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"SVILUPPO INSOSTENIBILE" Provincia di Venezia Assessorato Politiche Ambientali

SVILUPPO INSOSTENIBILE - Università di Cagliari · Mondo del denaro,la città lo diventa anche del mercato del lavoro in cui il salariato non cessa di diffondersi. Centro economico,

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"SVILUPPO INSOSTENIBILE"

Provincia di Venezia

AssessoratoPolitiche Ambientali

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SVILUPPO SOSTENIBILE

WE HAVE A DREAMIl sogno della vita

PREMESSA

Questo lavoro non vuol essere una analisi approfondita ed esau-stiva sullo sviluppo Sostenibile. Faremmo un grande errore dipresunzione.Vuol essere invece una piccola riflessione, a tratti più preci-sa, in altri soprattutto provocatoria, di come nel tempo si è arrivati ariparlare di sviluppo inteso non più solamente nell’ambito economico oquantitativo, ma legato alla sostenibilità, cioè sviluppo di qualità.

È un tema nuovo, di attualità, legato ad una emergenza: qualcosanel pianeta sta cambiando ed il modello che alcune società stannoportando avanti, si sta sempre più rivelando inquinante, sprecone edingiusto.

Sviluppo allora è la vera scommessa soprattutto per i paesi indu-strializzati, per cambiare rotta, perché la sostenibilità può veramentediventare un nuovo modo di vivere, legato alla fantasia alla realizzazionepersonale di ciascuno nella società.

Ecco, il valore provocatorio di questo lavoro: innescare un movi-mento di riflessione, in stretto contatto, in modo da diventare stimolooriginale di riflessione e di condivisione di esperienze quotidiane.

Siamo infine convinti della validità del lavoro in collaborazionecon la Provincia di Venezia, da sempre attenta e sensibile a tematiche diquesto tipo; ed in particolare con l’Assessorato all’Ambiente, disponibilefin dall’inizio a intraprendere con noi questo ardito percorso.E’una scom-messa che speriamo serva e che possa nel tempo portare frutti.

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INTRODUZIONE

IL MODELLO DI SVILUPPO OCCIDENTALE

Quadro storico:nascita della cultura capitalistica

(consumismo occidentale).

A partire dall’anno mille, soprattutto nell’Italia centro-settentrio-nale, il numero degli abitanti aumenta, almeno fino a raddoppiarsi. Sonouomini che vanno nutriti materialmente e spiritualmente. Progressoinnanzitutto rurale, in un mondo in cui la terra è fondamento di tutto.Soprattutto progresso quantitativo, estensivo: un vasto movimento di dis-sodamento fornisce nuovi spazi coltivati, radure nascono o si allarganonel manto forestale.

Progresso anche qualitativo, l’aratro a ruote e a varsoio asimme-trico sostituiscono nelle pianure quello precedente, meno efficace; ilnuovo sistema di tiro permette di sostituire al bue il più possente caval-lo; vengono introdotte nuove colture nella rotazione ormai diventatatriennale; la diffusione dei pascoli artificiali consente lo sviluppo dell’al-levamento.

Grazie ai Benedettini e ai Cistercensi i mulini si moltiplicano,por-tando un inizio di meccanizzazione nellecampagne e nelle vallate. Le popolazioniaccresciute si raggruppano in villaggi, inagglomerazioni concentrate, spessoarroccate intorno alla chiesa o al castel-lo. È il fenomeno dell' incastellamento.

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Soprattutto, la conseguenza più spettacolare dello sviluppo demografico ed economico, è un inten-so movimento di urbanizzazione. Più decisivo dell’urbanizzazione superficiale del mondo greco-roma-no, più simile alle grandi ondate di esplosione urbana del XIX e poi del XX secolo, crea una rete di città che non saranno più, come nell’antichità e nell’alto Medioevo, centri militarie amministrativi, ma innanzitutto focolai economici, politici, culturali.

La città è un cantiere in cui si sviluppa, attraverso la divisione dellavoro, un artigianato diffuso e molteplice in cui nasce in tre settori chesi vanno “industrializzando”, l’edilizio, il tessile e il conciario, con unalogica di prezzo di mercato determinata dall’offerta e dalla domanda.È unluogo di scambi che attira a sé e fa nascere fiere e mercati, alimentati dallaripresa del commercio a lunga o media distanza; questo conferisce unpeso sempre più grande nella società urbana ai mercanti che lo control-lano. La città è il luogo principale in cui avvengono transizionieconomiche che richiedono il ricorso sempre maggiore a un mezzo discambio essenziale: la moneta.

I mercanti, in una realtà dalle numerose monetazioni, creano benpresto tra loro un gruppo di specialisti della moneta: i cambiatori, chediventeranno i banchieri, sostituendo in questo ruolo sia i monasteri, isti-tuti di credito sufficienti ai deboli bisogni dell’alto medioevo, sia agliebrei, ormai confinati al ruolo di prestatori al consumo, cioè “usurai”.Mondo del denaro, la città lo diventa anche del mercato del lavoro in cuiil salariato non cessa di diffondersi.

Centro economico, la città è anche centro di potere.Accanto e,talvolta, contro i poteri tradizionali del vescovo e del signore, spesso fusinella stessa persona, un gruppo di uomini nuovi, i cittadini o borghesi,conquista “libertà”, cioè privilegi sempre più estesi. Senza rimettere incausa i fondamenti economici e politici del sistema feudale, vi introduco-

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Sono passati undici anni da quando nel 1992, a Rio de Janeiro, l’umanità siimpegnava, tramite i governi delle Nazioni Unite, ad invertire la rotta di una politicache stava distruggendo il pianeta.

Alterazioni del clima,effetto serra,dissesto idrogeologico,esaurimento del-le risorse naturali, accumulo di rifiuti, contaminazione di acqua e aria, consumo disuoli fertili,distruzione della biodiversità ed impegni concreti a favore delle aree piùpovere del mondo, sembravano diventare elementi basilari su cui costruire più pro-fonde consapevolezze e nuove azioni per le società del futuro.

Si pianificava la nuova agenda planetaria del ventunesimo secolo, l’AgendaXXI appunto, e le comunità locali avrebbero dovuto assumere un ruolo fondamenta-le nei nuovi processi politici. Una nuova democrazia sembrava alla portata di mano.

L’anno scorso, il 2002, in South Africa, si è fatto il punto sullo stato di at-tuazione di quegli indirizzi e il bilancio che si è potuto tracciare non è stato certopositivo. Il mondo ha proseguito la sua corsa autodistruttiva, le disuguaglianze so-ciali sono aumentate e l’impegno dei Governi nell’attuazione di uno svilupposostenibile è sempre meno convinto.

Tuttavia, la rotta tracciata nel ’92 rimane quella giusta e in molti luoghi del-la terra stanno prendendo forma, dal basso, nuove sensibilità e percorsi innovativiper realizzare gli obiettivi di Rio de Janeiro.

Anche questa esperienza didattica dell’Istituto Primo Levi, che si collocanell’area della ricerca per rinnovare le radici culturali di un giusto equilibrio fra uo-mo e natura e rendere evidente la volontà di partecipazione per ricostituirloladdove è stato compromesso, contribuisce ad indicare una nuova strada verso ilcambiamento. Una speranza concreta, perché l’etica della responsabilità è più vigo-rosa e limpida se a praticarla sono le giovani generazioni.

I ragazzi che hanno realizzato il buon lavoro contenuto nelle pagine cheseguono, sono convinti che un altro mondo è possibile, un mondo senza più squili-bri sociali e ambientali, un mondo dove economia ed ecologia parlano la stessalingua.

Fidiamoci, la loro intuizione forse vale di più di tante precarie e modificabili certezze.

Aiutiamoli a costruire la società del futuro,quella dove lo sviluppo è davvero sostenibile.

Le molte persone che, per buona sorte di tutti, non possono fare a meno diimmaginare un mondo migliore di quello che stiamo lentamente distruggendo e, so-prattutto, che sanno com’è difficile lottare contro pigrizie e ingiustizie per cambiareveramente, hanno bisogno dell’intelligenza e della passione di giovani come questi.

Ezio Da VillaAssessore alle politiche ambientali

della Provincia di Venezia

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Il presente contributo effettuato con l’intervento degli studentidell’Istituto, si inserisce in un’attività più ampia riguardante lo SviluppoSostenibile, sia in campo culturale sia in campo scientifico sia in campopiù squisitamente tecnologico.

Questo progetto si sta sviluppando attraverso una serie di fasi, al-cune delle quali già completate, che hanno prodotto vari interventieffettuati in collaborazione con l’Amministrazione Provinciale di Veneziae con il Comune di Mirano,con l’obiettivo di aprire un dibattito sulle pro-blematiche ambientali a livello territoriale: la scuola ha assunto in questoprocesso un ruolo attivo, trasformando in un progetto educativo nel set-tore ambientale le esigenze che da varie parti stanno emergendo.

Lo sviluppo del progetto ha già prodotto l’impianto di un labo-ratorio itinerante riguardante le fonti energetiche rinnovabili e prevede laconcreta prospettiva di costruzione di un impianto fotovoltaico per laproduzione di energia elettrica da 7,9 Kw;accanto a questo si stanno con-solidando collegamenti a livello anche europeo per analizzare sul campoesperienze significative nell’ambito dello sviluppo sostenibile.

La scuola si pone pertanto non solo come agenzia formativa chetramanda la cultura acquisita, ma anche come soggetto fondamentale perla formazione di una nuova cultura nelle giovani generazioni di cui l’edu-cazione ambientale rappresenta uno degli ambiti fondamentali.

Si ringraziano il prof. Barbiero per il coordinamento, il tecnicoCrisafulli per l’editing e gli studenti della sezione D del triennio di spe-cializzazione Elettronica e Telecomunicazioni per l’impegno profuso.

Il Dirigente ScolasticoDell’Istituto Tecnico Industriale Statale

“P. LEVI” di MiranoDott. Mario ERRICO

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SVILUPPO SOSTENIBILE

WE HAVE A DREAMIl sogno della vita

PREMESSA

Questo lavoro non vuol essere una analisi approfondita ed esau-stiva sullo sviluppo Sostenibile. Faremmo un grande errore dipresunzione.Vuol essere invece una piccola riflessione, a tratti più preci-sa, in altri soprattutto provocatoria, di come nel tempo si è arrivati ariparlare di sviluppo inteso non più solamente nell’ambito economico oquantitativo, ma legato alla sostenibilità, cioè sviluppo di qualità.

È un tema nuovo, di attualità, legato ad una emergenza: qualcosanel pianeta sta cambiando ed il modello che alcune società stannoportando avanti, si sta sempre più rivelando inquinante, sprecone edingiusto.

Sviluppo allora è la vera scommessa soprattutto per i paesi indu-strializzati, per cambiare rotta, perché la sostenibilità può veramentediventare un nuovo modo di vivere, legato alla fantasia alla realizzazionepersonale di ciascuno nella società.

Ecco, il valore provocatorio di questo lavoro: innescare un movi-mento di riflessione, in stretto contatto, in modo da diventare stimolooriginale di riflessione e di condivisione di esperienze quotidiane.

Siamo infine convinti della validità del lavoro in collaborazionecon la Provincia di Venezia, da sempre attenta e sensibile a tematiche diquesto tipo; ed in particolare con l’Assessorato all’Ambiente, disponibilefin dall’inizio a intraprendere con noi questo ardito percorso.E’una scom-messa che speriamo serva e che possa nel tempo portare frutti.

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Introduzione

Ruolo della politica

Gli Stati della terra nell’ambito delle Nazioni Unite, discutono diproblematiche legate allo sviluppo a scapito dell’amboente fin dall’iniziodegli anni ‘70. La prima conferenza mondiale sull’ambiente umano fu or-ganizzata dall’ONU nel 1972 a Stoccolma. Ne uscì un rapporto di BarbaraWard e Renè Dubos:“Una sola Terra”.

Il Club di Roma aveva già nel 1968 pubblicato:“I limiti dellosviluppo” in cui in un passaggio si diceva:“…l’uomo deve assumersi la re-sponsabilità di gestire la terra, cioè amministrarla per conto di altri”.

1987 un’altra tappa importante fu la pubblicazione del rapportoBrundtland (primo ministro norvegese):“Il futuro di tutti noi”, anche quiin un passaggio fondamentale si dice:“...uno sviluppo che soddisfa le ne-cessità attuali senza compromettere la possibilità per le generazionifuture di soddisfare i propri bisogni”.

1991 sempre nell’ambito delle Nazioni Unite venne stilatoun rapporto “Prendersi cura della terra”. L’obiettivo era quello di co-minciare a pensare in maniera più chiara a ciò che significa SviluppoSostenibile, con l’obiettivo di “…migliorare la qualità della vita, man-tenendosi nei limiti della capacità di carico degli ecosistemi che cisostengono”. Ne scaturirono nove principi che saranno poi alla base del-la discussione sullo Sviluppo Sostenibile:

1. Rispettare ed avere cura di tutte le forme di vita, nostre e di al-tri popoli, ora e nel futuro;

2. Migliorare la qualità della vita per permettere alle persone dicondurre una vita piena e dignitosa;

3. Conservare la forza vitale e la diversità biologica della terra eassicurare un uso sostenibile delle risorse rinnovabili;

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4. Ridurre al minimo lo sfruttamento di quelle non rinnovabili;

5. Rimanere nei limiti di capacità di carico della terra;

6. Cambiare atteggiamenti e abitudini personali che rimettano al cen-tro sufficienza e sobrietà e principi etici nei propri stili di vita;

7. Avere cura, come comunità, del proprio ambiente;

8. Prevedere programmi nazionali che integrino sviluppo e con-servazione;

9. Creare un’alleanza mondiale per gestire comunemente le ri-sorse comuni del globo come atmosfera e oceani.

1992 a Rio de Janeiro il concetto di Sviluppo Sostenibile è di-venuto centrale nell’agenda politica mondiale. In quella sede fuapprovato un documento “Agenda 21”, che è un elenco di politiche damettere in atto in ogni parte del globo. La commissione mondiale pressole N.U. anch’essa approvata a Rio, si riunisce tutti gli anni per verificare ilrispetto degli impegni e monitorare i progressi di tutti i Paesi verso la so-stenibilità in riferimento delle decisioni di Agenda 21.

1992 a New York si individua l’obiettivo di stabilizzare le con-centrazioni in atmosfera di gas serra a un livello tale da prevenire effettipericolosi per il sistema climatico derivanti dalle attività umane.

1995 a Berlino si stabilisce che entro la fine del 1997 la IIIConferenza delle Parti avrebbe dovuto adottare un protocollo legalmentevincolante con impegni quantificati di riduzione delle emissioni da partedei Paesi industrializzati.

1997 a Kyoto in Giappone la Conferenza ha adottato un proto-collo che stabilisce:

L’impegno dei Paesi industrializzati, entro il periodo compreso tra il2008 e il 2012, di ridurre le emissioni dei sei principali gas serra nella misura

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complessiva del 5,3% rispetto ai livelli del 1990 e sono: Anidride Carbonica(CO2), il Metano (PFC), il Protossido di Azoto (N20), gli Idrofluorocarburi (HFC),i Perfluorocarburi (PFC), e l’Esafluoro di zolfo (SF6).

Ha individuato le azioni che dovranno essere realizzate dai Paesi“Annex I”, Paesi industrializzati e Paesi con economia in transizione, perla riduzione delle emissioni, con particolare riferimento:

Promozione dell’efficienza energetica in tutti i settori;

Sviluppo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia edelle tecnologie innovative per la riduzione delle emissioni;

Protezione ed estensione delle foreste per l’assorbimento delcarbonio;

Promozione dell’agricoltura sostenibile;

Limitazione e riduzione delle emissioni di metano delle disca-riche di rifiuti e dagli altri settori energetici;

Misure fiscali appropriate per disincentivare le emissioni digas serra.

In realtà negli anni successivi molti dei Paesi firmatari dell’accor-do non hanno approvato programmi che applicassero il protocollo,indebolendo così l’accordo stesso.

2000 Conferenza dell’Aja in Olanda, i 180 Paesi non sono ri-usciti a trovare un accordo sui meccanismi di applicazione della previstariduzione del 5% delle emissioni.Accordo non c’è stato perché non si ètrovato un punto di equilibrio tra la proposta secca dell’Unione Europeae la proposta flessibile dei paesi dell’“Umbrella Group” (Stati Uniti,Canada, Australia, Giappone). Europa chiedeva che il taglio riguardasseunicamente le “sorgenti” di CO2 nei paesi produttori, l’“Umbrella Group”proponeva di mettere in conto anche i nuovi “pozzi” di CO2, come la ri-forestazione, e prevedeva la possibilità di effettuare tagli alle “sorgenti”

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anche in paesi terzi, per migliorare il rapporto costi/benefici.

L’Aja comunque rimanda tre messaggi:

1. Il “principio di precauzione”; l’uomo non è in grado di “auto-regolamentarsi”, non sa dare un corpo e un’anima alla regoladi senso comune secondo cui è bene pagare un piccolo prez-zo oggi, per evitare una condizione di grave pericolo domani.

2. Il “principio di adattamento attivo”, non riuscendo a trovareun accordo vantaggioso si investe in migliori infrastrutture pervivere in un pianeta più caldo in modo da prevenire il dissestoidrogeologico, diffusione di nuove malattie, minimizzando glieffetti dell’aumento della temperatura (Umbrella Group).

3. L’Unione Europea con la sua posizione più avanzata non è riuscita,perché troppo schiacciata dagli Stati Uniti, a diventare leader politi-co credibile e affidabile a stringere alleanze vincenti.

La politica ha dimostrato a volte incapacità e impossibilità di ge-stire con lungimiranza le grandi svolte storiche. Nessun politico in unpaese democratico se la sente di proiettare la sua visione oltre i 4 o 5 an-ni, scadenza del mandato elettorale. Tanto più chiedere agli elettori dimettere mano al portafoglio, anche solo pochi quattrini per ottenere be-nefici che saranno visibili solamente dopo 30 o 40 anni.

Serve allora una vera rivoluzio-ne culturale che parta dal basso, daicittadini, per riguadagnare un senso delbene che sia comune e non come purasomma di interessi individuali, che siacioè vero sviluppo sostenibile.

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SVILUPPO SOSTENIBILE La sostenibilità è un concetto na-

to attorno al problema dello sviluppo esuccessivamente applicato anche al mo-dello di consumo. Il concetto di SviluppoSostenibile ha iniziato a diffondersi a par-tire dal 1987 con il “Rapporto Brundtland”dove viene data la seguente definizione:“lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bi-sogni delle generazioni presenti senzacompromettere la possibilità per le gene-razioni future di soddisfare i propri bisogni”. Tale concetto si basa sulriconoscimento che le politiche ambientali non possono essere separatedalle scelte dello sviluppo economico e sociale, come hanno iniziato amettere in evidenza tutti i rapporti sullo stato dell’ambiente fin dagli an-ni ‘70. Si metteva in sostanza in discussione il criterio di “crescita”economica fondata solo sull’aumento di reddito e della produttività (con-cetto fondato sulla quantità) per assumere quello di sviluppo, collegatoalla qualità della vita e ad altri indicatori per misurare lo sviluppo, quali:l’equità e la giustizia intergenerazionali, nonché nuovi stili di vita. Nonpuò infatti esservi un’economia ecocompatibile se non cambia il model-lo di consumismo spinto e dissennato e senza nuovi stili di vita.

Oggi il problema non è più tecnologico come nel passato, nonmancano cioè gli strumenti per fare scelte eticamente giuste.Paradossalmente ciò che manca, è proprio la motivazione, una coscienzaculturale collettiva, per cui valga la pena scegliere una cosa rispetto adun’altra; manca cioè un riferimento etico, la capacità cioè di elaborare in-formazioni partendo da grandi motivazioni: valori a cui far riferimento.

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WE HAVE A DREAMIl sogno della vita

Speranza in un futuro sostenibile e solidale

“I have a dream”:“io ho un sogno”, così iniziava Martin LuterKing ogni suo discorso. Un sogno, la possibilità che qualcosa di grande sirealizzi. La speranza di poter dare senso al futuro; questa è stata la scom-messa per il predicatore americano, non utopia, ma la sicurezza che ciòper cui si crede si possa realizzare: basta crederci!

Vorremmo anche noi partire da questa frase:

“We have a dream”, una grande idea da concretizzare, un grandesogno che si chiama “nuovo modello di sviluppo sostenibile e solidale”.È la grande scommessa per noi, per i nostri figli, per le generazioni futu-re, per la sopravvivenza della terra stessa: quella di poter vivere in unasocietà in cui la persona conti più del capitale e si ponga in relazionecon ciò che la circonda per fare scelte che partano da valori impor-tanti, per la costituzione di una società sostenibile e solidale.

Questo è un primo grande valore a cui fare riferimento.

Il concetto di sviluppo

Occorre allora inventare nuovi modi di vivere e abitare questopianeta,nel segno di una ripartizione più equa delle sue risorse,di un usosostenibile dei suoi beni.

Per chi vive e abita nel Nord del pianeta, l’imperativo dovrà es-sere quello di un’essenzialità degli stili di vita, capacità però, di sposarsicon una creatività tecnologica, che sappia usare in modo efficiente e leg-gero le risorse della terra.

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Per chi vive al Sud, la grande speranza sarà quella di una autono-mia decisionale, la possibilità di pensare ad uno sviluppo autonomo,senzal’obbligo o la forzatura di copiare modelli occidentali oramai superati e re-si obesi dal tempo e dalla storia.

È la grande “provocazione” della “relazione” come scelta futura, lega-ta ad una interdipendenza culturale ed economica fatta di modelli diversi chesi incontrano, portando ognuno ciò che di buono è stato sviluppato nel tem-po e abbandonando ciò che si è rivelato inutile o dannoso.

Il nord sviluppato tecnologicamente contribuirà a dare all’uomouna vita meno pesante, il sud potrà donare la dimensione della relazionee dell’ascolto.

Un ricco industriale del Nord rimase sconvolto quando vide un pesca-

tore del Sud tranquillamente appoggiato alla barca, intento a fumarsi

la pipa.

“Perché non sei uscito a pesca?” gli chiese l’industriale.

“Perché per oggi ho pescato a sufficienza” rispose il pescatore.

“E perché non peschi più del necessario?” insistette l’industriale

“E che cosa farei con i pesci in più?” chiese a sua volta il pescatore.

“Guadagneresti più soldi”, fu la risposta, “in questo modo potresti do-

tare la tua barca di un altro motore, spingerti più al largo, e pescare

più pesci. Così facendo, guadagneresti quel che ti basterebbe per com-

prarti una rete di nylon, con cui avresti ancora più pesci e più soldi. In

men che non si dica potresti permetterti due barche… anzi una vera

e propria flotta. Diventeresti ricco come me”.

“E a quel punto che cosa farei?” tornò a chiedere il pescatore.

“Potresti startene seduto e goderti la vita”, fu la risposta dell’indu-

striale.

“E che cosa credi che stia facendo in questo preciso momento?” rispose

soddisfatto il pescatore.

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Questo racconto non vuole innescare una polemica sul fatto chesia meglio un modello di economia industriale oppure uno di economiaelementare. La questione è un’altra: mettere a nudo i propri condiziona-menti, quelle forme di attaccamento e di paura che, deformando la nostravisione della realtà, ci spingono ad attribuire all’esistenza il ruolo di sem-plice mezzo teso all’ottenimento di soldi come scopo idolatrico, mentredovrebbe avvenire esattamente il contrario, ossia intendere l’esistenza,vissuta in forma pienamente umana, come scopo fondamentale cui ten-dono i mezzi e le risorse di cui disponiamo. (uno dei quali è il denaro.)

Non esiste quindi un modello di società migliore di altri, ma mol-te modalità in stretta relazione tra di loro, che permettono quella varietàe quelle differenze così indispensabili oggi.

Interdipendenza tra persone, culture, società, ma anche interdi-pendenza con chi non è strettamente umano: la natura. Essa èindispensabile non solo perché è in funzione alla nostra sopravvivenza,ma di-venta dono all’uomo e suo impegno per conservarla e non abusarne.

Viviamo un periodo dove ha valore solo il successo personale diognuno, dove l’unità di misura del successo sono i soldi, tutto ruota in-torno ai soldi e non all’uomo,e tutto in nome dello sviluppo.Ciò significache in nome dello sviluppo si può tranquillamente rovinare anche la vitadi un uomo… o dell’umanità,perché non importa come,ma bisogna sem-pre e comunque garantire la crescita economica di un paese.Tutto questoè controproducente se l’unico obiettivo sono solo e sempre i soldi.Rendebene l’idea un altro racconto di A. De Mello:

Il maestro si sedette e si mise ad ascoltare assorto il discorso con cui il

celebre economista spiegava le proprie idee riguardo allo sviluppo.

“Quindi la crescita dovrebbe essere l’unico elemento da prendere in consi-

derazione in una teoria economica?” chiese a un certo punto all’oratore.

“Proprio così. Qualsiasi crescita è di per sé una motivazione valida”.

“Non è esattamente la filosofia delle cellule cancerogene?”, osservò il

Maestro.

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Allora, tutto potrà tornare al suo posto se rimettiamo al centrol’uomo e l’amore per l’umanità.

La persona come valore

Occorre far sì che si supericiò che nella nostra cultura occiden-tale si è sviluppato nei secoli, coneffetti oggi ormai riconosciuti dele-teri: il concetto di funzionalità.Tuttoè sempre stato funzionale ad unoscopo: il profitto. Anche la personalo è stata nei confronti dell’econo-mia, perdendo la sua identitàprofonda e diventando semplicemezzo e oggetto del consumo.

Recuperare allora l’idea di persona, come metro e riferimentoindispensabile di ogni scelta personale e collettiva.

Persona vista come la fusione di tanti elementi che si combinanoin modo imprevedibile e originale, fatta di mistero, di gesti fantasiosi, distoria, di slanci verso il futuro, di errori, di diritti, di dignità.

Partendo da ciò riteniamo interessante far riferimento a tre ca-ratteristiche che contraddistinguono l’essenza profonda della persona eche permettono di dare “nuovi riferimenti di sviluppo”:

Tre quindi gli ambiti che riteniamo rivoluzionari e che potrebbe-ro essere motore di elaborazione e di ricerca:

1. Capacità di relazione: CUORE

2. L’uso saggio della tecno/logia: CERVELLO

3. Il coraggio della sobrietà-sufficienza: COSCIENZA

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Capacità di relazione: IL CUORE

Relazione intesa come:Appartenenza

Sentire il legame interiore con l’umanità e la natura e provarnegioia. Da questo bisogno nasce la disponibilità ad aiutare, l’amore per lanatura la protezione per l’ambiente, la responsabilità per le generazioniche verranno, il legame con le generazioni passate, il desiderio di un com-mercio giusto, la difesa dei consumatori ecc.

È il sentirsi parte integrante di qualcosa di più grande in cuiognuno è chiamato con le proprie capacità e le proprie doti ad entrare inrelazione attiva e responsabile.

Collettività e convivialità

Ciò che la persona fa di buono e di bello per sé stessa, servirà atutta la comunità perché nessuno vive in un mondo isolato, ma in unagrande e variegata comunità in cui ogni anello è interdipendente all’altro.Ciò che io faccio di buono e di giusto oggi, avrà sicuramente ripercussio-ni positive nel futuro.

Era vicino l’inizio della stagione dei monsoni e un uomo assai vecchio

scavava buchi nel suo giardino.

“Che cosa stai facendo?”, gli chiese il vicino.

“Pianto alberi di mango”, egli rispose.

“Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?”

“No, io non vivrò abbastanza a lungo, ma gli altri si.”

L’altro giorno ho pensato che per tutta la vita ho gustato manghi piantati

da altri. Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza”.

Gratuità

Vogliamo riproporre la relazione come gratuità, perché anche se èun termine fortemente abusato dalla cultura moderna, pone le premesse diun nuovo modo di vivere. Nel valore della gratuità mettiamo noi stessi, il no-

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stro desiderio di entrare “in-relazione-con…”, di metterci in gioco diretta-mente. È donare la propria vita, noi stessi per gli altri, è il mettersi in gioconella reciprocità, senza per forza pretendere il contraccambio. Non è certosegno di debolezza come molte volte la nostra cultura tende invece a ma-scherare un egocentrismo portato all’esasperazione.È invece segno di fiducianegli altri, fare il bene degli altri.

L’uso saggio della tecno/logia: CERVELLO

Le idee hanno un grande potere, hanno la capacità di poter influiresul comportamento della gente,modificando tanti aspetti del modo di vivere.

Competenza Tecnologica

È il coraggio di prendersi carico dell’ambiente naturale e socialein maniera creativa ed efficace, riuscendo a fare scelte che seguano unagiusta logica. Oggi non sempre la tecnica applicata è anche logica, moltevolte invece abbiamo l’impressione che non lo sia per nulla. Forse perchéspesso le persone giuste non sono al posto giusto. È indispensabile inve-ce utilizzare la propria capacità di elaborazione e riflessione in modo daagire per risolvere i problemi e le necessità che man mano emergono.

È la grande scommessa: essere protagonisti del proprio agire.Esercitare cioè delle attività che valorizzino le proprie capacità, sentire ilproprio corpo, la gioia di tornare al contatto con le cose, riassaporare ilgusto della professionalità della fatica e dell’arte per sentirsi artefici delproprio mondo.

Fatica come nuovo concetto da riproporre, non più visto comelimite umano, ma come capacità di assaporare meglio la vita. Fatica comefantasia personale, capacità di modellare e plasmare le cose, manualitàche mette al centro le potenzialità umane e non la perfezione austera diuna macchina, per fare cose utili, preziose, con cui creare quel legame af-fettivo che dura nel tempo.

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Il coraggio della sobrietà-sufficienza:COSCIENZA

L’esistere non può essere qualcosa che fa riferimento solamentea sé stessi e ai propri bisogni, ma deve partire da un legame più alto, edun compito più grande. È il desiderio di esercitare la giustizia, trasmette-re la vita e le conoscenze, gestire responsabilmente e sobriamente leproprie energie vitali. Guai se non ci fossero queste premesse che muo-vono una società, essa diventerebbe sterile e pericolosa.

Occorre ritrovare l’amore per la vita, per l’umanità, per la storiadel mondo. Solo in questo modo l’uomo potrà apprezzare ciò che pos-siede e saprà valutare le azioni e gli effetti, partendo da una dimensionepiù ampia: universale. Universale nello spazio e nel tempo.

Noi stiamo lavorando per la storia. Si tratta di capire in quale di-rezione vogliamo “spingere” la storia.

Entrando in una società post-industriale, chiediamoci quale tipodi bellezza ci attira: se una società leggera, che danza sulla Terra senza cal-pestare niente e nessuno,o una società opulenta, che schiaccia con il suopeso tutto ciò che incontra sotto i suoi passi.

La nostra provocazione, che diventa anche sogno, è quella di po-ter presentare come possibile e piacevole, l’idea di uno sviluppo “leggero”perché non distruttivo e ingiusto,che permetta anche ai figli di poter sod-disfare le esigenze come è stato concesso a noi di farlo.

È questa la grandezza del nostro essere uomini, non soli e isolatima in relazione inscindibile, in grado di creare interdipendenza con ilpassato ma anche con il futuro.

È una evoluzione continua,dinamica,che cresce anche grazie aglierrori che sono stati commessi per recuperarne il senso e lo scopo.

È allora il passaggio dalla cultura del soddisfacimento dei bisognia tutti i costi, alla cultura della sobrietà e della solidarietà.

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L’Etica della sobrietà

È l’invito alla sobrietà,non vista come rinuncia sofferta,ma comeinvito ad una sana e lenta “degustazione” di ogni bene, di ogni bellezza,di ogni relazione positiva che natura e vita ci offrono.

Sobrietà non più come scelta individuale ma come orientamentocollettivo che diventa cultura e costume, da imparare e insegnare alle gio-vani generazioni. Esse, spesso inconsciamente, chiedono sempre più lapossibilità di rapporti personali, di imparare a contemplare un paesaggio,di gustare un sapore, di respirare a pieni polmoni.

È chiaro allora che stili di vita sostenibili non possono rimanerelimitati ad una dimensione privata. Di sicuro è solo nel privato che puòiniziare il cambiamento, ma se rimanesse rinchiuso in questo ambito di-verrebbe del tutto sterile. Serve invece una “rivoluzione culturale che

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parta dal basso”, dalla cerchia di amici, di persone sensibili e attente cheentrino in relazione, passino informazioni, provochino scelte nuove, par-tendo dai grandi valori di riferimento, per arrivare a dare significato evalore nuovo alle “piccole” scelte quotidiane.

È l’effetto “macchia d’olio”, se il sogno diventa serio e credibilenon mancherà di dare i frutti lasciando un segno visibile nel tempo. Undetto degli Indios brasiliani afferma che:“basta un battito d’ali di unafarfalla nella foresta per scatenare un uragano nell’oceano”. Noi oggiabbiamo bisogno non delle rivoluzioni armate e violente per cambiare lastoria,ma di scelte piccole, chiare e credibili, che partono dal profondo dinoi per scatenare nel tempo un grande uragano.

È ciò che da qualche tempo sta emergendo anche con il “popolodi Seattle”, una miriade di piccole associazioni, movimenti ed enti chemettendosi in rete cominciano a fare richieste e proposte innovative.

Al di là delle incoerenze o dei rischi che ci possono essere, è si-gnificativo come quarantadue associazioni, abbiano avuto la capacitàinsieme di strutturare e consegnare un appello molto serio ai leader delG8 in occasione del summit di Genova del mese di Luglio 2001, che ri-portiamo integralmente per la profondità e la lucidità con cui vengonoespressi i valori di riferimento:

Tutti siamo persone e la vita umana è un valore universale.Garantirla in ogni momento del suo esistere così come tutelarla nellasua dignità, è una precisa responsabilità politica che la comunità in-ternazionale, insieme a ciascuno di noi, nessuno escluso, è chiamataad esercitare per il raggiungimento del bene comune.

Oggi nel mondo la dignità della vita umana è violata. Moltisono gli ambiti in cui questo accade, dalla guerra alla povertà, dal sa-pere privilegio di alcuni, al potere, monopolio di pochi.

Noi sentiamo l’impegno di appartenere a una famiglia, quel-

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la umana - la nostra famiglia - che va oltre i confini nazionali e le lo-giche economiche.

Crediamo fermamente che tutti siamo veramente responsa-bili di tutti e non possiamo rimanere indifferenti di fronte alleclamorose differenze che esistono nella vita delle persone sul nostropianeta. Affermiamo che ogni uomo è una risorsa, un bene preziosoper gli altri, e a sua volta chiede agli altri di essere accompagnato eaiutato nel suo cammino verso il compimento definitivo.

Nessuna persona può essere considerata soltanto come unsoggetto economico passivo, il cui valore è commisurato alla sua ca-pacità di acquisto.

Noi siamo qui per ricordarvi che voi siete noi.Voi, cioè i re-sponsabili delle nostre nazioni, siete i nostri rappresentanti.Voi aveteuna grande responsabilità.

Voi siete il governo del mondo, ma le decisioni che prendetehanno inevitabili ripercussioni su molti, anche al di fuori dei confinidei nostri e vostri Paesi.

Noi siamo qui perché anche noi abbiamo un sogno: non vo-gliamo più essere i ricchi che guardano ai poveri da aiutare.Vogliamoessere cittadini di un mondo e di una comunità solidale che diano atutti lo stesso diritto di avere necessità e offrire opportunità.

Noi siamo qui perché vogliamo realizzare il nostro sogno.

Per questo facciamo a voi le richieste che riteniamo puntodi partenza per ogni persona, di oggi e di domani, possa vivere au-tenticamente libertà, solidarietà e dignità.

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ECONOMIA SOSTENIBILE

Nuovo modello di economia

Abbiamo analizzato come la cultura capitalistica abbia spostatol’asse di attenzione dalla persona al profitto, accentuando l’individuali-smo e la competizione a scapito della persona, disgregando le comunità,sacrificando distruggendo l’ambiente.

Riteniamo, allora che occorra un nuovo modello di economia,che parta, come già abbiamo detto, da riferimenti più alti. Siamo convintiche sia necessario, (questa sarà la scommessa per il futuro), anche in rife-rimento ad un aumento considerevole della popolazione mondiale e deidiritti fondamentali a cui ognuno deve poter accedere ad un giusto be-nessere. La strada da seguire quindi, deve partire da presupposti diversi,che con un occhio attento al passato, non abbia paura di investire nel fu-turo anche attraverso le evoluzioni e i cambiamenti sociali che stannosopravvenendo.Pensiamo alla globalizzazione,al di la di tutto rimane qual-

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cosa di grande: per la prima volta gli uomini di questo mondo affermano chesono tutti nella stessa barca, abitano insieme nella stessa casa. E’ un processodelicato e inevitabile, da gestire bene, che va pensato e ripensato, perché nonpuò essere accettabile che tre famiglie al mondo,abbiano l’equivalente del PILdi 48 stati africani, che rappresentano 600 milioni di persone. Può invece di-ventare una opportunità per i diseredati della terra a patto che si pongano alcentro i bisogni, la dignità dell’uomo, la tutela del paradiso terrestre che po-trebbe essere il nostro pianeta terra.

Quattro modelli di economia

Occorre quindi ripensare al modo di gestire l’economia, che de-ve essere variegata perché diverse sono le esigenze e le modalità con cuile attività vengono organizzate.

Abbiamo quindi pensato a quattro modalità diverse di economiache possono rappresentare il modo ampio in cui, come diceva Aristotele:“gli uomini si radunano nelle città allo scopo di vivere: essi rimango-no radunati per vivere una buona vita”.

1. Economia familiare e conviviale. Ciò che viene prodottoin cose o servizi, circola secondo la logica della reciprocità,os-sia si dona per ricevere e l’interesse, se esiste è temperato einserito nella logica delle relazioni affettive. E’ l’economia piùsemplice perché è la più diretta.

2. Economia locale. È già una economia di scambio che peròfunziona ancora su piccola scala, fortemente condizionata dafattori extra-economici. Si produce per vendere e si offronoservizi per interesse, ma si è sottoposti a un forte controllo so-ciale. La produzione locale ha come suo obiettivo quello disoddisfare esigenze locali. Nel commercializzare i beni pro-dotti, si cerca di accorciare al massimo la catena distributiva.Ogni zona deve produrre per il consumo in loco e commer-cializzare il surplus.Alla spinta al profitto è sostituita quella al

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benessere della comunità locale, all’interno della quale chi piùcontribuisce, con la sua attività, è ricompensato essenzialmen-te in termini di prestigio (gratificazione essenziale in uncontesto di comunità) con tutto ciò che comporta. Dal puntodi vista del consumo, questa economia è caratterizzata dallascelta dei prodotti in base a criteri non strettamente econo-mici. Si privilegiano i beni prodotti localmente e, dove èpossibile, si acquistano direttamente dal produttore.

3. Economia nazionale. Come per il livello precedente, anchequesto tipo di economia è spinta sempre più verso l’integra-zione tra quella precedente e quella seguente. L’economianazionale è l’insieme delle varie economie locali,prodotte coni criteri descritti precedentemente, con il supporto di leggiche sostengono il sistema nel suo cammino. Questo modelloè identificabile con lo spazio territoriale di una nazione, ne tu-tela e garantisce i prodotti e le merci diverse per tradizioni,caratteristiche e aree geografiche. L’Italia, in questo senso èricca di prodotti unici nel genere che contraddistinguono lagrande ricchezza dell’economia prodotta localmente.

4. Economia globale o globalizzazione è un sistema di produ-zione e distribuzione senza confini, sovranazionale. Nellacultura capitalista è il mondo dell’alta finanza, dove gli uomi-ni, la natura e la vita non possono interferire, lasciando spaziosolo alle cifre.Tutto viene appiattito e monetizzato. E’ un’eco-nomia complessa, fondata sulla divisione del lavoro, alienante,sprecona, ingiusta e fortemente inquinante, perché sfrutta lesituazioni di sottosviluppo e di povertà per aumentare il pro-fitto. Questo tipo di economia deve essere condannato,incentivando e finanziando iniziative eticamente corrette, cheracchiudano all’interno tutte e tre i livelli precedenti. Si acqui-stano beni nelle zone svantaggiate, pagandole un prezzo cheassicuri una vita dignitosa a chi li produce. Es. il caffè del

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Nicaragua, venduto dalle “botteghe dell’Equo e Solidale” fi-nanziano 3000 campesinos costituiti in Consorzio “Agrocafè”.Questo li sottrae al destino certo del bracciantato e permetteloro di comprare la terra e di coltivarla autonomamente, tral’altro con metodi biologici, i soli in grado di salvare terre mas-sacrate e impoverite da decenni di sfruttamento selvaggio daparte delle multinazionali del caffè a cui poco importa dellagente o dell’ambiente.Terra che vale così poco da essere va-lutata per ettaro, l’equivalente di due chili di caffè.

Questo è un esempio di globalizzazione eticamente buona, laquale permette ad un cittadino/consumatore del Nord del pianeta disoddisfare dei bisogni contribuendo a far sì che dei cittadini/produttoridel Sud, possano accedere ad una vita e ad un lavoro in modo dignitosoe giusto. In questo modo sono state scavalcate mediazioni che si poneva-no come obiettivo solamente la speculazione ed il profitto. Scelte cheforse possono sembrare banali o troppo piccole per cambiare le cose,mache possono diventare eticamente profonde e qualificanti. Proviamo co-munque a sostituire al caffè con qualsiasi altro prodotto (abbondanti neipaesi in via di sviluppo) e chiediamoci cosa succederebbe? Cosa cambie-rebbe nella nostra vita e a milioni di persone così lontane da noi?

Sicuramente una grossa conquista sarebbe far riappropriare al citta-dino/consumatore della forza decisionale e della capacità di condizionare epilotare scelte di produzione; successivamente creeremmo le condizioni percui i cittadini/produttori in qualsiasi parte si trovino possano accedere alleopportunità che questo nuovo tipo di economia consente.

Energia: nuova emergenza

Oltre all’economia un’altra emergenza si pone all’attenzione del-la grande comunità umana: il problema legato all’energia.

Oggi il sistema energetico non è per nulla sostenibile, in quanto icombustibili fossili, rappresentano quasi l’80% dei consumi globali di energia

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e che le emissioni di biossido di carbonio nell’at-mosfera vanno sempre crescendo. Calcolate inmiliardi di tonnellate di carbonio, esse sono cresciu-te da 4,9 nel 1980 a 5,6 nel 1990 a 6,0 nel 1996. Undramma che non ha precedenti nella storia dell’u-manità e del pianeta terra.

L’obiettivo come è stato detto anche nei ca-pitoli precedenti resta quello di eliminare perquanto possibile sprechi e inquinamento ambientalee adottare modalità di produzione,di consumo e tec-nologie ad altissima efficienza di materiali e dienergia, favorendo quella tendenza alla dematerializ-zazione che è da tempo in atto e fortementeauspicata.

È necessario attenersi ad alcune condizionidi sostenibilità come ha affermato un noto espertodi economia di sviluppo World Bank:

• Le qualità di risorse rinnovabili utilizzate non debbono esseremaggiori delle quantità che vengono nello stesso arco di tem-po rigenerate;

• Le quantità di risorse non rinnovabili utilizzate non debbonoeccedere quelle delle risorse rinnovabili che nello stesso arcodi tempo debbono essere generate per sostituirle;

• Le emissioni di agenti inquinanti non debbono superare la ca-pacità di carico dell’ambiente.

Energia e paesi in via di sviluppo

Per i paesi in via di sviluppo si pone il problema di come evitare,conil supporto dei paesi tecnologicamente avanzati, che il previsto incrementodemografico e il giustificato desiderio di un migliore tenore di vita comporti-

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no un uso delle risorse che finisca con il ricalcare il modello di crescita ad al-to spreco che ha caratterizzato gran parte della storia della società industriale.

I paesi in via di sviluppo hanno contato finora prevalentementesul trasferimento, da parte dei paesi industrializzati, di impianti e tecno-logie ad alta intensità di energia e materiali, che da noi sono ormaiconsiderati obsoleti. Parallelamente i progressi raggiunti da scienza e tec-nologia offrono nuove soluzioni che consentirebbero ai paesi in via sisviluppo di saltare piè pari quegli stadi, tipici del passato e un tempo ine-vitabili, che hanno significato un processo di sviluppo altamentedissipativo di capitali, di energia e di altre risorse.

Oggi sarebbe davvero possibile ai paesi poveri, attuare un modellodi sviluppo più sobrio ed equilibrato, che faccia ricorso a tecnologie ad altaefficienza e a fonti rinnovabili, sia nelle aree urbane, sia in quelle rurali.

Il trasferimento di tecnologie avanzate dai paesi industrializzati aquelli in via di sviluppo ha incontrato molti ostacoli in passato: mancanza diadattamento alle condizioni locali, inadeguate basi scientifiche e tecnologiche,riluttanza da parte delle imprese industriali del Nord a cedere le tecnologie più

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moderne per timore della concorrenza e, infine,mancanza di fondi nel Sud peracquistare tecnologie che sono generalmente di proprietà di imprese private.Affinché tale situazione cambi, occorre uno sforzo di cooperazione e di aiutosenza precedenti e spetta ai maggiori paesi industrializzati dare il via a un taleprocesso. Per avere successo occorre da un lato, agevolare il trasferimento el’adattamento delle migliori tecnologie disponibili, dall’altro aiutare i paesi invia di sviluppo a potenziare le loro strutture di ricerca e di sviluppo, per colti-vare “in loco” scienza e tecnologia.

Energia e paesi industrializzati

Spetta ai paesi industrializzati farsi carico della riduzione delleemissioni di gas serra e in particolare di biossido di carbonio. Questo puòavvenire sostanzialmente in tre modi.

Prima di tutto - ed è un intervento sul quale , almeno in linea diprincipio, vi è un accordo generale - riducendo gli sprechi di energia eaumentandone l’efficienza d’uso.

In secondo luogo effettuando qualche spostamento all’internodei consumi di combustibile fossili soprattutto verso il gas naturale

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che, emette molto meno biossido di carbonio rispetto al petrolio e anco-ra meno rispetto al carbone.

Infine, sviluppando e diffondendo fonti energetiche diverse daicombustibili fossili, in particolare le fonti rinnovabili, alcune delle qua-li, come le biomasse energetiche, il solare fotovoltaico e l’energia eolica,sono particolarmente promettenti. Occorre una maggiore consapevolez-za di ciò che si può fare per dar luogo ad uno sviluppo e un ordinemondiale più equo e quindi più sicuro, senza più quegli intollerabili e cre-scenti divari che separano i ricchi dai poveri del mondo.

Il concetto di “sviluppo sostenibile”, al quale dovrebbero ispirarsiin primo luogo le politiche energetiche, è la base su cui continuare a costrui-re,chiamando in causa l’impegno morale a non mettere in pericolo l’avveniredelle generazioni future e a risolvere gli attuali conflitti di interesse.

La solidarietà nel mondo è lo stimolo più forte nella ricerca distrumenti che assicurino il perseguimento degli obiettivi dello svilupposostenibile, del benessere economico e della conservazione della qualitàdell’ambiente e della stabilità del clima.

Spunti finali di riflessione

Occorre trovare parole e idee nuove, per parlare di lavoro e disviluppo, occorre ritrovare l’amore per la “madre terra”, cui si richiamaFrancesco d’Assisi, povero e amico di ogni vita; occorre infine ritrova-re l’equilibrio e l’armonia tra vita attiva e operosa e il senso dello stupore.

Ecco alcuni spunti pratici per rendere operativo ciò che finora èstata riflessione da sviluppare in modo autonomo e originale:

1. Produzione e consumo a ciclo chiuso, in modo che ognicosa sia sempre vista come risorsa e mai come rifiuto

2. Utilizzo di energie rinnovabili,per rompere la logica del mo-nopolio e lasciare a ciascuno la libertà di prendere ciò che la

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natura gratuitamente dona, in modoleggero e in base alle reali necessità

3. Ciclo locale di produzione econsumo, per sviluppare nuoveforme lavorative fantasiose, re-sponsabilizzanti e gratificanti

4. Scambi commerciali equi,per vivere tutti in un mondo più giusto

5. Produzione e accessibilità a tutti dei beni in base allenecessità perché nessuno debba mai patire per scelte ingiu-ste ed egoiste di altri

6. Trasporti collettivi per riproporre la cultura collettiva a sca-pito della cultura egocentrica in vista del bene e della salute diciascuno

7. Agricoltura biologica perché la vita nelle sue varie formesia sempre rispettata e tutelata, sia essa umana, animale o ve-getale

Conclusione

Noi abbiamo il diritto e il dovere di chiedere che ci venga con-cesso di vivere in un mondo in cui prevalga la cultura del bene comunesu quello personale; che non succeda mai più quello che è successo inSudafrica dove un milione e mezzo di persone muoiono ogni anno diAIDS unicamente perché un brevetto tutela le multinazionali del farmacoimpedendo a dei poveri di accedere alle cure.

Vogliamo un mondo più giusto, a misura d’uomo, in cui ciascunopossa trovare il suo spazio di realizzazione e di tutela.

Siamo certi che questa non è utopia, ma la possibilità che una so-cietà ha di realizzare un sogno.

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no una variante creatrice di libertà e di uguaglianza, in cui la disuguaglianzache scaturisce dal gioco economico e sociale non è fondata sulla nascita, ilsangue, ma sulla fortuna immobiliare e mobiliare, la proprietà del suolo edegli immobili urbani, dei censi e rendite, del denaro.

La feudalità si era orientata verso la monarchia e la cultura domi-nante portava l’impronta delle classi laiche, aristocrazia e cavalleria congrosse sfide della storia: l’aggressione del denaro, le nuove forme di vio-lenza, la contraddittoria aspirazione a un maggior godimento dei beniterreni, da un lato, e dall’altro a una resistenza più forte all’accresciutabrama di ricchezza,potenza,possesso.È l’epoca di Francesco d’Assisi, chein questa realtà, che sempre più si va consolidando, rappresenta la rea-zione di un uomo che vuole salvaguardare i valori essenziali.

Dal 1492 con la scoperta, o meglio con la conquista delleAmeriche, finisce per l’occidente l’epoca medievale, è invece il preludiodi ciò che le rivoluzioni industriali porranno come riferimento assoluto,sia dal punto di vista tecnologico che da quello culturale, con un assiomache rimane attuale anche ai nostri giorni: “non esiste limite che nonpossa essere oltrepassato”.

Si è così perduta la dimensione verticale della vita, per accentua-re in modo forse indelebile, a differenza di altre civiltà differenti dallanostra, la dimensione orizzontale.

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L’ILLUSIONE DEL PROGRESSO

Questo stile di vita ha nel tempo condizionato indirettamenteambiti non strettamente interessati allo sviluppo: il clima. Il clima cambia,il pianeta si riscalda: è ormai assodato. Non si tratta di fluttuazioni casua-li: tra i fattori determinanti ci sono le emissioni di gas come l’anidridecarbonica e il metano, cresciute drammaticamente nei secoli delle rivolu-zioni industriali.

Siamo di fronte ad una crescita incontrollata di consumiquindi di scarti,almeno in una parte del mondo,quella occidentale piùil Giappone, ma le dimensioni del pianeta rimangono sempre le stes-se come la stessa rimane la capacità di rigenerarsi della natura, perquesto si parla di capacità di carico della terra e di zaino ecologico

Il cambiamento è veloce, guidato dai tempi rapidi dell’economia,che sottopongono a stress quelli lunghi dell’ecosistema planetario. Nelprossimo secolo la temperatura media del pianeta crescerà quasi certa-mente di almeno due gradi, ma potremmo anche arrivare a sei, seconsideriamo che paesi come la Cina e l’India, che ormai da anni hannouna crescita demografica esponenziale, entro breve tempo potranno rag-

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giungere gli stessi stili di vita dei paesi occidentali, provocando cosìun’impennata dei consumi – in particolar modo di combustibili fossili –e quindi di inquinamento. L’Intergovernamental Panel on ClimaticChange, la struttura delle Nazioni Unite che riunisce oltre 2.500 speciali-sti del clima, prevede un raddoppio della concentrazione di anidridecarbonica nell’atmosfera e un incremento della temperatura media terre-stre tra 1° e 3,5°C entro il 2100 dovuto appunto ad un’ulteriore aumentodell’effetto serra, tenendo conto che la quantità di anidride carbonicapresente nella nostra atmosfera è oggi il 30% più elevato rispetto all’epo-ca preindustriale e quello di metano del 14,5%.Il tutto in nome dello sviluppo.

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Gli effetti di un consumismo dissennato

Tutti i principali problemi ambientali effetto serra, buco nell’ozono, piog-

ge acide, deforestazione, estinzione di specie animali e vegetali

(biodiversità), inquinamento e molte malattie della specie umana dipen-

dono dal modo di produrre energivoro e dai nostri consumi.

Effetto serra

Per il pianeta Terra, l’effetto serra “naturale” dovuto alla presenza nell’atmosfera di pic-

colissime quantità di biossido di carbonio e altri gas (fra cui vapore acqueo, metano e

ossidi di azoto), detti appunto gas serra, è importante e positivo in quanto mantiene la

temperatura della superficie terrestre relativamente calda. Se non vi fosse l’effetto serra

“naturale”, la temperatura media terrestre sarebbe di -18°C e il nostro pianeta sarebbe

un deserto di ghiaccio. L’effetto serra consiste nel fatto che la Terra assorbe la radia-

zione luminosa del sole e la rimette sotto forma di radiazione infrarossa; ma una frazione

di quest’ultima viene intrappolata dal biossido di carbonio e dagli altri gas serra presenti

in tracce nell’atmosfera. Variazioni anche piccole di questa radiazione assorbita porta-

no a mutamenti apprezzabili della temperatura media della terra e possono avere

importanti effetti climatici. L’accumulo dei gas serra nell’atmosfera può quindi contri-

buire in modo consistente al riscaldamento del pianeta. Il problema sorge quando la

quantità di calore trattenuta nell’atmosfera diventa eccessiva.

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Negli ultimi 250 anni (cioè da quando è iniziata la Rivoluzione indu-striale), la quantità di carbonio in atmosfera è aumentata di 271 miliardi ditonnellate.Attualmente, le emissioni annue ammontano a circa 6,3 miliardidi tonnellate e sono seconde, in termini di massa, solo ai flussi di acqua col-legati alle attività umane. L’analisi delle bolle d’aria presenti nei nuclei deighiacci profondi della stazione di Vostok, in Antartide, ha evidenziato che ilivelli attuali di anidride carbonica non hanno precedenti negli ultimi420.000 anni. In appena 250 anni una sola specie, quella umana, si è resaresponsabile del disequilibrio dell’atmosfera, dovuto all’uso sconsiderato ecrescente di combustibili fossili, petrolio, carbone e gas, impiegati per pro-durre energia, nonché dai clorofluorocarburi (cfc), prodotti chimici disintesi che sono impiegati in numerosi prodotti di uso comune e domesti-co come frigoriferi, condizionatori d’aria, solventi, plastiche espanse e nellebottigliette spray. Provocando di conseguenza l’aumento della temperaturamedia della terra, cambiamenti climatici, siccità da una parte e aumento dellivello del mare, mettendo a rischio città come Venezia e Amsterdam, cau-sando lo scioglimento dei ghiacciai e delle calotte polari.

È ormai urgentissimo chetutti i Paesi, soprattutto quelli indu-strializzati, diano effettivamenteinizio alle politiche di risparmioenergetico e di produzione azzeratadi carbonio nelle trasformazionienergetiche, attivando il passaggioalle energie rinnovabili. Le riduzionidelle emissioni di carbonio cheincrementano l’effetto serra naturalepreviste dal protocollo di Kyoto(meno 5%) sono ridicole; tutta lacomunità scientifica si indirizzaverso riduzioni che dovrebberoessere del 60-80%.

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Malgrado questo, ancora non si riesce ad ottenere la ratifica delprotocollo di Kyoto.

Distruzione fascia dell’ozono

L’emissione di gas CFC, già descritti sopra, e di altri composti alogenati hanno forte-

mente alterato e rarefatto lo strato di ozono presente nella stratosfera. La fascia

dell’ozono è una specie di scudo tra l’irradiazione del sole e la terra. Trattiene circa il

99% delle radiazioni ultravioletti e la sua riduzione arreca danni alle colture, alla vegeta-

zione provocando una potenziale diminuzione della produttività delle piante come del

fitoplancton marino, elemento nutritivo essenziale per i pesci, e alla salute umana con

un aumento dei tumori della pelle e delle malattie agli occhi.

Piogge acide (siccità… ma anche alluvioni)

Sono provocate da anidride solforosa e altri gas prodotti dalla combustione di carbone

e petrolio, questi ricadono a terra con la pioggia sotto forma di acidi, con effetti nocivi

sulla salute, sui monumenti e sull’ambiente. Anche le emissioni di biossido di azoto

emesse dai veicoli a motore provocano piogge acide.

La disponibilità di acqua di qualità sarà sempre più un graveproblema per il nostro futuro. Le falde idriche sono in preoccupantecalo in molte regioni del globo, comprese alcune delle maggiori zonedi produzione alimentare come il Punjab indiano, le grandi pianuredegli Stati Uniti, la Cina settentrionale (dove si registra una forteavanzata del deserto), l’Europa meridionale, il Medio Oriente el’Africa settentrionale. Gran parte dei fiumi più grandi sono staticompletamente sfruttati. L’inquinamento ha reso inutilizzabili vasteriserve idriche. Le potenzialità di incrementare le superfici irriguesono molto scarse e le forniture di acqua potabile sono in crisi inmolte aree del mondo. Questo significa che ci attendono le “guerredell’acqua”? Quel che è certo è che la risorsa fondamentale del pia-neta presenta giganteschi problemi per l’immediato futuro. Problemidi qualità oltre che di disponibilità (la sprechiamo in maniera asso-lutamente irrazionale e facciamo pochissimo per risparmiarla),

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problemi economici: avere acqua è sempre più difficile per i poveridel mondo.

La quantità di acqua potabile pro-capite scenderà del 73% circa nel 2050 rispetto al

1950. Oggi il 70% dell’acqua dolce utilizzabile finisce all’agricoltura, il 20% all’industria

e il 10% per uso residenziale.

L’obiettivo è un accordo tra i Paesi del mondo, per mettere inatto un intervento internazionale che faccia dell’acqua una delle grandiemergenze planetarie del futuro. E cercare di ottimizzare al massimotutti i suoi usi.

Distruzione delle foreste e della biodiversità

La distruzione delle riserve forestali e boschive per far posto agliallevamenti bovini, centrali elettriche o per insediamenti operativi, elimi-na una delle più importanti riserve utili ad abbassare i livelli di anidridecarbonica nell’aria.

Da sempre la perdita delle foreste è andata di pari passo con la crescita della popola-

zione, ma si è trattato, globalmente, di un procedere lento. Nell’arco dell’ultimo secolo

si è però verificata una crescita del 75% della popolazione, con una parallela e analo-

ga perdita di area globale forestale. Nel 1995 gli ettari di foresta pro-capite disponibili a

livello mondiale erano 0,59, nel 2050 si prevede che saranno 0,37. Europa, Giappone

e Nord America, con un 19% della popolazione globale, consuma il 63% della produ-

zione di carta e circa la metà della produzione industriale di legno.

Gli scienziati ritengono che non sia più del 10% la superficiedegli ecosistemi terrestri ancora in condizioni di naturalità. Lo straordi-nario ambiente delle foreste tropicali viene distrutto ad un ritmocalcolato sui 170.000 chilometri quadrati l’anno, mentre le foreste tem-perate e boreali subiscono un continuo degrado a causa dellosfruttamento eccessivo.

La distruzione delle foreste implica anche l’estinzione di alcunespecie animali e l’erosione del suolo. Le foreste sono considerate la “casa”

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di oltre il 50% delle specie di piante e di animali, ma sono sempre piùoggetto di deforestazione, di incendi e di conversione a pascolo.

La ricchezza della vita sulla Terra, la cosiddetta biodiversità, èquantificabile in più di un milione e mezzo di specie descritte tra ani-mali, piante, funghi, microrganismi. Gli studiosi, però, hanno motivi dicredere che ne esistano molte di più: alcune stime parlano di un numeroche va dai 10 ai 30 milioni.

Il fenomeno dell’estinzioneha sempre avuto luogo sul pianetaed è uno dei meccanismi fondamen-tali dell’evoluzione della vita. Ipaleontologi hanno individuatonegli ultimi 500 milioni di anni alme-no cinque grandi cosiddette“estinzioni di massa”, durante lequali una percentuale significativadelle specie viventi è andata perdutaper cause ancora da definire nei det-tagli (con ogni probabilità ancheper collisioni di meteoriti di grandidimensioni). Oggi però gli scienzia-ti sono concordi nel ritenere quellacausata dall’uomo la sesta estinzionedi massa: per la prima volta nella sto-ria della vita sulla Terra, quindi, ilfenomeno è causato da una specievivente. A danno di tutte le altre.Oggi si ritiene che il tasso di estin-zione provocato dalla specie umanasia dalle 100 alle 1000 volte superio-re al tasso naturale.

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Con quali mezzi agisce l’uomo?

Alterazione degli habitat, inquinamento, mutamenti globali(come quelli climatici), invasione di specie esotiche laddove non dovreb-bero vivere,uccisione diretta. Si ritiene che circa un quinto della diversitàbiologica del pianeta potrebbe scomparire nei prossimi 20-30 anni.

Esiste una Convenzione mondiale sulla biodiversità, che deveessere resa molto più forte e soprattutto applicata, insieme a molte altreimportanti azioni internazionali (per esempio, la convenzione Cites sulcommercio delle specie minacciate di estinzione). Inoltre è necessarioproteggere gli habitat naturali delle diverse specie, cercando di frenare laframmentazione, l’inquinamento e la scomparsa degli ecosistemi provo-cata dal continuo intervento dell’uomo.

I paesi ricchi, in genere di tecnologie ma poveri di materie prime,continuano a gestire le economie senza tenere conto degli effetti sia loca-li che globali delle scelte attuate.

Non è più possibile pensare che il sistema di produzione adotta-to finora sia sviluppabile all’infinito e che gli effetti “secondari” possanosempre essere pianificabili e sempre risolvibili. Con la produzione cre-scono anche i consumi e con essi i rifiuti con conseguenti problemi dicompatibilità tra sistema produttivo e di consumo e la salvaguardia dellabiosfera.

Il “piacere di consumare” di avere sempre cose nuove e diverse,la corsa frenetica e il vivere alla giornata ci fanno avere sempre più coseche non ci servono,ma in parte riescono a placare la grande sete di senso.Tutto è indirizzato al consumo e il cittadino ha perso il suo ruolo di per-sona in una società, per acquisire la funzione di consumatore cosciente oindotto da una comunicazione pubblicitaria sempre più subliminale edocculta.

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Stiamo vivendo una stagione di schizofrenia in cui la spinta all’ac-quistare si scontra con le informazioni sui pericoli nascosti che siintravedono dietro ai beni: mucca pazza, pollo agli antibiotici, pesce alladiossina, benzene, afta epizootica, plastiche cancerogene, acque inquina-te e… potremmo andare avanti all’infinito.

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Le conseguenze di tali informazioni, non riescono ancora a spin-gere da sole i cittadini ad una presa di coscienza che sia da stimolo ad unanuova economia di sviluppo.La conseguenza invece,è ancor più una fugamaggiormente marcata nell’individualismo e in un rifugio a pratiche spi-ritualistiche alla NewAge, che danno solamente una apparente“spensieratezza dissipativa”.

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Storia di Marco e la sua famiglia

“L’orario di lavoro è terminato: Marco, finalmente, esce per tornarsene

a casa. Dopo aver preso posto nell’automobile, parcheggiata poco lon-

tano in mezzo a tante altre, si immerge nel traffico, intenso come

sempre a qualsiasi ora del giorno. Spesso procede a velocità ridotta e

per giungere a casa è costretto a impiegare un tempo molto più lungo

di quanto sarebbe realmente necessario.

Quando finalmente varca la porta del suo appartamento, Anna, la

moglie, sta vuotando sul tavolo della cucina le borse di plastica del

supermercato in cui, di ritorno dal lavoro, è passata a fare la spesa.

Non ha ancora avuto il tempo di togliersi le scarpe, perché i surgelati

vanno messi subito nel congelatore.

Un saluto frettoloso, poi lui va a cambiarsi per mettersi più comodo

mentre lei comincia a preparare per la cena, aprendo un paio di con-

fezioni dei surgelati appena acquistate e tirando fuori da un

armadietto una busta di minestra pronta.

Nella sua stanza, Andrea, il loro unico figlio, studente alle superiori,

non li ha nemmeno sentiti entrare: è al telefono con un amico e tiene

lo stereo a tutto volume.E’ da quando è uscito per andare a scuola che

non vede i suoi; per il pranzo si è arrangiato scaldando qualcosa che

la madre gli ha lasciato dal giorno prima.

Quando la cena è pronta, Marco è costretto a bussare per chiamare il

figlio.A tavola, la conversazione non è molto animata: tutti e tre sono

presi dalla televisione, che trasmette un programma di giochi a premi.

Solo nelle pause pubblicitarie la conversazione sembra riprendere, ma

è per poco, perché capita sempre che ci sia uno spot che piace e che dis-

trae qualcuno nel bel mezzo di una frase, che rimane a metà.

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Terminata la cena, Anna riordina il tavolo e riempie la lavastoviglie,

mentre la televisione manda in onda un telefilm che, poi, lei si ferme-

rà a guardare. Marco affonda nella poltrona davanti al televisore del

soggiorno, col telecomando in mano per dribblare la pubblicità pas-

sando da un canale all’altro: alla fine riuscirà a non vedere un solo

programma per intero.Andrea se ne torna in camera sua per finire i

compiti, ma poi si lascia prendere dalla tentazione di superare un

nuovo livello dell’ultimo videogame installato nel computer.

Al termine della giornata, per tutti giunge infine il meritato riposo.

Anna è costretta a prendere una pasticca, un piccolo aiuto per non

passare qualche ora a scrutare il soffitto con gli occhi che ostinata-

mente non vogliono chiudersi.

Domani è un altro giorno, ma non come gli altri: è sabato, il giorno

dedicato allo shopping.Anna e Marco potranno finalmente concedersi

quei piccoli lussi che rendono più sopportabile un lavoro poco gratifi-

cante. Passeranno il pomeriggio al centro commerciale, fermandosi a

cena al ristorante di una celebre catena di fast food.

Andrea, invece che è ormai autonomo, andrà con il suo scooter grin-

toso, in compagnia degli amici, a “cuccare” tra le ragazze del quartiere,

e alla sera tutti in birreria, dove fanno vedere gli ultimi videoclip, c’è

un sacco di musica e … sì, capita anche che giri “roba” pesante, da

sballo, ma per ora a lui non interessa, anche se si fa fatica a mandare

giù “questa vita di merda”, senza futuro. (AA.VV. Futuro Sostenibile,

EMI pp. 44-45)

Dovremmo chiederci se questa è davvero l’era del benessere, sequesto è vero benessere.

Che mondo lasciamo ai nostri figli?Con quali aspettative?

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"SVILUPPO SOSTENIBILE"Il sogno della vita

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