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La tenda di Abramo Pasqua 2009 Periodico di informazione della Parrocchia di Olmi San Floriano TV. Numero 33

Tenda di Abramo 33

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Tenda di Abramo 33

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VITA DI COMUNITÀ

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La tenda di AbramoPasqua2009Periodico di informazione della Parrocchia di Olmi San Floriano TV.

Numero 33

Direttore: don Adelino Bortoluzzi

In redazione: Alessandra Dassie, Alessandro Barzan, Cristina De Matteis, Eva Gattel, Ilaria Frassinella, Laura Susini, Luca Furlan, Marco Borriello, Mariasole Sartori, Nicola Bacchion, Sebiana Gaiotto, Simone Cardin.

Hanno collaborato: Anita Walter, Chino Biscontin, Elena Piovesana, Franca Torresan, Giovanni Bernardi, Guido Tallone, Laura Sartorelli, Monica Marandino, Pino Guidolotti.

via Claudia Augusta, 231048 Olmi

T 0422 892260F 0422 893535

[email protected]@[email protected]

Stampa e fotolito: Europrint srl, via Gramsci 4, Quinto TV

Durante l’ultimo pellegrinaggio in Terra Santa desideravo tanto tornare al Santo Sepolcro perché mi sembrava di intuire che il Signore volesse suggerirmi qual-cosa di molto importante per la mia vita di prete e per quella delle persone che amo. Fui esaudito.

Di buon mattino andai al sepolcro di Gesù. Per una strana coincidenza non c’era nessuno. E il sepolcro era ben “aperto”. Non lo percepii “vuoto” come tante volte avevo immaginato.Entrai e invece del corpo introvabile di Gesù sentii l’emozione di una parola chiara e forte, quasi una voce che mi ripeteva: “Perché vai a cercare tra i morti colui che Dio ha risusci-tato? Lui, Gesù, non è qui, ti precede in Galilea, và lì e lo troverai vivo, entra con entusia-smo nella storia degli uomini perché Lui è là”.

Quel sepolcro aperto diventò in quel momento l’annuncio chiaro che la morte ha subìto una frattura, una sconfitta, che non è più la fine. Un brivido mi passò attraverso tutto il corpo e la paura della morte e l’angoscia che essa provoca, si trasformò in uno stupore affascinante. Mi sembrava di essere amico di quelle donne che di buon mattino sono entra-te al sepolcro per prendersi cura di un defunto e una volta entrate si trovano davanti un uomo (un angelo) che le interpella e, a colmare lo spazio, invece del corpo, scoprono una parola che le spinge via dalla tomba, le libera dalla morte che portano dentro e le apre ad una rinascita, ad una speranza impensabile.Le parole del Vangelo: “Andate a dire ai suoi discepoli che egli li precede in Galilea” le sen-tii quella mattina dette a me, a noi, alla nostra Chiesa.

Tornato a casa, ripensai Olmi come “la Galilea”. Però, questa “Galilea” di Olmi è attraver-sata da un senso di frustrazione, di smarrimento, di paura e di difficoltà. Tutto mi appariva come una macchina operatrice, incagliata e senza una guida. L’ascolto delle angosce dei lavoratori, degli imprenditori, delle famiglie, degli ammalati, degli adolescenti e dei giovani che cercano un futuro, mi riempì di sofferenza e di interro-gativi. Istintivamente ripensai a quel “sepolcro aperto”, a quella Voce “Lui vi precede in Galilea”.

Alla luce di queste parole, interpreto la crisi economica come una crisi globale di umanità, una crisi spirituale senza precedenti. Sembra che quel sepolcro non si sia mai aperto. Mi sono detto: la sofferenza di oggi non è data solo dalla mancanza di lavoro, di soldi, ma dall’incapacità che abbiamo di scommettere sul futuro, di sperare, di credere che si può rinascere ad una vita più bella, più sobria e più autentica per tutti gli uomini. Quel sepol-cro, allora, è aperto anche sulla nostra realtà. Se ci fermeremo alle nuove difficoltà e alle preoccupazioni del presente, ci prenderà la paura e la disperazione. Se, invece, riprende-remo ad ascoltare la voce del Vangelo di Gesù, ritorneremo a sperare, scommetteremo in una nuova rinascita, non avremo paura gli uni degli altri, ricostruiremo nuove reti di appartenenza e solidarietà e scopriremo, infine, che ogni persona ha l’energia necessaria per vivere meglio. Dall’ascolto della Sua Parola, Lui, il Risorto susciterà nuove intelligenze creative, nuovi progetti e nuove responsabilità. Pian piano allora il futuro tornerà a fiorire come quelle margherite ai piedi della vecchia macchina abbandonata e senza una guida.

don Adelino

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BUONA PASQUA ALLA COMUNITÀ

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Un pellegrinaggio in Terra Santa non è una visita guidata nei luoghi bibli-ci, e il compito di chi fa da guida non è il medesimo. In una visita guidata

si tratta di trasmettere ai partecipanti tulle le informazioni, soprattutto di carattere storico, di cui hanno bisogno per comprendere quello che vedono. Un pellegrinaggio, invece, è e deve essere un cammino interiore che ai partecipanti capita di fare man mano che visitano i luoghi santi e vengono accompagnati dalle spiegazioni. Durante una visita il compito della guida è soprattutto di carattere informativo, durante un pellegrinaggio le cose sono più complesse. Senza trascurare le necessarie spiegazioni e informazioni, la guida deve stare attenta

soprattutto a quello che capita alle persone, al loro cammino interiore.

L’impegno comincia già nell’elaborare il pro-gramma, che sia una specie di itinerario del-l’anima, ben ordinato e graduato, con partenza e arrivo, con i passaggi e i ritmi più adatti. Continua poi con tutta una serie di avverti-menti, da dare nella dose e nei momenti giu-sti, per assistere i partecipanti ad assumere gli atteggiamenti, le attenzioni necessarie. Particolare impegno e attenzione comporta il cercare di capire, per quanto è possibile, che cosa sta succedendo alle persone, dai segnali che è possibile cogliere: l’attenzione, il coin-volgimento emotivo, la reazione ad una indica-zione, il grado di raccoglimento e silenziosità,

Nella terradi GesùDopo aver approfondito le lettere pastorali del nostro Vescovo “Adoratori e missionari, la trasmissione della fede in Gesù oggi”, abbiamo deciso un nuovo pellegrinaggio nella terra di Gesù, dopo quelli del 1996 e del 2004. Volevamo rifondarci in una fede più attenta alla Parola di Gesù, in una preghiera profonda di adorazione, per diventare testimoni di Lui nella real-tà quotidiana. Il pellegrinaggio si è svolto dal 5 al 12 settembre 2008 e ha coinvolto 100 persone di cui 82 di Olmi, per lo più giovani e adulti, con la guida di don Chino Biscontin.

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l’immersione nella preghiera, il bisogno di spiegazioni, le confidenze e le condivisioni. Senza trascurare bambini o ragazzi, perché non si sentano messi da parte, e persone che mostrano di non avere una buona esperienza di fede. A volte bisogna rallentare la progres-sione, perché parte del gruppo sembra smar-rirsi, a volte attenuare il programma perché un’altra parte dà segni di non riuscire più a recepire, a volte un colpo d’ala per raggiun-gere chi avanza ma perde il contatto con gli altri, a volte cambiare ritmo e traiettoria per intercettare coloro che si sono allontanati, e così via...

E un’altra fatica consiste nel mettere insieme l’impegno verso gli altri, lo stare attenti e il parlare, e il desiderio di onorare con il cuore e l’anima i posti santi visitati, di dedicare l’at-tenzione a Dio, a Gesù, alla Vergine Santa, con una preghiera profonda, i sentimenti degni, la devozione giusta, senza pretendere poi di poter comunicare quello che vivi, perché deve prevalere il servizio che rendi. E quando, e capita spesso in Terra Santa, la Parola di Dio passa attraverso la tua anima per arrivare ai

partecipanti, dopo che è passata lascia come una ferita fonda, uno svuotamento che ti fa sentire debole e fragile, una solitudine nella quale solo una preghiera umile (per me il rosario) riesce a farti un po’ di compagnia. E ridarti la forza per continuare ancora e ancora, sentendo nell’anima qualcosa dell’af-fetto di Gesù per tutti i compagni di pellegri-naggio, ciascuno con la sua vita, i suoi modi, la sua personalità e storia unici, irripetibili.

Ho letto le testimonianze che vengono qui riportate. Altre, che porto nel cuore, mi sono state confidate durante il pellegrinaggio. Mi pare di assistere ad un miracolo. Quello che pian piano si fa strada in questa vigilia di primavera, vigilia di Pasqua: l’unico sole, nel medesimo terreno, fa sbocciare mille fiori diversi l’uno dall’altro, e tutti insieme lasciano vedere la mano di Gesù che ci ha accompa-gnati.

di don Chino Biscontin

1° giorno Venezia - Tel Aviv. Visita al Monte Carmelo e viaggio verso Nazareth.

2° giorno Grotta dell’Annunciazione; visita alla Casa di San Giuseppe; visita al Santuario di Cana di Galilea e salita al monte Tabor. Visita al paese di Naim e rientro a Nazareth.

3° giorno Visita ai Santuari del Lago di Tiberiade, il Monte delle Beatitudini, Cafarnao e Tabgha. Nel pomeriggio attraversata del Lago di Tiberiade e rientro a Nazareth.

4° giorno Partenza per la Giudea. Visita del Campo dei Pastori, Basilica della Natività e del Caritas Baby Hospital a Betlemme. Proseguo del pellegrinaggio verso Gerusalemme.

5° giorno Betania, visita di Betfage e al Santuario dell’Ascensione. Santuario del Padre Nostro, Dominus Flevit, Grotta del Getsemani, Tomba della Madonna e Santuario del Getsemani.

6° giorno Cenacolino, visita del Muro Occidentale e della Spianata delle Moschee, Santuario della Dormizione di Maria e Cenacolo. Via Crucis, Calvario e Santo Sepolcro.

7° giorno Ein Karim e preghiera al Santuario della Visitazione. Nel pomeriggio visita al sito di Qumran e rientro a Gerusalemme passando per Gerico.

8° giorno Celebrazione della S. Messa al S. Sepolcro e rientro a Venezia.

Le tappe del pellegrinaggio

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Gerusalemme

Betlemme

Gerico

Qumran

HebronMar Morto

Nazaret

Samaria

Giudea

Cana

M Tabor

Betania

Emmaus

C Pastori

AinKarem

Naim

M Carmelo

Tel-Aviv

Tiberiade

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Monte Carmelo

L.P.: Dall’arrivo al monte Carmelo, don Chino ci ha invitati a scendere in pro-fondità senza risalire, a fare proprie le intuizioni che sorgevano nel cammi-no, a vedere le cose con gli occhi del cuore. Il pensiero è andato alla fatica di slegarmi dalla frenesia e dal quoti-diano, all’incapacità di fermarmi ed intimizzarmi con me stesso, con gli altri, con Dio. In questo senso è stata una settimana che mi ha aiutato molto a rallentare la mia corsa per aprirmi all’abbraccio di Gesù che per-dona.

G.S.: “Vieni e guarda”. Al Monte Carmelo, Dio mi ha chiesto di guar-dare verso il mare. All’inizio non riuscivo a vedere nulla perché non intendevo il significato profondo della Sua richiesta ma poi, guardando con più attenzione, capii che mi chiedeva di guardare oltre, di guardare al di là di ciò che conoscevo: dovevo allargare i miei orizzonti come in una continua ricerca.

Nazareth

V.B.: Una volta arrivati a Nazareth, le prime parole di don Chino sono state: “Non siamo qui per una nostra deci-sione, vivere il pellegrinaggio è una chiamata”. Queste parole mi hanno rilassato il cuore e fatto interrogare sulla fragilità e la pochezza dei miei sentimenti. Cambiai premesse ed ini-ziai il pellegrinaggio.

A.B.: Fin dal primo passo all’interno della Basilica dell’Annunciazione, mi sono sentita inondata dal fascino di quella terra e dal carico di significato che porta in sé. Dal mio diario di viaggio:Amore incondizionato, mio Signore.

Ne sono veramente così degna? Posso davvero meritarmelo?Sono tua creatura Signore, mi hai fatta a tua immagine, eppure ho dentro di me la fatica del vedere con i tuoi occhi, con gli occhi del cuore, la fatica del sentire la fiducia che mi spinge verso di te.Perdono gratuito, mio Signore.Perché il tuo amore è così infinito da poter perdonare tutto di me? Ed io sono disposta a lasciarmi per-donare fin nel profondo dell’anima?Tu sai tutto di me, mio Signore.E questo mi dà gioia e tristezza per-ché non riesco a cullare il cuore ogni giorno con parole che solo tu puoi sentire.

“Vieni e guarda”

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A.P.: Nella Basilica dell’Annunciazione davanti alla grotta mi nasceva il desi-derio forte di riuscire a rinnovare ogni giorno quell’ “eccomi” incondizionato di Maria a Dio, senza alcuna resisten-za, alcun orgoglio, senza durezza…Mi chiedevo: “Ma chi sono io per poter decidere di non lasciare spazio nella mia vita a Dio?”. Forse in fondo Dio non c’entra con la mia storia? Forse mi sento onnipo-tente? Decido io cosa mi va bene? Forse la fatica dell’ultimo periodo è più grande proprio a causa di questo.

D.B.: Nella Basilica dell’Annunciazio-ne, sentendo il Vangelo, mi sono chie-sto se sto rispondendo alla chiamata di Dio per me e quali sono i segni pro-fondi che lui mi manda per poter fare la sua volontà… Maria non si fa molte domande quando arriva l’angelo, non si chiede perché sia toccato proprio a lei e non pensa maliziosamente “chi me lo fa fare”; al contrario si abbandona totalmente ad una volontà più grande, a volte difficile da capire proprio per la nostra natura di esseri umani.Allora se apro gli occhi del cuore, vedo e noto tutti i segni che Gesù mi lancia per farmi stare bene e trovare un mio percorso personale, rela-zionale e di coppia. Dio ha dei sogni per me e ciò che sogna e desidera si realizza non soltanto in cielo, ma anche su questa terra! Da qui mi è nata nel cuore una nuova speranza e fiducia; mi sento voluto bene, accolto e stimato per quello che sono... ma Lui non si accontenta perché sa (e me ne sto convincendo anch’io) che posso essere a mia volta un seme di gioia e felicità per le persone che mi stanno accanto.

D.M.: Tra i passi che più mi hanno segnato il cuore, c’è l’omelia della Basilica dell’Annunciazione, innanzi-tutto perché per me è stata un’impor-tantissima scoperta sentirmi chiama-

ta, invitata dal Signore ad essere lì e poter avvicinarmi a Gesù. Don Chino ci ha detto che siamo stati invitati qui in Terra Santa per diven-tare a nostra volta Terra Santa, cioè luogo di passaggio e di presenza del Signore Gesù, perché egli, abitando con il suo Spirito dentro di noi, possa adoperare le nostre parole per espri-mersi e possa adoperare le nostre mani per operare.Adesso, a distanza di tempo, mi rendo conto di quanto questo messaggio sia entrato in me ed abbia portato frutto. È una parola che ho custodito con cura quasi senza accorgermene sia perché il Signore ha preparato il mio cuore durante l’estate (piena di intui-zioni, di scelte, di spinte) e anche per-ché durante il resto del pellegrinaggio ho cercato di seguire don Chino il quale mi ha condotto direttamente alla bontà e alla dolcezza di Gesù e mi ha avvicinato a lui facendo nascere in me il desiderio forte di coltivare altrettanta bontà e dolcezza.

D.M.: Ho sentito particolarmente vici-ni i luoghi di Nazareth e Betlemme

nell’esperienza di due genitori, Giuseppe e Maria, che hanno costrui-to una famiglia sicuramente partico-lare. Ho colto con chiarezza il rispetto e la vicinanza con cui hanno accompagna-to la crescita di un bimbo come Gesù. Ho visto anche come, con autonomia, Gesù si sia svincolato (e sia stato lasciato svincolare) dalla Sua fami-glia riconoscendo il suo essere figlio di Dio e con quanta fermezza abbia seguito ciò che il Padre gli indicava. Tutto questo con l’accompagnamento, la vicinanza e l’affetto rispettoso dei suoi genitori.

E.C.: Alcune parole del Vangelo ed alcune riflessioni di don Chino con-tinuano a riecheggiare nella mia mente:“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me ciò che hai detto.”: queste le parole di Maria all’annun-cio dell’angelo che avrebbe partorito Gesù, il Figlio di Dio... Maria si è affidata a Dio, ha riconosciuto la Sua volontà su di lei, si è fidata. Una fidu-cia incondizionata da parte di questa

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ragazzina di sedici anni che fino ad ora non avevo così chiaramente rea-lizzato e che mi ha fatto riflettere. Io, mi fido di Dio? Mi fido delle persone che Lui ha messo al mio fianco per condividere un pezzo di strada nella vita? Ad essere sincera risponderei “Poco”...dalle cose più piccole alle più importanti...Ti prego Maria, con tutto il cuore, sostienimi ed insegnami ogni giorno ad avere più fiducia negli altri, inse-gnami ad affidarmi di più a Dio, alla Sua volontà e a chi mi sta accanto e mi vuole bene perché io possa scopri-re sempre più la bellezza di condivi-dere me stessa con gli altri...

E.M.: Questo pellegrinaggio in Terra Santa mi è molto piaciuto. I primi giorni sono stato affascinato dall’am-biente che mi circondava, le case, la vegetazione diversa, gli odori e i suoni presenti. Mi è servito un po’ di tempo per ambientarmi: più o meno un paio di giorni. Poi gradualmente si è insi-nuato in me uno spirito pellegrino, ho iniziato a prestare più attenzione alle omelie di Chino, e così mi sono sentito partecipe e itinerante anche col cuore. Mi hanno colpito molto gli esempi che don Chino ha riportato della sua vita e che mi hanno sempre esplica-to bene ciò che voleva dire. Mi sono sentito gradualmente immerso nella vita quotidiana di Gesù, aiutato anche dalla sacralità e testimonianza dei luoghi. Ad esempio, la Basilica dell’Annun-ciazione a Nazareth mi ha dato una sensazione simile alla chiesa di Taizè, per la costruzione nuova e strana nella sua forma, e poi anche per la celebrazione in diverse lingue, fatta durante la processione del venerdì.

E.G.: In quei giorni si sono impresse nella mia mente e continuano ad essere ancora presenti le figure fem-minili della Bibbia incontrate, forse

perché non ho ancora trovato una risposta a una mia domanda: “Che donna voglio essere?”.Nella Basilica dell’Annunciazione, queste parole mi sono risuonate dentro: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Maria si è fidata ciecamente di Dio, senza alcun timore, si è messa ai suoi piedi e si è lasciata trasporta-re, accompagnare; ha lasciato che lo Spirito Santo entrasse in lei. In questi primi mesi di matrimonio mi sento un po’ come Maria, chiamata a essere “serva”, a far sì che avvenga su di me quello che è stato pensato, a cercare

di essere una donna capace di acco-gliere il proprio uomo, di sentire una comunione e un’unità di spirito tra di noi sempre più forte, a far scende-re sempre di più in me quell’amore incondizionato che Dio mi dimostra. In alcuni momenti mi sono sentita come Maria, perché mi sono fidata di alcuni amici, che mi hanno insegnato a guardare dentro e fuori con occhi nuovi, con gli occhi del cuore, facen-domi accorgere della bellezza che avevo ed hanno saputo guarirmi da alcune ferite profonde che mi appe-santivano. Ora tutto questo mi fa dire a gran voce: “…, continua così, conti-nua a tenere le braccia aperte verso l’alto!”

“Ma chi sono io per poter decidere di non lasciare spazio nella mia vita a Dio?”. Forse Dio non c’entra con la mia storia? Forse mi sento onnipo-tente? Decido io cosa mi va bene?

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G.R.: “Siamo andati in Terra Santa per rispondere ad una chiamata. Se ci sono attorno a noi segni concreti che il Signore è interessato proprio alla nostra vita sarebbe presuntuoso impedirgli di operare in noi.”Questo è il primo folgorante concetto che mi ha colpito nella predica di don Chino alla Basilica dell’Annunciazione. Se veramente guardandomi attorno e ascoltando il mio cuore sento, come mi è capitato, di percepire la presenza di Dio, come posso io vivere come se Lui non ci fosse? Come posso condur-re un’esistenza piatta o sregolata ed ignorare i precetti che ci ha lasciato? Questo mi sono chiesta e lì mi sono risposta che avrei dedicato la mia vita a lasciarmi trasformare il cuore per renderlo simile a quello del Signore.L’idea della chiamata mi fa anche riscoprire con gioia sempre nuova che Dio ha pensato un progetto di vita anche per me, che cammino su un sentiero già tracciato nella Sua mente, che non posso smarrirmi e che non devo preoccuparmi più del necessario perché tutto ciò di cui ho bisogno verrà a tempo debito e nella forma migliore.

L.P.: Uno dei temi caldi che mi ero portato in viaggio era quello del servi-zio in parrocchia. Non avevo nessuna idea a riguardo e non sapevo cosa

fare. Rivivere la vicenda di Maria mi ha aiutato molto a discernere quale era la strada da percorrere. Dio infatti le ha chiesto aiuto o, forse meglio, l’ha invitata a collaborare e ad essere parte viva del suo progetto e della sua felicità. Ho sentito che anch’io sono chiamato a fare la mia parte, a rispondere a questo appuntamento. Di certo non nascondo i miei limiti, ma non voglio neanche nascondermi dietro ad essi trasformandoli in per-fette scuse e freni per non mettermi in gioco. Ho come intuito che il mio egoismo e i miei sensi di inadegua-tezza non devono porre limiti in qual-cosa che mi viene chiesto direttamen-te da Dio.

G.S.: “Ecco sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai voluto”.Quando entrai per la prima volta nella Basilica dell’Annunciazione mi misi in ascolto della Parola nella speranza di cogliere qualcosa che mi permet-tesse di individuare questo “scopo”. “L’angelo disse a Maria: Non temere perché hai trovato grazia presso Dio”. E le stesse parole risuonarono in me: “Non temere, il Signore chiede di venire ad abitare nel tuo cuore”. Ecco ciò che aspettavo! Ecco ciò che dovevo fare: aprire il mio cuore a Dio e accogliere Suo Figlio con gioia, fede, fiducia.

L.P.: Ho subito sentito il calore della prima volta che sono stata in questo luogo: un abbraccio rassicurante mi avvolgeva ed il mio cuore tremava di gioia. Maria per me è sempre stata un esempio di donna da seguire: dolce e allo stesso tempo determinata, fedele e allo stesso tempo coraggiosa. Lei e Giuseppe hanno accolto il dono di Gesù senza esitazioni. Guardando questa grotta percepisco la dolcezza con cui Maria si è presa cura di Gesù e la fedeltà di Giuseppe suo sposo nello starle accanto.

M.M.: Ecco le esperienze e le rifles-sioni che sono state significative per me in questo pellegrinaggio. Innanzitutto il ricevere la notizia della mia assunzione (lavorativa) proprio in Terra Santa e proprio a Nazareth. Il Signore si è rivolto personalmente a me e in modo molto vistoso, come se avessi avuto bisogno di un grosso scossone. E’ come se mi avesse detto “il mio silenzio non era distanza, non temere, fidati della mia promessa di esserti fedele, di esserti padre, di esserti accanto, sii docile come Maria, abbi la sua stessa fiducia instancabi-le, perché ciò che ti prometto è gran-de, ti renderà felice e certamente lo manterrò”. Non posso negare che questa notizia ricevuta proprio in questo luogo abbia

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avuto per me anche un significato denso in merito alla chiamata alla maternità. Pur se molto distante fisi-camente, ho sentito mio marito inti-mamente vicino e dentro l’abbraccio benedicente di Dio.

M.M.: Vedere il luogo della nascita e la casa di Nazareth mi ha fatto pensare ad un Gesù simile in tutto e per tutto ai bambini di ogni tempo e luogo. Anche lui, come tutti noi, ha avuto bisogno di essere protetto, di essere ascoltato, capito e amato. Gesù è cresciuto in una famiglia che ha saputo dargli tutto quello che poteva servire per crescere: Maria e Giuseppe gli hanno insegnato la fiducia, la fede nel Dio di Abramo, la bontà e il rispetto per tutti gli uomini. Penso che loro siano stati fondamen-tali nella sua vita e che i loro insegna-menti, insieme a quelli dei suoi nonni Gioacchino e Anna, abbiano aiutato Gesù a capire la sua missione nel mondo ed abbiano aperto il suo cuore ad accettare, un po’ alla volta, quello che Dio Padre gli ha chiesto: testimo-niare al mondo che la vita deve esse-re vissuta con amore.

N.B.: Chi sono io? Che cosa andrò a fare nella mia vita? Qual è la missione che Dio ha voluto per me quando mi ha creato? Erano tutte domande che avevo sentito spesso, la cui risposta mi sembrava scontata, ma sulle quali non avevo mai davvero riflettuto. Ed è proprio la figura di Maria che per prima mi ha portato a riflettere. L’atto di fiducia cieca di una donna giovanis-sima ha superato la naturale paura e l’ha portata a dare la propria vita per compiere la volontà di Dio. E mi sono reso conto di come sento anch’io forte la paura nel prendere in mano le cose, nell’intraprendere una missio-ne. Sentivo in me uno stato di inerzia che mi aveva portato a seguire una scia, senza interrogarmi se il motivo di tutto ciò fosse la fiducia.

Mi sembrava che non stavo nemmeno seguendo la strada ma che in real-tà cercavo di rinviare il momento di intraprenderla.

S.G.: Stare sulla terra di Gesù e cam-minare con lui da Nazareth fino a Gerusalemme, insieme a una comu-nità che lo cerca, mi fa pensare che la Parola di Dio è ancora viva in mezzo a noi e ci parla tutti i giorni.È stata per me una gioia grande poter camminare a Nazareth e ascoltare di nuovo la storia di Maria che ha accolto l’annuncio dell’angelo. Ho letto questa storia alla luce della mia quotidianità e oggi mi ha suscitato sentimenti nuovi: stupore, tenerezza e fiducia. È una provocazione forte a cercare e seguire la volontà che Dio ha su di me. Ho ripensato a me e al mio percorso per diventare una donna adulta, al mio progetto di vita di cop-pia, al mio carattere e alle resistenze che a volte incontro. Mi ha sorpreso Maria che nella sua semplicità è stata capace di accogliere un incarico così importante. Lì davanti alla Grotta del-l’Annunciazione ho desiderato diven-tare come lei: che il mio cuore diventi semplice e buono come il suo, capace di amare, di serbare ogni cosa nel profondo per giungere a fidarsi di Dio fino all’estremo.

V.B.: Sono rimasta sbalordita da un’af-fermazione di don Chino: “ Gesù ha accettato la missione che Dio gli ha affidato, ha accettato il pacchetto completo, una scatola chiusa che ha scartato pazientemente e con pas-sione in trentatré anni.” Anche Maria accettò la proposta che Dio le fece. Era giovane, bella, socialmente inse-rita nel suo clan famigliare e accettò un disegno che riteneva essere più grande di lei, ma piena di gratitudine verso Dio che aveva pensato proprio a lei. Queste cose sono tutte nel mio cuore e mi tengono viva. Mi sto chie-dendo cosa sono in grado di accet-

tare, cosa sto veramente accettando e soprattutto cosa faccio finta di non sentire. Continuo a chiederlo a te, Gesù, continuo a chiederlo a te.

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Monte Tabor

V.B.: Il paesaggio mi colpì subito per la sua diversità, a volte verde ed altre brullo ed arido; subito mi chiesi: “Ma davvero ha vissuto qui il Figlio del Padre, Gesù?”. Una domanda forse stupida, ma che mi tornava frequentemente durante i viaggi in corriera mentre osservavo dal fine-strino il paesaggio. Mi chiesi: “Perché proprio su questa terra così secca e ostile Dio ha mandato il suo unico Figlio?”Una risposta mi è arrivata sul Monte Tabor tramite le parole di Chino: “Se siamo attenti, ciò che è decisivo per la relazione con una persona non è ciò che si vede con gli occhi, ma ciò che si intuisce con gli occhi del cuore. Con gli occhi del cuore la realtà di Gesù acquista una tale forza, una tale solidità che ti pare di vedere pallide le persone che vedi con gli occhi, e soltanto le persone che, con la loro bontà, vanno verso Gesù, cominci a sentirle solide e vederle luminose. E in questo luogo è risuonata la voce: “Questo è mio Figlio, quello che amo, ascoltatelo”.Forse in questo è nascosto il mio pellegrinaggio: smettere di guardare dal finestrino un paesaggio che non è mio ed entrare in una vera e autentica relazione con Gesù. Sento il desiderio di accendere gli occhi del cuore per vedere la bellezza di Gesù, ambisco a diventare una donna solida che rie-sca ad essere luminosa anche per gli altri.

E.C.: “Guardare con gli occhi del cuore” vuol dire non vedere gli altri razionalmente con la testa per ciò che appaiono essere, ma andare al di là di pregiudizi, pensare che anche loro sono persone come me, che anche loro sono figli di Dio e che anche a loro Dio Padre vuol bene per quello

che sono e così dovrei fare anche io per essere figlia di Dio. Sul Monte Tabor, dove Gesù si è tra-sfigurato davanti ai suoi discepoli ed ha insegnato a guardare con il cuore e non con la mente, Ti prego Signore, perché ogni giorno, sempre di più, io riesca ad essere un po’ meno egoista, invidiosa, piena di pregiudizi, raziona-le, perché possa imparare davvero a guardare con gli occhi del cuore come Tu guardi tutti noi, me compresa...

M.P.: Sul monte Tabor, luogo della trasfigurazione di Gesù, ci viene chiesto di vedere con gli occhi del cuore, di cercare di immaginare come doveva essere stare con Gesù, perché questo esercizio cambi i filtri della nostra visione del mondo. Così mi sono ritrovato a subire il fascino di quest’uomo e a cercare di capire a fondo cosa avesse vissuto e cosa fosse venuto ad annunciare, oggi come duemila anni fa.

A.B.: “Abbassa gli occhi verso te stes-so e vedrai che anche tu sei tutto splendente come me”.

Quando ho sentito questa frase, al Monte Tabor, mi sono nati due pen-sieri. Il primo è legato al non sentirsi opachi: non sono una persona grigia, non sono una persona spenta, ma sono viva e splendente e guai a me se non lo penso tutti i giorni, se non lodo Dio e non divento io stessa riflesso di Lui. Il secondo pensiero è legato agli occhi, questo modo di vedere la realtà con gli occhi di Dio e parlare con lui soprattutto usando il cuore. La preghiera più intensa che mi è nata è di essere trasfigurata, elimi-nare tutte le parti grigie di tristezze, solitudini e cattiverie per fare spazio a un sentirsi vivi, splendenti e pieni di energie e per diventare la donna che Dio vuole.

E.G.: Se mi volto indietro nella mia storia vedo una trasfigurazione… Una volta vedevo una persona che non credeva di essere quello che è, che si sentiva sola ed una nullità, sfigata rispetto agli altri e meno intel-ligente. Ora vedo una persona con dei valori sicuri e certi e con una via dritta e sicura da percorrere per arri-

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vare alla meta tanto sognata, capace di avere dei desideri ed abbracciata da una vera comunità con delle per-sone che mi sorreggono camminando assieme a me. Ecco che la relazione con Gesù emer-ge solo quando guardiamo con gli occhi del cuore e quindi illuminati dal Signore. Quando ho saputo guardar-mi dentro per scoprire chi ero e chi potevo diventare, il mio volto è stato illuminato da te, Signore.

Santuario di Cana

L.P.: Arrivata a Cana, al banchetto regale, sento appoggiarsi le mani di Dio sopra il mio capo come nel giorno del nostro matrimonio. Lo Spirito Santo è sceso sopra di noi per mette-re il sigillo di alleanza tra noi e Lui. Spesso mi accorgo che ce lo dimenti-chiamo, non sempre ne siamo consa-pevoli. In questo luogo sento che il senso di abbandono si sta riempiendo, come quelle giare, di un sapore nuovo che non sa di amaro, ma che è dolce.

S. e L.N.: Durante il pellegrinaggio in Terra Santa, abbiamo ricevuto un forte impulso alla vita interiore e spirituale nelle tre dimensioni, ossia quella personale, quella di coppia e quella di famiglia. Abbiamo sentito con intensità la presenza di Gesù che ci cerca, che desidera incontrarci, camminare accanto a noi aprendo i nostri occhi e riscaldando il nostro cuore. Sembrerà forse una cosa scontata, ma è cresciuto in noi il desi-derio di vivere ancor di più la nostra vita quotidiana alla luce del Vangelo, secondo la parola di Gesù, ricercando e riconoscendo nei volti delle persone care, così come nelle persone scono-sciute, il volto e lo sguardo di Gesù stesso che viene a noi, che cerca proprio noi, che ha una parola specia-le proprio per noi… Ci siamo accorti che è rimasta, dentro di noi, la stessa impronta di Gesù che hanno ricevuto sulla via per Emmaus un certo Cleofa e quella che forse era la sua compa-gna…Dal punto di vista della vita familiare: ci siamo ritrovati molto uniti, molto più di quanto pensassimo potesse accadere, e non solo in Terra Santa ma anche a casa; abbiamo due figli

belli “tosti”, degni dei loro genito-ri, che senza tante parole ci hanno trasmesso la loro gioia, il loro stu-pore, la loro sorpresa nello scoprire un mistero, nell’entrare nella terra promessa, nel salire alla città di Dio, nell’incontrare la Presenza. Possiamo dire, con le parole di rabbì Aqiba, che questa esperienza ha contaminato le nostre mani, e questa impronta incancellabile ci ha fatto capire che da sempre siamo stati pensati, da sempre siamo uniti con un legame impalpabile eppure fortissimo.

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Montedelle Beatitudini

L.S.: Arrivata al Monte delle Beatitudini ho capito che il progetto di felicità e gioia che Lui ha per tutti noi, è una promessa che si realizzerà anche se viviamo in un mondo di cat-tiverie, egoismi, solitudini e narcisi-smi. A volte non è facile accettare che Dio mi ama anche se sono così fragile e così poco somigliante a lui, vista la fatica che ogni giorno faccio a volermi bene e a volerlo anche a chi mi sta vicino.

Ma anche qui, nel luogo in cui Gesù ha pronunciato le Beatitudini, ho capi-to che la richiesta di collaborazione di Dio non era terminata: “Sono davvero povera fin dentro lo Spirito? Sono una persona capace di far emergere le qualità positive di chi mi sta accanto? Ho il cuore buono e misericordioso? Sono una persona che prova profon-damente il desiderio dentro di sé di alleviare le sofferenze degli altri?”.In quel momento mi sono sentita ingrata verso Dio perché mi sono resa conto che molte volte non provo nemmeno a chiedermi qual è il suo progetto di vita per me.

Cafarnao

E.P.: Credo che il mio pellegrinaggio si possa riassumere in due momenti forti che rispecchiano l’essenza della presenza di Dio in me in Terra Santa. Il primo momento è a Cafarnao dove don Chino parla dell’amore di Dio attraverso la parabola del figliol pro-digo. Mi stupisco e mi commuovo a sapere quanto è grande quell’amore di Dio non solo verso di me, ma verso ciascuno di noi, qualunque sia la sua provenienza, le sue attitudini, i suoi atteggiamenti, la sua personalità ed il suo rapportarsi con me. I pensieri che sorgono in me in que-sto momento sono di assoluta com-mozione per un Dio che è pronto ad amare sopra ogni cosa, e di questo io non mi sento degno. Ma la cosa più straordinaria è che questo sentimento che è in me è superato anch’esso dal suo amore. È un cane che si man-gia la coda! Alla fine l’unica cosa da fare è arrendersi, abbandonare ogni resistenza e farsi amare da Dio. Per me il farsi amare da Dio si riflette nel dire “Mio Dio, tu mi conosci e conosci i miei limiti e le mie insicurezze, ma prego che il tuo amore sia dono di bontà in me perché io sappia essere riflesso della tua bontà”.

Lago di Tiberiade

M.P.: La visita al lago di Tiberiade, con moltissimi luoghi importanti per la vita di Gesù, ha avuto anch’essa un grande impatto. La bellezza del luogo, come ha aiutato Gesù ad immaginare il regno di Dio, ha aiutato anche me ad entrare nell’idea di un mondo riconciliato con Dio e splendido. Poi il sogno diventa concreto quando comincio a chiedermi: “Cosa posso fare io per aiutare la venuta del regno?”Questa domanda ho voluto affiancarla alle altre due di S. Francesco: “Chi sono io?” e “Chi sei tu, Dio?” per tutti quei momenti in cui mi trovo a fati-care per rimanere in preghiera, per trovare una direzione in molte cose.

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Tabga

E.L.: Continua sempre ad emozionar-mi e a scuotermi, rivivere i gesti di Gesù verso Pietro a Tabga. Gesù affi-da la sua missione e la sua Chiesa a Pietro, dopo che egli lo ha abbando-nato e rinnegato per tre volte, sceglie proprio lui come suo successore; Gesù vede oltre il tradimento: vede nel cuore di Pietro, e lo perdona.Questo gesto mi scuote perché penso a come io amo il mio prossimo e lo perdono, ripenso ai motivi di scontro con chi mi sta accanto.Il salto di qualità che è avvenuto lo devo alla preghiera; le mie insicurez-ze sono state guarite dalla relazione con Dio (quella diretta della preghiera e quella mediata dalle persone che mi stanno accanto). Non mi era più possibile rimanere con il cuore arrab-biato e sfiduciato quando ogni mattina ringraziavo Dio per la grazia di avere una comunità con cui crescere, un lavoro, una casa, per avermi messo accanto mio marito, perché qualun-que ostacolo diventava piccolo e supe-rabile di fronte al dono della nostra relazione e della nostra comunità.

E.P.: Mi ha molto colpito quando don Chino a Tabga ci ha parlato dell’in-contro di Gesù risorto con i suoi discepoli. Anche qui mi scontro con la bontà di Gesù che perdona Pietro,

Campo dei Pastori

L.P.: Nel Campo dei Pastori, i campi di Rut, mi sconvolge la fedeltà di Dio al suo popolo, alle donne. E come con fiducia quelle donne si mettono in cammino alla ricerca di Booz. Si coglie un’infinita fiducia nella volontà di Dio. E sento la potenza che la fiducia ha avuto nel nostro rapporto di coppia. All’inizio c’erano molti scudi di difesa che un po’ alla volta sono andati a cadere per far spazio all’accoglienza e al perdono. Una fiducia che ti fa dire “sono accanto a te sempre; accetto anche i tuoi difetti e le tue sofferen-ze”. In questo momento sto mettendo mano a me stessa e alla mia storia ed il mio cuore non è sempre sereno, a volte è offuscato. Ed è difficile comu-nicare all’altro questa sofferenza. Solo questa fiducia reciproca ci per-mette di andare avanti, senza la paura di sentirsi esclusi dalla vita dell’altro.

ma mi ritrovo anche con la stessa domanda in testa che Gesù ha fatto a Pietro “mi ami più di costoro?” e con il desiderio di poter rispondere con le sue stesse parole “Signore, tu sai tutto, lo sai che ti amo”. Ma questo desiderio va a scontrarsi dentro di me con un disagio simile a quello provato poco prima a Cafarnao. E mi ritrovo a pregare: “Come faccio Signore a dirti che ti amo se mi sento così inadegua-to al tuo amore e sento che più volte ho tradito la tua fiducia e forse la tradirò ancora?”. Il segreto è proprio il desiderio di poter rispondere come Pietro. Ciò può far scaturire un’ener-gia che mi fa continuare la strada che il Signore vuole per me e mi aiuta a scoprirla ed accettarla con fiducia ogni giorno.

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Basilica della Natività

G.S.: Le stesse emozioni che ho pro-vato a Nazareth le ho sentite anche a Betlemme nella Basilica della Natività dove ho vissuto il vero miste-ro del Natale. L’essere stata lì, l’aver visto quella culla dove Gesù è nato mi ha fatto provare una sensazione stra-na e scendendo nella grotta della Natività ho riflettuto molto su come trascorro il giorno di Natale. Ogni anno celebro il Natale in famiglia con i miei parenti, zii e cugini, la tavola imbandita, i regali sotto l’albero… tutto preparato con attenzione. Ma del vero mistero del Natale nes-suno parla. A nessuno interessa sapere che Gesù è nato ed è venuto al mondo per portare il messaggio di Dio. Solo l’atmosfera che ho provato lì mi ha fatto capire quanto il più delle volte ci preoccupiamo esageratamen-te di un semplice pranzo senza tener presente la festività in sé che, come tale, dovrebbe essere celebrata ogni giorno.

M.P.: A Betlemme, nella Grotta della Natività mi trovo a pregare così: “Medito sulla parola di Dio per me oggi, in questo momento della mia vita. Mi chiama a rendere i miei talen-ti nella positività di cui parlava don Chino. Per me come studente, vicino all’ingresso nel mondo del lavoro, è importante il messaggio che porta Gesù, che, come presentato da don Chino, rappresenta la concezione più alta di uomo che mi sono trovato davanti. Prego e affronto la mia pigri-zia, per cambiare”.

G.B.: Il fatto di trovarmi nei luoghi dove è nato Gesù ha fatto emergere in me una serie di sensazioni e sen-timenti difficili da interpretare, ma che mescolano stupore, gioia e timore di fronte al mistero della nascita di

Cristo; come se in quei luoghi fossi rinata in una nuova famiglia, una seconda nascita in cui il Signore ha voluto affidarmi ad una comunità di cristiani. “Nasci di nuovo, vivi con me ed affidati; il mio amore ti protegge-rà, fatti guidare da chi ti ho messo in fianco: Gesù è l’espressione vivente che io sarò sempre con te”.

Caritas Baby Hospital

E.P.: Dopo il pellegrinaggio sto riflet-tendo sulla mia bontà, in riferimento al fatto che la bontà di Dio è superiore a qualsiasi nostra cattiveria. Penso all’amore del Padre per il figlio e mi chiedo quanto io stia cercando di somigliare a Lui in questo e quanto invece lascio fare a Lui... Forse dovrei mettere in pratica le parole della sorella del Caritas Baby Hospital “Se puoi operare bontà, devi farlo”. Non vuol dire che mi viene chiesto un atto di eroismo, lo ha sottolineato anche lei, ma vuol dire probabilmente capire il contesto in cui viviamo, coglierne i bisogni ed esprimere al meglio le nostre capaci-tà per arrivare dove non siamo ancora arrivati, sapendo che “Se Dio ti mette dentro una vocazione, ti dà anche le caratteristiche per raggiungerla”.

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Betania

M.L.: Molti sono stati gli stimoli e i motivi di riflessione, uno mi ha parti-colarmente colpito e su di esso mi sono soffermata a riflettere: la visita di Gesù a Betania, avvenuta dopo la risurrezione di Lazzaro e la relazione di Gesù con Maria che, seduta ai suoi piedi, lo ascoltava. Maria ha la capaci-tà di accogliere, di ascoltare, di lasciare da parte ogni altra preoccu-pazione di facciata, di immagine, per farsi spazio protetto, grembo per una relazione profonda. Maria ha saputo ascoltare e forse Gesù si è fermato con lei non per fare il “Maestro” rac-contandole le “cose del cielo”, ma sentendosi libero di essere l’amico amato e a lei poteva aprire il proprio cuore tormentato, un cuore sofferen-te. Forse accogliere un cuore soffe-rente è un modo molto concreto che le donne hanno per vivere quotidiana-mente “le cose del cielo” e fare la volontà del Padre, senza aver bisogno di parlarne, né tantomeno di teorizza-re. Mi piace da morire il coraggio e la libertà di questa donna anche quando, forte di questa comprensione, di que-sta profonda vicinanza con Gesù sfida le regole del tempo e, probabilmente la sera successiva, compie un gesto considerato inopportuno: nella casa di Simone il lebbroso, durante una cena, Maria versa sul capo e sui piedi

di Gesù una libbra di nardo purissimo, l’olio più prezioso e raffinato: gesto disdicevole che indigna i presenti.

A.B.: “Marta Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta». (Lc 10, 41-42).

Quanta fatica faccio, Signore, a levare le ancore dell’affannarsi per riuscire a fare tutto? Quell’essere perennemen-te concentrata nel guardare l’agenda e temere di non avere il tempo di riuscire a fare tutto? O semplicemen-

te nascondersi dietro a delle piccole sensazioni negative e farle diventare totalizzanti? La prima conseguenza, di solito, è l’agitazione e la perdita dell’unico riferimento che dà serenità e calma: cercare la Parola, leggerla, ruminar-la. Rileggo quella frase e sento una chiamata diretta per me: “Angela Angela perché, invece di pensare troppo, non ti abbandoni alla Parola di Dio, la ascolti e ti lasci trasfigurare? Inizia a sentire che c’è qualcosa di più importante e di più grande che vale la pena essere vissu-to e che ti dona equilibrio, forza, sere-nità e ti spinge verso gli altri”.

L.P.: Nella casa di Maria e Marta a Betania, mi riconosco molto nell’irre-quietezza di Marta. Spesso è più facile “fare” che fermarsi ad ascoltare. A volte per paura, a volte per distra-zione. Maria ha capito la sofferenza di Gesù e si è fermata ad ascoltarlo. Appena prima Gesù aveva pianto su Gerusalemme e soffriva per la cat-tiveria ed il male degli uomini. Gesù ha bisogno che qualcuno lo ascolti e

“Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta”.

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Santuario dell’Ascensione

L.P.: Nel luogo dell’Ascensione di Gesù, questa benedizione si fa ancora più forte. Sento che lo Spirito sta ope-rando nella mia vita. Sta sanando tante sofferenze perché vuole che abbia una vita felice e serena. Non avevo mai pensato che lo Spirito Santo agisse sul nostro mondo dei desideri. Mettere ordine nel mio mondo inte-riore, mi permetterà di mettere pace nel mio passato e mi darà una nuova creatività e spinta per il futuro. E que-sto mettere ordine non è solo la mia volontà, ma la volontà di Dio. È Dio che mi sta cambiando dal di dentro.E mi viene più facile ora dire a Dio “nelle tue mani affido il mio Spirito”.

Maria lo capisce. Non avevo mai colto questa sfumatura. Gesù ha affidato a Maria le sue parole, ha affidato le sue preoccupazioni ad una donna. Questo mi dice che come donna sono chiamata ad essere custode di questo rapporto intimo con Gesù nella pre-ghiera. E questo mi sconvolge perché non credo di essere all’altezza. Quelle giare mezze vuote si stanno riem-piendo di un sentimento nuovo, non più sofferenza, ma benedizione.

C.S.: Mi ha colpito la figura di Maria di Betania per la grande attenzione, stima, dedizione e affetto che ha verso Gesù, comprende il dramma profondo che sta vivendo e si mette ai suoi piedi. Per me Maria diventa un esempio di cosa significhi mettersi in ascolto vero degli altri e delle loro sofferenze, penso all’importanza che assumerà questo per un futuro lavo-ro, ma penso anche alle relazioni tra coetanei e alle difficoltà che abbia-mo nel metterci in atteggiamento di ascolto e di comunicazione profonda. Non posso dimenticarmi che, in un

certo senso, Gesù chiede anche a me di ascoltarlo come ha fatto Maria.

L.S.: Visitando Betania mi sono lascia-ta affascinare dall’esempio di Maria di Betania, un modello di comporta-mento davanti al Signore Gesù, e mi è nata una speranza di cambiamento.L’attenzione delicata attraverso i gesti e il suo stare ai piedi di Gesù, avendo intuito il dramma che aveva nel cuore, esprimono delle qualità che ogni gior-no mi interrogano sul mio modo di stare davanti a Dio e davanti agli altri.

C.D.: Il mio desiderio è quello di assomigliare sempre di più a Maria di Betania che con umiltà e tenerezza si è inginocchiata ai piedi di Gesù per fargli sentire la sua presenza viva in un momento di profonda tristezza, di crescere nell’amore verso e con mio marito, perché diventi fonte di salvezza, di cambiamento e il nostro rapporto generi fecondità. Desidero diventare ogni giorno una donna dal cuore buono.

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Orto degli ulivie Getsemani

A.A.: Arrivato all’Orto degli Ulivi, mi commuove lo stato di angoscia di Gesù uomo che vede il suo messaggio incompreso, fallita la sua missione; le lacrime su Gerusalemme che non comprende, e le lacrime al Getsemani, a poche ore dalla morte.Mi sorprende continuamente il lega-me tra Gesù e Dio, così profondo e vitale da vincere ogni male, addirittu-ra la morte.

C.S.: Nell’Orto degli Ulivi ho visto un Gesù in preda ad un’angoscia da me inimmaginabile, ma umana, tremen-da, reale, aumentata dalla coscienza che avrebbe subito torture atroci, ed anche qui Gesù mi ha stupito: “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”. Mi sono venute in mente le situazioni di disperazione e di sofferenza che vivono alcuni ragazzi di Olmi, mi sono trovata a pregare per loro, perché possano trovare pace e perché chi sta loro vicino possa sperimentare l’abbandono fiducioso nelle braccia di quel Padre che ama i suoi figli e che “vuole che essi vivano”.

L.S.: Arrivando all’Orto degli Ulivi, ho lasciato che le mie emozioni si espri-messero in un pianto libero. Appena mi sono inginocchiata davanti a quella roccia in cui Gesù ha pianto e ha chie-sto ai discepoli di stare lì e vegliare con lui, ho sentito tutta la tenerezza e la compassione verso l’uomo Gesù.Era come se desiderassi di essere lì con lui, per poterlo abbracciare come fa una madre con un bimbo impau-rito. Per la prima volta ho sentito la disperazione dell’uomo Gesù, che è la stessa che lo spinge a desiderare ardentemente di mangiare l’ultima cena con i suoi discepoli per sentirsi affiancato da qualcuno nel momento dell’agonia.

M.B.: Quando siamo stati al Getsemani mi sono inizialmente sentito indegno, indegno di stare lì, su quella roccia dove Gesù è stato abbandonato anche dai suoi discepoli più vicini, e poi sulla croce, lì dove lui ha deciso di donare la sua vita per salvare il mondo, anche per coloro che lo stavano uccidendo.All’inizio non mi sentivo degno, io con tutte le mie lamentele, i miei difet-ti, i miei peccati, come potevo stare lì? Eppure ho capito che con questo mio sentirmi indegno stavo traden-do l’amore di Gesù, stavo buttando all’aria tutto quello che lui aveva fatto,

come se il suo amore non mi toccas-se. No, non è così! Gesù ha dato la sua vita perché io rinasca a nuova vita e, lavato dal suo amore, possa esse-re degno di stare là sotto la croce. Sento ed esprimo queste cose quasi con rabbia perché il sacrificio di Gesù sulla croce è uno dei fulcri del suo messaggio, che io non posso asso-lutamente tradire, perché sarebbe come ucciderlo di nuovo!

D.M.: Il pellegrinaggio mi è servito a fare un po’ il punto sulla situazio-ne che sto vivendo e a trarne alcuni stimoli e prospettive. Questo periodo di vita si caratterizza per una fase di “fatica” familiare, unitamente ad un periodo professionale che si protrae già da un po’ di tempo, in cui una serie di situazioni complesse pare non volgano al termine.Per quanto riguarda la famiglia, visto che siamo ormai al terzo figlio, sap-piamo che è una situazione tempora-nea e che passo passo questa “fatica” lascia spazio alla meraviglia di vedere un bambino fare i primi passi, dire le prime parole, cominciare ad essere autonomo.Per quanto riguarda l’aspetto profes-sionale mai come in questo periodo si è temprata in me la capacità di pazientare e di costruire con tattica e tenacia, passo dopo passo, percorsi

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Cenacolo

D.B.: All’interno del Santo Cenacolo ho provato ad immaginarmi Gesù che spezza il pane per darlo ai suoi disce-poli… In quel gesto i suoi occhi sono pieni di un amore smisurato; quello sguardo che si posa sul mio volto mi disarma, fa cadere tutte le mie bar-riere e lì, finalmente, mi sento libero, amato senza essere giudicato e tutti i miei muri vengono abbattuti perché anche gli altri possano conoscere la bellezza che porto dentro.Piano piano, con molta fatica, mi sto convincendo che non posso respinge-re il suo volere e quindi la mia felicità.

A.P.: Un luogo che mi porto nel cuore è il Cenacolo perché, anche questa volta, il messaggio che parte da quel luogo, pur mettendomi a nudo nella mia miseria, mi ha ridato coraggio e speranza.Mi sono sentito un po’ Pietro, che puntava i piedi rifiutando l’idea di Gesù servo, ma anche un po’ Giuda, per tutte le volte che l’ho tradito. Eppure ho sentito forte la sua voce: “Pace a te!”... Questo saluto rieccheg-gia ancora nel mio cuore.

Tempio

Palazzodi Erode

Cenacolo

GetsemaniEccehomo

Ascensione

Dominus flevit

GERUSALEMME

Cedr

onGolgota

S. Sepolcro

Gesù, che nell’Orto degli Ulivi ha fatto l’esperienza tangibile, concreta, carnale, della paura, del fallimento, della solitudine.

all’interno di situazioni complesse.Non scoraggiarsi, non perdere di vista l’obiettivo, saper scegliere i compagni di viaggio, trovare fonti di ricarica, non estremizzare solo un problema, sono gli ingredienti di questa tempra che si è cristallizzata nel mio vissuto.E anche qui sento la vicinanza con l’uomo Gesù, che nell’Orto degli Ulivi ha fatto l’esperienza tangibile, con-creta, carnale, della paura, del falli-mento, della solitudine. È proprio lì la risposta: Gesù nel momento di massima difficoltà si ritira e prega con tutta l’energia che ha. Ed è ancora e sempre questa la ricetta, anche nei momenti di massi-mo sconforto, fatica, incomprensione, la preghiera è là per farmi con delica-tezza ritrovare quel soffio di vita che viene dall’alto e che sostiene il mio vivere.

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Dormizione di Maria

E.G.: Quando mi sono trovata davanti alla Tomba di Maria ho provato una grande commozione, ho sentito una piccola stretta al cuore e continuavo a ripetere “Oh Madonna Mia” per far sì che il chiasso esterno non svuotasse la mia mente e che la sua immagine rimanesse in me… mi trovavo davanti a lei “Maria e Donna”: donna che è stata capace di amare Dio con tutto il suo cuore, lo ha ascoltato e in questo modo aiutato. Come lei anch’io vorrei accarezzarlo e toccare il suo volto che nell’orto degli Ulivi era triste. Maria, ti ho vista in quel quadro e le mie gambe iniziavano a tremare, avevo quasi paura a mettere giù il mio piede, lo sentivo vacillare. Non era più un piede sicuro e deciso, mi sentivo debole e piccola ai tuoi occhi. Come posso essere una donna capace di amare profondamente le persone e le relazioni che mi circondano? Maria, come posso avere la tua stessa luce, che ha portato fiducia e speranza?

Via Crucis

D.P.: Ho sentito molto forte il dolore e la pietà per Gesù durante la Via Crucis, in una cappelletta dove c’era una statua con Gesù a terra, bloccato dal peso della croce e, sulla volta dipinta, una schiera di angeli col solo viso ritratto che, impotenti, stavano a guardare dal cielo con un’espressione addolorata.

V.B.: Durante la Via Crucis a Gerusalemme c’era tanto rumore,

Basilica del S. Sepolcroe Calvario

F.P.: Mi ha colpito profondamente la basilica del Santo Sepolcro. Un casino pazzesco! E però ho sentito una disponibilità alla preghiera che mi sfuggiva da più di un anno. Baciare la pietra profumata all’ingresso, fermar-mi al Calvario, entrare al Sepolcro, sono state esperienze non razionali, ma fisiche ed emotive, e per questo le sento importanti.

M.A.: Il momento più forte che ricor-do è stato quando abbiamo pregato al Calvario durante la processione con i frati: mi è sembrato di vivere il momento in cui Gesù saliva sul monte stravolto dalle ferite, la fatica e gli insulti, umiliato come il peggiore degli assassini. Per qualche istante ero lì al suo fianco e mi sono profon-damente reso conto che anch’io, a causa dei miei peccati, lo stavo man-dando a crocifiggere. È stata una sen-

tanta confusione intorno. Ma la ten-sione e la disperazione verso quello che stava accadendo non si è interrot-ta dentro di me. Come se fossi stata veramente parte di un evento avvenu-to duemila anni prima.Gesù morivi di nuovo, e chissà quante volte muori ancora anche dentro il mio cuore e quante volte ti appendo alla croce. Lì non potevo fare nulla, desideravo solo essere donna ai piedi della tua croce. Sì, donna come quelle donne. Gesù sono ancora lì, ai piedi della tua croce. Piango molto, mi dispero, e Tu sei oltre, sei il Risorto.Mi chiedi di cambiare, non posso che abbandonarmi a Te.Ho molte difese, riconosco le mie fra-gilità e aggressività.Fatico ad abbandonarle.Ti prego Signore, prendile Tu.Desidero accettare il cambiamento che mi chiedi.Perdona le mie incredulità e le mie miserie.Sono ai piedi della tua croce, Gesù.“Signore, manda il tuo spirito e tutto sarà ricreato.”

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sazione veramente angosciante, ma mentre mi sono sentito tra i colpevoli della morte di Gesù, ho percepito l’immensità di bene che mi vuole Dio. E’ come se Gesù, pur essendo stra-ziato, avesse ancora la dolcezza e la forza di donarmi tutto il suo bene.

D.C.: Immagino di essere sotto alla croce di Gesù, distante perché c’è tanta gente ad assistere. Sono vicino a delle donne che piangono, perché? Non capisco cosa provano queste donne per questa persona, ho sentito narrare di quest’uomo come di uno che ha fatto del bene alle altre per-sone.So anche che assieme a Lui c’erano delle altre persone che lo aiutavano e lo seguivano nel suo cammino, ades-so dove sono? Perché non gli stanno vicino in questo momento?Assisto a questa “esecuzione” con il cuore confuso, con diecimila doman-de. Da una parte provo tenerezza ed ammirazione per Lui, per il fatto che, da quello che ho sentito, va annun-ciando un nuovo modo di vivere, una salvezza nuova; dall’altra provo un sentimento di paura: schierarmi con lui vuol dire essere “diverso”, cambia-re modo di vita, andare contro corren-te, rischiare anche la vita.Io rimango lì ad assistere come uno dei tanti spettatori che assiste a quel-lo che sta accadendo come ad uno spettacolo. Il sentimento che prevale è la paura….e decido, come tutti, di non intervenire per cercare di salvar-lo.Poi, tutto ad un tratto, il suo sguardo che sembra rivolto verso di me mi sconvolge e le sue parole, dette prima di morire, mi penetrano in profondità: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno”. Non capisco, io a lui non ho fatto niente, perché devo essere perdonato? Forse ha capito la mia paura, ha capito il mio silenzio. In fondo, per il fatto di non essere intervenuto, sono complice della sua

condanna a morte. Ma Lui, cosa fa?… Perdona tutti, anche quelli che lo con-dannano a morte. Sono molto confu-so, non riesco a capire fino in fondo l’amore di quest’uomo.Mi nasce la domanda: sono degno di ricevere il Tuo perdono?Sento di aver bisogno di scoprire ancora più in profondità il Tuo perdo-no per imparare ad amare come Tu mi hai amato sacrificando la Tua vita sulla croce. Mi rendo conto che ho bisogno di sentirti più vicino in modo tale da sentirmi amato e più sicuro delle scelte che faccio nella mia vita.Ho vissuto come un grande dono la possibilità di vivere con mia moglie questo pellegrinaggio. Per noi era importante vivere come coppia que-sta esperienza, per fondare di più il nostro matrimonio sulla Parola di Dio e per imparare a trarre maggior forza dalla preghiera.

C.S.: Molte ed intense sono state le emozioni al Santo Sepolcro, forse non sono capace di descriverle e di com-prenderle tutte nemmeno ora, dopo parecchie settimane dal ritorno. Ho pianto ai piedi della croce, pensando alle mie cattiverie, alla sofferenza di Gesù e di chi sta morendo, mi sono sentita incapace di stare lì nel modo giusto e con il cuore troppo arido. Ecco, Gesù mi stupisce ancora... “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” oltre a rivelarmi una bontà infinita, qui come in nessun altro posto mi fa sentire perdonata, riconciliata e amata pur nella mia fra-gilità e nella mia debole fede.

L.P.: Davanti alla croce sul Golgota, ho come intravisto non più la croce ma il crocifisso e forse in questo sta il significato profondo di tutto. La morte non ha nessun significato se non in Cristo, perché in Dio, morto e risor-to, sta la verità che questa vita non è altro che una vita incompiuta che trova invece continuità in Lui e quin-

di nella vita eterna, tappa finale che segue un inevitabile ma temporaneo lutto. Allora in questa nuova ottica la perdita di un paziente non è più scon-fitta ma stimolo a formulare questa preghiera: ...Signore, a te affido que-sta tua creatura, al tuo amore, perché possa trovare finalmente la pace e gioire del tuo volto... Questo forse è il senso profondo e sento che la morte mi fa ancora tanta paura perché, slegata dalla fede in Cristo, è un immenso vuoto. Dio non ci ha pensati per portare sulla schie-na così tanta sofferenza e nemmeno Gesù, nel mostrarsi uomo come noi, è scampato dall’angoscia della morte. Queste riflessioni mi spingono a cercare, a scavare nel profondo, a pregare; per trovare Gesù e con lui la brezza leggera che ti spinge avanti e ti fa volare lontano.

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Santo Sepolcro

G.R.: Entrata al Santo Sepolcro ciò che più mi ha colpito è stato poter toccare la lastra in cui il Signore è stato deposto. Nonostante per una settimana avessi camminato sui suoi passi e percorso le sue strade non avevo mai sentito forte dentro di me la Sua presenza. Ma dopo aver bacia-to la lastra mi è sorta spontanea una preghiera che riporto: “Poter poggiare le mie mani sulla lastra in cui sei stato deposto mi ha emozionato e ha sciolto il mio cuore. Baciando la lastra mi sono sentita come la peccatrice che chinatasi ha lavato, profumato e baciato i tuoi piedi…ti ho sentito lì, presenza viva. Non eri più solo nel mio cuore e nella mia testa, eri una realtà e ho per-cepito la tua umanità e divinità mio Signore. Come può ora la mia vita essere la stessa? Come posso vivere ignorando la tua presenza?”

A.B.: L’emozione più forte che ho sentito è stata all’entrata al Santo Sepolcro. L’ho vissuta come un’attesa, come una cosa talmente grande da non riuscire ancora adesso a codifica-re. Ho avuto la sensazione di entrare nel grembo di Gesù, farmi piccola per

camminare verso di lui e abbracciar-lo. Quando mi sono trovata faccia a faccia con quel blocco di pietra, ho provato un’emozione fortissima, di intimità e di fraternità, un misto di potenza e tenerezza. Mi sono sentita nuda davanti a Lui, senza nessuna difesa, totalmente abbracciata dalla sua Resurrezione. Questa è l’immagine che mi voglio tenere stretta: una relazione con Gesù che mi mette a nudo, che mi mette alla ricerca della verità, dei desideri e delle relazioni sane, del vivere una comunità in maniera attiva e splen-dente.

G.S.: “Mettersi in ginocchio”.Di questo pellegrinaggio servo un ricordo intenso, in particolare ho in mente quei giorni in cui mi sono svegliata all’alba per andare al Santo Sepolcro proprio come fecero Maria di Magdala e Maria di Giacomo il sabato mattina dopo la morte di Gesù.Entrando al Sepolcro sentivo il mio cuore battere forte. Tu-tuum… tu-tuum… sempre più forte… Mi inginocchiai e mi dissi: “Ecco, Signore, il Tuo Amore si fa strada in me!”.

L.P.: Ed eccomi giunta al tuo Santo Sepolcro, ai piedi della tua croce. Appena arrivata l’unica cosa che mi

viene da fare è inginocchiarmi davanti a te in silenzio. Dentro di me nascono due sentimenti contrastanti. Da un lato mi rendo conto che è la cattive-ria degli uomini che ti ha portato a morire in croce. E questo non riesco a capirlo. Non riesco o forse non voglio accettare quanta cattiveria possono avere gli uomini. E poi si fa spazio nel mio cuore un altro sentimento, un sentimento di perdono e di pace. Sento che la tua preghiera mi aiuta a sanare le mie ferite e mi fa dire: “Letizia non sei più sola. Non aver paura perché Io non ti abbandonerò mai”. Quel senso iniziale di abban-dono ha lasciato spazio alla bontà di Dio. In un certo senso mi sono ricon-ciliata con il passato. Di strada da fare ce n’è ancora tanta. Le mani che prima mi sembravano lontane, ora mi stanno accarezzando e rassicurando. Questo pellegrinaggio è stato per me una benedizione.E il mio cuore e la mia preghiera sono andati alle persone importanti che stanno accompagnando e che sono rimaste a casa. In particolare alle famiglie dei nostri amici. E una preghiera mi risuonava nel cuore:“O Signore, in questo luogo Santo, prego per questa famiglia. Fa scendere su di loro la Tua bene-

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dizione. Dona a questo papà corag-gio e determinazione su esempio di Giuseppe; dona a questa mamma dol-cezza e benevolenza come ha avuto Maria; dona a questa creatura una “grotta” ricca di amore e speranza che la sappia cullare.”È questa la preghiera che mi porto nel cuore e che auguro alla nostra famiglia.

M.B.: Una riflessione che è emersa in me al Santo Sepolcro, mentre ero rattristato per non essere riuscito ad entrare era: perché c’era tanta gente, turisti indifferenti a quel luogo, che parlavano, fastidiosi? Mi doman-davo: come fate a stare qui, non vi rendete conto di dove siete? Poi ho pensato alle ultime ore di Gesù, non le avevo mai viste sotto questo punto di vista diverso, mi sono detto che probabilmente anche Gesù è morto nell’indifferenza di molti. Un misto di sofferenza sorda e dolore mi ha preso il cuore, com’è possibile che lui, il più bello dei figli di donna, possa essere trattato così? Poi ho pensato a quelli che passano attraverso la mia indiffe-renza, cui basterebbe un “ciao, “come va”, invece passano…

V.P.: Inginocchiata sul Santo Sepolcro mi è scesa una lacrima: ho senti-to Dio vicino a me, mi sono sentita accolta in un forte abbraccio e ho sentito queste parole: “Non sei da sola, io voglio la tua felicità”. In quel momento ho sentito viva la parola di Dio in me. Mi sono veramente sentita voluta bene, una sensazione indescri-vibile. Mi sono sentita come una figlia tra le braccia del papà. Un papà che conosce le tue sofferenze, che ti vuole bene per come sei e che non spera altro che tu sia felice. Con questi sentimenti sono tornata a casa: i mille pensieri dei primi gior-ni sono tornati con me in Italia, ma la certezza che il Signore è qui con me, ogni giorno e ogni ora, e che non

vuole altro che il mio bene e la mia felicità mi porteranno sicuramente a vivere le fatiche e le sofferenze in un altro modo.

E.G.: Una preghiera è nata in me nel-l’ultimo giorno al Santo Sepolcro:“Signore, Padre buono, tu ci hai accolti, voluti bene, fatti cristiani…Ora in questa tua terra, mi sento come non mai figlia tua, creata, gene-rata da te! Io sono uscita dal grembo di mia madre e i miei genitori mi hanno cresciuta, ma poi qualcosa di più grande è sceso su di me, mi hai plasmata, fatta rinascere a vita nuova. Hai saputo prendere il buono di me e coltivarlo. Ti ringrazio per tutto que-sto, ma ora ti chiedo cosa posso fare io per te, oh mio Signore!Tu hai sofferto, per tre ore, tu sei stato agonizzante appeso alla croce

e ora sono qui di fronte a te, al tuo sepolcro, aspettando la tua resur-rezione; con entusiasmo e gioia sto aspettando di rivederti e che la tua luce possa illuminare il mio volto.Vorrei avere lo stesso sguardo della Maddalena, mentre ti osserva con gli occhi del cuore, con gli occhi di una innamorata quando incontra il suo amato; lei ha saputo seguirti e stare ai tuoi piedi, insegnami così ad aprire il mio cuore e ad accogliere la parola di Dio sopra ogni cosa.

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Vorrei avere lo stesso sguardo della Maddalena, mentre ti osserva con gli occhi del cuore, con gli occhi di una innamorata quando incontra il suo amato...

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Ein Karim

M.M.: Inizialmente le provocazioni di don Chino le sentivo un po’ distanti, un po’ generiche, mi interrogavo, ma allo stesso tempo risuonavano in me come un’eco lontana, come quando si colpisce un’anfora vuota che risuona in modo strano. Quest’anfora ad un certo punto si è riempita di colpo di vino buono quando ad Ein Karim ho ascoltato il salmo 139 e l’ho sentito rivolto a me in modo personalissimo: “sei tu che hai creato le mie viscere, e mi hai tessuto nel seno di mia madre… non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro”. Finalmente mi sono risco-perta figlia di Dio, ho sentito la mia fortissima appartenenza a Lui.

Altre narrazioni

A.B.: La Terra Santa è stato l’invito ad un incontro. Ma forse nell’incontro non c’era linguaggio e non c’erano parole di cui si possa o non si possa udire il suono. Mi rendo conto che sono andato a cercare, forse nel modo sbagliato, un Dio che chiede di intessersi ed impastarsi profonda-mente con il mio essere… desiderio profondo in me… un Dio che fatico a cercare nel quotidiano, che facilmente dimentico. Allora cosa diventa per me la fede? Fidarmi di questo desiderio, cercare di alimentarlo e non lasciarmi andare all’inedia della superficialità cui mi invita la quotidianità del mondo… Dacci oggi il nostro pane quotidiano. E questo significa un lento e minuzio-so lavoro per cambiare me stesso, la mia mente ed il mio cuore ed aprire man mano la vita al vero e pieno incontro con il Signore.

A.B.: Prima della partenza, sul pel-legrinaggio ero un po’ scettica, per il fatto che l’avrei vissuto assieme a persone sconosciute. Poi tutto lo scetticismo è svanito per lasciare spazio alla voglia e all’entusiasmo di approfondire la storia di Cristo e di sentire tutte le emozioni che avvici-nandomi a Lui sarebbero nate.Mi commuove, e a volte è stato fati-coso da gestire, l’amore immenso che mi ha investita, verso le persone e verso la vita, un amore che è luce, contemplazione, pazienza e gioia. Mi ha riempita di coraggio e di speranza vivere la spiritualità con naturalezza, senza paura, così come non facevo da tempo, ingenuamente come cre-dono i bambini quando si avvicinano alla Prima Comunione. Non lo facevo forse perché mi sentivo un pesce fuor d’acqua, perché vivendo una religio-sità profonda temevo di non essere capita. Ora mi rendo conto che non avrei potuto avere fortuna più grande che incontrare chi sente esattamente come me che è a Dio che dobbiamo tornare e a lui dobbiamo tendere noi, gente giovane che ha tutta la vita

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davanti e che decide che il suo cam-mino sia sempre illuminato e protetto da ciò che Lui ci ha insegnato.

A.M.: Arrivata in Terra Santa incan-tata dallo scenario, emozionata nel percorrere i luoghi di Gesù sempre vagheggiati e riemersi all’improvviso, così reali, il mio cuore si è spalan-cato. C’è da dire che l’incanto non avrebbe prodotto poi tanti cambia-menti; se non avessi avuto una guida tanto sensibile e profonda come don Chino, forse non avrei raggiunto i miei obiettivi e sarei rimasta preda delle sensazioni.Il percorso spirituale è stato tanto elevato che ancora dopo mesi vivo la mia rinnovata religiosità, assaporo e comprendo meglio le scritture e i sacramenti. Vivere questo viaggio con gli altri e condividere le scoperte e le emozioni con la famiglia, le mie figlie e la fami-glia di mio fratello, mi ha riempita di gioia, ma anche di speranza. Infine, oggi rifletto sul fatto che tutto ciò non sarebbe stato possibile con altre persone.

C.M.: La terra, la storia, il contesto familiare esteso di Nazareth crea la cornice ove il viaggio, centrato sulla focalizzazione del Cristo, ha inizio. Subito il percorso viene segnato da una Madre, da un grembo materno che accoglie il riflesso della divinità e con la stessa intensità pare accoglier-ci in quel percorso complesso che da Dio arriva fino al cuore di ognuno di noi. È qui che la parentificazione della Divinità diventa gioco familiare. È sempre qui che i ruoli familiari pon-gono il loro mistero. È sempre qui dove un bambino cresce fino all’età adulta, fino al suo svincolo e al suo confronto con il mondo socia-le, con le relazioni concrete che ci riguardano così da vicino. Ed è subito differenza: la parola crea seguaci, crea ambiti positivi, ma anche diffe-

renze contrastanti. È proprio con il potere reggente, con gli scribi e i Farisei che coglia-mo maggiormente la vicinanza della nostra posizione. È proprio a Cafarnao che un Padre misericor-dioso non accoglie soltanto un figliol prodigo, ma invita anche gli altri, il potere, la legge, a far festa intorno al cambiamento, alla conversione. Tutti siamo invitati a cambiare e a crescere all’interno di quel grem-bo divino che sembra circondarci. La focalizzazione sul Cristo diventa sempre più mirata: sono proprio i percorsi femminili che dalla Madre continuano nella Maddalena, in Maria di Magdala, Maria di Betania e Marta; segnano passaggi importanti che dalla Galilea ci portano alla Giudea e ci aprono verso Gerusalemme. In quei pochi chilometri quadrati l’ener-gia cresce, si dirama sulle altre reli-gioni monoteiste. L’attesa perenne del mondo ebraico ci aiuta a cogliere la differenza con la nostra rivelazione. È sul cenacolo che il passaggio dal Padre al Figlio diventa Spirito Santo… l’emozione sale ancora, diventa percettibile… brividi che mi accom-pagnano lungo la Via Crucis verso il Santo Sepolcro. Ed è proprio qui dove avviene il vero cambiamento, la vera rinascita, la Resurrezione.

C.C.: L’invito personale ed intimo a non avere più paura ed avere fiducia in Lui è stato il messaggio che più mi ha fatto sentire accolta nella Sua Terra e che più tengo stretto perché è stata una sensazione di respiro a pieni polmoni. Pensando al mio cam-mino personale e di coppia orientata al matrimonio, ha avuto un effetto molto forte su di me il tema della fiducia. Come è possibile non dare fiducia a chi ti ha voluto a questo mondo e che è sempre e comunque fedele nelle promesse, dalla notte dei tempi? Suo figlio è la fedeltà fatta persona perché è rimasto fedele per

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tutta la sua vita alla sua missione, completamente abbandonato nelle mani del Padre, anche quando non capiva. Io, invece, quando non capi-sco, ho paura e mi allontano da Dio…Sento che in Terra Santa a maggior ragione Dio ha insistito nel chiedere la mia fiducia e insiste sempre dimo-strandosi affidabile ai miei occhi per far sì che io mi convinca ad abban-donarmi, abbassando le mie difese, togliendo scudi e corazza, respingen-do ogni paura, lasciandolo così final-mente comunicare con me. Infine, un aspetto che mi ha sempre stupita pensando alla società di un tempo come a quella di oggi e che in Terra Santa mi ha coinvolto molto, è la delicatezza di Gesù e quindi di Dio verso il mondo femminile. Talmente diverso e per certi aspetti lontano dal mondo e dalla mentalità maschile, quello delle donne Gesù lo riempie di luce, lo mette in prima fila annun-ciando alle donne per prime la venuta del Suo regno, a cominciare da Maria per finire con le donne al sepolcro. Ancora una volta ho sentito un forte senso di riconoscenza verso Dio per questo dono di amore e di attenzione, per il Suo esaltare i doni della femmi-nilità. Più ci penso più mi rendo conto del grosso messaggio che Gesù lancia a noi donne e a quanta responsabilità siamo chiamate nel compito della tra-smissione della fede.

D.B.: Più che intuizioni, da questo mio secondo pellegrinaggio in Terra Santa, mi porto questa provocazione: desidero veramente incontrare Dio?Riconosco che in me Dio ha posto un seme, che ho molte opportunità per coltivarlo e farlo crescere, ma quanto desidero, quanto voglio aprire la porta? Quanto so lasciare spazio a momenti d’incontro personale con Lui?Temo l’aridità della mia preghiera.Mi aiuta ripensare alla figura dei discepoli, di Pietro in particolare.

Pietro ha condiviso tre anni di vita con Gesù, lo ha ospitato in casa sua, gli ha dormito accanto. Lo ha visto gua-rire i malati, accogliere con amore i bambini, dare fiducia ai peccatori. Lo ha visto camminare sul mare e fer-mare la tempesta. Lo ha visto trasfi-gurato e Lo ha riconosciuto Figlio di Dio. Eppure, nel momento più impor-tante, a poche ore dalla crocifissione di Gesù, Pietro ha avuto paura, Lo ha tradito e per tre volte. Perché?Sento che anche per me è un po’così: grazie ai pellegrinaggi in Terra Santa, agli approfondimenti con don Chino e don Firmino, al cammino di preghiera con Adelino e la mia comunità, agli interrogativi di fede che mi pongo con mia moglie sento di conoscere anch’io un po’ Gesù, di condividerne i valori e di cercare di viverli. Ma l’incontro con Lui? In questo mi sento di tradirLo.Sono passate tre settimane dalla risurrezione di Gesù e ritrovo Pietro arrestato, in prigione, sotto il giu-dizio dei sommi sacerdoti. Non ha più paura! Sta rischiando la vita per annunciare il Vangelo, per far sì che tutti possano conoscere Gesù, perché

possano incontrare Dio.

L.P.: La conoscenza che avevo della parola e della figura di Cristo prima del pellegrinaggio era, come mi resi conto dalle parole di don Chino, spa-ventosamente ridotta e lacunosa. Infatti i luoghi che visitammo e le spiegazioni, anche solo quella pretta-mente storica, che di essi don Chino pronunciò, trattavano di fatti che a mala pena avevo sentito nominare. Alla fine del percorso attorno alla figura di Gesù sentii effettivamente che qualcosa dentro di me non anda-va e ne rimasi scosso.Un’altra cosa che mi colpì fu la straordinaria lucidità con cui riuscii a ragionare sulla mia vita, renden-domi conto di molti errori che stavo commettendo e di quale possibile rimedio gli si poteva dare, o di quali prospettive si stavano delineando nel mio futuro.In ogni caso il merito più grande che attribuisco a questo pellegrinaggio è sicuramente la capacità di essere riuscito ad aprirmi gli occhi sulla verità e sull’attualità del messaggio

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cristiano, senza darmi tuttavia delle risposte, ma maturando in me un forte stimolo a cercarle, avendomi fornito le domande e gli strumenti per rispondere ad esse. L’umiltà è sicuramente uno degli strumenti necessari, anche se è uno dei più difficili da ottenere dato che occorre essere molto virtuosi.

R.C.: Ecco i temi che più mi hanno fatto riflettere durante il pellegrinag-gio:La cattiveria degli uomini“Le sofferenze di Gesù parlano della cattiveria dell’uomo: non sono causa-te dalla volontà di Dio”.“La forza è il mezzo più debole per risolvere i problemi di relazione”.“Essere comprensivi, giungere a dei compromessi è più difficile per l’uo-mo”.“Con la forza non cambio dentro le persone”.Queste frasi pronunciate da Chino parlano di Gesù, di come Lui amava. Mi sono interrogata sul mio modo di amare gli altri, ma anche sull’amore che Dio prova verso di me; queste per me sono frasi bellissime e alle quali tendo, ma che non sempre riesco a rispettare.Me ne vergogno. Questo mi ha fatto piangere e ho pregato Dio perché mi aiuti ad essere la persona che Lui vuole, donna che diffonde la Sua parola, che vive per liberare la positi-vità degli altri. Io sento di avere molta positività den-tro di me, di voler impostare la mia vita secondo la parola di Dio, ma nei momenti di crisi è più semplice far emergere l’istinto.Fiducia“Siate come i bambini: abbiate la stessa fiducia che i bambini hanno nei confronti del loro papà, nei confronti di Dio perché sicuri dell’amore che Lui prova verso ognuno di noi”.“Ribadendo la fiducia in Dio, Gesù ha superato la sua angoscia: nelle Tue

mani Signore, sta la mia vita”.“In una relazione la fiducia fa sì che avvenga uno scambio profondo, che si abbattano gli scudi, la paura di essere feriti”.“Dio vuole che ognuno di noi si fidi di Lui; se non ci fidiamo, infatti, noi ele-viamo degli scudi di protezione e lui non può mettere il suo bene in noi”.“La fiducia è il nucleo centrale di ogni rapporto” .Queste frasi, appunto, mi hanno fatto pensare alla mia diffidenza; non mi risulta facile credere che ci possa essere qualcuno che mi può volere bene in modo generoso e grande. Di sicuro quest’esperienza mi ha aiu-tata, mi ha avvicinata a quest’amore così genuino, ma credo che io debba aiutarmi ancora molto attraverso la preghiera; c’è un Papà più grande che mi vuole bene, che mi vuole contenta, che ha dato la sua vita anche per me.Ecco perché voglio che quest’amore entri in me a tal punto da non essere più mendicante di stima, affetto ed attenzioni dagli altri. Ecco perché ho un enorme bisogno di sentirmi amata, ma di un amore sicuro e forte.

Non so bene cosa significhi e come si faccia a capirlo, ma forse il trucco sta nello smettere di pensare con la testa e fare spazio al cuore.

S.B.: Prima di partire non mi sentivo assolutamente pronta per affrontare un’esperienza del genere ma devo dire che c’è voluto veramente poco: l’ambiente e l’atmosfera, il gruppo, la preghiera e soprattutto la meditazio-ne e la riflessione mi hanno aiutata a calarmi in un contesto che inizial-mente non sentivo appartenermi molto. Dopo il primo giorno ho capito che un viaggio simile non mi sarebbe stato per nulla indifferente, perché l’entu-siasmo, lo stupore, l’indipendenza e talvolta la paura mi hanno accompa-gnato per tutta la settimana. Oggi felicemente mi guardo indietro e mi accorgo dell’incredibile cambia-mento interiore che ho fatto, perché senza nessuna pretesa o aspettativa sono riuscita a riflettere e condividere i miei pensieri con assoluta sponta-neità.

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V.A.: Il pellegrinaggio mi ha aperto gli occhi sulla vita di Gesù. Ho scoperto che questa non era come immagina-vo, cioè come un disegno già stabilito da Dio. Pensavo anche che Gesù non avesse una propria libertà di parola e azione, ma che seguisse solo la volontà del Signore. Invece ho capito che ciò che ha fatto, che ha detto e quello che raccontano i Vangeli su di lui sono le decisioni e i pensieri di un uomo che credeva in Dio e aveva fede. Se Gesù, che era anche uomo, tra-sportato dalla fede riusciva a vive-re completamente ogni momento sapendo di agire nel giusto, anche io, se riuscissi a scovare la fede in quel che mi circonda, vivrei pienamente e con serenità. E così tutto ciò che prima di partire ritenevo essenziale e prioritario, ora è diventato parte di qualcosa di più importante: il vivere la mia vita cercando in ogni momento la fede, la certezza di essere nel giu-sto e di amare ciò che mi circonda.Per condurre così il mio percorso di vita, ritengo che sia necessaria la riflessione riguardante la felicità espressa da don Chino: durante la vita è necessario vivere i bei momenti, quelli caratterizzati da un bene genui-no, ma non bisogna mai soffermarsi su di essi e concludere il cammino con essi, perchè si deve andare avan-ti e cercare la propria felicità. Io lo ritengo giusto. Come farò ogni giorno a cercare la fede e la bellezza di cia-scuna cosa se rimango attaccata ad un singolo momento di una singola giornata o di un singolo periodo? Tutto il resto mi sembrerà vuoto, tri-ste, inutile, e non riuscirei più a vede-re la fede in ciò che mi resta e non troverò mai la mia felicità.

P.M.: Del Pellegrinaggio in Terra Santa le cose che mi sono rimaste più impresse sono:• la gita in barca sul Lago di Tiberiade, perché ho visto che l’acqua del lago si muove in modo diverso

rispetto all’acqua del mare;• il Mar Morto: mi è piaciuto perché non ho visto altri mari che mi teneva-no a galla senza far fatica;• il muro che divide gli Ebrei dai Palestinesi;• il Santo Sepolcro perché ho visto la pietra dove era stato deposto Gesù da morto e tutti la baciavano. Era una Chiesa sia all’interno che all’esterno diversa da tutte le altre Chiese che conosco, ma credo anche di tutte le altre Chiese che esistono al mondo; • la cupola tutta d’oro;• Gesù, perché è stato molto bravo a seguire i comandi di Dio e nessun altro uomo sulla terra, sia nel passa-to, che nel presente, che nel futuro, non sarà mai così buono come lui;• Don Chino, perché, anche lui come Gesù, credo sia stato un uomo molto deciso nei comandi di Dio;• la fatica che ho fatto a seguire tutto quello che diceva Don Chino.Mi sono sentito molto più grande per-ché ho imparato che Gesù è impor-tantissimo nella mia vita, e anche ho sentito nel mio cervello che stavo diventando più intelligente.

F.N.: Non posso dire che questo viag-gio mi abbia trasformato in una per-sona nuova, o che abbia stravolto la mia fede … Ma posso dire che quando sono sceso dall’aereo al ritorno mi sentivo una persona migliore.

F.N.: “Abbiamo una proposta…” mi dissero mamma e papà in un giorno come tanti. “Sentiamo.” Rispondemmo io e mio fratello. “Che ne direste di andare in pellegrinaggio in Terra Santa con la parrocchia di Olmi?”. Subito nella mia mente pen-sai: “Pellegrinaggio…Terra Santa…Olmi…aaaaaaaaaaah!”; ma la mia risposta fu una cosa del genere: “Eh? Dove? Ma quando? Perché? Hem. Boh...”Infine decisi di accettare senza nes-suna aspettativa; così mi ritrovai su

di un aereo con la mia famiglia e un “branco di sconosciuti”.“Una settimana cosa potrà esse-re? Sono soltanto sette giorni. Sopravvivrò.” Mi dissi. Oggi, a distanza di oltre cinque mesi, non mi è facile scrivere un resoconto del viaggio ma, tuttavia, ho conserva-to alcuni pensieri, disordinati ma che non dimenticherò…Che luoghi. All’apparenza familiari almeno tanto quanto mi erano sco-nosciuti. Che strana suggestione. Nazareth. Betlemme. Gerusalemme. Una messa al giorno. Sette messe. Da quanto tempo non ascoltavo una predica, pur andando in chiesa ogni Domenica. Un gruppo. Cento perso-ne. Bambini, giovani, adulti, anziani. Nuovi amici. Nuove esperienze. Nuovi orizzonti. L’annunciazione. La natività. I miracoli. Il sepolcro. Era come rivivere gli episodi della Bibbia. Il deserto. Qumrân. Sole, caldo, 50°C all’ombra. Il Mar Morto. Don Adelino che ancora prima che entrassimo in acqua già diceva di uscire e di sbrigarsi. Gli orari svizzeri da rispettare. Le preghiere in pull-man. L’inno di Mameli sul Lago di Tiberiade. Probabilmente continuerei all’infinito…Concludo con un GRAZIE sincero. Grazie don Chino. Grazie don Adelino. Grazie mamma e papà. Grazie ai ragazzi di Olmi. Grazie a tutti. Grazie a chi ha reso questo pellegrinaggio indimenticabile. Grazie di cuore.“Una settimana cosa potrà essere? Sono soltanto sette giorni.”Eppure sono bastati sette giorni a cambiarmi. Sono tornata diversa.

V.S.: ... Ieri, primo giorno dal ritorno da questo viaggio, ho dormito pochis-simo. Ero “carica”, troppo. Luci, suoni, colori, volti, gesti. Tutto mi assaliva la mente a “flash” e sentivo una potente carica di energia.Ieri ho capito definitivamente perché sono tornata in Terrasanta. Le moti-

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vazioni non mi erano chiare all’inizio, ma durante la settimana si sono deli-neate come un rilievo su un marmo bianco e adesso le vedo bene. Volevo due cose: rivedere alcuni luoghi, per verificare se fossi riuscita a “posse-derli”, a farli miei, come luoghi in cui potrei tornare sempre, basta prende-re un aereo.L’altro motivo è l’energia, volevo trovare energia per affrontare i miei giorni, anche per soffrire, se succe-derà.Gerusalemme è diventata mia. La prima volta non me ne ero accorta, ma evidentemente mi aveva innestato il seme del ritorno.È una città che definire pazzesca è banale e riduttivo. È un fulcro, un punto di energia di questo piccolo mondo disperato. Ai piedi del muro del pianto la gente prega e lascia bigliettini con desideri scritti, altri vendono blasfemamente souvenirs, altri chiedono l’elemosina, molti ovviamente piangono. E sopra le loro teste, nella spianata del Tempio, dove si ergono le due moschee, i musul-mani evocano il loro Dio con canti cupi e dolcissimi. I soldati girano armati e fanno quello che devono fare, i turisti guardano incuriositi,

talora vestiti decisamente in modo irrispettoso, con i loro sciallettini semitrasparenti a coprire le spalle nude a causa di un’estate che scoglie la pelle.E i Cristiani pregano, gli Ebrei e i Musulmani pregano.Molti hanno osservato che questa è una città di grandi divisioni e di gran-de pericolo. Non sono d’accordo. Può essere una città culla di grande pace, se pensiamo a tutti questi drappelli di persone di diversa cultura e fede che si muovono per pregare per un unico scopo: tutti probabilmente chiedono a Dio le stesse cose, la salute, l’allon-tanamento dal dolore, una grazia per le persone amate, per il mondo…e se tutti hanno lo stesso scopo, cioè pregare per la vita e contro la paura, perché non dev’essere questa la città simbolo dell’uguaglianza sommersa nel profondo del cuore degli uomini?Ho sentito potente l’energia di que-ste preghiere. Ho sentito il rumore di fondo di un lamento che si alzava dai muri della città vecchia fino a culminare nei tre poli religiosi che appartengono all’universo: il Muro del Pianto, la spianata delle Moschee e il Santo Sepolcro.Per le strade strette della Città

Vecchia, straripanti di paccottiglie religiose, di odori di spezie, di vesti-tini arabi che puoi trovare ormai in qualsiasi mercato europeo, il venerdì drappelli di musulmani sfilano per andare alle moschee (era anche il Ramadan!), affiancati da ragazzotti e ragazzotte armati pesantemente. Tutto normale. Io l’ho trovato norma-le.E questi gruppi si incrociano con quelli che percorrono numerosi la Via Crucis, diretti al Santo Sepolcro, alcuni preceduti dalla guida spirituale che porta una croce di legno a misura d’uomo. Ma ormai della Via Crucis non restano che le targhe a ricordare le diverse stazioni, ed è impossibile concentrarsi sull’emozione di cal-pestare il suolo di Gesù. Ma siamo nel 2008, ed è già importante questo movimento di anime che cercano segni esteriori che possano dare fuoco alla loro interiorità. Ho pensato al famoso film “Blade Runner”, alle scene iniziali, ambientate in una città futuribile dove il vecchio, il nuovo, le culture si mescolano e si amal-gamano nella puzza, nell’aroma del cibo venduto per la strada, nei vestiti cenciosi e trasandati, che poi sono diventati un culto dello stile trash,

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nelle insegne luminose e spudorate che pubblicizzano ogni genere di alie-nazione… l’immagine di una possibile futura New York.E invece no, questa è la città futuribi-le, Gerusalemme Vecchia. Sono ben più potenti la sua energia e la sua promiscuità.

Il Santo Sepolcro…un altro luogo magico e assurdo. Una grande, orri-bile costruzione, che offende il senso del Bello di noi Italiani. Dovremmo mandare là una schiera di restau-ratori, ma non è possibile, perché ogni pietra è posseduta da un ordine religioso diverso, ognuno con la sua cultura e ognuno gelosissimo.Questa grande costruzione copre tutto, dal Golgota alla tomba di Cristo, con in mezzo la pietra dove il suo povero corpo è stato unto di olio prima della sepoltura.È questa pietra verde, un lastrone di marmo, che ti accoglie subito all’en-trata, senza introduzione, tanto che i fedeli e i turisti sudaticci si bloccano di fronte all’inattesa presenza di un simulacro tanto venerato. Di fuori la gente chiacchiera, si fa le foto, la porta spalancata non è una barriera tra la pietra del dolore e il fluire della vita di ogni giorno, nessuna interru-zione spaziale che possa permettere una progressiva interiorizzazione

dello sguardo.

E sulla sinistra il Sepolcro, la Tomba, custodita gelosamente da sacerdoti Copti e dove l’entrata è possibile solo uno alla volta. La gente si alza presto al mattino per entrarvi, ma spesso non ce la fanno, data la ressa. E tutti intorno sono costretti ad annusare l’odore acre del petrolio con cui questi preti puzzoni lavano il pavimento di pietra, un pavimento spoglio, scuro, brutto. Ti viene da pensare “… lo gestissimo noi questo posto, quanta più sobria e suggestiva bellezza sapremmo esprimere!”.E dopo un centinaio di metri percorsi lungo un corridoio pieno di cupe cap-pelle e lungo il quale i Francescani recitano la Via Crucis, eccoci al Golgota, o quello che resta di quel brufolo di terra di 10 metri dove avve-nivano le esecuzioni. L’avrei prefe-rito nudo com’era un tempo, questo pietrone del dolore. E invece l’hanno incarcerato con altari, icone dorate, fedeli alla mania cristiana di avere un’immagine.

Ma è l’unico punto dove ho sentito il bisogno di sostare in ginocchio. Anche qui ho sentito, e più forte, quel lamento che la pietra emana, e che è il lamento di tutto il dolore del Mondo. Mi sono inginocchiata davanti al dolo-

re del Mondo, che è il dolore del Dio nel quale io mi riconosco. È stato quello il mio momento reli-gioso più potente, ed ho capito che ero tornata per tornare lì, ed ho capi-to che Gerusalemme era diventata “mia”, un cardine del mio pensiero, pensiero che è poi quello che io sono, un luogo dove la mia anima, il soffio della Vita, prende aria.

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IN PELLEGRINAGGIO NELLA TERRA DI GESÙ

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Lo scorso anno è iniziata l’esperienza di Estate ragazzi nella nostra parrocchia ed il riscontro è stato sorprendente. L’esperienza ha coinvolto 130 bambini

e ragazzi, dai 4 ai 13 anni. Le attività sono state accolte con grande entu-siasmo dai bambini che sono stati conquistati e coinvolti dall’ambientazione fantastica e dal clima di allegria, di gioco e di accoglienza. I ragazzi più grandi hanno anch’essi trovato spazio e divertimento durante i giochi, le atti-vità manuali dei laboratori, le attività espres-sive e soprattutto le gite settimanali. I genitori e gli animatori si sono uniti insieme nell’unico obiettivo di dare un contributo signi-ficativo alla crescita armonica dei bambini per aiutarli a diventare ragazzi forti e sereni...E’ stata un’esperienza educativa, di crescita, di amicizia, di comunità e di allegria.Tutto questo d’ora in poi lo chiameremo ESTIVITÀ.

Cos’è Estività?

Non è un baby parkingAbbiamo condiviso con i genitori il desiderio che le attività estive diventassero molto più di un semplice intrattenimento mentre i “gran-di” lavorano o di un parcheggio nel periodo in cui non c’è scuola, ma si deve andare a lavoro. Certo, c’è il lavoro ed è utile occupare i ragazzi, ma proprio perché è utile occupare i ragazzi, vale la pena scegliere una proposta educativa che in modo forte proponga a questi cuccioli esperienze significative, di autostima, di fiducia, dove possano imparare che nella vita, quando non scegli gli amici e ti lasci gui-dare dalla vita, ti trovi più ricco. Ecco, allora, l’esperienza di Estività non è sol-tanto un’opportunità per stare tranquilli per-ché si lavora, ma è una possibilità per offrire a questi cuccioli una relazione che progressi-vamente opera su di loro. Imparano a giocare insieme, scoprono che si può stare diverse ore senza televisore (70% del ruolo educativo è del televisore, il restante 30% se lo spartisco-no i genitori, i nonni, gli amici e gli educatori).I ragazzi devono imparare a ritagliare, questi ragazzi devono imparare a danzare, devono scoprire che la corporeità è affascinante.

EDUCATI A SUPERARE IL PADRE

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��La tenda di Abramo Pasqua 2009 -

È una festa di giochi e amiciziaI ragazzi scopriranno che possono giocare insieme prendendo fiducia in se stessi, per-ché si impara a vincere, ma soprattutto, forse una delle parti più belle della vita è imparare a perdere. Impareranno ad essere chiamati per nome e non per il ruolo, scopriranno che ci sono dei grandi che gli vogliono bene e che non sono solo i loro genitori. Dentro ad Estività troveranno, infatti, educato-ri che vogliono bene a loro e non sono pagati, che gli fanno un buffetto e imparano una data di nascita, che scherzano in gita e gli danno il gusto dell’ironia, che li spingono a camminare se c’è una camminata e che gli banalizzano la questione del cibo: “Non ti piace? Fa lo stes-so, si mangia un pochino ...”, si ricompone un litigio, ci si chiede scusa, si fa un momento di verifica, ci si dà un metodo, facendo alcune volte anche piccole cose che non piacciono.

È una danza nella libertà intrecciata alle regoleVivranno l’esperienza della libertà intrecciata alle regole, per scoprire che la settimana è piena e che quando finisce ti dicono: “Fosse ancora continuato, mi sarebbe piaciuto”.Diventi esplicito che questa proposta, come proposta educativa, ha un valore pedagogico e sapienziale perché loro tra dieci anni si assu-mano quota di responsabilità per aiutare i più piccoli.E anche noi genitori facciamoci aiutare così che i nostri ragazzi, mentre cerchiamo di far sorgere in loro una direzione, un impegno nella loro vita, capiscano che possono assu-mersi la loro quota di responsabilità.A volte, dobbiamo abbassare le asticelle, altre volte le dobbiamo alzare. Non facciamo sem-pre bene a togliergli tutti gli ostacoli.Educare non vuol dire togliere gli ostacoli a chi cresce, vuol dire lasciare gli ostacoli ade-guati all’età e aiutare ad affrontarli.

Aspettando estivitàDa soli non possiamo educare i nostri figli: o scegliamo chi ci dà una mano o qualcuno sce-glie senza che noi ce ne accorgiamo. Siamo convinti che oggi non si può più pensare solo per sé ma occorre pensare insieme e assieme alimentare il coraggio e la fiducia nel futuro.

I nostri ragazzi li aiutiamo a crescere felici solo se sappiamo unirci per mettere assieme tutte le risorse positive che possediamo, per-ché loro ci chiedono esperienze di crescita, di amicizia, di comunità, che li tengano lontani dalla televisione, da internet e dai videogiochi. Non si tratta però di tenerli occupati solo d’estate perché non c’è la scuola, ma di fare esperienze di crescita vera tutto l’anno.Le cose grandi passano attraverso i gesti semplici, come per esempio una festa di car-nevale.. ai ragazzi non importa nulla di man-giare, ai ragazzi importa di stare con noi, di stare con noi insieme ad altri: vogliono vedere il loro papà che gioca con altri papà, e voglio-no fare il tifo, vogliono vedere la loro mamma che gioca con un’altra mamma. Loro ci voglio-no vedere assieme.

Abbiamo fatto troppi regali a questi bambini, abbiamo dato loro troppe cose. Sono strapieni, non hanno più neanche il gusto o lo stupo-re o la conquista. Ci è chiesto di stare di più con loro, sono ricchi di cose ma una buona percentuale in Italia sono poveri di relazioni. Hanno bisogno di un tavolo con la tovaglia di carta, di una panca e di una pentola, di quattro mamme, quattro papà che servano degli spa-ghetti e poi giochino.

I nostri figli ci stanno chiedendo un regalo fatto di presenza e non di cose. Qualunque insegnamento nasce, si impratica e si invera dentro la testimonianza, ed i valori non si trasmettono, ma si testimoniano. Se vogliamo che i ragazzi siano forti, dobbiamo essere un po’ forti, se vogliamo che i ragazzi siano discreti dobbiamo essere un po’ discreti, se vogliamo che i nostri ragazzi siano tol-leranti dobbiamo essere tolleranti. È molto semplice, ma molto difficile. I ragazzi di oggi hanno un sogno inespresso: vedere le loro famiglie unite che camminano assieme ad altre famiglie verso il futuro con fiducia. La sfida quindi che vi proponiamo si dilata...Ecco che nasce “Aspettando Estività”.

il gruppo di Estività “allenato” da Guido Tallone

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aspettando estivitàDa Marzo a Giugno, un sabato al mese, i bambini e i ragazzi potran-no trascorrere un pomeriggio giocando e facendo festa insieme, accompagnati dagli stessi animatori di estività. Il pomeriggio si concluderà, per chi lo desidera, con una cena per tutte le famiglie. In tali occasioni il nostro amico Guido Tallone ci accompagnerà con una piccola riflessione scritta, che verrà conse-gnata a tutti i genitori, sull’educazione dei figli.

Gli incontri si svolgeranno presso le strutture parrocchiali di Olmi: sabato 18 aprile, sabato 30 maggiodalle 15,30 alle 18,30 per i bambini e i ragazzi;dalle 18,30, si uniranno anche i genitori che si fermeranno a cena con noi.Il costo della cena è di 5,00 € per i bambini e di 8,00 € per gli adulti.

estivitàSi svolgerà quest’anno da mercoledì 10 giugno a giovedì 23 luglio 2009, con le medesime modalità dell’anno scorso:da lunedì a giovedì con due moduli orari, dalle 8.30 alle 12.30 oppure fino alle 16,30; il venerdì gita di una giornata.

Si rivolgerà ai bambini dai 6 ai 13 anni con possibilità di estendere la proposta ad eventuali fratellini di 4 e 5 anni. Seguiranno comunicazioni per informazioni più dettagliate.

Il calendario delle attività

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Ha un cuoreantico il futuroCampi estivi Olmi 2009

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Lupetti26 luglio - 2 agosto › Citerna (PG)

4°-5° elementare, 1°-2° media25 luglio - 1 agosto › Pienza (SI)

Reparto24 luglio - 2 agosto › Pergo, Cortona (AR)

3° media26 luglio - 2 agosto › Pergo, Cortona (AR)

Superiori2 - 9 agosto › Campo itinerante

Clan2 - 9 agosto › Campo itinerante

Campo comunitario10 - 16 agosto › Per famiglie e giovani a Cluny e Taizé (FR)

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Partecipa al grande concorso “Disegna la maglia dell’estate 2009”.Ritaglia la sagoma della t-shirt e disegna la tua idea per la maglietta dell’estate.Consegnala ai capi scout o agli animatori entro il 15 maggio 2009. Una giuria selezionerà il disegno più bello da stampare nella maglietta dei campi estivi 2009.

Regole per la partecipazione: la partecipazione è aperta a tutti i bambini e ragazzi dai 5 ai 20 anni; l’area del disegno non deve superare il contorno del quadrato giallo in centro alla maglia; sono ammessi 4 colori max (ad es. giallo + verde + rosso + blu (le sfumature non potranno essere stampate).

Partecipa al grande concorso

Disegna la maglia dell’estate2009

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I prossimiconcertiVenerdì 17 Aprile 2009ore 20.30:Duo pianoforte-violino, Gabriele Maria Vianello-Dejan Bogdanovich. Sonate di G. Fauré, di R. Strauss, e l’impegnativo Gran Duo Concertante di F. Liszt.

Venerdì 22 Maggio 2009ore 20.30Chitarra classica, Mauro Zanatta, chitarrista trevigiano.Sonate di Weiss e Castelnuovo Tedesco, musiche di Sor, Mertz, Regondi e Albéniz.

Venerdì 05 Giugno 2009ore 20.30Pianoforte, Sebastiano Brusco.Improvvisi di Schubert e Chopin, Ballate di Chopin.

Anche quest’anno MENSANAX, in collabora-zione con l’Associazione Culturale “Amici della

Musica di Treviso” diretta dall’amico e professor Igor Cognolato, propone con orgoglio un ciclo di concerti di grandissimo livello: “I concerti della Gioiosa Musa”, giunti quest’anno alla nona edizione consecutiva, consoli-dando una proficua collaborazione sostenuta dalla comunanza d’intenti nel proporre al pubblico concerti di elevata qualità con programmi – in parte – inconsueti, affidati ad artisti affermati sul piano internazionale.

Sfruttando le potenzialità della sala Artificio, si è potuto attingere a diverse tipologie di repertori musi-cali, partendo dalla tradizione corale Giapponese, passando attraverso la cultura cameristica mitteleuropea, fino ad arrivare ai concerti per chitar-ra classica e per pianoforte.

Ha già debuttato con successo uno dei cori più prestigiosi in campo inter-nazionale, il Coro nazionale della radio Giapponese; è poi tornato feli-cemente a esibirsi per noi il Quartetto Athenäum formato dalle prime parti dei Berliner Philharmoniker. Non mancheranno le nuove proposte (il pianista italiano Sebastiano Brusco è al suo debutto nel nostro cartello-ne, così come il chitarrista trevigiano

Mauro Zanatta e il duo pianoforte-violino Gabriele Maria Vianello-Dejan Bogdanovich).In omaggio all’anniversario del com-positore Felix Mendelssohn ascolte-remo due brani della sua importante produzione per archi e, anticipando l’anniversario schumanniano del prossimo anno, ascolteremo il quin-tetto dedicato alla moglie di Robert Schumann, la pianista Clara Wieck.

Tutti i concerti saranno preceduti da una breve prolusione in forma di proiezione visiva che illustrerà alcune delle peculiarità riferentisi alle musi-che in programma.Come già dallo scorso anno, al ter-mine di ciascuna serata, insieme agli artisti che si saranno poco prima esibiti per noi, potremo cenare e dia-logare presso il Ristorante Perché di Roncade, che qui ringraziamo insieme a tutti gli altri nostri sponsor (Grafiche Arcari, Fazioli Pianoforti, FTonini Software) per il supporto che ci hanno rinnovato.

Tutti i concerti si terranno il venerdì sera alle 20.30 precise presso la sala ARTIFICIO di Olmi. Vi auguriamo buon ascolto e buon divertimento.

I concerti della Gioiosa Musa

VITA DI COMUNITÀ

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VITA DI COMUNITÀ

Il 01 marzo è iniziato il campio-nato Juniores femminile per la nostra squadra di volley. Dopo cinque anni dall’inizio dell’atti-

vità, dopo tanti allenamenti e partite amichevoli, quest’anno dalle nostre ragazze più grandi è nato il desiderio di misurarsi in maniera ufficiale con altre squadre della provincia.Il campionato è organizzato dal CSI (Centro Sportivo Italiano), la federa-zione a cui siamo affiliati come poli-sportiva. Il CSI è di ispirazione cristia-na e intende lo sport come esperienza educativa e di crescita, aprendo lo sport a tutti.Le nove partite del torneo sono organizzate di sabato o domenica in orari tali da non interferire nelle atti-vità parrocchiali o scoutistiche delle nostre atlete e al di fuori degli orari delle S. Messe.

La voglia di misurarsi delle atlete è tanta. Prima del fischio d’inizio della partita d’esordio, a Scandolara, l’emozione era tanta, la paura e la tensione forse anche. Nonostante la sconfitta di stretta misura le nostre ragazze hanno combattuto con carat-tere, sfiorando la conquista del tie break finale.

È possibile seguire tifare la nostra squadra anche su internet all’indiriz-zo http://www.facebook.com/pages/PaleXtra/117629045579?ref=ts

Forza ragazze! Comunque vada, è una vittoria!

La formazione del Volley Palestra:10 - Cherubin E.14 - Bassi L.7 - Cenedese M.8 - Dodaj D.11 - Durante V.15 - Kovacevic M.12 - Lorenzon L.13 - Nascimben A.4 - Spresian D.9 - Storto E.3 - Pasqualini C.5 - Vecchiato E.All. Luca Faggian

Prossime partite del Campionato CSI Juniores Primaverile

Sab 18/04/09, ore 18.00, Palaolmi: Volley Palextra Olmi - Gens Loria

Dom 26/04/09, ore 10.30, S. Donà di Piave:Volley Musile - Volley Palextra Olmi

Sab 02/05/09, ore 18.00, Palaolmi:Volley Palextra Olmi -G.S. Olympo

Palextra entranel campionato CSI

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VITA DI COMUNITÀ

Il rapporto di un cristiano con la comunità parrocchiale nella quale vive dovrebbe essere animato da un attaccamento cordiale, da un vero e proprio amore e da un serio senti-mento di appartenenza e di corre-sponsabilità. La comunità parrocchiale in quanto tale deve essere amata e sostenuta da coloro che la compongono. Un aiuto preziosissimo lo offrono coloro che accettano di far parte del Consiglio Pastorale Parrocchiale e del Consiglio Per gli Affari Economici. È un compito importante e delicato, che esige dedizione e fedeltà, acqui-sizione di esperienza e anche… tanta pazienza.

Ma i consigli parrocchiali hanno biso-gno dell’apporto di tutte le persone, le associazioni e gruppi parrocchiali in grado di dare suggerimenti, di fare delle osservazioni, di offrire collabo-razione. Come il gruppo dei catechisti non esenta la famiglia dall’impegno nella trasmissione della fede, l’esi-stenza di un coro non vuol seque-strare il canto dell’intera assemblea liturgica, e il gruppo caritas non vuole sequestrare tutta la solidarie-tà necessaria nella comunità, così i consigli parrocchiali vogliono animare la corresponsabilità di tutti e non renderla inutile. Senza trascurare, tra l’altro, quell’aspetto della respon-sabilità verso la propria parrocchia

che consiste nel non farle mancare le risorse indispensabili, tenendo conto realisticamente dei costi necessari oggi per la gestione di una struttura.Nel vecchio catechismo c’era una norma, tra i cosiddetti precetti della chiesa, che potrebbe diventare nostra: “Sovvenire alle necessità della chiesa secondo le leggi e le usanze”; che potrebbe essere così ridetta: “Non far mancare alla tua parrocchia, secon-do le tue possibilità, il tuo contributo perché essa possa far fronte alle necessità delle sue strutture e dei suoi servizi”.Grazie a Dio, la nostra comunità ha

sempre avuto cristiani coraggiosi che hanno lavorato e donato ad essa le strutture che abbiamo, in vero spirito di servizio e di dedizione.

Sento doveroso dire un grazie di cuore a chi mi ha aiutato con la sua generosità e fede. Le strutture rea-lizzate non sono proprietà del prete ma il racconto trasparente che è solo con la gratuità ed il servizio che si costruisce il nuovo della chiesa e della società.Con tanta riconoscenza.

don Adelino

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Con tanta riconoscenzaNel presentare al consiglio pastorale parrocchiale il bilancio economico, don Adelino concludeva così la sua riflessione:

Insieme in sagradal 23 aprileal 10 maggio

- Domenica 26 aprile: Pranzo sociale Palextra. A seguire: esibizione delle bambine e ragazze di ginnastica artistica.

- Giovedì 30 aprile: Serata giovani con premiazione dei nuovi laureati.

- Venerdì 01 maggio: Giochi della gioventù.

- Domenica 03 maggio: Festa dell’età matura e saggia.

- Lunedì 04 maggio: Festa del Santo Patrono. S. Messa e a seguire la cena.

- Venerdì 08 maggio: Profumo di mare, serata degli spaghetti allo scoglio.

- Domenica 10 maggio: Festa della mamma e della comunità con i gruppi giovanili e scout insieme alle loro famiglie.

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Le avventuredi nonno fumettoC’era una volta, miei cari bambini,

una famiglia di neri trenini(parlo, s’intende, di treni a vapore,quelli che sbuffano con gran fragore).

Capo famiglia era un bel macchinonedal nome fiero di Mangiacarbonela cui caldaia ed il cui fornomai si saziavan durante il giorno.

Gentil consorte, chiamata Fischietta,era una macchina vispa e moretta

pronta a scattare fra fischi e sbuffie ad agitare pistoni e stantuffi.

Loro marmocchio, di nome Fumetto,era un vivace ma un poco sporchettonero trenino assai simpaticonenon troppo amico dell’acqua e sapone.

La famigliola che vi ho presentataera di certo felice e beatapure vivendo in periferiasopra i binari della ferrovia.

Solo motivo di qualche apprensioneper lei Fischietta e per Mangiacarbone

eran del figlio le birichinate(ma chi è il bambin che non ne ha combinate?)

Avvenne infatti una bella mattinache all’insaputa della sua mamminaFumetto, fatta la sua colazione(s’intende a base di nero carbone)

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Questo testo è stato composto dal Sig. Giovanni per il figlio appena nato nel 1943 (!) ed è stato trovato nell’archivio delle sue poe-sie all’inizio di quest’anno. Per Laura è stato emozionante rivedere nel trenino Fumetto suo fratello e nella mamma Fischietta la sua mammma: sono i ritratti di come suo papà vedeva allora moglie e figlio. Vi si ritrova l’allegria spensierata di una giovane famiglia di quei giorni lontani.

Quando alla sera anche il padre tornònuove rampogne Fumetto ascoltò!

E per la grave sua disobbedienzafu condannato di cena a far senza.

Spero davvero, miei cari bambini,che la vicenda dei nostri treniniuna morale vi abbia insegnato:“Bimbo obbediente, bambino salvato!”

di Giovanni Bernardi, bisnonno.

prima pian piano, e poi più in frettase ne andò lungi dalla sua casetta.Com’era bello poter galopparee prati e boschi e colline ammirare!

“Questo sì è vivere senza la brigliache importi vuole la cara famiglia!”Così pensava il felice Fumetto mentre filava ormai come un diretto!

Mentre correva a galoppo sfrenatosi vide a un tratto come proiettatosui respingenti di un binario mortoche avea imboccato senz’essersi accorto!

Mamma Fischietta che a tutta andaturastava inseguendo l’amata creatura,

sentì un orribil tremendo boatotanto che quasi restò senza fiato!

Vide un ammasso di cocci fumantie per l’angoscia stentò a andare avanti.Ma poi osservando un po’ più attentamente,veder potette fortunatamente

che il suo rampollo, se pure ben pesto,potuto avrebbe rimettersi in sesto; e dopo averlo ben ben strapazzatolo portò a casa assai male conciato.

FUOCHI D’ARTIFICIO

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