cafebabel.com406 Cfr. capitolo IV.407 Deloitte, Football Money League Gate receipts, Febbraio 2008408 Con l’eccezione della stagione 2006/2007 dove la Juventus, a seguito della retrocessione in Serie B, è stata sostituitadalla Roma.409 Soltanto tre club, Chelsea nel 2002/2003 e FC Barcelona e Liverpool nel 2003/2004, hanno raggiunto la Top 10 nelle ultimecinque edizioni della Money League, senza partecipare alla massima competizione europea. Cfr. Deloitte, Football Money

League Gate receipts, Febbraio 2008.

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cipazione alla massima competizione europea. Sono, quindi, sostanzialmentedue le fonti di ricavo che consentono il “salto di qualità” in termini di businessper le squadre di calcio, ed in questo paragrafo verrà pertanto analizzato lo sta-to dell’arte circa lo sfruttamento di:

• diritti televisivi;• stadio di proprietà.Per quanto riguarda i primi, le problematiche relative alla contrattazione ed

alla distribuzione degli stessi hanno visto, come già anticipato, sia l’interven-to dell’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato sia del GovernoItaliano, avviando una rivisitazione del nostro modello sulla linea Inglese.

Dal punto di vista dello sviluppo degli stadi di proprietà, purtroppo, non siè verificato nel calcio italiano quanto auspicato 3 anni fa nella redazione dellapresente tesi. L’investimento nella costruzione degli stadi di proprietà non èstato, infatti, neanche avviato: il finanziamento degli impianti correlato allapossibilità di ospitare i campionati europei nel 2012 è stato vanificato dall’as-segnazione degli stessi ad altri Paesi. Perciò, mentre nel resto d’Europa lo sta-dio come fonte di reddito è una realtà, in Italia rimaniamo ancora a guardare.

Conseguentemente, come vedremo più avanti, il gap tra le società Italianee quelle europee si è in questi anni ampliato. Le società inglesi, infatti, conso-lidano il proprio modello di business, coniugando lucrosi contratti televisivicon una solida diversificazione dei ricavi commerciali; i klub tedeschi, da par-te loro, a valle degli interventi realizzati per il mondiale FIFA del 2006, inizia-no a sfruttare a pieno i vantaggi derivanti dallo stadio di proprietà.

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6.3.1. Diritti Televisivi

La crescita dei ricavi complessivi è stata sostenuta anche negli ultimi anni dal-l’incremento degli introiti derivanti dai diritti di trasmissione delle partite. “I recentisviluppi tecnologici e la proliferazione delle piattaforme di sfruttamento dei diritti hadato nuova energia al mercato della trasmissione con una corrispondente spinta aicontratti domestici di trasmissione recentemente negoziati”410.

Tabella 6.2: Selezione dei contratti televisivi nelle 5 maggiori leghe europee

La Premier League rappresenta sempre la lega leader nella contrattazione deidiritti: è stato siglato un nuovo contratto di 3 anni a partire dal 2007/08 per circa4 miliardi di euro411.

In Spagna, dove la contrattazione dei diritti televisivi viene effettuata singo-larmente da ciascun club, Real Madrid e Barcellona hanno capitalizzato al massi-mo questa opportunità: entrambe le società hanno siglato lucrosi contratti conMediapro, che garantiranno alle due squadre almeno 140 milioni di euro a stagio-ne fino al 2012/2013.

In Germania, il gruppo di Kirch ha acquisito i diritti della Bundesliga per seianni a partire dal 2009/2010 per un minimo di 500 milioni di euro a stagione, cor-rispondenti ad un aumento di circa il 20% rispetto agli attuali accordi.

La League 1 francese, ha recentemente negoziato un nuovo accordo della du-rata di 4 anni a partire dalla stagione 2008/09 che porterà nelle casse dei club fran-cesi 668 milioni di euro a stagione (circa 200 milioni di euro in più l’anno rispettoagli attuali contratti).

Fonte: Deloitte Football Money League, February 2008

410 Deloitte, Football Money League Gate receipts, Febbraio 2008411 Tale nuovo contratto, combinato con le modalità di distribuzione dei proventi prevista in Inghilterra, consentirà in futuroad altre squadre della Premiership di candidarsi ad un posto tra i club più ricchi del pianeta. Deloitte, op. cit.

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Per quanto riguarda l’Italia, le tre “grandi” hanno siglato contratti importanticon Mediaset a partire dalla stagione 2007/2008, della durata di due o tre anni, dicirca 100 milioni di euro a stagione412, rappresentando un incremento decisivo ri-spetto agli attuali accordi. Tuttavia, nonostante questi contratti sosterranno i rica-vi delle tre società per i prossimi due anni, il ritorno alla contrattazione collettivaa partire dal 2010, determinerà un’erosione degli stessi nel prossimo futuro.

“Con questa riforma” affermava il ministro Melandri “si riducono le distanzetra le società più ricche e quelle più povere. Si introduce un meccanismo di valoriz-zazione complessiva del prodotto calcio italiano e si destina una quota importante dirisorse ai giovani, ai vivai e al territorio”.

L’accordo prevede infatti che il 40% delle entrate derivanti dalla contrattazionesia diviso i parti uguali tra le 20 squadre di Serie A, un 30% sia legato al bacino diutenza e il 30% ai risultati sportivi.

Parte del denaro, inoltre, dovrebbe essere destinata allo sviluppo dei settori gio-vanili dei club e delle categorie dilettantistiche, a migliorare la sicurezza infrastrut-turale degli impianti sportivi e a sostenere altre discipline sportive, attraverso una“Fondazione per la mutualità generale, dotata di piena autonomia statutaria e ge-stionale”.413

Se la Premiership, per esempio, guadagnerà complessivamente circa 1,3 mi-liardi di euro a stagione per tre anni a partire dalla stagione 2007/08, e i ricavi deisingoli club inglesi si attesteranno tra un massimo di circa 75 milioni di euro edun minimo di circa 45 milioni di euro; il ricavo complessivo generato dalla SerieA grazie ai diritti tv è stimabile intorno a 850 milioni di euro, e i conti per le gran-di sono presto fatti.

Altra novità relativa allo sfruttamento dei diritti tv nel nostro Paese, riguarda l’i-potesi dello “spezzatino”414, cioè del calcio “spalmato” su orari differenti e, proba-bilmente, su tre giorni.

È già in uso in Inghilterra ed in Spagna, ed i network italiani spingono per la rea-lizzazione anche nella penisola. In questa stagione sono state avviate delle speri-mentazioni in tal senso “per capire quali sono i livelli di gradimento, che però deveessere duplice, e considerare sia il pubblico televisivo, sia chi vede la partita allostadio. Le tv sanno molto bene che se non c’è pubblico allo stadio, l’appeal media-tico delle partite è inferiore”415.

6.3.2. Stadio di proprietà

I ricavi derivanti dalla cessione dei diritti televisivi rappresentano, come vi-sto precedentemente, una componente fondamentale del turnover delle socie-tà di calcio, ma sono una fonte fuori dal controllo diretto dei singoli club. L’area

412Deloitte, Football Money League Gate receipts, Febbraio 2008. 413Cfr. L. Veronese, Sulla riforma dei diritti tv il decreto del Governo, Il Sole 24 Ore, 9 novembre 2007. 414Così G. Ceretti, Il calcio alla nutella: si spalma a tutte le ore, ma il prodotto non cambia, Il Sole 24 Ore, 15 febbraio 2008. 415 Intervista al Presidente della FIGC Giancarlo Abete, riportata da M. Donaddio, in Abete (Figc): il calcio italiano ha fatto

tesoro dei suoi errori, Il Sole 24 Ore, 19 febbraio 2008.

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commerciale e quella relativa al matchday rappresentano pertanto i flussi di ri-cavi su cui focalizzare l’attenzione.

Particolarmente completo ci sembra, anche qui, lo studio effettuato sul tema daDeloitte e riportato nell’ultima Money League, l’edizione di febbraio 2008. Negliultimi 15 anni molti dei club più ricchi hanno portato avanti progetti di sviluppo de-gli stadi e spesso i maggiori eventi calcistici hanno svolto il ruolo di catalizzatori416.

In Inghilterra gli adeguamenti delle attrezzature hanno preceduto EURO 96 edhanno posto le fondamenta per la crescita dei ricavi dei club inglesi negli ultimi10 anni. L’equilibrato tournover da essi generato è dovuto in gran parte ai pode-rosi investimenti (circa 3,3 miliardi di euro a partire dal 1992/93) effettuato in sta-di e attrezzature correlate.

In Germania, la FIFA World Cup del 2006 ha spinto ad investire circa 1,4 mi-liardi di euro per la costruzione di 7 nuovi stadi e per l’ammodernamento di 5 strut-ture417. Il vecchio stadio dello Shalke 04, aperto nel 1972, non era più adeguatorispetto ai criteri del calcio moderno. Disponeva di soli 22 mila posti coperti, of-friva una visuale insoddisfacente del campo da gioco e poche erano le opzioni diriconversione. La nuova Veltins Arena, costruita con un investimento di 190 mi-lioni di euro418 ed inaugurata nell’Agosto del 2001, ha una capacità di 61.500 po-sti (ridotta a 54.000 per le competizioni europee), con 3.400 zone corporate e16.300 posti in piedi (convertibili in posti a sedere per le partite europee). Nellastagione successiva all’apertura del nuovo stadio, l’affluenza allo stadio è cre-sciuta del 38% (60.500 spettatori di media) e i ricavi del club derivanti dal match-day hanno raggiunto i 32 milioni di euro. Lo stadio ha ospitato la finale della UEFAChampions League del 2004 e 5 incontri della fase finale del mondiale 2006.

Un altro esempio grandioso di sfruttamento dello stadio è offerto dall’Emira-tes Stadium dell’Arsenal. Nella stagione 2006/2007 la squadra dei Gunners haspostato i propri incontri casalinghi dal vecchio Highbury al nuovo stadio419.

L’aumento dei ricavi totali è stato di 71,5 milioni di euro (pari al 37%) e lostadio, costato 640 milioni di euro, dispone di 60.400 posti, tutti a sedere, con-sentendo di soddisfare parte dell’eccesso di domanda di biglietti riscontrato ne-gli ultimi tempi ad Highbury420. La squadra di Wenger ha colmato il gap con le5 squadre più ricche che esisteva prima del trasferimento nel nuovo stadio (46milioni di euro).

416 “In Sud Africa, per il Mondiale saranno realizzati cinque nuovi impianti (il Green Point a Citta’ del Capo, il King Park

a Durban, il Mbombela a Nelspruit, il Peter Mokaba a Polokwane, il North East a Port Elizabeth) con una copertura delle

spese garantita dai 1,06 miliardi di dollari stanziati per i lavori, triplicando le previsioni del 2004. Gli altri cinque saranno

ristrutturati e i lavori piu’ grossi saranno al Soccer City di Johannesburg dove si giochera’ la finale”, S. Boldrini, Sud africa

quale mondiale ?, SportWeek, 13 ottobre 2007.417 Prima del Mondiale non più di tre club tedeschi erano riusciti ad entrare nella football richlist nello stesso anno. Nellastagione 2006/2007 invece ve ne sono quattro: Bayern Monaco, Amburgo, Shalke 04 e Werder Brema. Cfr. Deloitte, Football

Money League Gate receipts, Febbraio 2008. 418 85 milioni di euro sono stati finanziati attraverso l’emissione di obbligazioni. Fonte: Deloitte.419 Dopo alcuni anni di studio, l’Arsenal ha optato per la costruzione di un nuovo stadio piuttosto che per l’ammodernamentodel vecchio Highbury o per l’utilizzo del nuovo stadio di Wembley. La costruzione è iniziata nel febbraio 2004 e il primo matchè stato giocato nel mese di luglio 2006. 420 Nonostante l’aumento del 57% della capacità, il club riporta un eccesso di domanda, considerando l’intera stagione, di41.000 biglietti.

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Altri esempi di casi di successo sono lo stadio Da Luz del Benfica di Lisbonae il City of Manchester del Manchester City, oltre al “classico” Old Trafford delManchester United.

Tabella 6.3: Dettagli su alcuni stadi di club presenti nella Money League

Quali sono quindi i punti di forza di uno stadio sullo stile inglese? Attrezzatu-re moderne e comfort normalmente garantiscono un aumento significativo del-l’affluenza allo stadio e permettono al club di praticare aumenti di prezzo,giustificati dalla qualità del prodotto offerto.

Questi vantaggi, uniti alle attività collaterali sviluppabili negli stadi di moder-na concezione421, garantiscono un impatto considerevole sui ricavi della società.Come già esposto nel corso della trattazione422 l’obiettivo deve essere quello diun impianto polifunzionale che trasformi lo stadio in un asset che generi ricavi set-te giorni alla settimana, 365 giorni l’anno. Arsenal e F.C. Copenhagen sono dueesempi di club che hanno utilizzato l’ammodernamento dello stadio per entrate innuovi mercati. L’Arsenal ha diversificato nello sviluppo immobiliare, mentre l’FCCopenhagen ha inserito il business calcistico nell’ambito di un più ampio leisuregroup, che offre concerti, conferenze e health club.

Ma veniamo all’Italia. La mancata assegnazione degli Europei 2012 ha vi-sto sfumare lo scorso anno i finanziamenti a tassi agevolati stabiliti dal proto-collo d’intesa che era stato siglato tra Governo, società e comuni per il restyling

421 I club inglesi hanno un punto di forza nello sfruttamento della corporate hospitality, che garantisce ai club d’oltremanica unricavo medio per spettatore superiore ai competitors degli altri paesi. Nella stagione 2005/06 i club della Premiership raggiun-gevano 51 euro per spettatore di media, contro i 33 euro in Spagna, i 24 euro in Germania, i 22 euro in Italia e i 16 euro in Fran-cia. Il successo ottenuto attraverso lo sfruttamento di questo servizio, ha spinto i club inglesi ad aumentare ulteriormente gli spaziad esso dedicati: gli executive box dell’Arsenal sono aumentati dai circa 350 di Highbury ai circa 2.000 dell’Emirates Stadium;il Manchester United ha dedicato a questo servizio circa 7.900 posti. I due club, pertanto, dedicano alla corporate hospitality cir-ca il 10-15% dei propri stadi, cioè più di due volte la capacità del Liverpool. A conferma di quanto detto, il nuovo stadio di Wem-bley, ha previsto di dedicare il 20% dei posti a questo segmento (17.000 posti). Dopo la World Cup 2006, i club tedeschirappresentano i concorrenti più quotati per la leadership inglese, con un offerta consistente di posti a sedere dedicati alla corpo-

rate hospitality: Bayern Monaco con circa 3.600 posti (5,5%) e Shalke 04 con circa 3.400 posti (5,5%). Fonte: Deloitte.422 Cfr. par. 4.5.

Fonte: Deloitte Football Money League, February 2008

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di alcuni stadi italiani in vista della competizione europea. L’allora ministroGiovanna Melandri aveva assegnato a Luca Pancalli, presidente del Comitatoper l’attuazione del programma straordinario dell’impiantistica sportiva423,l’incarico di trovare una formula per rilanciare comunque gli impianti italiani.L’idea di Pancalli, si sviluppa su due assi: “da una parte, lo stanziamento adopera del governo di un finanziamento in termini di abbattimento dei costi diinteresse su un arco temporale (15-20 anni) tale da consentire percorsi di cre-dito agevolato attraverso il credito sportivo, e dall’altra l’apertura al capita-le degli stati a imprenditori privati. Il tutto con l’aggiunta di interventinormativi volti a semplificare gli iter procedurali e amministrativi e con solu-zioni ad hoc per ogni comune, in modo da dare agli imprenditori certezze sunorme e tempi”424. Abbiamo già avuto modo di affrontare, più volte, l’handi-cap che le società italiane soffrono nei confronti dei competitors europei425. Iricavi da stadio rappresentano il 10-13% dei giro d’affari dei club, troppo po-co per svincolare i risultati economici da quelli sportivi. Le società sembranoessere interessate: oltre alla Juventus, che è già partita con il progetto da 105milioni per il rilancio del Delle Alpi, ci piace segnalare l’esempio del Brescia,che ha in progetto la costruzione di un impianto che, oltre al centro sportivo po-lifunzionale, prevede 160 negozi, un ipermercato, 40 esercizi per la ristorazio-ne ed un hotel con 200 camere. Anche altre squadre pensano ad aprire i cantieri:dalle grandi (Inter e Milan426, Roma, Lazio) a quelle che aspirano a diventarlo(Sampdoria427 e Napoli428), ma anche quelle più piccole come Udinese, Ata-lanta, Palermo, Cagliari.

423 Il comitato è composto da rappresentanti di Regioni, Anci, Upi, Figc, Fip, Lega Calcio, Lega Professionisti Serie C e LegaSocietà Pallacanestro Serie A.424 Cfr. L. Zancaner, Stadi più sicuri e redditizi: pronto il piano di rilancio, 24 minuti, 23 maggio 2008.425 “Tutte le prime dieci partecipano agli ottavi di Champions League, eppure solo noi italiane non abbiamo lo stadio di proprietà

e con grande rammarico tocca constatare che siamo senza speranza. Soltanto un miracolo potrebbe cambiare questo stato, di cose

e di istituzione. Figuriamoci se i Comuni o il Coni, attuali proprietari dei nostri stadi, si fanno male da soli e rinunciano a entrate

certe di affitti fuori mercato per impianti ormai superati per comodità e opportunità commerciali. Noi e l’Inter versiamo al Comune

7,5 milioni l’anno e insieme dallo stadio arriviamo a mala pena a 50 milioni di introito. In Inghilterra, Spagna e Germania gli in-

troiti da stadio sono superiori dal 50 al 20% e lo stadio è patrimonio del club” così Galliani, commentando l’ultima Money League,

A. Capone, Italiane, lo stadio costa caro In Europa siamo meno ricchi, La Gazzetta dello Sport, 15 febbraio 2008. Sul punto cfr. an-che L. Veronese, Calcio e ricavi, lo stadio fa la differenza, Il Sole 24 Ore, 29 aprile 2008.426 “Abbiamo assolutamente bisogno di un nuovo stadio, tutto nostro. Il Manchester incassa dal suo impianto 100 milioni, noi

al massimo 25. Ma il Comune di Milano riceve in affitto 13,5 milioni l’anno e certamente non considera conveniente delibera-

re nuove concessioni. Ci vuole una legge dello Stato che rompa quest’ immobilismo” esprimono lo stesso concetto i vice presi-denti del Milan Adriano Galliani e dell’Inter Angelomario Moratti in A. Capone, Milan e Inter, la pazienza è finita “Vogliamo

uno stadio nostro”, La Gazzetta dello Sport, 25 settembre 2007.427 “Sulla vicenda nuovo stadio posso solo confermare che ci stiamo muovendo in maniera decisamente concreta. Sono moltissimi

gli aspetti che vanno valutati e curati con grande attenzione. Ma ci siamo affidati a professionisti di grande valore che stanno at-

tualmente vagliando le proposte dei possibili investitori tra cui molti fondi stranieri specializzati in impianti sportivi. È evidente e nonpotrebbe essere altrimenti che un’opera del genere debba prevedere anche un impegno per una quota minoritaria del capitale daparte della holding della famiglia Garrone[…] Sampdoria vuole dotarsi di uno stadio tutto per lei, privato. Un’area da vivere e sfrut-tare secondo le nostre sole esigenze e priorità. Un’area pienamente fruibile prima durante e anche dopo la gara”. Intervista al pre-sidente della Sampdoria Garrone, in Garrone chiede ai tifosi di sorridere sul futuro: “Rispettare certi parametri non significa

appiattire le ambizioni, sono ottimista e con me devono esserlo tutti i sampdoriani” pubblicato su www.goal.com. 428 “Le sole cose certe sono che l’impianto avrà una forma ellittica, una capienza di 65mila spettatori e una distanza di circa 3 me-

tri tra gli spalti e il campo di gioco. Nello spazio antistante l’impianto sportivo, poi, secondo le previsioni del progetto sarà costrui-

ta la struttura dedicata ai concerti e agli spettacoli: coniugare arte e calcio, insomma, è il filo conduttore per il rilancio della zona

(un tempo) militare. Tra i due impianti, invece, saranno aperti negozi, ristoranti e bar. I parcheggi, invece, occuperanno il sottosuo-

lo: ingressi ed uscite sono previsti ad ogni angolo dell’appezzamento. In quest’area, tra l’altro, potrebbe anche essere edificato un

grande albergo” F. Mandarini, Il futuro a Miano? Uno stadio all’inglese, La Gazzetta dello Sport, 25 gennaio 2007.

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6.4. Case studies

Per concludere questo “aggiornamento”, vogliamo brevemente riportare di se-guito la situazione delle due società che 3 anni fa abbiamo selezionato come casidi studio. Sono cambiate molte cose, abbiamo visto, e ci sembra una buona occa-sione, come anticipavamo, per vedere quanto erano stati lungimiranti i gruppi di-rigenti delle due squadre, in un ambiente in cui troppo spesso vengono effettuatescelte “tattiche” piuttosto che “strategiche”.

6.4.1. Manchester United

Nelle ultime due money league il Manchester United si è classificato prima quar-to (2005/2006) e poi secondo (2006/2007) sempre alle spalle di club spagnoli.

In particolare, nell’ultima stagione per i quali sono disponibili dati il Manche-ster United è riuscito a sorprendere anche gli stessi analisti di Deloitte.

La squadra di Sir Alex Ferguson, ancora saldo al comando della società anchea seguito dell’acquisto da parte del magnate americano Glazer429, è riuscita nellastagione 2006/07 a conquistare la vittoria del campionato (non succedeva dal2002/03), la finale di FA Cup ed ha raggiunto le semifinali della UEFA ChampionsLeague (mancava l’appuntamento dalla stagione 2001/02). Le buone prestazioni sulcampo hanno avuto un effetto trainante sui ricavi dei Red Devils che sono saliti del30% raggiungendo la straordinaria cifra di 315,2 milioni di euro430.

Un altro fattore determinante è stato il completamento dei lavori relativi al-l’Old Trafford, che hanno aggiunto 8.000 posti a sedere portando la capacità com-plessiva dello stadio di Manchester oltre 76.000 e rendendolo lo stadio più granded’Inghilterra con un costo stimato in circa 65 milioni di euro.

I dati di affluenza confermano la grande affezione del pubblico, collocando lasocietà al primo posto in termini di presenze allo stadio in Europa con una mediadi 75.800 spettatori alle partite casalinghe.

Le numerose partite giocate tra le mura domestiche, 29 nella stagione2006/2007, hanno garantito un ulteriore record: con 137,5 milioni di euro di rica-vi da matchday il Manchester United è la squadra di calcio che ricava di più daquesta particolare fonte di introito431.

Anche i diritti televisivi sono cresciuti considerevolmente (+38% a 91,3 mi-lioni di euro), grazie soprattutto alla partecipazione alla UEFA Champions Lea-gue che ha contribuito per 31,5 milioni di euro432.

429 “Glazer è cittadino statunitense. Figlio di emigranti lituani, ha costruito la sua fortuna sui centri commerciali e sui junk

bond (le obbligazioni spazzatura che hannofatto furore a Wall Street negli anni ottanta), e si fa largamente finanziare dalle

banche e dagli hedge fund, fondi ultraspeculativi” G. Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo. Il pallone da Rocco ad

Abramovich, Il Saggiatore, Milano, 2007.430 Per la prima volta il club ha anche comunicato che i ricavi lordi, considerando anche quelli derivanti dalle partnership

commerciali con MUTV e Nike, si innalzano complessivamente a 364 milioni di euro. Fonte: Deloitte, Football Money League

Gate receipts, Febbraio 2008.431 Ogni incontro giocato in casa genera in media 4,7 milioni di euro. Cfr. Deloitte, Football Money League Gate receipts,Febbraio 2008. 432 47,6 milioni di euro sono invece relativi ai diritti della Premier League che, come già trattato, vengono venduticollettivamente e distribuiti sulla base di diversi parametri.

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Leggermente più modesto, ma comunque considerevole (+17%), è stato l’incre-mento di redditività dell’area commerciale che, grazie soprattutto al nuovo accordodi sponsorship con AIG433, marchio che succede a Vodafone sulle maglie dei Diavo-li Rossi, ha raggiunto l’importo di 86,4 milioni di euro. È evidente che il managementdella società ha continuato a camminare sulla strada corretta, consolidando un mar-chio che genera il più alto profitto operativo tra i club calcistici, nonostante i timoridei tifosi all’arrivo del nuovo proprietario434. Le basi sono solide e la forte diversifi-cazione dei ricavi consente di guardare in alto435 e di puntare di nuovo al primo po-sto nella speciale classifica della Deloitte.

Tabella 4: Ricavi Manchester United

Fonte: Deloitte Football Money League, Febbraio 2008

6.4.2. Juventus F.C.

La Juventus, pur classificandosi al 12° posto per la stagione 2006/2007 (era 3°nel 2005/06 davanti al Manchester United), mette a segno un record: è la primasquadra ad entrare nella top 20 pur giocando nel campionato di Serie B.

433 L’accordo ha portato nelle casse del Manchester United 20,9 milioni di euro, e rappresenta l’accordo più lucroso di shirt spon-

sorship in Inghilterra. L’incremento rispetto al deal precedente è di oltre il 50%. A questo accordo si sono aggiunti poi altri tresponsor “platinum”: Kumho Tires, Betfred e Hestiun. Cfr. Cfr. Deloitte, Football Money League Gate receipts, Febbraio 2008 .434 “L’operazione lascia qualche dubbio anche agli analisti: il montaggio della scalata è piuttosto complesso e fa largo uso

della leva finanziaria. Dei famosi 790 milioni l’imprenditore ne prende in prestito 265 impegnando i beni del club, fra i quali

il moderno stadi odi proprietà; altri 275 arrivano da obbligazioni garantite da beni diversi da quelli del club, mentre solo un

terzo della cifra circa è pagato in contanti.[…] Glazer è intenzionato a chiedere al suo pubblico sacrifici economici per

portare i ricavi del club da 161 a 264 milioni di sterline entro il 2010”. Cfr. G.Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo.

Il pallone da Rocco ad Abramovich, Il Saggiatore, Milano, 2007.435 Il Manchester United è stato valutato 1.800 milioni di dollari da Forbes, nella classifica dei most valuable football club,davanti al Real Madrid (1.285 milioni di dollari) e Arsenal (1.200 milioni di dollari). Cfr. Manchester United tops Forbes Rich

List, www.sportbusiness.com, 2 maggio 2008.

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Le vicende di Calciopoli hanno determinato un impatto notevole sui ricavi del-la società torinese: più di 100 milioni di euro in meno in una sola stagione436.

I “soli” 145,2 milioni di euro per la stagione 2006/07 la collocano per la primavolta fuori dalla Top 5 delle squadre più ricche del mondo da quando Deloitte hasvolto la sua prima analisi nel 1996/97.

Ma cosa ha generato, effettivamente, questa drastico ridimensionamento dellefinanze del club? Lo scandalo dell’estate del 2006 ha comportato la rinegoziazio-ne di numerosi contratti televisivi e commerciali. La riduzione del contratto conSky Italia per 14,3 milioni di euro, insieme all’assenza dalle competizioni interna-zionali, ha determinato una diminuzione dei ricavi derivanti dai diritti televisivi del43%, portandoli ad una cifra complessiva di 93 milioni di euro437. Per quanto ri-guarda l’area commerciale, la retrocessione in Serie B ha determinato una riduzio-ne complessiva del 29%, toccando i 44,5 milioni di euro438.

Nell’attesa di avviare i lavori per la ristrutturazione del Delle Alpi, la Ju-ventus sta giocando gli incontri casalinghi allo Stadio Olimpico di Torino, conuna media di 19.400 spettatori a partita. I ricavi da marchday continuano ad es-sere il tallone d’achille della squadra degli Agnelli, rappresentando solo il 5%del turnover totale pari a solo 7,7 milioni di euro. Si conferma la eccessiva di-pendenza della squadra bianconera dai diritti televisivi, e se a partire dalla sta-gione 2007/08 il club potrà beneficiare del nuovo accordo con Mediaset cheprevede una media di 109 milioni di euro a stagione, tuttavia il ritorno alla con-trattazione collettiva anche nel nostro Paese rende una necessità improrogabi-le lo sviluppo delle altre fonti di ricavo.

In particolare, la realizzazione dello stadio439, come visto anche nel paragrafo4.5. e ribadito nel paragrafo 6.3.2., rappresenta un must per competere con le al-tre grandi del panorama europeo. In questo senso vanno comunque gli accordi dilungo periodo (15 anni) conclusi recentemente con Sportfive Italia per la gestio-ne dei naming right nonché di alcuni boxes e posti VIP del nuovo stadio, che do-vrebbe essere pronto per la stagione 2011-12440.

436 Uno dei punti del ricorso al TAR, mai presentato, predisposto dai difensori della Juventus, riguardava proprio il grave esproporzionato danno economico cui la società Juventus sarebbe andata incontro a seguito della sentenza: “Si può sostenereche il danno economico complessivo che grava sulla Juventus per effetto delle sanzioni federali assommerebbe a circa 70milioni di euro se la squadra fosse mantenuta in Serie A, mentre si incrementerebbe almeno a 130 milioni di euro nel caso incui la decisione della Corte Federale fosse integralmente applicata e la squadra fosse costretta a giocare in Serie B. Èsufficiente riferirsi ai limiti legali imposti alla Commissione Europea in materia di ammende per infrazioni agli articoli 81 e82 del Trattato CE: al massimo il 10% del volume d’affari annuale di un solo esercizio,” Cfr. M. Pasta, M. Sironi in Juventus,il processo farsa. Inchiesta verità su Calciopoli, Guerini e Associati, Milano, 2007.437 “Nonostante questo, la Juventus mantiene il sesto maggiore contratto televisivo tra i 20 club più ricchi del mondo, e

percepisce da questa fonte più di qualsiasi altro club esclusi gli Italiani e gli Spagnoli.”(gli unici che mantengono lacontrattazione individuale n.d.r.) Cfr. Deloitte, Football Money League Gate receipts, Febbraio 2008. 438 L’accordo di jersey sponsorship con Olinvest è stato rinegoziato, con una riduzione di 8 milioni di euro; quello con Nikeper la fornitura dei materiali tecnici, si è ridotto di 4,5 milioni di euro. Dal 2007/08, anno del ritorno in Serie A, è statoraggiunto un nuovo accordo con New Holland Group per un importo di 33 milioni di euro. Cfr. Deloitte, Football Money

League Gate receipts, Febbraio 2008. 439 “Un progetto stadio di proprietà che, anche grazie agli accordi di naming right dovrebbe garantire ricavi per 30-35

milioni di euro all’anno a partire dal 2012” Jean Claude Blanc, amministratore delegato della Juventus FC, sembra d’accordocon la stima effettuata da noi, tre anni fa: cfr. Conclusioni. La citazione è riportata da L.Veronese in Calcio e ricavi, lo stadio

fa la differenza, Il Sole 24 Ore, 29 aprile 2008.440 L’accordo dovrebbe portare nelle casse della società un minimo di 6,5 milioni di euro l’anno. Cfr. Juventus and Sportfive

agree 15-year marketing partnership, www.sportbusiness.com, 25 marzo 2008.

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Detto questo, nonostante gli accadimenti degli ultimi anni abbiano notevol-mente ostacolato la società nella realizzazione degli obiettivi strategici identificati(calciopoli per quanto riguarda il mantenimento di un eccellente livello tecnico del-la squadra441 e la mancata assegnazione degli Europei all’Italia per l’ammoderna-mento dello stadio), le strategie adottate in passato hanno consentito alla Juventusdi rimanere tra i club più ricchi d’Europa.

Ci sembra doveroso sottolineare, in particolare, la lungimiranza del precedentemanagement in termini di gestione del vivaio. Negli ultimi due anni, post calciopoli,la Juventus ha potuto condurre campionati eccellenti pur privandosi di giocatori im-portanti (Cannavaro, Zambrotta, Vieira, Mutu, Ibrahimovic, Thuram), grazie ad unserbatoio di giovani talentuosi sparsi per l’Italia o prelevati dal vivaio.

È questa un’occasione irripetibile per puntare sui vari Marchisio, Giovinco, DeCeglie, Molinaro, Nocerino, Palladino o Criscito, affiancandoli all’esperienza deiDel Piero, dei Nedved, dei Trezeguet e dei Camoranesi per ripartire finalmente dauna squadra-vivaio liberando risorse da investire nel rafforzamento degli asset pa-trimoniali, come lo stadio di proprietà442. Soltanto seguendo questa strategia443 lasocietà potrà puntare a generare utili444, svincolando il risultato economico daisuccessi sportivi.

Tabella 5: Ricavi Juventus F.C.

441 Paragrafo 5.3.1. della presente trattazione.442 Cfr. capitolo IV del presente lavoro.443 “Credo in un modello sostenibile: il costo del lavoro non può essere l’80% del fatturato. Il Manchester è al 55%. Si tratta

quindi di sviluppare meglio i ricavi. In Italia si paga poco per il piacere del calcio, dobbiamo prezzarlo meglio. Non solo con

i biglietti, ma in tanti altri modi. Non è vero poi che spendendo tanti soldi si vincono tanti scudetti. L’ Inter non è il miglior

modello, lo sono invece il Manchester e il Lione.” dichiarazioni John Elkann riportate da P. Forcolin in John Elkann vuole una

Juve modello Manchester e Lione, La Gazzetta dello Sport, 04/07/2007.444 Nel terzo trimestre dell’ultimo esercizio la Juventus ha realizzato una perdita netta di 800.000 euro, in miglioramento rispetto ai4,5 milioni di euro dell’anno scorso. La Juventus ha confermato una previsione di perdita anche a fine esercizio, a seguitodell’aumento dei costi per la prima squadra. Cfr. Juventus announces third-quarter results, www.sportbusiness.com, 13 maggio 2008.

Fonte: Deloitte Football Money League, Febbraio 2008

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6.5. Conclusioni

Il breve viaggio è giunto alla fine. Novità ci sono state, ma in fondo è cambia-to poco, purtroppo. “Non vorrei scomodare Martin Luther King, ma anch’io dapresidente di Lega ho un sogno, e cioè che fra tre anni le società chiudano i con-ti in pareggio: incassano 100, spendono 100. Oggi di 100 che entrano 72 vannodritti i giocatori: nel giro di quattro anni gli ingaggi di Serie A sono raddoppiati,da 417 milioni di euro a 688. Abbiamo sbagliato tanto. Anch’io”.

Era il luglio 2002 e Adriano Galliani parlava così445. Ad oggi le cose non sonomolto diverse. Nel 2006 c’è stata l’occasione di cambiare qualcosa, ma il repuli-sti che ad un certo punto tutti auspicavano, in realtà non si è mai verificato.

A nostro modo di vedere, quanto avevamo concluso tre anni fa vale ancora og-gi e, se possibile, ne esce rafforzato.

Ci piace pensare che le ultime due finali cui abbiamo assistito in questa sta-gione, quella di Coppa Italia tra Roma e Inter, e quella di Champions League traManchester United e Chelsea, rappresentino simbolicamente la vittoria del mo-dello profit-oriented contro il modello del presidente mecenate, di cui abbiamoa lungo discusso.

La Roma di Rosella Sensi, ricostruita abilmente a partire dal quasi fallimentodi qualche anno fa, grazie ad un abile allenatore e ad una schiera di giovani roma-ni cresciuti nel vivaio, ha compiuto un vero e proprio capolavoro: nella stessa sta-gione si è spinta ai quarti di Champions League (miglior risultato tra le italiane,perdendo contro quel Manchester United che alzerà la coppa nella finale di Mo-sca del 21 maggio), ha lottato per il campionato fino all’ultima giornata (e non cisembra qui il caso di conteggiare i punti persi per gli errori arbitrali), riuscendo in-fine a vincere la Coppa Italia davanti al proprio pubblico (bissando il successo del-la Supercoppa Italiana ottenuto a Milano il 19 agosto del 2007) contro il “Golia”del calcio italiano, quella Inter di Massimo Moratti che ha speso circa 500 milio-ni di euro in 12 anni446.

445 Gazzetta Dello Sport, luglio 2002.446“È’ il costo sostenuto dagli azionisti dell’Inter per ricapitalizzare la squadra di calcio nei 12 anni di gestione di MassimoMoratti. Un impegno reale, tra iniezioni di capitale e anticipazioni di fondi, per ricostituire il patrimonio della società che, intutto il periodo, ha chiuso i bilanci in perdita. Sono i soldi effettivamente usciti dalle tasche degli azionisti, secondo i bilancianalizzati dal Sole 24 Ore. Senza tener conto del balletto di plusvalenze o degli scambi di calciatori che, talvolta, hannogenerato guadagni solo apparenti. […] L’Fc Internazionale era già in rosso quando Moratti la comprò, con un aumento dicapitale riservato da 30,2 miliardi di vecchie lire (15,6 milioni di euro). Era l’aprile del 1995 […]. Nell’era Moratti le perditesi sono dilatate, fino ad esplodere al record in serie A:181,5 milioni nel bilancio consolidato al 30 giugno 2006, su un valoredella produzione di 210,4 milioni. Il costo del personale è di 141,9 milioni. I debiti lordi hanno raggiunto i 385 milioni. Negli11 bilanci dal 19951/1996 al 2005/2006, l’Inter ha accumulato 661 milioni di perdite nette e ha ricevuto dai soci 476,6 milioni.Nei conti sono iscritte plusvalenze nette di 423 milioni per la cessione di calciatori. In parte, però, sono valori gonfiati dagliscambi.[…] Le ultime operazioni, nel gennaio scorso: una complessa manovra di fusioni e scissioni da cui è emerso un avanzopatrimoniale, utile anche ad assorbire — almeno sulla carta — future perdite. Per questa lunga cavalcata, di suo Moratti haspeso un po’ meno di 400 milioni. […] Alla Pirelli, sponsor dei nerazzurri (8,1 milioni nell’anno solare 2006), la presenza nellibro soci è costata un centinaio di milioni. Le perdite non sono esaurite. Gli oneri della legge salvacalcio, la svalutazione digiocatori per 319,4 milioni fatta nel bilancio 2003 ma spalmata in dieci anni (poi ridotti a 5 dalla Ue), devono essere ancoraassorbiti per 111,8 milioni,entro il bilancio al prossimo 30 giugno. A fine 2005 la società ha ceduto il marchio a se stessa, allacontrollata Inter Brand Srl, con una plusvalenza di 158 milioni indicata nel bilancio civilistico 2006, che dichiara una perditadi “soli” 31 milioni. La plusvalenza è eliminata dal bilancio consolidato, che espone la perdita vera, 181,5 milioni.” G.Dragoni, L’Inter dei record scala la classifica dei ricavi, Il Sole 24 Ore, 24 aprile 2007.

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Allo stesso modo, la squadra del magnate americano Glazer, contro il quale siera scatenata l’ira dei tifosi che lo consideravano pronto a depauperare il club in-glese447, ha compiuto il double vincendo Premiership e Champions League a dis-capito del Chelska di Mr. Abramovich448.

Diventa sempre più evidente che il calcio non è più soltanto un gioco, e chepertanto il successo dentro e fuori dal campo è fortemente condizionato dalla ca-pacità del management di pianificare e realizzare, con una azione orientata al lun-go periodo piuttosto che al successo immediato.

447 Cfr. nota 434.448 Nell’ultima semestrale, il Chelsea ha realizzato una perdita di 74,8 milioni di sterline. Arsenal and Chelsea announcehalf-year results, www.sportbusiness.com, 22 febbraio 2008.

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