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Magazine di politica e cultura indipendentista di Progetu Repùblica de Sardigna - Regione Disterru Numero 5, Giugno 2012 PROGRES Depositate le firme per istituire l'Agenzia Sarda delle Entrate Gianna Sio, volontaria dell'associazione Pitzinnos de su mundu Elezioni Comunali 2012: indipendentisti al governo ECONOMIA INDIPENDENTISMI INTERVISTA Sahara Occidentale CAMBIO DI ROTTA

Su Bandu - Numero 5 - Giugno 2012

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Magazine di politica e cultura indipendentista

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Magazine di politica e cultura indipendentista di Progetu Repùblica de Sardigna ­ Regione Disterru Numero 5, Giugno 2012

PROGRES

Depositate le firme per istituire l'Agenzia Sarda delle Entrate

Gianna Sio, volontaria dell'associazione Pitzinnos de su mundu

Elezioni Comunali 2012: indipendentisti al governo

ECONOMIA

INDIPENDENTISMI

INTERVISTA

Sahara Occidentale

CAMBIO DI ROTTA

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Mentre i mass media sardi si attarda-no a sviscerare i risultati elettoraliapplicando le solite, trite corniciconcettuali italiane, veicolandoconclusioni parziali e tendenziose, ilvoto amministrativo appena conclusoha sancito un risultato importanteche pochi segnalano in tutta la suaportata.Come indipendentisti potremmo ba-nalmente attribuirci una grandeaffermazione e fare il solito discorsodi parte, ascrivendoci meriti e ri-sultati anche laddove non li abbiamoavuti. È così che fa la classe politica“vera” in fondo.Ma noi vogliamo essere più veri delvero e affermare con la massima luci-dità cos'è successo tra domenica e lu-nedì nell'elettorato sardo. Ebbene èsuccesso che si è manifestata unarottura politica importante, sonosaltati degli schemi, è emersa unanuova possibilità. In tanti comunisardi sono stati eletti degli indi-pendentisti, a volte come sindaci,altre volte nei consigli comunali. Maquesto è solo il dato più vistoso,forse più superficiale. Quello checonta realmente è che si è impostoun nuovo paradigma politico: l'as-

sunzione delle proprie responsabilitàda parte di tanti cittadini in decinedi comuni sardi.Il fatto che ci siano alcuni nuovi

sindaci e che ci siano tanti nuoviconsiglieri comunali indipendentistisegnala semplicemente che i sardistanno cominciando a riappropriarsidi se stessi. Non ne facciamo dunqueun discorso di schieramento, tantomeno un discorso di partito. Questoapproccio non ci interessava già daprima, ossia da quando avevamo de-ciso di lasciar perdere gli interessi ele ambizioni di parte per coltivareinteressi e ambizioni che andassero aldi là dell'iscrizione a ProgReS. Da quila scelta di partecipare alle liste civi-che, laddove intravvedevamo principie obiettivi in linea con quelli da noiprofessati. Come cittadini sardi, noncome militanti di partito.Ciò che esce sconfitto, in larga misu-ra, da questo voto amministrativo èla pretesa dei potentati clientelari edegli apparati dei partiti maggiori didettare legge sempre e comunque.Non dappertutto sono stati ridi-mensionati, è vero. La strada da fareè ancora tanta. Ma un segnale c'èstato ed è un segnale di consapevo-lezza, di inizio di un percorso virtuo-so, che predilige l'interesse generaleal tornaconto di pochi, i beni comu-

ni agli affari e alle speculazioni,l'indipendenza da centri di potere edi interesse consolidati (quasi sempreesterni al nostro tessuto sociale eculturale) al facile carrierismo chevede i nostri comuni solo come untrampolino di lancio verso privilegipiù grandi.Per questo ci sentiamo di fare gli

auguri e i complimenti ai nostricandidati in tutti i comuni in cui sisiano cimentati, anche dove non sia-no riusciti ad ottenere il risultatosperato.Ma ci sentiamo anche di fare gli

auguri e i complimenti a tutti icandidati indipendenti eindipendentisti che abbiano portatoil loro entusiasmo e la loro puliziapolitica ed etica nei loro territori, trala nostra gente. A Lanusei, a Oniferi,a Terralba, a Bauladu e anche aOristano, Sant'Antioco, Serramannae in tutti i paesi e le città nei cuiconsigli comunali sarà possibilesentire voci libere e oneste,competenti e legate alla propriaterra. Da qui parte il nostro riscattostorico. Da qui si potrà attingere neltempo a venire per costruire queltessuto di relazioni, di coscienzacivica e di buone prassi su cui sifonderà la nostra libertà. LaRepubblica di Sardegna è già nata.

Elezioni: gli indipendentisti conquistano i comuni

di OMAR ONNIS

Le elezioni comunali del 10 e 11 Giugno 2012 hanno visto l'elezione di diversi consiglieri e sindaciindipendentisti in molti comuni della Sardegna. Decisivo l'apporto di ProgReS nelle vittorie diTerralba e Lanusei, ma non solo. L'indipendentismo diventa "di governo" anche a Bauladu e Oniferi.

DA SINISTRA:Davide Ferreli, neo sindaco diLanusei, Salvatore Acampora,segretario di Progres e NadirCongiu, eletti in maggioranza aLanusei, Davide Corriga,ventottenne neo Sindaco diBauladu.IN BASSO:Pietro Paolo Piras, neo sindacodi Terralba, eletto a capo di unalista civica sostenuta daProgReS, Stefano Siddi eFederico Putzolu,rappresentanti di ProgReS elettiin maggioranza a Terralba.PierLuigi Annis, candidatoSindaco alle elezioni comunalidi Oristano per la lista AristanisNoa, formazione civica di chiaraispirazione indipendentista

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pag. 3Elezioni: gli indipendentisti conquistano i comuni

Uno dei luoghi comuni su cuitutti i sardi sono concordi èquello delle nostre continue do­minazioni. La Sardegna èsempre stata dominata, almenoda quando arrivarono i fenici,nell'età del Ferro, e poi lungo ilcorso della storia da cartagine­si e romani, da vandali e bi­zantini, da Pisa e Genova,quindi dagli spagnoli e infinedai piemontesi. Poi ad un certopunto le dominazioni finiscono,come per magia, e ci ritroviamoitaliani. Cosa abbiano fatto isardi in questo lunghissimoarco di tempo, non è dato sa­pere. Secondo una ben notateoria, abbiamo resistito.

Sempre sconfitti, ma sempretestardi nel rifiutare la civiltà.Questo luogo comune

Tutto quello che sai sulla Sardegna è falso: "Un popolo costantemente dominato"

La strana comparsa dei nuovi animali politici: i gattosardi

accompagna poi quello del no­stro “millenario isolamento”.Noi sardi viviamo su un'isolalontana e sperduta, lo sappia­mo, perciò siamo “arretrati”, unpo' barbarici. Ma già qui si puònotare una contraddizione: es­sere isolati ed essere costante­mente dominati da forestieri so­no due circostanze che nonpossono stare insieme. O l'unao l'altra.

E se invece fossero falseentrambe? Si sa, ad esempio,che secondo le indagini dellagenetica molecolare la popola­zione della Sardegna è so­stanzialmente invariata da15000 anni? Dove sono finititutti questi invasori e dominato­ri? Si sa che la Sardegnaanche in età romana era al

centro di traffici e scambi a tuttii livelli, in ambito mediterraneo?E che durante la “dominazione”vandala l'antica Caralis è stataper un periodo la capitale cultu­rale del Mediterraneo e dell'Eu­ropa? Si sa che fin dall'VIII se­colo la Sardegna dovetteautogovernarsi, organizzare lapropria difesa militare e il pro­prio regime economico e politi­co in modo indipendente? Eche da questo frangentenacque la civiltà giudicale? Sisa che non è mai esistita unaSardegna “genovese” e chenon è propriamente esistitanemmeno una Sardegna “pisa­na”? Si sa che la Sardegna èstata la prima regione europeadove sia scoppiata una rivolu­zione (una vera rivoluzione) do­

po quella francese? No, non sisa.Tutte questa nozioni, pur fa­

cilmente documentabili, non siconoscono. Purtroppo anchequi gioca un ruolo determinantela cattiva coscienza che ci èstata inculcata dal potere costi­tuito, attraverso la scuola e imass media. È difficile liberarsidella zavorra di falsi miti espesso di vere menzogne checostituisce la nostra identità.Ma dobbiamo farlo. Riappro­priamoci della nostra storia eimpariamo a guardarla serena­mente. Solo così capiremo do­ve siamo ubicati nel tempo enello spazio e potremo spezza­re le catene della nostrasubalternità.

OMAR ONNIS

Il 6 maggio scorso si è andato a vo-tare in Sardegna per 10 quesiti refe-rendari, nei quali si chiedeva ai citta-dini di esprimersi su questioniconcernenti, tra le altre cose, il tagliodel numero di parlamentari regionalie l’abolizione delle nuove province edei consigli di amministrazione deglienti regionali.La consultazione è stata promossa daun comitato popolare appoggiato dadiversi politici di destra a di sinistra,autonomisti e indipendentisti ed èstata presentata da tanti dei suoi pro-motori con slogan come “il refe-rendum dei Sardi” o “il referendumanti-casta” che avrebbe dato inizio altanto agognato cambiamento.Nonostante godesse dell'appoggio

della maggioranza dei partiti domi-nanti e di qualche formazioneemergente, il referendum haraggiunto la quota di votanti necessa-ria per l’approvazione superando solodi pochissimo il quorum del 33,3 %.ProgReS – Progetu Repùblica aveva

scelto di invitare i cittadini sardiall’astensione per una serie di motiviben precisi. Primo fra tutti la natura

disordinata e sproporzionata dei que-siti proposti, ma non solo.Ci piace pensare che la stragrande

maggioranza dei sardi che ha scelto diastenersi abbia capito come questaconsultazione non costituisse uncambiamento reale per la Sardegna,ma fosse invece del tutto funzionaleal mantenimento dello status quo.Peraltro le questioni proposte sa-

rebbero, se vivessimo in un paese do-ve la politica fa il suo lavoro in ma-niera seria ed efficiente, dicompetenza di quegli stessi politiciche hanno proposto questo refe-rendum, i quali nella loro pluriennalecarriera di amministratori si sonosempre guardati bene dal legiferare inmerito.Col quesito numero 10 infatti, la co-

siddetta “casta”, che questo refe-rendum diceva di voler mandare a ca-sa, si è messa al sicuro da eventualiscossoni politici e ci ritroviamo conun parlamentino regionale che, se giàera poco incisivo e per niente rappre-sentativo della realtà sarda, d’ora inpoi lo sarà ancor meno, dato che ilnumero dei parlamentari dovrà essereridotto da 80 a 50.Consentendo così la rappresentanza

soltanto ai partiti (italiani) più forti eai territori più popolati dell’isola.Nelle settimane successive al voto i

politici che siedono in regione, glistessi che hanno proposto questo re-ferendum, sono tornati a recitare ilsolito ruolo di scialacquatori di dana-ro pubblico, annullando l'abolizionedelle province e istituendo, guardaca-so, un nuovo ente regionale.A ennesima prova del fatto che que-sta consultazione altro non era cheun tentativo demagogico, da partedella vecchia e stantia politica sardafiloromana, di rifarsi una verginità as-secondando la rabbia popolare,nonché di misurare la portata nume-rica del suo elettorato in vista delleprossime votazioni.

di ALESSANDRO COLUMBU

I referendum abrogativi e consultivi del 6 Maggio scorso: tra presunte rivoluzioni "anti­casta" e mantenimentodello status quo attuale. L'analisi del responsabile politico di ProgReS Disterru.

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di GIOVANNI MUNDULA

Sono state consegnate Giovedì 6 Giu-gno, da parte del comitato Fiocco Verde,le firme per la presentazione di unaproposta di legge che chiede l'istituzionedi una Agenzia delle Entrate Sarda. Unrisultato che è andato ben oltre le pre-visioni iniziali: in totale sono state oltre31.000 le firme raccolte e 25.625 quelleconsegnate alla Presidente del ConsiglioRegionale Claudia Lombardo. Le firmesono state consegnate da una delegazio-ne del comitato Fiocco Verde e dairapppresentanti di ProgReS che da subi-to hanno appoggiato l'iniziativa.Questo risultato è stato possibile grazieall'impegno di tante persone che nel gi-ro di pochi mesi sono riuscite ad orga-nizzare una vasta rete di contatti e nu-merosi punti di raccolta firme in tutto ilterritorio sardo.Il punto centrale dell'iniziativa Fiocco

Verde è l'idea della sovranità fiscale daparte della Regione Sardegna neiconfronti dello Stato Italiano .Un'esigenza sempre più avvertita e

ormai necessaria per l'intera societàsarda, in seguito anche alla situazione distallo in cui si trova la Vertenza Entrate.Ovvero la vertenza che da quasi diecianni, dai primi anni del governo regio-nale della Giunta Soru, vede contrappo-sta la Regione Sardegna allo Stato Ita-liano in materia di entrate fiscali. Adoggi, nonostante gli accordi firmati inpassato tra le due entità contrapposte,la Regione Sardegna ancora non vedericonosciuti i suoi poteri in ambito diprelievo fiscale, poteri che gli vengonoconferiti dagli articoli 7, 8 e 9 delloStatuto Regionale. Per un credito che, algiorno d'oggi, si aggira intorno ai diecimiliardi di euro.Il comitato del Fiocco Verde vede

impegnati tra le sue fila cittadini di di-versa estrazione politica e sociale. Tra isuoi aderenti si riscontra una fortecomponente indipendentista per lamaggior parte proveniente dalle fila diProgReS. Gli attivisti ed i sostenitori delnostro partito si sono contraddistintiper l'impegno nella raccolta firme,dando un contributo fondamentale nelraggiungimento del risultato .Ora la palla passa al Consiglio Regio-nale, nella speranza che la proposta dilegge non finisca dentro un cassettorendendo vano il lavoro portato avantiin questi mesi e privando la RegioneSardegna di un'istituzione fondamentaleper acquisire quella sovranità fiscale dacui dipende il proprio futuro.

Venticinquemila firme per un'agenzia sarda delle entrateDepositate in Consiglio Regionale le firme raccolte dal comitato Fiocco Verde per chiedere l'istituzionedi un'Agenzia Sarda delle Entrate. Fondamentale il ruolo degli attivisti di ProgReS.

ProgReS – Progetu Repubrica hapartecipato Sabato 23 Giugno allamanifestazione che si è tenuta aBosa per la difesa del proprio maree della propria economia. La mani­festazione, a cui hanno partecipatodiversi movimenti indipendentisti, èstata organizzata per esprimere iltotale dissenso nei confronti delladecisione assunta nelle scorse setti­mane dal Ministero dell'Agricolturadello Stato Italiano.Il Governo italiano infatti, tramite il

Ministero dell’Agricoltura, ha auto­rizzato il peschereccio “I 10 Ange­lillo”, proveniente dalla Toscana, asvolgere operazioni di pesca “indu­striale” con le cosiddette cianciole,un tipo di reti a circuizione che conl’utilizzo di luci abbaglianti possonochiudere in una sola notte centinaiadi pesci, per tonnellate di pescato.Se ciò dovesse avvenire, provoche­rebbe una concorrenza sleale tale

da trascinare sul lastrico decine dipescatori locali, che dal mare e colmare vivono.Questo in una città che da anni vive

un’involuzione lenta e continua, conun alto tasso di disoccupazione econseguente emigrazione.Condanniamo con fermezza ogni ti­

po di economia che non tenga contodella salvaguardia dell’ambiente edelle popolazioni che inquell’ambiente e da quell’ambientevivono e sottolineiamo ancorauna volta la totale impotenza dellaRegione Sarda nel difendere i propricittadini e lavoratori da ogni tipo dispeculazione autorizzata dallo Statoitaliano attraverso i suoi rappre­sentanti. Un’impotenza dovuta allamancanza di sovranità e a tutti i li­miti che l’Autonomia e il far parte diuno Stato con interessi totalmenteopposti a quelli della Sardegna ciimpone da decenni.

ProgReS a sostegno dei pescatori bosani

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Venticinquemila firme per un'agenzia sarda delle entrate

La Regione taglia i fondi per l'emigrazione: quale futuro per i circoli sardi?

Limba sarda: su chi amus fatu e su chi est a fàghereComente si faghet a fàghere

crèschere una limba? A la fàgherediventare manna, rispetada,prestigiosa e connota dae totus? Noest fàtzile, giai l’ischimus. Bolettraballu, passèntzia, passione,volontade polìtica.Bolet gana de crèere in su chi si

podet fàghere e bolet a ischire proitelu faghimus.Su movimentu linguìsticu sardu dae

20 annos a inoghe at fatu progressose conchistas chi, candos’italianizatzione e su conformismucumandaiant puru prus de como,fiant cosas chi puru cuddos pagosappassionados, iscritores e poetaspessaiant chi fiant impossìbiles.Oe nessi namus unu standard ùnicupro totu sos allegatzos de sa limbasarda (sa LSC, limba sarda comuna)

chi, mancari non siat galu atzetadudae totus e semus galu in pagos al’impitare, est unu passu istòricu proarribbare a s’ofitzialidade e, comentefiamus narende, pro fàghere crèscheresa limba. Ma non bastat.

B’at galu meda ite s’operare. Estmeda su chi cheret a fàghere noisetotu, chi sa limba la chistionamus,ma est prus puru su chi depetfàghere sa polìtica.

Cheret a istèrrere deretu unuprogramma de formatzione de sosmaistros e insegnantes de limbasarda in sas iscolas.

Custos programmas però noncherent solu istèrridos in casione decampagna eletorale, cherent purufinantziados cun dinari cuncherendechi permitat de los isvilupare e de losmandare a in antis in sos annos pro

arribbare a tènnere unu cumpartu demaistros pro sas iscolas de totu saSardigna.

Comintzende dae s’imparu de susardu in iscola s’at a pòderearribbare a una limba connota daesos tzitadinos, atzetada e sèmpereprus elaborada. Solu gasi s’at a daresa possibilidade a totu sos chi lachistionant de l’impreare in cale-si-siat cuntestu e sos chi non laconnoschet at a fàghere e l’imparare.

Si la lassamus aici imbetzes,imbolada in su cugione de saschistioneddas de famìlia e de tzilleri,no at a isvilupare mai e at aabbarrare una limbigheddachistionada dae pagos e cunsideradasèmpere de prus unu limbàgiu“antigu” e “de tzios betzos”.

ALESSANDRO COLUMBU

Il 4 giugno scorso la FASI (Fe­derazione delle AssociazioniSarde in Italia) ha ricevuto daCagliari una circolare con cui sicomunicava il taglio dei contribu­ti destinati all'emigrazione orga­nizzata da parte della RegioneSarda. La notizia ha immediata­mente destato sconcerto pressoi destinatari, mentre in Sardegnanon se n'è parlato affatto. L'atti­vità delle associazioni e deicircoli minaccia di essere drasti­camente ridimensionata, senza ilsostegno della Sardegna, maquesto sull'Isola non vienepercepito come un problema.ProgReS – Progetu Repùblica loconsidera invece un fatto grave.Tuttavia riteniamo anche che siail caso di approfittarne per fareuna riflessione sul ruolo esull'attività dei circoli e in gene­rale dei sardi emigrati. Nel corsodegli anni la primaria finalità dimutuo soccorso e di sostegnoanche pratico a chi doveva la­sciare la sua terra, spesso senzaalcun punto di riferimento certoin terra straniera, è stata sostitui­ta da altre funzioni, più legateall'associazionismo e all'attivitàculturale e/o di promozione turi­stica e commerciale (pensiamoal comparto eno­gastronomico).

Ma l'associazionismo sardo

all'estero non ha fatto un verosalto di qualità adeguato al mu­tare dei tempi. Esso appare co­munque molto ancorato a mo­delli ormai sorpassati e fa moltafatica a produrre un ricambionella dirigenza e ad attirare nuo­vi iscritti. Le nuove generazionidi emigrati sardi – che continua­no ad esserci, benché le modali­tà e le condizioni con cui siespatria siano in parte diverse –non trovano più nei circoli unpunto di riferimento né un centroattrattivo dal punto di vista dellasocializzazione. In parte i circolistanno anche perdendo attrattivaverso i territori ospitanti. Certo,dipende molto dalle scelte di ge­stione e dalle attività che sisvolgono e spesso bisogna faredei distinguo da caso a caso.

Però sembra emergere chiara­mente la necessità di rivederequalcosa, dato il momento ditransizione storica in cui ci tro­viamo. Momento in cui l'apportodella nostra emigrazione allasalvezza ella Sardegna può ri­sultare decisivo. Per questo, aldi là dei limiti sottolineati, apparetotalmente insensato e addirittu­ra colpevole tagliare i fondi de­stinati all'emigrazione orga­nizzata, senza curarsi di averecon essa una interlocuzione isti­tuzionale più stretta e senza pro­muoverne un coinvolgimentomaggiore nelle vicende sarde. Ilche significa anche attivare unapolitica dei trasporti più efficacee un rapporto di scambio più si­stematico e strutturato.ProgReS ha una grande

attenzione verso il mondodell'emigrazione, tanto da esserel'unico partito sardo ad avereuna sezione ad esso destinata.Sappiamo quanto conti la parte­cipazione della diaspora nelpercorso di affrancamento di unpopolo. Contestiamo vivamentequalsiasi misura di ridimensiona­mento dei fondi destinati all'as­sociazionismo sardo all'estero epreferiremmo concentrarel'attenzione di tutti i soggetti inte­ressati su una rimodulazioneorganizzativa e programmaticadelle associazioni stesse, in unlegame più stretto con le istitu­zioni sarde. Tutto il contrario diquello che la classe politicasarda – miope e inadeguata suquesto come su tutti gli altri temi– sta facendo. La nostra pre­senza nelle amministrazioni inSardegna sta rapidamente cre­scendo, come dimostrano le ulti­me elezioni comunali, per questoProgReS si ripromette di esseresempre più un punto di riferi­mento e un interlocutore attentoper i nostri emigrati e per le loroassociazioni in Italia e nelmondo e confida nel loro apportodi cultura e competenze a favoredel nostro percorso di emancipa­zione storica.

OMAR ONNIS

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La Giunta Regionale da ragione ai cittadini che da Ottobre chiedono di bloccare il progetto di trivellazione per laricerca di idrocaburi ad Arborea. Il Progetto Eleonora verrà sottoposto a Valutazione di Impatto Ambientale.

Progetto Eleonora: prima vittoria dei cittadini contro la Saras

di PAOLO PIRAS

Non capita spesso che un gruppo dicittadini riesca ad avere la meglio suuna delle industrie più importanti epotenti della Sardegna e dell'Italia.Eppure, al momento, il Comitato Civico"No al Progetto Eleonora" ha avuto lameglio sulla Saras, obbligando la Re-gione Sardegna a sottoporre a Valuta-zione di Impatto Ambientale il Pro-getto Eleonora. Ve ne avevamo parlatonello scorso numero de Su Bandu.Il Progetto Eleonora è un progetto perla ricerca di idrocarburi che la Saras hapresentato alla Regione Sardegna a Di-cembre 2009. Il progetto prevede latrivellazione di un pozzo esplorativoper l'estrazione di gas metano nel belmezzo dei terreni agricoli e degli alle-vamenti bovini di Arborea, a pochecentinaia di metri dall'oasi natu-ralistica di S'Ena Arrubia e dalleabitazioni del paese.Ad Ottobre scorso un gruppodi cittadini si è costituito comeComitato Civico ed ha intrapre-so un'opera di informazione neiconfronti della popolazione chefino ad allora era stata tenuta all'oscu-ro. Nel giro di pochi mesi la protesta èdilagata e ha coinvolto non solo icittadini di Arborea ma anche dellaProvincia di Oristano. La richiestaprincipale che è stata portata avanti,prima ancora della bocciatura del Pro-getto Eleonora, era quella di una Valu-tazione di Impatto Ambientale.La procedura di V.I.A. infatti non è ri-tenuta obbligatoria per operazioni di

questo tipo, e la Saras contava pertantodi procedere con la perforazione delpozzo esplorativo già nelle prime setti-mane di Giugno 2012.La pressione dell'opinione pubblica e lenumerose firme e documenti di os-servazione inviati all'Assessorato Regio-nale all'Ambiente - tra cui vanno ri-cordate quelle del Gruppo diIntervento Giuridico, del WWF e diProgReS - Progetu Repùblica - hannocostretto la Giunta Regionale a richie-dere ulteriori analisi ed approfondi-menti alla Saras, vista la mancanza diuno studio approfondito sui possibiliimpatti sulla salute pubblica,sull'ambiente e sull'economia del terri-torio interessato dal Progetto Eleonora.Una prima, piccola, vittoria. Ma chenon mette al sicuro Arborea e laSardegna dal tentativo di gruvierizza-

zione del proprio territorio.Non appena lo Studio di ImpattoAmbientale verrà depositato in Regio-ne ci saranno sessanta giorni di tempoper analizzarlo ed evidenziarne le criti-cità. Ciò non vuol dire che il ProgettoEleonora verrà bocciato. La decisioneultima infatti spetta alla Giunta Regio-nale. Proprio per questo motivol'obiettivo attuale è quello di far schie-rare il maggior numero di istituzioni

UN MOMENTO DELL'ASSEMBLEA POPOLARE SUL PROGETTO ELEONORA CONVOCATA AD ARBOREA LO SCORSO 21 APRILE.IL COMITATO CIVICO È RAGGIUNGIBILE SU INTERNET ALL'INDIRIZZO WWW.NOPROGETTOELEONORA.NET

contro il Progetto Eleonora. Dopo unalunga campagna di informazione neiconfronti dei cittadini il Comitato Civi-co sta operando per convincere leamministrazioni locali - comunali eprovinciali - ad esprimersi contro ilProgetto Eleonora.Capofila è stato il Comune di Marru-biu, che il 28 Aprile scorso ha delibe-rato all'unanimità contro il ProgettoEleonora. Seguito poi a ruota dal Co-mune di Arborea, la cui amministrazio-ne è stata costretta dai suoi cittadini adeliberare sul Progetto Eleonora, e dalComune di San Nicolò d'Arcidano.Nelle prossime settimane è attesa anchela delibera da parte del Consiglio Pro-vinciale di Oristano.Resta tuttavia da vedere se la GiuntaRegionale, nel momento in cui dovràassumersi la responsabilità o meno diautorizzare la trivellazione del territo-rio di Arborea, terrà conto delle posi-zioni espresse dalle varie amministra-zioni locali. Sembrerebbe difficile nontenerne conto, ma le sorprese in questicasi possono arrivare da un momentoall'altro.Così come è stata una sorpresa per icittadini di Arborea scoprire che,all'improvviso, qualcuno voleva installa-re nel proprio territorio una delle atti-vità industriali più inquinanti e menosicure di sempre. Nel bel mezzo di unterritorio che da quasi un secolo vivedi agricoltura e di allevamento, e cherappresenta un modello di organizza-zione economica e sociale invidiato intutta la Sardegna e in Europa.Sembrerà strano, ma basterebbe dareuno sguardo a qualche convenzioneinternazionale e alla legislazione euro-pea per rendersi conto di come questoprogetto sia non solo incompatibile

con il territorio ma anche co-me la procedura seguita finoad ora potrebbe essere consi-derata "fuorilegge". Due nomisu tutti: il "principio di precau-zione" e il "Trattato di Aarhus".Il principio di precauzione è ilprincipale ispiratore delle di-rettive europee sulle tematiche

ambientali: "il suo scopo è garantire unalto livello di protezione dell’ambientegrazie a delle prese di posizione pre-ventive in caso di rischio". E ancora:"può essere invocato quando un feno-meno, un prodotto o un processo puòavere effetti potenzialmente pericolosi,individuati tramite una valutazionescientifica e obiettiva, se questa valuta-zione non consente di determinare il

La procedura di V.I.A. non èritenuta obbligatoria per operazionidi questo tipo, e la Saras contava diprocedere con la perforazione giànelle prime settimane di Giugno

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pag. 7Progetto Eleonora: prima vittoria dei cittadini contro la Saras

Il paradosso aleggia nelle stanze delpotere sardo. Il Presidente dellaGiunta Ugo Cappellacci ha promossoil referendum indetto da un non me-glio precisato movimento riformista,portando alla vincita il quesito sullacancellazione immediata di tutti iconsigli di amministrazione delle so-cietà ed enti controllati dalla Regione.Dopo circa un mese, lo stesso Presi-dente ha nominato amministratoreunico della Carbosulcis AlessandroLorefice, un giovane praticante avvo-cato di 29 anni, senza specificare qualidoti particolari avesse per guidareun’istituzione di quella portata.Nomina che ha poi acceso una

scandalosa discussione sui retroscenadei titoli di studio e della posizionegiudiziaria del giovane, finita con lasua rimessa del mandato in mano alPresidente.Il paradosso è ricorrente in politica

perché molto spesso non è la logicache guida le scelte, soprattutto nellenomine.Tra i compiti che mi sono posto co-me indipendentista all’interno delleistituzioni c’è chiaramente quello diportare le nostre idee nel dibattitopolitico, come anche quello dicombattere la cattiva politica che hagovernato fino ad oggi la Sardegna.Uno degli obiettivi è quello dicontrastare il triste fenomeno dellenomine politiche: la spartizione bi-

partisan da manuale Cencelli tipica-mente italiana, che purtroppo anchein Sardegna ha attecchito bene.Per questo motivo una delle prime

proposte avanzata dal gruppo consi-liare che rappresento è stata quella dimodificare lo statuto della Provinciadi Oristano affinché le nomine dellecontrollate e degli enti seguissero uncriterio di meritocrazia. Come?Semplice: che il curriculum del candi-dato fosse valutato da una commissio-ne e che fosse attinente al ruolo daandare a ricoprire.Molto spesso infatti si nominano me-dici a dirigere consorzi industriali eavvocati a gestire ASL, ex commercia-listi a dirigere Università e via di-cendo… forse è meglio non continua-re con la lista delle assurdità, avretecapito di cosa sto parlando.Alla classe politica è mancato il co-raggio di rinnovare le sue prassi digestione del potere affidando gli enti

alle persone competenti. Venendo allaProvincia, siamo sicuri che l’unico me-todo per scegliere gli assessori siaquello di nominare i consiglieri piùvotati? Siamo in grado di pensare unaltro modo, magari andando a pescareda altre realtà dove le cosefunzionano senz’altro meglio?Le nomine del consorzio industrialead Oristano hanno fatto partiredenunce negli anni passati, ma noncredo che la spinta delle azionigiudiziarie fosse la competenza dellepersone, quanto la solita gestione delpotere a cui siamo abituati.Visto che in Provincia siamo intempo di nomine e forse anche dielezioni, sarebbe un grande segnale sequeste venissero fatte con i criterigiusti.Non mi sembra di chiedere troppo aipolitici che hanno governato inmaniera sbagliata la nostra nazionenegli ultimi 60 anni.

Nomine politiche e meritocrazia: cambiare il sistemadi SEBASTIAN MADAU

Consigliere Provinciale ­ ProgReS Aristanis

rischio con sufficiente certezza". Ed èesattamente il caso del Progetto Eleo-nora.Non ci sono studi sul possibile impattoambientale, su come prevenire la possi-bile contaminazione delle falde acqui-fere, su come prevenire le possibili fuo-riuscite di idrogeno solforato o sucome comportarsi nel caso di incidentedurante l'attività di trivellazione. In po-che parole, la documentazione fornita ètotalmente insufficiente e già per que-sto motivo il Progetto dovrebbe esserebocciato. Ma se ciò non bastasse ci sipuò sempre riferire al Trattato di Aa-rhus.Un trattato internazionale - sottoscritoe recepito anche dallo Stato Italiano -sull' accesso alle informazioni, la parte-cipazione del pubblico e l'accesso alla

giustizia in materia ambientale il cuiscopo è "sensibilizzare e coinvolgere icittadini nelle questioni ambientali,nonché migliorare l'applicazione dellalegislazione sull' ambiente". Esattamentel'opposto di ciò che è accaduto con ilcaso del Progetto Eleonora.Soltanto grazie alla tenacia dei cittadinie di un gruppo di associazioniambientaliste e partiti politici - tra cuiProgReS - che hanno scoperto leintenzioni della Saras e da otto mesichiedono incessantemente spiegazioni emaggiori chiarimenti alla Saras il caso èvenuto alla luce. La Saras dal canto suoha sempre evitato il confronto pubbli-co con il Comitato e la cittadinanza, eha preferito parlare tramite comunicatistampa con facili slogan pubblicitari didubbia efficacia.

Ce n'è abbastanza per ritenere quanto-meno sospetto l'atteggiamento dellasocietà dei Moratti, che invece chepensare a produrre documenti e studipiù approfonditi si dichiara "stupita"dalla decisione della Regione di sotto-porre a V.I.A. il Progetto Eleonora.Una decisione il cui unico scopo èquello di acquisire maggiore docu-mentazione al fine di avere una visionepiù completa del problema e deciderese esistono o meno le condizioni mini-me di sicurezza per autorizzare il Pro-getto Eleonora.Se ci si stupisce persino delle cose piùelementari e che dovrebbero venir dateper scontate allora non osiamonemmeno immaginare quali siano glistandard di sicurezza a cui è abituataquesta società.

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Come nasce “Saharawi: Pi­tzinnos de su Mundu” e come la­vora?

L'associazione Saharawi: Pitzinnosde su Mundu nasce nel 2007 in se-guito a un progetto di accoglienzaestiva organizzato dal comune diNuoro e dal Servizio Civile interna-zione in collaborazione con un'asso-ciazione pro-saharawi delle Marche,Rio de Oro. Il progetto prevedeval'arrivo in Sardegna di 10 Bambini di-versamente abili Saharawi per 15giorni; in quest'occasione tantepersone hanno avuto modo di cono-scere la storia di questo popolo e divedere con i propri occhi la condi-zione di disagio in cui vivono ibambini, soprattutto quelli menofortunati, affetti da patologie quasimai curabili in un campo profughi.Grazie a questa esperienza, ungruppo di volontari decise di costi-tuire una onlus per cercare di daresupporto a questo popolo in partico-lare ai bambini che necessitano dicure mediche.

Perché proprio i sarhawi comepitzinnos de su mundu?

Della storia di questo popolopurtroppo si parla poco o per nulla,viene infatti definito un "popolo di-menticato" che da 37 anni vive inesilio nei campi profughi in Tindouf(Algeria) senza avere la possibilità dipoter tornare nel proprio paesed'origine, il Sahara Occidentale,attualmente occupato dal Marocco.I bambini saharawi vengono anche

chiamati "Piccoli ambasciatori di Pa-ce" poiché grazie ai progetti di acco-glienza portati avanti dalle associa-zioni, o altri enti, vengono ospitati in

vari paesi europei, sia per essere cu-rati, sia per dar voce a un popoloabbandonato da tutti; per queste ra-gioni crediamo che i bambini sahara-wi possano rappresentare simbolica-mente tutti i bambini del mondo chesi trovano in questa triste condizio-ne.

I bambini tornano in Sardegnao lasciano il testimone ad altripitzinnos?Dipende dalle patologie che vengo-

no diagnosticate dai medici curantidurante il primo ingresso dei bambi-ni in Sardegna. Abbiamo avuto casiin cui il problema del bambino èstato risolto nell'arco dei due mesi diaccoglienza estiva; altri in cui è statonecessario farli tornare per diversianni (sempre d'estate) con un richia-mo sanitario; altri ancoraper poter attivare un pro-getto sanitario che preve-de la permanenza delbambino in Sardegna,presso una famiglia affi-dataria, per mesi o addi-rittura anni. Infine,purtroppo, abbiamo avutoa che fare anche con casitalmente gravi da nonconsentirci di intervenirein alcun modo dal puntodi vista sanitario.

Cosa si portano a ca­sa dalla Sardegna?

Innanzitutto l'affetto el'ospitalità dei sardi che nell'arco deidue mesi si prendono cura di lorocome se fossero i propri figli. Torna-no a casa con un bagaglio di espe-rienza enorme; molti di loro inizianoa capire e parlare l'italiano, vedonoper la prima volta il mare, le monta-gne, gli alberi, i palazzi, persino

l'acqua corrente, imparano a curarela propria igiene personale o sempli-cemente a mangiare con le posate oa legarsi i lacci delle scarpe. Oltre aquesto, seguono varie attività ri-creative, imparano giochi di gruppo,canzoni (anche in sardo); insommatutto ciò che ognuno di noi può tra-smettergli in base alle proprie attitu-dini e conoscenze.Dal punto di vista pratico, sia i

bambini che l'accompagnatore, a fineprogetto, partono dalla Sardegna conun bagaglio di 40 kg ciascuno conte-nente: medicinali, vestiario, alimenti,prodotti per l'igiene, giochi e doniper sé e per le loro famiglie.Ma la cosa più importante che alcu-ni di loro "riportano a casa" è la sa-lute; ci sono stati casi in cui abbiamoaccolto bambini tristi e sofferenti edopo alcuni mesi li abbiamo vistiandar via col sorriso stampato infaccia e lo sguardo vispo, felici dinon soffrire più.Questa per tutti noi è la soddisfazio-ne più grande che ci spinge sempread andare avanti con costanza senzamai fermarci, nemmeno davanti a si-tuazioni complicate e talvolta "piùgrandi di noi"

Il lavoro della vostra organizza­zione è complementare alle

onlus che operanolocalmente neicampi saharawi?La nostra associazione

opera da diversi annianche nei campi profu-ghi saharawi. Collabo-riamo a strettocontatto con alcuni vo-lontari che trascorronola maggior partedell'anno nei campi eche si occupano princi-palmente dell'aspettomedico/ sanitario.Almeno una voltaall'anno partiamo in

missione nei campi profughi per ri-portare a casa i bambini che sitrattengono in Sardegna oltre l'estatee nelle due settimane di permanenzaportiamo avanti varie attività comead esempio le visite presso le case deibambini che ospitiamo, la scelta deibambini che faranno poi parte

Intervista con Gianna Sio, volontaria nuoreseC’è un pezzo di Sahara Occidentale anche in Sardegna. A Nùoro opera l’associazione “Saharawi:Pitzinnos de su Mundu” (www.sardegna­saharawi.it). Ne parliamo con Gianna Sio, volontaria nuorese.

di FRANCO ARBA

Crediamoche i bambinisaharawipossanorappresentaretutti i bambinidel mondoche si trovanoin questatristecondizione

L’associazione “Saharawi: Pitzinnos de suMundu” onlus nasce dal volere dei volontariche, nell’agosto del 2007, hanno partecipatoad un progetto di accoglienza estiva di duesettimane realizzato grazie allacollaborazione dell’Assessorato ai ServiziSociali del Comune di Nuoro,dell’associazione “Rio de Oro” onlus delleMarche e del Servizio Civile Internazionale.

L’accoglienza estiva, andando oltre la“vacanza”, mira ad attivare le cure medichee ad accertare le condizioni di salute di ognisingolo bambino.

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pag. 9Intervista con Gianna Sio, volontaria nuorese dell'accoglienza estiva dell'annosuccessivo, valutiamo le condizionistrutturali delle abitazioni e in casodi necessità interveniamo commissio-nando la ristrutturazione ad operaisaharawi, verifichiamolo status di avanza-mento dei lavori di co-struzione delle infra-strutture chefinanziamo grazie aifondi raccolti durantel'anno. Attualmente, incollaborazione conl'associazione Rio deOro, le comunità di Chiaramonti (SS)e Paulilatino (OR) e la Croce Verdedi Lula che ci ha donato un'ambu-lanza inviata nei campi con il pro-getto "Spedizione Container Sarde-gna-Saharawi 2011", finanziamo lacostruzione di un centro fisioterapiconel campo profughi di Smara, chepermetterà, ai bambini saharawi diportare avanti i percorsi riabilitativiiniziati durante le accoglienze, e agliadulti che non hanno la possibilità dispostarsi dai campi di ricevere curemediche direttamente in loco.

Oltre a questo progetto, da alcunimesi, in collaborazione con la scuoladi Musica NAMM che ci sostienenella fase di raccolta fondi, pianifi-chiamo la costruzione di un centro

giovanile nei campi per permettere airagazzi saharawi di approfondire laloro cultura, connettersi ad internet(dargli quindi la possibilità di avereun contatto diretto con l'esterno) efrequentare corsi formativi cheintendiamo organizzare insieme a vo-lontari esperti in vari settori (artisti-co, musicale, artigianale, etc..). Sitratta di un progetto ambizioso checi auguriamo di portare a termineentro la fine del 2013.

Dalla tua spiegazione risultaquindi importante per la realizza­

zione dei diversi progetti la pre­senza stabile, all’interno deicampi, dei cooperanti

La presenza di cooperanti e vo-lontari è fondamentale nei campi, sia

per la pianificazione sulcampo e la realizzazione deiprogetti, sia per far sentire isaharawi non del tutto solie abbandonati a se stessi.Noi, per esempio, lavoriamomolto con le singole fami-glie, parliamo con loro,spieghiamo esattamente dicosa ci occupiamo e cosa si

può fare dal punto di vista medicoper i loro figli in seguito alla primadiagnosi stabilita in Sardegna du-rante le accoglienze estive.Teniamo presente che tante madri

saharawi, pur di far star bene i pro-pri figli, sono disposte a rinunciare aloro per mesi, a volte per anni; il mi-nimo che possiamo fare per loro èquello di conoscerle personalmente efarle capire che i loro piccoli, se purlontani, in Sardegna sono al sicuro evengono curati nel migliore dei mo-di.

La presenza di cooperanti evolontari è fondamentale nei campi,sia per la pianificazione sul campo ela realizzazione dei progetti, sia perfar sentire i saharawi non del tuttosoli e abbandonati a se stessi.

Ed ecco fatto. Il 6 giugno2012 il referendum presentatoda Doddore Meloni, indi­pendentista storico ideatoredella Repubblica di Malu Entu,é stato bocciato dall'Ufficio Re­gionale dei referendum. Ilsoggetto di Meloni non é ambi­guo, ed é storicamente moltointeressante. Doddore (e conlui piu' di 13 mila sardi) pro­pongono un referendumconsultivo per il quesito: "seid'accordo, in base al dirittointernazionale delle NazioniUnite, al raggiungimento dellalibertà del popolo sardo, conl'Indipendenza?".

Il quesito è stato ritenuto ille­gittimo. Non é legale orga­nizzare una consultazione sullamateria sollevata, l'Indi­pendenza della Sardegna dallostato italiano. Quindi, anche seil parere espresso dai sardi nonavrebbe nessun valore, non écomunque legale prospettaremodifiche all'ordine costituzio­nale e politico dell'Italia che,secondo l'art. 5 della costituzio­ne “é una ed indivisibile”.Appunto.

Respinto il referendum proposto da Doddore Meloni: l'indifferenza all'indipendenzaSembra che

Doddore Meloniabbia fatto un erro­rino non perdonabi­le, tanto piú gravequanto piú ésfacciato. Certa­mente Meloni sape­va che l'articolo n.5sarebbe statoimmediatamentebrandito per contra­stare la sua propo­sta referendaria. Forse allorasta diffondendo un'idea,offrendo una nuova prospetti­va? Certo che no. Affrontato inquesto modo, il complesso si­stema della costruzione di unavera indipendenza si sbriciola esi ingarbuglia, perché non é uncompitino delle scuole ele­mentari.L'indipendentismo é uno status

politico di transizione che,ammettendo la propriaincompletezza, può permettersigli apporti piu' disparati ­ peresempio, una larga fetta delGreen Party scozzese é ancheindipendentista; lo SNP siconsulta largamente con l'ala

ecologista alsuo interno, enon puo' es­sere che cosiperchél'elettoratoscozzese éattentissimo atematiche so­vrapartitichequaliambiente,energie rinno­

vabili, turismo compatibile etc.L'indipendentismo moderno edemocratico puó comprendereun passaggio referendario. Maera davvero quello attuale, ilmomento storico ideale perproporre alla Sardegna l'opzio­ne dell'Indipendenza? Propriono, e non poteva essere altri­menti.Il parere dei sardi sul loro de­

stino deve essere richiesto inmodo tale che sia vincolante.Deve poter essere democrati­camente ammesso e conside­rato dal governo che lo ricevecome proposta di autodetermi­nazione. Se questa condizionenon si avvera, é inutile spreca­

re soldi (sardi), idee edenergie. Meloni “ha dimenti­cato” anche di presentare unachiara proposta politica di auto­governo democratico da instau­rarsi dopo il raggiungimentodell'indipendenza. Non ci pos­siamo permettere di essere co­si indifferenti al nostro destino.E comunque il quesito propostoé assolutamente prematuro,perché troppi cittadini oggi siaggrappano con tenue spe­ranze a posizioni tradizio­nalmente contrarie e non osa­no mutare lo status quo.

Ci sono poi i disorientati, gliincerti e, peggio ancora, gliindifferenti. Non condividiamo ilmodo con cui Meloni hacercato di fare pubblicitá allaproposta di Indipendenza per laSardegna.

Come ProgReS cerchiamoinfatti di non lasciare in manoad avventurieri la possibilitá diiniziare un nuovo percorso digoverno tra l'immaturitá politi­ca, l'indifferenza generale perl'indipendenza e l'autodetermi­nazione della propria nazione.

RAFFAELLA CARTA

DODDORE MELONI

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Un detto tradizionale saharawi recita:“Solo le donne riescono a far fiorirel’Hammada”.L’Hammada è il paesaggio desertico delSahara, uno delle zone più inospitalidella terra, già luogo di punizione per laLegione Straniera. È nell’hammada che sitrovano i campi profughi saharawi - ilpiù grande Tindouf, in territorio algeri-no - amministratati e organizzati dalledonne di una nazione che dal 1974attende il referendum per la propria au-todeterminazione. Grazie al grandeimpegno delle donne saharawi - medici,insegnanti, amministratori pubblici – iltasso di alfabetizzazione tra la popola-zione dei campi è aumentatoraggiungendo il 95% determinando cosìuna crescita esponenziale della propriacoscienza di nazione.Il popolo saharawi (“originario del de-serto”, in arabo) nasce nell’incontro trale tribù arabe Maquil, provenienti dalloYemen nell’XI sec., e le popolazioneberbere, Zenata, Masmuda e Sanhaja,che nomadizzavano da sempre nell’aereadell’Africa nord-occidentale e nel Saha-ra. Ma già dal VIII sec. era in atto unalenta islamizzazione delle popolazioniautoctone animiste. La fusione tra i Ma-quil e i berberi autoctoni non fu sempreindolore e le resistenze all’assimilazionedella cultura e lingua araba – so-prattutto dai Sanhaja – portarono ad unlungo conflitto, tra il 1644 e il 1674, chesi risolse con la sconfitta delle tribù Sa-nhaja. Si fa risalire a questo periodo lagerarchizzazione delle tribù del desertotra la casta dei guerrieri, gli arabi o has-san usciti vittoriosi dalla lunga guerra, ele tribù berbere sconfitte che divennerotributarie prendendo il nome di “znaga”,derivazione del nome Sanhaja. Questagerarchizzazione tribale si trasformò inuna confederazione dei popoli del de-serto con una rappresentanza nell’AitArbain (Consiglio dei Quaranta, il nu-mero delle tribù) che si riuniva per dellecelebrazioni o per far fronte ad un peri-colo comune.Una forma di organizzazione statuale

non considerata dalla conferenza diBerlino del 1885: con la spartizionedell’Africa tra le potenze europee il Sa-hara occidentale venne assegnato allaSpagna che ne rivendicava il protetto-

rato in seguito agli insediamenti a norddi Capo Bojador. I confini della coloniaspagnola vennero poi rinegoziati piùvolte con il sultano del Marocco e conla Francia.Nella prima metà del XX secolo ci fu-rono diversi movimento di resistenza tracui quello di Cheikh Ma El-Ainin,fondatore della città di Smara nel 1895,che cadde in combattimento nel 1910. Ènegli anni ’50, con la nascita dei nazio-nalismi dei paesi africani, che si puòparlare di una vera presa di coscienzanazionale del popolo saharawi.La Spagna nel 1958 cede al Marocco laprovincia di Tarfaya, abitata dai sahara-wi e in seguito alla scoperta dei giaci-menti di fosfati di Bou Craa trasforma ilSahara Occidentale nelle province di Sa-guiat el Hamra e Rio de Oro. Ma sonoaltri due fatti che portano all’attuale si-tuazione: dopo aver raggiunto la suaindipendenza nel 1956, il Marocco – conil “Libro bianco” del 1960 – rimarca lesue rivendicazioni territoriali sul SaharaOccidentale e sulla Mauritiana; il 14 di-cembre 1960 la 15° assemblea annualedell’Onu approva la prima risoluzionesul diritto dei popoli all’autodetermina-zione e nel 1964 si pronuncia diretta-mente sulla decolonizzazione spagnoladel Sahara occidentale.Il governo franchista di Madrid ri-

sponde alle diverse risoluzioni Onu conuna politica ambigua che da un latomostra accondiscendenza mentredall’altro avvia una nuova forma di co-lonialismo con l’istituzione della Djemaa,un surrogato dell’Ait Arbain che neifatti accetta passivamente ogni decisionedel governatore spagnolo. Alla Djemaa isaharawi contrappongono il nuovo Mo-vimento di liberazione di Seguit El

Hamra e Ued Dahab che nasce nel 1967.La reiterazione delle risoluzioni Onu afavore dell’autodeterminazione dei saha-rawi determinò la pubblica decisionedella Spagna di indire entro un anno ilreferendum per l’indipendenza del Saha-ra Occidentale. Ma l’atteggiamento spa-gnolo non convince i nazionalisti saha-rawi che nel maggio del 1973 avevanocostituito il Fronte Polisario (Fronte po-polare per la liberazione del Saguiat elHamra e Rio de Oro), nato dall’incontrodei superstiti del MLS e di alcuni stu-denti di stanza in Marocco.La sfiducia dei saharawi verso gli spa-

gnoli trova conferma nell’accordo segre-to tripartito di Madrid del 14 novembre1975 quando il ministro franchista JosèSolis Ruiz e suoi omologhi marocchino emauritiano decidono la spartizione delSahara occidentale. È l’accordo chepermette ai 350.000 civili marocchiniscortati dall’esercito, accampati dal 6novembre al confine in attesa dell’invitodel re Hassan II, di penetrare in territo-rio saharawi e prenderne possesso: allafamigerata “marcia verde” seguirannoeccidi e violenze. Il Fronte Polisarioorganizza la fuga di migliaia di saharawiverso l’Algeria dove, non lontano daTindouf, viene allestita la prima tendo-poli dei profughi. All’invasione segue ilbombardamento dei fuggiaschi da partedell’aviazione marocchina con bombe alnapalm, fosforo e a frammentazione.Pur in esilio i saharawi decidono di

darsi una struttura statuale e il 27febbraio 1976 proclamano la nascitadella Repubblica Araba Saharawi Demo-cratica, con una costituzione provvisoriache definisce il nuovo stato come arabo,islamico, democratico e sociale.Dopo aver tratto in salvo i saharawi

di FRANCO ARBA

Il popolo Saharawi e la Repubblica del Sahara Occidentale: 36 anni in attesa di un referendum sull'auto­determinazione che ancora tarda ad essere indetto. Ripercorriamo la storia di questo pezzo di Africa.

Sahara Occidentale: una nazione ancora senza stato

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SSUU BBAANNDDUU ­­ RReeppoorrttss iinn PPrrooggRReeSSMagazine di politica e cultura indipendentista realizzato dalla Regione Disterru di ProgReS ­ Progetu Republìca de Sardigna

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SITUAZIONE POLITICA: Repubblica Autoprocla­matasi indipendente nel 1976NOME: Repubblica Democratica Araba Sa­harawiNOME UFFICIALE: Al­Jumhūrīyya al­`Arabīyyaas­Sahrāwīyya ad­DīmuqrātīyyLINGUE UFFICIALI: Arabo, Berbero, SpagnoloCAPITALE: El Ayun (188.000 ab)CAPO DI STATO: Mohamed AbdelazizCAPO DI GOVERNO: Abdelkader Taleb OumarSUPERFICIE: 266.000 km²POPOLAZIONE: 382.617 ab. (stima 2007)

riusciti a fuggire dalla dominazione ma-rocchina i guerriglieri del Fronte Polisa-rio riprendono gli attacchi militariconcentrati soprattutto contro la Mauri-tiana, l’alleato più debole degli invasori.Nel luglio del 1977 le maggiori città delpaese sono sotto attacco del Polisario:l’aiuto francese e la presenza di truppemarocchine non servono ad allontanarela disfatta che si materializza nel golpeche destituisce il presidente mauritianoOuld Daddah. Nell’agosto del 1979 vienefirmato l’accordo di pace tra il Polisarioe la Mauritiana che nel 1984 arriverà ariconoscere la RASD.Con scita di scena della Mauritiana il

Fronte Polisario concentra le sue azioniprincipalmente nel sud del Marocco checulminano nella vittoria di GuelfaZemmour dove, nell’ottobre 1981, laguarnigione marocchina è costretta adarrendersi. È a partire da questa disfattache re Hassan II decide di sviluppare lastrategia dei muri: per tutti gli anni ’80vengono innalzati dei terrapieni disabbia, pietrame e materiali di riportodeterminando una barriera lunga 2400km che, dal confine con l’Algeria, anord, sino alla Mauritiana, a sud, divideil Sahara Occidentale e di conseguenzail popolo saharawi. Un muro divisoriodotato di batterie d’artiglieria, sistemi disorveglianza, radar, un effettivo militaredi 130.000 uomini e disseminato dicirca 10 milioni di mine antiuomo.Nel 1991 venne siglato il cessate il fuocoa cui seguì la risoluzione 690 dell’ONUche istituì la MINURSO (MissioneInternazionale Nazioni Unite per il Re-ferendum del Sahara Occidentale) chepotesse rafforzare la tregua tra i duecontendenti e organizzare il referendumper l’autodeterminazione del popolo sa-

harawi. Dopo oltre vent’anni il refe-rendum è ancora una vaga speranza.La RASD è lo Stato in esilio dei sahara-wi ma membro a tutti gli effetti, sin dal1982, dell’OUA (Organizzazione UnitàAfricana). Esercita la sua sovranità neicampi profughi in Algeria e per riappro-priarsi idealmente degli spazi occupatidal Marocco ha dato ai propri campi eai quartieri il nome di una wilaya (re-gione amministrativa) e di una daira (lo-calità simile ai nostri comuni) del terri-torio invaso. Vige una costituzione diispirazione socialista e islamica che haconosciuto diverse modifiche e innova-zioni tra le quali la ferma condannadella pena di morte e della tortura. Lapolitica nazionale da grande importanzaalla cultura rendendo quindi obbligato-ria la scolarizzazione per tutti i bambinie varando delle campagne di istruzioneper gli adulti.Una società egualitaria, quella saharawi,dove la donna ha un ruolo centralenell’organizzazione dei campi grazieanche al lavoro dell’Union NacionalMujeres Saharawi (UNMS) che ha

permesso alle donne saharawi di prende-re coscienza del loro ruolo nella società,dei propri diritti sociali e politici, ga-rantendo la loro piena partecipazionealla vita della propria nazione.Anche grazie al lavoro dell’UNMS sisono potuti creare dei legami con ledonne saharawi dei territori occupati,dove la sola rivendicazione di apparte-nenza nazionale può determinare la de-tenzione e la tortura nelle prigioni ma-rocchine. Nel “Sahara marocchino” ilgoverno di Rabat porta avanti una poli-tica di dislocazione vantaggiosa per ipropri cittadini, attraverso premi e sgra-vi fiscali, per perfezionare la marocchi-nizzazione del territorio saharawi. Daanni le maggiori organizzazioni interna-zionali per la difesa dei diritti umani de-nunciano le repressioni e le vessazionisubite da chiunque, saharawi o ma-rocchino, metta in discussione la “que-stione dell’integrità territoriale”.Ancora oggi il popolo saharawi non saancora quando potrà esercitare il suodiritto al referendum per l’autodetermi-nazione.

Sahara Occidentale: una nazione ancora senza stato

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