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Studio Legale Avvocati Bordogna - Bottinelli - Ferrari - Mantegazza e Associati 22100 Como - Viale Roosevelt 17/a - Tel. (031) 266.288 - Telefax (031) 262.821 Avv. Carlo Bordogna Avv. Massimo Bottinelli Avv. Gianrodolfo Ferrari Avv. Paolo Mantegazza Avv. Gianni Mantegazza Avv. Alessandro Maria Colombo Avv. Matteo Ferrari Avv. Alessandra Mantegazza Avv. Virginia Manzi Avv. Giampiera Radice Cod. Fisc. e Part. IVA : 00796980134 e-mail: [email protected] Membro di Eurojuris Italia Prime osservazioni sulle norme interessanti l’edilizia e l’urbanistica introdotte dal d.l. n. 133/2014 convertito in legge dalla l. n. 164/2014 1 Legge 11.XI.2014 n. 164 Sulla Gazzetta Ufficiale n. 262 supplemento ordinario n. 85 dell’11.XI.2014, è stata pubblicata la L. 11.XI.2014 n. 164 che ha convertito in Legge, con modificazioni, il D.L. 12.IX.2014 n. 133 chiamato “Decreto Sblocca Italia”. La legge di conversione è entrata in vigore il 12.XI.2014. 1 2 Norme interessanti l’edilizia e l’urbanistica 2.1 Le principali norme interessanti l’edilizia e l’urbanistica sono contenute: a) nell’articolo 6 ter (introdotto dalla legge di conversione) “Disposizioni per l’infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica”; b) nell’articolo 17 “Semplificazione ed altre misure in materia edilizia”; c) nell’articolo 17 bis “Regolamento unico edilizio”; d) nell’art. 25 “Misure urgenti di semplificazione amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia di patrimonio culturale”. 2.2 In sintesi, le norme che riguardano l’edilizia sono costituite: a) da norme che modificano o integrano il D.P.R. 6.6.2001 n. 380 (T.U. in materia edilizia) e sono contenute nell’art. 6 ter, nell’art. 17 comma 1 e nell’art. 17 bis; 1 Appena pubblicata la Legge ha subito una prima correzione col D.L. 165/2015 pubblicata sulla stessa G.U. n. 262. Le correzioni non attengono agli articoli oggetto della presente nota.

Studio Legale Avvocati Bordogna - Bottinelli - Ferrari ... · Bordogna - Bottinelli - Ferrari - Mantegazza e Associati 22100 Como - Viale Roosevelt 17/a - Tel. (031) 266.288 - Telefax

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Membro di Eurojuris Italia

Prime osservazioni sulle norme interessanti l’edilizia e l’urbanistica introdotte

dal d.l. n. 133/2014 convertito in legge dalla l. n. 164/2014

1 – Legge 11.XI.2014 n. 164

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 262 supplemento ordinario n. 85 dell’11.XI.2014, è stata

pubblicata la L. 11.XI.2014 n. 164 che ha convertito in Legge, con modificazioni, il

D.L. 12.IX.2014 n. 133 chiamato “Decreto Sblocca Italia”.

La legge di conversione è entrata in vigore il 12.XI.2014.1

2 – Norme interessanti l’edilizia e l’urbanistica

2.1 Le principali norme interessanti l’edilizia e l’urbanistica sono contenute:

a) nell’articolo 6 ter (introdotto dalla legge di conversione) “Disposizioni per

l’infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica”;

b) nell’articolo 17 “Semplificazione ed altre misure in materia edilizia”;

c) nell’articolo 17 bis “Regolamento unico edilizio”;

d) nell’art. 25 “Misure urgenti di semplificazione amministrativa e di accelerazione

delle procedure in materia di patrimonio culturale”.

2.2 In sintesi, le norme che riguardano l’edilizia sono costituite:

a) da norme che modificano o integrano il D.P.R. 6.6.2001 n. 380 (T.U. in materia

edilizia) e sono contenute nell’art. 6 ter, nell’art. 17 comma 1 e nell’art. 17 bis;

1 Appena pubblicata la Legge ha subito una prima correzione col D.L. 165/2015 pubblicata sulla stessa G.U. n. 262. Le correzioni non attengono agli articoli oggetto della presente nota.

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b) da una norma contenuta nell’art. 17 c. 2, che, sostituisce, ovunque ricorra nel

predetto D.P.R. 380/2001, l’espressione S.C.I.A. (Segnalazione Certificata di Inizio

Attività) al termine D.I.A. (Denuncia di Inizio Attività), fatta eccezione per quanto

riguarda i seguenti articoli del T.U.E.:

- art. 22 “Interventi subordinati a denuncia di inizio attività”;

- art. 23 “Disciplina della denunzia di inizio attività”;

- art. 24, c. 3 “Certificato di agibilità” per gli interventi eseguiti in base a D.I.A.

2.3 In sintesi, le norme che riguardano l’urbanistica sono costituite:

a) da una norma, contenuta nell’art. 17, c. 3, che fa obbligo alle Regioni di assicurare

con proprie leggi “l’attivazione del potere sostitutivo allo scadere dei termini

assegnati ai Comuni per l’adozione da parte degli stessi dei piani attuativi comunque

denominati in base alla normativa statale e regionale”.

b) da una norma, contenuta nell’art. 17, c. 4, che inserisce un nuovo comma dopo il

sesto comma dell’art. 28 della L. 17.8.1942 n. 1150 (Legge Urbanistica Nazionale) in

tema di convenzioni attuative dei Piani di Lottizzazione (e in generale dei Piani

Attuativi); il nuovo comma consente l’attuazione dei P.A. per stralci funzionali e per

fasi e tempi distinti.

2.4 In sintesi: le norme in materia di tutela paesaggistica, contenute nell’art. 25,

riguardano modifiche all’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D. L.vo

42/2004.

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A – MODIFICHE AL D.P.R. 380/2001 (T.U. IN MATERIA EDILIZIA)

1 – Modifiche all’art. 3: (“Definizione degli interventi edilizi”)

Nella definizione di “interventi di manutenzione straordinaria” l’obbligo di non

alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari viene abrogato, e

sostituito con l’obbligo di non alterare la volumetria complessiva degli edifici.

Inoltre è stato inserito, nel testo della definizione degli interventi di manutenzione

straordinaria, la specificazione che nell’ambito di tali interventi “sono ricompresi

anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari

con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle

singole unità immobiliari nonchè del carico urbanistico purchè non sia modificata la

volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso”.2

La novità, rilevante, sta nell’indicazione che il frazionamento o l’accorpamento delle

unità immobiliari possono comportare non solo la variazione delle superfici, ma

anche del carico urbanistico; il che comporterebbe la qualificazione di manutenzione

straordinaria degli interventi diretti a creare soppalchi, o addirittura nel caso di edifici

industriali, a creare piani intermedi in quanto l’unico requisito da osservare è il

mantenimento della volumetria e della destinazione d’uso.

2 La integrazione riecheggia la definizione di intervento di manutenzione straordinaria data, in Lombardia, dall’art. 27, I c. lett. b della L.R. 12/2005, sia pure con l’aggiunta della possibilità di variare la superficie delle singole unità immobiliari (variazione ovvia in caso di frazionamento o di accorpamento), nonché di variare il carico urbanistico.

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La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera a.

Il riferimento è all’art. 3, c. 1 lettera b (T.U.E.).

2 – Introduzione dell’art. 3 bis (“Interventi di conservazione”)

Dopo l’art. 3 (Definizione degli interventi edilizi), viene introdotto un nuovo articolo

– 3 bis – dal titolo “Interventi di conservazione”, nel seguente testo:

«Art.3 bis. (Interventi di conservazione) 1. Lo strumento urbanistico individua

gli edifici esistenti non piu' compatibili con gli indirizzi della pianificazione. In tal

caso l'amministrazione comunale puo' favorire, in alternativa all'espropriazione,

la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione rispondenti

al pubblico interesse e comunque rispettose dell'imparzialita' e del buon

andamento dell'azione amministrativa. Nelle more dell'attuazione del piano, resta

salva la facolta' del proprietario di eseguire tutti gli interventi conservativi, ad

eccezione della demolizione e successiva ricostruzione non giustificata da

obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico od igienico sanitario.»;

La norma non è di facile interpretazione, tenuto conto del titolo che sembrerebbe far

riferimento a una nuova categoria di interventi (di conservazione), dopo quelli

definiti dal precedente art. 3, che fa riferimento agli “Interventi edilizi”.

La lettura della norma, sia pure con tutte le cautele suggerite da un testo che non

brilla certamente per chiarezza, porta alle seguenti considerazioni:

a) tipologia di interventi: più che interventi di conservazione, come tali definiti dal

precedente art. 3, primo comma, dalla lettera a (manutenzione ordinaria) alla lettera d

(ristrutturazione edilizia) interventi che presuppongono il mantenimento dell’edificio,

la norma si riferisce ad interventi di riqualificazione, il cui oggetto sono “gli edifici

esistenti individuati dallo strumento urbanistico” non più compatibili con gli indirizzi

di pianificazione.

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La norma, dopo aver precisato che lo strumento urbanistico individua edifici non più

compatibili, parla di “riqualificazione delle aree”, il che può significare:

- o l’uso promiscuo, ma dal significato identico, dei termini “edifici” ed “aree”;

- o, più verosimilmente, la volontà di applicare l’istituto non a singoli manufatti, ma a

complessi di edifici, con evidente riferimento agli insediamenti industriali dismessi,

che – come è noto- sono costituiti da edifici ed aree pertinenziali.

Come è già stato rilevato dai primi commentatori “non saranno possibili interventi

singoli o limitati, ma occorrerà confrontarsi con l’ente locale per riqualificare più

ampie aree”.

b) presupposti urbanistici: individuazione da parte dello strumento urbanistico degli

edifici non più compatibili con gli indirizzi di pianificazione.

c) presupposti giuridici: gli interventi possono essere eseguiti previa:

- o espropriazione da parte del Comune che, è risaputo, è strumento “rigido” e

complesso, oggi difficilmente utilizzabile dagli enti locali, per i noti problemi di

bilancio;

- o accordi con il privato, che prevedano, a favore del privato, “forme di

compensazione” e cioè, concretamente, “premi volumetrici”.

Gli accordi, frutto di contrattazione, devono essere comunque conclusi tenuto conto

del “pubblico interesse” e del rispetto “dell’imparzialità e del buon andamento

dell’amministrazione”, il che sembrerebbe far riferimento alla necessità che l’accordo

sia preceduto da una procedura ad evidenza pubblica di selezione del soggetto privato

attuatore dell’intervento.

Il che rende – oggettivamente – quanto meno complicata l’applicazione del nuovo

strumento introdotto, che va ad incidere su un bene che è e resta di proprietà privata.

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Va aggiunto che relativamente agli edifici, oggetto del c.d. “interventi di

conservazione”, è fatta salva la facoltà del proprietario di eseguire gli “interventi

conservativi” di cui al precedente art. 3, ad eccezione della demolizione e successiva

ricostruzione non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine statico

od igienico-sanitario.

In conclusione: la norma, di carattere urbanistico, prevede la possibilità dei Comuni

di individuare aree con edifici non più compatibili con lo strumento urbanistico, per

le quali è previsto o l’esproprio o accordi privati (con eventuale aumento di

volumetria) per la loro riqualificazione.

d) La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera b.

Il riferimento è all’art. 3 bis (T.U.E.).

3 – Introduzione del comma 1 sexies dell’art. 4 (“Regolamento Unico Edilizio”)

a) Si prevede che vengano adottati accordi o intese tra Governo ed Enti locali, in

sede di Conferenze Unificate, “per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-

tipo”, e ciò al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti.

b) Viene stabilito che “tali accordi” costituiscano livello essenziale delle prestazioni

concernenti

- la tutela della concorrenza (art. 117, c. 2 lettera e della Costituzione);

- i diritti civili e sociali che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale (art.

117, c. 2 lettera m della Costituzione).

Ciò comporta che essendo dette materie (tutela della concorrenza, livelli essenziali

concernenti i diritti civili e sociali) devolute alla legislazione esclusiva dello Stato, il

contenuto degli accordi non può essere modificato né dalle Regioni né tanto meno dai

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Comuni.

c) Viene, infine, stabilito che il regolamento edilizio-tipo (frutto degli accordi Stato-

Enti locali), nella parte in cui vengono indicati i requisiti prestazionali degli edifici,

con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico dovrà essere adottato

nei termini fissati dagli accordi, e comunque nel termine di 30 giorni dalla

conclusione degli accordi stessi (art. 2 L. 241/1990).

d) Va ricordato che ai sensi del I comma dell’art. 4 del T.U.E. il regolamento edilizio

deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al

rispetto delle normative:

- tecnico-estetiche;

- igienico-sanitarie;

- di sicurezza e vivibilità;

sia degli immobili che delle relative pertinenze.

Lo Stato – per altro – è, recentemente, intervenuto sul contenuto del Regolamento

Edilizio stabilendo, con l’art. 1 ter, l’obbligo dei Comuni di adeguare, entro

l’1.6.2014, il Regolamento Edilizio, con la previsione che “ai fini del conseguimento

del titolo edilizia sia obbligatoriamente prevista per gli edifici di nuova costruzione

ad uso diverso da quello residenziale, con una s.u. superiore a 500 mq. e per i relativi

interventi di ristrutturazione edilizia (si presume: pesante) l’installazione di

infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli, idonee a permettere la connessione

di una vettura di una vettura da ciascuno spazio o parcheggio coperto o scoperto e da

ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no, in conformità alle disposizioni

edilizie di dettaglio fissate nel regolamento stesso”.

Più dettagliata e più ampia è la normativa, relativamente al regolamento edilizio,

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vigente in Lombardia, e contenuta nell’art. 28 della L.R. 12/2005.3

3 Il testo della norma regionale lombarda è il seguente: “Il regolamento edilizio comunale disciplina, in conformità alla presente legge, alle altre leggi in materia edilizia ed alle disposizioni sanitarie vigenti: a) le modalità di compilazione dei progetti di opere edilizie, nonché i termini e le modalità per il rilascio del permesso di costruire, ovvero per la presentazione della denuncia di inizio attività; qualora il comune non provveda si applicano le disposizioni della presente legge; b) le modalità di compilazione dei progetti di sistemazione delle aree libere da edificazione e delle aree verdi in particolare e le modalità per la relativa valutazione; c) le modalità per il conseguimento del certificato di agibilità; d) le modalità per l'esecuzione degli interventi provvisionali di cantiere, in relazione alla necessità di tutelare la pubblica incolumità e le modalità per l'esecuzione degli interventi in situazioni di emergenza; e) la vigilanza sull'esecuzione dei lavori, in relazione anche alle disposizioni vigenti in materia di sicurezza, con particolare riguardo all'obbligo di installazione di sistemi fissi di ancoraggio al fine di prevenire le cadute dall'alto; f) la manutenzione e il decoro degli edifici, delle recinzioni prospicienti ad aree pubbliche e degli spazi non edificati; g) l'apposizione e la conservazione dei numeri civici, delle targhe con la toponomastica stradale, delle insegne, delle strutture pubblicitarie e di altri elementi di arredo urbano; h) le norme igieniche di particolare interesse edilizio, in armonia con il regolamento locale di igiene; i) la composizione e le attribuzioni della commissione edilizia, se istituita, ai sensi dell'articolo 30; i bis) le modalità di compilazione dei progetti delle opere viabilistiche e dei progetti di sistemazione delle aree verdi annesse, di rispetto e sicurezza, come svincoli, rotatorie e banchine laterali;

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e) Proprio l’esame della norma lombarda porta a considerare che il futuro

regolamento-tipo lascerà comunque spazio alla attività normativa delle Regioni e dei

Comuni, dovendosi rispettare unicamente “i requisiti prestazionali degli edifici, con

particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico”.

f) La norma è contenuta nell’art. 17 bis.

Il riferimento è all’art. 4 comma 1 sexies (T.U.E.).

4 – Modifica all’art. 6 (“attività edilizia libera”)

a) Vengono introdotti tra gli interventi di manutenzione ordinaria, liberamente

eseguibili, gli interventi di installazione delle pompe di calore di potenza inferiore a

12 kw.

Viene, infatti, precisato, con la legge in esame, che tali interventi sono tutti quelli di

cui all’art. 3, c. 1 lettera a,4 “ivi compresi gli interventi di installazione delle pompe

di calore aria-area di potenza termica utile nominale inferiore a 12 kw”.

b) Sono state abrogate le limitazioni all’utilizzo della C.I.L.A. previste per gli

interventi di manutenzione straordinaria nell’ultima parte dell’art. 6, c. 2 lettera a

(“non riguardino le parti strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero

delle unità immobiliari, non implichino incremento di parametri urbanistici”) (vedi

art. 6, c.2 lettera a).

i ter) le modalità per il conseguimento della certificazione energetica degli edifici. 2. Il regolamento edilizio non può contenere norme di carattere urbanistico che incidano sui parametri urbanistico-edilizi previsti dagli strumenti della pianificazione comunale. 4 Per “interventi di manutenzione ordinaria” si intendono (ai sensi dell’art. 3, c. 1 lettera a) gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare e mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

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c) E’ stato precisato, per l’utilizzo della C.I.L.A, che le modifiche interne di carattere

edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d’impresa non

devono riguardare le parti strutturali (vedi art. 6, c. 2 lettera e bis).

d) Limitatamente agli interventi di:

- manutenzione straordinaria (art. 6 lettera a)

- modifiche interne di carattere edilizia sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti

ad esercizio d’impresa

ovvero

- modifiche delle destinazioni d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa (art. 6

lettera e bis;

la C.I.L.A. dovrà essere corredata da:

● l’elaborato progettuale (e non più la relazione tecnica)

● attestazione del tecnico che:

- i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi

vigenti;

- i lavori sono compatibili con la normativa in materia sismica e con quella sul

rendimento energetico nell’edilizia;

- i lavori non interessano parti strutturali dell’edificio.

● i dati identificativi dell’impresa alla quale si intende affidare la realizzazione dei

lavori.

(vedi art. 6 nuovo comma 4)

e) Viene abolito l’obbligo di presentare gli atti di aggiornamento catastale per tutti gli

interventi soggetti a C.I.L. o a C.I.L.A., purchè venga data al Comune la

comunicazione di fine lavori.

In tali casi, il Comune – ricevuta la comunicazione di fine lavori – dovrà inoltrare la

pratica direttamente all’Agenzia delle Entrate, che provvederà ad aggiornare la

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cartografia.

(vedi art. 6 nuovo comma 5).

f) Viene abolita la facoltà delle Regioni di individuare ulteriori interventi edilizi, per i

quali è fatto obbligo di trasmettere la relazione tecnica, nonché di stabilire ulteriori

contenuti della medesima relazione tecnica.

Viene, in sostituzione, introdotta la facoltà delle Regioni di stabilire, con legge, entro

60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, le modalità per

l’effettuazione dei controlli degli interventi soggetti a C.I.L. e a C.I.L.A. (vedi art. 6,

c. 6).

g) La mancata trasmissione della C.I.L. o della C.I.L.A. comporta la sanzione

pecuniaria di euro 1.000,00 (e non più di euro 258.00) ridotta di 2/3 se la trasmissione

è effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione.

Viene abrogato l’illecito relativo alla mancata trasmissione della relazione tecnica, in

quanto non più prevista a corredo della C.I.L. o della C.I.L.A. (vedi art. 6, comma 7).

h) La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera c, nonché nell’art. 17 comma 2 bis

(relativamente alle facoltà delle Regioni).

Il riferimento è all’art. 6 (T.U.E.).

5 – Modifiche all’art. 10 (interventi soggetti a permesso di costruire)

Gli interventi subordinati a permesso di costruire, oltre

- agli interventi di nuova costruzione

- agli interventi di ristrutturazione urbanistica

ricomprendono anche gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino

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modifiche alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti.5

Viene eliminato il divieto di aumentare le unità immobiliari o di modificare le

superfici.

Rimane ferma la necessità del permesso di costruire, per gli interventi di

ristrutturazione edilizia:

- relativi agli immobili in zona A, che modifichino la destinazione d’uso;

- relativi agli immobili soggetti ai vincoli culturali e paesaggistici dal D.L.vo

42/2004; interventi che modifichino la sagoma.

La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera d.

Il riferimento è all’art. 10, comma 1 lettera c (T.U.E.)

6 – Modifiche all’art. 14 (Permesso di costruire in deroga)

Il permesso di costruire in deroga, riservato – in origine - ai soli edifici ed impianti

pubblici o di interesse pubblico, viene esteso agli interventi di ristrutturazione edilizia

e di ristrutturazione urbanistica, attuati anche6 in aree industriali dismesse.

La modifica, in questo caso, può attenere oltre che ai limiti di densità edilizia, di

5 Poiché la modifica di volumetria può avvenire non solo in diminuzione, ma anche in aumento, resta insoluto il problema del limite dell’aumento di volume, tra ciò che è consentito dagli interventi di ristrutturazione edilizia e quello che costituisce ampliamento, e cioè intervento di nuova edificazione. 6 Perché “anche” in aree industriali dismesse? Non vi sono altre categorie di interventi di ristrutturazione edilizia ed urbanistica che possano essere oggetto di permesso di costruire in deroga.

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altezza e di distanza tra fabbricati, anche alla destinazione d’uso.

Ovviamente resta necessaria la deliberazione del Consiglio Comunale, trattandosi di

variare lo strumento urbanistico, deliberazione che – nella fattispecie – dovrebbe

attestare l’interesse pubblico al rilascio del permesso in deroga.7

La possibilità di mutamento di destinazione d’uso, in deroga allo strumento

urbanistico vigente, è consentita a condizione che non venga aumentata la superficie

coperta preesistente dell’intervento.

Fra le destinazioni d’uso ammissibili vi sono anche quelle commerciali, fatta

eccezione per quelle aree ove tali insediamenti sono interdetti allorchè vi sia “la

necessità di garantire la tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso

l’ambiente urbano e dei beni culturali”.

Ovviamente l’impedimento a mutare la destinazione d’uso per iniziative commerciali

dovrà essere puntualmente motivato da parte del Comune.

La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera e.

Il riferimento è all’art. 14, comma 1 bis e comma 3 (T.U.E.).

7 – Modifiche all’art. 15 (Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire)

7.1 Il primo comma (non modificato) afferma che nel permesso di costruire debbono

essere indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori;

7.2 Il termine massimo per l’inizio dei lavori è un anno dal rilascio del titolo; il

termine massimo per il completamento dell’opera è tre anni dall’inizio; 8

decorsi tali

7 Secondo la giurisprudenza, anche nei casi “tradizionali” in cui è consentito il rilascio del permesso di costruire in deroga, sarebbe necessario che la delibera comunale espliciti l’interesse pubblico alla deroga. 8 Val la pena di ricordare che a norma dell’art. 30 del D.L. 21.6.2013 n. 69 convertito in

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termini, il permesso decade per la parte non eseguita, tranne che – anteriormente alla

scadenza – venga richiesta una proroga.

7.3 La proroga può essere accordata:

a) per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso;

b) in considerazione:

- della mole dell’opera da realizzare;

- delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive;

- di difficoltà tecnico-esecutive emesse successivamente all’inizio dei lavori;

c) quanto si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi

finanziari.

7.4 Qualora i lavori non possano essere iniziati o conclusi per iniziative

dell’amministrazione o dell’autorità giudiziaria, rivelatisi poi infondati, la proroga è

comunque accordata, anche dopo la scadenza dei termini.

In questi casi non ha senso parlare di richiesta prima della scadenza dei termini, e

addirittura di “proroga” essendo piuttosto il caso di “sospensione” dei termini che

inizieranno di nuovo a decorrere allorchè verrà accertata l’infondatezza delle

“iniziative” della amministrazione o dell’autorità giudiziaria.

7.5 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera f.

Il riferimento è all’art. 15, c. 2 e comma 2 bis (T.U.E.).

Legge 9.8.2013 n. 98, i termini indicati sono prorogati di due anni, limitatamente ai permessi rilasciati prima dell’entrata in vigore del D.L., avvenuta il 22.6.2013, a condizione: - che la proroga sia oggetto di comunicazione da parte dell’interessato; - che l’intervento previsto non contrasti con strumenti urbanistici sopravvenuti.

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8 – Modifiche all’art. 16 (“Contributo per il rilascio del permesso di costruire”)

8.1 Come è noto, in base al comma 4 dell’art. 16 l’incidenza degli oneri di

urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita, con deliberazione del Consiglio

Comunale, in base alle tabelle parametriche che la Regione stabilisce – per classe di

Comune – in relazione:

a) all’ampiezza e all’andamento demografico dei Comuni;

b) alle caratteristiche geografiche dei Comuni;

c) alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;

d) ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dell’art. 4.1

quinquies, penultimo e ultimo comma, della L. 1150/1942 e s.m.i., nonché delle leggi

regionali.

8.2 Vengono aggiunti, nello stabilire – da parte delle Regioni – le tabelle, i seguenti

ulteriori parametri, relativi:

d bis) – alla differenziazione tra gli interventi; e ciò al fine di incentivare gli

interventi di ristrutturazione edilizia rispetto a quelli di nuova costruzione;

d ter) – alla valutazione del maggior valore, generato da interventi su aree o

immobili:

- in variante urbanistica;

- in deroga;

- con cambio di destinazione d’uso.

E cioè interventi conseguenti:

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- a varianti urbanistiche;

- a deroghe allo strumento urbanistico;

- a cambi di destinazione d’uso con riferimento alle categorie funzionali di cui all’art.

23 ter.

8.3 In realtà, non pare che la “valutazione del maggior valore” incida sulle tabelle

parametriche fissate al fine di stabilire l’incidenza degli oneri di urbanizzazione.

La norma, infatti, stabilisce, che il “maggior valore”, calcolato dal Comune

- è suddiviso in misura non inferiore al 50% (?) tra il Comune e la parte privata;

- è erogato dalla parte privata sotto forma di contributo straordinario, vincolato alla

“realizzazione” di opere pubbliche e di servizi da “realizzare” (sic!) nell’ambito in

cui ricade l’intervento;

- oppure di cessione di aree da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia sociale

od opere pubbliche.

La norma non configura un parametro che incida sulla determinazione

dell’ammontare degli oneri, ma realizza una forma di “perequazione dei valori”, in

quanto ha l’obiettivo di conseguire l’equità delle scelte urbanistiche modificative di

quelle contenute nello strumento urbanistico, determinando il maggior valore

(“plusvalore”) fondiario derivante dalle nuove scelte pianificatorie, e ridistribuendo

tale maggior valore alla collettività, così da riequilibrare il costo sociale/urbanistico

degli interventi di variante urbanistica, o in deroga, o con cambio di destinazione

d’suo.

8.4 Viene – poi – stabilito che rispetto a tale “parametro” del plusvalore sono fatte

salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e – addirittura – dagli

strumenti urbanistici generali comunali.

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Ne consegue, quindi, che la disciplina del “plusvalore” non ha immediata attuabilità,

ma sarà necessario che venga recepita dalla Regione, e dagli strumenti urbanistici

comunali.

8.5 Viene precisato che nel caso la Regione non definisca le tabelle parametriche, a

tale definizione provvederanno direttamente i Comuni, secondo i parametri tutti di

cui al comma 4, sopra ricordato, “fermo restando quanto previsto dal comma 4 bis”

(relativamente alla “diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti

urbanistici generali comunali”).

E’ comprensibile il rinvio ad eventuali norme regionali; molto meno a quelle

contenute negli strumenti urbanistici comunali, disposizioni che il Comune può –

agevolmente – modificare.

8.6 Viene altresì introdotta la facoltà per i Comuni di introdurre differenziazione

nell’entità della quota del contributo concessorio riferita al costo di costruzione tra

interventi di nuova costruzione e interventi di ristrutturazione “al fine di incentivare il

recupero del patrimonio edilizio esistente”.

8.7 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera g.

Il riferimento è all’art. 16, comma 4. 4 bis, 5 e 10 (T.U.E.).

9 – Modifiche all’art. 17 (“Riduzione o esonero dal contributo di costruzione”) 9

9 L’articolo è un tipico esempio di costruzione normativa barocca, costituita da una sequenza di rimandi. La norma fa riferimento “agli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, c. 2 lettera a”, norma che fa riferimento “agli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, c. 1 lettera b”, e cioè, in altri termini, a tutti gli interventi di manutenzione straordinaria.

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9.1 Il comma 4 limita alla sola quota relativa alle opere di urbanizzazione, il

contributo di costruzione dovuto per gli interventi su immobili di proprietà dello

Stato.

9.2 Viene stabilito che anche gli interventi di manutenzione straordinaria, come

definiti dal precedente art. 3, c. 1 lettera b, qualora comportanti aumento del carico

urbanistico il contributo di costruzione venga limitato alla incidenza delle sole opere

di urbanizzazione e purchè ne derivi un aumento della superficie calpestabile.

La lettura della norma non è agevole, ma – penso – possa qui sintetizzarsi:

a) sono soggette agli oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria) gli interventi di

manutenzione straordinaria;

b) “qualora comportanti aumento di carico urbanistico”.

La norma riprende il principio, affermato in giurisprudenza (Cons. Stato 30.08.2013

n. 4326; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II 30.08.2013 n. 2092) secondo cui gli oneri

di urbanizzazione (data la loro natura non tributaria, ma di corrispettivo, causale, di

diritto pubblico, connesso alle opere di urbanizzazione) è sempre dovuto, qualunque

sia la tipologia dell’intervento se l’intervento comporta l’aggravamento del carico

urbanistico.10

c) “purchè” ne derivi un aumento della superficie “calpestabile”.

Sintatticamente, l’inciso è collegato alle “opere di urbanizzazione”, ma ciò è illogico.

10 Il principio sfugge al criterio, nominalistico, di distinguere la assoggettabilità o meno agli oneri di urbanizzazione, a seconda del titolo con cui sono stati approvati. La norma, quindi, non pone l’obbligo di pagamento degli oneri urbanizzativi sempre come conseguenza della C.I.L. o della C.I.L.A. o del titolo abilitativo comunque denominato che abbia autorizzato l’intervento di manutenzione straordinaria ma unicamente come conseguenza dell’aggravio del carico urbanistico, il cui accertamento è a carico del Comune.

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Sul piano logico, la norma intenderebbe precisare che il “carico urbanistico” che fa

scattare l’obbligo di pagare gli oneri urbanizzativi sono da identificare nell’aumento

della superficie calpestabile dell’immobile, a seguito dell’intervento di manutenzione

straordinaria.

Ma questa “precisazione” si scontra con la definizione degli interventi di

manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, c. 1 lettera b che ha come condizione,

perché le opere rientrino nella definizione predetta, che le stesse “non alterino i

volumi e le superfici delle singole unità immobiliari”.

La modifica introdotta con la legge di conversione ha reso più nebulosa la norma.

9.3 Viene, altresì, precisato (nuovo comma 4 bis) che il “contributo di costruzione

(sia riferito al costo di costruzione che agli oneri) “è ridotto in misura non inferiore al

20% rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni” per gli interventi di

ristrutturazione (edilizia), recupero e riuso di immobili dismessi o in via di

dismissione.

La riduzione opera solo nei casi non interessati da:

- varianti urbanistiche;

- deroghe;

- cambi di destinazione d’uso, qualora tali cambi comportino maggior valore rispetto

alla destinazione originaria.

La entità della riduzione, i criteri e le modalità applicative, dovranno essere

determinate dai Comuni entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore della

“presente disposizione”, già previste dal D.L. e modificate dalla Legge di

conversione; si pensa, quindi, che i 90 giorni decorrano dall’entrata in vigore della

Legge di conversione.

9.4 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettere h.

Il riferimento è all’art. 17 comma 4 e comma 4 bis (T.U.E.).

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10 – Sostituzione del comma 7 dell’art. 20 (“procedimento per il rilascio del

permesso di costruire”).

10.1 La norma riguarda il raddoppio dei termini:

- per l’istruttoria a seguito della presentazione della domanda di permesso di costruire

(termine di 60 giorni) comma 3;

- per l’interruzione del termine per l’istruttoria (termine di 30 giorni) comma 5.

Il raddoppio è legittimo “nei soli casi di progetti particolarmente complessi secondo

la motivata risoluzione del responsabile del procedimento”.

Viene, così abolita, la previsione di raddoppio automatico prima consentito per i

Comuni con più di 100.000 abitanti.

10.2 Per i Comuni obbligati all’esercizio in forma associata della funzione

fondamentale della pianificazione urbanistica ed edilizia la norma in esame si applica

dopo un anno dall’entrata in vigore della legge di conversione.

10.3 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera i e c. 2 ter.

Il riferimento è all’art. 20, comma 7 (T.U.E.).

11 – Modifiche all’art. 22 (“Interventi subordinati a D.I.A.”)

11.1 E’ necessaria la S.C.I.A. (e non più la D.I.A.)

a) per tutti gli interventi:

- che non costituiscono edilizia libera (art. 6, 1 del D.P.R. 380/2001);

- che non costituiscono edilizia semilibera, soggetta a C.I.L. o a C.I.L.A. (art.6, 2

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D.P.R. 380/2001);

- che non siano obbligatoriamente oggetto di permesso di costruire (art. 10, c. 1

D.P.R. 380/2001)11

e cioè:

● nuova costruzione (art. 10, c. 1 lettera a);

● ristrutturazione urbanistica (art. 10, c. 1 lettera b);

● ristrutturazione edilizia c.d. pesante, e cioè che comportino modifiche della

volumetria e dei prospetti (art. 10, c. 1 lettera c).

- che non siano obbligatoriamente oggetto di permesso di costruire o di D.I.A.

(SuperDIA) (art. 22, c. 3 D.P.R. 380/2001) e cioè:

11 In Lombardia, anche gli interventi di cui all’art. 10, c. 1 del D.P.R. 380/2001, possono essere oggetto di D.I.A. Infatti, ai sensi dell’art. 41, c. 1 della L.R. Lombardia 12/2005 “chi ha titolo per presentare istanza di permesso di costruire ha facoltà alternativamente e per gli stessi interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, di inoltrare al Comune denuncia di inizio di attività” (la c.d. SuperDIA). In Lombardia sono soggetti esclusivamente a permesso di costruire i seguenti interventi: a) mutamento di destinazione d’uso di immobili anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali (art. 52, c. 3 bis L.R. 12/2005); b) realizzazione di nuovi fabbricati nelle aree destinate all’agricoltura (art. 60, c. 1 L.R. 12/2005); c) interventi di rimozione dell’amianto dalle coperture, con modifica delle falde sino ad una pendenza massima del 40%, che dia luogo ad un piano sottotetto o a vani abitabili (art. 73 bis L.R. 12/2005).

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● gli interventi di ristrutturazione edilizia c.d. pesante, come indicati all’art. 10, c. 1

lettera c (art. 22, c. 3 lettera a);

● gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora

disciplinati da piani attuativi (art. 22, c. 3 lettera b);

● gli interventi di nuova costruzione, qualora siano in diretta esecuzione di strumenti

urbanistici generali secondo precise disposizioni plano-volumetriche (art. 22, c. 3

lettera c).

b) per le varianti al permesso di costruire

- che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie;

- che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia;

- che non alterano la sagoma dell’edificio, ma solo se sottoposti a vincolo a’ sensi del

D. L.vo 42/2004; 12

- che non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire.

Queste “varianti” finali (“possono essere presentate prima della dichiarazione di

ultimazione dei lavori”) sono però correttamente in Lombardia soggette a C.E.A.

(Comunicazione di eseguita attività).13

11.2 Con una nuova norma (comma 2 bis) sono dichiarate soggette a S.C.I.A. le

varianti a permesso di costruire che:

- non configurano una variazione essenziale;14

- sono conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie;

- vengono attuate dopo l’acquisizione degli atti d’assenso previsti dalle normative di

12 Il vincolo deve essere specifico e riguardare direttamente l’immobile; non rientra nella fattispecie l’immobile sito in zona vincolata. 13 Art. 41, c. 2 L.R. 12/2005, nel testo sostituito dalla lettera j dell’art. 12 L.R. 3/2011. 14 La nozione di “variazione essenziale” è data dall’art. 32. In Lombardia tale nozione (difforme) è data dall’art. 54 della L.R. 12/2005.

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settore (paesaggistico, idrogeologico, ambientale, di tutela del patrimonio storico,

artistico ed archeologico).

Non è dato di capire, quali siano le “novità” introdotte dal comma 2 bis, rispetto alla

disciplina dettata dal comma 2, se non per la precisazione che le varianti siano

conformi alle prescrizioni urbanistiche-edilizie (prescrizione ovvia) e che le stesse

devono essere attuate dopo aver ottenuto le autorizzazioni previste dalla normativa di

settore (salvo, mi sembra ovvio, la possibilità di sanatoria, se e in quanto

ammissibile).

11.3 La norma è contenuta nell’art. 7, c. 1 lettera m.

Il riferimento è all’art. 22, comma 1, 2 e 2 bis (T.U.E.).

12 – Introduzione dell’art. 23 ter: ( “Mutamenti d’uso urbanisticamente rilevanti”)

12.1 Vengono, normativamente, definite le “categorie funzionali”, da prendere in

considerazione per determinare la destinazione d’uso di un immobile o una sua

variazione, e cioè le seguenti categorie:

a) residenziale;

b) turistico-ricettiva;

c) produttiva e direzionale;

d) commerciale;

e) rurale.

Viene eliminato, nella legge di conversione, l’accorpamento in unica “categoria

funzionale” della destinazione residenziale e della destinazione turistico-ricettiva.

12.2 La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella

prevalente in termini di superficie utile.

12.3 E’ stabilito l’obbligo delle Regioni di adeguare la legislazione regionale ai

principi stabiliti nell’articolo 23 ter in esame, e ciò nel termine di 90 giorni dalla data

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di entrata in vigore della legge di conversione (11.XI.2014).

E’ previsto che decorso inutilmente tale termine, le disposizioni contenute nell’art. 23

ter trovano diretta applicazione.

12.4 E’ sempre consentito il mutamento di destinazione d’uso all’interno della stessa

categoria funzionale.

Sono fatte salve le diverse previsioni contenute nelle leggi regionali e negli strumenti

urbanistici comunali, che quindi possono articolare diversamente il mutamento di

destinazione d’uso all’interno delle stesse categorie funzionali. 15

12.5 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera n.

Il riferimento è all’art. 23 ter (T.U.E.).

13 – Modifiche all’art. 24.3 (Certificato di agibilità)

Fra i soggetti tenuti a chiedere il rilascio del certificato di agibilità, vanno aggiunti

coloro che hanno presentato la S.C.I.A. (oltre quelli che hanno presentato la D.I.A. e

il titolare del permesso di costruire).

Ciò è conseguenza delle disposizioni che hanno sostituito la S.C.I.A. alla D.I.A. per

interventi che possono avere influito sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità,

risparmio energetico degli edifici e degli impianti, quali possono essere quelli previsti

15 Va ricordato quanto afferma l’art. 51, c. 2 della L.R. 12/2005 secondo il quale “I Comuni indicano nel P.G.T. in quali casi i mutamenti di destinazione d’uso di aree e di edifici attuati con opere edilizie comportino un aumento ovvero una variazione del fabbisogno di aree per servizi ed attrezzature pubbliche e di interesse pubblico generale” nonché, per quanto riguarda il contributo di costruzione, l’art. 52, c. 3, relativo alla modifica della destinazione d’uso nei dieci anni successivi alla ultimazione dei lavori.

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al novellato art. 22, c. 1 e c. 2 (ed in generale in relazione alla disposizione contenute

nel II comma dell’art. 17 in esame) che sostituisce l’espressione “S.C.I.A.”, alla

espressione “D.I.A.”, ovunque ricorra nel T.U. dell’Edilizia, fatta eccezione di quanto

prevedono gli articoli:

22 – III comma (Interventi subordinati a D.I.A.)

23 – (disciplina della D.I.A.)

24 – III comma (certificato di agibilità, richiesto da chi ha presentato la D.I.A.).

La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera o.

Il riferimento è all’art. 24 comma 3 (T.U.E.).

14 – Modifiche all’art. 25 (Procedure per il rilascio del certificato di abitabilità)

Viene soppressa la facoltà delle Regioni – prevista dal comma 5 ter - di disciplinare,

con legge, le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5 bis.

Il comma 5 bis (introdotto dal D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013) prevede che se

l’interessato non proponga domanda per il rilascio del certificato di agibilità, con la

documentazione prevista dal comma 116

in sostituzione l’interessato può presentare

la dichiarazione del D.L. (o, in assenza, di un professionista) che attesti la conformità

dell’opera al progetto approvato e la sua agibilità, corredata da:

- richiesta di accatastamento;

- dichiarazione di conformità degli impianti rilasciata dall’impresa installatrice.

16 La documentazione da allegare alla domanda è la seguente: a) richiesta di accatastamento dell’edificio; b) dichiarazione di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato e alla avvenuta prosciugatura dei muri; c) attestazione dell’impresa installatrice di conformità degli impianti alle norme di legge ovvero certificato di collaudo degli impianti.

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Pertanto, in materia, la Regione può solo dettare norme relative all’effettuazione dei

controlli, in ordine alla dichiarazione del D.L. e degli installatori degli impianti.

La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera p.

Il riferimento è all’art. 25 comma 5 ter (T.U.E.).

15 – Inserimento dell’art. 28 bis (“Permesso di costruire convenzionato”)

15.1 Viene disciplinato con legge l’istituto del permesso di costruire convenzionato,

per altro utilizzato da tempo nella prassi e considerato “a metà strada tra il permesso

di costruire e il piano di dettaglio”.17

15.2 Viene stabilito che:

a) il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è quello

ordinario;

b) la convenzione, va approvata con delibera del consiglio comunale, salvo diversa

previsione regionale.

Per analogia con le convenzioni dei Piani Attuativi, si ritiene applicabile in

Lombardia l’art. 14, c. 1 della L.R. 12/2005, che prevede la competenza:

- del Consiglio Comunale nei Comuni sino a 15.000 abitanti;

- della Giunta Comunale, nei restanti Comuni.

15.3 La convenzione è obbligatoria allorchè sia prevista:

a) la cessione di aree, anche al fine dell’utilizzo dei diritto edificatori (come, in

17 Si rinviene l’esame delle Concessioni Edilizie convenzionate sin dal 1992 con la sentenza della Cass. Civ. Sez. I, 15.4.1992 n. 4572.

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Lombardia, disciplinati dall’art. 11 della L.R. 12/2005);

b) la realizzazione di opere di urbanizzazione, fermo restando l’applicazione delle

norme del “Codice degli appalti pubblici” (art. 32, I c. lettera g D. L.vo 163/2006));18

c) le caratteristiche morfologiche degli interventi, e cioè la forma “esterna” del

manufatto da realizzare;

d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.

15.4 La convenzione può prevedere che l’intervento venga eseguito mediante stralci

funzionali, ai quali collegare, sempre per identici stralci:

- oneri

18 Ai sensi dell’art. 16, comma 2 bis del T.U.E. (introdotto dall’art. 45 del D.L. 201/2011, convertito in Legge 22.XII.2011 n. 214) “Nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati, nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria…..di importo inferiore alla soglia comunitaria (5.000.000 Euro dal 1.1.2012 – Reg. U.E. 1251/2011) funzionale all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il D. L.vo 163/2006 (Codice dei Contratti Pubblici)”. Ai sensi dell’art. 32, c. 1 lettera g del predetto Codice, le norme del Codice stesso si applicano solo ai contratti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, per lavori pubblici da realizzare da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire.

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- opere di urbanizzazione

- e relative garanzie.

Ciò, in altri termini, significa che sia il pagamento degli oneri che l’esecuzione delle

opere di urbanizzazione (previste nella convenzione) possono essere oggetto di

obbligo di adempimento correlato alle singole porzioni di interventi da eseguire.

15.5 Il termine di validità del permesso di costruire, può essere “modulato”

(superando quindi il termine ordinario di tre anni dall’inizio dei lavori) in relazione

agli stralci funzionali previsti dalla convenzione.

15.6 Alla convenzione19

si applica la disciplina dettata dall’art. 11 della L. 7.8.1990

n. 241, ed in particolare:

a) l’obbligo di stipulare la convenzione per atto scritto; non è previsto che l’atto sia

pubblico, ma è evidente che la natura del contenuto della convenzione e la tutela

degli interessi delle P.A. esigono l’atto pubblico o scrittura autenticata, anche al fine

della eventuale trascrizione relative agli obblighi che incidono sui diritti reali, quali –

ad esempio – l’obbligo di cessione delle aree;

b) alla convenzione (“accordo”) si applicano i principi del Codice Civile in materia di

obbligazioni e contratti, se e in quanto compatibili;

c) il Comune può recedere unilateralmente dalla convenzione:

- per sopravvenuti motivi di pubblico interesse; (da esplicitare)

- fatto salvo il diritto del privato ad un “indennizzo” per gli eventuali pregiudizi

subiti.

15.7 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera q.

19 La convenzione ha funzione integrativa del procedimento concessorio, è da considerarsi modulo riconducibile agli accordi ex art. 11 L. 241/1990 (Cass. Civ., Sez. Un. 9.3.2012 n. 3689).

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Il riferimento è al nuovo articolo 28 bis (T.U.E.).

16 – Modifiche all’art. 31 (“Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in

totale difformità o con variazioni essenziali”)

16.1 Vengono introdotte in aggiunta alle sanzioni repressive di tipo reale (consistenti

nella demolizione e ripristino) sanzioni di tipo pecuniario nel caso di opere:

realizzate:

a) senza titolo abilitativo; 20

b) in totale difformità;21

c) con variazioni essenziali.22

20 Debbono essere considerate senza titolo le opere realizzate con un titolo decaduto, per decorso del termine iniziale e/o finale. 21 Sono in totale difformità, gli interventi “che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso” ovvero ”l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati dal progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile”. Occorre sottolineare che la norma non è riferita a tutte le opere realizzate in totale difformità, ma unicamente agli “organismi edilizi”; il regime sanzionatorio si applica solo ai casi in cui si sia realizzato un manufatto autonomo, non avente carattere accessorio, ma principale, diverso completamente dalle previsioni progettuali assentite col rilascio del titolo edilizio (costruzione aliud pro alio). “Pertanto tutte le opere pertinenziali e quelle che non danno luogo ad un immobile dotato di propria specifica – sul piano strutturale – e di autonomia su quello funzionale non costituiscono ipotesi di tali difformità” (“Autori Vari – Sanzioni amministrative in materia edilizia, Torino, 2014 pag. 366).

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16.2 Per gli abusi edilizi, sopra indicati, la normativa vigente prevede un

procedimento sanzionatorio di tipo reale che inizia con l’”ingiunzione”, ordinanza23

rivolta al proprietario dell’area e al responsabile dell’area di rimuovere o di demolire

l’opera abusiva, nel termine (non inferiore) a 90 giorni.

Orbene, la scadenza infruttuosa del termine fissato nell’ingiunzione, accertata con

apposito verbale (da notificarsi ai contravventori):

- determina, direttamente e autonomamente, la perdita della proprietà del manufatto

abusivo da parte del proprietario e l’acquisizione al patrimonio comunale;

- determina l’applicazione, contestualmente, di una sanzione pecuniaria di importo

compreso tra 2.000,00 e 20.000,00 euro.

16.3 Qualora risulti, in modo inequivocabile, che il proprietario dell’area è estraneo al

compimento dell’abuso (e, si aggiunge, si sia adoperato per impedire l’abuso, appena

venuto a conoscenza dello stesso), il manufatto dovrà essere comunque demolito dal

proprietario24

ma non determinerà l’acquisizione del bene abusivo al patrimonio del

Comune, mentre la sanzione pecuniaria sarà applicata al solo responsabile dell’abuso.

16.4 Ai sensi dell’art. 36, è prevista la possibilità di ottenere il permesso di costruire

in sanatoria per le opere abusive, qualora la domanda sia presentata nel termine

previsto nell’ingiunzione per procedere alla demolizione o alla rimozione

22 Per definire le variazioni essenziali si fa riferimento all’art. 32, e in Lombardia, all’art. 54 della L.R. 12/2005. 23 Secondo Centofanti (Diritto di costruire, pianificazione urbanistica, espropriazione, Milano 2010, pag. 1431) l’ingiunzione non deve essere preceduta da diffida. 24 Il manufatto resta abusivo e va comunque demolito dal Comune, a spese del contravventore, come va, ordinariamente demolito, il manufatto acquisito dal Comune al termine del procedimento sanzionatorio “reale”.

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dell’abuso.25

Ne segue che:

a) la presentazione della domanda sospende l’applicazione non solo della sanzione

demolitoria o ripristinatoria, ma anche della sanzione pecuniaria; la sospensione

opera sin tanto che sulla domanda venga presa la determinazione conclusiva da parte

del Comune (nel termine di 60 giorni dalla presentazione);

b) l’accoglimento della domanda di sanatoria, e quindi il rilascio del permesso di

costruire in sanatoria, determina il venir meno del fondamento giuridico per

l’applicazione di tutte le sanzioni, reali e pecuniarie, in quanto cessa il carattere

abusivo dell’opera realizzata.

c) il problema di quale effetto abbia sull’ingiunzione di demolizione il rigetto della

domanda di sanatoria ha avuto, in giurisprudenza e dottrina, tre ipotesi di soluzione:

● secondo una tesi, la domanda di sanatoria sospende l’efficacia dell’ingiunzione di

demolizione, efficacia che ricomincia a decorrere dalla data del diniego.26

25 Il limite ultimo per la presentazione della istanza di accertamento di conformità è costituito dalla esecuzione della sanzione amministrativa (Garofoli-Ferrari, Codice dell’Edilizia, Roma 2009, pag. 463) 26 Cons. Stato, sez. V, 31.3.2014 n. 1546 “L’ordine di demolizione è…..un atto vincolante che poggia sull’atto presupposto che accerta la presenza di un abuso edilizio, conseguentemente l’efficacia dell’ordine di demolizione resta sospesa all’indomani della presentazione della domanda di sanatoria, ma al momento in cui la stessa venga respinta, l’ordine di demolizione torna a spiegare i suoi effetti né appare necessario che l’amministrazione adotti un ulteriore ordine di demolizione, poiché la domanda di sanatoria non caduca l’ordine di demolizione, ma ne sospende gli effetti, che ricominciano a decorrere a far data dall’adozione del diniego di sanatoria”.

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● secondo un’altra tesi, con il rigetto della domanda di sanatoria l’ingiunzione di

demolizione riacquista la sua efficacia, con la sola precisazione che l’intero termine

concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione deve decorrere dal momento

in cui il diniego di sanatoria perviene a conoscenza dell’interessato. 27

● secondo una terza tesi, i provvedimenti repressivo-ripristinatori perdono la propria

efficacia in conseguenza della presentazione dell’istanza di sanatoria; di conseguenza

l’amministrazione comunale è obbligata ad adottare ex novo la misura sanzionatoria,

con l’assegnazione in tal caso di un ulteriore termine per adempiere.28

Quest’ultima tesi è ritenuta da parte della dottrina (M. Alessandra Sandulli: “T.U.

dell’Edilizia” Milano 2009 pag. 639) prevalente in quanto “la presentazione

dell’istanza di accertamento di conformità determina l’inefficacia dei precedenti

provvedimenti sanzionatori e comporta l’avvio di un procedimento che si conclude

con la formazione di un nuovo provvedimento, esplicito o implicito (di accoglimento

27 “Il termine concesso per l’esecuzione spontanea della demolizione decorre dal momento in cui il diniego perviene a conoscenza dell’interessato, che non può rimanere pregiudicato dall’aver esercitato una facoltà di legge e deve, pertanto, poter usufruire dell’intero termine a lui assegnato per adeguarsi all’ordine, evitando così le conseguenze negative connesse alla mancata esecuzione dello stesso” (T.A.R. Liguria, I, 25.3.2013 n. 523; idem 5.2.2011 n. 226; vedi anche “Sanzioni amministrative in materia edilizia” di Autori Vari, torino 2014, pag. 482; Di Gioia “Edilizia ed Urbanistica” Utet Torino 2009, pag. 704). 28 T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII 7.2.2014 n. 883 Vedi anche “Manuale di diritto urbanistico” VI edizione, Milano 2009, pag. 1157: “La presentazione della domanda ha l’effetto di rendere improcedibile il procedimento sanzionatorio amministrativo già iniziato e privi di ulteriore effetto gli atti sanzionatori compiuti. Va decisa anzitutto la domanda di accertamento di conformità e nel caso di reiezione deve essere rinnovato ogni atto del procedimento sanzionatorio già compiuto” .

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o di rigetto) che vale a superare il precedente provvedimento sanzionatorio”.

16.5 E’ evidente che il contrasto di opinioni circa le conseguenze del rigetto della

domanda di sanatoria si riflette specialmente sull’applicazione della sanzione

pecuniaria, legata unicamente alla constatazione dell’inottemperanza della

ingiunzione di demolizione, inottemperanza che si verifica in momenti diversi a

seconda della tesi relativa alla conseguenza del rigetto.

La pur isolata decisione del Consiglio di Stato, rende più autorevole la prima tesi, che

considera la presentazione della domanda di sanatoria un atto meramente interruttivo

del termine che ricomincia a decorrere dal momento in cui all’interessato viene

notificato il provvedimento di rigetto della domanda.

16.6 E’ da aggiungere ancora che:

a) la sanzione è sempre irrogata nella misura massima (20.000,00 euro) nel caso che

gli abusi siano realizzati sugli edifici e sulle aree assoggettate, da legge nazionale o

regionale, oppure dallo strumento urbanistico vigente o adottato:

- a vincolo di inedificabilità;

- destinate ad opere e spazi pubblici;

- destinate ad interventi di edilizia residenziale pubblica;

- soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato.

b) la mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio (fatte salve le

responsabilità penali: art. 328 C.P. “Omissione o rifiuto di atti di ufficio”) costituisce

elemento, a carico del dirigente e del funzionario inadempiente,

- di valutazione della performance individuale;

- di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile.

c) i proventi delle sanzioni hanno destinazione obbligata e cioè vanno impiegati per:

- demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive;

- acquisizione e attrezzatura delle aree destinate a verde pubblico.

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d) le Regioni possono:

- aumentare l’importo delle sanzioni pecuniarie;

- stabilire che le stesse siano periodicamente rinnovabili qualora permanga

l’inottemperanza all’ordine di demolizione.

16.7 La norma è contenuta nell’art. 17, c. 1 lettera q bis.

Il riferimento è all’art. 31, comma 4 bis, 4 ter, 4 quater (T.U.E.).

17 – Introduzione dell’art. 135 bis del T.U.E. (“Infrastrutturazione degli edifici con

impianti di comunicazione elettronica”)

17.1 L’art. 6 ter, introdotto dalla legge di conversione, ha aggiunto, al T.U. in materia

edilizia di cui al D.P.R. 380/2001, un nuovo articolo, il 135 bis dal titolo “Norme per

l’infrastrutturazione digitale degli edifici”.

L’articolo viene, quindi, a far parte della “Normativa tecnica per l’edilizia”, di cui

alla parte II del T.U.E.

17.2 Obblighi di nuova imposizione

a) Obbligo di “equipaggiare” l’edificio con una unica “infrastruttura fisica

multiservizio” passiva interna all’edificio, costituita:

- da adeguati spazi installativi;

- da impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali

di rete.

La norma definisce come “infrastruttura fisica multiservizio interna all’edificio” il

complesso delle installazioni presenti all’interno degli edifici, contenenti retei di

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accesso cablato in fibra ottica con terminazione fissa o senza fili che permettono di

fornire l’accesso ai servizi a banda ultralarga e di connettere il punto di accesso

dell’edificio con il punto terminale di rete”.

b) Obbligo di “equipaggiare” l’edificio di un “punto di accesso”.

La norma definisce come “punto di accesso”, il “punto fisico, situato all’interno o

all’esterno dell’edificio e accessibile alle imprese autorizzate a fornire reti pubbliche

di comunicazione, che consente la connessione con l’infrastruttura interna all’edificio

predisposta per i servizi di accesso in fibra ottica a banda ultralarga”.

c) In buona sostanza, la norma impone di prevedere, per gli edifici indicati al

successivo punto 17.3:

- tubazioni passacavi di diametro adeguato per il passaggio della fibra ottica

(cavidotti)

- cavi in fibra ottica con terminazione all’interno di ogni unità abitativa

(impianti di comunicazione ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti

terminali di rete)29

- armadi di terminazione ottica e tralicci (spazi installativi adeguati

all’installazione dei dispositivi elettronici)

Tutto questo per connettere il punto di accesso dell'edificio (la banda ultralarga sarà

portata da Telecom piuttosto che Fastweb) con il punto terminale di rete (dove

installare il modem dell’appartamento).

17.3 Edifici soggetti ai nuovi obblighi

17.3.1 Sono soggetti ai nuovi obblighi:

29 La fibra ottica è un filamento di materiale vetroso o polimerico per condurre i dati ad esempio internet ad alta velocità (Banda Ultra larga à da 30 Mbps a 100).

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a) edifici di nuova costruzione;

b) edifici oggetto di interventi di ristrutturazione “pesante”30

di cui all’art. 10, c. 1

lettera c T.U.E.31

e cioè interventi di ristrutturazione che comportino:

- modifiche alla volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti;

- mutamento delle destinazioni d’uso limitatamente agli immobili compresi nelle

zone A (per quanto riguarda la Lombardia, parificabile ai nuclei di antica formazione

individuati nel Piano delle Regole ex art. 10, c. 2 L.R. 12/2005);

- modificazione della sagoma di immobili sottoposti a vincolo ai sensi del D. L.vo

22.1.2004 n. 42.

17.3.2 Per entrambi i casi l’obbligo inizia per gli interventi oggetto di domanda di

titolo abilitativo presentata dopo il 1.7.2015.

E’ da annotare che la legge:

a) per le nuove costruzioni, faccia riferimento alla domanda di “autorizzazione

edilizia”, titolo non più esistente nella legislazione urbanistico-edilizia.

Data la finalità della norma per “autorizzazione edilizia” deve intendersi qualsiasi

titolo edilizio (permesso di costruire, superDIA) che abiliti la nuova costruzione.

b) per le ristrutturazioni pesanti, specifichi che le opere debbono richiedere, come

30 La nuova norma usa il termine di ristrutturazione “profonda”, che è termine nuovo ed è sinonimo di ristrutturazione “pesante”. 31 L’art. 10, c. 1 lettera c è stato modificato dall’art. 17 del D.L. 133/2014, convertito nella Legge in esame, eliminando negli interventi di ristrutturazione pesante, il divieto di aumentare le unità immobiliari o di modificare le superfici.

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titolo abilitativo, il permesso di costruire.32

17.4 Per gli edifici (nuovo o ristrutturati) “equipaggiati”

- dall’infrastruttura fisica multiservizio;

- dal punto di accesso;

è prevista la possibilità di “beneficiare…dell’etichetta volontaria e non vincolante di

“edificio predisposto alla banda larga”.

Tale etichetta è rilasciata da un tecnico abilitato per gli impianti “radiotelevisivi”, le

antenne e gli impianti elettronici in genere (art. 1, c. 2 lett. b Regolamento

Ministeriale 22.1.2008 n. 37).

La “etichetta” ha, con evidenza, la funzione di accrescere la appetibilità

dell’immobile (“ai fini della cessione, dell’affitto o della vendita dell’immobile”).

17.5 La norma è contenuta nell’art. 6.3.

Il riferimento è all’art. 135 bis (T.U.E.)

32 In Lombardia, gli interventi di ristrutturazione pesante possono essere oggetto di DIA (SuperDIA), ai sensi dell’art. 41, c. 1 della L.R. 12/2005, che consente la presentazione della DIA in alternativa alla istanza di permesso di costruire.

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B - SOSTITUZIONE DELL’ESPRESSIONE S.C.I.A. ALLA ESPRESSIONE

D.I.A. NEL T.U. PER L’EDILIZIA

1 – Viene stabilito che l’espressione D.I.A. (Denunzia di inizio attività ovunque sia

presente nel D.P.R. 380/2001 T.U.E.) venga sostituisca con l’espressione S.C.I.A.

(Segnalazione Certificata di Inizio Attività), fatta eccezione per i seguenti articoli del

T.U.E.:

- art. 22: “Interventi subordinati a denunzia di inizio attività”

- art. 23: “Disciplina della denunzia di inizio attività”

- art. 24, c. 3: “Certificato di agibilità” per gli interventi eseguiti in base a D.I.A.

2 – L’art. 22 al primo comma afferma che “sono realizzabili mediante D.I.A. gli

interventi

- non riconducibili all’elenco di cui all’art. 10 e all’art. 6,

- che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti

edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

Orbene:

a) l’esclusione degli interventi di cui all’art. 6 è comprensibile trattandosi di

interventi di “edilizia libera”, o semilibera soggetti a C.I.L. o a C.I.L.A.

b) gli interventi di cui all’art. 10, I comma, sono, nel T.U.E., soggetti unicamente a

permesso di costruire, ma non in Lombardia, per effetto di quanto dispone l’art. 41, I

c. L.R. 12/2005 sull’alternatività della D.I.A. al permesso di costruire:

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c) viene mantenuta la D.I.A. per le varianti ai permessi di costruire secondo la

disciplina dettata dall’art. 22, c. 233

nonché per gli interventi elencati all’art. 22 c. 3.

33 In Lombardia, sostituita dalla Comunicazione di Eseguita Attività, C.E.A. secondo quanto dispone l’art. 41, c. 2 L.R. 12/2005.

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C – MODIFICA DELLA LEGGE URBANISTICA (17.8.1942 n. 1150)

L’art. 28 della Legge Urbanistica nazionale, che ha per titolo “Lottizzazione di aree”,

vede inserita, dopo la disciplina della convenzione, una nuova disposizione, che

prevede che l’attuazione degli interventi previsti nelle convenzioni possa avvenire per

stralci funzionali “per fasi e tempi distinti”.

In tal caso, per ogni stralcio funzionale – nella convenzione – dovranno essere

quantificati gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare (e

le relative garanzie) “purchè l’attuazione parziale sia coerente con l’intera area

oggetto d’intervento”.

La norma è contenuta nell’art. 17, c. 4.

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D – NORME IN TEMA DI TUTELA CULTURALE E PAESAGGISTICA

1 – Le modifiche riguardano l’art. 146 in tema di “Autorizzazione Paesaggistica” e

prevedono:

a) l’abolizione della facoltà dell’Ente interessato (Comune – Provincia – Parco) di

indire una conferenza di servizi, in caso di inerzia del soprintendente protrattasi per

oltre 45 giorni dal ricevimento degli atti, e del conseguente termine per la pronuncia

da parte della conferenza di servizi (comma 9, I e II periodo). 34

b) l’obbligo dell’Ente competente a provvedere sulla domanda di autorizzazione,

decorsi inutilmente 60 giorni da quando il Soprintendente ha ricevuto gli atti (comma

9, terzo periodo che ha sostituito quello vigente, per altro di identico contenuto e

tenore).35

2 – a) Va ricordato che l’ultimo periodo del citato art. 146, prevedeva l’emanazione

di un regolamento che stabiliva “procedure semplificate per il rilascio

dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di

snellimento e concertazione dei procedimenti, ferma la esclusione di cui alla Legge

7.8.1990 n. 241, e precisamente:

- agli art. 19, comma 1 (esclusione della S.C.I.A. nei casi in cui sussistano vincoli

ambientali, paesaggistici o culturali)

- agli art. 20, comma 4 (esclusione del silenzio assenso nei procedimenti riguardanti

34 I due periodi erano già stati soppressi con il D.L. 31.5.2014 n. 83; ma con la conversione in Legge 29.7.2014 n. 106 la prevista soppressione è stata annullata. 35 E’ stato riprodotto – tale e quale – il terzo periodo dell’art. 9 già previsto dal D.L. 83/2014, ma soppresso dalla Legge di conversione 106/2014.

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il patrimonio culturale e paesaggistico etc.).

Il regolamento è stato emanato con D.P.R. 9.7.2010 n. 139, e nell’allegato a tale

D.P.R. sono elencati gli interventi di lieve entità soggetti ad autorizzazione

semplificata.

b) Coll’art. 12, comma 2 del D.L. 31.5.2014 n. 125 (convertito in L. 29.7.2014 n.

106) veniva indicato il termine di 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto

(31.5)

- per modificare il predetto regolamento “al fine di ampliare e precisare le ipotesi di

interventi di lieve entità”;

- nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali.

Il tutto, fermo restando l’esclusione di S.C.I.A. e del silenzio assenso.

c) Con la nuova norma, introdotta dall’art. 25, c. 2 del D.L. in esame, viene aggiunto

che nel regolamento verranno individuate:

- le tipologie di interventi per i quali l’autorizzazione paesaggistica non è richiesta;

- le tipologie di interventi di lieve entità che possano essere regolate anche tramite

accordi di collaborazione tra Ministero, Regione ed Enti locali “riguardo le materie

che coinvolgono competenze proprie delle autonomie locali”.

3 – La norma è contenuta nell’art. 25.

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