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La poetica della pittura basata sullo studio diretto del modello in posa, introdotto da Caravaggio, rappresenta un punto centrale nella storia della pittura. Con questa sua pratica pittorica il pittore lombardo abbatteva due fondamenti su cui si reggeva l' arte rinascimentale: la priorità dell' invenzione, intesa come immaginazione e processo astrattivo, e quella del disegno , inteso come progetto e creazione, applicazione di regole astratte. Per Caravaggio la pittura può compiersi al di fuori di calcoli astratti, basandosi soprattutto sul dato reale (o meglio: visivo). Ma questo non significa che Caravaggio non usi alcun " artificio". Per le sue composizioni il maestro si è servito dello specchio e si è sempre molto adoperato nella "messa in posa", disponendo con cura e in maniera studiata i suoi modelli. Su questi poi agiscono l'interpretazione e la partecipazione emotiva , poiché Caravaggio di fronte al soggetto quotidiano compie sempre una trasformazione per far sembrare un evento banale un fatto straordinario e altamente drammatico. Bacco 1593, olio su tela, 85x95 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi Uno degli esempi più celebri che testimoniano questo procedimento è il Bacco degli Uffizi, dipinto da Caravaggio nel 1593-94. Egli è diverso dalle figure di divinità e dagli eroi mitologici del Rinascimento dove la figura umana è esaltata e divinizzata. Per esempio, nelle loro immagini di divinità, Michelangelo o Raffaello, per quanto diversissimi nello stile, creano un tipo di bellezza ideale, per rinviare ad una perfezione più divina che umana. In questo Bacco invece, Caravaggio non propone una bellezza olimpica, ma mostra una presenza umana, più quotidiana e più probabile. Questo Bacco assomiglia ad un ragazzo qualunque (probabilmente Mario Minniti 1 ), tutto rilassato, con lo sguardo languido, seduto a un tavolo dove c'è una terrina con frutti di stagione e una 1 Pittore siciliano, nel 1593 si trasferisce a Roma dove frequenta la bottega di Lorenzo Siciliano e dove conosce Caravaggio diventandone amico, modello, collaboratore.

studio diretto del modello Caravaggio arte rinascimentale … · 2019-03-10 · Caravaggio non dipingeva davanti al soggetto, ma usava lo specchio. Infatti, Bacco tiene il calice

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La poetica della pittura basata sullo studio diretto del modello in posa, introdottoda Caravaggio, rappresenta un punto centrale nella storia della pittura.Con questa sua pratica pittorica il pittore lombardo abbatteva due fondamenti su cui sireggeva l'arte rinascimentale: la priorità dell'invenzione, intesa come immaginazione eprocesso astrattivo, e quella del disegno, inteso come progetto e creazione,applicazione di regole astratte.

Per Caravaggio la pittura può compiersi al di fuori di calcoliastratti, basandosi soprattutto sul dato reale (o meglio: visivo). Maquesto non significa che Caravaggio non usi alcun "artificio". Per lesue composizioni il maestro si è servito dello specchio e si èsempre molto adoperato nella "messa in posa", disponendo concura e in maniera studiata i suoi modelli. Su questi poi agisconol'interpretazione e la partecipazione emotiva, poiché Caravaggiodi fronte al soggetto quotidiano compie sempreuna trasformazione per far sembrare un evento banale un fattostraordinario e altamente drammatico.

Bacco1593, olio su tela, 85x95 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi

Uno degli esempi più celebri chetestimoniano questo procedimento èil Bacco degli Uffizi, dipinto daCaravaggio nel 1593-94.Egli è diverso dalle figure di divinità edagli eroi mitologici del Rinascimentodove la figura umana è esaltata edivinizzata. Per esempio, nelle loroimmagini di divinità, Michelangelo oRaffaello, per quanto diversissimi nellostile, creano un tipo di bellezza ideale,per rinviare ad una perfezione più divinache umana. In questo Bacco invece,Caravaggio non propone una bellezzaolimpica, ma mostra una presenzaumana, più quotidiana e più probabile.Questo Bacco assomiglia ad un ragazzoqualunque (probabilmente MarioMinniti1), tutto rilassato, con lo sguardolanguido, seduto a un tavolo dove c'è unaterrina con frutti di stagione e una

1 Pittore siciliano, nel 1593 si trasferisce a Roma dove frequenta la bottega di Lorenzo Siciliano e dove conosce Caravaggiodiventandone amico, modello, collaboratore.

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caraffa di vino. È mezzo coperto da un lenzuolo, drappeggiato come una statua antica etiene in mano un calice colmo e lo porge con un gesto di offerta e una grazia ostentata.La spalla e metà del busto scoperti, la resa dell'incarnato morbido, le chiome rigoglioseincorniciate dai pampini multicolori, le guance accese dal vino, lo sguardo un po' torbidocon un sorriso appena accennato sulle labbra carnose e il dito infilato nel nodo, sonotutti dettagli che caricano la figura di sensualità e ironia.Dall'analisi del Bacco degli Uffizi di Caravaggio emergono alcuni punti fondamentalidella pittura dell'artista, ma che rappresentano anche delle novità assolute: l'arte vista come gioco, come divertimento piacevole; il gusto della teatralità, della messinscena e della regia dell'immagine; l'uso dell'artificio e dell'inganno tra realtà e apparenza.

Infatti, dietro all'apparente naturalezza c'èuna costruzione sapiente: è ilcomportamento di un regista.La prima fase di questa regia ènell'inquadratura e nella sintesi dellavisione, perché Caravaggio seleziona,sceglie, e poi costruisce la scena. Osservala realtà, sceglie un frammento, loinquadra, lo preleva dal suo contesto e poicostruisce il quadro. Elimina quello chenon serve e lascia solo l'essenziale, Infattila profondità, lo sfondo è stato eliminato,c'è solo una stesura bruna chiaroscurata,ma senza indicazioni prospettiche.Secondo diverse testimonianze e prove,Caravaggio non dipingeva davanti alsoggetto, ma usava lo specchio. Infatti,Bacco tiene il calice con la sinistra. Non èmancino, è la destra rispecchiata. Lo

specchio serve a Caravaggio per inquadrare un pezzo ritagliato di realtà, cosi ottieneuna visione più concentrata, una sintesi di realtà.In questo gioco di specchi e scambi tra vero e apparente, si intravvede già unmessaggio: il tema del contrasto tra apparenza e realtà, la realtà che si nasconde dietrole apparenze e che va svelata. Questo sembra anche un invito per lo spettatore adandare più in profondità, come per continuare questo gioco di specchi, nella ricerca dialtri significati nascosti, ad un livello più alto. Il Bacco allude a qualcos'altro. Alcunistudi recenti, hanno rivelato alcuni dei rinvii simbolici nascosti dietro il celebre dipintodegli Uffizi.Bacco è riferito a Dioniso, e secondo la filosofia neoplatonica, che collega i miti classicicon i contenuti cristiani, Dioniso per somiglianza, viene collegato a Cristo, perché ilmistero eucaristico si lega al vino, sacro a Dioniso. In tal senso l'offerta del vino da partedi Bacco allude all'offerta del sangue di Cristo. Il lenzuolo bianco allude al sudariodel Cristo Risorto. Infatti, il mito di Bacco-Dioniso è la prefigurazione mistericadel Redentore.Ma il Bacco di Caravaggio fa riferimento anche con la rappresentazionedello Sposo descritto nel Cantico dei Cantici2, immagine allegorica di Cristo e descrittocome un giovinetto (inteso come Cristo figlio di Dio), dalle "chiome ricce, negre come il

2 Il Cantico dei Cantici è un libro della Bibbia ebraica e cristiana.

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corvo". Nello stesso testo sacro si trova anche il tema dell'ubriachezza: intesa in chiavesimbolica, come ubriachezza celeste, pienezza di Dio.Anche l'aspetto ambiguo del Bacco caravaggesco trova una rispondenza: rinvia al temaneoplatonico e alchemico dell'Androgino. Indica il simbolo dell'unione dei contrari, èl'immagine della perfezione assoluta attribuita all'essenza divina. Si può notare che ilBacco porta come cintura un nastro con un vistoso fiocco nero. Il nodo in cui si infila ildito di Bacco è anche posto sull'ombelico del personaggio. L'ombelico è inteso come"onfalo del mondo", cioè il centro, e ritorna nel Cantico dei Cantici con una fraseriferita allo Sposo: "il tuo ombelico è una coppa tornita dove non manca mai il vino".

I Bari1594, olio su tela, 90x112 cm, Fort Worth - Texas USA, Kimbell Art Museum

Nell’immagine sopra è riprodotta la tela conservata in Texas

Alcuni documenti dell’epoca riportano che Caravaggio dipinse i bari in due copie nel1594 circa, quando aveva 24 anni. Con il ritrovamento nel 1999, da parte di Sir DenisMahon, della tela mancante, è confermata la fonte storica ed è quindi certo cheMichelangelo dipinse due quadri dello stesso soggetto. Tra i due dipinti sono presentidelle differenze che fanno dell’opera conservata in Texas la migliore rispetto a quellaritrovata da Sir Mahon pertanto si ritiene sia stata la prima tela, tra le due, ad esseredipinta. Nella tela del Texas è evidente un maggior effetto teatrale dovuto all’utilizzopiù efficace della luce che lascia in ombra una parte maggiore dello sfondo. I bariebbero una vasta eco nel mondo pittorico romano, ne sono testimonianza le numerosecopie (se ne conoscono circa venti) dipinte dai pittori minori dell’epoca. Il quadro mettein scena la truffa. Un giovane ingenuo sta giocando a carte con un suo coetaneo il qualein combutta con un suo compare (più anziano) trucca il gioco delle carte. Tutti ipersonaggi sono in piedi attorno ad un tavolo ricoperto da una raffinata tovagliadamascata. La pittura è precisa e descrittiva. La piuma del baro giovane è di una

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bellezza ed eleganza notevole. L’ingenuoè vestito con una veste di velluto scuro edecorazioni nere (molto elegante neiparticolari) mentre i bari hanno vestivariopinte. Il contrasto tra le vestidell’ingenuo e quelle dei bari testimoniauna diversità di classe sociale che fapensare a questi ultimi come ladruncoliche vivono di espedienti.La parete, usata come sfondo, è colpitadal fascio di luce che proviene da unafonte posta in alto a sinistra (unafinestra).

La versione di proprietà di Sir Denis Mahon

Il dipinto ha una tensione “teatrale” che si percepisceperfettamente guardando il volto del baro anziano che è quella diun attore in scena (e ricorda l’indimenticabile Vittorio Gasman).I guanti rotti del baro più anziano gli forniscono un tratto comico (inostri clown hanno sempre qualche indumento rotto).In questa tela, forse più che in altre, si coglie tutta la potenza delCaravaggio come pittore della realtà. La resa della tensione dei due bari è sbalorditiva,tutto in loro è pronto a spiccare un balzo; gli sguardi, le orecchie (rivolte versol’osservatore) tese in ascolto, così come i muscoli. Lo sprovveduto è invecerappresentato rilassato, placido e mollemente appoggiato al tavolo. Lo sprovveduto è inprocinto di giocare la sua carta, e proprio per questo i bari sono protesi fisicamenteverso il suo corpo. Lo spazio che Caravaggio costruisce preme contro l’ingenuo. Tutto siconcentra sul truffato: il braccio del baro giovane; la spalla rivolta verso lo sprovveduto;il volto e gli occhi del baro giovane sono fissi verso il truffato; gli occhi sgranatidell’altro fissi sulle carte. In contrapposizione all’occupazione dello spazio da parte deibari l’ingenuo è rannicchiato in se stesso, non in senso difensivo ma solo per trasmettela sensazione di non essere all’altezza della situazione. Anche il livello degli occhi deibari sono in un piano superiore rispetto a quelli del soggetto truffato. Tutto nel dipintosovrasta l’ingenuo. Questoparticolare è segno di genialitàcompositiva del Maestro il qualedisponeva indiscutibilmente diun’innata capacità di descrizionepsicologica.

Canestra di frutta1595-96, olio su tela, 31x47 cm,

Milano, Pinacoteca Ambrosiana

Il dipinto è richiesto al pittoredal cardinale Francesco MariaDel Monte per regalarlo alcardinale Federico Borromeo diMilano.

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Del Monte e Borromeo erano amici e condividevano la passione per la pittura el'interesse per le scienze (tra cui l'alchimia), tra i due ci sono stati molti scambiculturali.Il cardinale Federico Borromeo era un appassionato di nature morte, genere che si stavadiffondendo in quegli anni. Il cardinale possedeva una preziosa collezione con quadri difiori e nature morte di artisti famosi come il fiammingo Jean Brughel.La Canestra di Caravaggio è un capolavoro di importanza fondamentale non perché sia ilprimo, del suo genere, anzi, il genere della natura morta esisteva già ed aveva una lungatradizione alle spalle, ma perché con questo dipinto Caravaggio contravviene alle regoledella gerarchia dei generi, secondo la quale la scelta del soggetto di un dipintodetermina la qualità dell'opera, e quindi dell'artista, indipendentemente dalla fattura.Al primo posto di questa gerarchia era posta la "pittura di storia": quadri di grandidimensioni, di soggetto sacro, mitologico o storico, con molte figure a grandezzanaturale o più grandi. Seguivano le "figure intere", ad esempio santi, o personaggi sacri,uomini illustri, ecc.Anche le dimensioni dei dipinti avevano il loro peso: il "ritratto a figura intera" era piùconsiderato del "ritratto a mezzo busto" o di quello con la sola "testa".Comunque si trattava di soggetti che dovevano rispondere alle regole del "decoro", cioèpose studiate e composte, ambientazioni curate e dignitose, abiti e gioielli eleganti,elementi e oggetti simbolici o allusivi a virtù e al ceto sociale.Al di sotto di questi c'erano tutti gli altri generi, considerati popolari o volgari, ai qualiappartenevano opere ritenute da poco prezzo, indipendentemente dalla qualitàartistica. Si trattava di soggetti riferiti alla quotidianità, prime tra tutte le cosiddette"scene di genere"; e infine anche le nature morte. La Canestra di Caravaggio apre unafase nuova, moderna della pittura.Caravaggio, infatti, è il primo artista cheafferma con consapevolezza che la qualità deldipinto non dipende dal soggetto scelto, madalla "manifattura" del lavoro.Osservando questo quadro possiamo notare lagrande naturalezza, c'è un effetto di cose chesembrano messe là così come sono: la melabuona, quella bacata, le foglie secche, il cestodi vimini. Oggi ammiriamo il forte naturalismo,la pienezza delle forme, i colori e la luce così"veri" che riescono quasi a farci sentire ilprofumo.Il rapporto con la realtà è uno degli aspetti piùimportanti della pittura di Caravaggio.Ma osservando con più attenzione, la completaassenza dello sfondo ci fa capire cheCaravaggio non ha esattamente ritratto dal verola scena, ma ha operato una sintesi, perconcentrare tutta la nostra attenzione sul primo piano. L'inquadratura della canestraè decentrata, come se il pittore volesse farci capire che anche le foglie secche sonoimportanti. Inoltre, la cesta è posata sull'orlo del tavolo, in bilico e non al centro, comeavviene normalmente, ciò suggerisce un senso di precarietà, transitorietà. E' quindichiaro che la canestra di Caravaggio non è semplicemente ciò che sembra, ma èun'allegoria, allude al tema religioso della Vanitas. Il concetto della natura effimeradella vita e delle cose terrene è una delle riflessioni centrali sulle quali si soffermano idue cardinali e in particolare il Borromeo.

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L'accezione religiosa di questa natura morta è evidenziata soprattutto dall'uso cheCaravaggio fa della luce, oltre che dalla stessa composizione. Il colore caldo e doratodella luce allude (riprendendo una tradizione antica, che risale all'arte bizantina)alla presenza divina. Nel quadro ogni oggetto è vivificato dalla luce divina, che sisofferma su ogni cosa e crea questi magnifici effetti: riflessi, trasparenze, bagliori...Inoltre la luce pervade interamente lo spazio, la canestra occupa solo metà quadro.La metà superiore del quadro è tutta occupata da questo colore giallo oro: allusionealla presenza di Dio e alla salvezza nella vita eterna. E' il mondo del trascendente,regno dello spirito che si contrappone alla natura terrena delle cose. Anche glistessi frutti non sono stati scelti a caso, sono frutti simbolici riferiti a testi sacri comeil Cantico dei Cantici e ad altre fonti di carattere religioso, filosofico e scientifico,molto ben conosciuti sia da Del Monte che dal Borromeo.

Vocazione di San Matteo1599, olio su tela, 322x340 cm, Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi, Cappella Contarelli

La seconda fase di attività di Caravaggio corrisponde alle sue prime esposizionipubbliche. Attraverso l'interessamento del cardinale Del Monte ottiene l'incarico didecorare la Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma.

La chiesa di San Luigi eragestita da sacerdoti francesi,che avevano a Roma un fortepeso politico, ed accoglieva ipellegrini che dalla Franciaconfluivano a Roma in occasionedell'anno santo. Si trattavaquindi di un incarico moltoprestigioso, e Caravaggio sidedica al lavoro con moltoimpegno.Secondo le testimonianze diallora, il pittore si chiuse nelsuo laboratorio a dipingeregiorno e notte, aveva allestitola scena schermando le finestrecon panni scuri, mettendo inposa i suoi modelli e facendogliindossare i costumi da lui scelti.Studiò a fondo anche la

disposizione delle luci e ritrasse le scene servendosi dello specchio.Furono chiesti a Caravaggio tre grandi dipinti:1. La Vocazione di san Matteo2. Il Martirio di san Matteo3. San Matteo e L'angelo, quest'ultima in due versioni, poiché la prima era stata

respinta dai committenti.

In questa fase si nota anche un cambiamento stilistico: agli sfondi chiari e luminosi delprimo periodo, si sostituiscono gli sfondi scuri, mentre i contrasti tra luci e ombre

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diventano più decisi, secondo alcuni studiosi, infatti, Caravaggio passa dal "periodochiaro" al "periodo scuro".Con la Vocazione di san Matteo, Caravaggio non solo sovverte le regole tradizionalidell'iconografia sacra (che celebra e mette in evidenza le virtù del santo) ma propone undipinto fino a quel momento impensabile.E' evidente la spregiudicatezza di una scena di giocatori d'azzardo destinato a unachiesa.San Matteo era un esattore delle tasse e Caravaggio lo trasferisce nella sua attualità. Aisuoi tempi i gabellieri spesso giocavano d'azzardo nelle bettole. Il tema dellavocazione è interpretato come un esempio di vita dissoluta che cambiaimprovvisamente. Perciò concentra tutto in quell'attimo: il momento culminante di unasvolta. Non si concentra sull'osservazione e la descrizione completa delle figure e dellecose in posa, perché tutto deve svolgersi in un flash, in un lampo improvviso. Ed èproprio il lampo di luce improvviso il vero protagonista del quadro. La maggior partedella scena è occupata dai giocatori, san Matteo è mescolato tra gli altri, e non siidentifica immediatamente, ma solo in un secondo momento. Cristo, che entra da destraè addirittura una citazione, una figura secondaria. Si intravvede in secondo piano,nascosto da Pietro, visto di spalle.Il violento getto luminoso che lo precede è l'attore principale. Proviene da una finestra oda una porta tagliata fuori dall'inquadratura, che s'intuisce si trovi a destra in alto. Laluce attraversa la stanza, segue la direzione del dito di Cristo e colpisce in pieno il visodi Matteo, che di rimando indica se stesso con lo stesso gesto e un'espressioneinterrogativa. E' un momento di sorpresa che interrompe il gioco, qualcuno si voltad'istinto, altri sono ancora intenti acontare i soldi. La luce fa accenderei colori vivaci dei costumi, incontrasto con la penombra dellastanza, che invece attenua enasconde.

Conversione di SanPaolo1600-01, olio su tela, 230x175 cm, Roma,Chiesa di Santa Maria del Popolo, CappellaCerasi

La grande tela (2.30×1.75 mt)propone la conversione di Paolosulla via per Damasco.Inconsueta l’ambientazione: lascena si svolge in una semplicestalla; testimoni della vicendasoprannaturale: il cavallo, cheoccupa più della metà del dipinto eun anziano palafreniere che appenas’intravede sulla destra del dipinto,dietro il collo possente deldestriero. Paolo, invece, è riverso a

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terra, poiché, come dice la Bibbia, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo ecadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?»3

L’ambientazione poverissima, come la “Vocazione di Matteo”, è scabra, spoglia tanto daparere ai suoi contemporanei perfino blasfema; invece è la luce la protagonistaprincipale del teatro della vicenda. Manifestazione della divinità, una sorta di teofanianel compiersi di semplici azioni quotidiane; è un farsi prossimo del Dio nella storia nellasemplicità. In questa tela proviene dall’alto, una sorta di folgore divina, che squarcia latenebra del paganesimo, dell’indifferente, del persecutore, del calunniatore.Quest’elemento cardine colpisce Saulo che cade; tutto è specchio di quella Fonte, ognisuperficie, il bel mantello porpora di Saulo, il mantello pezzato del cavallo, i piedi nudidell’anziano scudiero. Tutto si impressiona di quella luce, riverbera di quellapotenza. Ma non è il mero significato simbolico che impressiona, bensì l’inquietanterealismo di un corpo non ancora completamente caduto. Si scorge il moto ancora attivodelle gambe, inclinate, le braccia alzate, gli occhi accecati dalle palpebre chiuse insegno di difesa da quel bagliore.Il cavallo è in una posa singolare: l’anteriore destro è rialzato, d’istinto per noncalpestare il cavaliere caduto. Mentre il palafreniere è anch’egli accecato dalla folgoredivina che ha colpito Saulo; l’unico testimone è il cavallo con l’occhio aperto e rivolto alsuo cavaliere.Nella prima versione del dipinto, rifiutata dai committenti, la scena presentava ilSalvatore nel momento in cui chiedeva “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Mentrenella versione ultima, quella a noi giunta la presenza della divinità è ancora piùaccorata, resa nell’assenza, che ci fa percepire la fragilità di Paolo di fronte allasoprannaturale maestosità della Manifestazione celeste.

Madonna di Loreto1603-06, olio su tela, 300x203 cm, Roma, Chiesa diSant’Agostino, Cappella Cavalletti

Con un realismo rivoluzionario e provocatorioperché esternato in epoca di Controriforma,dopo aver superato la prova delle grandicommissioni pubbliche grazie al diffusoconsenso ottenuto dai dipinti della CappellaContarelli, Caravaggio matura una nuovaconcezione di quadro sacro e legittima ilcarattere popolare della devozione marianatrasponendo l'episodio dell'apparizione diLoreto.Secondo numerose fonti archeologiche,letterarie ed iconografiche, nel santuariodella città marchigiana viene praticato dalXIII° secolo il culto della Santa Casa diNazareth, dove la Madonna nacque e ricevettel'annuncio dell'Angelo. Ancora oggi a Loreto,meta di pellegrinaggio, si conserva reliquiadella Casa che secondo la leggenda fu portatadagli angeli in volo, simboleggiato nel dipintodalla postura di Maria sulle punte dei piedi.

3 Atti degli Apostoli (9, 1-22)

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La "Madonna di Loreto" (o "Madonna dei pellegrini") è protettrice del popolo incammino che si affida alla Vergine per essere accompagnato alla scoperta della propriaumanità.Vestita da popolana e col Figlio in braccio, la Madonna appare alla porta di un ruderedi fronte ai pellegrini meravigliati, inginocchiati in preghiera e ritratti coi segni delpopolo stanco e povero: l'incontro diviene rivelatore di una vicinanza estrema tra ladimensione delle cose divine e quella delle cose umane, appena separate da unpiccolo spazio fra le mani dell'uomo ed il piede del Bambino offerto allacontemplazione.La mancanza di contatto tra le figure, richiama il vuoto tra la mano vivificatrice di Dioe quella del primo uomo nella "Creazione di Adamo" della Cappella Sistina: Caravaggiorinnova la sfida al "grande stile" dell'esempio michelangiolesco parlando il linguaggiodei poveri.La rappresentazione delle vesti lacere dei pellegrini e l'evidenza dei loro piedi sporchi,estranea alla concezione di decoro, determinarono il rifiuto iniziale dell'opera da partedei sacerdoti dell'epoca che, si racconta, riconobbero, nelle sembianze di Maria, lefattezze di una donna nota in ambito ecclesiastico: Lena, cortigiana romana più voltenotata in compagnia di Michelangelo Merisi. Ma il popolo che seppe vedersi raffigurato evalorizzato nella propria essenza di semplicità - e che fece "estremo schiamazzo" unavolta a conoscenza del diniego, come riferito da Giovanni Baglione - persuaseall'accettazione dell'olio su tela, quindi collocato nella Chiesa di Sant'Agostino in Romadove rimarrà ininterrottamente sino ai giorni nostri.

Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi1609, olio su tela, 268x197 cm, opera trafugata nel 1669 dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo

L’opera fu dipinta da Caravaggio sucommissione della Compagnia deiBardigli e dei Cordiglieri di Palermo,durante il soggiorno siciliano.Al centro, una Madonna giovane eplebea, con le mani ancora appoggiate algrembo appena svuotato del suomiracolo, il capo e lo sguardo rivolti algiaciglio improvvisato dove s’allungatenerissimo il corpo del Bambino. Sulladestra San Giuseppe ci volge le spalle,colto nella sorpresa di uno scattoimprovviso, in conversazione con un(probabile) Fra Leone appoggiatostancamente al suo bastone accanto aSan Francesco orante, chiuso in unacontemplazione compresa e rapita.Sulla sinistra, speculare, San Lorenzo sichina amorevole come a saggiare più davicino il prodigio che si compie, a fiancodi un bue mansueto e sbigottito.Sormonta la scena un angelo proteso daun’oscurità indefinita, spezzata solo daun incrocio accennato di travi di legno, a

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collegare si direbbe le due dimensioni terrena eceleste col tramite della sua presenza, reca inmano un sacro cartiglio. Personaggi dai modi edalle apparenze popolani, spogliati d’ogniaureola e precipitati invece in una misura tuttamondana, terrena.Una scena semplice, semplificata, che quantopiù si svincola dalle consuetudini dei dettamiiconografici e si cala in una dimensionequotidiana, tanto più acquista sacralità.È, in effetti, una delle opere più significativedell’ultimo Caravaggio, esemplare in quantosomma, sia formale che tematica, della suastraordinaria poetica pittorica: il valore dellaluce, il primato del dato di natura, la fedeltàincrollabile al reale, la coraggiosa, inaudita peri tempi, riduzione del sacro a un quotidianoriconoscibile e accessibile, la scelta diprotagonisti popolani, spesso emarginati (leprostitute scelte come modelle per la Vergine, imendicanti coi piedi sporchi a impersonarepellegrini adoranti), la restituzione quindi diuna religiosità ancora più fervente, sincera, patita, proprio perché sentita da un animodi uomo e d’artista perennemente travagliato, contradditorio, irascibile, violento. E perquesto ancora più sublime, irresistibile nella verità della sua potenza.

Ci sono molti modi per usare violenza a una comunità, a un luogo, ai suoi abitanti. Cisono molti modi per violentare la stessa idea di civiltà. La mafia li conosce tutti.La Natività del Caravaggio venne trafugata dalla mafia, la notte tra il 17 e il 18 ottobre1969, dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, chiesa per cui era stata commissionata edipinta, e in cui trovava dimora da 360 anni. Non è mai stata ritrovata. Sappiamo cheuno dei ladri è stato Francesco Marino Mannoia, appartenente alla famiglia mafiosadei Bontade e ora "collaboratore di giustizia" o pentito.In un’udienza del 5 novembre 1996, relativa al "processo Andreotti", Mannoia raccontacome è avvenuto il furto: la tela è stata staccata dalla cornice con una lametta da barbae poi arrotolata per trasportarla meglio. Aggiunge che queste operazioni l'hanno moltorovinata e che quando l'acquirente l'ha vista si è rifiutato di acquistarla e quindi vennedistrutta perché ormai invendibile.Che la mafia possa aver fatto distruggere un Caravaggio, per quanto rovinato, pareincredibile. Del resto, notizie sul quadro riemergono di tanto in tanto nel corso deglianni seguenti, e sempre in relazione alla mafia. La notizia più clamorosa laracconta Giovanni Brusca, altro mafioso pentito come Mannoia.Brusca dice che la mafia, dopo le leggi speciali antimafia seguite alla morte di Falcone eBorsellino nel 1992, ha cercato di "trattare" con lo Stato Italiano: opere d'arte trafugate,tra cui la tela di Caravaggio, in cambio della modifica del 41bis, un articolo di legge cheimpone ai mafiosi il carcere duro, impedendo loro ogni comunicazione con l'esterno.Pochi anni fa un altro pentito, Salvatore Cangemi, ha dichiarato che il quadro è ancorain possesso della mafia, che lo "espone" durante i summit come simbolo del suo potere.

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Davide con la testa di Golia1610, olio su tela, 159x124 cm, Roma, Galleria Borghese

Il tema della testa mozzata tornòripetutamente nelle opere dipinte daCaravaggio, spesso comparendo il voltodell’artista al posto di quello del giustiziatoma, probabilmente, dopo il tragicoaccaduto, assunse un’ulteriore duplicevalenza: quella di gesto autopunitivo, inevidente corrispondenza con il desiderio diespiazione della colpa commessa, ma anchedi confessione dell’amarissima solitudine incui si trovava.In questa tela di “pentimento”, cheaccompagnava la richiesta di grazia perl'omicidio, contro uno sfondo scuro, in fortedrammaticità, Davide mostra la testamozzata, ancora grondante di sangue, diGolia, sfregiato sulla fronte dalla ferita; ilvolto del gigante è segnato più dallo stuporeche dal dolore, su quello del giovane eroenon compare alcuna espressione di esultanzao soddisfazione per il delitto appenacompiuto, piuttosto di tensione, orrore,

malinconia e pietà.Protagonista della tela, per dimensioni, collocazione in primo piano ed espressività, è ilvolto di Golia, stravolto, abbrutito dal dolore, in realtà la testa del Caravaggio, e laferita alla fronte alluderebbe, appunto, al ferimento dell’aggressione alla taverna delCerriglio nell’ottobre del 1609, che aveva fatto diffondere la notizia della mortedell’artista.In primo piano, ad aggiungere drammaticità, si offre allo spettatore, quasi a ferirne losguardo, la spada lampeggiante, sulla cui lama (lungo lo sguscio, dove generalmentel’armaiolo era solito apporre la firma o incidere un motto) si legge l’acrostico HASOS,del motto agostiniano “Humilitas occidit superbiam”, “H (umilit) AS O (ccidit) S(superbiam)”, dal significato probabilmente esclusivamente religioso, pensando allaspada come simbolo di giustizia, a Golia come simbolo delMaligno, a Davide come alla prefigurazione del Cristovittorioso.Considerando le evidenze del quadro, l’autoritratto nellatesta del decapitato, il male (Golia) sconfitto dal bene(Davide), l’ammissione di superiorità dell’umiltà contro lasuperbia, come inciso sulla lama, emerge netta lasensazione che Caravaggio volesse, così, mandare unchiaro messaggio al destinatario del quadro: l’ammissionedi colpevolezza, l’autocondanna morale, soprattutto lasua disperazione per il delitto di cui si era macchiato,espressa dagli occhi ciechi, pur se aperti, del gigantefilisteo, a significare lo smarrimento dell’uomo preda delfurore di sé, fuori dalla grazia divina.