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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA”
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA INFORMATICA
TESI DI LAUREA IN CONTROLLI AUTOMATICI
Studio sperimentale degli effetti della retroazione in un sistema non lineare: il
caso di un amplificatore audio
CANDIDATO: RELATORE:
DANILO SPADA PROF. CLAUDIO GORI GIORGI
N° MATR. 09099780
ANNO ACCADEMICO 2003-2004
1
IInnddiiccee
2
Indice .................................................................................................................. 1
Introduzione........................................................................................................ 3
Aspetti teorici...................................................................................................... 5
1. Stabilità e sistemi in retroazione..................................................................... 6
La stabilità .......................................................................................... 6
La retroazione ................................................................................... 10
Criterio di Nyquist ............................................................................ 12
Esempio 1 ......................................................................................... 14
Sistemi in retroazione non lineari ..................................................... 16
Cicli limite ........................................................................................ 17
2. Il metodo della Funzione Descrittiva............................................................ 18
Stabilità dei cicli limite..................................................................... 21
Descrizione dell’amplificatore.......................................................................... 25
3. Descrizione del circuito ................................................................................ 26
4. Il layout ......................................................................................................... 35
Misure ............................................................................................................... 43
5. Le misure ...................................................................................................... 44
Note introduttive............................................................................... 44
Strumenti utilizzati............................................................................ 44
I dati .................................................................................................. 46
SNR................................................................................................... 74
Ulteriori considerazioni .................................................................... 75
Simulazione ...................................................................................................... 76
6. Matlab ........................................................................................................... 78
Il modello.......................................................................................... 78
Studio della stabilità ......................................................................... 81
Simulazioni ....................................................................................... 85
SNR................................................................................................... 92
Codice Matlab................................................................................... 93
FUNZIONI ....................................................................................... 93
GRAFICI .......................................................................................... 94
7. Spice ............................................................................................................. 96
Il modello.......................................................................................... 96
Simulazioni ....................................................................................... 96
Appendice Dati ............................................................................................... 104
3
IInnttrroodduuzziioonnee
4
E' ben noto che, nell'ambito dell'approssimazione lineare, la retroazione
permette di migliorare le prestazioni di un amplificatore audio aumentando la
banda passante e riducendo il rumore; tuttavia questi risultati non sono così
scontati quando si esce dall'ambito della teoria lineare e si portano in conto le
non linearità presenti nel sistema. E' opinione diffusa che la retroazione
linearizzi e quindi riduca la distorsione, ma non sempre questo effetto si
verifica e anzi, in taluni casi, la retroazione può aumentare la distorsione totale
dell'amplificatore o far comparire armoniche particolarmente sgradevoli
all'orecchio umano. Poiché in presenza di non linearità non è disponibile una
teoria completa e soddisfacente che aiuti il progettista come nel caso lineare, lo
studio sperimentale resta la principale strada da percorrere, con tutti gli
inconvenienti e i costi che ciò comporta.
Un'alternativa meno costosa e impegnativa è costituita dagli ambienti di
simulazione, quali Matlab e Spice, che però non sono del tutto affidabili nel
descrivere l'effettivo comportamento dei circuiti in campo non lineare.
Lo scopo di questa tesi è appunto lo studio di un amplificatore audio in cui
intervengono delle non linearità; lo stadio di uscita, infatti, lavora ad alti livelli
di potenza e per esso non è più lecito fare approssimazioni di linearità,
approssimazioni che pur restano valide per gli stadi che lo precedono. Il lavoro
si è svolto in tre momenti salienti: la costruzione di un amplificatore, la fase
delle misure ed infine il momento di confronto dei dati ottenuti con quelli
derivanti dalle simulazioni.
Si è scelto un progetto che costituisce un classico nel mondo dell’alta fedeltà,
sviluppato da John Linsley Hood e presentato su Wireless World nel 1969 e
per lungo tempo considerato uno dei migliori amplificatori per uso domestico,
paragonabile ai migliori Williamson valvolari.
La tesi si struttura in quattro parti, che riguardano rispettivamente gli aspetti
teorici, la descrizione dell’amplificatore sia in termini circuitali che
realizzativi, le misure e la simulazione.
Nel primo capitolo si è discussa la stabilità nei sistemi, lineari e non, anche in
presenza di retroazione. Si è introdotto poi il criterio di Nyquist ed il concetto
di ciclo limite.
Nel secondo capitolo si è parlato del metodo della Funzione Descrittiva, del
suo utilizzo per individuare i cicli limite e per determinarne la stabilità.
Nel terzo capitolo si è descritto il progetto dell’amplificatore e si è fatto vedere
come è stato realizzato il circuito di retroazione.
Nel quarto capitolo si è mostrato il layout scelto per l’amplificatore ed il suo
aspetto reale, utilizzando a questo scopo, sia i disegni iniziali che le foto
dell’apparecchio ultimato.
Nel quinto capitolo si sono poi riportate le misure fatte e, per ottenere una
migliore leggibilità, è stato largamente adoperato lo strumento dei grafici.
Il sesto e il settimo capitolo sono dedicati alle simulazioni, il primo con Matlab
ed il secondo con Spice. Sono emerse caratteristiche interessanti in entrambi gli
ambienti ed in molti casi i risultati sono stati piuttosto vicini ai dati
sperimentali.
L’ottavo capitolo è infine un’appendice, dove, per completezza, si sono voluti
riportare i tabulati dei dati di maggior interesse per un eventuale
approfondimento successivo.
5
AAssppeettttii tteeoorriiccii
6
11.. SSttaabbiilliittàà ee ssiisstteemmii iinn rreettrrooaazziioonnee
La stabilità Equation Section 1
Per introdurre il concetto di stabilità si fa riferimento ad un sistema ad una sola
variabile, supposto in condizione di quiete all’istante t=tο, ossia tale che per t<
tο tutte le variabili, sia di ingresso che di uscita, siano nulle (fig1.1).
Fig1.1
Se il sistema viene perturbato, per esempio con un segnale di ingresso
impulsivo come quello di fig1.2,
Fig 1.2
la risposta a tale perturbazione può presentare uno dei seguenti comportamenti
qualitativi:
a)La risposta rimane limitata (fig1.3):
7
Fig 1.3
Esiste cioè una costante M1 tale che:
( ) 1 0y t M t≤ ∀ ≥ (1.1)
b)La risposta diverge (fig1.4):
Fig 1.4
Non esiste in questo caso una costante M2 tale da verificare la seguente
disequazione:
( ) 2 0y t M t≤ ∀ ≥ (1.2)
c)La risposta converge asintoticamente a zero (fig1.5):
8
Fig 1.5
Esiste in quest’ultimo caso una costante M3 tale che:
( ) 3 0y t M t≤ ∀ ≥ (1.3)
e risulta inoltre:
lim ( ) 0t
y t→∞
= (1.4)
Il primo caso corrisponde ad un comportamento stabile, il secondo ad un
comportamento instabile, il terzo ad un comportamento asintoticamente
stabile.
Nel caso particolare dei sistemi lineari, il comportamento non dipende né dal
particolare punto di equilibrio, né dall’entità della perturbazione in ingresso e
questo proprio per la linearità. Un sistema lineare verrà quindi detto stabile,
instabile o asintoticamente stabile a seconda della risposta presentata ad un
qualsivoglia ingresso.
Nel caso più generale dei sistemi non lineari invece, il comportamento può
dipendere sia dal punto di equilibrio considerato che dalla perturbazione in
ingresso. In questo ambito allora, la notazione va affinata: un punto di
equilibrio si dirà globalmente stabile se presenta un comportamento stabile per
ogni perturbazione e globalmente asintoticamente stabile se presenta un
comportamento asintoticamente stabile per ogni perturbazione. Se infine si ha
stabilità per ogni punto di equilibrio, si dirà che il sistema è globalmente stabile
o globalmente asintoticamente stabile rispettivamente, a seconda dell’ entità
della stabiltà dei sui punti di equilibrio.
Nel seguito si illustreranno brevemente le condizioni di stabilità per i sistemi
lineari, si vedrà poi cosa succede aggiungendo il ramo di retroazione e cosa
comporta in generale questa aggiunta. Si studierà infine il caso dei sistemi che,
oltre alla retroazione, presentano una non linearità; quest’ultimo punto riveste
9
il ruolo di maggior interesse nel presente lavoro e verrà esaminato più in
dettaglio. L’ipotesi di stazionarietà sarà ritenuta sempre valida nei casi in
esame.
Per quanto riguarda i sistemi lineari stazionari a costanti concentrate, le cui
funzioni di trasferimento sono razionali fratte, la stabilità dipende dalla
posizione dei poli della funzione di trasferimento nel piano complesso. La
risposta impulsiva, infatti, ottenuta antitrasformando la funzione di
trasferimento, consiste in una somma di termini, detti modi, del tipo:
, , sin( )t tK K e K e tσ σ ω φ⋅ ⋅ ⋅ + (1.5)
e, se i poli sono multipli, del tipo:
, , sin( )a a t a tK t K t e K t e tσ σ ω φ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + (1.6)
in cui σ ed ω sono la parte reale ed immaginaria dei poli considerati, mentre a è
un intero compreso tra 1 ed r-1 dove r è la molteplicità dei poli considerati. Si
vede che la risposta rimane limitata se i poli hanno parte reale negativa ed
eventuali poli a parte reale nulla sono semplici.
Si ha allora il seguente teorema:
Condizione necessaria e sufficiente per la stabilità di un sistema lineare e
permanente è che la funzione di trasferimento non presenti poli a parte reale
positiva; eventuali poli a parte reale nulla siano inoltre semplici.
Condizione necessaria e sufficiente per la stabilità asintotica di un sistema
lineare e permanente è che la funzione di trasferimento presenti solo poli a
parte reale negativa.
10
La retroazione
Si affronta ora il caso di in un sistema lineare e stazionario, con caratteristiche
di stabilità, quando viene aggiunto un ramo di retroazione. Lo schema a blocchi
diventa quello di fig1.6:
Fig1.6
E’ noto che la retroazione porta vantaggi significativi se usata in sistemi di
controllo capaci di un buon guadagno in catena diretta, e senza significativi
disturbi nel ramo di retroazione; questo è dovuto al fatto che l’efficacia di
questa configurazione consiste nella possibilità di misurare lo scostamento E(s)
tra il valore della variabile controllata C(s) con quello della variabile di
riferimento R(s). Alla necessità di poter accedere con precisione alla grandezza
controllata segue allora quella di poterla controllare opportunamente.
Le proprietà fondamentali date dalla retroazione sono:
1.Minor sensibilità alla variazione di parametri: l’azione di controllo non
dipende in maniera per così dire “cieca” dal segnale riferimento, caso in cui
una eventuale variazione parametrica porterebbe ad un’azione di controllo
inadeguata. L’azione di controllo dipende invece dal valore attuale della
variabile controllata. Il sistema reagirà allora ad una variazione di parametri in
maniera più appropriata, “sentendo” in qualche modo le variazioni avvenute.
Sempre che, s’intende, tali variazioni rimangano confinate al ramo diretto.
11
2.Minore sensibilità ai disturbi (Fig1.7):
Fig1.7
Nel caso non retroazionato la variazione dell’uscita dovuta al disturbo
varrebbe:
1( ) 2( ) ( )C s G s D s= ⋅ (1.7)
Mentre nel caso retroazionato vale:
2
2( ) ( )( )
1 1( ) 2( ) ( )
G s D sC s
G s G s H s
⋅=
+ ⋅ ⋅ (1.8)
Si vede subito che, con G1(s) elevato, l’effetto del disturbo sull’uscita è molto
limitato.
3.Larghezza di banda:
Supponendo, per esempio, e con riferimento alla fig1.6, la funzione di
trasferimento del ramo di retroazione reale:
( )H s h= (1.9)
si può scrivere:
( ) 1 1( )
11 ( )
( )
G jGR j
h G j hh
G j
ωω
ωω
= = ≅+ ⋅ +
per |G(jω)|>>1 (1.10)
12
A dispetto delle possibili variazioni di G(jω) allora, per tutta la banda in cui
risulta
|G(jω)|>>1 (1.11)
la risposta armonica del sistema retroazionato GR(jω) rimane pressoché
costante; la banda passante risulta di conseguenza maggiore, come si vede dalla
seguente figura di carattere esemplificativo(fig1.8):
Fig1.8
La retroazione però, può in alcuni casi portare ad una sovracorrezione che,
invece di avvicinare, allontana la variabile controllata dal valore desiderato,
facendo oscillare il sistema fino a renderlo instabile. Dato che la stabilità è un
requisito fondamentale dei sistemi di controllo, sarà indispensabile verificarne
l’esistenza ogni qual volta si introduce una retroazione; uno dei problemi
fondamentali nel progetto di un sistema di controllo è proprio lo studio del
comportamento del sistema con retroazione, noto il comportamento in assenza
della stessa: non è detto infatti che un sistema mantenga la sua condizione di
stabilità o instabilità una volta retroazionato.
Esistono diversi metodi di studio applicabili in questa fase, tra cui il più
conosciuto è il criterio di Nyquist, che verrà di seguito illustrato.
Criterio di Nyquist
Si fa l’ipotesi, sempre verificata nel mondo reale, che il sistema sia tutto
raggiungibile ed osservabile; si considerino poi i polinomi caratteristici a ciclo
aperto e chiuso:
( ) det( )apd s sI A= − (1.12)
( ) det( )chd s sI A BC= − + (1.13)
13
Si tratta dei polinomi al denominatore delle rispettive funzioni di trasferimento
e le loro radici sono quindi i poli delle stesse. Tra questi polinomi e la funzione
di trasferimento del sistema a ciclo aperto sussiste la relazione (rif. Fig1.6):
( )1 ( ) ( )
( )
ch
ap
d sG s H s
d s+ ⋅ = (1.14)
Questa relazione può essere usata per ottenere informazioni sul numero di
radici con parte reale positiva o nulla del polinomio dCH(s) che, come noto,
corrispondono ai poli della funzione di trasferimento a ciclo chiuso.
Si indica con ZAP il numero di radici con parte reale positiva del polinomio
dAP(s) e con ZCH il numero di radici con parte reale positiva del polinomio
dCH(s).
Il criterio di Nyquist dice che il numero N di giri che il vettore rappresentativo
di G(jω)H(jω) compie, sul piano complesso, attorno al punto –1 in senso orario
quando ω va da -∞ a +∞ è:
ch apN Z Z= − (1.15)
Questa formula mette in relazione i poli a parte reale maggiore di zero della
funzione di trasferimento a ciclo chiuso con due parametri propri della
configurazione a ciclo aperto ed indica che un sistema retroazionato risulta
stabile asintoticamente se e solo se
apN Z= − (1.16)
In realtà, per stabilire l’esistenza di radici con parte reale maggiore di zero del
polinomio caratteristico a ciclo chiuso ZCH, sarebbe bastato il criterio di Routh.
L’efficacia del criterio di Nyquist però, che deriva dalla sua natura prettamente
grafica, è che consente di giudicare in qualche modo l’entità della stabilità,
rendendo facilmente individuabili sia il margine di fase che di guadagno. E’
inoltre utile in questa sede perché il tracciamento del diagramma di Nyquist è
parte integrante dello studio della stabilità dei sistemi non lineari mediante il
metodo della funzione descrittiva. Seguono esempi.
14
Esempio 1 In questo caso il diagramma non compie giri intorno al punto (-1,0) e quindi il
sistema retroazionato risulterà asintoticamente stabile se e solo se la funzione
di trasferimento del sistema a ciclo aperto non ha poli a parte reale positiva. In
questo caso il buon margine di guadagno Mg e di fase Mφ indicano una certa
robustezza del sistema, che tollererebbe anche un incremento di guadagno.
Fig 1.9
Esempio 2 Caso analogo al precedente. In questo caso però entrambi i margini di
guadagno Mg e di fase Mφ sono minori e quindi la stabilità del sistema risulta
più critica.
Fig 1.10
15
Esempio 3 In quest’ultimo caso il diagramma circonda due volte il punto (-1,0) in senso
orario e quindi il sistema retroazionato sarà sicuramente instabile, non potendo
ovviamente risultare:
2apZ = − (1.17)
Fig 1.11
16
Sistemi in retroazione non lineari
Si va ora a considerare il caso dei sistemi in retroazione non lineari, con
configurazioni tipo quella di fig 1.12. E’ bene ricordare che, per quanto spesso
sia preferibile avere a che fare con sistemi lineari, o trattare come tali sistemi
che in realtà non lo sono, esiste anche il caso in cui le non linearità non si
possono trascurare, o addirittura casi in cui si vuole proprio sfruttare una
caratteristica non lineare nell’ambito del progetto di un controllore.
Fig1.12
Si vuole precisare che non verrà affrontato uno studio dei sistemi non lineari
del tutto generale, ma ci si concentrerà su quei sistemi in retroazione in cui sia
presente un blocco non lineare rappresentabile con una funzione ingresso-
uscita istantanea e simmetrica, come quella rappresentata in figura. Queste
caratteristiche garantiscono che l’uscita abbia valor medio nullo e che sia
periodica per un ingresso periodico.
Per studiare il comportamento di un sistema non lineare in presenza di un
segnale di ingresso bisogna conoscere il punto di equilibrio in cui si trova sulla
curva che rappresenta la non linearità. Come è già stato detto infatti, in questi
sistemi il comportamento per piccoli segnali dipende dal punto di equilibrio
considerato; se è lecito operare una linearizzazione locale, poi, per applicare i
metodi propri dei sistemi lineari, anche la posizione dei poli e la stabilità
dipenderanno dal suddetto punto di equilibrio. Anche l’entità della
perturbazione può, a differenza dei sistemi lineari, influire sul comportamento
di questi sistemi, ma in generale nei sistemi di controllo si desidera che tutti i
punti di equilibrio siano stabili per qualsiasi segnale di ingresso.
17
Cicli limite Si è visto che quando un sistema lineare è al limite di stabilità (poli nulli o
immaginari puri), esso oscilla. L’oscillazione è sinusoidale con ampiezza che
dipende dalle condizioni iniziali e può assumere qualsiasi valore. Per i sistemi
non lineari le cose vanno diversamente. Data la presenza di armoniche di
ordine superiore e la presenza di saturazioni infatti, le oscillazioni perderanno il
carattere sinusoidale, pur restando periodiche, e rimarranno limitate. Un
sistema non lineare che oscilla può così assestarsi su oscillazioni di ampiezza
costante e indipendenti dalle condizioni iniziali. Queste oscillazioni
corrispondono a delle curve chiuse nello spazio di stato e prendono il nome di
cicli limite; questi possono anche risultare stabili, nel senso che, se il sistema
viene perturbato, vi si riporta. Nel caso dei sistemi non lineari dunque, oltre
alla stabilità dei vari punti di equilibrio si dovrà considerare l’esistenza e
l’eventuale stabilità dei cicli limite. Uno dei metodi più diffusi a questo
proposito è quello della Funzione Descrittiva.
18
22.. IIll mmeettooddoo ddeellllaa FFuunnzziioonnee DDeessccrriittttiivvaa
Equation Section 2
Questo metodo si usa per trattare non linearità istantanee e simmetriche, ad uno
o anche a più valori, la cui curva caratteristica possa essere assegnata in forma
analitica o grafica.
Si consideri un sistema come in figura, in cui si individua facilmente il blocco
non lineare. Si tratta di un sistema autonomo, ossia privo di ingresso. E’ lecito
usare un tale schema quando si è in presenza di un sistema di controllo che
abbia un sottosistema non lineare in catena diretta ed in cui l’ingresso sia nullo:
Fig 2.1
Si vuole vedere quali sono le condizioni per cui tale sistema in evoluzione
libera oscilla e diventa sede di un ciclo limite.
Se esiste un ciclo limite, all’uscita della non linearità si troverà un segnale ( )y t
periodico ma non sinusoidale; la non linearità infatti introduce una distorsione
che si manifesta con la presenza di armoniche di ordine superiore. Il blocco
F(s), supposto lineare, si comporta come filtro passa basso e lascia passare solo
la componente fondamentale del segnale: questa è l’ipotesi dell’azione
filtrante. All’ingresso della non linearità si presenta allora un segnale
sinusoidale costituito dall’armonica fondamentale. Se le armoniche di ordine
superiore hanno tutte ampiezza minore del 10% di quella della prima armonica,
l’ipotesi dell’azione filtrante può ritenersi valida e diventa lecito trascurare la
distorsione introdotta dalla non linearità.
Detto allora:
( ) sin( )x t X tω= ⋅ (2.1)
19
Il segnale y(t) può esprimersi secondo lo sviluppo in serie di Fourier:
1
( ) ( cos sin )n n
n
y t a n t b n tω ω∞
=
= ⋅ + ⋅∑ (2.2)
ove :
1( ) cosna y t n t d t
π
π
ω ωπ −
= ⋅∫ (2.3)
1( ) sinnb y t n t d t
π
π
ω ωπ −
= ⋅∫ (2.4)
Si può anche porre:
1
( ) sin( )n n
n
y t Y n tω ϕ∞
=
= ⋅ +∑ (2.5)
essendo :
2 2
n n nY a b= + (2.6)
nn
n
aartg
bϕ = (2.7)
I valori di an, bn, Yn, ϕn sono di solito funzioni dell’ampiezza X del segnale di
ingresso.
La funzione descrittiva della non linearità è per definizione quel numero
complesso, funzione di X, il cui modulo è il rapporto tra l’ampiezza dell’
armonica fondamentale in uscita e l’ampiezza del segnale d’ingresso e la cui
fase è uguale allo sfasamento tra la fase dell’armonica fondamentale in uscita e
la fase del segnale d’ingresso. La funzione descrittiva può essere assimilata alla
risposta armonica, in cui però la dipendenza è rispetto all’ampiezza X del
segnale sinusoidale in ingresso, e non rispetto alla pulsazione dello stesso.
1 ( )
1
1( ) ( ) j XD X Y X e
X
ϕ= ⋅ ⋅ (2.8)
20
Secondo quanto detto, supponendo che l’ipotesi dell’azione filtrante sia
soddisfatta perfettamente e che il sistema in evoluzione libera sia sede di un
ciclo limite, deve aversi:
- ( ) ( ) ( ) ( )x t D X F j x tω= ⋅ ⋅ (2.9)
ossia:
-1 ( ) ( )D X F jω= ⋅ (2.10)
equivalente alle due relazioni:
( ) ( ) 1D X F jω⋅ = (2.11)
1( ) arg ( ) (1 2 )X F jϕ ω ν π+ = + con ν intero (2.12)
Queste sono le condizioni di esistenza di un ciclo limite.
Vengono coinvolte, come si vede, due funzioni a valori complessi e la
soluzione può essere trovata per via grafica sul piano di Nyquist. Si disegnano
le due curve che rappresentano la F(jω) e la 1
( )D X− , chiamate luogo delle
frequenze e luogo delle ampiezze rispettivamente, ed ogni loro intersezione
rappresenta un ciclo limite con ampiezza e frequenza dati dalle ascisse correnti
in quel punto.
Fig 2.2
21
Stabilità dei cicli limite Per vedere se un eventuale ciclo limite risulta stabile o meno, si può ancora
usare la funzione descrittiva e fare riferimento alla stessa rappresentazione
grafica mediante la quale se ne è appurata l’esistenza. Si è detto che la stabilità
di un ciclo limite si manifesta con la tendenza del sistema a riportarvisi, in
seguito ad una piccola perturbazione. Con riferimento alla figura 2.3 si può
allora considerare il segnale all’uscita del blocco non lineare y(t) e vedere cosa
accade se, rimanendo qualitativamente sinusoidale, si fa variare lentamente la
sua ampiezza; si può porre:
( ) sinty t e tα ω≅ ⋅ (2.13)
In cui α è una costante molto piccola il cui segno comporta una crescita o una
diminuzione, comunque leggere, dell’ampiezza del segnale y(t) nel tempo. Il
blocco lineare del sistema risponde, con questo segnale in ingresso, con
modulo e fase della funzione F(α + jω ) e dato che la F è una trasformazione
conforme dal piano s al piano di Nyquist, mantiene le orientazioni:
Fig 2.3
Questo significa che, se risulta:
0α < (2.14)
la retta Re(s)=α , percorsa nel verso delle ω crescenti, lascia alla sua destra
l’asse immaginario.
Piano s Piano Nyquist
F( 1α +jω)
1α 2α
F( 2α +jω)
F(jω)
22
Se invece si ha:
0α > (2.15)
la retta Re(s)=α , percorsa sempre nel verso delle ω crescenti, lascia l’asse
immaginario alla sua sinistra.
Si immagini ora di avere una curva 1
( )D X− che giace sull’asse reale negativo,
come quella rappresentata in rosso in figura 1.16:
Fig 2.4
Le frecce indicano il senso crescente delle rispettive ascisse correnti ed il punto
P, di intersezione tra la curva F(jω) e la curva 1
( )D X− , rappresenta il ciclo
limite, come al solito.
Si nota nell’esempio in figura che, se una perturbazione genera una variazione
avente unaα positiva, la curva di interesse per individuare il ciclo limite
diventa quella che rappresenta la F( 2α +jω), tratteggiata in verde in figura.
L’informazione che si trae dalla rappresentazione grafica è che un aumento
positivo dell’ampiezza del ciclo limite farebbe spostare il punto P su un valore
di X minore. Ci si trova davanti ad una contraddizione: partendo infatti
dall’ipotesi che l’ampiezza del ciclo limite stesse aumentando, si è arrivati ad
affermare che l’ampiezza X dello stesso fosse diminuita.
D’altra parte, se la variazione di ampiezza avvenisse con una α negativa, con
ragionamento analogo, si vedrebbe il punto P spostarsi su un valore di X
Piano di Nyquist
F( 1α +jω)
1
( )D X−
P
F( 2α +jω)
F(jω)
23
maggiore. Anche in questo caso ci si troverebbe di fronte ad una
contraddizione. Entrambi i risultati danno conto della stabilità del ciclo limite
preso in esame; una eventuale variazione infatti, sia positiva che negativa
dell’oscillazione, è contrastata dal sistema stesso.
Si esamini ora il caso in cui l’andamento della curva rappresentante la 1
( )D X−
sia opposto rispetto al caso precedente:
Fig 2.5
Questa volta, se una perturbazione genera una variazione di ampiezza conα
positiva, la curva che rappresenta la F( 2α +jω), individua un punto di
intersezione P cui corrisponde un valore di X maggiore; d’altra parte, se la
variazione di ampiezza avviene con α negativa, il punto P è individuato dalla
curva F( 1α +jω), ossia si sposta su un valore minore di X. In entrambi i casi si
trova un risultato in accordo con l’entità della variazione. Ci si trova di fronte
ad un ciclo limite instabile che non si oppone ad una eventuale variazione di
ampiezza delle sue oscillazioni.
Il risultato generale cui si perviene è che un ciclo limite è stabile se,
percorrendo sul piano di Nyquist la curva che rappresenta la F(jω) secondo le
ω crescenti, questa interseca la curva che rappresenta la 1
( )D X− lasciandosi a
sinistra il senso delle X crescenti.
Piano di Nyquist
F( 1α +jω)
1
( )D X−
P
F( 2α +jω)
F(jω)
24
Quello della funzione descrittiva è un procedimento piuttosto semplice da
usare, sia nella fase di ricerca che di studio di eventuali cicli limite. Non è un
metodo rigoroso, ma è soddisfacente nella maggior parte dei casi di interesse
pratico, come in quello qui in esame.
25
DDeessccrriizziioonnee ddeellll’’aammpplliiffiiccaattoorree
26
33.. DDeessccrriizziioonnee ddeell cciirrccuuiittoo
Equation Section 3
In questa sezione si vuole descrivere brevemente il funzionamento del circuito
di amplificazione. Si procederà dallo stadio di uscita per risalire, a ritroso
rispetto al percorso seguito dal segnale, fino allo stadio di ingresso.
Lo stadio di uscita è rappresentato nella figura 3.1:
Q1
Q2
VCC
C1
RL
Drive1
Drive2
'X'
Fig.3.1
Si tratta di una configurazione conosciuta come totem pole in cui il transistor di
potenza Q2 lavora in classe A ed il transistor di potenza Q1 funge da carico
attivo. La capacità C1 serve per disaccoppiare il carico di uscita dalla
componente di tensione continua dovuta alla polarizzazione dei transistor e
determina, insieme al carico di uscita stesso, la costante di tempo RC relativa
alla frequenza di taglio inferiore.
Quando un finale lavora in classe A, esso conduce per tutto il periodo del
segnale di ingresso e nella configurazione più semplice si ha un unico transistor
munito di un carico resistivo sul collettore; l’efficienza di conversione di
potenza tuttavia risulta così molto limitata, dell’ordine del 12%. Con un carico
attivo come in questo caso, invece, l’uscita è pilotata in maniera push-pull, e
si ottiene un’efficienza migliore. Per pilotare questi due transistor con segnali
di ampiezza opportuna ed in controfase si inserisce un terzo transistor, Q3, che
funge appunto da stadio pilota.
27
L’aggiunta di questo terzo transistor viene mostrata nella seguente figura 3.2:
Q1
Q2
VCC
C1
RL
Drive1
Drive2
Q3
R2
R1
Vin 'X'
Fig.3.2
Dato che Q1 si trova in configurazione emitter-follower, la sua tensione di base
varierà, in concomitanza alla tensione di emettitore, in tutto il range di uscita,
approssimativamente da 0 a Vcc Volt. La resistenza R2 viene allora sostituita
con un circuito di boot-strap, e questo per evitare che, quando l’emettitore di
Q1, e quindi la sua base, si avvicinano alla tensione di alimentazione, la sempre
minore tensione ai capi di R2 determini una diminuzione di corrente, tale da
portare il transistor all’interdizione.
Come si vede nella seguente figura 3.3, R2 viene divisa in due nuove
resistenze, con una capacità collegata tra il loro punto di mezzo e l’emettitore
di Q1. All’accensione la capacità C5 si carica ad una tensione che è circa la
metà di quella di alimentazione. Durante il funzionamento, poi, mantiene
questa differenza di potenziale tra i punti in cui è collegata, e di rimando tra i
capi di R10, fornendo all’occorrenza corrente utile a Q1.
28
Q1
Q2
VCC
C1
RL
Drive1
Drive2
Q3
R9
R1
Vin
R10C5
'X'
Fig.3.3
Lo stadio di ingresso infine è costituito da un transistor PNP in configurazione
emitter-follower, come si vede dalla seguente figura 3.4:
Q1
Q2
VCC
C1
RL
Drive1
Drive2
Q3
R2
R3
R4
C5
'X'
R5
R6
R7
R8
IN C2
Q4 R10
C3
Fig.3.4
29
Questo transistor serve da buffer, per fornire un’alta impedenza di ingresso; la
base è connessa ad un partitore resistivo che la tiene a circa metà della tensione
di alimentazione Vcc. Si nota che su questo stadio è presente una
controreazione; il segnale infatti, prelevato dal punto ‘X’, viene collegato
all’emettitore di Q4 tramite il partitore costituito da R8 ed R10 (la capacità C3
serve per bloccare la continua). In questo modo la tensione continua presente
nel punto ‘X’ in assenza di segnale viene regolata dal partitore presente sulla
base di Q4 tramite il ramo di retroazione.
Il guadagno di tensione ingresso uscita di questo circuito risulta:
8
10
1R
AR
= + (3.1)
Infatti la base e l’emettitore di Q4 distano sempre circa 0,6 Volt e quando in
uscita è presente un segnale di ampiezza X, alla base di Q4 sarà presente un
segnale di ampiezza circa:
10
8 10
RX
R R⋅
+ (3.2)
Dato che il guadagno di questo primo disegno presentava una banda che
arrivava fino a 150 Khz, per evitare autooscillazioni, amplificazioni di rumore
bianco ed il fenomeno del ringing, sono state aggiunte delle reti RC per
limitare la larghezza di banda, come evidenziato nella seguente figura 3.5:
Q1
Q2
VCC
C1
RL
Drive1
Drive2
Q3
R2
R3
R4C5
'X'
R5
R6
R7
R8
IN C2
Q4
R10
C3
C4
C6
R11
C7
Fig.3.5
Con queste correzioni la frequenza di taglio è stata portata intorno ai 60 Khz.
30
Di seguito sono riportate le immagini dell’oscilloscopio relative a misurazioni
fatte sui vari punti del circuito, per mostrare l’andamento del segnale.
Sono rappresentati in questa prima immagine l’ingresso, in viola, ed il segnale
alla base di Q4, in giallo; il segnale in giallo risulta minore perché prelevato a
monte del potenziometro di ingresso:
Fig 3.6
31
In figura 3.7 si vede invece l’andamento del segnale sulla base di Q3; qui la
tensione rimane praticamente invariata, dato che sia Q3 che Q2 sono sempre in
conduzione; in questo punto si riscontrerà allora sempre una tensione di circa
1,4 Volt:
Fig 3.7
32
L’ immagine 3.8 è relativa al segnale presente sul collettore di Q3:
Fig 3.8
33
L’ immagine 3.9 rappresenta il segnale amplificato, prelevato sul punto X; si
nota che lo stadio di uscita non amplifica la tensione, ma la corrente:
Fig 3.9
34
Si mostra infine il circuito usato per effettuare la retroazione:
100%
Potenziometro_IN
IN 1
2
3
5%
RLOUT
NEW_IN
R
R
R
R
Fig 3.10
E’ un sottrattore non pesato realizzato mediante un amplificatore operazionale.
La resistenza di carico RL, rappresentata con un potenziometro, è in realtà un
potenziometro messo parallelo ad RL e serve per salvaguardare i finali in caso
di accensione dell’apparecchio senza carico. Per il ruolo rivestito nello schema
qui presente tuttavia, in cui indica il sito dove viene prelevato il segnale di
retroazione, è del tutto equivalente. L’uso delle etichette aiuta a riferire il
presente schema a quello principale.
35
44.. IIll llaayyoouutt
Il layout generale, come inizialmente concepito, è quello riportato in figura:
Fig 4.1
Rispetto a questa prima versione si è successivamente deciso di inserire il
trasformatore all’interno dello chassis, per motivi estetici, e di utilizzare due
dissipatori di calore per i transistor finali invece che uno solo, per farli lavorare
a temperature più basse, come schematizzato nella seguente figura:
36
Fig 4.2
Per la realizzazione si è scelto di utilizzare uno chassis 30x23x8. Si tratta di un
alloggiamento piuttosto comodo per questa realizzazione, tale da favorire le
modifiche durante lo studio delle diverse configurazioni del circuito
direttamente in loco, in linea con la natura sperimentale del progetto.
I condensatori di maggior volume sono stati disposti su un supporto e, tramite
questo, fissati allo chassis; in questo modo si è evitato uno scomodo ingombro
laddove si è intervenuto più di sovente: sulla basetta. Per quanto riguarda il
trasformatore poi, si è preferito un modello toroidale, per evitare che ci fossero
disturbi di carattere magnetico al resto dei componenti. In questo tipo di
trasformatore infatti, le linee del campo magnetico generato dagli avvolgimenti
rimangono confinate all’interno del nucleo. Il trasformatore è stato fissato
direttamente allo chassis e, come ulteriore accorgimento nella prevenzione di
disturbi magnetici, si è fatta attenzione a non tenerlo troppo vicino ad altri
componenti. Anche il ponte raddrizzatore, infine, è stato ancorato direttamente
allo chassis.
Gran parte del circuito ha trovato posto su una basetta di bakelite perforata, con
fori da 4mm; la scelta è stata suggerita dalla natura di questo supporto, molto
resistente e facilmente lavorabile. Al contrario di un supporto PCB (printed
circuit board) o di una millefori, infatti, questo permette che i componenti
vengano aggiunti e rimossi quante volte si vuole, senza subire alterazioni per
via del calore o dello stress che inevitabilmente è comportato da ripetute
saldature. L’ancoraggio alla struttura portante si è ottenuta mediante distanziali
di ottone da 1cm. Il disegno originale della basetta è quello di seguito riportato.
Si nota che sono presenti diversi fori (indicati in rosso), oltre a quelli
strettamente necessari e questo per permettere l’aggiunta di nuovi componenti
in fase di sperimentazione. I collegamenti sono disposti sulla stessa faccia dei
37
componenti, sia per dar modo di fare cambiamenti senza dover smontare ogni
volta la basetta dallo chassis, sia per avere una più agevole “leggibilità” del
circuito.
Fig 4.3
Le due resistenze R10 ed R2 sono state rese variabili in fase di
sperimentazione, come indicato nell’immagine seguente; questo per regolare la
corrente nei finali e la tensione di base del primo transistor rispettivamente:
38
Fig 4.4
Sul pannello frontale hanno trovato posto l’interruttore, le prese jack d'ingresso
e d'uscita, il regolatore di volume ed un led che, acceso, indica lo stato di ON
dell’apparecchio.
Fig 4.5
Sul pannello posteriore sono stati alloggiati i dissipatori di calore dei due
transistor finali e l’ingresso del cavo di alimentazione, con relativo fusibile.
39
Fig 4.6
I dissipatori si sono resi necessari sia per i transistor finali che per quello dello
stadio pilota. I transistor, infatti, dissipano una data potenza senza
danneggiamenti, solo se tenuti al di sotto di una corrispondente temperatura.
Qui di seguito è riportata la curva di derating relativa ai 2N3055. In base ad
essa e ai dati relativi alla dissipazione termica riportati nel datasheet si sono
scelti due dissipatori 9x3x7 e sono stati disposti sul retro dello chassis per
sfruttare uno scambio termico direttamente con l’esterno.
Fig 4.7
40
Per il TIP29C si è scelto invece un dissipatore 3x1x2, da alloggiare
direttamente sulla basetta perforata, per via della bassa potenza in gioco in
questo caso.
Fig 4.8
La seguente figura illustra l’apparecchio nella sua configurazione base, visto
dall’alto. L’aggiunta delle due resistenze ceramiche rispetto al layout iniziale
si è resa necessaria durante le sperimentazioni. Quella da 2.2Ω è stata inserita
per abbassare la tensione di alimentazione del circuito, ottenendo così l’effetto
di dissipare minor potenza nei finali, mentre quella da 1Ω è servita per
monitorare la corrente di ingresso e tenerla costante durante le misure.
Fig 4.9
41
In fase di sperimentazione è stato inoltre aggiunto un circuito di retroazione,
costituito da un amplificatore operazionale in configurazione sottrattore e dal
relativo circuito di alimentazione. Gran parte dei nuovi componenti hanno
trovato posto su una basetta millefori 4x10 che è stata quindi fissata, mediante
un suporto in plastica, direttamente alla spalla dello chassis utilizzando le viti
stesse della struttura portante (Fig 4.10).
Fig 4.10
42
L’unico componente che non si trova sulla millefori è il nuovo trasformatore,
resosi necessario per alimentare l’operazionale con una tensione sia positiva
che negativa. In questo caso si è potuto scegliere un trasformatore
convenzionale perché lavorando a bassi livelli di potenza non è sede di
fenomeni magnetici tali da poter influenzare il circuito circostante. Si è
comunque cercato di tenerlo ad una distanza conveniente dagli altri
componenti (Fig 4.11).
Fig 4.11
43
MMiissuurree
44
55.. LLee mmiissuurree
Equation Section 5
Note introduttive Per effettuare le misure presentate di seguito si è regolata la corrente di
alimentazione dell’amplificatore a 0,95 A per salvaguardare i transistors finali.
La configurazione usata è quella rappresentata in figura (Fig 5.1); la scelta di
utilizzare una resistenza di carico da 11Ω è dovuta al fatto che l’amplificatore è
stato progettato per lavorare con un carico maggiore o uguale di 8Ω:
Fig 5.1
Strumenti utilizzati
1. Helwett Packard 3311A Function Generator, un generatore di segnali
sinusoidali, di onde quadre e triangolari di frequenza compresa tra 0,1
Hz e 100 Khz.
2. Tester digitale VALEX 3000.
3. Easy Scope Version 1.0, un oscilloscopio digitale per PC.
4. Helwett Packard 3581C Selective Voltmeter, un voltmetro selettivo.
Di questi strumenti l’ultimo merita una descrizione più dettagliata. Si tratta di
un analizzatore di spettro che lavora con il principio del “tunable filter” (del
filtro accordato si potrebbe tradurre), con le caratteristiche però dei moderni
Generatore di
segnale
sinusoidale
Amplificatore
Analizzatore
spettro
Rload
11Ω
Controllo
potenza
costante
45
strumenti di questa famiglia, come il controllo automatico della frequenza e lo
sweep elettronico. Il range di sensibilità per i segnali in ingresso va da 0.1 µV
rms a 30 V rms. Nella configurazione standard a ciclo aperto, lo strumento
permette di individuare le componenti di un segnale in ingresso e di
analizzarne la distribuzione di energia nella frequenza, mentre nella
configurazione a ciclo chiuso può essere usato come analizzatore di reti. La
configurazione di utilizzo in questa sede è stata quella a catena aperta.
Fig 5.2
Con riferimento alla figura 5.2, il segnale in ingresso x(t) viene modulato con
un segnale proveniente dal VTO, la cui frequenza dista esattamente 100 Khz
dalla frequenza di interesse (modulazione eterodina). In questa maniera la
componente del segnale in ingresso alla frequenza di interesse viene traslata
proprio a 100 Khz. Su questa frequenza è poi centrato il filtro IF, all’uscita del
quale viene misurata l’ampiezza del segnale. Questo filtro, la cui risposta
approssima una gaussiana, ha ampiezza di banda passante variabile mediante i
settaggi del pannello frontale dello strumento.
Si è regolata la potenza sul carico a diversi livelli, in più serie di misure, per
avere una panoramica sul funzionamento in ogni configurazione di lavoro.
Sono state effettuate misure sulla potenza e sul guadagno dell’amplificatore,
sul rapporto segnale rumore (SNR), sul contenuto di armoniche nel segnale in
uscita e si è calcolata la distorsione armonica totale (THD). Per quanto riguarda
quest’ultimo parametro, che misura il livello di distorsione introdotto
dall’amplificatore, la formula con cui si calcola è:
46
2
2 2 2
3 .. nTHD D D D= + + + (5.1)
laddove:
1/i iD X X= (5.2)
essendo iX l’ampiezza dell’armonica i-esima. Di solito il THD si esprime in
decibel o in percentuale dell’armonica fondamentale, come in questo caso. Un
amplificatore audio alta fedeltà dovrebbe avere un THD<1%.
I dati I dati vengono presentati dapprima sotto forma di grafici, per averne una lettura
più immediata, poi a fine cpitolo sono riportati anche i tabulati. Ogni grafico ha
un titolo che indica la configurazione di utilizzo dell’amplificatore ed una
legenda esplicativa nei casi in cui lo stesso grafico si riferisce a più
configurazioni.
Potenza (no retroazione)
01234567891011
10 100 1000 10000 100000
Hz
W
Fig 5.3
Questo primo grafico rappresenta l’andamento della potenza dell’amplificatore
al variare della frequenza. Si nota come la potenza effettiva di 10 W sia erogata
solamente a centro banda.
47
Guadagno
20000100
100000
20
-50-40-30-20-100102030
1 10 100 1000 10000 100000 1E+06
Hz
Guadagno dB
Gain_no_retr
Gain_retr_50_Ohm
Gain_retr_100_Ohm
Fig 5.4
In questo grafico è rappresentato l’andamento del guadagno dell’amplificatore
per tre diverse forme di retroazione. Come ci si aspettava, all’aumentare della
retroazione diminuisce il guadagno ed aumenta la banda passante.
I grafici successivi riportano:
- le misure effettuate con il voltmetro selettivo;
- il THD, calcolato sulle prime sette armoniche, al variare della frequenza
dell’armonica fondamentale;
THD% in funzione della frequenza (1W)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.5
48
Valori armoniche ad 1 W
0,0000
0,0100
0,0200
0,0300
0,0400
0,0500
0,0600
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.6
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
ad 1 W
-100
-80
-60
-40
-20
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.7
49
Valori armoniche ad 1 W
0,0000
0,0100
0,0200
0,0300
0,0400
0,0500
0,0600
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.8
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0100
0,0200
0,0300
0,0400
0,0500
0,0600
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche ad 1 W
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.9
50
THD% in funzione della frequenza (5W)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.10
Valori armoniche a 5 W
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.11
51
Valori armoniche a 5 W
0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
0,2500
0,3000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.12
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
0,2500
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche a 5 W
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.13
52
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
a 5 W
-80
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.14
THD% in funzione della frequenza (10 W)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.15
53
Valori armoniche a 10 W
0,0000
0,1000
0,2000
0,3000
0,4000
0,5000
0,6000
0,7000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.16
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
a 10 W
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.17
54
Valori armoniche a 10 W
0,0000
0,2000
0,4000
0,6000
0,8000
1,0000
1,2000
1,4000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.18
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,2000
0,4000
0,6000
0,8000
1,0000
1,2000
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche ad 10 W
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.19
55
Valori medi armoniche ad 1 W
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.20
Valori medi armoniche a 5 W
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.21
56
Valori medi armoniche a 10 W
0,0000
0,1000
0,2000
0,3000
0,4000
0,5000
0,6000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.22
Dall’esame di questi primi grafici, riferiti alla configurazione senza
retroazione, si nota come il THD prima diminuisca nel passaggio dalla
configurazione ad 1W di uscita a quella di 5W, per poi aumentare di nuovo
nella configurazione a 10W. Per quanto riguarda le componenti armoniche,
sono stati riportati sia i dati riferiti a diverse frequenze della fondamentale, sia
quelli ottenuti come media fatta su varie frequenze della fondamentale stessa.
Con riferimento ai grafici relativi ai valori medi, che ben si prestano a
considerazioni generali, oltre ad un’ovvio aumento dei valori delle varie
armoniche, è interessante prendere atto dello scambio di ruolo che avviene tre
la seconda e terza armonica, come armonica dominante, all’aumentare della
potenza erogata.
Nel campo dell’audiofilia, le armoniche di ordine pari sono considerate quelle
buone, quelle cioè che rendono il suono più rotondo, mentre quelle dispari,
essendo stonate, non sono molto desiderate; rendono infatti il suono più
disarmonico. Dall’ andamento riscontrato si potrebbe allora dire, e l’orecchio
in effetti lo conferma, che ad un livello più alto di potenza, il suono prodotto
dall’amplificatore risulta migliore, con una timbrica più calda.
I prossimi grafici rapprsentano i dati ottenuti in configurazione retroazionata,
con un segnale di retroazione di ampiezza pari al 5% del segnale di uscita. Le
misure sono state fatte ad un livello di potenza di 1W e 5W , mentre non è stato
possibile effettuarle a 10W perché l’amplificatore non riesce più ad erogare
questa potenza in presenza di retroazione. Uno degli effetti della retroazione,
come già detto ed osservato, è infatti una riduzione del guadagno.
57
THD% in funzione della frequenza (1W_r_5%)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.23
Valori armoniche ad 1W_r_5%
0,0000
0,0050
0,0100
0,0150
0,0200
0,0250
0,0300
0,0350
0,0400
0,0450
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.24
58
Valori armoniche ad 1W_r_5%
0,0000
0,0050
0,0100
0,0150
0,0200
0,0250
0,0300
0,0350
0,0400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.25
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0050
0,0100
0,0150
0,0200
0,0250
0,0300
0,0350
0,0400
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche ad 1W_r_5%
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.26
59
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
ad 1W_r_5%
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.27
THD% in funzione della frequenza (5W_r_5%)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.28
60
Valori armoniche a 5W_r_5%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.29
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
a 5W_r_5%
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.30
61
Valori armoniche a 5W_r_5%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.31
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche a 5W_r_5%
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.32
62
Valori medi armoniche ad 1W_r_5%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
0,1600
0,1800
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.33
Valori medi armoniche a 5W_r_5%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
0,1600
0,1800
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.34
Questi grafici danno un’idea di cosa accade quando si introduce una
retroazione di ampiezza pari al 5% del segnale di uscita. Se si mettono a
confronto con quelli ottenuti in assenza di retroazione si nota che alla potenza
di 1W si registra un leggero aumento sia del THD che dell’ampiezza delle
varie armoniche, come se la retroazione avesse introdotto una non linearità.
Questo comportamento può trovare una spiegazione nel fatto che ad 1W nella
configurazione non retroazionata l’amplificatore lavora in una zona ben
63
approssimabile come lineare, mentre per erogare la stessa potenza in presenza
di retroazione deve spostarsi leggermente verso la zona di lavoro non più
lineare.
Alla potenza di 5W, invece, l’amplificatore lavora in una zona non più lineare
già nella configurazione senza retroazione e questo spiega i valori assunti dalle
armoniche in questo caso. L’aggiunta della retroazione, allora, svolge da una
parte la funzione di linearizzazione facendo scendere in generale il valore delle
armoniche, dall’altro costringe l’amplificatore a sforzare di più per erogare la
stessa potenza; è così che ricompare lo stesso fenomeno, già riscontrato nella
configurazione senza retroazone, di crescita della seconda armonica e
contemporanea diminuzione della terza armonica al crescere della potenza.
THD% in funzione della frequenza (1W_r_10%)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.35
Valori armoniche ad 1W_r_10%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
0,1600
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.36
64
Valori armoniche ad 1W_r_10%
0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.37
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
0,1600
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche ad 1W_r_10%
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.38
65
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
ad 1W_r_10%
-80
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.39
THD% in funzione della frequenza (3W_r_10%)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.40
66
Valori armoniche a 3W_r_10%
0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
0,2500
0,3000
0,3500
0,4000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.41
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
a 3W_r_10%
-80
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.42
67
Valori armoniche a 3W_r_10%
0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
0,2500
0,3000
0,3500
0,4000
0,4500
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.43
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
0,2500
0,3000
0,3500
0,4000
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche a 3W_r_10%
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.44
68
THD% in funzione della frequenza (5W_r_10%)
0,000,100,200,300,400,500,600,700,800,901,001,101,201,301,401,50
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
Fig 5.45
Valori armoniche a 5W_r_10%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.46
69
Valori armoniche a 5W_r_10%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms) 500 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.47
2 3 4 5 6 7
100 Hz
5000 Hz0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
V (rms)
armoniche
Hz
Valori armoniche a 5W_r_10%
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
10000 Hz
Fig 5.48
70
Valori armoniche rispetto alla fondamentale
a 5W_r_10%
-80
-70
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7
armoniche
dB
100 Hz
1000 Hz
5000 Hz
Fig 5.49
Valori medi armoniche ad 1W_r_10%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.50
71
Valori medi armoniche a 3W_r_10%
0,0000
0,0500
0,1000
0,1500
0,2000
0,2500
0,3000
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.51
Valori medi armoniche a 5W_r_10%
0,0000
0,0200
0,0400
0,0600
0,0800
0,1000
0,1200
0,1400
2 3 4 5 6 7
armoniche
V (rms)
Fig 5.52
72
Dall’esame di questi ulteriori grafici si vede come, con una retroazione di
ampiezza pari al 10% del segnale di uscita, ad 1W e 3W si abbia un aumento
del THD rispetto alla configurazione senza retroazione, mentre a 5W si abbia
una riduzione dello stesso.
Per quanto riguarda le armoniche, già ad 1W si ha una presenza importante
della seconda armonica, fenomeno che nelle precedenti configurazioni
compariva solo per valori della potenza di uscita maggiori. In effetti con una
retroazione di questa ampiezza, anche per erogare 1W l’amplificatore deve
avvicinarsi alla zona di lavoro non lineare. Si noti che in questo caso si sono
riportati anche i dati relativi a misure effettuate a 3W; è interessante infatti
notare come, chiedendo all’amplificatore di lavorare sempre più in zona non
lineare, la terza armonica torni ad essere dominante e la seconda armonica torni
a valori minori in un processo inverso rispetto a quello registrato durante un
primo aumento di potenza.
Sin qui i grafici relativi alle misure sono stati presentati prendendo come linea
guida la configurazione dell’amplificatore rispetto all’entità della retroazione.
Nei seguenti grafici, invece, per favorire ulteriori considerazioni, si mostrano i
dati partendo dai diversi livelli di potenza di uscita.
Confronti valori medi armoniche ad 1W
0
0,02
0,04
0,06
0,08
0,1
0,12
0,14
0,16
0,18
2 3 4 5 6 7
armoniche
media valori in V(rms)
no retroaz
retroaz 5%
retroaz 10%
Fig 5.53
73
Confronti valori medi armoniche a 5W
0
0,02
0,04
0,06
0,08
0,1
0,12
0,14
0,16
0,18
2 3 4 5 6 7
armoniche
media valori in V(rms)
no retroaz
retroaz 5%
retroaz 10%
Fig 5.54
Si nota come per bassi valori della potenza erogata, 1W nella fattispecie,il
valore delle armoniche, e quindi la distorsione, aumenta al crescere
dell’ampiezza del segnale di retroazione. In questo caso ci si trova di fronte ad
un sistema che si comporta in maniera abbastanza lineare a bassi livelli di
potenza; qui l’effetto di linearizzazione dovuto alla retroazione è minimo ed
addirittura surclassato dall’effetto di spostamento verso la zona non lineare
necessario per riottenere lo stesso livello di potenza di uscita.
Ad un livello di potenza maggiore, a 5W per esempio, gli effetti benefici della
retroazione sono molto più evidenti. Si nota infatti che in questo caso
l’amplificatore inizia comunque a lavorare in zona non più lineare e la
retroazione può ben operare un effetto di linearizzazione, soprattutto se rimane
contenuta entro valori di ampiezza tali da non far scendere troppo il guadagno.
L’andamento dlla seconda e terza armonica vanno di nuovo valutate insieme in
questo caso e si riscontra un comportamento in accordo con le considerazioni
fatte in precedenza.
74
SNR Questi ultimi grafici sono relativi alle misure effettuate sul ripple dovuto
all’alimentazione:
Ampiezza picco ripple
0
0,01
0,02
0,03
0,04
0,05
0,06
No retroazione Retroazione 5% Retroazione 10%
Volt
Fig 5.55
SNR a 5 W in dB
50
52
54
56
58
60
62
64
valori SNR
dB
No retroazione
Retroazione 5%
Retroazione 10%
Fig 5.56
Come ci si aspettava, il disturbo dovuto al ripple viene attenuato sempre di più
per valori crescenti della retroazione e si riscontra un progressivo aumento del
rapporto segnale rumore(SNR).
75
Ulteriori considerazioni
E’ noto che, sempre che sia possibile accedere all’uscita di un sistema con una
certa precisione, la retroazione funziona bene se il guadagno del processo da
controllare è elevato. In questo caso ci si trova di fronte ad un caso limite, in
cui da una parte il sistema ha un guadagno limitato e dall’altro presenta un
funzionamento abbastanza lineare se lavora entro contenuti livelli di potenza.
Per trarre beneficio dalla retroazione allora, bisogna trovare il giusto equilibrio
tra un valore opportuno della retroazione ed un livello di potenza abbastanza
elevato, ma non tale da spostare eccessivamente il lavoro verso la zona non
lineare.
Come spesso accade quindi, anche qui si tratta di raggiungere quel
compromesso tra gli effetti contrastanti di un intervento, guidati magari dai
gusti personali e dalle necessità del caso.
76
SSiimmuullaazziioonnee
77
Dopo aver realizzato l’amplificatore ed effettuato le opportune misure su di
esso, si è voluto effettuare uno studio anche dal punto di vista della
simulazione. Quest’ultimo approccio infatti sta diventando sempre più
importante in fase progettuale in tutti i campi dell’ingegneria e si è ritenuto
interessante intraprendere un percorso per così dire inverso rispetto a quello
usuale, in cui prima si è osservato il comportamento di un oggetto fisicamente
realizzato e poi si è esaminato, mediante simulazione, un sistema che lo
rappresentasse. Così facendo si sono potuti valutare da una parte, e più in
dettaglio dal punto di vista teorico, alcuni aspetti riscontrati, dall’altra la bontà
dei risultati che si ottengono tramite le simulazioni. Si sono quindi usati, per
questo scopo, due diversi ambienti: SPICE e MATLAB.
Il primo è un simulatore che utilizza i modelli dei vari componenti elettronici
per fornire informazioni su circuiti anche molto complessi. Costituisce di fatto
uno strumento standard nel mondo dell’elettronica e ne esistono molte versioni,
sia gratuite che commerciali, che comunque utilizzano tutte lo stesso motore di
simulazione. Fornisce dati di natura circuitale come correnti e tensioni, ma
anche caratteristiche nel dominio della frequenza, come l’analisi di spettro o la
valutazione del THD e permette quindi uno studio sia quantitativo che
qualitativo del sistema.
Il secondo è un ambiente molto noto nell’ambito scientifico, che fu scritto
originariamente per operare con le matrici (il nome sta per matrix laboratory).
Arricchito nel tempo con strumenti per la computazione scientifica, lo sviluppo
di modelli, le simulazioni, l’analisi di dati, ecc., fornisce varie collezioni di
funzioni atte ad operare nei vari settori di interesse e conosciute come toolbox.
Uno strumento molto utile messo a disposizione da Matlab è Simulink, un
ambiente grafico che permette di simulare sistemi anche complessi usando
blocchi elementari. Per costruire un modello infatti, è sufficiente prelevare da
una libreria i blocchi necessari, definirne i parametri e collegarli in maniera
opportuna.
Naturalmente quando si usa Matlab l’approccio è prettamente sistemistico ed
un modello rappresenta una funzione di trasferimento, senza nessun riferimento
esplicito, nella fattispecie per esempio, ai singoli componenti del circuito in
esame. Si ottiene un’analisi qualitativa del sistema, molto utile per studiare la
stabilità e le altre caratteristiche di interesse nel dominio del tempo e di
Laplace.
78
66.. MMaattllaabb
Il modello Equation Section 6 Per simulare l’amplificatore si è proceduto effettuando diverse misure sul
sistema reale e costruendo i vari blocchi sulla valutazione di queste. Si sono
fatte prima le misure relative alla risposta del sistema per piccoli segnali, per
modellare in un secondo momento le non linearità che intervengono con
segnali di ampiezza maggiore.
Di seguito è riportato il grafico che rappresenta i valori del guadagno ottenuti
per piccoli segnali ottenuti facendo misure alle varie frequenze (Fig 6.1):
Guadagno
20000100
20 100000
-40-30-20-100102030
1 10 100 1000 10000 100000 1E+06
Hz
Guadagno dB
Fig 6.1
Si nota che per basse frequenze il grafico ha una pendenza di –60 dB/dec e che
quindi sono presenti tre zeri in zero nella funzione di trasferimento; si possono
inoltre individuare i seguenti poli:
-due poli a 20 Hz;
-un polo a 100 Hz;
- un polo a 20 Khz;
- due poli a 100 Khz;
Si individua infine un coefficiente di guadagno al numeratore di 0.00025. La
funzione di trasferimento per piccoli segnali risulta allora :
Equation Section 6
3
2 2 2 4 4 2
0.00025( )
(1 5 10 ) (1 10 ) (1 5 10 ) (1 10 )
sF s
s s s s− − − −
⋅=
+ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ + ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ (6.1)
79
Il diagramma di Bode ottenuto con Matlab è il seguente (Fig 6.2):
Fig 6.2
Il comportamento non lineare del circuito è costituito in prevalenza da
fenomeni di saturazione ed è stato modellato usando i dati riportati nel
seguente grafico; sono misure fatte utilizzando un segnale ad 1 Khz e
facendolo variare in ampiezza (Fig 6.3):
Fig 6.3
80
Si tratta di una saturazione netta e leggermente asimmetrica, come ci si
aspettava dalla curva caratteristica del transistor finale.
Un altro aspetto del comportamento del circuito che ha trovato sede nel
modello è un ripple dovuto all’alimentazione. Si presenta come un disturbo di
ampiezza molto ridotta (0.05 V) dal caratteristico andamento periodico,
approssimabile, come si vede dalla figura di seguito riportata, ad una curva
triangolare (Fig 6.4):
Fig 6.4
Al ripple, in giallo nell’immagine data dall’oscilloscopio, è stato affiancato un
segnale sinusoidale a 100 Hz, in viola, per dare un’idea della frequenza di tale
disturbo.
81
Lo schema a blocchi usato in Simulink è allora quello riportato in Fig 6.5:
Fig 6.5
Si è potuto modellare l’anello di retroazione con un semplice guadagno, e
questo in linea con la scelta, fatta nell’implementazione reale, di usare un
amplificatore operazionale.
Per riportare i dati ottenuti dalle simulazioni all’interno del workspace si sono
usate le variabili time e dati_1, in maniera da poterle processare secondo
necessità avendo a disposizione tutti gli strumenti di Matlab. Per il sample time
si è scelto il valore di 510− sec in modo da avere un’affidabile visibilità del
comportamento in frequenza fino all’ordine dei 50 Khz.
Una volta ottenuto il modello come descritto, si è proceduto nello studio dello
stesso; prima di tutto si è appurato che il sistema retroazionato fosse stabile
applicando il criterio di Nyquist, quindi si è applicato il metodo della funzione
descrittiva per verificare che non ci fossero cicli limite, si è studiato infine il
comportamento nella zona di lavoro non lineare.
Studio della stabilità Dato che i poli individuati sono tutti a parte reale negativa, deriva che, perché il
criterio di Nyquist sia soddisfatto ed il sistema a ciclo chiuso risulti stabile, non
devono comparire giri intorno al punto (-1,0) sulla rappresentazione sul piano
complesso della funzione risposta armonica (Fig 6.6):
82
Fig 6.6
Come si vede dalla figura, il criterio risulta soddisfatto e tale risultato è
perfettamente in linea con i risultati sperimentali.
Si è poi applicato il metodo della funzione descrittiva.
La funzione descrittiva usata è la seguente (saturazione netta):
Funzione Descrittiva D(X):
m per 1.52X <=
( )sm D X⋅ per X >= 1.52
ove:
11m = (6.2)
2
1 1 1
2( ) arcsin 1s
X X XD X
X X X= + − (6.3)
Per applicare il metodo della DF si è fatta l’approssimazione che la saturazione
fosse simmetrica. Si è fatta tale approssimazione solo in questa sede, sia perché
l’asimmetria è molto lieve da consentirlo che perché questo metodo di studio,
83
che risulta straordinario per la sua semplicità di applicazione, è un metodo
grafico e per sua stessa natura approssimato. La complessità di applicazione
sarebbe notevolmente maggiore se si volesse tener conto della leggera
asimmetria riscontrata e lo sforzo verrebbe comunque reso vano dall’
approssimazione intrinseca del metodo. Di seguito vengono riportati i grafici
relativi alla D(X):
Fig 6.7
84
Fig 6.8
Per applicare il metodo della funzione descrittiva si rappresentano sullo stesso
piano di Nyquist il luogo delle ampiezze e delle frequenze (Fig 6.9):
Fig 6.9
85
Ingrandendo (Fig 6.10):
Fig 6.10
L’andamento del luogo delle ampiezze (funzione 1
( )D X− ) è rappresentato in
rosso, mentre il diagramma di Nyquist relativo al sistema è rappresentato in
blu; sono indicati i rispettivi versi di percorrenza mediante delle frecce ed è
evidenziato il punto (-1,0) con un puntino verde.
Dall’applicazione del metodo risulta che non esistono cicli limite, le due curve
infatti non si intersecano. In effetti questo risultato era atteso, non avendo
riscontrato nelle misure effettuate sul sistema reale nessuna oscillazione
periodica che potesse sembrare un ciclo limite.
Simulazioni Per le simulazioni sono state prese in esame sia la configurazione senza
retroazione, che quella con retroazione di ampiezza pari al 5% e al 10% del
segnale di uscita; per ognuna di dette configurazioni si sono studiate due
situazioni di ingresso tali da manifestare o meno gli effetti della saturazione. Le
simulazioni hanno dato i risultati rappresentati nei seguenti grafici.
86
-1.5 Volt di ingresso, senza retroazione (Fig 6.11 e 6.12):
Fig 6.11
Fig 6.12
87
-3 Volt di ingresso, senza retroazione (Fig 6.13 e 6.14):
Fig 6.13
Fig 6.14
88
-1.5 Volt di ingresso, retroazione 5% del segnale di uscita (Fig 6.15 e 6.16):
Fig 6.15
Fig 6.16
89
-3 Volt di ingresso, retroazione 5% del segnale di uscita (Fig 6.17 e 6.18):
Fig 6.17
Fig 6.18
90
-3 Volt di ingresso, retroazione 10% del segnale di uscita (Fig 6.19 e 6.20):
Fig 6.19
Fig 6.20
91
-4 Volt di ingresso, retroazione 5% del segnale di uscita (Fig 6.21 e 6.22):
Fig 6.21
Fig 6.22
92
Il modello rappresenta piuttosto fedelmente il comportamento del sistema nelle
sue caratteristiche di amplificazione e di saturazione. Naturalmente le non
linearità che intervengono nel sistema reale anche in quella zona di
funzionamento che nel sistema è stata modellata come lineare non vengono
riportate e per piccoli segnali si riscontra un THD praticamente nullo. Appena
tuttavia si esce dalla zona di funzionamento lineare compaiono nello spettro del
segnale di uscita armoniche di ordine superiore al primo ed il THD inizia ad
assumere valori tangibili. Si riscontra altresì una forte componente costituita
dalla terza armonica, come si era riscontrato anche sperimentalmente.
I grafici relativi alle simulazioni effettuate sul sistema retroazionato, poi,
mostrano, in linea con le aspettative teoriche, una attenuazione del guadagno
nella configurazione a ciclo chiuso. Ciò che accade nello spettro del segnale di
uscita nella zona non più lineare inoltre è una generale attenuazione delle
armoniche di ordine superiore alla prima, ed un livellamento della terza
armonica rispetto alle altre. Rispetto ai dati ottenuti sperimentalmente tuttavia,
in cui con una retroazione del 10% la terza armonica tornava ad essere
predominante, qui il livellamento risulta sempre più evidente al crescere della
retroazione.
SNR Per quanto riguarda l’attenuazione del rumore dovuta alla retroazione si ha il
seguente grafico
(Fig 6.22):
SNR secondo simulazione Matlab in dB
50
52
54
56
58
60
62
64
valori SNR
dB
No retroazione
Retroazione 5%
Retroazione 10%
Fig 6.23
Per questo aspetto l’attinenza dei dati sperimentali con quelli ottenuti dalla
simulazione è totale, avendo ottenuto praticamente lo stesso grafico in
entrambi i casi.
93
Codice Matlab
Si riporta infine il codice utilizzato all’interno dell’ambiente Matlab per
manipolare i dati e per generare i grafici:
%file per definizione funzione di trasferimento num=[0.00025 0 0 0]; polo1=[0.01 1]; polo2=[0.05 1]; polo3=[0.05 1]; polo4=[0.00001 1]; polo5=[0.00001 1]; polo6=[0.00005 1]; parz1=conv(polo1,polo2); parz2=conv(parz1,polo3); parz3=conv(parz2,polo4); parz4=conv(parz3,polo5); den=conv(parz4,polo6); printsys(num,den) grid on bode(num, den) title('Funzione di trasferimeno per piccoli segnali')
FUNZIONI function [D] = descrittiva_s(Xsoglia,x) %calcola la funzione Ds alpha=(Xsoglia/x); D=(asin(alpha)+(alpha*sqrt(1-(alpha^2)))); function [D] = descrittiva(v_in) %calcola la funzione descrittiva m=11; v_in_max=1.67;%1.52; if 0 <= v_in <= v_in_max D=m; end if v_in > v_in_max D=m*descrittiva_s(v_in_max,v_in); end function [D] = pari(x) %se x è un numero pari restituisce x, sennò x-1; resto=rem(x,2); if resto==0 D=x; else D=x-1; end
94
GRAFICI %file per generare il grafico funzione descrittiva x=(0:0.1:50); for m=1:length(x) var1(m)=x(m); var2(m)=descrittiva(x(m)); end plot(var1,var2) grid on title('Funzione descrittiva'); xlabel('X'); ylabel('D(X)'); %file per generare il grafico inverso funzione descrittiva x=(0:0.1:50); for m=1:length(x) var1(m)=x(m); var2(m)=(-1/(descrittiva(x(m)))); end plot(var1,var2) grid on title('Funzione descrittiva'); xlabel('X'); ylabel('-(1/D(X))'); %file per generare diagramma di Nyquist e funzione descrittiva [Re,Im]=Nyquist(num,den); x=(0:0.01:10); for m=1:length(x) y(m)=real(-1/descrittiva(x(m))); cost=0; end plot(Re,Im,y,cost,'r') grid on title('piano di Nyquist'); xlabel('Re'); ylabel('Im'); %file per generare grafico tensione ingresso e uscita plot(time,dati_1,'b',time,ingresso,'r') grid on title('Andamento tensione ingresso e uscita (retroazione 10%)'); xlabel('t'); ylabel('V Out(blu) , V In(rosso)');
95
%file per generare il grafico dello spettro del segnale %con calcolo THD campioni=pari(length(dati_1)); f_campionamento=100000; Y = fft(dati_1,campioni); F =sqrt( Y.* conj(Y) )/ campioni; camp_div2=campioni/2; f = f_campionamento*(0:camp_div2)/campioni; for i=1:8 indice(i)=((ceil(1000*i*campioni/f_campionamento))+1); end for k=1:8 armonica(k)=F(indice(k)); end THD_quadro=0; for j=1:7 D(j)=((armonica(j+1)/armonica(1))^2); THD_quadro=THD_quadro+D(j); end THD=sqrt(THD_quadro); THD_perc=100*THD/armonica(1); plot(f,F(1:(camp_div2+1))); grid on; title(['spettro di uscita (no retroazione) THD%: ', num2str(THD_perc,2)]); xlabel('Hz'); ylabel('Ampiezza armoniche');
96
77.. SSppiiccee
Il modello Per effettuare la simulazione con Spice si sono dovuti prima di tutto trovare i
modelli dei componenti utilizzati che non erano presenti in libreria. Molte case
costruttrici, a questo scopo, mettono a disposizione on line, oltre ai datasheet,
anche i modelli realizzati per il simulatore Spice. I componenti che hanno
richiesto questo procedimento sono stati:
-i transistor finali 2N3055;
-il transistor dello stadio pilota TIP29C;
Una volta inseriti i modelli nella libreria è stato possibile costruire il circuito
con l’interfaccia grafica e procedere con la simulazione. Gli strumenti a
disposizione per studiare il comportamento del circuito sono:
-l’oscilloscopio;
-il Bode Plotter, con cui si può visualizzare la risposta in frequenza;
-il misuratore di THD, che calcola la distorsione armonica totale;
Simulazioni Di seguito vengono riportati i grafici relativi alle simulazioni fatte:
Fig 7.1
In questo primo diagramma, confrontandolo con quello ottenuto mediante
misure, si vede come la risposta in frequenza sia calcolata piuttosto fedelmente.
Si ha infatti un guadagno di centro banda di 20 dB ed una larghezza di banda,
97
considerando le frequenze di taglio a a –3 dB, da 100 Hz a 50 Khz, laddove
sperimentalmente andava da 100 Hz a 20 Khz.
Seguono le immagini relative all’oscilloscopio del simulatore:
Fig 7.2
Fig 7.3
98
Fig 7.4
Fig 7.5
99
Fig 7.6
Fig 7.7
100
Fig 7.8
Fig 7.9
101
Fig 7.10
Le immagini mettono in evidenza l’andamento del segnale di uscita per diversi
valori del segnale di ingresso e della retroazione; il segnale di ingresso è una
sinusoide ad 1Khz. Dato l’effetto di progressiva attenuazione del guadagno al
crescere dell’ampiezza del segnale di retroazione, in ingresso serve un segnale
sempre maggiore affinché si verifichi un tosaggio del segnale in uscita, come
nel caso reale.
Riguardo alla configurazione senza retroazione poi, si è ottenuto il seguente
grafico :
Saturazione secondo simulaz SPICE
-25
-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
20
-3 -2,5 -2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3
V_in
V_out
Fig 7.11
102
Le considerazioni che si possono fare sono diverse. Innanzi tutto il simulatore
riporta un comportamento molto vicino a quello riscontrato sperimentalmente
solo nella zona colorata in violetto; individua infatti una zona di lavoro ben
approssimabile come lineare tra –1.5 ed 1.5 Volt e per valori leggermente più
ampi del segnale di ingresso prevede giustamente una saturazione netta
asimmetrica. Anche se il guadagno è leggermente inferiore rispetto al caso
reale e l’asimmetria è sbilanciata verso i valori negativi anziché positivi,
l’andamento generale è piuttosto soddisfacente. Quando però il circuito viene
portato nella zona di lavoro non lineare, i dati forniti dalla simulazione e
rappresentati in giallo sul grafico, si discostano alquanto da quelli reali. Questo
può dipendere dal fatto che i modelli che rappresentano i componenti attivi
diventano inadeguati nel rappresentare le zone di lavoro fortemente non lineari,
come la saturazione o l’interdizione nel caso dei transistor.
Questi ultimi grafici rappresentano infine i dati relativi al THD previsto dal
simulatore a due diversi livelli di potenza e per varie frequenze della
fondamentale:
THD% secondo simulaz SPICE (1W)
2000020
0,01,02,03,04,05,06,07,08,09,010,011,012,013,014,015,0
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
no retroaz
retroaz 5%
retroaz 10%
Fig 7.12
THD% secondo simulaz SPICE (1W)
ZOOM IN
0,00,51,01,52,02,53,03,54,04,55,0
100 1000 10000
Hz
THD
no retroaz
retroaz 5%
retroaz 10%
Fig 7.13
103
THD% secondo simulaz SPICE (5W)
20000200,01,02,03,04,05,06,07,08,09,010,011,012,013,014,015,0
10 100 1000 10000 100000
Hz
THD
no retroaz
retroaz 5%
retroaz 10%
Fig 7.14
THD% secondo simulaz SPICE (5W)
ZOOM IN
0,00,51,01,52,02,53,03,54,04,55,0
100 1000 10000
Hz
THD
no retroaz
retroaz 5%
retroaz 10%
Fig 7.15
Si riesce ad avere una misura del THD che si avvicina all’andamento reale in
maniera piuttosto approssimativa ed il discostamento più evidente si ha
soprattutto alle basse frequenze. L’effetto della retroazione sul THD sembra
qui trascurabile, mentre nel caso reale si era registrato diversamente.
L’uso di questo simulatore si è rivelato molto utile per studiare il
funzionamento del circuito in esame ed è stato interessante vedere come i
risultati sperimentali trovassero un buon riscontro nella maggior parte dei casi,
soprattutto laddove l’amplificatore lavora con piccoli segnali. La possibilità di
poter modificare rapidamente parametri e componenti di un circuito si rivela
utilissima in fase di sperimentazione, soprattutto quando si individuano degli
andamenti inaspettati, o che semplicemente incuriosiscono, che in prima
battuta potrebbero essere imputati ad errori commessi nella realizzazione o alle
varie tolleranze in gioco.
104
AAppppeennddiiccee DDaattii
Si riportano, per completezza, i tabulati dei dati ottenuti durante le misurazioni
fatte con il voltmetro selettvo.
Misure effettuate ad 1W
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 4,4 0,03 0,04 0,02 0,007 0,02 0,011
20 4,5 0,019 0,06 0,02 0,0042 0,03 0,011
50 4,8 0,02 0,05 0,019 0,0041 0,008 0,009
100 4,6 0,03 0,052 0,018 0,001 0,0074 0,008
200 4,6 0,028 0,052 0,018 0,0008 0,0074 0,008
500 4,6 0,022 0,054 0,018 0,0001 0,0074 0,008
1000 4,6 0,028 0,056 0,018 0,0001 0,0072 0,009
2000 4,6 0,02 0,036 0,013 0,0012 0,006 0,006
5000 4 0,02 0,036 0,0125 0,0001 0,0045 0,0048
10000 4,2 0,022 0,036 0,011 0,0001
20000 5,2 0,0165
Misure effettuate a 5W
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 9,3000 0,0500 0,1200 0,0600 0,0160 0,0400 0,0370
20 9,5000 0,0400 0,1100 0,0510 0,0053 0,0125 0,0240
50 9,8000 0,0590 0,0890 0,0360 0,0035 0,0160 0,0175
100 8,2000 0,0720 0,0800 0,0300 0,0020 0,0125 0,0148
200 8,0000 0,0560 0,0810 0,0300 0,0015 0,0125 0,0149
500 8,0000 0,0550 0,0820 0,0310 0,0015 0,0127 0,0150
1000 8,0000 0,0550 0,0840 0,0310 0,0037 0,0138 0,0160
2000 8,1000 0,0550 0,0880 0,0350 0,0090 0,0198 0,0240
5000 8,2700 0,0500 0,1100 0,0700 0,0390 0,0440 0,0380
10000 9,0000 0,1300 0,2480 0,1680 0,1100
20000 11,0000 0,0800
Misure effettuate a 10W
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 11,0000 1,5000 0,9000 0,0420 0,1300 0,1650 0,2300
20 11,0000 0,4000 0,2700 0,3100 0,1600 0,1250 0,0750
50 13,0000 0,0300 0,0900 0,0210 0,0320 0,0090 0,0090
100 11,0000 0,0680 0,2380 0,1200 0,0760 0,0456 0,0300
200 11,0000 0,1610 0,0300 0,0190 0,0950 0,0620 0,0600
500 13,0000 0,2100 0,3200 0,2300 0,1100 0,0750 0,0670
1000 13,0000 0,2500 0,3700 0,2000 0,0850 0,0760 0,0635
2000 11,0000 0,3000 0,4500 0,2420 0,0900 0,0900 0,0800
5000 11,0000 0,6000 0,6600 0,2900 0,1250 0,1520 0,0900
10000 11,8000 1,1700 0,8500 0,2500 0,2000
20000 13,6000 1,0000
105
Misure effettuate ad 1W r_5%
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 3,8000 0,0400 0,0900 0,0300 0,0300 0,0230 0,0220
20 3,8000 0,0800 0,1200 0,0100 0,0320 0,0260 0,0015
50 3,7000 0,0300 0,0520 0,0015 0,0120 0,0130 0,0030
100 3,7000 0,0400 0,0340 0,0020 0,0120 0,0110 0,0050
200 3,8000 0,0560 0,0260 0,0036 0,0090 0,0130 0,0041
500 3,7000 0,0300 0,0230 0,0030 0,0110 0,0125 0,0044
1000 3,7000 0,0220 0,0240 0,0040 0,0090 0,0120 0,0050
2000 3,7000 0,0160 0,0180 0,0030 0,0070 0,0100 0,0040
5000 3,7000 0,0150 0,0150 0,0025 0,0080 0,0110 0,0042
10000 4,0200 0,0280 0,0370 0,0010 0,0000
20000 4,6200 0,0350
Misure effettuate a 5W r_5%
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 7,7000 0,5000 0,3000 0,0700 0,1500 0,0450 0,0150
20 9,0000 0,2200 0,0230 0,0500 0,0220 0,0250 0,0160
50 8,2000 0,0400 0,0100 0,0070 0,0120 0,0220 0,0130
100 8,0000 0,0600 0,0240 0,0040 0,0110 0,0225 0,0120
200 7,9000 0,0620 0,0120 0,0005 0,0125 0,0220 0,0120
500 7,9100 0,0600 0,0080 0,0040 0,0130 0,0220 0,0125
1000 7,5000 0,0590 0,0060 0,0045 0,0130 0,0218 0,0130
2000 7,6000 0,0420 0,0045 0,0060 0,0105 0,0225 0,0120
5000 8,5000 0,1200 0,0320 0,0400 0,0450 0,0560 0,0330
10000 9,9000 0,0780 0,0340 0,0360 0,0000
20000 12,1000 0,6300
Misure effettuate ad 1W r_10%
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 4,6000 0,1000 0,3000 0,0160 0,0950 0,0560 0,0050
20 4,5000 0,1200 0,0600 0,0120 0,0170 0,0240 0,0050
50 4,6000 0,0900 0,0700 0,0100 0,0130 0,0180 0,0050
100 4,8000 0,1500 0,0800 0,0220 0,0180 0,0240 0,0080
200 4,5000 0,1500 0,0900 0,0280 0,0190 0,0280 0,0070
500 4,4000 0,1800 0,1000 0,0250 0,0140 0,0220 0,0080
1000 4,2000 0,1200 0,0700 0,0170 0,0150 0,0230 0,0070
2000 4,4000 0,0980 0,1100 0,0140 0,0220 0,0240 0,0040
5000 4,8000 0,1000 0,0980 0,0260 0,0220 0,0240 0,0020
10000 5,2000 0,1200 0,1300 0,0200 0,0000
20000 6,3000 0,1100
106
Misure effettuate a 3W r_10%
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 3,6000 0,3000 0,4000 0,0800 0,0800 0,0500 0,0100
20 7,0000 0,4000 0,3600 0,0700 0,0780 0,0600 0,0100
50 7,4000 0,3400 0,3200 0,0700 0,0700 0,0620 0,0650
100 6,9000 0,3600 0,3200 0,0640 0,0700 0,0600 0,0600
200 6,5000 0,3500 0,3500 0,0700 0,0700 0,0520 0,0100
500 7,0000 0,4000 0,3300 0,0600 0,0700 0,0600 0,0050
1000 6,8000 0,3200 0,3000 0,0520 0,0350 0,0280 0,0120
2000 8,1000 0,1500 0,1200 0,0180 0,0330 0,0270 0,0080
5000 8,1000 0,1200 0,0800 0,0030 0,0350 0,0280 0,0060
10000 8,0000 0,0800 0,0800 0,0030 0,0260
20000 7,8000 0,0600
Misure effettuate a 5W r_10%
Freq Princip Vrms I arm Vrms II arm Vrms III arm Vrms IV arm Vrms V arm Vrms VI arm Vrms VII arm
10 1,0000 0,0130 0,0510 0,0260 0,0030 0,0140 0,0145
20 3,8000 0,0200 0,0780 0,0300 0,0020 0,0140 0,0155
50 8,1000 0,0360 0,0900 0,0360 0,0200 0,0154 0,0170
100 9,2000 0,0450 0,0950 0,0356 0,0330 0,0154 0,0173
200 9,4000 0,0490 0,1150 0,0360 0,0038 0,0141 0,0174
500 9,4000 0,0460 0,1150 0,0360 0,0038 0,0142 0,0185
1000 9,4000 0,0460 0,1180 0,0358 0,0040 0,0140 0,0185
2000 9,4500 0,0480 0,1200 0,0360 0,0046 0,0139 0,0185
5000 9,4200 0,0480 0,1180 0,0342 0,0047 0,0129 0,0168
10000 9,4000 0,0442 0,1100 0,0320 0,0000
20000 9,0000 0,0360
I valori, come indicato, sono espressi in Volt rms; viene indicata sia la potenza
cui si riferiscono, che la configurazione di retroazione. Per quanto riguarda
l’indicazione su quest’ultima, si è usata la seguente semantica:
- r_5%: retroazione di ampiezza pari al 5% del segnale di uscita; - r_10%: retroazione di ampiezza pari al 10% del segnale di uscita;
- assenza di retroazione, se non indicato;