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22
La misurazione del rischio di
credito secondo il Basilea 2
33
Rischio di credito: prime definizioni
Si riferisce alla possibilità che una
variazione inattesa del merito creditizio
di una controparte nei confronti della quale
esiste un’esposizione generi una
corrispondente variazione inattesa del
valore di mercato della posizione creditoria
In generale il
rischio di credito
….
Quindi il rischio di credito non è limitato (come spesso si crede) alla sola
possibilità di insolvenza della controparte: anche il più banale
deterioramento del merito creditizio della controparte stessa può essere
considerata una manifestazione del rischio di credito
44
La banca si espone al rischio di credito:
I. nell’attività di erogazione del credito;
II. nella sottoscrizione di attività finanziarie (acquisto e
detenzione di titoli obbligazionari);
III. nell’assunzione di impegni futuri, come ad esempio il
rilascio di garanzie alla clientela e più in generale la
concessione di crediti di firma (anche l’attività di
negoziazione in valori mobiliari, in particolar modo quella
in strumenti derivati, origina esposizioni al rischio di
credito nella forma di rischio di controparte)
55
Una corretta determinazione del prezzo deve tener conto del grado di rischio
incorporato in ciascuna operazione. Quando questo non accade, la banca si pone
nella condizione di non massimizzare il proprio profitto e, dal punto di vista
patrimoniale, di ridurre il proprio valore netto. Nel momento in cui la probabilità di
insolvenza si alza, il premio per il rischio aumenta e il valore di mercato dell’attività si
riduce (il valore di mercato di un prestito subisce una riduzione nel momento che il valore
attuale dei flussi futuri di quell’attività finanziaria va determinato utilizzando un tasso di
sconto che incorpora un premio al rischio che a sua volta riflette la probabilità di
insolvenza)
Il rischio di credito può essere scomposto in due componenti
Rischio di insolvenza Rischio di spread
Rischio di perdita
conseguente all’insolvenza
del debitore
Rischio di perdita conseguente al deterioramento
del merito creditizio del debitore al quale farebbe
seguito un aumento dello spread richiesto dal
mercato
66
Volendo approfondire le componenti del rischio di credito, è possibile distinguere i
seguenti elementi principali:
1) Il tasso di perdita atteso
si tratta del valore medio della distribuzione dei tassi di perdita. Proprio perché
attesa, è evidente che tale perdita non rappresenta il vero rischio di un’esposizione
creditizia; in quanto stimata ex ante, infatti, essa viene direttamente caricata in
termini di spread sulle condizioni di prezzo applicate dal mercato al creditore (per il
suo merito di credito).
La perdita attesa, a sua volta, dipende dalla probabilità di inadempienza e dal
recupero possibile dovuto a garanzie esistenti (tasso di perdita in caso di
insolvenza)
Se le perdite eguagliassero sempre l’ammontare atteso, e la banca accantonasse
fondi per pari ammontare, non vi sarebbe alcuna incertezza sulle condizioni di
profittabilità e quindi alcuna conseguenza negativa sul reddito futuro
77
2) la variabilità della perdita attorno al suo valore medio: questa
seconda componente rappresenta il vero fattore di rischio, ossia il
rischio che la perdita risulti, a posteriori, di ammontare superiore a
quella stimata ex ante.
Mentre la prima componente – la perdita attesa – non può essere
ridotta mediante un opportuno processo di diversificazione del
portafoglio in termini di mercati geografici, settori merceologici, o
classi dimensionali dei soggetti affidati, la seconda componente – la
variabilità di tale perdita (perdita inattesa) – può essere ridotta
mediante un ’ adeguata politica di diversificazione del
portafoglio impieghi della banca
88
3) Il terzo elemento consiste, pertanto, nell'effetto
diversificazione, ossia nella diminuzione che il tasso di perdita
inattesa subisce nel momento in cui, in uno stesso portafoglio,
vengono inseriti impieghi i cui tassi di perdita attesa risultano
caratterizzati da una correlazione non perfettamente positiva
(inferiore all’unità).
Si tratta, in altri termini, di un fattore correttivo (al ribasso) della
seconda componente che si registra ogni qualvolta un singolo
prestito si inserisce in un portafoglio di prestiti preesistente nei
confronti del quale la nuova operazione non si muove all’unisono (si
verifica cioè un effetto di riduzione della rischiosità media analogo a
quello osservato per un portafoglio di attività finanziarie)
99
La perdita attesa di un prestito, poi, può essere a sua volta suddivisa in due
elementi:
La probabilità di insolvenza della controparte (probability of default = PD)
Il tasso di perdita in caso di insolvenza (loss given default = LGD)
Analiticamente pertanto si ha che:
Pa = (PD x EAD) x LGD
Pa = E(Ti) x [1-E(Tr)]
Dove
Pa = tasso di perdita atteso
E(Ti) = tasso di insolvenza atteso (E=PD; Ti = esposizione in caso di
inadempienza = EAD)
E(Tr) = tasso di recupero atteso in caso di insolvenza
1010
Mentre la probabilità di insolvenza dipende dal merito creditizio del
debitore, il tasso atteso di recupero dipende principalmente dalla
natura del finanziamento e dalle eventuali garanzie che lo
assistono.
La distinzione tra perdita attesa e perdita inattesa è particolarmente
rilevante poiché è un elemento essenziale per le scelte gestionali che
riguardano:
L’ammontare delle svalutazioni dirette e degli accantonamenti
necessari per fronteggiare la componente delle perdite attese
Il mantenimento di una adeguata dotazione di capitale proprio
per fronteggiare la componente inattesa di tali perdite
La richiesta, al prenditore, di una maggiorazione nel tasso di
rendimento che tenga conto delle svalutazioni e degli
accantonamenti per le perdite attese e del costo del capitale che
fronteggia le perdite inattese
1111
Per la stima del tasso atteso di insolvenza, si seguono, nella prassi,
tre possibili approcci
Il primo è costituito dai cosiddetti modelli analitico soggettivi, che
consentono di tenere adeguatamente in considerazione sia le
variabili di natura quantitativa, sia le variabili di natura qualitativa
che, al contrario, un modello statistico non è in grado di cogliere. I
modelli analitici presentano, tuttavia, lo svantaggio di essere modelli
estremamente sensibili agli elementi soggettivi
Un secondo possibile approccio consiste nei modelli di natura
statistica che vanno generalmente sotto il nome di modello di rating
o modelli di scoring. Un forte impulso allo sviluppo dei sistemi di
rating interno è giunto alle banche europee, soprattutto quelle di
minori dimensioni, dalla revisione dell ’ Accordo di Basilea sui
requisiti patrimoniale del 1988, nota come Basilea 2.
1212
In merito all’aspetto più critico delle metodologie di assegnazione dei rating,
Basilea 2 si è limitata ad elencare alcuni requisiti di massima, lasciando alle
banche l’onere della scelta dell’approccio di valutazione
Tra queste, particolare attenzione è stata riversata dalle banche sulle tecniche
automatiche, tra cui lo scoring, ossia una specifica tecnica di
determinazione di una misura di affidabilità del prenditore sulla base di
variabili di input e relazioni individuate e stimate su predefiniti campioni di
debitori/creditori utilizzando apposite metodologie statistiche nella fase di
costruzione del modello predittivo
Tornando alla natura dei modelli, preme sottolineare che si tratta
prevalentemente di modelli multivariati che, analizzando diversi indici contabili
e attribuendo ad ognuno di essi, mediante opportune tecniche statistiche, una
ponderazione, giungono ad una valutazione del merito creditizio che viene
sintetizzata in un unico valore.
Un terzo ed ultimo approccio per la stima dei tassi di insolvenza si fonda sui dati
storici prodotti dalle agenzie di rating
1313
Calcolo dei requisiti patrimoniali minimi per il rischio di credito secondo
Basilea 2
Com
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ssità c
rescente
Requis
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atr
imonia
le
decre
scente
Le banche possono scegliere tra i seguenti metodi per il calcolo dei
requisiti patrimoniali minimi
1. il metodo standard
2. il metodo rating interni
di base
3. il metodo rating interni
avanzato
14a.a.2010/11 14
Crediti verso imprese: metodo standard
Portafogli
o Imprese
Da AAA a
AA
Da A+ a A- Da BBB a
BB-
Inferiore a
BB-
Senza
rating
Ponderazio
ni impieghi
Nuovo
Accordo
20% 50% 100% 150% 100%
Capitale
necessario
(per 100
euro di
prestito)
1,6 ………. ……….. ………… 8
1515
Il sistema basato sui rating interni (IRB)
Il sistema IRB (Internal rating based approach – IRB) prevede che le
banche suddividano le esposizioni in portafoglio in diverse classi di
attività con diverse caratteristiche di rischio di credito.
Le classi di attività sono relative a imprese, banche, soggetti sovrani,
clientela al dettaglio (retail), partecipazioni azionarie, crediti
commerciali acquistati
Per ognuna delle classi è previsto un insieme specifico di elementi di
rischio, ponderazioni e requisiti minimi per l’ammissibilità.
Vi è la necessità di disporre di serie storiche di dati
Rating deve essere dato da chi nella organizzazione non ha vantaggio
a darlo!!!!
1616
IRB: aspetti fondamentali
Il Comitato ha sviluppato una metodologia di base
(foundation approach) e una avanzata (advanced
approach) per la stima delle componenti di rischio
Nel metodo base relativo alle esposizioni verso imprese,
banche e soggetti sovrani, una banca deve stimare
internamente la probabilità di insolvenza (PD – probability
of default) connessa ai mutuatari inclusi in ciascuna classe
di rating, facendo affidamento nel contempo alle regole
prudenziali per la stima delle altre componenti di rischio.
1717
IRB: aspetti fondamentali
Nel metodo avanzato le banche possono utilizzare
stime interne per tre ulteriori componenti di rischio:
perdita in caso di insolvenza del mutuatario (LGD –
loss given default), entità dell ’ esposizione al
momento dell ’ insolvenza (EAD – Exposure at
default) e il trattamento dei derivati di credito e delle
garanzie.
Devono però rispettare requisiti minimi.
18a.a.2010/11 18
Calcolo dei requisiti patrimoniali secondo il metodo dei rating interniP
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imo
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Più aumenta il rischio
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50
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250
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0,1
5%
0,1
8%
0,3
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0,4
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0,5
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Re
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Probabilità di default
Impiego 1.000 euro
ad una impresa
Regole
Basilea 2
Requisito patrimoniale funzione di
(PD; LGD; EAD; M)
(da 1,18% a 28,20%)
Assorbimento Patrimonio di vigilanza = % Requisito
patrimoniale (PD;LGD;EAD:M) x Impiego
+
copertura rischio operativo
1919
Metodo standard e metodi IRB
Esposizione
Coefficiente di
ponderazione fornito dalle
agenzie di rating
x 8%x =Requisito
patrimoniale
Metodo Standard
EAD x PD LGDx x M +/- Granularity x 8% =Requisito
patrimoniale
Valori calcolati dalle banche
Metodo IRB avanzato
Metodo IRB di base
2020
Per la stima del tasso di recupero, invece, va sottolineato come i fattori che
determinano tale variabile siano essenzialmente quattro.
La gravità dello stato di insolvenza, ossia l’entità del divario tra il valore delle
attività e il valore delle passività del soggetto affidato
Il grado di liquidità delle attività dell’impresa e, quindi, la relativa facilità con
cui le attività a disposizione possono essere convertite in liquidità al fine di
rimborsare i creditori
La presenza di eventuali garanzie, sia reali sia personali, con il connesso grado di
liquidità. Il Comitato di Basilea ha previsto, nel nuovo schema di regolamentazione del
capitale, il riconoscimento di “sconti” sui requisiti patrimoniali da applicare alle esposizioni
caratterizzate dalla presenza di strumenti di mitigazione del rischio di credito, quali le
garanzie di natura personale o reale. La disciplina proposta ha una struttura flessibile che
consente di variare lo sconto in funzione del tipo di garanzia presentata e della sua
capacità di copertura del debito. Le tecniche di mitigazione del rischio, a seconda della loro
tipologia, riducono il requisito di capitale agendo su variabili diverse, le garanzie personali
sono modificative della probabilità di insolvenza (PD), mentre le garanzie reali (finanziarie o
immobiliari) impattano sulla perdita al momento dell’insolvenza (LGD)
Il grado di esposizione, ossia l’eventuale presenza di forme di seniority o di
subordinazione nei confronti di altri creditori.
2121
Da ultimo, per la stima della perdita inattesa, è opportuno riflettere sul
fatto che la perdita effettivamente registrata ex post da un portafoglio di
impieghi può risultare diversa da quella stimata ex ante
fondamentalmente per due ordini di motivi: per il fatto che il tasso di
insolvenza risulti a posteriori superiore a quello stimato in origine
e/o per il fatto che il tasso di recupero in caso di insolvenza risulti
ex post inferiore a quello stimato ex ante.
Seguendo una logica di tipo probabilistico, quale quella tipica dei
modelli del valore a rischio (VAR), si deve valutare fino a quale punto il
deterioramento di queste due variabili può manifestarsi con un certo
livello di confidenza.
2222
Rating del debitore
Rating del garante
Forma tecnica
Garanzie reali
Forma tecnica
Margine disponibile
In che percentuale di
casi si rischia una
perdita?
Quale percentuale si
perderà in caso di
default?
Su quale
esposizione
effettiva?
Patrimonio (capitale, fondi generali)
Copertura della perdita inattesa
Accantonamenti/svalutazioni
Copertura della perdita attesa
Prezzo
Costi operativi
Politica commercialeRedditività cliente
Livello dei tassi
PD
LGD
EAD
Costo del capitale
2323
Basilea 3
2424
Il dibattito in corso
La gravità della crisi che ha colpito l’economia mondiale,
propagandosi da focolai inizialmente circoscritti ad alcuni segmenti
del settore finanziario d’oltreoceano, ha inevitabilmente portato a
chiedersi se vi fossero gravi difetti nella regolamentazione e, in
particolare, nell’accordo internazionale noto come Basilea 2.
In realtà, all’origine della crisi vi è stata un’interazione fra crescenti
squilibri macroeconomici, politiche monetarie accomodanti,
un’innovazione finanziaria che sembra aver superato la capacità
degli operatori di gestirne le implicazioni, la naturale tendenza dei
mercati a passare bruscamente da fasi di euforia e sottostima
dei rischi a fasi di crollo della fiducia, il moltiplicarsi delle
occasioni di contagio generata dall’integrazione economica
internazionale.
2525
Il dibattito in corso
Certamente l’apparato regolamentare e di
supervisione del settore finanziario non è stato
in grado di prevenire l’eccessiva dilatazione dei
rischi o di imbrigliare lo sviluppo della crisi.
In risposta alla crisi è stata avviata un ’ azione
concertata dei governi, all’interno della quale si
svolge, con riferimento al settore finanziario, l’azione
di riforma regolamentare del Financial Stability
Board e, per il settore bancario, quella del Comitato
di Basilea.
2626
Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità
Sin dal primo Accordo di Basilea, la regolamentazione finanziaria
per le banche è stata fortemente incentrata sulla presenza di presidi
patrimoniali commisurati ai rischi assunti, nella convinzione che
alle esigenze di liquidità degli intermediari potesse farsi sempre
fronte grazie a mercati interbancari ben sviluppati e integrati.
Il rischio che banche solvibili potessero trovarsi nella condizione di
non essere in grado di onorare i propri impegni di cassa nei tempi
richiesti e a costi sostenibili era sottostimato.
2727
Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità
La crisi finanziaria ha mostrato invece con quanta rapidità,
intensità e durata possa manifestarsi il rischio di liquidità e
quali effetti esso possa determinare sulla stabilità degli
intermediari e dell’intero sistema.
È risultata evidente l’esigenza di definire a livello
internazionale un sistema di regole in materia di gestione
della liquidità.
Attraverso l’introduzione di regole quantitative, il Comitato di
Basilea mira dunque a evitare che squilibri nella gestione
delle liquidità possano mettere a repentaglio la stabilità
del singolo intermediario e a ridurre le possibilità di
contagio ad altri operatori.
2828
Gli interventi per ridurre il rischio di liquidità
Un primo indicatore (liquidity coverage ratio - LCR), finalizzata a
garantire l’equilibrio finanziario di breve periodo, richiede che le
banche si dotino di cuscinetti di attività liquide in grado di coprire –
anche in condizioni di stress molto severe – deflussi di cassa attesi
in un orizzonte di 30 giorni, senza ricorrere al mercato (in vigore dal
2015).
Un secondo indicatore (net stable funding ratio – NSFR) risponde
invece all’esigenza di evitare squilibri strutturali nella composizione
per scadenze delle passività e attività di bilancio, su un orizzonte
temporale di un anno (in vigore dal 2018)
2929
Le proposte per rafforzare l’adeguatezza del capitale
Le regole sull’adeguatezza del capitale rimangono
lo strumento principale per influenzare gli incentivi
all’assunzione di rischi da parte delle banche e per
determinare la loro capacità di assorbire perdite
rimanendo vitali.
Obiettivo è il miglioramento della qualità degli
strumenti finanziari che possono essere inclusi
nel patrimonio di vigilanza e un più adeguato
trattamento di alcuni rischi.
3030
La definizione di capitale
Le nuove regole si prefiggono dunque l’obiettivo di innalzare la
qualità del capitale, rendendo le banche più pronte ad affrontare
future crisi e ad assorbire le perdite in un’ottica sia – e soprattutto –
di continuità aziendale sia di liquidazione.
Nel confermare la ripartizione del patrimonio di vigilanza in
patrimonio di base (Tier 1) – a copertura delle perdite in un’ottica di
continuità aziendale – e patrimonio supplementare (Tier 2) – a
copertura delle perdite in caso di liquidazione – l’orientamento è per
una definizione restrittiva della componente predominante del
patrimonio di base (il core Tier 1), che per le banche costituite
in forma di società per azioni viene essenzialmente limitata alle
azioni ordinarie e alle riserve di utili.
3131
La definizione di capitale
Gli attuali coefficienti patrimoniali minimi relativi al
patrimonio totale e a quello di base vengono affiancati
da un requisito relativo al core Tier 1. A regime:
core Tier 1: 4,5%
Tier 1: 6%
Patrimonio complessivo: 8%
Nello stesso spirito, vengono introdotte regole più
stringenti per l’ammissibilità nel patrimonio
supplementare degli strumenti di debito subordinato;
scompaiono, gradualmente, gli elementi di qualità più
bassa (cfr. tabella successiva)
32
3333
Il leverage ratio Un’altra problematica emersa attiene all’elevato
indebitamento (leverage) delle banche che maggiormente
hanno subito la crisi.
Si stanno quindi compiendo diversi sforzi per introdurre
strumenti che limitino l’eccessiva crescita dell’indebitamento
nelle fasi di euforia.
La proposta di imporre un leverage ratio (rapporto di
indebitamento) alle banche è una delle risposte all’esigenza di
evitare livelli di debito non compatibili con un equilibrato
funzionamento del sistema economico.
Il leverage ratio, definito come il rapporto massimo tra il
volume delle attività e delle esposizioni fuori bilancio e il
capitale, ha peraltro una duplice finalità.
3434
Il leverage ratio
Oltre a contribuire a contenere il livello di indebitamento nelle
fasi di elevata crescita economica, esso può supplire ad
eventuali carenze o imperfezioni nei modelli interni per la
valutazione del rischio, soprattutto di quelli sviluppati per
prodotti finanziari particolarmente complessi o innovativi.
Il rapporto tra il Tier 1 e le attività complessive (on balance e off
balance) deve essere almeno pari al 3%
Periodo transitorio
da gennaio 2011. monitoraggio
da gennaio 2015: informativa sul livello del ratio e sulle componenti
entrata in vigore: 2018
35
L’effetto dei rischi sui bilanci degli intermediari
Una volta definite le principali categorie di rischio, possiamo esaminare come questi
rischi si riflettono sul bilancio degli intermediari. La tabella indica il criterio generale
che deve essere seguito quando l’evento si manifesta e le voci di bilancio interessate
Perdita in conto capitale per vendite in condizioni di emergenza
Mancata possibilità di finanziare posizioni in scadenza
Minusvalenze
Maggiori costi di finanziamento
Mark-to-market
(esposizione del valore di bilancio al valore economico)
Valore delle attività
Minus-plusvalenze
Conto economico
Rettifiche di valore
Perdite su crediti (write-offs)
Deduzioni dirette
Accantonamenti a fondo rischi
Criterio generale da seguire Voci di bilancio interessate
RISCHIO DI LIQUIDITA’
RISCHIO DI MERCATO
RISCHIO DI CREDITO
36
I vari rischi si riflettono sul patrimonio o direttamente
o passando attraverso la riduzione dell’utile di
bilancio.
E’ allora chiaro perché il patrimonio rappresenti
un autentico «paraurti» rispetto al verificarsi dei
rischi.
La regola economica fondamentale è naturalmente
che un’impresa per poter continuare ad esistere
deve avere patrimonio netto maggiore di zero, cioè
deve essere in condizione di solvibilità.
37
L’adeguatezza del capitale rispetto ai rischi sopportati è dunque
la difesa fondamentale rispetto al rischio di solvibilità.
Il capitale proprio risulta «adeguato» quando riduce la probabilità
di insolvenza futura di un’istituzione ad un livello minimo
predeterminato.
Naturalmente, come per la liquidità non esiste nessuna formula
magica né alcuna regola fissa: valutare ex ante l’adeguatezza è
dunque il momento cruciale delle buone regole di gestione
bancaria e di efficacia degli interventi di controllo.
Proprio perché è sul patrimonio che alla fine si scaricano tutti i
rischi della banca si sono diffuse tecniche di misurazione della
relazione esistente fra singoli rischi (e rischi nel loro complesso)
e il patrimonio stesso.
Riassunto: i limiti di Basilea I
Cosa mancava?
Differenziazione delle misure di rischio per la
stessa tipologia di clientela;
Scadenza dei prestiti
La diversificazione dei portafogli di prestiti
Rischio operativo e di mercato
38
Da Basilea II a Basilea III
Periodo di transizione (molte norme entrano
in vigore nel 2019)
Le aziende bancarie ancora più
“attenzionate”
Stabilità finanziaria in un contesto economico
incerto
Cosa succederà nel 2019?
39
Da Basilea II a Basilea III
Definizione di Common equity (Core Tier 1)
Riserve e utili non distribuiti (eccetto
l’avviamento)
Azioni Ordinarie
Azioni Privilegiate
countercyclical capital buffer: capitale
aggiuntivo che può essere richiesto in periodi
di ciclo economico positivo, come buffer nei
periodi di ciclo economico relativo
40
Le fasi di applicazione di Basilea III
41
Le recenti riforme del settore bancario
italiano La riforma delle banche popolari
La riforma delle BCC
Le garanzie sulle cartolarizzazioni delle
sofferenze
42
Riforme delle banche popolari
Decreto legge 5 del 2015
Trasformazioni in SPA delle banche con un attivo
superiore agli 8 mld di euro (entro 18 mesi, Luglio 2016)
La Banca d’Italia limita il diritto al recesso
Viene meno il voto “capitario”, quindi in teoria possono
essere “scalabili” (si vedano gli andamenti di borsa)
Ci può essere il limite del 5% (per 24 mesi) per quanto
riguarda al detenzione del capitale
Quale altra alternativa? Liquidazione o
commissariamento
43
La riforma delle BCC
Conversione di un decreto legge (decreto-legge n. 18
del 2016)
Segue la riforma delle banche popolari (sempre
attraverso decreto legge)
Composto da 4 capi:
La riforma del settore bancario cooperativo (capo I);
la garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze
(capo II);
disposizioni fiscali relative alle procedure di crisi (capo III);
disposizioni in materia di gestione collettiva del risparmio (capo
IV).
44
Qualche dato di partenza
Debolezza strutturale delle BCC rispetto alle norme di Basilea III
Dimensione ridotta ed eccessiva dipendenza dal ciclo economico (si
vedano le sofferenze)
Struttura organizzativa che non consente innovazioni
Grazie alla Direttiva 2014/59/UE ( Banking Recovery and
Resolution Directive, BRRD) e con l’avvio del Meccanismo unico di
risoluzione delle crisi nell’eurozona ( Single Resolution Mechanism,
SRM), le situazioni di difficoltà che emergeranno non sarebbero
gestibili per le BCC. Perché?
Per l’impossibilità di accedere velocemente al mercato dei
capitali
Infine, da parte dell’ECB c’è un «ok»
45
Proposta
Gruppo delle Banche di Credito Cooperative (Gruppo Bancario
cooperativo) con patrimonio netto di almeno 1 mld di euro
La Capogruppo è una Società per Azioni, ma non altera la
“mutualità delle singole BCC” attraverso un contratto di coesione
L’adesione alla capogruppo rappresenta la condizione per il rilascio
dell’autorizzazione all’attività bancaria. Se la BCC non aderisce? Va
in liquidazione!
Nella S.p.A. la partecipazione delle BCC deve essere maggioritaria
ma non esclusiva
La S.p.A. controlla le BCC attraverso un contratto di coesione o
attraverso la partecipazione
Sono innalzati il valore nominale della partecipazione detenibile
da ciascun socio, portato dagli attuali cinquantamila euro a
centomila mila (rafforzamento dei soci nelle BCC)
46
Come si costituisce il Gruppo
C’è un’autorizzazione da parte della B.I. sullo schema di
contratto (controllo preventivo, sulla sana e prudente
gestione)
A seguito dell’autorizzazione c’è l’iscrizione all’albo del
Gruppo
Se la BCC versa in una situazione di inadeguatezza
patrimoniale o è in amministrazione straordinaria, c’è
la possibilità di emettere azioni di finanziamento, che
verranno sottoscritte dal Gruppo (art. 150 bis del TUB)
47
Fasi di costituzione del gruppo
La Capogruppo (che intende essere
Capogruppo) presenta la documentazione
alla B.I. entro 18 mesi dall’entrata in vigore
della legge
Le singole BCC deliberano di aderire al
gruppo (i soci possono recedere)
48
“No easy way out”
Istituti con un patrimonio netto superiore a
200 milioni, riconoscendo all’erario
un’imposta straordinaria pari al 20 per
cento dello stesso, possono scorporare
l’attività bancaria conferendola a un istituto di
credito costituito in società per azioni.
49
Punti di debolezza
La dimensione del Gruppo può essere notevolmente
inferiore rispetto a quella dei gruppi di “BCC” in altri
paesi
Siamo sicuri che con una maggiore dimensione si riesca
a vigilare meglio??
Non sembra una contraddizione rispetto al principio del
TBTF?
Le singole BCC saranno meno libere, perché la
capogruppo svolgerà una funzione di controllo
Nomina degli organi della BCC da parte della
Capogruppo, sarà un’attività solo straordinaria?
50
Il sistema di garanzia degli NPL
(GACS) Favorire un mercato del credito deteriorato
attraverso la garanzia dello stato su senior
tranche di cartolarizzazioni di sofferenze cedute
ad uno SPV
Il rating non può essere inferiore all’investment
grade
Allo stato verranno riconosciute delle
commissioni prendendo in considerazione i CDS
Accordo tra MEF e Commissione Europea
51
Fattori dei GACS
Tempo medio di recupero dei crediti in
sofferenze più lungo rispetto a quello degli
altri paesi
Fiscalità delle perdite
52