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Basic Program On-line 2008-2012: Commentario al Sutra del Cuore di Tendar Lharampa 17 Rispetto al secondo, il modo di meditare sul sentiero della meditazione, in entrambi i commentari di Vimalamitra 1 e nella tradizione orale di Atisa 2 è spiegato [in termini della] derivante [traduzione], “Dunque, a quel tempo, nella vacuità non vi è forma …”. In alcuni commentari è spiegato secondo la derivante [traduzione], “Così, la vacuità non è la forma”. Non vi è una grande differenza nel significato. Il sublime erudito Jamyang Gaue Lodro 3 spiega che “nella vacuità non vi è forma” e così via, significa che nella prospettiva dell’equilibrio meditativo del sentiero della meditazione non vi sono forme. Vimalamitra aveva questo in mente [quando] nel suo commentario diceva “nella visione della vacuità non vi è percezione della forma”. Dunque, la non-apparenza dei cinque aggregati nella prospettiva dell’equilibrio meditativo [è il significato di quando] dice da “Non vi è forma …” fino a “… non vi è coscienza”. La non-apparenza delle dodici sorgenti [è il significato di quando] dice da “non vi sono occhi…” fino a “…non vi sono fenomeni”. La non- apparenza dei diciotto elementi [è il significato di quando] dice da “non vi è il costituente dell’occhio…” fino a “…non vi è neanche il costituente della coscienza mentale”. La non- apparenza dei [fenomeni] interdipendenti completamente afflitti/afflittivi e dei completamente purificati/purificanti [è il significato di quando] dice da “non vi è ignoranza…” fino a “…non vi è neanche estinzione dell’invecchiare e del morire”. La non-apparenza dell’oggetto della osservazione 4 [è il significato di quando] dice da “non vi è sofferenza …” fino a “…non vi è sentiero”. La non-apparenza dell’osservatore 5 [è il significato di quando] dice “non vi è saggezza suprema”. La non-apparenza di qualunque ottenimento e non-ottenimento del risultante [è il significato di quando] dice “non vi è ottenimento e non vi è neppure non-ottenimento”. Così, le dodici entrate e i diciotto costituenti vanno presi come substrati. 6 A tal proposito, [la scuola non buddhista de]i Samkhya 7 asserisce che ciò che si chiama sé, 8 coscienza 9 e il purusa cosciente 10 dimorano all’interno degli aggregati. Essi asseriscono che, a parte il fatto che si vedano le forme [visive] e si odano i suoni grazie alle facoltà sensoriali della vista, [dell’udito] e così via, non sono necessarie coscienze della vista e così via che siano separate dal sé per guardare le forme. Khedrub Je 11 asserisce nel suo Dissipare l’oscurità mentale per le sette opere 12 [di Dharmakirti] che [la sezione del sutra discusso sopra] ha lo scopo di confutare tale asserzione [che si trovi il sé negli aggregati]. Dunque, tale nozione del sé asserita dai non buddisti è un afferrarsi al sé acquisito intellettualmente. 13 [Quella] innata 14 si riferisce all’afferrarsi alla persona come autosufficiente e sostanzialmente esistente secondo le asserzioni delle [scuole buddhiste] degli Svatantrika e [delle scuole buddiste a loro] inferiori. Per quanto riguarda il modo di concepirlo (o afferrarsi ad esso), il sé che serve da base della nozione [per la quale] si pensa “io”, [pare] non dipendente né basato sugli aggregati, ma appare come il padrone (dominatore) e proprietario 15 degli aggregati. E anche gli aggregati appaiono come [se fossero] governati/dominati 16 dal sé e [come suoi] servitori. 17 [Lo dimostra il fatto che ciò che un individuo] concepisce come “la mia forma”, “le mie sensazioni”, 1 dri med bshes gnyen gyi ‘grel pa 2 jo bo gsung rgyun 3 jam dbyangs dga’ ba’i blo gros 4 dmigs bya 5 dmigs byed 6 khyad gshi 7 grangs chen pa 8 bdag 9 shes 10 rig gyi skyes bu 11 mkhas grub rjes 12 sde bdun yid kyi mun sel 13 kun btags 14 lhan skyas 15 dbang sgyur ba po dang rje bo 16 dbang sgyur bya 17 khol po

Sutra Testo 02

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Rispetto al secondo, il modo di meditare sul sentiero della meditazione, in entrambi i commentari di Vimalamitra1 e nella tradizione orale di Atisa2 è spiegato [in termini della] derivante [traduzione], “Dunque, a quel tempo, nella vacuità non vi è forma …”. In alcuni commentari è spiegato secondo la derivante [traduzione], “Così, la vacuità non è la forma”. Non vi è una grande differenza nel significato. Il sublime erudito Jamyang Gaue Lodro3 spiega che “nella vacuità non vi è forma” e così via, significa che nella prospettiva dell’equilibrio meditativo del sentiero della meditazione non vi sono forme. Vimalamitra aveva questo in mente [quando] nel suo commentario diceva “nella visione della vacuità non vi è percezione della forma”. Dunque, la non-apparenza dei cinque aggregati nella prospettiva dell’equilibrio meditativo [è il significato di quando] dice da “Non vi è forma …” fino a “… non vi è coscienza”. La non-apparenza delle dodici sorgenti [è il significato di quando] dice da “non vi sono occhi…” fino a “…non vi sono fenomeni”. La non-apparenza dei diciotto elementi [è il significato di quando] dice da “non vi è il costituente dell’occhio…” fino a “…non vi è neanche il costituente della coscienza mentale”. La non-apparenza dei [fenomeni] interdipendenti completamente afflitti/afflittivi e dei completamente purificati/purificanti [è il significato di quando] dice da “non vi è ignoranza…” fino a “…non vi è neanche estinzione dell’invecchiare e del morire”. La non-apparenza dell’oggetto della osservazione4 [è il significato di quando] dice da “non vi è sofferenza …” fino a “…non vi è sentiero”. La non-apparenza dell’osservatore5 [è il significato di quando] dice “non vi è saggezza suprema”. La non-apparenza di qualunque ottenimento e non-ottenimento del risultante [è il significato di quando] dice “non vi è ottenimento e non vi è neppure non-ottenimento”. Così, le dodici entrate e i diciotto costituenti vanno presi come substrati.6 A tal proposito, [la scuola non buddhista de]i Samkhya7 asserisce che ciò che si chiama sé,8 coscienza9 e il purusa cosciente10 dimorano all’interno degli aggregati. Essi asseriscono che, a parte il fatto che si vedano le forme [visive] e si odano i suoni grazie alle facoltà sensoriali della vista, [dell’udito] e così via, non sono necessarie coscienze della vista e così via che siano separate dal sé per guardare le forme. Khedrub Je11 asserisce nel suo Dissipare l’oscurità mentale per le sette opere12 [di Dharmakirti] che [la sezione del sutra discusso sopra] ha lo scopo di confutare tale asserzione [che si trovi il sé negli aggregati]. Dunque, tale nozione del sé asserita dai non buddisti è un afferrarsi al sé acquisito intellettualmente.13 [Quella] innata14 si riferisce all’afferrarsi alla persona come autosufficiente e sostanzialmente esistente secondo le asserzioni delle [scuole buddhiste] degli Svatantrika e [delle scuole buddiste a loro] inferiori. Per quanto riguarda il modo di concepirlo (o afferrarsi ad esso), il sé che serve da base della nozione [per la quale] si pensa “io”, [pare] non dipendente né basato sugli aggregati, ma appare come il padrone (dominatore) e proprietario15 degli aggregati. E anche gli aggregati appaiono come [se fossero] governati/dominati16 dal sé e [come suoi] servitori.17 [Lo dimostra il fatto che ciò che un individuo] concepisce come “la mia forma”, “le mie sensazioni”,

1 dri med bshes gnyen gyi ‘grel pa 2 jo bo gsung rgyun 3 ‘ jam dbyangs dga’ ba’i blo gros 4 dmigs bya 5 dmigs byed 6 khyad gshi 7 grangs chen pa 8 bdag 9 shes 10 rig gyi skyes bu 11 mkhas grub rjes 12 sde bdun yid kyi mun sel 13 kun btags 14 lhan skyas 15 dbang sgyur ba po dang rje bo 16 dbang sgyur bya 17 khol po

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appaiono come cose che si darebbero certamente, nella misura in cui fosse possibile scambiarle con quelle di altri. La ragione utilizzata dai non-buddisti per dimostrare che l’io è sostanzialmente esistente è: “Il soggetto, la mente che pensa ‘io’, opera correttamente in accordo ai fatti, in quanto, senza che la mente sia precedentemente diretta, è una mente che opera naturalmente nel vedere gli aggregati, così come nel caso della percezione del blu”. [Cioè, i non-buddhisti sostengono che esista il sé perché la nozione di esso è intuitiva, la mente pensa automaticamente e naturalmente ‘io’ quando si vede il corpo, così come la mente pensa ‘blu’ nel percepire una chiazza blu]. La ragione che utilizzano i buddhisti per confutare l’esistenza di un sé esistente sostanzialmente è: “Il soggetto, una persona autosufficiente che non sia imputata né sulla raccolta degli aggregati, né sul loro continuum, non esiste intrinsecamente, per il fatto che non esiste né come una identità con gli aggregati, né differentemente da essi, così come nel caso delle corna del coniglio”. 18 Obiezione: Siccome ciò che è posto come soggetto non è una base stabilita, allora il ragionamento non è corretto. Risposta: Non vi è errore. Anche se il significato d’insieme19 della combinazione dei due, il soggetto basilare20 e il predicato del probandum,21 viene dissipato da una cognizione valida, e allora tale ragionamento logico non è corretto, se [invece] il significato d’insieme della combinazione dei due, il mero soggetto22 e il predicato del probandum, viene dissipato da una cognizione valida, non vi è l’errore che diventi un ragionamento logico non corretto. Questo perché un sillogismo in cui entrambi, il segno e il predicato del probandum, siano negazioni non affermative, è adeguato [anche se] il soggetto è un ‘non esistente’23. Dunque, il soggetto del sillogismo, una persona autosufficiente non imputata né sull’insieme degli aggregati, né sul loro continuum, è considerato un mero soggetto24 oppure un soggetto dichiarato.25 Il significato del termine ‘persona autosufficiente’, cioè l’apparenza della persona come autosufficiente al concetto, è il soggetto basilare26 oppure soggetto imputato27 di tale sillogismo. La base effettiva28 nel dimostrare l’impermanenza del suono confutandone la permanenza per la ragione che è un prodotto, è l’apparenza al concetto dell’opposto del non-suono, infatti, in tale occasione, il suono vero e proprio, tale e quale com’è, non appare direttamente al concetto. Comunque, mi chiedo se vi sia una sottigliezza per cui l’apparenza dell’opposto del non-suono non sia il soggetto basilare per quella dimostrazione.29 Inoltre, non solamente i non-buddhisti asseriscono l’esistenza sostanziale [nel senso di] autosufficiente, è chiaro che anche i Sautrantika e i Cittamatrin asseriscono che la forma grossolana e la coscienza siano sostanzialmente esistenti30 nel senso di autosufficienti31. Infatti, questi proponenti della vera esistenza32 asseriscono che se una cosa è esistente per imputazione33 è

18 Per una discussione relativa a questo ragionamento, vedere Jeffrey Hopkins, Meditation on Emptiness (London: Wisdom Publications, 1983), pp. 175-196, trad. italiana di Leonardo Cirulli pubblicata da JTK Edizioni. 19 tshogs don 20 rang rten gyi chos chen 21 sgrub byai chos 22 chos chen ‘ba’ shig pa 23 gshi ma grub pa, letteralmente, una base non stabilita 24 chos chen ‘ba’ shig pa 25 smas pai chos chen 26 rang rten gyi chos chen 27 btags pa ba 28 dngos kyi rten 29 Per una discussione relativa all’uso dei soggetti-base e dei meri soggetti nei sillogismi, vedere Donald S. Lopez, Jr., A Study of Svatantrika (Ithaca, New York: Snow Lion Publications, 1987), pag. 174-179. 30 dravyasat, rzas yod 31 rang skya thub pa’i rzas yod du 32 dngos smra ba

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imputata su una base di imputazione che è sostanzialmente esistente [nel senso di] autosufficiente. Da cosa si comprende questo? E’ dimostrato da ciò che dice [Lama Tzong Khapa nella sua] Spiegazione al Madhyamikavatara: ‘L’Illuminazione del Pensiero’34: “Gli altri (le scuole buddhiste non Prasangika) asseriscono che le cose che sono esistenti per imputazione sono imputate a dipendere da una base di imputazione che è esistente sostanzialmente [nel senso di] autosufficiente”. Essendo questo passo assai chiaro, non è necessario essere contorti [per determinarne il significato]. Per i sistemi delle scuole [buddhiste non Prasangika] che propongono la vera esistenza,35 riguardo la sottile assenza del sé delle persone sulla base della coscienza e della forma grossolana, è asserita come “assenza del sé delle persone della coscienza”36 la non-esistenza di coscienza quale oggetto di utilizzo37 di una persona che sia esistente sostanzialmente [nel senso di essere] autosufficiente. Il resto si può inferire. Il modo di addestrarsi sul sentiero oltre l’apprendimento è: “Shariputra, dunque, siccome i bodhisattva non hanno ottenimenti, … affidandosi alla perfezione della saggezza”. Il significato è che nella prospettiva dell’equilibrio meditativo le convenzionalità non appaiono [ed] è così che i bodhisattva praticano la perfezione della saggezza, dimorano in essa e vanno al completamento del nirvana. E’ insegnato che anche tutti i buddha dei tre tempi sono diventati buddha in tal modo. Fino a questo punto [le istruzioni] erano pertinenti ai discepoli di facoltà intorpidite. Ora le istruzioni per [i discepoli di facoltà acute], “Pertanto, il mantra della perfezione della saggezza, … dovrebbe addestrarsi nella profonda perfezione della saggezza”. Nel commentario di Vimalamitra si dice, “Il mantra segreto è chiamato mantra poiché è coscienza38 e poiché protegge39”. Così come egli dice, il termine originale mantra significa mente40 e proteggere e così, anche tutti i cinque sentieri che si occupano [di questo] hanno il significato di coscienza e protettori. “Il mantra della perfezione della saggezza” corrisponde al sentiero dell’accumulazione. “Il mantra della grande conoscenza” corrisponde al sentiero della preparazione. “Il mantra insuperato”41 corrisponde al sentiero della visione. “Il mantra eguale all’ineguagliato” corrisponde al sentiero della meditazione. “Il mantra che pacifica completamente tutte le sofferenze” corrisponde al sentiero oltre l’apprendimento. In accordo a ciò che è percepito dalla profonda perfezione della saggezza, [ciò] va conosciuto come vero, cioè, se si medita in tal modo, occorre sapere che è la causa che fa procedere verso la illuminazione. TADYATHA, [significa] è così, cioè, samsara e nirvana sono di un unico sapore nell’essere privi di vera esistenza. GATE GATE significa “andato, andato”, il primo gate si riferisce al sentiero dell’accumulazione e il secondo GATE si riferisce al sentiero della preparazione. PARAGATE [significa] andato nel sentiero della visione. PARASAMGATE [significa] andato nel sentiero della meditazione. BODHI SVAHA [significa] essere fondato nella illuminazione, cioè ottenere il sentiero oltre l’apprendimento. Tale nesso con i cinque sentieri appare nel commentario di Mahajana e non è chiaro in altri commentari indiani. I lama tibetani sostengono questo, ma vi sono ovviamente anche altri modi di esporre [il significato del mantra]. OM e SVAHA benedicono il

33 prajnaptisat, btags yod kyi dngo po 34 dbu ma ‘jug pa’i dgongs pa rab gsel 35 dngos smra ba 36 shes pa’i gang zag gi bdag med 37 longs spyad byar med pa 38 shes pa 39 skyob pa 40 yid 41 bla na med pa

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mantra (caricandolo) di potenziale.42 L’assenza della OM qui è scorretta. Infatti, il [commentario] composto da Nagarjuna, Prajnaparamitahrdayasadhana,43 riporta:

Se sei stanco, recita il mantra della verità aggiungendo TADYATHA e OM.

Alcuni eruditi affermano che questo mantra non sia incluso nei tantra, pensando sia posto fondamentalmente nei sutra, ma siccome le sadhane di Nagarjuna e Darikapa sono chiaramente nel sistema del mantra, ci deve essere un ambito per includere tale mantra nei tantra. Comunque, Khedrub Je44 afferma che le sadhane45 di Nagarjuna e Darikapa siano fasulle46 e alcuni eruditi [asseriscono invece] che siano autentiche. Inoltre, vi è anche un commentario del Sutra del Cuore del sistema del mantra composto da Srisimha. Pare dunque difficile analizzare.

3 Il modo in cui il Maestro [Buddha] aveva gioito p er ciò

La terza [sezione], è il modo in cui il Maestro [Buddha] aveva gioito [per l’insegnamento di Avalokiteshvara] cioè, da “Quindi, il Vittorioso Trascendente emerse da tale samadhi…” fino a “…alle parole del Vittorioso Trascendente”. Il significato è piuttosto semplice da comprendere. “Ben detto” è pronunciato due volte per il fervore e non per enumerazione. “E’ proprio così, è proprio così …” [significa], “Avalokiteshvara, ciò che tu hai detto corrisponde proprio al modo di esistere di tutti i fenomeni. Anche io ho inteso in tale modo”. Inoltre, nell’esordio e alla fine del testo è detto “ il Vittorioso Trascendente... dicendo…” e “Il Vittorioso Trascendente disse così…”, che sono parole [aggiunte con] il permesso [del Buddha]. Le domande di Shariputra e le risposte di Avalokiteshvara sono parole [espresse] per le benedizioni [del Buddha]. “Ben detto … ne gioiscono perfino i tathagata!”, sono parole pronunciate dalla santa bocca [del Buddha]. Riguardo il modo di opporsi ai demoni, [tramite la recitazione del sutra] Khedrub Je confuta questo nel suo Aspetti Generali del Tantra,47 dicendo, “Rispetto al modo di sconfiggere i demoni, quelli in [preghiere] quali ‘Luce chiara’ e ‘Il Prologo48’ sono immaginazioni”. Vi sono, comunque, asserzioni tipo “il re degli dei, Sakra,49 aveva pensato circa il significato profondo della perfezione della saggezza e aveva recitato [tali] parole per respingere i demoni viziosi”. Siccome tali parole erano simili a quelle nelle Ottomila Stanze50 e siccome, oltre a ciò, vi sono anche istruzioni, che si dice siano state date da Nagarjuna [circa la plausibilità della recitazione del sutra al fine di debellare i demoni], che vanno analizzate.

Il fatto che io non abbia spiegato in dettaglio il significato profondo, difficile da saggiare,

non è per il limite di non esserci nulla da spiegare, ma è solo per il difetto della ristrettezza della mia intelligenza che ho semplicemente ripetuto attestazioni di altri. Se tu avessi cognizione di un mio voltar le spalle al pensiero del Muni, per l’uso di ragionamenti sofistici, in tal caso, proprio come una madre amorevole non si arrabbia per i misfatti del figlio

con cattivo temperamento,

42 nus pa 43 shes rab snying sgrub thabs 44 mkhas grub rje 45 sgrub thabs 46 rdzus ma 47 rgyud sde spyi rnam 48 gleng gshi ma 49 brgya byin 50 astasahasrika, brgyad stong pa

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pensandomi con amorevole compassione, non essere sprezzante. Come della farina mista raccolta da un mendicante, questa mescolanza di svariati testi, non è una profusione di asserzioni profonde, ma, essendo stata composta con una mente non-nera, non sono reo, vero? Per tale virtù, possa l’elefante51 bianco della mia mente il cui corpo è adorno con collane di copioso ascolto, tenere con intelligenza con la sua proboscide la spada del ‘vuoto di dualità52 e sconfiggere tutte le truppe delle concezioni di vera esistenza.

Questo commentario al Sutra del Cuore, La Luce del Gioiello che Illumina il Significato era stato scritto su richiesta di Konciog Zopa53, sovrano fra i narratori delle infinite scritture. Compilato menzionando molteplici testi da Ngawang Tendar54 di Alagsha, chiamato Lhaden Drakorpa55. [L’edizione tibetana] era stato stampato da Kubum Jampa Ling56. Tradotto in italiano nella primavera 2004 da Anna Maria De Pretis sulla base della traduzione di D. Lopez seguendo ogni frase e ogni parola dello scritto tibetano che ho usato per fare varie annotazioni e basandomi sulla quale ho osato apportare delle correzioni rispetto alla versione inglese. Lungi dall’essere impeccabile, sarò felice di accogliere ogni suggerimento per il suo miglioramento. Revisione nel novembre 2005. Revisione da Saza Verro nel 2010.

Sarvamangalam

51 lag ldan? 52 gnyis stong 53 dkon mch’og bzod pha 54 ngag dbang bstan dar 55 lha ldan gra skor pa 56 sku ‘bum byams pa gling