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Tecniche di rilevamento e valutazione del rumore industriale L. BERNINI e G. GHIMENTI Laboratorio Chimico Prodrn:iaie, Pi!ll In assenza di una precisa normativa che stabilisca i limiti e le modalità ,li rilevamento del rumore a cui sono esposti i lavoratori nelle industrie, eoloro che sono chiamati a svolgere indagini negli ambienti di lavoro si trovano molto spesso in serie difficoltà nello scegliere ed adottare i giusti eriteri di valutazione. Anche se in alcuni contratti di lavoro o accordi sindacali questi sono ben definiti, in pratica si rivelano inadatti o incompleti e quindi non gene- ralizzabili a tutte le situazioni presenti, come nel caso capitatoci recente- mente di una azienda metalmeccanica dove è necessario valutare con le eurve limite CHABA per bande di ottava rumori transienti e impulsivi continuamente variabili di intemsità, cadenza e spettro di frequenza. Si verifica infatti che i criteri più comuni basati sia sull'analisi dello di frequenza che sulla misura del livello globale in tiBJA sono stati cnncepiti e messi a punto per rumori stazionari o comWique lentamente variabili, tali che facilmente se ne può determinare il livello medio o l'indice di rischio mediante semplici letture fonometriche con annotazione dei tempi a cui persistono determinati livelli. Tale situazione idilliaca purtroppo è riscontrabile assai raramente ed anche quando questo accade per alcuni posti di lavoro, quasi sempre il livello sonoro di base è alterato da rumori con caratteristiche nt>ttamente diverse provenienti da altre sorgenti. [n queste condizioni, pur esulando dai limiti del presente lavoro il pro- hlcma della !òCelta tra spettri di frequenza e livello globale, appare assai laborioso l'ottenimento dei primi e del resto la validità della valutazione tramite la misura del solo livello sonoro globale in dB/A è universalmente riconosciuta. In pratica le considerazioni sopra esposte e quelle che seguiranno ci l'"l"lano ad operare cmt una tecnica ben definita così tla impiegare le appa- n•cchiature disponibili nel modo migliore per poter dare alla fine del lavoro la rispo!òta che ci viene chiesta e cioè un valore numerico in termini di livello ("he sia rapportabile ad un turno medio lavorativo di otto ore ed ••vf•nt1wlmfmte confrontabile cun i MAC.

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Tecniche di rilevamento e valutazione del rumore industriale

L. BERNINI e G. GHIMENTI

Laboratorio Chimico Prodrn:iaie, Pi!ll

In assenza di una precisa normativa che stabilisca i limiti e le modalità ,li rilevamento del rumore a cui sono esposti i lavoratori nelle industrie, eoloro che sono chiamati a svolgere indagini negli ambienti di lavoro si trovano molto spesso in serie difficoltà nello scegliere ed adottare i giusti eriteri di valutazione.

Anche se in alcuni contratti di lavoro o accordi sindacali questi sono ben definiti, in pratica si rivelano inadatti o incompleti e quindi non gene­ralizzabili a tutte le situazioni presenti, come nel caso capitatoci recente­mente di una azienda metalmeccanica dove è necessario valutare con le eurve limite CHABA per bande di ottava rumori transienti e impulsivi continuamente variabili di intemsità, cadenza e spettro di frequenza.

Si verifica infatti che i criteri più comuni basati sia sull'analisi dello ~pettro di frequenza che sulla misura del livello globale in tiBJA sono stati cnncepiti e messi a punto per rumori stazionari o comWique lentamente variabili, tali che facilmente se ne può determinare il livello medio o l'indice di rischio mediante semplici letture fonometriche con annotazione dei tempi a cui persistono determinati livelli.

Tale situazione idilliaca purtroppo è riscontrabile assai raramente ed anche quando questo accade per alcuni posti di lavoro, quasi sempre il livello sonoro di base è alterato da rumori con caratteristiche nt>ttamente diverse provenienti da altre sorgenti.

[n queste condizioni, pur esulando dai limiti del presente lavoro il pro­hlcma della !òCelta tra spettri di frequenza e livello globale, appare assai laborioso l'ottenimento dei primi e del resto la validità della valutazione tramite la misura del solo livello sonoro globale in dB/A è universalmente riconosciuta.

In pratica le considerazioni sopra esposte e quelle che seguiranno ci l'"l"lano ad operare cmt una tecnica ben definita così tla impiegare le appa­n•cchiature disponibili nel modo migliore per poter dare alla fine del lavoro la rispo!òta che ci viene chiesta e cioè un valore numerico in termini di livello ~onoro ("he sia rapportabile ad un turno medio lavorativo di otto ore ed ••vf•nt1wlmfmte confrontabile cun i MAC.

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A'(TI IJ~;L Il {0:0.\El,,O >HIIJ>\I.t. VI I(;(K"I. 1'\llUSTIUALI

La ,;trumt•nta:r.ion•· vient· usat11 comt· sclw11lalizzato iu Fil!· l reg1stra11-Ùo contempuraueanwnt•· ~~~ nastro IUUf!lldico Ì11 « lilll~arl" ». cnn {ln~imetr" ,. registratnrc ùi Jj,·dln iu dB;A << sltm· )) u « lffiJmlHo )) u t>ntramlu.

___ f hll,i-'cJF l~A l lml 1:- • O FONOMETRI} ~ -

1ntegrator( o DOS!ME'R(

dBI~. irrH'

REG LJV[LLD dB/A slow

( s l<)',·.'

ì-'1~, l.-- IJIOJHIOIZIOJU' Sdi('·

matica de!!li ~Un­

menti di ltli"utol.

Il livello medio ottenuto (Fig. 2) deve tener conto di tutte le situazioui in cui l'operaio viene a trovarsi durante il turno lavorativo; quasi mai infatti si hanno esposizioni continue di otto ore ma al contrario sono più o meno frequenti le interruzioni dovute a cause diverse: colui che lavora ad una macchina anche automatica è sottoposto sì alla rumorosità minima e mas­sima che questa produce regolarmente. ma poi vi sono gli intervalli per il carico o lo scarico dei pezzi, fermate anche brevi e irregolari, pause di rir•oso,

di ristoro, "'""·

J.'ig-. 2. - Y alutaziont' d t> l livello medio equivalent~ di un turno la'\-·o­rativo.

h ore

llV!:llO MEOlO

f~ necessario quindi considerart· tutti questi eventi compresi qUI•Jii estranei prodotti dalle ,icine )a,·orazioni e registrare così per l'intero turn~f lavorativo o almeno per un tempo campione sufficientemente rappresenta­tivo che può a seconda dei casi variare da pochi minuti a diverse nrc.

Alcune esperienze condotte in questi anni dai tecnici della Sezion1· lgiene AmLientalc, che hanno avuto mod., di operare nelle aziende più svariate, dal pantalonificio all'industria automobilistica, dalla vetreria al

mobilificiu, ecc., sono riportate nelle Tah. l-7.

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BERNINI, GHlllENTI 53

TA.sELI.A.

Rilevamento rumorosità presso una conceria - Marzo 1975

POSTO DI LAVORO l .... l lmpuloo l .. .... Bottali l, 2, 3, ' 89 " Continuo

Messe al vento 95 95 Continuo

Paliuoni 88 91 Imp. regOlare

Lucidatrice 88 90 lmp. regolare

Rilevamento rumorosità presso una fonderia- Novembre 1973

l

l'O STO DI LAVORO l Slow l lmpubo l N61•

Riempimento ~tampi 91 91 Continuo

E8truione stampi 95 100 lmp. Cai!Uale

'

Nella conceria si riscontrano rumori di media intensità, regolari e conti• nui; ai palissoni e alla lucidatrice le discontinuità di movimento fanno regi­strare alcuni dB in più nella miBura in impulso.

TABELLA. !

Rilevamento rumorosità presso uno stabilimento di fiammi!eri- Luglio 1974

POSTO DI LAVORO

SEGHERIA scortecciatura tronchi

SEGHERIA sega 11 disco

STECCHINI tranciatura fogli

:;TECCHINI .t"ogliatura tronchi

SVEDESI carico macchina continua

SVEDESI inscatolamento

SVEDESI raspantatura

SVEDESI bollatura

FAMILIARI macchina Stade1ini

FAMILIARI macchina KL 2

l

l

l

SJo,.-

106

103

87

88

90

BR

H3

102

I.,.pulo<> ;vo••

lll lntermittente

103 Intermittente

1:18 Impulso rapido

a9 Intermitteute

90 Continuo

91 Imvubo regolare

107

IO!

Continuo

Impulso regolare

Impulso rf'golare

f m pulso regolare

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.i l

l\eiJa fond1~rÌa riJ Ullil fahhrica di JlÌ~tollÌ J"(~StfUZÌIIIW lkt fl''ZZÌ dH!!II l'lampi prm oea un innalzam~nto dd live-llo in impul~n JWI' tutt.t una "''l'l<'

di coiJIÌ mrtulliei dH· ~i verificano nrl corso rli tal•· npNazHIIW-~dla fahbrica di fiammif•·ri acr:anlo a rumori JIUYah-u~enwul•· conriutll

e H'.!!olari di media inte-nsità con modesta o nessuna difl'e-renza tn1 h· IPt r tu-<

in s/mr ed in impubo. quali quelli dovuti all•· operazioni 1/i t ratH:Ìatura ,. sfog-liatura al reparto stecchiui. all<t macchina ronlinua, all'in~ratoh~m•·utu.

al/a ra1--pantatura dci n·parti ",.-,•de~i e familiari. SI' IH' trovano altri di fnrt•· intensi tU alla srg-heria e alla Lollatura carattcri:r.zati dalla pr•·~cnza di itn]lUhi l' transienli ~;<onori di Iwt•·vok ampiezza.

Rilevamento rumorosità preso;o un colorificio

,-------------------. 1--- ----PO!IT~-~1-C_'_'_"_"_'_' -------'--­

<

Sin~

1 Moliui UJ3t•.inaziow· smnlti

1 Omo)0!~1Jt·izzatore smalti '" 8:1

'l l'r.,paraziour dooi 81

1 Spruzzaturn tappi "'

lmpul.,,

" " "' "

Giugnu 1972

''"''

Continuo

Contìrmo

(:outinuo

hrtrrmittf'l>l<'

r---·------ ------------- --'

l Rilevamento rumoro"ità presso '1-~­,

1-'0STO DI LA\'UHO

<

una officina meceaui('a - Genuaiu 197 4 .-~·---1

Lapidello

Piallatrico·

'1 ' · 1 51,.,- i Jmpul .. , ''"''

-----·------,~~'---8-8-:

11- 8<l Int~rmitt_e_"_<_e ____ j

82 84 Int<"rtnitteutf'

l "' j !

l "l lO l

lrJtrrmit tf'nl ~ Frl'sa

Afiilatri•·•· Intcrmiuenr~

l'rf'ssu il colorificio si rilf'vaun rumori gcnf'rahnruh· continui t di intt~tr­

sità non ekYata; tuttavia talun•· operazioni, cllntt· atl esempio la spruzza­tura dei tappi, si distinguuno per Ia loro discontinuità (' irregolaritù dw. danno in impulso risposte più elevate.

Prcssu l1: officine meccaniche, lapidello, piallatricr e fresatrict" pru,·ocano rumori di modesta intensità ma discontinui e irn~golari. Alcun•• macchi111~,

comr. l'affilatricf', sono pii'1 rumorose e con transicnti sonori sensibili.

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8l:IINI!'il, GHIMENTI 55

Rilevamento rumorosità in una fabbrica di armadi metallici- Novembre 1973

' POSTO 01 LAVORO l Slow l hnpubo l Vot• ' ' l ' Montaggio rullini 116 118 Impulso rapido

Speuonatrice 14795 98 IO! Impulso rapido ' Pressa 3132 guide 99 108 Impulso regolare

Prt>ssa 10154 ondulati 100 106 Impulso regolare

Trancia 8.325 guide 109 115 Impulso regolare

l Trancia 8326 guide 97 IO! Impulso regolare

Trancia 8.127 guide 95 100 lmpnbo regolare

' Piegatrice 10025 ondulati 95 102 Impulso irregolare l ' \1ontaggio armadi "' "' Impulso casuale

l V t>miciatura 88 90 Intermittente

In questa fabbrica di armadi metallici e classificatori per ufficio si hanno prevalentemente rumori impulsivi e di elevato livello sonoro; le cadenze .;ono estremamente variabili, elevate per il montaggio rullini, la spezzona­trice PCC., modeste per le presse, le trance e le piegatrici.

TABELLA 5

Rilevamento rumorosità presso una vetreria Giugno 1972

l'O~TO DI LAVORO ""• lmpu.ho l

-"ot•

Composizione; dosatori « on »

Composizione; dosatori « off »

Fumi-posizione A

Forni-posizione B

Forni-posizione C

Tiratrici canne

Ribruciatrici bordi

Tfituratore scarti

S~la compre~sori

'i 90 l

87 i 83

" 92

91

'iO

39

'!9

91 Intennittente

81 Intermittente

83 Continuu

85 Continuu

93 Continuo

94 Impulsivo, rr~~;olare

92 ImpulHivo, regolare

n Impulsivo, irr,.go-\are

'" Continuo

·----------------~----~--~------~

_]., ... l•t. ·''t~ per, 8nn'l'i 'jg77) "· 51-1\ij

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A T'Il JI~.J. Il CO'\VE0:'\0 '\ . .ZJ0'\~1 t. !Jl [(;JJ.'\1 l'\1>! ~'li< i Il i

Nt'lla YPtreria. ai forni. alla ('urnpo;;izwu•· !'t't' .. ,j lliltlliO rumori C<>ll\Ìt;,l,

o inl!•rmittt>nti di li\ ello faeilnH'lllt> definihilo·: anelu· qu1. eonmmpw. tro\HJIIIi•

alt•uui po;;ti di lan•n• enmt· all•• tiratrici eamJt·, ribruciatriri bordi. trÌIJ•­

raziont· !<earti. t't't'. dll' pn•srntaun rumori impul"i'·i. eomple~~i e irrq.rnlaro

l 1-

Rilt'vamento nnnorosità prt'sso un mobilifit·io

I'OSHI l>! L\'ViJiliJ

---··-----

Toupir

Se!(a a diol"o

Segu multilanu·

Sega a na•tro

Bordatrkl"

Levigatricf

Scorlliciatric ..

SquudrutrÌ!'t"

l(U

'1:\

91

" 94

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9\

"

'J Miti.!. l h

,,

l ti:. lntenuiii<"JLI<

1):, lutt>rmilknl<'

9\ lnt<·rmittt•ttl<'

" Intermitt<"nl<·

1011 lntermittt•nt ,.

"" lntt•nnitli'UI<·

"' lutt•rmittent•·

IOI lntt·rmitlt>nt•·

87 'ì:l La~ua],. j Pistola j!:r:lfatrice __ · ___ · ___ --~------~-------------

1'-"BU.I.A :

Rilevamento rumorosità presso nno stabilimento farmaeeuti(•o -- Ottobre 197:1 --! --- -------··

]'O~TO "' !.AVOli<> Sloov. [,,.,.,,,,, '''"''

lucaps1•latrice ZANASI Hl "'' Continuo

Comprimitrin Kll,IA'\ 84 '" CuntinU<>

Confcttatnra "'' '' Cnntintw

Caricanwuto lì al<- "' "" ' lmpul-r• irr,.f!:nlan-

Conf~zionatrict' ACM.-\ "" " lmJmlou tt•;:nlaro·

~lucchiua MARZOCCIIJ "'' "' Imp11l"' irrrf!:olat<'"

Rilevamento rumosorità pre"so una tipo~rafia ~ Gin~otno 1975 -- -·---------------~------.

f'USTO 1>1 1..\\0lH> _,,,,.

Pit>!(<>pro"l'''llÌ "'' :\larchina MUI.TILITJI Hl

.11>1>. 1-1. ·'"l"' ,·,,;,,, 1)'.>.~> 13 ,",]-1;"

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BF.RI'HNI, I:HIMENTI --" ~·(obilificio: la lavorazione del legno è caratterizzata da rumori media·

mt•nte intf'mi sempre intermittenti a causa th•lle operazioni che, automati­che o no, sono caratteristiche del ciclo tecnologico; sqnadratrici, bordatrici, wupies, ~ono macchine che lavorano ad alta velocità, assai rumorose e con note\·oli transit>nti sonori .

.'rei laboratorio chimico farmaceutico si hanno in genere rumori di motleste intensità, continui, regolari, stazionari, ma si incontrano anche ~ituazioni quali ad t>sempio il caricamento fiale alle lavatrici, la confeziona­trice ACMA ed altre con impulsi elevati rispetto ad un rumore di fondo m;sai contenuto che provocano elevate differenze tra la misura in .dow e

'tudla in impulso. La tipografia è caratterizzata da rumori impulsivi, regolari, di livello

medio.

I dati otttmuti permettono di fare alcune importanti o.'lservazioni.

Anche se talvolta è possibile definire e classificare le caratteristiche dei rumori azienda per azienda e cioè in quali situazioni si incontrano rumori mt>diamt>nte bassi o mediamente alti, continui, intermittenti, impulsivi, ecc. in pratica poi si verifica che tutti questi sono sovente presenti contempo· raneamente.

Il livello sonoro misurato con .'lmorzamento «impulso » è in c1ualehe ,·a~o uguale. in tutti gli altri superiore anche notevolmente al corri.'lpondente livt•llo in slow.

È evidente la necessità di affrontare le più svariate situazioni che si prt•sentano con una tecnica di misura valevole generalmente e tale da forni-r:e un risultato unico che rappresenti il livello sonoro t•qoivalt>nte o la dose di rumore per !"intero turno lavorativo.

Abbiamo detto precedentemente che i normali critt>ri di Yalutaziom• ~uno riferiti a rumori stazionari o lentamente variabili che d'altra parte solo mramente sono riscontrabili in ambienti industriali.

In genere si usa effettuare i rilevamenti con smorzamento .•low anche nei casi di rumori transienti, impulsivi, ecc., ed è in questa fase che ne vengono tra~curati gli dl't>tti di maggiore nocività .

. \lcuni misurano t.-'On l'oscilloscopio la tlurata dell'impulso sonoro t' la ~ua ampiezza per integrare il numero t()tale di impulsi subiti con illivdlo pt:r il resto del tt~mpo in slow, altri detl"lrminann rlirettamentc i picchi ,J.•I massimo liYPilo sonoro raggiunto.

Cun lali accurgiu!l;uti, atnm~;~sll ehe {HJ~o~o<HlO t·s~er~; applicati univt:rsal-11\ente, si valuta la realtà tisica del fenomeno acustico, cosa che può ottt•· twrsi anche, eome Y!"dremo in sc~guito, eon tlo.'!imetri e rc~istratori di livello ad alta n•locità: in 'luest'ultimo motlo è possibile se~uire ~ituazioni t•streme di rumori Yariabili e irrt>golari, ma in O!J,"ni caso il lin·llo f'quivalente nttenuto

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5H ATTI lJEL Il CO:'IOVbD'iU NA'f.lll'iAI.E IJI IO..IE'it i'i!Jl ~TIIlALI

non è molto divcr~o tra le Inl~ure 111 .~loK o .fìHt o rapidi~simo. difli•renclo al massimo di frazioni di dB.

Comunqut· s1 riescu a misurare l'integraziou•· Ji tutlo• lo• ener~i··

sonore, si giunw~ tuttavia a livelli medi equivalenti cLe non g-iustificano danni realmente riscontrati dali•~ audiomrtrit· come riportato anrlw

in letteratura; in presenza di rumori impul,;iyj e transienti si risconlran" cioè danni uditivi superiori a quelli che il livello "'onoro misurato fareblw prevcùet·•·

Sorgt• quindi la neressità ùi correggllre tale livdlo tenendo conto IHJil

più del solo fenomeno fisico ma ancht~ di quanto questo ddermina sul meee;t­nismo di autodifesa organica secondo il qua!t· l'orccchiu umano rimano·. diciamu «abbagliato » per un tempo molto più lungo.

Lt• misure effettuate con smorzamento impulso danno, in pre~•·uza

di rumori impulsivi, qualcosa in più sui corrispondenti livelli slou:, {fl-~1. •·•·c. c probabilmente questo qualcosa in più è proprio quello eh~~ andiamo ct•r­cando.

Infatti lo smorzamento impulso, così come codificato dali•~ norm•' internazionali, è il risultato dì anni di ricerche per tentare di dart> all'iudic.­di mw strumento un tempo di salita simile a qudln caratteri~tìco de11'orl~c•~hiu umano cd un lento periodo di caduta h~nendo conto Jel tempo util•· al cervello pf'f memorizzare, inte~ran· e dimenticar1• il segnale di hn·\ ,. durata.

Questa risposta è caratterizzata da una costant~~ di tempo pt>r la salita di 35 ms c da una discesa a8sai lenta sì da permettac il rilievo, per segnali di durata non inferiore a questo tempo, non solo del massimo livello raggiunto ma anche dt"l!a per~istenza fisiolo~ica del fenumeno acustico.

In Fig .. ~ è schcmatizzatn talt• andamento.

A B c

F'J!· 3. - HiSfOOotu strumentai,• n Yari tipi di impulsi ~u·

uori.

Nello schema sono rappresentati impulsi di durata inferiore alla co­stante di tempo per i quali non è possibile la lettura del ,·alorc ma!:isimo. ma le aree indubbiamente sono superiori a quelle dell'energia effettivamente

dissipata.

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BERNINI, I;UJIIIEN'l'l 59

Nella figura si osserva pure che impulsi della stessa ampiezza ma dì durata diversa danno risposte dissimili e che al loro infittirsi aumenta sia il livello sonoro leggibile che la dose di rumore; ovviamente in una serie molto fitta di impulsi sonori solo l'ultimo apporta un aumento trascurabile per cui il risultato è identico a quello delle misure in fast o .~low.

Le registrazioni che seguono sono state ottenute con questa metodica e con questi concetti anche se per comodità ne viene presentata una por· ;~ione Iii circa l minuto ripetuta in slow, in impulso, con velocità di scrit~

tura estremamente elevata ed infine con velocità elevata sia di scrittura che di scorrimento della carta.

La prima di queste, riportata in Fig. -!, si rifl'"risce ad un telaio lineare per tessitura: una cadenza rapida e regolare di impulsi, come risulta in basso dalla scrittura ad alta velocità, di livello minimo non molto diverso da quello massimo. In questo caso la risposta in .~Iow traduce gli. impulsi sonori in un livello continuo assai prossimo alla reale sensazione sonora che comunque, secondo la risposta impulso, risulta leggermente superiore.

92,5dB/A

'"" . " . 1

' . ' ' ' " . "

Fi!): . .J..- Ri].,vamento rumorosità pr"""o n no iutificio.

~;"'n'esempio successivo (Fig. 5), relativo allo :<tampaggio di leve con pressa Schuler, viene raffigurata una cadenza rPgolare ma lenta 1li impulsi ~onori piuttosto complessi; il confronto 11iretto I'YÌdenzia la tendenza !Iella risposta impulso a seguire più da vicino la rf'ale ampi1•:r.za 1lei picchi. Il rlisli­vl•llo ri!ipetto alla misura in $[ow risulta pari a 7 llB.

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l oli

\02 dB/A 1mp

Ile .. '.'

. '

l'i~. S.-· Hil<·vamento rumorohitii pr~o•o uno ~tabilimento mctahueceanieo.

La Fig. 6 si rift•risct• alla tranciatura di ll'Ye per serrature cou pressa Spi•~rtz 8; la cadenza è simili· a quella vista precedentemente ma gli impulsi souo di durata minore e b('n netti; vediamo come la risposta impulso li tra~ duee a livelli più bassi ma di durata maggiore mentre il dislivello con la l•~ttura in slou· sale tino a Il dB.

ili

m ,. dB/~ '"

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UC· , .. w

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Fip;. (o.- Rilt>\ auu:nto rumor<o~itù p re~"" uno stubilimPIJIO noetahnN'Canico.

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liEH...;t>ol. o;ljl'lt:>oTJ 61

c'\dla Fi~. 7, relati\ a alla martdlatura tuanuale per radtlrizzare \a m,.

pt>r la segagwne del murmo, s1 ha una cadenza rapida ma irrcgolan• di impulsi ancora lwn ddìniti che tletermina un tli;;livt•llo tra le misun• Ìt~ .~/()w t'd in impltlso pari a 9 tiB. È da notare che a causa della elevata ùinamit:a

in gioco (il rumore di limdo era molto basM1) i pesi del pennino e dd :;erba· toio tli inchiostro ~ono ri;;ultati eccessivi pt•r eui la scrittura vt>loce mostra

\al ori t'rroneamente piìt bassi; tl'altra parte la ~crittura cnn pennino di zat~

iirn su carta ct·rata, indi~pensahile ndl'oecasinnc, non ci ha permesso facili

fotografie. In· questo esempio si nota altrrsì un particolare th•\la tecnit•a

adouata: qul'llu di misurare ancht• t!urante le pau>~e rome tlf'tto in pr<'•

ct'denza.

~~~-

" d~IA >lO~ '"-

'"--'00

"

* ' ' '" ., ... ~' ... " " '" ' ' ,_105

~ -c

'""

,.

" ' "

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Fi~ .•.

!.a Fig. B ~i rifo•risct: alÌ una macehina eomplt'S>la t~htl at't'{)ppia, in~ra~~a.

l'''"~u, ~tila ,. riutì\a le g:ui1le tlt•i .-rdili p,.r ;mto una dPntro l'.1ltra c tptintli

t•nn una SliCCt'~"innl' tli st;atti mdallici " pneumatici t·he detrrminanu tn·ni d'illlpulsi, alcuni rP~lJ!ari, altri t~asua]i. La rq~istrazinne in impulso. t!i 7 dB

••1[H•rÌI•r<' a <jtwlla in ··lmr. ~,.~nt· :1hba~tunza fetlt•bnente qtu'Btu andamento. l- n altro t·H~IllJlÌll Ì' rip11rtato l!t·lla Fig. 9 rt•lativa alrimhastit ura di un

,·u~t·iuetto a ~ft•rl' <"Oli una macchina "''HlÌautlnnatit•a di cit•lo par<I!-!OHahil<" al pn•et·dt•ntt·: la dill"rrt•nza tra lt• due ldh1rl' ì· in l{lll'Sto l'li!<O tli lwn

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Le Fig. IO, Ll, 12 e 13 mostrano altri ritmi~~ livelli sonori più tli . ..;ordi· nati, dove pt~rò la risposta impulso se!!:ue sempre pi\1 da vicino la n·altà tldla ~ituazi(Jne.

[n ddinitiva, se riportiamo .~ituazioni come ttnelle analizzate in talwlla e t;t•rchiamo di cnrrt•lare le differenze tra i livt:>lli in -~low e quelli iu impuh•o

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con il numero di colpi al minuto ed il tipo di rumore, otteniamo come ri­!!ultato che non è possibile definire regole fisse di correzione del livello mi­surato in slou,, Pertanto l'aggiunta di un certo numero di dB a discrezione dell'operatore per la presenza di rumori impulsh-i è trovpo aleatoria per poter dare affidamento P rivelarsi riproducibilc.

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Fig. 13.- Ril~vamento rumorosità presso uno stabilimento metalmeceanico.

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BE!l.NINI, t;UJMEKTI

~ella Tab. 8 vl:'tlìamo infatti che alla battitura lame e alla ~>pezzonatrice 1wr rondelle cnn cadenze simili, si hanno dislivelli tra slow e impulso molto tlivt>rsi, rispettivamente di 9 e l dB c così per molti altri casi tra i quali la ~<'"ga a nastro per ferro che fa registrare con la risposta impulso 11 dB di tlilfc­renza dallo slow, mentre la sega a nastro per legno una differenza tli solo

l dB. Quanto finora esposto permette di trarre alcune conclusioni che possono

essere puntualizzate come st"gue. Il mmore industriale ha quasi sempre ttnalcosa in comune in tutte le

aziende: una irregolarità cd un contenuto di impulsi o transienti sonori anche laddove non ne sembra evidente l'esistenza.

La misura con re-gistratori o dosimetri predisposti in impulso ovvia al problema del discernimento del tipo di rumore e può t~ssere generalizzata in tutti i casi, essendo la più indicata a ~>eg11ire la risposta fisiologica e quindi, probabilmente, quella che dà risultati più proporzionati al danno effettiva­mente suhìto.

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Differenza di lettura con smorzamento impulso e « slow » per diversi tipi di rumore

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lngra~saggio guide 'J2 97 1 :w

Trandatura leve " IUS Il 20

l'untatrice otalfa 89.5 94 4.5 IO

Stampa!(lo(io !(uide 95 ll!2 1 \6

Hivettatrice hoc cole 91 liJ\1 9 10

\[onta~!'io guide ')0 'H

-;Jl~)!;)!;Ouat. TOB<II'Ile 'l-'i '>ò 120

\!nnf~!!"~io horrolr '" <)(, t.;

:\1aco·hina •·ucitrice ')b,.) ·n n.~

~P!!:a 11 IHl"tro (f<·tro) l J:i 126 Il

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TABELI • .4. 8

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Irregolare

Irregolare

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Rep;olare

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Casuale

Rl'golare

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"' Al'Tl Dt;J, Il CONYEG"i(l NAZWNALE DI IGit:l'i}. INIHiSTRIAJ,}

Nei casi in cui la differenza tra il livello letto in impul.;;o e queHo in slow

o fast assume valori discreti o comunque in presenza di rumori chiaramente impulsivi di elevata intensità sarà opportuno eseguire una registrazione parai· lela ad elevata velocità di scrittura per evidenziare anche i ma8simi livelli di picco raggiunti.

È auspicabile che nel contempo le ricerche iu campo audiometrieo ,. fisiologico si indirizzino in questo senso per portare maggiori delucidazioni sul danno acustico provocato effettivamente dai rumori impulsivi.

Riassunto. - Nel presente lavoro viene ricercata e puntua.lizzata una tecnica di rilevamento del rumore negli ambienti di lavoro che oltre a sod­disfare la molteplicità delle situazioni, non è in contrasto con i criteri di valutazione più comuni, ma anzi integra e completa le prescrizioni superan­done le limitatezze e le eventuali discordanze.

Vengono riportate alcurle delle esperienze più significative nelle quali l'utilizzazione di tale tecnica di misura porta a considerare da vicino illimitC' di rischio.

Summary (A method for mR.asurement and evaluation of industriai nOI·

se). - In the present report a method !Qr.-tèt practical noise measurement in the fact~ry environ~ent is developed.

The acoustic noise present is normally composed of the noìse emitted from several machines more or Jess simultaneously and the measurement problem often consista in determining an average noise level that is then compared with some accepted noise criteria and on the hasis of this compa· rison decisione may be taken as to necessary changes in the environment.

Tbc method extends the dynamic referred to as « impulse » use, that is a characteristic meter response which closely approaches the rise time of tbc human ear and stores, averages and forgets the short duration signal in a way similar to that of thc human hrain.

The measured average noise level gives a better explanation ofthe audio· metrically detectahlc occupation noise-induced hearing Ioss.

An~. llt S~<pN'. s~nua (1977) U, 51-06

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Aspetti di igiene industriale nella esposizione professionale al rischio da luce laser

E. RIGHI e M. DI POFI

Serv;zio C.mlrah di Medicina ~ lsierw del La,·uro, CNEN, Roma

J numerosi impieghi che le apparecchiature laser hanno trovato nel settore della ricerca, dell'industria e nel campo medico dimostrano l'esigenza tli individuare in maniera adeguata il relativo rischio ambientale e di defi­nire gli intervPnti e i parametri di natura igienistica adatti a questo parti­eolare ambito lavorativo.

Numerose Organizzazioni scientifiche si sono occupate del problema, ma va comunque rilevato che non si è ancora giunti a conclusioni univoche, molto probabilmente a motivo della diversità dei presupposti di impo· stazione.

Scopo di questa comunicazione è quello di individuare i principali cri­teri metodoJogici ai fini della definizione del rischio e di indicare le modalità t•ssenziali di intervento igienistico, tentando una breve analisi critica al riguardo.

Cenni sulla lesività da laser

La caratterizzazione del rischio posto in essere dall'impiego della luce laser riconosce due componenti essenziali: da una parte le proprietà di questa particolare emissione stimolata, costituita da un fascio di luce monocroma­tica, eoerente e collimata, trasportante quantità di t•nergia a livelli anche molto elevati; dali"' altra le proprietà di recezione del danno da parte dei vari ~ubstrati biologici.

L'occhio, per la sua configurazione anatomofunzionale e per il suo com­portamento ottico, è l'organo più vulnerabile nei confronti della luce laser ,. rappre~enta pNtanto, mutando un termine radioprotezionistico corrente, l'organo« critico» per eccellenza.

T nfatti, tale vulnerabilità è connessa alla possibilità di trasmissione dei fasci laser di determinate lunghezze d'onda nel visibile e nel vicino infrarosso attraverso i mezzi trasparenti dell'occhio fino alla retina, nonché al potere

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6R ATTI J)EI. Il CO"''iEGI'IO NAZIONALE DI J(,.JF,NJ; INOUSfHlALt,

rifratti,-o del sistNna diottrico oculare (cornea. acqueo. cristallino, vitreo) ch1• determina una note\·olf' coneentrazionf' della energia incidente su di una piccola zona rctìnica.

La potenzialità lesiva è altresì influenzata dalla correlazi01w tra la durata dell'impulso e l'energia del fascio laser, come avviene in maniera canll·

teristica nei laser pulsati [IJ. In condizioni di esposizione estremamente sfavorevoli (worst case).

'in cui i1 diametro pupillare raggiunge il limite massimo di 7-8 mm e il dia­metro della zona colpita dalla luce laser è molto piccolo, cioè intorno a 10-20 fl• l'energia per unità di superficie può aumentar!:'. per l'azione focalizza· trice dell'occhio anche di un fattore 106 con conseguenze lesive facilmente intuibili (2J.

A seconda dell'energia incidente e delle modalità di esposizione, il danno a carico della retina può variare da una piccola ustione in corrispondenza della zona periferica del fondo, di scarso significato clinico, ad una grave lesione a carico della macula con conseguente perdita dell'acutezza visiva, fino ad emorragie massive e alla estrusione dei tessuti nel vitreo con perdita dell'intero occhio.

Un riferimento d'obbligo adottato dalla maggior parte degli studio.si è il diagramma della trasmissione del sistema diottrico oculare in funzione della lunghezza d'onda definito sperimentalmente da Geeraets e Berry (Fig. l) {3] .

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Fig. l. - Trasmissione deJ sistema diottrico ocu1aR in funzione della lllllghezza d'onda (da Gecraets e Berry [3]).

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RIGHI, VI POFI 69

Dall'esame di tale diagramma risulta che attraverso i mezzi trasparenti dell'occhio sono trasmesse radiazioni laser di lunghezza d'o~da nel visibile (400-700 nm) e nel vicino infrarosso (700-1400 nm); da rilevare anche che la trasmissione ottica supera il 90 % tra i 550 ed i 950 nm, presentando inoltre due picchi nel vicino infrarosso di cui uno molto alto, cioè 80% a 1100 nm, e l'altro piuttosto basso, cioè lO % a 1300 nm.

Una ulteriore componente etiopatogenetica è rappresentata dalla capa• cità di assorbimento da parte dell'epiteHo pigmentato retinico e della coroide dell'energia trasmessa, capacità espressa quantitativamente dal diagramma, anche questo elaborato da Geeraets e Berry (Fig. 2). Da tale diagramma risulta che l'assorbimento, di circa il 75 % in corrispondenza di lunghezze d'onda intorno ai 600 nm, decresce rapidamente per ridursi praticamente a zero tra i 1200 e i 1400 nm.

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Fig. 2. - Percentuale di a!l80rbimento della luce da parte dell'epitelio pigmentato retinico e della coroide del coniglio, della scimmia e dell'uomo (da Geeraets e Berry [3)).

Per lunghezze d'onda al di fuori dell'ambito sinora con&iderato (400-1400 nm), il danno atteso sarà a carico delle strutture oculari più superficiaH quali la cornea, l'iride e il cristallino (Fig. 3) [1J.

Come è noto, cheratiti possono insorgere a seguito di esposizione della cornea a radiazioni ultraviolette la cui maggiore capacità lesiva cade tra lunghezze d'onda comprese tra 210 e 310 nm, cosi pure lesioni comeaH SO•

&nn, 111. Su._. Sa,.it<i (1917) U, 67-84.

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Cmnporturu.-ntt• o!ticu oli fa,·i collimati ìnridenti ,;ull"o,.drin <"llutu·tropP: in aJr,.

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pra'·.,. engono per espo~izioni a radiazioni nel lontano infrarosMl come nel caso della luce laser di lunghezza d'onda di 10.600 nm emessa dai sistemi a co2.

Una ipotesi suggestiva avanzata da Zaret prospetta l'eventualità che da una radiazione incidente di lunghezza d'onda di 694,3 nm del laser a rubino possa generar­si una prima armonica di lunghezza d'ond;t di 347,1 nm a seguito dell'interaziom· del fascio con la struttura cristallina dei granuli

di'l pigmento retinico. In questa evenienza verrebbe a prodursi un contattn non fisiologico della retina con la radiazione ultravioletta cou possibile insor­genza di processi retinitici [4].

Il cristallino risente invece dell'azione catarattogcna di radiazioni nel vicino infrarosso i cui meccanismi fisiopatogenetici non sono peraltrn del tutto chiariti. Un riferimento interessante per l'argomento trattato è rappresentato dal grado di trasparenza della cornea all'infrarosso, pii1 elevato nella fascia tra i 750 e i 1300 nm e praticamente nullo a par tire dai 1900-2000 nm. Per lunghezze d'onda superiori ai 1400 nm tutta l'energia incidente è sostanzialmente assorbita dalla cornea e dall'acqu<'O, mentre oltre i 1900 nm l'assorbimento avvien(' esclusivamentt• a earirn df'lla cornea [5].

Il calore prodotto può propagarsi alle strutture adiacenti. L'aumento della temperatura dell'iride è considerato essere da molti studiosi il momento causale più importante delle opacità lenticolari a seguito dell'esposizione all'infrarosso [6J.

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•ICBI, DI POPI 71

Accanto alla lesività a carico dell'occhio, vanno consiW!rati gli effetti dannosi che il laser può esercitare sulla pelle, poiché è noto che detta radia· zione ~ capace di determinare ustioni superficiali e profonde a seconda soprat· tutto dell'energia del fascio e del grado di pigmentazione cutanea [7].

lndividuasione e registrtuWne dei rischi do laser (primari e associati)

Identificati i fondamentali momenti fisici e fisiopatologici del danno da luce laser, risulterà piuttoeto agevole qualificare il rischio connesso all'im· piego di ciascun sistema (Tab. l).

A titolo esemplificativo, nel caao del laser a elio-neon (632,8 nm) e del laser a rubino (694,3 nm) il danno prevedibile ~ a livello retinico con trasmia· &ione del fucio per ambedue i laser di circa il 95 % e con 888orbimento :Mpet· tivamente del 70 % e del 58 % circa. Anche nel cuo del laser a neodimio (1060 nm) l'eventuale danno interesserà la retina, ma con trumiasione di circa il 50 o/o o con aeaorbimento di circa il 13 %· Per questo laser va però considerata, più che negli altri sistemi, l'eventualità di fenomeni di vaporiz· zazione nel vitreo con conseguente danno meccanico da onde di pressione.

L'impiego di laser ad azoto (337,1 nm) comporterà un rischio di lesione cherato-congiuntivale, come d'altra parte la luce laser emessa da sistemi a C01 (10.600 nm) e situata all'estremo opposto dello spettro considerato.

Laaer a "iodio (1215 nm) proporranno rischi di tipo prevalentemente catarattogeno.

Considerando inoltre il grado di potenzialità lesiva derivante dalla cor. .relazione tra energia del fascio e durata dell'impulso, risulta ad esempio che un laser a neodimio « Q-switched » di energia di 50 J in 30 ns emetterà un fascio di potenza pari a 1,7 GW; lo stesso laser ad energie inferiori, cioè IO J, ma in tempi medi di IO ps con tecniche« mode locW» raggiungerà una potenza media di l TW.

Per la valutazione degli aspetti igienistici risulterà opportuno poter disporre di criteri di registrazione dei dati utili per individuare i rischi pri· mari da luce laser, nonché i rischi associati la cui importanza non va certa· mente sottovalutata. A tale scopo è stata approntata una scheda per l'analisi di sicurezza e di protezione sanitaria dei sistemi laser nella quale sono ap­punto indicati i principali parametri utili ai fini igienistici (Tab. 2) [8].

I parametri relativi ai rischi primari consentono, oltre alla caratteriz· zazione igienistica del sistema laser considerato, anche una elaborazione dosimetrica mediante calcoli proteximetrici o l'utilizzazione di nomogrammi tlerivati.

(}uesto aspetto non è certamente trascurabile ove si considerino, per ((Uanto riguarda la radiazione luer, le difficoltà di una dosimetria strumentale olel tipo « monitoring» abitualmente in uso per le radiazione ionizzanti .

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RIGHI, DI POFl 73

TABELLA 2

Analisi di sicurezza e di protezione sanitaria dei sistemi laser

RISCHI PRIMARI

L Tipo: lJ •tato solido LJ ga~ [J semiconduttori LJ altri

2. Me>:>:O attivo: L.J rubino O neodimio lJ elia-neon L altri

3. Tecnica operativa(*): [] P.Q.S. G P. non Q.S. C.J M.L. [J C. W. [J altre

4. Lungbeo;~<a d'onda 5. Potenza

6. Energia 7. Durata impulso 8. Frequenza impubo

9. Angolo divergen~<a fascio 10. Diametro fascio

11. Distanza ~rsalillio

12. Schennatura ottica U del flll!CÌO lJ del bersaglio

13. Specchi e lenti esterni al sistema

H. Finalità di impiego del sistema

RISCHI ASSOCIATI

L Radiazioni U.V. (tubi di quar~) O lampade di pompaggio Ll tubi) scarica laser C.W.

2. Luce del flash

3. Refri!l;erazione [J con criogenici (~, He, H liquidi) O acqua [J altri

4. Tos8ici volatili !_ ~ vaporizzazione bersa!~;li [J vapori laser C.W. 'L l gas da refri·

geranti crio!'lenici D altri

5. Elettrieità U banchi condensatori [_j generatori alta ten&ione [J raggi X (tubi rettificatori alta tensione, oltre 15 KV)

(•) P.Q.S. (pul .. l<> Q-owitoh•d)1 P. oon Q.S. (puhato noo Q-•witch•d); M. L. (modo locl<•d); C. W. (onda continua).

In merito alle varie voci relative ai rischi associati, particolare im­portanza assume ai fini igienistici quella corrispondente ai« tossici volatili».

Un a classificazione utile anche se solamente orientativa è quella pro­posta da MacKeen e coli. [9}sui rischi determinati dalle sostanze che in vario modo accompagnano sistemi laser dalla fabbricazione al funziona­mento.

.1""· /d. Super. s,"<l!i (1977) 13, B7...&&

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ATTI DEL Il CONVEGNO NAZIONALE DI JGIJ,;l'!'F. JNDUSTRIALJ:

La classificazioni:' prevede sei gruppi e precisamentf':

Gruppo l - materiali relativamente innocui:

argon (Ar), elio (He), xenon (Xe), krypton (Kr). neon (Ne), azoto (N2), anidride carbonica (C02) esafluoruro di zolfo (SF8), idrocarburi fluorurati (FC-25, FC-75), magnesio (come Mg++), ossido di alluminio (A~08), gallio (Ga).

Gruppo 2 - sostanze esplosive o infiammabili:

acetone, nitrobenzene, toluolo, xilolo, benzolo deuterato, alcool metilico, propilico e butilico; piridina, cicloesano, naftalina in polvere, deu­terio, idrogeno, ossigeno, etere etilico, vapori di iodio con ammoniaca o ace­tilene, ozono, polistirolo espanso o materie plastiche simili s~~ usate con N2

o He liquidi, N2-liquido in contenitori aperti.

Gruppo 3 - irritanti degli occhi e delle vie aeree:

terre rare; disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), neodimio (Nd), praseodimio (Pr), samario (Sm), tulio (Tm), terbio (Tb), ittrio (Y), itterbio (Yh); alcool metilico, polvere di A403, composti di bario, trifluoruro di boro, alcool etilico, acetone, molih­deno, silicio, carburo di silicio (carborundum), stirenf" monomero, tellurio, acrilati, teflon, toluolo, xilolo, zolfo, acrilonitrili, ossido di Zn, cloruro di vini­lidenc, piperidina al riscaldamento, stagno, TT A plastiche. ozono, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, cloroformio, formaldeide, acrilonitrili, piridina, cromo, antimonio, ammoniaca, berillio (dai refrattari), nichel, fosfina, stibina, sele­nio, bromo, cloro, iodio, acido fluoridrico.

Gruppo 4 - agenti asfissianti:

ossido di carbonio, cianuri, solfuri, acrilonitrili, siliconi riscaldati 80pra 200 oc.

Gruppo 5 - veleni delle proteine:

manganese (Mn) e composti, indio (In) antimonio (Sb) e composti. bario (Ba) e composti, composti di nichel, piombo (Ph) e composti, arsenico (A~>), mercurio (Hg), selenio (S(') e composti, tellurio (Te) e composti.

Gruppo 6 - materiali dannosi per il sistema emopoietico e per il fegato:

cicloesano, toluolo, nitrohenzolo, xilolo, toluidina, acido Ruoridrico.

In merito alle modalità di contaminazione dell'aria. le fonti di inqui­•amento da sistema laser possono essere dirette c indiretti" [10]. Le prime derivano dall'impatto del fascio laser su di una sostanza bersaglio. Le seconde l'lono connesse alla fabbricazione, alla manutenzione e al normale impiego del laser e dei suoi componenti accessori.

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RIGHI, lll POFI 75

L 'inquinamento da causa diretta varia naturalmel\te con il tipo di laser considerato. Laser a sem.iconduttori, così come luer a gas di bassa energia possono essere respom~abili soltanto di una modesta contaminazione. Laser continui di elevata potenza, come quelli a C01 hanno invece una notevole capacità di inquinamento ambientale.

Infatti, in base alla densità di potenza utilizzata e alla capacità di assor• bimento del substrato colpito, il fascio può facilmente fondere, vaporizzare e brociare una notevole gamma di materiali. Inoltre, si pongono in tal caso i problemi igienistici confrontabili con quelli della saldatura e dell'impiego della torcia al piuma a motivo della produzione di sostanze intermedie quali i vapori nitrosi e l'ozono.

Anche i laser pulsati a rubino e a neodim.io possono rappresentare una importante fonte di inquinamento con modalità dirette, soprattutto se impie­gati con tecniche operative Q-switcMd. Dall'impatto vengono a prodursi sostanze allo stato gassoso e materiali particolati che rappresentano la maggior fonte di contaminazione.

Materiali tipici che si liberano nelle operazioni di tipo industriale con laser pulsati sono carbonio (come diamante), corindone, ferro, alluminio, titanio, tungsteno, zirconio, piombo, bronzo, cadmio, colombio, nickel, rame e oro.

Particolare attenzione richiedono il berillio con i suoi composti e le so­stanze radioattive soprattutto in occasione di operazioni di taglio e quando questi materiali costituiscono il bersaglio del laser.

Tra le principali sostanze reBponsabili della contaminazione dell'aria per via indiretta vanno annoverati il benzolo, il toluolo, lo xilolo, il solfuro di carbonio, il tetracloruro di carbonio, il cicloesano, il nitrobenzene e la piridina. Inoltre, possono rappresentare una fonte indiretta di inquinamento i gas da refrigeranti criogenici (elio e azoto), il mercurio, il cloro, l'ozono e, come già visto, numerose altre sostanze.

Da considerare infine che in Beguito ad una eventuale rottura di un sistema laser a gas in continua possono liberarsi nell'ambiente sostanze tossiche come doruri, bromuri, piombo, mercurio, ossido di carbonio e acido cianidrico.

Il problema igienistico posto dai« tossici volatili» da laser non raggiun­ge probabilmente indici di elevata pericolosità tenuto conto in particolare delle quantità in genere non eccessive in giuoco. Tuttavia, i vari aspetti del problema meritano una corretta puntualizzazione e adeguati interventi che, :-~ia pure in assenza sinora di patologia umana accertata, esperimenti su ani· mali confermano come opportuni.

Soglia minima di llanno e valori limite

Come per i tossici volatili, anche per la luce laser prodotta con le varie tecniche sono disponibili valori limite proposti da numerose Organizzazioni r1uali American Conference Governmental Indu.~trial H.rgienisu (ACGIH),

_\nn. 1<1. S"l"'· Sanità (1U77) 13, 67-84

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ATTI DEL Il CO!'iVEGNO NA,ZJO~Al.E DI IGit:NE INDUSTIIIAJ,(

US Air Force (USAF), US NatJy, US Army, Ameriran National Standard,, lnstitule (ANSI), Laser Safet.'· Conference, ecc.

Tenuto conto della natura particolare della noxa appare opportuno formu­lare qualche considerazione al riguardo.

N ella definizione quantitativa del fattore di sicurezza un grande sforzo sperimentale è stato compiuto per la individuazione la più corretta possihilt· della soglia di danno intesa come« minima/ reactive dose (MRJJ)» [11].

La maggior parte degli studiosi ha adottato il criterio pratico di tii)D morfologico di considerare la soglia di danno come la densità di energia o di potenza capace di determinare la più piccola lesione oftalmoscopicamente rilevabih· dopo un intervallo di tempo prefissato dall'esposizione [12].

l tempi generalmente prescelti dai vari AA. sono di 5, 10 e 60 minuti con una preferenza per quest'ultimo intervallo ( « one--hour lesion criteria»). A tale proposito va tuttavia osservato che latenze più protratte (24-64 ore) riducono la soglia di circa un fattore 3 rispetto a quella relativa alla lesion1~ immediata [13].

Qualche difficoltà proviene. inoltre dalla determinazione dell'immagine retinica minima ( « minimal spot») quale espressione della massima concen· trazione del fascio a motivo delle limitazioni dell'occhio come strumento ottico (per aberrazione cromatica, per difetti di rifrazione, ecc.).

In ogni modo il diametro dell'immagine retinica minima risulta situahile con notevole probabilità tra i 20 e i 40 IL• anche se alcuni AA. ipotizzano in condizioni di « worst case» e con una diffrazione molto limitata un dia­metro di 5 IL [14].

Un ulteriore parametro da considerare è rappresentato dalla correlazione tra grandezza dell'immagine retinica, tempo di esposizione e soglia di danno (Fig. 4). Infatti, per tempi superiori a 100 iJ.S la soglia di danno, espressa come densità di potenza, è tanto più bassa quanto più grandf' è il diametro dell'immagine [15].

Per tempi inferiori la soglia non è più funzione della grandezza della immagine retinica, e ciò pertanto il rispetto o meno di tale correlazione comporterà una diversa definizione del fattore di sicurezza, contribuendo a spiegare la diversità esistente tra i valori limite proposti da alcune orga~ nizzazioni (ACGIH, USAF, ecc.) (6].

Fattori di correzione sono anche connessi alla variabilità dì specie e alla variabilità di struttura (11]. Nel primo caso merita precisare che la retina umana è più resistente di quella dci coniglio e del macacu.~ rhesus, ambeduf' comunemente impiegati in esperimenti laser. Nel secondo caso è noÌo che la fovea è più vulnerabile alla luce laser della zona para ed extramaculare di un fattore 2-2,5 determinato sperimentalmente.

La scelta infine di criteri di va1utazione del danno diversi da quello morfologico potrebbe comportare una ulteriore riduzione della relativa soglia,

A"'" !st. s.,rer. SonHò (1U77) 13, 57...;;4

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RIGHI, JH POFI

come sembrano dimostrare osservazioni di elettrofisiologi~t, istologia e biochi­mica in base alla quali è stata posta in evidenza una soglia a liveUi inferiori dal25 al 50% rispetto a quelli necessari per ottenere la minima lesione visibile.

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Fig. 4. - Den!ità di potenza alla retina necessaria per provocare la più piccola lesione oftalmoscopicamente rilevahile (da Clarke e coli. [151).

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Questi brevi cenni sui problemi della lesività da laser hanno appunto lo scopo di indicare alcune delle motivazioni della non univocità dei livelli igienistici proposti da numerose organizzazioni, circa 20, sia pubbliche che private [6].

Tra i livelli più comunemente usati vanno annoverati certamente i « Threshold Limit Values (TLV)» dell'ACGIH, livelli riferiti ad un'ampia regione spettrale, espressi come densità di energia e di potenza incidente sulla cornea in tempi opportuni e suddivisi a seconda delle modalità di esposizione (visione entro il fascio, riflessione diffusa o sorgente estesa) [16]. L'ACGIH ha predisposto inoltre valori limite per l'esposizione della pelle.

Controlli igienistici ambientali e individuali

Per quanto concerne i controlli igienistici ambientali e individuali meri­ta ricordare che l'ANSI, per i compiti di normalizzazione che gli sono propri e per l'esigenza di univocità avvertita in questo particolare settore, ha recen­temente proposto una classificazione operativa dei laser e dei relativi inter-

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ATTI Di:L li COXV.:GNO l'o"AZIONALE DI IGIENE 11\lllU~THUI.}

venti di protezione, basata suUa capacità del fascio primario o del fascio riflesso a causare un dannn a carico dell'occhio o della cute [5].

Secondo detta classificazione i laser di prima classe sono quelli non 111

grado di produrre livelli dannosi di irradiazione e pertanto non neccssitann di sorveglianza fisica c medica. Per i fasci dei laser di seconda classe (sistemi di hassa potenza) è consentita la visione diretta in condizioni di esposizioiH· accuratamente controllate. 1 laser di terza classe (sistemi di potenza inter­media) richiedono interventi per evitare la visione del fascio diretto. Pt•r i

laser di quarta classe (sistemi di alta potenza) sono necessari interventi volti ad impedirt• l'esposizione dell'occhio e della pelle al fascio diretto ejo riftessu. La quinta classe comprende laser deUa seconda, terza e quarta classe conlt•­nuti in alloggiamenti protettivi e operanti in maniera tale da non pott"r produrre radiazioni a livelli dannosi.

La sorveglianza medica è prevista per il personale addetto ai laser di tt~rza e quarta classe.

Per quanto riguarda le misure igienistiche ambientali [17], una illumina· zione di buon livello consentirà di ridurre al minimo il diametro pupillarr­realizzando un buon meccanismo di difesa.

La tintcggiatura delle pareti c dei soffitti con vernici opache costituirà una adatta sup(1:iìcie assorbente; in particolare la verniciatura in nero della zona di impatto favorirà l'assorbimento del fascio ed eviterà le riflessioni, mentre la tinteggiatura chiara dellt> restanti zone potenzierà il grado di illuminaziom' ambientaltl.

Dovrà essere assicurata in genere una adeguata ventilazione per sopp~­rirc ad eventuali inquinamenti ambientali dovuti alle sostanze in precedenza indicate. Dovranno essere eliminate le superfici riflettenti spuric quali mani­glie, vetri, piani di lavoro lucidi, bottiglie, ecc. Le finestre e le porte a vetri dovranno essere coperte da tende di asbesto o di panno nero.

Nel caso di laser pulsati le aree opt'rativ~·, da considerare praticament1· come un poligono sui generis, comprenderanno di norma locali ben deli­mitati, contr~sscgnati da appositi cartelli e da segnali luminosi e provvisti di impianto di preavviso acustico (Fig. 5).

Le modalità operative di funzionamento dci sistemi laser di potenza pnn-edono generalmente dispositivi remotizzati di telecomando delle appa­recchiature elettriche c sistemi di osservazione tclcvisi\'a a circuito chiuso.

Un cenno particolare meritano anche i laser a elio-neon in continuo in quanto molto spesso gli utilizzatori possono essere indotti a sottovalutare il rischio sia per la piccola mole delle apparecchiature, sia per la facilità del loro impiego. A tale proposito va precisato che l'osservazione diretta per tempi anche bre"i del fascio di un laser a elio-neon di bassa potenza (frazioni di m W) può comportare livelli di potenza specifica sull'occhio ben superiori a quelli considerati sicuri.

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Fig. 5. - Sehema di UD impianto IBIIer $perimentale di alta potenn in condizioni di $ieorezn.

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Come misura protezionistica supplementare il penonale addetto ai laser avrà in dotazione occhiali protettivi di vetro dicroico con densità ottica (D.O.) tale da filtrare una stretta banda di lunghezze d'onda.

Nel caso particolare di laser con emissione nel rosso e nell'infrarosso nmgono impiegati vetri BG 18 che, oltre ad una D.O. appropriata, presentano una resistenza dichiarata fino a 60 Jfcm2; l'aggiunta di vetri BG 38 viene a potenziare la resistenza all'impatto con il fascio fino a 200 J/cm2

• Come misure protettive della cute vengono generalmente usati guanti di pelle o di panno nero e coperture di feltro.

Per quanto riguarda le disposizioni di legge che è necessario co011iderare ai fini della tutela sanitaria del personale esposto al rischio da laser, va ricor­rlato che le« norme generali per l'igiene del lavoro» (D.P.R. 19 marzo 1956,

.il!lt, lot. Suf"T. 8anil<> (1977) Il, ~7--lj4

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"" 11. 303) dispongono per i lavoratori addetti alle« applieazioui industriali d1•Ì

raggi ultravioletti e infrarossi», visite pr•wenti,-e, visite periodiche semestrali •· « unu ùsita immt~diata quando !"operaio denunci o presenti segni patolog-it>i sospetti».

Mentre è possihil•~, mediante uua interpretazione più t:>stensiva, compre!l­

den· nelJ'obhligo di legge il personak addetto ai laser con emission•· nel­l'infrarosso e nell'ultravioletto, talt• o)JJ,Jig-o risulta nnn sussistere per il per­sunale che opera con laser aventi spettri di emissiolH' nel visihilt:.

Tuttavia, sul piano di attuazione pratica vanno scelti criteri che tcmlauo a conciliare detti presupposti normativi con le efi'ettivt: esigenze di sorve­glianza medica, ond~~ evitare peraltro squilibri protezionistici tra rischi di analoga potenzialità. A tale scopo possono essere sostanzialmente considerati i regimi di energia realizzabili nelle aree operative laser, i livelli di sicurezza e l'abitualità del lavoro.

In base a. q!fes~i critu.i,.è possibile individuare le persone che in una zona operativa delimitata effettuano abitualmente un lavoro che espone al pericolo derivante dalle radiazioni laser di energia superiore ai livelli che, allo stato attuale delle cognizioni, assicurano un sufficiente margine di sicurezza.

Per il personale così classificato vanno disposti, oltre alle visite preventive, accertamenti con periodicità semestrale e, ove necessario, controlli straor· dinari.

Il criterio di frequenza semestrale trova riscontro nel D.P.R. citato e consente inoltre di raccogliere dati di indubbio interesse clinic~statistico

sulle persone che sono maggionnente esposte ad un rischio di recente inseri· mento nell'ambito professionale.

Tuttavia, quando sarà possibile disporre di sufficienti dati clinici e di riferimenti protezionistici di maggior concretezza, l'intervallo degli aecer· tamenti periodici potrà essere opportunamente ampliato. Per le persone invece che impiegano apparecchiature che in qualsivoglia condizione operativa non superino i livelli di sicurezza, gli accertamenti possono essere più distan· ziati e in taluni casi possono risultare anche non necessari,

Un gruppo« critico» sui piano protezionistico è rappresentato dal perso· naie che utilizza occasionalmente o saltuariamente apparecchiature laser di energia o potenza elevate. Per questo gruppo si può cautelativamente presu­mere un rischio di grado non lieve soprattutto a motivo della possibile minore familiarità con le procedure di sicurezza e a causa di una eventuale minore confidenza operativa con la strumentazione laser.

Può essere pertanto ragionevole assimilare ai fini protezionistici questa categoria di rischio a quella a rischio abituale precedentemente definita ed attuare di conseguenza criteri univoci di sorveglianza medica. Tale impo· stazione coincide peraltro nelle linee generali con i criteri indicati dall'ANSI Z 136.1 nel 1973.

.,!""· /8(, Suptr. 8a11ilà (1977) 13, 67-84

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RIGIU, DI POFI 81

Nella esposrzrone professionale al rischio da laser t'accertamento di maggiore importanza è indubbiamente rappresentato dalla visita oculistica che dovrà comprendere, tra l'altro, l'esam_e dell'acutezza visiva, del campo visivo, della sensibilità cromatica e del foD.do, nonché la biomicroscopia con la lampada a fesswa. La retinografia, soprattutto se a colori, costituirà una interessante integrazione della documentazione clinica.

Per quanto concerne i criteri di idoneità, si fa presente indicativa­mente che presso i Laboratori di Loa AlamOfl (Università di California) si raccomanda di escludere dal lavoro continuativo con laser le persone con visione monoculare, e precisamente con un visu.& inferiore ai 2fl0 in uno dei due occhi [18].

Di fondamentale importanza clinico-statistica sono i dati rilevati da Zaret in base ai controlli oculistici effettuati per un lungo periodo di tempo su di una vasta popolazione lavorativa esposta in maniera continuativa a sorgenti di luce di intensità elevata [19].

Secondo tali os11ervazioni l'incidenza di ustioni retiniche accidentali era pari all'l %; un ulteriore l o/o presentava alterazioni retiniche caratte• rizzate da piccoli addensamenti di pigmento (« melanomata »). Tale altera­zione, la cui insorgenza è in genere molto graduale, può avere l'aspetto di un nevo coroidale oppure di una isolata area di iperpigmentazione in cor· rispondenza dell'epitelio pigmentato retinico.

Inoltre, è stato osservato che nella popolazione nel suo insieme è possi­bile riscontrare occasionalmente una colorazione nerastra della macula che appare pertanto iperpigmentata. La macula può altresì presentare come reperto occasionale piccole aree di depigmentazione di circa 50-100 fL di diametro.

In passato non è stato mai attribuito significato patologico a tali alte­razioni, poiché le stesse non si accompagnano ad apprezzabili menomazioni della funzione vi11iva. Orbene, nei soggetti sottoposti a controlli oculistici per esposizione professionale a sorgenti di luce di intensità elevata, le sud­dette alterazioni presentavano una incidenza circa dieci volte superiore aUa loro frequenza« naturale». Secondo Zaret (19] tali reperti oftalmologici sono ricollegabili a forme frustre di fotoretinite maculare.

Questi rilievi clinico-statistici meritano una particolare attenzione io quanto indicano l'esigenza di una corretta sorveglianza oculistica in un am­bito di rischio non ancora adeguatamente definito.

Conclusioni

I riferimenti e i criteri di ordine fisico e fisiopatologico in precedenza rliscussi consentono di individuare in maniera sostanzialmente agevole gli aspetti qualitativi e quantitativi del rischio da laser, soprattutto nei confronti dell'organo critico rappresentato dall'occhio. Inoltre appare utile sottolineare

.1>111. Jsf. Sup ... Sanild (197?) !), 67-84;

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8:.'

come accanto ai problemi igienistici propri della luet> laser, sussistano qudli connessi allu eventuale liberazione di tossici volatili che costituiscono u11 et~rogeneo e non esiguo raggruppamento di snstanzf' e materiali.

Risulta peraltro prudente considerare ancora come non dcfinitiù i valori limite attualmente disJlonibili in quanto i Jlresupposti hiolo~ici da cui essi derivano necessitano di ulteriori verifiche e conferme.

Si vuole richiamare infine rattenzione sul fatto chf', mentre per le strut· ture pulsate soprattutto di potenza elevata, è previsto un rigoroso rituali" igienistieo. nd caso invece di piccoli sistemi in continua (p. es. laser a elin· neon) destinati ad una maggiore diffusione è possibile ipotizzare una tendenza alla scarsa osservanza delle relative norme igienistichc. Ciò è particolarmenll" importante ove si consideri che apparecchiature del genere possono trovarl" utenza anche al di fuori degli ambienti di lavoro, trasferendo quindi il JlW· Lierna igienistico nell'ambito della sanità pubblica.

Riassunto.- Gli AA. dopo aver definito schematicamente il rischio am· hientale da luce laser sulla Lase delle caratteristiche proprie di questa emissioM stiiD~lata e sulla scorta delle proprietà di recezionc del danno da parte del suhstrato biologico, illustrano il comportamento ottico e funzionale dell'oc· chio per dimostrare le modalità lesive che fanno dell'occhio stesso il princi· pale« organo critico» nei confronti della luce laser.

Propongono quindi alcuni criteri per l'analisi e la registrazione dei dati necessari per l'individuazione del rischio.

Espongono le misure di igiene del lavoro da adottare nelle varie condi· zioni di esposizione, commentando alcuni aspetti relativi alla ìndividuazionc della soglia minima di danno quale presupposto alla definizione dei valori limite.

Concludono formulando alcune proposte cht consentano di norma· lizzare più univocamente le modalità di protezione igienistica in questo nuovo amhito tecnologico.

Summary (Topics on industriai hygiene in professional exposure to haz· ards by the laser light.). - The AA. outline the environmental hazards by the laser light taking into account the characteristics of this stimuiated emis­sion and the properties of the biological substrate to be damaged.

They illustrate the optical and functionalhehaviour of the eye in order to demonstrale the peculiarities which make it the mosl important « criticai organ» as regards the laser light.

They furthermore propose somf' criteria for the analysis and the regis· tration of the data nccessary to individuate the hazards.

Thcy indicate the industriai hygiene measures to be adoptcd in the dif· ferent exposure conditions and point out some aspects apt to individuate tbc

Ann. Iot • .S~p.!r. Sa111.tà (1977) 13, 67-tlf

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RIGW, DI POFI 83

Ievele for minimal reactive dose from which it is possible to defi.ne the threshold Iimit values.

They conclude with the proposal to normalize as much as possible the rules of hygienistic protection in this new technological field.

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La sorveglianza radiotossicologica del personale professionalmente esposto a rischio di radiocontam.inazione interna in un centro nucleare

C. TESTA e A. DELLE SITE

Servi:tio di MediciM e RlMi.olln&icoWgia, CSN CMaccia, CNEN, S, Maria di Gtileria, Roma

INTRODUZIONE

La radioprotezione in un centro nucleare si occupa della protezione dei lavoratori professionalmente esposti alle radiazioni ionizzanti; la sorveglianza radiotossicologica in particolare ha come scopo finale lo studio della conta­minazione interna da sostanze radioattive. Trattandosi pertanto di un argo­mento assai specifico, questa comunicazione ai limiterà a dare notizie di carattere informativo sulla attività di radiotossicologia del Servizio di Me­dicina e Radiotossicologia del CSN Casaccia del CNEN, senza scendere ad analizzare in dettaglio le varie tecniche utilizzate, per le quali si rimanda alla letteratura specializzata [1-3].

In un centro nucleare vi sono molteplici attività lavorative che possono comportare sia un rischio di irraggiamento esterno (neutroni, radiazioni gamma o X), che un rischio di contaminazione interna con sostanze radio­attive. f: ben noto che le radiazioni ionizzanti, oltl'e ad un certo limite, possono essere dannose per l'uomo; pertanto alcuni organismi internazionali di radioprotezione [4, 5], così come alcune leggi dello Stato (6], hanno fissato dei valori di dose che non devono essere superati dai singoli lavoratori. Per valutare la dose individuale globale occorre sommare la dose dovuta ad ir­raggiamento esterno con la dose accumulata a seguito di radiocontaminazioni interne (incorporazione di uno o più radionuclidi}. La sorveglianza radio­tossicologica ha appunto come scopo di individuare e determinare la radio­contaminazione interna. In tal caso il radiotossicologo si affianca al fisico sanitario,« esperto qualificato », che può essere considerato come un igienista industriale di tipo nucleare e si affianca altresl al« medico autorizzato», che è un medico del lavoro di tipo nucleare.

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• 8(, ATTI DEf, II CONVEGNO NAZlONAI,f: DI WIEN~; INillTSTRIAU

Radiotossicità dei diversi radionuclidi

lnnanzitutto è interessante fare un confronto, in termini di massa, tra le CMA (Concentrazioni Massime Ammess(•) nell'aria di alcune sostanze tossiche convenzionali e le CMA di akuni isotopi radioattivi. Da tale confronto (TaL. l) appare evidente che, in termini di massa, esist(' un fattore assai elevato tra le concentrazioni permesse nell'aria per i tossici convenzionali e quelle relative alle sostanze radioattive. Ne discende che, in caso di radio­contaminazione interna, lt~ masse coinvolt•· sono estremamente basse e cioè­

dell'ordine del !Lg o talvolta del ng. D'altra parte non tutti i radionuclidi presentano la stessa radiotossicità; ad esempio è più radiotossico il plutonin-· 239 ddl'uranio-235 e questo del tritio (H-3).

TABELLA l

Confronto, in termini di massa, tra le concentrazioni massime ammesae (CMA)

in aria di sostanze tOMiehe e radiotossiche

SOSTANZA

--·------+---Tossici conven~ionali:

HCN

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Radionuclidi (in forma inwluhile)

U-235 . Sr-90 .. Pu-239 . Pu-240 .

f: dunque naturale chiedersi da che cosa dipende il grado di radiotossi­cità dei vari radionuclidi. La risposta non è facile, ma è possibile affermar!' che la radiotossicità di un radionuclide è legata alle proprietà nucleari dt·l radioisotopo (tipo di emissione, tempo di dimezzamento fisico, attività spe­cifica, ecc.) ed al suo comportamento metabolico (tempo di dimezzamento biologico, organo critico, ecc.) e chimico-fisico (natura chimica, solubilità, granulometria, ecc.).

La Tab. 2 può chiarire, come esempio, i motivi dell'alta radiotossicità del plutonio-239.

Ann. Jot.. Supn Sani/ti (1977) 13, &>-9'

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T!:STA, DELLE SITE 87

TABELLA 2

Parametri relativi al plutonio-239 clte ne giU8ti.6cano l'alta rad.iotossicltà

PARAMETRI E VALORI l o.,.,.,....;o,.,;

Tipo di emissione principale: alfa (5,10-5,15 MeV) Alto potere ioniz.zante,

Tempo di dimezzamento fisico T1: 24.360 anni Valore molto elevato.

Tempo di dimezzamento biologico T 10 (osso): 150-200 anni. Va1ore molto elevato (.tto

ritenzione). Escrezione con urine e feci:

qua1che percento Assai scarsa.

Organo critico e massimo accumulo corporeo: } Valori di attività assai bassi e (MPBB): Osso per composti solubili (4.0 nCi) corrispondenti a meno di Polmone per composti insolubili (16 nCi) l ~g di plutonio.

Sulla base dei suddetti parametri i vari radionuclidi sono stati -raggrup­pati in diverse classi di radiotossicità {6]; la sorveglianza radiotossicologica ~ui lavoratori professionalmente esposti dovrà essere tanto più frequente ed accurata quanto maggiore è la radiotossicità del radionuclide o dei radio· nuclidi manipolati (7].

Tecniche per la valutazione delle radiocontaminruioni interne

Conviene a questo punto analizzare le tecniche che vengono utilizzate per la sorveglianza dei lavoratori professionalmente esposti a rischio di radiocontaminazione interna.

Esiste il metodo diretto (Whole Body Counter), che può essere impiegato per tutti i radionuclidi che emettono radiazioni molto energetiche (y, X) e col quale, mediante opportune tarature, è possibile ricavare direttamente l'accumulo corporeo (8, 9]. Presso il CSN Casaccia esiste una apparecchiatura avanzata di questo tipo (8].

Se tuttavia il contaminatore è un alfa o un beta emettitore occorrerà e•~rcare di risalire al contenuto corporeo attraverso un metodo indiretto e cioè analizzando il radionuclide nei: campioni biologici, generalmente nelle urine. Per chiarire questo concetto basterà fa:re un esempio pratico. Il tritio ( H-3) è un radionuclide che emette delle particelle beta a debole energia e ehe non può essere evidenziato in modo diretto. Tuttavia, poiché è possibile

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ATTI DEJ, Il CONVECNO NAZIONALE !Il IGIEN}; INll\ISTI\I,U,.:

mettere in rdazium• l'escrezione urinaria giornaliera di tritio con il contenuto corporeo, si potrà risalire al suddetto contenuto corporeo dalla concentrazione del tritio nelle urine. L'uomo standard emette infatti con le urine delle 24 ore

circa il 3,5 % dell'idrogeno corporeo; basterà pertanto moltiplicare per

~~~ la quantità di tritio trovata nellt~ uriiH' delle 24 ore per risalire al contt>·

nuto corporeo [SJ. Le tecniclw pt~r analizzan- i diversi radionuclidi nelh~ urine e nei cam­

pioni biologici sono molteplici [1-3] e dipendono dal tipo di emissione e dalla natura chimica del radionuclide. 't più facile determinare un gamma emet· titorc, che un beta emettitore, che un alfa emettitore; questi ultimi, che sono tra l'altro i più radiotossici, vanno infatti completamente isolati dal cam­pione biologico prima del conteggio dell'attività alfa mediante apparecchia­ture speciali a basso rumore di fondo (Fig. l c 2).

Fig. L - Apparecchiatura a basso fondo per il conteggio di aJfa emettitori. Da sinistra a destra: stampante, cambiacampioni automatico, scala di conteggio.

Nel corso di 15 anni di attività radiotossicologica al CSN Casaccia sonn state eseguite circa 30.000 analisi radiotossicologiche. La TaL. 3 mostra i radionuclidi ricercati. La maggior parte di queste analisi hanno carattere periodico (generalmente bimestrale) ed altre vengono effettuate solo in casi particolari. Ad esempio se vi sono lavori con rischio di contaminazione da inalazione, è di grande utilità ricercare il radionuclide nel muco nasale [lO] dopo ogni turno di lavoro. In caso di inalazione di composti altamente in­solubili non si trova generalmente alcuna radioattività nelle urine, mentre una grossa frazione della quantità inalata può ritrovarsi nell'escrezione fecale

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sucet~!!SÌ\·a alla ctmtaminazionc; in questi casi sarà opportmH••rin·rean~ l'!tl·

tività escreta in questo tipo di campione per risalire an· accumulo d t•] radio­nuclide nei polmoni [Il].

lJn'analisi radiometrica specialt• in t•il'fl è quella per la rivclazint!t' Jr radionudidi aù alta radiotossicità (plutonio, americio, curio. califim1Ìoj in ferite contaminate [12. 13]. In questo caso occorre individuare al più pn:~to dove è localizzata la contaminaziont~ nella ferita affinché il medico autoriz­zato po;;;sa rapidamente rimuoverla mediantt• toilew• chirurgica prima cho

il radionuclidt• passi in circolo sangui~no e si fissi, spesso iu modo irreversihilo·. nelror~ano critico (osso, fegato). Nella Fig. 3 è mostrata l'apparecchiatura con la sonda per la rivelazione dt>l plutonio e dell'americio in ferite contn-

~.;:;.;-";r>--·-,,. ---____ , '

Fig. 2. - Catena per S(>ettrometria alfa con rivelatore allo stato ~olido. Da sinistra a destra: cameu dì contegp::io, preamplificatorc, vacuo­

metro, stampante, analizzatore a 400 canali,

minate. Nella l'ig. 4 è mostrato un dito su cui è stata eseguita la deconta­minazione mediante toilette chirurgica, dopo che era stata messa in evidenza la presenza di plutonio nella ferita stessa [13].

In caso di gravi contaminazioni interne, evidenziate con le tecniche sopra descritte, il medico autorizzato potrà predisporre le adatte terapie, sommi­nistrando ad esempio al contaminato degli agenti chelanti (EDTA, DTPA) allo scopo di limitare al massimo l'accumulo corporeo [14, 15].

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TESTA., DELLE SITE

Fig. 3. - AppiU'ecchiahu'a per la individuuione e determinazione di plu· tonio e tran$plutonici in ferite contaminate. In alto a sinistra la "onda con il piccolo rivelatore alfa; in buso a destra la sonda Il pistola pet' la rivelazione delle radiuioni X a bassa energill.

Fil!'. 4. - Falsnge di un rlito su cui è ststa praticata una piccola toilette chirurgica in seguito a ferita contaminata da plutonio e da americio.

91

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'1.' AT'I'J l>f:L JJ CO!\VF.GMl NAZIU!'oALE 111 IGIENt, INJJ!'STIOAI.J

COXCLUSIOJ\I

ln conclusione le funzioui del radioto~sicologo in un centro nuckan· sono le sc!!"uenti:

l) collaborare con il fisico sanitario per confermare, mediante i cou­trolli sopra menzionati sulruomo. chf' le condizioni ambientali di lavoro' sono statf' sufii11ientementf'" idonf:<''

2) evidenziare particolari casi di contaminazione interna:

3) valutare il grado della contaminazione interna c la dose. al corpo e ag-li organi critici;

4) affiancar!" il medico autorizzato perché possa adottare le più op­portune misure tcrapeuticbe di decontaminazione.

Riassunto. -Presso il Centro Studi Nucleari della Casaccia il personal1· professionalmente esposto a rischio di contaminazione interna con sostanzE· radioattive vien'"' controllato mediante analisi radiotossicologiche periodich1·. Dal 1962 ad oggi sono state eseguite circa 30.000 analisi di uranio naturale, uranio arricchito, torio, gamma emettitori, plutonio, americio, ecc. m•lle

urint>. In caso di radiocontaminazionc accidentale acuta per inalazimw, ferita, ingestione, devono essere programmate delle indagini speciali su urine, sangue, feci, muco nasale, ecc., i cui risultati possono essere di notevolr aiuto al medico autorizzato per prendere i pii1 opportuni pr~vvedimenti te­r~peutici o per calcolare l'accumulo corporeo,

Summary (Radiotoxicolugical surveillance on the personnel occupationall_,. exposed to a risk of int.ernal radiocontamina,ion in a nuclear centre). - A t thf' Casaccia Nuclear Centre tbe personnel occupationally exposed to a risk of

interna] contamination from radioactive substances ili controlled by meam of periodic radiotoxicological analyses. Ahout 30,000 analyscs of natura! uranium, enriched uranium, thorium, gamma emetters, plutonium, americium, etc. in urine bave been carried out sincc 1962. In thc case of accidental acutf' radiocontamination by inhalation, wound and ingestion, special contro! on urine, hlood, feces, nasal swabs, etc. must be scheduled. The results cau be very useful to the medicai staff in order to take the most suitaLie tbera­peutical measures or to calcolate the body burden.

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